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ENRICO CORNELIO AGRIPPA.

LA FILOSOFIA OCCULTA O LA MAGIA.
Prima traduzione italiana di ALBERTO FIDI.

LIBRO TERZO.
MAGIA CERIMONIALE.

CAPITOLO I.
Della necessitdella Virte dell'utilitdella Religione.
Ora tempo di passare a cose pialte e rivolgere il nostro pensiero a quella
parte della Magia che c'insegna a conoscere e sperimentare le leggi delle
religioni ed in qual modo dobbiamo mediante la religione divina raggiungere la
verite nobilitare ritualmente l'animo e la mente, per mezzo della quale
soltanto possiamo giungere alla comprensione del vero. E' opinione di tutti i
magi che se la mente e il pensiero non sieno sani, il corpo a sua volta non
possa esser sano e viceversa. Ora noi non possiamo, secondo l'opinione di
Ermete, ottenere la fermezza e il vigore della mente che dalla purezza della
vita dalla piete dalla religione sacra, la quale purifica per eccellenza la
mente e la rende divina. La religione viene altresin soccorso della iattura
e ne fortifica le forze, nel modo istesso con cui il medico fortifica la
salute corporale e l'agricoltore aumenta la fertilitdel suolo.

Gli spiriti malvagi traviano Spesso coloro che spregiano la religione e solo
nella conoscenza della religione si putrovare il disprezzo e il rimedio al
vizio e la protezione contro gli spiriti maligni. Infine l'uomo veramente pio
bene accetto presso la divinit ed egli si eleva tanto sopra gli altri
uomini, quanto gli dei immortali si elevano sopra lui.

Dobbiamo dunque per prima cosa offrirci purificati e raccomandarci alla divina
piete religione e poi, sopiti i sensi, con la mente tranquilla, lodando e
adorando, aspettare quel divino nettare ambrosiano, il nettare dico che il
profeta Zaccaria chiama il vino che fa germogliare le vergini, quel
sovraceleste Bacco, il sommo di tutti gli Dei ed antistite dei sacerdoti,
autore della rigenerazione, che gli antichi poeti cantarono due volte nato e
da cui tanti divinissimi rivi emanano nei nostri cuori.



CAPITOLO II

Del silenzio e dell'occultamento dei misteri della religione.

Chiunque voi siate che intendete dedicarvi a questa scienza, custodite in
fondo al vostro cuore una dottrina tanto eccelsa, occultatela con ferma
costanza, non arrischiatevi a parlarne. Perch disse Mercurio, un offendere
la religione il confidare al pensiero irreligioso delle masse parole
impregnate della maestdivina e Platone proibdi divulgare tra la plebe i
secreti contenuti entro i misteri. Anche Pitagora e Porfirio obbligavano i
loro discepoli al segreto intorno alla religione e Orfeo esigeva da coloro che
iniziava alle cerimonie delle cose sacre il giuramento del silenzio, per
impedire che i segreti della religione giungessero sino alle orecchie profane.
Perci nel suo inno al verbo consacrato, egli canta:

Io esorto voi, amici della virt ad ascoltate le mie parole e a tendere le
vostre menti. E voi invece che disprezzate le leggi sante, allontanatevi,
profani disgraziati!

E Virgilio, parlando della Sibilla, dice:

Adventante dea. "Procul, o, procul oste prophani";
conclamat vates, "totoque absistite luco".

Cospure non si ricevevano che gli iniziati durante la celebrazione dei
misteri di Cerere Eleusina, e l'araldo imponeva a gran voce ai profani di
allontanarsi dal luogo delle cerimonie. Noi leggiamo in Esdra lo stesso
comandamento intorno ai misteri cabalistici degli ebrei:

Offrite questi libri a coloro che hanno la saggezza e che conoscete capaci di
comprenderli e di custodirne il secreto.

Gli egiziani scrivevano i segreti delle cerimonie su papiro ieratico con
caratteri occulti sacri. Macrobio, Marcellino e gli altri Storiografi dicono
che questi caratteri erano chiamati geroglifici e che i profani non erano in
grado di leggerli. Apuleio ne parla in questi termini:


Consumato il sacrificio, egli (il celebrante) apporta certi libri scritti con
caratteri sconosciuti, in parte misti a figure d'animali, in parte disseminati
di accenti strani, allacciati tra loro come virgulti, cosa che impediva al
profano curioso di leggerli.

Osservando dunque il silenzio e occultando i segreti religiosi, noi saremo
degni discepoli di tanta scienza, perch dice Tertulliano, obbligo di
osservare la fede del silenzio nelle religioni e coloro che fanno altrimenti
sono sull'orlo d'un precipizio. Da ciderivano le precauzioni d'Apuleio circa
i misteri delle cose sacre:

Se mi fosse lecito parlare e se a voi fosse permesso ascoltarmi, io vi
svelerei i misteri e ve ne largheggerei la conoscenza, ma se io parlassi e se
voi ascoltaste, noi saremmo egualmente puniti della nostra temeraria
curiosit

Per un simile fallo noi troviamo nell'istoria che Teodoto. poeta tragico,
divenne cieco per aver tentato di penetrare i misteri della scrittura ebraica.
Anche Teopompo, che si era accinto a tradurre in greco qualche versetto della
legge divina, smarril senno in un istante e dopo aver supplicato la divinit a lungo per conoscere la causa della sua disgrazia, n'ebbe risposta in sogno
che il castigo era dovuto appunto all'aver egli esposto alla profanazione del
volgo le cose divine. Cospure un certo Numenio, curioso di cose occulte, si
rese colpevole presso le divinitper aver rivelato i misteri Eleusini. Egli
vide in sogno le divinitEleusine avanti alla porta aperta d'una lupanare e
acconciate come meretrici e alla sua attonita interrogazione, le dee risposero
incollerite che la sua indiscretezza le aveva tratte fuori a forza dal
vestibolo del loro pudore e che egli le aveva prostituite al primo venuto. Tal
rimprovero valse a fargli comprendere che non lecito rivelare ai profani i
misteri delle cerimonie religiose.

Percigli antichi hanno sempre avuto gran cura di occultare i sacramenti
divini e naturali e di non parlarne che per enigmi, pratica osservata come una
legge presso gli Indiani, gli Etiopi i Persiani e gli Egiziani. Per tale legge
Orfeo e tutti gli antichi indovini, Pitagora, Socrate, Platone, Aristosseno,
Ammonio hanno conservato inviolabile il segreto. E Plotino, Origene e gli
altri discepoli di Ammonio,
come narra Porfirio nel libro della educazione e disciplina di Plotino, hanno
fatto giuramento di non rivelarmi dogmi del Maestro. E perchPlotino violil
giuramento prestato ad Ammonio e rivelpubblicamente i misteri, fu divorato
orribilmente dalle pulci, come riporta qualche storiografo. Cristo stesso
sulla terra adombril suo verbo cosche solo i suoi pifidi discepoli
poterono intenderlo e proibdi largire ai cani le carni consacrate e le perle
ai maiali. E il profeta disse: Io ho accolto le vostre parole nel segreto del
mio cuore, nella tema di arrecarvi offesa.

E' dunque peccato divulgare al pubblico mercla scrittura, quei segreti che
non vanno comunicati che verbalmente attraverso una schiera esigua di
sapienti. E voi mi scuserete se io ho serbato il silenzio sui misteri pi importanti della Magia cerimoniale. Io credo aver fatto abbastanza
sottoponendovi le cose necessarie da sapersi e voi ricaverete dalla lettura di
questi miei libri alcuna conoscenza dei misteri. Ma ricordatevi che non ve li
sottopongo che alla stessa condizione a cui Dionigi obbligTimoteo, vale a
dire che coloro che intendono tali misteri non li diano in pascolo agli
indegni, cosche i sacri arcani possano essere custoditi da un numero esiguo
di eletti. Inoltre, all'inizio di questo libro, voglio avvertirvi di un punto
importante e cioche, come gli stessi numi detestano le cose esposte al
pubblico e profanate ed amano le segrete, cosogni esperienza di magia aborre
il pubblico, vuole essere nascosta, si fortifica col silenzio, si distrugge
dichiarandola e l'effetto completo non si produce, perchsi perdono tutte
queste cose esponendole ai ciarlieri e agli increduli. Occorre pertanto che
l'operatore sia discreto e non riveli ad alcuno ne la sua opera, ne il luogo,
ne il tempo, ne la meta perseguita, salvo che al suo maestro, o al suo
coadiutore, o al suo associato, che anch'esso dovressere fedele, credente,
taciturno e degno di tanta scienza o per natura o per istruzione; perchil
troppo parlare anche di un consocio, la sua incredulit la sua, indegnit
impediscono ogni operazione e fanno abortire l'effetto.



CAPITOLO III

Quale dignificazione sia richiesta per divenire un vero Mago ed operatore di
miracoli.

Nel principio del libro di quest'opera abbiano parlato delle qualitche sono
indispensabili al Mago. Diremo ora della cosa arcana e secreta, necessaria a
chi voglia bene operare in quest'arte, cosa che il principio, il complemento
e la chiave di tutte le operazioni magiche, ciola dignificazione stessa
dell'operatore ad una tanto sublime virte potest Solo l'intelletto, che in noi la pialta espressione, capace di operare le cose miracolose e se
esso troppo dominato dalla carne, non sarcapace di operare sulle sostanze
divine, cosa che spiega il perchtanti ricerchino le arie di quest'arte senza
trovarle. Bisogna dunque che noi che aspiriamo a tanta alta dignit troviamo
anzitutto il modo per distaccarci dalle affezioni della carne dal senso
mortale e dalle passioni della materia e in seguito cerchiamo per quale via e
in qual modo ci eleveremo a quelle altezze dell'intelletto puro, senza le
quali non potremo mai felicemente pervenire alla conoscenza delle cose segrete
e alla virtdelle operazioni miracolose. In questi due punti fondamentali si
compendia tutta la dignificazione largita dalla natura dal merito e da una
certa arte religiosa. La dignitnaturale una eccellente disposizione del
corpo per cui le doti dell'anima non possono venire ottenebrate e questa
eccellente disposizione del corpo e dei suoi organi proviene dalla situazione,
dal moto, dalla luce e dall'influenza dei corpi e delle anime celesti che
presiedono alla nascita d'ogni uomo. Come sono quelli la cui nona casa fortunata per Saturno il Sole e Mercurio; ed anche Marte nella nona casa
impera sugli spiriti. Ma di citrattato ampiamente nei libri d'astrologia.
Colui che non nato sotto una cosfelice disposizione, ha bisogno di
supplire alle manchevolezze della natura con l'educazione, con una vita assai
regolata e con un buon uso delle cose naturali, sino al raggiungimento della
perfezione cosinterna che esterna. Percila scelta d'un prete, nella legge
mosaica, era circondata da tanta scrupolosit e il prete non doveva aver
accostato un cadavere, una vedova, nuna donna mestruante e non doveva esser
lebbroso, nsoggetto a flussi sanguigni, ma integro in tutte le membra, non
cieco, non zoppo, non gobbo ne col naso mal fatto. E Apuleio, nella sua
Apologia, dice che il fanciullo destinato mediante un magico carme alla
iniziazione deve essere scelto sano, integro corporalmente, ingegnoso, bello,
industrioso e di facile eloquio, perchla potenza divina possa trovar degno
ricettacolo nella sua persona e il suo intelletto sia capace di compenetrarsi
della essenza divina. La dignitmeritoria si ottiene con la dottrina e con le
opere. Scopo della dottrina conoscere la verit Perci come stato detto
al principio del primo libro, occorre divenire anzitutto sapiente e esperto
nelle tre facoltdel mondo elementare e poi, rimossi gli impedimenti,
avvicinare profondamente e intimamente l'anima alla contemplazione e
rivolgerla in se stessa. In noi stessi, infatti, inerente la facoltdi
apprendere e di dominare tutte le cose. Ma ci impediamo di fruirne a causa
delle passioni della generazione che ci contrastano e delle false immagini e
degli appetiti immoderati, espulsi i quali subito si presenta la divina
cognizione e potest La dignitreligiosa, infine, non ha minor efficacia e
spesso anche da sola sufficiente a guadagnarci una virtdeifica, perchle
operazioni sacre, compiute secondo il rito, racchiudono in se tanta potenza,
che, anche senza esser comprese, se eseguite con fervore e con tutte le
prescrizioni del cerimoniale, nonchcon ferma fede, valgono ad onorarci della
potenza divina. Inoltre la dignitacquisita pel potere della religione suscettibile di essere affinata mercle espiazioni, le consacrazioni e i riti
sacri, da colui che ha consacrato pubblicamente l'anima sua alla religione e
che ha il potere dell'imposizione delle mani e di vincolare con la virt sacramentale che imprime il carattere della virte potenza divina, che si
chiama il divino consenso, per mezzo del quale l'uomo sostenuto dalla natura
divina, e quasi complice degli spiriti celesti, porta inserita in lui la
potenza della divinit cerimonia che stata compresa fra i sacramenti dalla
chiesa.

Se voi dunque siete un uomo imbevuto dello spirito sacro
della religione, se nutrite sentimenti di piet se credete senza essere
sfiorato dal dubbio, se siete tale a cui l'autoritdelle cose sacre e la
natura abbiano conferito la dignitche le divinitnon disdegnano, voi
potrete pregando, consacrando, sacrificando, invocando, attrarre le virt spirituali e celesti e informarne le cose che vi appartengono, nel modo che
reputerete migliore, e dare anima e vita a qualunque opera magica.

Ma chiunque, senza la potenza dell'ufficio, senza aver meriti di santite di
dottrina, senza dignitnaturali o educative, presumercompiere opera fattiva
in materia magica, lavorerinvano, ingannerse stesso e i suoi aderenti e
susciterl'indignazione delle divinit esponendo la sua esistenza i pi gravi pericoli.




CAPITOLO IV

Della Religione e della Superstizione, che sono i due cardini della Magia
Cerimoniale.

Due cose regolano tutte le operazioni della Magia Cerimoniale: la Religione e
la Superstizione. La Religione la contemplazione perpetua delle cose divine,
l'elevazione verso la potenza divina mercle opere buone, la santificazione
del culto e le cerimonie rituali. La religione dunque una specie di
disciplina dei sacramenti esterni e del cerimoniale, per cui, come da certi
segni esterni, noi siamo avvertiti delle cose interne e spirituali e la
pratica della religione cospropria alla nostra natura umana, ch'essa, pi che lo stesso raziocinio, vale a distinguerci dagli altri animali. Per
conseguenza tutti coloro che, a suo dispregio, non hanno confidenza che nelle
forze della natura, sono spesso ingannati dagli spiriti maligni. Chi sia stato
disciplinato al culto, non pianterun seme, ne un ceppo di vite e non si
accingera compiere un'opera qualsiasi, senza avere invocato la potenza
divina, secondo l'ammonimento del dottore delle nazioni nell'epistola, ai
Colossesi: Tutto quanto farete, sia in parole che in azioni, sia fatto da voi
nel nome di Ges a Cui renderete grazie e con lui al Padre suo.

Bisognerpertanto aggiungere il potere della religione alle forze della
natura e del calcolo e mancare a tale dovere sarebbe cosa empia. Il rabbino
Henina dice nel suo libro dei Senatori che chiunque si serva di alcuna
creatura, omettendo di benedirla, commette una specie di rapina a danno della
divinite della chiesa. Anche Salomone esprime un concetto del genere: Chi si
appropria di alcunchdi pertinenza di suo padre o di sua madre, compie azione
riprovevole. Ora Iddio nostro padre e la Chiesa nostra madre, secondo la
Scrittura: Il padre vostro non forse colui a cui appartenete? E altrove:
Segui, figliuolo, la disciplina di tuo padre e non obliare la legge di tua
madre. Nulla affligge piil Signore che l'essere negletto e non amato e nulla
gli pigrato che il rispetto e l'adorazione. PerciIddio non permette che
alcuna creatura umana sia insofferente della religione. Ogni creatura eleva
preghiere a lui e tutte, dice Proclo, elevano indi in suo onore. Ma gli uni
pregano in modo naturale, altri in modo sensibile, altri razionalmente, altri
intellettualmente, benedicendo pertutti il Signore a modo loro, secondo il
cantico dei tre fanciulli. I riti e le cerimonie della religione differiscono
a secondo i tempi e i paesi ma ciascuna religione racchiude alcunchdi buono
che si eleva sino a Dio stesso, creatore d'ogni cosa. E quantunque Iddio non
approvi che la sola religione cristiana, nondimeno non disapprova interamente
gli onori che gli vengono resi dalle altre religioni, nli lascia senza
ricompensa, se non nell'eternit almeno nel tempo. Gli empi e gli atei sono
invece considerati da Dio inimici suoi ed egli li fulmina e li stermina,
perchla loro empietmolto pigrande di quella di coloro che han seguito
un culto falso. Perchnon v'ha culto, secondo il parere di Lattanzio, per
quanto erroneo, che non racchiuda qualche grano di saggezza e questo pufare
perdonare coloro che hanno tenuto il sommo degli ufficii umani secondo il loro
proposito se non di fatto. L'uomo non puarrivare alla vera religione
abbandonato ai soli suoi lumi, ma ha bisogno che Dio gliela riveli. Per
conseguenza ogni preghiera indirizzata a lui fuori dello spirito della vera
religione similmente una superstizione. Anche il rendere onori divini a chi
non li meriti rappresenta una superstizione. Occorre dunque badare
a non fare ingiuria talora al Signore Onnipossente e alle
divinitche si raccolgono intorno a lui col rendergli un culto superstizioso,
il che sarebbe un vero delitto per un filosofo. Nondimeno, e abbenchessa sia
contraria alla vera religione, la superstizione non del tutto riprovabile,
posto che viene tollerata in molte circostanze e osservata perfino dai capi
della religione. Parlo di quella superstizione che offre una certa affinit con la religione, che si esplica intorno a tutto ciche miracoli,
sacramenti, cerimonie, solennite che racchiude in sstessa un potere non
indifferente in forza della credulitdell'officiante. Ginel primo libro, in
proposito abbiamo potuto rimarcare sin dove possa giungere il potere d'una
ferma credenza. La superstizione richiede pertanto la credulit coscome la
religione esige la fede e anche la credulitcostante ha tanto potere da
produrre miracoli, puse inspirata da una falsa religione, a patto che
l'operatore ritenga verace la sua credenza, cosa che eleva il suo spirito,
secondo la forza istessa della sua credulit sino a renderlo eguale agli
spiriti che sono i maestri della vera religione. Invece l'esitazione e la
diffidenza, non solo nella superstizione ma anche nella religione vera,
indeboliscono ogni opera magica e rendono nulli gli effetti delle esperienze
pisicure e pipoderose.

La superstizione spesso contraffla religione, nella scomunica, ad esempio,
degli insetti e delle cavallette per impedir loro che danneggino i raccolti,
nel battesimo delle campane, nella benedizione delle immagini. Ma poichi pi famosi magi e i migliori scrittori di magia nell'antichitci annoverano fra i
Galilei, gli Egiziani, gli Assiri, i Persiani e gli Arabi, popoli tutti la cui
religione non era che un'avvelenata idolatria, bisognerbadar bene a che i
loro errori non abbiano la prevalenza sulle eccellenti veritdella nostra
religione cattolica. Questa sarebbe infatti una bestemmia ed un soggetto di
maledizione; ed anche io sarei un bestemmiatore in questa scienza, se non vi
avvertissi di queste cose e che i passi da me citati nel presente lavoro che
sieno tratti da tali antichi, io non ve li presento come veritma come
congetture che si avvicinano alla verit La nostra valentia deve aver campo
di esplicarsi nel riuscire a porre in luce la veritframmezzo agli errori
degli antichi e cinon possibile senza una profonda intelligenza, una piet illimitata e una laboriosa, diligenza. Ma soprattutto occorre avere la
saggezza, la quale sa estrarre il bene da ogni male, ridurre alla linea retta
tutte le linee oblique e sa fare buon uso di tutto ciche cade sotto la sua
potest Sant'Agostino ci offre esempio di cinella persona del falegname,
cui sono necessari ed opportuni non solo gli strumenti diritti, ma anche gli
obliqui e complicati.




CAPITOLO V

Delle tre guide della religione, che valgono a condurci verso
il sentiero della verit

Noi abbiamo tre guide che regolano tutta la religione e ne costituiscono la
base, le quali ci conducono verso il sentiero della verit Queste tre guide
sono l'Amore, la Speranza e la Fede. L'amore il veicolo dell'anima e, sopra
tutte le altre virt fluisce dal cielo e attraverso le intelligenze superiori
si rispande sino alle piumili intelligenze. Esso fa che le anime nostre
eguaglino in bellezza l'anima divina; esso ci di egida in ogni operazione e
la porta a compimento a seconda dei nostri voti, irrobustendo le nostre
preghiere. Noi leggiamo in Omero che Apollo esaudi voti di Crise, perchgli
era molto amico, e leggiamo negli Evangeli, a proposito di Maria Maddalena,
che: molti peccati le saranno rimessi, perchmolto ha amato.

La Speranza, rivolta intensamente allo scopo perseguito, nutrisce lo spirito e
lo perfeziona, purchesente da dubbi e incrollabile.

La Fede, ben superiore alle altre due virt perchnon riposa sulle
asserzioni umane ma benssulla rivelazione divina, rischiara tutto quanto
v'ha nell'universo. Essa discende dall'alto, emana dalla prima luce ed ben
pinobile e degna delle scienze, le arti, le opinioni e le testimonianze
degli uomini e delle altre creature, giungendo sino al nostro intelletto come
rifrazione della prima suprema luce. E mercla Fede l'uomo diventa identico
ai superi e gode della stessa loro potenza cosa che fa dire a Proclo: Come la
fede che credulital di sotto della scienza, cosla fede che vera fede
al contrario al di sopra d'ogni scienza e di ogni intendimento e ci
congiunge immediatamente a Dio. In effetti la fede la radice di tutti i
miracoli e, secondo l'opinione dei platonici, essa sola puaccostare a Dio e
farcene ottenere la protezione e la benedizione. Daniele scampai leoni
perchebbe fede in Dio e Cristo disse alla donna che aveva flusso di sangue:
La tua fede ti ha guarita; e chiese ai ciechi che imploravano da lui di poter
ricuperare la vista, se avessero la fede, con queste parole: Credete ch'io
possa ridarvi la vista? Leggiamo in Omero che Pallade consola Achille
dicendogli: Son venuta di persona a placare l'ira tua, se pur tu hai fede. E
il poeta Lino dice che bisogna credere tutto, perchtutto facile a Dio,
niente gli impossibile e per conseguenza, tutto credibile.

Credendo dunque le cose che concernono la religione, noi ne saggiamo la forza,
ma se non abbiamo la fede, non potremo far nulla di sorprendente e non
lavoreremo che pel nostro danno, come risulta da quest'esempio lasciatoci da,
San Luca: Alcuni ebrei esorcisti del vicinato si accinsero temerariamente a
invocare sopra coloro che erano posseduti dagli spiriti maligni il nome Iesv,
dicendo: Io vi scongiuro per Ges che Paolo predica. Ma lo spirito maligno
rispose loro: Io conosco Gese so chi Paolo, ma voi chi siete? E l'uomo
posseduto dal peggiore dei demoni si Scaglicon tal furia sugli ebrei
esorcizzatori, che costoro non poterono trarsi in salvo fuor della casa ove
erano entrati, che con gli abiti a brandelli e coperti di ferite.



CAPITOLO VI.

In qual modo l'anima, con l'assistenza di queste tre guide, si elevi sino alla
natura divina e diventi operatrice di miracoli.

La nostra mente pura e divina, fragrante di amore religioso, abbellita dalla
speranza, guidata dalla fede, dopo avere attinto il vertice della umana
sapienza, attira a sla verite nella veritdivina istessa, come nello
specchio dell'eternit scorge le cose mortali e le immortali, la loro
essenza, le loro cause e tutto comprende. Perciin tale stato di purezza e
d'elevazione ci dato conoscere le cose che sono al di sopra della natura e
scrutare tutto ciche contenuto nel nostro mondo. E non solo possiamo
conoscere le cose presenti e le passate, ma, mercgli oracoli e le
divinazioni, pure quanto dovraccadere in epoche da noi lontane. Di piuna
mente di tale specie acquista una virtdivina non soltanto nelle scienze le
arti e gli oracoli, ma acquista una potenza miracolosa anche in tutte le cose
soggette a esser trasmutate mercla volont Percitalora noi, pur essendo
costituiti nella natura, dominiamo la natura e realizziamo opere miracolose e
elevatissime, tali da renderci docili i mani, sconvolgere le stelle, piegare
le divinite asservire gli elementi, e i devoti a Dio ed elevati da queste
tre virtteologali riescono a dissipare le nubi, a scatenare i venti, a
suscitare la pioggia, a guarire le malattie, a risuscitare i morti. Miracoli
simili furono compiti in ogni epoca e in ogni paese e i poeti li hanno
esaltati nei loro carmi, gl'isterici ce li hanno tramandati e i filosofi pi famosi, insieme ai teologi, ce li hanno confermati autorevolmente.

Cosi Profeti gli Apostoli e tutti gli altri uomini di Dio hanno avuto lo
splendore delle massime potenze.

Occorre infine conoscere che nel modo istesso che per la virtdel primo
agente si puoperare senza la cooperazione delle cause mediane, ugualmente,
mercla sola virtdella religione, si pufare alcunchsenza l'applicazione
delle forze naturali e delle celesti; ma solo colui che divenuto totalmente
intellettuale, puoperare per la sola virtdella religione pura. Chiunque
operi per la sola religione, senza il concorso delle altre virt assorbito
e consumato dalla divinit npotrvivere a lungo. E chiunque vorr penetrare nel santuario senza essersi purificato, attirersul suo capo la
condanna e sardato in preda al maligno per esserne divorato.



CAPITOLO VII.

Della necessitdella conoscenza del vero Dio da parte del Mago e
dell'opinione che gli antichi magi e filosofi hanno avuto della divinit

Poichtutte le creature non possono esistere nagire senza il concorso di
Dio, sovrano loro creatore, nonchdelle divinitminori che hanno ricevuto il
potere di creare, non come causa principale, ma come causa strumentale
derivante dal supremo Creatore (perchEgli il principio e la causa prima
d'ogni cosa e ciche prodotto dalle seconde cause effettivamente prodotto
dalla prima causa, la quale ha anche prodotto le seconde, che noi chiamiamo
divinitsecondarie) dunque necessario che il vero mago conosca il vero Dio,
produttore e prima causa di tutte le cose e che conosca altresquelle altre
divinit o potenze superiori che noi chiamiamo cause secondarie. Bisogna
conoscere pure con quale culto, con quale venerazione, con quali sacrifici
conformi alla condizione di ciascuna, deve essere onorata ciascuna di queste
divinit perchchiunque invochi una divinit senza tributarle gli onori
particolari che le son dovuti, non pugodere della sua presenza ne ottenerne
gli effetti desiderati, nel modo istesso che una sola corda allentata in uno
strumento qualsiasi basta a rendere dissonante un intero accordo. Talora
altresl'ignoranza del cerimoniale appropriato a ciascuna divinitpu esporre a severe punizioni, come scritto degli Assiri che, guidati da
Salmanasal, occuparono Samaria, i quali, ignorando gli onori dovuti al Dio
locale, furono sterminati da numerosi leoni scagliati su loro dalla divinit corrucciata.

Cerchiamo ora indagare quali Opinioni avessero intorno alla divinitsuprema
gli antichi magi e filosofi. La storia ci riporta che a Nicocreonte, re di
Cipro, che consultava un giorno l'oracolo di Serapide per conoscere appunto
chi fosse il vero Dio, fosse risposto dall'oracolo che il vero Dio colui di
Cui il cielo forma la testa i mari il ventre e la terra i piedi e che ha le
orecchie nel mezzo dell'aria stessa e gli occhi nella luce sfolgorante del
sole.

Orfeo ha cantato quasi la stessa cosa: Egli il re del palazzo delle stelle,
Giove in persona, il principio e l'origine di tutte le cose, la potenza unica,
l'Iddio Onnipossente. Il gran corpo regale l'eterno ricettacolo di ogni
cosa; la terra, il mare, il fuoco, l'aria, la notte e il giorno, la saggezza,
la sorgente prima, e il giocondo amore, si raccolgono entro il gran corpo
regale di Giove sovrano. Scrutando rispettosamente la gran volta stellata, voi
scorgerete il suo collo. La nobile testa dalla Capigliatura d'oro, la fulva
criniera, i raggi delle stelle rutilano; poi il capo si arrovescia e si
profila in due corna d'oro, simili a quelle del toro, di Cui l'una il
levante e l'altra l'occidente.

E altrove:

Gli occhi suoi sono Febo ardente di luce e la Luna arroventata da Febo e tutto
il grande etere il suo pensiero, che ha la prescienza dell'avvenire e a cui
non pusottrarsi rumore alcuno, nreputazione, ne violenza, ne segreto,
perchovunque esso penetra vittorioso. Il suo corpo invincibile si protende
senza fine e senza misura. L'aria ne forma le larghe spalle e il petto, le sue
ali sono i venti stessi e con esse vola ovunque e scorre piveloce dello
stesso Euro. La nostra madre antica, la terra, forma la tumescenza del suo
sacro ventre e il mare, sonoro e ritmato, ne costituisce la cintura. Le
fondamenta di cotesto gran globo, e il tartaro sonante di furori, son le
piante dei piedi del gran padrone dell'Olimpo. Ed egli, dopo aver tutto
nascosto sotto terra, ha poi tutto riportato alla gran luce del sole.

Si crede dunque che Giove sia l'universo e il pensiero di questo universo che
lo contiene in se l'ha prodotto, cosa che fa dire a Sofocle:

In verit non v'ha che un solo Iddio che abbia fatto il cielo che vediamo e
la terra capace.

E Euripide:

Vedete quell'onnipossente che racchiude fra le sue braccia d'ogni parte
l'etere infinito e la terra? Esso Giove.

E il poeta Ennio canta:

Osservate tanta sublime bellezza: il Giove da tutti invocato.

Per conseguenza il mondo universale Giove e, come dice Porfirio, un
animale fatto d'animali, un Dio composto di dei . E' Giove inquantoch un'intelligenza che produce tutto e tutto crea, il che ha fatto si che Orfeo
cosci canti la gloria del nome sacro:

E' un nume che tutto ha creato, che tutto conserva, che sta sopra a tutto.
Solo un intelletto superiore pucomprenderlo e non visibile che con gli
occhi del pensiero. Egli non mai malefico ai mortali. Non v'ha altro Dio che
lui. Egli tutto: il principio, il mezzo, la fine. Ecco quanto gli antichi ci
hanno insegnato e Dio stesso scrisse loro sulle due tavole.

E nello stesso canto lo chiama: il solo ingente autore del mondo, privo di
morte.

Zoroastro, nella sua storia sacra delle vicende persiane, ci definisce cos Iddio:

Dio il primo fra gli esseri non soggetti a macchie e a corruzione, che non
ha avuto principio e non avrfine, che indivisibile, simigliante solo a s stesso, auriga e autore di tutte le cose buone, padre d'ogni cosa, buonissimo
e prudentissimo, luce sacra della giustizia, perfezione assoluta della natura,
inventore e sapienza di essa.

Apuleio lo chiama il Basileus, vale a dire il re, e lo definisce la causa
della natura delle cose, la ragione e l'origine primordiale, il sommo genitore
dell'animo, il conservatore della vita, che genera senza propagazione, colui
che non
puessere limitato ndal tempo, ne dal lustro, che non pusubire alcun
cambiamento e che non puessere concepito che da pochi, eterno e per tutti
ineffabile.

PerciEuripide ordina che si dia a Giove il titolo di sommo Dio, per la cui
testa Orfeo ha detto che tutte le cose erano state messe in luce e che
bisognava ritenere che le altre potenze, ossia quelle che sono fuori di Dio e
separate da lui, erano le sue ministre. Percigli stessi dei sono chiamati
dai filosofi ministri e intelligenze separate e perciessi dicono che il
culto della religione dovuto al sommo Giove soltanto ed agli altri numi dovuto solo per esso.



CAPITOLO VIII.

Dell'opinione degli antichi filosofi intorno alla Trinit

Sant'Agostino e Porfirio ci attestano che i platonici hanno racchiuso tre
persone nella divinit chiamando la prima il padre dell'universo, la seconda
il figlio, o il primo pensiero come ha. detto Macrobio, e la terza lo spirito
o anima del mondo. Virgilio la chiama spirito, seguendo l'opinione di Platone,
e canta:

Spiritus intus alit, totamque infusa per artus mens agitat molem...

Plotino e Filone insegnano che il figlio di Dio il primo pensiero, vale a
dire la comprensione divina che procede dal padre, come la parola dalla bocca
di una persona che parli, o come una luce da un'altra luce. Percistato
chiamato il verbo la parola e lo splendore di Dio padre perchil divino
Pensiero, concependo il sommo bene con un sol atto mai interrotto, genera in
se stesso la sua prole e il figlio suo, che la piena intelligenza, la piena
sua immagine e il perfetto esemplare del mondo. Ciinsomma che il nostro
Giovanni ed Ermete chiamano verbo o parola, Platone il figlio di Dio padre,
Orfeo Pallade uscita dalla testa di Giove, vale a dire la saggezza. E'
l'altissima immagine di Dio padre che nell'Ecclesiaste, parlando di s dice:
Son io che son uscito dalla bocca dell'Altissimo, creatura primogenita innanzi
a tutte. Giamblico dice che il figlio s'identifica col padre, formando
essenzialmente un solo Iddio, padre e figlio di sstesso. Ermete nel suo
Asclepius afferma: Il mio Signore e padre mio ha generato un altro pensiero
costruttivo; e nel Pimandro, ove sembra profetizzare la legge della grazia e
il mistero della rigenerazione dice: l'uomo figlio di Dio l'autore della
rigenerazione per volontdell'unico Dio. E lo chiama altresil Dio ricolmo
della feconditdi entrambi i sessi coscome i teologi indiani sentenziano
che il mondo in parte maschio e femmina. Anche Orfeo chiama la natura del
mondo e il Giove mondano maschio e femina, perchambo i sessi sono raccolti
nella divinit Apuleio, seguendo la teologia orfica, ha sentenziato: Giove,
che ignora la morte, maschio e femina. Virgilio canta di Venere: Io discendo
e Iddio mi guida e altrove, intendendo parlare di Giunone o Alecto: Iddio non
mi mai venuto meno quando, nella prece, ho steso a lui la destra. Tibullo
dice: io che ho violato con la mia parola la divinitdel possente Venere. E
l'istoria narra che il popolo di Carena onorgrandemente il Dio Lunus.

La piena comprensione della somma feconditgenera l'amore che fonde
l'intelletto Con la mente e questo tanto piampliamente, quanto piCon una
proporzione immensa gli piintima di ogni altra prole coi suoi genitori;
mente che la terza persona, ciolo Spirito Santo. Giamblico riporta anche
gli oracoli dei Caldei, che prestano a Dio una possanza paterna, l'emanazione
dell'intelletto provenendo dal padre e l'amore ardente dal padre e dal figlio.
Troviamo perciin Plutarco la descrizione di Dio lasciataci dagli antichi, i
quali dicevano essere egli uno spirito intellettuale e igneo, che privo di
forme, ma che si trasforma in tutto quanto egli voglia e si rende simile a
ogni cosa. Il Deuteronomio dice che Dio un fuoco divorante. Zoroastro
asserisce che ogni cosa stata generata dal fuoco e la medesima asserzione ci
stata fatta da Eraclito d'Efeso. Platone sostiene che Dio vive entro
un'essenza ignea, intendendo l'inenarrabile splendore di Dio in sstesso e
l'amore circa sstesso. In Omero troviamo che l'etere il reame di Giove:

Giove oscura le nubi e regna nell'etere.

E altrove:

Il cielo l'appannaggio di Giove; il suo trono fra le nuvole ovunque
l'etere si estende.

Ora, aether, secondo la grammatica greca, deriva da aetho, che in latino
significa ardeo, brucio, e da aer, che in latino significa spiritus, spirito,
e perciaether significa spiritus ardens, spirito ardente. Il che ha valso a
far dare da Orfeo all'etere il nome di pyripnon, ciosoffio di fuoco.

Perciil Padre il Figlio e lo Spirito di amore, ossia di fuoco, sono chiamate
dai teologhi le tre persone, che Orfeo nei suoi scongiuri invoca cos Io ti
scongiuro cielo, opera sapiente del Signore grande. Io ti scongiuro, voce del
Padre,
che ha parlato per primo, quando ha stabilito il mondo universale sulla
saggezza dei suoi consigli.

Anche Esiodo riconosce le tre persone divine nella sua Teogonia sotto i nomi
di Giove, di Minerva e di Bule, enunciando con queste parole il duplice parto
di Giove: La prima figlia, in effetti, Tritonia dagli occhi glauchi, tanto
possente quanto il padre suo il saggio Bule, cioil consiglio.

Lo stesso Agostino, nel quarto libro della Cittdi Dio, dice che Porfirio,
seguendo la dottrina di Platone, ha collocato tre persone in Dio: la prima che
chiama il padre dell'universo; la seconda che chiama la mente, detta da
Macrobio il figlio; la terza che chiama l'anima del mondo e che Virgilio
chiama invece lo spirito, seguendo Platone e dicendo:

Spiritus intus alit, totamque infusa per artus mens agitat molem...

E' dunque Iddio, come dice Paolo, da cui procedono tutte le cose, in cui sono
tutte le cose, per cui esistono tutte le cose. Perchdal Padre, come da una
prima sorgente, emanano tutte le cose; nel Figlio, come in una piscina sono
collocate tutte le cose; nello Spirito Santo, ciascuna secondo il proprio
grado, tutte le cose sono esplicate e distribuite.




CAPITOLO IX.

Cosa sia la vera fede ortodossa nei riguardi di Dio e della
Santissima Trinit

I dottori cattolici e il popolo eletto hanno ordinato di credere e riconoscere
che non v'ha che un solo e vero Dio, increato, infinito Onnipossente, eterno;
il Padre, il Figliuolo, lo Spirito Santo, tre persone tutte e tre eterne e
eguali fra loro, che nondimeno sono formate d'un'unica essenza e sostanza e
hanno natura assolutamente semplice. La fede cattolica, la religione
ortodossa, la veritdel cristianesimo vogliono che si adori un Dio nella
Trinite la Trinitnell'Unitsenza confondere le persone e senza scindere
la sostanza. Il Padre, dall'eternitha generato il Figlio e gli ha ceduto la
sua sostanza, pur ritenendola. Similmente il Figlio, nel nascere, ha ricevuto
la sostanza del Padre, senza assumere tuttavia la personalitdel Padre, che
questi non ha nemmeno trasmesso al Figlio, giacchentrambi son fatti d'una
sola e identica sostanza, pur essendo due distinte persone. Il Figlio, bench eterno come il padre e generato dalla sostanza paterna sin da prima dei
secoli, nondimeno nato nel tempo dalla sostanza d'una vergine ed stato
chiamato GesDio e uomo perfetto, prendendo la sussistenza dall'anima
razionale e dalla carne umana e avendo tutto ciche ha l'uomo, salvo il
peccato. Dobbiamo dunque credere che nostro Signore GesCristo, figliuolo di
Dio, Dio e uomo, una persona e due nature; che un Dio generato senza madre
prima dei secoli; che nel tempo fu fatto uomo senza padre, da una vergine pura
prima e dopo il parto; che avendo sofferto in croce morto, ma che sulla
croce ha restaurato la vita e distrutto la morte con la morte; che fu
seppellito e discese all'inferno, liberandone le anime dei patriarchi e
risuscitando nel terzo giorno per sua proprio virt che asceso ai cieli, da
dove ha inviato lo Spirito Santo; che verra giudicare i vivi e i morti e che
alla sua venuta tutti gli uomini risusciteranno nella loro carne e renderanno
conto delle proprie azioni. Ecco la vera fede.

Se alcuno non crede, se alcuno dubita, costui sarprivato della speranza
della vita e della salvezza eterna.



CAPITOLO X.

Delle emanazioni divine chiamate numerazioni dagli Ebrei, attributi da altri,
Dei dai pagani, dei direi Sefiroti e dei dieci sacratissimi nomi di Dio che ad
essi presiedono e della loro interpretazione.

Quantunque Dio stesso sia d'una essenza unitissima in tre persone, nondimeno
non dubitiamo che non v'abbiano in lui numerose emanazioni, che i filosofi
pagani hanno chiamate Dei, i dottori ebrei numerazioni e noi attribuiti; come
la saggezza, che Orfeo chiama Pallade: l'intelligenza, che
chiama Mercurio; la produzione della forma, che chiama Saturno; la forza
procreatrice, che chiama Nettuno; la natura segreta delle cose, che chiama
Giunone; l'amore, che chiama Venere; la vita lucida, che chiama Sole, o
Apollo; la ragione del mondo universale, che chiama Pane; e l'anima la canta,
sotto i tre nomi di Mare di Nettuno e d'Oceano, come capace di produrre le
creature mortali, di contemplare gli esseri superiori e di ritornare poi in s stessa. E dice:

Giove, Pluto, Febo, Dionisio non sono che uno, perch in tutti non v'ha che
un solo Dio.

E Valerio Sorano ha detto:

Giove onnipotente egli stesso il sovrano dei re ed Nume, il generatore e
la generatrice degli Dei ed e l'unico Iddio e a un tempo tutti gli Dei.

Il che dimostra che i teologi pagani onoravano anch'essi un solo Iddio sotto
nomi differenti e Sotto entrambi i sessi.

I mortali, dice Plinio, sovraccarichi di angustie e di lavoro, hanno voluto da
una sola divinittrarne parecchie, in modo da riceverne da ciascuna in
particolare determinati favori. Coschi aveva bisogno di fede, invocava
Giove; s'invocava Apollo, abbisognando di previdenza; Minerva, ove avesse
difettato la saggezza; e cosvia si chiedevano le altre cose sotto altri nomi
particolari della divinit Tuttavia non v'ha che un Dio, dispensatore sovrano
di tratte le grazie e di tutte le cose.

Apuleio, nel suo libro del Mondo, rivolto a Faustino, cosparla:

Non v'ha che un Dio, che una divinitsola, a cui si danno pinomi per la
moltitudine degli aspetti che assume sotto forme diverse.

E Marco Varrone, nel libro del Culto divino, dice:

Come tutte le anime vengono a ridursi in fondo all'unica anima del mondo, cos tutti gli Dei si riferiscono a Giove unico, che ovunque lo stesso nume, pur
essendo onorato sotto il nome di differenti divinit

Bisogna dunque sapere intellettualizzare esattamente le proprietsensibili a
mezzo d'una analogia nascosta e colui che intendera fondo gli inni orfici e
quegli degli antichi
magi, non li troverdifferenti nello spirito dagli arcani cabalistici e dalle
tradizioni ortodosse.Perchle divinitche Orfeo chiama Cureti e
intemerati, Dionigi le chiama potenze. I cabalisti li appropriano alla
numerazione pahad, vale a dire al timore divino e ciche in Cabala si chiama
ensoph, Orfeo lo chiama noctem, notte. Tifone in Orfeo lo stesso che Zamael
nella Cabala.

Ma i mecubali ebraici hanno ricevuto dieci nomi divini principali, specie di
divinit o parti della divinit le quali, attraverso dieci numerazioni
chiamate Sefiroti, come attraverso abiti o istrumenti o esemplari
dell'archetipo, influiscono e agiscono su tutte le creature, a cominciare
dalle superiori. Perchtali nomi divini influiscono in primo luogo e
immediatamente sui nove ordini angelici e sul coro delle anime beate, indi,
attraverso questi, sulle sfere celesti
sui pianeti e sugli uomini e infine sulle cose, di cui ciascuna ne riceve il
potere e le virt

Il primo di questi nomi Eheie, il nome dell'essenza divina. La sua
numerazione assume l'appellativo Keter, che si traduce corona o diadema.
Significa l'essere semplicissimo della divinite si chiama ciche l'occhio
non ha visto, attribuendosi a Dio Padre e influenzando attraverso l'ordine dei
Serafini, o come dicono gli Ebrei, Haioth Hacadosch vale a dire animalia
sanctitatis, animali di santit Poi, attraverso il Primo Mobile, prodiga la
virtdi essere a tutte le cose riempiendo lo stesso universo per tutta la
circonferenza e il centro. La sua particolare intelligenza si chiama
Metattron, vale a dire principe degli aspetti, e compie l'ufficio d'introdurre
alla presenza del principe. Il Signore parla Mospel suo tramite.

Il secondo nome Iod, o Tetragrammaton Unito a Iod. La sua numerazione Hochma, vale a dire sapientia. Significa. divinitdelle idee e prima generata
e s'attribuisce al Figlio. Influisce attraverso l'ordine dei Cherubini, ordine
che gli Ebrei chiamano Ophanim, forme o ruote, anzitutto sul cielo delle
stelle, creandovi tante immagini per quante idee contiene in se districando
il caos o confusione delle creature col ministerio di Raziel, che la sua
intelligenza particolare e che fu il vigilatore d'Adamo.

Il terzo nome Tetragrammaton Elohim; la sua numerazione Binah, vale a dire
providentia o intelligentia; significa giubileo, remissione, riposo,
conversione penitenziale, tromba, riscatto o redenzione del mondo, vita del
secolo da venire. S'applica allo Spirito Santo e influisce attraverso l'ordine
dei Troni, o Aralim in ebraico, vale a dire angeli grandi forti e robusti,
prima sulla sfera di Saturno, approntando la forma della materia fluida. La
sua intelligenza particolare Zaphkiel, vigilatore di Noe possiede una
seconda intelligenza, Iophiel, vigilatore di Sem.

Queste sono le tre numerazioni maggiori e sovrane, che rappresentano quasi i
troni della divinite che dispongono tutti gli eventi umani, messi in
esecuzione poi dalle altre sette numerazioni, chiamate percioperative.

Il quarto nome El; la sua numerazione Haesed, ossia clementia; e significa
grazia, misericordia, piet magnificenza, scettro, mano destra. Influisce
mercl'ordine delle Dominazioni, chiamate in ebraico Hasmalim, sulla sfera di
Giove e forma le immagini dei corpi a cui largheggia la clemenza e la
giustizia pacifica. La sua intelligenza particolare Zadkiel, vigilatore di
Abramo.

Il quinto nome Eloim Gibor, ossia Deus robustus, puniens culpas improborum,
Iddio forte punitore delle colpe dei reprobi. La sua numerazione si chiama
Geburah, vale a dire potenza, gravit giudizio, castigatore con la
devastazione e con la guerra e si riferisce al tribunale divino, alla cintura,
alla spada e al braccio sinistro, chiamandola altresPachad, timore.
Influisce mercl'ordine delle Potenze, che gli Ebrei chiamano Seraphim, sulla
sfera di Marte, da cui dipendono la forza, la guerra, le afflizioni, il
sovvertimento degli elementi. La sua intelligenza particolare Camael,
vigilatore di Sansone.

Il sesto nome Eloha, o nome di quattro lettere, unito a Vadahat, e la sua
numerazione Tiphereth, ossia ornamento, bellezza, gloria, piacere. Significa
il legno della vita e influisce mercl'ordine delle Virt che gli Ebrei
chiamano Malachim, vale a dire angioli, sulla sfera del Sole, cui comunica lo
splendore e la vita, producendo i metalli. La sua intelligenza particolare Raphael, vigilatore d'Isacco e di Tobia, unitamente all'angelo Peliel,
vigilatore di Giacobbe.

Il settimo nome Tetragrammaton Sabaoth O Adonai Sabaoth, vale a dire il dio
Degli eserciti. La sua numerazione Nezah, ossia trionfo e vittoria. Gli si
attribuisce la colonna destra e significa eternite giustizia del Dio
vendicatore. Influisce con l'ordine dei Principati che gli Ebrei chiamano
Elohim, vale a dire Dei, sulla sfera di Venere, che rappresenta lo zelo e
l'amore della giustizia producendo i vegetali. La sua intelligenza Haniel,
l'angelo suo Cerviel, vigilatore di David.

L'ottavo nome Elohim Sabaoth, vale a dire nume delle armate e non della
guerra e della giustizia, ma della piete della concordia poichciascuno di
questi due nomi, questo e il precedente, ha il suo esercito. La sua
numerazione detta Hod, che vuol dire lusinga, confessione, benessere e
rinomanza e gli si attribuisce la colonna sinistra. Influisce mercl'ordine
degli Arcangeli, che gli Ebrei chiamano Bne Elohim, ossia figli di Dio, sulla
sfera di Mercurio che rappresenta il fulgore e la convenienza dell'ornamento,
producendo gli animali. La sua intelligenza Michael, che fu vigilatore di
Salomone.

Il nono nome Sadai, vale a dire onnipossente, nonchElhai, che significa
Dio vivente. La sua numerazione Iesod, ossia fondamento e significa
intendimento, alleanza, reazione e riposo. Influisce mercl'ordine degli
Angeli che gli Ebrei chiamano Cherubim, sulla sfera della Luna, che indica
l'accrescimento e il declinare d'ogni cosa e presiede alle attitudini degli
uomini, ai quali ripartisce gli angeli custodi. La sua intelligenza Gabriel,
vigilatore di Giuseppe, di Giosue di Daniele.

Il decimo nome Adonai Melech, vale a dire signore e re. La sua numerazione Malchuth, ossia impero e significa chiesa, tempio di Dio, porta. Influisce
mercl'ordine Animastico delle anime beate, che gli Ebrei chiamano Issim,
vale a dire nobili eroi e principi, ordine meno elevato di quello delle
Gerarchie, prodigando la conoscenza ai figli degli uomini, la scienza,
l'industria e il dono della profezia.
L'ordine presieduto da Messiha, o, come altri dicono dall'intelligenza
Metattron, prima creatura o anima del mondo e vigilatore di Mos



CAPITOLO XI.

Dei nomi divini e del loro potere e virt

Iddio ha pinomi, che non indicano essenze o divinitdifferenti, ma certe
proprietda lui emananti; per i quali nomi, come attraverso canali, fa
scorrere su noi e sulle cose create copia di benefici di doni e di grazie.
Oltre i dieci gicitati nel capitolo precedente, che sono stati enumerati
anche da Girolamo a Mascel1a, Dionigi ne ha raccolto altri quarantacinque,
tanto del Dio Padre che del Cristo. I mecubali, o dottori ebraici, traggono da
un testo dell'esodo settantadue nomi, tanto di Dio che degli angeli, che
indicano come il nome dalle settantadue lettere, o Schemhamphoras, vale a dire
espositorio. Altri ancora, spingendosi piavanti, traggono da ogni passo
della Scrittura altrettanti nomi divini, di cui ignoriamo affatto il Numero e
il significato.

Citiamone qualcuno. Oltre quelli giriportati, v'il nome della divina
essenza Eheie che Platone traduce on e da esso alcuni chiamano Dio Tdn,
altri D-on. Un altro nome, Hu, rivelato a Isaia, che significa abisso di
divinit viene interpretato dai Greci Tauton e dai Latini idemipsum,
l'identico. Un altro nome Esch ricevuto da Mose che significa Fuoco. Un
altro Na colui che occorre invocare negli sconvolgimenti e nel dolore.
V'hanno ancora i nomi Iah, Elion, Macom, Caphu, Iunon, e Emeth che interpretato verited il sigillo di Dio. Infine Zur e Aben che significano
entrambi pietra solida e il secondo il Padre col Figlio. Omettiamo quelli gi riportati nelle scale dei numeri nel secondo libro di quest'opera.

Molti nomi ancora, cosdi Dio che degli angeli, vengono tratti dai versetti
delle Sacre Scritture, mercle arti cabalistica, calcolatoria, notariaca e
ghimetrian, impiegando certe loro lettere o unendo insieme le lettere iniziali
di ogni parola di dati versetti. Il nome Agla per esempio, tratto dal
versetto tu sei il Dio forte nell'eternit il nome Iaia dal versetto Dio,
nostro Dio, un Dio; il nome Iava dal versetto che la luce sia fatta e la luce
fu; il nome Araritha dal versetto un principio della sua unitsingolarite
vicissitudine, il nome Hacaba dal versetto santo e benedetto egli stesso
(sanctus benedictus ipse); il nome Iesu dai due versetti sino alla venuta del
Messia (quo usque veniat Messiah) e il suo nome dimora in eterno (permanet
nomen ejus); il nome Amen dal versetto signore re fedele (dominus rex
fidelis). Talora questa specie di nomi si estraggono dalla terminazione delle
parole, come ad esempio lo stesso nome Amen dalle finali del versetto non cosdegli empi (non sic impii). Cosnelle finali del versetto per me cui il
suo nome la causa (mihi quid nomen ejus quid) si trova il Tetragrammaton, il
nome di quattro lettere. Nel mettere insieme tali nomi, le lettere si
estraggono dalla locuzione, o dal principio, o dalla fine o dal posto che pi si reputi acconcio; talora anche si compongono da tutte le lettere in
particolare, nel modo con cui si estraggono i settantadue nomi divini da quei
tre versetti dell'esodo che cominciano con le parole [LETTERE EBRAICHE]
scrivendo il primo e l'ultimo versetto da destra a sinistra e quello di mezzo
da sinistra a destra, come faremo vedere in seguito (1); ovvero una locuzione
si trae da un'altra locuzione, o un nome da un altro nome, per trasposizione
delle lettere, come Messiah da Jisma e Michael da
Malachi o anche per cambiamento d'alfabeto, che i cabalisti chiamano Ziruph,
come dal nome Tetragrammaton i nomi Mazpaz e Kuzu. Qualche volta infine si
cambiano i nomi a mezzo dell'eguaglianza del numero, come Metattron per Sadai
che entrambi fanno 314, e Iiai che equivale al nome El pel numero 31, che comune a entrambi.

Nota:
(1) Sono i tre versetti 19, 20 e 21 dell'Esodo, cap. XIV. Detto capitolo ha
tutti i versetti che cominciano con una vau; i versetti 19, 20 e 21 oltre a
questa particolarithanno quella di contenere 72 lettere ognuno. Con essi si
formano i 72 nomi di Dio nel modo indicato dalla tavola dei 72 Angeli
Schemamforas.
Fine nota.



Ma questi sono secreti assai profondi ed ben difficile darne una perfetta
conoscenza, non potendo essere rivelati e compresi senza la padronanza della
lingua ebraica. Ma siccome i nomi di Dio, come dice Platone nel Cratilo, sono
in possesso dei barbari, che li han ricevuti da Dio senza la cui assistenza
nessuno pucomprendere le parole ed i veri nomi con cui Dio si chiama, noi
non possiamo dire di pidi quanto Iddio non abbia voluto nella sua bont rivelarcene; perchessi sono il sacramento e il veicolo dell'onnipotenza
divina e sono stati istituiti non dagli uomini ndagli angeli, ma dal Signore
stesso in un certo modo, secondo il numero e l'immagine immutabile dei loro
caratteri e della loro eterna stabilit cosda effondere l'armonia della
divinite da essere santificati dall'assistenza divina. Percile potenze
celesti li temono, l'inferno ne trema, gli angeli li adorano, i demoni se ne
atterriscono, tutte le creature li riveriscono, tutte le religioni li
venerano. L'invocarli piamente e religiosamente con sacro timore, ci mette in
comunicazione con la divinite ci dil potere di operare sulla natura in
modo mirabile. Non dunque lecito il cambiarli in alcun modo e per alcun
motivo e Origene ordina di conservarli nella loro integrite nei caratteri
originali, come ordina altresZoroastro. Platone dice nel Cratilo: Tutti i
nomi divini ci sono stati comunicati o dagli Dei stessi, o dagli avi, o dai
barbari. E Giamblico dissuade dal tradurli in lingua diversa dalla loro
originale, perchnon avrebbero pisignificato.

I nomi divini sono adunque un mezzo assai efficace e potente per conciliare e
unire l'uomo alla divinitcome leggiamo nell'esodo: Ovunque tu avrai il
ricordo del mio nome, io verra te e ti benedir E nel libro dei Numeri, il
Signore dice: Che il mio nome sia collocato sui figliuoli d'Israel e io sar largo della mia benedizione. Perciil divino Platone nel Cratilo e nel
Filebo, ordina di avere pirispetto pei nomi divini che pei templi e per le
immagini divine, giacchl'immagine e la virtdi Dio ha maggiore espressione
nell'ufficio della mente, specialmente di quella che ha l'afflato divino, che
non sia conservata nelle opere manuali.

Nle parole sacre hanno potere di per se stesse sulle labbra dei magi ma solo
mercl'influsso occulto delle divinit il quale opera a mezzo di esse negli
spiriti di coloro che sono animati dalla fede. La virtsegreta di Dio, per
tali nomi divini, si trasferisce in coloro che hanno orecchie per udire, che
sono divenuti l'altare e la casa del Signore, che la fede ha mondati mercla
purezza dei costumi e che si son resi meritevoli di ricevere le emanazioni
della divinit

Chiunque, dunque, metta in pratica, secondo il rito, queste parole e nomi
divini con quella puritdella mente, in quel modo e con quella legge con cui
sono tramandati tradizionalmente, farquantitdi operazioni meravigliose
come quelle che si leggono di Medea, che sapeva indurre placidi sonni, calmare
le tempeste del mare ed arrestare il corso dei fiumi:

Ella proffertre volte parole che facevano addormentare, che placavano le
onde tempestose, che arrestavano il corso dei fiumi.

I dottori Ebrei si sono distinti sopra tutti nel far uso del ministerio delle
parole e i seguaci di Pitagora hanno effettuato con esse guarigioni miracolose
delle malattie corporali e spirituali. Con tal mezzo Orfeo, che faceva parte
della spedizione degli Argonauti, dissipuna terribile tempesta. Filostrato
narra che Apollonio risuscitcon alcune parole proferite in segreto a Roma
una fanciulla morta e con altre fece apparire i mani d'Achille. Pausania ci
parla di due templi consacrati alla dea Persica che sorgevano nelle citt lidie di Eliocesarea e d'Hypepia, nei quali il mago prima d'incominciare il
servizio divino, accatastava sull'altare alcuni ramoscelli secchi, che
prendevano fuoco da soli in virtd'alcuni inni da lui cantati e di certe
parole barbare profferite. Sereno di Samo, fra i suoi precetti medici, ci ha
insegnato la virtdel nome abracadabra, da scriversi nel modo seguente su
pergamena e da sospendersi al collo per la guarigione d'ogni specie di febbri.


TABELLA:

| a | b | r | a | c | a | d | a | b | r | a |
| a | b | r | a | c | a | d | a | b | r |
| a | b | r | a | c | a | d | a | b |
| a | b | r | a | c |a | d | a |
| a | b | r | a | c |a | d |
| a | b | r | a | c |a |
| a | b | r | a | c |
| a | b | r | a |
| a | b | r |
| a | b |
| a |



Il rabbino Hama, nel suo libro Della Speculazione, ci parla d'un talismano ben
pipossente a guarire l'uomo da
ogni sorta d'infermit Il lato anteriore porta i quattro nomi quadrati di
Dio, disposti in quadrato l'uno sotto l'altro, in modo che letti dall'alto in
basso risultino similmente quattro altri nomi o sigilli sacratissimi della
divinit di cui l'intenzione scritta sul cerchio che limita esteriormente
la circonferenza della medaglia. Il lato posteriore porta nel centro il nome
di sette lettere Ararita e la relativa interpretazione, ossia il versetto da
cui tratto, scritta intorno al margine estremo del talismano.


FIGURA DEL TALISMANO [PAGINA 193 DEL TESTO]:

PARTE ANTERIORE
PARTE POSTERIORE.



Le lettere vanno incise su un disco d'oro puro, ovvero su pergamena vergine in
quanto sincera monda e immacolata, o anche in un causto formato appositamente
dal sommo di un cero sacro, o di incenso e acqua santa, e le operazioni
acconce vanno eseguite da un'artista purificato e senza peccato, animato da
speranza incrollabile e da ferma fede e che abbia lo spirito rivolto al Dio
Altissimo.

Per assicurarsi contro le malizie degli spiriti maligni e degli uomini
malvagi, nonchcontro tutti i pericoli dei viaggi terrestri e marittimi, si
pupreparare un altro talismano, che abbia sulle due facce inciso l'inizio e
la fine dei primi cinque versetti della Genesi, simbolo di tutta la creazione
del mondo. Il talismano va portato sempre addosso con ferma fede nel Dio
creatore dell'universo.


Figura del talismano [pagina 194 del testo]


Ne bisogna stupire, o stentare a credere, che le sacre parole adoperate da Dio
a creare il cielo e la terra, abbiano tanto potere, quando, come assicura Rab
Costa Ben Luca, il dito d'un aborto, sospeso al collo d'una donna, le
impedisce di concepire.

Zoroastro, Giamblico, Orfeo, Sinesio e Alkindus ci assicurano d'altra parte
dell'efficacia di certe parole sacre e dei nomi divini e Artefio, mago e
filosofo, ha scritto un libro speciale sulle virtdelle parole e dei
caratteri. Origene, che non ha minore autoritdegli altri filosofi, ha
sostenuto anch'esso contro Celso le virtmirabili racchiuse in certe parole
divine; e il Signore dice nel Libro dei Giudici: Il mio nome che Pele interpretato fra noi operatore di miracoli, o produttore di meraviglie.

Ma tanto gli uomini che gli angeli non conoscono il vero nome dell'Eterno,
cognito solo a lui, il quale, come dicono le Scritture, sarrivelato allorch tutte le cose saranno pienamente e interamente disposte a ricevere Iddio.

Nondimeno tra gli angeli e tra gli uomini Dio ha ancora altri vocaboli.

Come dice Mosl'Egiziano, noi non conosciamo nomi di Dio che non sieno
derivati dalle sue opere, salvo il nome Tetragrammaton, che santo e che
significa la sostanza del Creatore in significato affatto puro in cui
nessun'altra cosa partecipa con la divinitcreatrice. Percidetto il nome
separato, che si scrive e non si legge, che invochiamo soltanto e che
significa, secondo il linguaggio del cielo, ciche appartiene a Dio e forse
anche agli angeli.

Gli angeli possiedono nomi speciali nel loro linguaggio particolare, chiamato
da San Paolo lingua angelica, dei quali pochissimi soltanto ci sono cogniti.
Gli altri nomi che noi diamo loro, sono attributi del loro ufficio e delle
loro opere e non possiedono la stessa efficacia; percii magi li invocano coi
loro veri nomi, quelli cioche portano in cielo e che sono contenuti nelle
Sacre Scritture.



CAPITOLO XII

Dell'influsso del potere dei nomi divini sulle cose di quaggia mezzo di
speciali mediatori.

Quantunque il supremo Creatore e causa prima governi e disponga tutte le cose,
nondimeno egli affida l'esecuzione dei suoi ordini ai diversi ministri, cos benefici che malefici, che Giovanni nell'Apocalisse chiama angeli di favore e
angeli di rigore. Il profeta parla appunto di tali angeli: L'angelo del
Signore vigila intorno a coloro che lo temono, per salvarli. E altrove elenca
gli ordini di cui Dio affida l'esecuzione agli angeli cattivi.

Lo stesso stato disposto da Dio nei riguardi del cielo e delle stelle, in
modo che tutte le cose create lavorino insieme in suo servigio e cosogni
parte del cielo e ogni stella ha il governo di date contrade e forma il tempo
la specie e l'individuo in particolare, ricollegandosi la forza influente
dell'angelo particolare a tale contrada e della stella agli stessi luoghi
tempi e specie. Il che fa dire ad Agostino nel Libro delle Questioni: Ogni
cosa visibile governata in questo mondo da una potenza angelica che ad essa
preposta. E Origene, nel suo commentario del Libro dei Numeri, afferma: Il
mondo ha bisogno d'angeli che presiedano alle armate, ai reami, alle
provincie, agli uomini, alle bestie, alla germinazione e all'accrescimento
degli alberi e delle piante e che infondano in tutte le cose quella virtche
si dice esservi infusa da una proprietocculta.

Molto maggior bisogno vi dell'assistenza degli angeli che presiedono alle
opere sante alle virte agli uomini, poichessi, che vedono sempre la faccia
del sommo padre, possono con la loro retta guida condurre gli uomini e
similmente ogni cosa per quanto minima al suo luogo, come parti concertate di
questo mondo dove Dio, come precipuo Antistes, disponendo soavissimamente
tutte le cose, abita non contenuto o circoscritto, ma contenendo tutte le
cose; come Giovanni descrive quella famosa cittceleste, che ha dodici porte
vigilate da dodici angeli, i quali fanno fluire traverso di esse le influenze
ricevute dal nome divino e dai nomi dei dodici apostoli e dell'Agnello,
scolpiti nelle fondamenta della citt Perchcome i nomi delle tribd'Israel
erano scritti sulle gemme dell'ephod nella legge di Mos nonchsulle
fondamenta della santa cittdescritta da Ezechiello, ed erano governati dal
nome di quattro lettere; cosnell'Evangelo, sulle fondamenta della citt celeste sono scritti i nomi degli apostoli, che rappresentano nella Chiesa le
tribd'Israel, sui quali il nome dell'Agnello, Iesv, che ha l'identica virt del nome di quattro lettere, rispande il suo potere, dato che il Padre gli ha
conferito potestsu tutte le cose.

I cieli ricevono dunque gl'influssi dagli angeli e questi dal gran nome di Dio
e di Iesv. La virtprima in Dio, poi si rispande sui dodici e sui sette
angeli, che la trasmettono ai dodici segni e ai sette pianeti e da questi si
riverbera sugli altri minori strumenti divini, penetrando successivamente sino
alle cose piinfime. PerciCristo ha detto: Ci che chiederete a mio Padre in mio nome, voi l'otterrete.
E nel risuscitare: Per la virtdel mio nome, essi scacceranno i demoni dal
corpo dei posseduti.
Per conseguenza non piindispensabile ricorrere al nome di quattro lettere
di cui tutta la virtstata trasmessa al nome Iesv e i miracoli possono
compiersi con questo nome e non vi altro nome che questo, come dice Pietro,
che stato dato dal cielo agli uomini, in cui occorra salvarci. Non bisogna
percredere che il miracolo possa compiersi pronunziando il nome con labbra
impure, come se fosse il nome di un uomo qualunque, ma occorre avere lo
spirito purificato e grande fervore e soprattutto possedere la perfetta
comprensione, senza di che non vi esaudimento, perchil Profeta dice: Io
l'esaudir poichha conosciuto il mio nome.

Al presente pertanto nulla possiamo noi ricevere dal cielo, senza l'autorit il favore e il consenso del nome Iesv, il che fa si che i cabalisti ebrei pi versati nella conoscenza dei nomi divini, dopo la venuta del Cristo, nulla
possono picompiere di portentoso in virtdegli antichi nomi come facevano i
loro antenati. E' un fatto costante e giustificato dall'esperienza che non v' demone o potenza infernale che possa resistere alla potenza di questo nome ed
anzi sono forzati a genuflettersi ed obbedire, quando si proponga loro con la
debita pronuncia il venerando nome di Iesus; e non solo temono il nome, ma
anche la croce suo segnacolo; e non soltanto si genuflettono le potenze
terrestri celesti e infernali, ma lo riveriscono anche quelle insensibili ed
al suo accenno tutte le cose tremano, quando da un cuore fedele e da una bocca
veridica sia pronunciato questo nome Iesus e quando mani innocenti facciano il
segno salvatore della croce. Non invano il Cristo ha detto ai suoi discepoli
che avrebbero scacciati i demoni in virtdel suo nome, se una certa virtnon
foste espressa in quel nome sopra i demoni e gl'inferni, i Serpenti e i
veleni, le lingue, ecc., questa virttrovandosi in quel nome sia pel potere
di Dio istituente, sia per virtdi colui che con questo nome viene espresso,
sia per una forza insita nella parola stessa. E perfino talora anche gli
uomini malvagi e corrotti, purchabbiano fede nella sua efficacia, possono
farsi obbedire dai demoni con tal nome e realizzare opere importanti.



CAPITOLO XIII.

Delle membra divine e del loro influsso sulle membra umane.

Diversi passi delle Sacre Scritture menzionano le membra e i paramenti della
divinit intendendosi per membra determinate forze permanenti in Dio e
distinte da nomi sacri e per paramenti gli abiti e gli ornamenti che
costituiscono altrettanti canali, attraverso i quali i suoi benefici si
rispandono sulle sue creature. Le quante volte il nostro pensiero avr sfiorato i lembi dei suoi abiti, altrettante volte una virtdivina fluirsu
noi dalle membra divine, come Gesesclama proposito della donna che aveva
flusso di sangue: Qualcuno mi ha toccato, poichho inteso una virtvenir
fuori da me.

In Dio le membra sono simili alle nostre, ma costituiscono gli esemplari su
cui sono state modellate le nostre membra e rendendo ritualmente conformi le
nostre membra a tali esemplari, allora, cangiati a immagine sua stessa,
diveniamo veramente simili a Dio e possiamo operare a simiglianza sua.

Molti passi delle Scritture concernono le membra divine. Nei Cantici si legge:
Il tuo capo simile al Carmelo, la tua chioma eguaglia la porpora regale.
Dove il Carmelo non indica la montagna situata sulle coste della Siria, ma un
piccolo verme che produce la Porpora. Nei Salmi: Gli occhi del Signore sono
aperti sui giusti e sui miseri, le sue orecchie odono le loro preci, le sue
labbra interrogano i figli degli uomini. In Isaia detto: Voi non avete
interrogato la mia bocca. E nei Cantici ancora: La tua gola come il miglior
vino. Il vino che berril mio diletto degno di lui, come il nutrimento che
passerper le sue labbra. Egli possiede narici con le quali, come detto
nella Legge, respira gli aromi dei sacrifici. Leggiamo in Isaia: Il principato
stato fondato sulle sue spalle. Chi conosce la potenza del braccio del
Signore? Il Profeta canta: Le tue mani, Signore, m'hanno formato e m'hanno
plasmato. E ancora: Contempleri tuoi cieli, che sono opera delle tue dita. E
il Salmista: Il Signore ha detto al mio signore di assidersi alla sua destra.

Mentre gli Evangeli parlano della sua sinistra, dove collochercoloro che
saranno condannati nel giorno del Giudizio. Si legge nel libro dei Re, che Dio
ha trovato in David un uomo secondo il suo cuore. Nell'Evangelo menzionato
il suo petto su cui, riposando, il discepolo prediletto ricevi divini arcani
e il Salmista descrive il suo dorso simile a oro pallido. Egli stesso dice in
Geremia: Nel giorno della loro perdizione, non mostrerloro il mio volto ma
il dorso. E dice a Mos Videbis posteriora mea. Il Salmista indica che: la
notte sotto i suoi piedi; e nella Genesi detto ch'egli cammina in sul
mezzod

Troviamo altresnelle Scritture menzionati gli ornamenti e gli abiti della
divinit nel Salmista, per esempio, con queste parole: Il Signore ha regnato.
Egli s'rivestito di bellezza e s'coperto di dice, come d'un abito. E
altrove: L'abisso gli serve d'abito e di mantello. In Ezechiello Dio parla
cos Ho disteso su di te il mio mantello e ho celato il tuo obbrobrio. Nel
Salmista anche detto: La tua verga e il tuo bastone m'hanno anch'essi
consolato.... la sua veritvi coprirdel suo scudo. E nel Deuteronomio menzionata la spada della sua gloria.

Molte altre simili cose sono menzionate dagli oracoli sacri ed certo che le
nostre membra, i nostri abiti, i nostri ornamenti e tutto ciche su noi e
intorno a noi retto, conservato, governato e giudicato dalle membra e dagli
ornamenti divini, secondo l'asserzione del Profeta: Egli ha posato i miei
piedi sulla pietra e ha diretto i miei passi. E altrove: Benedetto sia
l'Eterno Iddio mio, che guida la mia mano nella pugna. E parlando della
propria bocca dice: Egli mi ha messo in bocca un cantico nuovo. Gesdice
altrove: Io vi dare la bocca e la saggezza. E dei capelli: Non un capello
della vostra testa sarperduto.... i vostri capelli sono contati.

Perchlo stesso Onnipotente Iddio, avendo voluto che noi fossimo fatti a sua
immagine, sostrusse le nostre membra e i nostri volti a somiglianza dello sue
virtnascoste conservando l'ordine e la proporzione che sono in lui stesso.
Ciha fatto dire ai mecubali ebrei, che se l'uomo, capace di ricevere
l'influsso divino, mantiene mondo e purificato un membro o un organo qualsiasi
del corpo, esso diviene il ricettacolo del membro o dell'organo corrispondente
di Dio, che vi si annida come sotto un velo; in modo che, occorrendo alcuna
cosa in favore di esso, basterinvocare la divinitper essere esauditi,
secondo questo passaggio della Scrittura: Io l'esaudir perchha conosciuto
il mio nome.

Ma son questi misteri troppo gelosi, di cui non possibile parlare pi diffusamente in pubblico.



CAPITOLO XIV

Delle divinitpagane delle anime dei corpi celesti e dei luoghi anticamente
consacrati a ciascuna divinit

Come abbiamo mostrato avanti, i filosofi hanno opinato essere i cieli e le
stelle animali divini con anime dotate d'intendimento e partecipanti del
pensiero divino, affermando altresche altre anime presiedono ad essi e che
sotto di esse si sono sostanze separate che li governano e che vengono
chiamate intelligenze e demoni. Platone perha detto che le anime celesti non
sono, come le nostre, imprigionate nei corpi ma sono libere di spostarsi a
piacimento, di gioire della presenza di Dio, di governare senza pena i loro
corpi nonchle cose sottoposte di questo mondo. Percitali anime erano state
assurte a onori divini e a loro venivano indirizzate preghiere e resi
sacrifici. E questi sono gli dei che tutti i popoli han riconosciuto e di cui
dice Mosnel Deuteronomio: Il Signore Tetragrammaton ci ha assistiti e
liberati dalla fornace egiziana, per avere per se un popolo ereditario, perch voi, alzando gli occhi al cielo, non contemplaste il Sole la Luna e le stelle
e non adoraste tali bellezze celesti a cui sono dati tutti i popoli raccolti
sotto il cielo universale. E nello stesso libro, al capitolo 17, chiama Dei il
Sole la Luna e gli astri. I dottori ebraici, intorno al passo della Genesi che
riferisce che Abramo dette ai figliuoli nati dalle sue concubine doni e
shemoth steltoma, vale a dire nomi stranieri, ma fece Isacco erede dei suoi
beni, commentano che i figliuoli delle concubine non furono ammessi a godere
del Dio

Tetragrammaton e supremo Fattore con la benedizione d'Abramo, ma lasciati
sotto il dominio delle divinitstraniere, mentre Isacco e i suoi discendenti
furono assegnati al Dio Onnipossente Tetragrammaton e non dovevano essere in
alcun modo soggetti al potere degli Dei stranieri. Percinel Deuteronomio dato loro colpa d'essersi abbandonati al culto di divinitsconosciute, a cui
non erano stati assegnati. E GesNave, dopo aver messo il popolo in possesso
della Terra Promessa, invita alla scelta d'un Dio a cui rendere omaggio,
dicendo: Voi potete oggi eleggervi a piacimento
un Dio, sia fra quelli che i vostri padri hanno servito in Mesopotamia, sia
fra quelli degli Amorrei di cui possedete ora le terre. E il popolo rispose:
Noi serviremo il Dio Tetragrammaton e lo riconosceremo come nostro nume.
Replicancora Ges Voi non lo potrete, perchil Signore Tetragrammaton un
Dio santo forte e geloso della sua gloria. E perseverando il popolo nella sua
scelta, Gesdisse: Poichavete scelto voi stessi il vostro Signore, liberate
dalle divinitstraniere che avete portato con voi e abbandonate i vostri
cuori al Dio d'Israel. E drizzando una pietra di mole considerevole, concluse:
Questa pietra testimoni della vostra sommissione e del vostro impegno,
affinchin avvenire non possiate disdirvi e dichiarare falsamente al Signore
di non averlo scelto a vostro Dio con l'obbligo di servirlo.

V'erano dunque altri numi onorati dagli altri popoli della terra, ed erano il
Sole, la Luna, i dodici segni e gli altri corpi celesti, onorati non come
corpi materiali, ma come corpi animati. Inoltre v'era la milizia celeste e ci che Geremia chiama regina del cielo, vale a dire la virtche regge il cielo,
ossia l'anima del mondo, dicendo: I figli ammucchiano la legna, i padri vi
appiccano il fuoco e le donne cospargono il grasso, per approntare le focacce
in onore della regina del cielo. Nera vietato a quei popoli d'onorare tale
regina e le altre anime celesti col culto di dulia (1), vietandosi solo di
render loro il culto di latria (2), che non appartiene che al vero Dio.

Note 1 e 2:
(1) Voce greca da douleia, servit e doulos, schiavo. Teologicamente il
culto che Si rende alle divinitinferiori (angeli, santi), allorchle si
invocano e si tributano loro onori diversi e che appunto rivolto a esseri
che si possono considerare in istato di servitrispetto alla divinitsuprema
(N d. T.)
(1) Dal greco latreia, servigio, da latris, servo. In opposizione al culto di
dulia, esso riservato unicamente alla divinitassoluta. (Nota del T. )

Fine note.


Nei capitoli precedenti abbiamo citato i nomi di queste anime o divinite per
saperne di pisarutile consultare specialmente Origene, Tertulliano,
Apuleio e Diodoro.

Tutti i popoli dunque hanno avuto divinitspeciali. I Beoti hanno adorato
Anfiarao, gli Afri Mopso, gli Egiziani Osiride e Iside, gli Etiopi che abitano
Meroe Giove e Bacco, gli Arabi Bacco e Venere, gli Sciti Minerva, i Naucratiti

Serapide, i Siriaci Atargate, gli Arabi Diafaren, gli Afri Celestio, i Norni
Tibelenus. In Italia Delventino era il dio dei Crustumensi, Viridianus dei
Narniensi, Aucharia degli Osculani, Nursia dei Volsiniensi, Valentia degli
Otricolani, Nortia dei Sutrii, Curis dei Falisci. I Latini hanno onorato assai
Marte, gli Egiziani Iside, i Mauri Giuba, i Macedoni Cabiro, i Punici Urano, i
Latini Fauno, i Romani Quirino, i Sabini Sangus, gli Ateniesi Minerva, gli
abitanti di Samo Giunone, di Pafo Venere, di Lemno Vulcano, di Naxo Libero, di
Delfo Apollo. Ovidio canta nei suoi Fasti:

Pallada Cecropidae; Minoia Creta Dianam;
Vulcanum tellus Hypsipylaea colit;
Junonem Spartae; Pelopeiadesque Mycenae
Pinnigerum; Fauni Menalis ora caput;
Mars Latio venerandus erat, quia praesidet armis.

I Cartaginesi e i Leucadi onoravano Saturno; Creta, Pireo, Ida, Elis, la
Libia, dov'era il suo oracolo, l'Epiro, il Lazio, Gnido, la Licia e Pisa di
Macedonia onoravano Giove;
i Termodonti, gli Sciti, i Traci onoravano Marte. Gli Sciti onoravano altres un Dio supremo, che era il Sole, a cui sacrificavano il cavallo; gli
Eliopoliti e gli Assiri onoravano pure il Sole come lo onoravano sotto il nome
di Apollo gli abitanti di Rodi gli Iperborei e i Milesiani. Il Sole era anche
il nume del Parnaso, di Phasella, di Cinzia, del monte Soracte, delle isole
Claros, Tenedo e Delo, di Mallos nell'isola di Lesbo, del bosco o forte Grineo
e delle cittdi Patrasso, Ghisa, Tarapnas, Cyrrha, Delfi, Atefnia, Entrosi e
Tegira. Gli erano anche state dedicate, sotto il nome di Bacco e di Dionisio,
Tebe e l'isola di Naxo, Nisa nell'Arabia, Callichoros, fiume della Paflagonia,
il Parnaso e i monti Citera nella Beozia, dove si celebravano ogni due anni
feste in onore di Bacco. Anche i popoli di Thamarita, confinanti con
gl'Ircani, onoravano Bacco con speciali sacrifici. Gli assiri sono stati i
primi ad onorare Venere, e dopo di essi gli abitanti di Palo nell'isola di
Cipro, quelli di Citera che ne hanno legato il culto agli Ateniesi e i Fenici.
I Lacedemoni onoravano Armath, gli abitanti di Delfo Venere Epitibia, onorata
altresa Cos e ad Amathos, isola dell'Egeo, a Menfi, cittd'Egitto, a Gnido,
in Sicilia, sul monte Ida, nella cittd'Hypoepa, a Erice, monte della
Sicilia, in Calydonia, in Cirene e a Samo. E, secondo la testimonianza
d'Aristotile, fra tutte le divinitantiche nessuna stata pionorata di
Venere in un maggior numero di luoghi. I Galli celebravano grandi sacrifici in
onore di Mercurio, che chiamavamo Teutates e Mercurio era altresonorato
dagli Arcadi, dagli Hermopoliti, dagli Egiziani e dai Memfiti. La Luna, sotto
il nome di Diana, era onorata nella Tauride, provincia della Scizia, e ad
Efeso le era stato innalzato un tempio famoso; in Micene, dopo l'uccisione del
re Thoas, Ifigenia e Oreste ne rimossero la statua, la quale fu poi onorata in
Aricia con un rito differente. Era anche onorata dai Magnesiani, popolo della
Tessaglia, a Pisa d'Acaia, a Tivoli e sul monte Aventino in Roma, a Perga,
cittdella Pamfilia, in Agras, provincia dell'Attica e le storie menzionano
il popolo di Caren che onorava la Luna sotto il sesso maschile.

Altri sacrifici erano in uso in onore di altre divinit come a Minerva e a
Pallade ad Atene, sui monti Pireo e Aracynthus, sul fiume Tritone, ad
Alcomenea, cittdella Beorgia, e a Neo, che una delle isole Cicladi. A
Cerere erano dedicate Eleusi d'Attica, Enna e Catania, cittdella Sicilia, e
il monte Etna. Vulcano stato principalmente onorato nell'isola di Lemno, ad
Imbros, Isola della Tracia, a Terasia e in Cilicia.
I Troiani onoravano Vesta, di cui Enea trasferil culto in Italia e che era
altresvenerata in Frigia, sui monti Ida e Dyndimus a Reatino, citt dell'Umbria, sul monte
Berecyntho e a Pessinunte, cittFrigia. Si sacrificava a Giunone nelle citt di Cartagine, Porsenna, Argo e Micene, nell'isola di Samo e presso i Falischi.
Nettuno era venerato a Orchesta, cittdella Beozia, nel promontorio di Tenaro
in Laconia e a Troezene.

Questi erano gli Dei venerati dai pagani che Mosnel Deuteronomio chiama le
divinitterrestri a cui sono assegnati tutti e non significano altro che gli
astri celesti e le loro anime.



CAPITOLO XV

Dell'opinione dei nostri teologhi intorno alle anime celesti.

Non i soli poeti e filosofi ci assicurano che i cieli e i corpi celesti sono
animati da certe anime divine, ma anche le Sacre Scritture e i teologhi ce lo
dicono, giacchl'Ecclesiaste ci descrive l'anima del cielo e Gerolamo, nel
suo commentario sullo stesso, la conferma e la riconosce esplicitamente.
Origene pure, nel suo libro dei Principi, ci indica animati i corpi celesti
che ricevono gli ordini da Dio, cosa che non puconvenire che a creature
dotate di ragione, perchscritto: Io ho impartito i miei ordini a tutte le
stelle. Giobbe osserva che neanche le stelle sono del tutto immuni dal
peccato, perchsi legge: Neppure le stelle sono pure al suo cospetto. Cosa
che invero non potrebbe riferirsi al loro fulgore.

Dello stesso avviso sono Eusebio Pamfilo nelle sue Soluzioni Teologiche,
Agostino nel suo Enchiridione e tra i pimoderni Alberto il Grande, nel libro
dei quattro coeguali, Tommaso d'Aquino nelle sue Creature Spirituali, Giovanni
Scot nelle sue Sentenze e il dottissimo cardinale Nicola Cusano. Paracelso
stesso sostiene calorosamente la tesit che i corpi celesti sieno animati e che
non sarebbe malfatto onorarli del culto di dulia e implorarne i suffragi e
l'assistenza, cosa che S. Tommaso concederebbe, se non temesse la
degenerazione in idolatria di simili onoranze. E Plotino ci assicura che essi
leggano nelle nostre anime i nostri desideri e che li esaudiscano.

Chi volesse opporsi ai sentimenti di tutti questi grandi uomini e considerasse
le loro opinioni come dogmi sacrileghi, ascolti Agostino nel suo Enchiridion e
nel libro delle Ritrattazioni, Tommaso nel secondo libro contro i Gentili e
nei Quotlibetis, Scot nelle Sentenze, Guglielmo di Parigi nella Somma
dell'universo. Tutti costoro, concordemente, gli dimostrerebbero che il dogma
cattolico non menomato dall'asserzione che i corpi celesti sieno dotati di
anima. E sebbene ad alcuni sembri risibile il dotare di anime gli astri, di
cui ciascuna s'abbia il governo di una data provincia, citt o nazione, pure
cinon sembrerstrano a coloro i quali intenderanno questa dottrina col
dovuto acume.




CAPITOLO XVI

Delle intelligenze e dei demoni, della loro ripartizione in tre generi
differenti, dei loro soprannomi e dei demoni infernali e sotterranei.

Ora ci conviene parlare delle intelligenze degli spiriti e dei demoni. Una
intelligenza una sostanza intellettuale, spoglia d'ogni corporeit corruttibile, immortale, insensibile, presente ovunque e ovunque influente.
Intelligenze spiriti e demoni sono della stessa natura, intendendosi qui per
demoni non quelli che noi chiamiamo diavoli, ma esseri spirituali, cos chiamati per la proprietdel vocabolo, quasi scienti intelligenti e saggi.

Come insegnano i magi, v'hanno tre sorta di tali spiriti. Quelli del primo
ordine sono detti Supercelesti e sono menti profondamente separate dal corpo,
pressochsfere intellettuali, che adorano e servono l'unico Dio, come loro
fermissima e stabilissima unito centro. Perciessi stessi vengono
considerati divinit essendo vivificati dal Nume sovrano e abbeverandosi del
nettare celeste. Rivolti sempre e solo verso Dio, non hanno influenza sui
corpi terreni, ma ricevono la luce suprema e la trasmettono all'ordine
immediatamente seguente, cioa quello delle intelligenze celesti.

Queste, dette anche demoni mondani, perchnon si occupano del culto divino,
ma sono assegnati alle sfere del mondo, presiedono a ciascun cielo e a
ciascuna stella e non chiamate saturniane quelle che presiedono al cielo di
Saturno e a Saturno stesso, gioviali quelle che presiedono al cielo di Giove e
a Giove stesso e cosvia. Similmente davano soprannomi a vari demoni, secondo
il nome e le virtdi altre stelle e, riconoscendo gli astrologhi antichi
cinquantacinque movimenti celesti, altrettanti demoni sono preposti a
regolarli. Altri demoni speciali governano i segni, le triplicit i decani, i
quinari, i gradi e le stelle fisse, perch quantunque ogni scuola filosofica,
non esclusa la peripatetica, abbia dato a ciascuna sfera celeste una sola
intelligenza, nondimeno, come ogni stella ed ogni parte del cielo ha la sua
propria forza ed influenza diversamente dalle altre, cosogni astro deve
possedere una propria intelligenza capace di farlo agire, dato che ha
movimenti propri e che esplica influssi su cose sottoposte. Dodici
intelligenze principali presiedono pertanto ai dodici segni dello zodiaco;
trentasei altre intelligenze presiedono a un egual numero di decurie,
settantadue altre ad altrettanti quinari celesti, alle favelle umane e alle
nazioni; quattro intelligenze presiedono alle triplicite agli elementi;
sette intelligenze ai sette pianeti. A ciascuna stato conferito un nome e
sono stati attribuiti segni chiamati caratteri, che gli antichi adoperavano
nelle invocazioni e negli incantesimi e che incidevano sugli strumenti magici,
sulle immagini, sulle lamine, sugli specchi, sugli anelli, sulle carte, sui
ceri e simili, dimodochquando operavano al Sole facevano le loro invocazioni
coi nomi del Sole e coi nomi dei demoni solari e cosper le altre.

In terzo luogo vengono i demoni, specie di ministri sottoposti alle
intelligenze superiori e preposti al governo delle cose terrene, che Origene
definisce virtinvisibili capaci di disporre le Cose di quaggi poich difatti senza che le vediamo ci conducono spesso nei nostri viaggi ed affari e
si trovano spesso nei combattimenti e fanno ben riuscire i loro amici con
soccorsi che danno insensibilmente, perchsi dice che possono dispensare a
loro arbitrio la prosperito l'avversit Questi demoni sono distinti in pi specie, sia secondo i quattro elementi, aria, acqua, fuoco e terra, sia
secondo i quattro poteri delle anime celesti, mente ragione immaginazione e
natura vivifica e motrice. Percii demoni del fuoco seguono la mente delle
anime celesti e contribuiscono alla contemplazione delle cose pisublimi; i
demoni dell'aria seguono la ragione e favoriscono la potenza razionale,
allontanandola in qualche modo dalla potenza sensuale e vitale e indirizzando
alla vita attiva, come quelli del fuoco indirizzano alla, vita contemplativa;
i demoni dell'acqua seguono l'immaginazione e il senso e indirizzano alla vita
voluttuosa; i demoni della terra seguono la natura e stimolano la facolt vegetativa. Questa specie di demoni vengono altresdistinti in saturniani, in
gioviali ecc. in rapporto cioai nomi degli astri; in orientali, occidentali,
meridionali e settentrionali, in rapporto ai quattro punti cardinali. Infine
non vi alcuna parte del mondo che sia orbata dall'appropriata assistenza di
questi demoni; non soltanto perchvi si trovano, ma principalmente perchivi
regnano, e invero sono ovunque, ma operano ed influiscono chi in un luogo ed
altri altrove. Non bisogna perintendere cinel senso che essi sieno
soggetti alle influenze delle stelle, ma nel senso che essi rispondono al
cielo sopramondano, da cui precipuamente tutte le cose sono dirette ed a cui
bisogna che tutte si conformino. Dimodochcome questi demoni si adattano alle
varie stelle, cosanche si adattano ai vari tempi e luoghi, non perch vengono coartati dal tempo e dal luogo, non piche dai corpi di cui hanno il
governo, ma perchcosha decretato l'ordine della sapienza; perci favoriscono e patrocinano di piin quei corpi, luoghi, tempi, stelle, e cos alcuni sono stati detti notturni, altri diurni, altri meridiani. In simil modo
vi sono i silvestri, alpestri, campestri e domestici, in rapporto ai luoghi,
dai quali ultimi derivano i Silvani, i Fauni, i Satiri, i Pan, le Ninfe, le
Naiadi, le Nereidi, le Driadi, le Pieridi, le Amadriadi, i Potamidi,
gl'Hinnidi, gli Agapeti, i Pali, le Pareidi, le Dodone, i Fenili, le Faverne,
le Parche, le Muse, gli Aonidi, i Castalidi, gli Eliconidi, i Pegasidi, i
Meonidi, i Febiadi, le Camene, le Carite, i Geni, i Lemuri e simili altri
demoni, detti il popolo delle divinite anche semidei. Alcuni di tali demoni
somigliano tanto all'uomo e tanto gli sono familiari, da essere perfino
soggetti alle passioni umane. Platone crede che gli uomini possano spesso
compire prodigi mercgli ammaestramenti di tali demoni, proprio come certe
bestie, scimmie, cani, elefanti, istruite dagli uomini, fanno
cose sorprendenti e superiori alla portata della loro intelligenza. Le
leggende della Danimarca e della Norvegia riferiscono che in quelle contrade
v'hanno varie specie di demoni ai servigi degli uomini. Alcuni tra i demoni
sono corporei e mortali e nascono e muoiono, quantunque vivano a lungo, come credenza degli Egiziani e dei platonici, sostenuta principalmente da Proclo.
Plutarco, Demetrio il filosofo, Emiliano il retore assicurano la stessa cosa,
testimoniando pubblicamente che ai loro tempi Pane il gran demone e parecchi
altri demoni, dopo aver pianto e levato alti lai, erano morti.

I platonici opinano esservi tante legioni di demoni di questo terzo genere per
quante stelle esistano in cielo e tanti demoni in ciascuna legione per quante
stelle sono contenute nel cielo. Alcuni, come ha scritto Attanasio e in
relazione al numero degli uomini, secondo la parabola delle cento pecore,
commisurano il numero reale degli spiriti benigni a novantanove parti. Altri,
secondo la parabola delle dieci dracme, lo fanno ascendere a sole nove parti.
Altri ancora stimano che il numero degli angeli sia eguale a quello degli
uomini, dato che scritto: Egli limita i popoli secondo il numero dei suoi
angeli. E molti hanno scritto molte cose intorno al loro numero. I teologi pi recenti, seguendo il maestro delle sentenze (Scoto), Agostino e Gregorio,
opinano che il numero degli angeli oltrepassi il numero degli uomini e che al
contrario vi sia un numero infinito di spiriti immondi nel mondo inferiore,
esistendone tanti nel mondo inferiore quanti spiriti mondi sono nel mondo
superiore, come alcuni teologi dicono avere appreso dagli oracoli. Sotto di
questi pongono il genere dei demoni sotterranei e tenebrosi, che i Platonici
chiamano angeli disertori, vendicatori dei delitti e dell'empiet giusta la
sanzione della giustizia divina; detti anche cattivi demoni o spiriti maligni,
perchoffendono e praticano volontariamente il male. Anche questi sono
raggruppati in numerose legioni e vengono distinti secondo i nomi degli astri
degli elementi e delle parti del mondo, attribuendo loro re principi e
ministri dotati di nomi particolari. Alla testa di tutti stanno quattro re
assai malefici, in corrispondenza delle quattro parti del mondo; alle loro
dipendenza sono numerosi altri demoni capi delle varie legioni e a questi,
con mansioni particolari, sono sottoposti altri capi in sott'ordine. Fra essi
sono compresi le Gorgone, generate dalla notte, le Furie, Tisifone, Alecto,
Megera e Cerbero e Porfirio ne parla cos

Essi abitano nelle viscere della terra e non v'ha cattiveria che non abbiano
l'audacia di condurre a fine. Il loro umore violento e insolente, tendono
continue imboscate e durante le loro scorribande in parte si occultano, in
parte manifestano mercla violenza, esultando solo la dove regna
l'ingiustizia e la discordia.




CAPITOLO XVII.

Degli stessi, secondo l'opinione dei teologhi.

I nostri teologhi, d'accordo con Dionisio, ripartiscono gli Angeli in tre
classi dette Gerarchie, ciascuna suddivisa in tre Ordini, detti Cori. Anche
Proclo li classifica secondo il numero nove.

La prima Gerarchia comprende i Serafini i Cherubini e i Troni, che sono demoni
o spiriti supercelesti i quali contemplano l'ordine della divina provvidenza;
i primi nella bontdi Dio, i secondi nell'essenza e nella forma di Dio, i
terzi nella saggezza di Dio. La seconda Gerarchia comprende le Dominazioni le
Virte le Potenze, demoni che cooperano al governo del mondo. Le Dominazioni
impartiscono gli ordini, le Virtamministrano i cieli e concorrono talora
alla realizzazione dei miracoli, le Potenze tengono lontano tutto ciche
potrebbe turbare le leggi divine. La terza e ultima Gerarchia comprende i
Principati gli Arcangeli e gli Angeli, ai quali tutti confidata la vigilanza
delle cose terrene. I Principati hanno cura delle cose pubbliche, dei re, dei
magistrati, delle provincie e dei regni, a ciascuno dei quali preposto un
angelo, dal che provengono queste parole che si leggono in Daniele: il
principe del regno Persiano mi ha fatto resistenza per ventun giorni. Ges figlio di Sirach testimonia che ogni nazione confidata alle cure d'un angelo
custode, cosa confermata da Mos il quale dice nel Deuteronomio che
l'Onnipotente, nel separare in terra le nazioni, ha assegnato loro confini
secondo il numero dei suoi angeli. Gli
Arcangeli assistono ai sacrifici, dirigono in ogni uomo il culto divino e
sottomettono a Dio le preci umane. Gli Angeli presiedono alle cose minori e
sono i custodi di ciascun uomo in particolare, cosda essersene alcuni
preposti a infondere forze e virtnelle piumili erbe e nelle pietre e da
costituire una specie di mediatori fra l'umanite la divinit

Atanasio, oltre i Troni i Cherubini e i Serafini, i quali stanno vicini a Dio
e lo magnificano con gli inni e i cantici, e pregano per la nostra salvezza,
nomina sette altri ordini angelici che classifica sotto l'appellativo comune
di milizia celeste. Il primo l'ordine dei Dottrinari, nel numero dei quali quell'angelo che disse a Daniele: Io son venuto a rivelarti quanto deve
accadere al tuo popolo nelle etlontane. Segue l'ordine dei Tutelari, di cui
detto in Daniele: Ecco Michele, uno dei principi, che venuto in mio
soccorso... In quel tempo sorgeril gran principe Michele, che parteggia pei
figli del tuo popolo. Allo stesso ordine appartiene l'angelo che fu guida al
giovane Tobia. Vien dopo l'ordine dei Procuratori, menzionato in Giobbe: Se
sarpossibile trovare un angelo che patrocini per lui, egli pregheril
Signore e lo placher Ed a questi si riferisce anche quello che detto nel
16capitolo dell'Ecclesiaste verso la fine: Nel giudizio di Dio egli distinse
dall'inizio le opere di lui e le loro parti dall'istituzione degli uomini ed i
loro inizi nelle loro genti, ornin eterno le loro opere, nsoffrirono la
fame, ne faticarono, ne abbandonarono le loro opere, ciascuno di essi non
angustiando il suo prossimo per l'eternit Segue l'ordine dei Ministri, di
cui cosparla San Paolo nella Epistola agli Ebrei: Non sono essi forse
altrettanti spiriti amministratori, inviati per coloro che raccolgono il
retaggio di salvazione? Segue l'ordine degli Ausiliari, di cui detto in
Isaia: L'angelo del Signore disceso e ha sterminato ottantacinquemila uomini
nel campo degli Assiri. Segue l'ordine dei Ricevitori di anime, di cui detto
in Luca, che l'anima di Lazzaro fu portata da angeli in seno ad Abramo; e
quivi ci viene insegnato a farci amici i Mammona di iniquit che ci ricevono
nei tabernacoli eterni. Infine v'ha l'ordine degli Assistenti, di cui detto
in Zaccaria: Ecco i due figli dell'olio di splendore, che sono assistenti del
dominatore della terra universale.

Questi differenti ordini angelici sono divisi e chiamati in
altro modo dai dottori ebrei. Il posto pielevato occupato da coloro che
chiamano Animali di Santit a mezzo dei quali Dio distribuisce il dono di
essere. Il posto successivo occupato dagli Ophanim, vale a dire le forme o
le ruote, a mezzo dei quali Dio dissipa il caos. Il terzo posto occupato
dagli Aralim, gli angeli grandi forti e robusti, con cui il Tetragramma Elohim
pronunciato, o il Tetragramma congiunto con He dirige la forma del flusso
della materia. In quarto luogo stanno gli Hasmalim, pei quali El modella le
immagini dei corpi. In quinto luogo collocato l'ordine dei Seraphin,a mezzo
dei quali Elohim Gibor estrae gli elementi. Il sesto posto occupato dai
Malachim, vale a dire da quegli angeli di cui si avvale Eloha per produrre i
metalli. Nel settimo posto stanno gli Elohim, vale a dire i numi, di cui si
avvale il Tetragramma Sabaoth per produrre i vegetali. In ottavo luogo stanno
i Bne Elohim, vale a dire i figliuoli dei numi di cui si avvale Elohim Sabaoth
per procreare gli animali. Al nono posto stanno i Cherubim a mezzo dei quali
Dio Sadai vigila sul genere umano.

Ultimo l'ordine animastico degli Issim, vale a dire eroi o uomini forti e
felici, di cui si avvale Adonai per rispandere il dono della profezia.




CAPITOLO XVIII

Degli ordini dei demoni maligni della loro caduta e delle loro diverse nature.

Alcuni teologhi stabiliscono similmente nove ordini di demoni maligni, come
altrettante armate opposte ai nove ordini angelici. Il primo ordine quello
dei Pseudothei vale a dire falsi dei, coschiamati perchusurpano il nome di
Dio ed esigono sacrifici e adorazioni, come quel demone che disse a Cristo,
mostrandogli tutti i reami della terra: Se m'adorerai e ti prostrerai ai miei
piedi, ti concedertutto ciche vedi. Il loro principe colui che disse: Io
m'eleversopra le nubi e sarsimile all'Altissimo. Percifu chiamato
Beelzebu, vale a dire vecchio nume. Seguono gli spiriti di menzogna quali
furono quello uscito dalla bocca dei profeti d'Acab, e il loro principe quel
famoso serpente Pitone che ha dato il nome di Pitio ad Apollo, e di Pitonessa
a quella donna di cui parla Samuele, noncha quell'altra donna che l'Evangelo
dice avesse il Pitone nel ventre. Questa specie di demoni si intrufolano tra
gli oracoli e illudono gli umani con false predizioni. Il terzo ordine quello dei vasi d'iniquit detti anche vasi d'ira, escogitatori d'ogni
nequizia e volti sempre a mal fare, come quel demone Theutus di cui leggiamo
in Platone che insegnasse agli uomini i giuochi d'azzardo. Di costoro parla
Giacobbe nella Genesi a proposito delle benedizioni di Simeone e di Levi: I
vasi d'iniquitstanno nei loro ricetti; occorre che l'anima mia rifugga dalla
loro vicinanza. Il Salmista li chiama vasi di morte, Isaia vasi di furore,
Geremia vasi di collera, Ezechiello vasi di corruzione e di morte.

Il loro capo ha, nome Belial, che significa senza freno o disobbediente,
prevaricatore e apostata, ed nominato da Paolo nell'Epistola ai Corinti:
Come accordare Cristo con Belial? In quarto luogo vengono i vendicatori dei
delitti, con a capo Asmodeo, vale a dire colui che esegue il giudizio. In
quinto luogo stanno i prestigiatori, contraffattori di miracoli, strumenti dei
cacomagi e dei malefici, e ingannatori del popolo a simiglianza del serpente
che sedusse Eva. Il loro principe Satana, di cui scritto nell'Apocalisse
che sedusse il mondo, dando prove della sua potenza col far discendere il
fuoco dal cielo. In sesto luogo vengono le potenze dell'aria, spiriti maligni
che si mescolano ai fulmini, corrompono l'aria e generano le pestilenze. Del
numero di costoro sono i quattro angeli menzionati nell'Apocalisse, che hanno
facoltdi nuocere al mare e alla terra, tenendo sottomessi i quattro venti
che spirano dai quattro angoli della terra. Il loro capo ha nome Meririm, vale
a dire il demone del mezzod lo spirito di calore e d'uragano, colui che
Paolo, nell'epistola agli Efesi, chiama principe della potenza area e spirito
che agisce sui figli della dissidenza. Il settimo luogo occupato dalle
furie, che sono quei demoni che seminano in terra i mali, le discordie, le
guerre, le desolazioni e i saccheggi. Il loro principe chiamato
nell'Apocalisse col nome greco Apollion e in ebraico Abaddon, ossia
sterminatore o devastatore. In ottavo luogo stanno i criminatori o
esploratori, che hanno per duce Astaroth, vale a dire lo spione, chiamato in
greco Diabolos, ossia calunniatore, e nell'Apocalisse detto accusatore dei
nostri fratelli al cospetto di Dio. In ultimo luogo infine stanno i tentatori
o insidiatori, di cui ognuno segue un uomo. Percinoi li chiamiamo cattivi
geni. Il loro capo Mammone, che vuol dire cupidit

Tutti i teologhi, concordemente, ammettono l'esistenza di spiriti maligni
erranti in questo basso mondo e ostili a tutti, e percichiamati diavoli.
Agostino, ne parla nel primo libro dell'incarnazione del Verbo, parlando a
Ianuarius. La predicazione ecclesiastica insegna anche intorno al diavolo e
agli angeli suoi contrari alle virt poichessi sono; ma non ha determinato
chiaramente quali sono, ne in che modo sono. Molti scrittori opinano essere il
diavolo un angelo apostata, il quale abbia trascinato nella sua caduta altri
angeli. Nondimeno i Greci non hanno creduto che tutti cotesti spiriti sieno
dannati e malvagi di proposito deliberato, ma che invece, sin dalla creazione
del mondo, sia stato disposto che gli spiriti maligni fossero i tormentatori
delle anime peccatrici. Altri teologhi affermano che non sieno stati creati
demoni malvagi, ma solo tratti fuori dalle fila degli angeli buoni e scacciati
dal cielo a causa di loro prevaricazioni, cosa che ci insegnata non solo dai
nostri teologhi, ma anche da quelli Ebraici, Assiri, Arabi, Egiziani e Greci.
Ferecide Siro ci descrive la caduta dei demoni e dice che Ofide, vale a dire
il serpente demoniaco, fu il duce del manipolo di Spiriti ribelli. La stesso
caduta ci menzionata da Ermete nel Pimandro e da Omero, che l'ha descritto
nei suoi versi sotto la qualifica di Atarum. Plutarco, nel suo discorso
sull'usura, ci asserisce che Empedocle ha avuto conoscenza di tale caduta e
gli stessi demoni hanno confessato in pioccasioni la disgrazia subita.

Questi miserabili spiriti, precipitati in questa valle di miseria, errano
dunque intorno a noi, popolando l'aria tenebrosa, i laghi, i fiumi, i mari;
terrorizzando alcuni le terre e le cose terrestri e invadendo quelli che
scavan pozzi ed estraggono metalli; causando gli scoscendimenti del suolo,
facendo traballare le montagne, tormentando gli uomini e gli
animali. Altri si contentano di irridere e di illudere e cercano pidi
stancare che di nuocere; altri, ora elevandosi con un corpo gigantesco al di
ldel normale e ora riducendosi alla piccolezza dei pigmei e cambiando di
aspetto variamente, perturbano gli uomini con insano terrore; altri si
industriano con le menzogne e le bestemmie, come quello del terzo libro dei Re
che disse: Escire saruno spirito di menzogna nella bocca di tutti i
profeti di Achab; pessimo genere di demoni poi quello dei demoni che
infestano le vie, irruendo
sui viandanti e gioendo delle guerre e dell'effusione del sangue e affliggendo
gli uomini con crudelissimi insulti, come leggiamo in Matteo che per quelle
strade nessuno osava passare per paura di essi. La Scrittura ci parla di
demoni diurni e notturni e meridiani e ci di nomi di diverse specie di
spiriti maligni, che Isaia chiama: onocentauri, istrici, pelosi, sirene,
lamie, civette, struzzi; i Salmi: aspidi, basilischi, leoni, dragoni; gli
Evangeli: Scorpione mammone, principe di questo mondo, governatori delle
tenebre sotto il comando supremo di Belzeb detto principe della
depravazione. Porfirio chiama Serapide il loro duce e i Greci lo chiamano
Plutone. Altro guidatore Cerbero, il cane dalle tre teste che dominano
l'aria l'acqua e la terra, demone assai malefico, e anche Proserpina si pu annoverare fra i loro capi, secondo quanto ella stessa confessa: Io sono
Lucina dalla triplice natura; io sono la bionda Febea dalle tre teste di toro,
che discesa dal cielo, assumo piforme improntate da tre segni, triplice
simulacro della terra dell'aria e del fuoco; io vigilo le terre con i miei
cani neri.

Origene giudica cosdei demoni: Se i demoni, che, spontaneamente e insieme al
loro capo, il diavolo, hanno lasciato il servizio di Dio, avessero cominciato
a pentirsi poco alla volta, avrebbero potuto assumere la carne umana in un
primo tempo e in seguito, perseverando nel pentimento, e rifacendo dopo la
resurrezione la stessa strada tenuta per prendere la carne umana, ritornate
dall'esilio alla contemplazione delle divinit cosche infine tutte le
potenze celesti terrestri e infernali si sarebbero prosternate innanzi a Dio,
per fare si che Dio sia tutte le cose in tutte.

Il divino Ireneo condivide il pensiero di Giustino il martire che aveva detto
che Satana non aveva mai osato bestemmiare entro Dio prima della venuta di
Cristo sulla terra, non essendo ancora conscio della sua dannazione. La
maggior parte di tali angeli decaduti sperano essere redenti, secondo
l'istoria di Paolo l'eremita, scritta da Gerolamo e riverita dalla Chiesa
nelle ore canoniche e, secondo la leggenda di Brandano, sostengono che le loro
preghiere saranno esaudite, perchsecondo quanto leggiamo nell'Evangelo,
Cristo esaudle preghiere di quei demoni a cui permise d'entrare in un branco
di porci.

Queste opinioni sono sostenute altresdall'autoritdel salmo 71 secondo la
Vulgata e 72 secondo il computo ebraico, in cui leggiamo che gli Etiopi si
prosterneranno al suo cospetto, vale a dire, secondo i cabalisti, che gli
spiriti aerei l'adoreranno, e i suoi nemici morderanno la polvere, il che riferito a Zazele e alla sua armata, di cui la Genesi dice: Tu ti pascerai di
fango durante tutto il tempo della tua vita. E il profeta, in un altro passo,
dice: Perchsuo pane il fango della terra. Secondo tale interpretazione, i
cabalisti credono che v'abbia salvazione per qualche demone, sentimento
condiviso da Origene.





CAPITOLO XIX.

Dei corpi dei demoni.

Gran disaccordo regna tra i teologhi contemporanei e i filosofi intorno ai
corpi dei demoni. Tommaso assicura che gli angeli, e similmente i cattivi
demoni, non abbiano corpo, ma che ne assumano alcuno temporalmente e Dionigi,
nei Nomi, nega, che mai abbiano corpo. Nondimeno, Agostino, nel commento alla
Genesi, alice: I demoni sono animali composti d'aria e di fuoco, perch traggono vigore dalla natura dei corpi aerei, e non sono dissolti dalla morte,
perchla loro composizione elementare piatta ad agire che a subire. Per
lo stesso principio sembra che gli angeli abbiano ricevuto in origine corpi
formati della parte pipura e pielevata dell'aria, idonea ad agire non a
patire, natura conservata loro dopo la confermazione e tramutata dopo la
caduta agli angeli ribelli in essenza aerea pigrossolana, cosche i loro
corpi possano anche risentire i tornenti del fuoco. Anche Basilio dai demoni
e agli angeli puri corpi formati di etere puro e sottile e Gregorio dello
stesso parere. Apuleio crede che non tutti i demoni abbiano forme corporee,
riferendosi a quanto dice Socrate nel libro del Demone: V'ha un'altra specie
di demoni di ordine pielevato, che sono affrancati da ogni impaccio
corporale e che s'invocano con speciali preghiere. Psello, platonico e
cristiano, non crede che i demoni non abbiano affatto corpo, pur ammettendo
che il corpo angelico non sia simile a quello diabolico, giacchil primo esente da ogni materialite il secondo ha alcunchdi materiale, come i corpi
delle ombre, ed soggetto a patire, cosda dolorare se colpito e da esser
ridotto in ceneri palpabili per l'azione del fuoco, come si dice essere stato
fatto altre volte in Toscana. E quantunque si tratti di un corpo spirituale,
nondimeno assai sensibile e soffre alle percosse e abbenchdiviso in due si
ricongiunga come l'aria e l'acqua, pure risente il dolore. Percii demoni
paventano la lama d'uno stile i dardi e le spade e la Sibilla dice al
proposito in Virgilio: Impadronitevi del passaggio e traete lo spada dal
fodero. Servio asserisce che per tal motivo Enea volle avere una spada
consacrata.
Anche Orfeo descrive i corpi demoniaci. Alcuni composti di solo fuoco, ma
invisibile, demoni che egli chiama ignei e celesti. Altri di fuoco e d'aria in
parti eguali, caratteristici dei demoni eterei e aerei. Quando a comporre i
corpi entri qualche parte d'acqua, ne risulta un terzo genere di demoni detti
acquosi, visibili talora,; e se il miscuglio comprende invece una parte di
terra, non troppo grossolana, si hanno i demoni terrestri, che sono pi facilmente percepibili dai nostri sensi. I corpi poi dei demoni d'ordine pi elevato, ciodegli angeli, sono composti del pipuro etere e sono affatto
invisibili d'ordinario, salvo che, col permesso divino, non si manifestino
talora spontaneamente. Il tessuto di questi corpi fatto di fili coschiari
e sottili, che tutti i raggi della nostra vista li attraversano per la
tenuit sono riverberati per lo splendore e sono frustrati dalla
sottigliezza. Ecco come ne parla Calcidio: V'hanno demoni eterei e aerei, che
non possiedono tanto fuoco da essersi resi trasparenti, ntanta terra da
potersi manifestare al tatto e tutto il loro corpo un amalgama della serenitdell'etere e della liquiditdell'aria unite in
alcunchd'inalterabile.

I demoni malvagi non sono costantemente invisibili e si manifestano talora
assumendo aspetti diversi, per lo pidi forme ombratiche di simulacri
esangui, con il viscido del corpo grasso, ed hanno una eccessiva comunione con
la selva (che gli antichi chiamavano anima maligna); e, a causa della loro
prossimitalla terra e all'acqua, sono anche soggetti alle concupiscenze
terrestri e alla lubricit come le lamie gl'incubi e i succubi, ne senza
fondamento Melusina stata compresa nel loro numero. Nondimeno fra i demoni
non esiste distinzione di sesso, come opina Marco, distinzione esclusiva dei
corpi composti laddove i corpi dei demoni sono semplici. Ne ogni specie di
demoni purendersi visibile sotto l'aspetto che pigli aggradi, facolt riservata solo a quelli composti d'aria e di fuoco e limitata pei demoni
sotterranei e tenebrosi, di cui la capacitfantastica resta imprigionata
entro un involucro pidenso e pipesante. I demoni acquatici e quelli che
abitano la superficie della terra, per la mollezza del loro elemento
costitutivo, assumono per lo piaspetto femminile, come le Naiadi e le
Driadi; quelli invece che abitano luoghi secchi e aridi e hanno corpi pi asciutti, assumono il sesso maschile e appaiono sotto la figura di satiri,
d'Onosceli a zampe d'asino, di Fauni, di Silvani e d'incubi, dei quali ultimi
Agostino dice che molti hanno appreso per esperienza che essi molestano le
donne e ne desiderano e ne ottengono il concubito, e certi demoni che i Galli
chiamano Dusii, ricercano assiduamente la libidine.



CAPITOLO XX.

Dell'infestazione dei demoni malvagi e della protezione che ci accordano i
demoni buoni.

E' opinione generale fra i teologhi che i demoni cattivi detestino in modo
eguale gli dei e gli uomini e percila Divina Provvidenza ha disposto acch noi siamo vigilati da demoni pipuri, i quali ci guidino, ci ispirino, ci
assistano e tengano da noi lontani i cattivi demoni, come leggiamo in Tobia
che l'angelo Raffaele catturasse il demone Asmodeo e lo relegasse in fondo al
deserto dell'Alto Egitto. Esiodo cosparla di questi spiriti buoni: Sono
trentamila e vivono sulla terra che li nutrisce, preposti da Giove in qualit di guardiani immortali a dispensare la giustizia e la misericordia. Sono
plasmati d'aria e vanno ovunque sulla terra.

Se tali spiriti non vigilassero, o se i demoni malvagi avessero licenza di
appagare le voglie sfrenate degli uomini, nessun principe potrebbe vivere in
sicurezza, nessuna donna potrebbe serbare intatta la sua purezza, nessuna
creatura in questa valle d'ignoranza potrebbe raggiungere la meta stabilita
dalla divinit Ciascuno di noi ha per suo custode particolare uno di cotesti
demoni buoni, inviatoci per fortificare lo spirito e indirizzarci al bene,
mentre i demoni malvagi sono i nostri nemici e governano la nostra carne e le
sue appetenze. Il demone buono lotta contro l'influsso del demone cattivo e
contro la carne e l'uomo lasciato arbitro di concedere la vittoria a chi
voglia.

Gli uomini non possono dunque accusare gli angeli se non conducono gli esseri
confidati loro verso il vero Dio, verso la piete la religione e se li
lasciano cadere nell'errore e nei culti perversi. La colpa ne ricade tutta su
coloro che volontariamente hanno abbandonata la retta via, per seguire gli
spiriti dell'errore e per far trionfare il diavolo, perchl'uomo ha facolt di aderire a chi vuole e di vincere chi vuole e s'egli prende il sopravvento
sul diavolo, questi diviene lo schiavo suo e una volta vinto non pupi insidiare altri, ma reso innocuo come una vespa privata del suo pungiglione.
Tale l'opinione di Origene nel libro Periarcon, il quale conclude che i
santi combattono implacabilmente gli spiriti maligni e, trionfandone, ne
spuntano le armi e non pilecito a quello che stato vinto di molestare
altri.

Come dunque a ciascun uomo stato largito uno spirito buono, cospure gli stato dato uno spirito diabolico. Entrambi cercano di unirsi con l'anima
nostra, e si sforzano di trarla a se e di mescolarsi ad essa come vino con
acqua. Da un lato lo spirito buono, a mezzo delle opere buone, cerca riunirci
agli angeli e modifica la nostra natura, come scritto in Malachia a
proposito di Giovanni Battista,: Ecco che invio l'angelo mio al tuo cospetto.
E di simile unione e trasmutazione scritto altrove: Chi aderisce a Dio,
diventa un'anima sola con Lui. Similmente, da un altro lato, lo spirito
cattivo opera a renderci simili a lui e a renderci uniti a lui, come dice
Cristo a proposito di Giuda: Non ho io scelto voi dodici? Pure uno di voi diavolo. Ed Ermete dice: Quando un demone s'introduce in un'anima umana, vi
sparge i semi della propria nozione, il che fa si che tale anima, conspersa
dai semi, accesa di furore, possa operare cose meravigliose a simiglianza di
quelle demoniache. Quando il demone buono penetra in un'anima santa, l'eleva
allo splendore della saggezza; ma il cattivo demone, introdottosi in un'anima
depravata, la trascina al furto, all'omicidio, alla libidine e a tutte le
occupazioni abituali a sstesso. Giamblico dice che i buoni demoni purificano
perfettamente le anime, con la loro presenza ci danno la salute corporale, la
fermezza dello spirito, la tranquillitdel pensiero, distruggono i germi
della morte, attivano il calore necessario a conservare la vita, e rispandono
in modo armonico una luce continua nel pensiero intelligibile.

I teologhi disputano tra loro per stabilire se l'uomo abbia uno o piangeli
custodi. Noi personalmente crediamo che ne abbia pid'uno, secondo il parere
del Profeta: Egli ti ha dato in custodia ai suoi angeli per proteggerti
ovunque tu sia. Il che, secondo l'interpretazione di Girolamo, deve intendersi
non solo di Cristo ma di ogni uomo. Tutti gli uomini dunque sono governati da
diversi spiriti e sono guidati attraverso i vari gradi di virtdi merito e di
dignit secondo che si saranno resi degni di essi e delle loro premure.
Gl'indegni invece vengono abbassati dai cattivi demoni e a un tempo dai buoni
e respinti sino all'infimo grado di miseria morale, secondo lo esigano i loro
demeriti. Tutti coloro che sono custoditi da angeli pisublimi, sono al
disopra degli altri uomini, perchquesti angeli, elevandoli, sommettono loro
le anime inferiori in dignitmercun certo potere occulto, e benchnessuno
se ne accorga, sente nondimeno un certo giogo e si sente suddito di qualche
cosa che presiede e da cui non pusciogliersi; al contrario teme e riverisce
quella forza che i superiori inviano ai superiori e per mezzo di un certo
terrore inducono negli inferiori il timore della presidenza.

Sembra che Omero sia stato di questa opinione, quando dice che le Muse, figlie
di Giove, accompagnano sempre i re, figli di Giove, e li rendono venerabili e
maestosi.

E leggiamo che Marco Antonio, essendosi fatto grande amico di Ottaviano
Augusto, era solito giocare con lui e poichAugusto vinceva sempre, un certo
mago disse ad Antonio: Perchricerchi questo adolescente? Fuggilo ed evitalo,
perchsebbene tu sia piin lcon gli anni, piesperto negli affari, di
famiglia piillustre e pivolte imperator nelle guerre, nondimeno il tuo
genio ha paura del genio di questo adolescente e la tua fortuna gli sottoposta; se non fuggi via, sembrerche tutto si riversi su lui. Non un
principe simile agli altri uomini? In che modo essi lo temerebbero e lo
riverirebbero, se un terrore divino non lo elevasse al disopra degli altri
uomini e incutendo timore agli altri non li deprimesse, in modo che lo
riveriscano come principe?

Per conseguenza dobbiamo compiere quanto in noi, affinch purificati dalle
opere buone e tendendo alle cose divine con opportuna scelta dei tempi e dei
luoghi, si possa pervenire insino all'ordine degli angeli pielevati e pi possenti i quali ci prendono in custodia e ci fanno primeggiare sugli altri.


CAPITOLO XXI

Dell'obbedienza al nostro genio tutelare e come si possa scoprirne la natura.

Nello stesso modo che ogni paese posto sotto il dominio d'una data stella,
che influisce su di esso piche ogni altra, ugualmente, fra le gerarchie
supercelesti, v'ha una intelligenza che lo governa in modo speciale,
unitamente a un'infinitdi spiriti o demoni d'ordine inferiore che, con unico
nome, vengono chiamati i Figli d'Elohim Sabaoth, vale al dire i figli del Dio
degli eserciti. Percile guerre terrestri, le distruzioni dei regni e la
decadenza dei popoli, sono sempre precedute da tenzoni in cielo fra cotesti
spiriti, come scritto in Isaia: Il Dio degli eserciti passerin rassegna le
falangi celesti in cielo e le armate dei re sulla terra. In Daniele troviamo
questi conflitti di spiriti e di presidenti quando leggiamo menzionate le
guerre del sovrano della Persia, del re della Grecia, del principe del popolo
d'Israel e Omero canta: Quando gli Dei si precipitarono l'uno contro l'altro,
il cielo fu messo a soqquadro. Febo Apollo affrontNettuno, Pallade Atena
Marte, Diana col turcasso sulla spalla mosse contro Giunone e Cilleno alato
coperse di dardi Latona.

Ovunque dato trovare ogni sorta di spiriti e di demoni, ma i pipoderosi
sono sempre quelli che appartengono allo stesso ordine della intelligenza che
domina la regione. Cosnelle regioni dominate dal Sole gli spiriti solari
sono piforti d'ogni altro spirito, in quelle dominate dalla Luna gli spiriti
lunari e cosvia. Da cideriva che i cambiamenti di luoghi influiscano sugli
eventi umani e che i nostri affari e le nostre cose saranno qui o lpio
meno fortunati, a seconda che il nostro genio tutelare avrricevuto dal
cambiamento maggiore potere, o che nel cambio si sia acquistato un demone pi forte dello stesso ordine. Cosgli uomini solari, stabilendosi in una regione
dominata dal Sole, ne saranno avvantaggiati, giacchi loro geni potranno
meglio esplicare il proprio potere in loro favore. Ecco perchopportuno
scegliere bene i luoghi da abitare e da frequentare e le ore piadatte a un
dato lavoro, secondo la natura e l'istinto del proprio genio, se pur si vuole
riuscire nella vita. Talora pure conveniente cambiare il proprio nome, per
far sche anche le nostre cose possano cangiare e la Sacra Scrittura ci dice
in proposito che il Signore, nell'accingersi a benedire Abramo e Giacobbe,
chiamil primo Abraham e il secondo Israel.

Gli antichi sapienti insegnano a conoscere la natura del genio tutelare merc le stelle il loro influsso e gli aspetti degli astri che hanno presieduto alla
nascita di ciascuno, ma enunciano regole cosdiverse e discordanti tra loro,
che ben difficile poter scrutare per loro mezzo i misteri celesti. Porfirio
cerca la Conoscenza del genio tutelare nella stella che domina la nascita.
Maternus la ricava dai pianeti che hanno pidignit o da quel pianeta di cui
la casa saroccupata dalla Luna dopo la nascita dell'uomo; i Caldei cercano
la conoscenza, del genio esclusivamente nel Sole e nella Luna; gli
Ebrei la ricavano da un dato polo cardinale dei cieli, o da tutti; altri
ancora cercano il buon genio nell'undicesima casa, che per questa ragione
chiamiamo buon demone, e il cattivo demone nella sesta, che chiamiamo cattivo
demone. A ogni modo, siccome tale ricerca faticosa e assai occulta, ci sar molto piagevole scoprire la natura del nostro genio facendo attenzione a
quanto l'anima nostra ci suggerisce nella prima etquando non distratta da
alcun contagio, o quando sciolta da ogni legame, monda da pensieri profani e
da malvagi ardori. Queste sono senza dubbio le inspirazioni del genio che stato dato ad ognuno al principio della sua nativit che ci conduce e ci
persuade a cicui la nostra stella inclina.

CAPITOLO XXII.

Dei nostri tre angeli custodi e donde provenga ciascuno di essi.

Ogni uomo possiede per vigilarlo tre demoni buoni. L'uno sacro, l'altro
deriva dalla nascita, il terzo dalla professione. Il demone sacro, secondo la
dottrina egiziana, non proviene dagli astri, ma da una causa superiore, vale a
dire dallo stesso Eterno signore degli spiriti, che l'ha assegnato all'anima
razionale nel momento della sua discesa. E' uno spirito universale e superiore
alla natura, il quale dirige la vita dell'anima e sottopone sempre alla mente
le buone cogitazioni, agendo in noi senza posa, e comunicandoci la luce,
quantunque a nostra insaputa. Quando noi persiamo mondi d'ogni peccato e
conduciamo vita pia e tranquilla, possiamo percepirne la presenza ed egli pu quasi intrattenersi con noi e facci intendere la sua voce e pusospingerci
verso la perfezione. Con l'aiuto di questo demone noi possiamo anche stornare
le avversitdel destino e onorandolo religiosamente con le opere buone e con
la santitdella vita, a simiglianza di quanto sappiamo aver fatto Socrate,
egli pusoccorrerci a mezzo di sogni o di segni, stornando i mali da cui
siamo minacciati e aiutandoci a conquistare e a conservare i beni. Percii
pitagorici nei loro inni non omettono mai di pregare Giove di guardarli dal
male, o d'insegnar loro qual demone sia capace di farlo.

Il secondo demone quello della genitura, che si dice anche genio, e ci
proviene dalla disposizione del mondo e dalla rivoluzione degli astri che
hanno presieduto alla nascita. Alcuni pensano che l'anima, al momento di
discendere nel corpo, scelga questo demone nel coro degli angeli come SUO
custode; e non tanto lo scelga come duce, quanto mutuamente sia prescelta in
tutela da esso. Esso l'esecutore e il conservatore della vita, che concilia
col corpo, e di cui ha cura dopo averla comunicata al corpo, aiutando l'uomo a
compiere la missione confidatagli nascendo dalle potenze celesti. Per
conseguenza tutti coloro che hanno ricevuto un fausto genio, sono virtuosi in
operare, capaci, forti e prosperi e percii filosofi chiamano cotali uomini
fortunati o ben nati.

Il demone della professione largito dagli astri che presiedono alle diverse
attivitumane e l'anima lo elegge tacitamente allorchha prescelto una data
via. Tale demone si cangia col cangiare della professione e diventa sempre pi degno a seconda della maggiore dignitprofessionale. Quando dunque le nostre
occupazioni convengono alla nostra natura, noi siamo assistiti da un demone
professionale che in corrispondenza armonica col nostro genio tutelare e
percila nostra esistenza diventa pitranquilla pifelice e piprospera.
In caso diverso noi non avremo che pene e fatiche, giacchla nostra esistenza
sardominata da demoni discordanti tra loro. Civale a spiegare i rapidi
progressi in una data scienza, mestiere o impiego da parte di alcuno, il quale
invece, indirizzato verso altre applicazioni, non riuscirebbe a progredire
nonostante ogni suo sforzo. E quantunque non convenga negligere alcuna
scienza, alcuna arte o mestiere ne alcuna virt nondimeno, perchil successo
possa arridere, converrsforzarsi anzitutto a conoscere il proprio genio
tutelare e la propria natura e scoprire cosa promettano la disposizione
celeste della nascita e la divinitdispensatrice di ogni grazia, e, seguendo
questi esordii, profittare di queste cose. Occorre poi praticare quella virt a cui si vocati dal distributore supremo, che ha fatto eccellere Abramo
nella giustizia e nella clemenza, Isacco nel timore, Giacobbe nella forza,
Mosnella debolezza e nei miracoli, Giosunella guerra, David nella
religione e nella vittoria, Salomone nella scienza e nella rinomanza, Pietro
nella fede, Giovanni nella carit Iacopo nella devozione, Tommaso nella
prudenza, Maddalena nella contemplazione e Marta nell'umilt

Quindi, quando vedrete che progredirete pifacilmente in qualche virt
cercate di arrivare alla sua perfezione per eccellere in una cosa, non
potendolo in tutte. Non trascurate per altro di fare progredire le altre tanto
quanto potrete. Se siete abbastanza fortunati da avere custodi concordi della
natura e della professione, sentirete un doppio progresso ed aumento della
natura e della professione; se discordanti, seguite il migliore, perch talvolta meglio fomentare una professione egregia che la nativit


CAPITOLO XXIII.

Del linguaggio degli angeli e dei loro discorsi tanto fra loro che con noi.

Poichgli angeli non sono che spiriti, si potrebbe mettere in dubbio la loro
capacitdi parlare tanto fra loro che con gli uomini, se Paolo non dicesse:
Se io parlassi il linguaggio degli uomini e degli angeli. Ma di quale lingua
facciano uso ancora dubbio per molti. Molti opinano che, dovendo impiegare
un linguaggio umano, non potrebbero far uso che dell'ebraico, che la lingua
primitiva degli uomini che proviene dal cielo ed esistita sin da prima della
confusione di Babele. In questa lingua Dio Padre ha largito a Mosla sua
legge, Cristo ha predicato il suo Vangelo, i Profeti, con l'aiuto dello
Spirito Santo, hanno reso i loro oracoli; e mentre tutte le altre lingue sono
soggette a cambiamenti e a corruzioni, essa resta sempre immutabile. E
quantunque tutti i demoni o intelligenze parlino la lingua della nazione a cui
presiedono, nondimeno essi fanno uso esclusivo dell'ebraico nell'intrattenersi
con esploro che conoscono questa lingua madre.

Il modo di parlare degli angeli, del pari come la loro figura, sfugge alla
nostra comprensione. Noi non potremmo parlare senza la lingua e senza gli
altri organi della parola, quali la gola, il palato, le labbra, i denti, i
polmoni, l'arteria spiritale e i muscoli pettorali, che ricevono dalla anima
il loro impulso. Parlando a una persona lontana, bisogna elevare la voce e
parlando invece a una persona affatto vicina, basta mormorarle le parole
all'orecchio. Se si potesse ridurre al nulla il proprio soffio e identificarsi
quasi a colui che ascolta, la parola non avrebbe bisogno d'alcun suono per
essere udita, ma s'insinuerebbe nell'ascoltatore come l'immagine nell'occhio o
nello specchio. In tale maniera le anime separate dai corpi gli angeli e i
demoni parlano e l'effetto prodotto dall'uomo con la voce sensibile, gli
angeli lo ottengono con l'impressione dell'idea della parola in coloro con cui
parlano, con risultato piefficace di quello che non sia dato conseguire
mercla voce materiale. I platonici asseriscono che Socrate aveva in tal modo
la percezione del suo demone familiare, ciomercil senso. Ma non mercil
senso corporeo, ma mercil senso del corpo etereo, che racchiuso entro la
spoglia umana carnale. In tal modo pure Avicenna crede che i profeti vedessero
e udissero gli angeli.

La virtper cui uno spirito pucomunicare a un altro spirito o all'uomo le
proprie idee, secondo l'apostolo Paolo, si chiama linguaggio angelico. Talora
gli angeli possono anche emettere voci sensibili, gridando, per esempio,
durante l'ascensione del Signore: Galilei, perchvi indugiate a contemplare
il cielo? E nell'antica legge spesso li vediamo intrattenersi coi patriarchi
ad alta e intelligibile voce. Ma ciavvenuto solo quando essi hanno
rivestito corpo mortale.

Noi ignoriamo altresmercquali sensi gli spiriti o demoni odano le nostre
invocazioni e vedano le nostre cerimonie. Perchil loro corpo di natura
affatto spirituale e sensibile ovunque, cosche senza intermediari esso pu toccare vedere e udire e nulla puimpedirne il funzionamento; nondimeno essi
non hanno come noi percezioni mercorgani distinti, ma forse nel modo come le
spugne assorbono l'acqua, essi impregnano l'intero corpo di sensazioni.
Fors'anco ciavviene in altro modo che sfugge alla nostra comprensione
e infatti v'hanno animali che non possiedono in modo eguale tutti i nostri
organi sensori, animali, per esempio, privi di orecchie, i quali odono
purtuttavia, come ci risulta indubbiamente, pur ignorando in qual maniera ci possa avvenire.



CAPITOLO XXIV.

Dei nomi degli spiriti, della loro varia imposizione e degli spiriti che
presiedono ai pianeti, ai segni, ai poli celesti e agli elementi.

I veri nomi degli spiriti, tanto buoni che malvagi, nonchquelli degli astri,
sono conosciuti solo da Dio, che l'unico che possa numerare le stelle e
chiamarle coi loro nomi reali. A noi non dato conoscerli, salvo che Iddio
non ce li riveli e le Sacre Scritture ne danno un numero assai limitato. I
teologhi ebrei credono che i nomi furono imposti agli spiriti da Adamo come indicato in questo passo della Bibbia: Dio fece vedere ad Adamo tutte le cose
che aveva creato, affinchle potesse nominare e il nome ch'egli dette a
ciascuna cosa il vero suo nome.

I mecubali ebraici, unitamente ai Magi, credono dunque che l'uomo possa dare
un nome a ogni spirito, purchse ne sia reso degno in precedenza e, mercun
dono divino speciale o un potere estero, sia stato elevato a tanta dignit Ma
poichl'uomo non puumanamente comporre un nome capace di esprimere la
natura della divinite la reale virtdell'essenza angelica, per lo pisi
sogliono dare agli spiriti nomi tratti dalle loro opere i quali indichino
alcun loro ufficio ed effetto. Questi nomi, al paro delle offerte consacrate
alle divinit acquistano la virtdi fare intervenire efficacemente dall'alto
alcuna sostanza spirituale capace di realizzare l'effetto desiderato.
Personalmente ha conosciuto una certa persona, che in mia presenza scrisse su
pergamena vergine il nome e il segno d'un dato spirito nell'ora della Luna,
costringendo poscia una rana a ingoiare la pergamena e, nel rimetterla in
acqua, profferendo acconci scongiuri. Dalla quale operazione ne derivarono
subito dopo pioggia e grandine. Ho visto anche la stessa persona scrivere
nell'Ora di Marte il nome e il segno d'un altro spirito, dare il biglietto a
un corvo, lasciarlo libero dopo aver borbottato qualche parola e d'improvviso,
dal lato verso cui si era diretto il corvo, ecco il cielo coprirsi di fosche
nubi, scrosciare la folgore, tremare il cielo e la terra. Pure i nomi degli
spiriti non erano scritti in linguaggio sconosciuto e non rappresentavano che
loro attributi.

Di tale specie sono i nomi Raziel, Gabriel, Michael, Raphael e Haniel dati a
certi angeli, che rispettivamente significano visione di Dio, virtdi Dio,
fortezza di Dio, medicina di Dio, gloria di Dio. Similmente i nomi dei cattivi
demoni si leggono nelle loro funzioni: ingannatore, illusore, sognatore,
fornicatore e simili. I patriarchi ebrei ci hanno cosappreso i nomi degli
angeli che presiedono ai pianeti e ai segni: Zapkiel a Saturno, Zadkiel a
Giove, Samael a Marte, Raphael al Sole, Hanie1 a Venere, Michael a Mercurio,
Gabriel alla Luna. Sono questi sette spiriti che si tengono costantemente al
cospetto di Dio e ai quali stato dato il potere di disporre di tutto il
reame del cielo e della terra. Secondo il parere dei piinsigni teologhi,
essi governano ogni cosa mercl'avvicendarsi delle ore dei giorni e degli
anni ed Ermete li chiama i sette governanti del mondo, incaricati di
accumulare le influenze di tutti i pianeti e di tutti i segni e di
distribuirle in seguito su questa nostra terra. Altri dottori li assegnano
alle stelle con nomi un po' diversi e dicono che Saturno governato
dall'intelligenza Oriphiel, Giove da Zachariel, Marte da Zamael, il Sole da
Michael, Venere da Anael, Mercurio da Raphael, la Luna da Gabriel. Ciascuna di
tali intelligenze governa il mondo trecentocinquantaquattro anni e quattro
mesi a cominciare dalla intelligenza di Saturno, seguendo poi nell'ordine
quelle di Venere, di Giove, di Mercurio, di Marte, della Luna e del Sole, per
ricominciare ancora daccapo. L'abate Tritemio ha scritto in proposito uno
speciale trattato dedicato all'imperatore Massimiliano, assai utile per la
conoscenza degli avvenimenti futuri.

Circa i dodici segni, l'Ariete governato da Malchidael, il Toro da Asmodel,
i Gemelli da Ambriel, il Cancro da Muriel, il Leone da Verchiel, la Vergine da
Hamaliel, la Bilancia da Zuriel, lo Scorpione da Barchiel, il Sagittario da
Aduachiel, il Capricorno da Hanael, l'Acquario da Gambiel, i Pesci da
Barchiel.

Anche S. Giovanni nell'Apocalisse ci ricorda di questi spiriti che presiedono
ai pianeti e ai segni; dei primi parla in principio dicendo: E dai sette
spiriti che sono innanzi al trono di Dio, che ho trovato presiedere anche ai
pianeti. In calce al volume poi, dove descrive la fabbrica della citt superna, testimonia che nelle dodici porte di essa erano dodici angeli.

Le ventotto case della Luna sono governate da altrettanti angeli, di cui ecco
i nomi nell'ordine: Geniel, Enediel, Amixiel, Azariel, Gabiel, Dirachiel,
Scheliel, Amnediel, Barbiel, Ardefiel, Neciel, Abdizuel, Iazeriel, Ergediel,
Araliel, Azeruel, Adriel, Egibiel, Amutiel, Kyriel, Bethnael, Geliel, Requiel,
Abrinael, Aziel, Tagriel, Alheniel, Amnixiel.

V'hanno anche quattro angeli che governano i quattro venti e le quattro parti
del mondo: Michel, che governa il vento d'oriente; Raphael quello d'occidente;
Gabriel quello di settentrione; Noriel, e secondo altri Uriel, quello di
mezzod Circa gli elementi, Cherub governa l'aria, Tharsis l'acqua, Ariel la
terra, Seruph o Nathaniel il fuoco.

Ciascuno di tali spiriti ha gran potere per agire nel dominio del ricettivo
segno o pianeta e nei loro tempi, anni, mesi, giorni e ore ed hanno sotto i
loro ordini parecchie legioni di spiriti minori. Nel modo stesso i cattivi
spiriti sono comandati da quattro capi supremi: Urieus, che il re
dell'oriente; Amaymon, che re del mezzod Paymon, che re dell'occidente;
Egyn, che re del settentrione. I quali persono forse pirettamente
chiamati dagli ebrei: Hamael, Azazel, Azael e Mahazael. Anche essi hanno
potere su numerose legioni di domini in sott'ordine. Gli antichi greci infine
contano sei demoni, detti Telchini o Alastori, i quali, per recale nocumento
agli uomini, attingono con le mani l'acqua dello Stige e la rispandono sulla
terra, generandone le disgrazie le epidemie e le carestie. I nomi di tali
demoni erano Acteus, Megalesius, Ormenus, Lycus, Nicon e Mimon.

Chi vorravere piampia conoscenza dei nomi di ogni angelo e di ogni cattivo
demone e delle rispettive mansioni, potrconsultare il libro dei Templi e
quello delle Luci del rabbino Simone, il trattato della Grandezza della
Statura ed il trattato dei Templi di Rabbi Ismaele, ovvero i vari commentori
del Sefer Jetsirah.




CAPITOLO XXV.

In qual modo i dottori ebrei estraggono i nomi sacri degli angeli dalle Sacre
Scritture e dei settantadue angeli che portano i nonni di Dio, con le tavole
Ziruph e con quelle della commutazione delle lettere e dei numeri.

V'hanno altri nomi sacri, molto piefficaci di quelli di cui giabbiamo
fatto cenno, che vengono dati tanto agli spiriti benigni che a quelli maligni
e che sono tratti dalle Sacre Scritture nel modo indicato dai mecubali ebraici
e con lo stesso procedimento usato per ricavare certi nomi divini. In modo
generico si puenunciare che tali nomi possono essere estratti da tutti quei
paesi delle Scritture Sacre in cui sia espresso alcun concetto relativo
all'essenza divina e ovunque nelle Sacre Scritture si trovi espresso un nome
divino, bisogna indagare quale mansione corrisponda a tal nome. Per
conseguenza i nomi degli spiriti buoni e cattivi possono essere estratti
ritualmente da tutti quei passi delle Scritture Sacre in cui sia espresso
alcun concetto relativo all'essenza divina e ovunque nelle Sacre Scritture si
trovi espresso un nome divino, bisogna indagare quale mansione corrisponda a
tal nome. Per conseguenza i nomi degli spiriti buoni e cattivi possono essere
estratti da tutti quei passi dei sacri testi in cui si parla del ministero o
dell'opera di alcuno spirito, osservando questo canone immutabile che i nomi
degli spiriti benigni vanno ricavati dal bene e quelli degli spiriti maligni
dal male, senza confondere il nero col bianco, il giorno con la notte, la luce
con la tenebre; cosa che ad esempio chiarita da questi versetti del Salmo 35
(vulgata 31), Sieno corre polvere tratta dal vento e l'angelo del Signore li
disperda.
Sia lubrica la loro via e tenebrosa e l'angelo del Signore li insegua.

sono tratti i nomi degli Angeli Michael e Mirael, dell'ordine della Milizia
Celeste.

Dal Salmo 109 (vulgata 108), Mettilo tu sotto il potere di un empio e Satana
sia alla sua destra,

tratto il nome del cacodemone Shihi, macchinatore di frodi. V'ha un passo
nell'Esodo contenente tre versetti di 72 lettere ciascuno, di cui il primo
comincia con Vaiisa, il secondo con Vaiabo, il terzo con Vaiot. Questi tre
versetti vengono disposti su una sola linea e precisamente il primo e il Terzo
da sinistra a destra e quello di mezzo in ordine contrario e ciascuna
triplicit di lettere messe le une dopo le altre formano dei nomi che
compongono il Schemamforas, ossia riunione dei 72 nomi divini. Aggiungendo
alla fine di ciascuno di tali nomi il nome divino El o Iah, essi vengono a
formare i 72 nomi trisillabi degli angeli, tutti derivati dallo stesso gran
nome di Dio, come si legge nella Scrittura:

L'angelo mio vi preceder E voi seguitelo, poichesso porta il mio nome.

Questi angeli presiedono i 72 quinari del cielo, un egual numero di nazioni di
favelle e di parti del corpo umano e cooperano con i 72 Anziani della sinagoga
e con i 72 discepoli di Cristo. I loro nomi, estratti alla maniera dei
cabalisti, sono esposti nella tavola che segue.

Vi sono anche altre maniere di ricavare i Schemamforas dagli stessi versetti,
come scrivendoli tutti e tre in ordine e alternativamente da destra a
sinistra, o anche facendo uso delle tavole Ziruph e di quelle di commutazione.
E poichtali tavole valgono a comporre tutti i nomi divini e angelici.
crediamo opportuno farle qui seguire.


SEGUONO 7 FIGURE CHE RAPPRESENTANO DELLE TAVOLE E SONO SCRITTE IN EBRAICO.

TAVOLA DEI 72 ANGELI SCHEMAMFORAS.

TAVOLA DELLE COMMUTAZIONI RETTA.

TAVOLA DELLE COMMUTAZIONI RIVOLTATA.

ALTRA TAVOLA RIVOLTATA, DETTA IRRAZIONALE.

TAVOLA DELLE COMBINAZIONI DI ZIRUPH.

ALTRA TAVOLA ZIRUPH, DETTA IRRAZIONALE.

TAVOLA DELLE TRANSPOSIZIONI NUMERALI.






CAPITOLO XXVI.

Del modo di ricavare i nomi degli spiriti e dei genii dalla disposizione dei
corpi celesti.

Gli antichi magi ci hanno indicato i mezzi per trovare il nome dello Spirito
da inviare per ottenere un dato effetto, per esempio nel preparare un
talismano o un anello sotto un'appropriata costellazione. Dopo aver drizzato
la figura del cielo, si proiettano le lettere, secondo il loro numero e
ordine, a partire dal grado dell'ascendente, seguendo la Successione dei segni
per ciascun grado e riempiendo tutto il circolo celeste. Le lettere cadute nei
luoghi occupati dalle stelle dominatrici dell'opera da compiere, trascritte a
parte in numero e in ordine secondo il numero e il potere delle stelle stesse,
danno il nome dello spirito benigno. Compiendo la stessa operazione a
cominciare dal grado dell'occidente, e seguendo la successione inversa del
progredire dei segni, si avrinvece il nome dello spirito maligno.

Alcuni maestri ebrei e caldei insegnano cosa ricercare la natura e il nome
del genio di ciascun uomo. Trovato il grado dell'ascendente della nativite
avendo eguagliato i quattro punti principali del cielo, si sceglie come primo
pianeta quello che avrmaggiore dignitfra questi quattro punti principali
del cielo e che dagli arabi viene chiamato Almutez. Si dil secondo posto al
pianeta che pigli si avvicina in dignite successivamente si fanno seguire
in ordine tutti quegli altri pianeti che si trovino fra i suddetti quattro
punti del cielo e che abbiano alcuna dignit Osservando quest'ordine, si
proietteranno le ventidue lettere dell'alfabeto ebraico, a partire dal grado
dell'ascendente e secondo l'ordine dei segni, e le lettere cadute nei luoghi
occupati da tali astri e disposte secondo l'ordine gitrovato, ben combinate
secondo le regola della lingua ebraica, formeranno il nome del genio al quale
si suole aggiungere, come d'uso, qualche nome monosillabico della onnipotenza
divina, quale El o Iah. Se invece la proiezione delle lettere si fa a partire
dall'angolo occidentale e contro la successione dei Segni e se le lettere
cadute sul Nadir (vale a dire nel punto opposto) degli astri
giindicati, vengono riunite nell'ordine, si otterril nome del cattivo
genio.

I Caldei procedono in altro modo, prendendo come punto di partenza non gi l'Almutez dei quattro punti cardinali, ma l'Almutez della undicesima casa, e
ricavano il nome del cattivo genio dall'Almutez dell'angolo della dodicesima
casa, che chiamano il cattivo demone, cominciando la proiezione delle lettere
dal grado occidentale e procedendo contro la successione dei segni. La maggior
parte degli arabi e qualche ebreo estraggono il nome del genio dai cinque
luoghi hylegiaci, cominciando costantemente la proiezione dall'inizio
dell'Ariete e ordinando le lettere trovate secondo l'ordine degli hylegii
conosciuto dagli astrologhi per ottenere il nome del genio benefico. Ottengono
invece il Nome del genio malefico dai luoghi opposti agli hylegiaci, compiendo
la proiezione dall'ultimo grado dei Pesci nell'ordine contrario ai Segni.
Altri ancora non prendono per base i luoghi degli hylegii, ma quello d'Almutez
sugli hylegii e compiono la proiezione dopo l'oroscopo, nel modo giindicato.

Questi nomi, disposti secondo numeri proporzionati mercil calcolo degli
astri, composti di lettere accoppiate e alternate, benchdi suono e di
significato sconosciuto, debbono avere nell'opera magica, secondo i principi
secreti della filosofia, maggior potere dei nomi significativi, allorchlo
spirito reso attonito dal loro enigma ed intento con tutte le forze della
mente, fermamente credendo di subire qualche influenza divina, li pronunzia
con reverenza, quantunque non li comprenda, a gloria della divinit




CAPITOLO XXVII.

Dell'arte di calcolare i numeri degli spiriti secondo la tradizione dei
Cabalisti.

Per trovare i nomi degli spiriti v'anche un altro artificio detto
calcolatorio, posto in opera con le tavole annesse. Entrando con un nome
sacro, divino o angelico, nella colonna discendente delle lettere, e prendendo
le lettere che si trovano negli angoli corrispondenti sotto gli antri o i
segni rispettivi e ordinandole, si otterril nome dello spirito benigno della
natura dell'astro o del segno sotto il quale si sarentrati nelle tavole.
Entrando invece nella colonna ascendente e prendendo le lettere negli angoli
corrispondenti al disopra degli astri e dei segni tracciati nella linea
inferiore, si otterril nome dello spirito maligno.

E questi sono i nomi degli spiriti ministri di qualsivoglia ordine o cielo,
che secondo questo modo si possono moltiplicare in nove nomi di altrettanti
ordini, poichentrando con un nome si putrarne un altro nome di spirito di
ordine superiore, tanto buono che cattivo. Il calcolo persubordinato ai
nomi divini, perchogni parola ha tanta piefficacia in magia quanto pi dipende dal verbo divino. Ogni nome d'angelo deve dunque provenire da qualche
nome originario divino e percisi dice che gli angeli portino il nome di Dio,
essendo scritto: Il mio nome sopra di lui. Pertanto, per distinguere i nomi
degli angeli buoni da quelli dei cattivi, d'ordinario i nomi angelici si fanno
seguire da qualche nome dell'onnipotenza divina, come El, o On, o Iah, o, Iod,
pronunciando come se fosse un solo nome. Il nome divino Iah, che un nome di
beneficenza, e il nome Iod, che indica l'essenza divina, vengono sempre
congiunti ai soli nomi angelici. Ma il nome El, che significa forza e virt
si accoppia anche talora ai nomi degli spiriti maligni, giacchanche questi
non potrebbero esistere ed operare senza la virtdivina.

Occorre anche sapere che vanno presi gli angoli corrispondenti dello stesso
pianeta e dello stesso segno, ammenochnon si entri nella tavola con un nome
misto, quali nono i nomi dei geni e quelli di cui abbiamo parlato nel capitolo
precedente, composti dalle disposizioni del cielo secondo l'armonia di astri
differenti. In tal caso occorre prendere l'angolo corrispondente sotto l'astro
o il segno della lettera d'entrata.

L'uso di queste tavole viene tanto esteso da alcuno da credere che entrandovi
col nome dell'astro, o delle sue attribuzioni, o dell'effetto desiderato, se
ne possa estrarre il demone, cosbenigno che maligno, che governa tali
attribuzioni, o purealizzare tale effetto. Altri ritengono che entrandovi
col nome di qualunque persona, se ne possa estrarre il nome del genio tutelare
sotto l'astro che sembrergovernarla, secondo potr risultare dalla sua
fisionomia, dalle sue
passioni, dalle sue inclinazioni, o dalle sue occupazioni, che sia marziale,
saturniano, solare, o della natura d'un'altra stella. E quantunque i primi
nomi estratti in tal modo abbiano poca, o punta virt tuttavia, quelli da
essi derivati in secondo luogo sono di grande efficacia, nello stesso modo per
cui i raggi del sole, concentrati a mezzo d'uno specchio concavo, infiammano
anche quando l'astro non riscaldi che mediocremente.

L'ordine delle lettere in tali tavole quasi simile a quello stabilito dagli
astrologhi pei decani i novenari e i duodenari. Alfonso di Cipro ha scritto su
tale artificio calcolatorio e non so chi altri ancora, riducendolo a uso delle
lettere latine. Siccome perle lettere di ogni lingua, come abbiamo visto nel
primo libro, relativamente al numero all'ordine e alla configurazione, hanno
origine celeste e divina, io ritengo che questa maniera di calcolare i nomi
degli spiriti possa essere applicata non coi soli caratteri ebraici, ma anche
con quelli caldei, arabici, egizi, greci e latini, preparando con essi
ritualmente tavole a imitazione delle precedenti.

Non pochi obiettano che dato spesso constatare come a uomini differenti
affatto per natura e condizioni sociali, a causa della comunanza d'uno stesso
nome di battesimo, la tavola dia uno stesso genio o un genio dello stesso
nome. Ma non inverosimile credere che uno stesso genio possa avere il
dominio di pianime e che come diverse persone portano uno stesso nome, geni
differenti per natura e funzioni possono aver comune il nome e non essere
contraddistinti che da un solo segno o carattere, pur di diverso significato.
Perchcome il serpente assume sembianza ora di Cristo ora di diavolo, cui gli
stessi nomi e gli stessi segni s'adattano egualmente tanto ad alcun ordine di
spiriti maligni che ad alcun ordine di spiriti benigni. Infine l'intenzione
fervida di colui che invoca, mercla quale il nostro intelletto si congiunge
alle intelligenze separate, fa si che noi possiamo essere ascoltati ora da uno
spirito, ora da un altro, pur se invocati con uno stesso nome.

Le tavole qui riportate pel calcolo dei nomi degli spiriti benigni e maligni
sono poste l'una sotto la presidenza dei sette pianeti, l'altra sotto l'ordine
dei dodici segni della Milizia Celeste.


SEGUONO DUE TAVOLE SCRITTE IN EBRAICO

PRESIDENZA DEI SETTE PIANETI.

ORDINE DEI 12 SEGNI DELLA MILIZIA CELESTE.





CAPITOLO XXVIII.

In qual modo i nomi degli spiriti sieno talora estratti dalle
cose istesse a cui presiedono.

Un altro genere di nomi tratto dalle cose stesse a cui presiedono gli
spiriti, vale a dire aggiungendo alla radicale del nome delle stelle, o degli
uomini, o dei luoghi, o dei tempi la terminazione finale d'un nome divino. In
tal modo lo spirito di Saturno si chiama Sabathiel, quello di Giove Zedekiel,
quello di Marte Madimiel, quello del Sole Semeliel o Semeshiah, quello di
Venere Nogahel, quello di Mercurio Chochabiah o Cocabiel, quello della Luna
Iarcahel o Levanael. E gli spiriti che presiedono i segni, nell'ordine a
cominciare dall'Ariete, si chiamano: Teletiel, Suriel, Tomimiel, Sartamiel,
Ariel, Betuliel, Masniel, Acrabiel, Chesetiel, Gediel, Deliel, Dagymiel,
Cancriel, Leoniel, Virginiel, Libriel, Scorpiel, Sagittariel, Capriel,
Aquariel, Pisciel; e, relativamente ai pianeti: Saturniel, Joviel, Martiel,
Soliah, Veneriel, Mercuriel, Lunael o Lunaiah. E come tutti gli spiriti, tanto
benigni che maligni, ricercano l'unione con l'uomo, cosnelle Sacre Scritture
troviamo che certi uomini sono stati chiamati Dei, angeli, diavoli. Egualmente
pure i nomi di coloro che eccelsero per singolari virto per incorreggibile
malizia, furono talora collocati tra i nomi dei demoni buoni e cattivi e
considerati come tali, sia con riferimento alle loro anime stesse, che ai loro
geni tutelari buoni o cattivi. Cosin Esdra troviamo menzionato il nome
dell'arcangelo Geremiel, derivato dal profeta Geremia; Zachariel da Zaccaria,
Uriel da Uria, profeta che fu ucciso da Ioachim. Similmente Samuel, Ezechiel,
Daniel sono nomi a un tempo di profeti e d'angeli. Phamiel il nome d'un
angelo e del luogo dove Giacobbe lottper tutta la notte; Ariel il nome
d'un angelo e significa quasi leone di Dio; ed anche il nome d'un cattivo
demone e d'una cittdetta Ariopolis in cui si venerava l'idolo Ariel.

Nelle Sacre Scritture troviamo anche esempi di nomi di
cattivi spiriti provenienti da uomini malvagi o da luoghi di residenza di
uomini malvagi, come del nome Astaroth che il nome d'un cacodemone, e che
era il nome antico della cittdi Og del re Basanus, abitata gidai giganti.
Astaroth era anche una cittdegli Amorrei e Raphaim era anche una valle e
Jeramiel paese degli Allophylori. Altri nomi erano comuni a demoni e ad idoli,
per esempio: Remma, simulacro dell'idolo di Damasco; Chamos, idolo Maobita;
Melchim, idolo degli Ammoniti; Bel, idolo dei Babilonesi; Adramelech, idolo
degli Assiri, Dagone, idolo degli Allophylori. Filone narra che gli Amorrei
hanno avuto sette statue d'oro, che chiamavano le sante ninfe, le quali si
compiacquero indicare loro i piacconci lavori per ogni ora del giorno. I
loro nomi erano quelli di sette donne che furono le mogli di sette peccatori
cio Channan, Phut, Selath, Nembroth, Abirion, Elath, Desnat. Le statue erano
state coperte di pietre preziose sacre, una delle quali aveva la virtdi
rendere la vista ai ciechi, indistruttibili al fuoco. Anche i loro libri sacri
erano arricchiti di pietre che non potevano essere danneggiati ne dal fuoco,
ndal ferro, ne dall'acqua, sinchl'angelo del Signore non fosse disceso a
inabissarli in fondo al mare. E' noto che Nembroth, Chodoilaomor, Balach,
Amalech sono nomi di re messi nel numero dei demoni. I giganti similmente
hanno un nome comune col demone maligno Enakhim, perchnon parteciparono con
l'immagine divina, ciohanno ricevuto lo splendore dell'intendimento
spirituale e la loro ragione ha moltiplicato le cattive specie della frode e
del peccato. Perci come dice Rabi Mosl'egiziano, non vengono collocati
nella specie umana, ma tra le bestie e i denomini, pur avendo figura umana, e
si dice sieno stati i figli d'Adamo nati prima di Seth dopo Abele. Riferendosi
ad essi, i sapienti ebrei hanno detto che Adamo avesse generato Tochot, ossia
i diavoli; poi, avendo trovato grazia agli occhi del Signore, generSeth a
sua immagine e rassomiglianza, cioquegli che ad immagine di Dio acquistla
perfezione umana, senza la quale non si puessere annoverati nella specie
umana per le pravitche sono causa di ogni malanno.

E' anche opinione dei magi, e per tutti citiamo Porfirio, che le anime dei
malvagi sieno tramutate in demoni e
divengano quanto essi perniciose e lo afferma anche Cristo, che parlando di
Giuda Iscariota, dice ai suoi discepoli: Non vi ho io scelto in numero di
dodici? Pure uno di voi un diavolo. Queste anime vengono chiamate demoni
avventizi e
sono scelte fra le anime umane pidepravate per essere incorporate nelle
centurie demoniache. Percisi suol dare uno stesso nome agli uomini assai
malvagi e ai demoni.

Infine i nomi Behemoth e Leviathan indicano bestie e a un tempo demoni.

Con questi esempi dunque un indagatore curioso putrovare e conoscere
facilmente i nomi dei buoni e dei cattivi demoni.




CAPITOLO XXIX.

Dei caratteri e dei sigilli degli spiriiti.

Ci resta da parlare dei caratteri e dei sigilli degli spiriti. I caratteri non
sono altro che certe lettere e certe scritture misteriose, che impediscono ai
profani l'impiego e la lettura dei nomi sacri delle divinite degli spiriti.
Gli antichi le chiamavano lettere geroglifiche o sacre, perchsi adoperavano
nei sacrifici divini, ritenendo empio l'introdurre nei sacri misteri i
caratteri adoperati dal volgo per esprimere ogni sorta di cose profane. Quindi
Porfirio dice che gli antichi, volendo celare Dio e le virtdivine,
significando le cose invisibili per mezzo di figure sensibili e per mezzo
delle cose visibili, tramandarono grandi misteri con sacre lettere e li
spiegarono a mezzo di figure simboliche, consacrando, per esempio, tutto ci che diritto e rotondo al mondo, al sole, alla luna, alla speranza; il
circolo al cielo; il semicerchio alla luna; le piramidi e gli obelischi al
fuoco e alle divinitolimpiche; il cilindro al sole e alla terra; il pene
alla generazione e a Giunone, alla quale stata anche dedicata la figura.
triangolare in considerazione del sesso femminile.

Tali specie di caratteri non hanno per conseguenza altro fondamento che la
volonte l'autoritdell'istituente, ciodi colui che ha ricevuto il potere
d'istituirli e di consacrarli. Quali, ad esempio, i sacrificatori presso i
vari popoli e le varie sette religiose. Questi vari alfabeti non sono giunti
sino a noi per intero e solo ce ne noto per lo pialcun frammento.

Nel numero di tali caratteri v'hanno quelli tramandatici da Onorio di Tebe e
riportati da Pietro d'Abano, di cui facciamo seguire il grafico messo in
rapporto coi caratteri del nostro alfabeto.


FIGURA:
Simboli e corrispondente alfabeto.




CAPITOLO XXX.

Di altre specie di caratteri trasmessici dai Cabalisti.

Fra gli ebrei troviamo pispecie di caratteri. Uno dei piantichi alfabeti quello di cui si sono serviti Mose i profeti, nalcuno deve rivelarne
temerariamente i caratteri, poichle lettere di cui si fa uso oggi sono state
istituite da Esdra.

Un'altra specie di scrittura chiamata dagli Ebrei celeste, perchla
mostrano figurata e collocata tra gli astri, in quel modo che gli altri
astrologhi traggone le immagini dei segni
dai lineamenti delle stelle. Un'altra ancora, detta Malachim o Melachim,
ossia scrittura degli angeli o regale. Finalmente un'altra vien chiamata
Passaggio del Fiume.


Riportiamo i relativi caratteri nella tavola seguente.


TABELLA CHE RAPPRESENTA LE VARIE SCRITTURE EBRAICHE.

SCRITTURA CELESTE.

SCRITTURA MALACHIM.

SCRITTURA DEL PASSAGGIO DEL FIUME.




Un'altra specie di scrittura, assai reputata un tempo dai Cabalisti, divenuta oggi di uso tanto comune da esser quasi caduta in potere dei profani.
Si dividono le ventisette lettere dell'alfabeto ebraico in tre gruppi,
ciascuno composto di nove lettere. Nel primo gruppo si collocano le lettere
che rappresentano i numeri semplici e le cose intellettuali distribuite ai
nove ordini angelici; nel secondo le lettere che contrassegnano le decine e le
cose celesti nelle nove orbite dei cieli; nel terzo le quattro lettere residue
con le cinque finali che esprimono le centinaia e le cose inferiori, vale a
dire i quattro elementi semplici e le cinque specie perfette di composti.

Questi tre gruppi sono distribuiti in nove caselle, ciascuna di tre lettere,
di cui la prima comprende le tre unitvale a dire l'intellettuale la celeste
e l'elementare; la seconda le dualit la terza le triadi e cosvia. Le
caselle sono formate dall'intersecazione di quattro linee parallele che si
tagliano ad angoli retti, come indicato dalle figura seguente:


FIGURA



Scomponendo tale figura nei suoi elementi, ne risultano nove figure, cio

FIGURE


Tali figure non sono che il grafico delle nove caselle e per indicare una data
lettera delle tre comprese in ogni casella ciascuna figura viene
contraddistinta da uno da due o da tre punti (1) [(1) Con lievissime varianti
si ottengono gli alfabeti massonici in uso gida due secoli. (Nota di A.
Reghini)]

Un punto indica la prima lettera della rispettiva casalla, due punti la
seconda, tre punti la terza. Volendo cosformare il carattere della parola
Michael, che in ebraico ha cinque lettere, si comincia col tracciare le cinque
figure seguenti.

FIGURE

che si riducono a tre sole figure in questo modo:

FIGURE

e infine a una sola figura. Tuttavia i punti che contrassegnano le varie
lettere delle caselle si omettono d'ordinario e per conseguenza il carattere
della parola Michael assume il grafico seguente:

FIGURA


V'ha anche un'altra Specie di caratteri, comune a quasi tutte le lingue e
assai facile, che si forma con la riunione delle varie lettere. Con tale
artifizio, dato il nome Michael, i grafici relativi assumeranno la forma
seguente:



FIGURE:
Ebraico.
Greco.
Latino.



Questa specie di caratteri assai usata dagli arabi,
ne v'ha scrittura pifacile da allacciarsi in modo elegante e armonico
dell'araba.

E' necessario sapere che gli spiriti angelici, che sono pure intelligenze e
affatto incorporei, non vengono invocati con segni, caratteri, immagini, o
altri gesti umani: e siccome non conosciamo nla loro essenza nla loro
qualitnoi dedichiamo e consacriamo loro immagini e segni derivati dai loro
nomi e dalle loro operazioni, o anche dai nostri sentimenti. Cosagendo noi
non possiamo gicostringerli a venire a noi in un modo qualsiasi, ma bensci
eleviamo verso di loro, anzitutto eccitando i nostri sensi, tanto interiori
che esteriori, merctali specie di caratteri e d'immagini strane, poi
costringendo la nostra ragione alla ammirazione e alla venerazione religiosa,
infine elevandoci col pensiero in un'orazione estatica. Invocandoli allora in
spirito e veritcoi loro veri nomi e i loro veri caratteri e animati da fede
incrollabile da speranza infallibile e da amore vivificante, ci dato
ottenere da essi gli effetti voluti.



CAPITOLO XXXI.

Di una specie di caratteri e d'impronte di spiriti che non puessere
conosciuta che per rivelazione.

Un'altra specie di caratteri deriva solo dalla rivelazione e non puessere
conosciuta altrimenti. La virtdi tali caratteri deriva dalla stessa divinit che li rivela, di cui sono come segni occulti che suscitano l'armonia di
qualche divinit
stabiliscono una specie di patto d'alleanza fra la divinite l'uomo. A tale
specie di caratteri appartengono il Segno dai pidetto della croce apparso a
Costantino con l'iscrizione latina In hoc vince e un altro segno sotto forma
di pentagono rivelato ad Antiochio, soprannominato Soter. Quest'ultimo segno
indicava sanit perchla risoluzione del pentagono in lettere dla parola
dgyea che vuol dire Sanit Ciascuno di questi due re, confidando nella virt dei due segni, riportsui propri nemici insigni vittorie. E Giuda, che perci fu poi soprannominato Maccabeo nell'accingersi ad attaccare l'esercito di
Antioco Eupatore ricevda un angelo il famoso segno in virtdel quale le
truppe ebree sconfissero nel primo urto quattordicimila nemici con gran numero
di elefanti e in una seconda azione trentacinquemila uomini. Questo segno rappresentativo del nome di quattro lettere e simbolo rimarchevole del nome di
settantadue lettere mercl'eguaglianza del numero. La sua esposizione Chi
come voi, o Tetragramma, sta tra i forti? Ecco i Pentacoli di questi tre segni
rimarchevoli.


Figure: pentacoli




Porfirio parla di tale specie di caratteri nel libro delle Risposte e dice che
le divinitmedesime avevano fatto conoscere agli uomini le cose che loro
erano grate, i modi per invocarle e quanto bisognasse offrir loro, nonchle
immagini reali dei simulacri i caratteri e le figure, cose tutte rivelate a
lui dall'oracolo di Proserpina. Aggiunge che Ecate aveva indicato il modo
esatto di approntare i suoi simulacri, da circondare con mazzolini d'assenzio,
da illustrare con immagini di sorci domestici, ornamenti per essa bellissimi e
gratissimi al suo animo, assumendo tanti sorci quante erano le sue forme; da
incensare con un profumo composto di sangue, di mirra, di storace, per poter
poi apparire in sogno e rispondere a colui che avesse preparato il tutto
acconciamente. Ma ecco il testo dell'oracolo di Ecate:

Quale mihi facias simulacrum adverte docebo: sylvestri cape nata loco, atque
absinthia circum ponito, tum totem coelato et pingito mures, qui soleunt
habitare domos: pulcherrima sunto haec ornamenta atque animo gratissima
nostro. Tum myrrham, thus, styracem ipsorumque cruorem conterito pariter
murum, sacra desuper inde verba cane: et toto vero adhibe muresque repone,
quod mihi tu esse vides formas, tum sumito laurum, exque ejas trunco vaginam
aptato, piasque tunc effunde preces simulacro et debita solve vota: haec si
facies, per sonnum meque videbis.

Tali erano i secreti misteri degli dei e dei demoni dei gentili, per mezzo dei
quali erano persuasi che potevano essere obbligati ritenuti e legati dagli
uomini; e da essi proviene che Giamblico e Porfirio insegnino come,
nell'invocare i demoni sacri, debba rendersi ad essi il dovuto onore, sotto
forma di oblazioni, di offerte, di sacrifici, di azioni di grazia e parole e
caratteri congrui alla loro condizione; il che omettendo, non solo non si
otterrebbe lo sperato effetto, ma le divinitirritate non mancherebbero di
punire l'audace che ignorasse o negligesse il prescritto cerimoniale.



CAPITOLO XXXII.

In qual modo si possano attrarre i demoni benigni e confondere quelli maligni.

L'efficacia, della religione trae il suo effetto dalla presenza dei demoni, ne
punibile in religione realizzare opera di qualche virtse alcun demone
buono non intervenga a presenziarla e a realizzarla. Sebbene v'abbiano pi mezzi di attrarre a noi i demoni benigni e di renderceli favorevoli, tuttavia
non ci possibile avvincerli a noi e trattenerli e ci solo dato invocarli e
scongiurarli per certe cose sacre di cui ci parla Apuleio, come le stelle del
cielo, le divinitinfernali, gli elementi naturali, il silenzio della notte,
i concepimenti felici, gli straripamenti del Nilo, i misteri di Memfi e i
sistri di Pharos. In Porfirio leggiamo: Tu che esci dal limo, che dimori in
loco, che navighi pel mare, che cangi forma di momento in momento, che rinnovi
il tuo aspetto in ogni segno dello zodiaco.

Mercle orazioni e i cantici, che sono emblemi delle virtdivine, i demoni
talora si pongono ai servigi degli uomini, pur senza esservi obbligati, ma
come vinti dalle preci dell'invocatore. Nel libro delle risposte di Porfirio,
Ecate dice: Io son venuta, trascinata dalle vostre preghiere. E in un altro
passo: Vinte dalle preghiere degli umani, le divinitcelesti sono obbligate a
discendere in terra e a svelare l'avvenire. E quando la mente umana viene in
consorzio con la divinit allora gli spiriti benigni sono pipropensi ad
aiutarci, a comunicarci il loro potere e le loro virt a cooperare con noi
nelle inspirazioni, negli oracoli, nei vaticini, nei sogni, nei miracoli, nei
prodigi, nelle divinazioni, nei presagi e agendo sulle anime nostre come su
immagini similari, le formano coi loro influssi e le foggiano a immagine
propria, sino a renderle capaci di operare cose quasi tanto mirabili quanto
quelle di cui d'ordinario son capaci i demoni celesti.
Circa gli spiriti maligni, noi li combattiamo efficacemente con l'aiuto degli
spiriti benigni, specie quando ci troviamo nella grazia del Signore mercuna
vita intemerata. Le nostre armi migliori contro di essi sono le parole sacre e
le incantazioni, e noi li scongiuriamo per la potenza divina, pei nomi
venerabili delle virtsoprannaturali, per i segnacoli, pei miracoli, pei
sacramenti, pei sacri misteri e simili. Tali scongiuri ed esorcismi sono tanto
pitemuti dagli spiriti maligni, quanto pisono praticati in nome della
religione e della virtdivina e percitalora riesce possibile anche al
profano domarli e fugarli. Cifa dire a Cipriano nel libro: che gli idoli non
sono dei, che i demoni, scongiurati nel nome del vero Dio, cedono a noi
immediatamente e son forzati ad abbandonare i corpi dei posseduti con maggiore
o minore rapidit a seconda che la fede del paziente contribuisca pio meno
ad aumentare il potere dello scoongiuratore. Atanasio, nel libro delle
questioni varie, dice che nulla piefficace ad annientare il potere degli
spiriti maligni del principio del 68.Salmo (vulgata 67): Sorga Iddio e siano
dispersi i suoi nemici. (Exurgat Deus et dissipentur inimici ejus). E appena,
detto questo versetto, il diavolo ululando svanisce e scompare. Origene
testimonia che spesso il profferire il nome di Gesha valso a liberare dai
demoni i corpi e le anime degli ossessi. Spesso anche bastano le semplici
minacce e le ingiurie ad arrestarli e a respingerli, specie trattandosi di
Spiriti di ordine inferiore, quali le lamie e gl'incubi. In Lucano la maliarda
dice:

Io vi obblighera uscire pel nome vostro proprio; io trarrdagl'inferi i
cani che custodiscono lo Stige e li esporrallo splendore dei cieli; io
frugherin ogni rogo, io scruterogni funerale, io vi obblighera uscire
dalle vostre tombe e vi scaccerda ogni vostra urna. E tu, Ecate, tu che usi
introdurti travestita nelle assemblee delle divinitcelesti, io ti
costringera mostrarti innanzi a loro pallida e cadaverica e t'impedirdi
rendere irriconoscibile la tua faccia infernale.

Leggiamo in Filostrato che Apollonio e i suoi discepoli camminando di notte al
chiaro di luna, osservarono le apparizioni provocate da una lamia, che
cangiava di forme e di aspetto e si rendeva a momenti invisibile. Ma
Apollonio,
avvedendosi presto con chi avessero da fare, comincia ingiurarla e a
minacciarla esortando i compagni a fare altrettanto, poichsapeva, che era un
ottimo rimedio contro le invasioni di questo genere; e il fantasma stridendo
fuggcelermente come un'apparizione, perchquesta specie di demoni cos paurosa, che sensibile trema e si assoggetta anche con un finto terrore e
con minacce false e impossibili. PerciCheremone, scrittore di cose sacre,
afferma che sono queste le cose con cui massimamente si forzano i demoni.

Inoltre, v'hanno demoni quasi inoffensivi e che ricercano la vicinanza
dell'uomo cosda esser soggetti alle passioni umane, dei quali alcuni amano
appassionatamente le donne, altri i fanciulli, altri infine gli animali tanto
selvatici che domestici e di questi parecchi godono della conversazione con
gli uomini e abitano volentieri con essi. Altri spiriti abitano le foreste le
acque, i prati, le sorgenti e tra questi i Fauni e i Lemuri prediligono i
campi, le Naiadi le fontane, i Potamidi i fiumi, le Ninfe gli Stagni e le
acque, le Orcadi le montagne, gli Humedi i prati, le Driadi e le Amadriadi i
boschi, abitati altresdai Satiri e dai Silvani e le Agapete e le Napete
amano i fiori, le Dodone le ghiande, le Palee e le Fenilie i foraggi e i
campi.

Tali specie di spiriti possono essere evocati senza eccessiva pena nei luoghi
stessi ove sogliono dimorare, allettandoli coi profumi pigrati, con i suoni
pidolci, in corde e strumenti musicali fabbricati cogli intestini di certi
animali e con legni appropriati, adibendo all'uopo anche canti carmi e
incantamenti congrui. Quasi tutti gli spiriti appartenenti a questa categoria
hanno comune la semplicitdei gusti, l'innocenza dello spirito, la credulit e l'abito del silenzio. Perciappaiono per lo piai bimbi, alle donne, alle
persone umili e fuggono e tremano al cospetto degli spiriti forti che di nulla
temono. Non arrecano alcun male alle persone dabbene e pure, ma insidiano i
cattivi e gl'impuri. Di tal genere sono i lemuri, i lari, le larve e le ombre
dei trapassati, che non sono che ombre e spauracchi e Plotino dice che le
anime degli uomini sono qualche volta demoni e vengono tramutate in lari
quando abbiano agito rettamente in vita, che i greci chiamano Eudemoni, in
lemuri e in larve, quando abbiano agito malvagiamente e da uomini son fatti
demoni nocivi, che i greci percichiamano cacodemoni, e in Mani quando sia
dubbioso se abbiano agito bene o male.

Si hanno parecchi esempi di simili apparizioni. Plinio il giovane ci parla
della casa d'Atenodoro, filosofo di Tarsia, in cui si scorgeva l'ombra d'un
spaventoso vecchio e si udivano strepiti insopportabili; Filostrato riporta un
esempio simigliante nella lamia di Menippo, filosofo di Licia, metamorfosata a
Corinto in una bellissima donna, che Apollonio di Tiana scopressere un
lemure; e lo stesso Apollonio scopra Efeso uno spirito maligno sotto aspetto
d'un vecchio mendicante, il quale era l'unica causa d'una pestilenza che
desolava la citt Il mendicante fu lapidato per ordine del filofo, in sua
vece apparve una specie di cane molosso e bentosto la peste cess

Occorre infine rimarcare che chiunque opererintellettualmente sugli spiriti
maligni, potrasservirli mercil dominio esercitato dagli spiriti benigni;
ma colui che operersolo mondanamente, sarcondannato alla geenna.




CAPITOLO XXXIII.

Dei vincoli degli scongiuri e del modo di sterminare gli spiriti.

I vincoli coi quali si possono legare confondere e sterminare gli spiriti,
sono di tre specie. Alcuni sono tratti dal mondo elementare, come allorchsi
scongiura per le cose inferiori e naturali che sono loro gradite o ostili,
secondo che li si voglia chiamare o scacciare, quali i fiori, le erbe, gli
animali, le nevi, i ghiacci, gli inferni, il fuoco e simili, cose tutte che
vengono anche menzionate nei Cantici delle benedizioni e nelle consacrazioni
divine, come si puconstatare nel cantico dei tre fanciulli e nel Salmo:
Lodate l'Eterno e nella consacrazione e benedizione del cero pasquale. Questo
incantesimo opera nella facoltapprensiva dello spirito, tanto per amore che
per odio, nel modo con cui anche le cose si amano e si odiano tra loro, e
Proclo dice: Come il leone teme il gallo, specie se bianco, coslo spirito
che appare sotto aspetto leonino, sparisce mostrandogli un gallo.

Il secondo vincolo si trae dal mondo celeste, come allorchsi scongiura pel
cielo, per le stelle, pei loro moti, raggi, luci, fugori, nobilt forza,
influenza, prodigi e simili e questo vincolo opera sugli spiriti sotto forma
d'ammonimento o d'esempio, esplicandosi anche sotto forma imperiosa verso gli
spiriti degli ultimi ordini.

Il terzo e maggiore vincolo proviene dal mondo intellettuale e divino e si
compie per l'autoritdella religione, come quando si scongiura pei
sacramenti, pei miracoli, pei nomi divini, pei segni sacri e per gli altri
misteri religiosi. Perciesso piforte e piefficace d'ogni altro e
agisce nel dominio puramente spirituale. Si osservi che come la provvidenza
universale ha la precedenza su quella particolare e l'anima universale la ha
sulle singole anime, cosnoi cominciamo l'invocazione pei legami universali e
pei nomi e le virtche governano le cose, poi invochiamo pei legami inferiori
e per le cose stesse.

Bisogna anche sapere che questi vincoli, oltre ad attrarre e sottomettere gli
spiriti, servono anche a domare tempeste, incendi, alluvioni, pestilenze,
malattie, eserciti, animali selvatici, sia sotto forma di scongiuro, che
d'imprecazione e di belledizione. Cosnello scongiurare i serpenti, oltre le
cose naturali e celesti, si citano i misteri religiosi sulla maledizione del
serpente nel paradiso terrestre, l'erezione del serpente nel deserto,
prendendo inoltre il versetto del 99.Salmo: Tu camminerai sull'aspide e sul
basilisco e calpesterai il drago e il leone.

Anche la superstizione ha molta efficacia, trasferendo in ciche vogliamo
attrarre o dominare la potenza di alcun rito sacramentale, come la scomunica
la sepoltura e i funerali, per vincere le malattie e per sterminare i
serpenti, i topi, i vermi, cosa che si legge in molti luoghi che stato fatto
ed ancor oggi suole accadere.



CAPITOLO XXXIV.

Dell'ordine animastico e degli eroi.

Subito dopo il coro degli spiriti beati, segue l'ordine animastico, che i
teologhi ebrei chiamano Issim, vale a dire uomini robustissimi e i magi pagani
Eroi, o semidei. Fulgenzio, che non scrittore dappoco, crede che sieno cos chiamati sia perchnon giudicati abbastanza degni del cielo, pur meritando di
esser venerati dagli umani, come Priapo, Hippo, Vertumno; sia per essere stati
dotati in vita di virtdivine, cosda divenire meritevoli di far parte, dopo
avere abbandonato le spoglie mortali, dei cori degli dei beati e di esser
preposti a vigilare sui bisogni degli umani; sia infine perchfurono
procreati da semenza arcana e ritenuti generati dalla mescolanza degli dei e
demoni con gli uomini e per conseguenza hanno calura intermedia tra l'uomo e
l'angelo, come quelli che non sono nangeli nuomini. Affatto simile l'opinione di Lattanzio e ancora oggi v'hanno persone in rapporti coniugali
con spiriti. Merlino, il poeta nazionale Bretone, si reputa essere figlio d'un
demone e d'una vergine. Platone il pisaggio dei filosofi, si opina nato da
una vergine premuta dall'ombra d'Apollo; le Storie narrano che certe donne
Gote, chiamate Alrumne, di rimarchevole bellezza e talento, uscite dal campo
di Filimiro o, come altri chiamano, d'Idanthresis, re dei Goti, avevano errato
pei deserti della Scizia asiatica, emigrando nelle paludi transmeotidi, e si
erano giaciute coi fauni e coi satiri e avevano generato i primi Unni. Infine,
secondo asserisce Psello, i demoni spargono talvolta una semenza, che dvita
a piccoli animali.

Gli eroi non hanno dunque minore ingerenza degli dei e dei demoni nelle cose
di quaggie ciascuno ha specifiche attribuzioni. Percisi sono dedicati
loro, come alle stesse divinit templi, immagini, altari, sacrifici, voti e
ogni altro mistero e rito religioso. I loro nomi, invocandoli, hanno
virtdivine e magiche pel compimento di dati miracoli e in proposito Eusebio
cita il caso di coloro che ne hanno avuto conferma invocando il nome di
Apollonio di Tiana, pur tralasciando di parlare di quanto si legge nei poeti
negli storici e nei filosofi di Ercole, di Atlante, d'Esculapio e degli altri
eroi pagani, che potrebbero esser tacciate di illusioni dei gentili.
Circa i nostri santi eroi, noi riteniamo che essi attingano le loro virt dalla potenza divina, essendo essi dominati tutti, come attestano i teologhi
ebraici, dall'anima di Meschiha. Lo stesso GesCristo, per l'intermediario
dei diversi santi, come a mezzo di membra acconce, conferisce e ripartisce i
doni della sua grazia sulla terra e tutti i santi, cosin generale che in
particolare, hanno speciali mansioni per cooperare con lui. Perci quando con
le preci e con le invocazioni chiediamo la loro assistenza, essi ci concedono
volentieri e proporzionatamente i loro doni e benefici e le loro grazie e in
modo pipronto e pipieno di quanto non sia concesso alle potenze angeliche,
essendo pivicini a noi e alla nostra natura ed essendo passati attraverso le
nostre stesse passioni e debolezze.

Il loro numero pressochinfinito, ma ve n'ha dodici principali, i dodici
Apostoli del Cristo, che stanno assisi, come dice la veritevangelica, sui
dodici tribunali per giudicare le dodici tribd'Israel che nell'Apocalisse
sono distribuiti su dodici fondamenta alle dodici porte della cittceleste,
che presiedono ai dodici segni, che sono impressi su dodici pietre preziose
(1) e a cui stato distribuito l'orbe terracqueo.

Nota: (1) Sono le dodici pietre del Razionale ebraico. Sulla prima linea la
sardonica simbolizza l'apostolo San Bartolomeo, il topazio San Giocomo il
minore, lo smeraldo San Giovanni, il carbonchio San Taddeo. Sulla seconda
linea lo zaffiro simbolizza l'apostolo Sant'Andrea, il diaspro San Pietro, il
lyneurium (ambra) San Simone, l'agata San Filippo. Sulla terza linea
l'ametista simbolizza San Mattia, il crisolito San Matteo, il berillo San
Tommaso, l'onice San Giacomo il Maggiore. (Nota del Traduttore)

Fine nota.

Ecco i loro veri nomi:

Il primo Symehon Hacaephi, vale a dire Pietro.
Il secondo Alcuzi, che noi chiamiamo Andrea.
Il terzo Iahacobah, che chiamiamo Giacomo il maggiore.
Il quarto Polipos, che chiamiamo Filippo.
Il quinto Barachiah, che chiamiamo Bartolomeo.
Il sesto Iohanuh, che chiamiamo Giovanni.
Il settimo Thamni, che chiamiamo Tommaso.
L'ottavo Medon, che chiamiamo Matteo.
Il nono Iahacob, che chiamiamo Giocomo il minore.
Il decimo Chatepha, che chiamiamo Taddeo.
L'undecimo Samam, che chiamiamo Simone.
Il dodicesimo Matattiah, che chiamiamo Mattia.

Dopo gli apostoli vengono i settantadue discepoli di Cristo, che governano
altrettanti quinari dei cieli, delle tribdei popoli, delle nazioni e delle
lingue. Segue una moltitudine innumerevole di santi, che hanno ricevuto
svariate attribuzioni, che hanno sotto il loro governo differenti luoghi,
nazioni e popoli e che compiono, invocati dai fedeli, luminosi miracoli, che
apertamente vediamo e riconosciamo.




CAPITOLO XXXV

Delle divinitmortali e terrestri

Subito dopo questi vengono gli dei mortali, che chiamiamo eroi e dei terreni,
o cooperatori degli dei superni; e cioi re, i principi, i pontefici e tutti
coloro che governano questo basso mondo e lo dispongono secondo le loro leggi.
Percinoi li riguardiamo come esseri superiori e divini, noi obbediamo loro,
noi li onoriamo. Dio stesso ha concesso che fosse loro comunicato il suo nome,
e lo ha confermato con la sua stessa appellazione, chiamandoli dei, come fece
dicendo a Mos Io che t'ho dato a Faraone come un dio sopra di lui. Altrove
ammonisce: Tu non maledirai i tuoi dei, intendendo per dei i superiori
terrestri. E ancora: Se il furto nascosto, si meneril padrone della casa
innanzi agli dei. Il Salmista dice: I principi sono radunati col dio Abramo,
perchi possenti dei della terra sono alto locati. E in un altro passo: Dio
ascolta il consiglio degli dei. Aggiungendo poco avanti: Io stesso l'ho
proclamato, voi siete dei e figli dell'Altissimo. Si aggiunga che Dio stesso
ha ordinato di onorarli e di rispettarli, di offrir loro le decime e le
primizie, attribuendo loro la spada della giustizia, proibendo di maledirli e
ingiungendo di obbedirli anche se fossero cattivi. Percil'antichitrendeva
ai suoi principi onori divini, come Giano in Ovidio, nel primo libro dei
Fasti, testimonia: Io regnavo saldamente nei tempi in cui gli dei erano
padroni della terra e le divinitsi stavano fra gli uomini.

Il divino Platone, nel terzo libro della sua Repubblica, ha prescritto di
onorare come dei i principi, tanto in vita che dopo la loro morte,
prescrizione accettato da tutti i popoli sin dall'inizio del mondo. Da tale
prescrizione deriva l'uso di imporre i loro nomi, a eterna ricordanza, alle
citt alle provincie, ai monti, ai fiumi, agli oceani e alle isole, nonchdi
erigere in loro onore piramidi, colossi, archi di trionfo, statue, trofei,
templi, palestre. Di pisono stati dati i loro nomi ai cieli, agli astri, ai
giorni e ai mesi, derivandone gennaio da Giano, luglio da Giulio Cesare,
agosto da Augusto, mercoledda Mercurio Trismegisto, giovedda Giove. Le
istorie fanno fede che tal costume stato seguito non solo dagli egiziani dai
greci e dai romani, ma anche dai popoli pibarbari quali i goti i danesi e i
teutoni. Questi ultimi, secondo l'asserzione di Sassone il Grammatico, hanno
chiamato il giorno di Mercurio il giorno di Odino e quello di Giove il giorno
di Thor, dai nomi di Thor e di Odino, antichi re dei Danesi e dei Goti cos chiamati perchnella loro lingua il Dio supremo assume il nome di Gotth. Per
la stessa ragione i Teutoni sono chiamati cosperchil Dio Marte, da essi
onorato, era detto nella loro lingua Teutan col quale nome i Galli
chiamavano anche Mercurio.

Pertanto i re e i pontefici, se giusti, rappresentano la divinitsulla terra
e partecipano del suo potere. Cosche toccando solo gl'infermi, li guariscono
dai loro mali e talora dominano il tempo e i cieli, come Virgilio, parlando di
Nugusto, asserisce: ha piovuto tutta la notte ed ecco che al mattino il cielo
sereno, perchil governo del mondo diviso tra Giove e Cesare.

La Scrittura attesta che Giosu nel combattere Gabaon, ordinal Sole e alla
Luna: Sole, fermati contro Gabaon, e tu, Luna, sulla valle d'Aialon. E i due
astri ubbidirono al comando e il sole non tramontper un giorno intero, sin
che egli non avesse avuto ragione del nemico, e il Signore obbedalla voce
dell'uomo. Similmente Mosseparle acque del Mar Rosso e Giosuquelle del
Giordano e traghettarono il popolo a piedi asciutti. Lo stesso fece Alessandro
Magno col suo esercito. Talora pure non dotati del dono della profezia, come
si legge di Caifas, che predisse il suo avvento al pontificato. E poichil
Signore ha voluto che i re e i pontefici della terra siano detti dei per
comunicazione del nome e della potest Si addice a noi di benemeritare da
essi, anteponendo i loro giudizi ai nostri, di supplicarli e onorarli, di
tributar loro il nostro rispetto e di riverire nelle loro persone il Dio
supremo.




CAPITOLO XXXVI.

In qual modo l'uomo sia stato creato a somiglianza di Dio

Dio, che eccellenza fra ogni eccellenza, come dice Trismegisto, ha fatto a
sua somiglianza tanto il mondo che l'uomo, proponendosi col primo di rendere
tangibili le sue meravigliose operazioni e creando il secondo per Sua propria
soddisfazione. Essendo uno, ha creato un mondo solo, essendo infinito, gli ha
dato forma rotonda; essendo eterno, lo ha creato incorruttibile ed eviterno;
essendo immenso, ha voluto che fosse pigrande di ogni altra cosa; essendo la
vita istessa, lo ha cosparso di semenze vitali, capaci di produrre tutto per
virtplenaria; essendo onnipossente, con la sua sola volont senza alcuna
necessitdella natura lo ha tratto non da una materia preesistente ma dal
nulla; essendo la bontsuprema, animando col suo perfetto volere e col suo
amore essenziale il suo verbo, che l'idea madre di ogni cosa, ha generato il
mondo esteriore sul modello del mondo interiore, ossia l'ideale, ma senza per
altro emettere alcunch dell'essenza dell'idea, ma creando di nulla ciche ha avuto per idea
nell'eternit

Similmente Dio ha creato l'uomo a sua immagine, perchcome l'immagine di Dio
il mondo, cosl'immagine del mondo l'uomo. Da ciproviene che alcuni
credano che l'uomo sia stato creato non a immagine di Dio, ma a immagine
dell'immagine di Dio e che per questa ragione esso sia stato chiamato
microcosmo, vale a dire piccolo mondo. Il mondo un animale razionale e
immortale; l'uomo similmente un animale razionale, ma mortale, ossia
corruttibile. Infatti, come dice Ermete, essendo il mondo immortale, impossibile che qualcheduna delle sue parti perisca e la parola morte vana.
E, come il vuoto, cosil morire non si trova in alcun luogo. Percinoi non
diciamo che quando l'anima e il corpo si separano, qualche cosa dell'una o
dell'altro perisca o ritorni nel nulla. La vera immagine di Dio in realtil
suo verbo, saggezza vita luce e verit che esiste per virtpropria. Lo
spirito umano l'immagine di questa immagine, per cui si dice noi siamo fatti
a immagine di Dio e non gidel mondo e delle creature. Perchcome la mano
non putoccare Dio, ne l'occhio puvederlo, nl'orecchio udirlo, cospure
lo spirito dell'uomo non putoccarsi, nvedersi, nintendersi. E nello
stesso modo che Dio infinito e non puessere violentato da alcuno,
similmente lo spirito dell'uomo libero e non puessere forzato ne misurato.
Inoltre come Dio guida con la sua sola mente tutto il mondo e le cose che
contiene, cosl'animo umano l'abbraccia tutto col pensiero; e come al solo
Dio peculiare di governare e muovere il mondo intero con un solo cenno, cos l'animo umano con un solo cenno fa agire e regge il suo corpo. E' dunque stato
necessario che l'animo dell'uomo, cosimprontato dal verbo divino, prendesse
anche una spoglia umana per costituire una perfetta immagine del mondo e
percil'uomo stato detto l'altro mondo e l'altra immagine di Dio,
possedendo in se tutto ciche contiene il mondo maggiore, sicchnon resta
nulla che non si trovi anche e realmente nello stesso uomo e tutte le cose
sono presso di lui e compiono i medesimi uffici che nel mondo maggiore.

Gli elementi sono in lui secondo le reali proprietdella loro natura; in lui
v'ha una sorta di corpo etereo, veicolo
dell'anima, che, in proporzione, rappresenta il cielo; in lui esistono la vita
vegetativa delle piante, i sensi degli animali, lo spirito celeste, la ragione
angelica e la mente divina, nonchil mirabile connubio di tutte queste cose,
indirizzato verso un'unica finalite verso la possessione divina. Percile
Sacre Scritture chiamano l'uomo la creatura per eccellenza, nl'uomo contiene
solo in se tutte le parti del mondo, ma anche Dio stesso. Per cui Xisto, il
pitagorico, dice che lo spirito dell'uomo il tabernacolo di Dio, pensiero
espresso pichiaramente da San Paolo: Voi siete il tempio di Dio e confermato
dalla Scrittura in pipassi.

L'uomo dunque una perfetta immagine di Dio, quando contiene tutto quello che
si trova in Dio. Ma Dio, per una Eccellenza che gli propria contiene tutte
le cose col suo potere e semplicemente perchla causa e il principio di
tutte le cose; l'uomo riceve da lui la facolte il potere di contenere
similmente tutte le cose, ma per atto ed una certa composizione e come nesso
vincolo e nodo fra tutte le cose. Percisolo l'uomo pusimbolizzare tutto,
operare con tutto, parlare con tutti. Simbolizza la materia con la sua spoglia
mortale, gli elementi col quadruplice corpo, le piante con la virt vegetativa, gli animali con la virtsensitiva, i cieli con lo spirito etereo
e con l'influsso delle parti superiori sulle inferiori, gli angeli con
l'intelletto e la saggezza, Dio con la comprensione di tutte le cose. Parla
con Dio e con le intelligenze mercla fede e la saggezza, coi cieli e coi
celesti mercla ragione e il discorso, con gli inferiori mercil senso e il
dominio: Egli opera con tutto e ha potere su tutto, perfino su Dio stesso,
comprendendolo e amandolo, e come Dio conosce tutto, cosl'uomo puconoscere
tutto il conoscibile, avendo per oggetto adeguato l'essere ingenerale o, come
altri dicono, lo stesso vero. In lui non possibile riscontrare cosa o atto
in cui non sia dato veder brillare qualche scintilla della divinite non v'ha
nulla in Dio che non sia riscontrabile nell'uomo. Per conseguenza colui che
avrla conoscenza di se stesso, conoscertutte le cose in se stesso. Dio
anzitutto, a immagine del quale stato fatto, poi il mondo, di cui porta in
sl'immagine e tutte le creature infine che simbolizza nella sua persona.
Cosda ritrarre tutte le virtdelle pietre, delle piante, degli animali,
degli elementi, dei cieli, dei demoni e degli angeli; da fonderle l'un l'altra
nel dovuto luogo, tempo, ordine, misura, proporzione e accordo e da attirarle
o respingerle nello stesso modo con cui la calamita agisce sul ferro. E Geber,
nella sua Sommna di Perfezione, insegna che nessuno puarrivare ad eccellere
nell'arte alchemica, senza conoscerne i principi in sstesso e pisi avrla
conoscenza di sstesso, pisi acquisterpotere attrattivo e si compiranno
cose grandi e meravigliose, giungendosi infine a tanta perfezione da divenire
figlio di Dio e da trasformarsi in quell'immagine stessa, che Dio, e da
unirsi con lui, prerogativa non concessa ne agli angeli, nal mondo, ne ad
alcun altra creatura, tranne che all'uomo solo il quale pudivenire figliuolo
di Dio, riunendosi a Dio. Unito l'uomo a Dio, tutte le cose poi che sono
nell'uomo si uniscono; la mente per prima cosa, poi lo spirito e le forze
animali e la forza vegetativa e gli elementi, sino alla materia, traendo con
se anche il corpo, la cui forma rimane, conducendolo a miglior soste e natura
celeste, fino ad essere glorificato con l'immortalit E questo, come abbiamo
gidetto, un dono peculiare dell'uomo, per cui gli propria questa dignit della divina immagine e non comune con alcuna altra creatura.

Altri teologhi dicono che le tre forze dell'uomo memoria intelletto e volont
sono immagini della trinitdivina e alcuni perfino non limitano la
derivazione di tali immagini a queste tre forze, che son chiamate atti primi,
ma la estendono anche agli atti detti secondi, col seguente ragionamento. Come
la memoria rappresenta il Padre, l'intelletto il Figlio e la volontlo
Spirito Santo, cosil verbo prodotto dal nostro intelletto, l'amore che emana
dalla volonte lo stesso intelletto che ha presente l'oggetto e lo produce,
rappresentano il Figlio lo Spirito e il Padre. Altri dicono di piche
ciascuna delle nostre membra rappresenta in Dio alcuna cosa di cui essa porta
l'immagine e che egualmente noi rappresentiamo Dio nelle nostre passioni, ma
per una certa analogia, giacchleggiamo nella Scrittura della collera di Dio,
del suo furore; della sua penitenza, della sua dilezione, del suo odio e
scherzi, delle sue delizie, della sua indignazione e simili e noi stessi
abbiamo parlato nei capitoli precedenti delle membra divine.
Anche Mercurio Trismegisto ha riconosciuto la trinitdivina, e ce la descrive
quale intelletto vita, e fulgore, che chiama altrove verbo mente e spirito.
Egli dice che l'uomo, fatto a immagine di Dio, rappresenta la stessa trinit
perchpossiede in se una mente intelligente, un verbo vivificante, uno
spirito simile a un fulgore divino, che si diffonde per tutto, riempiendo,
movendo e connettendo tutte le cose. Non bisogna perintender cidello
Spirito naturale, che un mezzo per cui l'anima vincolata alla carne e al
corpo e per cui il corpo vive e funziona ed un membro opera nell'altro,
spirito di cui abbiamo parlato nel primo Libro di quest'opera; ma bensdello
spirito razionale che tuttavia in un certo senso corporeo, pur non avendo un
corpo materiale che si possa toccare e vedere, ma un corpo sottilissimo e
facilmente unibile con la mente, ossia con ciche in noi superiore e
divino. Che non ci si sorprenda, nell'intenderci dire che l'anima razionale tale spirito e alcunchdi corporeo, o ch'essa abbia acquisito natura corporea
durante la sua dimora nel corpo, di cui si serve come d'un istrumento. Baster comprendere bene cosa sia nella dottrina di Platone questo corpo etereo
dell'anima, che gli serve di veicolo.

Plotino e tutti i platonici, dopo Trismegisto, considerano anche tre parti
nell'uomo, alta, media e bassa. La prima quella parte divina che si chiama,
mente o intelletto illuminato. Mosla chiama nella Genesi il soffio vitale,
insufflato in noi da Dio o dal suo spirito. La parte bassa l'anima
sensitiva, detta anche idolo e l'Apostolo San Paolo la chiama l'uomo animale.
La parte mediana lo spirito razionale, che riunisce e lega tali due
estremited ha natura intermedia tal l'anima animale e la mente, ma pur
differente cosdalla parte superiore che si chiana intelletto illuminato,
mente, luce e parte suprema, che dalla parte inferiore, detta anima animale,
da cui l'Apostolo insegna che dobbiamo separarla con la virtdel verbo di
Dio, dicendo: La parola divina vivente ed efficace e pipenetrante che una
spada a due tagli, giungendo a separare l'anima e lo spirito.

Perchcome questa parte pielevata non pecca mai, non consente mai al male,
s'oppone sempre all'errore e guida verso ciche v'ha di meglio, cosquesta
parte inferiore, quest'anima animale, sempre immersa nel male nel peccato e
nella concupiscenza e ci trascina sempre verso ciche v'ha di peggiore. Di
essa dice San Paolo. Io discerno nelle mie membra una legge avversa, che mi
costringe sotto la legge del peccato.

La mente dunque, la mens, questa parte elevata, non mai dannata, ma
lasciando i suoi associati alla loro punizione, ritorna, illesa alla sua
origine. Quanto allo spirito che Plotino chiama anima razionale, essendo
libero per sua natura, puaderire all'una o all'altra a suo libito e se
rimane costantemente aderente alla parte superiore, alla fine si unisce ed beatificato con essa; fino a che non venga assunto in Dio; mentre se aderisce
all'anima inferiore si deprava e demerita sino a divenire un cattivo demone.

Intratteniamoci ora della parola o verbo. Mercurio la crede egualmente
importante per l'immortalit poichsenza di essa nulla stato fatto e nulla
fattibile. Di pil'espressione dell'esprimente e dell'espresso. Essa il
dire di colui che dice e ciche dice, in concezione di colui che concepisce
e ciche concepisce, la scrittura dello scrivente e ciche esso scrive, la formazione del creatore e ciche egli forma, l'espressione di colui che
fa e ciche fa, la scienza del dotto e cich'egli sa. Tutto ciche si pu dire non che verbo e si chiama eguaglianza, perchha relazione eguale con
tutte le cose non essendo l'una piuttosto che l'altra, dando in modo eguale a
tutte le cose il dritto di essere ciche sono, rendendosi sensibile e
rendendo sensibile con esso tutte le cose, coscome la luce rende visibile se
stessa e tutte le cose rischiarate. PerciMercurio chiama, il verbo figliuolo
luminoso della mente. La concezione per cui la mente concepisce se stessa il
verbo intrinseco generato dalla mente, vale a dire la conoscenza di se stesso
e il verbo estrinseco e vocale in generazione e la manifestazione di questo
verbo e lo spirito che procede dalla bocca con suono e voce che significa
alcuna cosa. E' ben vero che ogni nostra voce verbo o discorso, salvo che non
derivi dalla voce divina, si confonde con l'aria e svanisce; ma il soffio e il
verbo di Dio persistono col senso e con la vitalitche li accompagnano. Per
conseguenza tutti i nostri discorsi, tutte le nostre parole, tutti i soffi
della nostra bocca e tutte le nostre voci non hanno virtalcuna in magia, se
non in quanto sono vivificate dalla voce divina. Aristotile stesso, nel libro
delle Meteore e nella fine dell'Etica, confessa non esservi virtmorale o
naturale che non provenga da Dio e nei suoi insegnamenti segreti dice che il
nostro intelletto, se retto e sano, pumolto sulla natura purchsorretto
dalla forza divina. Sol con le nostre parole ci dato compiere miracoli, se
esse vengono modellate dal verbo divino, in cui si compie anche la nostra
generazione, come Isaia dice: Signore, noi abbiamo concepito al Vostro
cospetto, coscome le donne concepiscono bene presso i loro mariti e abbiamo
partorito lo spirito.

In proposito opportuno citare che i ginnosofisti indcredono per antica
tradizione che un budda, principe del loro dogma, abbia prodotto anticamente
una figlia dal suo costato. I maomettani poi ritengono che la maggior parte di
coloro che essi chiamano nefesogli nascano in un modo occulto di dispensazione
divina senza copulazione e che per conseguenza la loro esistenza si svolga in
modo mirabile e impassibile, quasi angelico e affatto soprannaturale.

Ma lasciando queste inezie, solo il Messia, verbo del Padre fatto carne, Ges Cristo, ha reso manifesto tal prodigio e lo renderaccessibile in avvenire.
Ecco perch(come dice Lazarelli nella Coppa d'Ermete: Il Padre ha gidato
all'uomo la parola per partorire deitsimili agli dei, inviando loro
dall'alto lo spirito suo. Beato colui che conosce i grandi doveri della sua
condizione e che li adempie volentieri. Perchegli sarmesso nel numero
degli dei, nsarinferiore ai dei superni. Gli uni s'occupano a stornare i
mali di cui il destino ci minaccia e a respingere i pericoli delle malattie;
altri interpretano i sogni, consolano gli uomini nelle loro miserie,
distribuiscono affanni agli empi e ricompense ai pii (cosassolvono il
compito assegnato loro da Dio Padre e si dimostrano discepoli della divinite
figli di Dio), sono coloro che non sono nati dalla volontdella carne, ne da
quella dell'uomo, ne da quella della donna, ma hanno Dio per padre.

In questa, generazione univoca il figlio simile al padre in tutte le maniere
e, generato secondo la specie, il medesimo del generante e questa
generazione la potenza del verbo formata dalla mens, verbo ben ricevuto in
un soggetto disposto mediante il rito, come una semenza in una matrice,
per la generazione ed il parto. Dico ben disposto e ricevuto ritualmente,
perchtutte le cose non partecipano del verbo nella stessa maniera, ma le une
in un modo e le altre in un altro.

E questi sono secreti molto reconditi della natura di cui non da trattare
altro in pubblico.



CAPITOLO XXXVII.

Dell'anima dell'uomo e dei modi della sua giunzione al corpo.

L'anima dell'uomo una certa luce divina, creata a immagine del verbo causa
delle cause e primo esemplare, la sostanza di Dio segnata del suo sugello, di
cui il carattere il verbo eterno. Ed una certa sostanza divina
indivisibile, presente nella sua totalitin ogni parte del corpo, prodotta da
un creatore incorporeo cosda rispecchiare per intero la potenza dell'agente
e da non aver nulla in sdi ciche materia. L'anima un numero che
ritorna verso se stesso, sostanziale uniforme e razionale, che sta al di sopra
d'ogni corpo materiale, che non divisibile nel modo della materia, che non
proviene da cose inferiori a se corporee ma da una causa efficiente, ne un
numero quantitativo, ma indipendente da tutte le leggi corporali, cosda non
esser soggetta a divisione o a moltiplicazione. Essa dunque una certa
Sostanza divina che emana da sorgenti divine e che porta il numero con s Non
quel numero secondo cui l'architetto ha disposto tutte le cose, ma il numero
razionale che le consente di comprendere tutto merci rapporti che ha con
tutte le cose.

Quest'anima, secondo la dottrina dei platonici, procedendo immediatamente da
Dio, si unisce attraverso intermediari convenienti a questo corpo picrasso e
a questo scopo, nella sua stessa discesa, si riveste d'un corpuscolo celeste e
aereo, che alcuni chiamano il veicolo etereo dell'anima, altri il carro
dell'anima. Mediante questo corpuscolo, per ordine di Dio che il centro del
mondo, essa s'infonde per prima cosa nel punto mediano del cuore, che il
centro del corpo umano e di lsi spande per tutte le parti e per tutte le
membra del suo corpo, il che essa fa congiungendo il suo carro al calore
naturale, per mezzo del calore dello spirito generato dal cuore e per mezzo di
questo calore essa s'immerge negli umori, per i quali essa aderisce alle
membra e si avvicina egualmente a tutte, pure trasfondendosi dall'una
all'altra, nel medesimo modo che il calore del fuoco aderisce da vicino
all'aria e all'acqua, pur portandosi verso l'acqua attraverso l'aria.

Cosmanifesto come l'anima immortale, a mezzo del corpuscolo immortale,
ossia del veicolo etereo, si trova chiusa nel corpo grossolano e mortale. Ma
quando per malattia o male tali giunzioni si staccano o si distruggono, allora
l'anima torna a rifluire tutta al cuore, suo primo ricettacolo, e quando lo
spirito del cuore viene a mancare e il suo calore a estinguersi, essa
l'abbandona e l'uomo muore. Allora l'anima S'invola con questo veicolo etereo
e, uscita dal corpo, i geni e i demoni suoi custodi la seguono e la conducono
dinanzi al suo giudice, dove, pronunciata che sia la sentenza, Dio conduce
tranquillamente le buone anime alla gloria ed il violento demone trascina le
cattive all'espiazione.



CAPITOLO XXXVIII.

Dei doni divini che l'uomo puricevere da tutti gli ordini dei cieli e delle
intelligenze.

La fonte suprema dei beni rispande sugli uomini ogni sorta di doni e di virt merci sette pianeti, che ne sono i dispensatori, e precisamente: merc Saturno un'alta contemplazione, una profonda intelligenza, una gravitdi
giudizio, una ferma speculazione, la stabilite la fissitdelle risoluzioni;
mercGiove una prudenza ferma, la temperanza, la benignit la piet la
modestia, la giustizia, la fede, la grazia, la religione, l'equit la
clemenza, la regalit mercMarte una intrepida franchezza, una fermezza e
una forza indomabile, l'ardore del coraggio, la capacitd'agire e d'eseguire,
una veemenza costante di spirito; mercil Sole la nobiltdell'anima, la
perspicuitdella immaginazione, il genio della scienza e della decisione, la
maturit il consiglio, lo zelo, la luce della giustizia, la ragione e il
discernimento del giusto e dell'ingiusto, lo sceveramento della luce dalle
tenebre dell'ignoranza, l'orgoglio di trovare la verite la carit che fra
le virtregina; mercVenere l'amore fervente, la lieta speranza, i moti
del desiderio, l'ordine, la Concupiscenza, la bellezza, la soavit il
desiderio dell'accrescimento e la propagazione di sstessi; mercMercurio la
fede penetrante e la credulit il raziocinio sicuro, il vigore d'interpretare
e di affermare, la nobiltdell'eloquio, la sottigliezza dell'ingegno, la
ricchezza del ragionamento, la prontezza dei sensi; mercla Luna la concordia
pacifica, la fecondit la forza di produrre e d'aumentare, di crescere e di
decrescere una temperanza moderata e una fede che rivolta sulle cose aperte ed
occulte, offre a tutti una guida ed un impulso verso le cose terrestri per la
cultura della vita e per l'incremento da assegnare a se e agli altri.

Tutti questi doni si ottengono principalmente da quelle sette intelligenze,
che se ne stanno al cospetto di Dio e che dispongono l'anima a essere la sede
di tali virt mentre i pianeti non dispongono che il corpo e rendono la
struttura umana adatta a tali beni e ben temprata. Cosche i pianeti sono
come gli istrumenti delle intelligenze. Dio, che la causa prima degli
influssi e degli incrementi, sta al disopra di tutti.

Coloro che hanno ricercato le virte le varie disposizioni dell'anima,
giudicano ch'essa assuma natura e proprietdiverse secondo la diversit dell'ambiente che attraversa e che si congiunga al Corpo dopo essere stata
disposta dagli astri. Cossi crede che in un corpo dotato di temperamento
gioviale, l'anima sia infusa e modellata dall'intelligenza di Giove e cosvia
per gli altri pianeti. Se essa agisce bene nel corpo seguendo l'originaria
disposizione, dopo avere espiato, ritorna purgata alla divinite alla dimora
da cui discesa.

Anche i cori angelici prodigano all'uomo mirabili poteri. Gli Angeli lo fanno
annunciatore della volontdivina e interprete della mente divina; gli
Arcangeli gli danno il dominio su tutte le cose su cui ha dritto di governo,
quali gli animali della terra, i pesci del mare e gli uccelli del cielo; i
principati gli concedono la sommissione di tutte le forze naturali, attratte a
lui da una virtsecretissima e superceleste; le Virtgli danno la forza
necessaria nella lotta incessante contro gl'inimici della verite della
ricompensa, per la quale noi percorriamo lo stadio di questa vita; le Potenze
gli son larghe del loro appoggio contro gl'insidiatori terreni; le Dominazioni
lo aiutano a domare quel nemico interno che tutti portiamo con noi, per poter
giungere felicemente al debito fine; i Troni gli prodigano lo spirito
necessario a raccogliersi in se stessi e a volgere l'attenzione verso gli
spettatori dell'eternit i Cherubini gli danno la luce della mente, la forza
della saggezza, le altissime idee e immagini con le quali possibile
contemplare le stesse cose divine; i Serafini lo infiammano di perfetto amore,
affinchpossa dimorare in essi.

Tali sono gli scalini per mezzo dei quali possibile all'uomo ascendere a
ogni virt mercun'ordinata concatenazione e successione naturale, secondo
la differente disposizione del corpo e dello spirito e secondo il favore degli
astri incaricati di disporre il corpo, e delle intelligenze che ad essi
presiedono, di cui l'anima assume la natura nel discendere in terra nello
stesso modo che la luce assume il colore del vetro nel passarvi attraverso.
Infine secondo il beneplacito del supremo artefice, che la sorgente d'ogni
bene e senza del quale non possibile possedere nulla di buono, ne
raggiungere perfezione alcuna. Percilavorano invano tutti coloro che fidano
solo sulla natura e sulle forze e sul favore delle cose di quaggiper
giungere sino alle cose divine, o che cercano di sorpresa sottrarre al cielo
quanto non possibile ricevere che da Dio. Perchle cose di quaggi animali
erbe e metalli, ricevono le loro proprietdal cielo; il cielo le riceve dalle
intelligenze e le intelligenze dall'artefice in cui tutte le cose preesistono
eccellentemente. E anche nell'uomo, che il mondo minore, non v'ha alcun
membro che non risponda a qualche elemento, a qualche astro, a qualche
intelligenza, a qualche misura e a qualche numero nell'archetipo, come
l'abbiamo dimostrato avanti.




CAPITOLO XXXIX.

Come le influenze superiori, buone di loro natura, divengano cattive nelle
cose terrene e dieno origine ai mali.

Giacchogni virte potere proviene da Dio dalle intelligenze e dagli astri,
che non possono errare ne mal fare, necessita che tutti i mali e quanto v'ha
in terra di discordante e di dissonante, provengano dalla cattiva disposizione
del soggetto ricevuto, come ha cantato Crisippo: Quanto a torto i mortali
accusano i numi e quanto stoltamente si lamentano! Perchnoi soli siano la
causa dei nostri mali e ciascuno non soffre che per sua colpa.

E Giove, in Omero, rammentando il fato di Egisto ucciso da Oreste, dice al
consesso immortale:

i mortali accusano noi, noi loro divinit e pensano che noi siamo la fonte
delle loro sventure. Mentre li fa perire la vita detestabile da essi menata e
di loro propria volontcercano la sventura fuori del destino.

Quando dunque la perversitdel soggetto riceve perversamente gli influssi o
quando la sua debolezza non pusopportare la potenza delle cause superiori,
allora dall'influsso delle cose celesti ricevuto in una materia cospiena di
discordia, risulta qualche cosa dissonante e deforme e cattiva, permanendo
pure le forze celesti sempre buone; le quali esistendo per sed essendo
infinite dal datore delle luci attraverso le sante intelligenze e i cieli
hanno una buona influenza come in un primo gradino, sino a che pervengono alla
Luna; poi quando viene ricevuta da un soggetto pivile la loro influenza si
avvilisce, poichinvero per la diversa natura del soggetto viene ricevuta
diversamente e a causa delle qualitdel soggetto stesso tra loro discordanti,
muta essa stessa e patisce assieme al soggetto paziente. Ecco come da tutto
quel che compreso nel soggetto risulta qualche cosa di diverso dalle
influenze esercitate dai superi.

La qualitmalefica che si puriscontrare nelle cose terrene molto aliena
dall'influsso celeste e come non sarebbe possibile addebitare alla luce i mali
degli occhi, al fuoco gl'incendi, al ferro le ferite, ai giudici le catene e
le carceri, ma alle cattive disposizioni e alle cattive azioni, cospure
sarebbe assurdo addebitare alle influenze celesti la colpa dei mali. Se noi
siamo ben disposti, le influenze delle potenze superiori cooperano con noi in
tutto per ben fare; ma se siamo mal disposti e se in seguito ai peccati quel
che in noi di divino si ritratto, tutto volge al male.

Il peccato causa d'ogni nostro male ed esso un'intemperanza dello spirito,
contro il quale, quando sia mal governato o stornato dalle influenze celesti,
tutte le cose insorgono per la nostra perdita. Quando ciavviene, nel corpo
umano, abbenchben costituito e armonico, si scatenano tutti gli elementi, si
sollevano i cattivi umori, perfino i buoni umori deviano e tutti insieme
attaccano e tormentano il corpo. Le malattie fisiche, del resto, non hanno
altra causa. Quando il corpo in questo stato, anche le influenze celesti di
loro natura benefiche diventano malefiche e feriscono come la luce del Sole
ferisce gli occhi non sani.

Allora Saturno semina l'inquietudine, la noia, la melanconia, i deliri, la
tristezza, la testardaggine, la disperazione, la menzogna, le larve lemurali,
i terrori della tomba, gli spaventi delle carneficine e gli assalti dei
demoni; Giove lo spirito d'avarizia, le cattive occasioni per arricchire e la
tirannia; Marte la collera furibonda, l'arroganza profana, la temeraria
audacia, la testardaggine crudele; il Sole l'orgoglio imperioso e l'ambizione
insaziabile; Venere gli eccessi concupiscenti, gli amori lascivi, le
vergognose orgie; mercurio le frodi, gl'inganni, le menzogne, la prontezza al
peccare; la Luna l'instabilitin ogni cosa e tutto ciche contrario alla
natura dell'uomo. In tal modo l'uomo che non corrisponde picon le potenze
celesti, riceve il male invece del bene e, come dice Proclo, cade sotto il
dominio dei demoni maligni, che lo trascinano verso il peccato e versil
dovuto castigo.

Il buon mago riesce pera stornare molti mali minacciati dalla disposizione
degli astri, prevedendoli e impedendo che un soggetto mal disposto li riceva
invece del bene sperato.





CAPITOLO XL.

Del carattere divino che contrassegna ogni uomo e in virt del quale gli dato compiere meraviglie.

Si sperimentato in modo indubbio che l'uomo ha il potere di dominare e di
legare, potere che gli stato Conferito dalla natura. Si dice infatti, e ne
fa fede Plinio, che l'elefante indichi il retto sentiero a un uomo smarrito in
una selva e che, scorgendo le orme dei passi di un uomo, si fermi, si guardi
intorno inquieto e si mostri spaventato. Egualmente la tigre, che la pi crudele delle bestie feroci, scorgendo l'uomo, trasporta altrove i suoi
piccoli. E omettiamo per brevitmolte altre constatazioni del genere,
riferite da differenti autorevoli scrittori, da donde proviene il timore dei
vari animali per l'uomo, pur non avendolo mai visto, o conoscendolo, perch mai lo temono, pur sorpassandolo in grandezza, in robustezza, in celerit Che
natura sia quella dell'uomo che incute questo timore alle fiere stato
ricercato dagli scrittori di storia degli animali ed anche affermata, ma essi
hanno lasciato ad altri il compito di insegnarla e provarlo. Apollonio di
Tiana, come leggiamo in Filostrato, vedendo un fanciullo che guidava un grosso
elefante e Damone avendogli chiesto come fosse possibile che un animale cos enorme obbedisse a un bimbo cosmeschino, rispose che ciderivava da un
certo terrore attivo infuso nell'uomo dall'artefice divino, pel quale gli
animali temono e rispettano l'uomo. Questo timore, che come il carattere
terribile e il segno improntato da Dio sull'uomo, fa che tutte le case sieno
sottomesse a lui e lo riconoscoscano come superiore. Senza questo segno un
bimbo non potrebbe guidare gli armenti e gli elefanti, ne un re farsi temere e
rispettare dai sudditi, nil giudice dai criminali.

L'idea divina ha impresso sugli uomini questo carattere, chiamato dai
cabalisti Pahad e mano sinistra e spada del Signore. Oltre questa impronta che
la rende temibile, l'uomo ne possiede un'altra che lo fa amare e l'idea di
quest'impronta si chiama nelle numerazioni divine Haesed,
ossia clemenza, mano destra, scettro di Dio. Tali numerazioni divine impiegano
il ministerio delle intelligenze e degli angeli per imprimere le impronte e i
caratteri a ciascuno di noi secondo la nostra capacite la nostra purezza,
impronte che, senza dubbio, erano nel primo protoplasta in tutta la loro
integrit forza, pienezza e perfezione, allorchtutti gli animali, attratti
da una placida mansuetudine e soggiogati dal timore, accorrevano a lui come a
padrone a riceverne i rispettivi nomi. Dopo la prevaricazione del peccato
l'uomo, e con esso i suoi discendenti, decaduto da tanta dignite tuttavia
l'impronta primitiva non si del tutto cancellata in noi. Ma piun uomo gravato di peccati, pilontano dai divini caratteri e meno riceve; e mentre
dovrebbe ricevere la benignite la reverenza, cade egli stesso nella servit e timore degli altri, cosdegli animali che degli uomini e dei demoni. Caino
sentendosi in tale stato tremava e diceva a Dio: Tutti coloro che
m'incontreranno, m'uccideranno. Temendo sopratutto le bestie e i demoni e meno
gli uomini, che erano ancora in piccolissimo numero.

Anticamente molti uomini, che vivevano nell'innocenza, godevano ancora di tal
potere sugli animali. Tali Sansone, David e Daniele sui leoni, Eliseo sugli
orsi, Paolo sulla vipera e molti anacoreti vivevano nei deserti nelle caverne
e nei covi delle bestie feroci, senza temerle e senza riceverne offesa. Perch come pel peccato questa impronta divina s'offusca e scompare cosrifulge
nuovamente piin coloro che si sono purificati e hanno fatto la penitenza dei
loro peccati.



CAPITOLO XLI.

Di quel che avvenga dell'uomo dopo la morte e delle diverse
opinioni su tale argomento.

E' stabilito che tutti gli uomini muoiano comunemente una volta e la morte fatale per tutti. Ma v'hanno diversi modi di morire e la morte pugiungere
secondo le leggi naturali o pel accidenti, o provocata volontariamente, o
prescritta dalla legge per un delitto, o inviata da Dio a punizione, cosche
in questi casi non rappresenta piun tributo pagato alla natura, ma un
castigo di propri falli, castigo che secondo i teologhi ebrei, Dio non rimette
mai ad alcuno. Perciconvenne con Ezechia che, dopo la distruzione del
santuario, quantunque non fosse rimasto alcun esecutore delle opere di
giustizia, nessuno di coloro che meritavano la morte sfuggisse alle quattro
specie di supplizi con cui si soleva applicare la pena del taglione. Perch colui che aveva meritato la morte per lapidazione, per imposizione divina, si
precipitava dall'alto di un edificio, o veniva calpestato dalle bestie feroci.
O era schiacciato sotto qualche rovina, o qualche valanga; colui che aveva
meritato il rogo, era consumato da qualche incendio, o periva pel morso di
qualche animale velenoso, o pel veleno; colui che averla meritato la spada,
cadeva trafitto in qualche sedizione popolare, o complotto, o imboscata di
predoni; colui che aveva meritato la forca, era soffocato in qualche gorgo, o
subiva qualche altra specie di strangolamento. Secondo tale dottrina, il
grande Origene spiegava l'evangelo del Cristo: Chi di spada ferisce, perisce
di spada. Anche i filosofi pagani accettano la legge del taglione e la
chiamano adrastia, vale a dire il potere inevitabile delle leggi divine, che
nei cicli futuri da' a ciascuno ciche gli compete secondo i meriti della
vita precedente, in modo che colui che ha regnato ingiustamente nella vita
precedente, condannato in un'altra vita a essere schiavo e colui che ha
bagnato le mani nel sangue di un altro uomo obbligato a subire la stesa pena
e colui che ha condotto vita da bruto, rinasce nel corpo d'una bestia.

Plotino parla di queste storie di pene nel libro del demone particolare a ogni
uomo e dice che chi avrvissuto da uomo rinasceruomo, chi avrmenato vita
sensuale rinascerbruto, con la sola differenza che chi avraccoppiato ai
sensi l'ira diverrbestia fallace, chi avraccoppiato ai sensi la
concupiscenza, diverranimale lascivo e ghiotto e chi avrvissuto piche
nella vita dei sensi nella loro degenerazione, rinascerpianta giacchin
tale uomo non ha esistito che la semplice facoltvitale ed ha posto ogni sua
cura per trasmutarsi in pianta. Colui che sarstato troppo attaccato ai
piaceri musicali, senza depravarsi negli altri rinasceranimale canoro; chi
avrregnato indebitamente sarmutato in aquila, a patto che la malizia non
l'abbia
offuscato; e solo colui che avracquisito la virtcivile, ritornerad
essere uomo.

Salomone stesso, nei Proverbi, chiama volta a volta l'uomo leone, tigre, orso,
cinghiale, lepre, cane da caccia, coniglio, formica, ragno, serpente, aquila,
lucertola, gallo e cosvia. I cabalisti pernon credono che le anime possono
essere accolte in corpi di bestie, ma concordano nondimeno nel ritenere che
quelle che hanno interamente gettato via la ragione sono abbandonate in altra
vita agli appetiti brutali e alla immaginazione; ed assicurano che ritornino
tre volte e non piin questo mondo per mondarsi affatto dal peccato, perch questo numero sembra sia piche sufficiente alla purificazione dei peccati,
conforme detto in questo passo di Giobbe: Egli ha liberato l'anima sua
perchnon sprofondasse nella morte, ma vivendo vivesse la luce. Ecco, tutte
queste cose Dio opera per tre volte nei singoli, per revocare le anime loro
dalla corruzione e illuminarle con la luce dei viventi.

Indaghiamo ora le opinioni degli antichi sui morti. Quando l'uomo si estingue,
il corpo ritorna alla terra da cui provenuto e la mente riaccende ai cieli
da cui discesa, come dice l'Ecclesiaste: La polvere torna alla terra da cui
venuta e lo spirito a Dio che lo ha dato. Cosa che Lucrezio canta in questi
versi: Ciche uscito dalla terra ritorna alla terra e ciche venuto
dalle regioni eteree ritorna ai templi folgoranti del cielo. Ovidio ne parla
anche meglio: Quattro cose sono degne nell'uomo di considerazione: i mani, la
carne, lo spirito e l'ombra. Queste quattro cose vanno ciascuna a occupare il
proprio posto: la carne ricoperta dalla terra, la ombra aleggia intorno alla
tomba, i mani appartengono all'averno e lo spirito s'invola verso il cielo.

La carne abbandonata, corpo spoglio di vita, si chiama cadavere ed preda del
demone Zazel, di cui detto nella Scrittura: Tu mangerai sempre la terra....
la polvere della terra saril tuo pane. L'uomo stato creato polvere della
terra e l'indicato demone vien detto padrone della carne e del sangue sinch il corpo non sia stato purificato dal rito funerario e santificato. Dal che
proviene che i nostri avi abbiano stabilito cerimoniali espiatori, aspergendo
il cadavere, che immondo, di acqua benedetta, profumandolo con l'incenso,
esorcizzandolo con sacre orazioni, illuminandolo con la luce dei ceri sinch resta in terra e tumulandolo in luoghi santificati. In Omero, Elpenor supplica
Ulisse: Io ti prego, Ulisse, acchtu ti ricordi di me e non ti allontani
senza avermi dato sepoltura per non farmi divenire oggetto dell'ira dei mani.

La mente umana poi, la mens, la cui natura santa e il genere divino perch non commette mai errori, s'invola esente da ogni pena. Quanto all'anima, se ha
ben fatto, partecipa al gaudio della mente ed uscendo dal corpo col suo
veicolo etereo, trascende libera al coro degli eroi, o si dirige agli dei
superi. L resa beata da una felicitperpetua in tutti i suoi sensi e in
tutte le sue potenze, perfetta per la conoscenza di tutte le cose, essa gode
della visione divina e del possesso del regno dei cieli e, partecipando della
potenza divina, largisce questi benefici e vari doni nelle regioni inferiori
come un Dio immortale. Ma se ha mal fatto, la mente la giudica e l'abbandona
all'arbitrio del demone e la povera anima, senza la mente, erra smarrita negli
inferni, in forma di eidolon, cui si da il nome di immagine, della qualcosa si
lamenta Didone in Virgilio: Ed ora mestieri che la mia immagine, per quanto
grande essa sia, vada a nascondersi sotterra.

L'anima cosprivata della sua essenza intellettiva, abbandonata all'impero
della fantasia esaltata, soggetta a tutte le torture delle qualitcorporee,
conoscendosi per sua colpa e per giusto giudizio di Dio privata per l'eternit della visione divina per cui era stata creata.

Questa visione divina, come attesta la Scrittura, la presenza d'ogni bene e
la sua privazione, che la picrudele delle pene e che la Scrittura chiama
l'espandersi della collera di Dio, la presenza d'ogni male. Perciquesta
immagine dell'anima, assumendo talora un corpo plasmato d'aria, si rende
visibile a guisa d'un'ombra e, avvolta in essa, ammonisce gli amici o tormenta
i nemici, come in Virgilio Didone minaccia Enea: Io ti perseguiterovunque,
presente sempre con la mia ombra e tu, malvagio, sarai punito. Perchle
passioni i ricordi e le sensazioni permangono nell'anima anche dopo la
separazione dal corpo.

I platonici dicono che le anime, specie di coloro che furono assassinati,
tormentano e perseguitano i loro nemici, non tanto con odio umano, ma quasi
come una nemesi divina. In tal modo lo spirito di Naboth, come interpretano i
dotti rabbini, spentosi con un acuto desiderio di vendetta, si tramutin
ispirito di menzogna, col permesso di Dio, nella parola di tutti i profeti,
sino a che non fece ascendere Achab in Ramod Galaad. E Virgilio stesso, coi
pitagorici coi platonici e col nostro Agostino, confessa che le anime separate
dai corpi serbano il ricordo di quanto hanno fatto in vita. La passione
dell'uomo poi cocchi, pei cavalli e per le armi, lo segue allorchegli riposa
nel grembo della terra. Algazel nel libro della Scienza Divina e gli altri
filosofi arabi e maomettani stimano che le operazioni compite dall'anima
insieme al corpo nel tempo della loro congiunzione, la plasmano cosda farla
funzionare similmente, cosplasmata, anche nello stato di separazione in
operazioni e passioni consimili, che non sono state consumate in vita, per
conseguenza, quantunque il corpo e le membra sieno distrutti, l'azione
tuttavia non cessa e le passioni permangono. Gli antichi chiamano tali anime i
mani, quando non avevano operato il male in vita, o quando s'erano purificate
con le virtmorali e, come canta Virgilio, avevano versato il loro Sangue per
la patria, o erano stati in vita casti sacerdoti o vaticinatori della parola
degna di Febo, o avevano coltivato la vita con le arti, meritando di lasciare
di sdopo morti grata ricordanza.

Quantunque trapassate fuori dello stato di grazia e senza la giustizia della
fede, la maggior parte dei teologhi dicono che tali anime vengono confinate in
alcune plaghe felici dove non soffrono alcuna pena e Virgilio assicura che
esse vanno in luoghi di tripudio ore sono prati deliziosi e ombrosi boschi,
soggiorno d'ogni beatitudine. Ivi, oltre al godere di miti piaceri e oltre
alla conoscenza cossensitiva che intellettuale, possono essere, forse anche,
istruite nella fede e nella giustizia, a similitudine di quei spiriti a cui
Cristo predicil Vangelo nel carcere. Perchcome certo che nessuno pu salvarsi senza la fede del Cristo, cosprobabile che questa fede sia
predicata a molti pagani e saraceni meritevoli dopo questa vita per la loro
salvazione e ch'essi vengano trattenuti in tali ricettacoli d'anime sino al
tempo in cui il sovrano giudice venga a esaminarne i meriti. Lattanzio,
Ireneo, Clemente, Tertulliano, Agostino, Ambrogio e molti altri scrittori
cristiani non sono contrari a questa opinione. Nondimeno le anime che
abbandonano questo mondo macchiate d'impurite gravate di peccati, non sono
favorite da sogni cosfelici, ma agitate da orribili fantasmi vagano nei
luoghi peggiori, destituite di ogni libera cognizione, se non procurata per
concessione o manifestazione, e, travagliate dal perpetuo desiderio della
eterne e del sangue, per la ruggine della labe corporea subiscono anche i
dolori del senso e paventano il ferro e la spada. Senza dubbio Omero era di
questa opinione allorch nell'undicesimo libro dell'Odissea, pone in iscena
la defunta madre d'Ulisse. Ella sta immota avanti all'eroe, senza
riconoscerlo, e senza parlargli, mentre egli le offre un sacrificio e
impedisce con la spada nuda alle ombre di avvicinarsi al sangue dell'animale
sacrificato. Ma quando, per consiglio del divino Tiresia, ella ha libato dal
sacrificio ed ha bevuto il nero sangue della nebbia, allora riconosce il
figlio d'un tratto e gli parla, sciogliendosi in lacrime. L'anima, invece del
divino Tiresia, anche prima della libazione del sangue e non intimorita dalla
spada dell'eroe, aveva subito riconosciuto Ulisse, gli aveva parlato e gli
aveva indicato la ombra materna.

Perciquelle anime che non hanno espiato in questa vita i vizi contratti nel
corpo, ne portano l'abito con sagli inferi e sono costrette a lavarsene ed a
pagare il fio di quanto hanno commesso, come il poeta ci fa intendere: anche
dopo che la vita li ha abbandonati con la luce, questi sventurati non sono
liberati da tutti i loro mali; nle loro macule corporali spariscono
completamente, ma necessario che le numerose abitudini accumulate in vita si
risolvano normalmente e per conseguenza sieno costretti a subire i supplizi
del male antico.

Cosle passioni che non abbandonano l'anima dopo la morte, rispecchiano i
costumi e le abitudini dell'uomo mentre era vivente e sono tanto pivive
quanto piun gran numero di funzioni diverse della vita, quali la nutrizione,
la vegetazione, la generazione, le sensazioni e ogni specie di applicazione,
si sono spente per essa. Ma appunto perciesse si offrono con maggiore
intensitalla facoltimmaginativa e sono tanto pifurenti quanto pi sopita od affatto estinta
in tali anime la scintilla intellettuale e di esse si avvalgono i demoni per
suscitare nell'anima visioni tanto piterribili quanto piingannevoli.
L'anima perciviene esaltata nella facoltconcupiscibile dai beni immaginari
e da quelli ricercati in vita, senza poterne pigioire. Talora peri demoni
le danno l'illusione di goderne per un attimo per privarnela subito dopo e
aumentarne le pene. Cosi poeti ci mostrano Tantalo privato del suo
banchetto, Sardanapalo delle sue lascivie, Mida del suo oro, Sisifo della Sua
potenza.

Queste anime costituiscono i cosiddetti lemuri e assumono il nome di lari
quando s'interessano al buon andamento della casa scelta a propria dimora.
Esse soffrono crudelmente nella facoltirascibile, a causa dell'avversione
che hanno pei mali immaginari che paventano all'eccesso e che avvivano loro le
picrudeli visioni, generate dalla propria triste immaginazione. Ed ora
sembra loro che il cielo crolli sulle loro teste, ora che sieno investite da
un torrente di fiamme, ora che s'immergano in gorghi spaventosi, ora che le
viscere della terra le inghiottano, ora che vengano metamorfosate in bestie
feroci, o divorate da mostri deformi, ora che vengano trascinate per buchi,
per mari, per l'aria, attraverso le fiamme e i luoghi piorribili
dell'inferno, ora che i demoni le afferrino e le torturino. Noi peropiniamo
che tali cose accadano loro come in questa vita accadono a coloro che delirano
per frenesia mania o umore melanconico, o che in sogno sieno tormentati da
orribili visioni; e che non si tratta di cose che accadono loro veramente, ma
soltanto della loro apparenza percepita dall'immaginazione. Queste anime, dopo
la morte, si stanno immerse come in un sogno perpetuo e sono tormentate dal
ricordo dei loro peccati. Orfeo le chiama popolo dei sogni: Le porte del regno
di Pluto non possono aprirsi; all'interno v'ha il popolo dei sogni.

Quando queste anime scellerate, non potendo godere di alcuna buona sede,
errano rivestite di corpo aereo, assumono ogni sorta di forma e si chiamano
allora larve o spauracchi, innocue ai buoni, nocive ai malvagi. Per lo pi improntano l'aspetto dei differenti animali e mostri a cui pihanno
rassomigliato in vita nei costumi e nelle abitudini, come canta il poeta:
Allora differenti apparenze e forme di bestie selvagge le trasformano ed ecco
d'improvviso un temibile cinghiale, poi una tigre nera, poi una leonessa dalla
fulva criniera, poi un drago squamoso, poi una vampa che crepita e prende
aspetto volta a volta di fantastici mostri, di fuoco, di bestie orribili, di
liquida cascata.

Perchl'anima immonda dell'uomo che ha contratto nella vita un'eccessiva
abitudine del corpo, si fabbrica, con un certo intimo affetto del corpo
elementale, un altro corpo dai vapori degli elementi, di una materia
malleabile, quasi rifacendo con una specie di assorbimento il corpo via via
dissipantesi; e, assoggettandovisi con una certa legge divina come in un
carcere o strumento sensibile, patisce in esso il freddo e il fuoco e tutte le
cose che offendono il corpo lo spirito e il senso, fetori, ululati, pianti,
strida, battiture, lacerazioni e vincoli; come canta Virgilio: Esse passano da
una punizione all'altra e induriscono le pene delle vecchie colpe e alcune
vengono esposte impotenti al soffiare dei venti, altre, colpevoli di immondi
falli, lavate entro gorghi profondi o bruciate dal fuoco. In Omero, nella sua
Necromanzia, Alcinoo narra a Ulisse: Noi abbiamo anche visto Tytion coprire
del suo corpo disteso nove arpenti e accanto a lui starsene un instancabile
avvoltoio a rodergli le viscere.

Talvolta, queste anime assumono non solo apparentemente figure corporee, ma
pel troppo affetto per la carne e pel sangue si precipitano negli animali ed
entrate nel corpo dei rettili, dei bruti di qualunque specie, li prendono,
ossessionandoli a guisa di demoni. Pitagora, e prima di lui Trismegisto, lo ha
asserito. Peresse non vivificano tali corpi e non se ne impadroniscono quali
forme essenziali, ma solo li occupano a guisa di locatari, o come un motore
nel suo mobile o nel modo istesso con cui Ixione avvinto alle sue ruote di
serpenti e Sisifo al suo masso. Talora anche, oltre le bestie, s'impossessano
degli uomini e ne abbiamo riferito un esempio parlando dell'anima di Naboth,
che venne fuori dalla bocca dei profeti sotto forma di spirito di menzogna.
Percisi dice che gli spiriti degli uomini scellerati, introducendosi nei
corpi di alcuni, li tormentino a lungo e li facciano persino perire.

La stessa facoltaccordata alle anime beate, ma perchpossano, a guisa di
angeli buoni, dimorare in noi e illuminarci e leggiamo d'Elia di cui lo
spirito, sottratto agli uomini,
inclinverso Eliseo e altrove che Dio prodigasse ai settanta lo spirito di
Mos Un gran mistero nascosto in quest'ultima asserzione, ma non possibile rivelarlo temerariamente.

Talvolta pure, cosa rara per le anime sono spinte ad entrare non solo nel
corpo dei viventi, ma anche, spinte da una forza infernale, nei cadaveri
abbandonati, compiendo a mezzo d'essi, quasi fossero resuscitati, orribili
azioni. Cosleggiamo in Sassone il Grammatico la storia seguente. Un certo
Asuit e un certo Asmundo s'erano impegnati con giuramento reciproco a far s che colui dei due che sopravvivesse all'altro dovesse seppellirsi con lui
vivente nella tomba. Asuit morper primo di malattia e venne tumulato col suo
cane e il suo cavallo in una spaziosa caverna, in cui Asmundo, fedele al
giuramento amicale, si lascianch'esso chiudere vivente, non senza essersi
provveduto di abbondanti cibarie. Dopo un
certo tempo, Eric, re di Svezia, passando un giorno con la sua scorta nei
pressi della caverna e immaginando scoprirvi un tesoro, fece aprire la tomba
d'Asuit e rese cosalla luce anche Asmundo, il quale appariva orribilmente
sfigurato, coperto di putridume e inondato dal sangue che gli gemeva da una
crudele ferita, perchAsuit, redivivo nelle notti, in una feroce
colluttazione gli aveva portato via l'orecchio sinistro. Interrogato, ecco
cosa narrAsmundo al re in questi versi: Perchsorprendervi nel vedermi cos pallido e sfigurato? Ogni vivente scompare tra i morti. Io non so per quale
fantasia ardita della potenza infernale lo spirito d'Asuit sia stato inviato
dal tartaro a divorare il suo cavallo e il suo cane. E dopo, non pago, ha
afferrato me tra i suoi artigli e m'ha strappato l'orecchio e lacerato la
gola. Ecco perchil mio viso terrorizzante e perchil mio sangue scorre da
questa crudele ferita. Ma il mostro infernale non ha agito impunemente; io gli
ho troncato la testa con la mia spada e con uno spiedo gli ho forato il corpo
malvagio. Pausania ci riferisce dagli interpreti dell'oracolo di Delfo che
v'ha un demone infernale detto Eurynomio, che si pasce con tanta aviditdella
carne dei morti, da lasciarne le ossa completamente spolpate. Negli annaali
dei Cretesi si legge similmente che i mani chiamati Catechani avevano costume
di ritornare nei loro corpi, di ritornare a visitare le mogli lasciate alla
morte e di trarne diletto e che per evitar cila legge aveva stabilito che si
trapassasse loro il cuore con un chiodo e se ne incenerissero i cadaveri.

Nla religione cristiana vieta di credere che molte anime non possano
riprendere i loro corpi prima della risurrezione universale della carne; di
pianzi noi crediamo che non poche persone, per singolare grazia di Dio, sono
state elevate nella gloria, coi loro corpi e che molte altre sono state
precipitate viventi nell'inferno. Abbiamo anche udito parlare di cadaveri
sottratti dai demoni alle rispettive tombe, certo per imprigionarli in luoghi
reconditi e farne soffrire i mani. Questi luoghi possono essere identificati
con certe localitimmonde e terrificanti, quali quelle in cui si bollono i
fuochi dell'Etna, i gorghi marini, gli abissi terrestri, le contrade private
della luce del sole e immerse nelle tenebre e negli orrori della notte
perpetua. Ivi, come canta Omero, pervenne Ulisse: ove abitano i popoli
Cimmerii, in caverne sommerse in tenebre perpetue, i quali non scorgono mai il
sole levarsi o tramontare e sono miserevolmente condannati a una notte eterna.

Certo v'ha un fondo di vero in quanto stato detto del pozzo di Patrizio,
delle grotte di Vulcano, dei crateri dell'Etna, dell'antro di Mursia. Sassone
il Grammatico ci parla delle cose mirabili della reggia di Gheruth e dello
speco di Ugarthiloc; Plinio, Solino, Pythias, Clearco menzionano i prodigi dei
mari settentrionali, riportati anche da Tacito nella storia di Druso, che
ritrasse i soldati dal mare germanico e riferisce i vari miracoli veduti in
quel mare e ciola forza dei turbini, forme inaudite di augelli, mostri
marini che non si sa se sieno uomini o bestie. E nel libro della Germania
riferisce che gli Heldusiani e gli Axioni hanno volto umano e corpo di bestia.
Certo tali prodigi sono compiti dai mani e dei demoni e anche Claudiano li ha
cantati: V'ha un luogo sui confini piremoti della Gallia, limitato dalle
acque dell'oceano, in cui si dice che Ulisse sacrificasse gial popolo
silenzioso. Ivi s'intendono gemere le ombre e frusciare errando e si vedono
passare i pallidi simulacri e le immagini dei defunti.

Aristotile ci parla d'un tumulo sorgente a Lipari nelle isole Eolie, presso
l'Italia, a cui non ci si poteva accostare sicuri di notte. Gli abitanti della
contrada assicuravano che
vi si udiva suonar di cimbali, muggire di crotali, scrosciare di risa, rumori,
suona incoerenti. Ed una volta in questo luogo andun giovane ebreo e sul far
della notte si addormentinnanzi all'apertura del tumulo e ritornato tre
giorni dopo da quelli che lo cercavano e trasportato come morto e preparategli
le esequie, risvegliatosi subitamente, raccontper filo e per segno con
grande ammirazione di tutti molte cose che aveva veduto ed esperimentato. In
Norvegia esiste un monte formidabile, circondato dal mare e chiamato
Hechelberg, che sembra una specie d'inferno da cui si levano alte voci e
grandi pianti, udibili da una lega tutto intorno e su cui rotano enormi
avvoltoi e neri corvi, i quali coi loro orribili stridi impediscono a
chicchessia l'avvicinarsi. Dal monte gemono due fontane inaccostabili, l'una
per eccessivo freddo, l'altra per insopportabile calore. Nella stessa regione,
verro mezzod si leva un promontorio detto Nadhegryn, ove si rendono visibili
i demoni del luogo che rivestono corpo aereo. In Iscozia v'il monte
Doloroso, spaventoso anch'esso pei pianti che se ne effondono. In Turingia il
Monte Horrisonus abitato dai Silvani e dai Satiri, secondo la testimonianza
di scrittori degni di fede. E ovunque, in ogni contrada e in ogni paese,
esistono simili miracoli e io stesso li ho visti coi miei occhi e toccati con
mano. Ma perchgl'increduli non mi taccino di menzognero, preferisco non
parlarne.

Esaminiamo ora le opinioni dei nostri teologhi intorno ai luoghi destinati ad
albergare le anime dei defunti, opinioni in fondo non molto differenti da
quelle giesposte.

Tertulliano, nel quarto libro contro le eresie di Marcione, dice: Appare
evidente a ogni persona assennata che abbia udito parlare dei Campi Elisi, che
debba esistere in essi una specie di determinazione focale chiamata il seno di
Abramo per ricevervi le anime dei suoi discendenti, e in questa regione, che
non celeste ma superiore all'inferno, riposano le anime dei giusti sino
alla risurrezione generale. Lo stesso apostolo Pietro rispondeva nei seguenti
termini ad analoga interrogazione di Clemente: Voi m'obbligate, Clemente, a
sollevare qualche lembo dei misteri ineffabili; nondimeno io non rifiuterdi
dirvene quanto mi possibile. Cristo che esisteva dal principio delle cose e
che sempre esistito, ha soccorso sempre in segreto i giusti, specie coloro
che lo attendevano, ed apparso loro di frequente. Il tempo della
risurrezione della carne non era ancora giunto, ma sembrava a Dio equo che il
giusto dovesse essere conservato pia lungo nell'integritdel suo corpo o
certamente che Dio lo trasportasse (come riferito di un certo giusto nelle
scritture). Similmente ha fatto con gli altri che compiacettero alla sua
volonte li ha trasportati presso di sin paradiso a possedervi il regno dei
cieli. I corpi invece di coloro che non hanno potuto soddisfare per intero
alla legge di giustificazione e di cui le carni hanno serbato alcun avanzo di
malizia, cadono in dissoluzione. Le loro anime vengono peraccolte in luoghi
in cui abbonda il tripudio, affinch riprendendo nel giorno della
resurrezione i corpi purificati dalla dissoluzione, possano godere del
retaggio eterno in rimunerazione delle loro buone azioni.

E Ireneo, alla fine del libro composto contro le eresie dei settatori di
Valentino, dice: Come il Signore si ritirato in mezzo alle ombre della morte
ove sono accolte le anime dei morti, n'uscito in seguito ed risuscitato
nel corpo e dopo la resurrezione asceso al cielo, cosmanifesto che le
anime dei suoi discepoli (per cui il Signore ha operato tutto ci andranno in
un luogo invisibile delimitato da Dio, ove dimoreranno sino alla resurrezione.
Risuscitando allora completamente nel corpo, come risuscitato il Signore,
verranno sottoposti alla presenza di Dio, perchnessun discepolo superiore
al maestro e ogni discepolo dovreguagliare il maestro. Come dunque il nostro
maestro non asceso subito in cielo, ma ha dovuto attendere il tempo fissato
dal Padre per la sua resurrezione, cosa che manifesta anche nel caso di
Giona che fu assunto risorgendo dopo tre giorni, cosnoi pure dovremo
attendere l'ora stabilita da Dio per la nostra resurrezione e predetta dai
profeti e solo allora noi saremo eletti con tutti coloro che Dio giudicher meritevoli di tanto bene.

Lattanzio parla di queste cose nel libro delle Istituzioni Divine intitolato
Della ricompensa divina: Nessuno creda che le anime vengano giudicate subito
dopo la morte. Esse sono custodite in un luogo comune, attendendo il tempo in
cui il supremo giudice procederall'esame generale dei meriti. Allora quelle
che saranno trovate giuste, riceveranno
la ricompensa dell'immortalite quelle di cui saranno dimostrate le colpe e i
peccati non resusciteranno, ma verranno relegate nelle stesse tenebre degli
empi e condannate a determinati supplizi. Della stessa opinione sono Ambrogio
e Agostino e questi dice nel suo Enchiridione: Nel tempo che trascorre tra la
morte dell'uomo e la resurrezione finale, le anime vengono trattenute in
luoghi reconditi, secondo che meritino il riposo o il castigo in rapporto alla
condotta durante la loro vita nella carne. Ambrogio, nel libro della Felicit della Morte, dice: L'Esdra chiama vivai i soggiorni delle anime e, affrontando
l'obbiezione umana (e cioche i giusti che hanno preceduto appaiono frodati
in modo mirabile fino al giorno del giudizio, ossia per parecchio tempo, della
rinumerazione loro dovuta), dice che il giorno del giudizio simile a una
corona. Tutti attendono il giorno del coronamento affinchin esso i vinti
arrossiscano confusi e i vincitori ricevano la palma della vittoria. Le anime
dunque aspettano che maturino i tempi e le ricompense meritate, per le une la
gloria, per le altre le pene. E nello stesso passo l'inferno descritto come
un luogo invisibile, che accoglie le anime liberate dai corpi. Nel secondo
libro di Caino e Abele dice inoltre: L'anima viene distaccata dal corpo e dopo
l'estinzione della vita resta nell'attesa ambigua del giudizio futuro.

Il passo del Vangelo di Matteo in cui il Cristo parla del giudizio finale,
concorda con tale opinione: Parecchi mi diranno in tal giorno: "Signore,
Signore, non abbiamo noi profetizzato in tuo nonne e in nome tuo discacciato i
demoni?" E io dichiarerloro di non averli mai conosciuti. Da tali parole
sembra risultare che costoro debbano restare sino a tal giorno finale
nell'incertezza del loro giudizio, pur fidando nei miracoli compiuti nel nome
di Gesper la loro salvazione. E poichil giudizio delle anime differito
all'estremo giorno, la maggior parte dei teologhi opina che i suffragi possano
contribuire prima del giudizio finale ad alleviare e soccorrere non solo
quelli da giustificare ma, anche i gidannati.

Cosil divino Gregorio ha, tratto dall'Orco l'imperatore Traiano e l'ha
giustificato per la salvazione, sebbene alcuni ritengano non essere stato egli
liberato dalla pena della condanna, ma solo che il castigo gli sia stato
differito sino al giorno del giudizio. PerTommaso d'Aquino dice Essere pi probabile che Traiano sia risuscitato pei suffragi di Gregorio, ritraendone
una forza a mezzo della quale stato liberato dalla pena e dall'impaccio
delle sue colpe. Altri teologhi stimano che il suffragio non possa annullare
la pena, nassolvere dalla colpa, ma solo alleviare in parte la prima e
alleggerire la seconda, nello stesso modo che se si rinfresca con acqua la
fronte d'un uomo carico di fardelli, costui resta alleviato dall'oppressione
del peso e sembra portare con pifranchezza, il suo carico, che pure non diminuito. E in fondo opinione prevalente fra i teologhi che le cerimonie e
le preci nulla possano in favore dei colpevoli che si trovino nell'antro di
Pluto.

Troppo pertali problemi restano misteriosi per poterli affrontare con
successo e, adottando l'opinione d'Agostino, diciamo come egli dice nel 10. libro sulla Genesi: Val meglio dubitare delle cose nascoste, che fantasticare
su quelle incerte. Io non dubito affatto che bisogni intendere che quegli sia
ricco fra l'ardore delle pene e questi povero tra il refrigerio delle gioie.
Ma sapere in che modo si debba intendere cotesto fuoco dell'inferno, questo
seno d'Abramo, quella lingua del ricco, questo dito del povero, cotesta sete
del tormento, quella goccia di refrigerio, cosa che non puessere stabilita
ne da coloro che ne fanno ricerca con Spirito di pace e di dolcezza, ne da
coloro che ne disputano con foga.

Ma, lasciate queste cose, passiamo ad altre e parliamo delle restituzioni
delle anime.



CAPITOLO XLII.

Per quali ragioni i magi e i negromanti credano possibile
evocare le anime dei morti.

Da quanto precede sembra dunque che le anime che anche dopo la morte
prediligono i loro corpi, come quelle ad esempio di cui i corpi non hanno
avuto la dovuta sepoltura o come quelle che hanno lasciato il corpo per morte
violenta, errino ancora attorno ai rispettivi cadaveri, in quel loro torbido
ed umido spirito, verso i quali sono attratte come alcunchdi familiare.
Conoscendo i mezzi che gile avvincevano al corpo, si puevocarle e attrarle
facilmente mercvapori similari, liquori e odori corporali, con l'ausilio di
certe luci artificiali, di canti, di suoni, e di tutte quelle cose che possano
far vibrare l'armonia immaginativa e spirituale dell'anima, senza omettere le
sacre invocazioni, che influenzano la parte razionale dell'anima che di
natura superiore.

Con tali mezzi si legge nella Scrittura che la Pitonessa facesse apparire
Samuele e ugualmente che la strega Tessala, in Lucano, ottenesse che un
cadavere si levasse sui piedi.

Cifa sche poeti e narratori ci mostrino non essere possibile evocare i
morti senza sangue e senza cadavere e ci indichino che le ombre possono essere
agevolmente attratte con le fumigazioni, a cui si aggiungono uova, latte,
miele, olio, acqua, farina, quasi a dar modo alle anime di foggiarsene un
corpo e come Circe insegna a Ulisse in Omero.

Le evocazioni si credono possibili solo nei luoghi che si riconoscono
frequentati dalle anime per alcunchche sia loro attinente, come il corpo
abbandonato, o per predilezioni nutrite in vita, o per natura tartarea dei
luoghi stessi e piatta percia purgare o a punire gli spiriti. Generalmente
la conoscenza di tali luoghi adatti alla manifestazione delle visioni data
dall'esperienza e non pochi sono generalmente cogniti, come i cimiteri, i
luoghi di esecuzioni giudiziarie, i campi di recenti battaglie, quelli ove sia
stato tumulato senza riti funerari alcuno spento violentemente e
fraudolentemente. Perchil rito espiatorio e l'esorcismo, come anche il
cerimoniale funebre debitamente accordato ai corpi, impediscono spesso alle
anime di avvicinarsi e le respingono verso altri luoghi.

La necromanzia trae il nome dal suo operare sui cadaveri e interroga i mani e
le ombre dei morti e i demoni sotterranei, attirandoli entro i cadaveri merc certe incantazioni e invocazioni infernali, con sacrifizi lugubri e
immolazioni empie, simili a quelle che leggiamo in Lucano a proposito della
strega Erichtone, che predisse a Sesto Pompeo il risultato della guerra
farsalica.

In Phigalia, cittdell'Arcadia, v'erano magi sacerdoti
assai versati nelle arti sacrificatorie e evocatorie delle anime dei defunti e
le Sacre Scritture menzionano la Pitonessa, evocatrice dello spirito di
Samuele. Perchle anime dei santi amano anch'esse i loro corpi e rispondono
con maggior prontezza agli inviti nei luoghi in cui sono conservate le loro
reliquie.

La necromanzia si divide in necyomanzia, che costringe il cadavere a levarsi e
richiede sangue, e in sciomanzia, che si limita a far apparire le ombre. Tutte
le sue operazioni si compiono a mezzo dei cadaveri e delle loro parti e di
quanto proviene da essi, perchin essi si trova la potenza demoniaca loro
amica.

I cadaveri attirano agevolmente i poteri dei cattivi demoni a causa di comuni
propriet e siccome i demoni hanno gran potestsulle cose della terra e
sugli uomini, i negromanti, con il loro ausilio, scatenano passioni
delittuose, suscitano sogni, malattie, odi e simili malefici a cui possono
contribuire le potenze di quelle anime le quali, errando intorno alle loro
spoglie mortali ancora avvolte nello spirito umido e torbido, commettono gli
stessi misfatti dei cattivi demoni. Il negromante sa per esperienza che le
anime depravate e corrotte separate dal corpo da morte violenta e quelle degli
uomini morti senza assoluzione e senza sepoltura, restano in vicinanza dei
rispettivi corpi e vengono attratte facilmente da cose similari. Cosi
maleficiatori abusano di tali anime con poca pena per la riuscita dei loro
malefici, adescandole con l'offerta d'un corpo o d'una parte di corpo,
appellandole con invasioni infernali, scongiurandole pei cadaveri informi
disseminati per le vaste compagne, per le ombre di coloro che giacciono
insepolti, pei mani venuti fuori dall'Acheronte, per quegli ospiti infernali
che vi furono condotti da una morte prematura, per gli orribili desideri dei
dannati, pei superbi demoni vendicatori del delitto.

Chiunque si accinge a reintegrare le anime nei corpi, deve necessariamente
conoscere la natura dell'anima su cui opera, la sua provenienza, la intensit e il grado della sua perfezione, l'intelligenza che la protegge,
gl'intermediari che l'hanno diffusa nel corpo, l'armonia per cui fu congiunta
ad esso, l'affinitche ha con Dio, con le intelligenze, col
cielo, con gli elementi, nonchtutte quelle cose di cui chiude in s l'immagine e il simulacro e l'influsso che ha permesso la riunione di tutte le
parti del corpo. Tutte queste conoscenze sono indispensabili per operare il
risuscitare degli estinti, arte che non appartiene all'uomo ma solo a Dio, il
quale pucomunicarla a chi gli talenti, come per esempio a Eliseo, che
richiamin vita il figlio estinto della Sunnamita. Cossi narra che Ercole
risuscitasse Alceste e Apollonio di Tiana una giovinetta.

E' bene qui rimarcare che talora accade che lo spirito vitale si ritragga in
alcuno, cosche una persona sembri morta pur restando unita al corpo la
natura intellettuale e il corpo dimorando incorrotto e quantunque la forza
vivificante non si estenda piin atto su di lui, ma rimanga ritratta unita
alla natura intellettuale, pure non cessa di essere; e sebbene in tale stato
un uomo si possa considerare veramente estinto, la morte non essendo che la
mancanza della vitalit tuttavia tale corpo non veramente separato
dall'anima e puancora ridestarsi e rinascere alla vita. In tal modo si
possono spiegare non pochi miracoli menzionati dai pagani e dagli ebrei, fra i
quali si pucollocare quello riferito da Platone nel decimo libro della
Repubblica intorno a un certo Phereo di Pamfilia, il quale fu lasciato dieci
giorni per morto sul campo di battaglia e che, due giorni dopo esserne stato
ritratto, risuscitsul rogo, narrando cose sorprendenti viste durante il
periodo della morte.

Di ciabbiamo giparlato nel primo libro di quest'opera e ne parleremo anche
piampiamente nei capitoli Successivi, in cui tratteremo degli oracoli resi
dagli agonizzanti nei momenti di trasporto e di estasi.



CAPITOLO XLIII.

Del potere dell'anima umana nella mente
nella ragione e nell'eidolon.

L'anima umana composta dalla mente, mens, dalla ragione, ratio, e
dall'eidolon, idolum. La mente rischiara la ragione, la ragione influisce
nell'eidolon (immaginativa) e tutte e tre queste cose non formano che una sola
anima. La
ragione, se non illuminata dalla mente, non immune da errore. Ma la mente
non offre luce alla ragione, se Dio non la illumina come prima luce; perchin
Dio la prima luce che appare al di sopra di ogni intelletto e per questo
motivo non si puchiamarla luce intelligibile. Ma quando questa luce infusa
nella mente, essa diventa intellettuale e puessere intellettualmente
afferrata; poi quando attraverso la mente si infonde nella ragione, diventa
razionale e punon soltanto essere intellettualmente compresa ma essere
cogitata. In seguito, quando per mezzo della ragione viene infusa
nell'eidolon, essa diviene non solamente cogitabile, ma anche immaginabile,
senza essere ciononostante corporea. Ma quando di lmigra nel veicolo etereo
della anima essa diviene per la prima volta corporale, non ancora per altro
manifestamente sensibile, fino a che non sia passata nel corpo elementale, sia
in quello semplice e aereo, sia in quello composto dove questa luce diviene
manifestamente visibile all'occhio.

Considerando tale propagazione della luce, i filosofi caldei si diffondono sul
potere della mente, la quale, dicono, rivolgendosi intensamente a Dio, pu essere riempita dalla luce divina e cospiena di luce, effondendone i raggi
attraverso i singoli intermediari sino al corpo crasso, tenebroso, pesante e
mortale, circonda anch'esso di copiosa luce e lo rende raggiante come un astro
e, per l'abbondanza dei raggi e la loro leggerezza, elevarlo in alto come la
stoppa elevata dalla fiamma del fuoco e talora trasportarlo di colpo come lo
spirito in lontane contrade. E' quanto leggiamo negli Atti degli Apostoli
intorno a Filippo, che, dopo aver battezzato in India l'eunuco, pot subitamente trasportarsi in Azot. E in Daniele leggiamo alcunchdi simile di
Abacucco; e Pietro l'Apostolo e Pietro l'esorcista, passando attraverso le
porte chiuse del carcere, si sono sottratti ai ceppi e ai loro custodi. Del
resto non potrstupire chi avrvisto un sonnambulo passare nel sonno per
luoghi impraticabili, ascendere ad altezze inaccessibili, compiere opere come
se fosse desto e quali una persona desta non potrebbe compiere.

Tale potere posseduto da ogni uomo ed nell'anima umana sin dall'origine
della creazione, ma varia da uomo a uomo ed forte o debole e con l'esercizio
e con l'uso aumenta
o diminuisce. Colui che conosce cisecondo il rito, putanto elevarsi nella
conoscenza da far si che la sua virtimmaginativa trascenda e si congiunga
con la virtuniversale, detta senso della natura da Alchindus, da Bacone e da
Guglielmo di Parigi, senso etereo da Virgilio e senso del veicolo da Platone.
E la sua cogitazione diviene fortissima, quando su di essa si effonde quella
virteterea e celeste, dal cui splendore confortata sino a che apprende le
specie le nozioni e la scienza delle cose vere, in modo che cich'egli avr concepito nel pensiero sarnella realte ch'egli giungerad acquistare cos gran potenza da immergersi e insinuarsi nello spirito degli altri uomini e
renderli certi delle sue concezioni del suo volere e del suo desiderio anche a
grandi distanze, come se essi lo comprendessero mediante i loro sensi
dall'oggetto presente. Ma cinon da tutti ed solo privilegio di coloro
che hanno virtimmaginativa e cogitativa fortissima, che giunga al fine della
speculazione. Un uomo da tanto capace di concepire e d'annunciare tutto
merclo splendore della virtuniversale, o intelligenza o apprensione, che al di sopra delle sue forze naturali e ogni uomo che ricerca la veritdeve
seguire questa necessaria virte renderle obbedienza.

Se dunque il potere dell'immaginazione tanto grande da potersi insinuare
ovunque, senza esserne impedito da lontananza di luogo o di tempo, trascinando
perfino seco talora il corpo pesante ldove esso concepisce, indubitabile
che la potenza della mente sarmaggiore quando realizzerla propria natura,
quando non sarpiappesantita dai legami dei sensi e quando si manterr incorruttibile e simile a sstessa. Allora le anime si riempiono d'abbondante
luce a simiglianza degli astri, la quale s'irradia ai corpi. Ed ecco perchil
volto di Mosera tanto luminoso, che il popolo d'Israel non lo poteva
contemplare; ecco perchSocrate, nella sua trasfigurazione, era circondato da
un fulgore paragonabile a quello del sole; ecco perchnella sua ascensione il
corpo di Zoroastro sfolgorava tanto; ecco perchElia ed Enoch ascesero al
cielo su un carro di fuoco e Paolo fu trasportato sino al terzo cielo; ecco
perchquei corpi che saranno glorificati dopo il giudizio finale, verranno
similmente rapiti e risplenderanno come il sole e la luna. E che cipossa
accadere e sia
stato operato, ci dimostrato da Avicebron, da Avicenna, da Ippocrate di Cos
e da tutta la scuola caldea. Alessandro il grande, trovandosi una volta in
India in estremo pericolo, fu infiammato da tale coraggio, che apparve ai
barbari tutto circonfuso di luce; si dice anche che il padre di Teodorico
gettasse scintille da tutto il corpo e un certo savio ha riferito di sdi
essersi visto sfuggire dal corpo fiamme crepitanti. Anche nei bruti si sono
riscontrati a volte fenomeni simili e il cavallo di Tiberio fu visto vomitare
fiamme dalle fauci.

Quanto alla mente, al di sopra del fato nella provvidenza e percinon
risente le influente dei corpi celesti, nle qualitdelle cose naturali. Ma
l'eidolon dell'anima nel fato al di sopra della natura, la quale in
qualche modo il nodo dell'anima e del corpo, sotto il fato e sopra il corpo, e
per questa ragione non subisce cambiamenti a causa degli influssi dei corpi
celesti e delle qualitdelle cose naturali e corporee. Io chiamo eidolon
dell'anima questa potenza che vivifica e regge il corpo, la quale origine
dei sensi e per mezzo della quale l'anima stessa esplica in questo corpo le
forze dei sensi. Essa sente le cose corporee per mezzo del corpo, muove il
corpo nello spazio, lo regge nello spazio e lo nutre nel torpore. In questo
eidolon dominano due potentissime virt la prima si chiama fantasia o virt immaginativa e cogitativa e ne abbiamo giindicato l'efficacia nel parlare
delle passioni dell'anima; l'altra si chiama il senso della natura, di cui
abbiamo parlato nel capitolo degli aruspici.

L'uomo dunque, per la natura del corpo sottoposto al fato; l'anima
dell'uomo, per mezzo del suo eidolon, muove la natura nel fato, ma per mezzo
della mente essa al di sopra del fato nell'ordine della provvidenza; la
ragione poi libera per suo diritto. L'anima pertanto, per mezzo della
ragione, ascende alla mente dove si riempie di luce divina; talora discende
nel suo eidolon, dove affetta dalle influenze dei corpi celesti e dalle
qualitdelle cose naturali ed distratta dalle passioni e dalle occorrenze
degli oggetti sensibili; talora si ripiega tutta nella ragione, sia indagando
con l'argomentare le altre cose, sia contemplando sstessa. Poich possibile che la parte razionale dell'anima, che i peripatetici chiamano
intelletto possibile, pervenga al punto di potere discorrere e operare
liberamente, senza bisogno di
ricorrere all'operato della fantasia. Infine il potere della ragione tanto
grande, che le quante volte alcunchvenga a sottoporsi tanto al pensiero che
all'eidolon alla natura e al corpo, esso non possa penetrare nell'anima che
attraverso all'esame della ragione. Di talchl'anima non puvedere, ne
intendere, ne sentire, ne soffrire cosa alcuna, che in precedenza non sia
stato percepito dalla ragione cogitatrice, nquesta in grado di percepire
se sia assorbita da altra cosa, come manifesto in coloro che non scorgono
una cosa che pure hanno davanti, quando la loro attenzione concentrata
altrove.

Sappiate dunque che ne le influenze superiori, ne le affezioni naturali, ne le
sensazioni, ne le passioni tanto del corpo che dello spirito, ne alcun oggetto
sensibile possono agire sull'anima o penetrarla fuorchpel mediatore della
stessa ragione. E lo spirito puessere colpito o turbato solo per la sua
azione e non per violenza alcuna esteriore, cosa provata da innumerevoli
martiri. PerciAnassarco, filosofo d'Abdera, essendo stato imprigionato
dentro un sasso concavo per ordine di Nicocreonte, tiranno di Cipro, sdegnando
la pena corporale, mentre lo si percuoteva a gran colpi di martelli di ferro,
esclamava: Percuoti, percuoti; tu non farai sgomentare il vero Anassarco. E
quando fu dato ordine di tagliargli la lingua, egli stesso se la mozzcoi
denti e la sputin viso al tiranno.



CAPITOLO XLIV.

Dei gradi delle anime e della loro morte o immortalit

La mente, poichviene da Dio ossia dal mondo intelligibile, immortale o
eterna; la ragione celeste longeva per il beneficio della sua origine
celeste; ma l'eidolon, che esce dal grembo della materia e dalla natura
sublunare, soggetto alla morte e alla corruzione. L'anima dunque immortale
per la sua mente, longeva per la ragione nel SUO veicolo etereo, ma
risolvibile a meno di essere restaurata nel circuito d'un nuovo corpo. Essa
non dunque immortale senza l'unione con la mente immortale. Ugualmente
l'eidolon dell'anima,
sia l'anima sensibile e animale, essendo tratto dal grembo
della materia, perisce assieme al corpo quando questo si risolve, oppure resta
non lungo tempo nei vapori del suo corpo disciolto e non partecipa affatto
della immortalit a meno che anch'esso non si unisca alla pisublime
potenza. Questa anima dunque che unita al pensiero si chiama anima stabile e
non caduca. Ma non tutti gli uomini sono pervenuti alla mente, poich come
dice Ermete, Dio padre ha voluto proporla come travaglio e premio delle anime
e coloro che degnano di combattere, privati della mente, schiavi dei sensi
corporali, fatti simili ad animali irragionevoli, periscono come questi, come
dice l'Ecclesiaste: La morte smite per l'uomo e per gli animali; come esso
muore, cosessi muoiono. Tutti respirano nello stesso modo e l'uomo non ha
nulla di pidella bestia. Percila maggior parte dei teologhi stimano che
questa specie di anime non sieno affatto immortali dopo la morte e che non
abbiano altra speranza che quella della resurrezione che ristabilirtutti gli
uomini. Agostino riferisce che questa appunto era l'eresia degli arabi, i
quali sostenevano che l'anima muore col corpo, per resuscitare col corpo nel
giorno del giudizio.

Ma coloro che per la grazia di Dio hanno acquisito la mente, divengono, come
dice Ermete, immortali secondo le loro opere, avendo con l'intelligenza
abbracciato tutto ciche in terra, in mare, in cielo e sopra i cieli, sino
ad assurgere alla contemplazione del bene istesso. Coloro invece che hanno
vissuto mediocremente, senza avere ottenuto la divina intelligenza ma solo una
specie d'immagine razionale di essa, sono relegati dopo la morte con le anime
in luoghi appartati, in cui, dominati ancora dalle forze sensibili e compiendo
ad
cosa alcune specie di atti, godono o soffrono eccessivamente con
l'immaginazione e con le virtirascibili e concupiscibili. Opinione
suffragata dal divino Agostino nel suo libro Dello spirito e dell'anima. I
savi dell'India, della Persia, dell'Egitto e della Caldea, dicono che tale
anima viva a lungo dopo il corpo, pur non divenendo subito immortale, ma
passando prima attraverso altri corpi. I nostri teologhi dicono invece che,
pur avendo tutte comune l'origine, le anime sono state distinte tra loro
dall'Artefice per gradi, non solo accidentali ma intrinseci e radicati
nell'essenza, cosche ciascuna anima differisce dall'altra per sue peculiari
propriet Giovanni Scot di tale opinione e i teologhi di Parigi la hanno
anzi elevata a dogma. Da essa deriva il detto del Savio: Io era un ragazzo
ingegnoso, cui era stata assegnata un'anima buona, vale a dire migliore di
molte altre.

Secondo tale diversit ogni anima capace della funzione ricevuta in dono da
Dio, come detto nel Vangelo: Egli ha largito all'uno cinque talenti,
all'altro due, all'altro uno, secondo la rispettiva virt E l'Apostolo
aggiunge: Agli uni Egli ha conferito il dono dell'apostolato, agli altri
quello della profezia, ad altri ancora quello dell'evangelo e del dottorato,
sino alla consumazione dei santi, nell'opera del ministero, nell'edificazione
del corpo di Cristo. Perch come dice Origene, v'hanno, si crede, certe virt invisibili alle quali sono state sottoposte le cose terrene, distinte fra loro
da non lievi differenze, come precipuamente dell'uomo. L'uno perci raggiunge il grado supremo della saggezza o della dignit l'altro differisce
poco dalle bestie e facendo pascere le bestie si abbrutisce a mezzo; l'uno
abbonda di virte di beni di fortuna, l'altro nulla possiede o ben poco e
spesso anche il poco gli tolto per accrescere i beni di chi givive
nell'abbondanza. E tale la giustizia divina nel distribuire i doni, ch'essi
corrispondono alla virtdi ciascuno di coloro che li ricevono, ai quali sono
anche accordate ricompense secondo le loro opere, in modo che la proporzione
dei doni ai doni e dei meriti ai meriti sia eguale a quella delle ricompense
alle ricompense.

Bisogna infine sapere che ogni anima nobile ha quattro specie di operazioni.
Una divina per l'immagine della divina propriet la seconda intellettuale per
la formalitdella sua partecipazione con le intelligenze, la terza razionale
per la perfezione della essenzialitpropria e la quarta animale o naturale
per la sua comunione col corpo e con le cose di quaggi Cosche non v'ha al
mondo opera, per quanto mirabile eccellente e portentosa possa essere, che
l'anima umana, la quale contiene nel suo complesso quell'immagine della
divinitche i maghi chiamano anima stante e non cadente, non possa portare a
compimento per virtpropria e senza soccorso esteriore. La forma dunque della
intera virtmagica proviene da quest'anima stante e non cadente.




CAPITOLO XLV.

Della vaticinazione e del furore.

La vaticinazione quel movimento che sospinge il sacerdote, o altra persona,
a scorgere le cause delle cose, nonchgli eventi futuri e ciquando le
divinito i demoni fanno discendere sopra di lui gli oracoli o gli inviano
alcuni spiriti. I platonici chiamano cipenetrazione nei nostri spiriti degli
spiriti superiori; Mercurio senso dei demoni e spiriti dei demoni. Tali specie
di spiriti furono chiamati euridei e pitoni dagli antichi, che ritennero
s'introducessero nei corpi umani e si servissero delle loro voci e del loro
linguaggio per predire le cose future. Plutarco ne ha parlato nel suo dialogo
sulle cause della sparizione degli oracoli. Cicerone per dividendo il parere
degli Stoici, assicura che la predizione dell'avvenire appartiene solo agli
dei e Tolomeo dice: Solo chi ispirato dalla divinitpuprofetare.
L'apostolo Pietro dello stesso sentimento: La profezia non possibile
all'uomo quando voglia e i santi seguaci di Dio hanno parlato solo per
ispirazione dello Spirito Santo. Isaia afferma che il vaticinare la
risultante della penetrazione divina: Rivelateci quanto deve accadere e noi vi
proclameremo dei.

Questa specie di penetrazione non avviene quando l'anima interamente
occupata nella considerazione d'un'altra cosa, ma solo quando essa affatto
vuota. V'hanno tre generi di trasporto, ossia il furore il rapimento e il
sogno e di ciascuno di essi parleremo ordinatamente.



CAPITOLO XLVI.

Della prima specie di furore proveniente dalle Muse.

Il furore una illuminazione dell'anima causata dalle divinito dai demoni,
come indica il distico d'Ovidio: In noi v'ha un dio ed esistono comunicazioni
celesti, che ci provengono dalle dimore eteree. Platone lo definisce un
alienamento e un nesso, giacchse alcuno si ritrae da ciche eccita i sensi
corporali si separa dall'uomo animale e aderisce alla divinit che gli
conferisce quanto non pucercare con le sue sole forze. Allorchlo spirito affatto libero, cosda sottrarsi completamente ai vincoli delle membra, e le
briglie del colpo sono rallentate, sospinto dai suoi stessi stimoli, eccitato
dallo spirito divino, comprende tutto e prevede il futuro.

Vi sono quattro specie di furori divini, ciascuno dei quali originato da una
propria divinit quello proveniente dalle Muse, quello proveniente da
Dionisio, quello proveniente da Apollo e quello proveniente da Venere.

Il primo furore, che suscitato dalle Muse, desta e tempera lo spirito e lo
rende divino, attirando a mezzo delle cose naturali le cose superiori verso
quelle inferiori. Le Muse sono le anime delle sfere celesti, secondo le quali
si trova ciascun grado per cui si compie l'attrazione delle cose superiori
verso le inferiori. Il pibasso di tali gradi, che rappresenta la sfera della
Luna, governa ciche deriva dal mondo vegetale, come le piante, le frutta, le
radici e le cose provenienti dalle materie pidure, pietre e metalli, con le
loro leghe e sospensioni. Cossi assicura che la pietra lunare (selenite) e
la pietra d'iena (agata) presiedono alla divinazione e la verbena e l'erba
theangelide presiedono alla vaticinazione, come abbiamo indicato prima.

Il secolo grado, che rappresenta Mercurio, governa ciche si riferisce agli
animali e alle mescolanze di diverse cose naturali, cibi e bevande. Cossi
dice che il cuore d'una talpa, divorato caldo e palpitante, fa divinare e
contribuisce alla buona riuscita di ciche s'imprende a fare. Il rabbino Mos Cusense riferisce nei commentari sul Levitico che v'ha un animale, o Iedua,
dalla forma umana, che emette dall'ombelico un cordone col quale si fissa
nella terra come una zucca, divorando e distruggendo quanto gli sta vicino, ne
possibile impadronirsene, essendo invisibile, se prima non si riesce a
reciderne il cordone con un dardo. Solo cosperisce e la persona che si
applichersulla bocca in un certo modo
le sue ossa, sarinvasata da furore e renderoracoli su quanto le si
chieder

Il terzo grado di furore corrisponde alla sfera di Venere e governa le polveri
impalpabili, i vapori, gli odori e gli unguenti e i profumi che ne derivano.

Il quarto grado appartiene alla sfera del Sole e governa la voce, le parole, i
canti e i suoni armoniosi che scacciano dall'anima ogni discordanza turbatrice
e tonificano il coraggio. Dal che proviene che Ermete Pitagora e Platone
prescrivano il canto come calmante ed eccitante spirituale. Per cisi dice
che Timoteo facesse entrare in furore Alessandro con certi suoni e, come
riferisce Aurelio Agostino, mercuna certa armonia melanconica, il prete
Calamensis usciva fuor di se stesso nel rapimento e nell'estasi. Noi abbiamo
parlato prima anche di queste cose.

Il quinto grado conviene a Marte e possiede le immaginazioni, le passioni, le
concezioni e i moti piviolenti dello Spirito.

Il sesto grado dipende da Giove e governa i ragionamenti, le deliberazioni, le
consultazioni e le assoluzioni morali, le ammirazioni e le venerazioni, di cui
lo stupore cattura tanto talora l'immaginazione e la ragione da far porre in
dimenticanza ogni altra cosa. Dal che sussegue che la stessa mente libera,
esposta al solo nume, sia a qualche dio sia a qualche demone, concepisce
quegl'influssi superiori e divini che si era proposto ottenere. In tal modo,
leggiamo, le Sibille e i sacerdoti della Pizia ottenevano gli oracoli negli
antri di Giove e d'Apollo.

Il settimo grado rappresenta Saturno e governa le intelligenze piriposte e
le contemplazioni tranquille della mente, intendendo io per contemplazione
quella libera chiaroveggenza della mente che s'indugia ammirata sugli
spettacoli della saggezza, perchla escogitazione che si effettua per enimmi
o immagini una specie di speculazione o ragionamento proprio di Giove e non
una contemplazione.

L'ottavo grado che rappresenta il cielo stellato, concerne la situazione, il
moto, i raggi e la luce dei corpi celesti e ad esso sono sottoposti le
immagini gli anelli e simili secondo il rito delle cose celesti.

Il nono grado corrisponde al primo mobile, vale a dire alla nona sfera o
all'universo stesso, detiene le cose piformali, quali i numeri, le figure, i
caratteri e concerne le influenze occulte delle intelligenze del cielo e gli
altri misteri,
i quali, perchportano l'effige delle divinite degli spiriti invocati, le
attirano senza stenti, le obbligano a venire come costretti da una necessit di conformit e le ritengono agevolmente. Di esse noi leggiamo negli oracoli
di Porfirio: Cessate infine, non parlate pi allentate la benda, abbandonate
gli antichi aspetti, distruggete i grossolani involucri. E pioltre: Liberate
i piedi da quelle ghirlande e immergeteli nelle vaghe acque cristalline,
allontanate con la nano quei lauri verdeggianti, che ogni linea e ogni
carattere siano distrutti.

Di tutte queste cose ne abbiamo parlato a lungo pisopra e ancora ne
parleremo pisotto.



CAPITOLO XLVII.

Della seconda specie di furore proveniente da Dionisio.

Il secondo furore procede da Dionisio e con espiazioni esteriori e interiori,
con esorcismi, con sacramenti, con solennit con cerimonie, con
consacrazioni, con osservanze, conduce l'anima verso la mente, sua parte
suprema, e la rende come un tempio non polluto e degno della preferenza degli
dei. L'anima allora ha a compagni nella vita gli spiriti divini ed riempita
dalla loro presenza di felicit di saggezza, d'oracoli, non per segni
impronte o congetture, ma per una certa concitazione dell'animo e per un moto
affatto indipendente e libero. In tal modo Bacco rendeva gli oracoli in
Beozia, Epimenide a Cos e la Sibilla Erythrea a Troia.

Questo furore agisce talora con nitida visione, tal'altra con voce espressa e
in tal modo Socrate era guidato dal suo demone, di cui udiva la voce
mormorargli nell'orecchio, di cui spesso vedeva l'immagine e di cui seguiva
scrupolosamente i consigli. Perchgli spiriti fatidici si presentano anche
visibilmente agli animi ben purificati e le Sacre Scritture ci sottopongono
gli esempi di Abramo e della sua ancella Agar, di Giacobbe, di Gedeone, di
Elia, di Tobia, di Daniele. CosAdamo ebbe legami familiari con l'angelo
Raziel; Sem, figlio di No con Iophiel; Abramo con Zadkiel; Isacco e Giacobbe
con Peliel; Giuseppe Giosue Daniele con Gabriel; Moscon Metattron; Elia
con Mattiel; Tobia il giovane con Raphael;
David con Cerniel; Manna con Phadael; Cenez con Cernel; Ezechiello con
Hasmael; Esdra con Uriel; Salomone con Michael.

Qualche volta questi spiriti s'introducono in un corpo animato e organico,
cosd'animale che d'uomo, e se ne impadroniscono e servendosi allora della
sua anima come di una base, producono parole mercgli organi corporali, come
provato indubbiamente dall'asino di Balaam e da Saul, in cui s'introdusse lo
spirito del Signore che lo faceva profetare. Apollo parla cosdi queste cose
nelle risposte, secondo Porfirio: Il balenare di Febo, attratto
dall'incantazione, defludall'alto, guidato silenziosamente attraverso l'aria
pura; esso cadde nel cuore innocente alitando un soffio sonoro, invase la
mente innocente capace di divinitsanta e generla parola in una gola
mortale.



CAPITOLO XLVIII.

Della terza specie di furore proveniente da Apollo.

Il terzo furore generato da Apollo, ossia dalla mente del mondo, e con santi
misteri, con voti, con sacrifici, con adorazioni, con invocazioni, con certi
artifici sacri e arcane composizioni in cui le divinithanno versato la virt del loro spirito, fa ascendere l'animo verso la mente e lo congiunge alle
divinite ai demoni. Percileggiamo che l'indossare l'efod facesse profetare
e leggiamo del rabbino Ismael, nel libro dei Senatori, capitolo d'Eleazaro, il
quale preparava certi pasticcini che, consacrati con la iscrizione di speciali
nomi divini e angelici e trangugiati con fede, speranza e carit
procacciavano lo spirito profetico di saggezza. Nello stesso capitolo leggiamo
che il rabbino Johenan, figlio di Jochahidi, illuminla mente d'un rozzo
contadino a nome Eleazaro, sprovvisto affatto di cultura, il quale
subitamente, in mezzo all'assemblea degli anziani, circonfuso di splendore,
imprese a spiegare cosprofondi misteri da sbalordire tutti i convenuti. Si conservato anche il ricordo dell'egiziano Heraisco, il quale, solo scorgendo
il simulacro di alcuna divinit era subito invasato da furore divino. Lo
spirito del Signore cadde su Saul, che se ne stava tra i profeti, e Saul
profete andatosene dall'assemblea, cessdi profetare; e i littori inviati
dallo stesso Saul a impadronirsi di David, introdotti al cospetto
dell'assemblea dei profeti presieduta da Samuele, invasati dallo spirito del
Signore, anch'essi profetarono.

Spesso i profeti accesi dal furore divino, sono cossaturi di luce da
riverberarla su coloro che li avvicinano e non perciincredibile che alcuno
da ignorante non possa d'improvviso tramutarsi in sapiente, per ricadere
ancora nella sua ignoranza. E v'ha una certa arte, conosciuta solo da
pochissime persone, per istruire abbellire e rischiarare lo spirito puro
dell'uomo, in modo da trarlo fuori dalle tenebre dell'ignoranza ed elevarlo
subitamente alle pisfolgoranti luci della saggezza e della scienza; e al
contrario v'ha modo, con processi parimente arcani, di spogliare gl'immondi e
gl'increduli d'ogni saggezza e d'ogni dottrina e di respingerli verso la
originaria ignoranza. Lo spirito umano puanche, secondo Apuleio, specie se
semplice e puro, mercl'avocazione e il lenimento prodotti da certe cose
sacre, assopirsi e pervenire all'oblio delle cose presenti, cosche, perdendo
il ricordo del suo corpo, puritornare nella sua natura divina e, illuminato
dalla luce divina, con l'afflato del furore divino, puprevedere l'avvenire e
acquisire il potere di operare certi effetti meravigliosi. Il che fa dire a
Giamblico: Gl'indovini insufflati dallo spirito di Dio nulla temono, ne nulla
puritenerli; essi vanno dove alcuno non potrebbe andare, essi camminano sul
fuoco impunemente e attraversano i fiumi.

Poi leggiamo pure di certi antri, come quello di Apollo e di Trofonio, di
tripodi, di caverne, di fontane, di laghi e simili, consacrati agli dei, o
allestiti in modo che i sacerdoti potessero attingervi lo spirito di profezia,
come dice Giamblico nello scrivere a Porfirio: La Sibilla riceveva a Delfo la
divinitin due modi: attraverso uno spirito tenue e un fuoco che si
sprigionava dalla bocca dell'antro, ovvero restando nel santuario seduta su un
tripode di rame consacrato alla divinit Nell'un modo o nell'altro, era
infiammata dallo spirito divino e rendeva gli oracoli. Talora un gran fuoco
sfuggiva dall'antro, circondando d'ogni lato la sibilla e riempiendola della
sua divinit tal'altra, immobile sul sacro sgabello attraverso cui il nume la
inspirava, profferiva d'improvviso il
vaticinio. V'era anche la sacerdotessa fatidica seduta tra un cumulo di
verzure, o munita d'una sacra verga, o intenta a bagnare nelle sacre onde i
piedi o il lembo della veste, o a estrarre dall'acque lo spirito del fuoco.
Tutto civaleva a saturarla di divino splendore e ad eccitarla agli oracoli.

In Tracia esisteva un tempo un santuario dedicato a Liberus, in cui i
sacerdoti rendevano oracoli dopo avere bevuto abbondantemente. Presso i Clari,
ove era il tempio di Apollo Clario, coloro che erano abilitati a vaticinare,
sacrificavano dopo aver bevuto acqua. V'era anche la fonte fatidica d'Acaia,
collocata davanti al tempio di Cerere. Coloro che venivano a consultarla
intorno alla salute degli infermi, facevano discendere poco a poco sino in
fondo all'acqua uno specchio trattenuto da una cordicella e dopo speciali
suppliche e dopo aver bruciato qualche profumo, il vaticinio si rendeva
visibile nello specchio.

Non lungi da Epidauro, cittdella Laconia, si stendeva uno stagno profondo
detto l'acqua di Giunone, in cui si usava gettare pasticcini di farina di
frumento. Se le acque non li rendevano, il responso dell'oracolo era lieto, ma
se ritornavano a galla, se ne ritraeva cattivo presagio. Lo stesso si detto
dell'Etna, in cui si costumava gettare monete d'argento o vittime, traendone
presagi fausti o infausti a seconda che il vulcano riteneva l'offerta o la
restituiva. Dione, nella sua storia di Roma, menziona un luogo detto Nympheo,
in cui, versando incenso sulle fiamme, si ottenevano oracoli su quanto si
desiderava conoscere, eccetto ciche riguardava la morte e il matrimonio.
Aristotile ci narra le meraviglie della fonte Palisca in Sicilia, eletta a
sanzionare i giuramenti. Colui che giurava, incideva sulle usuali tavolette
tutto quello che desiderava affermare, indi le immergeva nella fontana. Se
aveva affermato il vero, le tavolette restavano a galla, altrimenti
affondavano e in tal cado un fuoco divorante si sprigionava d'improvviso dalle
acque e inceneriva lo spergiuro. Nella cittdi Dodona sorgeva una quercia,
che si agitava e sprigionava un certo suono, allorchalcuno le si accostava a
interrogarla. Nello stesso luogo v'era una statua munita d'una verga con che
percuoteva un bacino di metallo che le stava accanto, rispondendo alle
interrogazioni merccolpi convenzionali, come menzionato nell'epistola di
Ausonio a Paolino.



CAPITOLO XLIX.

Della quarta specie di furore proveniente da Venere.

La quarta specie di furore proviene da Venere e converte e transmuta lo
spirito umano nella divinitcon l'ardore dell'amore, rendendolo affatto
simile a Dio. Il che fa dire a Ermete: O Asclepio, quanto mirabile l'uomo.
Egli assume la natura di Dio, e diviene dio egli stesso; egli ha conosciuto la
razza dei demoni e sa di essere uscito da una stessa scaturigine; egli
contempla in sla sua parte di natura umana, arrobustita dalla divinit dell'altra sua parte. L'anima dunque, convertita e divenuta simile a Dio,
riceve da Dio tanta perfezione da giungere alla conoscenza d'ogni cosa merc un certo contatto essenziale della divinit che la eleva sopra ogni
intelletto. PerciOrfeo descrive l'amore privo d'occhi, essendo al disopra
dell'intendimento. Coscangiata in Dio dall'amore ed elevata sopra la sfera
intellettuale, l'anima, oltre ad acquisire con la purezza della sua virtlo
spirito di vaticinio, compie talvolta opere pigrandi e pimeravigliose di
quelle prodotte dalla natura del mondo e tali opere si chiamano miracoli.
Perchcome il cielo col suo aspetto, con la sua luce e col suo calore compie
cose che la forza del fuoco non pucompiere con la sua qualitnaturale (il
che dimostrato dalle operazioni alchimistiche e dall'esperienza stessa),
cospure Iddio, con la sua immagine e con la sua luce, compie ciche il
mondo non pufare col suo potere naturale. Ora l'uomo l'immagine di Dio,
l'uomo almeno che, gisimile a Dio mercil furore di Venere, vive nella sola
mente e con tutto il petto capisce Giove. Secondo i dottori ebrei, l'anima
dell'uomo uno splendore divino, creata a immagine del verbo primo esemplare
della causa delle cause, una sostanza di Dio, improntata da un suggello che ha
per carattere il verbo eterno. Ciconsiderando, Ermete afferma che tale uomo
superiore agli abitatori del cielo, o almeno non loro inferiore.



CAPITOLO L.

Dell'estasi e dei vaticini degli epilettici di coloro che hanno smarrito i
sensi e degli agonizzanti.

Il rapimento un'astrazione un'alienazione e una illuminazione dell'anima
proveniente da Dio, il quale per essa ritrae l'anima dalla terra dove l'aveva
inviata dall'alto, per assurgerla ancora in alto da dove era discesa. L'estasi
causata dalla perpetua contemplazione delle cose pisublimi, la quale, nel
congiungere lo spirito alla saggezza incorporea mercuna profonda tensione
della mente lo separa a un tempo dagli oggetti sensibili e dal corpo a mezzo
d'agitazioni piprofonde e, come dice Platone, in modo tale ch'esso talora
abbandona il corpo e sembra essersene separato affatto. E' quanto Aurelio
Agostino riferisce del sacerdote Calamensis, di cui abbiamo giparlato, che
giaceva come morto senza respirare e senza risentire pil'azione del fuoco e
del ferro. Allorchl'anima conseguisce lo stato di natura, senza lasciarsi
appesantire dalle attrazioni dei sensi, il suo impero tanto grande da potere
ascendere per virtpropria, non solo restando nel corpo che l'alberga, ma
spezzando anche talora le sue catene e involandosi sino al cielo, ove, affatto
vicina al Dio e affatto simile a lui, divenuta ricettacolo dei suoi doni,
riceve nella luce divina la pienezza degli oracoli. Zoroastro dice in
proposito: Occorre che ascendiate alla luce istessa, ai raggi del padre, che
vi ha largito un'anima rivestita della pienezza della mente. E Trismegisto: Vi
abbisognersalire piin alto dei cieli e lasciare ben lontani i cori dei
demoni. E Pitagora: Se, abbandonando il corpo, trasmigrate nel libero etere,
sarete come numi immortali. In tal modo Socrate, Xenocrate, Platone, Plotino,
Eraclito, Pitagora e Zoroastro, solevano essere rapiti nell'estasi e
apprendevano la vera saggezza. Leggiamo in Erodoto d'un dotto filosofo di
Proconneso a nome Atheo, di cui l'anima usciva talora dal corpo, rientrandovi
dopo lunghi viaggi pidotta di prima. Plinio narra lo stesso di Harmon di
Clazomene di cui l'anima lasciato il corpo era solita vagare ed anche
annunciare molte cose vere e lontane; e ancor oggi, presso i Norvegesi,
v'hanno persone che abbandonano i loro corpi durante tre giorni e che nel
ritornare in snarrano le meraviglie dei lontani paesi visitati in ispirito.
Durante tale periodo di tempo occorre pervigilare acchi corpi abbandonati
non vengano offesi dagli animali, altrimenti le anime non potrebbero
reintegrarli.

Secondo la dottrina egiziana, l'anima, che una certa luce spirituale, quando
separata dal corpo, pupenetrare in ogni luogo e in ogni tempo e, come una
fiammella imprigionata in una lanterna, pudiffondersi su tutte le cose senza
disparire, perchovunque e sempre. Cicerone, nel libro della Divinazione,
dice: Lo spirito umano non presagisce, se non gode di tanta libertda non
aver piche pochi o punti legami col corpo. Raggiunto tale stato, che il
grado supremo di perfezione contemplativa, si distacca da tutte le cose create
e comprende, non mercle specie acquisite, ma con l'indagine ideale e conosce
tutto nella luce delle idee. Platone assicura perche pochi uomini possono
partecipare di tale luce in questa vita, luce riservata a tutte le divinit

La sincope e il rapimento dovuto al morbo epilettico imitano sino a un certo
punto l'estasi e spesso da essa provengono vaticini e in effetti sappiamo che
Ercole e molti arabi si sono distinti in tale specie di vaticinazione. V'hanno
anche vaticini che occupano un posto di mezzo tra le divinazioni naturali e
gli oracoli soprannaturali, vale a dire quelli che nell'eccesso di qualche
passione, amore, tristezza, pianto, o nell'agonia della morte, predicono il
futuro. Cos a proposito della madre d'Achille, leggiamo in Stazio:

Nec vana parentum
expiavit vitreo sub gurgite remos.

Effettivamente il nostro spirito contiene una certa forza penetrante capace di
comprendere tutto, ma dispersa fra le tenebre corporali e impacciata dal
fardello della mortalit Dopo la morte, avendo acquisito l'immortalited
essendosi liberato del corpo, giunge a possedere la conoscenza piena e
completa. Percitalora qualche raggio di luce inconsueta
arriva a penetrare in coloro che sono vicini a morire e sono debilitati dalla
vecchiezza appunto perchl'anima allora meno inceppata dai sensi e meglio
pucomprendere e i suoi legami sono alquanto allentati, cosche, essendo pi vicina per cosdire al luogo verso cui si accinge a emigrare, pumeglio
percepire le rivelazioni che nell'agonia le giungono da tali luoghi. Ambrogio
dice in proposito nel libro della Resurrezione: L'anima nostra ben contenta
di uscire dalla prigione del corpo e si agita nella libertdell'aria, senza
sapere donde venga ne dove vada. Nondimeno noi sappiamo ch'essa sopravvive
alla morte del corpo e che, liberata dall'impaccio dei sensi, pucontemplare
liberamente ciche non poteva vedere quand'era imprigionata nel corpo. Della
qual cosa ci dato giudicare sull'esempio offerto da coloro che dormono, gli
spiriti dei quali, come riposando durante l'insensibilitdella carne,
guadagnano le grandi altezze e riportano ai corpi le visioni delle cose
lontane e perfino delle cose celesti.



CAPITOLO LI.

Del sogno profetico.

Intendo parlare di quella specie di sogno che, nella purezza e nella
tranquillitdella mente, procede dallo spirito fantastico e dall'intelletto
riuniti insieme, o per illuminazione dell'intelletto agente sull'anima nostra,
ovvero per vera rivelazione di qualche divinitL'anima nostra riceve allora
veridici oracoli e ci fornisce copiosi vaticini; noi ci vediamo intenti a
interrogare, ad apprendere, a leggere, a scoprire; interrogazioni, consigli,
cose sconosciute a cui non si pensava e non si era mai pensato, si affacciano
sulla soglia dell'anima; luoghi ignorati si rendono visibili, coscome i
simulacri dei vivi e dei morti; ci vengono predetti gli eventi futuri e
rivelati quegli eventi che si stanno compiendo in luoghi lontani e di cui non
avevano ancora notizia; e questi sogni non hanno bisogno di alcuna
interpretazione, a simiglianza di quelli di cui abbiamo parlato nel primo
libro che derivano dalla divinazione e non dalla prescienza. Accade perche
coloro che hanno visto non arrivino a comprendere, perch
come dice l'arabo Abdala, la visione del sogno dipende dalla forza
dell'immaginazione e il comprenderli dalla capacitdell'intelletto. Chi ha
l'intelletto intorpidito dal troppo commercio con la carne, o chi ha lo
spirito immaginativo o fantastico tanto ottuso e imperfetto da non poter
ricevere le immagini trasmesse dall'intelletto, o da non poterle trattenere
avendole ricevute, non puritrarre vaticinio alcuno dai sogni. Colui dunque
che vuol ricevere sogni veridici, deve conservare puro calmo e senza
turbamenti lo spirito fantastico e disporlo in modo da renderlo degno di
servire e di conoscere la mente e l'intelletto. Sinesio assicura che uno
spirito siffatto, attissimo a vaticinare, uno specchio limpidissimo di tutti
gli eidolon disseminati ovunque dalle cose.

Quando godiamo di perfetta salute corporea e di tranquillitspirituale,
quando non siamo appesantiti da eccesso di nutrimento o di bevanda, ne
impacciati dall'indigenza; quando non ci turba alcuna concupiscenza e alcuna
ira e ci addormentiamo castamente; allora la nostra anima, pura e divina,
sbarazzata da ogni malvagia cogitazione, resa libera dal sonno, appoggiata a
quello Spirito divino di cui si serve come d'un istrumento, riceve in se
stessa i raggi e le immagini sfolgoranti che sprizzano dalle menti divine e li
contempla come in uno specchio atto a divinizzarli, in cui li scorge in modo
piefficace picerto e pichiaro di quanto non farebbe con la ricerca
ordinaria dell'intelletto e il lavorio della ragione. Le potenze divine che
hanno eletto questa anima a beneficiare della loro compagnia, la istruiscono
col favore della solitudine notturna e la divinitpropizia non l'abbandoner nemmeno durante la veglia e ne guiderle azioni. Chiunque serbi puro lo
spirito mediante una meditazione tranquilla e religiosa e un regime di vita
moderato e naturale, potrservirsi di tale spirito ben preparato per
divinizzarsi e acquistare il sapere. Al contrario, chi abbia debole e infermo
lo spirito fantastico, non potravere visioni chiare e nitide, ma, come
avviene d'un occhio losco, nella sua debolezza non potrscorgere che immagini
confuse e indistinte. Cospure quando siamo ripieni di crapula e di vino, lo
spirito, oppresso da esalazioni nocive, s'inganna e s'indebolisce. Per questa
ragione il profeta Amfiarao, come leggiamo in Filostrato, prescrisse a un uomo
che voleva ricevere gli oracoli di digiunare un intero giorno e di non bere
vino durante tre giorni consecutivi, perchl'anima non atta al vaticinio se
non liberata dal vino e dal cibo. Gli dei non concedono il dono della
preveggenza che agli spiriti sobri pii e religiosi e Orfeo esclama: O
grandissimo vaticinatore! O annunziatore delle cose future! Tu ti avvicini
alle anime cullate dal dolce riposo del sonno e, parlando loro, tu ne ridesti
la mente. A mezzo dei sogni tu largisci le sentenze degli spiriti beati e col
silenzio tu riveli le cose da venire alle anime silenziose, a quelle anime che
obbligano la mente a servirsi rettamente del culto divino.

Era pertanto costume un tempo di praticare espiazioni e sacrifici
nell'accingersi a ricevere alcuna risposta superiore, e, compiuto il rito, si
usava coricarsi piamente in una stanza consacrata, o almeno sulle pelli degli
animali immolati, come ricorda Virgilio: Nel dubbio essi chiedono consiglio
agli dei. Il sacerdote ha recato le offerte, egli s'disteso sulle pelli
degli immolati agnelli e nella notte silenziosa ecco ha atteso i sogni.

E pioltre:

Hic et tum pater ipse petens responsa Latinus,
centum lanigeras mactabat rite bidentes,
atque horum effultis tergo stratisque jacebat
velleribus.

Cicerone asserisce che i governanti Lacedemoni usavano coricarsi nel Santuario
di Pasifae per ricevervi i sogni. Lo stesso costume era praticato nel tempio
d'Esculapio, che godeva fama d'ispirare sogni veridici. I contadini Calabresi
consultavano Podalirio, figlio d'Esculapio, addormentandosi su pelli d'agnello
vicino alla sua tomba; e cosciascuno riceveva in sogno ammonimento su quello
che desiderava conoscere.

Il tempo pipropizio ai sogni la notte, allorchi sensi sono liberati
dall'ondeggiare delle percezioni dagli errori meridiani e dai vani affetti, lo
spirito non agitato dal timore, non ondeggia per la cogitazione e la mente
puperseverare non distratta nell'attaccamento alla divinit Il rabbino
Iohenan, nel libro dei Senatori, menziona quattro specie di sogni veritieri.
Il primo si produce al mattino tra il
sonno e la veglia, il secondo quello in cui si ha la visione di quanto
accade a un altro; il terzo quello di cui l'interpretazione manifestata al
sognatore dalla sua stessa visione notturna; il quarto quello che si replica
pivolte al sognatore stesso, secondo quanto Giuseppe disse a Faraone: Il
vostro sogno che si ripetuto una seconda volta con gli stessi particolari, indizio di certezza. Il sogno pisicuro perquello che concerne ciche si
era pensato prima di coricarsi, secondo quanto scritto: O re, tu hai
cominciato a pensare nel tuo letto ciche doveva avvenire.

Colui che vuole interpretare i sogni degli altri, deve possedere la scienza di
discernere le similitudini di tutte le cose e conoscere i costumi di tutti i
popoli, secondo le leggi rispettivamente ricevute dalle divinite dagli
angeli. Deve altresconoscere che non v'ha sogno che non contenga alcuna cosa
d'inutile, come non v'ha grano che non contenga paglia, il che provato dal
sogno di Giuseppe il patriarca, interpretato da Giuseppe padre: Questo vostro
sogno che significa se non che io e vostra madre e i vostri fratelli vi
adoreremo sulla terra? Sogno che non ebbe intero l'effetto, perchla madre
morpoco appresso. Tale opinione condivisa dal rabbino Iohenan gi menzionato e dal rabbino Levi, che assicura che ogni sogno profetico non pu non realizzarsi entro non oltre ventidue anni. Giuseppe, per eempio, s'ebbe un
sogno quando aveva diciassette anni, il quale si realizzquando ebbe
raggiunto i trentanove anni.

Ricapitolando, colui che vorrricevere sogni divini, dovressere ben
dislocato corporalmente, non avere il cervello soggetto ai vapori, ne lo
spirito alle passioni, digiunare nel giorno precedente, non bere nulla di
capace di inebriarlo, avere una stanza assai netta ed anche esorcizzata e
consacrata, bruciarvi entro profumi, ungersi le tempia, infilare alle dita gli
anelli dei sogni, collocare sotto il guanciale una immagine celeste e una
carta sacra, invocare la divinitcon sacre orazioni e coricarsi con lo
spirito rivolto a ciche bramerconoscere. In tal modo si avranno sogni
veridici mercuna reale illuminazione dell'intelletto.

Chiunque pertanto saprriunire quello che in proposito abbiamo detto in qua e
in lin questi libri, otterrfacilmente il dono dei sogni e degli oracoli.



CAPITOLO LII.

Della sorte e degli indizi che possiedono
una certa virtdi oracolo.

Alcuni sorti racchiudono una virtdivina come di oracoli escono come le
impronte del giudizio divino, che si manifesta in seguito ad ardenti
preghiere, imposte talora da Dio stesso, come leggiamo nel Levitico a
proposito del caprone che doveva essergli offerto e del capro espiatorio nel
libro dei Numeri intorno alle verghe delle tribd'Israel. D'altra parte Mos e Giosudivisero a sorte in presenza del Signore le terre e le possessioni
del retaggio alle tribd'Israel nel modo ordinato dal Signore. Gli apostoli
di Cristo, dopo aver pregato, scelsero a sorte Mattia per colmare il vuoto
lasciato dal traditore Giuda. I marinai che trasportavano a Tarsia il profeta
Giona che fuggiva la presenza del Signore, si accorsero consultando la sorte
come la sua presenza sulla nave fosse causa dell'orribile tempesta che
minacciava sommergerli e avendolo gettato in mare l'ira dei flutti si plac
Cesare riferisce che, essendo Marco Valerio Procillo caduto in potere dei
nemici, fu consultata per tre volte la sorte per decidere intorno alla sua
morte immediata e che la sorte si pronuncipel differimento del supplizio.
risparmiandogli cosla vita. A Bura, cittd'Acaia, esisteva anticamente un
oracolo d'Ercole, costituito da alcuni dadi e da una scacchiera. Il
consultante, dopo aver pregato il nume, gettava i dadi e, considerandone la
situazione e le immagini, l'indovino trovava indicata sulla scacchiera la
risposta alla domanda. I dadi erano ricavati dagli ossami delle vittime
immolate.

E' opportuno rimarcare che non si soleva interrogare il destino per cose di
scarsa importanza, ma solo in caso di necessite di utilitreale e con fede
viva, reverenza,
benedizioni, digiuni, purificazioni, invocazioni, voti, sacrifizi e altri
cerimoniali mistici. L'iniziare le opere coi riti sacri richiesti vale ad
attrarre poderosamente la volonte la benevolenza divine e a provocare
l'intervento degli spiriti superiori, dimodochla sorte, diretta da essi, ci
dquella veridica risposta che sollecitiamo. Bisogna dunque che lo spirito
dell'interrogante sia ben preparato, spoglio di turbamento e di distrazione,
animato da grande desiderio e dal fermo proposito di conoscere quanto lo pu interessare, che sia reso forte al cospetto di Dio e degli spiriti celesti
dalla purezza della carite dalla santit e che preghi con speranza
incrollabile con ferma fede e con acconce orazioni per rendersi degno che gli
spiriti divini, congregandosi, gli facciano conoscere la volontdivina.
Preparati e disposti in tal modo, i pigrandi segreti per virtdelle sorti
vi saranno resi manifesti e diverrete idonei a rivelare a chi vi interrogher le veritdel passato del presente e del futuro.

Quanto abbiamo gidetto, deve essere anche osservato nell'augurio dei presagi
e dei segni, come quando con timore, e a un tempo con ferma speranza,
presagiamo certi segni che sono per noi causa di vaticinino, o quando
chiediamo segni tangibili della rivelazione divina, come quelli apparsi a
Eleazaro servo d'Abramo e a Gedeone giudice in Israel. Anticamente esisteva a
Pharis, cittd'Acaia, in mezzo al Foro, un idolo di Mercurio. Dopo aver
bruciato in suo onore un po' d'incenso e avergli introdotto nel pugno
l'offerta d'una moneta, lo si consultava parlando all'orecchio dell'idolo, ci
si ritirava poi tenendo le proprie orecchie tappate con le mani, e appena
fuori dalla piazza ove sorgeva la statua si accettava come oracolo la prima
parola che s'intendeva profferire.

Questa specie di eventi, quasi dipendano dal caso o dalla fortuna, sembrano
agli ignoranti privi di causa logica; nondimeno vengono disposti da Dio e
dalle virtcelesti e non si producono senza precisa intenzione dell'artefice.
Quando Saul venne eletto re d'Israel, non significava forse che il caso solo
lo avesse favorito? Pure giil Signore lo aveva proclamato re e lo aveva
fatto ungere dalla mano del profeta Samuel, e lo stesso Dio che lo aveva
stabilito re, dispose le sorti perchcadessero sopra di lui.



CAPITOLO LIII

Della preparazione indispensabile a colui che voglia ricevere gli oracoli.

L'uomo desideroso di raggiungere lo stato supremo dell'anima necessario a
ricevere gli oracoli, deve anzitutto prepararvisi con la castit la santit
la purezza e la nettezza, in modo che l'anima sua non sia maculata da alcun
desiderio immondo e che dal suo cuore si cancelli ogni cicatrice di peccato.
Di pidovraffatto segregare e purificare l'animo, per quanto lo consenta la
necessitdella natura, da ogni morbo, ebetudine, malizia e da tutto ciche contrario alla ragione e che la macula come la ruggine il ferro, raccogliendo
e disponendo secondo il rito ciche assicura la tranquillital pensiero.
Solo in questo stato possibile ricevere responsi veridici ed efficaci.

Il modo di purificare lo spirito e di restituirlo alla sua purezza divina, noi
lo apprendiamo dalla religione e dalla saggezza, perchnon v'ha religione
senza saggezza, ne saggezza senza religione. La saggezza, dice Salomone, l'albero della vita per coloro che l'hanno abbracciata. E Lucrezio la
definisce una invenzione di Dio, o un soffio di Dio: Colui era un nume! Si,
colui, il famoso Memmio, era un nume. Perchprimo ha trovato quel modo di
vivere che vien definito saggio e con l'arte sua, in mezzo a flutti cos tumultuosi e a tenebre tanto fitte, ha stabilito la vita nella tranquillite
nello splendore della luce.

La saggezza una luce divina e Democrito reputa saggi solo coloro che sono
invasati da un certo furore divino, a simiglianza di quel Minosse di Creta,
che si reputava avere acquisito le sue conoscenze nelle frequenti
conversazioni sostenute con Giove sul monte Ida. Cosgli Ateniesi asserivano
che Melesagora d'Eleusi fosse divenuto sapiente alla scuola delle ninfe ed
Esiodo, padre della
Beozia, avendo condotto il gregge a pascere sulle pendici del monte Elicona,
s'ebbe certe zampogne dalle Muse, acquistando subito dopo il dono di poetare.
Ricevere perdoni di tanta importanza proprio d'un spirito divinamente
ispirato, vale a dire d'uno spirito in cui Iddio opera ogni cosa, perchDio
stesso, trasportandosi nelle anime elette, forma i profeti e gli operatori di
meraviglie; come indicano Platone e Mercurio, nonchXysto il pitagorico,
affermando che uomini tali costituiscono il tempio di Dio. Anche il nostro
Paolo chiama l'uomo tempio di Dio e in altro passo dice: Io sono onnipotente
in colui che mi fortifica. E altrove: perchDio stesso la nostra virt
senza il quale nulla possiamo. Aristotile confessa nel libro delle Meteore e
nella sua Morale, che in noi non v'ha virt naturale o morale, che non
proceda da Dio e nel libro dei Secreti afferma che l'intelletto integro e sano
pupenetrare le cose occulte della natura solo col concorso e con l'influenza
della virtdivina.

Questa influenza noi la riceviamo solo quando ci liberiamo dagl'impedimenti
che ci aggravano, da ogni occupazione carnale e terrena, da ogni agitazione
esteriore, perchun occhio cisposo non pufissare gli oggetti troppo
illuminati e colui che ignora la purificazione dell'animo non pucomprendere
le cose divine. Si perviene pera tale purezza dell'animo solo poco per volta
e come di gradino in gradino, ne l'iniziando pucomprendere subito tutto
chiaramente. Percioccorre abituare ed educare l'animo sino a che
l'intelletto predomini e giunga ad amalgamarsi la luce divina.

E l'anima umana, quando sia purificata ed espiata secondo il rito, sciolta
allora da ogni variazione, brilla al di fuori con libero movimento, ascende in
alto, prende le cose divine, istruisce anche sstessa, quando sembri per caso
sia istruita, in altro modo, non abbisogna di richiami ne di dimostrazioni per
la naturale sua solerzia, e per mezzo della sua mente, che il raspo e
l'auriga dell'anima, imitando gli angeli nella sua stessa natura, consegue
allora ciche desidera, non nella successione, non nel tempo, ma in un
subitaneo momento. Infatti David non ha studiato e da pastore divenuto
profeta profondo nelle cose divine; Salomone, nel sogno d'una notte, ha
ricevuto la sapienza della conoscenza di tutte
le cose del cielo e della terra; Isaia, Ezechiello, Daniele e tutti gli altri
profeti e gli apostoli, sono stati istruiti nello stesso modo; ed opinione
dei pitagorici e dei platonici che l'anima mercla purificazione, senz'altro
studio o ricerca, possa acquisire la scienza perfetta di tutto il conoscibile
e con un'espiazione estrinseca pupervenire a comprendere indivisibilmente
tutte le cose per mezzo della sua forma sostanziale. La purificazione
dell'anima si ottiene con l'astinenza, con la penitenza, con la carite con
certe pratiche religiose di cui parleremo avanti, perchl'anima deve essere
curata mediante gli studi delle religioni, studi occulti per la massa, cos che, restituita alla sanit resa ferma dalla verit e munita dei presidii
divini, non tema pile nuove offese.


CAPITOLO LIV.

Della purezza e del modo di conservarla

Sopra ogni cosa bisognerdunque conservare questa purezza nel modo di vivere,
nelle opere, nelle affezioni e bisognerespellere tutte le impurite le
perturbazioni dell'anima e tutto ciche offende i sensi e lo spirito, o contrario al cielo, non solo moralmente ma anche corporalmente, perchla
nettezza del corpo influisce non poco sulla purezza dello spirito. Per tale
motivo i filosofi pitagorici che volevano ottenere le rivelazioni superiori,
dopo avere celebrato i lavori divini, s'immergevano in un fiume o in un bagno,
rivestivano abiti bianchi di lino, ritenendo profano un abito di lana, e si
ritiravano in una stanza netta e scrupolosamente linda. I saggi bramini
anch'essi compivano le loro abluzioni nella fonte Dircea in Beozia,
profumandosi prima il capo con alcune gocce d'essenza d'ambra o d'altri aromi
appropriati e quando erano secondo il rito sufficientemente purificati se ne
andavano verso mezzogiorno, vestiti di candido lino, con gli anelli nelle dita
e i bastoni in mano. I gimnosofisti egualmente si lavavano tre volte durante
il giorno e due volte durante la notte con acqua fredda, prima
d'entrare nel sacrario occulto in cui custodivano le cose sacre e indossavano
abiti di lino lavati tutti i giorni. Nel libro delle opere e dei giorni Esiodo
canta il rito dell'abluzione: Nessuno osa offrire il vino a Giove o ad alcun
altro degli immortali senza lavarsi prima le mani, altrimenti le sue preci non
sarebbero ascoltate.... Se il malvagio va al fiume senza lavarsi le mani, i
numi si irritano contro di lui e gli suscitano contro i mali...

In Virgilio Enea dice al padre: Padre mio, confido a voi le cose sante e gli
dei penati; sarebbe un delitto per me toccarli, appena uscito fuori da cos gran guerra, prima d'essermi lavato entro una corrente d'acqua viva.

Era costume dei pagani mondare il corpo con le abluzioni nell'accingersi a
sacrificare agli dei superi. Ma pei sacrifici in onore delle divinitinfere
era sufficiente l'aspersione, come leggiamo in Virgilio di Didone,
nell'accingersi al rito in onore delle divinitinferiori: Mia cara nutrice,
pregate mia sorella Anna di affrettarsi a venire per aspergermi il corpo con
l'acqua del fiume. E nel passo in cui mostra Enea agl'inferi che porta il ramo
d'oro a Proserpina, canta: Enea occupa l'ingresso e s'asperge il corpo d'acqua
fresca. E ancora, nel narrare il funerale di Miseno: Lo stesso rispande tre
volte l'acqua pura sui compagni, aspergendoli d'una lieve rugiada con un
fausto ramo d'olivo.

L'uomo che acquista tale nettezza e purezza diventa celeste e spirituale e si
prepara a contemplare Iddio e ad unirsi a lui, purchvoglia servirlo con
corpo netto e mente pura e Sappia conservare ovunque la nettezza: nelle
viscere, sulla pelle, negli abiti, negli utensili, nella sua dimora, nei doni,
nelle oblazioni, nelle ostie, nei sacrifici. La nettezza di tutte queste cose
purifica l'aria istessa e attrae la pura influenza degli esseri celesti e
divini, dei ministri di Dio e dei demoni benigni. Qualche volta anche gli
spiriti immondi e i maligni chiedono eguale nettezza, sia per farsi adorare
sia per ingannare e per conseguenza occorre anzitutto osservare la purezza
dell'animo e del corpo, a cui le potenze immonde non possono elevarsi.


CAPITOLO LV.

Dell'astinenza e del digiuno, della castit della solitudine, della
tranquillite della supremazia dello spirito.

Anche l'astinenza un preservativo e una difesa contro i vizi e i demoni
maligni tramutando l'animo in un tempio immacolato abitato da Dio e congiunge
la mente con Dio, ne v'ha nulla di meglio per la salute e il temperamento
della complessione dall'omettere di ammassare il superfluo e di non
oltrepassare la misura necessaria per vivere. Non bisogna prendere alimento
piforte della natura, ma alimento che renda la natura piforte, a
simiglianza di Cristo che prendeva una misura tale di cibo da non produrre il
superfluo della quarta digestione. Molti, mangiando poco, hanno fruito della
salute e della vigoria corporale a un tempo, come Mosed Elia, che hanno
digiunato sino a quaranta giorni consecutivi. Cosche il volto di Mos raggiava di splendore ed Elia guidava ovunque il suo corpo tramutato in
spirito senza pesantezza.

I magi e i filosofi dicono che il nostro spirito non si alimenta in modo
terrestre o come un corpo mercl'assorbimento dei cibi e delle bevande,
attraverso determinati organi, ma trae il nutrimento da tutto il corpo come le
spugne, assorbendolo da tenuissimi vapori che penetrano il corpo da tutte le
parti. Percichi vuole che lo spirito sia sano e forte, prende alimenti pi asciutti, assottiglia coi digiuni il corpo spesso e grossolano e lo rende
permeabile perchla sua pesantezza non soffochi lo spirito, mantenendo il
corpo netto con lozioni, strofinazioni, adatti esercizi e abiti puliti e
fortificando lo spirito con le lustrazioni e le fumigazioni, sino a elevarlo a
una pura e sottile sincerit Nel bere e nel mangiare noi dobbiamo dunque
serbare la purezza dell'astinenza, a similitudine dei filosofi pitagorici che,
con la sobrietdella mensa, riuscivano a condurre una vita tutta
di temperanza. La temperanza della vita e della complessione, mentre elimina
quei disordini d'abbondanza, di umori capaci di volgere la nostra fantasia
verso qualche immagine, fa che l'anima nostra, il pisovente nel sonno ma
talora anche nella veglia, sia sempre disposta a ricevere le influenze
superiori. Inoltre i pitagorici assicurano a colui che sia capace di regolare
saviamente con l'astinenza tutti i moti spirituali e corporali, la salute
perpetua dell'anima e del corpo e lunga vita. Cosi bramini non accoglievano
tra le loro fila uomini che non si astenessero dal vino dalla carne e dal
vizio, sentenziando che solo colui il quale per una divina trasformazione
diveniva simile a Dio, poteva conoscerlo veramente.

Ed quello che, secondo Filostrato, gl'indiani inferiori appresero da
Phravte.

Bisogna inoltre astenersi da ciche pucorrompere lo spirito; dalle bramosie
e dall'invidia, che Ermete giudica le ancelle dell'ingiustizia e che guidano
la mano e il pensiero verso le cattive azioni, dall'ozio e dalla lussuria, che
soffocano l'anima sotto il torpore e la volutte le tolgono la comprensione
del cielo. Percii sacerdoti ateniesi, chiamati in greco gerofanti, per
costringersi alla castitnelle cose sacre e per dedicarsi interamente al
servizio divino, usarono rendersi impotenti con decozioni di cicuta. E la
castitdella mente interamente rivolta a Dio, come Orfeo insegna a giusto nel
cantico di tutti gli dei, fa dell'anima nostra un tempio divino eterno e
sempra preparato.

Dobbiamo ancora astenerci da tutta quella, moltitudine e diversitdi
sensazioni, d'affetti, d'immaginazioni, d'opinioni e di passioni che feriscono
lo spirito e pervertiscono il giudizio, come visibile chiaramente negli
innamorati, negli invidiosi e negli ambiziosi. Perci nelle Questioni
Tusculane, Cicerone chiama tali passioni malattie pestilenziali dello spirito
e Orazio le chiama furori e follie: Mille follie nelle ragazze, mille furori
nei giovanotti. E sembra, anche pensare che tutti gli uomini sieno in ciun
po' folli, come confermato nell'Ecclesiaste: Il numero dei pazzi infinito.
Gli stoici, per conseguenza, negano che il saggio sia soggetto alle passioni,
a quelle almeno che derivano dai sensi, perchle passioni razionali e mentali
s'accordano
con la saggezza. Sembra che tale sia stata l'opinione di Boezio, il quale, nei
versi seguenti, canta la necessitdi disfarsi di certe passioni nella ricerca
della verit

Tu quoque si vis
lumine claro
cernere verum,
tramite recto
carpere callem:
gaudia pelle,
pelle timorem,
nec dolor adsit,
spemque fugato,
nubila mens est,
vinctaque frenis
haec ubi regnant.

Bisogna dunque liberare lo spirito da ogni confusione stornarlo affatto da
tali sorta di passioni, per trovare la veritin tutta la sua semplicit Si
dice che molti filosofi l'abbiano veramente trovata, dimorando a lungo nella
solitudine, perchnella solitudine lo spirito, liberato da ogni
preoccupazione terrena, e abbandonato per intero alle divinit sempre
pronto a compiere quanto sia inspirato dai numi celesti. CosMos il gran
legislatore ebreo, il pigrande dei profeti, versato in tutta la sapienza
caldea ed egizia, quando volle staccarsi dalla vita dei sensi, si ritirnelle
vaste solitudini etiopiche, in cui abbandonando ogni preoccupazione terrena,
costrinse l'animo e la mente alla sola contemplazione delle cose divine, il
che piacque tanto all'Onnipossente da meritargli di contemplarlo faccia a
faccia e di riceverne quella sbalorditiva potenza di compiere miracoli, che i
sacri testi riposano. Con lo stesso metodo Zoroastro, capostipite di tutti i
magi, acquistla scienza di tutte le cose naturali e divine con una
Segregazione protrattasi per ben venti anni, durante i quali egli scrisse e
operpicose relative all'arte della divinazione e del vaticinio. Gli
scritti indirizzati a Museo da Orfeo attestano dell'esistenza solinga menata
da questi nei deserti della Tracia. Leggiamo cosche Epimenide di Creta
acquisla scienza durante il lungo suo sonno, protrattosi ben cinquanta anni,
sonno allegorico che indica il suo appartarsi dal mondo. Anche Pitagora fugg il consorzio umano durante dieci anni e per la stessa ragione Eraclito e
Democrito amavano la solitudine, perchpici affranchiamo dalla vita animale
e umana, pici accostiamo alla vita angelica e divina, vivendo la quale ed
essendo divenuti migliori, acquistiamo potere su tutto e tutto dominiamo.

Per conoscere come si possa staccare lo spirito dalla vita animale e dalla
moltitudine ed elevarlo sino a raggiungere lo stesso uno, buono, vero, bello,
per i singoli gradi tanto delle cose conoscibili che delle cognizioni, si
consulti Proclo nei suoi commentari su Alcibiade, in cui insegna come
rifuggire dapprincipio dagli oggetti sensibili per trasferirsi nell'essenza
incorporea; ivi occorre superare l'ordine delle anime, sebbene moltiplicato
per parecchie razioni abitudini e proporzioni varie e molti vincoli, e la
varietmultiforme dei vizi e tendere ai regni intelligibili per contemplare
quanto sieno superiori alle anime; infine abbandonare anche la moltitudine
intellettuale, quantunque unita e individuata, e arrivare alla
sopraintellettuale ed essenziale unit sciolta da ogni moltitudine e fonte
d'ogni bene e d'ogni verit

A tal fine bisogna che noi lasciamo ogni cognizione multiforme distraente e
fallace, per conseguire la semplicissima verit Quindi da lasciare la
moltitudine degli affetti, dei sensi, delle immaginazioni e delle opinioni, le
quali sono tanto diverse tra loro come altre sono contrarie ad altre a
piacere, e bisogna ascendere alle scienze, nelle quali consentito che esista
una molteplice verit ma non alcuna contraddizione. Tutte le scienze infatti
sono mutuamente connesse e l'una aiuta l'altra subordinandosi ad essa, sino ad
una scienza che le presuppone tutte e non presupposta da alcuna, alla quale
bisogna riportare tutte le altre. Nondimeno non questo il sommo apice delle
cognizioni, ma al di sopra di esso vi l'intelletto puro.

Abbandonando perciogni composizione divisione e ragionamento multiforme,
elevandoci alla vita intellettuale e alla semplice intuizione, possiamo
contemplare l'essenza intelligibile, mercpercezioni individuali e semplici,
quale suprema esistenza stessa dell'anima, per la quale siamo uno e sotto la
quale si unifica la nostra moltitudine.

Cospotremo raggiungere l'Uno supremo, da cui dipende l'unione di tutte le
cose, per mezzo dello stesso uno, come la fioritura della nostra essenza, che
acquistiamo infine quando, fuggendo la moltitudine, sorgiamo nella nostra
unitstessa diventiamo uno e agiamo in conseguenza.



CAPITOLO LVI.

Della penitenza e dell'elemosina.

La piimportante parte della purificazione la penitenza volontaria dei
peccati, perch come dice Seneca in Tieste, chi ha il pentimento della sua
colpa quasi innocente. La penitenza in effetti procura una grandissima
espiazione opponendo il tormento al compiacimento, bandendo dall'anima la
gioia colpevole e prestandole una certa forza particolare per risollevarsi
verso il cielo. Essa dunque non solo la mortificazione dei vizi, ma anche il
martirio spirituale dell'anima che viene trafitta d'ogni lato dalla spada
dello spirito, spada costituita dal verbo di Dio. Cifa dire al profeta
Geremia e a Paolo nell'epistola agli Efesi:

Maledetto colui che storna la sua spada dal sangue. E il Salmista canta: La
spada sulle loro labbra. Percibisogna esporre al sacerdote in confessione
tutte le cogitazioni e le affezioni dello spirito, insieme a tutte le cose
malvage che ci sfuggono dal cuore e dalla bocca, affinchquegli ne giudichi
secondo il verbo di Dio e, mercil potere conferitogli da Dio, con la
penitenza che ci ordina, possa purgarci dai vizi e guidarci verso il bene. Ne
in religione v'ha sacramento piefficace della penitenza per cancellare i
peccati e per essa le
divinit come dice Ovidio: mettono spesso fine alle nostre pene e ci rendono
la luce gitoltaci, vedendoci pentiti dei nostri peccati.

L'elemosina un altro sacramento espiatorio, di cui peri filosofi parlano
poco o punto, per quanto io ricordi. Ma la suprema veritce l'ha insegnata in
queste parole: Date l'elemosina e tutte le cose del mondo sono vostre. E
l'Ecclesiaste dice: Come l'acqua estingue il fuoco, cosl'elemosina estingue
il peccato. Daniele insegnal re di Babilonia a riscattare le sue colpe con
l'elemosina. L'angelo Raffaele svel a Tobia che l'elemosina libera dalla morte, purgando l'uomo dai suoi peccati e
facendogli trovare la vita eterna. Cristo ci apprende a pregare il Padre,
dicendo: Perdonaci come noi perdoniamo e da noi come noi diamo. E altrove:
Riceverete al centuplo e possiederete la vita eterna. Egli stesso nel
giudicare i vivi e i morti, rimprovererprincipalmente i dannati per non aver
largito l'elemosina e per non avere praticato le opere di misericordia,
dicendo loro: Ho avuto fame e sete e non m'avete dato da mangiare e da bere. E
ancora altrove, parlando dei miseri, dice: Ciche avrete fatto in favore di
uno di essi, io l'avrcome fatto a me stesso. Mi sembra pure che tale fosse
l'opinione di Omero, che pone in bocca al giovane che rimprovera il
pretendente Antinoo queste parole: Non bello aver colpito quel povero
mendico e potrebbe essere la vostra perdita, s'egli fosse un dio. Perch spesso gli dei, sotto apparenza di stranieri e di viaggiatori, se ne vanno pel
mondo e rovesciano le cittdegli uomini di cui scoprono le ingiustizie e i
delitti.



CAPITOLO LVII.

Delle pratiche espiatorie esteriori.

Si crede, e la tradizione ci tramandata da persone versate in materie
religiose, che lo spirito possa anche espiare a mezzo di istituzioni e di
sacramenti esteriori, quali i sacrifici, il battesimo, gli esorcismi, le
benedizioni, le consacrazioni, le aspersioni d'acqua lustrale, nonchcon
certe unzioni e fumigazioni, non sacre di per se stesse, ma che possiedono per
natura virtpurificatrice. Coslo zolfo viene impiegato nelle religioni per
scacciare i demoni maligni e l'uovo atto a purificare cosche ne derivano
l'appellativo di uovo lustrale e i versi d'Ovidio: Che si faccia venire una
donna d'et la quale benedica il letto e la stanza e rechi zolfo e uova nelle
tremule mani. Proclo ha scritto che i
sacerdoti impiegavano a purificare zolfo e asfalto e abluzioni d'acqua marina,
perchlo zolfo purifica con la penetrazione del suo odore e l'acqua marina
con la sua parte ignea. Anche l'erba pentafillo purifica nello stesso modo e
perciera impiegata dagli antichi sacerdoti come lo erano i ramoscelli
dell'olivo, tanto amante della purezza, che piantato da una donna di
malaffare, si dice non porti mai frutto o secchi affatto. Altre piante atte a
purificare sono la mirra, la verbena, la valeriana, detta in latino herba
lucia e in arabo fu, l'erba benedetta e la viola. Il fiele di cane nero,
impiegato in suffumigazioni, eccelle tanto nello scacciare i demoni che
nell'impedire i malefici. Le piume dell'upupa, bruciate, tengono lontani i
fantasmi. Giuseppe, autore grave e degno di fede, nella sua storia di
Gerusalemme, descrive la radice baaras, coschiamata dal luogo ove cresce
presso Macherunta, cittdella Giudea, che ha il colore del fuoco, che di
notte tramanda un vivo chiarore, che difficilissima da prendere, perchsi
sottrae alla mano e allo sguardo e non si ferma, se prima non sia stata
spruzzata con l'orina d'una donna mestruante. Nondimeno non la si puprendere
senza pericolo, dopo averla in tal modo immobilizzata, perchchi l'afferra
muore all'istante se non sia munito d'un amuleto della stessa radice. Chi ne sprovvisto, deve scavare il suolo intorno alla radice, legarla con una corda
attaccata a un cane e allontanarsi. Il cane segue il padrone, nello sforzo la
corda si tende e la radice esce dal suo alveolo, il cane muore nel momento in
cui la radice cede e dopo ciessa puessere impunemente toccata da
chicchessia. Questa radice ha grandi virtespiatorie, giacchlibera
all'istante coloro che sono tormentati da spiriti immondi.

Queste specie di sostanze agiscono sulla parte spirituali dell'anima,
scacciando, attirando, ammollendo, o eccitando; ed in Sicilia, secondo attesta
Guglielmo di Parigi, vi un fuoco che agisce sulle anime e che senza
offendere i corpi abbrucia intollerabilmente le anime di quelli che si
avvicinano ad esso. Del resto di queste cose ne abbiamo trattato pisopra.



CAPITOLO LVIII.

Delle adorazioni e dei voti.

Le adorazioni e i voti, i sacrifici e le offerte costituiscono altrettanti
gradi sacri nella ricerca di Dio, provocando soprattutto la volontdivina e
insufflando nelle anime la comunione santa e indissolubile con le divinit
perchle preghiere profferite con parole vere e sacre, nei sensi e nella
mente ci fortificano e, indirizzate ad alcuna divinit la spingono a far
penetrare in noi la risposta con un raggio divino. Con tale raggio, come dice
Dionigi, Dio parla agli uomini, ma in modo cososcuro che pochi uomini
l'intendono. David, profeta e re, esclama: Quando comprenderio quello che il
Signore pronuncia in me?

L'adorazione continuata e reiterata perfeziona l'intelletto e dispone l'anima
a ricevere le luci divine, accendendo l'amore di Dio la fede e la speranza e
conferendo i sacri costumi. Essa libera l'anima da tutto ciche le contrario e allontana altresmolti mali che altrimenti si abbatterebbero su
noi seguendo la corrente delle cose naturali. PerciOvidio dice: Dio si
lascia piegare nella sua collera, udendo la voce che prega; ho visto spesso
Giove trattenere il braccio che si accingeva a scagliare la folgore,
soddisfatto dell'incenso che fumava sui suoi altari. L'uomo ritorna a Dio con
le preghiere e arrivato a lui, dice Platone nel Fedro, trattiene i cavalli,
entra nella sala del banchetto e vi mangia l'ambrosia e vi beve il nettare.
Percicoloro che vogliono conseguire il godimento di qualche virt debbono
pregare e rivolgere spesso le loro suppliche a colui che contiene in se tutte
le virt La miglior prece quella che non si profferisce con le labbra, ma
che si eleva a Dio nella santitdel silenzio e con la cogitazione integra, la
quale, chiamando con la voce della mente, venera con le parole del mondo
intellettuale gli dei tutelari.

Il voto un'affezione ardente verso Dio dello spirito casto che sceglie ci che gli sembra migliore, assumendo il
suo impegno. Questa affezione, come dicono Giamblico e Proclo, unisce tanto
strettamente le anime a Dio, che qualche volta l'azione di Dio e quella
dell'animo non che una sola e unica operazione, compita da Dio come artefice
e dall'animo come strumento divino. Percitutta l'antichitattesta che in
virtdei voti possibile talora operare miracoli, guarigioni di malattie,
allontanamento di nembi e simili altre cose; e percii saggi bramani ind i
magi persiani, i gimnosofisti egiziani, i teologhi greci e caldei, che hanno
istituito e regolato le feste e i misteri divini, si sono in modo precipuo
occupati dei voti divini e delle preghiere e hanno operato con essi molte cose
meravigliose.

Per la perfezione del voto e dell'adorazione, giacchnon v'ha voto perfetto
senza adorazione ne adorazione perfetta senza voto, si richiedono
principalmente due cose. La prima la conoscenza di ciche bisogna adorare e
di cia cui si indirizza il voto e del modo e dei mezzi di adorare, perch Dio ha molti cooperatori e strumenti, quali i cieli, le stelle, gli spiriti
amministratori, le anime celesti e gli eroi, di cui si serve come di portieri,
d'interpreti, di esecutori, di mediatori, cooperatori e strumenti che debbono
essere invocati primamente da colui che si rivolge all'archetipo, che il
termine pialto dell'adorazione, mentre le altre divinitnon sono che le vie
per giungervi. Occorre pertanto sapere che le adorazioni e i voti devono
essere fatti principalmente al solo e unico Dio, sommo padre re e signore di
tutti gli dei, con pura e pia mente; e quando s'indirizzano agli dei inferiori
se non sono subdelegati dal sommo padre dell'amministrazione, hanno valore
minimo. Pertanto Zoroastro e Orfeo dicono che, nel rivolgersi alle potenze
inferiori, permesso impiegare le fumigazioni, i caratteri e cose simili, ma
nel rivolgersi alla maestdel supremo Giove tali cose debbono omettersi. Ed
anche Ermete e Platone lo vietano. Ed Ermete dice a Tazio: Ardere l'incenso
nel pregare Dio, cosa che s'approssima al sacrilegio. Simili cerimonie, dice
Proclo, sono estranee alla piet non essendo possibile trovare cosa materiale
che non sia immonda per Dio immateriale. Percianche l'orazione vocale non
gli conviene, e nemmeno quella interiore, se l'animo maculato dal vizio.

La seconda cosa che si richiede una certa rassomiglianza, della nostra alla
vita divina, derivata dalla purezza dalla castite dalla santit con un
desiderio lecito di ciche domandiamo. Con cici assicuriamo la benevolenza
divina e diveniamo atti a riceverne le liberalit perchove non fossimo
degni d'essere esauditi per la purezza del nostro spirito, o le cose chieste
non fossero degne d'essere fatte, chiaro che la divinitnon ascolterebbe le
nostre preghiere. Il che fa dire al divino Platone che nessuna preghiera ci
pufare ottenere da Dio cose ingiuste. Pertanto non chiediamo mai a Dio cose
di cui dovremmo arrossire nel chiedere. Solo per questa ragione molte persone
pregano e fanno voti invano, non essendo disposte e preparate religiosamente.
I loro voti e le loro domande non sono fatti per cose gradite da Dio, ne esse
sanno distinguere l'ordine dell'adorazione e i mediatori attraverso cui
bisogna rivolgersi a Dio. Questa ignoranza riduce spesso a nulla le nostre
orazioni e le nostre preghiere e fa si che i nostri voti vengano distrutti
dalle stesse nostre suppliche.



CAPITOLO LIX.

Dei sacrifici e delle oblazioni e dei loro generi e modi.

Il sacrificio un'oblazione che diventa sacra mercl'offerta e che consacra
e santifica l'offerente, tranne che non lo impedisca l'irriverenza o qualche
altro peccato. I sacrifici e le oblazioni ci danno dunque la fiducia, ci
avvicinano a Dio e tengono lontani molti mali che ci minacciano. Cialmeno ci
affermano precipuamente i dottori ebrei, i quali dicono che l'immolazione dei
nostri animali vale a stornare i mali da cui siamo insidiati e come il
sacerdote mortale sacrifica quaggia Dio le anime degli animali privi di
ragione, separandone il corpo dall'anima, cosl'arcangelo Michael, sacerdote
celeste, sacrifica le anime degli uomini, separandone l'anima dal corpo e non
il corpo dall'anima, salvo cinon accada fortuitamente come durante il
furore, l'estasi, il sogno e simili vacanze dell'anima. Tale separazione chiamata dagli ebrei morte di bacio.
I sacrifici e le oblazioni vanno anzitutto offerti al Dio supremo, ma nel
compierli in onore delle divinitsecondarie bisogna che cisia fatto nel
modo indicato pei voti e per le preghiere. I sacrifici sono di pispecie. Si
chiamano olocausti quando l'ostia sia consumata dal fuoco; immolazioni se
compiti con effusione di sangue. I sacrifici intesi a ottenere la salute si
chiamano salutari; pacifici quelli compiti per ottenere la pace. Alcuni sono
cantici di lode per esser liberati dali mali o per l'acquisto di alcun bene;
altri gratulatori per onorare Dio e ringraziarlo dei suoi benefici. Alcuni
altresnon si compiono per la gloria di Dio ndi buona volontcome il
sacrificio di gelosia impiegato dagli ebrei per scoprire un adulterio occulto.
Fra i pagani era in uso il sacrificio espiatorio, col quale i popoli
travagliati dalla carestia, dalla pestilenza, o da altre pubbliche calamit purificavano il paese e di cui ecco il rito. Ci si impadroniva del peggior
soggetto della citt lo si trascinava al luogo prescelto obbligandolo a
portare un formaggio con una galletta e alcuni fichi secchi e dopo averlo
fustigato sette volte con verghe silvestri, lo si inceneriva su un rogo di
legna silvestre, spargendone poi in mare le ceneri. Il rito ci e stato
tramandato da Licofrone e da Hipponax e Filostrato narra fatti non dissimili
intorno ad Apollonio di Tiana, che scongiurla pesta in Efeso.

Fra i pagani erano anche usate molte altre specie di sacrifici e di vittime.
Citiamo gli agonali, i dapsi, le farreazioni, le ecatombi, le ostie, i
hyacinthi, gli armilustri,
i gianuali, i lucali, i lupercali, i munichii, i novendinali, i nyctiluci, i
palatiali, i pastiliarii, i popolari, i protervi, i scenopegi, i solitaurilia,
gli stati, i rubigali, i fontanali, gli ormii, i parentali, gli inferii, i
consualii, i lampterii, gli amburbi, gli ambarvali, i vinali, gli
olocaustomati, le orgie, i laziali, i dianetorici, i baccanali, i trieterici,
i liberali, i cociti, i coreali, le tesmoforie, gli adonici, i theonici, i
laurentali, gli opalici, le palilie, i quirinali, i vertumnali, i gineciali,
le panatenee, i quinquatti, le diapalie, i diasi, le ormee, i nemesini, i
mitriaci, i palogigi.

Le vittime erano appropriate ai veri Sacrifici e il caprone e l'asino erano
prescelti per Bacco, la troia per Cerere, il cavallo pel Sole, la cerva e il
cane per Diana, l'asino per Priapo, l'oca
per Iside, la capra per Fauno e per Minerva, il gallo per la Notte e per
Esculapio, il toro per Nettuno e per Ercole, la troia pregna per Maia, i
fanciulli per Saturno. Infine ad Ercole di Guido si compivano sacrifizio di
obbrobri e d'ingiurie. I sacerdoti si distinguevano in Pontefici, Flamini,
Arciflamini, Phyladi, Gerofanti, nonchdai nomi dei vari culti e
superstizioni, sacrifici, cerimonie, feste, consacrazioni, dedicazioni, voti,
devozioni, espiazioni, giuramenti, ostie e litanie che seducevano il
gentilesimo e lo trascinavano a sacrificare ai falsi dei e ai demoni.

Ma il vero sacrificio che purifica e unisce a Dio di due specie. Il primo e
piimportante quello che il supremo pontefice Cristo offrin remissione
dei peccati, purificando tutto col sangue della sua croce; l'altro quello
per cui l'uomo offre s'stesso a Dio, puro e immacolato, in ostia vivente, a
esempio del supremo sacerdote Cristo, che ha offerto se stesso e ci ha
insegnato a offrirci con lui, dicendo del sacramento del suo corpo e del suo
sangue: compitelo in mia memoria, vale a dire affinch mortificandoci con lui
e vivificati in Spirito per mezzo della passione del corpo mortale, ci
offriamo insieme a lui. Accennando a ciPorfirio dice: adoperiamoci a offrire
in sacrificio la santificazione della Nostra vita. Perchnessuno puessere
buon sacerdote di Dio, tranne colui che, presentando se stesso come un'ostia,
edifica l'anima sua in se stesso come una specie d'immagine e della mente e
dell'intelletto fa un tempio in cui puricevere la luce divina.

I sacrifici esterni poi sono giudicati da Eraclito rimedi per le anime
ordinati dal sommo medico, perch dice Proclo, il demone maligno possiede
l'uomo sino a che non viene purificato dai sacrifici. Questi pertanto sono
indispensabili a conciliarci Dio e le potenze celeri e a purificare l'uomo che
porta l'immagine di Dio e del mondo. Ma Nostro Signore
GesCristo, vero pontefice e sacerdote sommo, ha compendiato ogni sacrificio
nel pane e nel vino, come in una sostanza fondamentale della nutritura
dell'uomo e noi non abbiamo pibisogno d'immolare alcun animale, ne di
spargere il sangue per purificarci, essendo gistati detersi completamente
nel suo sangue.

Presso gli Egizi erano in uso seicentosessantasei specie di
sacrifici e onori divini e speciali sacrifici erano stabiliti per ogni stella
e per ogni pianeta, considerati animali divini ai quali erano stati
distribuiti anima intellettuale e mente divina. Perciasserivano che le
stesse stelle, supplicate, esaudiscono le nostre preci e ci largiscono doni
celesti, non tanto in virtd'un patto naturale, quanto per loro libero
arbitrio. Il che fa dire a Giamblico che i corpi celesti e i puri numi
possiedono in scerte forze divine e superiori a certe altre naturali e
inferiori, che Orfeo chiama chiavi atte ad aprire e a chiudere, e con le une
ci rendono soggetti alle influenze del destino e con le altre ci affrancano
dal destino. Donde deriva che se alcuno riceve alcun male per influenza di
Saturno o di Marte, i magi consigliano a non ricorrere subito a Giove o a
Venere, ma a Saturno e Marte medesimi. Cosla Psiche d'Apuleio, perseguitata
da Venere per gelosia, eguagliandola in bellezza, si adopera ottenere grazia
non da Cerere ne da Giunone, ma dalla stessa Venere.

Gli antichi sacrificavano a ciascun astro ciche piad esso conveniva,
impiegando pel Sole le cose e gli animali solari, quali il lauro, il gallo, il
cigno, o il toro; per Venere il colombo, o la tortora, o la verbena, come
canta Virgilio: Apportate l'acqua e circondatene i suoi altari. Bruciate la
grassa verbena e l'incenso maschio. E dopo aver preparato cosa naturale o
artificiale concernente alcun astro, i magi la consacravano all'astro stesso e
ad esso l'offrivano, non tanto per ottenerne la virtnaturale afferrandone
opportunamente l'influsso, quanto per riceverla divinamente confermata e pi attiva mercl'oblazione religiosa, la quale vale a santificare la cosa
offerta secondo il rito e a tramutarla in una parte della divinit

Le Ostie immolate agli dei del cielo e dell'etere erano bianche e quelle nere
venivano riservate agli dei terrestri e infernali, ma quelle terrestri sugli
altari, quelle infernali entro fosse. Alle divinitdell'aria e dell'acqua si
offrivano volatili bianchi alle prime, neri alle seconde, e volatili erano
egualmente immolati a tutti gli dei e a tutti i demoni, eccetto a quelli
terrestri e infernali, a cui si riservavano esclusivamente animali quadrupedi.
Non era permesso cibarsi che delle sole carni delle vittime sacrificate agli
dei
del cielo e dell'etere, di cui le estremitcostituivano la parte della
divinitstessa.

Ecco come l'oracolo di Apollo parlava di tutti questi riti: Abbisognano tre
ostie agli dei del cielo e che sieno bianche; tre altresper gli dei della
terra, ma nere. Le divinitdel cielo amano che le vittime vengano immolate
sugli altari e le divinitinfernali invece richiedono che le vittime offerte
vengano deposte entro apposite fosse, stillanti di negro sangue. Le ninfe si
compiacciono del miele, del vino versato e del fuoco che arde sugli altari. Le
divinitche volteggiano intorno alla terra vogliono l'offerta d'un corpo nero
con incenso, con farine salate, con focacce mielate. Le divinitche popolano
le acque richiedono che i sacrifici vengano compiuti lungo le rive e che
l'animale immolato venga precipitato nei flutti. Riserverete le estremitalle
divinitcelesti, incenerendole sul fuoco, e il resto potrete adoperarlo nei
vostri banchetti. Che l'aria olezzi di aromi graveolenti.

Porfirio, nel libro delle Risposte, dice che i sacrifici sono certi mezzi
naturali tra gli dei e gli uomini e Aristotile conferma che nella natura
dell'uomo sacrificare alla divinit Percii sacrifici sono intermediari che
sentono della natura dell'uno e dell'altro e rappresentano per analogia le
cose divine; essi hanno in comune con la divinita cui si offrono e con
coloro che compiono l'espiazione certi simboli perfettamente adattati, ma
tanto occulti che appena l'intelligenza umana riesce ad afferrarli. Dio e le
divinitli richiedono per la nostra espiazione, riescono loro grati e li
ritengono dall'applicare il castigo dovuto ai nostri peccati.

Ecco ciche Orfeo chiama le chiavi che aprono le porte degli elementi e dei
cieli, per permettere all'uomo di penetrare nel mondo superceleste e alle
intelligenze celesti e ai demoni degli elementi di scendere verso lui. Ma gli
uomini perfetti e veramente religiosi non ne hanno bisogno. Essi furono
istituiti, come dice Trismegisto, solo per coloro che in seguito a un passo
falso sul sentiero armonico, sono divenuti servi dei cieli e delle creature.

Poichessi sono sottoposti ai cieli, pensano di fortificarsi col favore della
virtceleste, sino a che volando piin alto si liberano dalla loro
presidenza e si librano pisublimi ancora.



CAPITOLO LX.

Delle imprecazioni e dei riti impiegati dagli antichi nei sacrifici e nelle
oblazioni.

Vediamo ora quali imprecazioni aggiungevano alle oblazioni e ai sacrifici.

Nel sacrificare alla divinit l'offerente soleva dire: Io, tuo servo, ti
offro e ti sacrifico queste cose. Io ti riconosco generatore della santite
per santificarmi scongiuro questa oblazione, affinchtu le infonda la virt del tuo spirito elevato e onorato, che mi penetrerottenere quanto chiedo. E
come questa cosa diviene tua per l'offerta ch'io ne faccio, in modo che ormai
vive e muore per te, cosio stesso divento cosa tua, io che per l'offerta e
per questa comunione, nel sacrificarti, confesso di essere membro della tua
famiglia e tuo adoratore.

Nell'immolare la vittima si diceva: Come questo animale in mio potere e da
me dipende l'ucciderlo o il salvarlo, cosin tuo potere di togliermi
nell'ira tua, o di concedermi nella tua benevolenza, ciche io ti chiedo.

Quando il sacrificio si compiva per espiare o per stornare alcun animale, si
diceva:

Come questo animale muore nelle mie mani, cossi estinguano in me ogni vizio
e ogni impurit O: Cosmuoia e si annichili tale e tale male o incomodo.

O anche:

Come il sangue di questo animale vien fuori dal suo corpo, cosogni vizio e
ogni impuritescano fuori di me.

Nell'olocausto si diceva:

Come questa oblazione consumata da questo fuoco, cosche nulla ne resta,
similmente sia affatto distrutto in me ogni male. (O quella contrarietche si
voleva respingere o stornare).

Era anche costume, nelle imprecazioni, di toccare l'altare con le mani e il
gesto veniva compito tanto dal sacrificatore che dai partecipanti, perchla
preghiera sola non
puavere efficacia se quegli che prega non tocca anche l'altare. Leggiamo
infatti in Virgilio: L'onnipossente lo udpregare con tali parole e lo vide
toccare l'altare.

E altrove: Io tocco l'altare tra le fiamme e ne prendo a testimoni le dignit



CAPITOLO LXI.

Come abbisogni offrire i sacrifici e le oblazioni sia a Dio che alle divinit inferiori.

Ogni adorazione, oblazione o sacrificio, deprecazione, invocazione si presenta
dunque in modo differente, secondo che sia indirizzata a Dio, ovvero alle
divinitinferiori, angeli astri o eroi. Percioccorre osservare le dovute
regole. Nel supplicare Iddio per conseguire un dato effetto, Si esalti alcuna
sua opera, miracolo, sacramento, o promessa tratta dai sacri testi. Cosnel
deprecare per l'annientamento di nemici, si rammenti come Dio abbia distrutto
i giganti mercil diluvio, lo sforzo di Babele nella confusione delle lingue,
Sodoma e Gomorra sotto la pioggia di fuoco, l'armata di Faraone sterminata nel
Mar Rosso e simili avvenimenti, spigolando tra le maledizioni contenute nei
Salmi e nell'insieme delle Sacre Scritture. Ugualmente nel deprecare contro il
pericolo delle acque, si commemori Nosalvato dal diluvio, il passaggio dei
figli d'Israel attraverso il Mar Rosso, Cristo camminante sulle acque, il
salvataggio di Pietro in procinto di affondare e altri simili miracoli.
Volendo invocare da Dio, o dagli angeli, o dagli eroi, gli oracoli o i sogni,
si hanno a disposizione numerosi passi del Vecchio Testamento in cui si legge
che Dio ha parlato agli uomini e versetti che promettono presagi e
rivelazioni, nonchnarrazioni di sogni profetici vari quali quelli di
Giacobbe, di Giuseppe, di Faraone, di Daniele, di Nabuccodonosor e nel Nuovo
Testamento e nelle storie religiose si trovano le rivelazioni di Giovanni, di
Paolo, dei re Magi, di Elena, di Costantino e di Carlo, quelle di Metodio, di
Cirillo, di Gioacchino, di Merlino, di Brigida, di Ildegarda,
di Mechtilde, i cui nomi, piamente invocati, ci rendono spesso partecipi delle
divine rivelazioni.

S'invocano inoltre tutti i nomi sacri di Dio e a preferenza quelli che si
riferiscono alla cosa desiderata in qualche modo. Cosper la confusione dei
nemici, s'invocano i nomi della collera di Dio, della vendetta di Dio, del
timore di Dio, della giustizia di Dio, della fortezza di Dio e per stornare
alcun pericolo i nomi della sua misericordia, della sua protezione, della sua
salvezza, della sua bonte simili. Si chiede infine l'assistenza di alcun
angelo esecutore dei suoi voleri, o d'un astro, o d'un eroe, ai quali occorre
egualmente dirigere una speciale invocazione, fatta col numero col peso e con
la misura dovuti secondo le regole gidate nel trattare delle incantazioni.
Perchfra le incantazioni e la preghiera non v'ha che una sola differenza: le
incantazioni impressionano il nostro spirito e dispongono le sue passioni
conformemente a certe divinit mentre le orazioni vengono presentate a
qualche divinitper onorarla e venerarla.

Stillo stesso principio si pustabilire un metodo per consacrare, che ci
accingiamo a esporre.



CAPITOLO LXII.

Delle consacrazioni.

La consacrazione una sublimazione di esperienze per la quale l'essenza
spirituale, attratta in proporzione e conformit viene infusa nella materia
delle nostre opere preparata col rito stabilito dalla tradizione dell'arte
magica, cosche l'opera nostra vivificata dallo spirito dell'intelletto.
L'efficacia della consacrazione in rapporto della virtdi colui che
consacra e della virtdell'orazione e della cerimonia impiegate a consacrare.
In colui che consacra si richiedono santitdi vita e potenza di santificare;
la natura e il merito danno la prima e la seconda si acquisisce con
l'iniziazione e con la dignificazione di cui abbiamo giparlato. Occorre di
piche colui che consacra sia
conscio della sua virte del suo potere e riponga in esse incrollabile fede.

Vediamo ora cosa si richieda per l'orazione.

L'orazione possiede una certa potenza di santificare divinamente infusa, come
se fosse ordinata da Dio a questo scopo e come ne leggiamo nelle sacre
elocuzioni della Bibbia, ovvero istituita dalla virtdello Spirito Santo
secondo il dogma ecclesiastico ed anche di questo genere se ne trovano molte
qua e l La santificazione puanche essere nella stessa orazione, non in
virtd'istituzione, ma in virtdi commemorazione di cose sacre, quali le
scritture e le storie sacre, i miracoli, le opere, gli effetti, le grazie, le
promesse, i sacramenti e le cose sacramentali che abbiano referenza con la
cosa da consacrare propriamente o impropriamente o per qualche similitudine e
di questo ne daremo ora alcuni esempi, per mezzo dei quali apparirfacilmente
la via a tutta questa considerazione.

Nella consacrazione dell'acqua si commemora che Dio ha collocato il firmamento
nel bel mezzo delle acque; che ha posto nel centro del paradiso terrestre una
sacra fontana, la quale bagna tutta la terra con quattro sacri fiumi; che ha
fatto delle acque della sua giustizia uno strumento di cui si servito per
distruggere i giganti col diluvio universale e per annientare nel Mar Rosso
l'armata di Faraone; che attraverso lo stesso Mar Rosso e il Giordano ha
condotto in salvo il suo popolo; che ha fatto miracolosamente scaturire
l'acqua dalla roccia del deserto e zampillare una fonte d'acqua viva dalla
mascella d'un asino a invocazione di Sansone; che ha stabilito le acque come
strumento della sua misericordia e quale lavacro di salute per la remissione
dei peccati, che Ariosto battezzato nel Giordano ha purificato e santificato
le acque e cosvia; invocando i nomi divini che vi si riferiscono quali fonte
di vita, acqua viva, fiume vivente. Nello stesso modo, nel consacrare il
fuoco, si commemora che Dio ha creato il fuoco della sua giustizia come uno
strumento di punizione di vendetta e di purgazione dei peccati e che nel
discendere a giudicare il mondo farprecederne la conflagrazione; che apparso a Mosnel rosso del roveto ardente; che ha preceduto i figli d'Israel
nella colonna di fuoco; che ha stabilito un fuoco inestinguibile da essere
conservato nell'arca dell'alleanza, che l'ha riacceso miracolosamente quando stato spento, che l'ha tenuto nascosto sotto le acque senza estinguersi e
altri simili prodigi. I nomi divini da usare in tal caso sono fuoco divorante,
fuoco costante, splendore divino luce divina, luminare divino e simili. Nel
consacrare l'olio, si commemorano le cose sacre che vi si riferiscono, come
l'olio d'unzione e il profumo dell'Esodo e i nomi sacri che vi si ricollegano,
quale il nome di Cristo che vuol dire unto, nonchquanto si trova di simile
nei misteri, per esempio le due olive che nell'Apocalisse distillano l'olio
santo nelle lampade che ardono al cospetto di Dio. Della consacrazione dei
luoghi si commemora il monte Sinai, il tabernacolo dell'alleanza, il tempio di
Salomone, il Golgota che si riferisce al mistero della passione di Cristo, il
campo che fu acquistato col prezzo del sangue di Cristo, il monte Tabor ove si
compla trasfigurazione e l'ascensione, invocando i nomi sacri di Trono di
Dio, Tabernacolo di Dio, Cattedra di Dio, Altare di Dio, Sede di Dio,
Abitacolo di Dio e altri simili.

Nelle benedizioni delle altre cose si procedernel modo stesso, cercando
nelle Sacre Scritture, nei nomi divini e nei testi religiosi le cose che in
qualche modo possano riferirsi alla cerimonia. Per esempio, trattandosi d'una
carta o d'un libro, si hanno nella commemorazione dei misteri le tavole della
legge date a Mossul Sinai e la santificazione della legge dei profeti e
delle scritture promulgate dallo Spirito Santo e i nomi divini Testamento di
Dio, Libro di Dio, Libro della Vita, Scienza di Dio, Saggezza di Dio e simili.
Nel consacrare o benedire una spada, si potrcommemorare la spada inviata in
modo divino a Giuda Maccabeo per sterminare i nemici del popolo d'Israel, come
indicato nel secondo libro dei Maccabei. Nei profeti si trova il versetto:
Prendete spade a due tagli; nei Vangeli: Vendete le vostre tuniche per
acquistare spade; nell'istoria di David si legge dell'angelo che si visto
rimettere la spada insanguinata; e molte cose di questo genere si trovano nei
Profeti e nell'Apocalisse ed i sacri nomi di Spada di Dio, Verga di Dio,
Bastone di Dio, Vendetta di Dio e simili.

Da questi esempi sarfacile ricavare anche le consacrazioni e le benedizioni
personali. Vi poi ancora un altro rito di consacrazione e di espiazione che
appartiene alle superstizioni ed di grande efficacia e che si compie
trasferendo alla cosa da consacrare il rito di qualche sacramento, come il
battesimo, la cresima, i funerali e simili. Anche i voti le oblazioni e i
sacrifici hanno infine una certa forza consacrativa materiale e personale,
perchcosle cose o le persone vengono votate o offerte a determinate
divinit



CAPITOLO LXIII.

Delle cose sacre e consacrate del modo con cui stanno fra noi e le divinite
dei tempi sacri.

Si chiamano sacre tutte quelle cose consacrate dagli dei stessi o dai demoni
loro assistenti e che, per cosdire, ci sono dedicate dagli dei stessi.
Percinoi chiamiamo sacri i demoni perchDio abita in essi, del quale si
dice essi portano il nome e percisi legge nell'Esodo: V'invierl'angelo mio
che vi preceder osservatelo e non pensate di disprezzarlo perchegli stesso
porta seco il mio nome. Con lo stesso senso si dicono sacri i misteri, i quali
racchiudono una virtsacra e nascosta e una grazia accordata dalle divinito
dai demoni, o dispensata dallo stesso Dio supremo. Tali sono i nomi sacri e i
caratteri, di cui abbiamo giparlato; la croce, consacrata dalla passione di
GesCristo; certe orazioni mistiche, non istituite dalla devozione umana ma
dalla rivelazione divina, come quella domenicale stabilita da Cristo. Si
chiamano anche sacre certe composizioni in cui Dio ha effuso un raggio
speciale della sua virt come leggiamo nell'Esodo del thymiama e dell'olio
d'unzione e quali sono fra noi le fonti battesimali, il crisma, l'olio dei
catecumeni, ecc. Un altro genere di cose sacre costituito da quelle cose che
l'uomo ha dedicato e consacrato a Dio, quali i voti e i sacrifici gi menzionati. Ne derivano questi versi di Virgilio: Ma Cesare, celebrato sulle
mura di Roma da un triplice trionfo, consacrava il suo voto immortale alle
divinitd'Italia.

E Ovidio, nelle Metamorfosi canta: Giunto il giorno della festa Achille,
vincitore del cigno, sacrificata a Pallade il sangue della immolata giovenca.
Deposta l'offerta sull'altare arroventato, l'odore della vittima gradita agli
dei si sparse intorno; poi le cose sacre s'ebbero la loro parte e il resto fu
largito per le mense.

Si chiamano anche sacri i simulacri, i delubri, gli idoli, le statue, le
immagini, i dipinti fatti a somiglianza delle divinito ad esse dedicati,
come canta Orfeo nell'inno alla Venere di Licia: I nostri guidatori che hanno
la custodia delle cose divine del paese, hanno costruito una cittadella pel
colosso sacro. E Virgilio: Voi, padre mio, raccogliete le cose sacre e i
penati.

PerciPlatone raccomanda nell'undecimo libro delle leggi d'onorare le statue
e le immagini sacre, non per esse stesse, ma perchrappresentano gli dei. E
gli antichi veneravano l'immagine di Giove, interpretandola cos Il fatto che
ha l'aspetto Umano, significa la mente che produce tutte le cose per virt seminale; il nume seduto per raffigurare la virtstabile e immutabile; nudo superiormente, perchvisibile alle intelligenze e agli esseri
superiori; coperto inferiormente, perchnascosto alle creature inferiori;
stringe lo scettro nella sinistra, perchin questa parte del corpo si trova
il domicilio pispirituale della vita; porta nella destra un aquila e una
vittoria, perchsignore degli altri dei come l'aquila lo degli altri
uccelli e perchtutto gli sottomesso. Nello stessa modo noi veneriamo
l'immagine d'un agnello, che rappresenta il Cristo; quella della colomba che
c'indica lo Spirito Santo; quelle del leone, del bue, dell'aquila e dell'uomo,
che significano gli evangelisti nonchaltre simili espresse nelle rivelazioni
dei profeti in pipassi delle Sacre Scritture.

I dipinti stessi conferiscono rivelazioni e sogni dello stesso genere e perci si dicono sacri. V'hanno poi riti e osservanze sacre in onore delle divinite
della religione, come i gesti devoti, le genuflessioni, lo scoprirsi il capo,
le abluzioni, le aspersioni d'acqua benedetta, gli incensamenti, le espiazioni
esteriori, le processioni di supplicanti, gli abbellimenti esteriori delle
laudi divine, quali i cantici, l'accensione dei ceri e delle lampade, lo
scampanare, l'addobbo dei templi delle immagini e degli altari, cose tutte che
richiedono un culto elevatissimo e una pompa fastosa con l'impiego di quanto
v'ha di pibello e di piprezioso, oro argento e gemme. Tutte queste cose
sacre esteriori non costituiscono che altrettante istruzioni ed esortazioni
per trascinarci verso le cose Sacre interiori dello spirito e per conciliarci
i benefici divini, come attesta Proserpina in questi versi:

Quis nam hominum formas aeris neglexerit unquam,
aut auri flava, aut argenti candida dona:
quis non miretur, quis non haec ipsa deorum
dixerit?

Si chiamano anche sacri i sacerdoti e i ministri dei numi e dagli dei e a essi
consacrati e tutti i consacratori di cose sacre. Il che fa dire a Lucano:
Pontefici sacri a cui fu rimesso il potere. E Virgilio dice di Helenus,
sacerdote d'Apollo: Egli prega i numi per la pace e toglie le bende dalla
testa consacrata.

Molte specie di cose sacre sono come patti conclusi tra gli dei e noi sotto
forma di lode di rispetto o d'obbedienza e per mezzo dei quali otteniamo
spesso qualche virtmeravigliosa dalla divinitvenerata. Tali per esempio
gli inni sacri, i sermoni, gli esorcismi, le incantazioni e i vocaboli
composti e destinati a lodare e venerare gli dei, cosche Orfeo dice
nell'inno agli astri: Ora invoco i demoni puri con le parole sacre. La Chiesa
primitiva usava certi incantesimi contro le malattie e le tempeste, posti
sotto il patrocinio d'una divinite profferiti in forma di prece o portati
addosso scritti in modo di amuleto. V'hanno anche nomi, immagini, caratteri e
sigilli sacri, che uomini contemplativi hanno dedicato e consacrato con tutta.
la purezza della mente alla venerazione di Dio per i loro arcani voti e
rinnovandoli con la stessa purezza di mente che li ha istituiti la prima
volta, si potranno compiere per essi cose mirabili, a patto di osservare
inalterate le regole tracciate dal primo istitutore, mentre chi ignora cinon
fa che perdervi intorno il tempo e lavorare invano. In tal modo si compiono
meraviglie non solo con parole barbare, ma anche con parole ebraiche,
egiziane, greche latine
e di qualunque altra lingua, purchindirizzate a Dio e attribuite e dedicate
alla sua essenza, o alla sua virt o al suo operare. Tali sono per Giamblico
i nomi Osiride, Icton, Emeph, Fta, Epies, Amun; per Platone e pei greci On,
Ton Tauton; cosi greci chiamano Giove Zena aptmzen, che vuol dire datore
universale di vita e Dia che significa per, poichtutto si compie per suo
mezzo, e Atanat, che vuol dire immortale; e i latini Jupiter, che sarebbe
come dire juvans poter, e altri termini simiglianti. Cossi danno agli uomini
certi nomi appropriati a un voto, come Eutichide, Sosia, Teofilo, vale a dire,
rispettivamente, felice, servo, caro a Dio.

Similmente molte cose ritraggono grande virte santitdalla consacrazione,
specie del sacerdote, come quei sigilli di cera che portano iscritta la figura
dell'agnello, che per la benedizione del Papa ricevono la virtdi preservare
chi li porti dalla folgore e dalle tempeste. La virtdivina invero viene
inspirata nelle sacre immagini di questo genere e vi resta contenuta quasi in
una certa sacra lettera che ha l'immagine di Dio. La stessa virthanno i ceri
benedetti nei giorni della Pasqua e della Purificazione della Vergine e le
campane consacrate e benedette acquistano il potere di respingere e
d'arrestare la folgore e i nembi, preservandone il paese durante il tempo in
cui si fanno risuonare. Anche l'acqua e il sale, mercle benedizioni e gli
esorcismi, ricevono la virtdi purificare e di scacciare i demoni maligni.

Alcuni tempi sono stati anch'essi considerati sacri e osservati con somma
venerazione dalle genti di ogni religione, sia perchgli stessi numi ne hanno
stabilita la santificazione, sia perchgli avi nostri o i nostri superiori li
hanno loro dedicati in commemorazione di benefici ricevuti e a perpetua azione
di grazia. Gli ebrei hanno cosil loro sabato, i gentili le loro ferie e noi
i giorni solenni dei nostri sacri misteri, per celebrarli solennemente. Vi
sono anche tempi contrari
a questi, detti giorni neri, perchin questi giorni la nazione ha sofferto
qualche perdita o subito qualche grande calamit Di tal genere era presso i
Romani il quarto giorno delle none di sestile, anniversario della battaglia di
Canne; per la stessa ragione furono detti neri i giorni postriduani, nei quali
avevano dovuto subire per lo pidisfatte sanguinose. Presso gli ebrei era un
giorno nero il diciassettesimo del mese di giugno, in cui Mosaveva rotto le
tavole, Manasse aveva eretto l'idolo nel sancta sanctorum e i nemici avevano
rovesciato le mura di Gerusalemme. Era anche disgraziato il nono giorno di
luglio, in cui fu compita la doppia distruzione del tempio. Presso gli
egiziani erano considerati nefasti i cosiddetti giorni egiziaci e ogni altra
nazione ha i suoi giorni fausti e infausti.

I magi prescrivono d'osservare questi giorni sacri e religiosi, nonchi
giorni dei pianeti e le disposizioni celesti e dicono anzi che sono molto pi efficaci per acquisire virtspirituali e divine perchla loro virte
influenza non deriva tanto dagli elementi e dai corpi celesti quanto dal mondo
intelligibile e superceleste e, con l'aiuto dei comuni suffragi degli dei, non
puessere neutralizzata da alcuna disposizione contraria dei corpi celesti,
ne minorata dal contagio corruttibile degli elementi, purchsi creda
fermamente e religiosamente, vale a dire con timore e reverenza, il che invero
propriamente significa religione. Percisono stati chiamati religiosi quei
giorni che stato vietato di violare e che noi osserviamo ansiosamente, nella
tema che non ci accada alcun male ove in essi si faccia cosa proibita.



CAPITOLO LXIV.

Di alcune osservanze religiose, cerimonie,
riti di profumi e d'unzioni e simili.

Chiunque siate voi che volete operare magicamente, cominciate col pregare
umilmente Dio, padre unico, per essere anche voi degno della sua clemenza, con
l'essere puro e netto interiormente ed esteriormente e collo stare in un luogo
puro, perchscritto nel Levitico: Colui che si avvicineralle cose sacre
essendo immondo, periral cospetto del Signore. Percilavatevi spesso e in
giorni stabiliti secondo i misteri dei numeri, indossate abiti netti,
guardandovi da
ogni sozzura polluzione e crapula. Gli dei, dice Porfirio, non esaudiscono
l'uomo che non si sia astenuto da pigiorni dall'atto venereo. Non vi
accoppiate a una donna polluta o che abbia le sue regole, ne con quella che
soffra di emorrea; non toccate cose immonde, ne cose morte. Porfirio perci dice: Non permesso a colui che abbia toccato un morto d'avvicinarsi agli
oracoli. Forse perchlo Spirito, corrotto dalle esalazioni cadaveriche,
diventa incapace a ricevere la influenze divine.

Vi laverete, vi ungerete, vi profumerete e offrirete il vostro sacrificio,
perchIddio gradisce quanto fa per lui un uomo purificato e disposto e riceve
insieme all'incenso la sua prece e la sua oblazione, come canta il Salmista:
Che la mia prece a te ascenda, Signore, come l'incenso che arde al tuo
cospetto. E l'anima, che figlia e immagine dello stesso Iddio, si diletta
anch'essa ai profumi e alle fumigazioni che riceve attraverso le stesse narici
per cui penetrata nell'uomo corporale e per cui, secondo asserisce Giobbe,
escono talora quegli spiriti vivacissimi che non possono essere trattenuti nel
cuore dell'uomo riscaldato dalla bile o dal lavoro. Percimolti stimano
essere l'odorato il pivitale e il pispirituale dei sensi. Di pile
esalazioni e l'unzione del sacrificio penetrano tutto e schiudono le porte
degli elementi e dei cieli, affinchl'uomo possa vedere e conoscere i segreti
del creatore, le cose del cielo, quelle che stanno sopra il cielo e quelle che
discendono dal cielo, come gli angeli e gli spiriti delle caverne e degli
abissi e i fantasmi dei luoghi deserti, permettendogli di farli venire e di
renderli visibili e obbedienti. Di piplacano tutti gli spiriti e li
attraggono come la calamita il ferro e li congiungono con gli elementi e danno
loro corpo, tanto piche i corpi larvali si nutrono di vapori di fumigazioni
e degli odori delle libazioni.

Inoltre compite tutto con fermo sentimento e desiderio, se pur volete essere
favorito dalla clemenza del cielo e di tutte le potenze celesti, di che il
favore viene assicurato dall'adattazione del luogo, del tempo, della
condizione, del costume, del vivere, dell'abito, dell'esercizio e perfino del
nome. Tutto cinon solo cangia ma anche domina la forza della natura. Un
luogo fausto influisce molto infatti sul risultato perseguito e non senza
ragione Dio invitAbramo a volgere verso la terra che gli mostrava e Abramo
seguitil suo cammino verso il mezzod CosIsacco andin Gerarath, ove
semin raccolse al centuplo e divenne assai ricco.

Per conoscere quale luogo convenga a un uomo, occorre scrutarne la genesi e
colui che non potesse farlo, dovrebbe osservare dove il suo spirito pisi
diletti, i suoi sensi sieno piacuti, la sua Salute e la sua vigoria
migliorino, i suoi affari meglio riescano, i suoi amici aumentino e i suoi
nemici soccombano e tale paese sarquello che gli stato destinato da Dio e
dagli enti superiori e che i cieli hanno disposto e preparato per lui. Che un
luogo simile si elegga a propria dimora, e si cambi seccando il tempo e il da
fare ma si fugga sempre un luogo disgraziato.

Anche i nomi felici migliorano le nostre cose e i nomi disgraziati le
ostacolano. Gli antichi romani, nell'ingaggiare i soldati, badavano a che il
primo di essi non portasse un nome in qualche modo disgraziato e sceglievano i
funzionari tra le persone che avessero nomi fausti. Credevano pure che il
cangiare un nome disgraziato in un nome felice valesse a migliorare la
fortuna. Per esempio, il nome d'Epidamnum fu mutato in Dyrrachium, temendo che
i navigatori non vi fossero in pericolo, in damnum. Similmente Maleoton,
temendo non apportasse alcun male, fu ribattezzata Beneventum. Il lago Lucrino
era ritenuto faustissimo a causa del nome felice.

Si scelgano anche i giorni e le ore piadatti alle operazioni, perchnon
senza significato il Salvatore ha detto: non vi sono forse dodici ore nella
giornata?
In effetti gli astrologhi hanno insegnato, e i magi osservato, che il momento
influisce sul buon successo dei nostri affari. Di piessi hanno stabilito che
di somma importanza conoscere la disposizione esatta del cielo nel momento
della nascita di un essere umano o dell'inizio di una data opera e hanno
scritto che dal momento dipende e puessere predetto tutto il corso della
fortuna e che per la stessa ragione, esaminando lo svolgimento della fortuna a
ritroso, si purisalire al suo inizio. In tal modo l'astrologo Sulla pot predire a Caligola la prossima sua morte violenta; l'astrologo Meteone agli
Ateniesi la perdita della guerra che s'accingevano a intraprendere contro i
Siracusani; Mesone, agli stessi, nel salpare con la flotta verso la Sicilia,
annunzila tempesta; Anassagora, applicando la scienza della conoscenza dei
tempi predisse il giorno esatto della caduta d'una pietra dal sole sull'Aegos,
fiume della Tracia. Viceversa Lucio Tarnucio Firmanio scoprmercle gesta e
la fortuna di Romolo la sua concezione e la sua nativite trovanche il
giorno natalizio della cittdi Roma, in seguito a esame del succedersi delle
sue vicende. Cospure Materno dice che si trovato il tempo della creazione
del mondo. mercgli eventi delle cose.

Si puanche documentare con esempi convincenti l'influenza dei tempi sulle
cose naturali, perchvediamo alberi quali il pioppo, l'olmo, l'olivo, il
salice bianco, il tiglio, rovesciare le foglie dopo il solstizio. Le
conchiglie i gamberi e le ostriche ingrossano col crescere della luna e
smagrano col suo declinare e i mari col flusso e col riflusso seguono
anch'essi i movimenti e i tempi della luna. L'Euripo in Eubea non ha sette
volte il suo flusso e il suo riflusso di una velocitrimarchevole? E la
stessa corrente resta immota per tre giorni interi in ogni mese, ossia durante
la settima la ottava e la nona luna. Nel paese dei Trogloditi v'ha un lago,
che tre volte al giorno diventa amaro e salato e poi dolce di nuovo. Durante
il solstizio d'inverno, quando ogni vegetazione e spenta, il puleggio secco
fiorisce e nello stesso giorno si dice che le vesciche enfiate crepino e che
le foglie del salice e il seme delle mele si rivolgano.

Io ho visto in Italia e in Francia, e ne ho conosciuto il modo, piantare un
noce in modo che sia arido tutto l'anno e produca alla vigilia di San Giovanni
foglie fiori e frutta mature. E tutto questo miracolo consiste soltanto nella
osservanza del tempo della piantagione.

Tutti gli astrologhi affermano poi concordi nei loro libri delle elezioni e
delle immagini che il momento puinfondere virtmeravigliose alle cose
artificiali. Per tal ragione leggiamo in Plutarco che i Peleneidi costruirono
una statua con tale artificio, che da qualunque parte la si fosse contemplata,
incuteva in tutti turbamento e terrore, cosche nessuno osava guardarla.
Nella vita d'Apollonio leggiamo che i magi avevano applicato al sommo
dell'edificio reale in Babilonia quattro draghi d'oro, che chiamarono le
lingue degli dei, in
cui era tale virtda costringere la moltitudine all'amore e all'obbedienza
verso il re. Nell'isola di Chio esisteva una maschera di Diana che sembrava
triste a chi entrava nel tempio e gioconda a chi ne usciva. Nella Troade gli
avanzi dei sacrifici lasciati intorno alla statua di Minerva non
imputridivano. Nel tempio di Venere a Pafo la pioggia non cadeva mai
nell'area. Togliendo alcunchdal tumulo d'Anteo, la pioggia cadeva dal cielo
a rovesci, sinchla cosa sottratta non fosse stata rimessa al suo posto. Un
qualsiasi ramoscello spiccato da un lauro piantato sulla tomba di Bibria, re
del Ponto, e portato su una nave, vi suscitava litigi e contese, che non
scemavano se non quando lo si gettava via. Non un uccello infestava il tempio
d'Achille nell'isola di Boristheno. Non una marea, non un cane s'introducevano
nel tempio di Ercole, che sorgeva nel foro boario a Roma. A Olinto, in Tracia,
v'era un luogo che faceva morire gli scarabei che vi fossero capitati. Potrei
apportare innumerevoli esempi e pimeravigliosi di questi che l'antichitci
racconta, che sono stati fatti con l'arte delle immagini e l'osservazione dei
tempi. Ma perchnessuno creda che queste meraviglie sieno ormai cessate da
molto tempo e le reputi sciocchezze, aggiungera questi artifici
meravigliosi, che esistono ancora oggi in alcuni luoghi. Si dice infatti
effetto dell'arte delle immagini che a Bisanzio i serpenti non facciano male a
nessuno e che nessuna gazza riesca a volare sopra le sue mura.

Nelle campagne di Napoli non si ode frinire alcuna cicala; a Venezia nessuna
mosca si vede mai nelle botteghe dei barbieri; a Toledo, durante tutto l'anno,
non si vede nel pubblico mercato che una sola mosca di bianchezza
rimarchevole. Noi stessi, nel libro precedente, abbiamo indicato i modi e i
tempi da osservare per ottenere queste cose e altre simili.

Altra cosa d'importanza l'osservare la forza dei sermoni e delle parole,
percha mezzo di esse l'anima si rispande nelle sostanze inferiori, pietre
metalli piante animali, imprimendo in esse aspetti e passioni differenti,
fortificando tutte le cose e le creature e governandole e attraendole con una
certa forza d'amore. Catone testimonia che le parole riposano i buoi
affaticati e con parole e preghiere possibile ottenere che la terra produca
alberi inusati, che gli alberi stessi cangino di posto. Anche le rape possono
diventare pigrandi se nel seminarle si scongiurano di comportarsi
benignamente verso di noi verso le nostre famiglie e i vicini. Cosse si loda
un pavone, questi spiega le ali e fa la ruota e se al contrario nel seminare
il basilico lo si ingiuria e lo si maledice se ne avrfioritura stentata. Il
garus, incenerito e posto in macero, guarisce i mali se durante quel tempo non
lo si nomina mai. Gli iettatori rendono sterili gli alberi lodandoli e
ugualmente danneggiano le sementi e malefiziano i bimbi. Si dice di piche il
potere delle esecrazioni umane sia tanto grande da riuscire a scacciare e
sterminare i demoni maligni ed Eusebio riferisce che Serapide elevsimboli in
Egitto destinati a fugare i demoni ed insegnanche in che modo i demoni
assumendo figure di bruti insidino gli uomini.

Infine, in ogni opera, si abbia sempre presente Iddio, essendo scritto nel
Deuteronomio: Quando cercherete il Signore Iddio vostro, lo troverete, purch lo cerchiate con tutto il cuore e con tutto il travaglio delle vostre anione.
Ma con confidenza vera e costante possibile piegare Iddio e i demoni tutti,
come ne fa certi Marco: Credete; tutto ciche chiederete con le vostre
preghiere, voi lo riceverete. E Matteo dice: Se avrete fede quanto un granello
di senapa, nulla vi riuscirimpossibile. La prece insistente del giusto ha
grandissimo potere. Come dice Giacomo, Elia, che era un uomo simile a noi,
chiese al cielo nelle suo orazioni che non piovesse sulla terra e la siccit si protrasse durante tre anni e mezzo; poi pregdi nuovo e il cielo largle
pioggie e la terra i suoi frutti.

Si badi pernelle orazioni di non fare nulla di vano o contrario alla volont divina. Dio non puvolere che cose buone e giuste, ne possibile usurparne
il nome vanamente. Colui che avrfatto ci sarpunito.

Si faccia astinenza e si pratichi l'elemosina. Come l'angelo disse a Tobia, il
digiuno e l'elemosina debbono accompagnarsi all'orazione. Il che confermato
dalle parole che possiamo leggere nel libro di Giuditta: Il Signore esaudir le vostre preci, se persevererete nelle astinenze e nelle implorazioni al suo
cospetto.



CAPITOLO LXV.

Conclusione di tutta l'opera.

Ecco quanto abbiamo riunito in quest'opera, servendoci
delle tradizioni degli antichi, perchpossa servire d'introduzione allo
studio della Magia. Invero il discorso non lungo, ma bastevole a coloro che
potranno intenderlo. Alcune materie sono state trattate con ordine, altre
senza ordine; certe sono state date per frammenti e certe altre sono state
occultate e lasciate alla ricerca degli intelligenti, i quali, considerando e
scrutando pisottilmente questi scritti, potranno estrarne le regole giuste i
documenti completi e le esperienze infallibili dell'arte magica. Noi abbiamo
trasmesso quest'arte in modo che non possa restare occulta agli uomini
prudenti e intelligenti, ma in modo a un tempo che non ammetta i malvagi e gli
increduli ai suoi arcani e in modo che condotti dallo stupore rimangano con le
mani vuote sotto la meschina ombra dell'ignoranza e della disperazione.

Solo per voi, figli della dottrina e della sapienza, abbiamo scritto
quest'opera. Scrutate il libro, raccoglietevi quella intenzione che abbiamo
dispersa e collocata in piluoghi; ciche abbiamo occultato in un luogo,
l'abbiamo manifestato in un altro, affinchpossa essere compreso dalla vostra
saggezza. Noi non abbiamo scritto che per voi, che avete lo spirito puro e
atto a condurre un ordine retto di vita, la cui mente casta e pudica, di cui
la fede illibata teme e riverisce Iddio, le mani sono monde di peccati e di
delitti, i costumi integri. Voi soli troverete la dottrina che noi abbiamo
riservato solo a voi; gli arcani velati dai numerosi enimmi che non possono
essere resi trasparenti senza l'intelligenza occulta. Se voi conseguirete
questa intelligenza, allora l'intera scienza dell'inespugnabile disciplina
magica penetrerin voi e in voi si manifesteranno quelle virtgiacquisite
da Ermete, da Zoroastro, da Apollonio, e dagli altri operatori di cose
meravigliose.

E voi malevoli calunniatori, figli dell'ignoranza malvagia e della malvagit ignorante, ritraetevi dall'opera nostra che vi nemica e porta sul
precipizio, affincherriate e cadiate in miseria.

Se infine qualcuno, o per la sua incredulito per l'inerzia del suo
intelletto, non otterril suo desiderio, dia la colpa alla sua ignoranza, non
a me; non dica che io ho errato od ho scritto di proposito il falso, od ho
mentito, ma accusi se stesso che non capisce i nostri scritti. Essi invero
sono oscuri e velati da molti misteri, nei quali facile che accada a molti
di errare e perdere il senso.

E che nessuno si adiri se abbiamo creduto prudente nascondere la veritdella
nostra scienza sotto l'ambiguitdegli enimmi e disperderla qua e llungo
l'opera. Perchnoi non l'abbiamo nascosta ai saggi, ma agli spiriti perversi
e disonesti e perciabbiamo adoperato uno stile atto a confondere lo stolto e
a pervenire facilmente all'intelletto illuminato.
FINE DELL'OPERA.






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