JSEMTS搜尋引擎
 

Alberto Moravia.

AGOSTINO.

1945 Gruppo Editoriale Fabbri, Bompiani, Sonzogno, Etas S. P. A.
Via Mecenate 91 - Milano
Prima Edizione "Tascabili Bompiani" febbraio 1979
Decima Edizione "Tascabili Bompiani" marzo 1988
Edizione speciale per i lettori dell' "Espresso".



Nei primi giorni d'estate, Agostino e sua madre uscivano
tutte le mattine sul mare in pattino. Le prime volte, la madre
aveva fatto venire anche un marinaio, ma Agostino aveva mo-
strato per coschiari segni che la presenza dell'uomo l'annoiava,
che da allora i remi furono affidati a lui. Egli remava con un
piacere profondo su quel mare calmo e diafano del primo mat-
tino e la madre, seduta di fronte a lui, gli discorreva pianamente,
lieta e serena come il mare e il cielo, proprio come se lui fosse
stato un uomo e non un ragazzo di tredici anni. La madre di
Agostino era una grande e bella donna ancora nel fiore degli
anni; e Agostino provava un sentimento di fierezza ogni volta
che si imbarcava con lei per una di quelle gite mattutine. Gli
pareva che tutti i bagnanti della spiaggia li osservassero ammi-
rando sua madre e invidiando lui; convinto di avere addosso
tutti gli sguardi, gli sembrava di parlare con una voce piforte
del solito, di gestire in una maniera particolare, di essere avvolto
da un'aria teatrale ed esemplare come se invece che sopra una
spiaggia, si fosse trovato con la madre sopra una ribalta, sotto
gli occhi attenti di centinaia di spettatori. Talvolta la madre si
presentava in un costume nuovo; e lui non poteva fare a meno
di notarlo ad alta voce, con desiderio segreto che altri lo udisse;
oppure lo mandava a prendere qualche oggetto nella cabina, re-
stando ritta in piedi sulla riva, presso il pattino. Egli ubbidiva
con una gioia segreta, contento di prolungare, sia pure di pochi
momenti, lo spettacolo della loro partenza. Finalmente salivano
sul pattino, Agostino si impadroniva dei remi e lo spingeva a
largo. Ma ancora a lungo restavano nel suo animo il turbamento
e l'infatuazione di questa sua filiale vanit
Come si trovavano a gran distanza dalla riva, la madre diceva
al figlio di fermarsi, si metteva in capo la cuffia di gomma, si to-
glieva i sandali e scivolava in acqua. Agostino la seguiva. Ambe-
due nuotavano intorno al pattino abbandonato coi remi penzo-
lanti; parlando lietamente con voci che suonavano alte nel silen-
zio del mare piatto e pieno di luce. Talvolta la madre indicava
un pezzo di sughero galleggiante a qualche distanza e sfidava il
figlio a raggiungerlo a nuoto. Ella concedeva al figlio un metro
di vantaggio; poi, a grandi bracciate, si slanciavano verso il su-
ghero. Oppure gareggiavano a tuffarsi dal sedile del pattino.
L'acqua liscia e pallida si squarciava sotto i loro tuffi. Agostino
vedeva il corpo della madre inabissarsi circonfuso di un verde ri-
bollimento e subito le si slanciava dietro, con desiderio di se-
guirla ovunque, anche in fondo al mare. Si gettava nella scia
materna e gli pareva che anche l'acqua cosfredda e unita ser-
basse la traccia del passaggio di quel corpo amato. Finito il ba-
gno, risalivano sul pattino e la madre guardando intorno al mare
calmo e luminoso diceva: "Come bello, nevvero?" Agostino
non rispondeva perchsentiva che il godimento di quella bel-
lezza del mare e del cielo, egli lo doveva soprattutto all'intimit profonda in cui erano immersi i suoi rapporti con sua madre.
Non ci fosse stata questa intimit gli accadeva talvolta di pen-
sare, che sarebbe rimasto di quella bellezza? Restavano ancora a
lungo ad asciugarsi, nel sole che, avvicinandosi il mezzod si fa-
ceva piardente; poi la madre si distendeva sulla traversa che
univa le due navicelle del pattino e, supina, i capelli nell'acqua
il viso rivolto al cielo, gli occhi chiusi, pareva assopirsi, mentre
Agostino, seduto sul banco, si guardava intorno, guardava la
madre e non fiatava per timore di turbare quel sonno. Ad un
tratto la madre apriva gli occhi e diceva che era un piacere
nuovo stare distesa sul dorso con gli occhi chiusi, sentendo l'ac-
qua trascorrere e ondeggiare sotto la schiena, oppure doman-
dava ad Agostmo che le porgesse il portasigarette; o meglio che
accendesse lui stesso la sigaretta e gliela desse, tutte cose che
Agostino eseguiva con compunta e trepida attenzione. Quindi
la madre fumava in silenzlo e Agostino se ne stava chino, vol-
tandole le spalle ma con la testa girata di fianco, in modo da po-
ter vedere le nuvolette di fumo azzurro che indicavano il luogo
dove la testa della madre riposava, i capelli sparsi nell'acqua.
Ancora, la madre che non sembrava mai saziarsi del sole, pre-
gava Agostino di remare e di non voltarsi: intanto lei si sarebbe
tolto il reggipetto e avrebbe abbassato il costume sul ventre, in
modo da esporre tutto il corpo alla luce solare. Agostino remava
e si sentiva fiero di questa incombenza come di un rito a cui gli
fosse concesso di partecipare. E non soltanto non gli veniva in
mente di voltarsi, ma sentiva quel corpo, ldietro di lui, nudo al
sole, come avvolto in un mistero cui doveva la massima venera-
zione.
Una mattina, la madre si trovava sotto l'ombrellone, e Ago-
stino, seduto sulla rena accanto a lei, aspettava che venisse la so-
lita ora della gita in mare. Tutto ad un tratto l'ombra di una
persona ritta paril sole davanti a lui: levati gli occhi, vide un
giovane bruno e adusto che tendeva la mano alla madre. Non ci
fece caso, pensando ad una delle solite visite casuali; e, tiratosi
un po' da parte, aspettche la conversazione fosse finita. Ma il
giovane non sedette come gli era proposto, e indicando sulla
riva il pattino bianco con il quale era venuto, invitla madre
per una passeggiata in mare. Agostino era sicuro che la madre
avrebbe rifiutato questo come tanti altri simili inviti precedenti;
grande percifu la sua sorpresa vedendola subito accettare, co-
minciare senz'altro a radunare la roba, i sandali, la cuffia, la
borsa, e poi levarsi in piedi. La madre aveva accolto la proposta
del giovane con una semplicitaffabile e spontanea in tutto si-
mile a quella che metteva nei rapporti con il figlio; con la stessa
semplicite spontaneit volgendosi ad Agostmo che era rima-
sto seduto e badava, a testa china, a far scorrere la rena nel pu-
gno chiuso, ella gli disse che facesse pure il bagno da solo, lei
andava per un breve giro e sarebbe tornata tra non molto. Il gio-
vane, intanto, come sicuro del fatto suo, gisi avviava verso il
pattino; e la donna, docilmente, si incammindietro dl lui con
la solita lentezza maestosa e serena. Il figlio, guardandoli, non
potfare a meno di dirsi che quella fierezza, quella vanit quel-
l'emozione che provava durante le loro partenze per il mare,
adesso dovevano essere nell'animo di quel giovane. Vide la ma-
dre salire sul pattino e il giovane, tirando indietro il corpo e
puntando i piedi contro il fondo, con poche remate vigorose
portare l'imbarcazione fuori dell'acqua bassa della riva. Il gio-
vane remava, la madre di fronte a lui si teneva con le due mani
al sedile e pareva chiacchierare. Poi il pattino gradualmente rim-
picciol entrnella luce abbagliante che il sole spandeva sulla
superficie del mare e in essa lentamente si dissolse.
Rimasto solo, Agostino si distese nella sedia a sdraio di sua
madre e, un braccio sotto la nuca, gli occhi rivolti al cielo, as-
sunse un atteggiamento riflessivo e indifferente. Gli pareva che
come tutti i bagnanti della spiaggia dovevano aver notato ne
giorni passati le sue partenze con sua madre, cos allo stesso
modo, non potesse essere loro sfuggito che quel giorno la madre
aveva lasciato a terra per andarsene con il giovane del pattino.
Per questo egli non doveva assolutamente mostrare i sentimenti
di disappunto e di delusione che l'amareggiavano. Ma per
quanto cercasse di darsi un'aria di compostezza e di serenitgli
sembrava egualmente che tutti dovessero leggergli in viso l'in-
consistenza e lo sforzo di questo atteggiamento. Ciche lo of-
fendeva di pinon era tanto il fatto che la madre gli avesse pre-
ferito il giovane, quanto la felicitgioiosa, sollecita, come pre-
meditata con la quale aveva accettato l'invito. Era come se ella
avesse deciso dentro di sdi non lasciarsi sfuggire l'occasione e
appena si presentasse, di coglierla senza esitare. Era come se ella
durante tutti quei giorni in cui era uscita in mare con lui, si
fosse sempre annoiata; e non ci fosse venuta che in mancanza di
compagma migliore. Un ricordo confermava questo suo malu-
more. Era accaduto ad un ballo in una casa amica a cui si era re-
cato insieme con sua madre. Con loro si trovava una sua cugina
che durante i primi giri, disperata di vedersi negletta dai ball-
rini, aveva accettato un paio di volte di andare con lui, ragazzo
dai pantaloni corti. Ma aveva ballato di malagrazia, con un viso
lungo e pieno di scontento; e Agostino, sebbene assorto a sorve-
gliare i propri passi, si era presto accorto di questo sdegnoso e
per lui poco lusinghiero stato d'animo. Tuttavia l'aveva invitata
una terza volta; e si era molto stupito di vederla ad un tratto
sorridere e alzarsi sollecitamente, dandosi con le due mani
colpo alla gonna spiegazzata. Soltanto, invece di corrergli tra le
braccia, la cugina lo evitava e andava incontro ad un giovane
che, al disopra della spalla di Agostino, le aveva rivolto un
cenno d'invito. Tutta questa scena non era durata pidi cinque
secondi e nessuno se n'era accorto fuorchAgostino stesso. Ma
egli era rimasto oltremodo umiliato; e aveva avuto l'impressione
che tutti avessero notato il suo smacco.
Adesso, dopo la partenza di sua madre con il giovane del pat-
tino, paragonava i due fatti e li trovava identici. Come la cugina,
sua madre non aveva aspettato che l'occasione propizia per ab-
bandonarlo. Come la cugina, con la stessa facilitpremurosa,
aveva accettato la prima compagnia che le fosse capitata. E a lui,
in ambedue i casi, era accaduto di ruzzolare gida un'illusione
come da una montagna, restando tutto ammaccato e dolente.
La madre, quel giorno, rimase in mare un paio d'ore, dall'om-
brellone egli la vide scendere sulla riva, porgere la mano al gio-
vane e, senza fretta, la testa china sotto il sole di mezzogiorno,
avviarsi verso la cabina. La spiaggia ormai era deserta; e questo
era una consolazione per Agostino, sempre convinto che la
gente avesse gli occhi fissi sopra di loro. "Che cosa hai fatto?"
gli chiese la madre con tono indifferente. "Mi sono molto diver-
tito, " incominciAgostino; e inventche era stato in mare an-
che lui con i ragazzi della cabina attigua alla loro. Ma gila ma-
dre non l'ascoltava pi correva verso la cabina per rivestirsi.
Agostino decise che il giorno dopo, appena avesse visto spun-
tare sul mare il pattino bianco del giovane, si sarebbe allonta-
nato con qualche pretesto; in modo da non soffrire per la se-
conda volta l'affronto di essere lasciato a terra. Ma il giorno
dopo, appena fece il gesto di allontanarsi, si sentrichiamare da
sua madre. "Vieni, " ella diceva alzandosi e radunando la roba,
"si va in mare. " Agostino, pensando che la madre avesse in
mente di congedare il giovane e restare sola con lui, la segu Il
giovane li aspettava ritto sul pattino; la madre lo salute disse
semplicemente: "Porto anche mio figlio. " CosAgostino, assai
scontento, si ritrovseduto accanto alla madre, di fronte al gio-
vane che remava.
Agostino aveva sempre visto sua madre ad un modo, ossia di-
gnitosa, serena, discreta. Fu assai stupito osservando, durante la
gita, il cambiamento intervenuto non soltanto nel suoi modi e
nei suoi discorsi, ma anche, si sarebbe detto, nella sua persona;
quasi che, addirittura, ella non fosse pistata la donna di un
tempo. Erano appena usciti in mare che la madre, con una frase
pungente e allusiva, per Agostino affatto oscura, aveva iniziato
una curiosa e serrata conversazione. Si trattava, a quel che pot capire Agostino, di un'amica del giovane la quale aveva un altro
corteggiatore pifortunato e accetto del giovane stesso; ma que-
sto non fu che il pretesto; poi il discorso continu insinuante,
insistente, dispettoso, malizioso. Dei due la madre pareva la pi aggressiva e al tempo stesso la pidisarmata; mentre il giovane
badava a risponderle con una calma quasi ironica, come sicuro
del fatto suo. La madre pareva a momenti scontenta e addirit-
tura adirata con il giovane; di che Agostino si rallegrava, ma su-
bito dopo, con sua delusione, una frase lusinghiera di lei di-
struggeva questa prima impressione. Oppure la madre muoveva
al giovane, con tono risentito, una filza di oscuri rimproveri. Ma
invece di vedere il giovane offendersi, Agostino sorprendeva sul
suo viso un'espressione di fatua vanit e concludeva che quei
rimproveri non erano tali che in apparenza; e nascondevano un
senso affettuoso che lui non era in grado di afferrare. Di lui, poi,
tanto la madre quanto il giovane, parevano persino ignorare l'e-
sistenza; come se non ci fosse stato; e la madre spinse questa
ostentata ignoranza fino al punto da ricordare al giovane che se
il giorno avanti era andata sola con lui, questo era stato da parte
sua un errore che non si sarebbe piripetuto. D'ora in poi, sem-
pre, il figlio sarebbe stato presente. Discorso questo che Ago-
stino ritenne offensivo, quasi che lui non fosse stato una persona
dotata di volontindipendente, bensun oggetto di cui si po-
teva disporre secondo le picapricciose convenienze.
Una sola volta parve che la madre si accorgesse della sua pre-
senza; e fu quando il giovane, lasciati ad un tratto i remi si
chinin avanti, con un viso intensamente malizioso, e le disse
sottovoce una breve frase che Agostino non riusca capire. Que-
sta frase ebbe il potere di far sobbalzare la madre di esagerato
scandalo e di finto orrore. "Abbia almeno riguardo a questo in-
nocente, " ella rispose indicando Agostino seduto al suo fianco.
Agostino, al sentirsi chiamare innocente fremette tutto di ripu-
gnanza; come a vedersi gettare addosso un cencio spirco e non
potere liberarsene.
Come si furono alquanto allontanati dalla riva, il giovane
propose alla madre di fare il bagno. Allora Agostino, che aveva
tante volte ammirato la discrezione e la semplicitcon cui ella si
lasciava scivolare nell'acqua, non potfare a meno di essere do-
lorosamente stupito dai gesti nuovi che adesso ella metteva in
quell'atto antico. Il giovane si era gettato in mare ed era giri-
spuntato a galla che la madre stava ancora esitante ad assaggiare
l'acqua con il piede, fingendo non si capiva se spavento o ritro-
sia. Si schermiva, protestava, ridendo e afferrandosi con le mani
al sedile, finalmente si sporse con tutto un fianco e una gamba
in un atteggiamento quasi indecente e si lascicadere mala-
mente tra le braccia del compagno. I due andarono sotto in-
sieme e insieme tornarono a galla. Agostino, rannicchiato sul se-
dile vide il voiro ridente della madre accanto a quello bruno e
serio del giovane; e gli parve che le guance si toccassero. Nel-
l'acqua limpida si potevano vedere i due corpi dimenarsi l'uno
accanto all'altro, come desiderosi di intrecciarsi, urtandosi con le
gambe e con i fianchi. Agostino li guardava, guardava la spiag-
gia lontana e Si sentiva superfluo e vergognoso. Alla vista del
SUO ViSO accigliato, la madre ebbe dall'acqua, dove si dimenava
per la seconda volta nella mattina, una frase che umilie riemp di vergogna Agostino. "Perchstai cosserio?. . . non vedi come
e bello qui? Dio mio che figlio serio che ho. " Agostino non ri-
spose e si limita girare altrove gli occhi. Il bagno dura
lungo, la madre e il compagno giocavano nell'acqua come due
delfini e parevano essersi del tutto dimenticati di lui. Fina-
mente risalirono. Il giovane rimontdi un balzo sul pattino e
poi si china tirar su la madre che dall'acqua invocava il suo
aiuto. Agostino guardava, vide le mani del giovane che per sol-
levare la donna, affondavano le dita nella carne bruna, la dove
il braccio pidolce e pilargo, tra l'omero e l'ascella. Poi
ella sedette sospirando e ridendo accanto ad Agostino; e con le
unghie aguzze si staccdal petto il costume fradicio in modo
che non ci aderissero le punte del capezzoli e la rotondita dei
seni. Ma Agostino ricordava che quando erano soli, la madre,
forte come era, non aveva bisogno di alcun aiuto per issarsi sul
pattino, e attribuquella richiesta di aiuto e quei dimenamenti
del corpo che pareva compiacersi in femmimili goffaggini, al
nuovo spirito che aveva gioperato in lei tanti e COSsgrade-
voli cambiamenti. In verit non potfare a meno di pensare,
pareva che la madre, donna grande e piena di dignit risentisse
adesso quella grandezza come un impaccio di CUI Si sarebbe di-
sfatta volentieri; e quella dignitcome un'abitudine noiosa a
cui, ormai, le convenisse sostituire non si capiva che maldestra
monelleria.
Risaliti i due sul pattino, si iniziil ritorno. Questa volta i
remi furono affidati ad Agostino e i due sedettero sopra la tra-
versa che congiungeva le due navicelle. Egli prese a remare
piano, nel sole che bruciava, domandandosi spesso che senso
avessero le voci, le risa e i movimenti che gli giungevano da die-
tro le spalle. Ogni tanto la madre, come ricordandosi della sua
presenza, tendeva un braccio e gli faceva all'indietro una malde-
stra carezza sulla nuca; oppure lo solleticava sotto l'ascella, do-
mandandogli se fosse stanco. "No, non sono stanco, " rispondeva
Agostino. Udiva il giovane dire ridendo:"Gli fa bene remare, " e
dava con rabbia un colpo piforte con i remi. La madre si ap-
poggiava con la testa al sedile su cui stava Agostino e teneva le
gambe lunghe distese, questo egli lo sapeva; ma non sempre gli
sembrava che questo atteggiamento fosse mantenuto. Ad un
certo punto, anzi, ci fu un tramestio e come una breve lotta, la
madre parve quasi soffocare, si levbalbettando qualcosa, il pat-
tino pencolda un lato e Agostino ebbe per un momento con-
tro la guancia il ventre della madre che gli parve vasto quanto il
cielo e curiosamente pulsante come per una vita che non le ap-
partenesse o comunque sfuggisse al suo controllo. " Torno a se-
dere, " ella disse stando in piedi, a gambe larghe, le mani aggrap-
pate alla spalla del figlio, "se mi promette di esser buono. " "Lo
prometto, " giunse con falsa e giocosa solennitla risposta del
giovane. Goffamente ella si lascidi nuovo scivolare sulla tra-
versa delle navicelle, e in quest'atto sfregil ventre contro la
guancia del figlio. Rimase ad Agostino, sulla pelle, l'umidore
del ventre chiuso nel costume fradicio, umidore quasi annullato
e reso fumante da un calore piforte; e pur provandone un vivo
senso di torbida ripugnanza, per un'ostinazione dolorosa non
volle asciugarsi.
Appena si furono alquanto avvicinati alla riva, il giovane
balzagilmente sul sedile e, afferrando i remi, ne scacciAgo-
stino che fu costretto a prendere il suo posto presso la madre.
Ella gli cinse subito la cintoia con un braccio, gesto insolito e
in quel momento, ingiustificato, chiedendogli: "Come va? sei
contento? " con un tono che non pareva aspettare alcuna rispo-
sta. Sembrava oltremodo lieta; e ad un tratto si mise a cantare
altro fatto insolito, con una voce melodiosa e certi patetici
gheggi che facevano rabbrividire Agostino. Pur cantando, non
cessava di stringerlo al suo fianco infradiciandolo coll'acqua di
CUI era imbevuto il costume e che pareva riscaldata e resa simile
ad una specie di sudore da quel suo acre, violento calore ani-
male. Cos la donna cantando, il figlio lasciandosi stringere con
animo pieno di fastidio e il giovane remando, in un quadro che
Agostino sentiva falso e accomodato, ritornarono a riva.
Il giorno dopo, il giovane si ripresent la madre fece venire
anche Agostino e Si ripeterono a un dipresso le medesime scene
del giorno prima. Poi, dopo un'interruzione di un paio di giorni
Ci fu una nuova gita. Finalmente, crescendo, come pareva, l'inti-
mita tra la madre e il giovane, costui venne tutte le mattine a
prenderla; e tutte le mattine toccad Agostino di accompa-
gnarli e assistere alle loro conversazioni e ai loro bagni. Egli
provava una viva ripugnanza per queste passeggiate; e, alla fine
incommcia ricorrere a mille pretesti per sottrarvisi. Ora scom-
pariva e non Si faceva pivedere se non quando la madre, dopo
averlo chiamato e cercato a lungo, lo costringeva a mostrarsi
non tanto con i Suoi richiami, quanto con la pietdolorosa che
destavano in lui la sua noia e il suo disappunto; ora si immuso-
niva sul pattino sperando che i due comprendessero e si decides-
sero a lasciarlo stare. Ma alla fine egli era sempre pidebole e
pietoso di sua madre e del giovane. Ai quali, invece, bastava che
lui venisse; poi dei suoi sentimenti, come potben presto ca-
pire, non si curavano piche tanto. Cos nonostante ogni suo
sforzo, le gite continuavano.
Un giorno Agostino stava seduto nella rena dietro la sedia a
sdraio della madre, aspettando di veder il pattino bianco spun-
tare sul mare e la madre agitare un braccio in segno di saluto
chiamando per nome il giovane. Ma l'ora in cui, di Solito, il gio-
vane appariva era passata; e la madre lasciava capire chiara-
mente, con l'espressione delusa e annoiata, che non sperava pi che venisse. Agostino si era spesso domandato quel che avrebbe
provato in tal caso; e aveva sempre pensato che la sua gioia sa-
rebbe stata almeno tanto grande quanto l'amarezza materna. Fu
stupito di non risentire invece che una vuota delusione; e com-
prese ad un tratto che quelle umiliazioni e quelle ripugnanze
delle gite quotidiane gli erano ormai quasi diventate negli ul-
timi tempi una ragione di vita. Cos pidi una volta, per un
torbido e inconsapevole desiderio di far soffrire la madre, le do-
mandse quel giorno non andassero in mare per la solita pas-
seggiata. Ella gli rispose ogni volta che non lo sapeva, ma che
era probabile che quel giorno non ci sarebbero andati. Stava di-
stesa nella sedia a sdraio, un libro aperto sulle ginocchia; ma
non leggeva, spesso gli occhi le andavano al mare, che nel frat-
tempo si era riempito di bagnanti e di imbarcazioni, con lo
sguardo particolare di chi cerchi invano qualcosa. Agostino,
dopo essere rimasto a lungo dietro la seggiola della madre, stri-
sciando nea rena le girintorno e ripetcon un tono di voce
che avvertiva lui stesso fastidioso e quasi canzonatorio: "Ma proprio vero? Oggi non si va in mare?" La madre forse sentla
canzonatura e il desiderio di farla soffrire; o, forse, quelle parole
imprudenti bastarono a far traboccare un'irritazione a lungo co-
vata. Ella levuna mano e con un colpo che Agostino senti
molle, quasi involontario e gipentito nel momento in CUI lo
vibrava, lasciandare un manrovescio molto forte sulla guancia
del ragazzo. Agostino non disse nulla; ma, fatta una capriola
sulla rena, si allontanper la spiaggia, a testa bassa, verso le ca-
bine. " Agostino. . Agostino, " udchiamare pivolte. Poi il ri-
chiamo tacque; e voltandosi gli parve persino di vedere, tra tutte
le imbarcazioni che gremivano il mare, il pattino candido del
giovane. Ma ormai non gli importava pinulla di tutto questo;
come chi abbia trovato un tesoro e corra a nascondersi per guar-
darlo a suo agio, con lo stesso senso pungente di scoperta egli
correva a rintanarsi con il suo schiaffo, cosa tanto nuova per lui
da parergli incredibile.

La guancia gli bruciava, aveva gli occhi pieni di la lacrime che
tratteneva a stento; e temendo che sgorgassero prima che giun-
gesse in qualche riparo, correva curvo sopra se stesso. L'amarezza
accumulata per tutti quei giorni in cui era stato costretto ad ac-
compagnare il giovane e la madre nelle loro gite, gli faceva ora un
torbido rigurgito; e quasi gli pareva che, liberandosene con un
pianto abbondante, avrebbe capito finalmente qualcosa di quelle
oscure vicende. Come giunse davanti la cabina, esitun momento
cercando un luogo dove rifugiarsi. Poi gli parve che la cosa pi semplice fosse rinchiudersi nella cabina stessa. La madre doveva
ormai essere in mare, nessuno l'avrebbe disturbato. Agostino sal in fretta la scaletta, aprl'uscio e, senza richiuderlo del tutto, and a sedersi in un angolo, sopra uno sgabello.
Si rannicchicon le ginocchia contro il petto, la testa appog-
giata contro la parete, e, presosi il viso tra le mani, incominci coscienziosamente a piangere. Lo schiaffo gli balenava tra le la-
grime; e si domandava perchmai, pur dandoglielo cosforte, la
mano della madre fosse stata tanto irresoluta e molle. Al cocente
senso di umiliazione che destava in lui la percossa, si mescola-
vano, piforti ancora se era possibile, mille sensazioni sgrade-
voli che in quegli ultimi tempi avevano ferito la sua sensibilit
Fra tutte, una gli tornava con piinsistenza alla memoria
quella del ventre della madre chiuso nella maglia fradicia, pre-
muto contro la sua guancia, fremente e agitato da non sapeva
che vogliosa vitalit Come certi altri schiaffi dati sui vestiti vec-
chi vi fanno apparire larghe chiazze di polvere, cosquella per-
cossa ingiusta, vibrata per impazienza dalla madre, gli risve-
gliava nitida la sensazione del ventre di lei premuto contro la
sua guancia. Gli pareva che questa sensazione a momenti si so-
stituisse a quella della percossa; a momenti invece si mescolava
ed era al tempo stesso palpito e bruciore. Ma mentre capiva che
lo schiaffo persistesse riaccendendosi ogni tanto sulla guancia
come un fuoco che si estingue, oscure gli restavano invece le ra-
gloni della tenace sopravvivenza di quella lontana sensazione.
Perch tra tante, gli era rimasta impressa e cosviva proprio
quella? Non avrebbe saputo dirlo; soltanto gli pareva che, fin-
chfosse vissuto, gli sarebbe bastato riandare con la memoria a
quel momento della sua vita per riavere intatto sulla guancia il
palpito del ventre e la bagnata ruvidezza della maglia fradicia.
Piangeva piano per non disturbare questo dolente lavorio
della memoria, pur piangendo schiacciava con le punte delle
dita, sulla pelle intrisa, le lacrime che lente ma ininterrotte gli
spicciavano dagli occhi. Nella cabina c'era una rada e afosa oscu-
rit ebbe ad un tratto la sensazione che l'uscio si aprisse; e
quasi desiderche la madre, pentita e affettuosa, gli ponesse una
mano sulla spalla e prendendogli il mento rivolgesse a sil suo
viso. E gisi preparava con le labbra a mormorare "mamma, "
quando udun passo entrare nella cabina e la porta richiudersi,
senza per questo che alcuna mano gli sfiorasse le spalle e gli ac-
carezzasse il capo.
Allora sollevil capo e guard Ritto presso la fessura della
porta socchiusa, in atteggiamento di chi spii, vide un ragazzo
che gli parve essere della sua stessa et Indossava un paio di
pantaloni corti, dal bordo rimboccato, e una canottiera scollata
con un largo buco in mezzo alla schiena. Un raggio sottile e ful-
gido di sole, passando tra le connessure delle assi della cabina,
faceva brillare sopra la sua nuca folti ricci color rame. A piedi
nudi, le mani alla fessura della porta, egli sorvegliava la spiaggia
e non pareva essersi accorto della presenza di Agostino.
Agostino si asciuggli occhi con il rovescio della mano e in-
cominci" Di' un po'. . . cosa vuoi?" Ma l'altro si volte gli fece
cenno di tacere. Voltandosi mostrun brutto viso lentiginoso
Agostino credette di riconoscerlo; era in tutti i casi qualche fi-
glio di bagnino o di marinaio; doveva averlo visto, pens spin-
gere in mare i pattini o fare simili cose in prossimitdello stabi-
limento.
"Si gioca a guardie e ladri, " disse il ragazzo dopo un mo-
mento, voltandosi verso Agostino. "Non debbono vedermi. "
"Che cosa sei tu?" domandAgostino asciugandosi in fretta
le lacrime.
"Un ladro, naturalmente, " rispose l'altro senza voltarsi.
Agostino considerava il ragazzo: non sapeva se gli era simpa-
tico, ma nella voce c'era un rozzo accento dialettale che gli riu-
sciva nuovo e l'incuriosiva. Inoltre, adesso, l'istinto gli suggeriva
che quel ragazzo rifugiatosi nella sua cabina era un occasione,
non avrebbe saputo dir quale; e che non doveva lasciarsela sfug-
gire.
Mi fai giocare anche a me?" chiese arditamente.
L'altro si volte gli diede una squadrata insolente. "Che c'en-
tri tu?" disse svelto, "noi si gioca tra amici. "
"Ebbene, " disse Agostino con vergognosa insistenza, " fate
giocare anche me. "
Il ragazzo levle spalle dicendo: "Ormai troppo tardi,
siamo gialla fine della partita. . "
"Sarper la prossima partita . "
"Non ne facciamo altre, " disse il ragazzo osservandolo dub-
bioso e come stupito da tanta insistenza "dopo si va in pineta. "
"Se mi volete ci verranch'io. "
Il ragazzo si mise a ridere, tra divertito e sprezzante: "Sei un
bel tipo tu. . . ma noi non ti si vuole. . . "
Agostino non si era mai trovato in questa condizione; ma l'i-
stinto, come gli aveva suggerito di chiedere al ragazzo di unirsi
alla partita, cosadesso pur di farsi accettare. . . "Senti, " disse irre-
soluto, "se. . . se mi fai entrare nel vostro gruppo. . . ti do qual-
cosa. . . "
L'altro si voltsubito, l'occhio acceso di avidit
"Che cosa mi dai ?"
"Quello che vuoi. "
"Di' tu quello che mi vuoi dare. "
Agostino indicun veliero assai grande, con tutte le vele ap-
piccate, che giaceva in fondo alla cabina insieme con altre cian-
"Ti do quello. " "Al banco Vespucci, " rispose il ragazzo. Teneva la sigaretta
"E io che me ne faccio?" rispose il ragazzo con una spalluc-
ciata.
"Puoi venderlo, " propose Agostino.
"Non me lo prendono, " disse il ragazzo con aria di espe-
rienza, "direbbero che roba rubata. . "
Agostino disperato si guardintorno. All'attaccapanni pende-
vano i vestiti della madre; in terra le scarpe; sopra un tavolino
un fazzoletto e qualche altro cencio; non c'era proprio alcun og-
getto nella cabina che gli sembrasse di poter offrire.
"Di' un po', " disse il ragazzo vedendo il suo smarrimento,
"hai delle sigarette?. . . "
Agostino ricordche proprio quel mattino sua madre aveva
messo nella gran borsa dell'attaccapanni, due scatole
di sigarette molto fini; e giubilante si affretta rispondere: "S esclam "non si fa mica cos . . guarda". Prese a sua volta la si-
"E si domanda?" disse l'altro con ironico disprezzo, "che
scemo sei. . . dammele, via. "
Agostino staccla borsa dall'attaccapanni, frug ne trasse le
due scatole che, come incerto sulla quantitche l'altro volesse,
mostral ragazzo.
"Le prendo tutte e due, " disse quello con disinvoltura affer-
rando le scatole. Guardla marca, fece schioccare la lingua in
segno di apprezzamento e soggiunse:"di' un po'. . . devi essere
ricco, tu. . . "
Agostino non seppe cosa rispondere. Il ragazzo prosegu"Io
mi chiamo Berto, e tu?"
Agostino disse il suo nome. Ma gil'altro non gli dava pi retta. Aperta con le dita impazienti una delle scatole, rotti i si-
gilli dell'involucro di cartone, ne toglieva una sigaretta e la por-
tava alle labbra. Poi trasse di tasca un fiammifero da cucina, l'ac-
cese sfregandolo contro la parete della cabina e, soffiata una
prima boccata di fumo, si affaccidi nuovo cautamente alla fes-
sura della porta.
"Vieni, andiamo, "disse dopo un momento facendo cenno ad
Agostino di seguirlo. Uno dietro l'altro uscirono dalla cabina.
Sulla spiaggia, Berto prese subito dalla parte della strada, die-
tro le file delle cabine.
Camminando sulla rena scottante, tra i cespugli di ginestre e
di cardi, egli disse:"Ora si va alla tana. . . tanto quelli sonopas-
sati e mi stanno cercando piin gi . . "
"Dov'la tana?" domando Agostino.
"Al banco Vespucci, " rispose il ragazzo. Teneva la sigaretta
con vanit tra due dita, come sfoggiandola e ne aspirava con ca-
parbia voluttlunghe boccate. "Tu non fumi?" domandad
Agostino.
"Non mi piace, " rispose Agostino che si vergognava di ri-
spondere che non aveva mai neppure pensato a fumare. Ma
Berto rise:"O piuttosto di' che la tua mamma non te lo per-
mette. . . di' la verit " Perpronunziqueste parole senza amici-
zia, con una specie di disprezzo. Porse ad Agostino la sigaretta, e
disse:"Su, fuma anche tu. . . "
Erano giunti sul lungomare e camminava a piedi nudi sul
pietrisco aguzzo, tra le aride aiuole. Agostino portla sigaretta
alle labbra, e aspirun po' di fumo, rigettandolo subito fuori
senza inghiottirlo.
Berto rise con disprezzo. "Questo lo chiami fumare, "
esclam " non si mica cos . . guarda". Prese a sua volta la si-
garetta, aspirlungamente girando attorno quelle sue oziose e
torve iridi celesti, quindi spalancla bocca e l'avvicinagli oc-
chi di Agostino. La bocca era vuota, come egli potvedere, con
la lingua che si arricciava in fondo al palato.
"Ora guarda, "disse Berto chiudendo la bocca. E soffiin fac-
cia ad Agostino una nuvola di fumo. Agostino tosse rise trepi-
damente. "Prova ora, "soggiunse Berto.
Passaccanto a loro un tramvai fischiando e sventolando le
tendine al vento. Agostino aspiruna nuova boccata e con uno
sforzo penoso inghiottil fumo. Ma il fumo gli anddi traverso
ed egli si mise a tossire, assai lamentosamente. Berto gli riprese
la sigaretta e, dandogli una gran manata sulla schiena, disse:
"Bravo. . . si vede che sei un gran fumatore. . . "
Dopo quest'esperimento camminarono in silenzio. Gli stabi-
limenti si seguivano agli stabilimenti, con le loro file di cabine
verniciate di colori chiari, i loro ombrelloni sbilenchi, i loro ar-
chi melensamente trionfali. La spiaggia, tra una cabina e l'altra
appariva gremita, ne giungeva un brusio festivo, anche il mare
scintillante era affollato di bagnanti.
"Dov'il bagno Vespucci?" domandAgostino affrettando il
passo dietro il suo nuovo amico.
"E l'ultimo. . . "
Agostino si domandse non gli convenisse tornare indietro:
la madre, se non era andata in pattino, certamente lo cercava.
Ma il ricordo dello schiaffo soffocquest'ultimo scrupolo. Che
quasi gli parve, andando con Berto, di perseguire non sapeva
che oscura e giustificata vendetta. "E il fumo dal naso, " gli do-
mandad un tratto Berto fermandosi, "sai cacciarlo?"
Agostino scosse la testa; e quello, stringendo tra le labbra la
sigaretta ormai ridotta ad un mozzicone, ne aspiril fumo e lo
rigettdalle narici. "Ora, " soggiunse, "mi faruscire il fumo
dagli occhi. Tu, per mettimi la mano sul petto e guardami ne-
gli occhi. " Ignaro, Agostino si avvicina lui, gli mise la palma
sul petto e guardin quelle pupille, aspettando di vederne
uscire davvero il fumo. Ma Berto con subitanea perfidia, gli
schiaccicon forza la sigaretta accesa sul dorso della mano e
gettando via il mozzicone, fece un salto di gioia, gridando "O
che scemo. . . che scemo. . . si vede proprio che non sai nulla. . . "
Il dolore aveva quasi accecato Agostino, il suo primo movi-
mento fu di gettarsi su Berto e percuoterlo. Ma l'altro, come se
lo vide correre incontro, si ferm strinse i pugni contro il petto
e con due soli colpi allo stomaco lo fece rimanere senza fiato e
quasi tramortito. "Pochi discorsi con me, " disse con cattiveria
"se vuoi, avrai la tua parte. . . " Agostino furioso si scaglidi
nuovo contro di lui, ma si sentiva debolissimo e predestinato ad
essere sconfitto. Questa volta Berto gli afferrla testa e, pren-
dendola sotto l'ascella, quasi strangolAgostino: il quale cess affatto dl dibattersi e suppliccon voce soffocata che lo la-
sciasse. Berto lo libere, fatto un salto indietro, si fermsu due
piedi mettendosi di nuovo in posizione di combattimento. Ma
Agostino aveva sentito scricchiolare le vertebre del collo e pi che spaventato era stupefatto dalla straordinaria brutalitdel ra-
gazzo. Gli pareva incredibile che a lui, Agostino, cui tutti ave-
vano sempre voluto bene, ora si potesse fare un male cosdeli-
berato e spietato. Soprattutto questa spietatezza lo stupiva e lo
sgomentava come un tratto affatto nuovo e quasi affascinante a
forza di essere mostruoso.
"Io non ti ho fatto alcun male, " disse con voce ansimante, "ti
ho dato le sigarette. . . e tu. . . " Egli non finla frase e le lacrime
gli riempirono gli occhi.
"Uh, piant'in tasca, " gridBerto sarcastico, "le rivuoi le tue
sigarette?. . . non so che farmene delle tue sigarette. . . riprendile e
torna dalla mamma. "
"Non importa, " disse Agostino sconsolato scuotendo il capo,
"ho detto cosper dire. . . tienile pure. "
"E allora andiamo, " disse Berto, "siamo arrivati. "
Agostino, portando alla bocca la scottatura che gli bruciava
forte, levgli occhi e guard Sulla spiaggia in quel punto non
c'erano che poche cabine, cinque o sei in tutto, sparse l'una a
gran distanza dall'altra. Erano cabine povere, di legno grezzo, tra
l'una e l'altra si scorgeva la spiaggia e il mare egualmente de-
serti. Soltanto alcune popolane stavano all'ombra di una barca
tirata a secco, quali in piedi, quali sdraiate sulla rena, tutte ve-
stite di certi antiquati costumi neri dalle mutande lunghe orlate
di bianco, indaffarate ad asciugarsi e ad esporre al sole le mem-
bra troppo bianche. Un arco dall'insegna dipinta di azzurro por-
tava la scritta Bagno Amerigo Vespucci. Una bassa baracca verde
affondata nella sabbia indicava la dimora del bagnino. Dopo
questo bagno Vespucci, il litorale, sprovvisto cosdi cabine sulla
spiaggia come di case sulla strada, continuava a perdita d'occhio,
in una solitudine di sabbia battuta dal vento, tra lo scintillio az-
zurro del mare e il verde polveroso della pineta.
Dalla strada, le dune, pialte in quel punto che altrove, na-
scondevano tutto un lato della baracca. Poi, come salirono in
cima alle dune, si scopruna tenda rappezzata e sbiadita di un
rosso rugginoso che doveva essere stata tagliata in una vecchia
vela di paranza. Questa tenda era legata per due capi a due perti-
che conficcate nella sabbia e per gli altri due alla baracca.
"Quella la tana, " disse Berto.
Si vedeva, sotto la tenda, un uomo seduto presso un tavoli-
netto sbilenco, in atto di accendersi un sigaro. Due o tre ragazzi
circondavano l'uomo, distesi sulla sabbia. Berto spiccuna corsa
e cadde a sua volta ai piedi dell'uomo gridando: "Tana. " Un po'
imbarazzato, Agostino si avvicinal gruppo. "E questo Pisa, "
disse Berto indicando Agostino. Il quale si meraviglidi questo
soprannome datogli con tanta rapidit Non erano ancora pas-
sati cinque minuti che aveva detto a Berto di essere nato a Pisa.
Agostino si distese anche lui in terra. La sabbia in quel luogo
non era cospulita come sulla spiaggia. Scorze di cocomero
schegge di legno, cocci verdi di terraglia e ogni sorta di detriti vi
apparivano commisti; qua e lla rena era crostosa e dura per le
secchiate d'acqua sporca buttate dalla baracca.
Agostino osservche i ragazzi, quattro in tutto, erano vestiti
poveramente. Dovevano, come Berto, essere anche loro figli di
marinai e di bagnini. "Era al bagno Speranza, " disse Berto tutto
di un fiato sempre parlando di Agostino, "dice che vuol giocare
anche lui a guardie e ladri. . . ma il gioco finito, no? te l'avevo
detto io che il gioco era finito. . . "
Si uda questo punto gridare: "Non vale. . . non vale. " Ago-
stino guarde vide venire correndo dal mare un gruppo di ra-
gazzi, le guardie probabilmente. Il primo era un ragazzotto di
forse piche sedici anni, atticciato e tozzo, in costume da ba-
gno; poi veniva, con grande meraviglia di Agostino, un negro;
terzo un biondo, che dal portamento e dalla bellezza del corpo
parve ad Agostino di origine pisignorile degli altri, ma come
si avvicin il costume tutto rotto e bucato e una certa elementa-
ritdi tratti nel bel volto dai grandi occhi cerulei, lo palesan-
ch'esso popolano. Dietro questi primi tre, seguivano altri quat-
tro ragazzl, tutti della stessa et tra i tredici anni e i quattordici.
Il ragazzotto nerboruto era di gran lunga il pivecchio e stu-
piva a prima vista che si mescolasse a quella compagnia fanciul-
lesca. Ma il suo viso color del pane poco cotto, dai tratti ine-
spressivi e ottusi, forniva, con la sua brutale stupidit la ragione
di questo inconsueto sodalizio. Egli non aveva quasi collo e il
suo torso liscio e senza un pelo, era largo alla cintola e ai fianchi
come alle spalle. "Tu ti sei nascosto in una cabina, " gridcon
violenza a Berto, "prova a negarlo. . . ora i patti escludevano le
cabine. . . "
"Non vero, " rispose Berto con eguale violenza, "di', tu
Pisa, " soggiunse rivolto ad Agostino, "non mi sono affatto na-
scosto in una cabina. . . si stava io e lui dietro l'angolo della ba-
racca dello Speranza. . . vi abbiamo visti passare. . . nevvero Pisa?"
"Veramente, " disse Agostino incapace di mentire, "tu ti sei
nascosto nella mia cabina. . . "
"Ecco, vedi, " gridl'altro scuotendo il pugno sotto il naso a
Berto, "ti schiaccerei la testa. . . bugiardo che sei. . . "
"Spia, " gridBerto in faccia ad Agostino, "ti avevo detto di
restare dov'eri. . . dalla mamma hai da tornare. . . " Era pieno di
una violenza incontenibile, bestiale, che oscuramente meravi-
gliava Agostino. Ma nel gesto che fece per rimproverarlo, una
delle scatole di sigarette gli cadde fuori dalla tasca. Egli fece per
raccoglierla, ma il ragazzotto fu pilesto di lui e, chinandosi in
fretta, l'afferre agitandole per l'aria, trionfante: "Sigarette, eh, "
grid "sigarette. . . "
"Dammele, " gridBerto avventandosi, furioso, "sono mie. . .
me l'ha regalate Pisa. . . dammele o ti. . . "
L'altro fece un passo indietro e aspettche Berto fosse a tiro.
Come gli fu vicino, prese tra i denti la scatola delle sigarette, e
comincia martellargli metodicamente con i due pugni lo sto-
maco. Poi, con uno sgambetto, lo fece stramazzare a terra.
"Dammele, " gridancora Berto rotolando nella sabbia. Ma
quello con un riso ottuso grid "Ne ha delle altre. . . sotto ra-
gazzi. . . " e tutti insieme i ragazzi, con un accordo che stupAgo-
stino, si buttarono su Berto. Per un momento, ai piedi del-
l'uomo che continuava a fumare appoggiato al tavolino, ci fu un
aggrovigliarsi di corpi in un gran polverio di rena. Finalmente il
biondo, che pareva il piagile, si districdal mucchio e si lev in piedi agitando trionfante per aria la seconda scatola di siga-
rette. Si levarono uno per uno anche gli altri; e per ultimo
Berto. Tutto il suo brutto viso lentigginoso era contratto da un
intenso furore. "Cani. . . ladri, " gridagitando il pugno e sin-
ghiozzando. Lagrimava con rabbia e ad Agostino faceva un certo
effetto strano e nuovo vedere il suo tormentatore a sua volta tor-
mentato e trattato non meno spietatamente di quanto avesse
poco avanti trattato lui. "Cani. . . cani, " gridancora. Il ragaz-
zotto gli si avvicin gli lasciandare un ceffone che suon secco e fece saltare di gioia gli altri compagni. "La vuoi smettere
so no?" Berto, come forsennato, corse all'angolo della baracca,
si chin afferrcon le due mani una pietra enorme e la scagli contro il suo nemico, il quale si scansleggermente con un fi-
schio di derisione. "Cani, " gridancora Berto singhiozzando e
tuttavia tenendosi per prudenza dietro l'angolo della baracca.
Singhiozzava grosso, con una furia persino nel pianto in cui pa-
reva sfogarsi non si capiva che amarezza volgare e ripugnante.
Ma i compagni ginon si occupavano pidi lui. Si erano di
nuovo sdraiati sulla rena. Il ragazzotto apriva la scatola di siga-
rette e cosil biondo. Ad un tratto l'uomo seduto al tavolino
che aveva assistito a questa rissa senza far motto, disse: "Datemi
quelle sigarette. "
Agostino guardl'uomo. Era grande e grosso, poteva avere
un po' meno dl cinquant'anni. Aveva una testa sorniona e fred-
damente benevola. Calvo, con la fronte curiosamente confor-
mata come una sella, i piccoli occhi ammiccanti, il naso rosso e
aquilino, le narici scoperte e piene di venuzze vermiglie ripu-
gnanti a vedersi. Aveva baffi spioventi e sotto i baffi la bocca un
po' storta che stringeva il sigaro. Indossava un camiciotto sbia-
dito e un paio di pantaloni di cotone turchino, un pantalone gli
scendeva fino alla caviglia, l'altro era rimboccato sotto il ginoc-
chio. La pancia, l'aveva cinta da una fascia nera. Ultimo partico-
lare che accrebbe in Agostino il primo ribrezzo, egli si accorse
che il Saro, cossi chiamava il bagnino, aveva in ambo le mani
non cinque ma sei dita che davano alle mani un aspetto enorme
e numeroso e piche dita parevano tozzi tentacoli. Agostino
studia lungo quelle mani ma non gli riuscdi capire se il Saro
avesse due indici o due medi o due anulari. Parevano tutti di
eguale lunghezza, fuorchil mignolo che spuntava un po' fuori
dalla mano come un rametto alla base di un tronco nodoso. Il
Saro si tolse di bocca il mezzo sigaro e ripetsemplicemente:
"Allora, queste sigarette. . . "
Il biondo si leve anda mettere la scatola sul tavolino.
"Bravo Sandro, " disse il Saro.
"E se io non volessi darle?" gridcon tono di sfida il ragaz-
zotto.
"Dalle, Tortima. . . farai bene a darle, " gridarono da piparti
varie voci. Il Tortima si guardattorno, guardil Saro che, le
sei dita della mano destra sulla scatola di sigarette, lo fissava con
i piccoli occhi socchiusi e poi, dopo aver proferito: "E sia. . . ma
non giusto, " si leve venne a mettere anche lui la scatola sulla
tavola.
"Ora farle parti, " disse il Saro con una voce dolce e affa-
bile. Senza togliersi di bocca il sigaro, strizzando gli occhi, apr una delle scatole, prese una sigaretta con quelle sue dita molte-
plici e tozze che parevano inabili ad afferrare e la gettal negro:
"To', Homs. " Ne prese un'altra e la buttad un altro ragazzo
una terza la fece volare tra le mani riunite di Sandro; una quarta
la manda colpire il viso stolido di Tortima, e cosvia. "Tu la
vuoi?" domanda Berto, che ringoiate le lagrime, era tornato
zitto zitto a sdraiarsi tra i compagni. Quello, mortificato, ac-
cenndi se gli arrivin volo la sigaretta. Ricevuta ciascuno
dei ragazzi la sua sigaretta, egli fece per chiudere la scatola an-
cora mezza piena, ma si ferme chiese ad Agostino: "E tu, Pisa,
la vuoi?" Agostino avrebbe voluto rifiutarla; ma Berto gli diede
un pugno alle costole sussurrandogli: "Chiedila, scemo. . . si
fuma poi insieme. " Agostino disse che la voleva ed ebbe anche
lui la sua sigaretta. Il Saro allora chiuse la scatola.
"E le altre. . . le altre, " gridarono tutti insieme i ragazzi.
"Le altre le avrete i giorni prossimi, " rispose il Saro calmo.
"Pisa. . . prendi queste sigarette e va a riporle nella baracca. . . "
Nessuno fiat Agostino, assai impacciato, prese le due sca-
tole e scavalcando i corpi distesi dei ragazzi, andalla baracca ed
entr La baracca, come appariva, non aveva che una sola stanza;
e gli piacque per la sua piccolezza come una casa di fiaba. Il sof-
fitto era basso, di travi imbiancate, le pareti di assi grezze. Due
finestre minuscole ma complete, con davanzale, piccoli vetri
quadrati, sportelli, tendine e persino qualche vaso di fiori, dif-
fondevano una luce bassa e smorzata. Un angolo era occupato
dal letto, ben rincalzato, con un guanciale bianco di bucato e
una coperta rossa, in un altro c'era un tavolo rotondo e tre seg-
giole. Sopra il piano di marmo di un cassettone si vedevano due
di quelle bottiglie che contengono piccoli velieri o navi a va-
pore. Le pareti erano tutte coperte di vele agganciate a chiodi, di
remi appaiati e di altri attrezzi marittimi. Agostino pensche
dovesse essere molto invidiabile chi possedeva una baracca come
quella, cospiccola e coscomoda. Si avvicinalla tavola sulla
quale era posata una grossa ciotola slabbrata di porcellana piena
di mezzi sigari, vi depose le due scatole di sigarette e riusci fuor
nella luce del sole.
Tutti i ragazzi, distesi bocconi sulla sabbia intorno il Saro, fu-
mavano adesso con dei gran gesti dimostrativi di delizia. E in-
tanto discutevano di qualcosa che non gli riuscdi afferrare. " E
io ti dico che lui, " affermava in quel momento Sandro.
"La madre una bella donna, " disse una voce ammirativa, " la pibella donna della spiaggia. . . io e Homs un giorno siamo
stati sotto la cabina per vederla spogliarsi. . . ma ci caduta la ve-
ste sugli occhi e non abbiamo veduto nulla. . . ha certe gambe. . . e
un petto. . . "
"Il marito non si vede mai, " osservuna terza voce.
"Non aver paura. . . lei si consola. . . sai con chi? con quel gio-
vanotto della villa Sorriso. . . quello bruno. . . lui viene a prenderla
tutti i giorni con il pattino. "

"Fosse soltanto lui. . . chiunque si fa avanti se la prende, " disse
qualcuno con malignit
"S ma non lui, " insistette un altro.
"Di', su, Pisa, " domandad un tratto Sandro con autoritad
Agostino, "tua madre non quella signora che sta al bagno Spe-
ranza? Alta, bruna, con le gambe lunghe. . . e porta il costume a
due pezzi, a strlsce? e ha un neo a sinistra, presso la bocca?"
"S perch" domandAgostino impacciato
"E' lui. . . lui, " disse Berto trionfante. E in uno slancio di in-
vidiosa malignit "Sei tu che reggi il lume, eh?. . . andate in pat-
tino al largo lei, tu e il ganzo. . . sei tu che reggi il lume. " Queste
parole furono seguite da uno scoppio generale di risa. Anche il
Saro, sotto i baffi, sorrise.
"Non so cosa dite, " rispose Agostino impacciato e incom-
prensivo, arrossendo. Sentiva che avrebbe dovuto protestare; ma
quegh scherzl grossolani destavano in lui un sentimento ina-
spettato, quasi crudele, di compiacimento; come se, con quelle
parole, i ragazzl Ignari avessero vendicato tutte le umiliazioni
che da ultimo la madre gli aveva inflitto. D'altra parte lo para-
lizzava lo stupore di scoprirli cosbene informati sulle cose sue.
"Eh, va l innocentino, " disse la solita voce maligna
"Chissche fanno. . . vanno sempre lontano. . . di' un po', " in-
terrogil Tortima con sorniosa seriet "dicci che fanno. . . Iui la
bacia, eh?" Egli si mise il dorso della mano contro le labbra e vi
schloccun grosso bacio.
"Veramente, " disse Agostino, il viso acceso di vergogna, "an-
diamo al largo per fare il bagno. "
"Ah, ah, il bagno, " dissero pivoci sarcastiche
"Mia madre fa il bagno e anche Renzo. . . "
"Ecco, si chiama Renzo, " disse uno con sicurezza, come ritro-
vando il filo perduto della memoria; "Renzo. . . un bruno,

"Renzo e la mamma che fanno?" domandad un tratto Berto
tutto rmgalluzzlto; "fanno. . . ?" egli fece un gesto espressivo con
la mano, "e tu stai a guardarli eh?"
"Io, " ripetAgostmo spaurito volgendosi intorno. Tutti ride-
vano soffocando le rlsate nella sabbia. Il solo Saro lo osservava
con attenzlone, senza muoversi nfar motto. Disperato, egli lo
guardo, come per Implorare aiuto.
Il Saro parve afferrare quello sguardo. Si tolse il sigaro di
bocca e dlsse: "Ma non vedete che non sa nulla?"

Un improvviso silenzio segula gazzarra. "Come non sa
nulla?" domandil Tortima che non aveva capito.
"Non sa nulla, " ripetil Saro con semplicit E quindi rivolto
ad Agostino, raddolcendo la voce: "Di' Pisa. . . un uomo e una
donna. . . che fanno? Io sai?"
Tutti parevano trattenere persino il fiato. Agostino guardil
Saro che fumava e lo considerava tra le palpebre socchiuse,
guardi ragazzi che parevano tutti gonfi di risa maltrattenute,
quindi ripetmeccanicamente, gli occhi rabbuiati come da una
nube: "Un uomo e una donna?"
"S tua madre e Renzo, " spiegcon brutalitBerto.
Agostino avrebbe voluto dire: "Non parlate di mia madre. "
Ma la domanda mentre risvegliava in lui tutto un brulichio di
sensazioni e di ricordi oscuri, lo sconcertava troppo per permet-
tergli di parlare. "Non lo sa, " taglicorto il Saro passando il si-
garo dall'angolo destro a quello sinistro della bocca: "Su. . . chi
glielo vuol dire?" Agostino si guardintorno sperduto: pareva
proprio di essere a scuola, ma quale maestro e quah scolan.
"Io. . . io. . . io, " gridarono tutti insieme i ragazzi. Lo sguardo in-
certo del Saro spaziper un momento su tutti quei visi infiam-
mati di emulazione; poi egli disse: "Anche voi non lo sapete ve-
ramente. . . lo avete soltanto udito dire. . . lo dica chi lo sa dav-
vero. . . " Agostino vide tutti i ragazzi ammutolire e guardarsi.
"Tortima, " disse qualcuno. Un'espressione di vanitilluminil
volto al ragazzotto; e fece per alzarsi; ma con estremo rancore
Berto disse: "Se l'tutto inventato. . . non vero nulla. " "Come,
non vero nulla!" gridil Tortima scagliandosi contro Berto,
"le bugie le dici tu, bastardo. . . " Ma Berto questa volta era stato
lesto a scappare e sporgendosi dall'angolo della baracca, il rosso
viso lentigginoso deformato dall'odio, si mise a far delle boc-
cacce e a tirar la lingua al Tortima. Il quale, minacciandolo con
il pugno, grid "Non tornare, sai. " Ma la sua candidatura in
qualche modo era stata sfatata da questo mtervento dl Berto.
"Lo dica Sandro, " gridarono tutti i ragazzi ad una voce.
Bello ed elegante, le braccia incrociate sul largo petto bruno
su cui sfavillavano come oro radi peluzzi biondi, Sandro si fece
avanti nel cerchio dei ragazzi sdraiati sulla rena. Agostino not che aveva gambe forti e abbronzate tutte avvolte come da un
polverio aureo. Altri peli biondi gli scappavano all'inguine,
fuori dalle sdruciture delle rosse mutandine da bagno. "E molto
semplice, " egli disse con voce chiara e forte. E parlando lenta-
mente e aiutandosi con gesti efficaci ma privi, si sarebbe detto,
di volgarit spiegad Agostino ciche gli pareva di aver sem-
pre saputo e, come per un profondo sonno, dimenticato. La sua
spiegazione fu seguita da altre dimostrazioni meno sobrie. Al-
cuni dei ragazzi facevano gesti triviali con le mani; altri ripete-
vano ad alta voce parole nuove e brutte all'orecchio di Ago-
stino; due dissero: "Gli mostriamo come si fa, " e caddero ab-
bracciati sussultando e dimenandosi, l'uno sull'altro, sulla sabbia
scottante. Sandro, contento del successo, si era ritirato da parte e
finiva in silenzio la sua sigaretta. "Ora hai capito?" domandil
Saro appena la gazzarra si fu un poco lttenuata.
Agostino accenndi scon la testa. In realtnon aveva tanto
compreso quanto assorbito la nozione come si assorbe un far-
maco o un veleno e l'effetto lper lnon si fa sentire ma si sa
che il dolore o il benessere non potrfare a meno di verificarsi
pitardi. La nozione non era nella sua mente vuota, dolente e
attonita, bensin qualche altra parte del suo essere, nel suo
cuore gonfio di amarezza, in fondo al suo petto che si stupiva di
accoglierla. Era, la nozione, simile ad un oggetto rutilante e ab-
bagliante che non si puguardare per lo splendore che emana e
di cui si indovinano a mala pena i contorni. Gli pareva di averla
sempre posseduta; ma mai risentita con tutto il suo sangue
come in quel momento.
"Renzo e la madre di Pisa, " uddire da qualcuno alle sue
spalle, "io sono Renzo e tu sei la madre di Pisa, proviamo. " Si
voltdi scatto e vide Berto che, con un gesto sguaiato e un'an-
cor pisguaiata cerimonia, domandava inchinandosi ad un al-
tro: "Signora. . . vuol favorire in pattino. . . si va a fare il bagno. . .
Pisa ci accompagna. . . "; e allora un'ira improvvisa l'accece si
lancisu Berto gridando: "Ti proibisco di parlare di mia ma-
dre. " Ma prima ancora che potesse accorgersi di quello che era
successo, si ritrovsupino sulla sabbia, tenuto fermo dalle gi-
nocchia di Berto e tempestato di pugni su tutto il viso. Gli
venne da piangere, ma, comprendendo che le lagrime avrebbero
offerto il destro a nuove beffe, con uno sforzo supremo riusca
dominarsi. Quindi, coprendosi il viso con un braccio, stette im-
mobile come morto. Berto, dopo un poco, lo lasci e lui, mal-
concio, torna sedersi ai piedi del Saro. Ora, con volubilit i ra-
gazzi giparlavano d'altro. Uno di essi domanda bruciapelo ad
Agostino: "Siete ricchi voialtri? "
Agostino, adesso, era tanto intimorito che non sapeva piche
dire. Rispose tuttavia. "Credo di s "
"Quanto. . . un milione. . . due milioni. . . tre milioni?"

"Non lo so, " disse Agostino impacciato.
"Avete una casa grande?"
"S " disse Agostino; e rassicurato dal tono picortese che as-
sumeva il dialogo non potresistere ad una vanitdi proprieta-
rio. "Abbiamo venti stanze. "
"Venti stanze, " ripetuna voce ammirativa.
"Bum, " disse un'altra voce con incredulit
"Abbiamo due salotti, " disse Agostino, "e poi c'lo studio di
mio padre. . . "
"Il cornuto, " disse una voce. "Che era di mio padre, " si af-
fretta soggiungere Agostino quasi con la speranza che questo
particolare gli attirasse la simpatia dei ragazzi, "mio padre morto. "
Ci fu un momento di silenzio. "Allora tua madre vedova?"
domandil Tortima.
"Eh gi . . si capisce, " dissero alcune voci in tono di canzona-
tura.
"Che c'entra. . . poteva essersi risposata, " si difese il Tortima.
"No. . . non s'risposata, " disse Agostino.
"E avete anche l'automobile?" domandun'altra voce.
"S."
"Con l'autista?"
"S "
"Di' a tua madre che sono pronto a farle da autista, " grid qualcuno.
"E in quei salotti che ci fate?" chiese il Tortima che pidi
tutti pareva impressionato dai racconti di Agostino. "Ci date dei
balli ?"
"S mia madre riceve, " rispose Agostino.
"Chissquante belle donne, " disse il Tortima come parlando
a se stesso: "quante persone vengono?"
"Mah, non so. "
"Quante?"
"Venti o trenta, " rispose Agostino ormai rassicurato e non
poco vano del successo ottenuto.
"Vcnti o trenta. . . e che fanno?"
"Che vuoi che facciano, " disse Berto con ironia, "balleranno,
si divertiranno. . . sono ricchi loro, mica poveri come noi. . . fa-
ranno l'amore. . . "
"No. . . I'amore no, " disse Agostino coscienzioso, anche per
mostrare che ormai intendeva perfettamente quel che la frase
volesse dire.
Il Tortima pareva lottare con un'idea oscura che non riusciva
a formulare. Finalmente disse: "Ma se io, ad un tratto, mi pre-
sentassi in uno di quei ricevimenti. . . e dicessi. . . eccomi qui. . . che
cosa faresti tu?"
E cosdicendo, si levin piedi e fece proprio il gesto di chi si
presenta, con spavalderia, il petto in fuori e le mani sulle anche.
Tutti i ragazzi scoppiarono a ridere. "Ti pregherei di andartene
via, " disse Agostino con semplicit incoraggiato dalle risa dei

ragazzi.
"E se io m'ostinassi a non andarmene?"
"Ti farei mandar via dai camerieri. "
"Avete anche dei camerieri?" chiese qualcuno.
"No. . . ma quando ci sono dei ricevimenti mia madre li af-
fitta. "
"Toh. . proprio come tuo padre. " Uno dei ragazzi doveva es-
sere flgho dl un camerlere.
"E se io resistessi ai camerieri. . . gli rompessi il muso e poi mi
facessi in mezzo alla sala e gridassi: 'siete un mucchio di mascal-
zoni e di troie'. . . che cosa diresti tu?" insistette il Tortima mi-
naccioso, avvicinandosi ad Agostino e girandogli il pugno sotto
Il naso, come per farglielo odorare. Ma questa volta tutti insor-
sero contro il Tortima, non tanto perchparteggiassero per
Agostino quanto per il desiderio di udire altri particolari di que-
sta favolosa ricchezza.
"Ma lascialo stare. . . ti caccerebbero a pedate e farebbero an-
che bene, " si sentiva protestare d'ogni parte. Berto con disprezzo
disse: "Che c'entri tu. . . tuo padre fa il marinaio. . . anche tu farai
il marinaio. . e se ti presentassi in casa di Pisa certo non gridere-
sti nulla. . . mi par di vederti. . . " soggiunse levandosi in piedi e
fingendo la supposta umiltdel Tortima in casa di Agostino
"'scusino, sta qui di casa il signor Pisa?. . . scusino. . . sono ve-
nuto. . . non importa, scusino tanto. . . scusino il disturbo, torner
mi par di vederti. . . faresti degli inchini fin sulle scale. . . "
Tutti i ragazzi risero. Il Tortima, stupido quanto brutale, non
osmettersi contro quelle risa; ma cercando in qualche modo
una rivalsa, domandad Agostino: "Sai fare il braccio di ferro?"
"Il braccio di ferro?" ripetAgostino.
"Non sa che cos'il braccio di ferro, " dissero parecchie voci
ironiche. Sandro si avvicin prese il braccio ad Agostino, glielo
rlplegcostringendolo a stare con la mano in aria e il gomito
puntato nella rena. Intanto il Tortima si era disteso bocconi per
terra e aveva messo il braccio nello stesso modo. "Devi spingere
da una parte, " disse Sandro, "Tortima spingerdall'altra. "
Agostino prese la mano del Tortima. Costui, con un colpo
solo, gli atterril braccio e si levtrionfante.
"Vediamo io, " disse Berto; con la stessa facilitdel Tortima,
egli atterril braccio ad Agostino e si leva sua volta. "Io. . . io, "
gridarono i compagni. Uno dopo l'altro si provarono e vinsero
tutti Agostino. Si presentalfine il negro; e una voce disse: "Se
ti fai vincere da Homs. . . beh, allora hai proprio le braccia di
panno. " Agostino decise che almeno il negro non l'avrebbe
vinto.
Il negro aveva braccia sottili, color del cafftostato, gli parve
che le sue fossero piforti. "Su, Pisa, " disse il negro con me-
lensa spavalderia, distendendosi davanti a lui. Aveva una voce
senza nerbo, come di femmina, e appena il suo viso fu ad un
palmo da quello di Agostino, costui vide che non aveva il naso
schiacciato, come si poteva supporre, bensaquilino, piccolo e
ritorto in se medesimo come un riccio di carne unta e nera, con
una specie di neo pichiaro, quasi giallo, sopra una delle narici.
Anche la bocca non era grossa come quella dei negri, ma sottile
e violacea. Gli occhi li aveva tondi e bianchi, oppressi dalla
fronte gonfia su cui si levava una gran zazzera fuligginosa. "Su
Pisa. . . non ti farmale, " soggiunse inserendo in quella di Ago-
stino la mano delicata, dalle sottili dita nere unghiate di rosa.
Agostino aveva notato che se avesse tirato un po' pisu l'omero
avrebbe potuto, senza parer di nulla, pesare con tutta la persona
sulla propria mano, e questo semplice accorgimento gli permise
dapprima di reggere e contenere lo sforzo di Homs. Per un
lungo momento contrastarono senza superarsi, in un cerchio at-
tento di ragazzi. Agostino stava con il viso teso ma fermo, con-
tratto tutto il corpo nello sforzo, il negro invece faceva una
grande smorfia, digrignando i denti bianchi e strizzando gli oc-
chi. "Vince Pisa, " disse ad un tratto una voce in tono di meravi-
glia. Ma nello stesso momento un terribile dolore corse ad Ago-
stino per la spalla e tutto il braccio, sfinito egli abbandonla
presa dicendo: "No, piforte di me. " "La prossima volta mi
vincerai, " disse il negro levandosi, con una sua cortesia antipa-
tica e melliflua. "Anche Homs ti vince. . . sei proprio buono a
nulla, " disse il Tortima con disprezzo. Ma ora i ragazzi parevano
stanchi di prendere in giro Agostino. "Si va in mare?" propose
uno. "S . . s . . in mare, " gridarono tutti. E a salti e a capriole,
eccoli correre attraverso la spiaggia, sulla sabbia ardente, verso il
mare. Agostino, seguendoli da lontano, li vide gettarsi l'uno
dopo l'altro, a capofitto come pesci, nell'acqua bassa, tra grandi
schlzzi e gridi di gioia. Come giunse a riva, il Tortima emer-
gendo dall'acqua come una bestia, prima con la groppa poi con
il capo, gli grid "Tuffati, Pisa. . . che fai laggi" "Sono ve-
stito, " disse Agostino. "Ora ti svesto io, " rispose il Tortima con
cattiverla. Agostmo cercdi sfuggire ma non fece a tempo. Il
Tortima l'acchiapp lo trascinnonostante i suoi sforzi e, ca-
dendo insieme con lui, con maligna spietatezza gli tenne la testa
sott'acqua, fin quasi a farlo soffocare. "Arrivederci Pisa, " grid poi slanciandosi a nuoto. Poco pilontano si vedeva Sandro in
piedi sopra un pattino, in atto di manovrare con eleganza tra i
ragazzi che gli schiamazzavano intorno e cercavano di arrampi-
carsi sulle navicelle. Fradicio e ansimante, Agostino torna riva
e per un momento guardil pattino carico di ragazzi che si al-
lontanava sul mare deserto, nel sole accecante. Poi, camminando
in fretta sulla sabbia specchiante, in riva al mare, si avviverso
il bagno Speranza.

Non era costardi, come temeva; giunto allo stabilimento,
scoprche la madre non era ancora tornata. La spiaggia si vuo-
tava; pochi bagnanti indugiavano ancora, radi e isolati nel mare
che scintillava forte, Ia gente, languida e accaldata, se ne andava
in fila sotto il sole meridiano, per il sentiero di tavole che por-
tava alla strada. Agostino sedette sotto l'ombrellone e aspett
Gli pareva che la gita della madre si prolungasse fuori dell'ordi-
nario; e dimenticando che il giovane del pattino era arrivata
molto pitardi del solito e che non era stata la madre a voler-
sene andar sola benslui a scomparire, si diceva che quei due
avevano certamente approfittato della sua assenza per fare le
cose di cui avevano parlato i ragazzi e il Saro. Non provava a
questo pensiero alcun senso di gelosia bensun tremito tutta
nuovo e strano di complicit di curiosite di cupa e compia-
ciuta approvazione. Era giusto che sua madre agisse a quel
modo con il giovane, che se ne andasse ogni giorno con lul in
pattino e che in quel momento, lontano dagli sguardi indiscreti
tra cielo e mare, si abbandonasse tra quelle braccia; era giusto e
lui ormai era perfettamente in grado di rendersene conto. Tra
questi pensieri scrutava il mare cercandovi i due amanti.
Finalmente il pattino apparve, non piche un punto chiaro
sul mare deserto, rapidamente si awicin egli vide sua madre
seduta sul banco e il giovane che remava. I remi si alzavano e si
abbassavano e ogni colpo di remi era accompagnato da uno scin-
tillio fulgido dell'acqua smossa. Allora si leve andsulla riva.
Voleva vedere sbarcare la madre, osservare bene in lei le tracce
di quell'intimita cui aveva per tanto tempo partecipato senza
comprenderla e che ora, alla luce delle rivelazioni del Saro e dei
ragazzi, gli sembrava che dovesse apparirgli in una maniera
tutta nuova, piena di una evidenza impudica e parlante. Dal pat-
tino, prima ancora che approdasse la madre gli fece un gran
cenno di saluto con la mano; poi saltallegramente nell'acqua e
in pochi passi fu accanto al figlio. "Hai fame?. . . ora andiamo su-
bito a mangiare. . . arrivederci. . . arrivederci. . . a domani, " sog-
giunse con voce melodiosa voltandosi e salutando il giovane. Ad
Agostino parve picontenta del solito; e pur seguendola attra-
verso la spiaggia, non potfare a meno di pensare che c'era stata
nei suoi saluti al giovane una gioia ebbra e patetica; come se
quel giorno fosse veramente accaduto ciche la presenza del fi-
glio aveva sin allora impedito. Ma qui si fermavano le sue osser-
vazioni e i suoi sospetti; per il resto, salvo quella gioia goffa e
cosdiversa dalla solita dignit non gli era possibile capire in al-
cun modo quel che fosse avvenuto durante la gita e se tra i due
gicorressero rapporti d'amore. Il viso, il collo, le mani, il
corpo, per quanto scrutati con nuova e crudele consapevolezza
non rivelavano i segni dei baci e delle carezze che avevano rice-
vuto. Agostino piguardava sua madre e pisi sentiva deluso.
"Siete stati soli. . . oggi, senza di me, " prova dirle mentre si
avviavano alla cabina. Quasi sperando che ella gli rispondesse
"S . . e finalmente abbiamo potuto amarci. " Ma la madre parve
interpretare questa frase come una allusione allo schiaffo e alla
fuga susseguente. "Non parleremo pidi quello che avve-
nuto, " ella disse fermandosi ad un tratto, stringendolo con le
due mani per le spalle, e fissandolo in viso con quei suoi occhi
ridenti ed eccitati. "Nevvero? Io so che tu mi vuoi bene. . .
dammi un bacio e non se ne parli pi " Agostino si trovad un
tratto con il viso su quel collo un tempo cosdolce per il pro-
fumo e il calore di cui era castamente avvolto, ma gli parve di
avvertire sotto le labbra un palpito nuovo seppur debole, come
l'ultimo guizzo dell'aspro risentimento che doveva aver susci-
tato in quella carne la bocca del giovane. Poi la madre salin
fretta la scaletta della cabina; e, il viso acceso da non sapeva che
vergogna, egli si distese sulla rena.
Pitardi, mentre si avviava con lei verso casa, rimescola
lungo, in fondo all'animo conturbato, i nuovi e ancora oscuri
sentimenti. Strano a dirsi, mentre prima, quando era ancora
ignaro del bene e del male, i rapporti di sua madre con il gio-
vane gli erano apparsi, seppure in una maniera misteriosa, tutti
intrisi di colpevolezza, ora che le rivelazioni del Saro e dei suoi
discepoli gli avevano aperto gli occhi e confermato quei primi
dolenti sospetti della sensibilit era pieno di dubbi e di insoddi-
sfatta curiosit Gli che prima era stato l'affetto filiale, geloso
e ingenuo, a destare il suo animo, mentre ora, in questa nuova e
crudele chiarezza, quest'affetto pur senza venir meno, si trovava
in parte sostituito da una curiositacre e disamorata, a cui quel
primi leggeri indizi parevano insufficienti e insipidi. Se prima
ogni parola, ogni gesto che gli fossero sembrati stonati l'ave-
vano offeso senza illuminarlo e quasi aveva desiderato di non ac-
corgersene, ora invece che le teneva gli occhi addosso, quelle
goffaggini e quelle stonature che prima l'avevano tanto scanda-
lizzato, gli sembravano poca cosa e quasi si augurava di sorpren-
derla in quegli atteggiamenti di scoperta e invereconda natura-
lezza di cui il Saro e i ragazzi gli avevano poco avanti fornito la
nozione.
A dire il vero, non gli sarebbe forse venuto cospresto il desi-
derio di spiare e sorvegliare sua madre con il preciso proposito
di distruggere l'aura di dignire di rispetto che l'aveva sin'allora
avvolta ai suoi occhi, se il caso non l'avesse quello stesso giorno
messo con violenza su quella strada. Tornati a casa, madre e fi-
glio pranzarono quasi senza parlarsi. La madre pareva distratta;
e Agostino, tutto ai suoi nuovi e per lui incredibili pensieri,
contro il solito era taciturno. Ma poi, dopopranzo, venne ad un
tratto ad Agostino un desiderio irresistibile di uscire di casa e
raggiungere la banda dei ragazzi. Gli avevano detto che si riuni-
vano allo stabilimento Vespucci nelle prime ore del pomenggio
per decidere le scorribande e le prodezze della giornata; e, pas-
sato il primo sentimento di ripugnanza e di timore, quella com-
pagnia brutale e umiliante tornava ad esercitare nel suo animo
un'oscura attrattiva. Egli era nella sua stanza, disteso sopra il
letto, nella penombra rada e calda delle persiane accostate; e gio-
cava come soleva, supino e con gli occhi rivolti al soffitto, con
la peretta di legno della luce elettrica. Di fuori giungevano solo
pochi rumori, rotolare di ruote di una carrozza solitaria, acciot-
tolio di piatti e di bicchieri nelle sale, aperte sulla strada, di una
pensione che stava di fronte alla casa; per contrasto con questo
silenzio del pomeriggio estivo, i rumori della casa si trovavano
come isolati e resi pidistinti. Udcosla madre entrare nella
stanza accanto, e poi camminare con i tacchi sonori sulle matto-
nelle del pavimento. Ella andava e veniva, apriva e chiudeva cas-
setti, smuoveva seggiole, toccava oggetti. "Ora si corica, " egli
pensad un tratto riscotendosi dal torpore che l'aveva pian
piano investito, "e allora non potrpiavvertirla che voglio an-
darmene sulla spiaggia. " Spaventato, si levdal letto e uscdalla
stanza. La sua camera dava sopra il ballatoio, di fronte alla scala;
la porta della madre era attigua alla sua. Egli si avvicin ma tro-
vandola socchiusa, invece di bussare come sempre faceva, forse
guidato inconsapevolmente da quel suo nuovo desiderio di sor-
prendere l'intimitmaterna, sospinse dolcemente il battente
aprendolo a met La camera della madre, molto pigrande
della sua, aveva il letto accanto alla porta; e, proprio di fronte
alla porta, un cassettone sormontato da un largo specchio. La
prima cosa che vide fu la madre ritta in piedi davanti a questo
cassettone.
Ella non era nuda come aveva quasi presentito e sperato af-
facciandosi, bensin parte spogliata e in atto di togliersi davanti
allo specchio la collana e gli orecchini. Indossava, una camiciola
di velo che non le giungeva che a mezz'anca. Poi, sotto i due ri-
gonfi ineguali e sbilanciati dei lombi, uno pialto e come con-
tratto l'altro pibasso e come disteso e indolente, le gambe ele-
ganti, si assottigliavano in un atteggiamento neghittoso dalle
cosce lunghe e forti gigiper il polpaccio fino all'esiguitdel
calcagno. Le braccia alzate a staccare la fibbia della collana im-
primevano al dorso tutto un movimento visibile entro la traspa-
renza del velo, per cui il solco che spartiva quella larga carne
bruna pareva confondersi e annullarsi in due groppe diverse
l'una in basso sotto le reni, l'altra in alto sotto la nuca. Le ascelle
si spalancavano all'aria come due fauci di serpenti: e come lin-
gue nere e sottili ne sporgevano i lunghi peli molli che pare-
vano avidi di stendersi senza pila costrizione pesante e sudata
del braccio. Tutto il corpo grande e splendido sembrava sotto
gli occhi trasognati di Agostino, vacillare e palpitare nella pe-
nombra della camera e, come per una lievitazione della nudit ora slargarsi smisuratamente riassorbendo nella rotonditfen-
duta e dilatata dei fianchi cosle gambe come il torso e la testa
ora invece ingigantirsi affusolandosi e stirandosi verso l'alto
toccando con un'estremitil pavimento e con l'altra il soffitto.
Ma nello specchio, in un'ombra misteriosa di pittura annerita, il
viso pallido e lontano pareva guardarlo con occhi lusinghieri e
la bocca sorridergli tentante.
Il primo impulso di Agostino, a tale vista, fu di ritirarsi in
fretta; ma subito questo nuovo pensiero: "E' una donna, " lo
ferm le dita aggrappate alla maniglia, gli occhi spalancati. Egli
sentiva tutto il suo antico animo filiale ribellarsi a quella immo-
bilite tirarlo indietro; ma quello nuovo, ancora timido eppure
giforte, lo costringeva a fissare spietatamente gli occhi rilut-
tanti ldove il giorno prima non avrebbe osato levarli. Cos in
questo combattimento tra la ripugnanza e l'attrattiva, tra la sor-
presa e il compiacimento, pifermi e pinitidi gli apparvero i
particolari del quadro che contemplava; il gesto delle gambe,
l'indolenza della schiena, il profilo delle ascelle; e gli sembra-
rono in tutto rispondenti a quel suo nuovo sentimento che non
aveva bisogno che di queste conferme per signoreggiare appieno
la sua fantasia. Precipitando ad un tratto dal rispetto e dalla ri-
verenza nel sentimento contrario, quasi avrebbe voluto che
quelle goffaggini si sviluppassero sotto i suoi occhi in sguaiatag-
gini, quella nuditin procacit quell'incoscienza in colpevole
nudit I suoi occhi da attoniti si facevano curiosi, pieni di
un'attenzione che gli pareva quasi scientifica e che in realtdo-
veva la sua falsa obbiettivitalla crudeltdel sentimento che la
guidava. Intanto mentre il sangue gli saliva rombando alla testa,
si ripeteva: "E' una donna. . . nient'altro che una donna, " e gli pa-
revano, queste parole, altrettante sferzate sprezzanti e ingiuriose
su quel dorso e su quelle gambe.
La madre, toltasi la collana e posatala sul marmo del casset-
tone, incominci riunendo con gesto grazioso le due mani al
lobo dell'orecchio, a svitare uno degli orecchini. In questo gesto,
teneva la testa inclinata sulla spalla, girandola alquanto verso la
stanza. E allora Agostino temette che ella lo vedesse nel grande
specchio della psiche situata poco lontano, nel vano della fine-
stra, nel quale, infatti, poteva scorgersi tutto intero, ritto e fur-
tivo, tra i battenti della porta Levata con sforzo la mano, batt leggermente contro lo stipite domandando: "Si pu"
"Aspetta un momento, caro, " disse la madre tranquillamente.
Agostino la vide muoversi, scomparire dai suoi occhi; poi, dopo
un leggero tramestio, ella riapparve indossando una lunga vesta-
glia di seta azzurra.
"Mamma, " disse Agostino senza levare gli occhi, "io vado
sulla spiaggia. "
"A quest'ora?" disse la madre distrattamente, "ma fa caldo. . .
non sarebbe meglio che tu dormissi un poco?" Una mano si
sporse e gli fece una carezza sulla guancia. Con l'altra mano la
madre si ravviava dietro la nuca una ciocca allentata dei suoi li-
sci capelli neri.
Agostino, tornato per l'occorrenza bambino, non disse nulla,
restando, come soleva quando qualche sua richiesta non veniva
accolta, ostinatamente muto, gli occhi rivolti a terra, il mento
inchiodato sul petto. Questo gesto era ben noto alla madre che
l'interpretnella maniera solita. "Ebbene, se proprio ci tieni, "
ella soggiunse, "va' pure. . . ma prima passa in cucina e fatti dare
la merenda. . . ma non mangiarla subito, mettila in cabina. . . e so-
prattutto non fare il bagno prima delle cinque. . . del resto a quel-
l'ora verrio e faremo il bagno assieme. " Erano le solite racco-
mandazioni.
Agostino non rispose nulla e corse via a piedi nudi per i gra-
dini di pietra della scala. Ud dietro di lui, la porta della camera
chiudersi dolcemente.
Discese di corsa la scala, nel vestibolo si infili sandali, apr la porta e uscnella strada. L'investirono subito la bianca
vampa, il silenzioso fervore del solleone. In fondo alla strada, in
un'aria tremolante e remota, il mare scintillava immobile. All'e-
stremitopposta la pineta inclinava i rossi tronchi sotto le
masse verdi e afose dei rotondi fogliami.
Esit domandandosi se gli convenisse recarsi al bagno Ve-
spucci lungo il mare o lungo la pineta, poi scelse il primo par-
tito perch sebbene di gran lunga pibattuta dal sole, quella
via non lo esponeva al pericolo di oltrepassare lo stabilimento
senza avvedersene. Percorse tutta la strada fin dove confluiva sul
lungomare, quindi prese a camminare in fretta, rasente i muri.
Non se ne rendeva conto, ma ciche l'attirava al bagno Ve-
spucci, oltre alla compagnia cosnuova dei ragazzi, era proprio
quel dileggio brutale su sua madre e i suoi supposti amori. Egli
avvertiva che l'affetto di un tempo, stava cambiandosi in un sen-
timento tutto diverso, insieme obbiettivo e crudele; e gli pareva
che quelle ironie pesanti, per il solo fatto di affrettare questo
cambiamento, andassero ricercate e coltivate. Perchpoi deside-
rasse tanto non amare pisua madre, perchodiasse questo suo
amore, non avrebbe saputo dirlo. Forse per il risentimento di es-
sere stato tratto in inganno e di averla creduta cosdiversa da
quella che era nella realt forse perch non avendo potuto
amarla senza difficolte offesa, preferiva non amarla affatto e
non vedere piin lei che una donna. D'istinto cercava di libe-
rarsi una volta per sempre dall'impaccio e dalla vergogna del
vecchio affetto ignaro e tradito; che gli appariva ormai nient'al-
tro che ingenuite sciocchezza. Per questo, la stessa crudele at-
trattiva che poco prima l'aveva fatto sostare con gli occhi fissi
sul dorso materno, ora lo spingeva a ricercare la compagnia umi-
liante e brutale dei ragazzi. Quei discorsi irriverenti non erano
forse, come la nuditintravvista, distruttori della vecchia condi-
zione filiale che ora tanto gli ripugnava? Medicina molto amara,
ne sarebbe morto o sarebbe guarito.
Come giunse in vista allo stabilimento Vespucci, rallentil
passo e sebbene il cuore gli battesse a gran colpi e il respiro
quasi gli mancasse, assunse un'aria di indifferenza. Il Saro se-
deva come il solito sotto la tenda, al suo sbilenco tavolinetto su
cui si vedevano un fiasco di vino, un bicchiere e una scodella
con i resti di una zuppa di pesce. Ma intorno il Saro non pareva
esserci nessuno. O meglio, come giunse presso la tenda, scopr
tutto nero sulla bianchezza della rena, il negretto Homs.
Il Saro non pareva curarsi piche tanto del negro e fumava,
assorto, un vecchio e sdrucito cappelluccio di paglia calato sugli
occhi. "Non ci sono?" domandAgostino con voce di delu-
sione.
Il Saro levgli occhi verso di lui, lo considerun momento,
quindi disse: "Sono andati tutti a Rio. " Rio era una localitde-
serta del litorale, qualche chilometro piin l dove, tra sabbie e
canneti, sfociava un fiumicello.
"Ah, " fece Agostino con disappunto, "sono andati a Rio. . . e a
che fare?"
Fu il negro a rispondergli. "Sono andati a far colazione, " e ac-
cennun gesto espressivo portando la mano alla bocca. Ma il
Saro scosse la testa e disse: "Voialtri ragazzi non sarete contenti
finchnon vi sarete buscata qualche fucilata. " Era chiaro che la
colazione non era che un pretesto per andare a rubacchiare
frutta nei campi; cosalmeno parve ad Agostino di capire.
"Io non ci sono andato, " ribattil negro come per farsi valere
presso il Saro, in tono di adulazione.
"Tu non ci sei andato perchnon ti hanno voluto, " disse il
Saro con tranquillit
Il negro protest dimenandosi nella rena; "No, non ci sono
andato per restare con te. "
Aveva una voce melata e cantante. Sprezzantemente il Saro
disse: "Chi ti dil diritto di darmi del tu, moro?. . . non siamo
mica fratelli, mi pare. . . "
"No. . . non siamo fratelli, " rispose quello senza scomporsi,
anzi giubilante, come se avesse trovato un piacere profondo in
questa osservazione.
"E allora sta' al posto tuo, " finil Saro. Quindi rivolto ad
Agostino: "Sono andati a rubare frutta e granturco. . . ecco la co-
lazione. "
"E torneranno?" domandAgostino ansioso.
Il Saro non disse nulla, guardava Agostino e pareva seguire
un suo calcolo. "Non torneranno cospresto, " rispose poi lenta-
mente, "non prima di sera. . . ma se vogliamo, noi possiamo rag-
giungerli. . . "
"E in che modo?"
"Con la barca, " disse il Saro.
"Oh s andiamo in barca, " gridil negro. Zelante ed ecci-
tato, si leve venne accanto all'uomo. Ma il Saro non lo guard neppure. "Ho la barca a vela. . . in mezz'ora o poco piu siamo a
Rio. . . se il vento buono. "
"S andiamo, " disse Agostino contento, "ma se sono per i
campi. . . come faremo a trovarli?"
"Non aver paura, " disse il Saro levandosi e dandosi un'asse-
stata alla fascia nera che gli cingeva la pancia, "si trovano di
certo. " Quindi si voltverso il negro che lo spiava, ansioso, e
soggiunse: "Tu, moro, aiutami a portare la vela e l'albero. "
"Subito. . . subito Saro, " ripetil negro giubilante; e seguil
Saro nella baracca.
Rimasto solo, Agostino si levin piedi e si guardintorno.
Si era levato un piccolo maestrale e il mare, tutto increspato, si
era fatto di un azzurro quasi violetto. In un polverio di sole e di
sabbia, il litorale, tra il mare e la pineta, appariva deserto a per-
dita d'occhio. Agostino che non sapeva dove fosse Rio, seguiva
con occhio invaghito la linea capricciosa, tutta sporgenze e rien-
tranze, della spiaggia solitaria lungo il mare. Dove era Rio?
forse laggi dove la furia del sole confondeva cielo, mare e sab-
bia in una sola diffusa caligine? La gita lo attraeva infinitamente
e per niente al mondo avrebbe rinunziato a farla.
Fu scosso da queste riflessioni dalle voci dei due che uscivano
dalla baracca. Il Saro portava su un braccio tutto un mucchio di
cordami e di vele e stringeva nell'altra mano un fiasco; dietro di
lui veniva il negro, imbracciando come una lancia un lungo al-
bero per metdipinto di verde. "Allora si va, " disse il Saro senza
guardare Agostino e avviandosi lungo la spiaggia. Ad Agostino
parve, non sapeva perch curiosamente precipitoso, contro il
suo solito. Anche notche quelle sue ripugnanti narici scoperte
parevano pirosse e infiammate del consueto, come se tutte
quelle venuzze che vi si ramificavano, si fossero ad un tratto in-
turgidite di un sangue piabbondante e piacceso. "Si va. . . si
va, " canterellava il negro improvvisando dietro il Saro, con quel-
l'albero sotto il braccio, una specie di danza sopra la sabbia. Ma
il Saro era ormai presso le cabine; e allora il negro rallentil
passo aspettando Agostino. Come questi gli fu presso, il negro
fece un cenno di intelligenza. Interdetto, Agostino si ferm
"Senti, " disse il negro con aria familiare, "io debbo parlare
con Saro di certe cose. . . per questo, fammi il piacere. . . non ve-
nire. . . vattene. . . "
"Perch" domandAgostino stupito.
"Se ti ho detto che debbo parlare con Saro da solo a solo, "
disse l'altro con impazienza, battendo il piede in terra.
"Io debbo andare a Rio, " rispose Agostino.
"Ci andrai un'altra volta. "
"No. . . non posso. "
Il negro lo guard nei suoi occhi bianchi, nelle sue narici
unte e frementi, si leggeva una passione ansiosa che ripugnava
ad Agostino. "Senti, Pisa, " disse, "se non vieni. . . ti do una cosa
che non hai mai visto. " Lascicadere l'albero e si frugin tasca.
Apparve una fionda fatta con una forcella di pino e due elastici
legati insieme. "Non bella?" disse il negro mostrandogliela.
Ma Agostino voleva andare a Rio; e poi la insistenza del ne-
gro l'insospettiva. "No. . . non posso, " rispose.
"Prendi la fionda, " disse l'altro cercandogli la mano e ten-
tando di ficcargli l'oggetto nella palma, "prendi la fionda e vat-
tene. "
"No, " ripetAgostino, "impossibile. "
"Ti do la fionda e queste carte, " disse il negro. Si frugan-
cora nelle tasche e trasse un piccolo mazzo di carte dal rovescio
rosa e dal taglio dorato, "prendi tutte e due e vattene. . . con la
fionda potrai ammazzare gli uccelli. . . le carte sono nuove. . . "
"Ti ho detto di no, " disse Agostino.
Il negro lo guard turbato e supplichevole. Grosse gocce di
sudore gli imperlavano la fronte, il viso gli si contrasse ad un
tratto in una espressione lamentosa. "Ma perchnon vuoi?" pia-
gnucol
"Non voglio, " disse Agostino; e tutto ad un tratto fugg verso il bagnino che aveva ormai raggiunto la barca sulla spiag-
gia. Udil negro gridare: "Te ne pentirai, " e, ansimante, rag-
giunse il Saro.
La barca stava poggiata sopra due rulli di abete grezzo, un po'
dentro la spiaggia. Il Saro, buttate le vele dentro la barca, pareva
spazientito. "Ma che fa?" domandad Agostino indicando il ne-
gro.
"Ora viene, " disse Agostino.
Il negro infatti accorreva, l'albero sotto il braccio, spiccando
dei gran salti sulla sabbia. Il Saro prese l'albero con le sei dita
della mano destra e poi con le sei della sinistra, lo solleve lo
piantin un foro del sedile di mezzo. Quindi salnella barca
legla cima della vela, fece scorrere la corda: la vela salfino in
vetta all'albero. Il Saro si voltverso il negro e disse: "Ora dia-
moci sotto. "
Il Saro si mise di fianco alla barca afferrando i bordi della
prua, il negro si prepara spingere a poppa. Agostino che non
sapeva che fare guardava. La barca era di media grandezza, met bianca e metverde. Sulla prua, a lettere nere, si leggeva Ame-
lia. "Ah, issa, " disse il Saro. La barca scivolsui rulli avanzando
sulla sabbia. Il negro, appena il rullo posteriore si trovfuori
della chiglia, si chin lo prese in braccio, lo strinse contro il
petto come un bambino e, saltellando sulla sabbia come per un
balletto di nuovo genere, corse a sottoporlo a prua. "Ah. . . issa, "
ripetil Saro.
La barca scivoldi nuovo un bel tratto, di nuovo corse il ne-
gro da poppa a prua saltabeccando e caprioleggiando con il rullo
tra le braccia, ci fu una nuova spinta finale, quindi la barca di-
scese nell'acqua con la prua in basso e galleggi Il Saro sal nella barca e prese ad infilare i remi negli scalmi. Pur infilando i
remi, il Saro accennad Agostino di salire; con una specie di
complicitche pareva escludere il negro. Agostino entrnell'ac-
qua fino al ginocchio e fece per montare. Non ci sarebbe riu-
scito se, ad un tratto, le sei dita della mano destra del Saro non
l'avessero afferrato saldamente per un braccio tirandolo su come
un gatto. Egli guardin su. Il Saro, pur sollevandolo, non guar-
dava ma badava a raddrizzare il remo con la mano sinistra.
Pieno di ripugnanza per quelle dita che l'avevano ghermito
Agostino anda sedersi a poppa. "Bravo, " disse il Saro, "siediti
l . . ora si porta la barca di fuori. "
"Aspettatemi, vengo anch'io, " gridil negro dalla riva. Tra-
felato, si gettin acqua, si fece presso la barca e ne afferri
bordi. Ma il Saro disse: "No, tu non vieni. "
"Come far" gridquello addolorato, "come far"
"Prenderai il tram, " rispose il Saro remando di lena, in piedi
"vedrai che arrivi prima di noi. "
"Perch Saro, " insistette ancora il negro lamentosamente.
correndo nell'acqua accanto alla barca, "perch Saro? Vengo an-
ch'io. "
Il Saro, senza dir parola, lascii remi, si chine mise una
mano larga enorme sulla faccia del negro. "Ti ho detto che non
verrai, " ripetcalmo, e con una sola spinta rovesciil negro in-
dietro, nell'acqua. "Perch Saro?" continuava a gridare il negro,
"perch Saro?" e la sua voce lamentosa, tra gli schizzi dell'ac-
qua, suonava sgradevolmente all'orecchio di Agostino, ispiran-
dogli una torbida piet Egli guardil Saro che sorrise e disse:
"E cosnoioso. . . che ce ne facevamo. . . ?"
Ora la barca si era allontanata da riva. Agostino si volte
vide il negro uscire dall'acqua agitando il pugno, con un gesto
di minaccia che gli parve rivolto contro di lui.
Il Saro, senza dir parola, ritiri remi e li distese in fondo alla
barca. Quindi anda prua e legla vela all'albero distenden-
dola. La vela sventolun momento indecisa, come se il vento la
percotesse da ambo le parti, quindi, tutto ad un tratto, con uno
schiocco forte, piega sinistra, tendendosi e gonfiandosi. Ubbi-
diente, la barca si pieganch'essa sul fianco sinistro e cominci a filare sulle onde leggere e scherzose del maestrale. "Ecco
fatto, " disse il Saro, "ora possiamo distenderci e riposare un
poco. " Egli si calin fondo alla barca e invitAgostino a sten-
dersi accanto a lui. "Se ci sediamo sul fondo, " spiegcome giu-
stificandosi, "la barca corre di pi " " Agostino ubbide si trov seduto sul fondo della barca, a fianco del Saro.
La barca correva agilmente nonostante la sua sagoma pan-
ciuta, inclinata sul fianco, andando su e gisulle piccole onde e
ogni tanto impennandosi come un puledro che morda il freno.
Il Saro stava disteso con la testa appoggiata al sedile e un brac-
cio girato dietro la nuca di Agostino a regolare la barra del ti-
mone e per un pezzo non disse nulla. "Vai a scuola?" domand finalmente.
Agostino lo guard Quasi supino, il Saro pareva esporre con
voluttquel suo naso dalle narici scoperte e infiammate al vento
marino, come con desiderio di rinfrescarlo. Aveva la bocca se-
miaperta sotto i baffi, gli occhi socchiusi. Per il camiciotto sbot-
tonato si vedeva il pelo arruffarsi sul suo petto, grigio e sporco.
"S " disse Agostino con un fremito di improvvisa paura.
"Che classe fai?"
"La terza ginnasiale. "
"Dammi la mano, " disse il Saro; e prima che Agostino po-
tesse rifiutarsi, gli afferrla mano nella sua. Ad Agostino parve
di sentirsela serrare non in una mano ma in una tagliola. Le sei
dita corte e tozze gli ricoprivano la mano, ne facevano il giro e
si congiungevano di sotto. "E cosa ti insegnano?" continuil
Saro sdraiandosi meglio e come sommergendosi in una specie di
beatitudine.
"Latino. . . italiano. . . geografia. . . storia, " balbettAgostino.
"T'insegnano le poesie. . . le belle poesie" domandil Saro
con una voce dolce.
"S " disse Agostino, "anche le poesie. "
"Dimmene una. "
La barca si impenne il Saro, senza muoversi nmodificare il
suo atteggiamento di beatitudine, diede un colpo al timone
"Mah, non so, " disse Agostino impacciato e spaurito, "mi inse-
gnano tante poesie. . . Carducci. . . "
"Ah s Carducci. . . " ripetil Saro meccanicamente, "dimmi
una poesia di Carducci. "
"Le fonti del Clitunno, " propose Agostino esterrefatto da
quella mano che non lasciava la presa e cercando pian piano di
svincolarla.
"S Le fonh del Clitunno, " disse il Saro con voce di sogno.

Ancor dal monte che di foschi ondeggia
frassini al vento mormoranti e lunge. . .

incominciAgostino con voce malsicura.
La barca filava, il Saro sempre sdraiato, il naso al vento, gli
occhi chiusi, prese a far dei cenni col capo come scandendo i
versi. Attaccandosi ad un tratto alla poesia come al solo mezzo
per sottrarsi ad una conversazione che intuiva compromettente e
pericolosa, Agostino continua recitare lentamente e chiara-
mente. Intanto cercava di svincolare la mano dalle sei dita che la
stringevano. Ma le dita erano pisalde che mai. Agostino ve-
deva con terrore avvicinarsi la fine della poesia; e, tutto ad un
tratto, attaccall'ultima strofa delle Fonti del Clitunno il primo
verso di Davanti a San Guido. Era anche una prova, se ce n'era
bisogno, per confermarsi che al Saro non importava nulla della
poesia e che altri erano i suoi scopi; quali poi fossero non gli
riusciva di capire. L'esperimento riusc I cipressi che a Bolgheri
alti e schietti. . . suonimprovvisamente senza che il Saro mo-
strasse di accorgersi del cambiamento. Allora Agostino inter-
ruppe di recitare e disse con voce esasperata: "Mi lasci, la
prego, " cercando insieme di svincolarsi.
Il Saro trasal e senza lasciarlo aprgli occhi, si volte lo
guard Doveva esserci nel viso di Agostino una tale forsennata
ripugnanza, un terrore cospoco dissimulato, che il Saro parve
capire improvvisamente che il suo piano era fallito. Lentamente
un dito dopo l'altro, liberla mano indolenzita di Agostino e
poi disse con voce bassa, come parlando a se stesso: "Di che hai
paura? ora ti porto a riva. "
Pesantemente si tirsu, e diede un colpo alla barra. La barca
voltla prua verso la riva.
Senza dir parola, fregandosi la mano indolenzita, Agostino si
levdal fondo della barca e anda sedersi a prua. La barca
adesso non era troppo lontana dalla riva. Si vedeva tutta la
spiaggia, di bianca, deserta sabbia battuta dal sole, larghissima
in quel punto; dietro la spiaggia, la pineta si affoltiva, inclinata
e livida. Rio era una fenditura svasata in quella rena alta; pia
monte, i canneti facevano una macchia verdeazzurra. Ma prima
di Rio, Agostino notsulla spiaggia un gruppo di persone riu-
nite. Dal gruppo saliva verso il cielo un filo di fumo nero. Egli
si voltverso il Saro che seduto a poppa regolava con una mano
il timone e domand "Sbarchiamo qui?"
"S quello Rio, " rispose il Saro con indifferenza.
Come la barca venne sempre piavvicinandosi a riva, Ago-
stino vide il gruppo che circondava il fuoco, sparpagliarsi ad un
tratto correndo verso la sponda; e comprese che erano i ragazzi.
Li vide che agitavano le mani, senza dubbio gridavano, ma il
vento si portava via le voci. "Sono loro?" domandtrepidante.
"S sono loro, " disse il Saro.
La barca si andava sempre piaccostando e Agostino potdi-
stinguere chiaramente i ragazzi. Nessuno mancava; c'erano il
Tortima, Berto, Sandro e tutti gli altri. E c'era anche, ma questa
scoperta, non sapeva neppur lui perch gli riuscsgradevole, il
negro Homs che, come gli altri, saltava e gridava lungo la riva.
La barca fildritta verso la sponda, quindi il Saro diede un
colpo al timone mettendola di traverso; e gettatosi sulla vela
l'abbracci la ridusse e la cal La barca si dondolimmobile
nell'acqua bassa. Il Saro prese dal fondo della barca un ancorotto
e lo lanciin mare. "Si scende, " disse. Scavalcil bordo della
barca e camminando nell'acqua andincontro ai ragazzi che lo
aspettavano a riva.
Agostino vide i ragazzi affollarglisi intorno con una specie di
applauso che il Saro accolse scuotendo il capo. Altro applauso
piclamoroso salutanche il suo arrivo, e per un momento si
illuse che fosse di amichevole cordialit Ma subito si accorse
che si sbagliava. Tutti ridevano, tra sarcastici e sprezzanti. Berto
grid "E bravo il nostro Pisa a cui piacciono le gite in barca, " il
Tortima gli fece un versaccio accostando la mano alla bocca; gli
altri facevano eco. Persino Sandro, di solito cosriservato, gli
parve che lo guardasse con disprezzo. Quanto al negro, badava a
saltellare intorno al Saro che camminava avanti a tutti incontro
al fuoco che i ragazzi avevano acceso sulla spiaggia. Stupito, va-
gamenre allarmato, Agostino andcon gli altri a sedersi intorno
al fuoco.
I ragazzi avevano fatto con la sabbia compressa e bagnata una
specie di rozzo cunicolo. Dentro vi bruciavano pigne secche
aghi di pino e sterpaglia. Collocate di traverso sulla bocca del
cunicolo, una decina di pannocchie di granturco arrostivano len-
tamente. Presso il fuoco si vedeva, sopra un giornale, molta
frutta e un grosso cocomero. "E bravo il nostro Pisa, " riprese
Berto come si furono seduti, "tu e Homs ormai siete compa-
gni. . . avvicinatevi l'uno all'altro. . . siete, come dire?, fratelli. . . lui
moro, tu sei bianco, ma la differenza poca. . . a tutti e due vi
piace di andare in barca. . . "
Il negro ridacchiava, soddisfatto. Il Saro, accovacciato, badava
a rigirare le pannocchie sul fuoco. Gli altri sghignazzavano.
Berto spinse la derisione fino a dare uno spintone ad Agostino
buttandolo contro il negro, in modo che per un momento essi
furono addossati l'uno all'altro, l'uno ridacchiante nella sua bas-
sezza e come lusingato, l'altro incomprensivo e pieno di ripu-
gnanza. "Ma io non vi capisco, " disse ad un tratto Agostino.
"Sono andato in barca. . . che male c'"
"Ah, che male c'. . . andato in barca. . . che male c' " ripete-
rono molte voci ironiche. Alcuni si tenevano la pancia dal gran
ridere.
"Eh gi che male c'" ripetBerto rifacendogli il verso,
"non c'nessun male. . . anzi, Homs pensa che sia proprio un
bene. . . non vero, Homs?"
Il negro assent giubilante. Ora ad Agostino cominciava ad
albeggiare, seppure in maniera confusa, la verit chnon po-
teva fare a meno di stabilire un nesso tra quelle beffe e lo strano
contegno del Saro durante la gita. "Non so che cosa volete
dire, " dichiar "io in questa gita in barca non ho fatto nulla di
male. . . Saro mi ha fatto recitare delle poesie. . . ecco tutto. "
"Ah. . . ah. . . le poesie, " si sentgridare d'ogni parte.
"Non vero Saro che ho detto la verit" gridAgostino
rosso in viso.
Il Saro non disse nsnno; contentandosi di sorridere e
sogguardandolo, si sarebbe detto, con curiosit I ragazzi scam-
biarono questo contegno in apparenza indifferente e in realt traditore e vanitoso, per una smentita ad Agostino. "Si capisce, "
si udiva ripetere da molte voci, "va a chiedere all'oste se il vino
buono. . . non vero Saro? bella questa. . . ah, Pisa, Pisa. . . "
Il negro, soprattutto, vendicativo, pareva godersela. Agostino
gli si rivolte gli domandbruscamente tremando per la col-
lera: "Che hai da ridere?"
"Io nulla, " disse quello scostandosi.
"E non vi litigate. . . Saro penserlui a mettervi d'accordo, "
disse Berto. Ma gii ragazzi, come se la cosa a cui alludevano
fosse pacifica e non meritasse pineppure di essere discussa,
parlavano d'altro. Raccontavano come si fossero insinuati in un
campo e vi avessero rubato il granturco e la frutta; come aves-
sero veduto il contadino venirgli incontro, furioso, armato di fu-
cile, come fossero scappati e il contadino avesse sparato una fu-
cilata di sale senza tuttavia colpire nessuno. Le pannocchie in-
tanto erano pronte, rosolate e abbrustolite sul fuoco quasi
spento. Il Saro le tolse dal fornello e, con il solito paterno com-
piacimento, le distribua ciascuno. Agostino approfittdi un
momento che tutti erano intenti a mangiare, e con una capriola
si fece presso a Sandro che un po' in disparte sgranocchiava il
suo granturco.
"Io non capisco, " incominci L'altro gli lanciuno sguardo
d'intelligenza e Agostino comprese che non aveva bisogno di
dire altro. "E' venuto il moro in tramvai, " pronunziSandro len-
tamente, "e ha detto che tu e il Saro siete andati in barca. "
"Ebbene, che male c'"
"Io non c'entro, " rispose Sandro gli occhi rivolti a terra,
"sono affari vostri. . . di te e del moro. . . ma il Saro, " egli non fin la frase e guardAgostino.
"E allora?"
"Beh. . . io col Saro solo non ci andrei in barca. "
"Ma perch"
Sandro si guardintorno e poi abbassando la voce diede ad
Agostino la spiegazione che questi presentiva senza rendersene
conto. "Ah, " fece Agostino. E senza potere dire di pitornal
gruppo.
Accovacciato in mezzo ai ragazzi, con quella sua testa bonaria
e fredda reclinata verso la spalla, il Saro pareva proprio un buon
paptra i suoi figlioli. Ma Agostino ora non poteva guardarlo
senza un odio fondo, piforte ancora di quello che provava con-
tro il negro. Ciche soprattutto gli rendeva odioso il Saro era
quella reticenza di fronte alle sue proteste; come a lasciare inten-
dere che le cose di cui lo accusavano i ragazzi erano realmente
avvenute. D'altra parte non poteva fare a meno di avvertire
adesso quasi una distanza di disprezzo e di derisione tra lui e i
compagni; quella stessa distanza che, ora se ne accorgeva, essi
mettevano tra loro e il negro; soltanto che il negro, invece di es-
serne, come lui, umiliato e offeso, pareva in qualche modo go-
derne. Pidi una volta tentdi attaccare discorso sull'argo-
mento che gli bruciava, ma sempre incontrsia la canzonatura
sia una noncuranza ingiuriosa. Del resto, sebbene la spiegazione
di Sandro fosse stata chiarissima, egli non riusciva ancora a com-
prendere perfettamente quanto era accaduto. Tutto era oscuro in
lui e intorno a lui. Come se invece della spiaggia, del cielo e del
mare risplendenti di sole non vi fossero state che tenebre, neb-
bia e forme indistinte e minacciose.
I ragazzi, intanto, avevano finito di divorare i grani arrostiti
delle pannocchie e buttavano via i torsoli nella sabbia. "Si va a
fare il bagno a Rio?" propose qualcuno e subito la proposta fu
accettata. Anche il Saro che doveva poi riportarli tutti in barca
allo stabilimento Vespucci, si leve venne con loro.
Camminando sulla sabbia, Sandro si staccdal gruppo e
venne accanto ad Agostino. "Sei offeso col moro, " gli disse sot-
tovoce, "e tu fagli paura. "
"In che modo?" domandAgostino avvilito.
"Picchialo. "
"E' piforte di me, " disse Agostino che ricordava la contesa
del braccio di ferro, "ma se tu mi aiuti. . . "
"Come vuoi che ti aiuti ?. . . sono cose vostre. . . tra te e il
moro. " Sandro disse queste parole con tono particolare, come a
lasciare intendere che non pensava diversamente dagli altri sui
motivi dell'odio di Agostino contro il negro. Agostino si sent trafiggere il cuore da una amarezza profonda. Cosanche Sandro
partecipava e credeva alla calunnia, il solo che gli avesse sinora
mostrato un po' di amicizia. Dato questo consiglio, Sandro,
come se avesse temuto di stargli troppo accanto, lasciAgostino
e raggiunse gli altri. Dalla spiaggia erano passati nella boscaglia
bassa dei pini giovani; poi varcarono un sentiero sabbioso ed en-
trarono nel canneto. Le canne erano folte, molte portavano in
cima bianchi pennacchi, i ragazzi apparivano e scomparivano tra
quelle lunghe e verdi lance, sdrucciolando sulla melletta e smuo-
vendo le canne con un fruscio arido delle rigide foglie fibrose.
Trovarono alla fine un punto dove il canneto si allargava in-
torno un po' di proda melmosa; come apparvero, grossi ranocchi
saltarono d'ogni parte dentro l'acqua compatta e vitrea; e, qui,
l'uno contro l'altro, sotto gli occhi del Saro che, seduto a ridosso
delle canne sopra un sasso, pareva assorto a fumare ma in realt li spiava tra le palpebre socchiuse, presero a spogliarsi. Agostino
si vergognava, ma, timoroso di nuove beffe, comincianche lui
a slacciarsi i pantaloni, procurando di mettervi molta lentezza e
sogguardando gli altri. I ragazzi invece parevano gioiosi di met-
tersi nudi e si strappavano i panni urtandosi e interpellandosi
scherzosamente. Erano, contro lo sfondo delle canne verdi, in
parte bruni e in parte bianchi, di una bianchezza squallida e vil-
losa, dall'inguine fino alla pancia; e questa bianchezza rivelava
nei loro corpi quel non so che di storto, di sgraziato e di eccessi-
vamente muscoloso che proprio della gente che fatica manual-
mente. Soltanto Sandro, biondo all'inguine come in capo, gra-
zioso e proporzionato, forse anche perchaveva la pelle egual-
mente abronzata per tutto il corpo, non pareva neppure nudo;
o, per lo meno, non nudo in quella laida maniera da piscina po-
polare. I ragazzi, preparandosi a tuffarsi, facevano cento lazzi
osceni, scosciandosi, dandosi delle spinte, toccandosi, con un'im-
pudenza e una sfrenata promiscuitche stupiva Agostino affatto
nuovo a questo genere di cose. Era anche lui nudo, i piedi nudi
e lordi di melletta fredda, ma volentieri si sarebbe nascosto die-
tro quelle canne, non fosse altro che per sfuggire agli sguardi
che il Saro, accovacciato e immobile, in tutto simile a un
enorme batrace abitatore del canneto, avventava su di lui tra gli
occhi socchiusi. Soltanto, come il solito, la sua ripugnanza non
era piforte della torbida attrattiva che lo legava alla banda; e,
mescolata con essa indissolubilmente, non gli permetteva di ca-
pire quanto piacere si nascondesse in realtin fondo a quel ri-
brezzo. I ragazzi si confrontavano a vicenda, vantando la loro vi-
rilite la loro prestanza. Il Tortima che era il pivanitoso e al
tempo stesso, cosnerboruto e sbilanciato, il piplebeo e squal-
lido di tutti, si esaltal punto da gridare ad Agostino: "E se io
mi presentassi un bel mattino a tua madre. . . cosnudo. . . lei che
direbbe? ci verrebbe con me?"
"No, " disse Agostino.
"E io invece dico che ci verrebbe subito, " disse il Tortima,
"mi darebbe un'occhiata. . . tanto per valutarmi. . . e poi direbbe:
su Tortima, andiamo. "
Tanta goffaggine fece ridere tutti. E al grido di: "Su, Tor-
tima, andiamo, " si slanciarono l'uno dopo l'altro nel fiume, but-
tandosi a capofitto, proprio come quei ranocchi che il loro ar-
rivo poco prima aveva disturbato.
La proda era circondata d'ogni parte dalle alte canne, in modo
che si vedeva non piche un tratto del fiume. Ma come furono
nel mezzo della corrente, apparve loro il fiumicello intero che,
con un moto insensibile della compatta e scura acqua di canale
andava a sfociare poco piin gi tra i sabbioni. A monte, il
fiume si inoltrava tra due file di bassi e gonfi cespugli argentei
che spandevano sull'acqua specchiante certe loro vaghe ombre;
fino ad un piccolo ponte di ferro dietro il quale le canne e i
pioppi, folti e premuti gli uni contro gli altri, chiudevano il pae-
saggio. Una casa rossa, mezzo nascosta tra gli alberi, pareva sor-
vegliare questo ponte.
Per un momento Agostino, nuotando in quell'acqua fredda e
possente che pareva voler portar via le gambe, si sentfelice, e
dimenticogni cruccio e ogni torto. I ragazzi nuotavano in ogni
direzione, sporgendo il capo e le braccia sulla verde e liscia su-
perficie; le loro voci risuonavano chiare nell'aria ferma e senza
vento; attraverso la trasparenza di vetro dell'acqua, i loro corpi
parevano bianche propaggini di piante che, affiorando dal fondo
cupo, si muovessero di qua e di lsecondo gli strappi della cor-
rente. Egli si avvicina Berto che nuotava non lontano e gli do-
mand "Ci sono molti pesci in questo fiume?"
Berto lo guarde gli disse: "Che fai qui?. . . perchnon tieni
compagnia a Saro?"
"Mi piace nuotare, " rispose Agostino addolorato, girando e
allontanandosi.
Ma era meno forte ed esperto degli altri; e stancatosi ben pre-
sto, si lasciandare secondo la corrente verso la foce. Presto i ra-
gazzi con le loro grida e i loro schiamazzi gli furono alle spalle
i canneti si diradarono, l'acqua si fece limpida e incolore sco-
prendo il fondo sabbioso, tutto percorso da fluttuanti increspa-
ture grigie. Finalmente, passata una pozza piprofonda, specie
di occhio verde della corrente diafana, egli mise i piedi nella sab-
bia e, lottando contro la forza dell'acqua, uscsulla proda. Il fiu-
micello confluiva nel mare arricciandosi e formando come una
groppa d'acqua. Perdendo la sua compattezza, la corrente si al-
largava a ventaglio, si assottigliava, non piche un velo liquido
sui sabbioni lisci. Il mare risaliva il fiume con leggere onde or-
late di spuma. Pozze dimenticate dalla corrente riflettevano qua
e lil cielo brillante nella sabbia intatta e gonfia d'acqua. Tutto
nudo, Agostino passeggiper un poco su quelle sabbie tenere e
specchianti, godendo a imprimervi con forza i piedi e a vedere
l'acqua subito florire e allagare l'orme. Ora provava un vago di-
sperato desiderio di varcare il fiume e allontanarsi lungo il lito-
rale, lasciando alle sue spalle i ragazzi, il Saro, la madre e tutta la
vecchia vita. Chissche forse, camminando sempre diritto da-
vanti a s lungo il mare, sulla rena bianca e soffice, non sarebbe
arrivato in un paese dove tutte quelle brutte cose non esiste-
vano. In un paese dove sarebbe stato accolto come voleva il
cuore, e dove gli sarebbe stato possibile dimenticare tutto
quanto aveva appreso, per poi riapprenderlo senza vergogna n offesa, nella maniera dolce e naturale che pur doveva esserci e
che, oscuramente, presentiva. Guardava alla caligine che sull'o-
rizzonte avvolgeva i termini del mare, della spiaggia e della bo-
scaglia e si sentiva attratto da quella immensitcome dalla sola
cosa che avrebbe potuto liberarlo dalla presente servit Le grida
dei ragazzi, che si avviavano attraverso la spiaggia verso la
barca, lo destarono da queste dolenti fantasie. Uno di loro agi-
tava i suoi vestiti, Berto gridava: "Pisa. . . si parte. " Si scosse e,
camminando lungo il mare, raggiunse la banda.
Tutti i ragazzi si erano affollati nell'acqua bassa; il Saro ba-
dava ad avvertirli paternamente che la barca era troppo piccola
per contenerli tutti, ma si vedeva che faceva per celia. Come in-
furiati, i ragazzi si gettarono gridando sulla barca, venti mani af-
ferrarono i bordi e in un batter d'occhio la barca si trovriem-
pita di quei corpi gesticolanti. Alcuni si distesero sul fondo; altri
si ammonticchiarono a poppa, intorno al timone; altri a prua;
altri ancora sui sedili, alcuni infine sedettero sui bordi lasciando
penzolare le gambe nell'acqua. La barca era veramente troppo
piccola per tanta gente e l'acqua arrivava fin quasi ai bordi.
"Allora ci siamo tutti, " disse il Saro pieno di buon umore.
Ritto in piedi, sciolse la vela e la barca scivolal largo. I ragazzi
salutarono con un applauso questa partenza.
Ma Agostino non condivideva il loro buon umore. Spiava
un'occasione favorevole per discolparsi e ottenere giustizia della
calunnia che l'opprimeva. Approfittdi un momento che i ra-
gazzi discutevano tra di loro, per avvicinarsi al negro che se ne
stava tutto solo, inerpicato a prua, e pareva, cosnero, quasi una
polena di nuovo genere; e stringendogli forte un bracclo gli do-
mand "Di' un po'. . . che cosa sei andato a dire poco fa di me?"
Il momento era malscelto, ma Agostino non aveva potuto
prima di allora avvicinare il negro, perchcostui, consapevole
del suo odio, durante tutto il tempo che erano stati a terra aveva
fatto in modo di star lontano da lui. "Ho detto la verit " disse
Homs senza guardarlo.
"E cio"
Il negro ebbe una frase che spaventAgostino: "non mi
stringere, io ho detto soltanto la verit . . ma se tu continuerai a
metter su Saro contro di me, io andra raccontare ogni cosa a
tua madre. . . sta' attento, Pisa. "
"Che?" esclamAgostino intuendo l'abisso che gli si spalan-
cava sotto i piedi, "cosa dici?. . . sei pazzo?. . . io. . . io. . . " Balbettava,
incapace di seguire con le parole quello che l'immaginazione ad
un tratto, come per un lurido strappo, gli mostrava. Ma non
ebbe il tempo di continuare. Sulla barca era scoppiata una
grande sghignazzata.
"Eccoli ltutti e due, uno accanto all'altro, " ripeteva Berto ri-
dendo, "eccoli l bisognerebbe avere una macchina fotografica e
fotografarli insieme, Homs e Pisa. . . restate, cari, restate in-
sieme. " Il viso bruciante di rossore, Agostino si volte vide che
tutti ridevano. Lo stesso Saro rideva sotto i baffi, gli occhi soc-
chiusi nel fumo del sigaro. Ritraendosi come dal contatto di un
rettile, Agostino si staccdal negro, si prese le ginocchia tra le
braccia e guardil mare con occhi pieni di lacrime.
Era ormai il tramonto, rosso e nubiloso all'orizzonte, sopra
un mare violetto e percosso di luci vetrine e aguzze. La barca
nel vento che si era levato impetuoso, se ne andava come po-
teva, con tutti quei ragazzi a bordo che la facevano pericolosa-
mente inclinare sopra un fianco. La barca aveva la prua rivolta al
largo e pareva che fosse avviata non gia terra ma verso certi fo-
schi profili di isole lontane che tra i rossi fumi del tramonto
spuntavano in fondo al mare gonfio, come montagne in fondo a
un altipiano. Il Saro, assestato tra le ginocchia il cocomero ru-
bato dai ragazzi, l'aveva spaccato con il suo coltello da marinaio
e ne tagliava grandi fette consistenti che distribuiva paterna-
mente alla banda. I ragazzi si passavano le fette e le mangiavano
con avidit mordendovi dentro e cacciandovi le guance oppure
staccandone con le dita grossi pezzi di polpa. Poi, una dopo l'al-
tra, le scorze rosicchiate fino al bianco volarono soprabordo in
mare. Dopo il cocomero, fu la volta del fiasco di vino tratto dal
Saro, con solennit dal sottopoppa. Il fiasco fece il giro della
barca e anche Agostino dovette accettare di inghiottirne un
sorso. Era caldo e forte, e gli diede subito alla testa. Riposto il
fiasco vuoto, il Tortima inton e tutti accompagnarono con il
ritornello, una canzonaccia indecente. Tra le strofe, i ragazzi in-
citavano Agostino a cantare anche lui, tutti si erano accorti della
sua cupezza; ma nessuno gli parlava se non per canzonarlo e
pungerlo. Agostino ora provava un senso di oppressione e di
chiuso dolore che il mare fresco e ventilato e l'incendio magni-
fico del tramonto sulle acque violette gli rendevano piamaro e
insoffribile. Gli pareva sommamente ingiusto che in quel mare,
sotto quel cielo, corresse una barca come la loro, coscolma di
cattiveria, di crudelte di perfida corruzione. Quella barca tra-
boccante di ragazzi in tutto simili a scimmie gesticolanti e
oscene, con quel Saro beato e gonfio al timone, gli pareva, tra il
mare e il cielo, una vista triste e incredibile. A momenti si augu-
rava che affondasse, e pensava che sarebbe morto volentieri
tanto si sentiva anche lui infetto di quella impurite come ba-
cato. Lontane erano le ore del mattino quando aveva veduto per
la prima volta la tenda rossa dello stabilimento Vespucci; lon-
tane e come appartenenti ad un'etdefunta. Ogni volta che la
barca sormontava un'onda pigrossa tutta la banda dava un
urlo che lo faceva trasalire; ogni volta che il negro gli parlava
con quella ripugnante e ipocrita umiltdi schiavo, avrebbe vo-
luto non udirlo e si ritraeva di pisulla prua. Si rendeva oscura-
mente conto di essere entrato, con quella funesta giornata, in
un'etdi difficolte di miserie, ma non riusciva ad immaginare
quando ne sarebbe uscito. La barca errper un pezzo sul mare,
giungendo fin quasi al porto e poi tornando indietro. Come ap-
prodarono, Agostino corse via senza salutare nessuno. Ma poi, a
poca distanza, rallentil passo. Volgendosi indietro, vide lon-
tano, sulla spiaggia rabbuiata, i ragazzi che aiutavano il Saro a
tirare a secco la barca.
Dopo quel giorno incominciper Agostino un tempo oscuro
e pieno di tormenti. In quel giorno gli erano stati aperti per
forza gli occhi; ma quello che aveva appreso era troppo pidi
quanto potesse sopportare. Piche la novitl'opprimeva e l'av-
velenava la qualitdelle cose che era venuto a sapere, la loro
massiccia e indigesta importanza. Gli era sembrato, per esempio
che dopo le rivelazioni di quel giorno, i suoi rapporti con sua
madre avrebbero dovuto chiarirsi; e che il malessere, il fastidio
la ripugnanza che, soprattutto negli ultimi tempi, destavano in
lui le carezze materne, dopo le rivelazioni del Saro dovessero tro-
varsi come d'incanto risolti e pacificati in una nuova e serena
consapevolezza. Ma non era cos fastidio, malessere e ripu-
gnanza sussistevano; soltanto, mentre prima erano stati quelli
dell'affetto filiale attraversato e intorbidato dall'oscura coscienza
della femminilitmaterna, adesso, dopo la mattina passata sotto
la tenda del Saro, nascevano da un sentimento di acre e impura
curiositche il persistente rispetto familiare gli rendeva intolle-
rabile. Se prima egli aveva cercato oscuramente di sciogliere
quell'affetto da una ripugnanza ingiustificata, ora gli pareva
quasi un dovere di separare quella sua nuova e razionale cono-
scenza dal senso promiscuo e sanguinoso dell'esser lui figlio di
quella persona che non voleva considerare che come una donna.
Gli pareva che il giorno in cui non avesse visto in sua madre
che la bella persona che ci scorgevano il Saro e i ragazzi, ogni
infelicitsarebbe scomparsa; e si accaniva a ricercare le occasioni
che lo confermassero in questa convinzione. Ma con il solo ri-
sultato di sostituire la crudeltall'antica riverenza e la sensualit all'affetto.
La madre, come in passato, non si nascondeva in casa dai suoi
occhi di cui non avverriva lo sguardo cambiato; e maternamente
impudica, pareva ad Agostino che quasi lo provocasse e lo ricer-
casse. Gli accadeva talvolta di sentirsi chiamare e di trovarla alla
teletta, discinta, il petto seminudo; oppure di svegliarsi e di ve-
derla chinarsi su di lui per il bacio mattutino, lasciando che la
vestaglia si aprisse e il corpo si disegnasse entro la trasparenza
della leggera camicia ancora spiegazzata della notte. Ella andava
e veniva davanti a lui come se lui non ci fosse; si metteva le
calze, se le toglieva; si infilava gli abiti, si profumava, si imbel-
lettava, e tutti questi atti che un tempo erano sembrati ad Ago-
stino affatto naturali, ora apparendogli significativi e quasi parti
visibili di una realtben piampia e pericolosa, gli dividevano
l'animo tra la curiosite la sofferenza. Si ripeteva: "Non che
una donna, " con un'indifferenza obbiettiva di conoscitore; ma
un momento dopo, non sopportando pil'inconsapevolezza ma-
terna e la propria attenzione, avrebbe voluto gridarle: "Copriti,
lasciami, non farti pivedere, non sono piquello di un
tempo. " Del resto la sua speranza di considerare sua madre una
donna e niente di pi naufragquasi subito. Ben presto si ac-
corse che pur essendo diventata donna, ella restava, ai suoi oc-
chi, piche mai madre; e comprese che quel senso di crudele
vergogna che per un momento aveva attribuito alla novitdei
suoi sentimenti, non lo avrebbe pilasciato. Sempre, capad un
tratto, ella sarebbe rimasta la persona che aveva amato di affetto
sgombro e puro; sempre ella avrebbe mescolato ai suoi gesti pi femminili quelli affettuosi che per tanto tempo erano stati i soli
che egli conoscesse, sempre, infine, egli non avrebbe potuto se-
parare il nuovo concetto che aveva di lei dal ricordo ferito del-
l'antica dignit
Egli non metteva in dubbio che tra la madre e il giovane del
pattino corressero i rapporti di cui avevano parlato i ragazzi
sotto la tenda del Saro. E stupiva oscuramente del cambiamento
intervenuto in lui. Un tempo non c'erano stati nel suo animo
che gelosia di sua madre e antipatia per il giovane; ambedue
poco chiare e come assopite. Ma ora, nello sforzo di restare ob-
biettivo e sereno, avrebbe voluto provare un sentimento di com-
prensione per il giovane e di indifferenza per sua madre. Sol-
tanto quella comprensione non riusciva ad essere che complicit e quell'indifferenza indiscrezione. Poche volte ormai gli acca-
deva di accompagnarli in mare perchprocurava sempre di sfug-
gire a quegli inviti; ma tutte quelle volte Agostino si accorgeva
di studiare i gesti e le parole del giovane quasi con desiderio di
vederlo oltrepassare i limiti della solita urbana galanteria; e
quelli della madre quasi con la speranza di ricevere una con-
ferma al suoi sospetti. Questi sentimenti gli riuscivano insoffri-
bili percherano proprio il contrario giusto di quello che
avrebbe desiderato. E quasi rimpiangeva la compassione che un
tempo avevano destato nel suo animo le goffaggini materne
tanto piumana e affettuosa dell'attuale spietata attenzione.
Gli restava da quei giorni passati a combattersi, un senso tor-
bido di impurita; gli pareva di aver barattato l'antica innocenza
non con la condizione virile e serena che aveva sperato, bens con uno stato confuso e ibrido in cui, senza contropartite di al-
cun genere, alle antiche ripugnanze se ne aggiungevano delle
nuove. Che serviva vederci chiaro se questa chiarezza non por-
tava che nuove e pifitte tenebre? Talvolta si domandava come
facessero i ragazzi pigrandi di lui ad amare la propria madre e
al tempo stesso a sapere quello che egli stesso sapeva; e conclu-
deva che questa consapevolezza doveva in loro uccidere a tempo
l'affetto filiale, mentre in lui l'una non riusciva a scacciare l'altro
e, coesistendo, torbidamente si mescolavano.
Come avviene, il luogo dove queste scoperte e questi combat-
timenti accadevano, la casa, gli era diventata presto insopporta-
bile. Almeno al mare, il sole, la folla dei bagnanti, la presenza di
tante altre donne lo distraevano e lo stordivano. Ma qui, tra
quattro mura, solo con sua madre, gli pareva di essere esposto a
tutte le tentazioni, insidiato da tutte le contraddizioni. La madre
che al mare si confondeva con le mille altre nuditdella spiag-
gia, qui appariva unica ed eccessiva. Come su un teatro ristretto
in cui le persone degli attori sembrino pigrandi del vero, ogni
suo gesto e ogni sua parola avevano uno spicco straordinario.
Agostino aveva un senso molto acuto e avventuroso dell'inti-
mitfamiliare; durante l'infanzia i corridoi, i ripostigli, le stanze
erano state per lui luoghi mutevoli e sconosciuti dove si pote-
vano fare le picuriose scoperte e vivere le pifantastiche vi-
cende. Ma ora, dopo l'incontro con i ragazzi della tenda rossa
quelle vicende e quelle scoperte erano di tutt'altro genere e tali
che non sapeva se pil'attraessero o lo spaventassero. Prima
aveva finto agguati, ombre, presenze, voci, nei mobili e nelle pa-
reti; ma ora, piche sulle finzioni della sua esuberanza fanciul-
lesca, la sua fantasia si appuntava sulla nuova realtdi cui gli
parevano impregnate le mura, le suppellettili, l'aria stessa della
casa. E all'antico innocente fervore che si calmava a notte con il
bacio materno e il sonno fiducioso, si era sostituita l'ardente e
vergognosa indiscrezione che proprio a notte ingigantiva e pa-
reva trovare maggiore alimento al suo fuoco impuro. Dovun-
que, in casa, gli pareva di spiare i segni, le tracce della presenza
di una donna, la sola che gli fosse dato di avvicinare; e questa
donna era sua madre. Starle accanto gli pareva sorvegliarla, avvi-
cinarsi alla sua porta spiarla, e toccare i suoi panni toccare lei
stessa che quei panni aveva indossato e tenuto sul corpo. Di
notte, poi, sognava ad occhi aperti gli incubi piangosciosi. Gli
sembrava talvolta di essere il bambino di un tempo, pauroso di
qualche rumore, di qualche ombra, che ad un tratto si alzava e
correva a rifugiarsi presso il letto materno; ma nel momento
stesso che metteva i piedi in terra, pur tra la confusione del
sonno si accorgeva che quella paura nient'altro era che curiosit maliziosamente mascherata e che quella visita notturna avrebbe
presto fatto, una volta che si fosse trovato nelle braccia della
madre, a rivelare i suoi veri nascosti scopi. Oppure si destava al-
l'improvviso e si domandava se per caso il giovane del pattino
non si trovasse addirittura dall'altra parte, nella stanza attigua,
insieme con sua madre. Certi rumori gli sembrava che confer-
massero questo sospetto; altri lo dissipavano; si rivoltava un
pezzo nel letto, inquietamente; e, alla fine, senza saper neppur
lui come ci fosse arrivato, si trovava, in camicia, nel corridoio,
davanti alla porta della madre, in atto di ascoltare e di spiare.
Una volta, persino, non aveva saputo resistere alla tentazione ed
era entrato senza bussare; restando, poi, immobile nel mezzo
della stanza, in cui, dalla finestra aperta, si diffondeva, indiretto
e bianco, il chiarore lunare, gli occhi sul letto dove i capelli neri
e le lunghe, gonfie forme avvolte rivelavano la presenza della
donna. "Sei tu, Agostino?" gli aveva domandato la madre de-
standosi. Senza dir parola egli era tornato in fretta nella sua
stanza.
La ripugnanza a star presso la madre lo spingeva sempre pi a frequentare lo stabilimento Vespucci. Ma qui altri e diversi
tormenti lo aspettavano e gli rendevano quel luogo non meno
odioso della casa. L'atteggiamento assunto verso di lui dai ra-
gazzi, dopo la sua gita in barca con il Saro, non si era affatto
modificato; anzi aveva preso un aspetto definitivo, come fon-
dato sopra una convinzione e un giudizio incrollabili. Egli era
colui che aveva accettato quel noto e funesto favore dal Saro; e
nulla pisi poteva fare per cambiare quest'idea. Cos al primo
invidioso disprezzo motivato dalla sua ricchezza, se ne era ag-
giunto un altro fondato sulla sua supposta corruzione. E l'uno
pareva, in certo modo, in quelle menti brutali, giustificare l'al-
tro. L'uno nascere dall'altro. Egli era ricco, sembrava che i ra-
gazzi volessero significare con la loro umiliante e spietata con-
dotta; dunque che c'era di sorprendente che fosse anche cor-
rotto? Agostino fece presto a scoprire qual sottile correlazione
esistesse tra le due accuse; e comprese oscuramente che pagava
in tal modo la sua diversite la sua superiorit Diversite su-
perioritsociali che si manifestavano nei panni migliori, nei di-
scorsi sull'agiatezza di casa sua, nei gusti e nel linguaggio; diver-
site superioritmorali che l'impuntavano a rigettare l'accusa
dei suoi rapporti con il Saro e ad ogni momento trasparivano in
un chiaro ribrezzo per i modi e le abitudini dei ragazzi. Allora
piper suggestione dello stato umiliante in cui si trovava che
per consapevole volont decise di essere come gli pareva che
essi avrebbero voluto che fosse, ossia in tutto simile a loro. Ap-
posta prese a indossare i vestiti pilogori e brutti che posse-
desse, con grande stupore di sua madre che non riconosceva pi in lui l'antica vanit apposta smise di parlare di casa sua e delle
sue ricchezze; apposta ostentdi apprezzare e gustare quei modi
e quelle abitudini che tuttora lo inorridivano. Ma quel che peggio, e che gli costuna dolorosa fatica, apposta, un giorno
che al solito lo beffavano per la sua gita con il Saro, dichiarche
era stanco di negare la verit che era realmente accaduto ciche
essi dicevano e che lui non aveva alcuna difficolta farne il rac-
conto. Affermazioni tutte che fecero trasalire il Saro, ma che
forse per timore di esporsi, il bagnino si guardbene dallo
smentire. Questo aperto riconoscimento della veritdelle dicerie
che sin allora l'avevano straziato, dapprima ispirun grande stu-
pore giacchi ragazzi non si aspettavano da lui, costimido e
schivo, un tale atto di coraggio; ma subito dopo fioccarono le
domande indiscrete su come fossero andate le cose; e qui non gli
resse pil'animo: rosso e sconvolto in viso ammutolad un
tratto. Naturalmente i ragazzi interpretarono questo suo silenzio
a modo loro; come un silenzio di vergogna e non, quale era in
realt di incapacita mentire e ignoranza. E pipesante di
prima gli ricadde addosso il solito fardello di beffe e di di-
sprezzo.
Tuttavia, nonostante questo fallimento, egli era veramente
cambiato; senza che se ne accorgesse e piper effetto del diu-
turno sodalizio con i ragazzi che per volontsua, era divenuto
assai simile a loro o, meglio, aveva perso gli antichi gusti senza
per questo riuscire del tutto ad acquistarne dei nuovi. Pidi una
volta, spinto dall'insofferenza, gli accadde di non recarsi allo sta-
bilimento Vespucci e di ricercare i semplici compagni e i giuo-
chi innocenti coi quali, al bagno Speranza, aveva iniziato l'e-
state. Ma come gli apparvero scoloriti i ragazzi bene educati che
qui lo aspettavano, come noiosi i loro svaghi regolati dagli am-
monimenti dei genitori e dalla sorveglianza delle governanti,
come insipidi i loro discorsi sulla scuola, le collezioni dei franco-
bolli, i libri di avventure e altre simili cose. In realtla compa-
gnia della banda, quel parlare sboccato, quel discorrere di donne,
quell'andare rubando per i campi, quelle stesse angherie e vio-
lenze di cui era vittima, lo avevano trasformato e reso insoffe-
rente delle antiche amicizie. Gli accadde, in quel torno di
tempo, un fatto che lo riconfermin questa convinzione. Una
mattina, giunto un po' in ritardo allo stabilimento Vespucci,
non aveva trovato nil Saro allontanatosi per certe sue faccende,
nla banda dei ragazzi. Malinconicamente anda sedersi sopra
un pattino, in riva al mare. Ed ecco, mentre guardava alla spiag-
gia con desiderio di vederci almeno apparire il Saro, avvicinarsi
un uomo e un ragazzo di forse due anni pigiovane di lui.
L'uomo piccolo, le gambe corte e grasse sotto la pancia spor-
gente, il viso rotondo in cui un paio di lenti a molla stringevano
un naso appuntito, pareva un impiegato o un professore. Il
bambino magro e pallido, in un costume troppo ampio, strin-
geva contro il petto un enorme pallone di cuoio, tutto nuovo.
Tenendo per mano il figlio, l'uomo si avvicinad Agostino e lo
guarda lungo indeciso. Finalmente gli chiese se fosse possibile
fare una passeggiata in mare. "Certo che possibile, " rispose
Agostino senza esitare.
L'uomo lo considercon diffidenza, al disopra degli occhiali e
poi domandquanto costasse un'ora di pattino. Agostino che
conosceva i prezzi, glielo disse. Ora capiva che l'uomo lo scam-
biava per un garzone o figlio di bagnino; e ci in qualche
modo, lo lusingava. "Allora andiamo, " disse l'uomo.
Senza farselo dir due volte, Agostino prese il tronco di abete
grezzo che serviva da rullo e anda sottoporlo alla prua dell'im-
barcazione. Quindi afferrate con le due mani le punte del pat-
tino, con uno sforzo raddoppiato dell'amor proprio coscuriosa-
mente impegnato, spinse il pattino in mare. Aiuta salire il ra-
gazzo e il padre, balza sua volta e si impossessdel remo.
Per un pezzo, su quel mare calmo e deserto della prima mat-
tina, Agostino remsenza dir parola. Il ragazzo stringeva al
petto il pallone e guardava Agostino con i suoi occhi scialbi.
L'uomo, seduto goffamente, la pancia tra le gambe, girava in-
torno il capo sul collo grasso e pareva godersi la passeggiata.
Domandalla fine ad Agostino chi egli fosse, se garzone o fi-
glio del bagnino. Agostino rispose che era garzone. "E quanti
anni hai?" interrogl'uomo.
"Tredici, " rispose Agostino.
"Vedi, " disse l'uomo rivolto al figlio, "questo ragazzo ha
quasi la tua ete gilavora. " Quindi, ad Agostino: "E a scuola
ci vai?"
"Vorrei. . ma come si fa?" rispose Agostino assumendo il
tono ipocrita che aveva spesso visto adottare dai ragazzi della
banda di fronte a simili domande; "bisogna campare, signore. "
"Vedi, " torna dire il padre al figlio, "vedi, questo ragazzo
non puandare a scuola perchdeve lavorare. . . e tu hai il corag-
gio di lamentarti perchdevi studiare. "
"Siamo molti in famiglia, " continuAgostino remando di
lena, "e tutti lavoriamo. "
"E quanto puoi guadagnare in una giornata di lavoro?" do-
mandl'uomo.
"Dipende, " rispose Agostino; "se viene molta gente anche
venti o trenta lire. "
"Che naturalmente porti a tuo padre, " lo interruppe l'uomo.
"Si capisce, " rispose Agostino senza esitare. "Salvo s'intende
quello che ricevo come mancia. "
L'uomo questa volta non se la sentdi additarlo come esem-
pio al figliolo, ma fece un grave cenno di approvazione con il
capo. Il figlio taceva, stringendo piche mai al petto il pallone
e guardando Agostino con gli occhi smorti e annacquati.
"Ti piacerebbe, ragazzo, " domandad un tratto l'uomo ad
Agostino, "di possedere un pallone di cuoio come questo?"
Ora Agostino ne possedeva due di palloni, e giacevano da
tempo nella sua camera, abbandonati insieme ad altri giocattoli.
Tuttavia disse: "S . certo, mi piacerebbe. . . ma come si fa? dob-
biamo prima di tutto provvedere al necessario. "
L'uomo si voltverso il figlio, e, piper gioco, come pareva
che perchne avesse realmente l'intenzione, gli disse: "Su,
Piero. . . regala il tuo pallone a questo ragazzo che non ce l'ha. " Il
figlio guardil padre, guardAgostino e con una specie di ge-
losa veemenza strinse al petto il pallone, ma senza dir parola
"Non vuoi?" domandil padre con dolcezza, "non vuoi?"
" Il pallone mio, " disse il ragazzo.
"E tuo s . . ma puoi, se lo desideri, anche regalarlo, " insistette
il padre; "questo povero ragazzo non ne ha mai avuto uno in
vita sua. . . di'. . . non vuoi regalarglielo?"
"No, " rispose con decisione il figlio.
"Lasci stare," intervenne a questo punto Agostino con un sor-
riso untuoso, "io non me ne farei nulla. . . non avrei il tempo di
giocarci. . . lui invece. . . "
Il padre sorrise a queste parole, soddisfatto di aver presentato
in forma vivente un apologo morale al figlio. "Vedi, questo ra-
gazzo migliore di te, " soggiunse accarezzando la testa al fi-
gliolo, "povero e tuttavia non vuole il tuo pallone. . . te lo la-
scia. . . ma tutte le volte che fai i capricci e ti lamenti. . . devi ricor-
darti che ci sono al mondo tanti ragazzi come questo che lavo-
rano e non hanno mai avuto palloni nalcun altro balocco. "
"Il pallone mio, " rispose il figlio testardo.
"S tuo, " sospiril padre distrattamente. Guardl'orologio
e disse: "Ragazzo, torniamo a riva, " con una voce mutata e del
tutto padronale. Senza dir parola, Agostino voltla prua verso
la spiaggia.
Come giunsero in prossimitdella riva, egli vide il Saro ritto
nell'acqua che osservava con attenzione le sue manovre; e te-
mette che il bagnino lo svergognasse svelando la sua finzione.
Ma il Saro non aprbocca; forse aveva capito; forse non gli im-
portava; e zitto e serio aiutAgostino a tirare a secco l'imbarca-
zione. "Questo per te, " disse l'uomo dando ad Agostino i soldi
pattuiti e qualcosa di pi Agostino prese i soldi e li portal
Saro. "Ma questi me li tengo per me. . . sono la mancia, " sog-
giunse con compiaciuta e consapevole impudenza. Il Saro non
disse nulla, sorrise appena e, messi i soldi nella fascia nera che
gli cingeva la pancia, si allontanlentamente verso la baracca,
attraverso la spiaggia.
Questo piccolo incidente diede ad Agostino il sentimento de-
finitivo di non appartenere pial mondo in cui si trovavano ra-
gazzi del genere di quello del pallone; e comunque di essersi
cosincanaglito ormai da non poterci pivivere senza ipocrisia
e fastidio. Tuttavia sentiva con dolore che non era neppure si-
mile ai ragazzi della banda. Troppa delicatezza restava in lui; se
fosse stato simile, pensava talvolta, non avrebbe sofferto tanto
delle loro rudezze, delle loro sguaiataggini e della loro ottusit
Cossi trovava ad avere perduto la primitiva condizione senza
per questo essere riuscito ad acquistarne un'altra.
Un giorno di quella fine d'estate, i ragazzi della banda e Ago-
stino si recarono in pineta per cacciare uccelli e ricercare funghi.
Era questa, tra tutte le prodezze e le imprese della banda, quella
che Agostino preferiva. Entravano nella pineta e a lungo cam-
minavano per quelle naturali navate, sul suolo soffice, tra le co-
lonne rosse dei tronchi, guardando in aria per vedere se lass tra
i rami altissimi, qualcosa si muovesse e si rivoltasse per entro gli
aghi. Allora Berto, o il Tortima, o Sandro che era il piabile di
tutti, tendevano gli elastici delle loro fionde e scagliavano certi
loro sassi aguzzi verso il punto in cui gli pareva di aver sorpreso
un movimento. Talvolta un passero, l'ala fracassata, piombava a
terra e poi, svolazzando e pigolando pietosamente, saltellava e si
trascinava finchuno dei ragazzi non lo afferrava e non gli
schiacciava il capo tra due dita; pispesso, per era una caccia
infruttuosa e i ragazzi se la cavavano con dei lunghi vagabon-
daggi per la profonda pineta, a testa riversa e occhi fissi verso
l'alto, sempre piallontanandosi e addentrandosi, finchtra i
tronchi dei pini cominciava la macchia e il cespuglio spinoso e
arruffato succedeva al terreno brullo e morbido di secche spo-
glie. Con la macchia, aveva inizio la raccolta dei funghi. Aveva
piovuto un paio di giorni e la macchia era ancora bagnata con le
foglie stillanti e il suolo fradicio e tutto inverdito. Nel pifolto
dei cespugli, i funghi gialli, lustri di muco e di umidit splende-
vano solitari e grandi o in famiglie strette di piccoli. I ragazzi li
coglievano con delicatezza sporgendosi tra i rovi, passando due
dita sotto i capelli e avendo cura di tirarne via anche il gambo,
intriso di terriccio e di borraccina; poi li infilavano l'uno sull'al-
tro in certi lunghi e appuntiti sterpi di ginestra. Cos di mac-
chia in macchia, ne radunavano qualche chilo, il pranzo per il
Tortima, che, come il piforte, confiscava per sla raccolta.
Quel giorno la raccolta era stata fruttuosa, dopo molto errare
avevano trovato una macchia, per cosdire, vergine, dove i fun-
ghi crescevano fitti, l'uno presso l'altro, sul loro letto di musco.
Verso il tramonto, la macchia non era stata ancora esplorata che
a met ma era tardi e i ragazzi con parecchie schidionate di fun-
ghi e due o tre uccelli se ne tornarono pian piano verso casa.
Di solito prendevano per un sentiero che portava dritto al
lungomare; ma quel giorno, inseguendo un beffardo passero che
svolazzava tra i rami pibassi dei pini e dava continuamente
l'illusione di potere colpirlo facilmente, finirono per attraversare
in tutta la sua lunghezza la pineta che, nella propaggine orien-
tale, si addentrava alquanto dietro le case della citt Imbruniva
che sbucarono dagli ultimi pini nella piazza di un quartiere peri-
ferico. Immensa, la piazza non era lastricata ma tutta sabbiosa e
sparsa di mucchi di detriti e di cespugli di cardi e di ginestre tra
i quali serpeggiavano malcerti e sassosi sentieri. Qualche stento
oleandro cresceva irregolarmente sui lati della piazza; non c'e-
rano marciapiedi; i pochi villini che vi sorgevano, alternavano i
loro giardini polverosi a grandi spazi vuoti recinti di reticolati.
Questi villini apparivano piccoli torno torno la piazza, e il cielo
spalancato sull'immenso quadrilatero sembrava accrescerne il de-
serto e lo squallore.
I ragazzi presero in diagonale attraverso la piazza, cammi-
nando due a due come i frati. Gli ultimi della fila erano Ago-
stino e il Tortima. Agostino portava due lunghe trecce di fun-
ghi; e il Tortima, nelle sue grosse mani, un palo di passeri dalle
teste penzolanti e sanguinose.
Il Tortima, come furono sul limitare della piazza, diede una
gomitata nel fianco ad Agostino; e indicando uno di quel villini,
con un tono allegro: "L'hai visto?. . . sai cos'quello?"
Agostino guard Era un villino molto simile agli altri. Forse
pigrande, con tre piani e un tetto spiovente di scaglie d'arde-
sia. La facciata di un grigio affumato e triste aveva persiane
bianche, tutte serrate, gli alberi del folto giardino la nasconde-
vano quasi per intero. Il giardino non pareva grande, l'edera ri-
copriva il muro di cinta, attraverso il cancello si vedeva un breve
viale tra due file di cespugli e, sotto una vecchia pensilina, una
porta dai battenti chiusi. "Non c'nessuno in quel villino, "
disse Agostino soffermandosi.
"Eh, nessuno, " fece l'altro ridendo; e in poche parole spieg ad Agostino chi vi abitasse. Agostino aveva gialtre volte sen-
tito parlare dai ragazzi di queste case dove abitano soltanto
donne e vi stanno chiuse tutto il giorno e la notte, pronte e di-
sposte per denaro ad accogliere chicchessia; ma era la prima
volta che ne vedeva una. Le parole del Tortima ridestarono in-
tero in lui il senso di stranezza e di stupore che aveva provato la
prima volta che ne aveva sentito parlare. E come allora non
aveva quasi potuto credere che potesse esistere una tale singo-
lare comunit dispensatrice generosa e indifferente di quell'a-
more che gli appariva cosdifficile e lontano; cosora la stessa
incredulitgli fece volgere gli occhi al villino come a cercarvi
sui muri le tracce dell'incredibile vita che custodiva. A contrasto
con l'immagine favolosa di quelle stanze in ciascuna delle quali
splendeva una nuditfemminile, il villino gli apparve singolar-
mente vecchio e tetro. "Ah, s " fece fingendo indifferenza; ma
il cuore gli aveva preso a battere piin fretta.
"S disse il Tortima, "il picaro della citt " E aggiunse
particolaritsul prezzo, il numero delle donne, la gente che ci
andava, la quantitdi tempo che si poteva rimanerci. Queste
notizie quasi dispiacevano ad Agostino sostituendo, come face-
vano, meschine precisioni all'immagine confusa e barbarica che
si era fatta dapprima di quei luoghi proibiti. Tuttavia, fingendo
un tono noncurante di oziosa curiosit mosse al compagno
molte domande. Chadesso, passato il primo momento di sor-
presa e di turbamento, un'idea gli era spuntata nella mente e
ostinata, rivelava una sua singolare vitalit Il Tortima, che pa-
reva informatissimo, gli forntutti i chiarimenti che desiderava.
Cos chiacchierando, visto che era ormai notte, la compagnia si
sciolse. Agostino consegnal Tortima i funghi e si avviverso
casa.
L'idea che gli era venuta era molto chiara e semplice sebbene
complicate e oscure ne fossero le scaturigini. Egli doveva, la sera
stessa, andare in quella casa e conoscervi una di quelle donne.
Questo non era un desiderio o un vagheggiamento, bensuna ri-
soluzione fermissima e quasi disperata.
Gli pareva che soltanto in questo modo sarebbe finalmente
riuscito a liberarsi dalle ossessioni di cui aveva tanto sofferto in
quei giorni d'estate. Conoscere una di quelle donne, pensava
oscuramente, voleva dire sfatare per sempre la calunnia dei ra-
gazzi; e nello stesso tempo tagliare definitivamente il sottile le-
game di sensualitsviata e torbida che si era creato tra lui e sua
madre. Non se lo confessava, ma sentirsi finalmente sciolto da
questo legame, gli appariva come lo scopo piurgente da rag-
giungere. Non pitardi di quello stesso giorno si era convinto
di questa urgenza attraverso un fatto molto semplice ma signifi-
cativo.
La madre e lui avevano sin allora dormito in camere separate,
ma quella sera doveva arrivare di fuori un'amica invitata dalla
madre a trascorrere con loro qualche settimana. Siccome la casa
era piccola, era stato deciso che l'ospite avrebbe occupato la ca-
mera di Agostino; mentre al ragazzo sarebbe stata accomodata
una branda nella camera della madre. Quel mattino stesso, sotto
i suoi occhi scontenti e pieni di ripugnanza, la branda era stata
collocata allato al letto materno in cui, ancora disfatti e come
impregnati di sonno, stavano ammucchiati i lenzuoli. Insieme
con la branda erano stati trasportati i suoi panni, gli oggetti da
teletta, i libri.
Ora Agostino provava un'invincibile ripugnanza a vedere ac-
cresciuta dai sonni in comune quella gitanto penosa promi-
scuitcon sua madre. Tutto quello che ora sospettava appena,
pensava, si sarebbe trovato ad un tratto, in virtdi questa nuova
e maggiore intimit esposto senza rimedio ai suoi occhi. Egli
doveva, a guisa di contravveleno, presto, molto presto, frapporre
tra se la madre l'immagine di un'altra donna a cui rivolgere se
non gli sguardi almeno i pensieri. Quest'immagine, che gli
avrebbe fatto da schermo alla nuditdella madre e, in certo
modo, gliel'avrebbe spogliata di ogni femminilitrestituendola
alla sua antica significazione materna, doveva fornirgliela una di
quelle donne della villa.
Come poi sarebbe riuscito a penetrare e a farsi ammettere in
quella casa, come si sarebbe regolato per scegliersi la donna e
con lei appartarsi, di tutto questo Agostino non si dava pen-
siero; o meglio, anche se l'avesse voluto, non avrebbe saputo
immaginarlo. Perch nonostante le informazioni del Tortima,
tuttora la villa, le sue abitatrici, le cose che vi accadevano, resta-
vano avvolte per lui in un'aria densa e improbabile, come se si
fosse trattato non gidi concrete realtma di arrischiatissime
ipotesi che, all'ultimo momento, potevano anche rivelarsi sba-
gliate. Il successo dell'impresa, era, cos affidato ad un calcolo
logico: se c'era la casa, c'erano anche le donne, se c'erano le
donne, c'era anche la possibilitdi avvicinarne una. Ma non era
sicuro che la casa e le donne ci fossero, e comunque rassomi-
gliassero all'immagine che se ne era fatta; e questo non tanto
perchnon prestasse fede al Tortima quanto perchgli difetta-
vano completamente i termini del paragone. Nulla aveva mai
fatto, nulla aveva mai visto che, sia pure in maniera lontana e
imperfetta, avesse qualcosa in comune con quanto stava per in-
traprendere. Come un povero selvaggio cui si parli dei palazzi
d'Europa e lui non sappia vederli che in forma di capanne pi grandi della sua, cosegli non sapeva, per raffigurarsi quelle
donne e le loro carezze, che pensare a sua madre, poca cosa e di-
versa; e tutto il resto era vagheggiamento, congettura, velleit
Ma come avviene, l'inesperienza lo faceva preoccupare soprat-
tutto degli aspetti pratici della questione, quasi che, risolven-
doli, avesse potuto anche risolvere il problema della complessiva
irrealtdella faccenda. In particolar modo l'angustiava il fatto
dei soldi. Il Tortima gli aveva spiegato con molta precisione a
quanto ammontasse la somma da pagare e a chi avrebbe dovuto
pagarla; tuttavia egli non riusciva a capacitarsene. Che rapporto
c'era tra il denaro, che serve di solito ad acquistare oggetti ben
definiti e di quantitriscontrabile, e le carezze, le nudit la
carne femminile? Possibile che ci fosse un prezzo e che questo
prezzo fosse davvero esattamente delimitato e non variasse se-
condo i casi? L'idea del denaro che avrebbe dato in cambio di
quella vergognosa e proibita dolcezza, gli pareva strana e cru-
dele; come un'offesa, forse piacevole per chi la arrecava, ma do-
lorosa per chi la riceveva. Era proprio vero che doveva conse-
gnare quel denaro direttamente alla donna e, comunque, in sua
presenza? Gli sembrava che in qualche modo avrebbe dovuto
nasconderglielo; e lasciarle l'illusione di un rapporto disinteres-
sato. E, finalmente, non era troppo esigua la somma indicatagli
dal Tortima? Non c'era denaro abbastanza, pensava, per pagare
una esperienza come quella che a lui doveva concludere un pe-
riodo della vita e dischiuderne un altro.
Di fronte a questi dubbi, decise alla fine di tenersi stretta-
mente alle informazioni del Tortima, forse fallaci, ma le sole in
ogni caso su cui potesse fondare un piano d'azione. Si era fatto
dire dal compagno il prezzo della visita alla villa; e la cifra non
gli era sembrata superiore a quella dei suoi risparmi da lungo
tempo accumulati e conservati in un salvadanaio di terracotta. A
forza di spiccioli e di biglietti di piccolo taglio, quella somma
doveva averla certamente raggranellata e forse anche superata.
Egli pensava di togliere il denaro dal salvadanaio, aspettare che
sua madre fosse uscita per andare a prendere l'amica alla sta-
zione, uscire a sua volta, correre a cercare il Tortima e con lui
recarsi alla villa. I soldi, poi, dovevano bastare non soltanto a lui
ma anche al Tortima che sapeva povero e, ad ogni modo, po-
chissimo disposto a favorirlo senza il contraccambio di un torna-
conto personale. Questo era il piano; e sebbene continuasse a
vederlo disperatamente lontano e improbabile, deliberdi man-
darlo ad effetto con la stessa precisione e la stessa sicurezza che
se si fosse trattato di una passeggiata in barca o di qualche scor-
ribanda nella pineta.
Eccitato, ansioso, liberato per la prima volta dal veleno del ri-
morso e dell'impotenza, fece quasi di corsa, attraverso la citt
tutta la strada dalla piazza a casa sua. La porta di casa era serrata,
ma le attigue persiane della finestra a pianterreno del salotto
erano aperte. Dal salotto giungeva la musica di un pianoforte.
Egli entr La madre sedeva davanti alla tastiera. Le due deboli
lampadine del pianoforte le illuminavano il viso lasciando nel-
l'ombra gran parte della stanza. La madre suonava dritta sopra
uno sgabello senza spalliera e accanto a lei, su un altro sgabello,
sedeva il giovane del pattino. Era la prima volta che Agostino lo
vedeva in casa e un subito presentimento gli fece mancare il re-
spiro. La madre parve avvertire in qualche modo la presenza di
Agostino, perchvoltla testa con un calmo gesto pieno di
ignara civetteria; una civetteria, cosalmeno gli parve, rivolta
pial giovane che a lui che sembrava esserne l'oggetto. Vedu-
tolo, ella cesssubito di suonare e lo chiampresso di s "Ago-
stino. . . a quest'ora ti presenti?. . . vieni qui. "
Egli si avvicinlentamente, pieno di ripugnanza e d'impac-
cio. La madre lo attira s cingendogli tutto il corpo con un
braccio. Agostino vide che gli occhi della madre brillavano
straordinariamente, di un fuoco giovanile e scintillante. Anche
nella sua bocca pareva esitare un riso trepido che le bagnava i
denti di saliva. E nel gesto di cingerlo con il braccio e di atti-
rarlo al proprio fianco, avvertuna violenza impetuosa, una fre-
mente gioia che quasi lo spaventarono. Erano, non potfare a
meno di pensare, espansioni che non lo riguardavano affatto. E
facevano stranamente pensare alla sua eccitazione di poco prima
quando correndo per la strada della citt si era esaltato all'idea
di prendere i suoi risparmi, recarsi con il Tortima alla villa e
possedervi una donna.
"Dove sei stato?" continula madre con una voce tenera,
crudele e allegra, "dove sei stato sin adesso. . . cattivo, cattivo che
sei?" Agostino non disse nulla, anche perchgli pareva che la
madre non aspettasse alcuna risposta. A quel modo, egli pens ancora, ella parlava talvolta al gatto di casa. Chino in avanti, le
mani riunite tra le ginocchia, e la sigaretta tra due dita, gli occhi
non meno scintillanti di quelli della madre, il giovane lo guar-
dava e sorrideva. "Dove sei stato?" ripetancora la madre, "cat-
tivo. . . vagabondo che sei?" Con la grande, lunga mano calda, in
una carezza di tenera e irresistibile violenza, ella gli scompiglii
capelli, riconducendoglieli poi sulla fronte. "Non vero che
un bel ragazzo?" soggiunse con fierezza rivolta al giovane.
"Bello come la madre, " rispose il giovane. La madre rise pate-
ticamente di questo semplice complimento. Turbato, pieno di
vergogna, Agostino fece un gesto come per svincolarsi. "Vai a
lavarti, " disse la madre, "e fa' presto perchtra poco si va a ta-
vola. " Agostino salutil giovane e uscdal salotto. Subito, alle
sue spalle, ripresero le note della musica al punto preciso in cui
suo ingresso le aveva interrotte.
Ma una volta nel corridoio, si ferme indugiad ascoltare
quei suoni che le dita materne sprigionavano dalla tastiera. Il
corridoio era buio e afoso, in fondo al corridoio si poteva vedere
attraverso la porta aperta, nella cucina illuminata, la cuoca ve-
stita di bianco che si muoveva lentamente nelle sue faccende, tra
il tavolo e i fornelli. Intanto la madre suonava; e la musica pa-
reva ad Agostino vivace, tumultuosa, scintillante, in tutto simile
all'espressione degli occhi di lei mentre lo aveva tenuto stretto
al suo fianco. Era, forse, proprio una musica di quel genere, ma
forse era la madre che ci metteva quel tumulto, quello scintillio
quella vivacit Tutta la casa rintronava di questa musica, e
Agostino si sorprese a pensare che anche nella strada ci doves-
sero essere capannelli di persone ferme ad ascoltarla e a meravi-
gliarsi della scandalosa impudicizia che traspariva in ciascuna di
quelle note.
Poi, tutto ad un tratto, a metdi un accordo, i suoni si inter-
ruppero; e Agostino fu sicuro, in una maniera oscura, che l'im-
peto che traspariva nella musica aveva trovato improvvisamente
uno sfogo piadeguato. Torndue passi indietro e si affacci sulla soglia del salotto.
Quello che vide non lo meraviglimolto. Il giovane stava in
piedi e baciava la donna sulla bocca. Rovesciata indietro sul
basso ed esiguo sgabello, dal quale, d'ogni parte, traboccava il
suo corpo piegato, ella teneva ancora una mano sulla tastiera e
con l'altra cingeva il collo al giovane. Nella poca luce, si vedeva
come il corpo di lei si torcesse indietro, il petto palpitante in
fuori, una gamba ripiegata e l'altra tesa a premere il pedale. A
contrasto con questa violenta dedizione, il giovane pareva con-
servare la solita disinvoltura e compostezza. In piedi, girava un
braccio sotto la nuca della donna; ma, si sarebbe detto, piper
timore di vederla cadere indietro che per violenza di passione.
L'altro braccio gli pendeva lungo il fianco e la mano stringeva
tuttora la sigaretta. Le sue gambe vestite di bianco, ben piantate
e aperte, una di qua e l'altra di l esprimevano eguale padro-
nanza di se deliberazione.
Il bacio fu lungo e parve ad Agostino che ogni volta che il
giovane voleva interromperlo, la madre, con insaziata aviditlo
rinnovasse. Veramente, egli non potfare a meno di pensare,
ella pareva affamata di quel bacio, come chi ne stato troppo a
lungo digiuno. Poi, in un movimento che ella fece con la mano,
una, due, tre note gravi e dolci suonarono nel salotto. Subito i
due si separarono. Agostino mosse un passo nel salotto e disse:
"Mamma. "
Il giovane fece una giravolta e anda mettersi con le due
mani in tasca, a gambe larghe, sulla soglia della finestra, come
assorto a guardare la strada. "Agostino, " disse la madre.
Agostino si avvicinLa madre ansimava con una tale vio-
lenza che le si vedeva distintamente il petto levarsi e abbassarsi
sotto la seta del vestito. Piche mai brillavano i suoi occhi;
aveva la bocca semiaperta e i capelli in disordine; una ciocca
molle e aguzza, viva come un serpente, le pendeva lungo la
guancia. "Che c' Agostino?" ella ripetcon voce rotta e bassa,
accomodando alla meglio i capelli.
Agostino sentad un tratto una piettutta mescolata di ripu-
gnanza opprimergli il cuore. "Ricomponiti, " avrebbe voluto gri-
dare a sua madre, "calmati. . . non ansimare a quel modo. . . poi
parlami. . . ma non parlarmi con questa voce. " Invece, in fretta e
quasi esagerando apposta la puerilitdella voce e della sollecitu-
dine: "Mamma, " domand "posso rompere il salvadanaio. . . vo-
glio comprarmi un libro. "
"S caro, " ella disse e porse una mano a fargli una carezza
sulla fronte. Agostino al contatto di quella mano non pote im-
pedirsi dal fare un balzo indietro, leggero e quasi impercettibile,
che gli parve violento e visibilissimo. "Allora lo rompo, " ripet
E con passo rapido, senza aspettar risposta, uscdal salotto.
Di corsa, su per i gradini scricchiolanti di sabbia, andin ca-
mera sua. L'idea del salvadanaio non era stata che un pretesto, in
veritnon aveva saputo che dire di fronte alla mamma cos sconvolta. Il salvadanaio stava sul tavolo, in fondo alla stanza
buia. La luce del fanale, entrando per la finestra aperta, ne illu-
minava la pancia rosa, con quel suo largo sorriso nero. Agostino
accese il lume, afferril salvadanaio e, con una specie di isterica
violenza, lo sbattcontro il pavimento. Il salvadanaio si ruppe e
vomit fuori dal largo squarcio, un mucchio di monete di ogni
genere. Frammisti alle monete c'erano anche parecchi biglietti
di piccolo taglio. Accosciato in terra, Agostino contin furia i
denari. Le dita gli tremavano, pur contando non poteva fare a
meno di vedere sovrapposti, come confusi con le monete sparpa-
gliate in terra, i due del salotto, la madre rovesciata indietro sul
suo sgabello e il giovane chino su di lei. Contava e talvolta do-
veva riprendere a contare per la confusione che quell'immagine
provocava nel suo animo. Ma come ebbe finito di contare, sco-
prche il denaro non raggiungeva la somma di cui aveva biso-
gno.
Si domandquel che dovesse fare, per un momento pensdi
sottrarre i denari a sua madre, sapeva dove li teneva e nulla sa-
rebbe stato pifacile; ma quest'idea gli ripugnava e decise final-
mente di chiederli, semplicemente. Con quale pretesto? Gli
parve ad un tratto di averlo trovato; nello stesso tempo udri-
suonare il gong della cena. Mise in gran fretta il suo tesoro in
un cassetto e discese a pianterreno.
La madre era giseduta a tavola. La finestra era spalancata e
grosse farfalle brune e pelose entravano dal cortile e venivano a
sbattere le ali contro il paralume di vetro bianco della lampada.
Il glovane era partito e la madre era tornata alla sua solita, se-
rena dignit Agostino la guarde di nuovo, come il primo
giorno che ella era uscita in mare con il giovane del pattino, si
meravigliche non si vedesse su quella bocca la traccia del bacio
che pochi minuti prima ne aveva compresse e separate le labbra.
Egli non avrebbe saputo dire che sentimento provasse a questo
pensiero. Un senso di compassione per la madre a cui quel bacio
pareva essere stato prezioso e sconvolgente; e, al tempo stesso
un ribrezzo forte, non tanto per quello che aveva veduto quanto
per il ricordo che gliene era rimasto. Avrebbe voluto rifiutare
questo ricordo, dimenticarlo. Possibile che dagli occhi potesse
entrare tanto turbamento e tanta mutazione? Egli presentiva che
quel ricordo gli sarebbe per sempre rimasto impresso nella me-
moria.
Come ebbero finito di mangiare, la madre si leve salal
piano superiore. Agostino pensche quello era il momento
buono o mai pidi chiederle il denaro. La segued entrdietro
di lei nella camera. La madre sedette davanti allo specchio della
teletta e in silenzio vi studiil proprio viso
"Mamma, " disse Agostino.
"Che c'" domanddistrattamente la madre.
"Ho bisogno di venti lire. " Tanta era la somma che mancava.
"Perch"
"Per comperare un libro. "
"Ma non avevi detto, " domandla madre passandosi pian
piano il piumino della cipria sul viso, "che volevi rompere il sal-
vadanaio?"
Agostino ebbe una frase puerile. "S . . ma se lo rompo, allora
non ho pisoldi da parte. . . vorrei comprare il libro e non rom-
pere il salvadanaio. . . "
La madre rise, con affetto. "Sei sempre il solito bambino. "
Ella si guardun momento nello specchio, quindi soggiunse:
"Nella borsa. . . sul letto, ci deve essere il portamonete. . . prendi
pure le venti lire e rimetti dentro il portamonete. "
Agostino andal letto, aprla borsa, ne trasse il portamonete
e da questo le venti lire. Quindi, stringendo in pugno i due bi-
glietti, si gettsulla branda preparata per lui accanto al letto
materno. La madre aveva finito di acconciarsi. Ella si levdalla
teletta e gli venne accanto. "Che cosa farai ora?" "Ora legger questo libro, " disse Agostino prendendo a caso dal comodino un
romanzo di avventure e aprendolo sopra un'illustrazione.
"Bravo. . . ma ricordati, prima di coricarti, di spegnere la luce.
La madre fece ancora qualche preparativo, aggirandosi per la
stanza. Supino, il braccio sotto la nuca, Agostino la guard Ora
sentiva confusamente che non era mai stata cosbella come
quella sera. Il vestito bianco, di seta brillante, dava uno spicco
straordinario al colore bruno e caldo della carnagione. Per un in-
consapevole raffioramento dell'antico carattere, ella pareva in
quel momento aver ritrovato tutta la dolce e serena maestdel
suo portamento di un tempo; ma con in pinon si capiva che
profondo, sensuale respiro di felicit Ella era grande, ma parve
ad Agostino di non averla mai veduta cosgrande, da riempire
di stutta la stanza. Bianca nell'ombra della camera, ella si muo-
veva con maest il capo eretto sul bel collo, gli occhi neri e
tranquilli intenti sotto la fronte serena. Poi spense tutte le lam-
pade fuorchquella del comodino e si china baciare il figlio.
Agostino sentancora una volta intorno a sil profumo che ben
conosceva, e sfiorandole il collo con le labbra, non potfare a
meno di domandarsi se quelle donne, lagginella villa, fossero
altrettanto belle e cosprofumate.
Rimasto solo, Agostino aspettuna decina di minuti che la
madre si fosse allontanata. Poi discese dalla branda, spense la
luce e in punta di piedi andnella stanza attigua. Cerca ta-
stoni il tavolo presso la finestra, april cassetto e si riemple ta-
sche delle monete e dei biglietti. Finito che ebbe, passin lungo
e in largo una mano nel cassetto per vedere se fosse veramente
vuoto; e uscdalla stanza.
Come fu nella strada, prese a correre. Il Tortima abitava
quasi all'altro capo della citt in un quartiere di calafati e di ma-
rinai; e sebbene la cittfosse piccola, era sempre un bel tratto.
Prese per le strade oscure, a ridosso della pineta, e ora cammi-
nando in fretta e ora addirittura correndo, anddritto sino a
quando non vide spuntare tra le case le alberature dei velieri at-
traccati nella darsena. La casa del Tortima sorgeva sulla darsena
al di la del ponte apribile di ferro che scavalcava il canale del
porto. Di giorno era un luogo antico e decaduto, con casupole e
bottegucce allineate su ampie banchine deserte e piene di sole
odore di pesce e di catrame, acque verdi e oleose, gru immobili e
chiatte piene di brecciame. Ma ora, la notte lo rendeva simile a
tutti gli altri luoghi della citt e soltanto un gran veliero, sopra-
vanzando i marciapiedi con tutti i fianchi e le alberature, rive-
lava la presenza delle acque portuali profondamente incassate tra
le case. Era un veliero lungo e bruno; molto in su, tra i cordami
si vedevano brillare le stelle; secondo il flusso ed il riflusso del
canale pareva che tutta l'alberatura e la massa dello scafo si
muovessero appena, silenziosamente. Agostino passil ponte e
si diresse verso la fila delle case allineate sulla sponda opposta
del canale. Qualche fanale illuminava inegualmente le facciate
di queste casupole; Agostino si fermsotto una finestra spalan-
cata e illuminata da cui partiva un rumore di voci e di stoviglie,
come di gente che stesse pranzando; e, portata una mano alla
bocca, modulun fischio forte e due pisottili che era un se-
gnale convenuto tra i ragazzi della banda. Quasi subito qual-
cuno si affaccialla finestra.
"Sono io, Pisa, " disse Agostino con voce bassa e intimidita.
"Vengo, " rispose il Tortima, poichera proprio lui.
Il Tortima discese e gli si presentcon un viso tutto conge-
stionato dal vino bevuto, masticando ancora il boccone. "Sono
venuto per andare a quella villa, " disse Agostino, "ho qui i
soldi. . per tutti e due. "
Il Tortima inghiottcon sforzo e lo guard "Quella villa. . . in
fondo alla piazza, " ripetAgostino, "dove ci sono le donne. "
Ah, " fece il Tortima comprendendo finalmente, "ci hai ri-
pensato. . . bravo Pisa. . . ora vengo subito con te. " Egli corse via e
Agostino rimase nella strada, a camminare in su e in gi gli oc-
chi rivolti alla finestra del Tortima. Costui lo fece aspettare un
pezzo e, quando si ripresent Agostino quasi non lo riconobbe.
L'aveva sempre visto ragazzotto in pantaloni rimboccati, oppure
seminudo sulla spiaggia e in mare. Ora gli era davanti una spe-
cie di giovane operaio nei vestiti scuri della festa, pantaloni lun-
ghi, giubba, colletto, cravatta. Pareva pivecchio, anche per via
della pomata con cui aveva reso lisci e compatti i suoi capelli di
solito arruffati; e nei panni lindi e comuni rivelava per la prima
volta agli occhi di Agostino una sua qualitmelensamente citta-
dina.
"Ora andiamo, " disse il Tortima avviandosi.
"Ma l'ora?" domandAgostino correndogli a fianco e im-
boccando con lui il ponte di ferro.
"E sempre l'ora, l " rispose il Tortima con un riso.
Presero per strade diverse da quelle che Agostino aveva per-
corso venendo. La piazza non era molto lontana, appena due
strade piin l "Ma tu ci sei gistato?" domandAgostino.
"In quello l no. "
Il Tortima non pareva aver fretta e il suo passo era quello
consueto. "Ora hanno appena finito di mangiare e non ci sar nessuno, " spieg "il momento buono. "
"Perch" domandAgostino.
"Oh bella, perchcospotremo scegliere a nostro agio quella
che pici piace. "
"Ma quante sono?"
"Eh, saranno quattro o cinque. " Agostino avrebbe voluto do-
mandare se erano belle ma si trattenne. "Ma come si fa?" inter-
rog Il Tortima gliel'aveva gidetto; ma permanendo in lui
quel senso invincibile di irrealt provava il bisogno di sentirselo
riconfermare.
"Come si fa?" disse il Tortima, "semplicissimo. . . si va den-
tro. . . poi loro si presentano. . . si dice: buonasera signorine. . .si
finge di chiacchierare un poco, tanto per avere il tempo di guar-
darle ben bene. . . poi se ne sceglie una. . . la prima volta eh?"
"Veramente. . . " incominciAgostino un po' vergognoso.
"Va' l " disse il Tortima con brutalit "non vorrai mica
dirmi che non la prima volta. . . queste frottole raccontale agli
altri, non a me. . . ma non temere, " soggiunse con un accento cu-
rioso.
"Come sarebbe a dire?"
"Non temere, dico. . . la donna fa tutto lei. . . lascia fare a lei. . . "
Agostino non disse nulla. Quest'immagine evocata dal Tor-
tima, della donna che l'avrebbe introdotto all'amore, gli piaceva
e gli riusciva dolce e quasi materna. Tuttavia, nonostante queste
informazioni, sussisteva in lui l'incredulit "Ma. . . ma. . . mi vor-
ranno a me, " domandfermandosi e dando un'occhiata alle sue
gambe nude.
La domanda parve per un momento imbarazzare il Tortima.
"Ora andiamo, " disse con una falsa disinvoltura, "poi una volta
l si troveril modo di farti passare. . . "
Da una straducola sbucarono nella piazza. Tutta la piazza era
al buio salvo un angolo dove un fanale illuminava della sua luce
tranquilla un gran tratto di terreno sabbioso e ineguale. Nel
cielo, proprio, si sarebbe detto, al di sopra della piazza, una falce
di luna pendeva, rossa e fumosa, tagliata in due da un sottile fi-
lamento di nebbia. Dove l'oscuritera pifitta, Agostino scopr la villa riconoscendola dalle persiane bianche. Erano tutte serrate
e non un filo di luce ne trapelava. Il Tortima si diresse con sicu-
rezza verso la villa. Ma come furono nel mezzo della piazza
sotto la falce della luna, disse ad Agostino: "Dammi i soldi. . . meglio che li tenga io. "
"Ma io, " incominciAgostino che non si fidava del Tortima.
"Vuoi darmeli so no, " insistette il Tortima brutalmente. Ago-
stino, vergognoso per tutti quegli spiccioli, ubbide vuotle ta-
sche nelle mani del compagno. "Ora chiudi la bocca e seguimi, "
disse il Tortima.
Avvicinandosi alla villa, le tenebre si schiarirono, apparvero i
due pilastri del cancello, il viale e il portone sotto la pensilina. Il
cancello era accostato, il Tortima lo spinse ed entrnel giardino.
Anche la porta era socchiusa, il Tortima sali gradini e dopo
aver fatto ad Agostino un cenno di silenzio, entr Si rivelagli
occhi incuriositi di Agostino un breve vestibolo affatto nudo in
fondo al quale una porta a due battenti, dai vetri rossi e azzurri
splendeva di luce chiara. Il loro ingresso aveva scatenato una
suoneria scampanellante, quasi subito un'ombra massiccia, come
di persona seduta che si alzi, si profildietro i vetri e una donna
comparve tra i due battenti. Era una specie di cameriera, corpu-
lenta e matura, con un vasto petto vestito di nero e un grem-
biale bianco legato alla cintola. Comparve avanzando il ventre
le braccia penzolanti, il viso gonfio, immusonito e sospettoso
sotto la sporgenza dei capelli. "Siamo qui, " disse il Tortima.
Dalla voce e dall'atteggiamento, Agostino comprese che anche
il Tortima, di solito cosspavaldo, era intimidito.
La donna li scrutun momento senza benevolenza, quindi, in
silenzio, accennal Tortima come per invitarlo a passare. Il
Tortima sorrise rinfrancato e si slanciverso la porta a vetri.
Agostino fece per seguirlo. "Tu no, " disse la donna fermandolo
per la spalla.
"Come, " domandAgostino perdendo ad un tratto la timi-
dezza, "lui se io no?"
"Veramente nessuno dei due, " disse la donna guardandolo
fisso, "ma passi per lui. . . tu, no. "
"Sei troppo piccolo, Pisa, " disse il Tortima beffardo. E spinta
la porta a battenti scomparve. La sua ombra tozza si disegnper
un momento dietro i vetri, quindi svanin quella luce splen-
dente.
"Ma io, " insistette Agostino esasperato dal tradimento del
Tortima.
"Via ragazzo. . . torna a casa, " disse la donna. Ella andalla
porta, la spalanc e si trovfaccia a faccia con due uomini che
entravano. "Buona sera. . . buona sera, " disse il primo di quelli,
un uomo dalla faccia rossa e gioviale. "Siamo intesi, eh" sog-
giunse rivolto al compagno, un biondo smilzo e pallido, "se la
Pina libera, la prendo io. . . non facciamo scherzi. "
"Siamo intesi, " disse quello.
"E questo qui che vuole?" domandl'uomo gioviale alla
donna, indicando Agostino.
"Voleva entrare, " disse la donna. Un sorriso adulatorio le si
disegnsulle labbra.
"Volevi entrare, " gridl'uomo rivolto ad Agostino, "volevi
entrare? alla tua eta quest'ora si sta a casa. . . a casa. . . a casa, "
gridagitando le braccia.
"E quello che gli ho detto, " rispose la donna.
"E se lo facessimo entrare?" osservil biondo, "io alla sua et facevo gil'amore con la serva. "
"Macch . . a casa. . . a casa!" gridl'uomo infatuato. "A casa. "
Seguito dal biondo, si ingolfoltre la porta i cui battenti sbatte-
rono con violenza. Agostino, senza neppur rendersi conto di
come fosse avvenuto, si ritrovdi fuori, nel giardino.
Costutto era finito male, pens il Tortima l'aveva tradito
prendendogli i quattrini e lui era stato scacciato. Non sapendo
che fare, retrocedette sul viale guardando alla porta socchiusa,
alla pensilina, alla facciata che la sormontava con tutte le sue
bianche persiane serrate. Provava un senso bruciante di disap-
punto, soprattutto per via di quei due che l'avevano trattato a
quel modo, come un bambino. Gli strilli dell'uomo gioviale, la
benevolenza fredda e sperimentale del biondo, gli parevano non
meno umilianti della smorta e inespressiva ostilitdella guar-
diana. Sempre retrocedendo, guardandosi intorno e spiando gli
alberi e i cespugli del buio giardino, si avviverso il cancello.
Ma qui osservche tutta una parte del giardino, sul lato sinistro
della villa, appariva illuminata da una luce forte che sembrava
partire da una finestra aperta del pianterreno. Gli venne in
mente che attraverso quella finestra avrebbe potuto almeno get-
tare uno sguardo nella villa; e procurando di far meno rumore
che fosse possibile, si avvicinalla luce.
Come aveva pensato era una finestra a pianterreno, spalan-
cata. Il davanzale non era alto; pian piano, tenendosi all'angolo,
dove aveva minore probabilitdi essere veduto, egli si accoste
spinse dentro gli sguardi.
La stanza era piccola e fortemente illuminata. Le pareti erano
tappezzate di una vistosa carta a grossi fiorami verdi e neri. Di
fronte alla finestra, una tenda rossa, assicurata con anelli di le-
gno ad una stecca di ottone, pareva nascondere una porta. Non
c'erano mobili, qualcuno sedeva in un canto, dalla parte della fi-
nestra, se ne vedevano soltanto i piedi allungati fin quasi in
mezzo alla stanza, accavallati, calzati di scarpe gialle, piedi, come
pensAgostino, di un uomo sdraiato comodamente in una pol-
trona. Agostino deluso stava per ritirarsi quando la tenda si sol-
leve una donna comparve.
Ella indossava una ampia veste di velo azzurrino che ram-
mentad Agostino le camicie materne. La veste trasparente
giungeva fino ai piedi; in quel velo, le membra della donna, vi-
ste come in un'acqua marina, si disegnavano pallide e lunghe
quasi fluttuanti in curve indolenti intorno la macchia scura del
grembo. La veste, per una bizzarria che colpAgostino, si allar-
gava sul petto in una scollatura ovale che le giungeva fino alla
cintola e i seni, che aveva tondi e gonfi, ne sporgevano quasi
con difficolt nudi e serrati l'uno contro l'altro; poi la veste, che
li circondava con molte pieghe fitte, si ricongiungeva al collo.
Ella aveva i capelli disfatti sulle spalle, ondosi e bruni, e un
largo viso piatto e pallido, di una puerilitviziata, con un'e-
spressione capricciosa negli occhi stanchi e nella bocca dalle lab-
bra arricciate e dipinte. Le mani dietro la schiena, il petto in
fuori, ella uscdalla tenda e per un lungo momento, in atteggia-
mento di attesa, stette ritta e immobile, senza parlare. Pareva
guardare l'angolo in cui stava l'uomo i cui piedi si scorgevano
accavallati nel mezzo della stanza. Quindi, in silenzio come era
venuta, voltla schiena, sollevla tenda e scomparve. Quasi su-
bito i piedi dell'uomo si ritirarono dalla vista di Agostino; ci fu
come il rumore di qualcuno che si alzasse; Agostino impaurito
si ritirdalla finestra.
Tornsul viale, spinse il cancello e uscsulla piazza. Adesso
provava un senso forte di delusione per il fallimento di questo
suo tentativo; e al tempo stesso quasi un terrore per quel che
l'aspettava nei giorni avvenire. Nulla era accaduto, pensava, egli
non aveva potuto possedere alcuna donna, il Tortima gli aveva
portato via i soldi e il giorno dopo sarebbero ricominciate le
beffe dei ragazzi e il tormento impuro dei rapporti con sua ma-
dre. Era vero che aveva veduto per un momento la donna desi-
derata, ritta nella sua veste di velo, il petto nudo; ma intuiva
oscuramente che questa immagine insufficiente e ambigua sa-
rebbe stata la sola ad accompagnarlo nel ricordo per lunghi anni
avvenire. Erano infatti anni e anni che si frapponevano, vuoti e
infelici, tra lui e quell'esperienza liberatrice. Non prima che
avesse avuto l'etdel Tortima, pensava, avrebbe potuto scio-
gliersi una volta per sempre dall'opaco impaccio di questa sua
sgraziata etdi transizione. Ma intanto bisognava continuare a
vivere nel solito modo, e a questo pensiero sentiva tutto il suo
animo ribellarsi, come per il senso amaro di un'impossibilitde-
finitiva.
Giunto a casa, entrsenza far rumore, vide nell'ingresso le
valigie dell'ospite, udparlare in salotto. Allora salla scala e
anda gettarsi sulla branda, nella camera della madre. Qui, al
buio, tirando via con rabbia i panni e gettandoli sul pavimento,
si spoglie si mise sotto il lenzuolo. Poi aspett gli occhi sbar-
rati nella oscurit
Attese un pezzo, gli parve ad un certo momento di assopirsi e
dormdavvero. Ad un tratto si destdi soprassalto. La lampada
era accesa e illuminava di schiena la madre che in camicia, un
ginocchio sul letto, si apprestava a coricarsi. "Mamma, " disse
subito con voce forte e quasi violenta.
La madre si volt gli venne accanto. "Che c'" domand
"che hai caro?" Anche la sua camicia era trasparente, come la
veste della donna alla villa, e il corpo vi si disegnava come quel-
l'altro corpo, in linee ed ombre imprecise. "Vorrei partire do-
mani, " disse Agostino sempre con quella sua voce forte ed esa-
sperata, cercando di guardare non al corpo ma al viso della ma-
dre.
La madre, sorpresa, sedette sul letto e lo guard "Perch . .
che hai? non ti trovi bene qui?"
"Vorrei partire domani, " egli ripet
"Vediamo, " disse la madre passandogli discretamente una
mano sulla fronte, quasi avesse temuto che fosse febbricitante,
"che hai?. . . non ti senti bene?. . . perchvuoi partire?"
Agostino non disse nulla. La camicia della madre ricordava
proprio quella della donna della villa, stessa trasparenza, stesso
pallore della carne indolente e offerta; soltanto che la camicia
era spiegazzata e pareva rendere ancor piintima e furtiva
quella vista. Cos pensAgostino, non soltanto l'immagine
della donna della villa non si frapponeva come uno schermo tra
lui e la madre, come aveva sperato, ma confermava in qualche
modo la femminilitdi quest'ultima. "Perchvuoi partire?" ella
gli domandancora, "non stai bene con me?"
"Tu mi tratti sempre come un bambino, " disse ad un tratto
Agostino, non sapeva neppur lui perch
La madre rise e gli accarezzuna guancia. "Ebbene, d'ora in
poi ti trattercome un uomo. . . va bene cos e ora dormi. . . molto tardi. " Ella si chine lo baci Spense il lume, Agostino
la sentcoricarsi nel letto.
Come un uomo, non potfare a meno di pensare prima di
addormentarsi. Ma non era un uomo; e molto tempo infelice sa-
rebbe passato prima che lo fosse.

FINE.


ALBERTO MORAVIA: LA VITA, I LIBRI

1907.
Alberto Pincherle nasce a Roma il 28 novembre. Il padre, Carlo Pin-
cherle, appartiene a una famiglia veneziana "di borghesia media, as-
sai media"; la madre, Gina De Marsanich, di famiglia ancone-
tana.

1916
All'etdi nove anni si manifestano i primi segni della tubercolosi os-
sea, una malattia che si protrarr tra apparenti guarigioni e continue
ricadute, fino ai diciassette anni, acutizzandosi in fasi drammatiche,
tali da portare Alberto Pincherle, nell'ultima fase d'essa, "in continuo
punto di morte".

1919
Dopo tre anni trascorsi a letto, nella casa di Via Sgambati a Roma,
Alberto viene trasferito al sanatorio Codivilla di Corhna d'Ampezzo.
Durante questo periodo di forzata immobilitsi dedica alla lettura.
Tra gli autori predilige Dostoevskij come romanziere e Rimbaud come
poeta.

1925
Definitivamente guarito, lascia il sanatono e si traskrisce a Bressa-
none per il periodo di convalescenza. Decide, contrariamente ai voleri
della madre, di non riprendere gli studi liceali. Inizia, in questo pe-
riodo, la stesura del primo romanzo, Gli indifferenti.

1927
Ritorna a Roma e pubblica il primo racconto, Cortigiana stanca, in
francese, sulla rivista "900" diretta da Massimo Bontempelli.

1928
Durante una riunione redazionale della rivista "900", alla quale, ol-
tre ad Alberto Pincherle che ha scelto per sil cognome di uno zio, Mo-
ravia, partecipano Bontempelli, Paola Masino e altri collaboratori, si
decide che ognuno dei presenti avrebbe dovuto produrre, entro una data
di scadenza, un romanzo. L'unico a mantenere fede alla decisione Moravia che consegna il manoscritto all'editore Liocurti della casa
editrice Sapientia. Il manoscritto viene respinto col seguente giudizio:
"Una nebbia di parole" Moravia decide di presentare il romanzo a
Cesare Giardini della casa editrice Alpes di Milano. Il giudizio fa-
vorevole, ma, trattandosi di un autore inedito, Giardini chiede a Mo-
ravia di contribuire alle spese di edizione.

1929
Pubblica Gli indifferenti, presso la casa editrice Alpes, grazie a un
prestito di 5.000 lire che gli viene fatto dal padre. Il romanzo ottiene
subito grande successo. Viene recensito da G. A. Borgese sul "Corriere
della sera" e raggiunge le cinque edizioni, prima che le autoritfasci-
ste, a causa dell' eccessivo pessimismo, a loro dire, espresso dall'opera, ne
sconsiglino una ulteriore ristampa.

1930
Pubblica sulla rivista "Pegaso", diretta da Ojetti e Pancrazi, il rac-
conto Inverno di malato.
Collabora anche a vari giornali, soprattutto con articoli relativi ai
viaggi che compie a Parigi e a Londra.
Lavora, in questi anni, alla stesura di Le ambizioni sbagliate.

1935
Agli inizi dell'anno pubblica La bella vita, una raccolta di racconti
presso l'editore Carabba di Lanciano. Il libro accolto da poche recen-
sioni.
Firma un contratto con l'editore Mondadori per la pubblicazione del
romanzo Le ambizioni sbagliate. Le bozze del libro sono valutate
dalla censura del Ministero della Cultura Popolare. Nonostante i giu-
dizi negativi il volume edito alla fine dell'anno, ma una circolare del
Ministero inviata alle redazioni dei giornali impone di non parlarne.
Tali reazioni sono dettate dal fatto che Moravia, ormai giunto a una
consapevolezza antifascista, non ne fa mistero pubblicamente.
Lo scrittore parte per gli Stati Uniti.

1936
A Positano mette a punto i racconti de L'imbroglio e li invia all'edi-
tore Mondadori. La casa editrice li rifiuta, a causa dell'insuccesso di
Le ambizioni sbagliate, e adducendo il pretesto d'essere impegnata
nella pubblicazione delle memorie del generale Badoglio.
Moravia invia i racconti all'editore Bompiani.

1937
L'editore Bompiani pubblica L'imbroglio, e ha inizio in questo modo
il lungo sodalizio tra l'autore e la casa editrice.
Conosce Elsa Morante, una giovane scrittrice che sta approntando un
volume di racconti e che vive compilando tesi universitarie.
Lo scnttore parte per la Cina, dove scopre la bellezza dell'Oriente.

1938-1939
Parte per la Grecia, dove, sofferente di una malattia nervosa, trascorre
un lungo periodo, in completa solitudine, ad Atene. Torna a Roma e
rivede Elsa Morante che, nel frattempo, ha pubblicato i racconti di Il
gioco segreto presso l'editore Treves.
E' segretario di redazione della rivista "Prospettive", diretta da Curzio
Malaparte, sulla quale pubblica anche un'inchiesta sull'esistenziali-
smo tedesco. Collabora a "La Stampa " e alla "Gazzetta del popolo".

1940
Pubblica da Bompiani I sogni del pigro, una raccolta di scritti sati-
rici e surrealisti che alludono alla situazione politica italiana. Allo
scoppio della guerra, con Elsa Morante, si trasferisce da Roma a Ca-
pri.

1941
Col romanzo La mascherata, edito anch'esso da Bompiani, attraverso
la satira di un'immaginaria dittatura in un immaginario paese del
Centramerica, lo scrittore intende proporre una lettura metaforica
sulla dittatura italiana. Il Ministero della Cultura Popolare ordina
il sequestro della seconda edizione del libro. Gli viene anche proibito di
scrivere sui giornali e di collaborare col cinema. Le sceneggiature da
lui realizzate per due film di Castellani non porteranno infatti la sua
firma.
Si sposa con Elsa Morante.
A Capri inizia la stesura di Agostino.


1943
Pubblica i racconti di L'amante infelice. Per sfuggire all'arresto in
quanto segnalato nelle liste dei "sovversivi", lo scrittore, insieme a Elsa
Morante, deve fuggire verso Napoli. Tenta di oltrepassare il fronte,
ma costretto a rifugiarsi per oltre nove mesi in una stalla di monta-
gna, nei pressi di Fondi.

1944
Dopo un breve soggiorno a Napoli, torna a Roma.
Pubblica una raccolta di racconti, L'epidemia, cartoni surrealisti, e
un saggio sul comunismo come nuovo credo, intitolato La speranza.

1945
Pubblica il romanzo breve Agostino. Al libro assegnato il premio
del "Corriere lombardo" il primo premio letterario del dopoguerra.
Pubblica anche due racconti lunghi con il titolo di Due cortigiane.
Inizia varie collaborazioni a diverse testate, tra le quali "Il Mondo "
"Corriere della sera ", "L'Europeo" .

1947
Pubblica il romanzo La romana che ottiene subito un grande successo.

1948- 1949
Pubblica altri due romanzi brevi, La disubbidienza e L'amore co-
niugale, che continuano il ciclo iniziato con Agostino.

1951
Pubblica Il conformista, un romanzo che nelle intenzioni dell'autore
voleva "interpretare il fascismo dalla parte del fascismo".

1952
Riceve ilpremio Strega per il volume I racconti.
Tutte le opere di Moravia sono messe all'indice dal Sant'Uffizio.

1953
Fonda con Carocci la rivista "Nuovi Argomenti", alla direzione della
quale, in seguito, si uniranche Pier Paolo Pasolini.

1954
Pubblica il romanzo Il disprezzo, col quale apre una nuova fase della
sua produzione narrativa. Cosl'autore spiega la sua opera: "ll di-
sprezzo che la protagonuta del romanzo ha per suo marito scavalca il
suo uomo, ma lei non lo sa: lei lo disprezza perchlo vede irrimediabil-
mente precipitare tra le braccia di una societin cui tutto venduto,
tutto comprato ".
Pubblica in volume anche il primo tomo dei Racconti romani, che ha
cominciato a pubblicare sul "Corriere della sera" fin dai tempi de La
romana. La novitdei racconti si formula a livello linguistico in
chiave belliana. L'autore sottolinea che, in questo tentativo, "la sua
lingua, per sintassi e per lessico, si apre al romanesco, a un linguaggio
basso"
Pubblica su "Nuovi argomenti" il saggio L'uomo come fine, scritto
nel 1946.

1957
Pubblica il romanzo La ciociara che, secondo l'autore, "chiude ideal-
mente la mia fase di apertura e di fede senza incrinatura nei confronti
del comunismo. Si consumava dentro di me l'identificazione tra comu-
nista e intellettuale". Inizia la collaborazione con il settimanale "L'E-
spresso", diretto da Arrigo Benedetti. Sul settimanale romano Mora-
via cureruna rubrica di critica cinematografica che mantiene tut-
tora.

1958
Pubblica il saggio Un mese in URSS, resoconto di uno dei frequenti
viaggi che lo scrittore intraprende in questo periodo. Si occupa di teatro
e pubblica due testi, La mascherata e Beatrice Cenci.

1959
Pubblica una nuova serie dei Racconti romani; nonostante il favore
da essi incontrato sulle pagine del "Corriere della sera" e in volume,
Moravia decide di interrompere quella rubrica sul giornale milanese.

1960
Pubblica La noia, un romanzo che rinnova lo scalpore e il clamore gi suscitati da Gli indifferenti. CosMoravia ne descrive i contenuti:
"Immaginai un personaggio con tre diversi modi di approccio col
mondo: come artista, come uomo (come soggetto-oggetto di rapporti),
come amante. Solo che la donna che ama, Cecilia, la realt concreta
ma sfuggente, tangibilissima ma impossibile al dominio totale. Dino
cossi lancia al disperato inseguimento di Cecilia-realt usa tutti gli
espedienti fino al denaro. Vorrebbe comperarla. Ma la realtsi ri-
fiuta: gli si nega attraverso la tautologia. E impossibile avere rapporti
con essa, perchalla fine del tuo faticoso tragitto e inseguimento, lei ti
risponde: la realtla realt Non hai qualitcui afferrarti per la
presa. ll personaggio di Cecilia questo: pura evidenza e assoluto si-
lenzio umano ".

1962
Pubblica il saggio Un`idea dall'India e i racconti de L'automa.
Si separa da Elsa Morante, dopo ventianque anni di vita in comune.
La sua nuova compagna la scrittrice Dacia Maraini.

1964
Pubblica L'uomo come fine, una raccolta di articoli di critica e di
saggistica.

1965
Pubblica il romanzo L'attenzione.

1966
Nell' ambito del Festival del teatro contemporaneo a Venezia viene rap-
presentato per la prima volta Il mondo quello che

1967-1968
Pubblica una raccolta di racconti, Una cosa una cosa, e un reso-
conto di viaggio, La rivoluzione culturale in Cina. Viene rappresen-
tato a L'Aquila, a Milano e a Roma il testo teatrale Il dio Kurt.

1969
Pubblica il testo teatrale La vita gioco che sarrappresentato l'anno
dopo a Roma per la regia di Dacia Maraini.
Il 21 dicembre, in una riunione alla Film-studio di Roma, lo scrittore
interviene contro l'attentato ai danni della Banca Nazionale dell'A-
gricoltura di Milano, condannando "L'informazione deformata ".

1970
Pubblica la raccolta di racconti, apparsi per lo pisul "Corriere della
sera", Il paradiso. L' io narrante di questi racconti sempre, di volta
in volta, una donna. Seguiranno altre raccolte di racconti indaganti
l'universo femminile: Un'altra vita (1973) e Boh (1976).

1971
Pubbica Io e lui, ironico e grottesco romanzo incentrato sul dialogo
tra un uomo e il suo sesso.

1972
Raccoglie nel volume A quale tribappartieni? i reportage narrativi
e lirici sui suoi viaggi in Africa pubblicati sul "Corriere della sera" a
partire dal 1963. Spiega Moravia: "Questo libro stato scritto nel
modo seguente: viaggiando in Africa per svago e desiderio di estrania-
mento, senza fare inchieste nricerche nnulla di tutto ciche, quando
si ha intenzione di scrivere un viaggio, si fa 'apposta'. Cosil fine che
il libro, modestamente, si propone non di informare, ndi istruire n tanto meno di giudicare ma di ispirare al lettore lo stesso interesse e la
stessa simpatia che mi hanno spinto a viaggiare per il continente
nero". Seguiranno altre raccolte sull'Africa: Lettere dal Sahara
(1981) e Passeggiate africane (l987) - nel complesso dunque una
trilogia sviluppatasi nell'arco di venticinque anni. L'autore com-
menta: "Scopro che l'Africa avvolge col suo istinto barbarico e ma-
nuale il nevrastenico perfezionismo tecnologico occidentale: lo insidia
con un'ironia antica. Quanto durertutto questo non so dirlo: io ne
sono affascinato; e per quell'universo, per quel paesaggio umano provo
talvolta una nostalgia acutissima che deve essere ciche altri chiama
mal d'Africa. In Africa, difatti, torno quasi ogni anno".

1975
Raccoglie in volume, Al cinema, le recensioni cinematografiche ap-
parse nella rubrica che da anni tiene per il settimanale "L'Espresso".

1977
Durante un viaggio in Mongolia inizia a scrivere poesie che non ha
tuttavia voluto dare alle stampe, in quanto "espressione di qualcosa di
assai privato".

1978
Pubblica il romanzo La vita interiore, alla cui stesura ha dedicato
quasi tutto il periodo degli anni Settanta. Dice Moravia: "Con La
vita interiore ho trascorso anni terribili, e probabilmente la tensione
che mi ha spinto a scriverlo si dissolta appena ci ho messo la parola
fine ".

1980
Pubblica il volume di saggi Impegno controvoglia, nel quale racco-
glie gli interventi pubblicati su vari giornali riguardo ai mutamenti
della societcivile e alle questioni morali e filosofiche, ad essi sottese,ri-
levati durante gli anni Settanta. Il volume delinea il pensiero dello
scrittore quale intellettuale laico e razionale, indagatore della societ italiana nel suo evolversi storico e attento identificatore di rapporti tra
la nostra realtnazionale e la situazione mondiale. Moravia sinte-
tizza cosla sua opinione: " La rivoluzione che non stata quella
del marxismo miracolistico dei giovani estremisti. La rivoluzione in
corso altra faccenda. Probabilmente noi viviamo in un universo
tutto differente da quello che crediamo. Crediamo in buona fede che si
stia verificando da anni una lotta tra capitalismo e comunismo. Pro-
babilmente questa lotta non esiste. Esiste una crisi dovuta al trasfor-
marsi del mondo. C'un mondo massificato, e ci sono ovunque le
masse. Quel che realmente avviene , ed in corso, la rivoluzione indu-
striale"

1982
Pubblica il romanzo 1934, nel quale sviluppa i temi della dispera-
zione, della vita e della morte, e raccoglie in volume le favole di Storie
della Preistoria.
In ottobre si reca in Giappone su invito della Japan Foundation.
Scrive Moravia: "Di fronte alla lapide dei martiri di Hiroshima che
porta la scritta enigmatica Riposate in pace perchnoi non ripete-
remo l'errore mi sono accorto, cioho preso coscienza, che il problema
nucleare, alla fine, mi riguardava personalmente". Il viaggio diviene
l'occasione per condurre un'inchiesta, attraverso interviste a uomini di
religione, intellettuali e scienziati, sull'arma atomica, "nel primo e
speriamo, ultimo paese che ha conosciuto la guerra nucleare" L'inchie-
sta pubblicata su "L'Espresso ".

1983
Conclude l'inchista sull'arma atomica, pubblicata sempre da "L'E-
spresso", con un viaggio in Germania (dove incontra tre generali e
"quattro civili altamente qualificati", tra i quali lo scrittore Ernst
Junger) e uno in Unione Sovietica.
Pubblica i racconti de La cosa.

1984
Viene eletto come indipendente nelle liste del Partito Comunista al
Parlamento Europeo. L'esigenza fondamentale che spinge lo scrittore a
presentarsi come candidato quella di portare il proprio apporto di pa-
cifista. Infatti spiega: "La questione che il problema nucleare da
qualche tempo si installato nella mia mente con gli stessi caratteri di
necessitespressiva che sono propri dei problemi artistici. Ad occuparsi
del problema nucleare per dirla con una frase infantile non lo faccio
apposta'. Percila mia candidatura al Parlamento Europeo non do-
vuta ad un motivo di interesse strettamente personale ma ad una neces-
sit diciamo cos interiore. In parole poverissime: da qualche tempo io
sono osessionato dal problema nucleare".
L'argomento del nucleare, gisviluppato nel racconto Il diavolo non
pusalvare il mondo e in generale nei racconti de La cosa, permea
anche le opere alle quali l'autore sta lavorando in questo periodo: il
dramma La cintura e il romanzo L'uomo che guarda.

1985
Pubblica il romanzo L'uomo che guarda.
Inizia la pubblicazione sul "Corriere della sera" di una serie di ap-
punti culturali e di opinioni sotto il titolo di Diario europeo.

1986
Dopo la morte della moglie Elsa Morante, si sposa con Carmen Llera.
Vengono rapprentati a Milano e a Roma i testi teatrali L'angelo
dell'informazione e La cintura. I testi sono pubblicati nel volume
L'angelo dell'informazione.
Raccoglie nel volume L'inverno nucleare, curato da Renzo Paris, le
inchieste e gli interventi pubblicati a partire dal 1982. L'urgente neces-
sitdi prendere posizione ed esprimere il proprio pensiero riguardo alla
questione nucleare, che contraddistingue l'attivitdi Moravia in que-
sti ultimi anni, deriva dalla consapevolezza che "la guerra nucleare,
tra le altre cose, sbarra l'avvenire, nega l'utopia" e che " il problema
nucleare un problema metafisico e perci giustamente" pacifisti lo
prendono come tale. Si tratta infatti del suicidio dell umanita".

1987
In occasione del suo ottantesimo compleanno gli vengono dedicate mani-
festazioni prestigiose in Italia e in Francia.
Lavora alla stesura di un nuovo romanzo.


Finito di stampare nel febbraio 1988 presso
Rotolito Lombarda SpA- Cernusco s/N
Printed in Italy.






搜尋引擎讓我們程式搜尋結果更加完美
  • 如果您覺得該文件有幫助到您,煩請按下我
  • 如果您覺得該文件是一個一無是處的文件,也煩請按下我

  • 搜尋引擎該文件您看起來是亂碼嗎?您可以切換編碼方式試試看!ISO-8859-1 | latin1 | euc-kr | euc-jp | CP936 | CP950 | UTF-8 | GB2312 | BIG5 |
    搜尋引擎本文件可能涉及色情、暴力,按我申請移除該文件

    搜尋引擎網址長?按我產生分享用短址

    ©2024 JSEMTS

    https://tw.search.yahoo.com/search;_ylt=A8tUwYgkQU1YcXoAUE9r1gt.;_ylc=X1MDMjExNDcwNTAwMwRfcgMyBGZyA3lmcC10LTkwMC10dwRncHJpZAMxWU5tY2FYMVFGQ2ZvUXZGN1N0bzVBBG5fcnNsdAMwBG5fc3VnZwMwBG9yaWdpbgN0dy5zZWFyY2gueWFob28uY29tBHBvcwMwBHBxc3RyAwRwcXN0cmwDBHFzdHJsAzQ4BHF1ZXJ5AyVFNiVBRCVBMSVFNiVBRCU4QyUyMCVFNSVCMCU4OCVFNiU4MyU4NSVFNSU5QyU5OAR0X3N0bXADMTQ4MTQ1Nzk3Ng--?p=%E6%AD%A1%E6%AD%8C+%E5%B0%88%E6%83%85%E5%9C%98&fr2=sb-top-tw.search&fr=yfp-t-900-tw&rrjfid=2003580 https://tw.search.yahoo.com/search;_ylt=A8tUwZJ2QE1YaVcAUmFr1gt.;_ylc=X1MDMjExNDcwNTAwMwRfcgMyBGZyA3lmcC10LTkwMC1zLXR3BGdwcmlkAwRuX3JzbHQDMARuX3N1Z2cDMARvcmlnaW4DdHcuc2VhcmNoLnlhaG9vLmNvbQRwb3MDMARwcXN0cgMEcHFzdHJsAwRxc3RybAM4NARxdWVyeQMlRTglQjYlODUlRTUlOEYlQUYlRTYlODQlOUIlRTclOUElODQlRTUlQUYlQjYlRTUlQUYlQjYlMjAlRTglODMlQTElRTUlQUUlODklRTUlQTglOUMEdF9zdG1wAzE0ODE0NTc3OTM-?p=%E8%B6%85%E5%8F%AF%E6%84%9B%E7%9A%84%E5%AF%B6%E5%AF%B6+%E8%83%A1%E5%AE%89%E5%A8%9C&fr2=sb-top-tw.search&fr=yfp-t-900-s-tw&rrjfid=7583007 https://tw.search.yahoo.com/search;_ylt=A8tUwZJ2QE1YaVcAUmFr1gt.;_ylc=X1MDMjExNDcwNTAwMwRfcgMyBGZyA3lmcC10LTkwMC1zLXR3BGdwcmlkAwRuX3JzbHQDMARuX3N1Z2cDMARvcmlnaW4DdHcuc2VhcmNoLnlhaG9vLmNvbQRwb3MDMARwcXN0cgMEcHFzdHJsAwRxc3RybAM4NARxdWVyeQMlRTglQjYlODUlRTUlOEYlQUYlRTYlODQlOUIlRTclOUElODQlRTUlQUYlQjYlRTUlQUYlQjYlMjAlRTglODMlQTElRTUlQUUlODklRTUlQTglOUMEdF9zdG1wAzE0ODE0NTc3OTM-?p=%E8%B6%85%E5%8F%AF%E6%84%9B%E7%9A%84%E5%AF%B6%E5%AF%B6+%E8%83%A1%E5%AE%89%E5%A8%9C&fr2=sb-top-tw.search&fr=yfp-t-900-s-tw&rrjfid=7815212 https://tw.search.yahoo.com/search;_ylt=A8tUwYgkQU1YcXoAUE9r1gt.;_ylc=X1MDMjExNDcwNTAwMwRfcgMyBGZyA3lmcC10LTkwMC10dwRncHJpZAMxWU5tY2FYMVFGQ2ZvUXZGN1N0bzVBBG5fcnNsdAMwBG5fc3VnZwMwBG9yaWdpbgN0dy5zZWFyY2gueWFob28uY29tBHBvcwMwBHBxc3RyAwRwcXN0cmwDBHFzdHJsAzQ4BHF1ZXJ5AyVFNiVBRCVBMSVFNiVBRCU4QyUyMCVFNSVCMCU4OCVFNiU4MyU4NSVFNSU5QyU5OAR0X3N0bXADMTQ4MTQ1Nzk3Ng--?p=%E6%AD%A1%E6%AD%8C+%E5%B0%88%E6%83%85%E5%9C%98&fr2=sb-top-tw.search&fr=yfp-t-900-tw&rrjfid=9366861 https://tw.search.yahoo.com/search;_ylt=A8tUwZJ2QE1YaVcAUmFr1gt.;_ylc=X1MDMjExNDcwNTAwMwRfcgMyBGZyA3lmcC10LTkwMC1zLXR3BGdwcmlkAwRuX3JzbHQDMARuX3N1Z2cDMARvcmlnaW4DdHcuc2VhcmNoLnlhaG9vLmNvbQRwb3MDMARwcXN0cgMEcHFzdHJsAwRxc3RybAM4NARxdWVyeQMlRTglQjYlODUlRTUlOEYlQUYlRTYlODQlOUIlRTclOUElODQlRTUlQUYlQjYlRTUlQUYlQjYlMjAlRTglODMlQTElRTUlQUUlODklRTUlQTglOUMEdF9zdG1wAzE0ODE0NTc3OTM-?p=%E8%B6%85%E5%8F%AF%E6%84%9B%E7%9A%84%E5%AF%B6%E5%AF%B6+%E8%83%A1%E5%AE%89%E5%A8%9C&fr2=sb-top-tw.search&fr=yfp-t-900-s-tw&rrjfid=1126844 https://tw.search.yahoo.com/search;_ylt=A8tUwYgkQU1YcXoAUE9r1gt.;_ylc=X1MDMjExNDcwNTAwMwRfcgMyBGZyA3lmcC10LTkwMC10dwRncHJpZAMxWU5tY2FYMVFGQ2ZvUXZGN1N0bzVBBG5fcnNsdAMwBG5fc3VnZwMwBG9yaWdpbgN0dy5zZWFyY2gueWFob28uY29tBHBvcwMwBHBxc3RyAwRwcXN0cmwDBHFzdHJsAzQ4BHF1ZXJ5AyVFNiVBRCVBMSVFNiVBRCU4QyUyMCVFNSVCMCU4OCVFNiU4MyU4NSVFNSU5QyU5OAR0X3N0bXADMTQ4MTQ1Nzk3Ng--?p=%E6%AD%A1%E6%AD%8C+%E5%B0%88%E6%83%85%E5%9C%98&fr2=sb-top-tw.search&fr=yfp-t-900-tw&rrjfid=7539605