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$@John Keats, Endimione - Libro primo
%1%|LIBRO PRIMO|



Una cosa bella una gioia per sempre:
cresce di grazia; mai passer
nel nulla; ma sempre terr
una silente pergola per noi, e un sonno
pieno di dolci sogni, e salute, e quieto fiato.
Perci ogni mattino, intrecciamo
una catena di fiori per legarci alla terra,
malgrado lo sconforto, il disumano vuoto
d'animi nobili, i giorni tristi,
le perniciose e ottenebrate vie
della nostra ricerca: s malgrado tutto,
una forma bella il drappo toglie
allo spirito triste. Cossole, luna,
alberi antichi, e nuovi, germoglianti felicitd'ombre
per l'umile gregge; e narcisi
col verde mondo in cui abitano; e chiari ruscelli
che cercano un fresco tetto
contro la torrida stagione; il cespuglio nel bosco,
colla spruzzata di boccioli della bella rosa muscata:
e cosanche la magnificenza del destino
che immaginiamo per i morti illustri;
tutti i racconti belli uditi o letti -
una fonte infinita di bevanda immortale,
cola per noi dall'orlo del cielo.

$ Nqueste essenze sentiamo solo
per brev'ora; no, come anche gli alberi
che sussurrano attorno al tempio presto diventano
cari quanto il tempio stesso, cosfa la luna,
la poesia passione, le glorie immense,
ossessioni per noi finchnon siano lietificante luce
all'anima nostra, e a noi si legano sforte,
che, sia splendore, o tenebra tetra,
sempre con noi dimorano, o moriamo.

Quindi, con piena felicitch'io
vergo la storia di Endimione.
La musica stessa del nome penetra
nel mio essere, e ogni leggiadra scena
sorge vivida avanti a me come il verde
della nostra valle: dunque inizio
ora che il clamore della cittnon odo;
ora che i primi germogli appena spuntano,
e cingono con dedali di colore tenerissimo
i vecchi boschi; mentre il salice strascica
la sua ambra delicata; e il mastello
porta a casa ancor pilatte. E, mentre l'anno
lussureggiante cresce negli stillanti steli, dolcemente guider la mia piccola barca, per molte ore tranquille,
in acque che s'immergono fresche sotto le pergole.
Tanti e tanti versi spero di scrivere,
prima che le margherite, orlate di vermiglio e bianco,
si nascondano nell'erba folta; e prima che le api
ronzino attorno ai globi del trifoglio e ai piselli odorosi,
sarquasi a metdella mia storia.
$O che la stagione invernale, spoglia e bianca,
non la veda incompiuta; ma il vigoroso autunno,
coll'universale tinta d'oro vecchio,
mi sia tutto attorno quando saralla fine.
E ora subito, avventuroso, invio
il mio araldo pensiero nella landa -
che suoni la tromba, e subito si vesta
di verde il mio dubbio sentiero, ch'io svelto
avanzi, tra fiori e foglie.

Sui pendii di Latmo era sparsa
una rigogliosa foresta; poichl'umida terra nutriva
generosamente le occulte radici d'erba
e divenivano rami penduli, e frutti preziosi.
E v'erano ombre dense, profonditrecluse,
dove nessuno entrava; e se dalla guardia del pastore
un agnello s'allontanava per quelle segrete gole,
mai pirivedeva i felici ovili
dove i fratelli, belando lieti,
sulle colline tornavano al cader della sera.
Tra i pastori, si credette sempre
che ogni lanoso agnello separato
dal bianco gregge, passasse incolume
accanto all'iroso lupo, o alla pantera dalla vigile testa,
fino a raggiungere le inviolate pianure
dove pascevano gli armenti di Pan - s grande il guadagno
di chi perdeva cosun solo agnello. Sentieri ve n'erano molti,
serpeggianti tra felci di palma, e palustri giunchi,

$e sponde d'edera; tutti gradevolmente diretti
a un ampio prato, da dove si scorgevano solo
fusti aggruppati in cerchio tra gonfie
zolle e radenti rami: chi potrebbe dire
la freschezza dello spazio di cielo in alto,
orlato dalle cime scure degli alberi? traversandolo una colomba
spesso batteva le ali, e spesso
anche una nuvoletta navigava per l'azzurro.

Proprio nel mezzo di questa amenit
stava un altare di marmo, con una treccia
di fiori appena in boccio; e la rugiada
s'era concessa fantasie da fata spargendo
margherite la sera prima sulla terra sacra,
e cosla luce albeggiante con sfarzo accoglieva.
Infatti era mattino: il fuoco ascendente d'Apollo
fece d'ogni nube orientale un'argentea pira
di splendore cospuro, che ivi
un'anima melanconica avrebbe attinto
l'oblio, e dissolto la sua pura essenza
ai venti: la rosellina pioggia-odorosa
offriva temperate dolcezze a quel sole tanto suadente,
l'allodola s'era persa in lui; le fredde sorgenti erano corse
a riscaldare i gelidissimi gorghi nell'erba;
la voce dell'uomo era sui monti; e la massa
di vite e meraviglie della natura pulsava decuplicata,
sentendo questa aurora e le sue glorie antiche.


$ Ora mentre le silenziose opere dell'alba
erano pifervide, in quello stesso prato
d'un tratto, con gioiose grida, sfrecci una frotta di bambini, piccoli, inghirlandati;
circondarono l'altare e scrutarono in giro,
sembrando desiderosi di scoprire
gente in festa: non attesero che
qualche minuto, prima che l'orecchio ebbero colmo
d'un lieve alito di musica, piano che poi
s'empdi voce, e svannuovamente.
In breve spazio ancora lev aerei piti con garbata onda,
fino alle lievi-appese foglie, in eco dolcissimo irrompendo
nelle valli bosco-vestite - prima di morire, raggiungendo
gli ondosi sussurri del mare solitario.

E ora, nel fondo del bosco fin dove
scorgevamo l'occhio della lince, brillavano luminosi
bei volti e un impeto di bianche vesti,
avanti e avanti venendo, finchalfine
nel sentiero pigrande tutti s'incamminarono,
diretti al silvestre altare.
O benigna musa! la mia debole lingua non esiti
raccontando di questa nobile compagnia,
della loro antica piet e della loro letizia:
ma copia d'eterea rugiada
cada sul mio capo, e subito liberi
l'anima mia - ch'io osi, per prova,
un balbettio, laddove l'antico Chaucer cantava.

$ In testa, venivano danzando giovani donne,
cantando la strofe d'un canto pastorale;
ognuna con bianco cestello ricolmo
di tenere pianticelle d'aprile; poi, in bell'ordine,
una folla di pastori dai bruni volti
come si legge nei libri d'Arcadia,
simili a coloro che in cerchio seduti ascoltavano la siringa di Apollo,
quando il grande iddio, per la terra troppo matura,
lasciava che la sua divinitfluendo morisse
in musica, nelle valli della Tessaglia;
alcuni strisciavano indolenti i bastoni sul terreno,
e altri levavano una melodia acuta e dolce
con flauti dal becco di ebano; dietro a loro,
ora avanzava sotto gli alberi del bosco,
un prete venerabile con grande solennit
cinto di sacrale aspetto: sempre l'occhio
fisso sull'erbosa zolla teneva,
e dietro a lui strisciavano i vestimenti sacri.
Dalla mano destra oscillava un vaso, biancolatteo,
di misto vino, irradiando generosa luce;
e nella sinistra teneva un canestro pieno
delle erbe piodorose che un occhio attento scelse:
selvaggio timo, e mughetti ancor pibianchi
dell'amore di Leda, e crescione di ruscello.
Il capo annoso, incoronato con ghirlanda di faggio,
somigliava a cupola d'edera nelle fauci
del brinato inverno. Poi arrivaltra folla
di pastori, con esatto tempo innalzando
la loro parte di canto. Dietro apparve,
seguito da una folla che levava
grida alle nubi, un bel lavorato carro,
$lievemente rotolante sche appena impediva
la libertdi tre destrieri bruni pomellati.
Chi v'era dentro sembrava di grande rinomanza
tra la folla. La sua giovinezza era in piena fioritura,
somigliava a Ganimede in etvirile;
e, per quei tempi umili, l'abbigliamento era
da re condottiero: sotto il petto, seminudo,
pendeva un corno d'argento, e
tra le muscolose ginocchia stava l'acuminata lancia.
Un sorriso in volto; sembrava,
ai comuni osservatori, uno che sognasse
l'ozio di boschetti elisi:
ma v'era chi accortamente spiava
nel labbro inferiore una pena nascosta,
e vedeva spesso le redini scivolanti
tra le obliate mani: allora sospirava,
e pensava alle foglie gialle, al grido del piccolo gufo,
ai tronchi solennemente accatastati. Ohim
perchil nostro giovane Endimione deve languire?

Presto l'assemblea, disposta in cerchio,
stette in silenzio attorno all'ara: ogni sguardo
improvvisamente devoto: donne miti
fecero cenno di silenzio ai figli; mentre ogni guancia
di virgineo rossore impallidper lieve timore.
Anche Endimione, che non aveva pari nella foresta
stava, sbiancato, e pallido, e con timorato volto,
tra i fratelli cacciatori della montagna.
In mezzo a tutti, il venerando prete
li osservava con gioia dal pigrande al piumile,
$e, dopo aver sollevato le annose mani,
cosdisse: "Uomini di Latmo! compagnie di pastori!
che avete cura di vigilare mille greggi:
discesi da sotto le rocce
che coronano i vostri monti; o da valli
venuti dove la siringa mai tace;
o da ondulati colli, dove l'aria dolce muove
gli azzurri convolvoli lievemente, e dove la spinosa ginestra
in fiore sparge oro; o voi, la cui preziosa cura
bruca sazia fin sull'orlo dell'oceano,
e le cui dolci canne toccate sono con mesti suoni
dai sordi echi del corno dell'antico Tritone;
madri e mogli! che giorno per giorno preparate
la bisaccia, con le occorrenze, per l'aria di montagna;
e voi care fanciulle che allevate
agnelli svezzati, e in piccola tazza
mettete miele scelto per il giovane prediletto -
s tutti ascoltino! poichveramente
i nostri voti mancano al grande dio Pan.
Non sono le muggenti giovenche pilustre
dei funghi dalla notte rigonfi? Non sono le nostre ampie pianure
screziate da innumerevoli velli? Non hanno le piogge
inverdito il grembo di aprile? Nessun triste ululato
fa ammalare le paurose pecore; e abbiamo ricevuto
grandi doni da Endimione nostro signore.
La terra lieta: l'allegra allodola vers il canto mattutino al cielo ventoso,
che chiaro s'espande sopra il nostro rito".


$ Cosdicendo, ammucchisul rogo una piramide
di copiosi profumi, accendendo fuoco sacro;
poi macchila zolla gonfia e porosa
di vino, in onore al dio pastore.
Ora mentre la terra lo assorbiva, e mentre
il lauro crepitava in fragrante spirale,
e il vischioso incenso splendeva vivido
sotto il bruciante prezzemolo, e una luce velata
s'espandeva grigia verso oriente, cosun coro cant

"O tu, il cui grandioso palazzo ha il tetto pendulo
da scheggiati tronchi, e ombreggia
sussurri eterni, tenebre, nascita, vita, morte
di fiori non visti in solenne quiete;
che ami vedere le amadriadi ricomporsi
i riccioli arruffati ldove i noccioli congiunti ombreggiano;
e per lunghe, solenni ore, siedi e ascolti
la tetra melodia di giunchi prigionieri -
in desolati luoghi, dove per la palustre umiditcresce
la cicuta cilindrica fino a straordinario rigoglio;
pensando a te, quanto triste e restio
fosti a perdere la bella Siringa - ora tu -
per la lattea fronte del tuo amore! -
per i tremanti labirinti ch'ella corse -
ascoltaci, grande Pan!

"O tu, per la cui quiete anima-suadente, le tortore
appassionano la voce tubando tra i mirti,

$quando vaghi al tramonto
per campi assolati, che orlano il fianco
dei tuoi muschiati reami: O tu, a cui
i fichi dalle larghe foglie fin d'ora promettono
frutta matura; le api giallo-cinte
favi dorati; i campi del villaggio
la bellissima fioritura di fagioli e grano e papaveri;
il gorgheggiante fanello i suoi cinque piccoli ancor non nati
che canteranno per te; le fragole in terra serpeggianti
la frescura estiva; le sigillate farfalle
le ali screziate; s l'anno fresco in boccio
tutte le sue perfezioni - avvicinati presto,
con ogni vento che inclina il pino del monte,
o divino silvano!

"Tu, a cui corrono fauni e satiri
volentieri al servizio; sia per sorprendere
la lepre acquattata mentre sonnecchia;
o per correre su dirupi scheggiati
a salvare poveri agnelli dal gozzo dell'aquila;
o con misterioso incantamento per riportare
gli smarriti pastori al loro sentiero,
o per girare eccitati lungo lo spumoso mare,
a raccogliere le pibizzarre conchiglie
per te che le fai ruzzolare nelle celle delle Naiadi,
e, nascosto, ridi di loro che fanno capolino;
o ti divertono con fantastici balzi,
mentre a vicenda si tirano in testa
ghiande argentee, e brune pigne d'abete -
per tutti gli echi che attorno a te rimbombano,
ascoltaci, o re satiro!

$ "O Ascoltatore delle cesoie altisonanti,
mentre di tanto in tanto ai tosati compagni
un ariete torna belando; Suonatore di corno,
quando il cinghiale col grugno rovinando il tenero grano
infuria i nostri cacciatori; Soffio attorno ai nostri casolari,
per cacciare le muffe, e i mali delle stagioni;
bizzarro Ministro di mai descritti suoni,
che svanendo vanno sopra terre cave,
e sfioriscono tristemente per desolate lande;
temuto Violatore di misteriosi usci
che s'aprono alla conoscenza universale - guarda,
grande figlio di Driope,
i molti venuti a offrire i loro voti
con foglie attorno alla fronte!

"Sii sempre la dimora inimmaginabile
di pensieri solitari; quelli che sfuggono
il concepimento fino al limite stesso del cielo,
poi lasciano il cervello spoglio; sii sempre il lievito,
che spargendosi su questa terra opaca e spessa
le dun tocco etereo - una nuova nascita;
sii sempre un simbolo d'immensit
un firmamento riflesso in mare;
un elemento colmante il vuoto tra d'essi,
uno sconosciuto - ma basta! noi umilmente ci schermiamo
la fronte colle mani levate, chinandoci,
e con un grido lacerante il cielo,
ti scongiuriamo di ricevere il nostro umile peana,
sul tuo Monte Liceo!"

$ Mentre portavano il coro a compimento,
dall'intera moltitudine sorse un grido,
che induginell'aria come morente rombo
d'improvviso tuono, quando ionie schiere
di delfini sbucano col muso dall'onda.
Frattanto, su ombrosi piani, di muschio squisiti,
compagnie di giovani agilmente iniziarono la danza
al suono dello svelto acuto piffero, e della ronzante corda.
S quelle belle viventi forme fluivano divinamente
al suono di perdute melodie - fuori d'ogni memoria;
belle creature! i cui giovani figli dei figli generarono
gli eroi di Termopili - non ancora morti,
ma in antichi marmi sempre belli.
Nobili antenati, inconsapevoli colsero
del tempo le dolci primizie - danzarono fino alla stanchezza,
poi in tranquilli cerchi schiacciarono
l'erbosa zolla, e colsero la fine
d'una straordinaria storia, capace di rapire
una giovane mente dalla corporea dimora.
O osservavano i lanciatori di cerchi, attenti
agli uni e agli altri; impietosendosi alla triste morte
di Giacinto, quando il crudo fiato
di Zefiro lo uccise - Zefiro contrito,
che ora, prima che Febo il firmamento ascenda,
carezza il fiore tra la pioggia in pianto.
Anche gli arcieri, sopra un pianoro piampio,
assieme al piumato sibilo del dardo
e al sordo vibrante arco, e al ramo
spezzato terra-radente dalla cima dell'alto frassino,

$ridestavano mille pensieri per avvincere
chi guardava. Forse, il tremante ginocchio
e l'angosciata bocca di Niobe sola -
povera, sola Niobe! - quando i suoi piccoli cari
erano morti e persi, e la carezzante lingua
poggiava inerte cosa sul cereo labbro,
e la stessa morte, la stessa, agghiacciava
le guance materne. Da questo triste stato li scosse
uno, che lontano forte salut
alzando il ponderoso arco in aria,
molti ebbero visioni pisplendenti:
dietro gli Argonauti, in cieco smarrimento
scossi per le instabili vie di Nettuno,
finch dal ricurvo fianco dell'orizzonte,
esplose un dorato splendore in lungo e in largo,
ornando milioni di bocche d'acqua
di tremolanti pepite - era quello lo splendore terribile
dell'arco di Apollo in ascesa;
divino raggio nel loro cupo dolore.
Chi era maturo per alte visioni
volse i passi verso il tranquillo cerchio
dove sedevano Endimione e l'anziano prete
tra i pastori d'etcarichi, il cui aspetto accresceva
l'argenteo tramonto della loro stella mortale.
Si discorreva della fragile barra
che ci tiene lungi dalle nostre dimore eteree,
e quali siano i nostri doveri lass a notte invocare
Vespero, pinnacolo di bellezza del tempo estivo;

$raccogliere le nubi pibasse
per il porporino letto del sole; emulare,
eseguendo il potente comando del fato,
la velocitdi comete fuoco-caudate:
arrossare la pallida guancia di colei che impara
dolce poesia al chiaro di luna: oltre a queste,
un mondo di altre cure ignote.
Dopo un po' vagavano, divinamente conversando
in Elisio, a gara raccontando
ognuno in anticipo la propria felicit
Uno si sentiva cuor-certo di ritrovare
il suo amore presto-perduto, tra i bei fioriti rami,
dove ogni zefiro-sospiro sboccia, e adorna
le labbra con musica di benvenuto.
Un altro desiderava, in quell'eterna primavera,
d'incontrare il suo roseo bimbo, con piumose vele,
sorvolando, occhio-serio, le valli di mandorli -
il quale, d'improvviso, sarebbe sceso nel vento lieve,
e delle pibalsamiche foglie gli cingerebbe le tempie;
e, poi per sempre, in quelle regioni
sarebbe il suo messaggero, il suo piccolo Mercurio.
Alcuni ardevano nell'animo di rivedere
in aperta campagna gli amici cacciatori
di tanto tempo fa; sedersi con loro, e chiacchierare
di tutti i casi del viaggio terreno;
paragonando, allegramente, le abbondanti scorte
di felicit a quando sulle lande,
di notte, si stringevano assieme per il freddo,

$e dividevano le affamate bisacce. Costutti alto - dicevano
le amate fantasie - eccetto lui
a cui le palpebre si chiudevano su foschi gioielli,
Endimione: eppure continuamente aveva lottato
per nascondere il veleno corrosivo, che lacerato aveva
le sue svanenti memorie. Ora veramente
i sensi gli mancarono; non s'accorse
dell'improvviso silenzio, ndei bassi sussurri,
ndei vecchi occhi lacrimanti per la sua pena,
ndegli ansiosi richiami, ndella stretta di tremanti mani,
ndel sospiro verginale, che il dolore stesso profuma:
ma rimase nello stesso fisso trance,
come chi mai in terra avesse camminato.
S veramente immobile come l'uomo di marmo,
di quel vecchio racconto arabo, di ghiaccio.

Chi gli bisbiglia accanto ansimante?
Peona, sua sorella - fra tutti loro,
i suoi amici, la picara. Un cenno di silenzio fece,
e sussurril suo dolore sororale per convincerlo
alla resa, a cullarsi nel suo affetto.
Con la sua eloquenza fece volar via il maleficio:
lo guid come notturno spirito custode
di felici mutamenti in enfatici sogni,
per un sentiero tra due ruscelletti -
proteggendone la fronte, col ricurvo gomito,
dai rami basso-cresciuti, e i passi lenti
chnon inciampassero su tronchi e collinette brevi -
finchgiunsero dove questi rivi cadono,
con misti gorgoglii e gentile corsa,

$in un fiume - chiaro, pieno, e traboccante
con cristallino scherzo di alberi e cielo.
Una navicella, galleggiante lvicino,
puntla prora sulla frangiata riva;
e subito lieve affond e riemerse, e s'immerse,
e affonddi nuovo, col peso della giovane coppia, -
Peona guidando, dritta sull'acqua,
verso un'ombreggiata isola dirimpetto,
appena la raggiunse, si diresse lieve
entro ombrosa, fredda, e increspata baia,
dove annidata v'era una pergola, intessuta
dalle silenti dita di molte estati;
e in quel fresco recesso solitamente guidava
le sue compagne, coi loro ricami d'ago,
e gli immemoriali canti di tanto tempo fa.

Dolcemente era lieta di vederlo sdraiato
sotto la quieta ombra della sua diletta pergola,
sul suo giaciglio, appena rifatto coi petali
seccati con cura sul fianco pifresco del covone
l'ultima volta che il sole scosse le chiome autunnali,
e i mietitori abbronzati raccolsero ricche bracciate.
Subito egli s'acquietin sonnolento riposo:
ma, prima che l'invadesse, aveva premuto
la laboriosa mano di Peona sulle labbra,
e sempre, in sonno, la punta delle dita le teneva
teneramente strette. E come un salice veglia
paziente il ruscello che serpeggia
tortuoso lvicino, cosla quieta fanciulla
se ne stava in pace: tanto che un sussurrante filo
$d'erba, una lamentosa zanzara, un'ape tumultuante
entro le campanule, o uno scricciolo lieve frusciando
tra secche foglie e rametti, tutto s'udiva.

O sonno magico! O uccello di conforto,
che il tumultuoso mare della mente covi
finchmuto e piano! O sconfinata
costrizione! imprigionata libert grande chiave
di dorati palazzi, poesia bizzarra,
fonti grottesche, alberi nuovi, caverne luccicanti,
echeggianti grotte, colme di onde tumultuanti
e chiaro di luna; s chiave di tutto il labirintico mondo
d'argenteo incanto! Chi, raggomitolato
sotto la tua soporifera ala per triplice ora,
non si rinnova e vive? - Cos in quel pergolato,
Endimione di nuovo si placalla vita.
Sollevando le palpebre con pisano animo,
disse: "Sento questo carezzante amore
in tutto il petto: sei come una colomba
tremanti gli occhi chiusi e le ali lustre
attorno a me; e la rugiada piperlacea non reca
dai campi di maggio incenso mattutino,
pari alle pibrillanti gocce che scintillando vagano
da quei gentili occhi - casa e culla
di sororale affetto. Pumancarmi
altra cosa, cosa pivicina al cielo, di quelle lagrime?
Eppure asciugale, e allontana d'ora in poi ogni timore
che, mai pi trascorra i miei giorni
solitario e triste. No, ancora lever la voce sulle alture montane; e ancora
da quelle canute fronti farsuonare il corno;
$ancora i miei cani accorreranno con lingua ciondolante
attorno all'affannato cinghiale; ancora mozzer il tasso ben cresciuto per fare un arco scelto;
e, quando l'amabile sole scender
ancora indugersul pendio d'un prato
per ascoltare gli screziati tordi, e vedere al pascolo
il nostro pigro gregge. Percirallegrati, dolcezza,
e, se il tuo liuto qui, supplica soavemente
l'anima mia a tenere il corso deciso".

Allora Peona, nella loro argentea fonte,
con lieto grido serrgocce di puro dolore,
e prese un liuto, da cui pulsando venne
vivace preludio, accennando il tono
in cui si sarebbe levato il canto. Era una nenia
pisottilmente cadenzata, piselva-selvaggia
della solitaria ninnananna di Driope al suo bambino;
e da allora niente ha fluttuato in aria
cosdolentemente strano. Certo un raro influsso
invase, spirituale, la mano della fanciulla;
ancora, con delfica enfasi, essa cinse
le svelte invisibili corde, benchvedesse
lo spirito di Endimione sciogliersi e mancare
di fronte a quella fonda ebbrezza.
Ma presto, con improvviso impulso, torn cosciente - pose a lato il liuto,
e seriamente disse: "Fratello, vano nascondere
che conosci cose misteriose,
immortali, stellari; solo esse potrebbero tanto
attristare la tua natura. Hai peccato in cosa
$offensiva per le potenze celesti? Catturato
una colomba pafia col suo messaggio?
L'arco mortale incurvasti contro la testa del cervo
sacro a Diana? Per caso, hai visto
le sue membra nude tra i verdi ontani -
questo, ahim morte. No, spio
qualcosa ancor pisgomentevole nel tuo volto!".

Endimione la guard e la mano le strinse,
e disse: "Tanto pallida sei, tu ch'eri cossoave
e lieta sui nostri prati? Che succede?
Dimmi il tuo dolore - dimmi cosa non va! -
Ah! Sei infelice per il mutamento
accaduto in me d'un tratto. Cosa pistrana?
O picapace di confondere ogni congettura?
L'ambizione non pigra: non un premio,
che anni laboriosi mi daranno in mano,
per cui abbia sospirato; con spasimo costerribile
nessuno s'angosciper amore umano.
La mia pena pigrave giudicata superiore
alle cose d'ogni giorno. giusto:
io, che saldo vidi il sole orizzontale
sollevare l'ampia spalla sull'orlo del mondo,
vincendo Lucifero, e in aria avevo vibrato
la lancia, segnale della caccia -
io, che, per vera gioia del cuore, spronavo
il mio destriero d'Arabia; strappavo
l'avvoltoio dal posatoio torreggiante; al mio cipiglio
il leone ringhiava, restio a ritirarsi -
ecco, di colpo, perdo tutto il mio affannoso ardore,
e tanto in basso cado! ma alleggeriril petto
del nascosto dolore, qui in questo ombroso nido.
$ "Questo fiume non scorge il cielo nudo,
finchnon comincia a scorrere argenteo
attorno al confine occidentale del bosco,
e l da un certo punto, il serpeggiante corso
sembra in distanza una mezzaluna:
e in quell'angolo, vero orgoglio del giugno,
trascorrevo le mie stanche sere;
tanto piche il sole lascia malvolentieri
coscara immagine del suo sovrano potere,
e testimone ero dell'ora piregale,
quando stringe le dorate redini,
e scioltamente trotta per le pianure d'ambra
colla nitrente quadriglia. Ora quando il suo carro scagli i raggi contro lo zodiaco Leone,
ld'improvviso fioruna magica aiuola
di sacro dittamo, e rossi papaveri:
molto mi stupii, sapendo bene
che una notte sola aveva compiuto quel fiorito incanto;
e, sedendomi laccanto, presi a meditare
cosa significasse. Forse, pensai, Morfeo,
passando di qua, scosse le ali di piccolo gufo;
o, forse, prima che la matrona Notte sollevasse
l'urna d'ebano, il giovane Mercurio, di nascosto,
v'aveva intinto la verga: tale copia di ghirlande
non fu per naturale crescita. Cospensavo,
finchla testa mi gire mi smarrii.
Ancora, per i danzanti papaveri corse
una brezza, all'anima mia teneramente cullante
e figuranti visioni innanzi al mio occhio
di colori, ali e scoppi d'abbagliante luce;
$che divennero sempre pistrane, e confuse
e s'immersero poi in tumultuoso gorgo -
e caddi addormentato. Ah, posso dire
l'incantesimo che avvenne poi?
Eppure non fu che sogno: eppure sogno
che mai lingua, sebbene carica
di mielata favella come una sorgente di grotta,
seppe figurare e indurre a concepimento
tutto quel che vidi e sentii. A me coricato parve
contemplare lo Zenit, ldove la via lattea
tra le stelle in vergineo splendore scorre;
e spinto il mio occhio, fino a che le porte
del cielo parvero spalancarsi alla mia ascesa,
divenni riluttante timoroso di calarmi
da quell'alto volo per uno sguardo in basso:
cosmi tenni fermo in quel sospeso trance,
spalancando immaginarie ali.
Quando ecco, le stelle cominciarono a svanire,
e a impallidire, dinanzi al mio avido sguardo:
al che sospirai incapace di seguirle,
e abbassai lo sguardo all'orlo dell'orizzonte -
ed ecco! dalle nubi aprentisi vidi emergere
la pigraziosa luna che mai argentasse
conchiglia, coppa di Nettuno: saliva
cosappassionatamente lucente, che l'abbagliata anima mia
mescolandosi con gli argentei globi rotolava
tra chiarore e buio, fin quando giunse
sotto un oscuro baldacchino di vapori -
e allora, mi sembrche i pianeti senza palpebre
in corteo ricomparissero tutti nell'azzurro.
$Per conversare con quelle sfere, ancora una volta levai
lo sguardo in alto: ma fui affatto abbagliato
da uno splendore, veleggiante veloce verso il basso,
che mi costrinse subito a velare gli occhi e il viso:
di nuovo guardai, e, O voi dei,
che dall'Olimpo contemplate i nostri destini!
Donde quella compiuta forma d'ogni compiutezza?
Donde venne quell'alta perfezione d'ogni dolcezza?
Parla, ostinata terra, e dimmi dove, O dove
tieni un simbolo dei suoi capelli d'oro?
Non covoni d'avena curvi sotto il sole occiduo;
Non - la tua morbida mano, bella sorella! ch'io eviti
simili vaneggiamenti innanzi a te - eppure ella aveva
chiome lucenti tanto da farmi impazzire;
ed erano con semplicitgordianamente attorte,
lasciando, in nuda grazia, svelate,
le orecchie tonde come perle, il bianco collo, e la bombata fronte;
i quali si fondevano, non so come,
con tale paradiso di labbra e occhi,
guance di rossore tinte, fuggevoli sorrisi, e fievolissimi sospiri,
che, quando vi penso, il mio spirito s'appiglia
e gioca con quella fantasia, finchgli aculei
dell'umana vicinanza non avvelenano tutto.
A quale potenza numinosa m'appeller
A quale alto tempio? - Ah! guarda i piedi suoi librati,
piturchino-venati, pimorbidi, picandidamente dolci
di quelli di Venere figlia del mare, quando s'alz dalla conchiglia-culla. Il vento soffia alto
il suo velo in aleggiante padiglione;

$azzurro, e tutto brillante d'un milione
di piccoli occhi, come se tu spargessi,
sul picupo, lussureggiante letto di campanule,
manciate di margherite." - "Endimione, che strano!
Sogno nel sogno!" - "Lei fece un aereo giro,
e poi verso di me, come una vera vergine,
venne arrossendo, calante, desiderante, e paurosa,
e mi prese la mano: Ah, era troppo;
mi sembrdi svenire all'incantato tocco,
eppure me ne restun ricordo, come chi
s'immerga per tre braccia dove le acque corrono
gorgoglianti fra letti di corallo: dopo un poco,
mi sentii innalzato nella regione
dove stelle cadenti dardeggiano la loro artiglieria,
e le aquile combattono con lo scrollante borea
che mantiene in equilibrio la pesante meteorite -
sentii di non essere nspaventato, nsolo,
ma ninnato e cullato per il pericoloso cielo.
Presto, sembr cessammo il nostro alto vagabondaggio,
e piombammo subito in spaventosi vortici
che sempre s'adunano dove il grigio Tempo ha scavato
antri e caverne enormi sul fianco della montagna:
i sordi suoni mi scossero, e sospirai
e svenni una volta ancora contemplando la mia gioia -
ero sconvolto; follemente baciai
le corteggianti braccia che mi tenevano, e affidai
subito i miei occhi alla morte - ma fu per vivere,
per bere sorsi di vita dalla fonte d'oro
di sguardi dolci e appassionati; per contare, e contare
i momenti, con un avido aiutante che sembrava
un secondo io, cosche ogni momento sia riscattato
e saccheggiato del suo carico di felicit
$Ah, disperato mortale! Osai persino premere
quella guancia contro il mio coronato labbro,
e, in quel momento sentii il mio corpo bagnarsi
in un'aria picalda - un momento ancora,
i nostri piedi erano morbidi tra i fiori. V'era abbondanza
di nuovissime gioie su quell'alpe. Qualche volta
profumo di violette, e di tigli in fiore,
aleggiava attorno a noi; poi di mielose celle,
ingentilite da bianche campanule;
e una volta, sopra il bordo del nostro nido,
un malizioso viso s'affacci- un'Oreade, pensai.

"Perchsognai che il sogno mi vinse
in mezzo a questo paradiso? Perchnon vidi,
lontano, le ombre delle sue ali brune,
e collo sguardo non le stornai? Ma no, simile a scintilla
che per forza deve morire, sebbene il suo piccolo raggio
si rifletta in un diamante, il mio dolce sogno
cadde nel nulla - in stupido sonno.
E cosfu, finchun lieve fruscio,
un cauto moto catturl'orecchio al risveglio,
e mi drizzai. Ah! sospiri, lagrime,
mani strette - ecco! i papaveri pendevano
zuppi di rugiada sugli steli, il merlo cantava
un lugubre canto, e il giorno fosco
aveva scacciato l'araldo Espero,
con grevi sguardi: la solitaria brezza
infuri e si plac e il suo io selvaggio molestava
con capricciosa malinconia; e pensai,
ascoltami, Peona! che qualche volta recasse
languidi saluti, e sospirosi striduli addii!
$Lungi vagavo - tutti i gradevoli colori
del cielo e della terra erano svaniti: le ombre pidense
erano le pifonde celle; lande e solatie vallate
colme erano di infetta luce; i nostri ruscelli incontaminati
apparivano fuligginosi, e disseminati delle branchie alto-girate
di pesci morenti; la rosa vermiglia era sbocciata
in spaventoso scarlatto, e le spine s'erano ingrandite
come puntuti aloe. Se un innocente uccello
innanzi ai miei passi incuranti saltava e risaltava
in piccoli tratti, scorgevo in lui
un demone nascosto, incaricato d'intrecciare
l'anima mia al sotterraneo buio; d'attirare
i miei barcollamenti giper qualche enorme burrone:
quindi ansioso seguivo, e maledivo
la delusione. Tempo, quell'antica balia,
mi culle mi calm Ora, grazie al cielo generoso!
queste cose, e le loro consolazioni, donate sono
alle mie ore basso-precipiti, e con te,
dolce sorella, aiutano ad arrestare il rifluente mare
della stanca vita."

Cosconcluse, ed entrambi
sedettero in silenzio: poichla fanciulla era assai restia
a rispondere; sapendo che le parole dette
tutte perse sarebbero, inascoltate, e vane come lame
contro la corazza del coccodrillo, o come i salti
delle cavallette verso il sole. Ella piange,
e medita; lotta per inventare un rimprovero;
per assumere l'aria di chi dice, #Vergogna#
#per questa misera fragilit! ma, per quanto tenti,
$pifacile le sarebbe spegnere la vita
d'un colombo malato. Alla fine, per rompere la pausa,
disse con tremante azzardo: "questo il motivo?
Tutto qui? Perstrano, e triste, ahim
Chi doveva attraversare questa terra di mezzo
quasi come divino ospite, e lasciare
il suo nome sulla corda dell'arpa, divenga poi
poeta non pigrande d'una semplice vergine,
cantando solo - e timoroso - come il sangue
gli fugga dalla giovane guancia; come solitamente vaghi
senza sapere dove; e come risponda, #no#,
se qualcuno dice ch'amore - eppure amore;
che altro sarse non amore? Come un palombo
lasci cadere un rametto di tasso sul suo sentiero;
come egli muoia; e poi, che l'amore fa avvizzire
un cuore gentile, come le raffiche boreali avvizziscono le rose;
e poi la ballata della sua triste vita chiude
tra i sospiri, e un "ahim! - Endimione!
Sii invece in bocca alla tromba - presto
tra i venti in libert che tutti ascoltino!
Anche se, prima che i cieli cristallini s'oscurino,
contemplo e adoro gli argentei laghi
dipinti sulle nubi d'occidente, che prendono
sembianza di rocce d'oro e sabbie d'oro brillanti,
isole, e insenature, e ambra-frastagliate spiagge
con cavalli caracollanti, palazzi
e torri d'ametista - dovrei rattristare tanto
i miei piacevoli giorni perchnon posso volare
in quelle regioni? La morfeica fonte
di quel fine elemento di cui sono fatte le visioni, i sogni,
$e le intermittenti fantasie di sonno, non scorre
nei suoi reticoli d'aria con tanto sottile,
tanto tenue respiro, nla navetta del ragno,
volta un milione di volte all'ingresso
del nido della rondine, lascerebbe traccia,
tinta della sua qualit quanto lievi
debbono essere i sogni stessi, visto che sono pifini
del mero nulla che li genera!
Allora perchsporcare l'affidata gemma
d'una vita alta e nobile con pensieri tanto malati?
Perchferire nel vivo l'onore dall'alta-fronte
solo per un sogno?". Al che il giovane
alzgli occhi: un conflitto tra vergogna e rimorso
v'era nel suo aggrottato ciglio: eppure, le palpebre
s'aprirono un poco, come quando Zefiro ordina
a una lieve brezza d'insinuarsi tra l'ali
di spensierate farfalle. Tra le sue pene
sembrava che gustasse una goccia di manna-rugiada,
assai gradita; e il colore gli ricomparve
sulla guancia, mentre pieno di vita cosdiceva.

"Peona! sempre ho bramato di soddisfare
la mia sete di lodi mondane: niente di vile,
nun mero assonnato fantasma, scioglierebbe
l'ostinata vela pronta per il mio viaggio -
benchora sia lacera; lasciando la mia barca spoglia
e lugubremente alla deriva: perla mia pialta speranza
ha troppo ampia, troppo arco-balenante meta,
per affliggersi delle miriadi di naufragi terreni.
$Dove sta la felicit In quel che invita
le nostre menti pronte a una comunione divina,
comunione coll'essenza; fino a splendere,
del tutto alchemizzati, e liberi dallo spazio. Guarda
la limpida religione del cielo! Avvolgi
un petalo di rosa attorno al dito affusolato,
e rinfrescati le labbra; taci, quando l'aerea enfasi
d'un bacio di musica impregna i venti liberi,
e con sensibile tocco sciogli
eolio incantesimo dai lucenti grembi;
poi vecchi canti si destano da tombe cinte di nembi;
vecchie cantilene sospirano sopra il tumulo del padre;
spettri di melodiose profezie delirano
attorno alla zolla dove posil piede Apollo;
trombe bronzee si destano, e debolmente squillano,
ldove tanto tempo fa v'era stata immane battaglia;
e, dal prato, una ninnananna trascorre
ovunque il piccolo Orfeo dorm
Sentiamo queste cose? - in quel momento siamo entrati
in una specie d'Uno, e il nostro stato
simile a quello d'un fluttuante spirito. Ma ci sono
piricchi coinvolgimenti, incantamenti assai
pidistruttivi del s che portano, per gradi,
all'emozione principale: la corona d'essi
fatta d'amore e d'amicizia, e poggia alta
sulla fronte dell'umanit
Il suo valore pipesante e solido
l'amicizia, da cui sempre emana
un costante splendore; ma al sommo,
pende da invisibile velo una tonda goccia
di luce, e quella amore: il suo influsso,
$sui nostri occhi, genera un senso nuovo,
al che trasaliamo e ci agitiamo; finchalla fine,
sciogliendoci nel suo fulgore, ci fondiamo,
ci mescoliamo, e cosne diventiamo parte -
ncon altro possono le nostre anime intrecciarsi
in modo cosalato. Quando con esso ci combiniamo,
l'essere della vita si nutre della propria essenza,
e siamo alimentati come la covata del pellicano.
S tanto delizioso quel cibo che non sfama,
e uomini, i quali avrebbero torreggiato a capo
del mondo intero, per vagliare
e setacciare dal veniente passo del tempo
tutta la pula dell'uso, asciugare tutta la bava
degli uomini-lumaca e dell'umana serpenteria,
furono lieti di lasciar perire l'occasione,
mentre dormivano nel paradiso d'amore.
E, veramente, preferirei diventare di colpo muto,
che parlare contro questo ardente languore:
poichho sempre pensato che benefichi
inconsapevolmente il mondo di doni,
come fa l'usignolo, in alto posato,
e recluso tra fresche e folte foglie -
canta solo per il suo amore, ns'immagina
perchNotte in punta di piedi trattenga il cappuccio di grigia tenebra.
Proprio cosfa amore, sebbene sia inteso
che la semplice commistione d'appassionati fiati,
produca piche la nostra ricerca provi -
cosa non so: ma chi, fra gli uomini, puassicurare
che i fiori sbocceranno, o l'acerbo frutto ingrosser in morbida polpa, il pesce avrsplendente armatura,
$la terra la sua dote di fiumi, boschi e valli,
i prati ruscelli, i ruscelli ciottoli,
il seme il suo raccolto, o il liuto i suoi accenti,
quegli accenti ebbrezza, o l'ebbrezza il suo struggimento,
se le anime umane mai s'incontrassero in un bacio?

"Ora, se questo amore terrestre ha il potere di fare
gli uomini mortali, immortali; di scrollare
ambizione dalle loro memorie, e colmare
la loro coppa di felicit che futilissimo capriccio,
appare questa meschina rincorsa alla fama,
a chi, nel suo fermo ambito accoglie
amore immortale, ed anche un immortale.
Non stupirti tanto; queste cose sono vere,
non nascono mai dagli atomi
che nel nostro sonno ronzano, come tarme della mente,
lasciandoci malati d'amore. No, no, sono certo,
il mio spirito irrequieto mai potrebbe sopportare
di covare tanto un'unica gioia,
a meno che non scorga, anche con timore,
una speranza oltre l'ombra del sogno.
I miei detti sembreranno meno oscuri,
quando ti dirche i miei sensi svegli
mi fanno dubitare se quella notte
trascorse in sogno. Ascolta, dolce Peona!
Oltre il tempio di Latona madre,
che vedremmo senza questi oscuranti rami,
sta una profonda cava, e dai suoi scheggiati orli
cespugli e piante pendono attorno d'ogni lato
e si toccano quasi, al punto che con ali aperte
$e coda spiegata, un avvoltoio non guizzerebbe
oltre, senza sfiorarli d'ogni lato.
Gradini sgretolati portano a questa fresca cella,
larga quanto la lastra d'un pozzo,
ove l'acqua paziente ammicca coll'occhio di cristallo
puntato, tra i cespugli, verso il cielo.
Spesso ti ho portato fiori, erti sugli steli
simili a vestali primule, ma velluto nero
ne orla i bordi, e hanno gole dorate:
fu lche li colsi, tra le brecce e le crepe
d'una pietra muschiosa, che a volte era il mio seggio,
quando tutto in alto languiva per il caldo meriggio.
E qui in lotta contro i pensieri ardenti,
facevo gorgogliare l'acqua colla canna;
cosritornavo alla mia infanzia; costruivo navi
con penne di muda, scorza, schegge d'ontano,
con foglie infisse; e il Nettuno ero
del piccolo oceano. Pispesso, gravemente,
quando ore d'amore malate m'avevano lasciato meno bambino,
sedevo contemplando le figure bizzarre
di superne nubi sciogliersi nello specchio.
Un giorno, mentre ero cosassorto, mi volinnanzi
un Cupido di nube, con l'arco e la faretra,
tanto ben formato, che nessuna brezza avrebbe rotto
il felice caso: cosfelice, pronto ero
a seguirlo in aperta pianura,
e, perci andavo quasi, quando, ecco!
una meraviglia, bella come mai ne raccontai -
lo stesso splendente volto che gustai in sogno,

$sorridente nel limpido pozzo. Il cuore mi salt nella fonda frescura. - Si mosse come per fuggire -
balzai in piedi - quando ecco! rinfrescante,
sul mio viso caddero in copiosa pioggia,
gocce di rugiada, e rugiadosi boccioli, e foglie, e fiori,
coprendo ogni cosa alla mia vista soffocata,
bagnando il mio spirito in diletto nuovo.
S quell'ansante senso di miele d'estasi
solo mi salvdal tetro abisso
di morte, poichla bella forma era scomparsa di nuovo.
Il piacere un ospite frequente; ma il dolore
si stringe a noi crudelmente, come il bradipo che rode
il tenero fianco del cervo: tardi, a fatica,
scacciato dal piacere lento a tornare.
Quanto nauseante, quanto fosco l'ozio odioso
di stanchi giorni, piintenso ancora,
per la pre-cognizione d'una notte insonne!
Simile dolore m'aggred anche pigreve,
di quando abbandonai il colle dei papaveri:
e un'era lunga di lenti momenti mi strisci pigramente accanto, prima ch'altra contentezza
spazzasse di colpo il melanconico livore di morte.
S tre volte ho visto questo bell'incanto;
ancora una volta torturato da nuova vita.
Quando le ultime raffiche invernali cessarono la lotta
col vincente sole di primavera, e lasciarono cieli
caldi e sereni, percogli occhi umidi
per pietdei nascenti boccioli spezzati -
quella volta che tu adornasti, con borchie d'ambra
il mio berretto da cacciatore, perchridevo e sorridevo,
$chiacchieravo con te, e per giorni stornai
ogni tormento dal mio petto - fu proprio allora,
girovagando, ma rinchiuso nella tana
d'una scontentezza senza scampo, scagliando la lancia
da un punto all'altro, e proseguendo a caso,
alla fine, tra certi alberelli penetr
e, schizzando tra i ciottoli del fondo, s'appunt nel mezzo d'un ruscello, e il suo argenteo meandro
giper venti cascatelle, tra canne e rovi,
scorrendo, mi condusse a una caverna,
donde brillante erompeva, e bianco bagnava
d'ogni lato pietre e rocce muschiose -
e tra di esse gorgogliava gioiosi addii, parodiando
la dolce pena della partenza. Dall'alto,
cadeva una lussureggiante tenda di pendula verzura, e s'estendeva
fitta, sipario per la casa d'una ninfa boschiva.
"Ah! profano mortale, dove m'aggiro?"
dissi, a voce bassa: "Ah, dove! la grotta
di Proserpina, quando Inferno, oscuro e ardente,
la riconsegna, e dove con tenere mani
lei gioca, nella fresca e umida sabbia;
o la cella di Eco, dove lei siede,
e mormora nel silenzio, finchla ragione
se ne va in tenera pazzia, e dopo un po'
cade nel sonno, con molti e spiranti accenti
di tristezza. O ch'essa accolga i miei voti,
e sospirando li sussurri tra i rami,
corteggiando l'orecchio gentile della bella testa,
per cui ogni giorno dall'aiuola colgo fiorellini dolci,

$e li intreccio morenti - mando sussurri di miele
attorno a ogni foglia, che quelle gentili bisbigliatrici
sospirino il mio amore a lei pietosa!
O benigna Eco! Odi, e canta
per lei questa canzone! Dille". Qui frenai
la mia sciocca lingua, e ascoltando, mezzo spaurito,
fui sorpreso della mia vuota follia,
arrossendo per i capricci di melanconia.
Salse lagrime spuntavano, quando sentii il mio nome
mormorato con passione, e questi accenti colsi:
"Endimione! La grotta pisegreta
dell'isola di Delo. Eco di qui non susciter sospiri ma solo baci sospiro-ardenti, o lo stridio lieve
della tua mano che pettina, mentre striscia
e trema nella mia labirintica chioma".
Al che ansioso m'affrettai a entrare. Ah! dove
sono quegli alati momenti? Dove fuggiti sono?
Non sorrido pi Peona; nsposer dolore via di morte; ma pazientemente
gli resister- perciaddio, triste sospiro;
e vieni invece castissima meditazione,
e invadimi interamente, e ordina
il mio pellegrinaggio verso l'orlo buio del mondo.
Non conterpi anello per anello,
la mia catena di dolore: nlotterin cerca
d'un po' d'oblio nel vento montano
muggente all'orecchio. S vedrai,
carissima sorella, quale sarla mia vita;
quale quieto circolo di ore formeri miei giorni.

$V'una pallida fiamma di speranza che tremola
ovunque io guardo; ma dirche nulla -
e qui ordino la sua morte. Non ho di gi
assunto un aspetto pisano?
Intanto il sole tramonta; forse incontreremo
qualche nostro vicino col mio carro."

Detto questo, si alz tenue-sorridente come una stella
tra nebbie d'autunno, e prese la mano di Peona:
entrarono nella barca, e si staccarono da terra.

$@John Keats, Endimione - Libro secondo
%2%|LIBRO SECONDO|



O sovrano potere d'amore! O dolore! O balsamo!
Tutti i ricordi, tranne i tuoi, tornano freddi, e inerti,
e oscuri, tra le nebbie degli anni trascorsi:
poichgli altri, buoni o cattivi, odio e lacrime
divennero indolori, ma toccando i tuoi,
un sospiro echeggia, un povero singhiozzo s'addolora,
un bacio reca miele-rugiada dai sepolti giorni.
Le sciagure di Troia, torri rovinanti sulle fiamme,
rigidi-stretti scudi, lungi-perforanti lance, acuminate lame,
lotta, e sangue, e grida - tutto oscuramente scolora
in qualche remoto angolo della mente:
pure, nell'anima, sentiamo impetuosamente
la stretta di Troilo e Cressida dolce.
Via, corteo storico! Via, dorato inganno!
Fosco pianeta nell'universo degli eventi!
Ampio mare, che un continuo mormorio genera
lungo la sassosa riva della memoria!
Molte vecchie barche dalle costole marce sono
sul tuo seno caliginoso, magnificate
in ricchi vascelli; molte vele orgogliose,
di dorata chiglia, rimangono non varate e asciutte.
Ma perchquesto? Che importa, se il gufo vol attorno all'albero del grande ammiraglio ateniese?

$Che importa, se l'irruente Alessandro oltrepass l'Indo con le armate macedoni?
Se il vecchio Ulisse torturandolo svegli il sazio Ciclope, che importa? - Giulietta appoggiandosi
alla fiorita finestra, sospirando, svezzando
delicatamente la fantasia dalla neve verginale,
piutile di loro. L'argenteo fiume
delle lagrime di Ero, lo svenimento d'Imogene,
la bella Pastorella nella tana del bandito,
sono cose da meditare con pipassione
dell'ultimo giorno d'un impero. Timorosamente
germoglia simile idea nella testa di chi,
finora, insoddisfatto, ha osato camminare,
senza il sorriso d'una musa, o il suo gentile invito,
per il sentiero d'amore e poesia. Ma la quiete,
nell'irritante irrequietezza, ancor pidesolante
ch'essere schiacciati, tentando d'innalzare
lo stendardo d'amore sui bastioni del canto.
Cosuna volta ancora le notti e i giorni m'aiutino,
come soldati in schiera.

Principe pastore folle,
quale promessa hai fedelmente mantenuto dal
giorno del sacrificio? O, nuovi dolori sono
arrivati con l'alba costante ai tuoi domani?
Ahim il suo antico dolore. Per molti giorni,
ha vagato per incerte vie:
per lande, e foreste di muschiate querce,
contando i minuti di pena consunti, sui colpi
del solitario boscaiolo; e fermo ascoltando,
ora per ora, ogni ruscelletto bruno di foglie.
$Adesso siede presso un'ombreggiata fonte,
e il gomito affondato con febbrile diteggiamento
arresta la saliente frescura: un selvatico roseto
il suo baldacchino in fiore, e contempla
un bocciolo che la sua fantasia attira. Ecco! ora
lo coglie, immerge lo stelo nell'acqua: ecco!
Si gonfia, sboccia, s'apre sotto il suo sguardo;
e, nel mezzo, c'soavemente posata
una dorata farfalla, sulle sue ali
sono di certo incise strane cose,
perchcon occhio attonito fantastica, e spesso sorride.

Lieve quel piccolo araldo si levin volo,
seguito dalle mani congiunte di Endimione lieto:
avanti vola. Dai cupi lacci del languore
a lui si sciolgono le membra, e impaziente, corre
abbacinato a inseguirlo nei cieli assolati.
Sembrava che egli volasse, la via era cosfacile;
e come spirito novello pass nella nascente sera quieta nel sole,
per molte brughiere, per molte fosche boscaglie,
per sepolti sentieri, ove il sonnolento crepuscolo in sogno
trascorre il tempo estivo. Un sentiero taglia
un crepaccio boscoso, e, lungi, il blu
dell'oceano sfuma innanzi a lui; poi, di nuovo,
s'immerge in una valletta deserta,
dove mai trascorse suono d'uomini mortali,
salvo, forse, neve-lievi cadenze
svanenti nel silenzio, quando sulla brezza
da una santa barca venne un inno dolce,
$e rallegrava il viaggio verso Delfi. Sempre i suoi piedi
andavano veloci dietro la lieta-alata guida,
finchquella non giunse a lato d'una risonante fonte
che, vicino alla bocca d'una caverna, sempre si riversava
nell'aria mite: poi in alto sal
e, in basso, all'improvviso torna tuffarsi
come se, assetata per tanta fatica, volesse bere
il getto di cristallo: e bevve, con tocco
assai delicato, timorosa quasi di sporcare
anche se con polvere d'oro le acque chiare.
Ma, proprio a quel tocco, sparire
cosfata-veloce, fu strano! Smarrito,
Endimione cercd'attorno, e scosse ogni aiuola
di nascosti fiori invano; si gettpoi
lungo nell'erba. Quale lingua gentile,
quale bisbigliatrice turbil suo triste riposo?
Era una ninfa emergente fino al seno
al margine ghiaioso della fonte, e stava
tra i gigli, come la pigiovane del mazzo.
A lui inviun bacio dolcemente con mano gocciolante,
e ansiosamente intrecciava e torceva
i boccoli alle dita, dicendo: "Giovane!
troppo a lungo, ahim hai languito per la pena,
l'amarezza d'amore: troppo a lungo invero,
tu che sei coscortese. Potessi strappare
dalla tua anima il dolore, per il cielo, offrirei
le splendide ricchezze del mio scrigno di cristallo
a Anfitrite; i pesci occhi-chiari,
dorati, o arcobalenanti ai fianchi, o porporini,
vermiglio-caudati, o pinnati d'argentea garza;
$s o il mio letto di marezzati ciottoli, che attrae
vergine luce nel fondo; le sabbie delle mie grotte
fulve e oro, da lontani paesi lentamente filtrate
dalle mie diligenti sorgenti; le ninfee, le conchiglie,
la mia fatata verga, i miei potenti incantesimi di fiume;
s ogni cosa, fino alla perlacea coppa
datami da Meandro - perchsgorgai
per creature languenti in deserte terre.
Ma, ahim solo una bambina sono
che ti rallegra; e tutto quel che oso dire,
che ho pietper te; che in questo giorno,
ti sono stata guida; che lungi devi vagare
in altre terre, oltre l'esigua sbarra
ai passi mortali, prima che tu sia condotto
da ogni struggente sospiro, da ogni pena,
nell'amoroso seno del tuo amore.
Perchcos lo sanno nell'alto dei cieli:
ma, io, una povera naiade, non l'indovino. Addio!
Ho un canto per la mia vuota cella".

Con questo, svandalla vista d'Endimione,
che meditava accanto all'acqua in stupore:
la fonte scrosciante sgorgava, e dove la pozza
s'adagiava, quasi dormiente, tra l'erba e i freschi giunchi,
scherzavano veloci insetti e moscerini,
e i pesci l'increspavano, come se nbene nmale
in quell'ora fosse accaduto. Il vagabondo,
la mano sulla fronte, a tener lontana la bruma
di soffocanti fantasie, pazientemente sedette;

$e, mentre sotto l'assonnato ciglio della sera
le lucciole ripulivano le lampade stellanti,
cossussurrtra s "Chiunque s'accampi
per la conquista d'immaginaria cittdi gioia,
oh quant'infelice! e quand'sua,
dopo lunga fatica e ricerca, perdere
il nocciolo della speranza, quanto pitristo:
perv'sollievo per lui anche nella fatica;
d'altra cittva all'attacco,
senza il pipiccolo grano di dubbio
che non gli toccheranno favi di miele gocciolanti -
ahim li trova secchi; e allora schiuma,
e verso un'altra cittcorre.
Ma questa la vita umana: guerra, gesta,
delusione, ansiet
lotte dell'immaginazione, vicine e lontane,
tutto umano; in srecando questo bene,
che sono sempre aria, cibo sottile,
per farci sentire l'esistenza, e mostrarci
quanto morte sia quieta. Dove c'terra gli uomini crescono,
o erbacce o fiori; ma per me,
non c'fondo a cui radicarmi. Non vedo
cosa terrena degna di essere colta; cosm'ergo
su nebbioso, sporgente braccio di terra -
Solitario? No, no; e per il liuto d'Orfeo,
quando la pazza Euridice l'ascolta,
preferisco starmene su questo nebbioso picco,
per nulla sospiro, nulla cerco,
se non la dolce ombra del mio amore tre volte visto,
invece che essere - non importa che. O mitissima colomba
di paradiso! O Cinzia, dieci volte brillante e bella!
$Dal tuo azzurro trono, ora riempiendo l'aria,
lancia solo un piccolo raggio di temperata luce
nel mio petto, che la spaventosa potenza
e tirannia d'amore siano un po' sgomente!
Pernon farlo, dolce regina; un tormento in meno
darebbe uno spasmo all'infelicitgelosa,
peggiore del tormento stesso: ma invece lega
grand'ali alle mie spalle, e mostrami
la distante casa del mio amore. Benchla scherzosa folla
dei Cupidi ti eviti, troppo divina sei,
troppo aguzzamente bella, perchla tua argentea prua
mai sia affondata nell'amabilissima corrente d'amore.
O sii generosa, non giudicare severamente
la mia empia follia; poich per tutte le stelle
ch'attendono ai tuoi ordini, credo siano saltate
le sbarre imprigionanti il mio spirito - ch'io
stia volando con te nel cielo vorticante!
Quanto sei bella! Il mondo quanto fondo!
Quanto tremule-abbaglianti le ruote girano
attorno al loro asse! E queste luminose briglie,
quanto agili! Quando questo tuo carro giunge
all'aerea meta, forse una pergola scherma
quegli occhi di crepuscolo? Quegli occhi! - lo spirito vien meno -
cara dea, aiuto! o l'aria aprentesi
m'ingoier- aiuto!". Allora lo sguardo folle,
e le mani levate, e le labbra tremanti stette;
simile all'antico Deucalione sul monte oltre il diluvio,
o al cieco Orione avido di luce.
E, se dalla fonda caverna nata non fosse
una voce, gelido sarebbe diventato come insensibile pietra;
$da lui non sarebbe venuto sospiro, nlamento, nappassionato
[gemito,
non pi Cosessa tuon "Scendi,
giovane montanaro! scendi dove le vie piegano
nelle fosforescenti cavitdel mondo!
Spesso hai visto saette di tuono scagliate
come fosse dalla tua soglia; sei stato giorno per giorno
un po' piin basso del gelido splendore
di ghiacciati pinnacoli, e affondato hai le braccia
nell'etra ferale che sempre ammalia
il loro essere marmoreo: ora, tanto in basso
quanto quelli in alto sono, scendi! Mai sarincoronato
immortale chi teme di seguire
dove conducono le voci d'aria: perciper i cavi,
silenti segreti della terra, scendi!".

Non ascoltche le ultime parole, na quella tenne testa
un momento riflettendo: infatti corse
nella profonditpaurosa, nascondendo la testa
alla fulgente luna, agli alberi, e alla veniente pazzia.

Era troppo bizzarro, e meraviglioso per essere triste;
affilando, per gradi, la voglia
di tuffarsi piin fondo. Fosca, non luminosa,
la regione; nfulgente, nnotturna,
ma screziata; una baluginante melanconia;
un tenebroso impero e i suoi diademi;
una pallida eterna sera di gemme.
S a milioni scintillavano in una vena d'oro,
lungo quel sentiero il principe misurrapidi passi,
con linee rotte e angolari:
$fuori guizzando a volte, simile a meteora,
per un vasto antro; poi la metallica trama,
come arcobaleno di Vulcano, con prodigioso tetto
s'incurva enorme: ora, ginel profondo abisso,
assomiglia a un iroso lampo, e sibilando fa
di fantasia certezza: ora guida
per serpeggianti passi, dove la monotonia genera
irritanti concetti d'improvviso mutamento,
sia in grotte argentee, o gigantesche fila
di colonne di zaffiro, o ponte fantastico
su torrente di cristallo. Su una cresta
ora egli avanza, che sull'immensital di sotto
torreggia come roccia oceanica, e di qui vede
centinaia di cascate, le cui voci arrivano
solo com'onda mormorante. Freddo e torpido
il petto gli divenne, non appena lungi
scorse uno sferico diamante, posto a fugare
dal suo trono la tenebra antica. Era come il sole
alto sorto sul caos, e con tale sbalordimento
venne la sorpresa, che, assorto in essa,
non vide meraviglie piforti - inesprimibili all'ingegno
d'uno spirito, se non fosse di quelli
che, quando il tempo sferico questo pianeta finir
ne saranno gli aulici cronisti. Chi sono?
quei potenti che hanno creato splendore eterno
per Grecia e Inghilterra. Mentre lo stupore
con sospiri fondo-salienti s'acquetava, entr
in una galleria di marmo, passando per
un finto tempio, coscompleto e esatto
al sacro uso, che quasi paventava
penetrarlo; di llungi appariva,
$attraverso una prospettiva di pilastri, un bell'altare,
e, appena oltre, divina in punta di piedi,
una faretrata Diana. Avanzando timorosamente,
il giovane s'accost spesso volgendo il velato occhio
per le navate laterali, e le nicchie antiche.
E quando, pivicino il freddo marmo
tocccon la fronte, comincia infilare
cortili e corridoi, dove il morto silenzio,
ridesto dai bisbiglianti passi, mormorava flebile:
e pivolte lo percorse, divenendo
intimo di misteri, e timori;
finch stanco, sedette avanti allo sbocco
d'un ampio varco, insondabile e oscuro,
volto a selvaggio dubbio e ombra cupa.
L quando nuove meraviglie cessarono di fluttuargli innanzi,
e i pensieri dell'io sopravvennero, quanto rude e greve
il viaggio di ritorno a quell'io di sempre!
Un folle inseguimento dell'elfo figlio-di-nebbia,
la cui volteggiante lanterna, attraverso la sgarbata ortica,
con l'inganno ci attira nella palude, nell'incendio,
nel cuore di cosa odiosa.

Quale infelicitsommessamente canti
al solitario orecchio d'Endimione, ora che ha raggiunto
il fine della coscienza? Ah, il pensiero,
il letale tocco della solitudine: ed ecco!
Non vede i cieli, nil corso
dei fiumi, nsulle colline la fioritura selvaggia,
scacchiera rosa e scarlatta, n alto-raccolta,
la nebbiosa nuvolaglia lenta movente verso occidente,
$come elefanti in branco; nsentiva, npremeva
erba fresca, ngustava refrigerante aria soporifica;
ma consumare lungi da tale compagnia
un tempo ignoto, carico di dolore,
era adesso il suo destino. E sarpaziente,
disegnando immaginarie figure colla lancia?
"No!" esclam"perchdovrei indugiare qui?"
"No!" alto echeggipie pivolte.
Allora ebbe un sussulto, e tornava
a gran passi verso il sacrario del tempio,
riscaldandosi e illuminandosi forte nella fede
dell'aiuto di Diana: e quando di nuovo
scorse l'aerea forma, cosimplor
mentre l'avvicinava: "O casta Abitatrice
di rive, e boschi, e brughiere desolate,
dove coll'arco d'argento e le aguzze frecce
sei ora inselvata? O Regina di foreste,
quale soavissima aria la tua fronte pisoave corteggia?
Dove ascolti gli alti gridi
delle dipartite ninfe? Attraverso quale scuro albero
brilla la tua mezzaluna? Ovunque essa sia,
nel fiato del cielo: tu gusti
la libertcome nessun altro, e non disperdi
la tua grazia in tristi elementi:
ma, trovando sulla nostra verde terra dolci gioie,
ci vivi beatamente. Ah, se per te
ha gusto elisio, quanto ricco per me,
mortale in esilio, risuona il suo grato nome!
Entro il mio petto vive una fiamma soffocante -
O che la freddi tra gli zefiri-rami!
$la febbre del ritorno mi secca la lingua -
O che la smorzi alle tue correnti sorgive!
Al mio orecchio un fragoroso nulla introna -
O che ascolti una volta ancora il verso del fanello!
Innanzi agli occhi mi fluttuano cortine e ombre dense -
O che li unga con luce di cielo!
Ti bagni ora i piedi e le bianche caviglie?
O pensa quanto dolce sarebbe per me la cascata rinfrescante!
Plachi ora la tua sete col succo di bacche?
O pensa quanto godrebbe questo palato arso!
Se in dolce sopore senti la mia voce,
O pensa quanto amerei un letto di fiori! -
Giovane dea! ch'io riveda i pergolati natii!
Liberami da questa voragine rapace!"
A gran voce finendo, come volesse vincere
il suo destino, stava vigile: ma quando
ostinato silenzio ritorngrave,
cercando nello spazio l'antico giaciglio
e culla d'aria, in basso piegil volto
rattristandosi, sul brivido freddo del marmoreo suolo.
Ma non fu per molto; poich pidolce del ruscello
alla fredda corrente, o della gonfia marea
ai salici della sponda, gli erano le foglie che spiava,
e i fiori e le ghirlande, e accanto le corone di mirto
salienti tra le pietre. Frescura affoga,
in s e cerca di nascondere le proprie delizie -
e non in un luogo solo; l'orgoglio floreale
in lento frusciante parto s'incantava
innanzi ai suoi passi; come quando nuovamente gonfio
il vecchio oceano rotola un'allungata onda fino alla spiaggia,

$giper il verde dorso la schiuma breve-vivente, tutta bianca,
per gradi scoppia, con capricciosa indolenza.

Crescendo sempre in coraggio, e in diletto,
per il fatato viaggio s'affretta;
ansioso tanto della meta, che appena perde
un attimo con la mano tra quelle dolcezze:
avanti va - s'arresta - il cuore gli batte
nitido all'orecchio, come il lieve incanto
da cui i singhiozzi nacquero. Questa quieta ansia,
questa sonnolenta musica, lo fecero camminare in punta di piedi:
poicharrivpidolcemente di quando il Levante soffiando spinse
la magia di Arione alle isole atlantiche;
o di quando il Ponente, ingelosito dai sorrisi
d'Apollo in trono, alitando rimandla lira
ai mari ionii e tirii.

O visse mai, quell'uomo solitario,
che ame la musica non l'uccise? la peste
d'amore, che le gioie pibelle diano piansia;
che cose di delicato e tenerissimo valore
siano tutte ingoiate e trasformate in arsa carestia,
da un'unica fiamma divorante: essa immerge
e soffoca nella maledizione contentezze vere.
Mezzo felice, a paragone dell'estasi,
infelice. Cosfu con questa
rugiada-stillante melodia, all'orecchio del Cariano;
prima paradiso, poi inferno, e poi dimenticata nell'aria,
svanin passione elementale.

$ Ed eccolo finito in fondo a un tenebroso abisso,
se una guida celeste benigna condotto non l'avesse
dove fitti rami di mirto, contro il suo capo
strusciando, lo destarono: poi i suoni si spensero
come passeggera pioggia meridiana
s'un pergolato, lper breve spazio indugi
poich come occhieggia il tramonto nel bosco
cosscorse palpitante luce, e verso quella and per serpeggianti sentieri - ed ecco, stupore!
sulla tenera verzura vide, uno qui, uno l
Cupidi dormienti sull'ali lucenti.

Dopo aver superato mille meandri,
alla fine, con repentino passo, venne
a una stanza con pareti di mirto, impergolata alta,
piena di luce, incenso, tenera poesia,
e cose belle e straordinarie ancora:
poichsu letto setoso di roseo orgoglio,
proprio nel centro, giaceva un giovane dormiente
di vivissima bellezza; piviva, a dire il vero,
di quanto i sospiri possano sondare, o il godimento cogliere:
e coltri d'oro - tinte come pesca,
o appassite calendole del maturo ottobre,
cadevano lisce attorno a lui in mille pieghe -
senza celare l'apollinea curva
del collo e della spalla, nlo scarto aguzzo
da ginocchio a ginocchio, nil lieve puntar delle caviglie;
ma anzi, offrendo tutto alla ricolma vista
diligentemente. Di lato il viso riposava
sul bianco braccio, e teneramente schiudeva,
$con tenerissima pressione, una bocca di pallido damasco
nel broncio del sonno; proprio come il mattinale vento del sud
apre la rosa bocca-rugiadosa. Sul suo capo,
quattro steli di giglio i loro bianchi onori sposavano
per fare una ghirlanda; e attorno a lui crescevano
teneri viticci, d'ogni tipo e colore,
insieme allacciati e intrecciati stretti:
la vite di lucenti germogli; la rete d'edera,
ombreggiante le sue etiopi bacche; e caprifoglio,
dalle foglie di velluto e dai fiori di bugola divina;
convolvoli in screziati calici fioriti;
il rampicante, porporino di rosso autunnale;
e la vitalba, ariosamente pendula;
con le altre sorelle. Lvicino,
stavano sereni Cupidi osservando muti.
Uno, inginocchiandosi accanto a una lira, ne toccle corde,
spegnendone il pathos con le ali;
e, di tanto in tanto, si levava a guardare
il sonno del giovane; mentre un altro prendeva
un ramo di salice, distillante odorosa rugiada,
e lo scuoteva sulla sua chioma; un altro vol per l'intessuto tetto, e fluttuando
piovve violette sui dormienti occhi.

A questi incantesimi, e altri ancora,
l'ansimante Latmo sbalordiva sempre di pi
finch in imbarazzo e impaziente,
avanzspedito, e con lievi passi venne
a quel pennuto cantore, che subito,

$sorridendo, cossussurr "Sebbene dalla luce superna
tu sia pellegrino, e la tua presenza qui
sembri sacrilega, rallegrati!
Poichall'onore umano il pigrazioso tributo,
quando un etereo benefattore alto-favorente
dispiega immortali pergole a sensi mortali -
com'ora a te accade, Endimione. Quindi
in nessun modo fui sorpreso. Perciriposa
su questi vividi fiori. Ecco il vino,
di scintille vivo - mai, lo giuro,
da quando Arianna fu vendemmiatrice,
porpora cosfresca: assaggia queste succose pere,
mandatemi dal triste Vertunno, quando il suo timore
per Pomona era grande: ecco la crema,
che affonda in ricchezza da nevoso brillio;
pidolce di quella che la balia Amaltea screm per Giove bambino: e qui, immune
d'ogni tocco, un mazzo di fiorenti susine
pronto a sciogliersi tra gengive infantili:
ed ecco la manna che da alberi siri raccolsero,
sotto le stelle, le tre Esperidi.
Siati, e nel frattempo ti farconoscere
le cose qui attorno". Cosfece,
sempre meditando al suono della lira;
e poi: "Non stancheril tuo ascolto
raccontando quanto la dea del mare figlia soffrisse
per un giovane mortale, e quanto lottper legare
lui carissimo a lei innamorata.
Chi non vorrebbe essere cosimprigionato? ma, sciocco elfo,
era contento di lasciare l'amorosa supplica,
$languire tra le sue braccia inerti; contento di vedere
un paradiso non colto morire ai suoi piedi;
contento, o folle! di ritrarsi freddamente,
quando sull'amena erbetta quell'amore, derelitto,
giaceva dolendosi; quando ogni lagrima nasceva
da mutevole passione; quando le labbra e gli occhi
chiusi erano in dolente umidore, e rapidi sospiri
salivano stizzosi e dispiaciuti per le piccole nari.
Zitto! non gridare - per giustamente lo avresti
maledetto. - Io ero quasi contento,
ma la mia povera signora diventfuriosa e pazza,
quando l'azzannil cinghiale: via vol all'alto trono di Giove, e per i suoi lamenti caddero
immortali gocce di lagrime giper la barba del tonante;
e ordinato fu che si ridestasse
alla vita a ogni estate. Eccolo! lui,
quello stesso Adone, sicuro nel ritiro
della quieta regione del suo inverno-sonno.
S sonno; poichquando la nostra regina malata d'amore piangeva
su quel corpo smorto, la tremula pioggia
guarla ferita, e, con balsamico potere,
curla morte in prolungato sopore:
che lei riempie di visioni, e adorna
di quieto lusso; e ha messo
noi fanciulli immortali, senza sosta,
a vigilare il suo sonno. prossimo alla fine,
un attimo al suo compimento, e veloce
lei guizza con le brezze estive, per gemere al
primo lungo bacio, caldo inizio, per rinnovare
impergolati giochi sull'isola di Citera.
$Guarda! come questi alati ascoltatori nel frattempo
stanno ansiosi! guarda! contempla!". - Questa supplice parola
spezzl'attento silenzio; poichs'ud un frusciante rumore di foglie, e fuori svolarono
piccioni e colombe: Adone qualcosa mormor
mentre una mano, che prima torpida sulla coscia
poggiava, si mosse convulsa e per gradi
salalla fronte. Poi ci fu un ronzio
di subitanee voci, echeggianti: "Su! su!
In piedi! Sveglia! La limpida estate cammina
nel campo di trifoglio, e parla
di dolcezza piena a ogni fringuello nel nido:
sveglia, Cupidi! o daremo pizzicotti violetti
a quelle braccia piene di fossette! Ancora una volta la dolce vita
[inizi!".
A questo, d'ogni lato accorsero,
strofinandosi gli occhi di sonno con pigri polsi,
e stringendo i piccoli pugni sopra la testa,
all'indietro sbadigliando. Ma tutti furono subito svegli:
poichcome il delizioso vino, sfavillando, affonda
in nettaree nubi e s'arriccia nell'acqua chiara,
cosdal tetto della pergola calun'onda d'aria
odorosa e vivificante; e li spingeva tutti
a ridere e giocare e cantare e invocare a gran voce
la loro dolce regina - quand'ecco! l'intrecciata verzura
s'aperse, e in alto si vide
il cielo azzurro, e il cocchio d'argento, retto dall'aria
le silenti ruote, appena bagnate dalle nubi del mattino,
ruotavano piovigginante rugiada, che cadendo fredda
sulle morbide spalle d'Adone, lo costringeva ancora
a rannicchiarsi e rigirarsi inquieto.
$Presto si videro nitide le bianche colombe, il collo teso,
e le redini setose tirate nella discesa;
e presto, ritornando dall'esilio d'amore,
Venere regina calando a braccia aperte.
L'ombra gli cadde sul petto, e per l'incanto
gli venne un tumulto nel cuore, e vita nuova
negli occhi. Ah, miseranda lotta,
non fosse per il suo conforto! infelice vista,
se non per l'incontro di quegli occhi azzurri! Chi, chi descriver quei primi minuti? La musa piimmodesta
innanzi a abbracci ardenti come questi porge timide scuse.

Oh turbato ogni spirito presente,
eccetto Amore stesso, che s'erge fiero a spartire
la comune gioia. Tremendo s'erge;
sovrana strage sta sulle guizzanti mani;
occhio non regge il lampo del suo arco;
la faretra misteriosa, nessuno sa
cosa pensarne; fuori dagli occhi
dardeggia bizzarra luce di varia tinta e tono;
minaccioso a volte il ciglio, ma chi
l'affronta sente presto l'azzurro
dei begli occhi scorrergli liquido nell'anima.
Endimione lo sente, e non controlla pi l'ardente preghiera dentro di s cos in basso volto,
avrebbe iniziato a lamentare il suo dolore.
Ma Venere, sporgendosi, diceva: "Figlio mio,
aiuta questo giovane gentile; i suoi giorni sono folli
d'amore - lui - ma ahim troppo bene vedo
che tu conosci il fondo della sua infelicit
$Ah, non sorridere cos figlio mio: dico il vero,
che quando per tristi ore lamentai
il sonno senza fine di questo rinato Adone,
questo straniero m'impietosiva. Poichin
un tetro mattino tempo fa fuggii
fra le ventose nubi, a piangere e a pregare
per questo mio amore, chil dispettoso Marte m'aveva molestato
fino alle lagrime. Di l quando un po' calmata,
giguardando, distratta, entro nebbiosa foresta,
scorsi questo giovane che stava disperato:
i riccioli neri volanti al vento;
le fitto-cigliate palpebre costante velo
agli occhi cupi. Lo vidi gettarsi
tra le foglie appassite, proprio come se
morte fosse all'improvviso giunta; neanche un po' si mosse,
pervaneggiava follemente. Sentii che amava
una bella immortale, e che il suo abbraccio
l'aveva cinta nella notte. Non c'traccia
di questo in cielo: osservato ho ogni guancia,
e penso che sia la cosa pivana a cercarsi;
e fra tutte la pisegreta.
Endimione! un giorno sarai felice:
perciobbedisci sempre alla mano guida che ti conduce
salvo attraverso questi miracoli a dolci fini.
un occultamento necessario,
e se non lo credessi, sul raggio del sole
saliresti insieme a me. Ora addio!
Qui dobbiamo lasciarti". A queste parole alto volarono
le colombe impazienti, alto salil fluttuante cocchio,

$alto sorse il bombito celeste. Alti e lontani
il Latmio li vide impicciolirsi nel nulla;
e, quando tutti erano proprio scomparsi, ancora colse
un vivido lampo dal terrifico arco.
Quando tutto s'era oscurato, con etneo spasmo
la terra si richiuse - mandun solitario gemito -
e lo lasciancora una volta nel crepuscolo solo.

Non delirava, non stava cogli occhi sbarrati,
ora che quelle visioni erano scomparse, e finite,
e lui in solitudine: si sentiva sicuro
di tempi felici, quando quello che aveva sopportato
sarebbe parso una piuma di fronte al prestigioso premio.
Cos con insolita allegria, s'affretta
per caverne, e palazzi di screziata materia,
cupole d'oro, e mura di cristallo, e pavimento di turchese,
neri levigati portici di orrorosa ombra,
e, in ultimo, una balaustra di diamante,
lungi guidando oltre ogni sfrenata opulenza,
spirale fra asprissimi merli, e di qui
allungandosi attraverso un vuoto, poi correndo sopra
enormi abissi, dove, con gran schiuma e rombo,
sotterranei fiumi rodono letti di granito;
poi s'innalzava sopra l'argentee teste
di mille fontane, cosch'egli cozzava
contro l'acqua con la lancia - ma allo schizzo,
fatto per caso, quelle colonne sgorganti si levarono
all'improvviso alte come pioppi, e cominciarono a chiudere
il sentiero di diamante con un fregio, corrente in giro
vivo, e d'abbagliante frescura, e con fragore,
$forse, uguale al tumulto dei delfini, quando dolci conche
salutano la zattera di Teti. A lungo indugia
in questo piacere; poich nello spazio d'un attimo,
le correnti con mutata magia s'intrecciano:
a volte come delicatissime grate,
coperte di cristallina vite; poi salici piangenti,
ondeggianti come per lieve vento,
che, d'un baleno, assottigliati in velo d'acqua,
si riversano in forme di cortinaggi,
scintillanti, e ricchi di liquidi ricami
di fiori, pavoni, cigni, e naiadi belle.
Piveloci del lampo scorrevano queste meraviglie rare;
e poi l'acqua, in ostinate correnti
raccogliendosi, imitava le ornate travi di quercia,
pilastri, e fregi, e alto fantasioso tetto,
di quei luoghi tenebrosi d'un tempo lontano
chiamati cattedrali. Diede un riluttante addio
a queste proteiche fonti, oltrepassando abisso, e valle,
e torrente, e diecimila forme sporgenti,
semivisibili nel profondissimo buio, e spaventose gole,
nereggianti d'ogni lato, e in alto
una cupola dalla volta come cielo, lungi cosparsa
di stellanti gemme: s tutto cosenorme e bizzarro,
il solitario avvertun rapido mutamento
entro di squalcosa di tetro -
irritato come aquila mattutina, persa, e stanca,
e cieca tra nebbiosi, notturni altopiani.
Ma si rallegra subito: perchchi contempla
nuove cose improvvise, e non getta la sua corazza mentale?
Fuori da uno scheggiato arco, nell'oscuritdi sotto,
$venne madre Cibele! solitaria - solitaria -
su tenebroso cocchio; scuri drappeggi gettati
addosso alla sua maest e fronte morte-livida,
di torri incoronata. Quattro criniti leoni tirano
le pigre ruote; solenni le dentate mascelle,
gli occhi arcigni fronte-nascosti, pesanti zampe
torpide levate, e code irrequiete
battenti i fulvi ciuffi. Silente veleggia
questa fosca regina obliquamente, e scompare
in altra oscura volta.
Perch indugiare,
giovane viandante, in luogo tanto triste?
Sei stanco della strada o non scorgi innanzi
il sentiero di diamante? E davvero finisce
tronco a mezz'aria? Perverso terra volgi
la fronte, e Giove nube-intronato
supplica con ardore! Era stanco della strada, invero;
tronco, a mezz'aria, il cammino cessava;
a Giove nube-intronato s'inchin e allora venne
a lui diretta una grande aquila, e tra le sue ali,
senza una sola empia parola, si slancia,
affidandosi al buio e alle tenebre:
gi gi insicuro di qual piacevole fato,
rapido come scandaglio calante scese
attraverso cose ignote, finchasfodelo fragrante,
e rosa, frammisti con speziate arie,
proruppero dove piccole grotte erano incoronate
sfittamente di foglie e muschi, da sembrare
larghi favi di verde, e frescamente impregnati
d'arie deliziose. Nel cantuccio piverde
l'aquila lo depose, e prese congedo.
$ Era una pergola di gelsomino, tutta cosparsa
di dorato muschio. Ogni senso gli era divenuto
per il piacere etereo; sul suo capo
scorreva un godimento quasi prensile; il suo passo
era esperio; alle sue sensibili orecchie
il silenzio era musica dalle celesti sfere;
un rugiadoso fasto aveva negli occhi;
i piccoli fiori sentirono i suoi gradevoli sospiri
e si scossero lievi. Verdeggiante caverna e cella
egli percorse, spesso meravigliandosi di tale scoppio
d'improvvisa esaltazione: ma, "Ahim"
diss'egli, "questo fiotto di sentimenti trascorrer in solitudine? E svanire debbono,
come melodie su sabbioso piano,
senza eco? Allora sarabbandonato
costriste, cosmelanconico, cosmisero!
Eppure immortale mi sento! O amore mio,
mio respiro di vita, dove sei tu? Lassin alto,
danzando innanzi alle mattutine porte del cielo?
O vigilando tra quelle stellanti sette,
figlie del vecchio Atlante? Sei una vergine delle acque,
una figlia luce-chiomata di Tritone conca-suonante?
O sei - impossibile - una ninfa di Diana,
che tesse una coroncina di teneri virgulti
solo per ozio? Dovunque tu sia,
mi sembra che ora a mio piacimento balzare io possa
tra le tue braccia; spaventare il corteo di Aurora,
e rubarti al mattino; sopra l'oceano
guizzare come selvaggio uccello, e rapirti
dalla culla di mare-schiuma; o denudarti
dalla veste pastorale, e sedurti tra le foglie nuove.
$No, no, troppo ardentemente l'anima mia inganna
il suo io impotente: lo so, non puessere.
O che allora voli per qualche dolce sogno
ai suoi incantesimi: Qui, Sonno, un istante!
Qui, gentilissimo sonno! e con dolcezza svia
per qualche ora l'impellente solitudine".

Cosparl e in quell'attimo sentin suo
potere di sognare deliziosamente; coss'aggir per un oscuro passo, cercando finchtrov il letto di muschio pimolle e fondo, dove
si gett e proprio mentre in aria
stirava le indolenti braccia, cinse, oh - felicit -
un fianco nudo: "Bel Cupido, donde viene questo?".
Una voce ben nota sospir "Dolcissimo, son io!".
A quell'estasi dolce, con innamorato grido
tremarono l'uno di fronte all'altra. - Elicona!
O collina di sorgenti! Elicona del vecchio Omero!
che tu faccia zampillare un piccolo rivo su
queste indegne pagine! Allora il verso si leverebbe
a cantare su questa coppia gentile, come allodola
sui piccoli innidiati: ma tutto buio
attorno all'annosa cima, e la limpida fonte
esala in vapori verso il cielo. S il numero
dei grandi poeti completo; la pergamena
avvolta dalle Muse; la brillante lista
l'ha in mano Apollo: i nostri occhi abbagliati
hanno visto una tinta nuova nei cieli d'occidente:
il mondo ha svolto il suo compito. Per oh, per benchil sole della poesia tramonti,
$questi amanti s'abbracciarono, e noi piangiamo
che non ci sia pil'antico potere a immergere
una penna immortale in quelle lagrime di gioia.
A lungo in silenzio le loro ansiose paure
indagavano se cosfosse; a lungo essi giacquero
fra tenerezze e baci fugando i dubbi;
a lungo prima che dolci carezzanti singhiozzi
si sciogliessero in parole, e allora fluirono
due gorgoglianti fonti di discorso dalle dolci labbra.
"O nota Ignota! da cui il mio essere succhia
coscara essenza, perchnon posso
star sempre fra queste braccia? in questo dolce punto
poggiare il mento per sempre? per sempre stringere
queste mani giocose e baciare il loro morbido eccesso?
Perchnon sentire sempre e poi sempre
quel respiro sui miei occhi? Ah, mi fuggirai
di nuovo, certo, certo -
Te n'andrai, e non ti curerai
della mia solitaria follia. Parla, soave bella!
sar- sarcos No! Chi oser strapparti a me? E, di tua volont
ben sento che non mi lascerai. Ancora
ch'io t'avvinca piforte, piforte - ora
come possiamo separarci? Elisia! chi sei tu?
chi, se non puoi stare qui per sempre,
o sollevarmi con te nelle stellate sfere?
Incantatrice! dimmi per questo dolce abbraccio,
per la dolcissima perfezione del tuo volto,
quelle labbra, O umide felicit scintillanti occhi,
e per queste tenerissime - candide vette -

$queste tenerissime, e per il vino di nettare,
la passione-" "O ricca di colombe Ida divina!
Endimione! carissimo! Ah, me infelice!
La sua anima ci sfuggir- O felicit
Quanto mi ama! Le sue povere tempie battono
al ritmo stesso dell'amore - dolce, dolce, dolce.
Risuscita, ragazzo caro, o svengo e muoio;
risuscita, o queste dolci ore scorreranno
in magata cupezza; parla, e quell'incanto
spaventi questo letargo! Non placher la greve pressione, e toccheralmeno
colle mie labbra le tue, cosche riccamente banchettino
finchnon gustino di nuovo la vita dell'amore.
Che! ti muovi? Baci? O felicit O dolore!
T'amo, ragazzo, pidi quant'io pensi;
e la lunga lontananza da te priva
l'anima mia d'ogni riposo - ma debbo andarmene.
Pure, non posso a stellari altezze
innalzarti; nsenza vergogna confessarmi
tua. Ah, carissimo, non gemere
o forzerai il mio segreto,
e arrossirin cielo. O ch'io
l'avessi gifatto; che gli orribili sorrisi
per il mio perso splendore, i miei appassionati inganni,
fossero obliati dalla solenne cima dell'Olimpo,
e dagli dei severi; che il nostro piacere
fosse del tutto dimenticato, ma non da noi!
E allora perchcosvergognosa? Non che l'espiazione
d'un piacere infinito, con qualche vile rossore:

$perch'io debba esser vile! - Orrore irrompe
troppo concreto a me dinanzi - il triste sguardo
di Giove, il sussulto di Minerva - nessun petto scosso
in ossequio alla castit nala di Cupido
abbassata riverente, il mio cristallino impero
per metperso, e i vecchi inni ridotti a nulla!
Ma cosa questo di fronte all'amore? O volerei
con te nella dimora dei potenti celesti,
sche tu, per molte lunghe ore,
mi tenessi avvinta con dolcezza. Ora giuro all'istante
ch'io sono saggia, e Minerva una sciocca -
forse il suo amore come il mio solo ignoto -
Oh credo proprio d'essere stata la sola
casta! S Pallade sospirava,
mentre ogni sera mi vedeva la chioma alto-legare
con dita fresche come foglie di pioppo. Dolce amore,
ero confusa come colomba solitaria,
nsapevo che si costruissero nidi. Ora un dolce bacio -
s per quel bacio, prometto estasi infinita,
un'immortalitdi passione per te.
In breve tempo ti esalterallo splendore
d'ambrosio paradiso: e sotto le ombre
passeremo intere estati in riva al fiume;
e ti racconterstorie del cielo,
sussurrandoti gli echi della sua poesia.
Il mio amore felice sorvolerogni confine!
Oh che mi sciolga in te; che il suono
delle nostre voci unite si sposino nascendo;
intrecciamoci in volo - Oh pochezza
delle parole umane! rozzo discorso mortale!
$empirei balbettii qualche volta insegner alla tua mielata lingua - liuto-sospiri, che bramo
farti comprendere, ora mentre t'abbraccio
cos e piango di passione - sono addolorata,
Endimione. Ahim ahim il dolore racchiuso
nelle profonditstesse del piacere, unica mia vita?" -
Al che, con molti singhiozzi, la sua dolce lotta
si sciolse in languore. Lui ricambi con estasiati giuramenti e pianti.

Voi che desiderato avete
con troppo ardore, qui vi fermerete commossi
per amore della verit poichun canto
non di questi giorni, ma tanto tempo fa lo raccont il vento d'una grotta a una foresta antica;
e poi la foresta lo raccontin sogno
a un lago dormiente, il cui fresco e liscio bagliore
un poeta colse mentr'era in viaggio
verso il tempio di Febo; e ivi gett le stanche membra, bagnandosi per un'ora,
e poi, subito in quel luogo ispirato
cantla storia alto nell'aria,
regalandole libertinfinita. Ivi
sempre risuona per quelle orecchie
dalle punte brucianti e calde. La leggenda rallegra
quelle vigili stelle; e chi l'ascolta
di sicuro predestinato o se ne pentir
poichinestinguibili ardori assalgono il cuore,
resi piforti dal timore che una parte
sia inghiottita dal vento vorticante.
$Quanto qui stilato per sempre trova
quieta dimora, e cosgiunge limpido e chiaro.
Poi la straordinaria voce si smorza -
ed solo riecheggiata da un suono vanente,
la bella visitatrice alla fine sciolse
le membra delicate, e lasciil giovane addormentato. -
Cosla storia del ventoso abisso.

Ora torniamo ai nostri antichi cronisti. -
Endimione si dest il dolore di lei
dolce dolente al suo orecchio: turbato indovin
quanto solo fosse ancora una volta, e accoratamente strinse
le braccia vuote, chinla testa,
e tutto abbandonato su quel vedovo letto
sedeva silenzioso. La pazzia d'amore aveva conosciuto:
spesso piruggente d'un leone alla tortura
era scoppiato in gemiti; ma quell'ira
spenta s'era. Non piconduceva
aspra-vociante guerra contro le stelle fatali.
No, aveva troppo sofferto per srauche grida.
La lira della sua anima con eolia armonia
dimenticogni violenza, e sola s'accord a melanconici pensieri. O era svenuto
ebbro dal capezzolo del Piacere; e il suo amore
d'ora in poi fu uguale a colomba. Riluttava a muoversi
dall'impresso giaciglio, e quando si mosse,
fu con lenti, languidi passi, e il viso nascosto
tra le mani a schermo. Cosacquetato, vagava

$intravvedendo visioni che avrebbero spaventato
i serpenti di Aletto; rapimenti piacuti
della siringa di Ermes, quando ansioso si chin su occhi oscurantisi; e alla fine
venne a una risonante grotta, a volte, vasta,
in alto tempestata di mille, mille perle,
e cremisi-bocche conchiglie con rigidi riccioli,
d'ogni forma e grandezza, sino al molo
nel quale le balene si riparano strette, meste e cupe
per l'arrivo d'interminabile tempesta. E ancora,
sembianze di pesci, di verde e azzurra tinta,
pronti a sbuffare i loro zampilli. In questa fresca meraviglia
Endimione sedette, e comincia riflettere
sulla sua vita: la giovinezza, fino al giorno
quando tra applausi, e feste, e gaie ghirlande,
salsul suo trono di pastore; la visione
del suo bianco palazzo in quell'angolo selvaggio di foresta,
e i divertimenti su cui aveva signoreggiato;
ogni dolce fanciulla che un tempo riteneva bella,
con ogni amico e abitante dei boschi -
passarono come sogni a lui dinanzi. Poi lo sprone
dei vecchi poeti a gloriose imprese; i suoi piani
per coltivare l'etdell'oro tra le tribdei pastori;
quella notte meravigliosa; la festa del grande Pan;
il dolore della sorella; e tutti i suoi vagabondaggi,
fino a che nella fonda gola della terra corse:
poi quella sepolta magia, fino a che s'infiamm alto per eccesso d'amore. "E ora", pens
"quanto a lungo rimarrnel rischio
di vuote meraviglie che non meravigliano pi

$Ora che ho gustato la sua dolce anima nel fondo,
ogni altra profonditvuota: essenze,
spirituali un tempo, somigliano a fangosa feccia,
adatta solo a fertilizzare le mie radici terrestri,
e a innalzare il frutto dorato del mio ramo
nello splendore del cielo. Altra luce,
benchsia viva e acuta tanto da accecare
la vista dell'aquila olimpia, nera,
nera quanto l'origine del caos. Ascolta!
I miei silenti pensieri riecheggiano da queste conchiglie;
o non sono che le ombre, le onde svanenti
di rumori assai lontani? - ascolta!" - Al che
tendeva un ansioso orecchio. Il rimbombante suono
giunse piforte, ed ecco, ldov'egli giaceva,
dai lati sgorgarono con vaporosa schiuma,
due getti copiosi; e si slanciarono insieme
veloci, furiosi, fantastici attorno alle rocce e rimbalzarono
tra conche e conchiglie della superba grotta,
sprigionando stillante rugiada. Alla fine precipitarono
dall'alto soffitto, emettendo un suono
come di ansanti corsieri le cui speranze fidano
negli ultimi passi, e senza piforza
sul terreno tracciarono un serpeggiante corso.
Endimione li seguiva - e sembrava che uno
sempre rincorresse, l'altro lottasse per sfuggire -
seguiva i loro languenti labirinti, finchquasi
aveva smesso di pensare al mistero,
e era rapito adesso in teneri pensieri
sulla svanita felicit Ah! quale canto
fuga il suo sogno? Che melodie son queste?

$Risuonano pare tra i sussurri degli alberi,
non nate sotto queste aride volte. Udite!

"Oh Aretusa, ninfa incomparabile! perchtemi
tenerezze come la mia? Grande Diana, perch
perchascoltasti la sua preghiera? Oh ch'io
ora schiumassi attorno alla sua delicata bellezza,
circondandole il fianco, cercando
d'attirarla in un tuffo! penetrandola poi
tra le voluttuose labbra e le ciglia sottili!
Oh che la chioma rilucente fosse al sole,
e io colassi scorrendo
in amorosi ruscelli lungo la ritrosa forma!
Indugiare sulle gigliate spalle, scaldarmi
tra i seni bacianti, e ogni incanto
toccare rapito! - Guarda come dolente io muovo;
bella fanciulla, pietdella mia grande pena.
Ferma, ferma il tuo stanco corso, e permetti che ti guidi,
felice innamorato, al fiorito prato
dove quella bellezza m'adesc" - "Crudele iddio,
desisti! o la mia signora offesa con un cenno
prosciugherle tue fonti - non tormentarmi
con parole sirene - Ah, veramente avrei
potere di farti impazzire? E se fosse vero -
via, via, o paghera caro prezzo
i miei secreti pensieri: per pietallora via,
gentilissimo Alfeo, perchse dovessi obbedire
alla mia volontd'amore, sarebbe fatale sventura.
O, Oreade Regina! se tu avessi un dolore
come questo mio, allora sarei impavida

$e commetterei quel crimine. Ahim io ardo,
tremo - fiume gentile, scostati.
Alfeo! tu incantatore! ogni mio senso
un tempo in questi boschi divenne perfetto.
Fresche brezze, ombrosi prati, e innocenti rivi,
frutti maturi, e solitario giaciglio, davano gioia;
ma da quando disattenta mi bagnai
nel tuo ingannevole corso, una palpitante fiamma
crebbe forte dentro di me: perchtrattarmi cos
e chiamarlo amore? Ahim fu crudelt
Non chiusi piocchio felice
mentre il tordo cantava. Via! Vattene!
Oh fu cosa crudele." - "Ora mi rimproveri
con dolcezza, Aretusa, e credo
che se giocassi sulla mia ombrosa sponda,
ancora una volta ti bagneresti. Vergine innocente!
Non soffocare piil tuo cuore; non temere
i potenti irati - vi sono d
che con le ali ci faranno schermo. Quegli agitati sospiri
come morte mi suonano. Oh ch'io versi
su d'essi rugiadoso balsamo! - non temere pi
dolce Aretusa! Diana in ssentir a volte questi spasimi. Cara fanciulla, nasconditi
arrossendo nell'anima mia, e fuggiamo
da queste tetre caverne per il cielo aperto.
Ti delizierlungo il serpeggiante corso,
dal mare verde fino alla sorgente nascosta
nelle selve d'Arcadia; e ti mostrer
i canali dove pifresche le mie acque scorrono
tra muschiose rocce; dove, nell'esuberante verde,
vago in dolce oscurit piinvisibile
$di Saturno in esilio; dove trabocco
cingendo fiorite isole, e di qui prendo un velo
di dolce schiuma, che api a miriadi
scuotono dalle mielate ali: e gioia avresti
a scegliere la piricca, ove potremmo
avere un cuscino d'incenso per la notte estiva.
Spliati da tristi paure, tu bianca delizia,
e diamoci cosconforto; a meno che
tu non goda a vedere il mio disperato corso
correr via impazzito dal temperato raggio di Sole,
e riversarsi per morire sulle arse sabbie." -
"Cosa posso fare, Alfeo? Diana s'erge
severa di fronte a me. Avverso fato!
Infelice Aretusa! tu eri gi libera cacciatrice in -" A questo, d'improvviso caddero
i due mesti fiumi in una paurosa valle.
Il Latmio ascolt ma non sentpiniente,
salvo l'eco, fievole ripetendo ancora e ancora
il nome di Aretusa. Sull'orlo
di quel nero abisso pianse, e disse: "Ti esorto,
dea gentile del mio pellegrinaggio,
per le nostre eterne speranze, di placare, addolcire,
se potente sei, le pene di questi amanti;
e farli felici in felici piagge".

Si volse - v'era un suono dilagante - fece un passo -
v'era una luce pifresca; e coss'incammin verso quella per un sentiero sabbioso, ed ecco!
piveloce del momento che passa,
le visioni della terra erano fugate e scomparse -
vide il mare gigante sopra il suo capo.
$@John Keats, Endimione - Libro terzo
%3%|LIBRO TERZO|



V'chi comanda i suoi simili
con suadentissimo similoro: chi l'ovile apre
alle proprie belanti vanit che bruchino
tutta la buona erba verde e umida
dei pascoli umani; oppure - O quale tortura! -
chi, con sguardo idiota, vedrin libert volpi fuoco-recanti per ardere e avvampare
le nostre speranze spighe dorate e colme. Senza un lampo
di splendore sacrale, nocchio
pari a quello d'un gufo, peradornati sono
dalle genti cieche in purpuree vesti,
e corone e turbanti. Con cuori vuoti,
ma gonfi del proprio plauso, orgogliosamente montano
sul posatoio dello spirito, dell'alta stima di s
dei loro nulla superlativi, dei loro opachi cieli, dei loro troni -
tra violente inebrianti squilla
di trombe, grida, e percossi tamburi,
e improvvisi cannoni. Ah! come tutto questo rimbomba,
al desto orecchio, quale tumulto passato e perso -
come le tonanti nubi che parlarono a Babilonia,
e quegli antichi Caldei misero all'opera. -
Dunque, la regalitsempre una dorata maschera?
No, vi sono intronati seggi raggiungibili
solo da ala paziente, da costante incanto,
o da cose eteree che, sciolte,
$si fanno scala dell'eterno vento,
e si librano in nuvolose tende di tuono
per vigilare l'abisso-parto degli elementi.
S oltre l'opera logorante di Fato dalle antiche labbra,
mille potenze mantengono religiosa pompa,
nelle acque, nel regno del fuoco, nel dominio dell'aria,
e, silenti come consacrate urne,
nella giusta stagione convocano le assisi delle sfere.
Ma poche di queste lontane maest- ah, poche! -
hanno svelato i loro gesti a questo globo -
poche, che con sgargiante spettacolo addobbano
il nostro angolo di paradiso - e la loro bont stringe la mano alla nostra Cerere, ogni senso
riempiendo di spirituali dolcezze fino all'orlo,
come le api ingozzano le celle ricolme. E, per la lotta
tra il Nulla e il Creato, io qui giuro,
eterno Apollo! che la tua Sorella bella
fra tutte la pigentile, la pipotente.
Quando il tuo respiro d'oro s'offusca a ponente,
furtiva essa ascende al trono,
e lsiede umilissima e tutta sola;
come se non ci fosse corteo al suo seguito;
come se il tuo occhio, sublime Poeta, non fosse volto
verso di lei con le Muse nel cuore;
come se le stelle ancelle non si tenessero in disparte,
aspettando messaggi piedi-argentei.
O Luna! le antichissime ombre tra antichissimi alberi
palpitano quando tra di esse guardi:
o Luna! i vecchi rami frusciano pisanti
quando sentono la tua presenza d'aria.
$Tu benedici ogni luogo, con labbro d'argento
morte cose baciando alla vita. La mandria dormiente,
accovacciata alla tua luce, sogna pascoli divini:
monti innumerevoli s'ergono, alti e pialti,
anelanti alla santificazione del tuo sguardo;
ma la tua benedizione non sorvola
nessun recondito recesso, nessun angolo minuscolo
dove il piacere giunga. L'innidiato scricciolo
ha il tuo bel volto quietamente in vista,
e da sotto la schermante foglia d'edera
t'occhieggia; tu sei il conforto
della povera paziente ostrica, dov'ella dorme
nella sua perlacea casa. I possenti abissi,
il mare dei mostri tuo - il mare miriade!
O Luna! Oceano lungi-spumeggiante a te s'inchina,
e Terra sente il grave peso sulla sua fronte.

Cinzia! dove sei ora? Quale lontana dimora
di verde o argentea pergola incornicia
quella suprema bellezza? Ahim t'addolori
per uno del pari addolorato: pallida la tua guancia
per uno che ha la guancia pallida: tu lamenti
le lagrime di chi per te piange. Dove sospiri?
Ah! Sicuramente quella luce spunta dall'occhio di Vespero,
o che cosa Amore! Lei, ma guarda!
Quanto mutata, quanto di pena colma, quanto addolorata!
Ella muore alla pilieve nuvola; la sua grazia
sbianca sul blu di Nettuno: pure v'un'enfasi,
oltre quel promontorio di alberi, di amori-bagliori
danzanti sulle onde, quasi a intenerire
la ricciuta schiuma con amoroso influsso.
$Oh, non cosoziosa - perchguardando in basso
ella scandaglia gorghi, e corre sfrenata sui
traboccanti corsi d'acqua; snidando
il pescecane spinoso dal suo nascondiglio, e spaventando
l'occhio selvaggio con insolito lampo.
Dove quello splendore s'accontenterdi giungere?
O amore! quanto potente sei a insegnare
pellegrinaggi straordinari! Dovunque la bellezza dimori,
in abisso o alto nido, montagne o fondi valli,
alla luce, al buio, sotto le stelle o il sole fiammeggiante,
tu indichi il cammino, e subito essa vinta.
Nella sua fatica a Leandro desti tregua;
guidasti Orfeo per bagliori di morte;
per te Plutone sopportil sottile elemento;
e ora, o alato Capitano! hai mandato
un raggio lunare nel fondo, sempre pifondo acqua-mondo,
in cerca di Endimione.
Sull'arena imperlata d'oro
di gigliate conchiglie, e ciottoli biancolatte,
la povera Cinzia lo salut e lenla sua luce
sul suo pallido volto: lui avvertl'incanto
col respiro mozzo, e un improvviso calore
del sangue al cuore. Era molto dolce. Arrest i vagabondi passi, e quasi in estasi poggi
il capo s'un ciuffo d'erbe rigogliose,
per gustare la gentile luna, e le rinfrescanti gocce,
che la coda dei pesci scagliavano dal tetto cristallino.

$E cosrimase, fino a che i rosei veli
che ammantavano l'Oriente, Aurora con curiosa mano
non sollevdal seno dell'acqua, e agit nell'aria dolce; e il temperato mattino venne
mitemente sui flutti - quando simile a fiamma di candela
di colpo libera dall'aria scherzosa,
si levin silenzio, e una volta ancora riprese
il fatale cammino.
Lontano aveva vagato,
nulla se non il vasto fondo gli spumeggiava
sopra, attorno, e ai piedi - solo cose
pimorte delle fantasie di Morfeo:
vecchie rugginose ancore, elmetti, grandi corazze
di scomparsi guerrieri marini; bronzei rostri e scudi;
timoni che da cent'anni avevano perso
la spinta di mano umana; vaso d'oro sbalzato
con una storia da tanto dimenticata, e dove
nessun gaudente mai aveva affondato il mento
se non i coevi di Saturno; pergamene sgretolantisi
scritte in lingua di paradiso, da quelle anime
che prima vissero sulla terra; e ardue sculture
di pesante pietra, svelanti l'umore
della Notte antica; - poi scheletri di uomini,
bestie, behemoth, e leviatani,
e elefanti, e aquile, e l'enorme mascella
d'un mostro senza nome. Un gelido plumbeo sgomento
questi segreti suscitarono in lui - e se
Diana non avesse disperso quell'oppressione,
morto ne sarebbe: ma ora, con rallegrato senso,
avanti venne - corteggiando questi pensieri perchvagassero
nel labirinto della sua anima d'amore.
$ "Cosa c'in te, Luna! che riesci a commuovere
cosfortemente il mio cuore? Ancora bambino
mi sono spesso asciugato le lagrime quando tu sorridevi.
Sembravi mia sorella: mano nella mano andavamo
da sera a mattina per il firmamento.
Non staccavo mela dall'albero,
se prima tu non le avessi rinfrescato le gote deliziosamente;
mai cascata d'acqua parlromanzesca,
se i miei occhi con i tuoi non vi danzassero;
ni boschi erano verdi a sufficienza, ni pergolati divini,
finchtu non sollevavi le palpebre sottili;
in tempo di semina mai prendevo in mano un piolo,
o gettavo un seme, finchtu non fossi ben desta;
e, nel tempo estivo della fioritura,
solo tu m'udivi cantare lietamente
e tutta la notte intrecciare i roridi fiori.
Nessun canto somiglial passaggio d'uno spirito
se non venne per glorificare il tuo regno.
S nella mia infanzia, gioia e dolore
da te erano modellati allo stesso fine,
e crescendo negli anni, sempre ti mescolavi
a ogni mia passione: tu eri la profonda valle -
tu eri la cima del monte - la penna del saggio-
l'arpa del poeta - la voce degli amici - il sole.
Tu eri il fiume - la gloria conquistata.
Tu eri lo squillo della mia tromba - eri il mio destriero -
la mia coppa colma di vino - la mia suprema gesta.
Tu eri l'incanto delle donne, graziosa Luna!
O quale fantastico e armonioso canto
il mio spirito estrasse da tanta bellezza!
$Su una radiosa essenza potevo poggiarmi, e cullarmi
fino all'immortalit premevo
il nobile cuscino della natura in vigile riposo.
Ma, cortese Orbe! arrivgioia pivicina -
Il mio nuovo amore arriv- abisso di felicit
Arriv e tu impallidisti, e svanisti -
pur non del tutto. No, il tuo stellare dominio
stato una passione minore fino ad ora.
Adesso comincio a sentire il tuo sferico potere
che di nuovo m'assale: O sii benevola,
trattieni la tua influenza, e non accecare
la mia vista sovrana. - Carissimo amore, perdona
ch'io possa pensare lontano da te e vivere! -
Perdonami, pianeta dell'aria, ch'io stimi
un solo pensiero pidei tuoi argentei splendori!
Quanto di pi" Al che un sorpreso sussulto
gella nascente verzura del suo cuore;
poichmentre alzava gli occhi per giurare
quanto la sua dea era bella pid'ogni altra cosa,
vide lontano nel verde concavo del mare
un vecchio seduto calmo e in pace.
Su una roccia coperta di alghe sedeva il vecchio,
e la sua chioma bianca era terribile, e una stuoia
di alghe era gelida sotto i sottili piedi di gelo;
e, ampio come grandissimo sudario,
un mantello azzurro avvolgeva le annose ossa,
ricamato con simboli nei pifondi gemiti
dell'ambiziosa magia: ogni forma oceanica
v'era intessuta con nero risalto; tempesta,
e calma, e mormorio e orrendo ruggito,
$sabbie mobili, e vortici, e deserta spiaggia
erano effigiati nella stoffa; con ogni figura
che scorre, o si tuffa, o dorme, tra capo e capo.
L'abissante balena era uguale a un punto in quell'incanto
Perosservala, e crescere gonfier l'enorme essere, e il piminuto pesce
sorpasseril desiderio dell'osservatore pisevero,
mostrando l'anatomia del piccolo occhio.
Poi v'era dipinta la regalit di Nettuno, e le ninfe del mare attorno al trono,
belle vassalle, alzavano gli occhi in attesa.
Accanto al vecchio stava una perlacea verga,
e nel suo grembo un libro, e lui lo scrutava
cosintensamente, che il nuovo venuto
ebbe il tempo di fissarlo in stupita visione,
d'osservare quelle ombre, e restare sgomento.

Il vecchio levla canuta testa e vide
lo straniero stupito - sembrando non guardasse,
tanto rigido era il suo viso. All'improvviso
si sveglicome da trance; le nivee ciglia
s'arcuarono, e come due aratri magici
scavarono fonde rughe nell'ampia fronte,
che fissa rimase quale roccioso orlo,
finchattorno alle labbra sfiorite non errun sorriso.
Poi s'alz come chi un penoso affanno
avesse per anni custodito in solitario eremo,
e dalla metdella sua vita sino ad etavanzata
non avesse sgravato l'anima sua stracolma d'una sola parola,
neppure cogli alberi. S'alz ghermla veste,
con convulse strette sventolandola,
$e con voce di solenne gioia, che intimor Eco fino all'oblio di s disse:

"Tu sei quell'uomo! Ora poseril capo
tranquillo sul mio guanciale d'acqua: ora
sonno giungersoave alla mia stanca fronte.
O Giove! Sarnuovamente giovane, giovane!
O Nettuno, sorto da conchiglia, trafitto sono e dolente
di vita nuova! Che far Dove andr
quando gettata sarquesta serpentina pelle di pena?-
Nuoterfino alle sirene, e per un momento ascolter i loro canti e vedrscintillare i lunghi capelli;
poi starsul braccio di quel gigante,
ch'attorno si torce alle radici della Sicilia;
verso i mari del Nord d'un guizzo velegger
e salirsullo zampillo d'una balena
sopra una fosca nube; di lfollemente scorrendo
sul bifido lampo, fino al profondissimo abisso,
dove per il risucchiante vortice sarscagliato
ebbro all'altro capo del mondo!
Oh, sono di felicitcolmo! Voi tre sorelle,
all'antico comando m'inchino con tutto il cuore!
S ogni dio e benevolo nume sia ringraziato,
poichpinon avvizzisco, languo, e soffro.
Tu sei quell'uomo!" Endimione sobbalz sgomento; e, come l'infelice a cui la ruota
torce fiato bruciante, e parole d'agonia,
gemette: "Di quale solitaria morte morr in questa fredda regione? Mi trasformerin ghiaccio,
e le mie fragili membra galleggeranno sui mari polari?
$O mi tocchercon mano di fuoco,
e un nero monumento restersulla sabbia?
O mi segherpezzo per pezzo con sega d'osso,
o mi terrcome cibo scelto per attirare
i suoi magici pesci nel fuoco e nelle odiate fiamme?
Oh pena d'inferno! impotente, mansueto,
finirbruciato? No, urler
finchgli dei s'affacceranno dall'azzurro cielo! -
O Tartaro! solo pochi giorni fa
m'allacciavano quelle morbide braccia, e da
quella voce pendevo come frutto tra le verdi foglie:
le sue labbra erano tutte mie, e - ah, mature messi
di felicit voi sulla stoppia vi piegate,
permai siete raccolte nel granaio. Chino
il capo, e bacio il piede della morte. Amore! amore, addio!
Non viene speranza da te? Quest'orrida malia
si scioglierebbe al tuo dolce fiato. - Per la cerva di Diana
che si ciba dalle sue bianche dita, al vento
vedo fluttuare la tua chioma! E ora, per Pan,
non mi sgomenta questo vecchio misterioso!".

Disse, e avvicinandosi a quell'annosa figura,
sfidarla pareva. Ecco! il cuore comincia scaldarsi
di piet poichquella creatura dalla grigia chioma piangeva.
Aveva allora mal compreso un cuore dimora di dolore?
Aveva, anche se con cieca insolenza, provocato
il pianto negli occhi buoni, tormento nella generosa mente,
strazio nella bocca antica?
Lo aveva fatto in verit ed era pronto alle lagrime.

$La pioggia di penitenza cadde, mentre s'inginocchiava
innanzi a quel saggio pena-consunto, che tremando tocc i grossi boccoli neri, e con difficoltdisse:

"Alzati, buon giovane, per amore del santo Febo!
Ti conosco nell'intimo del cuore, e nel mio sento
un affetto da vero fratello. E perch Tu apri
le porte di quella prigione che tanto a lungo soffoc la mia stanca veglia. Anche se tu non lo sai,
mandato sei in questo luogo fatale
per una grande liberazione. Oh non piangere pi
sono amico dell'amore, degli amori d'un tempo.
S se tu non avessi mai amato un nume ignoto,
io soffrirei in quest'ora di gioia.
Ma persino ora infelicissimo vecchio,
ti vidi, e il mio sangue non pighiaccio
flua forti fiotti: in questa vacillante carcassa
crebbe un cuore nuovo, e in questo momento partecipa
come il tuo alla danza. Non aver paura,
poichquesto segreto ti sartutto svelato,
ora che ci affrettiamo al lieto compito".

Cosdicendo, questa giovane anima d'antica maschera
avanzava con il Cario fianco a fianco:
raccontando rapido, mentre il flusso dell'oceano
gonfio era sospeso dietro a loro, e sulle ingioiellate sabbie
silenziosamente s'imprimevano le orme:
"La mia anima dimora
adesso piche a mezza via verso la morte,
e percim'accingo senza sospiri
a dirti in breve le gioie e le pene.
$Ero pescatore un tempo, in questo mare,
e la barca mia danzava per seni e baie.
I violenti flutti erano la mia casa giorno e notte, -
i gabbiani non picostanti di me - giacchnon avevo
per riparo da bufere e tempeste furiose,
che cave rocce - ed erano palazzi
di felicitsilente, di sonnolenta quiete.
Lunghi anni di sofferenza me lo hanno fatto capire.
Certo, era cosmille anni fa.
Mille anni! - allora possibile
esaminarli cossemplicemente? disperdere
mille anni con sublime sguardo a ritroso?
Come fosse soffiare tutta la schiuma impura
da una pozza cristallina, vedere il fondo,
e la propria immagine che dal basso occhieggia?
S ora non sono piun misero schiavo,
la lunga prigionia e i lamenti
sono solo schiuma, sottile invadente impurit
ch'io soffio via, e in folla arrivano
come cose di ieri i miei piaceri di giovent

"Non toccavo liuto, non cantavo, non scioglievo danze:
ero un giovane solitario per deserte spiagge.
I miei giochi erano solitari, tra continui tuoni,
e rocciose isole, e il lamentoso grido del gabbiano
piangente smarrito tra mare e cielo.
I delfini erano sempre miei compagni; forme ignote
lasciavano ch'io toccassi le scaglie d'oro e smeraldo,
nm'erano danno; e, assai spesso,

$quando una spaventosa tromba marina aveva innalzato
la famelica sua grandezza, sembrando pronta e tesa
a scoppiare in asprissimi rimbombi, e spazzare
via la mia vita come enorme spugna del destino,
un mostro amico, compiangendo il mio triste stato,
si tufffino alla sua scaturigine, l'ingurgit
e mi lasciarrancando in salvo. Ma la corona
di tutta la mia vita era la quiete assoluta:
pidi tutto amavo sdraiarmi entro uno scheggiato antro,
per giorni in attesa della voce di Nettuno,
e se alla fine arrivava, ascoltavo, e gioivo!
Non arrossava sera estiva ch'io non guidassi
la mia barca lungo le verdi declinanti coste, ad ascoltare
la siringa del pastore limpida dall'arioso pendio,
mista al belato incessante delle pecore:
e non brillmai giorno d'estate,
ch'io non lo vidi nascere sul mare:
poichaspettavo tutta la notte che s'aprissero
i cancelli del cielo, e Etone soffiasse l'oro mattutino
diffusamente sulle gonfie correnti: e costantemente
al colmo della giornata, su un prato erboso,
erano stese le mie reti, e io a riposo.
La povera gente vicino al mare beneficavo
col dono quotidiano del pesce pisquisito:
non sapevano donde venisse quella munificenza, ed esultanti
spargevano dolci fiori sulla sterile spiaggia.

"Perchnon ero contento? Perchaspiravo
a cose che, senza di te, O uomo di Latmo!

$sarebbero state la mia triste fine? Pazzo! Cominciai
a provare desideri sfrenati: agognare
l'estremo privilegio che il sire dell'oceano
concedesse in benedizione - scorrere libero
per tutto il regno. A lungo soffrendo
mi consumai, prima che nell'estremo delirio
mi tuffassi in cerca di vita o morte. L'intreccio
dei sensi con coscompatta viva materia
pusortire dolore percimai troppo
ammiro quanto liscia fosse al tatto,
e esaltante alle membra. Dapprima rimasi
giorni e giorni interi pieno di meraviglia,
del tutto dimentico del mio intento,
mosso solo dal forte flusso e riflusso.
Poi, uguale a uccello implume che la prima volta mostri
le ali aperte al freddo mattino,
provai con paura il volo della mia volont
Fu la libert e veloce visitai
le incessanti meraviglie di questo oceano-letto.
Non occorre che d'esse ti parli, capisco
che ne sei stato testimone - certo -
e, lo so, assetato ne sei,
secondo i tristi angoli di quella bocca.
Cosnella mia storia rapido procedo
ai fatti piimmediati. Che disgrazia, ahim
che amore sia la mia dannazione! Ah, Scilla bella!
perchil povero Glauco os osmai
invocarti al suo cuore? Gentile giovane straniero!
L'amavo fino al centro stesso della verit
e lei non comprendeva. Timida creatura!
$Fuggda me veloce come uccello marino in volo,
attorno isole, e punte, e promontori,
da dove il grande Ercole concluse la sua storia
fino all'egizio Nilo. La mia passione cresceva
pi e piguardavo la sua squisita tinta
splendere delicata per il chiaro azzurro,
finchtroppo forte fu l'agonia che provavo;
e in quell'agonia, attraversil mio spasimo
un lampo, che Circe avrebbe trovato il rimedio -
crudele incantatrice! Cossull'acqua
levai la testa, e cercai la figlia di Febo.
L'isola di Ea stupiva alla luna: -
sembrava vorticasse a me d'intorno, e uno svenimento
mi lascigalleggiante verso quel fatale nume.

"Quando mi svegliai, ero in una pergola chiaroscura;
mentre la luce del mattino, con sussurro d'api,
s'insinuava nel verdeggiante intreccio di giovani alberi.
Dolce, e pidolce! udii una lira,
e con essa una sospirante voce spirava.
Cess- colsi passi lievi; e dopo un po'
il pibel viso che mai contemplasse aurora
sbucda un sipario di rose. Fulgente Giove!
Con sorrisi, e lagrime, e parole di miele ella intesseva
una rete e quella prigionia era gioia pidi tutto
l'ampio fiorito Elisio. Coscadde
la rugiada del suo ricco discorso: "Ah! Sei sveglio?
Oh che ti senta parlare, per amore di Cupido!
soffoco di gioia! Ho versato
un'urna di lagrime, come tu fossi proprio morto.

$E ora ti trovo vivo, e spargo
di questi occhi devoti l'argentea scorta,
finchsaresaurita anche l'ultima goccia,
costi lusingher e ti costringera fermarti
qui, ch'io viva: ma se oltre
tali fredde e dolenti offerte, ti piace
morbidente calore, supremo gioco;
se sei pronto a gustare un lungo amore-sogno;
se sorrisi, fossette, lingue per ardore mute,
ti stanno innanzi agli occhi come allettante frutto,
oh ch'io li colga per te". Cosella coniugava
le seducenti sillabe, finchvaga
quella musica giunse all'anima mia gicarica di dolcezza:
e allora si librsopra di me, e scivol cosvicina, che se non fosse stata cosvicina
questo rugoso volto mai avresti visto.

"Giovane di Latmo! tanto minuzioso
sono, che facilmente capirai quanto
questa ardente tentazione mi prese: e non
esclamerai: "Dunque, fu Scilla dimenticata del tutto?"

"Chi avrebbe resistito? Chi in questo mondo?
Aveva respiro d'ambrosia: immergeva
la mia esigua vita in una temperie dorata.
Mi prese come un bimbo appena nato,
e mi culltra le rose. Cossegnato,
il corso della mia giovane vita s'arrest

$e a questa tirannica regina dei sensi
m'inchinai trasognato schiavo: ndi l mi sarei mosso, neanche se l'arpa di Anfione m'avesse attirato
sopra gli aspri flutti a tornare da Scilla.
Poichmentre ogni sera Apollo appresta
nuovi addobbi per i cieli occidentali;
cosogni sera, anzi, ogni prodiga ora
effonde fragrante presenza in quel pergolato.
E io godevo degli ombrosi rifugi;
vagavo nella labirintica bosco-casa
di scoiattoli, timide volpi, e cornuti cervi,
e uccelli in fondi e tetri recessi
gorgheggiando per vera gioia melodico dolore -
per me nuove delizie!

"Ora prendera prestito,
per pochi attimi, un temperamento gelido
quanto lo scettro di Plutone, che le parole non scottino
le mormoranti labbra, mentre con calmo eloquio narro
come quel finto paradiso fosse mutato in vero inferno.

"Un mattino mi lascimentre dormivo: ridesto appena
cercai le braccia e le morbide labbra, per calmare
l'avida sete con nettarei sorsi da cammello;
ma era scomparsa. Allora gli uncinati strali
della delusione mi trafissero tanto dolorosamente,
che corsi fuori e perlustrai tutta la foresta.
Vagando nella tenebra di pini e cedri
m'assalumido orrore; poichcomincia rimbombare
un suono di pianto, un'agonia di suono,
funerea dalle lontananze tutt'attorno.
$Poi venne un vittorioso terra-tuono, e piomb quel forte lamento nel silenzio, mentr'io incespicavo
giper un ripido sentiero, come sospinto.
Arrivai a una valle oscura. - Gemiti salivano
velenosi alle mie orecchie, e piforti crebbero,
quanto pimi avvicinavo al blu spettrale d'una fiamma,
che dardeggiava avanti a me oltre un roveto spinoso.
Questa fiamma, simile all'occhio di serpe gordiana,
m'attirava, e presto venni
a una vista troppo spaventosa per lo spavento stesso:
nascosto nel folto maledii la maligna scena -
la delizia delle mie braccia, la regina della mia pergola,
sedeva su una divelta radice della foresta;
e attorno a lei forme, stregate e bestiali,
ridendo, e gemendo, strisciando, serpeggiando,
mostrando il dente, la zanna, la vescica di veleno e il pungiglione!
O quali deformit Lo stesso antico Caronte,
se per poco rinunciasse al suo obolo,
e diventasse sogno tra gli stigei giunchi,
quel sogno non sarebbe pifantastico. Fiero, pallido,
tirannico era il volto della donna,
mentre scuoteva su loro la nodosa verga.
Spesso d'un tratto scoppiava in risa repentine,
e vuotava un canestro di grappoli d'uva
per la turba che rapida li divorava
e ruggendo ne chiedeva ancora; con fameliche linguate
alle irsute mascelle. Per vendetta, lenta,
ecco prese un ramo di vischio,
e lo bagnin una fiala nera basso-gorgogliante -
gemevano tutti quanti, come se trafiggente prova
si stesse affilando per quelle pietose ossa.
$Levalto la malia: supplichevoli lamenti
dai poveri petti imploravano al suo orecchio
invano; senza rimorsi come bara d'infante
strofinsui loro occhi olio nero.
Allora s'udun suono di penoso affanno,
per gradi crescente in rabbia di tempesta,
grida, ululati e gemiti di un corteo di strazi;
finchquei corpi torturati s'ingrossarono
e si gonfiarono dalla punta della coda alla chiusa strozza.
Poi vi fu un silenzio terrificante: poi una vista
pistupefacente di quel rauco spavento;
poichl'intero gregge, come da turbine contorto,
venne per l'aere funesto simile a un enorme Pitone
che attacchi Borea - e cossparve.
Eppure non v'era alito di vento: con un cenno
ella bandquesti fantasmi. Ecco! dal buio
vennero scherzosi fauni, e ninfe, e vigorosi satiri,
con danze e grande festa - e vennero
pirapidi di centauri pronti al saccheggio.
Sospirando un elefante apparve e s'inginocchi davanti alla feroce maga, parlando forte
con umani accenti: "Dea potente! maestra
di dolori invincibili! accorcia la mia vita,
o da questa pesante prigione ch'io fugga -
o consegnami all'aria, o ch'io muoia!
Non ti supplico per riavere la mia felice corona;
non ti supplico per le mie schiere in campo;
non ti supplico per la solitaria, vedova moglie;
non ti supplico per le purpuree stille della mia vita,
i miei figli belli, bimbe e bimbi amati!
li scorder androltre queste gioie;
$non ti chiederniente tanto vicino al cielo, troppo, troppo in alto:
solo imploro, bene supremo, la morte,
o la liberazione da questa carne greve,
da questo grezzo, odioso, sporco groviglio,
e solo consegnato sia all'aria fredda e tetra.
Abbi piet dea! Circe, compassiona la mia preghiera!".

"Il nome di quella maledetta strega cadde di gelo torpido
sulle mie sfrenate congetture: veritera giunta
nuda sciabola contro il mio cuore.
Vedevo una furia affilare un dardo di morte;
e lo spirito mio ucciso, sconvolto dal terrore,
scivolin quell'oscuro covo della notte.
Pensa, mio liberatore, quanto desolato
fosse il mio risveglio! disgusto, e odio,
e paure multiformi mi dilaniavano
loro preda. Mi preparai a fuggire
nel cuore segreto di quel bosco selvaggio:
per tre giorni corsi - quando ecco! innanzi a me stava
agghiacciante la strega irata. O Dite! persino ora,
viscida rugiada m'imperla la fronte,
al solo ricordo di quel livido riso, di quella maledizione.
"Ah, ah! Don Delicato! Dev'esserci una balia
tutta petali di rose e bambagia di cardo, pronta,
a cullarti, mia dolcezza, e a dondolarti - s
io sono troppo dura selce al tuo tatto squisito:
la mia stretta pitenera d'un gigante la morsa.
E allora, cosa di fata, avrninnananne
mai sentite prima: e calmeri suoi pianti
su qualche seno pigiglio-femmineo.
$Oh, no - non soffrir e soffrir e soffrir pidi mille anni, piccoli e lievi;
e sarebbe un peccato poi, se le gentili forbici del fato
non accorciassero la sua immortalit Mare-amore!
Colombella delle acque! parola mia, non ti toccher un capello: guarda come piango e sospiro,
chil nostro cuore-lacerante addio cosvicino.
E dobbiamo separarci? Ah, gi cosdev'essere.
Perprima di lasciarmi nel pigran dolore,
ch'io pianga su di te gli ultimi addii,
e ti benedica. Ascoltami! Hai forza
immortale, perchsei di razza divina;
ma tale l'amore mio, ch'io espello
eternamente da te tutto il fiore
di giovent e ti destino alla tomba.
Presto sarai nelle acque vaste;
e, prima che siano trascorsi molti giorni,
l'inferma vecchiaia ti ghermir e anche allora
non percorrerai la via dei vecchi;
ma vivrai e avvizzirai, mutilo e ancora ansante
per mille anni - trascorsi i quali, solo allora dar alle tue ossa delicate oscura sepoltura.
Addio, dolce amore, addio!" - Come precipitano le stelle cadenti,
lei s'involprima ch'io gemessi piet Trafitto
e avvelenato era il mio spirito; disperazione cantava
un inno guerresco di sfida all'inferno.
Una mano sulla spalla forzava
i riluttanti passi; un'altra innanzi agli occhi
muoveva col dito puntato. In questo modo
costretto, infine vicino alla schiuma dell'oceano
mi trovai - vicino alla mia fresca casa natia.
$Quella frescura temperante, affine alla mia vita,
giunse salubre mentre entravo a guado;
e, con cieca voluttuosa rabbia, diedi
battaglia alle gonfie creste d'onde, e levai
ampia schiuma innanzi a me, finchrimaneva ancora
salutare forza, nnelle mie ossa il midollo s'era asciugato.

"Giovane amante, io piango - tale infernale sprezzo
chi raccontercon guancia asciutta? Mentre cosla mia forza
provavo su quell'elemento, sbigottito,
sul viso d'una cosa morta misi la mano.
Guardai - era Scilla! Maledetta, maledetta Circe!
O strega-avvoltoio, conoscesti mai piet
Non s'era saziata la tua asperrima vendetta,
che stroncasti questa tenera innocente
perch'io l'amavo? - Gelide, Oh gelide invero
erano le belle membra, e come alga
l'onda marina batteva la sua chioma. Morta com'era
la presi alla cintola, e intanto scivolavo
veloce come freccia per l'insondabile mare,
finchbrilluna fabbrica di cristallo,
costolata e intarsiata di corallo, pietre, e perle.
A capofitto dardeggiai; con vivo scatto
arrivai al lucente portale, entrai, ed ecco!
era vasto, e desolato, e ghiaccio-algente;
e tutt'intorno. - Ma a che pro te lo racconto
se tra qualche istante tu stesso lo vedrai? -
Lasciai la povera Scilla in una nicchia e fuggii.

$Le mie bruciature affebbrate, il mio rovente spavento
s'incontrarono colla paralisi a metstrada: subito queste membra
[divennero
scarne, vizze, secche, deboli, rattrappite e storpie.

"Ora ch'io tralasci un passo crudele, crudele,
senza speranza, senza traccia lievissima
di lenimento, o redentrice favola
di colorata fantasia - perchtemo ti affliggerebbe
fino alla pazzia - e poi ti racconter d'un caso consolante che venne a estinguere
in me metdella malia.

"Un giorno,
sedendo su una roccia oltre gli spruzzi dell'acqua,
vidi salire dal cerchio dell'orizzonte
un vascello superbo: sembrsubito scivolare
lungi da me di nuovo, come se il corso
avesse ripreso a dispetto d'una forza avversa -
cosscomparve; e non passmolto, che si levarono
oscure nubi, e il mormorio di scontrosi venti.
Il vecchio Eolo voleva soffocare la sua pazza bile,
ma non vi riusciva: quindi i verdi flutti
lanciavano l'argentea schiuma alle nubi.
La tempesta arriv vidi le vele del vascello
in pericoloso trambusto; mentre sul ponte
stavano tremanti creature. Vidi il naufragio;
l'inabissamento finale; le povere anime in lotta:
sentii le grida tra gli alti tuono-rombi.

$Oh sarebbero tutti salvi se inferma vecchiaia
non avesse annientato le mie forti voglie: e cosdomato
e prono, pensa, O uomo di Latmo! seduto stavo
torcendomi per la piete in furore maledicendo
Circe figlia-d'inferno. I marinai se n'erano andati,
uno per uno, nel livido oblio;
e io guardavo i marosi intento,
con brucianti lagrime e lamenti,
quando ai miei piedi affiorla mano d'un vecchio,
reggendo questo rotolo, e questa sottile verga.
A fatica m'inginocchiai - tesi la mano - avevo ghermito
questi tesori - toccai le nocche - si sciolsero -
presi un dito: ma il peso verso il basso
mi vinse - sprofond Poi a placarsi cominci la tempesta, e nel gelido brividente buio scoppi un sole di conforto. Avido ero
d'esaminare il libro, e nell'aria ardente
gli stillanti fogli svolsi con cura ansiosa.
D'una straordinaria favola trattava, e rapiva
l'anima mia pagina dopo pagina, finchquasi m'avvinse
l'oblio - allorch stupito,
lessi queste parole, e lessi ancora, e aguzzai
la vista contro il cielo, e lessi nuovamente.
Oh, quale peso di pena e sofferenza
ogni Atlante-verso reggeva! - uno scintillio di speranza
m'indorava, incoraggiandomi all'arduo
confronto con la tirannia infernale. Ascolta!
perchtu portasti a compimento la loro promessa.

$"#"Nel vasto mare vive un infelice solitario, #
#destinato con la sua debole carcassa a protrarre #
#l'aborrita vita per dieci secoli, #
#e poi morire solitario. Chi riuscirebbe #
#a opporsi a tutto questo? Nessuno. Cos#
#milioni di volte l'oceano salga e scenda, #
#e su di lui pesi. Ma non morr#
#avvenute che siano queste cose. Se profondamente#
#scruta gli abissi della magia, e espone#
#i significati di moti, figure e suoni;#
#se esplora forme e sostanze#
#dritto fino alle loro essenze simboliche;#
#non morr Inoltre, e soprattutto,#
#perseguiril suo compito di gioia e dolore#
#assai piamente - tutti gli amanti scossi dalla tempesta,#
#e nel selvaggio cimento persi,#
#poserfianco a fianco, finch
#lo strisciante tempo colmeril triste spazio:#
#fatto questo, e maturato ogni travaglio,#
#un giovane, da divino potere amato e condotto,#
#giungeral suo cospetto e lo guider
#alla consumazione di tutto. Il giovane eletto#
#compirl'impresa, o entrambi saranno distrutti."#"
"Allora," esclamil giovane Endimione, pieno di gioia,
"siamo gemelli in questo destino!
Dimmi, ti supplico, quale alta impresa
in questo mondo inquieto, per me in serbo?
Come! se il mio piede errabondo avesse deviato
da te, saremmo morti?" - "Guarda!" rispose il saggio,

$"Non noti un bagliore nella marea,
di diverso brillio? l'edificio
di cui ti parlai, dove giace Scilla la bella;
e dove ho immurato piamente
tutti gli amanti, che scellerate bufere destinarono a morte
nei miei domini." Cosdiscorrendo, innanzi
vennero finchgli oscuri archi brillarono;
in fretta li raggiunsero, e entrarono.
Certo mai, da quando re Nettuno tenne corte,
meraviglia simile si vide sotto le stelle.
Immaginate una piatta terra dove il fiero Marte
abbia schierato la battaglia; e guardate
come ciascun soldato, con fermo piede, tiene
saldo il petto. Osservate, molti quadrati d'acciaio,
e rigide file di ferro - donde chi oserebbe
un passo? Immaginate ancora, riga per riga,
queste migliaia di guerrieri sul campo stesi: -
cosin quel luogo di cristallo, in silenti file,
i poveri amanti si riposavano da gioie e dolori.
Lo straniero delle montagne, col fiato sospeso, scorse
migliaia di occhi chiusi in ordine disposti;
file di bianchi piedi, e pazienti labbra
vermiglie tutte - poichqui la morte non gela i fiori.
Mirciglia e fronti; vide le chiome
a lato morbidamente poste con leggiadrissima cura;
e d'ognuno i delicati polsi, con riverenza,
messi in croce sul cuore.


$ "Cominciamo,"
sussurrla guida, balbettando per la gioia, "adesso."
Parlava, e, tremando come ramo di pioppo,
comincia lacerare il rotolo in piccoli pezzi,
proferendo intanto mormorii di lutto.
Lo lacerava in pezzi piccoli come neve
che turbini senz'ala quando soffia il gelido aquilone;
e avendo finito, prese il mantello azzurro
e l'avvolse attorno a Endimione: poi percosse
nove volte colla verga l'aria vuota.
"Quel che ancora c'da fare, giovane, a te spetta:
ma prima un po' di pazienza. Prima dipana
questo aggrovigliato filo, e aggomitolalo.
Ah, piano! sottile come matassa di ragno;
e dovessi romperlo - come? lo hai fatto cosbene?
Un nume ti protegge! Oh, eccellente!
La rabbia dell'inferno rotola nella fossa.
Ecco una conchiglia; per me un perlaceo vuoto,
nimpresso da segno o simbolo -
Leggi qualcosa? Oh, leggi per piet
Olimpo! siamo salvi! Ora, Cariano, spezza
questa verga contro quella lira sul piedistallo."

Fu fatto: e all'improvviso con subitanei slanci e cadute
una dolce musica esall'anima, e sospir una ninnananna al silenzio: "Giovane! ora spargi
su me queste sminuzzate foglie, e passando fra
quelle file di morti, gettale attorno,
e vedrai l'effetto".

$ Tra il suono
di flauti e viole, il cuore in estasi,
Endimione si scostda Glauco,
e gli sparse in volto i frammenti lievi.
Come lampo-veloce il mutamento! un giovane
sorridente sotto un diadema di corallo,
raggiante all'improvviso come gemma in alto volta,
apparve, e, avvicinandosi a una leggiadra morta,
le si inginocchiaccanto, e con tenerissima violenza
le strinse la fredda mano, e pianse, - e Scilla sospir
Endimione, con svelta mano, operl'incanto. -
La ninfa si lev Li lascialla loro gioia,
e avanti procedette nell'alto compito,
sui morti piovvero quei frammenti portentosi.
E, mentre avanzava, ognuno levla testa
come fa il fiore al tocco di Apollo.
Morte lo sentfin nelle viscere - troppo era:
nella sua casa d'ossa Morte piangeva.
Il Latmo continu e cos tutti ri-animati furono. Allora sorse
un suono d'armonia, pulsioni e spasimi
di gioia nell'aria - mentre molti, che
morti erano in mutuo abbraccio devoti e fidi,
si slanciarono folli, l'uno verso l'altro; e gli altri
ebbero la certezza d'esser beati.
Fissavano Endimione. L'estasi
divenne ebbra, e pervicace nel suo corso.
Deliziose sinfonie, come fiori d'aria,
sbocciavano, si gonfiavano, e, aperte, versavano ricca pioggia
di lievi, dolci, invisibili petali di suoni divini.

$I due liberatori assaporavano un vino puro
di felicit pigiato da un fatato torchio.
Taciti l'un l'altro si guardavano, e tra
la gentile assemblea vagavano,
rapiti dalla piricca inondazione
di gioia che mai si versasse dal cielo.

- "Via!"
gridil dio appena nato. "Seguitemi, e pagate
il tributo di pieta Nettuno supremo!" -
Poi Scilla, ancor dolce arrossendo del suo sogno,
per prima condussero, alla sua mite sorpresa intenti,
per colonnati di gigantesca mole,
sotto volte di smeraldo infinito.
Gioiosi tutti seguirono al richiamo della guida,
giper gradini di marmo, scorrendo lievi
come sabbia di clessidra - e veloci, quali rondini,
vedi, obbedienti al richiamo dell'estate del sud,
o cigni giper una lieve cascata.

Cosandquella gente bella, non lungi,
prima che tra rocce di brillante spato,
all'orizzonte, videro che scendeva fitta
altra folla. Per cui pisvelta
mosse l'una e l'altra schiera. Sull'ampia arena s'incontrarono,
e in quella compagnia ogni occhio era bagnato,
poichognuno trovl'antico amore. Un mormorio sorse,
quale mai s'intese nei sussulti
di vento e d'acqua; oltre l'umana capacit raccontarlo; vertigine pensarlo.
$ L'alta impresa compiuta, lo stuolo
avanzper molte leghe; e raggiunse, e sorpass gli enormi segnali marini innanzi spiegandosi a schiera,
e in coda assottigliandosi -
finchuna fioca alba li sorprese. Glauco grid
"Guardate! guardate, il palazzo del suo orgoglio!
Le stanze del dio Nettuno!". Con fragore piforte,
si spinsero verso quell'albeggiante oriente.
A ogni passo avanti s'innalzavano superbe cupole
alla vista - diamantine luci, e dorati bagliori
d'ambra al loro volto saettando.
Lieti, e numerosi come foglie di primavera,
sempre innanzi, e sempre lo splendore gradualmente crebbe.
Si vedevano opulente cupole d'opale, in alto rette
da pilastri di diaspro, sprigionanti tra le steli
un rossore di corallo. Grandi sorsi di meraviglia
beveva chi guardava; e pibeveva pida presso.
Poichquel che i poveri mortali dividono come marmo,
perfetto lera profuso, in tutta l'ampiezza
d'un bel palazzo, che molto, molto superava,
anche per comune mole, quelle antiche tre,
Menfi, e Babilonia, e Ninive.

Ampio, lucente, variegato come l'arco
d'Iride, quando persistente si mostra
oltre un'argentea pioggia, era il soffitto
sotto cui marciquesto esercito pafio,
fino alle corti esterne del regno di Nettuno,
donde si vedeva, dritto, un ponte dorato
$e a quello i capi volsero; ma neanche a metraggiunto
si spalancrapido come feerico pensiero,
e a quei mille abbagliati si velarono gli occhi
come aquile implumi alla prima alba.
Presto con istinto d'aquila il loro sguardo
ripieno di deliquii d'oro tinti colse tutta la vampa,
e allora, guardate! l'immenso Nettuno sul trono
di fondo smeraldo - ma non solo in trionfo;
alla sua destra stava Amore alato, e alla
sinistra sedeva sorridente il paragone di Bellezza.

Lungi come il marinaio dall'albero pialto
l'occhio volge sopra la quieta immensit
cosampia era l'aula di Nettuno: e come l'azzurro
la volta delle acque, cosle acque levarono
cupolesche tende, eccelse, magnifiche,
per timore alte sul trono. E quando lo strappo
svelle tuono-tenebre nell'aria di Giove
(ma quiete com'ora), scintillarono subitanee ovunque,
silenziose, nuvolette sottomarine, sfavillando
morte all'occhio umano: chsgorgava
da occidente, oriente, sud, e nord,
una luce come di quattro tramonti, irradiando
uno zenit oro-verde sopra il capo del dio del mare.
Di limpido abisso il pavimento, e molto esteso
come lago senza vento, su cui dardeggi
la smilza canoa del piumato Indiano, quasi per
sottilissima aria - aria veramente,
se non fosse per la pittura di cielo e nubi:

$il pavimento un soffio d'aria, se non per lo stupore
di fondo-vedute meraviglie immote e il fulgore
della cupolesca pompa, lo specchiato contorno,
inglobante una dorata sfera.

Restarono tra i sogni
finchTritone soffiil corno. Il palazzo risuon
le Nereidi danzarono; le Sirene languide cantarono;
e il grande dio del mare inchinla stillante testa.
Poi Amore spiccil volo, e dall'ali scosse
sulla folla tutta una rugiada di nettare.
Con un cenno la dea figlia dell'onda chiam la bella Scilla e le sue guide a colloquio;
e quando raggiunsero l'altezza del trono
essa bacila guancia della ninfa marina - che si sedette
a giocare colle colombe. Poi - "Corona potente
e scettro di questo reame!" Venere disse,
"Un tempo i tuoi giuramenti a Naide erano offerti -
Guarda!" - Due ricche lacrime all'istante caddero
dai grandi occhi del dio; sorrise delizioso,
e sopra Glauco tenne le benedicenti mani.
"Endimione! Ah! Ancora errando nei vincoli
d'amore? Ora questo crudele. Dal momento
che t'incontrai in seno alla terra, il mio potere tutto
esercitai per servirti. Come, non ancora
sei sfuggito alla rete aspra della tediosa mortalit
Un po' di pazienza, giovane! non ci vorrmolto,
o io sono un'incapace. Lingua pigra,
occhio umido, e voluttuosi passi,
quando sono nuovi e insoliti, presaghi sono.
$S ho visto questi segni in una celicola,
quando gli altri erano tutti ciechi: e se facilmente
svelassi segreti, forse ti direi
parole liete - ma amore vincer
Cosattendi ancora sperando. Ti prego presto,
giusto nel tempo della luna di miele,
visita la mia Citera: troverai
Cupido di buon cuore, il mio Adone gentile.
E prego convinciti - ah, ho finito,
ogni felicitsul tuo capo, mio dolce figlio!" -
Cosla bella dea, mentre Endimione
in ginocchio accoglieva quei detti alcionii.

Intanto una magnifica festa iniziava
davanti al re d'acqua. Nettare corse
in generose fonti entro le coppe tese;
e spogliate viti, inesauste fruttificando, intrecciavano
nuova fioritura attorno a conchiglie e pendule lire;
che, nel loro fuoco districando
pioggia di foglie scuotevano e velame
agli squisiti giochi. Cupido, con sicuro impero,
volteggiava e rideva, e spesso tra la folla
s'apriva un dilettoso varco. Poi danze, e canti,
e l'intreccio delle ghirlande divennero frenetici; e regnpiacere.
In nodo innocuo s'incatenarono l'un l'altro,
e lottarono a chi dovesse soffocare pia fondo
tra freschi mucchi di foglie.


$ Oh, un vero peccato
che uno tanto debole avventuri il suo povero verso
in simile luogo. Oh non imprecate,
eccelse Muse! lasciate che s'affretti al suo fine.

All'improvviso tutti ammutolirono. Un dolce mescolio
di melodiosi strumenti giunse d'incanto;
e poi un inno.

"Re del tempestoso mare!
fratello di Giove, e co-erede
degli elementi! Eternamente innanzi
a te s'inchinano le maestose onde. Salda, ostinata roccia,
al tuo temuto tridente fuggendo, disserra
le profonde basi, sibilando in schiuma.
Tutti i fiumi montani, persi nel vasto rifugio,
del tuo seno, per sempre scorrono.
Ti accigli, e il vecchio Eolo tuo nemico
s'acquatta nella tana, tra gli aspri rimbrotti
delle tempeste ribelli. Cupe nubi si dileguano
quando, dal tuo diadema, un raggio argenteo
s'inclina sull'azzurro impero. Il tuo luminoso equipaggio
s'attuffa nello splendore mattutino, e corre
per avvicinarti a quell'aurato canto
che Apollo innalza, mentre il suo cocchio
attende alle porte del cielo. Tu non sei
per scene come questa: austero impero il tuo,
e ti ha solcato quell'ampia fronte. Pur adesso,
appena dal cielo giunto, siedi
per mescere e intrecciare
umile maestcon questo tempo di gioia.
$O sorto da conchiglia sublime Re!
Innanzi a te deponiamo per sempre i nostri cuori -
cantiamo, e adoriamo!

"Soffiate soavemente, flauti;
siate dolci con le vostre corde, voi consolanti liuti;
nsi oda la tromba! Oh vano, oh vano -
ni fiori sboccianti sotto l'acquazzone d'aprile,
nil respiro di dormiente colomba, nil fluire del fiume -
no, nil vibrato eolio dell'arco stesso d'Amore,
sa mescolare musica adatta al tenero orecchio
della dea Citera!
Eppure, Bianca Regina di Bellezza, degna i tuoi occhi belli
del sacrificio dell'anima nostra.

"Bimbo d'ali-lucente!
Chi preso d'altra cura quando tu sorridi?
Sfortunati in terra, vediamo alla fine
le ombre della morte, e le tenebre che offuscano
i nostri spiriti, fugate dalle tue lievi ali.
O dolcissima essenza! dolcissimo fra tutti i beneamati!
Dio di caldi polsi, e scomposte chiome,
e palpitanti seni nudi!
Cara invisibile luce nell'oscurit eclisse
di luce nella luce! delizioso avvelenatore!
Il tuo calice tossico berremo finch saremo sazi - sazi!
E per le labbra di tua madre."


$ Non s'udiva pinulla
per il clamore, quando la porta dorata del palazzo
di nuovo s'apr e da fuori, entrsplendente
nuova magnificenza. Su melmoso trono
lento movendo veniva Oceano il vecchio,
per l'ultimo sguardo al suo ovile,
prima d'entrare nella quieta grotta
a meditare per sempre. Allora una lucente onda,
si levfra le tremolanti sorelle in mezzo al mare,
alta, sorreggendo la maest di Doride, e il vate Egeo, suo sposo -
appresso, su un delfino, adorno di rami d'alloro,
il tebano Anfione appoggiandosi al liuto:
lo sfiorava colle dita - tutti erano muti
contemplando Anfitrite, regina di perle,
e anche la perlacea Teti.
Il palazzo turbina
attorno all'ebbro Endimione, vedendo
che lungi dall'umanittanto s'era perso.
Non resse - chiuse gli occhi invano;
la fantasia generpivertiginosa pena.
"Oh morir dolce Venere, sii il mio sostegno!
dov'la mia bella amante? Ahim
Muoio - odo la sua voce - sento di volare -"
Ai piedi di Nettuno cadde. Rapido un cerchio
di Nereidi l'attorni in generosa gara
per richiamare il suo spirito in vita:
ma sempre dormiva. Alla fine intrecciarono
le cullanti braccia, e decisero di condurlo
verso una cristallina pergola lontana.

$ Ecco! mentre piano lo portavano tra la pietosa folla,
ai suoi sensi interiori queste parole s'annunciarono;
scritte in stellare luce nel buio superno:
"#Carissimo Endimione! Amor mio tutto! #
#Quanto indugiai nel timore del destino! passato -#
#Felicitimmortale anche per me tu hai vinto. #
#Levati allora! poichla colomba non schiuder#
#le uova gipronte, prima che con un bacio non ti rapisca #
#nel cielo infinito. Sveglia! Sveglia!"#
Il giovane di colpo si lev un tranquillo lago
gli arrivquieto alla vista; e verde bosco,
pifresco di tutte le meraviglie viste,
cullcon umile canto il petto palpitante.
Quanto felice una volta ancora nel nido d'erba!

$@John Keats, Endimione - Libro quarto
%4%|LIBRO QUARTO|



Musa della mia terra natia! sovrana Musa!
O primigenia delle montagne! da iridi
di cielo all'aere spirituale nata!
A lungo seduta solitaria in nordica grotta,
quando ancora la nostra Inghilterra era tana di lupi;
prima che le foreste udissero la lingua degli uomini;
prima che ogni druido fosse nato,
a lungo seduta in selvagge lande
assorta in fonda profetica solitudine.
Giunse voce d'Oriente con grave monito -
eppure immobile tu eri. Ancora cantarono le Nove,
ghirlanda d'Apollo - pertu presagivi
tale gloria in patria, ch'esse invano gridarono,
"Vieni, Sorella dell'isola!" Schietta
parlAusonia la bella; e ancora lev pialto appello - sempre devota eri
alle tue speranze native. Oh hai conquistato
piena vittoria! L'impresa compiuta,
e se compiuta non fosse, i tempi recenti sarebbero sorti
su anime sterili. Grande Musa, tu sai quale prigione,
di carne e d'ossa, piega, e limita, e logora
le ali del nostro spirito. Sconforto assedia
il nostro guanciale, e il fresco mattino di domani
sembra che illumini in gran dispetto
la nostra vita, ottusa, non ispirata, strisciante come lumaca.
$A lungo dissi, quanto felice colui che in te
confida! Ma poi pensai ai poeti antichi,
e non riuscii a pregare - nvi riesco ora - cos avanzo verso la fine in umiltdi cuore.

"Ah, me infelice! che stoltamente lasciai
la cara patria! Ah, sciocca fanciulla!
Lieta fu l'ora, quando, con te, a miriadi dissero
addio al Gange e ai dolci campi!
Per chi senza amici il limpido ruscello dona
frescura amara; aspro il grappolo maturo:
pur vorrei, sommi dei! anche per brev'ora
l'aria nativa - ch'io muoia in patria."

Endimione verso l'aerea volta del cielo
offriva un'ecatombe di voti,
quando gli giunsero queste parole. Per cui china
il capo tra lo spinoso verde intrico
del sottobosco, e verso il suono proteso,
ansioso come cerva per il cerbiatto nascosto.

"Non v'nessuno accanto che m'aiuti? Nbell'annuncio
di vita da generosa voce? Ndolce accento
per cui torni a gioire lo spirito grave e triste?
Nmano che giochi con la mia? Nlabbra cosdolci
ch'io le possa adorare? Npalpebre degne
di scintillare sul mio seno? Nessuno muore
davanti a me, finchda questi occhi incantatori
salvezza irraggi! - Sono triste e perduta."

$ Tu, signore della Caria, meglio se fossi scagliato
entro un turbine. Svanisci nell'aria,
ardente montanaro! resistere sapresti
ai sospiri d'una donna sola e in pena?
Non guardare i suoi incanti! Febe impassibile?
Febe assai pibella - Oh non guardare pi-
Eppure se vuoi contemplare la somma d'ogni bellezza,
vedila palpitante sull'erba della foresta!
Quei riccioli di lucente giaietto non vincono
in morbidezza le braccia languidamente adagiate
tra d'essi? Non senti uguale pena,
vedendo occhi tanto belli in lagrimosa cerca
d'amoroso diletto, che sembra posato
colomba-simile nella buia cella oltre
le palpebre? - Ascolta!

"Oh per la verga d'Ermes,
che tocchi questo fiore e sia figura umana!
Che quel boschivo Giacinto sfugga
alla sua verde prigione, e qui in ginocchio
m'appelli sua regina, corona bella di seconda vita!
Ah, come l'amerei! - L'anima mia si strugge
per l'infelice giovane - Amore! ho provato
tenerezza tanto languida, tanto mite resa
a quel che i miei pregni pensieri aveva turbato,
che senza lagrime la vita abbandonato m'avrebbe! -
Voi cupi e insensibili minuti del giorno,
e tu, vecchia foresta, sappiate questa verit
non c'lampo, ngenuina rugiada
se non nell'occhio d'amore: non c'suono,
$per quanto melodioso, capace di fondere
cieli e terra in unitdi morte
come la voce d'amore: non c'respiro
che gentilmente si mescoli con l'aria del prato,
se prima alitando attorno, non rubi al cuore
un po' di passione!"

A un ramo
s'appoggi infelice. Di certo non arde
adesso per altro amore. Oh empio,
chi anche solo l'immagini! -
Pensava: "Perchnon sono come morto,
percha simile angoscia fui condotto
per l'oscura terra, e il meraviglioso mare?
Dea! Non ti amo di meno! da te
il sorriso di Giunone non mi distrae - no, no, no -
mentre i grandi oceani s'alzano e s'abbassano.
Ho tre anime! Oh folle pretesa -
per tutte e due, per tutte e due l'amore mio cosimmenso,
e sento il cuore a metdiviso".

E cosgemeva, come uno colpito da bellezza.
Il cuore della dama batteva rapido, ed egli vedeva
il seno soave sollevarsi affannosamente.
Balzdal verde riparo: lei era sdraiata,
dolce come rosa muscata su fresco fieno;
con le membra tremanti, e gli occhi
chiusi dolcemente vibranti. A parlare egli prova.
"Bella damigella, pietper me! perdonami
d'aver violato la santitdella tua pergola!
$Oh perdonami, perchsono pieno di dolore -
pena nata da te, giovane angelo! bellissima ladra!
che m'involasti l'ali con le quali
avrei raggiunto i cieli. Cara fanciulla, poich sei il mio carnefice, e sento
che amore e odio, infelicite bene,
tra breve ora non conteranno nulla per me,
e la mia storia che troppa passione m'uccise,
sorridi alla sera dei miei giorni.
E, poichil mio cervello torturato vaneggia,
sii tu la mia custode; e io sappia che
morendo bacerla tua mano di giglio.
Piangi per me? Allora sarei contento.
Infuriate, voi fati! finchil firmamento
non sia pinero dell'Erebo, e la terra tutta cava
in srovini. Per il cinto nuvoloso
di Giove, quelle lagrime m'hanno dato sete
d'oblio." - Come se le scoppiasse il cuore
la fanciulla singhiozzun poco, e poi rispose:
"Perchaccadrebbe quella desolazione
che tu dici? Questi verdi recessi non sono
d'infelicitprivi? I ruscelli hanno
forse gorgonea voce? Quel tordo laggi
ammaestrando i suoi piccoli implumi a
sfiorare la rorida foresta, bisbiglia bugie? -
Non parlare di dolore, giovane straniero, o le fredde lumache
stanotte sbaveranno sulla rosa. Benchse vuoi,
mi sembra che sarebbe una colpa - una vera colpa -
non farti compagnia, e sospirando trascorrere
luce - crepuscolo - buio - fino all'alba!".
$"Dolce signora" disse Endimione, "finito.
T'amo! e i miei giorni non dureranno per sempre.
Perch'io trapassi, rassegnato, continua a parlare:
morendo ch'io abbia musica, e non cerco
altro piacere - dico addio a tutto.
Non invocasti altri climi,
non mormorasti di fiumi indiani?" - Allora ella,
sedendo sotto l'albero al centro della foresta,
per pietcantquesto rondello:

"O Dolore,
perchtogli
la tinta naturale della salute alle labbra vermiglie? -
Per dare virginali rossori
ai cespugli di rose bianche?
O la tua mano rorida che tocca la margherita?

"O Dolore,
perchtogli
la lustra passione all'occhio del falco? -
Per dare luce alla lucciola?
O, in una notte senza-luna,
per sfumare la salsa schiuma sulla spiaggia delle sirene?

"O Dolore,
perchtogli
il soave canto alla dolente voce? -
Per darlo nella pallida sera
all'usignolo,
che ascolterai tra le fredde rugiade?
$ "O Dolore,
perchtogli
la leggerezza del cuore all'allegria del maggio? -
Un amante non calpesterebbe
il capo d'una primula,
anche se danzasse da sera all'alba -
naltro fiore pendulo
consacrato alla tua pergola,
ovunque egli scherzi e giochi.

"Al Dolore,
dissi addio,
e pensai di lasciarlo assai lontano;
ma allegramente, allegramente,
m'ama teneramente;
coscostante, e coscaro:
vorrei ingannarlo
e coslasciarlo,
ma ah! coscostante e coscaro.

"Sotto le palme, in riva al fiume,
sedevo in pianto: in tutto il vasto mondo
nessuno mi chiese perchpiangessi, -
e cosriempii
fino all'orlo le ninfee di lacrime
fredde come le mie paure.

"Sotto le palme, in riva al fiume,
sedevo in pianto: quale innamorata sposa,
ingannata da chimerico amante d'aria,
$ non si nasconde e vela
sotto le nere palme accanto al fiume?

"E mentre sedevo, sulle azzurre colline
corse il suono dell'orgia: i rivoli
di porpora entrarono nel grande fiume -
Era Bacco e la sua banda!
La tromba seria parl e argentei fremiti
dai bacianti cembali diedero lieti strepiti -
Era Bacco e la sua banda!

Come un vigneto vivo scesero correndo,
coronati di verdi foglie, e visi in fiamme, -
tutti danzando folli per l'amena valle,
per spaventarti, Melanconia!
Oh allora, oh allora, eri solo un nome!
e ti dimenticai, come l'agrifoglio e le sue bacche
dimenticato dal pastore, quando, in giugno,
gli alti castani fugano sole e luna -
corsi nella follia!

"Entro il carro, eretto, il giovane Bacco stava,
baloccandosi col dardo d'edera, voglioso di danza,
con obliquo riso;
e rivoli sottili di vino cremisi bagnavano
le bianche tonde braccia, e le spalle, di bastevole bianchezza al
perlaceo morso di
Venere;
e accanto gli cavalcava Sileno sull'asino,
bersagliato di fiori mentre passava
brancolante tracannando.

$"Donde veniste, allegre donzelle! donde veniste!
tante, e poi tante, e cosliete?
Perchavete lasciato deserte le vostre pergole,
i liuti e un pinobile fato? -
"Seguiamo Bacco! Bacco in marcia,
alla conquista!
Bacco, giovane Bacco! nel bene o nel male,
danziamo a lui dinnanzi per ogni reame -
vieni con noi, bella dama, e unisciti
alla nostra sfrenata giullaria!"

"Donde veniste, giocondi satiri! donde veniste!
tanti, e poi tanti, e coslieti?
Perchabbandonaste i rifugi nella foresta, perchlasciaste
le noci entro le querce cave? -
"Per il vino, per il vino lasciammo l'albero di noccioli;
per il vino lasciammo la brughiera, e le gialle ginestre,
e i freddi funghi;
per il vino seguiamo Bacco per tutta la terra -
grande dio d'ansanti coppe e trillante allegria!
Vieni qui, bella dama e unisciti
al nostro folle canto!"

"Larghi fiumi e alti monti oltrepassammo,
e, tranne quando Bacco piantla tenda d'edera,
avanti la tigre ansima e il leopardo,
cogli elefanti d'Asia:
avanti queste miriadi - con canti e danze,
e le striate zebre, e le impennate dei lustri berberi,
palmati alligatori, coccodrilli,
$e sulle scagliose groppe, in fila,
bimbi grassi e ridenti mimando l'affanno
dei marinai, e la fatica dei forti rematori -
con giocosi remi e vele di seta scivolano,
nsi curano di venti e correnti.

"Montati sulle pellicce delle pantere e le criniere dei leoni,
da cima a fondo corrono le pianure;
un viaggio di tre giorni un baleno:
e sempre, al sorgere del sole,
per luoghi selvaggi cacciano con lancia e corno,
sull'iroso rinoceronte.

"Vidi l'Osirio Egitto in ginocchio
davanti alla corona d'intrecciati pampini!
Vidi l'Abissinia riarsa sorgere e cantare
al crepitio dei cimbali d'argento!
Vidi la travolgente vendemmia ardente penetrare
l'antica Tartaria feroce!
I re dell'India abbassano gli scettri-gioiello,
e dai loro tesori spargono grandine di perle.
Dal segreto cielo il grande Brama geme,
e i sacerdoti piangono;
pallidi di fronte al giovane Bacco che strizza l'occhio. -
In queste regioni io venni al suo seguito,
il cuore triste, stanca - e mi venne il capriccio
di vagare in queste foreste tetre
sola, senza compagno:
ti ho detto tutto quel che puoi sapere.

$"Giovane straniero
Ho vagabondato
in cerca di piacere in ogni clima:
ahim non per me!
Stregata certo sono,
se perdo nel dolore la mia primavera verginale.

"Vieni allora, Dolore!
Dolcissimo Dolore!
Come il mio bambino ti terral seno:
pensavo di lasciarti
e d'ingannarti,
ma ora t'amo di pid'ogni cosa al mondo.

"Non c'nessuno,
no, no, nessuno
se non te a confortare una povera fanciulla sola:
tu le sei madre,
e fratello,
e compagno, e amante nell'ombra."

Oh che sospiro ella diede finendo,
e che sguardo, morto a ogni cosa mondana!
Endimione non parlava, ma la fissava;
e ascoltava il vento che ora scuoteva
le ricciute querce con grande tristezza,
eppure con un languore dolce come fosse
ricordo del canto della vellutata estate.
Alla fine disse: "Povera fanciulla, tanto a lungo
fui capace di resistere a quella voce?
$Bella Melodia! gentile Sirena! non ho scelta -
sarper sempre il tuo triste servitore:
altro non mi resta che adorarti in ginocchio.
Ahim ch'io non pensi - per Febe, no!
ch'io non pensi, dolce Angelo! Sarcos
Di', leggiadrissima, non pensermai pi
Oh tu m'incoraggeresti fin oltre l'orlo
della rimembranza! alla mia vigile ansia
chiuderesti gli occhi arrossati, nvedrei disperazione!
Gentilmente uccidi metdell'anima mia, e
sentirl'altra metcosinteramente! -
M'inebria quella guancia splendente e liscia;
oh che arrossisca per sempre! che consoli
la mia pazzia! che si ricopra rosa-ardente
della tinta d'amore, di finto timore palpitante -
Questa non sarla tua mano, e perlo
e questa di certo l'altra carezzante - questo
proprio il tuo bel seno, e son cosvicino!
T'addormenti? Oh ch'io beva quella lacrima!
e sussurra una sola parola dolce per dirmi che
questo questo mondo - dolce fiore rugiadoso!" - "#Sventura#!
#Sventura! Sventura a quell'Endimione! Dov'?"
Queste parole risuonarono lugubri
nella vasta foresta - un suono pieno di spavento,
come chi si penta nell'estremo gemito;
e mentre svaniva un'ombra pass
come di tuono-nube. Quando le frecce volano
attraverso i fitti rami, le povere colombe tendono
i timidi colli e tremano; cosi due
s'accostarono tremando, e cossedettero
aspettando qualche sciagura - quand'ecco,
$Mercurio piede-piumato apparve sublime
oltre le cime degli alti alberi; e in minor tempo
che scroscia l'obliqua grandine, scese
verso terra; ma non si pos nsi ferm un attimo lungi dalla sua dimora: solo l'erba
con la verga lieve tocc e al cielo volto
piveloce dello sguardo era sparito - giprima
che la terra feconda desse improvvisa prova
della sua rapida magia. Cigni tuffatori appaiono
al di sopra di cristallini cerchi bianchi e luminosi;
e catturano l'occhio ingannato in gran stupore,
che li vede tuffarsi e non li vede riemergere -
cosdall'erba balzarono due destrieri d'ambra nera,
ognuno con larghe ali blu notte sul dorso.
Il giovane di Caria mise l'amabile donzella
in groppa a uno, e gli venne l'estro di domare
la fierezza dell'altro. Per l'aria volarono,
alti come aquile. Simili a due gocce di rugiada
esalate sino al labbro di Febo, s'erano involati,
via lungi dalla terra - non visti, solitari,
tra nubi e freddi venti, se non per la libera,
esuberante vita del canto che va fluttuando
sulle loro teste, e li segue non stanco. -
Musa della mia terra nativa, sono ispirato?
Questa aria di vertigine, e spalanco
bene le ali per sostenermi; npavento
altezza, o profondit o larghezza, o possibile
precipizio. Ho sotto gli occhi
quei cavalli in volo e il doloroso peso.
Saprei tanto innalzarmi, vedere, tanto attendere
intrepido il potere del pensiero, senza il tuo aiuto?
$ C'crepuscolo di sonno, odorosa ombra
di meraviglia che s'appressa, e guardate
quegli alati destrieri, arditi con le nari sbuffanti,
ne annusano l'estremo lembo, e sembrano stancarsi,
morente in cenere il loro fuoco natio!

C'era nebbia purpurea attorno a loro avvolta; ecco,
sembrcome quando attorno alla pallida luna nuova
per il mesto Zefiro languono le nubi come salici piangenti -
era Sonno viaggiante lento con la testa sul guanciale.
Per la prima volta, da quando venne quasi morto-nato
dal vecchio grembo della notte, la deserta grotta
aveva lasciato pideserta; per la prima volta,
sentin alto la luce e il rigoglio del mattino -
perchnel suo abisso cimmerio
gli era venuto un sogno, mostrando come un giovane,
prima che il magro pipistrello ingrassi dopo l'inverno,
avesse all'empireo seggio dell'alto Giove conquistato
l'immortalit e sposato
di Giove la figlia, e fosse considerato della sua stirpe.
Ora dormendo saliva verso la porta del cielo,
chsulla soglia avrebbe atteso un'ora
in ascolto di melodie nuziali, e poi
sarebbe sprofondato nella cupa grotta di nuovo.
Il giaciglio di levigata trasparente nebbia,
variamente tinto di rosa e d'ametista,
confondeva gli occhi che cercassero il centro;
e per un solo minuto s'afferrava appena
la torpida forma riposante immota.

$I due sugli alati destrieri, sforzando
la vista lo cercavano, come chi guardasse
attraverso i salici dove s'incurva il fiume
per cogliere il balenio d'anguille gola-argentee -
o dalla vetta dell'antico Skiddaw, quando la nebbia ne cela
la corrugata fronte in pallido manto,
con un'occhiata indovina a qualche deliziosa valle
per scoprire un amato borgo remoto e perso.

Questi corsieri corvini, benchnutriti
col vigoroso fuoco della terra, tristemente abbassano
le molto-venate orecchie, le nari larghe sanguigne, e s'arrestano.
Sopra la smorta bruma hanno aperte
l'ampie ali, sono nel sonno morti -
e su quelle piume, ferme a mezz'aria,
Endimione dorme e la bella dama.
Lentamente veleggiano, lentamente come isola di ghiaccio
su calmo mare alla deriva: e nel frattempo
il melanconico vagabondo sogna. Ecco! cammina
sul pavimento del cielo; fraternamente discorre
colle potenze divine; dalla sua mano ricolma
gli orgogliosi uccelli di Giunone beccano perle di grano;
prova il nerbo del dorato arco di Febo,
e chiede dove crescano i pomi d'oro;
al braccio serra lo scudo di Pallade,
e tenta invano di smuovere e brandire
una saetta di Giove; la maliziosa Ebe reca
un calice ricolmo, danza lieve, canta
e a lungo illude; alla fine egli beve,

$e nel piacere perso ai suoi piedi cade,
toccando con labbra abbacinate la stellante mano.
Soffia in un corno - un'eterea schiera
in alto appare: le quattro Stagioni -
Primavera verde-vestita, accesa Estate, dorata copia
nel falcetto d'Autunno, Inverno di brina canuto -
danzano assieme alle ore fuggevoli; mentre ancora il suono,
in ondate indomite, ancora continua
a muovere quella danza d'aria. "Di chi questo?
questo corno?" chiede. Sorridono - "O Dite!
questo mortale perchqui? Non conosci
le labbra della sua padrona? Non sai? di Diana: ecco!
Ella sale falce di luna!" Guarda, lei,
proprio la sua dea: addio terra, e mare,
e aria, e pene, e ansia, e sofferenze;
addio a tutto ma non all'amore! Poi si slancia
verso di lei, e si sveglia - e, strano, in alto,
da quei medesimi fragranti vapori nutrito,
contemplda sveglio il suo sogno stesso: gli dei
sorridevano; Ebe allegra ride e assente;
e Febe si china verso di lui, falce di luna.
O dubbioso stato! Sul giaciglio di piume,
fin troppo sveglio, sente il fianco palpitante
della squisita dama. Colui che mor per un volo troppo audace verso il sole,
quando quella cera traditrice comincia sciogliersi,
non ammutolpidi Endimione.
Il cuore gli balzcome al suo verace trono,
verso quella bella velata passione pulsando vol-
Ah, quale perplessit Ah, ahim
$Tanto tenera, tanto bella era la compagna del suo letto,
che non potfare a meno di baciarla: poi divenne
per un po' dimentico d'ogni bellezza salvo
quella della giovane Febe, auro-crinita; e implor perdono: eppure si volse una volta ancora a guardare
la dolce dormiente - tutta l'anima sua era scossa:
nel sonno lei gli strinse la mano; cosuna volta ancora
non potfare a meno di baciarla e adorare.
Allora l'ombra pianse, dileguandosi.
Il Latmo si drizz "Splendente dea, rimani!
Scruta nell'intimo mio petto! Per la lingua stessa della verit
non ho cuore dedaleo. Perchtorto
fino alla disperazione? Non c'altro per me,
al confine della felicit se non dolore?".

Queste parole svegliarono la straniera dalle nere trecce:
al suo albeggiante sguardo d'amore il rapito Endimione s'allieta
in dolce modo. Sonno sbadigliava dal profondo.
"Cigno del Gange, non respiriamo pi questo tenebroso fantasma! sembri contenta
adagiata in amabile indolenza, nimmagini
quali orrori potrebbero affliggere me e te.
Ah, se tu morissi perchin cuore ti ho tradita! -
Peril suo pianto era un mero pianto - la sua anima gentile
non serba vendetta. Com'essa solo
tenerezza, vorrei esser io solo amore!
Ti stimer bella fanciulla, pid'ogni cosa,
anche quando mi sento sincero come l'innocenza?
S s - Cos'allora quest'anima? Donde
venne? Non mi sembra mia, e io
non ho di me passione o identit
$Qualche spaventoso esito ci sar dove, dov'
Per la Nemesi, vedo il mio spirito volteggiare
solitario nell'oscurit Perdonami, dolcezza -
Partiamo?" Sproni destrieri: batterono
le ali cavalleresche nell'aria chiara,
lasciando Sonno antico nel fumoso covo.

L'acceso buonanotte della sera svaniva lento,
e Vespero, risorta stella, palpitava
argenteo nei cieli scuri, quando essi
sfrecciarono diretti verso la Galassia.
Nla velocitimpediva la conversazione dolce e insolita -
giuramenti e voti eterni si scambiano,
in tal modo, in tal umore, cosin alto
su fra i venti, sotto la volta stellata,
cosincuranti del destino, che in verit ben oltre lo sforzo umano leggere nei loro cuori,
se piangessero, o ridessero, o soffrissero, o scherzassero -
quasi di certo di gioia impazziti, di dolore soffocati.

Ben a fronte del loro veloce volo, dalla scia d'ebano,
la luna ostentuna diamantina cima,
non pigrande di minuta stella,
o di esigua punta di scimitarra fatata;
brillante segnale ch'essa s'era chinata a legare
i sandali d'argento, prima che deliziosamente
reclinasse nei cieli la timida testa.
Lentamente sorgeva, come volesse svanire,
mentre alla sua dolce dama il Cario volto,
osservava se i neri occhi giscorto avessero
questa bellezza nascente - Sgomento! sgomento!
$Vide il suo corpo svanire smunto e frale
al freddo raggio della luna. Subito le serril polso;
si sciolse tra le sue dita: le bacila mano,
e, orrore! bacila propria - era solo.
Il suo destriero salancora, e poi
calcome sparviero a terra.

V'una caverna,
oltre gli apparenti confini dello spazio,
fatta perchl'anima v'erri e trovi
l'esser suo, di profondissima tenebra.
Buie regioni la circondano, dove le tombe
di sepolti dolori lo spirito vede, ma a stento
un'ora indugia piangendo, poichla punta
d'un dolore appena nato sente dentro piacuta:
e in queste regioni piche un velenoso dardo
a caso vola; esse sono la vera dimora
d'ogni male: non ancora venuto l'uomo
che non sia stato in questo inferno natio.
Ma pochi sanno quanto calmo e buono
sia il sonno in quella caverna di tutte la pifonda.
Qui l'angoscia non punge; nil piacere stanca:
uragani di pena sempre battono alla porta,
pertutto quieto dentro e desolato.
Cinta da raffiche d'angoscia, entro non odi
nemmeno il suono soffocato dell'insetto di morte
sotto la bara ammantata. Nessuno entri
dunque per lottare: subito vinto.

$Al momento che il sofferente brucia,
allora tutto gli concesso; e da un'urna,
che fondente ghiaccio alimenta, una sorsata prende -
la giovane Semele mai tracannricchezza uguale
nel suo desio materno! Felice tenebra!
Buio Paradiso! dove impallidisce il fiore
della buona salute; dove il silenzio pitetro
pieloquente; dove le speranze molestano;
dove quegli occhi sono pibrillanti che
pia lungo stanno chiusi in un sonno senza sogni.
O felice dimora dello spirito! O anima meravigliosa!
Pregna di simile caverna che tutto serra
nella tua profondit Salve, Cario gentile!
poich mai da quando per te iniziarono pene e affanni,
ti sentisti coscontento: una dolorosa contesa
ti condusse a questa Caverna di Quiete.
S l'anima sua v'era cullata, benchalto-portato
con pericoloso moto, e non si lamentava
pur non sapendo quale fosse la meta.
Tanto era felice, nl'aereo clangore
di trombe in squillante ambasceria da oriente
lo destda quel piacere squisito, da quel nobile festino.
Ne fu incitato l'alato destriero: con fiero allarme
volverso quel suono. Ahim nessun incantesimo
sollevla testa d'Endimione, o avrebbe visto
una processione in cielo, un'alata folla -
e argenteo fu il passaggio. Voci dolci
gorgheggianti quasi a cullare e corteggiare
il vagabondo nel suo corso. Gorgheggiavano cos
mentre la visione oltrepassava in sfolgorante schiera.
$ "Chi, chi alla festa di Diana mancher
Proprio tutte le dorate pergole del giorno
son vuote? Chi, chi mancher allo sposalizio e alla festa di Cinzia?
Non Espero: ecco! sulle ali d'argento
punta verso il cielo altissimo e canta,
schioccando le dita di luce allegramente! -
Ah, Zefiro! sei qui, e Flora anche
voi delicati bevitori di pioggia e rugiada,
freschi compagni di rose e asfodeli,
badate, prima d'entrare, di colmare
i vostri cesti fino all'orlo
con verde finocchio, e melissa, e dorate pigne,
santoreggia, menta matura, e aquilegia,
fresco prezzemolo, basilico dolce, e timo solatio -
s ogni fiore e foglia d'ogni clima,
tutti raccolti nel rugiadoso mattino. Presto
via! corri, corri! -
fratello cristallino della cintura del cielo,
Acquario! al quale re Giove ha dato
due liquide pulsanti correnti invece di pennute ali,
due fontane-ventagli, - le tue luminarie
perchDiana giochi:
sciogli la gelata puritdell'aria;
che le tue bianche spalle argentee e nude
appaiano fredde attraverso le piume d'acqua; fa pibrillante
la mezzaluna della Stella Regina nella sua notte nuziale.
Presto, presto via! -
Castore ha domato il pianeta Leone, guardate!
e l'Orso in signoria di Polluce.
$Un terzo nella gara! chi il terzo,
sfrecciante veloce come aquila?
Il Centauro rampante!
Dritta la criniera del Leone - l'Orso quanto feroce!
La freccia del Centauro sembra pronta a trafiggere
qualche nemico - l'arco teso fino allo stremo
nel blu del cielo. Sarbiasimato,
pallido persecutore,
quando udrsuonare i liuti nuziali! -
Andromeda! dolce donna! perchindugi
costimidamente tra le stelle? Vieni!
Unisciti a questa folla brillante, e agilmente segui ovunque gli altri
vanno.
Il figlio di Danae, che davanti a Giove appena s'inchin
per te ha pianto, invocando Giove a gran voce.
Te, gentile dama, egli liber
per sempre tu vivrai e amerai, per tutte
le tue lagrime fluenti. -
Per lo spavento di Dafne, ecco Apollo! -"
Di pi Endimione non ud in basso lo conduceva il destriero,
prono verso il verde capo d'un nebbioso colle.

Il primo contatto con la terra quasi lo uccise.
"Ahim diss'egli, "foss'io sempre trasportato
per avversi venti, avessero le mie impronte scavato
un sentiero in inferno, per sempre benedirei
orrori che alimentano lo sconforto
per la mia stessa tetra conquista: per
chi vive oltre i confini della terra, la pena incerta,
$la sofferenza solo un'ombra. Ora vedo
l'erba, sento il terreno solido - Ahim
la tua voce - o divinissima! Dove? - chi? chi
ti lascicosquieta su questo letto di rugiada?
Ecco su questa terra felice siamo;
amiamoci per sempre, nutriamoci
di frutti boschivi, e mai, mai scenderemo
tra le dimore dei mortali,
o saremo ingannati da fantasmi. O destino!
Nel labirinto ora volerebbe l'anima mia,
ma con la tua bellezza la fermer
Dove svanisti? Accanto a te star per sempre: che il nostro fato qui termini - un capretto
in questo luogo immoler Pan ci comanda
di vivere in pace, in amore e in pace tra
i selvaggi boschi. Ma sono aggrappato
al nulla, ho amato un nulla, nulla vidi
o sentii se non un grande sogno! O sono stato
presuntuoso contro l'amore, contro il cielo,
contro tutti gli elementi, contro il legame
fra i mortali, contro lo splendore
dei fiori, l'impeto dei fiumi, e le tombe
degli eroi scomparsi! Contro la sua propria gloria
ha la mia anima cospirato: cosla mia storia
ai fanciulli racconter e farpenitenza.
Mai visse uomo mortale, che volgesse
il suo appetito oltre la sfera naturale,
e affamato non morisse. Mia dolcissima indiana, qui,
qui m'inginocchio, perchtu hai redento
la mia vita di fievolissimo fiato: passati e scomparsi
sono i fantasmi di nebbia. Caverne solitarie, addio!
$E aria di visioni, e il mostruoso flutto
di mari visionari! No, mai pi aeree voci m'adescheranno fino a quella spiaggia
d'intricate meraviglie, ansante e atterrito.
Addio, mio sogno squisitissimo! sebbene tanto immenso
sia ancora il mio amore per te. L'ora verr quando ci incontreremo nel puro elisio.
Sulla terra non m'concesso d'amarti; e quindi
t'offrircolombe, e doni dolcissimi
per tutto l'anno opimo: costu splenderai
su me, e questa fanciulla bella,
e benedirai le nostre umili vite. Mia felicitindiana!
mio bocciolo di ninfea! un solo bacio umano!
un sospiro di vero fiato - una gentile stretta,
calda come nido di colomba tra alberi estivi,
e calda di rugiada stillante da vivo sangue!
Dove svanisti? Ah, che importa! - solo del bene
parleremo - non pidi sogni. - Ora,
dove sarla nostra dimora? Sotto il ciglio
d'un erto e muschioso colle, ove l'edera bruna
ci nasconderebbe, anche se non vi siano foglie di primavera,
e dove i tassi bigi, mentre li attraversiamo frusciando,
fanno cadere rugiadose coppe di bacche scarlatte?
O tu gioia avresti d'un luogo simile;
buio per i nostri amori, eppure tanta luce da abbellire
quelle gentili membra sul letto di muschio distese:
con un solo passo scopriresti il cielo azzurro,
e con un altro, nella fonda valle laggi
vedresti, attraverso gli alberi, un piccolo fiume scorrere
nel suo meridiano e dorato scintillio.
$Miele dall'arnia nocchiuta ti porter
e mele, scure di dolcezza, raccoglierper te,
crescione che nasce dove nessuno lo vede,
e acetosella intatta dal rorido zoccolo del cervo:
siringhe foggerdi canna d'acoro,
chtu sempre sappia dov'io cammino,
quando ti piacernella nostra casa tranquilla
ascoltare e pensare cose d'amore. Ch'io continui a parlare;
ch'io continui a tuffarmi nella gioia che cerco, -
poichil passato m'imprigiona ancora. Il ruscello,
di cui forse ti delizierai, riempir coi fatati pesci del laghetto montano,
e li nutrirai con le provviste dello scoiattolo.
Sul fondo disseminerconchiglie d'ambra,
e ciottoli azzurri dai fondi pozzi incantati.
Le rive pianterdi rorida dolce eglantina,
e caprifogli pieni di chiaro vino d'api.
Adescherquesto rivo cristallino perchtracci
l'argenteo nome d'amore sul volto del prato.
M'inginocchiera Vesta, per una lingua di fuoco;
e al dio Febo, per una lira dorata;
all'imperatrice Diana, per una lancia da caccia;
a Vespero, per un cero argenteo-chiaro,
ch'io veda la tua bellezza nella notte;
a Flora, e un usignolo si poser docile sul tuo dito; agli dei del fiume,
e ti porteranno affusolate canne da pesca
d'oro, e lenze di splendenti lunghi riccioli di naiadi.
Il cielo ti protegga per la tua grazia perfetta!
Il tuo muschiato sgabello sarl'altare
davanti al quale m'inchiner inchinandomi, caro amore, a te:
$quelle labbra saranno per me Delfo, e daranno
legge ai miei passi, colore alle mie guance,
tremore o fermezza a questa stessa voce,
e la scelta fra i tre dolcissimi piaceri:
e quella amorosa luce, quelle cose diamantine,
quegli occhi, quelle passioni, quelle eccelse sorgenti di perla,
saranno il mio dolore, o scintilleranno al mio piacere.
Dimmi, non felicitin nostra presa perfetta?
Oh ch'io non avessi dubbi!"

Il montanaro
coslottava con vane e acerbe fantasie per aprire
il suo spinoso sentiero a un po' di pace.
Donbrillante allegria all'occhio della dama,
e perle lagrime che piangeva erano lagrime di pena;
rispondendo, mentre il dorato mattino
irraggiava alto dalle valli d'oriente:
"Oh che il battito di questo cuore fosse cessato,
o il dolce nome d'amore svanito.
Piccolo tiranno alato! con rapida rovina
questo corpo consacrerai alla terra:
e sono convinta che appena nata
balbettai tra me dei tuoi fioriti vanti,
poichalla prima, alla prima alba e idea di te,
colle palme levate benedii le stelle del cielo.
Non sei crudele? Sempre ho tentato
di considerarti gentile, ma ah, non serve!
Ancora una bimba, intesi dire che i baci attirano
il tuo favore, e cosbaci donavo
all'aria vuota, coll'ordine di scovare l'amore:
$ma quando infine sentii quant'oltre
immaginazione, orgoglio, e mutevole giovent
piaceri terreni, immaginari beni,
fosse il caldo tremore d'un bacio sincero -
proprio allora, in quel momento, a quel pensiero,
svenendo caddi in un'aiuola di fiori,
e vi languii tre giorni. Voi potenze pidolci,
non sono crudelmente offesa? Credi, credimi
mio caro Endimione, dovessi intessere
colle mie fantasie ghirlande di dolce vita,
tu saresti in ognuna d'esse. Ah, amara lotta!
Non sario il tuo amore: mi proibito -
veramente proibito - avversata, spaventata, rimproverata,
con mezzi che mi fecero tremare, e gorgonea ira.
Due volte hai chiesto dove fossi andata. D'ora in poi
non chiederlo pi Non posso dirlo,
nsaril tuo amore. Forse potremmo
d'improvviso vendicarci; forse morire;
abbracciarci e morire - pensiero voluttuoso!
Non accrescere il mio desiderio, o sarpresa
nelle panie d'una perversa delizia.
No, no, cosnon sar ti benedir
e ti darun lungo addio."

Il Cario
non disse parola: i due infelici, silenti, pallidi,
per le verdi vallate insieme andarono.
A lungo vagando, furono alfine contenti
di sedersi sotto un faggio bello e solitario;
nsi guardavano l'un l'altro, ma intensamente
fissavano quel fulvo cerchio di sparse foglie.

$ Endimione! infelice! quasi m'addolora
contemplarti cosgiunto allo stremo -
te prima incielato, se non fosse che stimo
la verituna musica migliore per un canto primigenio.
Il tuo fratello, voce di liuto, tra breve canter
e tu mi aiuterai - non mi hai aiutato?
S imperatore del chiaro di luna! beatitudine
stata la tua ricompensa per molte migliaia d'anni;
eppure spesso io, quasi in pianto,
mi dolsi come tu fossi un abitante dei boschi -
dimenticando l'antica storia.

Lui non lev gli occhi dalle foglie morte, o un piccolo impeto
di gioia avrebbe sentito. Lo spirito coglie
fresco amaranto, quando selvaggio erra
per il campo di giochi dell'infanzia.
Un po' oltre scorreva quel ruscello
in riva al quale ebbe primamente il dolce sogno dei papaveri;
e proprio sulla corteccia contro cui poggiava
aveva inciso una mezzaluna, e attorno esercit la sua bravura in minute stelle. L'albero rigoglioso
aveva gonfiato e inverdito la pia incisione,
ma non l'aveva cancellata. Invero, non v'era pendio
sul quale non avesse spaventato l'antilope;
e non un albero, sotto la cui ombra ricca di radici
non avesse giocato coi mansueti leopardi;
npoteva un lieve dardo, o un giavellotto,
volare in aria dove il suo non fosse gipassato -
e tuttavia non lo sapeva.
$ O tradimento!
Perchla sua dama sorride, l'occhio compiacendosi
di tutto il suo dolore? Lui non la vede.
Ma chi lo fissa cos Sua sorella di certo!
Peona dei boschi! - lei sopporter-
Impossibile! quanto affettuosamente s'abbracciano!
La dama sorride, gioia ha in volto -
non tradimento.
"Caro fratello mio!
Endimione, non piangere cos Perchangosciarti
quando tutto il grande Latmo esulter
Ringrazia gli dei potenti, e non apparire triste;
e non pronunciare fioche parole, e non sospirare pi
Certo non crederche tu abbia tale provvista
di dolore, da durarti fino al mio prossimo bacio.
Certamente non hai l'animo in pena,
tu che venisti mano nella mano con una cosbella.
Siate felici voi due! poichcoglier i fiori d'autunno per le vostre ghirlande.
Il santo prete di Pan cerca il giovane Endimione;
e quando sia ristorato, tu, bellissima dama,
sarai nostra regina. Ora, non peccato
vedervi cos- non triste, molto triste?
Forse siete troppo felici per essere contenti:
o sentite questo come un giorno qualsiasi,
liberi parlando come chi mai se ne sia andato.
Lingua non chieder "donde venite?" ma sarete
dei della vostra dimora imperiale.
Neanch'io, per un mese intero, scruter nelle ore ch'a noi oltre volarono,
da quando nel mio rifugio cantai per te.
$O Ermes! pur stanotte ci saranno
inni a Cinzia, regina di luce;
poichieri notte i vecchi indovini videro
nell'aria visioni buone - da cui discender
come dicono questi saggi, salute eterna
per i pastori e i greggi; e inoltre,
nel volto di Diana lessero la gentile novella:
quindi per lei sono queste carole vespertine.
I nostri amici qui verranno vicini e lontani.
Molti sulla tua morte composero canti;
e molti, persino ora, la fronte ombreggiano
di cipresso, nei giorni di sacrificio.
Nuovo canto per le nostre fanciulle inventerai,
e toglierai il dolore dal ciglio dei nostri cacciatori.
Dimmi, signora e regina, come ammogliare
questo fratello riottoso alle sue giuste gioie!
I suoi occhi a te sono volti, come reggessi
il suo fato in maniera assai divina. Aiutami, ti prego,
a blandirlo - Endimione, caro fratello, dimmi
cosa t'addolora?" Egli pinon resse, e cos piegl'anima sua fieramente come arco spirituale,
vibrdentro, e con calma disse:
"Vorrei avere te mia unica amica, dolce fanciulla!
mio unico ospite! benchnon ignaro,
che quelle illusioni prese per piaceri
tra gli uomini, sono piaceri reali veramente,
ma ve ne sono di pialti ch'io non vedo,
se empiamente un reame terrestre scelgo.

$Da quando ti vidi, fui ben desto
notte dopo notte, e giorno dopo giorno, finch dell'empireo fui ricolmo.
Contentati, sorella, vedendomi
pifelice di quanto ai mortali accada.
Giovane eremita, vivrin muschiosa grotta,
dove tu sola verrai, e immergerai
il tuo spirito nelle meraviglie che ti racconter
Per opera mia il regno dei pastori fiorir
poichalla tua lingua confiderogni salvezza.
E, per amor mio, questa giovane fanciulla dimori
presso di te come una cara sorella. Tu sola,
Peona, ritornerai da me. Lo ammetto,
questo suonerstrano: ma quando, carissima fanciulla,
vedrai che per la mia felicit nessuna perla
solcherquelle guance. Bella compagna!
Sarai contenta di abitare con lei, di spartire
l'amore di questa sorella con me?". Come chi rassegnato
e piegato dal caso, e quindi cieco
nell'affidarsi, cosla mite sconosciuta:
"S solo un mormorio giunto al mio orecchio,
d'un giubileo per Diana - intesi il vero?
Ben vedo allora che non c'uccellino,
per quanto tenero, che non sia di Giove cura,
a lungo cercai riposo, e, inconsapevole,
ecco l'ho trovato! e anche coseccelso!
cosaffine al mio cuore! Lo sapevo, lo sapevo
che in esso v'era un luogo non invaso:
in quel vuoto la candida Castitavrdimora
e mi consigliernotturno solitario letto.
$Con le pipure labbra mi consacro al novero
delle sorelle di Diana; e, gentile signora,
col tuo buon aiuto, questa notte vedr i miei giorni futuri al suo tempio consacrati".

Com'turbato il sognatore che da screa
il proprio spavento, costurbati erano quei tre;
o come chi, in etfutura, s'inginocchiasse
di fronte a Lucifero o Baal, quando agognasse
a un breve sonno; o quando in una cava
molto fonda, un dormiente incontra i suoi amici
che non lo conoscono. Ognuno diligentemente tende
verso pensieri e cose comuni proprio per paura;
cercando d'alleviare l'orrido male,
pensando sia una cosa fra il se il no,
di cui parlano le massaie. Ma quel colpo allo spirito
era stato inferto, e tutti erano sognatori. Alla fine
Endimione disse: "Non sono decisi i nostri destini?
Perchsiamo qui? Addio, voi due tenere creature!
Addio!". Al che quelle fanciulle, con sguardo smarrito,
s'allontanarono confuse. Angosciati e ardenti
i suoi occhi le seguirono, finchesse giunsero
a un boschetto di cipressi, la cui mortale voragine,
in un solo veloce istante, quel che allora vedeva
avrebbe divorato per sempre. "Fermatevi!" grid "ah, fermatevi!
Volgetevi, fanciulle! ascoltate! una parola ho da dirvi.
Dolce indiana, vorrei vederti una volta ancora.
cosa che agogno: tanto vorrei,

$Peona, che voi mano nella mano riparaste
in quei sacri boschetti, che stanno silenziosi
oltre il tempio della grande Diana. Sarlaggi
al primissimo bagliore di Vespero - se ne sono andate -
ma una volta, una volta, una volta ancora -." Al che si strinse
il volto tra le mani, e poi poggi il capo su muschiosa verde collinetta,
e cosrimase come se fosse morto
per tutto il giorno, salvo quando volse appena
gli occhi in giro, per vedere come le ombre scivolassero
col lento moto del tempo - pigro e stanco
finchle cime dei pioppi, in cupo viaggio,
ebbero raggiunto il margine del fiume. Poi s'alz
e, lento come il fiume scorre,
camminverso il boschetto del tempio in lamento:
"Perchquesta indorata sera? La brezza arrivata
premurosa e dolce, non una foglia cada
prima che il padre sereno di tutte loro
chini la sua testa estiva sotto l'occidente.
Ora sono padrone di respiro, parola, e moto,
ma al tramonto dovrdire addio
a lei per l'ultima volta. Notte sparger
sull'erba umida miriadi di foglie indugianti,
e con loro morir nmolto m'addolora
morire, quando l'estate muore sull'erba fredda.
S sono stato una farfalla, un signore
di fiori, ghirlande, nodi d'amore, folli mazzolini,
boschetti, prati, melodie, e pergole di rose.

$Il mio reame va alla sua morte, giusto
ch'io muoia con esso: cosin tutto questo
che a torto diciamo angoscia, infelicit dolore, sofferenza, pena,
cosa c'da lamentarsi? Dal nemico di Titano
sono stato servito a dovere". Cosdicendo,
incedeva leggero, in una sorta di funebre allegria,
ridendo del limpido ruscello e del sole calante,
come fossero scherzi: naveva finito di
ridere del sacro volto della natura,
che quel boschetto apparve, come per caso,
e allora la sua lingua con sobrio decoro
favellmentr'egli entrava: "Ah! dissi,
"re delle farfalle"; ma per questa malinconia,
e per la lingua vindice del vecchio Radamanto,
questa fosca religione, solitario sfarzo,
e la creta prometea accesa da un ladro,
per la ciocca sulla fronte del vecchio Saturno, per il suo capo
scosso d'eterno tremito, io sposai
cose di luce fin dall'infanzia;
essere cosreietto, cossolo nella morte,
certo basta perchun mortale
diventi empio." Comincitra sa riflettere
su cose per le quali non si trovano parole,
sempre pia fondo scese, finchs'immerse
oltre il suono della musica: chil coro
di Cinzia non sent sebbene nispido roveto
nboschetto velante s'interponesse a smorzare
l'inno vespertino, da lungi saliente, basso e pieno,
per i pilastri oscuri di quelle navate silvane.

$Non vide le due fanciulle, ni loro sorrisi,
pallidi come primule colte a mezzanotte
vicino a una sorgente dalle dita di gelo. "Infelice creatura!
Endimione!" disse Peona, "noi siamo qui!
Cosa vorresti prima d'essere deposti tutti nella bara?"
Allora lui l'abbracci e la mano della sua dama
strinse, dicendo: "Sorella, vorrei comando,
se fosse volontdel cielo, sul nostro triste fato".
Allora la straniera occhineri ebbe un fremito
e disse con nuova voce, ma dolce come amore,
allo sbalordito Endimione: "Per la colomba di Cupido,
tu l'avrai! per la gigliata verit del mio petto tu l'avrai, amato giovane!".
E mentre parlava, nel volto le venne
una luce, come riflessa da fiamma d'argento:
la lunga chioma nera si gonfiampia, aprendosi
tutta d'oro; negli occhi un giorno piluminoso
sorse azzurro e pieno d'amore. S lui contemplava
Febe, la sua passione! Gioiosa ella sollev il lucente arco, continuando: "Triste, triste
stata la nostra attesa; ma sciocca paura
mi trattenne dapprima; e poi i decreti del fato;
e si convenne che da questo mortale stato
tu fossi, amore mio, per imprevista metamorfosi
fatto spirito. Peona, noi vagheremo
per queste foreste, e per te sicure saranno
com'era la tua culla; qui tu ci correrai
incontro molte e molte volte". Poi Cinzia brillante
baciPeona, e la benedisse con soave buonanotte:

$la bacianche il fratello, e s'inginocchi
davanti alla sua dea, in beato deliquio.
Lei gli porse le belle mani, e mirate,
prima che tre rapidissimi baci egli contasse,
svanirono lontano! - Peona torn
a casa tra i tristi boschi in stupore.








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