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"American Pulp",
ed. Ed Gorman, Bill Pronzini & Martin H. Greenberg, Carroll & Graf, 1997.


Introduzione

Dopo il successo del film di Quentin Tarantino Pulp
Fiction, i rivenditori di libri usati furono sommersi da
centinaia, forse migliaia di richieste di riviste pulp.
Molti di coloro che le chiedevano non sapevano nemmeno
con precisione cosa fossero. Le volevano e basta.
Probabilmente pensavano che quelle riviste assomigliassero
alla violenta e provocatoria pellicola di Tarantino. Qualcuno
rimase deluso nell'apprendere che film e riviste non avevano
la minima analogia.
"Argosy", la prima rivista interamente dedicata alla
narrativa e stampata su carta ordinaria (pulp indica la pasta
di legno utilizzata in questo tipo di pubblicazioni) risale al
1896, ma i pulp coscome li conosciamo fiorirono tra il 1920
e il 1950. Misuravano all'incirca 18x25 centimetri, di solito
contavano 128 pagine ed erano spesso infarciti di annunci che
reclamizzavano ogni genere di merce: dentiere, creme per
sviluppare il seno, cinti erniari. Non pretendevano di essere
niente di pidi quello che erano: un'offerta di
intrattenimento per il cosiddetto "uomo della strada".
Le testate che caratterizzarono quella stagione sono
molte: "Black Mask", "Dime Detective", "Magic Carpet Tales",
Thrilling Mystery", "Weird Tales", "Big Chief Western",
"Snappy Stories", "Ranch Romances", "Crime Busters", "Ace
G-Man", "The Whisperer", "Sweetheart Stories", "Captain
Satan", "G-B and his Battle Aces", "Pirate Stories", "Gangland
Stories", "Zeppelin Stories".
Dal 1950 in poi, la televisione e i libri tascabili resero
quelle riviste obsolete. Ma prima di versare troppe lacrime
sulla morte dei pulp va fatta una considerazione realistica: la
maggior parte di quella narrativa era abominevole e piena di
clich
Certo, il pulp fece emergere anche dei giganti: nomi come
Dashiell Hammett, Raymond Chandler, Cornell Woolrich,
Erle Stanley Gardner, Horace McCoy, Robert Bloch, Frederic
Brown, John Jakes e John D. MacDonald si affermarono
attraverso queste riviste. E scrissero storie magnifiche. Ma
oggi, se lo esaminiamo con obiettivit dobbiamo ammettere
che il pulp era composto in gran parte di storie ridicole e
insignificanti.
Cinon vale, comunque, per le riviste di tipo antologico
che si sostituirono ai pulp negli anni Cinquanta e Sessanta.
"Ellery Queen's Mystery Magazine", "Alfred Hitchcock's
Mystery Magazine", "Manhunt", "Accused", "Hunted",
"Pursuit", "The Saint", "Detective Magazine", "Mike Shayne
Mystery Magazine", "Mystery Book", "Mantrap", "Verdict" e
"Tightrope" produssero in gran copia dell'eccellente narrativa
gialla.
per questa ragione che sfogliando questo libro troverete
costanti racconti degli anni Cinquanta e Sessanta. Fu quella
la vera etdell'oro, secondo noi. Al suo apice, la sola
"Manhunt" pubblicava due o tre piccoli capolavori per
numero, ogni mese.
Le raccolte andavano di pari passo con la diffusione del
libro tascabile. La nuova generazione di scrittori era in media
superiore a quella dei vecchi pulpsters. Certo, si trattava
ancora di narrativa pulp, ma pifascinosa e penetrante.
Scrittori come John D. MacDonald, Charles Williams, Chester
Himes, Vin Packer e Peter Rabe diedero vita a racconti e
romanzi di alto livello, sotto ogni punto di vista. A differenza
di molte storie pulp basate esclusivamente sulla trama, le
loro erano narrazioni realistiche che esaltavano il
personaggio, l'atmosfera, l'argomento. E questi stessi
elementi caratterizzavano la loro produzione breve per le
riviste.
Siamo consapevoli che la nostra tesi - ovvero che le
raccolte degli anni Cinquanta e Sessanta costituiscano la vera
"etdell'oro" della narrativa hardboiled - pusembrare
eretica, ma quando avrete finito di leggere questa antologia,
sarete disposti a prendere seriamente in considerazione la
nostra affermazione.
Questo il meglio della narrativa pulp del passato e del
presente. Avete tante splendide ore di lettura davanti a voi.

Ed Gorman, Bill Pronzini e Martin H. Greenberg

Soldi facili
di Evan Hunter
"Ellery Queen Mystery Magazine", settembre 1960

Evan Hunter e Ed McBain sono la stessa persona. Per la
veritnegli anni Cinquanta, il periodo d'oro delle riviste del
giallo, questo autore assunse un gran numero di altre
identit Hunter ha scritto diversi bestseller non di genere,
tra cui The Blackboard Jungle. McBain conosciuto
soprattutto come l'autore del ciclo dell'87Distretto, tuttora
considerato il vertice della letteratura poliziesca. Pi
trascurata invece la narrativa hardboiled firmata sia
Hunter che McBain. Prendete per esempio Guns, un romanzo
che non fa parte del ciclo dell'87Distretto ma regge il
confronto con le opere migliori di Elmore Leonard e George
V. Higgins. Eccovi un esempio della sua narrativa breve.
E.G.

Jeffrey Talbot bussalla porta e attese. Fissle cifre
metalliche attaccate al pannello e notche al numero 2
mancava una vite. All'interno si udun leggero tramestio.
Bussdi nuovo.
- Solo un minuto -la voce era bassa, ovattata.
Jeffrey si raddrizzla cravatta, posando la pesante
valigia sul pavimento accanto alla porta. Ripass
mentalmente il suo discorsetto, in fretta. Diede un'occhiata al
nome scritto sul foglietto che teneva in mano: O'Connor.
Sorrise e lo ripose nella tasca della giacca. Perchla
donna, o l'uomo, o chiunque si stesse muovendo ldentro,
non si sbrigava?
Pazienza, aveva detto il signor Matthews. Con un po' di
pazienza si va molto lontano. Ricordati che queste persone
vogliono quello che hai da offrirgli. E darglielo il tuo
lavoro. Sii paziente. Ma concludi l'affare.
Si apruno spiraglio nella porta, e Jeff spinse un po'
avanti la punta del piede, pronto a inserirlo nell'apertura nel
caso che la porta dovesse accennare a chiudersi. Proprio come
gli aveva mostrato il signor Matthews.
- S
La donna era piccola e anziana, o perlomeno sembrava
anziana. Jeffrey si rese conto immediatamente che non era
cosdecrepita come appariva. Se solo avesse tirato indietro le
spalle, stando un po' pidritta; se il suo sguardo non avesse
avuto quell'espressione stanca, dolente; se la bocca...
- S - ripetlei, sgranando leggermente gli occhi
azzurri.
Il discorsetto, ora. Una volta aperta la porta, il resto
facile, diceva il signor Matthews. Farsi aprire la porta,
questo l'importante.
- Come sta, signora O'Connor? - disse Jeffrey,
toccandosi la tesa del cappello.
La donna sembrava un po' disorientata. Sulla sua fronte
si disegnun leggero reticolo di rughe, una trama leggera,
come un merletto.
- Sono della Home Bible Company - annuncilui, con
un sorriso cordiale sul volto.
- Oh? - disse la donna.
La sua inquietudine era palpabile, Jeffrey la sent
aleggiare nel corridoio, ne fu quasi sopraffatto. Era l'odore
del panico, lo riconobbe e cercdi scacciarlo dalla mente.
Perchdiavolo non stava pidritta?
- Posso entrare? - domand
- Be', io... - la donna esit
Lui le rivolse un sorriso tenero, supplicandola con gli
occhi, come gli aveva insegnato il signor Matthews. Un tipo in
gamba il signor Matthews, davvero.
- Ebbene - fece lei, stringendosi nervosamente la
vestaglia intorno al collo con la mano sottile - suppongo che
non ci sia niente di male. - Spalancla porta e aggiunse,
precipitosamente: - Non posso proprio permettermi di...
Jeff varcla soglia ed entrin salotto. Le tendine erano
abbassate e la camera era buia.
- Che bella stanza - disse.
La signora O'Connor si diresse rapidamente verso un
divano verde malridotto, dalla stoffa consunta e scolorita.
Sprimacciun cuscino e dichiar - tutta in disordine. Non
ho avuto molta voglia di pulire da quando...
- Sciocchezze - mentJeff. - uno specchio.
Cominciava a sentire che stava andando bene. Era il suo
primo tentativo, e stava andando bene. Adesso era il
momento di arrivare al punto.
Si accomodsul divano mentre la signora O'Connor si
avvicinava alla finestra e apriva le tende. Il divano era duro.
Sentle molle quando si sedette.
Dette una rapida occhiata in giro. In un angolo c'era una
radio, un modello antiquato, inserita in un mobile dalle ante
scorrevoli. Le ante erano chiuse, come se la radio non fosse
stata accesa da tempo. Sopra il mobile una fotografia inserita
in una cornice di pelle gli sorrideva.
L'uomo della foto aveva i capelli bianchi e un'espressione
cordiale. Aveva la mascella forte, come un blocco di marmo.
Gli occhi ammiccavano allegramente sotto le sopracciglia
bianche e folte.
- Dunque - esordJeff, distogliendo lo sguardo dal
ritratto.
- Spero proprio che lei non sia venuto per vendermi
qualcosa - disse la signora O'Connor, e per la prima volta
Jeff ne avvertil leggero accento irlandese, come un
gradevole tocco di verde sulla punta della lingua. Se solo
avesse tenuto le spalle un po' pidritte, se un sorriso avesse
illuminato i suoi stanchi occhi azzurri! - Non ho soldi da
buttar via.
Jeff aprla valigetta e ne estrasse la Bibbia. La tenne
sulla palma della mano, come gli aveva detto Matthews, la
scritta in oro rivolta verso la signora O'Connor.
La Sacra Bibbia.
Fece una breve pausa a effetto. La Bibbia era nera, con un
elegante rivestimento in pelle, i caratteri gotici
profondamente incisi in oro sulla copertina.
- molto bella - disse la signora O'Connor - ma non
credo di aver bisogno...
Jeff aprdi scatto la copertina e mostralla donna il
risguardo.
C'era un nome scritto a mano, con una grafia curata ed
elegante, sulla carta spessa: John O'Connor.
La signora O'Connor spalancla bocca, ma dalle labbra
non le sfuggalcun suono. Si portuna mano alla gola, e lui
si accorse che le dita tremavano. Ansimando, la donna si
passuna mano sugli occhi, come a scacciare una spaventosa
visione.
- Bella, non trova? - fece lui, in tono ossequioso.
La signora O'Connor scosse la testa incongruamente, poi
fece cenno di s
- L'ha ordinata suo marito - disse Jeff. Era quello
l'argomento decisivo, secondo il signor Matthews.
- Mio marito - sussurrlei, con voce inespressiva. Un
velo offuscava l'azzurro dei suoi occhi, ora, che brillavano di
una luce innaturale.
- S- anche Jeff abbassla voce. - Prima di morire.
Come se lui le avesse appena comunicato per la prima
volta la morte del marito, la donna si ritrasse, le mani esili
ormai in preda a un tremito incontrollato, le lacrime agli
occhi.
- John - disse con voce rotta, sopraffatta dai singhiozzi.
- Su, su - intervenne Jeff. Si alze le cinse le spalle
tremanti con un braccio. - Su, su. Coraggio - Si sentiva un
po' ridicolo. e si rese conto che stava osservando il
prevedibile sfogo di quella sconosciuta coscome aveva
osservato il signor Matthews recitare la stessa parte con
quella donna italiana.
- Coraggio - la consol
La donna si staccda lui. - Mi dispiace... .. difficile
abituarsi.
La Bibbia. Mai lasciare che se ne dimentichino.
- Lui la voleva - disse Jeff, posando il libro sul divano.
- L'ha ordinata. Prima di morire.
La guardnuovamente negli occhi, pensando che si
sarebbe rimessa a piangere. Ma lei non pianse, questa volta.
Invece posle dita sulla Bibbia con gesto reverente, quasi
carezzandola.
- Grazie. Grazie infinite per avermela portata.
Lui si schiarla gola, imbarazzato.
- Sono solo dieci dollari - disse.
Lei non cap Jeff non l'aveva detto nel modo giusto,
quello che gli aveva insegnato il signor Matthews, quello che
il signor Matthews aveva adottato con la donna italiana.
- John aveva dei risparmi - fece lei, equivocando. -
Aveva dei risparmi, probabilmente.
Abbassando la voce Jeff aggiunse: - Non ancora stata
pagata, signora O'Connor.
Per un attimo fu preso dal panico, poi da un senso di
colpa. Cercdi combattere le sue emozioni e riusca
soffocarle. Erano soldi facili. Quella Bibbia valeva dieci
dollari, ogni giorno della settimana. E di quei dieci, cinque
erano per lui. Soldi facili.
La signora O'Connor sfiordi nuovo il volume, con
tenerezza. - Dieci dollari - mormor
- Non c'nessun obbligo, naturalmente - aggiunse lui,
tendendo la mano verso il libro. - Cio se non lo vuole, noi
possiamo eventualmente...
- Oh, ma io lo prendo - protestlei. - Lui l'ha ordinato.
Era ciche voleva.
- Be', certo, ma se...
- No, no, lo pagherio. - Fece una pausa. - Solo che,
vede, io non ho tutti questi soldi in questo momento.
- Pupagare a rate settimanali, se preferisce. Due
dollari e mezzo alla volta.
- S- decise lei, come se lui le avesse offerto un'ancora
di salvezza. - Oh s
Jeff compilil buono d'ordine, scrivendo nome e
indirizzo della donna. Barrla casella con l'indicazione
"Rate".
- Allora, sono due e mezzo - disse.
Lei andnella stanza accanto, e lui udil cigolio
recalcitrante di un cassetto, lo scatto leggero di una borsa che
si apriva. Udil tintinnio delle monete. Poi, silenzio.
Attese.
Ancora lo scricchiolio di un cassetto, un fruscio di vestiti,
poi il rumore di un barattolo che si apriva. Il cassetto si
richiuse e la signora O'Connor fu di ritorno.
- Ecco - disse, e allungla mano verso la Bibbia.
Lui prese il denaro con la sinistra e con gesto casuale
copril libro con la destra.
Poi infille monete in tasca e afferril volume. Lei lo
guard mentre nei suoi occhi si affacciava nuovamente la
paura. Lui comprese, e distolse lo sguardo.
- Tornerla settimana prossima - dichiarin tono
cordiale, porgendole la ricevuta. - Mi piacerebbe lasciarle il
libro ma vede, signora O'Connor, ci sono tante persone...
senza scrupoli, diciamo. Siamo costretti a prendere delle
precauzioni, lei mi capisce.
- S- rispose lei. La delusione trapelava dalla voce e
dagli occhi.
- Ci vediamo settimana prossima - ripetJeff,
riponendo la Bibbia nella valigetta.
Lei gli tenne aperta la porta, e avviandosi giper le scale
lui udqualcosa che assomigliava a un gemito dietro di s

Il lunedsuccessivo, dopo una settimana di vendite, era
seduto nell'ampia poltrona di pelle della sala d'aspetto, in
attesa dell'incontro con il signor Matthews. La segretaria era
impegnata in un cruciverba, le gambe accavallate, una scarpa
che dondolava avanti e indietro, avanti e indietro.
un lavoro, si ripeteva Jeff. Il miglior lavoro che abbia
mai avuto. ben pagato. un lavoro.
Poi di colpo pens - Ma se fossi un vero uomo me ne
andrei.
Turbato dal suo stesso pensiero si guardattorno
nervosamente, quasi temendo che la segretaria lo stesse
osservando. Lei era ancora concentrata sul cruciverba, la
matita tra le labbra in atteggiamento meditativo.
- Ci vorrancora molto? - domandJeff, agitandosi
nella poltrona.
- Sta' calmo - rispose lei. La sua voce aveva un tono
metallico. Non gli piaceva quella voce. Lei guardl'orologio.
- Accidenti - esclam- ora di pranzo. - Si alzin
fretta, sistemandosi un capellino sul capo. - Puoi prendere tu
le telefonate, tesoro? - gli disse, voltandogli le spalle.
Avrei dovuto dire di no, pensJeff, dopo che lei se ne fu
andata. il suo lavoro, non il mio. Il mio quello di vendere
Bibbie. Soldi facili. Un metodo facile per sbarcare il lunario.
E allora? si domand Se non sono io a imbrogliare questi
babbei, lo farqualcun altro. un metodo facile, il metodo
dei vigliacchi.
La parola gli bruciava nella mente.
Vigliacco.
Strano come fosse facile dimenticare. Ma lui aveva
davvero dimenticato? Da qualche parte, in un angolo
sperduto della sua memoria, quell'immagine sarebbe rimasta
in eterno, un po' confusa a volte, ma sempre l pronta a
divampare.
Di colpo un sudore freddo gli imperlil labbro superiore.
Cercil fazzoletto e lo rimosse, ma non riusca rimuovere
quell'immagine dalla mente. Fissla scrivania della
segretaria, l'orologio che ticchettava lontano sul muro, la
porta chiusa del signor Matthews.
L'immagine era ancora l..

- Jeff! - MacC. stava urlando. - Jeff, non puoi stare
qui. Stanno bersagliando la spiaggia.
Una pioggia di proiettili sollevuna nuvola di sabbia a
un metro dai loro occhi.
- Lasciami stare! - gridJeff.
La mitragliatrice comincia sondare il terreno
meticolosamente, alzando rabbiosi zampilli di sabbia
intorno a loro. MacC. lascicadere il fucile e si drizz la sua
figura alta si staglioltre la protezione della duna.
AgguantJeff e lo costrinse a voltarsi, cercando una presa
pisolida. Jeff lo fissin viso e vide il sudore, la tensione.
Poi, come per magia, si ritrova osservare affascinato
la polvere che zampillava dalla giubba di MacC. Solo dei
piccoli zampilli di polvere: ping, ping, ping, proprio sul
petto. E subito dietro la polvere il rosso, che scaturiva dai
forellini come un fiore che sboccia al mattino.
MacC. aprla bocca. FissJeff con uno sguardo
d'accusa, poi rovescigli occhi e lo sguardo si spense.
La mitragliatrice continua strepitare senza posa
appena dietro la duna...

- Bene, Jeff! - Era la voce di Matthews. - Mi dispiace di
averti fatto aspettare. Entra, entra.
Jeff si asciugil volto con il fazzoletto, afferrla mano
dell'uomo e la strinse vigorosamente.
Nell'ufficio si sedette accanto alla scrivania di Matthews.
- Diciotto vendite in una settimana - disse Matthews. -
Ottimo lavoro, ragazzo mio!
- Grazie - rispose Jeff. Stava ripensando allo sguardo
impaurito della signora O'Connor. Scacciil pensiero dalla
mente e cercdi concentrarsi su quello che stava dicendo
Matthews.
- E questo solo l'inizio, Jeff, solo l'inizio. Presto ti
potrai accendere le sigarette con le banconote.
Ridacchi facendo ballare il grasso della pappagorgia.
Poi di colpo assunse un tono professionale. - Ti rendi
conto, naturalmente, che tuo interesse farti dare l'intera
somma al primo incontro.
- Non facile - disse Jeff. Gli sembrdi sentire di
nuovo la signora O'Connor rovistare nel cassettone, in cerca
di due dollari e cinquanta.
- Certo che no - convenne Matthews in tono mellifluo.
Stava accendendosi un sigaro, ancora circondato dalla
fascetta. L'oro della fascetta del sigaro poggiava sull'oro
dell'anello con sigillo che portava al dito. Un anello intorno a
un sigaro, un anello intorno a un dito grassoccio.
- Dovresti calcare un po' la mano quando fingi di andar
via - suggerMatthews. - Convincerli che se non te li danno
subito tutti e dieci, la faccenda chiusa. Mi capisci?
- Potrei mandare a monte l'affare in quel modo -
osservJeff.
- Pudarsi. Ma molte di quelle persone stanno solo
facendo un po' di resistenza. Hanno il biglietto da dieci, ma
non vogliono tirarlo fuori.
La signora O'Connor aveva un biglietto da dieci?
- D'accordo, ci prover- borbottJeff, a disagio.
- So che lo farai - disse Matthews, mentre un sorriso
illuminava il suo volto pasciuto.

Il giorno seguente Jeff acquiscinque nuovi clienti, poi
anda riscuotere la seconda rata dalla signora O'Connor.
Si fermnello stretto corridoio, provando di nuovo un
senso di oppressione. In fondo, dietro una porta chiusa
contrassegnata 2F, voci concitate strillavano l'una contro
l'altra. Jeff bussdi nuovo e la porta accanto a quella della
signora O'Connor si apr
- Non c'- disse il ragazzo. Aveva capelli biondi
arruffati e il naso cosparso di lentiggini.
Jeff sorrise e chiese: - Sai quando torna?
- No.
- Ha lasciato detto qualcosa?
- No.
Jeff si picchiettil mento, pensoso. - Hai idea di dove
sia andata?
- Certo.
- E dove?
Un odore di cavoli bolliti risaliva la tromba delle scale.
- Al lavoro - disse il ragazzo, e fece per chiudere la
porta.
Il piede di Jeff scattin avanti e si infilnello spiraglio.
- Dove lavora, figliolo?
- Nella casa accanto. Duna mano alla proprietaria, la
signora Canning.
- Grazie - disse Jeff.
- Di nulla - fece il ragazzo.
Jeff si avvilungo le scale, e l'odore di cavoli si fece pi
pungente man mano che raggiungeva il pian terreno. Uscin
strada rapidamente e guardda un lato e dall'altro
dell'edificio. C'era una piccola drogheria sulla sinistra, le
vetrine stipate di salumi grassi e rotondi e di variopinte
pubblicitdi birra, e un altro condominio sulla destra. Si
avvicina quest'ultimo e sali gradini su cui era seduta una
donna che faceva dondolare una carrozzina.
Diede un'occhiata ai campanelli e suonquello che recava
la dicitura "Custode".
- Cerca la signora Canning? - domandla donna della
carrozzina.
- Indirettamente - rispose Jeff. - In realtsto cercando
la signora O'Connor.
- Mary O'Connor?
-S- disse Jeff, quasi stupito che la signora O'Connor
avesse un nome, sebbene lo avesse scritto lui stesso sulla
ricevuta.
- La trova al terzo piano.
- Grazie.
Il bimbo nella carrozzina si mise a piangere mentre Jeff
entrava nell'interno buio e si avviava su per le scale. Il
palazzo assomigliava molto a quello da cui era appena uscito:
il vano delle scale era angusto, la ringhiera traballante, i muri
infestati da crepe, e qua e lgrossi pezzi di intonaco si erano
staccati lasciando vaste cavitgrigie sul soffitto. Odori
promiscui di esistenze ammassate l'una all'altra gli vennero
incontro avvolgendolo e Jeff trasalavviandosi per le scale
male illuminate.
Sul terzo pianerottolo trovla signora O'Connor.
Era piegata carponi, i capelli appiccicati alla fronte.
Immergeva la spazzola nel secchio rovesciando l'acqua sul
pavimento.
Mentre procedeva a fatica nel suo lavoro Jeff rimase a
osservarla, a disagio, poi si schiarla gola.
Mary O'Connor alzlo sguardo e il suo viso si coprdi
imbarazzo. Poi sgrangli occhi e Jeff credette che stesse per
piangere. Invece la donna gli rivolse un sorriso ansioso, si
alzrapidamente in piedi e si asciugle mani sul grembiule.
- Buongiorno - disse. - La stavo aspettando.
- Salve - rispose Jeff. - Ci ho messo un po' a trovarla.
- Ho un lavoro - fece lei. - Io ho... - Sembrava
domandarsi se dire qualcosa in pidello stretto necessario. -
Ho un lavoro.
- Magnifico - disse Jeff.
- Non granch- spieglei - ma aiuta. John non mi ha
lasciato molto. Non per colpa sua, si intende.
- Certo che no - concordJeff. Si frugnella tasca in
cerca del blocchetto di ricevute.
- La signora Canning mi dcinque dollari al giorno -
disse Mary O'Connor.
La dita di Jeff annasparono in cerca del blocchetto.
Cinque dollari al giorno!
La donna infiluna mano nella tasca del grembiule e ne
estrasse due banconote tutte stropicciate e due monete da un
quarto di dollaro.
- Ecco qua - disse - proprio come lei aveva stabilito.
Jeff prese il denaro, continuando a pensare alla paga
della donna. Registrin fretta il pagamento sul blocco e le
porse la ricevuta.
- Grazie - borbott
La signora O'Connor fece un debole sorriso. - Tornerla
prossima settimana, vero?
- Certo, naturalmente.
- E a quel punto manchersolo una settimana prima che
io possa avere la Bibbia.
- S
La donna gli sorrise soddisfatta, torna inginocchiarsi e
immerse la spazzola nell'acqua.
Jeff se ne andlasciandola cos carponi sul pavimento
bagnato. Discese le tre rampe di scale, senza voltarsi indietro.
Un pensiero ostinato gli occupava la mente.
Per guadagnare cinque dollari, la signora O'Connor puliva
pavimenti per un giorno intero. Per avere la stessa somma, a
lui bastava venderle un Bibbia che suo marito non aveva mai
ordinato.

Quella settimana le sue vendite salirono a ventitr
Una volta, solo una volta ebbe l'impulso di smettere. Poi
pensdi nuovo ai soldi. Era troppo facile. Aveva fatto il
commesso in un negozio di scarpe per un certo periodo,
prendendo in mano piedi sudaticci, blandendo i clienti per
poi maledirli quando se ne andavano. Era stato impiegato in
un ufficio, dove il capo veniva ogni dieci minuti a ispezionare
la sua scrivania, si schiariva la gola e poi tornava nella sua
stanza. Poi c'era stato il lavoro di lavapiatti in un ristorante,
quello in un magazzino, quello di camionista, e infiniti altri
da quando aveva lasciato l'esercito.
No, ne aveva abbastanza. Era stufo di sgobbare, stufo di
avere paura. Voleva prendersela con comodo, ora. Voleva
accendersi le sigarette con le banconote...
Matthews era in gran forma quel mercoled
- Allora, ti piace il lavoro? - domand
- Molto - rispose Jeff con un filo di voce.
- Centoquindici dollari in una sola settimana! una gran
bella somma, ragazzo, una gran bella somma.
- Davvero? - domandJeff.
- Te lo dico io - assicurMatthews. - E questo solo
l'inizio, figliolo, solo l'inizio. Non ti ho ancora detto della mia
ultima trovata.
Jeff si sedette nella poltrona di pelle accanto alla
scrivania di Matthews.
- S ragazzo, una nuova trovata. I necrologi sui giornali
del mattino vanno bene, e noi continueremo a usarli,
naturalmente. La gente muore ogni giorno, come sai. -
Ridacchirumorosamente.
Jeff pensa qualcuno che era morto su una spiaggia
tempestata di proiettili.
Matthews tiruna boccata dal sigaro, eccitato dalla
novit
- Ti garantisco cento vendite alla settimana, Jeff. Con
questa nuova trovata niente pibuchi nell'acqua. Quella
gente sarconvinta che tu stia facendo loro un favore, un
grosso favore.
Di colpo Jeff non ebbe pivoglia di ascoltare il nuovo
progetto di Matthews. Voleva restare solo. Ne aveva
abbastanza dei predicozzi. Ne aveva ascoltato uno, una volta,
un bel predicozzo sottolineato dalle raffiche da una
mitragliatrice. Si era arreso allora, e si stava arrendendo
adesso, ma non voleva sentirselo dire.
Non era altro che un vigliacco, un imbroglione, un
truffatore che abusava della sua simpatia e del rispetto per i
morti.
- Gli elenchi dei caduti - annunciorgogliosamente
Matthews. - Continuano ad aumentare sempre di pi ogni
giorno. Il ministero della Guerrafa fatica a mettersi in pari.
Gli elenchi dei caduti. In qualche oscuro recesso della
mente di Jeff si fece sentire un borbottio intermittente. Gli
elenchi dei caduti.
- Caduti in combattimento - disse Matthews. - Appena
i nomi vengono resi noti, noi ce li procuriamo e... tombola!
Ping, ping, ping, proprio in mezzo al petto. Piccoli
zampilli di polvere.
- L'ha ordinata suo figlio, signora, e ci ha chiesto di
venire qui a riscuotere il pagamento. - Matthews sogghigne
gli strizzl'occhio.
Jeff strinse le dita intorno ai braccioli della poltrona
finchle nocche divennero bianche.
- Come? - continuMatthews in tono di finta sorpresa.
- Suo figlio morto in combattimento? Oh, mi dispiace
moltissimo, non ne avevo idea. Poi tiriamo fuori la Bibbia con
il nome del ragazzo scritto sopra e...
Matthews si interruppe di colpo.
- Cosa c' ragazzo?
Jeff si gettsu di lui e lo afferrper il bavero della
giacca.
- Porco schifoso - ringhi - Lurido porco schifoso. Gli
elenchi dei caduti!
Con rabbia improvvisa sferrun pugno alla mascella di
Matthews, che barcolle urtviolentemente contro la
scrivania, scaraventando a terra la sua scatola di sigari di
lusso.
- Aspetta un momento, ragazzo - strillMatthews
tendendo le mani. - Aspetta un momento, Jeff.
Gli occhi di Jeff sfavillavano. Afferrdi nuovo Matthews
per il bavero della giacca, lo solleve lo manda sbattere
contro il muro.
- Io me ne vado, sacco di merda! Me ne vado, hai
sentito? Ho chiuso, finito! Ho smesso di fare il tuo sporco
lavoro, capito?
Adesso stava urlando. Aprla valigetta e frugtra i libri,
finchnon trovquel che cercava. Si rialze si piazzdi
fronte a Matthews rannicchiato in un angolo della stanza.
- Ti manderla polizia - disse semplicemente. E se ne
and

Si senti un po' pifelice quando diede al ragazzo la busta
con i cinque dollari e la Bibbia. Il biglietto diceva: - C'stato
un errore, signora O'Connor. Questa Bibbia era gistata
pagata. Molto tempo fa.
Forse era ancora un vigliacco. Un uomo picoraggioso
avrebbe affrontato direttamente Mary O'Connor. Ma quando
vide il ragazzo sparire all'interno dell'edificio, si sentmolto
pifelice.
Pifelice di quanto si sentisse da tanto tempo.

Mickey Spillane
Il borsaiolo
"Manhunt", dicembre 1954

I romanzi di Mickey Spillane, in particolare Io, la giuria
e quelli che hanno per protagonista il piduro fra tutti i
detective letterari, Mike Hammer, sono ben noti a ogni
lettore di gialli (e amati o odiati con la medesima passione).
La sua produzione di narrativa breve invece relativamente
limitata e molto meno conosciuta. La maggior parte risale al
periodo tra il 1953 e il 1960 e fu pubblicata su riviste come
"Manhunt" e riviste per uomini come "Cavalier" e "Male".
Significativamente, in nessuno di questi racconti o romanzi
brevi compare Mike Hammer o un qualunque altro detective
privato; quasi tutti presentano tuttavia quegli elementi di
crudezza e di duro realismo che fecero la fortuna delle
avventure di Hammer. Il borsaiolo una delle rare
eccezioni: uno Spillane anomalo in tutti i sensi, con un
protagonista completamente diverso da Hammer, che
fornisce un esempio efficace della versatilitdel suo talento.
B. P.

Willie entrnel bar sorridendo. Non riusciva a capire il
perch ma lo fece ugualmente. Fin dal giorno in cui aveva
sposato Sally e si era fermato a prendere una bottiglia di
birra da portare a casa per la cena di nozze, era sempre
entrato sorridendo. Sally, pens tre anni insieme a Sally, e
ora c'era il piccolo Bill, e un fratellino o una sorellina in
arrivo.
Il barista gli fece un cenno con la mano, e Willie lo
salut - Salve, Barney. - Saltfuori una birra e lui se ne
versun quarto nel bicchiere, osservando la propria
immagine nel grande specchio appeso al muro. Non era molto
alto, e tutt'altro che bello. Un tipo qualsiasi, un po' sotto
misura. Adesso era una persona rispettabile. Proprio un
cittadino esemplare. Merito dell'incontro con Sally.
Ripensa quel giorno d'inverno di tre anni prima,
quando aveva cercato di sfilare il portafoglio dalla tasca di un
tizio. Fame e freddo gli avevano fatto tremare la mano e
l'uomo lo aveva colto in flagrante. Era quasi felice che lo
portassero alla stazione di polizia, dove c'era un bel
calduccio. Ma l'uomo doveva averlo capito e si rifiutdi
denunciarlo. Cosfu buttato di nuovo fuori a calci nel gelo. Fu
lche lo trovSally.
Ricordava il taxi, e Sally che si faceva aiutare dall'autista
a trasportarlo nel suo piccolo appartamento. Pidi qualunque
altra cosa, fu il profumo della zuppa calda a rimetterlo in
sesto. Lei non gli fece domande, ma lui le disse tutto
comunque. Era un borsaiolo. Un ladruncolo pelle e ossa che
fin da ragazzo viveva grazie alle proprie mani. Lei gli aveva
detto subito che questo non aveva importanza.
Aveva mangiato da lei e dormito sul suo divano per una
settimana prima di recuperare le forze. E a quel punto fece
una cosa che non aveva mai fatto in tutta la sua vita. Si trov
un lavoro. Non un granchall'inizio, faceva le pulizie in uno
stabilimento che produceva pezzi per gli apparecchi
radiofonici. Pian piano si accorse che le sue mani potevano
fare di meglio che trascinare una scopa. Anche il padrone se
ne accorse, quando scoprche Willie assemblava i componenti
in metdel tempo necessario a un meccanico esperto. E mise
la scopa in mano a qualcun altro.
Solo allora lui chiese a Sally di sposarlo. Lei mollil suo
lavoro ai grandi magazzini e iniziarono una normale vita
matrimoniale. La cosa buffa era che gli piaceva.
I poliziotti non mollarono, invece. Puntuali come un
orologio venivano a trovarlo. Una visita amichevole,
beninteso. Ma intanto venivano. Il primo del mese il detective
Coggins si presentava subito dopo cena, faceva due
chiacchiere, lo scrutava con i suoi gelidi, cinici occhi azzurri e
se ne andava. Questa circostanza preoccupava Willie, non per
s ma per il piccolo Bill. Fra non molto sarebbe andato a
scuola, e gli altri bambini... gliel'avrebbero rinfacciato. Il tuo
vecchio era un delinquente... un borsaiolo... sicuro,
altrimenti perchavete sempre la polizia in casa? Willie fin
la sua birra rapidamente. Sally lo aspettava per cena.
Era quasi arrivato alla porta quando udgli spari. La
macchina nera passsfrecciando proprio mentre stava
uscendo e per un solo, terribile attimo vide una faccia.
Sopracciglia nere... espressione beffarda... la cicatrice sulla
guancia. Era la faccia di un uomo che conosceva, tre anni
prima. E anche l'uomo lo aveva visto. Provl'impulso di
scappare, di correre come non aveva mai corso in vita sua, ma
non lo fece. Le sue gambe lo riportarono a casa con il passo
tranquillo di chi in pace con se stesso, ma i suoi pensieri
volavano.
Tre anni non erano costanti, in fin dei conti.
Quando entrin casa, Sally capsubito che qualcosa non
andava. - Cos'successo? - domand Willie non riusciva a
parlare. - Il tuo lavoro... - provlei, esitante. Willie scosse
il capo.
Fu lo sguardo addolorato di lei che gli sciolse la lingua. -
Hanno ucciso qualcuno in strada - le disse. - Non so chi
fosse, ma so chi l'assassino.
- Qualcun altro ha...
- No, solo io. Credo di essere stato l'unico.
Capiva che Sally aveva quasi paura di fargli la domanda
successiva. Alla fine si decise: - Ti hanno visto?
- S Lui mi conosce.
- Oh, Willie! - La disperazione le smorzla voce.
Rimasero in silenzio, senza sapere cosa dire, senza osare dir
nulla. Ma entrambi pensavano alla stessa cosa. Fuggire.
Lasciare la citt Qualcuno era stato ucciso e non ci avrebbero
messo molto a far fuori un altro paio di persone per coprire il
primo delitto.
- La polizia - disse Sally. - Dovremmo...
- Non ne ho il coraggio. Non mi crederebbero. La mia
parola non avrebbe alcun valore, comunque.
Proprio allora, all'improvviso, sentirono bussare alla
porta. Willie balzin piedi e si slanciverso la chiave infilata
nella toppa. Era in ritardo di un secondo. Qualcuno forzla
porta e la spalanc L'uomo che entrera grosso. Riempiva il
vano della porta da uno stipite all'altro con la sua mole.
AfferrWillie per la camicia e lo immobilizzcon le sue mani
enormi.
- Come va, nanerottolo? - disse.
Willie gli sferrun pugno. Lo fece con tutta la forza che
aveva, ma non serva nulla. L'uomo ringhi - Dacci un
taglio, se non vuoi che ti spezzi il collo! - e senza far rumore
richiuse la porta alle sue spalle. Sally era rimasta immobile,
tesa, con una mano sulla bocca.
Con un violento spintone il gigante mandWillie a
sbattere contro il tavolo, curvando le labbra spesse in un
ghigno crudele. - Non ti aspettavi qualcuno cospresto, vero
Willie? Peccato che tu non abbastanza furbo. Marty non perde
tempo. Non con gli stupidi che hanno visto troppo. Sai, Marty
un uomo fortunato. Guarda caso, l'unica persona che ha
assistito alla sparatoria un ladruncolo su cui pumettere le
mani in men che non si dica. Chiunque altro sarebbe giin
centrale a descriverlo per filo e per segno, in questo
momento.
Infilla mano nella giacca e ne estrasse una .45
automatica. - L'ho sempre detto che Marty un tipo
fortunato.
Il gigante non prese la mira. Si limita sollevare la
pistola all'altezza del petto di Willie. Sally si riempd'aria i
polmoni per riuscire ad urlare, almeno una volta, prima di
morire.
Ma prima che l'urlo esplodesse, Willie fece una risatina e
disse: - Non mi ucciderai con quella pistola, Buster.
Il tempo si ferm Willie rise ancora. - Ti ho sfilato il
caricatore, quando mi sei saltato addosso. - Il gigante
imprec Le sue dita si chiusero intorno al calcio della pistola
e sentirono uno spazio vuoto. Willie era calmissimo ora. - E
non credo che tu abbia una pallottola in canna.
Il gigante fece un passo avanti verso di lui, con una
smorfia maligna, e proprio in quel momento la zuccheriera
scagliata da Sally lo colpsulla fronte. L'uomo andgi
Willie non esitquesta volta. Prese il telefono e chiamla
polizia. Chiese del detective Coggins. Tre minuti dopo il
poliziotto dai gelidi occhi azzurri era lad ascoltare il suo
racconto. Il gigante andvia ammanettato. - Coggins... -
disse Willie.
- S
- Quando ci saril processo... pucontare sulla mia
deposizione. Non riusciranno a intimidirmi.
Il detective sorrise, e per la prima volta i suoi occhi
azzurri si addolcirono. - Ne sono sicuro, Willie. - Fece una
pausa. - E Willie... per quanto riguarda le mie visite... mi
piacerebbe venirti a trovare. Penso che potremmo diventare
buoni amici. Ma vorrei che fossi tu a chiedermelo.
Un sorriso illuminil volto di Willie. - Certo! Venga
pure... quando vuole! Facciamo sabato sera? E porti anche
sua moglie.
Il detective fece un cenno di saluto e se ne and Mentre
chiudeva la porta, a Willie parve di sentire un coro di voci
infantili che dicevano: - Proprio cos.. e farai meglio a non
prendere in giro Bill perchil suo papamico di quel
poliziotto. Sicuro, giocano sempre a carte e...
Willie scoppia ridere. - A volte sono quasi contento di
essermi fatto una certa esperienza - disse. - Finalmente mi
servita a qualcosa!

John D. MacDonald
In un piccolo motel
"Justice", luglio 1955

John D. MacDonald sapeva fare di tutto, e fece di tutto.
Scrisse per le riviste pulp e per quelle piraffinate, e fu
autore di ottima narrativa non di genere, sia romanzi che
racconti. Se le avventure di Travis McGee gli permisero di
scalare le vette delle classifiche, le sue cose migliori si
ritrovano probabilmente nei paperback pubblicati a partire
dagli anni Cinquanta. MacDonald osservava la societcon
occhio acuto e spietato, fortemente influenzato da uno dei
suoi scrittori preferiti, John O'Hara. Il dettaglio quotidiano,
familiare si potrebbe dire, lo affascinava e rendeva vive le
sue storie e i suoi personaggi. Il racconto che segue ne un
esempio.
E. G.

I coniugi dell'Ohio volevano dei letti pieghevoli per i due
bambini, stanchi e piagnucolosi, cosGinny Mallory si era
affrettata a tirarne fuori uno dal ripostiglio e lo aveva
trascinato lungo il sentiero fino all'ultima villetta in fondo al
Belle Wiew Courts. L'uomo non alzun dito per aiutarla a far
passare la branda oltre il basso gradino all'entrata. Si limita
osservare i suoi tentativi con un sigaro spento stretto fra i
denti.
Ginny tornrapidamente al ripostiglio a prendere l'altra
branda ed era appena tornata alla villetta quando un'altra
auto si fermall'ingresso del motel e si mise a suonare il
clacson. La turista stava rimproverando uno dei bambini.
Il letto pieghevole si rifiutostinatamente di attraversare
la soglia. Mentre lei tentava di sbloccarlo, l'uomo disse: -
Mettilo pure laggi ragazza.
Ginny fu sul punto di mettersi a uggiolare come un cane
bastonato. Si fermper un attimo, poi riprese a spingere. Il
letto si sblocce lei lo trascinnella stanza.
- Se lei e sua moglie siete cosgentili da aprirlo e
metterlo dove vi pare, io ho un altro cliente lfuori.
Si girbruscamente e risalendo il sentiero sentl'uomo
gridare qualcosa a proposito del ghiaccio. Gridasse pure. Una
spessa cappa d'afa ottobrina incombeva sulla Georgia del sud.
A dispetto del suo passo svelto, a Ginny sembrava di avere
piombo fuso nelle ossa al posto del midollo, dopo tutto il
caldo della lunga estate appena trascorsa. Riusca recuperare
un sorriso mentre andava incontro alla grossa auto con targa
del Massachusetts. Un uomo alto dal volto pallido era in piedi
accanto alla portiera. Era solo.
- Ha una singola? - domandcon voce piatta,
inespressiva.
- S signore. Vuole vederla?
- No, grazie. La prendo. Qual'
- La numero tre. Laggi la terza dal fondo.
- Posso mettere l'auto sul retro?
- Sarperfettamente al sicuro davanti alla porta,
signore.
-Posso metterla sul retro? - ripetlui, irritato.
- S credo di s Ma sarebbe...
- Dove devo firmare?
- Qui, in ufficio. - Ginny entrseguita dall'uomo e so
mise dietro il banco. Gli porse la scheda e lui firma nome J.
L. Brown, indiccome residenza Boston, trascrisse il numero
della patente e il modello della grossa auto, page si fece
dare la chiave. Mentre usciva lei gli chiese se voleva del
ghiaccio. Lui la ignor Magari fossero stati tutti cospoco
assillanti, penslei, e si augurche ne arrivassero degli altri,
cosavrebbe potuto spegnere le luci al neon sulla grande
insegna rossa e blu, e lasciare acceso solo il segnale
"Completo".
Appoggiper un attimo i gomiti sul banco per riposare il
corpo sottile, e si copril volto con le mani. Aveva finito di
pulire le camere e di rifare tutti i letti a mezzogiorno. Si era
fatta una doccia, aveva indossato un fresco prendisole di
cotone blu e aveva sbocconcellato qualcosa. Ora, alle sei di
sera, il prendisole era orribilmente sgualcito. I lunghi capelli
biondi, raccolti in alto sul capo, erano fradici di sudore. Si
massaggile tempie con la punta delle dita, consapevole delle
piccole rughe che vi si erano formate nel corso della lunga
estate. Gli occhi le bruciavano come tizzoni ardenti e
parevano sprofondare nella testa.
Sull'autostrada che correva proprio davanti al Belle Wiew
Courts i grossi camion diesel con rimorchio passavano
rombando. Il sole si era abbassato all'orizzonte tingendo tutto
d'arancio. Le ombre azzurrine del crepuscolo richiamavano le
zanzare dalla pianura. la stagione morta, pensGinny, e io
riesco a malapena a mandare avanti la baracca. E a pagare
l'ipoteca. Eri cosmaledettamente fiero di questa assurda
impresa, Scott. Ed era tutto molto pifacile quando c'eri tu.
Non so perch Ma era cos
Sentsbattere la zanzariera e tolse le mani dagli occhi. -
Che fine ha fatto il mio ghiaccio, ragazza? - disse l'uomo
dell'Ohio. - Arriva o no?
- Subito. Se aspetta un attimo, glielo do.
Ma lui si allontandicendo: - Portamelo in camera.
Lei tornnella piccola stanza in cui dormiva e mangiava,
april frigorifero e rovescii cubetti di ghiaccio in un
cestello. Raggiunse di corsa l'ultima villetta, buss entrcon
decisione e posil cestello sul vassoio sopra il com Stava
per uscire quando l'uomo disse: - Prendi, ragazza - e le mise
in mano una moneta da dieci e un nichelino.
Ginny fissattonita il mento dell'uomo, la sua barbetta
scura. - Grazie, signore.
Tornin ufficio e mise i quindici centesimi nel porcellino
di terracotta sul davanzale della finestra. Poco dopo
arrivarono due ragazzi in luna di miele, troppo presi l'uno
dall'altra per aver bisogno di qualcosa. Li sistemnella
diciotto, e le rimasero solo tre villette libere. Si chiese se era
il caso di mangiare, o se era meglio aspettare nella speranza
di riempire rapidamente le altre tre.
Osservcon occhio clinico il traffico sull'autostrada.
Ormai la sua clientela era formata principalmente da persone
dirette in Florida. Sarebbe stato cosfino a Natale, poi il
flusso di macchine che andavano a nord sarebbe aumentato e
fino ad aprile il motel sarebbe stato pieno di gente che
tornava a casa a esibire la nuova abbronzatura.
Usce si appoggicon la schiena alla parete dell'ufficio,
affondando le mani nelle ampie tasche del prendisole. Si
sentiva stanca e appiccicosa. Il sole era tramontato del tutto,
e il mondo era tutto blu. Le raganelle cominciavano a
intonare le loro canzoni nella palude oltre la stazione di
servizio. Le auto avevano acceso i fari. I grossi autocarri
scintillavano come alberi di Natale.
Dall'altro lato della strada, i lampioni inondavano il
distributore di una luce bianca. Vide Manuel che riforniva di
carburante una familiare malridotta. Johnny Benton venne
fuori e si fermsotto i riflettori, guardando oltre
l'autostrada. Lei gli fece un cenno di saluto, lui la vide e
venne verso di lei. La ghiaia del parcheggio scricchiolsotto i
suoi passi pesanti, e il neon gli accese un bagliore rosso sulla
spalla e sul volto abbronzato.
Quando l'ebbe raggiunta Johnny le offrda fumare. Lei
accette lui accese due sigarette sfregando sull'unghia del
pollice un fiammifero da cucina. - Come ti va, Ginny?
- Ne ho ancora tre libere.
- Non male, a quest'ora. La situazione un po'
migliorata. Anche noi abbiamo avuto una buona giornata.
Ci fu una pausa nel traffico e la notte divenne silenziosa.
La familiare era andata via e Manuel era rientrato. Ginny
sentiva in lontananza il ritmo dei bongo e il secco fruscio
delle maracas provenienti dalla sua radiolina, sintonizzata su
un'emittente cubana.
- Sei stremata vero, piccola?
- Sopravviver credo.
- Se cominci a fare il pieno tutte le sere, dovrai cercarti
un aiuto, non credi?
- Certo, Johnny.
- Puoi prendere una ragazza a part-time per venti dollari
alla settimana, pio meno. Devi fare attenzione a non
ammalarti, lo sai? Quanto sei dimagrita quest'estate?
- Non molto.
Johnny gettvia la sigaretta e si scacciuna zanzara dal
braccio, muscoloso e abbronzato. Si appoggial muro accanto
a lei. - Che buffo - disse.
- Cosa c'di buffo, Johnny?
- Quando Scotty ti portqui da Jax e mise su questo
motel, tutti noi pensammo che ci volesse qualcosa di diverso
per te.
- In che senso, Johnny?
- Be', non sembravi il tipo di donna piadatto a questo
lavoro, ecco tutto. Pensavamo che gli avresti fatto vedere i
sorci verdi, una volta sfumata la novit A quanto sembra, ci
eravamo sbagliati.
- Pudarsi di no.
Lui ridacchisilenziosamente nell'oscurit - Sei troppo
dannatamente testarda per mollare ora. Io non so come
avrebbe fatto Scotty a far fruttare questo posto, ma sono
convinto che tu ci riuscirai.
- Scott ce l'avrebbe fatta - disse Ginny.
Johnny si era incupito. Dalla sua espressione, Ginny cap
che stava pensando all'assurdo incidente stradale in cui Scott
aveva perso la vita, sette mesi prima.
Johnny tamburellcon le nocche sul banco. - Ti va una
birra fresca? Ce n'qualcuna da noi.
- Pitardi, forse. A che ora chiudi, Johnny?
- Verso le undici, penso. Manuel va a prendere la sua
ragazza alle otto. Senti Ginny, Manuel e io ne stavamo
parlando l'altro giorno. Ci eravamo messi d'accordo con
Scotty per l'affitto della stanza che abbiamo qui, ma lui ci
aveva fatto un prezzo troppo basso. Non giusto che
paghiamo cospoco. Manuel e io pensiamo che la cosa
migliore sia portarlo a quindici al mese, pio meno.
- Non voglio la carit Johnny.
- Al diavolo la carit Io sto parlando di quello che
giusto.
- Ci pensersu, Johnny.
- Non c'bisogno di pensarci. Siamo ancora nella
stagione estiva. E in questa stagione il prezzo di quella stanza
dodici dollari a notte. Sai cosa vuol dire? Trecentosessanta
dollari al mese.
- Ma pensa all'aiuto che mi dai, a tutti i lavoretti che io
non riesco a fare, Johnny. E a quanto mi sarebbe costato
chiamare qualcuno dalla citt La settimana scorsa mi hai
aggiustato la pompa elettrica. E Manuel mi ha tinteggiato
tutti i soffitti gratis. Non ne parliamo proprio, Johnny, per
favore.
- Okay, okay - disse lui a bassa voce. Guarddalla
finestra dell'ufficio. - Affari in vista, Ginny. - Poi le sue
spalle si tesero. - quel tipo di Jax, Ferris. - Andverso la
porta. - Fai un fischio quando sei pronta per la birra.
Lei rimase sulla soglia mentre Johnny Benton e Don
Ferris si scambiavano un saluto fin troppo cordiale. Don
comparve sulla porta, la strinse fra le braccia e la bacisulle
guance. - Salve, dolcezza - le disse.
- Salve, Don. Come mai questa sorpresa?

Don fece una smorfia di disappunto. Era un uomo
energico, con il volto magro, capelli scuri e occhi mobili,
arguti, penetranti. - Avrei dovuto telefonare per prenotare,
tesoro. Posso fermarmi?
- Naturalmente.
- Ho qualcosa di molto importante da dirti.
- Come sempre.
- Non prendermi in giro, ora. - Si volte lanci
un'occhiata rapida oltre la strada, verso la stazione di
servizio. - Quel tipo ti da noia?
- Johnny un buon amico, Don.
- Era un buon amico di Scotty. Suppongo che nutra un
istinto di protezione nei tuoi confronti. A essere sinceri,
credo che la sua presenza mi faccia sentire meglio. Altrimenti
non ti permetterei di rimanere qui tutta sola.
- Permetterei, Don?
Lui le lanciun breve sguardo, sorridendo. - Si fa per
dire. Devi perdonarmi questi modi... un po' da padrone.
Ricorda che ti ho fatto tre proposte di matrimonio prima che
tu sposassi Scotty Mallory.
- Scusami, Don. Clienti.
Arrivarono in due macchine, due coppie anziane che
viaggiavano insieme. Presero la sedici e la diciassette e
parvero soddisfatti dell'alloggio. L'unica rimasta vuota era la
quindici, e la voleva Don. Con un debole senso di liberazione
Ginny findi sistemarli e spense l'interruttore che azionava le
luci dell'insegna, lasciando acceso solo il cartello "Completo".
Guarddall'altra parte della strada e sorrise tra svedendo
Johnny sollevare il braccio e farle un cenno di OK con la
mano. Prese la chiave della quindici e la porse a Don.
- Vuole del ghiaccio, signore? - gli domand
- Quel che basta per prepararci un paio di drink, Ginny.
- Devo darmi una rinfrescata, Don. E non ho ancora
mangiato.
- Ti porto in citt Benton putenere d'occhio il posto.
- Fa giabbastanza, non mi va di chiederglielo. Ho qui
abbastanza per tutti e due.
- No. Vado in citta prendere qualcosa e torno. Ti prego.
Lei ci pensper un attimo. - D'accordo, Don. E grazie.
Ginny rientre chiuse la porta della sua stanza. Fece una
rapida doccia e indossun abito di cotone giallo con
un'ampia cintura. Quel vestito piaceva a Scott. Era cos
orgoglioso di me, pens Cospateticamente entusiasta. Si
spazzoli capelli e li lasciricadere lunghi sulle spalle come
piaceva a Scott. Si truccle labbra con cura guardandosi nello
specchietto.
Aveva appena finito quando udqualcuno bussare sul
banco. Usce vide che era di nuovo il tizio dell'Ohio. L'uomo
le lanciun'occhiata perplessa. - Ehm... ha dell'aspirina?
Mia moglie ha mal di testa.
- Un attimo solo, prego.
Anda prendere un tubetto di aspirina. - Due bastano -
disse lui. - Le faranno bene. Lei... lei gestisce questo motel?
- mio.
Lo vide arrossire leggermente e capche stava pensando
ai quindici centesimi che le aveva dato.
Lui si schiarla gola. - un... bel posto. Ci torneremo
qualche volta.
- Ne sarei lieta - disse lei, sorridendo macchinalmente.
Vide Don entrare con la sua coupe parcheggiarla
davanti alla quindici. Scese dall'auto con un grosso sacchetto
di carta in braccio, entrin ufficio e le diede una rapida ed
entusiastica occhiata di approvazione.
- Porta tutto dentro, Don. Sul tavolo.
- Sandwich con carne davvero speciali, tesoro. E
insalata. E patatine. Mettiamo la roba calda in forno e
beviamoci un aperitivo.
Lei apparecchisul tavolino mentre lui preparava da
bere. Era rapido in tutti i suoi movimenti, quasi felino. Ginny
apprezzava il fresco candore della sua camicia sportiva, il
buon tessuto dei suoi calzoni. Un tempo era stata molto
vicina a dirgli di s Ma poi era arrivato Scott. Capche Don
era consapevole della sua stanchezza e che faceva ogni sforzo
per distrarla mentre mangiavano. L'aperitivo molto alcolico
l'aveva rilassata. Tutti i clienti sembravano sistemati per la
notte. Le raganelle cantavano a squarciagola. Udil rombo
dell'auto di Manuel che andava dalla sua ragazza.
Dopo che ebbero sparecchiato, Don disse: - Credi che
saremo mangiati vivi se ci sediamo fuori?
- Forse non sarcosterribile.
Uscirono e si sedettero sulle sedie di metallo nel prato,
accanto all'ombrellone colorato. La brace rossa delle sigarette
brillava nell'oscurit Le auto sfrecciavano spezzando il
silenzio della notte e sollevando ondate di calore sui loro visi.
- Voglio che tu rifletta su quanto sto per dirti, Ginny.
Che tu ci pensi molto seriamente.
- Di cosa si tratta, Don?
- So a quanto ammonta l'ipoteca. Non si possono avere
segreti con un avvocato, lo sai. E ho parlato di questo posto
con Ed Redling. uno degli agenti immobiliari piin gamba
che conosca. Pensa di poterlo vendere per tuo conto a circa
quindicimila dollari, libero da ipoteche.
Dopo un po' lei rispose, in tono piatto: - Avevo seimila
dollari da parte, e Scott ne aveva ricevuti ventuno da suo zio.
Ci abbiamo investito ventisettemila dollari, piun incredibile
quantitdi lavoro, Don.
- Allora ammetti che si trattato di un cattivo affare.
Accetta la perdita e tiratene fuori.
- Scott ci credeva.
- E solo perchlui ci credeva, e aveva torto, una ragazza
come te deve fare un lavoro da schiava, logorarsi e
invecchiare prima del tempo, per far funzionare quello che
stato un cattivo affare fin dall'inizio? Non ti sembra di essere
un po' sentimentale? Scotty pretendeva il meglio, da ogni
punto di vista, ma in questo modo ti ha lasciato un impegno
troppo grosso.
- Riuscira estinguere l'ipoteca.
- D'accordo, ce la farai. E poi che succeder Proprio
quando le rate cominceranno ad assottigliarsi e a lasciarti
qualcosa in pidello stretto necessario per vivere, qualcuno
piazzerun albergo pibello del tuo a mezzo chilometro da
qui. E tu non riuscirai a farti dare nemmeno quei
quindicimila dollari. Ginny, devi credermi, sto pensando solo
al tuo bene. Sai benissimo che desidero sposarti. Voglio che
tu venga via da questa autostrada e che torni a Jax, da dove
sei venuta. Questo non lavoro per te.
Lei fece una risatina incerta. - Johnny dice che sono
maledettamente testarda.
- Fammi mettere tutto in mano a Ed, tesoro.
L'aria della sera stava rinfrescando. Per la prima volta da
molti giorni Ginny si sentiva completamente rilassata,
tranquilla. La tentazione di lasciarlo fare era forte. Sarebbe
stato molto pisemplice essere la moglie di Don che non la
vedova di Scott. Avrebbe avuto una bella casa sulla spiaggia.
Lunghe giornate a oziare sotto il sole. Poche stanze di cui
occuparsi. E dormire, dormire, dormire. Migliaia di ore di
sonno. Sarebbe stato meravigliosamente semplice. E lui era
gentile. Intraprendente, divertente, gentile. Sarebbe stato
come ingannarlo, in un certo senso.
- Supponi che io non ti ami, Don. Supponi che non sia
questo il sentimento che ho per te. Che ti veda picome un
amico. Un buon amico.
- Correril rischio. solo una questione di tempo,
credimi.
- Lo pensi davvero? - chiese lei in un soffio.
Lui si chinverso di lei, le afferruna mano e la strinse
forte. - Nessuno puaccusarti di non aver fatto un ottimo
lavoro qui, Ginny. Hai fatto pidi quanto ci si potesse
aspettare.
- Pudarsi.
Lui le lascila mano, si ritrasse. - Voglio essere onesto
con te, cara, al cento per cento. In questo momento sto
seguendo un grosso affare. Ci sto investendo tutto quello che
ho. C'dentro anche Redling. Se riusciamo a tenere duro per
altri tre o quattro mesi, non avremo piproblemi di denaro
per il resto della nostra vita. E per dirlo in modo brutale, quei
quindicimila dollari in pici sarebbero maledettamente utili.
Potremmo prenderli in prestito, ma questo significherebbe
far entrare una terza persona nell'affare. E ridurre i profitti.
- Dunque sono i miei soldi che vuoi, eh? - disse lei.
Nel buio Johnny fece finta di leccarsi i baffi. - Proprio
cos mia bella fanciulla. In fondo all'animo sono un
truffatore.
- Stupido!
- Sul serio, cara, non essere in collera con me, ma non
posso impedirmi di pensare che si sia qualcosa di morboso
nel lavorare fino allo stremo delle forze per mandare avanti
questa specie di monumento a Scott Mallory. E sono sicuro
che lui sarebbe il primo a dirtelo.
- Era il suo grande sogno, Don. Doveva essere il primo di
una catena. E poi saremmo passati alla ristorazione. Non sai
quanto ci aveva lavorato sodo prima... prima dell'incidente.
- Sii seria, Ginny! Tu credi in questo grande sogno di
ricchezza?
- Non scherzare, Don, ti prego. Tutti hanno bisogno di
avere un sogno nella vita, credo.
- Mi dispiace. Ero venuto qui per... assicurarmi che la
prossima volta saresti venuta via con me.
Di fronte a quel tono piagnucoloso, Ginny reag - Non
posso decidere cos bum, tutto d'un colpo.
- Pensaci. Ma non troppo a lungo.
Passun aeroplano, tracciando una scia luminosa rossa e
verde contro l'oscuritdel cielo. Ginny scorgeva l'interno
della stazione di servizio attraverso la grande vetrata che la
faceva assomigliare a una scatola bianca e luminosa. Johnny
stava impilando delle lattine su uno degli scaffali in vetrina.
Completla piramide e indietreggidi qualche passo per
controllare il risultato. Poi usc prese in mano la pompa
dell'acqua e comincia lavare il piazzale di cemento di fronte
al distributore. Una zanzara punse Ginny alla caviglia col suo
ago sottile. Si udirono dei passi sulla ghiaia e di colpo
apparve il signor Brown di Boston, alto e spigoloso nella luce
che filtrava dall'ufficio.
- S - disse lei.
Incombendo su di lei l'uomo domand freddamente: -
Che sta raccontando sul mio conto a questo signore?

Ginny rimase per un attimo interdetta di fronte a quella
domanda cosassurda. - Non capisco cosa intende.
- Ho le luci spente e vi ho osservato mentre parlavate,
qui fuori. - Mosse leggermente il capo e il bagliore dei
lampioni della stazione di servizio dall'altra parte della
strada si riflesse nelle lenti dei suoi occhiali. Aveva un tono
sinceramente indignato.
Ginny si alz mentre un leggero brivido di apprensione
le attraversava la nuca.
- Immagino che gli abbia detto che ho parcheggiato
l'auto sul retro - disse il signor Brown.
Anche Don si era alzato. - Si rilassi, amico. Non siamo
minimamente interessati a lei.
- Facile a dirsi - replicil signor Brown. - Ho sentito
l'aereo. E le auto rallentano quando passano di qui. Credete
che sia uno stupido, che non veda? Cosa state aspettando?
Ginny intreccile dita, nervosamente. Oltre la strada la
radio trasmetteva musica jazz suonata da una banda di ottoni.
Un camion lontano si andava avvicinando, il rumore
cominciava a sovrastare la musica.
- Credo che lei non si senta bene - disse Don. - Perch
non torna nella sua stanza, mentre la signorina Mallory le
chiama un medico?
Brown fece un passo indietro, lentamente. - Sarebbe
davvero... un medico? - domanda bassa voce. Si voltverso
Ginny e di nuovo sui suoi occhiali brillil riflesso della luce.
- Le consiglio di non usare il telefono, signorina Mallory. -
Il camion passruggendo, il rombo del motore scese di tono
mentre il mezzo si allontanava lungo la strada buia, diretto a
sud. Il signor Brown si gire si allontan a passi lenti e
distesi. Lo videro rientrare nella sua stanza con le luci spente,
e non sentirono il rumore della porta che si chiudeva.
Ginny fece una risatina che suonforzata. - Un pazzo,
cara. - disse Don. - Puro e semplice. Complesso di
pesecuzione, e chisscos'altro. Un paranoico, magari.
- Sembrava normale quando arrivato. Ha solo voluto
mettere l'auto sul retro invece che davanti. Non ci ho fatto
molto caso.
- Questa storia non mi piace. Potrebbe essere pericoloso.
- Che possiamo fare?
- Posso telefonare in citt alla polizia.
- Forse si addormenter ora. E domattina se ne andr
- E se fa del male a qualcuno, quando riprende
l'autostrada? Credo sia nostro dovere fare qualcosa.
- Ha detto di non telefonare.
- E come fa a saperlo? Andiamo! - Camminava a fianco
a lei. - Non correre, tesoro. Probabilmente ci sta guardando
dalla finestra.
- Mi... fa venire i brividi.
- Ha solo bisogno di aiuto.
Si diressero lentamente verso l'ufficio, e Ginny entrper
prima. Don la segue chiuse la porta a chiave. Rapidamente
anddietro al banco, prese il telefono, restin ascolto per un
attimo, riattacc - La linea occupata - disse.
Lei rimase in attesa. La situazione le sembrava
eccessivamente melodrammatica. Quell'uomo era solo un po'
strano. Sentun leggero ticchettio contro il vetro della porta
chiusa. Si volte vide il signor Brown sulla soglia, con un
gomito leggermente sollevato. Bussdi nuovo sul vetro, un
rumore metallico. Un piccolo occhio rotondo di metallo si
disegncontro il vetro. L'uomo le fece un segno con la mano
libera. Per un attimo lei non cap
Con la voce che tremava leggermente, Don disse: - Credo
sia meglio che tu lo faccia entrare. -Mentre andava ad aprire,
Ginny aveva la strana sensazione di fluttuare nel vuoto, di
non toccare il pavimento con i piedi. Il mondo sembrava
luminoso e distante, come all'uscita di un tunnel. Girla
chiave e l'occhio rotondo di metallo si sollevleggermente e
puntalla sua gola. D'istinto lei si portuna mano al collo.
L'uomo teneva la zanzariera aperta con la spalla. Dall'altra
parte della strada, Johnny innaffiava il cemento accanto alle
pompe.
- Voglio che lei e il suo amico veniate ad aiutarmi,
signorina Mallory - disse Brown.
- Saremo lieti di aiutarla - rispose immediatamente
Don.
Brown fece un passo indietro. - Come si chiama? -
chiese a Don.
- Ferris.
- Signor Ferris, la prego, si metta a fianco della
signorina Mallory. Andate nella mia stanza e accendete le luci
una volta entrati. Non correte.
Il vialetto in cemento che attraversava tutto il cortile era
coperto da una tettoia. Sulla destra, lungo il muro, erano
allineate le sedie di metallo. Mentre camminavano fianco a
fianco Don le sussurr - Fa' esattamente quel che ti dice.
Ginny accese le luci e rimasero immobili nella stanza, le
spalle alla porta.
- Rimanga dov' signorina Mallory, la prego. Signor
Ferris, per favore, chiuda le tende delle finestre.
Mentre Don chiudeva le tende, Ginny sentBrown entrare
e chiudere la porta. Capche si trovava appena dietro di lei.
Le sembrava di sentire il suo respiro sfiorarle i capelli.
L'improvvisa botta alla testa la prese di sorpresa. Il colpo si
abbattsulla sua nuca, proiettandole il capo in avanti. Fece
qualche passo incespicando, picchicon il ginocchio sul
bordo del letto e finsul materasso, tendendo le braccia per
frenare la caduta. Si rese conto che Brown l'aveva colpita alla
nuca con la palma della mano. Si voltrapidamente. L'uomo
la guardava, calmo. Non l'aveva osservato attentamente
quand'era arrivato, di lui aveva colto solo il pallore, l'altezza
e l'abito scuro.
Aveva il volto magro, i capelli neri e radi, le ossa frontali
prominenti. Gli occhiali avevano una sottile montatura
dorata, e il volto e gli occhi erano curiosamente incolori;
aveva l'aspetto dell'impiegato, severo, devoto, affidabile.
Indossava un modesto abito scuro e aveva una vera nuziale al
dito.
- Signor Ferris, la prego, metta quella grossa valigia
nera sul letto e la apra. Non chiusa a chiave.
Ginny vide l'occhio metallico seguire i movimenti di Don.
Era una rivoltella compatta, con la canna molto corta. Aveva
un aspetto cupo e minaccioso. Le dita del signor Brown,
chiuse sull'impugnatura, erano lunghe, bianche, fragili.
Don posla valigia sul letto e la apr Ginny guard
dentro. Il denaro doveva essere stato sistemato con grande
cura, ma nel maneggiare la valigia gli strati superiori delle
banconote si erano sfilati dai blocchetti bene ordinati, chiusi
dalle fascette. Il tutto aveva l'aspetto freddo e imparziale dei
mucchietti di denaro a disposizione di un cassiere.
- Si sieda accanto alla signorina Mallory, per favore -
disse Brown.
Don si sedette cosvicino a lei da sfiorarla con le gambe.
Ginny si accorse che tremava leggermente. - Lei non
Brown, naturalmente - disse Don. - Ho visto le fotografie.
- Sono molto vecchie. - Brown si appoggiallo stipite
della porta chiusa e chiuse gli occhi per qualche secondo, poi
li riapr - Mi spiace dovervelo chiedere. - Il sorriso fu
rapido, abbozzato, quasi timido. - Per tutta la mia vita ho
maneggiato denaro. E adesso, per qualche motivo, mi riesce
impossibile contare questo. Comincio, e ogni volta mi sembra
di fare confusione.
- Come ha fatto? - chiese Don, e Ginny capche si
sforzava di apparire disinvolto. Il colpo inatteso alla testa
cominciava a far sentire i suoi effetti.
- Non stato difficile, signor Ferris. In effetti, non ho
fatto altro che uscire col denaro al momento giusto. Signorina
Mallory, le consiglio di prendere carta e matita dalla
scrivania. Le legga gli importi, signor Ferris. Le cifre sulle
fascette sono esatte.
Ginny trascrisse con cura i numeri che Don le dettava in
tono piatto e preciso. Ci volle molto tempo, e dovette
riempire due lunghe colonne. Su richiesta di Brown fece la
somma e comunicl'incredibile risultato:
trecentosettantaduemilacinquecento dollari. Brown chiese a
Ferris di ricontrollare il totale.
- Ce n'era di piall'inizio - disse Brown. - Un
blocchetto che avevo sistemato non ricordo dove.
- Cosa faradesso? - chiese Don.
Brown lo guard inespressivo. - Avrei bisogno di
dormire, naturalmente. Credo che si aspettino da me un
qualche tentativo di fuga. Ma da anni che mi tengono
d'occhio. Hanno dimenticato che io so benissimo cosa vuol
dire essere spiati. da molto tempo che non dormo.
- Lei malato - disse Ginny.
Lui la guarde parve imbarazzato. - Pudarsi.
- Dove pensa di andare? - chiese Don.
- Non ho ancora preso una decisione definitiva.
- La prenderanno - disse Don.
- Si sbaglia. Mi hanno gipreso. Molto tempo fa. Ora mi
permettono di viaggiare, tentano di convincermi che sono
ancora... libero. Immagino che sia una forma di tortura. Li ho
visti, nei ristoranti, sull'autostrada. Quando sono entrato qui,
sapevo che questo era il posto in cui era previsto che mi
fermassi. Ma ero troppo stanco per andarmene. Capisco dal
vostro sguardo che sapete ogni cosa. Tutti e due.
Nella stanza cadde il silenzio. Ginny vide che il braccio di
Brown tremava. L'uomo fermil movimento della pistola
bloccando il polso con l'altra mano.

Per qualche istante Ginny riusca vedere il mondo con lo
sguardo malato del signor Brown. Tutti sapevano. Tutti lo
controllavano. Tutti lo spiavano con gelido divertimento, con
altero disprezzo.
- Le cose non stanno come crede... - azzard
- inutile, Ginny - disse Don. La sua voce aveva uno
strano tono. Lei si volta guardarlo, sorpresa. Aveva una
curiosa espressione in volto. - Lei ha ragione, signor Brown
- proseguDon. - Sappiamo tutto. Eravamo pronti ad
accoglierla, quando arrivato.
- ovvio - disse Brown, a bassa voce.
Don si sporse in avanti. - Ma noi potremmo... cambiare
il copione.
Brown si irrigid come se per un attimo avesse smesso di
respirare. Poi domand - Perch
Don allungla mano e la possulle mazzette di
banconote. - Non le basta, come risposta?
- Come faccio a sapere che non un trucco? - fece
Brown. - Forse state solo facendo finta di aiutarmi a fuggire
senza che loro lo sappiano. Magari anche questo fa parte del
gioco.
- Ci conosce cospoco? - disse Don sdegnosamente. - A
noi non permesso prendere soldi. Se lo facciamo, ci
mettiamo automaticamente contro di loro.
Brown aggrottle sopracciglia. - una delle regole?
- Non lo sapeva?
- E quanto ne vorreste?
Don estrasse un fascio di banconote dalla valigia. La sua
mano era ferma. Prese mazzette di denaro pivecchio,
blocchi di biglietti da venti, da cinquanta e da cento. Ne tir
fuori dieci e li mise da parte.
- Questi - disse.
- Sono tanti - fece Brown.
- Ma pensi ai rischi che corriamo.
Brown riflettper un attimo, poi annu - vero. Qual
il vostro piano?
- Sa come abbiamo fatto a seguirla?
- Sono rimasto davvero disorientato. Ho cambiato strada
decine di volte, quando non c'era nessuno in giro. Ma voi ve
ne siete sempre accorti.
- C'era un dispositivo installato sulla sua auto. Emette
un impulso elettrico. E noi abbiamo seguito i suoi movimenti
con il radar.
Ginny osservBrown, capche si interrogava sulla cosa,
che l'accettava. - Questo spiega tutto - disse, annuendo.
- Smonteril dispositivo - propose Don - e lo
installersulla mia auto. La signorina Mallory e io andremo
verso nord, coscrederanno che lei stia tornando indietro.
Invece andrverso sud. Se sarin gamba, non la troveranno
mai pi
- E come farete a evitare di essere puniti? - domand
Brown circospetto.
- Durante il tragitto smonteril congegno e lo buttera
lato della strada. Dirche la stavamo seguendo e abbiamo
perso le sue tracce. Penseranno che sia stato lei a scoprire il
dispositivo e a liberarsene, mentre andava a nord.
Brown si agitnervosamente. GuardGinny, poi Don
Ferris. - Andiamo alla mia macchina, voglio vedere quel
congegno.
Don scosse il capo. - Spiacente. Non posso farlo.
- Un'altra regola? - domandBrown, dubbioso.
- Naturalmente - disse Don. - Devo agire da solo.
La mano che reggeva la pistola si abbasslentamente.
Brown la risollevcon palese sforzo. - La lasceruscire -
disse. - Io rimarrqui con la signorina Mallory. Quando avr
trasferito il congegno dalla mia auto alla sua, torni qui. -
Indietreggie aprla porta. Guardfuori e spalancla
zanzariera. Don si alze fece per uscire.
Ginny udun rumore sordo, un mugolio affannoso, uno
scalpiccio di suole sul cemento. La zanzariera sbatt Don
rimase fermo per un attimo, interdetto. Poi Johnny Benton
spalancla porta a fatica ed entr spingendo Brown davanti
a s L'uomo aveva il braccio piegato dietro la schiena, e le
labbra contratte in una smorfia di dolore. Johnny sembrava
enorme, bruno, rassicurante. Gli occhiali di Brown erano
rimasti appesi a un'orecchio e quando Johnny lo spinse avanti
bruscamente caddero per terra. Brown ci mise un piede sopra
e le lenti si frantumarono. Trattenendo l'uomo con facilit
quasi oltraggiosa, Johnny esaminla rivoltella che teneva in
mano, poi la fece scivolare nella tasca posteriore dei calzoni.
- Che succede qui? - domand - Non ho mai sentito
discorsi piassurdi in vita mia.
- da quattro giorni che ne parlano sui giornali e alla
radio - disse Don, chiudendo la porta. Johnny aveva notato i
soldi sul letto. Li fiss si inumidle labbra e torna
guardarli.
- Dio onnipotente - sussurr
- Lasciami il braccio - fece Brown.
- Come no. Siediti laggie sta' buono. Tutto a posto,
Ginny?
- Tutto a posto. - Si sentiva meglio, ora. Johnny era
come una boccata d'aria fresca in quella stanza.
Don era rimasto in piedi, le mani in tasca. Fissava i soldi,
accigliato.
Brown si sedette su una sedia accanto alle finestre. Senza
occhiali il suo sguardo era mite e stupito. - Le interesser
sapere che il signor Ferris e questa donna avevano accettato
di prendere dei soldi. Stavano per aiutarmi a scappare. Mi
rendo conto che questo contro le regole.
- Chiudi il becco - disse Don Ferris, con un filo di voce.
Si accostal letto, raccolse qualche mazzetta di banconote e
la rimise nella valigia. Tirfuori le sigarette, e ne diede una a
Ginny. Non le offra Johnny, che ne tirfuori una dalla tasca
dei pantaloni.
- matto? - domandil benzinaio.
- Completamente - disse Don. - Una storia assurda. Si
comportato in modo cosnaturale che passato proprio
sotto il naso della guardia. Lavorava lda trent'anni.
- Ventotto - precisBrown.
Don lo ignor - Ha delle idee fisse. Crede di essere
sottoposto a un controllo continuo. convinto che noi
facciamo parte dell'organizzazione che lo sta spiando. Alla
radio hanno detto che dev'essersi nascosto da qualche parte.
Non sanno che arrivato fin qui. Ha avuto fortuna. E che
fortuna! La fortuna dei folli. - Lancia Johnny un'occhiata
penetrante. - Trecentosettantaduemilacinquecento dollari.
Ginny sentuno strano prurito sul dorso delle mani. Le
sfregl'una contro l'altra. I due uomini si fissavano. Johnny
aveva un'espressione impenetrabile.
- Esentasse - aggiunse, a bassa voce.
I due seguitarono a guardarsi. Poi, come rispondendo a
un segnale, si voltarono entrambi verso Ginny. Lei fissnegli
occhi prima Don, poi Johnny, ed ebbe la sensazione di vederli
per la prima volta. La stanza era immersa nel silenzio. Con le
tende tirate, il fumo delle sigarette ristagnava nell'aria.
- Perchvi comportate in modo cosstrano? - domand
Ginny, e la sua voce le parve quella di un'estranea.
Nessuno dei due le rispose. Johnny si avvicinal letto.
Don lo teneva d'occhio, attento. Johnny prese il foglio di
carta su cui Ginny aveva scritto il totale, gli diede un'occhiata
distratta e si avvicinalla mattonella su cui erano sparsi i
resti degli occhiali, vicino al tappetino. Raccolse la montatura
dorata e la scosse leggermente, facendo cadere qualche
residuo frammento delle lenti. Si inginocchi e i pantaloni si
tesero sulle cosce muscolose. Con la testa piegata da un lato,
per evitare che il fumo della sigaretta gli andasse negli occhi,
fece scivolare con cura i frammenti di vetro sul foglio di
carta. Quando ebbe finito posil foglietto sul pavimento e lo
ripiegfino a formare un piccolo involto. Rimase
accovacciato, gli occhi puntati su Don, e dopo un lungo
silenzio, disse: - Un buon oculista puprendere un
piccolissimo frammento di lente e dedurne l'esatta
gradazione. L'ho letto in un romanzo.
Don tornsui suoi passi e di colpo si lasciandare sul
letto accanto alla valigia, dalla parte opposta rispetto a
Ginny. Sprofondsul materasso come se le gambe non lo
sorreggessero. Ginny lo guard Lui evitil suo sguardo e
rimise nella valigia le mazzette di banconote messe da parte.
Ginny lanciun'occhiata a Brown. Il suo mento appuntito era
appoggiato sul petto. Le mani bianche erano abbandonate sui
fianchi, le dita leggermente piegate. Era come se fosse
addormentato.
- A cosa state pensando? - domandGinny, con voce un
po' troppo alta. Non le risposero, e lei capche non ce n'era
bisogno.
Seduto sul bordo del letto, Don contava sulle dita. - Il
nome sul registro. L'auto. Forse il numero di serie delle
banconote nuove. - Intanto Johnny si era rialzato e stava
infilando con cautela il pacchettino con i frammenti di vetro
nella tasca dei pantaloni.
Si voltverso la porta, come se volesse guardare fuori,
ma le tende erano tirate. Ginny intravedeva l'impugnatura di
metallo della rivoltella, ne indovinava la forma sotto la stoffa
tesa dei pantaloni.
A voce bassa, Johnny disse: - Certo, una cosa per volta.
Il registro fatto a schede. Non sono numerate in sequenza.
Nessun problema. - Si gira metverso Don e con uno
strano sorriso fece il gesto di strappar via un foglio di carta.
- Non puoi fare lo stesso con l'auto - fece Don, piano.
- Un camion andato a finire contro l'arcata del ponte
vicino a Grover, tre mesi fa. C'ancora un bel buco. L'acqua
profonda laggi la corrente molto forte, e lungo la strada
non ci sono centri abitati. Ho dei guanti da lavoro nella
stazione di servizio, se dovessero servire.
Ginny si premette la mano stretta a pugno sulla bocca,
cosforte da farsi male. - No - disse. - No. Non lo
permetter
Improvvisamente Don allungil braccio oltre la valigia e
le afferrun polso, tenendolo stretto. Aveva lo sguardo
gelido. - Usa il cervello - disse piano. - L'assicurazione
ripagherle perdite. Quanto a quell'uomo, lui non una
perdita. Quando diventano cos non c'modo di curarli.
Siamo solo noi tre. E nessuno dirmai una parola. Mai.
Centoventicinquemila per ciascuno, pio meno.
- Non per ciascuno - disse Johnny, infilando i pollici
nella cintura, con atteggiamento risoluto. - Se devo fare io il
lavoro sporco per te, Ferris, ne voglio centottantacinque.
quasi la met Come vi dividete il resto tu e lei sono affari
vostri.
- Un terzo per ciascuno, Benton.
- E tu cosa farai, in cambio?
Ginny aveva un nodo alla gola. Don lascicadere la
sigaretta sul pavimento e la spense con un piede. Rimase
seduto con i gomiti poggiati sulle ginocchia, le mani
penzolanti, la testa bassa, poi si voltlentamente verso
Brown. Ginny vide che aveva la mascella tesa, una vena sulla
tempia che pulsava.
Quasi in un sussurro, Don disse: - Tu ti occuperai della
macchina. Io... faril resto. - E accennappena col capo
verso Brown.
- Senza lasciare tracce - aggiunse Johnny, anche lui a
bassa voce.
- Vengo con te, lo stordisco, e sarl'acqua a completare
l'opera.
Johnny fece un cenno di approvazione, si avvicinal letto
e si ferma mettra Ginny e Don, tamburellando
leggermente le dita brune su un angolo della valigia nera. -
Un cabinato - disse. - Una di quelle belle ragazze che girano
con la cappelliera. Una macchina sportiva. Tutto ldentro.
- Non tutto in un colpo - disse Don bruscamente.
Johnny si voltlentamente verso di lui. - Mi credi cos
stupido, Ferris?
Improvvisamente Ginny capquel che doveva fare. Balz
in piedi piin fretta che pote corse verso la porta, sapendo
che non era chiusa a chiave. Aveva fatto solo tre passi quando
il braccio robusto di Johnny la afferrper la vita,e lei scivol
sul pavimento. L'uomo la fece rialzare con un gesto brusco,
premendole forte la mano sulla bocca. Le dita puzzavano di
benzina. Le venne la nausea, e temette di svenire. Da molto
lontano le giunse la voce di Johnny che diceva a Don: - un
problema tuo questo, no?
Don si avvicina Ginny e le afferri polsi, guardandola
negli occhi con aria supplichevole. - Ti prego, dolcezza. Non
c'nessun rischio. Non avremo mai piuna possibilitcome
questa. Se non lo facciamo, e i poliziotti vengono a prenderlo,
credi che ci saranno ancora molti soldi quando avranno
finito? Se stai al gioco non dovrai muovere un dito e ti
toccherun bel terzo della somma. D'accordo?
Lei scosse la testa. Dietro di lui intravedeva Brown,
nell'identica posizione di prima. La testa era piegata
leggermente da un lato. Si rese conto che dormiva.
- Non c'modo di convincerla, credo - disse Johnny.
Don si sfregil mento. Alzle spalle: - Tienila ferma,
allora. Fammi pensare.
- E se mettessimo anche lei nell'auto? - domand
Johnny, con calma.

Don alzgli occhi verso Johnny. Si mordicchiil labbro,
e Ginny cap in preda al terrore, che stava davvero
prendendo in considerazione quella possibilit anche se era
stato Johnny ad avere il coraggio di proporlo. La paura le
stendeva un velo sugli occhi e la faccia di Don le appariva
distorta, quasi sfuocata. Solo gli occhi, penetranti, erano
perfettamente nitidi. Alla fine Don scosse il capo. - Troppo
rischioso, Benton. Troppe domande. Dobbiamo coinvolgerla,
in modo che non possa parlare.
- Suggerimenti?
- Lasciami pensare, maledizione, lasciami pensare!
- tutto perfetto, Ferris - disse Johnny, in tono
rammaricato. - Tutto, tranne Ginny e la sua boccaccia. Si
mettono i soldi da parte e li si tira fuori a poco a poco. So
dove si possono cambiare quelli nuovi senza rischi.
- Vuoi stare zitto? - urlDon.
- Se seguiti a gridare manderai tutto a monte.
- Scusa.
- Mi sta venendo un'idea. Ma dobbiamo far presto. Metti
quel tizio fuori combattimento mentre ci penso su, Ferris.
Don gli lanciun'occhiata tagliente. - Quale idea?
- Fa' come ti dico. Poi andiamo a prendere l'auto.
- Portiamolo fuori. pisicuro.
- Fa' come ti dico, Ferris. Funzionera meraviglia.
Don si volta guardare l'uomo addormentato, poi andin
bagno e ne uscimmediatamente con un asciugamano avvolto
intorno al pugno. Si passla lingua sulle labbra, impacciato,
mentre si avvicinava a Brown. Esit
- Va' avanti - ordinJohnny.
Mentre Don dava loro le spalle, Ginny sentche Johnny le
sfiorava i capelli con il mento e le dava un bacio sul collo,
tenendola ferma con entrambe le mani. Ebbe un brivido e
cercdi mordergli la mano, ma non riuscad affondare i
denti nella pelle coriacea. Don fece un passo avanti e afferr
l'uomo addormentato per i capelli, gli piegla testa
all'indietro con un gesto brusco e lo colpalla mascella con il
pugno bendato. Colpduramente, e Ginny capche quella
scena le sarebbe rimasta profondamente impressa nella
memoria per tutta la vita.
Brown non croll Pareva sconvolto e stordito. Alz
lentamente le mani, e Don Ferris gli sferrun altro pugno.
Johnny lasciandare Ginny e la sua voce disinvolta
risuonforte nella stanza: - Okay, signor Ferris.
Don si girlentamente e lasciandare la chioma scura e
rada di Brown. Fece un passo avanti. Mentre cercava di
raggiungere la porta, Ginny vide Johnny estrarre il revolver
dalla tasca.
Don si blocc si voltverso di lei e disse, con un filo di
voce: - Ginny! Vuol prendersi tutto! Ginny!
Johnny indietreggirapidamente, in modo da tenere
d'occhio entrambi. Poi le rivolse un sorriso, tenendo la
rivoltella puntata verso Don. - Piccola, va' a telefonare alla
polizia, in citt Cerca di parlare con Tom Heron.
L'asciugamano avvolto intorno al pugno di Don cadde per
terra, e lui si irrigid - Aspetta un secondo, Ginny. Okay,
Johnny, ti capisco. Sarebbe stato troppo rischioso. Ascolta,
quel tizio troppo suonato per ricordarsi qual era il totale.
Facciamo cos prendiamone qualche mazzetta, non tanti,
venti o trentamila. Nessuno si accorgerdella differenza. Lui
troppo svitato perchgli credano. Usa il cervello, Johnny. E
tu, Ginny, che male ti ho fatto, si pusapere? Vieni qui!
Sollevle braccia, in un gesto supplichevole.
- Appena hai telefonato torna qui, Ginny - disse
Johnny, a bassa voce.
Lei usce corse in ufficio. La linea era libera. Tom Heron
era in sede. - Sono la signora Mallory del Belle Wiew Courts,
sulla Statale Diciassette. Johnny Benton sta tenendo d'occhio
un tizio che vi interessa. quello che... che ha rubato tutto
quel denaro a Boston.
All'altro capo del filo l'uomo rimase senza fiato, allibito,
poi disse: - Bene. Saremo lfra dieci minuti. - Venticinque
chilometri, penslei, forse ce la faranno in dieci minuti.
Ginny rifece la strada di malavoglia. La rapida
successione degli eventi pareva averla privata della capacit
di ragionare. La porta era ancora aperta, e lei guard
attraverso la zanzariera. Ora la valigia era sul pavimento, e il
signor Brown giaceva sul letto. Si premeva un asciugamano
bagnato contro il mento e lo sguardo mite dei suoi occhi
spalancati era rivolto al soffitto. Don aveva appoggiato un
piede sulla sedia dove prima era seduto Brown. Johnny si
stava accendendo una sigaretta, e non aveva pila pistola.
Quando vide Ginny le offrda fumare tenendo acceso il
fiammifero. Lei si chinverso la fiamma, poi alzgli occhi
verso di lui.
Quando distolse lo sguardo, incrociquello di Don.
L'uomo aveva ripreso il suo aspetto familiare, gli occhi arguti
e maliziosi. - Be', era solo un'idea - disse.
Ginny non riusciva a guardarlo negli occhi. Voltle spalle
a entrambi.
- Che ti succede, dolcezza? - chiese Don, calmo.
Lei si strinse nelle spalle, incapace di rispondere. I
minuti passarono, lenti, interminabili, finchdelle auto
giunsero da sud a forte velocit rallentarono ed entrarono
nel viale, slittando sulla ghiaia. Ginny si rallegrche non
avessero azionato la sirena.
Don disse rapidamente a Johnny: - Non hai nulla in
mano, Benton. Nulla che tu possa usare.
- Non ce l'ho, infatti - rispose Johnny con la sua voce
profonda. - Diamine, sei un avvocato, no?

Erano andati via. Le auto e il denaro e il signor Brown.
Anche Don Ferris se n'era andato, lasciando di nuovo libera la
stanza numero quindici.
Ginny era fuori, nella notte, le braccia incrociate, e
vedeva le luci della stazione di servizio brillare in lontananza.
La notte era molto pibuia di prima. Mentre i suoi occhi si
abituavano all'oscurit vide Johnny che attraversava con
calma la strada. Lento, grosso, l'uomo si fermaccanto a lei.
- Non stata una buona cosa, Ginny - disse lentamente.
- Credo che tu sappia perch
- Credo di s
- Sai, Ginny, una volta quand'ero ammalato, da bambino,
il termometro cadde per terra e si ruppe, e qualcuno mise il
mercurio in un piattino. incredibile quella roba. Se inclini
leggermente il piatto, il mercurio ti scivola via tra le dita.
bello, ma infido.
- Johnny, io non voglio...
- Devi ascoltarmi. Lui proprio cos Veniva qui di
continuo, e non c'era proprio niente da dire su di lui. Poi ho
visto come fissava tutto quel denaro, quello sguardo cos
particolare. Ho capito a cosa stava pensando. E allora gli ho
dato quella minima opportunit Come quando si inclina il
piattino per vedere scorrere via il mercurio. Vedi, temevo che
ti portasse via di qui, e volevo che tu vedessi chiaramente a
che cosa mirava, secondo me.
- Io... non dimentichermai il modo in cui lui...
- Lo so. buffo, ma anch'io ho scoperto di non essere un
santo.
- Cosa vuoi dire?
-C'stato un attimo in cui... non so. La pistola in mano,
e tutta quella grana. Di colpo mi venuta una voglia pazzesca
di prendere tutto e fuggire.
- Non l'avresti mai fatto - disse lei, in tono deciso.
- Sono felice che la pensi cos piccola. - La sua voce
aveva una nota divertita.
Lei si voltverso di lui. - Johnny?
- S
- Tu non volevi che lui mi portasse via di qui.
Ginny avvertil suo improvviso imbarazzo, dovuto alla
timidezza. - vero, ma non voglio parlarne ancora. Non cos
presto. Non giusto parlarne cospresto. Scotty e io, be'...
insomma, sai quello che voglio dire.
- So quello che vuoi dire, Johnny.
Lei rientrin ufficio un attimo per accendere la grossa
insegna "Belle Wiew Courts-Stanze libere". Poi tornfuori e
si fermal suo fianco nella dolce notte della Georgia, e
insieme attesero che un viaggiatore notturno giungesse dalla
lunga strada diritta, annunciato dalla luce stanca dei fari.

Talmage Powell
Una morte improvvisa
"Alfred Hitchcock's Mystery Magazine", 1957

Talmage Powell esordnel 1943 con un lungo racconto
giallo annunciato sulla copertina di una rivista pulp. In
seguito scrisse all'incirca altri cinquecento racconti,
spaziando tra vari generi: mystery, poliziesco, western,
fantascienza, e racconti per riviste maschili. Dei suoi
romanzi, in maggioranza gialli, cinque furono pubblicati in
edizione economica tra il 1959 e il 1964 e avevano come
protagonista il detective privato Ed Rivers di Tampa, un
personaggio ben pirealistico della massa di detective che
spuntarono come funghi negli anni Cinquanta e Sessanta.
Una morte improvvisa, la storia drammatica di un uomo alla
ricerca di un pirata della strada che ha ucciso sua moglie, fu
pubblicato originariamente sull'"Alfred Hitchcock's Mystery
Magazine" nel 1957; in seguito Powell lo riprese ampliandolo
nel suo primo romanzo, The Smasher (1959).
B. P.

La stanza d'albergo era squallida, e la relazione
impegnativa. Seduto alla scrivania sotto la quale si
accumulavano le cartacce, feci una pausa per accendermi una
sigaretta. Appoggiandomi allo schienale della sedia, colsi di
sfuggita la mia immagine nello specchio del com Il ritratto
dell'Uomo Qualsiasi. Altezza: un metro e ottanta. Peso:
settanta chili. Un ciuffo di capelli neri sulla fronte corrugata.
Gli occhi socchiusi, la faccia malrasata, un po' pallida per la
fatica.
Firmai la relazione: Steve Griffin.
Mi alzai, mi stiracchiai e mi accorsi che fuori era buio e
che avevo fame. Infilai i documenti nella valigia appoggiata
alla scrivania e decisi di fare una doccia per rinfrescarmi.
Non feci in tempo.
Squillil telefono.
- Signor Griffin?
- S
- Chiamata interurbana. Un attimo, la metto in
comunicazione... Ecco fatto... parlate pure, prego.
La linea pareva disturbata. Sentivo la voce lontana,
flebile.
- Maureen! - dissi. - Che sorpresa! Aspetta un secondo,
dico all'operatore che la linea ..
Maureen si schiarla voce, a centocinquanta chilometri di
distanza. - La linea funziona benissimo - disse, parlando
piforte.
Strinsi le dita intorno alla cornetta.
- C'qualcosa che non va? Penny? Penny sta bene?
- Sta guardando un programma per bambini alla TV. Oh
s sta bene. Ma... ma lei non lo sa ancora.
- Non sa cosa? Che significa?
- Steve, devi tornare a casa. Immediatamente. - La voce
era salita di tono. Ci fu un attimo di silenzio, poi lei aggiunse
a bassa voce, semplicemente: - Un uomo sta cercando di
uccidermi, Steve. Ci ha provato per la seconda volta, oggi. La
prima poteva essere un incidente. Ma non la seconda. La
seconda no!
Crollai sulla sedia con tutto il mio peso, mentre la voce
lontana mi implorava di correre a casa. Era successo la prima
volta due giorni prima, disse. La stessa auto. Maureen era
andata in un vivaio fuori citta prendere qualche arbusto da
piantare per Dudley. L'auto aveva svoltato bruscamente
all'incrocio, facendo stridere le gomme. Lei si era buttata da
una parte, evitando a malapena di essere investita. Oggi era
successo mentre scendeva dal marciapiede di fronte al
supermercato, con la borsa della spesa.
La stessa auto. Massiccia, verde. Come la nostra.
- Mio Dio, Maureen! E perch
- Perch - disse lei. E si mise a piangere. Non era da
lei. Maureen non piangeva mai. Sembrava impossibile che
stesse piangendo perchqualcuno aveva tentato di ucciderla.
- Te lo dirquando sarai a casa, Steve.
Corrugai la fronte. - Tieni duro, arrivo. Chiama la
polizia.
- S Steve... quando sarai qui.

Centocinquanta chilometri di oscurit mentre la pioggia
iniziava a cadere. Guidavo una decapottabile del reparto
vendite. Era leggera e non teneva bene la strada.
Non avevo pifame. La telefonata continuava a ronzarmi
in testa. Qualcuno stava cercando di uccidere Maureen, ma lei
voleva che fossi l in carne e ossa, per spiegarmene il motivo
e avvertire la polizia.
Una situazione irreale, come il nostro primissimo
incontro. Era successo in Germania, negli ultimi giorni di
guerra. Maureen faceva parte di un gruppo inviato per
sollevare il morale delle truppe e quando apparve l'aereo
tedesco - uno di quegli avvoltoi solitari abbandonati dalla
Luftwaffe, impazziti per l'umiliazione - lei e io finimmo nella
stessa trincea. Era piena di fango, ma io spinsi giMaureen
proteggendola con il mio corpo. Si udun rutto di fucili, l'urlo
di una sirena. Lei era tutt'altro che tranquilla, e tuttavia non
tremava.
In pochi secondi fu tutto finito. L'aereo si allontane a
terra le attivitripresero.
- Sangue - disse Maureen guardando la mia schiena, e
impallid Poi balzfuori dalla trincea e torncon due uomini
che reggevano una barella. Mi estrassero dalla buca e lei
rimase al mio fianco mentre correvamo verso l'ambulanza. Mi
parve minuta, trafelata, e la brezza le scompigliava i capelli
biondi e ricciuti, tagliati corti.
Mentre mi caricavano sull'ambulanza rimase l china e
mortificata.
- Verra trovarti in ospedale, soldato.
- Magnifico - dissi io stringendo i denti, perchlo
stordimento iniziale stava passando.
Non era una ferita grave, ma aveva messo allo scoperto
un muscolo della schiena, ed era lenta a guarire. Lei venne a
trovarmi tre volte finchrimasi in zona. Mantenni la
promessa di cercarla quando tornai negli Stati Uniti. Ci
frequentammo per un po'. Nessuno dei due aveva parenti
stretti. La nostra esperienza oltreoceano ci aveva cambiato.
Avevamo bisogno di qualcosa. Decidemmo che avevamo
bisogno l'uno dell'altra. Una sera, al termine di una festa,
nessuno dei due aveva voglia di tornare a casa.
Vagabondammo in macchina tutta la notte, in uno stato che si
potrebbe definire di leggera ebbrezza, e al mattino presto ci
sposammo.
Non era un matrimonio perfetto, ma avevamo fatto in
modo che funzionasse. Non eravamo innamorati nel senso
tradizionale del termine, ma avevamo molto in comune: ci
scambiavamo solidariete comprensione, eravamo disposti a
tollerare i piccoli difetti reciproci senza avercene a male o
irritarci, semplicemente perchnessuno dei due giudicava
l'altro in base a un ideale romantico.
A cementare la nostra unione arrivnostra figlia Penny,
cinque anni, una testa bionda piena di ricci e i dentini bianchi
e regolari.
Se tutto cipusembrare un po' deprimente, si tratta di
un'impressione sbagliata. Avevamo un folto gruppo di amici
che frequentavamo in occasione di visite e feste. Maureen era
intelligente, e facile al riso. Il suo difetto pitrascurabile era
l'odio per i dettagli, che si rifletteva nel modo in cui teneva la
casa. Quello pigrave era il continuo bisogno di
apprezzamento. Non era leziosa, nin cerca di avventure, ma
quando entrava in una stanza doveva essere certa che gli altri
notassero la sua presenza. Il suo istinto di attrice? Forse. Ma
ero piincline a pensare che quell'atteggiamento derivasse da
un profondo senso di insicurezza.
Apparvero le prime luci della citt Il flusso delle auto si
fece piintenso. Mi destreggiai attraverso il traffico cittadino
con l'abilitdi un tassista. Mi addentrai nel quartiere
residenziale dove abitavamo, Meade Park, stringendo le dita
sul volante fino a farmi male.
Era mezzanotte e pioveva ancora piforte di prima. Qui e
lin fondo ai giardini brillavano le luci delle abitazioni, che
erano nuove, bianche e accoglienti.
Svoltai all'angolo con Tarrant Boulevard. La nostra casa
era a metdell'isolato. Le luci del soggiorno erano accese e la
nostra auto era parcheggiata sotto la tettoia. Mi fermai dietro
la berlina verde e mi lasciai andare contro lo schienale, felice
per un attimo di vedere l'auto e la casa illuminata.
Scesi dalla decapottabile, tirai su il bavero
del'impermeabile e attraversai di corsa il prato fino
all'ingresso.
Entrai e richiusi la porta, aspettandomi di vedere
Maureen che si alzava dalla poltrona, ma il soggiorno era
deserto.
- Maureen?
Il silenzio che regnava nella casa divenne sempre pi
evidente. Mentre controllavo rapidamente il pianterreno,
cominciai a provare una dolorosa sensazione di vuoto.
Feci i gradini a due a due, con il cuore che mi martellava
nel petto. Raggiunsi la camera da letto e con un'occhiata mi
resi conto che era deserta. Allora corsi verso la porta della
stanza di Penny, ma non ebbi il coraggio di aprirla. Dovetti
fermarmi un attimo, spezzando il silenzio con il mio respiro
affannoso, prima di riuscire a girare la maniglia e ad
accendere la luce.
Penny era nel letto che dormiva, cingendo con un braccio
il suo orsacchiotto gigante. Si stire poi fece un sospiro,
immersa in un sonno profondo.
Tornai al pianterreno, asciugandomi il viso e le mani.
Quando arrivai in soggiorno, il fazzoletto era fradicio.
La cosa fondamentale era non perdersi d'animo, e
pensare al da farsi. Mi accesi una sigaretta e cercai di
calmarmi. Mentre buttavo il cerino nel portacenere, notai il
mozzicone. Lo raccolsi. Era ancora umido, molle. Non doveva
essere lda molto. Non era di Maureen, non aveva tracce di
rossetto. Doveva essere di un uomo.
Mi trattenni dal chiamarla ad alta voce, anche se dentro
di me urlavo il suo nome, e mi ritrovai sulla porta d'ingresso
a scrutare nell'oscurit in cerca di qualche traccia di lei.
Forse era uscita. Ma non poteva essere andata lontano in una
notte come quella, senza l'auto e con Penny sola al piano di
sopra. Le luci delle case vicine erano spente.
Chiusi la porta. Come tutte le persone normali, ero
riluttante a chiamare la polizia. Poi ricordai il suono della
voce di Maureen, fioca, distante.
Presi il telefono situato in una piccola nicchia
all'ingresso, formai il numero e una voce calma, annoiata, si
sostitual segnale all'altro capo del filo. - Stazione di
polizia, quinto distretto.
- Voglio denunciare la scomparsa di una persona.
- La metto in comunicazione con l'ufficio.
Silenzio. Mi asciugai le labbra con il dorso della mano.
Un altro clic.
- Persone scomparse. Parla DeCoster.
- Sono Steven Griffin, 642 Tarrant Boulevard. Mia
moglie scomparsa.
DeCoster sospir come si trattasse della solita routine. -
Come si chiama?
- Maureen. Lei...
- Cosa le fa pensare che sia scomparsa? certo che non
sia uscita o che non sia stata chiamata da un'amica, o che non
stia tardando a tornare dal cinema?
- Senta - dissi. - Due ore fa io ero a centocinquanta
chilometri di distanza. Lei mi ha telefonato. Ha detto che
qualcuno stava cercando di ucciderla e mi ha implorato di
tornare a casa. Quando sono arrivato, in casa c'erano le luci
accese, l'auto era al suo posto... ma di lei nessuna traccia. Se
ha delle domande da farmi...
- Ne parliamo quando sarl- rispose DeCoster.
Otto minuti dopo, un'auto della polizia si fermdi fronte
alla casa sollevando spruzzi d'acqua. Io ero sulla porta, in
attesa. DeCoster e un poliziotto giovane in uniforme uscirono
sotto la pioggia, si presentarono ed entrarono con me nel
soggiorno.
DeCoster era un uomo alto, magro, dalla pelle olivastra.
Aveva il viso lungo, con borse profonde sotto gli occhi che
erano grigi e animati da una luce tagliente.
- Mi racconti - esord tirando indietro il cappello dalla
fronte.
Gli dissi tutto.
- Ha una sua fotografia?
Presi un ritratto di Maureen da un tavolo d'angolo.
DeCoster lo esamine dal suo sguardo mi resi conto che la
giudicava molto attraente.
- Un folletto - disse. - Maliziosa. Occhi a mandorla. Bei
denti. Non difficile da riconoscere. - Porse la fotografia al
poliziotto in uniforme dicendogli di estrarla dalla cornice,
dopo avermi chiesto il permesso.
- Si sieda - aggiunse rivolto a me - e parliamo.
- Parlare? Perchnon fate qualcosa? - Gli avevo gi
detto del mozzicone nel mio primo resoconto. Ora glielo
ricordai. - Chiunque stesse fumando quella sigaretta non pu
aver portato via Maureen molto prima del mio arrivo. Ogni
minuto che si perde...
Mi mise una mano sulla spalla. - So come si sente, ma lei
sta gisaltando alle conclusioni. Ammesso che lei abbia
ragione, quell'uomo non certo fuori allo scoperto, seduto
tranquillamente accanto a sua moglie ad aspettarci. - Fece
un cenno col capo al giovane agente. - Trasmetti tutti i dati
per radio.
Il poliziotto si allontancon la foto di Maureen. DeCoster
mi dedicla picompleta attenzione, come se fossi il suo
primo cliente da cinque anni.
- Mi parli di lei.
- Cosa vuole sapere?
- Tutto quello che le viene in mente. Abitudini, amicizie,
preferenze, antipatie. Nemici.
- Non ne aveva... non di quel tipo.
Sorrise e rimase in attesa, e io mi sentii gelare. I suoi
occhi dicevano: "Ma s invece, ne ha almeno uno di quel
tipo".
Provai sollievo a parlare di lei. Fin quando potevo
parlarne al presente, avevo qualcosa a cui aggrapparmi.
DeCoster era un buon ascoltatore, la sua attenzione non
veniva mai meno.
Cercai di fargli capire com'era Maureen, il suo strano
miscuglio di maturite perpetua adolescenza. Proprio quando
ti convincevi che il suo atteggiamento sarebbe sempre
rimasto ingenuo e infantile, emergeva in lei l'amara
consapevolezza della vita di un vecchio filosofo pessimista.
Proprio quando sembrava che bastasse l'abbaiare di un
cucciolo a spaventarla, dimostrava una grinta e una
determinazione che avrebbero messo in fuga un mastino.
Con un cenno, una parola, un'espressione del viso,
DeCoster continuava a farmi parlare. Seppe cosche lei aveva
fatto l'attrice, con scarso successo. Gli occhi le si riempivano
ancora di nostalgia quando la conversazione scivolava su
argomenti che riguardavano il teatro, ma non aveva parlato
molto del periodo in cui recitava da quando era nata Penny.
DeCoster apprese poi che io ero socio di minoranza in una
fabbrica di materie plastiche diretta da Willis Burke, con cui
avevo fatto amicizia durante la guerra. L'iniziativa aveva
avuto successo. Will, che discendeva da un'antica e
importante famiglia, aveva fornito la maggior parte del
capitale iniziale sfruttando un'eredit Era il manager,
l'organizzatore, il contabile. Io mi occupavo dei clienti.
- Quindi lei spesso lontano da casa?
- La maggior parte del tempo... - Mi interruppi. Ci
fissammo, seduti l'uno di fronte all'altro. Posai le mani sui
braccioli della poltrona. - Tutti i poliziotti hanno pensieri
meschini come lei?
- Senta, tenga bene a mente una cosa. - Il viso di
DeCoster pareva pilungo, piscavato. - Ci sono solo tre
possibili spiegazioni perchqualcuno le stesse alle calcagna,
Griffin. Primo: putrattarsi di un pazzo. Secondo: puaverla
scambiata per un'altra.
- E terzo?
- Terzo: quando lei era assente sua moglie ha fatto
qualcosa che ha spinto qualcuno a desiderare di ucciderla. -
Lo disse con gentilezza. Ma io lo odiai.
Suonarono alla porta. Saltai su dalla sedia e raggiunsi la
soglia prima di DeCoster. Fuori c'era Willis Burke. Era un
uomo alto, ma dava l'impressione di essere tozzo. Si muoveva
con l'inconsapevole disinvoltura di chi non ha mai avuto
problemi di denaro. A trentacinque anni, aveva ancora la
faccia da ragazzo all'ultimo anno di college, presidente
dell'associazione studentesca. Una faccia quadrata, con una
fessura sul mento. Sopracciglia folte, ma regolari. Capelli
castani che ricadevano a punta sulla fronte, alta e spaziosa.
Era senza cappello, e gocce di pioggia brillavano sui suoi
capelli e sull'abito scuro. Aveva bevuto, almeno quel tanto da
fargli assumere un colorito paonazzo.
Mi agitun dito sotto il naso. - Ho visto l'auto aziendale
nel vialetto. Immagino che chiederai un extra per aver
finito...
- Vieni dentro, Will. successo qualcosa.
Entre io chiusi la porta. Will spostlo sguardo da
DeCoster a me, e si rese conto che le mie parole avevano un
significato preciso.
- Qualche problema, Steve? - domand - Ti serve
aiuto? Faremo come ai vecchi tempi, amico.
- Will, Maureen scomparsa.
La sbornia gli passdi colpo, e mi fiss Poi fece una
smorfia. - Quando?
- Stanotte.
Proseguii parlando il pivelocemente possibile, perch
non volevo sentire le parole che stavo dicendo. DeCoster mi
ascoltsenza dire nulla.
Will si inumidle labbra: - Fammi capire: lei ha
telefonato, ha detto che avevano tentato di ucciderla due
volte, e quando sei arrivato qui era sparita. proprio vero?
Non che ho perso i sensi e sto sognando?
- Lei sobrio a sufficienza- disse DeCoster.
- quel che temevo. - Will ebbe una leggera vertigine e
si sedette. Poi si rialz - Ecco perchaveva l'aspetto di una
persona che non riesce a dormire da molto tempo.
- Quando l'ha vista l'ultima volta, signor Burke?
- Ieri sera. Io e Carla, mia moglie, l'avevamo invitata a
cena. Ci eravamo accorti di quanto fosse gi e avevamo
deciso che aveva bisogno di distrarsi per una sera. Ma la cosa
non ha funzionato.
- No?
- Carla e io abbiamo litigato. Succede spesso. Non
ricordo piquale fosse il pretesto ieri sera... ah, s Carla si
era dimenticata di prenotare al Penguin Club. Avrei dovuto
chiamarla durante il giorno per ricordarglielo, mi ha detto,
sapendo quanto sono piene le sue giornate, a quante cose
debba pensare. Di solito Maureen ride di queste piccole
schermaglie. Ma ieri sera ha perso le staffe e ci ha piantato in
asso. Oggi ci ha chiamato per scusarsi. Ha detto che non era
da lei, ma ha dato la colpa a un forte mal di testa.
- Oggi non l'ha vista?
- No. Al telefono le ho chiesto se potevo esserle d'aiuto,
ma mi ha detto che aveva solo bisogno di un giorno o due di
riposo. Pensava di rimanere a letto e di alzarsi solo per
andare a fare la spesa al supermercato, nel tardo pomeriggio.
Allora ho lasciato perdere. Francamente, avevo ancora il pelo
un po' arruffato per ieri sera. Quando Maureen se n'era
andata, Carla aveva messo su un disco e aveva cominciato ad
accusarmi di essere uno stupido insensibile a urtare cosi
sentimenti di Maureen, e un autentico villano a lavare i panni
sporchi in pubblico. Ho trascorso la notte al club. Questa
mattina ho lavorato un po', poi sono uscito per curarmi i
postumi della sbornia, cura che non ho ancora completato.
- La signora Burke ha visto la signora Griffin oggi?
- Non so. Chiedetelo a lei.
- Lo far- disse DeCoster. - Mi sembra di capire che le
vostre famiglie abbiano legami pistretti di quelli puramente
d'affari.
- Siamo amici - confermWill. - A volte vengo qui,
quando voglio cenare in pace. - Il suo sguardo si muoveva
per il soggiorno. - Calore. Relax. Non come casa mia.
- Ci viene anche quando il signor Griffin non in casa?
- domandDeCoster tranquillamente.
La fessura sul mento di Will si fece piprofonda. - Ehi,
signor pubblico ufficiale, vuole un pugno sul muso?
- O lei non cossobrio come pensavamo - rispose
DeCoster - o molto stupido. Risponda alla domanda!
Will esaminil poliziotto e decise di parlare invece di
prenderlo a pugni. - Non sono a caccia di avventure, prima
di tutto - disse. Mi lanciun occhiata. - In secondo luogo, si
dil caso che Steve sia mio amico.
Ero contento che l'avesse detto, e che l'avesse detto in
quel modo. La maligna insinuazione di DeCoster su Maureen
mi rodeva il cervello, malgrado i miei sforzi per ignorarla.
Squillil telefono. Andai a rispondere. La chiamata era
per DeCoster.
Il poliziotto si limitad ascoltare, per lo pi
pronunciando solo qualche monosillabo e fissandomi con lo
sguardo cupo. Dal soggiorno si udil tintinnio del collo di una
bottiglia contro un bicchiere, Will stava curandosi la sbornia.
DeCoster rimise a posto il ricevitore. Il suo volto era
livido. Come se parlasse a se stesso, disse: - Un rapido colpo
di bisturi pipietoso del lento affondare di un coltello.
Lo afferrai per un braccio. - Cosa significa?
- Una donna che risponde alla descrizione di sua moglie
appena stata portata all'obitorio.
Di colpo tutto cambiintorno a me. Mi parve che le pareti
di casa si allontanassero di colpo a velocitspaventosa
lasciandomi solo in un luogo buio, esposto a un vento gelato.
Poco a poco rimisi a fuoco la faccia di DeCoster. Stava
posandomi una mano sul braccio. - Potrebbe trattarsi di un
errore. Potrebbe non essere sua moglie. Bisogna che lei vada
lper accertarsene.
Era Maureen, mi dissi. Avevano la sua fotografia. Era
facile da riconoscere. Anche DeCoster l'aveva detto.
Mi fermai ai piedi delle scale, con una mano sulla parete
e l'altra sul montante della ringhiera. Alzai lo sguardo verso
il corridoio dove brillava una fioca luce notturna. Dove
regnava il silenzio, e c'era una bimba che dormiva.
Sentii la mano di DeCoster sulla spalla. - Farvenire
una donna poliziotto, il sergente Elda Darrity. giovane,
simpatica, e adora i bambini. Se la sua piccola si sveglia, il
sergente saprcosa fare.
Will era nell'ingresso, e aveva sentito abbastanza per
capire. Aveva un'espressione stravolta. - Vengo con te,
Steve. Dira Carla di venire qui a occuparsi di Penny.
- Mi fa piacere che tu venga con me - dissi - ma non
vale la pena di disturbare Carla. - Preferivo che ci fosse la
donna poliziotto in casa, se Penny si fosse svegliata. Carla era
una chiacchierona, e c'era il rischio che si lasciasse sfuggire
qualcosa su questa brutta faccenda con la bambina.

La donna poliziotto era una graziosa brunetta dall'aria
capace, piuttosto tozza, ma con un'espressione gentile.
Con Will e DeCoster al fianco uscii nella notte. Ci
piazzammo tutti e tre sul sedile posteriore di una macchina
della polizia, guidata da un giovane agente in uniforme.
L'interno dell'auto era caldo e asciutto. La pioggia
insistente colava sui finestrini, tambureggiava sul tetto. I
tergicristalli faticavano a tenere sgombro il parabrezza.
Mi venne in mente l'espressione umile e tenera di lei
mentre mi caricavano sull'ambulanza. - Verra trovarti in
ospedale, soldato...
L'obitorio era un edificio in arenaria. I gradini che
conducevano alla doppia porta di vetro erano consunti e
sbrecciati.
Dopo quella corsa nel buio, le luci all'interno parevano
bianchissime e violente. DeCoster parla bassa voce con un
uomo.
- Da questa parte, prego, signor Griffin.
Un corridoio ci condusse in una stanza mantenuta a bassa
temperatura. Un giovanotto in camice bianco con le scarpe
dalla suola di gomma sollevil lenzuolo che ricopriva la
sagoma distesa su un tavolo mortuario e io procedetti
all'identificazione. Lo avevo gifatto mille volte, durante il
tragitto.
L'uomo in camice bianco torna coprire con la tela
bianca il volto della morte, e io me ne andai. Mi sentivo
gelare, nonostante il sudore che mi colava sulle guance.
Cercai di ricordare il riso di Maureen, ma negli oscuri recessi
della mia mente rimaneva solo quell'ultima immagine di lei:
pesta, insanguinata, priva di ogni dignit Gli abiti fradici e
lacerati. I capelli bagnati intorno al viso minuto e aguzzo.
L'indomani, al suo risveglio, Penny avrebbe chiesto di sua
madre.
Camminavo, e altre due o tre persone mi camminavano al
fianco. Riuscii a infilarmi una sigaretta tra le labbra e
qualcuno avvicinla fiamma di un accendino.
Di nuovo la pioggia sul viso. Poi il turbinio di luci
sfuocate fuori dall'auto della polizia. Will e DeCoster erano
sempre con me.
Giunti a casa, scendemmo tutti e tre ed entrammo. La
donna poliziotto disse che Penny stava ancora dormendo.
Andava tutto bene.

Andava tutto male, invece. Era tutto fuori posto. Ogni
cosa appariva di colpo distorta, corrotta, ingiusta. C'era
bisogno di Maureen. Penny aveva bisogno di lei, e anch'io, e
anche la casa.
In qualche punto della citt un uomo stava ormai
rilassando i muscoli e i nervi. Forse sorrideva fra s o beveva
qualcosa, o un nuovo pensiero lo assaliva mentre ricostruiva
tutta la vicenda cercando di individuare i punti deboli, il pi
piccolo errore.
Nessuno poteva aver bisogno di un uomo del genere.
DeCoster mi domandse stessi bene. Annuii, e Will gli
assicurche non mi avrebbe lasciato solo.
DeCoster si rivolse a me: - Le parole sono prive di senso
in momenti come questi, quindi non dirnulla. Si rilassi,
Griffin, se riesce, e si riposi. Avremo bisogno di tutto l'aiuto
possibile. Dovrparlare con molte persone domani mattina.
Annuii. DeCoster e la donna poliziotto se ne andarono. Mi
sedetti sul divano del soggiorno e affondai il viso nelle mani.
Sentii che Will andava a prendere il whisky in sala da pranzo.
Torncon la bottiglia in mano. - Un bicchierino a scopo
terapeutico, Steve?
Scossi il capo. Lo guardai mentre se ne versava un dito.
Sembrava stanco, quasi sofferente. Non bevve il suo drink,
ma rimase seduto con i gomiti appoggiati sulle ginocchia, il
bicchiere stretto tra le mani. Fissava il tappeto.
Poi alzla testa. - Steve, non sono stato del tutto sincero
con DeCoster.
- Che vuoi dire?
- Sono venuto in questa casa mentre tu non c'eri. Dopo
questa terribile disgrazia, bisogna che te lo dica. Voglio che
tu sappia, Steve, che lei era come una sorella per me.
La sua voce si spense.
Rimasi seduto, immobile. - Va' avanti, Will.
Abbozzun gesto con la mano. - So che questo rischia di
farmi perdere qualcosa che a cui tengo da molto tempo,
Steve: la nostra amicizia. Ma non posso correre un altro
rischio: che tu lo venga a sapere da qualcun altro. Era un
rapporto del tutto innocente, ma potresti pensarla
diversamente se lo venissi a sapere per vie traverse.
Si interruppe di nuovo. Sembrava facesse fatica a trovare
le parole. Lo lasciai sulle spine, e non dissi nulla.
- Lei non era in tutto e per tutto la giovane moglie
perfetta che tu avresti desiderato, Steve. Dio, se ci ha
provato! Per il tuo bene, e per quello di Penny. Ma aveva
delle qualitche riteneva di dover sfruttare. E che non erano
poi male. Una generositspontanea. Un bisogno disperato di
applausi, di approvazione. Per comportarsi da adulta aveva
bisogno di tenere costantemente sotto controllo la sua
immaturit
"Ammirava il tuo carattere, Steve, la tua forza, il tuo
atteggiamento concreto. Era una persona diversa quando tu le
eri accanto.
- Stavi per raccontarmi di voi due - dissi - e ora mi
tratti come un idiota che non sa niente di sua moglie.
Non mi resi conto che stavo quasi urlando finchnon
smisi di parlare e ripiombammo nel silenzio.
Will buttgiil suo drink rapidamente. - Te l'ho detto -
prosegu- e ti ho spiegato il perch Ci siamo visti solo
qualche volta da soli. E nessuno dei due ha mai pensato a una
relazione. Parlavamo, pranzavamo insieme, ogni tanto
andavamo a fare un giro e scherzavamo come due bambini.
- Come se foste ancora al college - dissi io.
Chinil capo con una smorfia. - Forse hai ragione,
Steve. Probabilmente era un tentativo di rimettere indietro
l'orologio e fuggire dalla realt
- E poi tornavi da Carla.
Fissil tappeto e non disse nulla.
- Tua moglie lo sa?
- Non gliel'ho detto. Non credo che capirebbe. Steve,
vuoi che me ne vada?
- No - dissi. - Credo che tu mi abbia detto la verit
Credo che tu abbia mentito a DeCoster perchin questo modo
pensavi di proteggere il mio onore. - Mi alzai. - Quindi non
ti chiedo di andar via, Will. Ma non pensi sia meglio che tu
torni da Carla?
- Lei starbene. E io resterqui. Pudarsi che possa
rendermi utile. E grazie, Steve.
Salii quelle scale silenziose che non riuscivo pia
sopportare e mi diressi verso la camera matrimoniale.
Mi tolsi le scarpe e mi buttai di traverso sul letto, conscio
della presenza dell'altro giaciglio vuoto accanto a me. Non
accesi la luce.
Il buio era fitto, e udivo il picchiettio insistente della
pioggia contro i vetri della finestra. Avrei potuto trascorrere
pitempo con lei. Avrei potuto imparare a conoscerla meglio.
Ora mi rendevo conto che non l'avevo conosciuta affatto, o
quasi. Ero stato troppo occupato a far soldi, perchcredevo
fosse la cosa piimportante che potessi fare per lei. Non mi
ero reso conto di privarla di qualcosa...

La ragazza arrivdi buon ora il mattino seguente. Will
dormiva nella stanza degli ospiti e Penny non si era ancora
svegliata. Io ero in cucina a preparare il caffe a riflettere su
uno dei problemi piseri che avessi mai dovuto affrontare,
ovvero come dirlo a Penny, quando suonil campanello.
Era una ragazza alta, attraente. Aveva lineamenti
marcati, con zigomi alti e una bocca intensa dalle labbra
piene. Aveva grandi occhi bruni e lucenti e capelli castani che
le arrivavano quasi alle spalle. Da tutti questi particolari si
indovinava un carattere affabile e tranquillo.
- Lei dev'essere Steve - disse, e la sua voce aggiunse
un'ulteriore nota di calore al tutto. - Sono Vicky Clayton.
Notla mia espressione attonita. - Maureen non le ha
mai parlato di me? - Sotto l'apparente tranquillit era
nervosa. Lo si capiva dal modo in cui stringeva il giornale
nella mano sinistra.
- Pudarsi, signorina Clayton. Il mio cervello non
funziona molto bene stamattina.
- Ma certo. - Mi sfioril polso con la mano con un gesto
inconscio, istintivo. - Mi dispiace, Steve - disse
semplicemente. - Io e Maureen eravamo amiche una volta.
Eravamo ancora sulla soglia. Feci un passo indietro e lei
entr
- Vuole un po' di caff - domandai.
Lei non protest nsi scusper essere giunta in un
brutto momento. - Grazie - mi disse.
Si sedette al tavolo da pranzo e io andai a prendere il
caff Aveva posato il giornale sul tavolo, e quando vidi la
notizia lo tirai su. Una donna era stata investita da
un'automobile. Era un ex attrice, ora sposata con figli. La
polizia stava cercando l'auto pirata.
Lasciai cadere il giornale e mi costrinsi a bere un po' di
caff
- da molto che vive qui, signorina Clayton?
- No. Sono arrivata solo pochi giorni fa per far visita ai
parenti. Ho telefonato a Maureen. Ci eravamo messe
d'accordo per mangiare insieme e parlare dei vecchi tempi.
- L'ha conosciuta quando lavorava in teatro?
- Ero una pessima attrice - confermVicky sorridendo.
Si udun rumore di passi frettolosi e una bimba col
pigiama spiegazzato entrin sala da pranzo. Penny si ferm
di colpo, vedendo la sconosciuta. Poi venne avanti di corsa e
mi saltin grembo. Mi mise un braccio intorno al collo e mi
premette il viso sul petto. -Pap Pap Sei a casa! - Salt
gie prima che potessi fermarla corse in cucina. - Mamma!
Mamma! Paptornato!
Vicky Clayton impallide distolse lo sguardo.
- Mamma...
Penny si accorse che la cucina era vuota. Tornverso di
me e io la presi in braccio, stringendola forte. - La mamma
dorme ancora? - domand
- Penny - cominciai, e non fui in grado di continuare.
Vicky si alz - Ciao, Penny. Mi chiamo Vicky. La tua
mamma dovuta andar via, a fare un viaggio. Sai che mi sono
dimenticata di chiederle che cosa mangi la mattina? Ma puoi
dirmelo tu. Cosfaremo una bella colazione.
Vicky si rivelun dono del cielo; il modo in cui trattava
Penny era eccezionale. Comincia squillare il telefono, ad
arrivare gente. La casa si riempdi un discreto viavai e di
sussurri a mezza voce. Will scese al pianterreno, lucido e
piuttosto serio. Aveva ripreso il controllo e comincia darsi
da fare con atteggiamento cortese ma fermo.
ArrivCarla, una paffuta, florida chiacchierona che quel
giorno non aveva voglia di parlare. Mi prese le mani tra le sue
piangendo sommessamente.
Will mi venne in soccorso chiedendole di rispondere al
telefono.
Colsi l'occasione per andare in cucina. Vicky e Penny
avevano finito di fare colazione.
Guardai fuori dalla finestra. Erano nel cortile sul retro a
costruire un castello di sabbia.
Arrivla polizia. Erano altri due uomini questa volta,
entrambi in borghese. Uno di loro mi mostrle credenziali
che lo identificavano come Liam Reynolds, tenente della
Omicidi. Avevamo bisogno di tranquillit coslo scortai al
piano di sopra.
Era un uomo giovane e attraente. Non sembrava un
poliziotto. Sembrava un ballerino.
In camera da letto gli offrii una sedia e mi sedetti sullo
sgabello della toletta.
Si scusper il disturbo che arrecava in un momento cos
inopportuno. - Ma - aggiunse - so che lei vuole che
quell'uomo venga preso e messo al sicuro. Anch'io voglio
prenderlo e ci riuscir Spero solo che provi a giocarsi il tutto
per tutto. Non merita di arrivare vivo in centrale. Se va in
tribunale potrebbe essere fuori fra dieci anni.
Reynolds si interruppe e si rilass - Mi scusi, ho moglie
anch'io. Stessa statura, stessa carnagione. - Si alze si
avvicinalla finestra. - Parlo troppo. Ma non sopporto
questi vermi che se la prendono con le donne.
Distolse lo sguardo dal prato sottostante. - Cominciamo
dalla telefonata che le ha fatto ieri sera. stato il primo
indizio che sua moglie si trovasse nei guai?
Annuii. Reynolds era un uomo sorprendente.
Guardandolo, cominciai in qualche modo a sentirmi meglio.
Forse era la sua franchezza, il modo in cui affrontava la
realt Di colpo, la nebbia da cui ero avvolto si dissolse. Vidi
il nuovo giorno che si affacciava alla finestra, il letto che
aveva accolto il corpo addormentato di Maureen. Ora ero in
grado di dire a me stesso che era morta.
- Il movente - proseguReynolds - questo che le fa
paura, non vero, Griffin?
- S- risposi.
- Troveremo il movente. - La compassione si dipinse sul
suo volto. - Forse non dipendeva affatto da lei, dopo tutto.
Forse era solo nella mente perversa dell'uomo che l'ha uccisa.
Tornall'argomento della telefonata. Gli ripetei le sue
parole una per una.
- Sua moglie sapeva il perch- disse lui.
- Ma non me l'ha detto... e il movente si dimostrato pi
urgente di quel che lei immaginasse.
- Denaro?
- Mi sembra improbabile. Abbiamo quel che serve per
vivere agiatamente. Ntroppo ntroppo poco per costituire
un pericolo.
- Cattive abitudini?
- Nessun vizio degno di nota. Niente che potesse
spingere qualcuno... Niente di cosimportante da costituire
un movente.
- Una relazione? - Il termine era asettico, impersonale.
- Maureen era una persona profondamente onesta, e
molto sensibile. Solo ora mi rendo conto di quanto dev'essersi
sentita sola a volte, di quanto fosse vulnerabile il suo
matrimonio, per colpa mia... ma se si fosse innamorata di
qualcun altro me l'avrebbe detto e avrebbe divorziato, ne
sono certo. Credo che lei debba cercare il movente in qualcosa
che sfuggiva alla sua normale vita quotidiana, tenente.
- Terrpresente quel che mi ha detto - fece lui. - Ora
con il suo permesso vorrei dare un'occhiata alle cose che le
appartenevano. Finora non abbiamo molto su cui lavorare.
Solo qualche dato banale. La causa della morte: una lesione al
cervello. Potrebbe essersi verificata quando l'auto l'ha
investita. Sua moglie stata trovata in Timmons Street, un
posto squallido con una fila di magazzini abbandonati lungo il
fiume. Di sicuro non andata lda sola, a piedi. Lui venuto
qui, l'ha costretta ad andare con lui, e quando sono passati da
Simmons Street forse lei riuscita, lottando, a scendere
dall'auto. Era fuori di sdalla paura. Ha cercato di scappare,
e lui ha utilizzato l'auto come un'arma.
Mi sentivo la bocca secca. - Lui voleva usare l'auto. Ci
aveva giprovato due volte in quel modo. Una specie di
mania.
- Gi- disse Reynolds, aggirandosi per la stanza. -C'
un posto in cui sua moglie teneva lettere, appunti, bollette da
pagare?
- Non era molto ordinata. Provi il cassetto della toletta.
Quello in alto, a sinistra.
Il cassetto sembrava un ripostiglio. Rimasi accanto a
Reynolds mentre lui passava in rassegna qualche lettera di
amici e il piccolo album di ritagli che Maureen aveva iniziato
tempo prima con alcune vecchie locandine e una o due piccole
recensioni. Emersero bollette, ricevute, appunti scritti su
foglietti di carta. Poi Reynolds mi tese il libretto degli
assegni. - Le sembra in ordine?
Sfogliai le matrici, poi le ripassai di nuovo attentamente e
corrugai la fronte. - No - dissi - direi di no. Ci sono troppe
piccole somme ritirate di recente. Il totale sproporzionato
rispetto a quello che Maureen spende di solito.
- Verificheremo se li ha girati. - Si infilil libretto di
assegni in tasca per ricordarsi di chiamare la bancae riport
l'attenzione sul cassetto. Era quasi vuoto quando venne fuori
un fascio di fogli dattiloscritti pinzati insieme.
- Sembra un manoscritto teatrale - disse.
- Non sapevo che stesse scrivendo una commedia.
- Non l'ha scritta lei. C'il nome dell'autore e il suo
indirizzo nell'angolo in alto a sinistra, sul frontespizio. Randy
Price. Lo conosce?
- Il nome non mi dice nulla.
- Andiamo a trovarlo.
Scendemmo al pianterreno. Will Burke aveva appena
finito di parlare al telefono e ci venne incontro
nell'anticamera. Era padrone di s efficiente, competente,
l'immagine perfetta del giovane presidente di un consiglio
d'amministrazione. Di solito manteneva quell'atteggiamento
finchil ragazzo del college che era in lui non tirava su la
testa e mandava al diavolo il manager. A quel punto Will
abbandonava la sua seriet la sua dignit i suoi pensieri e si
dava alla pazza gioia per due o tre giorni.
Lo presentai a Reynolds e li lasciai parlare tra di loro.
Evitando il soggiorno, dove stazionavano alcune persone
piene di buone intenzioni, uscii dalla porta sul retro.
Il sole era caldo e il cielo di un limpido azzurro. Tutto
odorava di fresco e di verde dopo la pioggia. Dovetti far forza
su me stesso per impedirmi di pensare a quanto lei amava
queste giornate.
All'angolo sul retro della casa mi fermai e osservai Vicky
Clayton e Penny per un istante. La ragazza era seduta sul
bordo dell'aiuola di sabbia, con l'abito di cotone stampato
rialzato sulle ginocchia e raccolto dietro le gambe. Era china
in avanti, intenta a modellare qualcosa con la sabbia. Penny
era accoccolata accanto a lei e la osservava, intenta.
Mi avvicinai e la mia ombra si proiettsu di loro. Vicky si
alz mentre la brezza del mattino scherzava con i suoi
capelli. La presi in disparte, dicendo a Penny che saremmo
tornati subito.
- Le sono grato - dissi. - stata una mattinata
fantastica per Penny.
- E anche per me. una bambina meravigliosa, Steven.
Spero di non aver fatto nulla di male. Ho parlato con lei di
sua madre. Credo che abbia accettato il fatto che sarassente
per diversi giorni. Quando avrcessato di sentirne cos
fortemente la mancanza, le si potrdire la verit
gradualmente, senza sconvolgerla.
- Sono in debito con lei ancor pidi quanto pensassi,
signorina Clayton.
- Oh, i bambini mi piacciono. Sono un'insegnante, sa?
- No, non lo sapevo.
- Naturalmente... Maureen non le ha mai parlato di me.
- Sono venuto a dirle che sto uscendo con il detective. La
libero di Penny e la affido alla donna che le fa da baby sitter.
- Deve proprio? Io non ho nulla da fare. Ma
dimenticavo... io sono un'estranea. Forse lei non vuole che io
resti con Penny.
Non esitai. Guardai alle spalle di Vicky: - Penny,
comportati bene con la signorina Clayton.
- Spap- disse lei.

L'abitazione di Randy Price era in Shady Oak Lane. Non
era lontano da Meade Park, ma sembrava di essere in
campagna. La storia di Shady Oak era cominciata con il boom
economico tra le due guerre, quando in quella zona si verific
il fallimento di una societimmobiliare. Erano gistate
tracciate le strade, venduti un certo numero di lotti, costruite
alcune villette a basso costo. Poi il crollo. In seguito la cittsi
espanse in altre direzioni, e in Shady Oak rimasero tratti di
marciapiede semidistrutti e lampioni isolati e anneriti con il
vetro rotto, piantati lcome scheletriche sentinelle a guardia
del nulla.
Reynolds e io oltrepassammo due o tre piccoli edifici di
legno che parevano non essere mai stati riparati o ridipinti
dal giorno della loro costruzione. Nei cortili erano
abbandonate auto in rovina, e dietro una casa pascolava una
mucca.
L'abitazione di Price era diversa sotto due aspetti. Non
c'erano mucche a spiare il nostro arrivo e l'auto parcheggiata
accanto alla villetta logorata dalle intemperie era un modello
piuttosto recente.
Il sole era caldo e il ronzio degli insetti invitava all'ozio
quando Reynolds e io ci presentammo all'ingresso. Il
poliziotto buss
Dapprima non ci fu risposta. Reynolds bussancora, e
una voce disse, come interrompendo uno sbadiglio: - Va
bene, va bene, un attimo.
Finalmente Price venne alla porta e ci scrutattraverso la
zanzariera. Era giovane, bruno, bello. Lo si sarebbe preso per
un ragazzo se non fosse stato per il pizzetto e i baffi regolati
con cura.
- Salve - disse con un sorriso che lasciintravedere i
denti grandi e regolari - mi spiace, non compro nulla
stamattina.
Reynolds mi lanciun'occhiata.
- Sono Steven Griffin - dissi. - Lei Randy Price?
Il suo viso si illumindi piacere. - Non mi dire... il
marito di Maureen? Cavoli, perchnon mi avete avvertito
della visita? Avrei dato una pulita a questo posto!
Aprla porta e ci fece entrare. Il piccolo soggiorno era
arredato con un paio di sedie, una scrivania, una sdraio e una
stuoia. Pile di vecchi libri e riviste erano ammucchiate in
precario equilibrio su tutto tranne che sulla sedia accanto al
tavolo e sulla sdraio. Randy Price fece un po' di spazio
tirando su libri e riviste e accumulandoli in un angolo.
Mentre si dava da fare ebbi la possibilitdi osservarlo
attentamente. Era magro, gomiti e spalle ossuti, ma con
muscoli armoniosi, gonfi, forti.
Quand'ebbe terminato si pulle mani sulle gambe dei
pantaloni e ci tese la destra. - un vero piacere, Steve.
Maureen mi ha detto che avrebbe organizzato un incontro al
tuo ritorno. Mi spiace che non sia potuta venire. Aveva da
fare, eh?
Osservai il suo viso mentre ascoltavo quel monologo
infantile, cercando di farmi un'idea sul suo conto.
- Sedetevi, ragazzi. Fate come foste a casa vostra. Dovrei
riuscire a recuperare una birra.
Uscdalla stanza, e lo sentimmo armeggiare in cucina.
Diedi un'occhiata a Reynolds.
- Faccia finta di niente - disse lui. - Non sa della
signora Griffin.
Randy torncon tre lattine di birra imperlate di umidit
e un apriscatole. Posle lattine sulla scrivania accanto a una
macchina da scrivere portatile, le apre ce le porse. Reynolds
e io ci sedemmo e bevemmo un sorso di birra. Randy si
appoggial bordo della scrivania, sorridendo.
- Anche tu ti interessi di teatro come Maureen, Steve?
- Temo di essere piuttosto ignorante in materia.
- Ti perdi la cosa pieccitante del mondo - disse lui. -
Naturalmente io ho ancora molta strada da fare per arrivarci.
Ma sto studiando la vita e le persone, che sono la fonte di
ispirazione dei grandi drammaturghi. Leggo, studio e lavoro.
- I suoi occhi si accesero di una luce interiore. Comincia
passeggiare avanti e indietro, parlando di teatro.
Non fu difficile per me capire come questo ragazzo
potesse fare rapidamente amicizia con Maureen. Era
appassionato, impaziente, immerso in un sogno che un tempo
aveva sfiorato anche lei. Era l'immagine stessa della
giovinezza nella sua espressione piclassica, artistica. Una
donna dotata della spontanea generosite disponibilitdi
Maureen doveva aver provato l'impulso di aiutarlo nell'attimo
stesso in cui era venuta a conoscenza delle sue aspirazioni.
Randy si calma sufficienza per riprendere la propria
posizione sulla scrivania e sorseggiare un po' di birra. - Non
riuscirmai a sdebitarmi con tua moglie, Steve. Lei ha
un'incredibile sensibilitinnata per il teatro, capisce quello
che puo non pufunzionare. Io scrivo commedie su
commedie, ne ho una marea. Quando avrin mano qualcosa
di cui sono soddisfatto, andra New York. Io so - disse con
una tale franchezza e semplicitche fui sul punto di credergli
- so che diventerfamoso. Ho quel... qualcosa in piche mi
permette di capire la vita e la gente. Un giorno il mondo si
accorgerdi quello che oggi solo Maureen e pochi altri
riconoscono.
Smise di parlare, fece un sorriso timido e quel sorriso
fece apparire le sue parole molto meno presuntuose di
com'erano sembrate. Non avevo mai visto in vita mia una
fiducia cossemplice e sfacciata nelle proprie capacit
- Ehi - disse Randy spezzando il breve silenzio che era
seguito al suo discorso - volete dell'altra birra?
Reynolds e io declinammo l'offerta.
- Quando ho conosciuto Maureen, un paio di settimane
fa - prosegu- non avevo idea che sarebbe stato un tale
colpo di fortuna. Conosce ancora qualcuno nell'ambiente, e
metteralcune delle mie cose migliori in mano a un buon
agente.
- Abbiamo una delle sue commedie in macchina - disse
Reynolds. - Forse la signora Griffin voleva mostrarla a
qualcuno.
- In effetti, le ho dato tre dei miei lavori - osserv
Randy. Aggrottle sopracciglia e guardalternativamente me
e Reynolds. Cominciava a rendersi conto che c'era qualcosa
che non andava. L'atmosfera nella stanza cambi - Ehi,
questa non solo una visita di cortesia, vero?
Reynolds si alz estrasse il piccolo astuccio in pelle dalla
tasca e lo apr Randy fissil distintivo del poliziotto.
- Cosa c' - grid - Le successo qualcosa?
Reynolds non rispose e gli rivolse invece una domanda: -
Quando ha visto la signora Griffin l'ultima volta?
- Sentite, ragazzi, se successo qualcosa... Ieri
pomeriggio, a casa sua... Che ne direste di spiegarmi...
- A che ora?
- Oh, le due, forse le tre. Ero andato in citta prendere
un po' di carta per la macchina da scrivere. Ero da quelle
parti, cosmi sono fermato. Lei mi ha detto che aveva mal di
testa e che doveva ancora fare la spesa al supermercato. Mi
sono offerto di andarci io per lei, ma ha rifiutato. Me ne sono
andato subito.
- Era preoccupata, spaventata?
- Spaventata? Ehi, cosa significa tutto questo? Volete
dirmi per favore...
- Come le capitato di incontrare la signora Griffin?
- Vuol sapere come l'ho conosciuta?
- Esattamente - disse Reynolds.
- La prima volta l'ho vista proprio qui vicino. Stava
passando da Shady Oak per andare da casa sua a Fairhill.
- Cosa c'a Fairhill?
- Dudley Loudermilk - risposi io. - Un tipo che fa dei
lavori in giardino per noi di tanto in tanto.
- Proprio cos- confermRandy. - Disse qualcosa a
proposito di un giardiniere. Comunque, era nei guai. Aveva
rotto la cinghia del ventilatore. La gente non fa mai caso alla
cinghia del ventilatore finchnon si rompe, e questo di solito
succede quando si a mille miglia da qualunque posto
abitato. Ma dannazione, volete dirmi...
- L'auto era qui a Shady Oak? - lo interruppe Reynolds.
- S a meno di un chilometro. Sbuffava come un
mantice. Maureen non si era fidata a proseguire e si era
ricordata di aver visto una villetta passando, la mia. Voleva
chiamare un carro attrezzi. Io non avevo il telefono, ma avevo
un'auto e naturalmente mi offrii di accompagnarla. Era
stanca per la camminata, anche perchaveva i tacchi a spillo,
e le offrii qualcosa da bere. Accettun bicchiere d'acqua e
chiacchierammo un po'. Vide la macchina da scrivere e il
manoscritto di una commedia sulla mia scrivania e la
conversazione scivolsul teatro. In meno di cinque minuti
eravamo gigrandi amici. Ora, per l'ultima volta, volete
spiegarmi cosa significa tutto questo?
- La signora Griffin morta - disse Reynolds.
- Morta? - ripetRandy in un sussurro. - Quando?
Come?
- La notte scorsa. stata investita da una macchina in
Timmons Street.
Il ragazzo rimase perfettamente immobile. La giornata si
fece di colpo cossilenziosa che si percepiva il ronzio degli
insetti all'esterno. Poi la sua faccia comincia cambiare.
Assunse un espressione infantile e tormentata, e baffi e barba
apparvero di colpo incongrui, quasi ridicoli.
Gli vennero le lacrime agli occhi e coprendosi il viso con
le mani lunghe, magre, delicate, corse fuori dalla stanza.
Appena fuori dal soggiorno c'era la sua camera. Randy entre
si gettdi traverso sul letto. Le spalle, tutto il corpo erano
scossi da violenti singhiozzi soffocati.
Cercdi calmarsi e dopo un po' ci riusc Si mise a sedere
sul letto. Le lacrime gli rigavano le guance fino ai baffi. Si
asciuggli occhi con entrambe le mani, poi le lascicadere in
grembo e rimase seduto a guardarci, il fiato rotto da sporadici
singhiozzi.
- Com'potuto accadere? - disse. - Come?
I suoi occhi imploravano una risposta, ma Reynolds non
ne aveva, e neanch'io.
Poi un pensiero gli attraversla mente, e si raddrizz -
Timmons Street... Che si faceva laggi
- Noi pensiamo che qualcuno l'abbia portata l
- Deliberatamente? Con la forza?
Reynolds annu
- Chi stato? Chi puessere stato?
- Non lo sappiamo ancora. - Reynold si alztenendo le
mani in tasca. - Chiunque sia stato, aveva gitentato di
ucciderla due volte. Gliene ha mai parlato?
- No, ma avevo la sensazione che ci fosse qualcosa che la
preoccupava. Provai a indagare, ma lei mi disse solo che da
qualche tempo non stava bene. Coslasciai perdere.
- Dove si trovava ieri notte, Price?
Randy saltsu. - Lei crede che io...
- Sto solo facendo una domanda.
- Ero qui.
- Solo?
- Solo. Se mi serve un alibi, sono sfortunato. Non sapevo
che ne avrei avuto bisogno. - Si rivolse a me: - Quando ci
saranno i funerali?
- Dopodomani, credo.
- Ci sar Se hai bisogno di me per qualche ragione,
fammelo sapere.
- Grazie.
Ci accompagnalla porta. Reynolds e io ce ne andammo
lasciandolo seduto sui gradini consumati di fronte alla porta,
con lo sguardo perso.
In macchina restammo in silenzio, poi Reynolds disse: -
Non mi piace.
Gli lanciai un'occhiata. - Perch
- Non lo so. Ci sono delle persone che mi fanno pensare:
questo tizio preferirei non averlo alle spalle. Probabilmente
faccio il poliziotto da troppo tempo, e sono abituato a non
fidarmi della gente. - Reynolds scosse la testa, cupo. -
Persino mentre piangeva, non riuscivo a scacciare dalla
mente la sua bocca piegata in una smorfia di disprezzo per
tutto ciche non all'altezza del suo fantastico genio.
Singhiozzava, ma a me sembrava di sentire l'eco debole e
lontana di una risata; mi pareva di vederlo muoversi nel buio,
veloce, deciso, senza la minima esitazione.
Trascorsi il resto della mattinata alla centrale per firmare
le carte di autorizzazione all'autopsia che si sarebbe svolta
quel pomeriggio. Reynolds disse che il corpo di Maureen mi
sarebbe stato restituito l'indomani o il giorno seguente.
Parlcon i due uomini che avevano passato la mattinata
in Timmons Street. Non avevano scoperto niente di nuovo.
Non c'erano testimoni dell'omicidio.
Reynolds disse che mi avrebbe fatto accompagnare a casa
da un'auto della polizia. - Se la sente di accompagnarci
ancora da qualche parte?
- Se necessario.
- Penso di s Vorrei che seguisse le indagini molto da
vicino. Una parola o un comportamento che noi troveremmo
normale potrebbe essere strano per lei, che la conosceva.
- Vado a mangiare un boccone. Potete passare a
prendermi a casa.
Un giovane agente dall'aspetto inesperto si assunse il
compito di riportarmi indietro. Era educato, comprensivo e
silenzioso. E non parve stupirsi quando gli dissi che volevo
passare da Timmons Street.
Sapevo che si trattava di un impulso morboso. Ma
nascondeva anche il rimpianto di non essere stato lnegli
ultimi istanti, di non aver potuto evitare la fine.
Timmons Street era immersa in un'atmosfera di
abbandono e di decadenza. I grossi magazzini si susseguivano
luridi e silenziosi, il retro affacciato sulla strada, la facciata
verso le acque gonfie del fiume.
C'erano un paio di sale da biliardo, con adolescenti gracili
che stazionavano sulla soglia, e qualche sudicio ristorante.
L'unica traccia di attivitvera e propria era il movimento
di una chiatta che stava ormeggiando all'estremitdi un
vecchio molo collegato a un magazzino di proprietdi
Kukolovitch & Figli, come si leggeva su un insegna sbiadita
dalle intemperie. I marinai stavano assicurando
l'imbarcazione mentre il rimorchiatore che l'aveva condotta
fin lscendeva lungo il fiume suonando la sirena.
- Proprio laggi signor Griffin - disse il giovane agente.
Si era fermato per me. Scesi e feci qualche passo. La
polizia aveva tracciato dei segni col gesso sull'asfalto pieno di
crepe. A parte ci non v'era alcuna traccia della tragedia che
si era svolta in quel luogo. A giudicare dalla strada si sarebbe
detto che Maureen non fosse mai esistita. Non c'erano
neanche i segni dei pneumatici, perchl'uomo non stava
cercando di frenare: stava cercando di ucciderla.
Mi allontanai, risalii sull'auto della polizia e andai a casa
a mangiare.

Vicky Clayton e Penny erano sole in casa. Vicky spieg
che Will se n'era andato da mezz'ora, dopo aver telefonato in
ufficio.
La ragazza aveva disposto in tavola panini imbottiti,
insalata condita, caffe dolce. Penny stava finendo di
mangiare raccontando, tra un boccone e l'altro, la sua
magnifica mattinata. Al termine Vicky la portdi sopra a fare
il suo sonnellino quotidiano.
Tornmentre stavo finendo di bere il caff
Sparecchiammo la tavola insieme e mentre accumulava i
piatti nell'acquaio lei mi guarddritto negli occhi. - Sto
cercando lavoro, Steven.
- Credevo che insegnasse.
- Infatti. Ma non c'scuola in questo periodo, estate.
Ho un sacco di tempo a disposizione e mi stavo chiedendo
come occuparlo. Per tre estati di fila ho seguito dei corsi
estivi all'universit ma mi sono stufata. - Fece scorrere
l'acqua calda nel lavandino, aggiunse il detersivo. - Lei non
ha ancora avuto modo di pensarci, ma trovare la persona
giusta che si occupi della casa e si prenda cura di Penny sar
un grosso problema. La prego, mi permetta di aiutarla. Per
pochi giorni. Finchnon avrla possibilitdi rimettere
ordine nella sua vita.
Annuii, accettando la sua proposta. - Sotto molti aspetti,
lei le assomiglia.
- A Maureen?
- S- dissi. - Ha la sua stessa gentilezza. La stessa
spontanea generosit

Reynolds arrivcon una macchina della polizia. Una
volta salito in auto gli domandai: - Dove andiamo?
- Al vivaio. Poi al supermercato.
La visita al vivaio fu un'inutile perdita di tempo. Nessuno
si era accorto che una donna stava per essere investita due
giorni prima.
Reynolds e io tornammo alla macchina e dal vivaio fuori
cittci trasferimmo al supermercato a sud di Meade Park. L
il direttore ci disse, pulendosi gli occhiali: - Come no, mi
ricordo che qualcuno degli impiegati parlava di una donna
che aveva rischiato di essere investita.
- Chi fu a vederla? - domandReynolds.
- Be', non saprei.
- Qualcuno deve averla vista, altrimenti non se ne
sarebbe parlato. Vediamo chi
La terza persona con cui parlammo era una brunetta
formosa. Faceva la cassiera e si voltdando le spalle al
banco. I clienti in coda con i carrelli pieni di cibarie ci
osservarono con curiosit
- Accidenti, come no, a momenti l'ammazzava!
- Lei era presente?
- No, ma sono stata la prima a saperlo.
- Chi gliel'ha detto?
- Tommy. Tommy Haines. Lui ha visto tutto.
Raynolds guardil direttore.
- Tommy un addetto al magazzino - disse costui. -
Quando qui le code si fanno troppo lunghe, sistema la merce
nei sacchetti e li porta alle auto dei clienti. In questo
momento nel retro, sta aiutando a scaricare una partita di
pomodori.
Il magazzino era fresco e ombroso, pieno di casse e di
cestelli. Odorava di terra e di mele marce.
Tommy era un ragazzo alto e sottile con una zazzera di
capelli biondi. Ci raggiunse in un angolo del magazzino,
asciugandosi il viso con un lembo del grande grembiule
bianco.
Osservil distintivo di Reynolds, poi lo fissin volto. -
Cero, ho visto la donna che ha rischiato di essere investita. La
signora sta cercando di rintracciare l'uomo al volante?
- Pio meno. questa la signora? -Reynolds estrasse
una foto dalla tasca interna. Era una piccola riproduzione del
ritratto di Maureen che DeCoster si era portato via la notte
precedente. Mi domandai quante di quelle minuscole foto
fossero sparse per tutta la citt in tasca agli uomini
impegnati nelle indagini.
- lei - disse Tommy. - La riconoscerei dovunque,
anche se ieri aveva il viso stravolto per la paura.
- Ci dica esattamente cos'ha visto - disse Reynolds.
- Be', era quasi l'ora di chiusura e c'era il solito
affollamento dell'ultimo minuto. Avevo portato due bracciate
di provviste alla macchina di un cliente. Stavo attraversando
il parcheggio per tornare indietro quando ho visto uscire
questa signora. Portava da sla spesa, era solo un
sacchettino.
"Non ho fatto molta attenzione a lei, anche se ho notato
che meritava una seconda occhiata. scesa dal marciapiede
per attraversare la strada... a volte la gente parcheggia sul
lato opposto perchse deve svoltare a sinistra ha difficolta
uscire dal parcheggio quando c'molto traffico.
"Doveva essere pio meno in mezzo alla strada quando
ha cacciato un urlo. Non molto forte, ma abbastanza da farsi
sentire. Io non stavo guardando in quella direzione perch
stavo rientrando in negozio, ma mi sono voltato quando l'ho
sentita gridare.
"Lei aveva atteso che la strada fosse sgombra, ma l'auto
doveva essere sbucata dall'incrocio all'improvviso. Chiunque
fosse al volante stava andando troppo forte e deve aver perso
la testa quando la signora lo ha visto e si messa a urlare."
- Che intendi dire, Tommy?
- Be', lei ha lasciato cadere la spesa e ha cercato di
togliersi di mezzo. E in fretta. Ma invece di evitarla, quel tizio
andato dritto contro di lei. Poi, proprio all'ultimo secondo,
ha sterzato. Fortuna che era una donna giovane e scattante.
Se fosse stata una vecchia signora, non ci sarebbe stato niente
da fare. Non sarebbe mai riuscita ad allontanarsi in tempo.
Sono uscito di corsa e l'ho aiutata a rialzarsi. Mi ha detto che
stava bene, che non aveva bisogno di un dottore. Vado a casa,
mi ha detto, e quando vedrmio marito sartutto a posto.
- Dunque rientrata in macchina e se n'andata?
- Gi E la cosa buffa che aveva una macchina
esattamente identica a quella che l'aveva quasi investita.
- E il numero di targa, Tommy?
- Accidenti, non ci ho nemmeno pensato finchquel tizio
non ha svoltato l'angolo ed sparito.
- Sei sicuro che fosse un uomo a guidare?
- Sembrava un uomo.
- Sarebbe potuta essere una donna con i capelli corti?
- Non mi venuto in mente. Pudarsi. Ma ho pensato
che fosse un uomo.
- Lei ti ha detto qualcosa sull'auto o su chi la guidava?
- No. Stava piangendo, e la cosa non mi sorprese.
Mormorava delle cose senza senso. Solo qualche parola.
- Ti ricordi quali?
- Be', piangeva e diceva che voleva suo marito. Diceva
che doveva andare da qualcuno a dirgli che si era sbagliato,
che lei non l'aveva fatto apposta. Solo qualche parola. Una
crisi isterica, capite.
- Grazie, Tommy.
Lui sorrise. - stato un piacere restare lontano da quei
pomodori per qualche minuto. Spero che la signora si sia
ripresa quando tornata a casa da suo marito.
Reynolds e io uscimmo dal negozio e risalimmo in
macchina. Pensavo a quanto quell'uomo l'aveva torturata, e a
come alla fine era riuscito nel suo intento, in Timmons Street.
Cominciai a desiderare di vederlo morto. Non volevo piche
Reynolds o le autoritlo prendessero. Volevo pronunciare io
stesso la sentenza e assicurarmi che venisse eseguita.
Reynolds era un guidatore abile e veloce, e riusca
districarsi nel traffico.
- Per quanto riguarda l'auto dell'assassino - disse, come
se parlasse a se stesso - evidente che era uguale alla vostra,
Griffin. Sua moglie per prima lo ha notato. E anche Tommy
Haines.
- Coincidenza? - domandai.
- Pudarsi. Ma un po' eccessiva. Quella sfumatura di
verde piuttosto rara in quel tipo di auto.
- Gi fu anche per questo che la scegliemmo - dissi. -
Maureen voleva qualcosa di unico. Non vistoso, solo un po'
fuori dal comune.
- Direi che abbiamo a che fare con un pazzo - disse
Reynolds. - Tutto lo fa pensare. Ha rischiato che qualcuno lo
vedesse abbastanza bene da poterlo identificare in seguito, o
che prendesse il suo numero di targa quando ha tentato
quell'acrobazia davanti a un supermercato pieno di gente.
Quest'uomo non sta ragionando normalmente.
"Supponiamo per un attimo che sia un pazzo con la
fissazione, nella sua mente contorta, di utilizzare un preciso
tipo di auto, una come la vostra. Perch Cosa puaverlo
portato a questa decisione?"
Lo fissai. Aveva un'espressione preoccupata. - Immagino
che lei abbia capito dove voglio andare a parare. Nella mente
di quell'uomo, l'auto dev'essere collegata al movente. Ma
perch... A meno che la vostra auto non gli abbia fatto
qualcosa...
- Se Maureen avesse avuto un incidente, me l'avrebbe
detto.
- Forse. O forse no. Se ha fatto del male a qualcuno, pu
essere stata presa dal panico. E comunque, non ho detto che
fosse lei a guidare. Avete mai prestato la macchina a
qualcuno?
- Mai. Ma se un amico ce l'avesse chiesta, non avremmo
detto di no.
- L'auto stata portata a riparare di recente? Un
paraurti ammaccato, un faro rotto, qualcosa del genere?
- Non che io sappia.
- Lo accerteremo. Ci vorrdel tempo. Quell'uomo in
una botte di ferro, Griffin. Nessuno lo conosce, nessuno l'ha
visto. Nessuno sa perchl'ha fatto. L'auto l'unico anello
debole della catena.

La casa era di nuovo piena di volti tesi e silenziosi. C'era
anche Will. Affrontai la barriera di espressioni di simpatia.
Poi la folla si dirade Will disse: - Mi sembri un po'
stravolto. Hai bisogno di un caff Vicky Clayton lo aveva
previsto e ne ha preparato una brocca. Una ragazza in gamba,
quella Vicky.
- Dov'
- Ha portato Penny in citt C'troppa gente che va e
viene, ha detto, e Penny potrebbe intuire qualcosa.
Bevemmo il caffe io accennai a un paio di affari non
ancora conclusi, ma Will non volle parlarne.
- Dimentica il lavoro per un mese. O per tutto il tempo
necessario. Gli affari non ne soffriranno. Non sarebbero al
punto in cui sono senza il tuo contributo, comunque.
- Ho passato troppo tempo fuori di casa, Will.
- Lo so.
- Assenze di un mese o due. Il week-end a casa. stato
un errore.
Mi mise una mano sulla spalla. - Non puoi cambiare il
passato. Cos'ha scoperto Reynolds?
Gli riferii l'opinione del poliziotto sull'auto.
- Reynolds non un genio - disse Will - ma un
poliziotto tenace, astuto, e ha esperienza. abituato a
ricostruire la logica degli eventi. Forse ha individuato una
pista. Come ti ho detto ieri sera, Maureen aveva qualcosa che
la tormentava. E questo non risale solo a due giorni fa,
quando quel tipo fece il primo tentativo.
- L'avevi ginotato prima?
Si agitsullo sgabello. - Me ne sono accorto per la prima
volta un pomeriggio, quasi tre settimane fa. L'ho incontrata
per caso in citt Stava uscendo dal negozio di un fioraio, con
l'aria afflitta di chi ha appena perso il suo ultimo amico.
Si versuna seconda tazza di caff - Pensai che fosse
malata, ma lei disse che stava bene e il suo sguardo si
rischiarun po'. Allora immaginai che dovesse sentirsi
semplicemente stanca, o sola. La invitai a bere qualcosa, ma
mi disse che doveva tornare a casa. Allora tentai una battuta
spiritosa, pensando che forse l'avrebbe tirata su, che
l'avrebbe fatta sorridere. Cosdissi: "Un ricco zio ha tirato le
cuoia e stai comprando i fiori per il suo funerale?"
Naturalmente sapevo che non era morto nessuno di nostra
conoscenza. Ma lei non rise. Anzi, per poco non scoppia
piangere.
Misi gila tazza di caff - Ti ricordi quale fioraio?
- Certo. Quel negozietto all'angolo tra la Seconda e Park
Street.
Will non se la prese a male vedendomi andar via in tutta
fretta. Facendo tesoro della lezione appresa da Reynolds,
prima di uscire andai al piano di sopra a prendere una piccola
foto di Maureen.
La fioraia era una donna di mezz'et slanciata,
sorridente, cordiale; aveva i capelli grigi tagliati corti.
- Fiori per una bella donna, signore? Rose? Lei mi
sembra il tipo che predilige le rose.
- Vorrei una corona funebre.
Il sorriso si spense. - La prego di scusarmi! -
Abbandonil lungo banco di vetro sul quale erano allineati
cestini e bombolette spray. - Sono stata davvero
imperdonabile, ma lei cosgiovane che... - Allargle
braccia. Poi, in tono gentile, aggiunse: - Sua madre, forse?
- Mia moglie.
- Oh, come mi dispiace!
Seguii la maggior parte dei suoi consigli sulla corona,
pagai, le dissi dove inviarla e la informai che la cerimonia si
sarebbe svolta presumibilmente fra due giorni.
- Penso io a tutto, signor Griffin. Pustare tranquillo
per quanto riguarda i fiori.
- Mia moglie era venuta nel suo negozio circa tre
settimane fa - dissi. - Forse se la ricorda.
- Viene tanta gente che...
Si interruppe per prendere la foto di Maureen che le stavo
porgendo.
- Cosgiovane e graziosa - disse. - Ma purtroppo,
signor Griffin, il nome non mi dice nulla. La fotografia... -
scosse la testa, tenendo l'immagine di fronte a s - S mi
viene in mente qualcosa. Qualcuno che le assomigliava stato
qui. Ricordo un viso come il suo. Un viso interessante, che si
fa notare. Ma non mi rimasta in mente per questo, bensper
il suo nervosismo. Rovesciun cesto accanto alla porta e
insistette per pagarlo. Ma il nome... non mi dice nulla...
- Forse le ha dato un altro nome.
La fioraia mi rese la fotografia, alzando le spalle.
- Posso usare il suo telefono?
Mi indicl'apparecchio appoggiato sulla scrivania in
fondo al negozio.
Chiamai la centrale di polizia. - Parla Steve Griffin. C'
il tenente Liam Reynolds?
Era uscito. Immaginai che fosse andato a controllare le
officine dei carrozzieri.
- Devo vederlo immediatamente - dissi. - Credo di
avere scoperto qualcosa di importante.
- Possiamo avvertirlo via radio.
- Ditegli di venire al negozio di fiori all'angolo tra la
Seconda e Park Street.
Riappesi. La fioraia era accanto a me quando mi voltai.
Aveva il volto teso e pallido. - Francamente, signor Griffin,
non so cosa stia succedendo. Ma che lei faccia venire qui la
polizia...
- Non mi fraintenda - dissi. - Mia moglie stata
assassinata. Il nome che le ha dato, i fiori che ha comprato
potrebbero aiutare la polizia a individuare il colpevole.
- Oh! - Fece un respiro profondo. Quando sollevil
viso, il suo sguardo era di nuovo comprensivo. -
Naturalmente, sono a sua disposizione.
Apruno schedario metallico vicino alla scrivania,
incresple labbra e si picchiettil mento con un dito. Per
qualche istante si concentrper cercare di ricordare, poi
comincia spulciare lo schedario.
Era ancora impegnata in questa operazione quando
giunse Reynolds, quasi cinque minuti dopo, e senza
interrompersi si limita rispondere: - Come va, tenente? -
quando feci le presentazioni.
- questo... credo. - Estrasse dallo schedario un
foglietto con le vendite giornaliere. - Jane Brown. Ricordo
che mi parve buffo che una donna cosparticolare avesse un
nome coscomune, cosscialbo.
- Scrive sempre il nome dei clienti? - domand
Reynolds.
- Oh, no. Ma quando vendiamo fiori per occasioni
particolari, matrimoni, funerali, ovviamente chiediamo il
nome dell'acquirente e del destinatario.
- Dove li ha fatti recapitare?
- In nessun posto. Lei acquistuna grande cesta di fiori
per un funerale e mi diede questo nome. Poi, quando le chiesi
dove mandarla, esite disse che l'avrebbe consegnata lei
stessa.
Rimasi senza fiato. Maureen aveva comprato dei fiori per
il funerale di una persona sconosciuta, ma aveva temuto di
essere rintracciata attraverso la fioraia che l'aveva vista e
poteva identificarla. Maureen era riuscita a depistare noi, ma
non lui, non l'uomo con l'auto verde.
Reynolds pose qualche altra domanda alla fioraia, ma le
risposte non furono di alcuna utilit Maureen era uscita dal
negozio per andare a prendere la sua auto. Si era fermata a
chiacchierare con un uomo sul marciapiede; doveva trattarsi
di Will. Poi si era allontanata e pochi istanti dopo era
ricomparsa in auto, aveva suonato il clacson e si era fermata
in doppia fila, giusto il tempo necessario perchla fioraia
uscisse di corsa con la cesta e la deponesse sul sedile
posteriore. Reynolds fece un'ultima domanda e venimmo a
sapere che Maureen era stata sola per tutto il tempo, a
eccezione dei pochi istanti in cui aveva parlato con Will.
La fioraia ci accompagnalla porta. La ringraziammo, e
per la prima volta notai la scritta dorata sulla vetrina del
negozio: "La Bottega dei Fiori di Elda Dorrance".
L'auto grigia della polizia era parcheggiata in un'area di
carico e scarico di fronte a un negozio dello stesso isolato, a
breve distanza. La mia era in un parcheggio appena dietro
l'angolo.
Reynolds e io ci fermammo accanto alla sua auto. - Non
si lasci abbattere, Griffin. Succede sempre cos
- Credevo che fosse una buona pista.
- Lo era. E ci ha fatto capire una cosa. Sua moglie ha
acquistato dei fiori per un funerale e non voleva che qualcuno
lo sapesse. Abbiamo la data di acquisto: risale a ventitr
giorni fa. I fiori devono essere stati utilizzati entro due o tre
giorni al massimo. Quindi possiamo controllare i funerali.
Tutti i funerali a partire da ventitrgiorni fa, per tre giorni.
- Come farete a individuare quello giusto?
- Cercheremo quello che ha a che fare con
un'automobile.
- La mia automobile - dissi. - Guidata da Maureen.
- Mantenga la calma, Griffin.
Chinai le spalle. - D'accordo. Ora credo che tornera
casa.
Non gli stavo mentendo, ma avevo fatto appena tre passi
quando lui mi richiam Mi voltai.
Reynolds mi rivolse un sorriso franco. - Lei ha fatto la
cosa giusta. Era una buona pista, ed era di competenza della
polizia. Continui cos Griffin, lei in gamba. Forse riuscira
scoprire qualcosa. Non provi a muoversi da solo. Potrebbe
trovare quell'uomo... e si va in galera anche per aver ucciso
dei pazzi.
- Non so di cosa stia parlando.
- Bene - disse lui. - Mi terrin contatto.

Non c'era nessuno in casa al mio arrivo. Andai in
soggiorno e mi sedetti sul divano. Poi allungai i piedi e mi
distesi supino. La stanchezza agiva su di me come un
narcotico, avevo gambe e braccia pesanti e il cervello
annebbiato. Mi coprii il volto con le mani e sprofondai in un
sonno agitato.
Di colpo saltai su a sedere, svegliato dal rumore della
porta d'ingresso che si apriva. Erano Penny e Vicky.
Penny era ansiosa di fare il resoconto del suo giro e di
mostrarmi ciche aveva comperato. Allo sguardo calmo di
Vicky non sfuggil mio stato d'animo. Disse a Penny di
andare di sopra a cambiarsi se voleva aiutarla a preparare la
cena.
Quando Penny corse via dalla stanza, Vicky si sedette
sulla poltrona di fronte a me. - Puesserle d'aiuto parlarne,
Steven?
- Non riesco nemmeno a pensarci. Reynolds sta
seguendo una brutta pista. convinto che Maureen abbia
ucciso qualcuno e che una persona vicina alla vittima abbia
deciso di vendicarsi, ammazzandola.
- Lei la conosceva, Steven. Sarebbe stata capace di
uccidere?
- Accidentalmente s Potrebbe averlo fatto ed essere
fuggita in preda al panico. Ma se per questo l'assassino ha
pianificato la sua morte a freddo, deliberatamente...
- Forse era fuori di sper il dolore.
Mi alzai. - E quindi dovrei perdonarlo e augurargli ogni
bene?
Vicky si aggrappai braccioli della poltrona e disse, con
voce soffocata: - In questo momento lei nella sua stessa
situazione, prova le stesse cose che deve aver provato lui.
- Lui non ha perdonato Maureen!
- Ma se non c'mai perdono, che speranza ci resta? - Si
mise a piangere. Non singhiozzava, le lacrime le rigavano le
guance, semplicemente.
L'indomani decisi che era meglio mandar via Penny per
qualche giorno. L'ombra che gravava sulla casa cominciava a
turbarla, con quel viavai di persone che sussurravano tra di
loro. Will Burke mise a disposizione il suo villino al lago. Ci
avevamo trascorso qualche fine settimana. Penny adorava il
lago, l'ombra degli alti pini, gli uccelli e i conigli che
saltellavano attraverso i campi di artemisia. Vicky insistette
per accompagnarla e prendersi cura di lei. Significava
rimanere lnotte e giorno, ma lei mi spiegche era alloggiata
in albergo in quel periodo, perchi suoi parenti vivevano in
un piccolo appartamento.
Noleggiai un'auto, la caricai di provviste e la affidai a
Vicky, mentre io le facevo strada con la mia macchina.
Il villino era fatto di tronchi e si affacciava su un molo e
un attracco per le barche. All'interno c'era il soggiorno con le
travi a vista e un caminetto in pietra, la cucina, un angolo per
il pranzo, due camere da letto e il bagno.
- Forse ho uno spirito un po' troppo avventuroso - disse
Vicky quando vide l'interno - ma non mi aspettavo un posto
del genere. Surgelatore, cucina elettrica, telefono... per non
dire dei divani e delle sedie in soggiorno. C'persino un
tappeto di pelle d'orso.
- C'un piccolo fuoribordo nella rimessa. Vuole che lo
tiri fuori?
- Grazie, ma non me la cavo troppo bene in acqua. E poi
Penny potrebbe cadere dalla barca.
Vicky insistette perchmi fermassi a prendere il caff
Poi rientrai in citt

Reynolds mi aspettava nell'auto grigia della polizia,
davanti a casa.
Parcheggiai la berlina nel vialetto ed entrammo.
- Nessun funerale sospetto - disse. - Ho controllato i
cinque giorni successivi a ventitrgiorni fa. Forse ha portato
la cesta fuori citt
- E la riparazione dell'auto?
- Anche quella potrebbe essere stata fatta in qualche
posto nei dintorni. - Reynolds posil cappello su una sedia,
si sedette sul divano e sospir - stata una mattinata piena.
E abbiamo ancora parecchi carrozzieri da controllare, quelli
piccoli in periferia. - Distese le gambe e si guardla punta
delle scarpe. Nei suoi occhi apparve una luce gelida, dura. -
Deve funzionare. Dev'esserci per forza un carrozziere.
- Altrimenti?
- Siamo nei guai. Ci tocca fare marcia indietro e trovare
un'altra pista.
- O fallire.
- Non falliremo. Questo non un delitto perfetto.
Nessun delitto lo
- E che mi dice di quelli insoluti?
- Sono tutti costellati di errori - insistette. - Un
crimine di per se stesso un atto folle, illogico, contrario al
bene del gruppo a cui appartiene il criminale. Un crimine
insoluto solo il risultato del cattivo lavoro di un poliziotto
pigro e indifferente.
- Il che perfetto per il delinquente - dissi. - Cos
nulla gli impedisce di invecchiare tranquillamente e morire
nel suo letto, coi nipotini che gli portano mazzolini di fiori
sulla tomba.
Reynolds scattin piedi. - Griffin, lei un genio!
- Che cos'ho detto?
- I fiori. Perchpresumere che fossero per un funerale?
Perchnon una composizione per ornare una tomba... una
sepoltura vecchia di qualche giorno? Ho indagato nella
direzione sbagliata. Invece di partire da ventitrgiorni fa e
scorrere il calendario in avanti, avrei dovuto risalire indietro
nel tempo.
Si precipitnell'atrio e lo sentii telefonare.
Mentre Reynolds parlava, il furgoncino di un corriere
espresso si fermdavanti alla casa. Il fattorino scese con in
mano un pacchetto piatto e oblungo. Era per Maureen,
contrassegno.
Pagai, presi il pacchetto e chiusi la porta mentre il
fattorino si allontanava. Lo aprii: conteneva due manoscritti
di commedie di Randy Price e una lettera di Hull & Jordan,
Agenzia Letteraria.

Gentile signora Griffin,
a seguito alla nostra corrispondenza di un mese fa, il
signor Jordan e io abbiamo esaminato i manoscritti qui
acclusi. Sebbene l'autore appaia promettente, i suoi lavori
riflettono purtroppo anche una certa immaturite
inesperienza. La restituzione di queste prove non significa
tuttavia che siamo contrari a prendere in considerazione
dell'altro materiale da parte sua. Al contrario, vorremmo
assicurare al signor Price che senza dubbio un giovane di
talento, dotato di introspezione psicologica e di un modo
crudo ma affascinante di esprimere la sua singolare visione
della vita. La preghiamo di credere che ogni sua altra opera
sarda noi esaminata con piacere e che metteremo tutte le
nostre capacital suo servizio nel momento in cui sarin
grado di produrre qualcosa di un po' piprofessionale di
queste due proposte.
Cordialmente
Roger W. Hull

P. S. Certo che mi ricordo di lei, Maureen, dal tempo in
cui lavoravo come agente teatrale. Cossi sposata e ha una
bambina. Congratulazioni, davvero. Io ho prestato servizio
nell'esercito per un po' di tempo, e ho cominciato a
occuparmi di autori invece che di attori quando sono tornato
alla vita civile.
R. W. H.

Il poscritto era aggiunto a penna. Hull aveva avuto un
ripensamento quando la sua segretaria aveva posato la lettera
sulla sua scrivania per la firma.
Feci scivolare i manoscritti e la lettera in un cassetto
della scrivania. Poi Reynolds entrnella stanza e smisi di
pensare alle speranze e all'incoraggiamento che Randy Price
avrebbe tratto da quella lettera. Capii che era successo
qualcosa. Lo si leggeva sul suo viso.
- Vogliamo andare? - disse. - Le dirtutto durante il
tragitto.
Uscimmo di casa, ci infilammo nell'auto della polizia e
Reynolds partcon un breve stridio di gomme.
- Ventotto giorni fa - disse il detective- alle otto e
cinquantacinque di sera, una giovane donna con un bambino
in braccio stava scendendo dal marciapiede in West End
Avenue quando un'auto svoltall'incrocio prendendo la curva
troppo larga. A causa della velociteccessiva sband perse il
controllo e piombsulla madre e sul suo bambino. La donna
cercdi allontanare il piccolo ma non fece in tempo e l'auto
non riusca fermarsi. Furono seppelliti entrambi due giorni
dopo.
Fui attraversato da un brivido. Sentivo la voce di
Reynolds sempre pilontana. Maureen al volante di un'auto,
una madre e il suo bambino che si materializzano di fronte a
lei... Maureen paralizzata da un immediato terrore, incapace
di arrestare la massa in movimento... No, no! Impossibile!
- Quelli della stradale mi hanno detto che stanno ancora
cercando di rintracciare il responsabile - proseguReynolds.
- La persona al volante rallent ma poi invece di fermarsi
corse via in preda al panico. Come al solito i ragazzi che se ne
occupano hanno descrizioni contraddittorie dell'auto. L'unico
dato certo che era una grossa berlina, grigio scuro, o una di
quelle tinte nuove, azzurro pastello... o verde. Nessuno prese
il numero di targa.
- Chi erano quelle persone? - domandai, pronunciando
quelle parole con immenso sforzo.
- la famiglia Martin. Lui possiede un piccolo negozio
di alimentari nel West End. Ne sapremo di pisul suo conto.
Abbiamo appuntamento con Bill Ravenel. Si occupato lui
del caso.

Al volgere del secolo, West End era un simbolo di
distinzione. Sulle sue case, grandi e imponenti, regnava una
signorile tranquillit Eleganti carrozze stazionavano nelle
rimesse o percorrevano le strade trainate da pariglie di
cavalli. Sui marciapiedi assolati macchiati dall'ombra degli
aceri la gente si scambiava ossequiosi saluti.
Quella tranquillitera ormai solo un lontano ricordo.
West End pullulava di gente piuttosto rumorosa a quell'ora di
pomeriggio, al termine dalla giornata lavorativa. Le case
erano mostruosi edifici a timpano dalla decorazione vistosa,
con la vernice scrostata e un aspetto desolato, in cui erano
stati ricavati appartamenti squallidi e sovraffollati. Si era
salvato solo qualche albero con il tronco segnato dalle tracce
dei bambini che vi si arrampicavano. Tra le case si erano
incuneate lavanderie, botteghe di riparazioni, banchi dei
pegni e autorimesse, sfruttando fino all'ultimo centimetro di
spazio.
Reynolds parcheggiaccanto a un idrante, e qualche
istante dopo un'auto grigia identica alla sua si fermdavanti
a noi. Un uomo ne usce ci venne incontro.
- Bill Ravenel - disse Reynolds.
Mi allungai verso il poliziotto per stringergli la mano
attraverso il finestrino aperto. Ravenel era giovane e alto, con
un viso da adolescente e i capelli a spazzola. Gli occhi azzurri
erano gelidi, la sua stretta di mano brusca.
- Un'intera famigliola stata spazzata via, Griffin -
disse. - Mi auguro che non fosse sua moglie a guidare
quell'auto.
- Ravenel... - lo riprese Reynolds, seccamente.
Ravenel lo guard poi si rivolse a me. - Mi dispiace -
aggiunse freddamente - ma questo caso mi ha toccato da
vicino. Conoscevo i Martin. Brava gente. Povera gente. Una
famiglia unita... finchnon arrivata una coppia di ubriachi
irresponsabili, lanciati a tutta velocit
Mi corse un brivido giper la schiena. - Una coppia?
- Uomo e donna.
- Ubriachi?
- Dovevano esserlo, a giudicare dal modo in cui si
muovevano.
Scendemmo dall'auto e per un attimo ebbi il timore che le
gambe non mi reggessero.
Ravenel indicun punto pio meno al centro della
strada. - lche successo. La signora Martin morta sul
colpo. Il bambino ha agonizzato per qualche ora.
Attraversammo la strada. Mentre Ravenel e Reynolds
parlavano con le persone che avevano conosciuto i Martin e
mostravano in giro la fotografia di Maureen, l'istintiva
avversione che avevo provato all'inizio per Ravenel si
attenu e cominciai a vedere la cosa dal suo punto di vista.
Alec Martin aveva combattuto tre anni nel Pacifico
durante la Seconda Guerra Mondiale, prima di restare vittima
dello stress generato dai combattimenti. Aveva parlato spesso
con gli amici del periodo trascorso in ospedale, come se si
trattasse di qualcosa di cui voleva liberarsi.
Nato e cresciuto nel West End, aveva sposato una
compagna di scuola, Sally. Vivevano in un piccolo
appartamento al secondo piano, dividendo con un'altra
coppia il bagno situato in fondo a un corridoio male
illuminato. Alec aveva comprato un piccolo negozio di
alimentari a mezzo isolato di distanza, un anno prima della
nascita del loro bambino.
- Di solito andavano a trovare Alec in negozio le sere in
cui lui teneva aperto fino a tardi - ci disse il padre di Sally.
Era un uomo anziano, magro, brizzolato, seduto in un vecchio
soggiorno che odorava di chiuso accanto alla moglie, una
donna ossuta con gli occhi segnati da profonde occhiaie
dolorose.
- Madre e figlio - disse il vecchio - andavano al negozio
e Sally dava una mano ad Alec per la chiusura. Chiudeva tardi
quasi ogni sera. Volevano comprare un piccolo appartamento
fuori dal West End, alla periferia della citt dove c'il sole e
l'aria buona.
"Lui assistette all'incidente. Li stava aspettando, spiava il
loro arrivo. Lei lo vide e gli fece un cenno di saluto. Forse
per questo che non si accorse in tempo dell'auto."
La donna accanto al vecchio chiuse gli occhi e impallid
- Per poco Alec non mordi dolore - proseguil vecchio.
- La tragedia lo condusse sull'orlo della follia. Non dormiva
e non mangiava... se ne stava in quell'appartamento fissando
il muro, senza neanche preoccuparsi di accendere la luce
quando faceva buio. Cercai di scuoterlo, ma non c'erano
parole che potessero aiutarlo. Doveva trovare da solo la forza
per ricominciare a vivere. Una settimana fa ha venduto il
negozio. Ha detto che non ce la faceva pia rimanere qui nel
West End. Ci ha promesso che avrebbe scritto, che ci avrebbe
fatto sapere dov'era, cosa stava facendo, ma non si pifatto
vivo.
Ravenel si alz senza distogliere lo sguardo dal vecchio.
- Faremo in modo di non disturbarla pi- disse. - Se ha
notizie di lui, ce lo faccia sapere.
Il vecchio ci accompagnalla porta. - Avete scoperto chi
era alla guida dell'auto?
- Ci stiamo lavorando.
Il vecchio ci guardtutt'e tre, uno dopo l'altro. Non
vedevo l'ora di andar via. Mi domandai quale sarebbe stato il
suo sguardo se avesse saputo ciche Reynolds e Ravenel
sospettavano. Il vecchio scosse la testa. - Dev'essere un
inferno, ora, per quei due. Soprattutto per la donna. Era lei
che guidava, lo sapete, no?
- S- disse Ravenel a bassa voce - ce l'hanno detto dei
ragazzi che giocavano laccanto.
- Ma nessuno prese il numero di targa - aggiunse il
vecchio. - Nessuno ebbe questa prontezza di spirito. E un
attimo dopo l'auto era sparita.

Ci immergemmo di nuovo nel frastuono e nel sudiciume
del West End.
- Sally Martin e suo figlio - disse Ravenel - sono
sepolti al Memorial Park. Andiamo a dare un'occhiata.
Ci recammo al cimitero con una delle due auto grigie. Le
tombe erano una accanto all'altra su un fianco della collina.
La zolla erbosa che le ricopriva non aveva ancora attecchito.
Una cesta di fiori appassiti e sferzati dalla pioggia era
collocata all'estremitdella tomba di Sally. Ravenel gir
intorno al tumulo con cautela, si inginocchie la esamin
Alzlo sguardo verso di me, e il silenzio del cimitero mi
avvolse come una cosa viva, tangibile. Mi avvicinai alla tomba
e vidi ciche aveva visto Ravenel, un piccolo adesivo sulla
base della cesta. Era quasi cancellato dalla pioggia e dalle
intemperie, ma Ravanel aveva grattato via lo sporco e i
caratteri sbiaditi erano ancora leggibili: " La Bottega dei
Fiori".
- Ecco dove ha portato la cesta - disse Ravenel. - Ora il
quadro quasi completo. Martin vide il numero di targa
dell'auto che aveva ucciso la sua famiglia. Era sulla soglia del
suo negozio quando si verificl'incidente. Negdi averla
vista, perchnon voleva che fossimo noi a prendere Maureen
Griffin. Voleva pensarci lui.
- Non avete nessuna prova che sia stata lei a portarla! -
esclamai, indicando la cesta. - Per colpa di semplici
coincidenze degli innocenti sono finiti sul patibolo, in
passato.
- vero, ma succede di rado - rispose Ravenel. - In
questo caso tutti i pezzi combaciano perfettamente. Il quadro
coscompleto che potrei avventurarmi ad aggiungere
qualche dettaglio in pi Martin vide la targa e and
all'ufficio immatricolazioni per scoprire a chi apparteneva
l'auto. Era fondamentalmente un brav'uomo, ma aveva perso
la testa. Ha venduto il negozio, ma scommetto che non ha
lasciato la citt Scommetto che si comprato una grossa auto
verde... come arma.
Ravenel venne via dalla tomba, poi si ferme si rivolse a
me. - A proposito, Griffin, dove si trovava lei la sera in cui
Sally Martin e suo figlio furono uccisi?
Rimasi allibito. Per un tempo che mi parve lunghissimo
non dissi nulla, poi mormorai: - Ero fuori citt
- Puprovarlo?
- Credo di s
- Potrebbe essere necessario. Dopo tutto, c'era un uomo
nell'auto con la signora Griffin.
Quella notte mi fermai da Will e Carla Burke. Non avevo
il coraggio di affrontare il silenzio di casa mia. Rimanemmo
seduti a parlare tutti e tre fino a tardi, e Carla fece del suo
meglio per comportarsi bene e non criticWill neanche una
volta.
Alla fine non ebbi il coraggio di tenerli alzati pia lungo
e andai a dormire nella stanza degli ospiti. Ma il sonno non
voleva arrivare. Maureen era sempre stata buona, gentile,
generosa. Forse poteva essere stata presa dal panico dopo
l'incidente, poteva succedere a chiunque. Ma non sarebbe
andata lontano. Sarebbe tornata indietro, avrebbe offerto il
suo aiuto... a meno che l'uomo non l'avesse convinta a non
farlo.
Senza far rumore andai in bagno e trovai i sonniferi di
Will. Ce ne vollero due per farmi crollare.

La compagnia di Will e Carla mi aiutad affrontare il
funerale, il mattino seguente. Dopo un malinconico pasto,
tornai a casa. Dovevo tornarci, ogni tanto.
Chiamai il villino sul lago. Vicky disse che tutto andava
bene. Penny era sulla spiaggia a pescare pesciolini con una
cordicella e uno spillo incurvato.
Poi telefonai a Reynolds. Le sue novitfurono una doccia
fredda. Un impiegato dell'ufficio immatricolazioni ricordava
che un uomo corrispondente alla descrizione di Martin aveva
chiesto informazioni su un numero di targa. E un venditore di
auto usate ricordava di aver venduto una grossa macchina
verde una settimana prima. Anche in questo caso la
descrizione dell'acquirente combaciava con quella di Martin,
e i suoi modi e la sua insistenza su un determinato tipo di
auto avevano fatto sche il venditore se ne ricordasse. Martin
aveva registrato l'auto a proprio nome.
- Sappiamo come e perch- disse Reynolds. - Non ci
resta che trovarlo.
Rientrai in soggiorno. La porta d'ingresso era aperta e
Randy Price stava spiando attraverso la zanzariera.
- Salve, Steve - disse, tetro.
- Oh salve, Randy. Entra.
Si sedette e intreccile dita facendo schioccare le nocche.
- Avevo bisogno di vedere qualcuno, di parlare con qualcuno
- confess - Ero al funerale.
- S ti ho visto. Ti va un po' di caff
- Certo.
Andammo in cucina.
- Quel Reynolds - disse lui. - Non gli piaccio. Da
quando voi due siete venuti a casa mia, di tanto in tanto mi fa
tenere d'occhio. convinto che io volessi ingannare Maureen,
o qualcosa del genere. Tu non hai questa opinione di me, vero
Steve?
Mi stava di fronte, tormentandosi nervosamente il
pizzetto. Notai in lui quell'atteggiamento felino che aveva
colpito Reynolds, e una luce nascosta in fondo ai suoi occhi
mi spinse a domandarmi se non stesse solo cercando di
blandirmi.
- Non ho alcuna opinione di te, Randy.
- Okay, se cosche la pensi.
- Non metterti a piagnucolare, adesso.
Una scintilla di rabbia brillnei suoi occhi, e subito si
spense. - Certo, questo un brutto momento per te, Steve. E
quindi non ti chiedernulla.
- E cosa dovresti chiedermi?
- Un piccolo prestito. Vedi, Maureen mi prestava un po'
di denaro, e io pensavo che se tu... Be', dopo tutto, non si
tratterebbe di buttare via dei soldi. Credimi Steve, saresti
d'aiuto a un genio.
Pensai agli assegni incassati che erano registrati sul
libretto di Maureen. Finalmente sapevo che fine aveva fatto
quel denaro. Non aveva piimportanza, anzi, era quasi un
sollievo. Sapevo quello che Maureen doveva avere provato nei
confronti di questo ragazzo. La cosa piimportante per lei
doveva essere stato il suo lavoro, non lui.
- Non lo definirei un privilegio, il fatto che io ti presti
del denaro - dissi.
- Grazie, Steve. - Sorrise e accettun caff E venti
dollari.
Solo quando Randy era giandato via mi ricordai dei
manoscritti. Andai alla porta, ma la sua macchina stava gi
svoltando l'angolo.
Il postino veniva gilungo il marciapiede. Si avvicin mi
fece le condoglianze e mi consegnuna lettera.
Rientrai. La busta era liscia, bianca, con il timbro della
zona. Non c'era mittente e l'indirizzo era scritto a mano.
Aprii la busta e ne estrassi un unico foglio di carta bianca.
Era scritto con la medesima grafia nitida. Nessun preambolo,
nessuna firma, un'unica frase scritta di traverso sul foglio,
per il resto completamente bianco.

Mi devi ancora il bambino, Griffin.

Le parole mi ballavano davanti agli occhi. Accartocciai il
foglietto. Di colpo l'atmosfera della casa fu carica di terrore,
tesa come un urlo.
Mi imposi di non correre verso il telefono, ma di
procedere con calma. Le mani mi tremavano cosforte che
sbagliai numero e dovetti ricominciare da capo.
- Parla Reynolds.
- Steve Griffin. Per l'amor di Dio, venga qui
immediatamente.
- Cos'successo?
- Lui vuole Penny!
- Come fa a saperlo?
- Un biglietto. Ha mandato un biglietto. Reynolds... lei
conosce il lago Apopka?
- S
- Will Burke proprietario del villino che si trova
all'estremitnord. Pumandarci qualcuno, per favore? Penny
lcon Vicky Clayton.
- Lo consideri gifatto. Non perda il controllo, Griffin.
Sto arrivando.
Riagganciai e rimasi in piedi, immobile. Avevo giavuto
paura prima di allora. In guerra, avevo avuto paura. E ancor
di piquando la telefonata di Maureen mi aveva trascinato
per centocinquanta chilometri nella pioggia e nel buio. Ma
questa volta era diverso.
Andai di sopra e aprii il cassetto superiore del comnella
camera matrimoniale. In alto, fuori dalla portata di Penny,
c'era la pistola che avevo portato a casa quando avevo
cominciato a viaggiare per lavoro.
Maureen ne aveva riso: - Non so se avere pipaura della
pistola o del ladro.
Controllai l'arma. Era carica. Me la infilai nella tasca
interna della giacca.
Quando arrivReynolds, il tremito era sotto controllo, o
se non altro meno evidente.
Il detective esaminil biglietto. Carta e busta erano di
tipo comune, roba da poco prezzo. Nulla che potesse esserci
d'aiuto. Nessun indizio per rintracciare Alec Martin. Quando
aveva comprato quella grossa auto verde la cittlo aveva
inghiottito, inoculandolo nel proprio frenetico flusso vitale
come una cellula impazzita, un germe.
Durante il tragitto verso il lago, Reynolds disse che
Ravenel era uscito subito dopo la mia telefonata. Ora che il
caso Griffin e il caso Martin erano stati accomunati, i due
detective lavoravano insieme.
Penny ci vide arrivare e ci corse incontro dalla riva del
lago. Si gettnelle mie braccia, e io la strinsi cosforte da
spaventarla.
Si divincole saltgi raccontandomi quanto si stesse
divertendo, e andai con lei a vedere i pesciolini che aveva
preso. Dopo aver munito di esca il suo amo, la lasciai sulla
riva e seguii Reynolds su per la radura fino al villino.
Ravenel era appoggiato alla ringhiera di legno sotto il
portico e fumava una sigaretta, osservando Vicky Clayton. La
ragazza era seduta su una sedia di bamb tutta rannicchiata
e tesa, come se avesse freddo.
Quando Reynolds e io arrivammo, Ravenel buttvia la
sigaretta e si alz Guardai Vicky. Le tremavano le labbra, e
guardava altrove. Il suo comportamento era decisamente
strano. Mi resi conto improvvisamente che aveva un
atteggiamento colpevole.
- Tutto a posto qui - disse Ravenel - tranne lei.
Guardai Vicky e lei distolse lo sguardo.
- La vidi uscire dall'appartamento di Martin una sera che
ero andato a parlare con lui - aggiunse Ravenel. - Gli chiesi
chi fosse. sua sorella.
Vicky balzin piedi. Attraversil portico e si ferm
davanti a me.
- Non mi giudichi in modo affrettato, Steven - disse,
con voce strozzata. - vero, Alec mio fratello. I nostri
genitori divorziarono anni fa e io ho vissuto con mia madre
mentre Alec rimasto con mio padre, che in seguito si
risposato. Non conoscevo Alec molto bene, ma ci scrivevamo
di tanto in tanto. La sua ultima lettera, in cui descriveva la
tragedia che aveva colpito la sua famiglia in modo piuttosto
incoerente, risale a circa dodici giorni fa, parecchio tempo
dopo che si erano svolti i funerali.
"Quando andai a trovarlo, era in uno stato di profonda
prostrazione. Stava seduto nel suo appartamento a guardare
il muro per ore. Poi usciva senza dire dove andava o quando
sarebbe tornato."
La sua voce si spezz Per un attimo non riusca
proseguire.
- Avrei dovuto sospettarlo - dissi. - Lei non ha mai
detto nulla di preciso su Maureen o sulla vostra amicizia. E
poi una volta difese Martin e mi pregdi perdonarlo.
Fece cenno di no col capo, lentamente, come se quel
movimento le costasse un enorme sforzo. - Difenderlo... no,
Steven. Chiedevo pietper lui, questo s
Vicky mi fissava negli occhi, con un espressione di
supplica umile ed eloquente.
- Alec vendette il negozio - prosegu- e disse che
sarebbe andato via per un po', per cercare di dimenticare.
Speravo che ne stesse venendo fuori. Lo aiutai a
impacchettare un po' di cose che dovevano rimanere nel suo
appartamento. C'erano delle note scritte da lui... il nome di
Maureen e il suo indirizzo... piccole informazioni su di lei...
un numero di targa.
- Le stava dietro come un'ombra - disse Ravenel -
quando usciva. La pedinava.
Un brivido violento scosse le spalle di Vicky. - Lui mi
strappdi mano quelle note, disse che non significavano
nulla e le stracci Poi andvia, e io decisi di rimanere in
cittancora qualche giorno con mio padre. In realtnon
avevo un gran rapporto con lui, ma aveva sofferto una grave
perdita e aveva bisogno di me.
"Stavo pensando di tornare a casa quando vidi
quell'articolo di cronaca sul giornale, l'altra mattina. Il nome
mi fece trasalire. Cercai di persuadermi che non poteva
trattarsi della donna di cui avevo letto il nome sulle note di
Alec, che il suo incidente poteva non avere nulla a che fare
con quello che a lui era costato costanto.
"Ma questo ragionamento non mi convinceva. Andai a
dare un'occhiata alla zona in cui viveva la donna, Meade Park.
Fu facile raccogliere informazioni su di lei. Mi fermai al
negozio di alimentari all'angolo, tutti ne parlavano.
"Seppi che aveva una figlia. Anche Alec aveva avuto un
figlio. Non avevo il coraggio di pensare alle conseguenze."
Chiuse gli occhi e si morse il labbro inferiore, cercando di
trovare la forza per continuare a parlare.
- Avrebbe dovuto rivolgersi subito alla polizia - disse
Ravenel.
Lei rimase in silenzio ancora un attimo, poi sussurr -
Era mio fratello. Forse... sono stata una stupida.
Reynolds fissRavenel e disse: - Signorina Martin, se
avessi avuto un fratello nei pasticci, forse sarei stato
altrettanto stupido.
- Non avevo alcuna prova che avesse ucciso Maureen -
prosegulei. - Ancora non riuscivo a crederci... a meno che
non fosse completamente impazzito. Se lei lo avesse
conosciuto, capirebbe. Era tranquillo, gentile, affettuoso.
Anche se avesse architettato una cosa del genere, se l'avesse
desiderata, un vero omicidio sarebbe stato contro la sua
natura.
"Se era innocente, facendolo arrestare temevo di
causargli un danno irreparabile, dopo la tragedia che l'aveva
colpito. Ma potevo anche sbagliarmi. Se era colpevole, forse
avrebbe cercato di colpire la figlia di Maureen. E anch'io ne
sarei stata responsabile, perchnon avevo fatto nulla.
Reynolds lanciun'occhiata a Ravenel, che stava per
intervenire, e disse: - Cos signorina Martin, lei decise di
prendere l'iniziativa, ovvero di assumersi la responsabilitdi
proteggere la bambina.
- Lei mi capisce!
- Non ho detto questo. Sto semplicemente chiedendo se
erano queste le sue intenzioni quando ha bussato alla porta
dei Griffin e si presentata come un'amica della signora.
- La sua affermazione esatta - rispose Vicky.
Non aveva distolto gli occhi da me, scuri e intensi.
- Se lei avesse voluto far del male a Penny, signorina
Martin - dissi -ne avrebbe avuto tutte le possibilit
- Sono d'accordo - concordReynolds.
Vicky soffocun singhiozzo e si allontan
- La domanda fondamentale ancora senza risposta -
disse Ravenel in tono irritato. - Che facciamo con Martin?
ancora in circolazione, ed una minaccia per la bambina.
Reynolds guardverso il lago dove Penny trascinava la
sua canna da pesca nell'acqua. Poi osservla radura intorno
alla casa.
- Questa il posto migliore per difenderla - dichiar -
Un incidente stradale impossibile e un estraneo non pu
arrivare a cinquecento metri da qui senza essere visto. Se
cercassimo di nasconderla in citt ci sarebbero dei rischi
ovunque. Ogni volto nella folla potrebbe appartenere a
Martin. Ogni rumore di passi su una scala antincendio, o in
un corridoio.
"Manterrtre turni di guardia con uomini ben armati qui
fuori finchnon lo avremo preso. Credo di poter garantire
l'incolumitdella bimba in questo modo, Griffin."
- E lei? - disse Ravenel accennando a Vicky.
Reynolds attese che fossi io a parlare.
- Purestare - dissi - se vuole.
- Grazie, Steven, grazie! - esclamlei.
Rimanemmo al villino fino all'arrivo di due nerboruti
poliziotti in borghese, dall'aria capace. Stabilimmo di dire a
Penny che erano amici di Will, e che erano lper pescare.
Decisi di tornare in cittcon Reynolds per mettere
qualcosa in valigia e tornare al villino dopo cena, la sera
stessa.

A casa finii di preparare la valigia e chiusi tutto. La
giornata era quasi alla fine, e mi domandai quanto tempo
sarebbe passato prima che Penny fosse fuori pericolo.
Stavo uscendo per andare a cenare quando chiam
Reynolds.
- finita - disse.
Per un attimo rimasi in piedi con il ricevitore in mano,
pietrificato. - Cosa?
- Abbiamo trovato Martin.
Le mie ginocchia stavano per cedere. Mi sedetti sulla
sedia accanto al telefono. - Dove?
- Nel fiume. morto. Era linsieme all'arma del delitto,
la sua grossa macchina verde, sul fondo del fiume.
- Reynolds, aspetti un attimo... Voglio che me lo ripeta
parola per parola.
Ridacchi sollevato. - Okay. Parola per parola. Ecco qui.
C'un molo in Timmons Street, vicino al punto in cui stata
uccisa Maureen, che apparteneva alla Kukolovitch & Figli.
un pontile basso, vecchio, con una rampa d'accesso per il
carico e lo scarico dai camion. Martin ha guidato l'auto fino al
termine del molo, Griffin. Quel posto doveva ossessionarlo.
Chi pudire cosa passa per una mente malata? Dev'essere
tornato a vedere il luogo in cui aveva assassinato la signora
Griffin. Poi un raptus si impadronito di lui e ha infilato la
rampa scagliandosi con l'auto oltre il molo. Dev'essere
successo di notte. In ogni modo, nessuno l'ha visto. Dei
ragazzi stavano pescando con il fucile subacqueo in quella
zona, questo pomeriggio. Uno di loro si immerso a grande
profondit.. e ha visto la sagoma scura di un'auto. L'arma
verde di Martin... con lui dentro.
- E la chiatta che era ormeggiata in quel punto?
Ci fu qualche disturbo sulla linea. Poi Reynolds disse: -
Quale chiatta?
- Sono andato laggiil mattino dopo che Maureen
stata uccisa. C'erano dei marinai che ormeggiavano una
chiatta. Ricordo il nome del molo perchera particolare, e
per il suono lugubre della sirena del rimorchiatore che si
allontanava lungo il fiume. Reynolds, la chiatta era vuota. I
marinai l'avevano lasciata l come se fosse in attesa di un
carico dal magazzino. Ora, se i ragazzi hanno l'abitudine di
pescare o nuotare vicino al molo e l'auto non stata scoperta
fino a questo pomeriggio...
- Non aggiunga altro - disse lui. - Stia tranquillo. La
richiamo.
Rimasi tranquillo. Tranquillo come doveva essere stato
Alec Martin dopo la morte di sua moglie e suo figlio.
Guardavo il muro, e vedevo esattamente ciche doveva aver
visto lui.
Lo squillo del telefono mi fece sobbalzare.
- Aveva ragione, Griffin! La chiatta rimasta ormeggiata
dal mattino successivo alla morte di Maureen fino a questo
pomeriggio. La macchina di Martin rimasta lsotto per
tutto questo tempo - disse Reynolds.
- Quindi lui annegato la notte stessa in cui lei stata
uccisa.
- Per forza.
- E non puaver scritto il biglietto che minacciava
Penny - dissi io. - Chi lo scritto ha provato a fare il furbo.
Ha pensato di essere proprio in gamba.
- Un folle...
- Folle un corno! Chi ha scritto quel biglietto aveva
un'ottima ragione per farlo. L'auto non era stata trovata, e
l'uomo che l'aveva fatta affondare cominciava a rilassarsi, a
credere che l'acqua fosse abbastanza profonda perchnon
venisse piscoperta. Il biglietto chiudeva il caso attribuendo
la colpa a Martin. Con la polizia che girava a vuoto cercando
di trovare un uomo che era in fondo al fiume, chi ha scritto il
biglietto era perfettamente al sicuro. Solo che lui non sapeva
della chiatta... e non ha tenuto conto di come pureagire un
uomo cui stata uccisa la moglie.
- Stia a sentire, Griffin, se lei sa qualcosa...
- Ci vediamo.
- Griffin!
Riagganciai. Qualche istante dopo ero giper strada.

Sedeva perfettamente immobile nella stanza silenziosa, e
gli ultimi raggi purpurei del sole al tramonto penetravano
dalla finestra alle mie spalle colpendolo in viso. Ma lui non
faceva una piega. Osservava la pistola che tenevo in mano e
ascoltava le mie parole.
- Quel Martin - dissi - un brav'uomo, gentile,
generoso. Si vede ammazzare moglie e figlio, prende il
numero di targa e viene a sapere il nome della donna al
volante. Progetta di ucciderla. Vuole ucciderla, lo desidera
pidi ogni altra cosa. Mille volte ripete quel gesto nella sua
mente... e tuttavia, dopo due tentativi al vivaio e al
supermercato, rinuncia. Perch Perchnon aveva la stoffa
dell'assassino. Perchogni volta, all'ultimo momento,
qualcosa di profondamente radicato in lui glielo impediva.
" Che fare allora? Aspettare e riprovarci per la terza
volta? No. Dopo il tentativo fallito al supermercato,
dev'essersi reso conto che non poteva farlo... non in quel
modo. Invece di braccare Maureen come un cacciatore, cosa
che non va a casa di lei. Ci rimane abbastanza da fumare
una sigaretta e lasciare il mozzicone nel portacenere. Vuole la
sua morte, e Maureen lo sa, cosgli racconta tutto, compreso
il nome dell'uomo che era con lei la sera in cui la famiglia di
Martin fu uccisa.
"Martin vuole anche lui. Costringe Maureen ad
accompagnarlo e lo affronta, ma questa volta ha a che fare
con un uomo, non con una donna. Un uomo egoista,
disperato, senza scrupoli e senza piet un osso troppo
duro, e ha la meglio su di lui. Dopo avere infilato Martin
nella macchina verde, l'uomo dice a Maureen che non ha altra
scelta se non andare fino in fondo.
"Si dirigono verso Timmons Street per un'unica ragione:
l'uomo vuole servirsi del fiume per liberarsi di Martin. Ma
all'ultimo momento, Maureen crolla. Ha dei princi morali...
anche se l'uomo non lo capirmai. Lei scende dall'auto, l'auto
di Martin, e l'uomo la investe. fortunato. Nessuno lo vede.
Dopo di che spinge l'auto nel fiume, con Martin dentro.
"Un gioco da ragazzi. L'uomo al sicuro ormai. Nessuno
saprmai che stato coinvolto in un incidente stradale e in
un successivo complotto criminale. Uno scandalo del genere
non deve neanche sfiorare il suo nome, pregiudicare il suo
futuro. Non un istante del suo tempo prezioso dev'essere
sprecato in un tribunale e dietro le sbarre.
"Che te ne sembra, Randy? un buon soggetto per una
commedia?"
Solo allora lui si mosse. Si alzin piedi e fece un sorriso
sprezzante.
- Una pessima commedia. Ma naturalmente, non vorrai
insinuare che sia io questo misterioso e brillantissimo
criminale?
- Io credo di s Sei stato molto fortunato, ma hai
commesso due errori. Hai scritto quel biglietto, senza sapere
che una chiatta era andata a fermarsi proprio sopra l'auto,
scagionando Martin. E poi mi hai mentito... e questo ha fatto
cadere i miei sospetti su di te, Randy.
Aveva assunto una posa disinvolta, quasi rilassata. Una
leggera brezza faceva frusciare le pagine delle riviste
ammucchiate nel soggiorno della villetta.
- Cominci a seccarmi un po', Steve - disse. - Dopo
tutto, ti conosco solo da pochi giorni e tu ti permetti di venire
qui e...
- Maureen la conoscevi da pitempo.
- Un paio di settimane.
- Ti stai ripetendo - dissi. - Maureen era una donna
riservata, quasi timida per certi aspetti. Ti disse che voleva
che noi ci conoscessimo, e io sospetto fortemente che se
avesse voluto presentarti ai nostri amici lo avrebbe fatto in
mia compagnia, come amico di entrambi.
- Lo ammetto.
- Quindi vi siete sempre visti da soli. Dopo la sua morte,
chi avrebbe potuto smentirti?
- Non lei di sicuro.
- Ti sbagli: lo ha fatto. Due settimane fa significa dopo
l'incidente, ma tu la conoscevi da prima. Un mese fa lei
scrisse a un agente a proposito dei tuoi lavori, e gli mandun
paio di manoscritti.
Impallid
- Che bella sorpresa per te se avesse ricevuto buone
notizie dall'agente, vero, Randy?
- Senti, Steve, non facciamone un dramma. Forse l'ho
conosciuta pidi due settimane fa. Forse ho detto un paio di
settimane senza pensarci...
- Perchnon volevi che qualcuno ti collegasse a lei nel
periodo che precedette l'incidente. Per quale altro motivo
avresti dovuto mentire? Quindi sapevi dell'incidente in cui
erano morti una donna e un bambino. E per saperlo, dovevi
essere l
"Sei stato bravissimo a ideare questo magnifico piano,
Randy, da quel perfetto egoista che sei. Ma ti sono sfuggiti i
dettagli."
Randy era impallidito. Nella sua mente i pensieri si
rincorrevano, affannosamente, alla ricerca di una via d'uscita.
- La Martin e il bambino furono uccisi alle otto e
cinquantacinque - proseguii. - Subito dopo l'ora di cena.
Avevate appena mangiato, vero, quando passaste per il West
End? Ci sono alcuni dei ristoranti preferiti di Maureen. Li
conosco, Randy. Se avessi tempo da perdere, potrei portarti
fin l Non sono un numero infinito. Tu e una fotografia di
Maureen. Si rammenterebbero facilmente di voi due,
specialmente di te, con i baffi e il pizzetto su quella faccia da
ragazzino.
- Cosa significa che non hai tempo da perdere?
- Sono certo che sia tu il mio uomo. Sono certo che le
cose siano andate coscome ho detto. C'era il sangue di
Maureen sparso sul terreno in Timmons Street. Non avresti
dovuto farlo. Non avresti mai dovuto farlo.
Indietreggi Il suo viso era imperlato di sudore.
- Posso concederti ancora un po' di tempo - dissi - se
vuoi raccontarmi com'andata.
- Posso bere una birra?
- Fa' pure.
Lo seguii in cucina. Si apruna lattina di birra e ne butt
gimetin un sorso.
- Ti prenderanno, Steve - disse. - Coscome Martin
arrivato a lei, e tu sei arrivato a me.
- Stai cercando di spaventarmi? - gridai, in tono di
sfida.
Lascicadere la lattina di birra, e la schiuma si sparse sul
pavimento. Si appoggial tavolo della cucina, aggrappandosi
al bordo. - Non puoi farlo! Ricordati quello che dicevi sui
princi morali, Steve! Vale anche per te! Vai contro i tuoi
princi se lo fai!
- Sono proprio i miei princi che mi spingono a farlo.
Si mise a piangere, ma questa volta non fingeva come
quando Reynolds e io eravamo venuti a trovarlo e gli avevamo
detto di Maureen.
Piangeva di rabbia e di disperazione. - Mi trattava come
un ragazzino - grid - Come un fratellino pipiccolo.
Quella sera... dopo cena... mi faceva la paternale. Sei giovane.
Non avere fretta. Trovati un lavoro part-time. Io le risi in
faccia. La feci arrabbiare. Si infilin West End Street. Era
girata verso di me per dirmi qualcosa quando
improvvisamente apparvero loro in mezzo alla strada, la
donna e il bambino.
"Maureen non fece in tempo a frenare. La donna si era
precipitata in strada senza guardare, stava salutando suo
marito, che era sulla soglia del negozio di alimentari e perse
la testa quando si accorse dell'auto. Si buttdalla parte
sbagliata, proprio nella direzione in cui Maureen aveva
sterzato.
"Si udun breve rumore, come se qualcuno avesse
scagliato un melone maturo contro il muso dell'auto.
Maureen sollevil piede dall'acceleratore, ma io pigiai sul
pedale dicendole di andar via di corsa, e lei mi obbed
macchinalmente.
- Quindi non aveva bevuto?
- No. Cercdi riprendere il controllo dell'auto. Quando
ci fummo allontanati, le dissi che era meglio non tornare
indietro. Era troppo tardi per aiutarli, comunque. Le mie
parole la spaventarono. Tornammo qui e lei si sedette sui
gradini e pianse per tutto il tempo che impiegai per pulire il
muso dell'auto. La riaccompagnai a casa e il giorno seguente
portai la macchina da un carrozziere piuttosto malfamato e
feci riparare il paraurti e il fanale. Per maggiore sicurezza,
prima di andare lrubai una coppia di targhe, le sostituii e
poi le rimossi dopo la riparazione.
"Poi lei si presentqui con Martin. Ma io non volevo,
Steve! A me bastava un tozzo di pane e la possibilitdi
scrivere le mie commedie. Non fu colpa mia. Uno dopo l'altro,
gli eventi mi hanno preso la mano, da quando quella stupida
donna e suo figlio hanno attraversato la strada."
Si asciuggli occhi con la manica della camicia. - Mi ci
vuole un'altra birra.
Aprlo scomparto del ghiaccio, tirfuori una lattina e
girintorno al tavolo, dandomi le spalle. Aveva parlato pi
che poteva e si rendeva conto che il suo tempo era scaduto,
che non aveva piniente da perdere. Con un gesto rapido e
brusco, girsui tacchi e scaglila lattina di birra verso di me
flettendo il corpo alto e magro come una canna da pesca.
Il bordo della lattina prese in pieno la mia guancia
sinistra e per poco non mi butta terra. Feci fuoco, ma il
proiettile lo manc
Lui spalancla porta e fu fuori. Il pomeriggio stava
morendo. Il cielo era ancora attraversato da striature rosse
come il sangue.
Uscii e lo vidi che correva a perdifiato lungo il vialetto.
Ma la mia auto era parcheggiata dietro la sua e io lo incalzavo
con la pistola. Quando si volte mi vide cambibruscamente
direzione.
Si inoltrnel vasto campo deserto a est della villetta.
Oltre il campo c'era un bosco, la salvezza. Procedendo a zig
zag sapeva di avere qualche possibilit sapeva che sarebbe
stato difficile piazzare un proiettile nel punto giusto in un
bersaglio mobile come lui.
Il sangue mi colava sul viso dalla ferita alla guancia. Lui
era veloce, molto piveloce di me.
Ma non piveloce dell'auto. Lo stesso tipo di auto grossa,
verde, che aveva ucciso Maureen e aveva fatto finire Martin in
fondo al fiume.
Era pio meno a metdel campo quando udil rombo del
motore. Si volt Dal parabrezza vidi la sua faccia, la bocca
spalancata per prendere fiato.
Cacciun urlo rauco. Si buttda un lato, e l'auto gli
passa fianco.
Sterzai. L'auto fece uno scarto come un toro infuriato e
gli fu di nuovo dietro.
Randy si era rimesso a correre nella direzione opposta, a
testa china, mulinando le lunghe gambe muscolose.
Calcolla distanza dell'auto in base al rumore, e si tuff
ancora di lato. L'auto lo mancdi pochi centimetri.
Scivol Un attimo dopo era giin piedi e aveva ripreso a
correre, ma le sue gambe vacillavano. Cadde sulle ginocchia e
si rimise in piedi ancora una volta.
L'auto slittquando sterzai. Lui si guardindietro, il
volto teso, gli occhi sbarrati.
Inciamp E questa volta non ebbe pila forza di
rialzarsi. Si arrese. Lucido, nascose il volto tra le mani e si
rannicchia terra, in attesa della macchina.
Mi fermai, scesi dall'auto e avanzai verso di lui. Quando
gli fui accanto vidi le spalle scosse da brividi violenti, poi la
macchia livida del viso che finalmente sollevava lo sguardo
verso di me.
- Tu... tu non...
- No, Randy - dissi, con voce esausta. - Per un attimo
ho pensato di esserne capace, ma avevi ragione tu. Se avessi
davvero voluto fare quel che credevo di voler fare, ci sarei
riuscito al primo colpo.
Mi accorsi che il giorno era cambiato. I raggi del sole
morente avevano perso il loro splendore purpureo. Era il
crepuscolo... e tutto era silenzio. Pensai alla mia bambina,
Penny. Volevo andare da lei. Abbassai lo sguardo su Randy, e
fui contento di non averlo fatto.

Donald E. Westlake
Minaccia a vuoto
"Manhunt", febbraio 1960

In un recente numero di "Mystery Scene" si leggeva che
"pagina dopo pagina, Donald E. Westlake si rivela il miglior
scrittore di gialli della sua generazione". Sebbene sia
probabilmente pinoto per i suoi romanzi umoristici (in
particolare la serie di Dortmunder), Westlake ha anche
rivitalizzato il moribondo genere delle storie di rapine. I
libri che ha firmato con lo pseudonimo di Richard Stark
incarnano alla perfezione il taglio del noir moderno. Il
capolavoro di Westlake il suo ultimo romanzo, The Ax,
destinato a rappresentare senz'altro un punto di riferimento
per la narrativa gialla contemporanea.
E G.

Ah, i mari del Sud! Gli eroi di Maugham e le giovani
indigene, cosprosperose e fiorenti nei loro diciott'anni, cos
calde, cosdolci, cosfacili e s cosdisponibili! Ah, i mari
del Sud e la gioventinnocente e le rilassanti sirene
abbronzate delle Samoa! Ah, far l'amore con quelle
affascinanti indigene che, a quanto pare, non fanno mai mai
mai figli!
E, ahim i sogni a occhi aperti nella gelida, gelida aria
invernale. Con tutti i finestrini dell'automobile chiusi,
Frederick Leary sentiva la pelle raggrinzirsi nell'aria calda e
asciutta che il riscaldamento gli vomitava sulle ginocchia, e il
parabrezza si appannava. Con un finestrino aperto, l'aria
fredda insinuava sottili dita di ghiaccio all'interno per
pizzicargli il naso con il suo gelido tocco, e le fragili vergini
del Pacifico del Sud ripiegavano danzando, ondeggiando,
diventando sempre pipiccole e indistinte e lontane, molto
lontane.
E Frederick Leary era soltanto Frederick Leary, dopo
tutto. Responsabile della filiale locale della catena di librerie
Bonham. Colto, in modo non sistematico. Marito, ma non
padre. Trentadue anni, ma non ricco. Diplomato al college, e
apprezzato con distacco dai suoi impiegati.
Irritato, annoiato, vagamente deluso, Frederick Leary
svoltnel viale d'ingresso, e l'auto che lo aveva seguito fin l
si ferma lato del marciapiede, tre case piin l La portiera
si aprcon uno scricchiolio stridulo e Frederick si fece strada
a fatica nella neve per andare a sollevare la porta del garage,
una porta basculante che gli era costata un sacco di soldi e
che a dispetto della spesa costituiva una colossale seccatura.
L'auto che lo aveva seguito sputfuori il suo occupante, un
giovane pallido dall'aria indecisa che si strinse nel cappotto e
rimase a capo scoperto sotto la leggera nevicata,
mordicchiando nervosamente il filtro della sigaretta,
accarezzando la pistola che teneva in tasca e chiedendosi se
aveva sangue freddo a sufficienza.
Frederick riprese la macchina e la mise nel garage.
Armato di un sacchetto marrone contenente pane e latte
abbandonauto e garage, richiuse la maledetta porta
basculante alle sue spalle e si trascinnella neve fresca fino
all'ingresso sul retro. E il giovane buttvia il mozzicone
molliccio e anda fare il giro dell'isolato, tirando calci ai
mucchi di neve, cercando di trovare il coraggio per agire.
La zanzariera all'ingresso posteriore sbatacchi e il
rumore suonbizzarro nell'atmosfera ovattata della neve che
cadeva dal cielo. Frederick passil sacchetto di carta
marrone da una mano all'altra per togliersi le calosce, poi
spalancla porta e si tuffin un ondata di calore e di luce
dorata. La cucina.
Louise gli dava le spalle. Col coltello in mano puliva la
verdura, e non si prese la briga di voltarsi. Sapeva gichi
fosse. - Sei in ritardo - disse.
- I clienti dell'ultimo momento - rispose Frederick,
mettendo il latte nel frigo e il pane nel portapane. - Sai
com'il sabato. Specialmente sotto Natale. La gente compra
libri, se li regala, e mai nessuno che li legga. Non si fanno
vedere in negozio prima delle sei meno venti.
- Si cena fra dieci minuti - annunciLouise, sempre
dandogli le spalle, e rovescila verdura tagliata in una
scodella.
Frederick si diresse verso la scala, nell'atrio. Ripose
cappello e cappotto nell'armadio e salin fretta al piano di
sopra per lavarsi le mani, prendendo nota per la millesima
volta dei punti in cui i le assi degli scalini cominciavano a
cedere. A volte gli sembrava che tutto, intorno a lui, stesse
per cedere. Porte basculanti, zanzariere, scalini. E il
rubinetto dell'acqua fredda. Uscdal bagno cercando di
ignorare il ritmico sgocciolio dell'acqua fredda alle sue spalle.
Fuori, intanto, il giovane completil giro dell'isolato. Si
trattenne davanti a casa di Leary, guardando da una parte e
dall'altra, e gli giunse all'orecchio una frase, un frammento di
conversazione o di un programma televisivo: "Rischio
calcolato." Era proprio cos e se agiva con intelligenza poteva
farcela. Si incammina passo rapido lungo il viale d'ingresso,
verso il retro dell'edificio. Sentiva il cuore palpitare, e sfior
la pistola in cerca di rassicurazione. Un rischio calcolato.
Poteva farcela.
Il sabato e la domenica Frederick e Louise cenavano in
sala da pranzo con le posate d'argento, il servizio buono e la
tovaglia elegante. Era un'abitudine che un tempo costituiva
qualcosa di speciale. Sedevano l'uno di fronte all'altra in
silenzio e in silenzio mangiavano, consapevoli entrambi che il
servizio buono era in gran parte sbeccato, e l'argenteria
lievemente annerita. Nel versare la salsa sulle sue patate
lesse, Frederick macchidi nuovo la tovaglia. Guardla
moglie con aria mortificata, ma lei continua mangiare
impassibile, silenziosa, fissando la macchia di salsa senza
dire una parola. Nel silenzio, l'acqua fredda sgocciolava nel
lavandino lontano al piano di sopra, e le posate annerite
tintinnavano sui piatti sbeccati.

Lentamente, furtivamente, silenziosamente, il giovane
aprla zanzariera, sguscidentro e la richiuse con cautela
dietro di s Si avvicincon circospezione alla porta
d'ingresso, chiuse le lunghe dita magre intorno alla maniglia,
aprsenza far rumore e si infilin casa.
Louise alzlo sguardo. - Sento freddo.
- Io sto bene - disse Frederick.
- Ora passato - fece Louise, e tornal suo piatto.
Nel tepore dorato della cucina il giovane si ferm
sgocciolando silenziosamente sul pavimento. April cappotto
per permettere al calore di diffondersi per tutto il corpo.
L'indecisione lo tratteneva, ma cercdi reagire. Estrasse la
pistola dalla tasca del cappotto e percepil freddo contatto
del metallo sulla mano. Attese con l'arma stretta in pugno
finchil metallo non si fu scaldato, finchnon ebbe ripreso
coraggio, poi scivollungo il corridoio fino alla sala da
pranzo.
Rimase sulla soglia a fissarli, a guardarli mangiare senza
mai alzare gli occhi. Puntla pistola verso il tavolo, a met
strada fra i due, e quando fu certo di potercela fare disse: -
Non muovetevi.
Louise lascicadere la forchetta e si portuna mano alla
bocca. D'istinto capche gridare sarebbe stato pericoloso,
forse fatale, e ricaccil'urlo in gola con la mano tesa e
tremante.
Frederick spinse indietro la sedia e fece per alzarsi
mormorando: - Cosa...? - ma nel vedere la pistola si blocc
e ricadde sulla sedia a bocca aperta, senza produrre alcun
suono.
Ora che aveva rotto il ghiaccio, il giovane si sent
improvvisamente a suo agio. Era un rischio, un rischio
calcolato. Avevano paura di lui, lo leggeva nei loro occhi, era
forte adesso. - Restate seduti - ordin - Non fate rumore.
Se farete quello che vi dico, andrtutto bene.
Frederick richiuse la bocca e deglut Poi domand -
Cosa vuoi?
Il giovane puntla pistola verso di lui. - Ti mando a fare
un giretto - disse. - Voglio che tu torni alla tua libreria,
apra la cassaforte e tiri fuori tutti i soldi che contiene. Hai gli
incassi di venerdsera e quelli di oggi ldentro, dovrebbero
essere cinque o seimila bigliettoni. Voglio che tu prenda quel
denaro, lo metta in un sacchetto di carta e me lo porti.
Resterqui ad aspettarti. Insieme a tua moglie. - Guard
l'orologio. - Sono quasi le sette. Ti do tempo fino alle otto
per tornare qui dal negozio col denaro. Se non torni, uccido
tua moglie. Se avverti gli sbirri e sono loro ad arrivare, la
uccido ugualmente.
Lo fissarono, e lui ricambilo sguardo. Rivolgendosi a
Frederick, disse: - Mi credi?
- Cosa? - sussultlui, come se si fosse addormentato.
- Mi credi? Se non fai quello che ti dico, uccido tua
moglie.
Frederick fissgli occhi accesi del giovane e annu - Ti
credo.
Il giovane si sentrassicurato. Aveva funzionato, sarebbe
andato tutto liscio. - meglio che ti prepari - disse. - Hai
tempo solo fino alle otto.
Frederick si alz lentamente. Poi si blocc - E se faccio
quello che mi chiedi - domand- chi mi assicura che non ci
uccidi comunque, tutti e due?
Il giovane si irrigid Questa era la parte pidifficile.
Sapeva che ci avrebbero pensato, che avrebbero temuto che
lui li uccidesse percherano in grado di identificarlo, e lui
doveva superare questo ostacolo, convincerli della sua bugia.
- Dovete correre il rischio - disse. Gli tornin mente ci
che stava pensando poco prima e sorrise. - quello che si
chiama un rischio calcolato. Ma fossi in voi non mi
preoccuperei. Non credo che vi se farete quel che vi dico e mi
consegnerete cinque o seimila dollari.
- Non sono certo che ci sia tutto quel denaro.
- Per il tuo bene - sussurril giovane - mi auguro che
ci sia.
Frederick guardLouise: stava ancora fissando il
giovane, e aveva ancora la mano sulla bocca. Distolse lo
sguardo. - Prendo il cappotto.
Il giovane si rilass Ecco fatto, lo aveva convinto. - Hai
tempo solo fino alle otto - aggiunse. - meglio che tu faccia
in fretta.
- In fretta - ripetFrederick. Anda prendere cappello
e cappotto dall'armadio e li indoss Tornindietro e si ferm
per dire a sua moglie: - Torno subito - ma la frase suonava
assurda di fronte a quel tipo con la pistola. - Farin un
attimo - disse, ma Louise continua fissare il giovane, il
braccio ancora piegato e rigido, la mano sulla bocca.
Frederick riattraversrapidamente la casa fino alla porta
sul retro. Si infilmacchinalmente le calosce e le sentumide
e fredde intorno alle caviglie. Aprla zanzariera e corse verso
il garage. Con un po' di sforzo sollevla porta basculante.
Scivoltra la fiancata dell'auto e il muro di cemento della
rimessa, si mise al volante e tirfuori l'auto in retromarcia.
Sempre macchinalmente uscdall'auto e richiuse la porta
basculante. Solo allora si rese conto dell'enormitdella cosa.
In casa c'era Louise, in compagnia di un assassino. Un
giovane che l'avrebbe uccisa, se Frederick non fosse tornato
in tempo.
A passi rapidi tornalla macchina, fece tutto il viale in
retromarcia, sterze si immise nella strada buia e silenziosa,
coperta di neve.
In fretta. Doveva fare in fretta. Il parabrezza si appanne
lui lo ripulnervosamente, aprleggermente il finestrino e
uno spiffero d'aria ghiacciata gli sfiorl'orecchio. L'auto era
gelida, ma in breve tempo il riscaldamento si mise a
funzionare a pieno regime, pompando aria calda e asciutta
all'interno dell'abitacolo.
La sua mente vagava in mille direzioni
contemporaneamente, molto lontano da quell'auto. Nelle
oscure profonditdella sua mente, le vergini delle Samoa
ondeggiavano e danzavano facendogli dei cenni, blandendolo.
In cima a i suoi pensieri troneggiava il volto del giovane e il
terrore indotto dalla pistola. Avrebbe potuto uccidere Louise,
ne era certo.
Avrebbe potuto ucciderla comunque. Avrebbe potuto
ucciderli tutti e due. Doveva chiamare la polizia? Doveva
fermarsi e chiamare la polizia? Cos'aveva detto il giovane? Un
rischio calcolato. Un rischio calcolato.
Svolta destra, poi a sinistra, slittpremendo un po'
troppo sull'acceleratore, evitper poco un'auto parcheggiata
e prosegu Il cuore gli martellava in petto ora per l'incidente
evitato per un pelo. Aveva rischiato di uccidersi senza
l'intervento di giovanotti con la pistola e il volto duro e
sprezzante.
Assurdo. Anche ai cinquanta all'ora, infagottato nel
cappotto non sarebbe certo morto andando a sbattere contro
un'auto parcheggiata. Avrebbe potuto perdere conoscenza,
ammaccarsi un po', ma non sarebbe morto.
Ma sarebbe morta Louise, perchlui non sarebbe tornato
in tempo.
Un rischio calcolato. Rallent immaginando la vita senza
Louise. La neve scendeva gidal cielo, e lui pensava alle
Samoa. E se non fosse tornato?
E se non fosse tornato?
Forse il ragazzo non l'avrebbe uccisa, dopo tutto. E al suo
ritorno a casa, l'indomani o il giorno dopo ancora, sua moglie
sarebbe stata lad aspettarlo e avrebbe capito perchnon era
tornato. Avrebbe capito che lui sperava che il giovane la
uccidesse.
Ma se non fosse potuto tornare?
Un rischio calcolato. Con una decisione improvvisa
Frederick acceler lanciandosi a tutta velocitlungo la
strada deserta. Quando premette sul pedale del freno, le
gomme slittarono sul ghiaccio; lui fece ruotare il volante e
anda schiantarsi contro un palo del telefono. L'auto si
accartoccicontro il palo con uno terribile schianto, e
Frederick scivolnell'incoscienza cullato dai dolci, dolcissimi
canti delle isole.

Lawrence Block
Il contratto
"Ed McBain's Mystery Book", n.3, 1961

Lawrence Block il re dei professionisti. Se
consideriamo tutto ciche ha prodotto dal 1958 in poi, ci
rendiamo conto di essere in presenza di un vero maestro
della narrativa popolare. Il suo stile secco e scorrevole pu
assumere un carattere comico (come nella serie di Bernie
Rhodenbahr) o nero metropolitano (come nei romanzi di
Matt Scudder). anche un eccellente autore di racconti e lo
stato fin dal suo esordio come scrittore professionista.
Eccovi un magnifico esempio di quanto Block fosse bravo gi
all'inizio della sua carriera.
E. G.

- Se fossi pigiovane - disse John Harper - lo farei io
stesso. uno dei guai della vecchiaia. L'etrende inabili
all'azione. Si impara a pianificare, a organizzare. E si delega
la responsabilit
Castle rimase in attesa.
- Se fossi pigiovane - proseguHarper - li ucciderei
io stesso. Caricherei la pistola e andrei a cercarli. Li stanerei
uno dopo l'altro e li farei secchi. Baron, Milani, Hallander,
Ross. Li farei fuori tutti.
Sulle labbra del vecchio fiorun sorriso.
- Che immagine bizzarra - disse - John Harper con il
sangue agli occhi. Il presidente della banca, ex presidente del
Rotary e del Kiwanis e della Camera di Commercio, il
cittadino pieminente di Arlington, che va in giro ad
ammazzare la gente. Un'immagine incongrua. Il successo ti
svuota, Castle. Ti priva di spina dorsale e di fegato. Ti lega le
mani. Il successo uno strano tipo di chirurgo.
- Cosingaggia me.
- Cosingaggio lei. O, per essere piprecisi, noi
ingaggiamo lei. La nostra pazienza giunta al limite.
Abbiamo lasciato che una cittadina amena e pacifica finisse in
mano a una banda di criminali da quattro soldi. Abbiamo
avuto la prova di come le forze di polizia di una piccola citt
siano incapaci di affrontare operazioni su vasta scala. E ne
abbiamo abbastanza.
Harper sorseggiil suo brandy. Stava riflettendo,
cercando il giusto modo per esprimere il suo pensiero. -
Prostituzione - disse improvvisamente. - Gioco d'azzardo.
Ed estorsione... negozianti che pagano per avere il diritto di
continuare a fare i negozianti. Siamo rimasti a guardare
mentre quattro uomini assumevano il controllo di una
cittadina che un tempo era nostra.
Castle annu Conosceva gila storia, ma non si mostr
impaziente col vecchio. Non gli dispiaceva conoscere i fatti
ma anche lo scenario che ci stava dietro. Il quadro completo
della situazione era essenziale per far bene il proprio lavoro.
Rimase in ascolto.
- Avrei preferito che fossimo noi a occuparcene.
Un'azione di vigilanza, o qualcosa del genere. Ci sono dei
precedenti. Per fortuna, c'un precedente storico anche per il
suo ingaggio. Lo conosce?
- Il giustiziere - mormorCastle.
- Il giustiziere. Un'invenzione del vecchio West. L'uomo
che ripulisce la cittin cambio di un compenso. L'uomo che
rinuncia alla legalitquando la legalitdev'essere
inevitabilmente abbandonata. L'uomo che usa la pistola al
posto del distintivo quando la pistola efficace e il distintivo
inutile.
- In cambio di un compenso.
- In cambio di un compenso. - John Harper gli fece eco.
- Un compenso di diecimila dollari, in questo caso. Diecimila
dollari per liberare il mondo e la cittadina di Arlington da
quattro uomini. Quattro uomini pericolosi, quattro piccoli
tumori. Baron, Milani, Hallander, Ross.
- Solo quattro?
- Solo quattro. Quando muoiono i ratti, i topolini si
disperdono. Ne uccida quattro. Uccida Lou Baron, Joe Milani,
Albert Hallander e Mike Ross. Il resto della banda sar
spazzato via. Gli altri scapperanno per salvarsi la pelle. La
citttornera respirare aria pulita. E questa cittadina ha
bisogno di aria pulita, signor Castle, un bisogno disperato,
gliel'assicuro. Lei non si sta solo guadagnando un generoso
compenso. Sta compiendo un servizio per l'umanit
Castle alzle spalle.
- Sto parlando sul serio - disse Harper. - Conosco la
sua reputazione. Lei non un sicario. Lei la versione
aggiornata del giustiziere. Io la rispetto come non potrei mai
fare con un sicario. Lei si assume un compito importante,
signore. E io la rispetto.
Castle si accese una sigaretta. - Il compenso - disse.
- Diecimila dollari. E paghertutto in anticipo, signor
Castle. Perch come le ho detto, la sua reputazione l'ha
preceduta. Lei non avrproblemi con la polizia locale, ma c'
sempre qualche elemento della polizia di stato in mezzo.
Potrebbe aver bisogno di andar via immediatamente, una
volta finito il lavoro. Per quel che ne so, di solito si paga met
in anticipo e il resto al completamento del lavoro. Io mi fido
di lei, signor Castle, le darl'intera somma in anticipo. Lei ha
ottime raccomandazioni.
Castle prese la busta e la infilin una tasca interna della
giacca. Formava un piccolo rigonfiamento.
- Baron, Milani, Hallander, Ross - disse il vecchio. -
Quattro pesciolini. Li metta in barile, signor Castle. Spari e li
faccia fuori. Sono come un morbo, una piaga.
Castle annu - tutto?
- tutto.
Il colloquio era finito. Castle si alze si avviverso la
porta accompagnato da Harper. Tornrapidamente alla sua
auto e si tuffnella notte.

Baron, Milani, Hallander, Ross.
Castle non li aveva mai incontrati, ma li conosceva tutti.
Pesci piccoli, pivelli che si spartivano una piccola cittper
trarne un piccolo guadagno. Non erano dei pezzi grossi. Non
avevano abbastanza coraggio o cervello per farcela a Chicago
o a New York o a Las Vegas. Conoscevano la propria forza e i
propri limiti. E avevano trovato una bella torta da spartirsi.
Arlington, Ohio. Quarantasettemila abitanti. Tre piccole
industrie manifatturiere, due delle quali di proprietdi John
Harper. Una banca, di proprietdi John Harper. Empori e
negozi. Medici e avvocati. Commercianti, operai,
professionisti, casalinghe, impiegati.
E, per la prima volta, delinquenti.
Lou Baron, Joe Milani, Albert Hallander, Mike Ross. E a
seguito della loro presenza, un gruppetto di prostitute in
Lake Street, qualche punto di spaccio sulla Main e su
Limestone, un pugno di allibratori e qualche picchiatore per
assicurarsi che tutto andasse secondo i piani. Arlington
veniva prosciugata del proprio denaro, i suoi abitanti
venivano sfruttati, e pian piano la cittadina diventava
proprietprivata dei quattro gangster.
Baron, Milani, Hallander, Ross.
Castle tornin albergo, entrnella sua stanza e mise i
diecimila dollari nella valigetta. Estrasse una pistola, una .45
automatica le cui tracce si perdevano in un banco dei pegni di
St. Louis, e infill'arma carica nella stessa tasca in cui aveva
messo i diecimila dollari. Il peso della pistola faceva pendere
la giacca un po' troppo, e allora tirfuori l'arma, si tolse la
giacca e si agganciuna fondina ascellare. Molto meglio. Con
la giacca addosso, si vedeva solo un leggero rigonfiamento.
Baron, Milani, Hallander, Ross. Quattro pesciolini in una
vasca troppo grande per loro. Diecimila dollari.
Era pronto.

Il crepuscolo.
Era una serata calda ad Arlington. Luna piena, niente
stelle, temperatura intorno ai ventun gradi. Umiditelevata.
Castle lascila macchina all'albergo e si avvia piedi lungo
Center Street, con la pistola nella fondina.
Doveva darsi da fare. Ce n'erano quattro da eliminare e
lui avrebbe proceduto con ordine. Il primo era Lou Baron.
Lou Baron. Basso, grasso e fifone. Un pidocchio di Kansas
City, un pappamolla che non aveva trovato posto nella banda
di Kerrigan. Un pezzo grosso ad Arlington. Uno che faceva
lavorare le donne, un magnaccia su vasta scala.
Spazzatura.
Castle si mise ad aspettare Baron. Trovl'ingresso di un
palazzo in Lake Street dove la luce della luna non arrivava e
attese.
Baron uscdal 137 di Lake Street qualche minuto dopo le
nove. Grasso e flaccido, vestito con abiti costosi. Era di buon
umore, perchlo trattavano bene al 137 di Lake Street. Non
avevano scelta.
Baron era solo. Castle attese finchl'omino corpulento gli
passdavanti, diretto verso una lunga auto nera. Allora
estrasse la pistola dalla fondina.
- Baron...
L'omino si volt Il dito di Castle premette il grilletto. Si
udun boato.
Il proiettile si infilnella bocca di Baron e gli uscdalla
nuca. Aveva la punta morbida e lasciun foro di uscita pi
grande di quello di entrata. Castle rimise la pistola nella
fondina e si allontannell'ombra.
Meno uno.
Ne mancavano tre.

Milani era un bersaglio facile. Viveva in una casetta di
legno insieme a sua moglie. Castle trovava divertente il fatto
che Milani avesse delle proprietad Arlington. Era una cosa
buffa.
Milani raccoglieva scommesse a St. Louis quando pesti
piedi a qualcuno e dovette tagliare la corda. Era troppo
piccolo per opporsi. Quelli del posto lo lasciarono solo.
Ora erano gli altri a raccogliere le scommesse per lui ad
Arlington. Un bel passo avanti. E sua moglie, una puttana di
St. Louis con grandi tette e niente cervello, lo aiutava a
spendere le folli cifre perse dei gonzi.
Milani era un bersaglio facile. Era in casa e la porta era
chiusa. Castle suonil campanello. Milani, tranquillo, sicuro,
presuntuoso, non aveva uno spioncino. Aprla porta.
E si beccuna pallottola calibro 45 nel cuore.
Meno due. E altri due da sistemare.

Hallander era un killer. Castle non sapeva molto di lui,
tranne qualche voce che circolava da un capo all'altro del
Paese. Poca roba.
Un sicario, un assassino, un pazzo. Un guardaspalle di
Chicago che aveva commesso troppi errori. Un killer che
amava uccidere, un piccolo uomo dagli occhi spenti che si
sentiva nudo senza una pistola. Uno psicopatico. Tanti killer
erano psicopatici. Castle li odiava con il disprezzo del
professionista per i dilettanti che gli fanno concorrenza.
Uccidere Baron e Milani era stato come schiacciare degli
scarafaggi con il tacco della scarpa. Uccidere Hallander era
un piacere.
Hallander non viveva in una casetta come Milani, n
andava a donne come Baron. Hallander non ci sapeva fare con
le donne, sapeva soltanto usare la pistola. Viveva solo in un
piccolo appartamento alla periferia della citt La sua auto,
vecchia di quattro anni, era parcheggiata nel garage. Avrebbe
potuto permettersene una migliore. Ma per Hallander i soldi
non erano fatti per essere spesi. Erano fiches di una partita a
poker. E lui se le teneva.
Era ben coperto: l'uomo alla porta controllava i visitatori,
quello dell'ascensore sapeva chi far salire. Ma Hallander non
perse tempo in chiacchiere. Cinque dollari chiusero per
sempre la bocca dell'uomo alla porta. Cinque dollari
sigillarono le labbra a quello dell'ascensore.
Castle bussalla porta di Hallander.
Lo spioncino si apre si richiuse. Hallander estrasse una
pistola e sparattraverso la porta.
E mancil bersaglio.
Castle fece saltare la serratura e spalancla porta con un
calcio. Hallander lo mancdi nuovo.
E si beccuna pallottola in gola.
L'addetto all'ascensore riportCastle al piano terra.
L'uomo alla porta lo accompagnfuori. Castle entrin
macchina, accese il motore e tornverso il centro di
Arlington.
Meno tre.
Ne restava solo uno.

- Possiamo metterci d'accordo - disse Mike Ross. - Tu
hai i tuoi soldi. Ne hai uccisi tre su quattro. Puoi risparmiare
me.
Castle non disse nulla. Erano soli, lui e Ross. Il cervello
dell'associazione a delinquere di Arlington era seduto in
poltrona con un sorriso ottuso sulle labbra. Sapeva gidi
Baron, Milani, Hallander.
- Hai gifatto il lavoro - fece Ross. - Sei gistato
pagato. Vuoi del denaro? Quindicimila. In contanti. E
sparisci.
Castle scosse il capo.
- Perchno? Harper una persona in vista, non ti dar
noie. I suoi diecimila piquindicimila dei miei e sparisci.
Punto e basta. Niente problemi, niente fatica, niente di
niente. Nessuno ti verra cercare per pareggiare i conti. A
dire la verit mi fa piacere sapere che quei tre sono fuori
causa. Ce n'di piper me e non ho pistronzi tra i piedi.
Sono contento che li abbia fatti fuori. Basta che tu non faccia
fuori me.
- Devo finire il lavoro.
- Ventimila. Trenta. Quanto vale la vita di un uomo?
Dimmi il tuo prezzo, Castle. Dimmelo.
- Non ho prezzo.
Mike Ross rise. - Tutti hanno un prezzo. Tutti. Tu non
sei diverso dagli altri. Posso comprarti, Castle.
Ross si comprla propria morte. Si compruna
pallottola, e la fine fu istantanea. Cadde in avanti e mor
Castle ripulla pistola. Aveva corso dei rischi, usando la
stessa arma per quattro volte. Ma aveva fatto in fretta, meno
di una notte. L'alba non era nemmeno spuntata. La polizia di
Arlington dormiva ancora.
Lascicadere la pistola sul pavimento e se ne and

A Chicago squillun telefono. Un uomo sollevil
ricevitore, se lo portall'orecchio.
- Castle - disse una voce.
- Fatto?
- Tutto fatto.
- Quanti ne hai beccati?
- Quattro - disse Castle. - Quattro capoccia.
- Dammi la situazione.
- La giostra lpronta, e nessuno la fa girare - disse
Castle. - La cittsgombra.
L'uomo sogghign - Bravo. Molto bravo. Veniamo gi
domani.
- Accomodatevi - disse Castle. - Il clima ideale.

C. B. Gilford
Mio figlio, uno sconosciuto
"Manhunt", ottobre 1954

A C. B. Gilford si devono molti bei racconti pubblicati
nelle riviste antologiche degli anni Cinquanta e Sessanta.
Almeno uno di essi merita di essere definito un "classico", ed
quello che presentiamo qui: Mio figlio, uno sconosciuto.
Capita talvolta che un autore abbia un lampo di genio e
scriva al disopra del suo livello abituale di professionalite
talento. il caso di questo breve racconto malinconico e
agghiacciante che qualunque scrittore gli invidierebbe.

Era buio quando arrivarono. Davanti alla porta l'uomo
armeggicon le chiavi. Ma le mani gli tremavano a tal punto
che non sembrava in grado di trovare il buco della serratura o
la chiave giusta. Alla fine il ragazzo intervenne, lo fece
entrare e accese la luce.
- un forno qui dentro - disse l'uomo.
Ma il ragazzo non rinuncial suo sorriso. - Siamo a casa,
pap- rispose. Comincia fare il giro delle finestre,
sbloccando il saliscendi e tirando su il vetro.
L'uomo non prese parte all'attivitdel rientro. Si guard
intorno, passando in rassegna i muri e i mobili che gli erano
familiari. In breve l'aria chiusa e opprimente della stanza gli
imperlil volto di sudore. Ma lui non se ne rese conto,
neanche quel tanto da asciugarsi la fronte con una manica.
- Rilassati, pap - Il ragazzo era tornato, con
quell'ostinato sorriso sulle labbra. Si avvicinal padre e lo
strinse in un breve abbraccio, senza alcun imbarazzo.
L'uomo non fece un gesto per ricambiare quella
manifestazione di affetto. - Le finestre sono tutte aperte? -
domand
- S pap
L'uomo scrutattentamente suo figlio. Il ragazzo era alto
quasi come suo padre, e sebbene gli mancasse la matura
pesantezza dell'uomo, prometteva di diventare vigoroso e
robusto.
- Sei forte per avere solo tredici anni, Paul - disse
l'uomo.
- Certo - convenne il ragazzo orgogliosamente. - Sono
come te, pap
- E Davey non era come me, vero?
- Non parlare di Davey, pap..
- Era mio figlio!
- Ma morto!
Un'ombra cupa di inquietudine passsul viso del ragazzo.
Come suo padre, aveva cominciato a sudare. La pelle liscia e
abbronzata luccicava per l'umidit
- Siamo soli adesso, Paul. Per la prima volta dopo quello
che successo. - L'uomo si avvicinalla porta e la chiuse,
smorzando la debole corrente d'aria. - Siediti. Voglio
parlarti.
- Sei molto stanco, pap Non possiamo farlo domani?
- Adesso, Paul. Siediti.
Obbediente, il ragazzo si accomodsu una sedia.
L'espressione del viso era vuota, sottomessa.
- Cos'successo a Davey, Paul? - esordl'uomo.
- Te l'ho detto cento volte, pap L'ho detto a tutti.
- Non questo che intendo, Paul. Voglio che tu mi
racconti cos'successo davvero.
- Ti ho detto tutto quel che mi ricordo - rispose il
ragazzo, circospetto.
- Hai detto che fu Davey ad avere l'idea di andare a
nuotare?
- S disse che quest'estate voleva diventare un ottimo
nuotatore.
- Tu lo incoraggiasti?
- No, gli dissi che era troppo piccolo. E che non era
molto forte.
- Forse perchsapevi che questo lo avrebbe convinto
ancor di pia voler imparare? Era sempre stato invidioso del
suo fratellone, vero Paul?... Cos da bravo fratello maggiore,
andasti con lui.
- S entrammo in acqua insieme. Non andammo molto
lontano. Poi io dissi a Davey: "meglio che torniamo indietro
adesso". Credevo mi avesse sentito. Cosnuotai verso la riva,
convinto che fosse con me. Quando fui a metstrada, alzai lo
sguardo e lui non c'era. Era in mezzo al lago. Si era spinto
sempre pilontano dalla riva, e chiedeva aiuto.
- E cosa accadde allora, Paul?
- Te l'ho gidetto, pap.. - Il ragazzo si alze si
asciuggli occhi col dorso della mano, ma anche la mano era
umida.
- Siediti, Paul. Dimmelo un'altra volta.
Il ragazzo era abituato a obbedire. Si sedette. - Sapevo
che non sarei stato in grado di raggiungere Davey e di tornare
indietro insieme a lui. L'unica possibilitera raggiungere la
riva e prendere la barca. Ed quello che feci.
- Il motore partimmediatamente?
- Non proprio al primo colpo. Ma non ci volle pidi un
minuto. Mi diressi verso il punto in cui avevo visto Davey,
pensavo che fosse sott'acqua ma che sarebbe riemerso. Andai
l fermai la barca e mi tuffai. Ma non riuscii a trovarlo...
Il ragazzo vedeva che il padre era rimasto immobile,
limitandosi a stringere i pugni e a riaprirli. Nel silenzio che
segu continua fissare quelle mani grandi.
- tutto? - domandfinalmente l'uomo.
- S
- Non tutto! - In un lampo l'uomo attraversla stanza
e gli fu accanto.
Il ragazzo restin attesa. Non osando guardare il padre
negli occhi, fissava i suoi pugni.
- C'una cosa che non ti ho mai chiesto, Paul. - L'uomo
faceva fatica a parlare. - Se davvero volevi bene a tuo
fratello, Paul, perchperdesti tempo a tornare indietro per
prendere la barca? Se lo amavi, perchnon andasti laggia
tentare il tutto per tutto... a rischio di affogare insieme a lui?
Il ragazzo sollevla testa, sfidando lo sguardo spiritato
del padre. Alla fine parl con voce ferma e limpida.
- Sono contento di non averlo fatto, pap- disse. - Se
fossi affogato insieme a Davey, tu saresti rimato qui tutto
solo.
In un solo, terribile attimo la tensione dell'uomo scem
lasciandolo pallido e tremante. Barcollando si diresse verso la
porta e la spalanc riempiendosi i polmoni di fresca aria
ristoratrice.
Il ragazzo non si avvicin ma si alzin piedi e confess
con semplicit - Ti voglio bene, pap
L'uomo non si volt - Va' a dormire, Paul - ordin
infine.
- Va bene, pap Ci vediamo domattina.
- S domattina.
Il sole spuntpresto, e in meno di mezz'ora la giornata
era gicalda. Il ragazzo, abituato a svegliarsi all'alba, dorm
qualche minuto in piquella mattina, provato dalla fatica del
viaggio. Ma alla fine il calore e la luce lo destarono. Si vest
sommariamente e trovil padre gialzato, in piedi di fronte
al caminetto, lo sguardo fisso sulla fotografia che vi era
appesa sopra.
Ma il ragazzo non andverso di lui. Raggiunse invece la
porta spalancata e respirl'aria mattutina con grande
soddisfazione. - Il lago una meraviglia stamane - esord
- Finora non avevo mai notato quanto fosse strana
questa fotografia - rispose l'uomo. - Vieni a guardarla, Paul.
Ci siamo tu e io a sinistra. Abbracciati. E tua madre e Davey a
destra. Abbracciati. Non per nulla un ritratto di famiglia.
diviso esattamente a met
Il ragazzo si avvicin obbediente. - cosche stavano le
cose, pap- disse. - Io appartenevo a te. Davey alla
mamma.
- Davey era anche mio figlio! - protestil padre.
- Certo, pap Volevo dire che io ero come te, e Davey
no. Noi facevamo delle cose insieme, avevamo gli stessi gusti.
A Davey piaceva quel che piaceva alla mamma, libri, quadri, e
cose del genere... E ora noi siamo insieme, e loro sono
insieme. Forse meglio cos pap.. per la mamma, intendo.
L'uomo lo ascolt stranamente affascinato. Poi distolse
lo sguardo e si mise a fissare il vuoto, con le spalle curve.
Quando finalmente anda sedersi nascondendo il volto tra le
mani, il ragazzo lo raggiunse e si inginocchiaccanto a lui.
- So che li amavi, pap- disse dolcemente, per
consolarlo. - Stavi in citta lavorare ma in realtavresti
voluto essere quaggi Hai comprato alla mamma tutte le
medicine di cui aveva bisogno, e hai pagato le sue operazioni.
E io mi sono preso cura della casa. Ma loro non ci sono pi
ormai. E pensare a loro non li fartornare indietro, e render
le cose pidifficili per noi.
Era un discorso appassionato, e lungo, per un ragazzo.
Era l'espressione di una mente maturata anzi tempo da una
responsabilitnon comune.
- Tu hai detto - replicfinalmente l'uomo - che io
amavo Davey. E tu, Paul?
- Io? Ma certo, pap
- Tu odiavi Davey, vero Paul?
La domanda sorprese il ragazzo, che si alze fece un
passo indietro. Rimase immobile a lungo, riflettendo. Poi
rispose: - No, non lo odiavo, pap Ma volevo pibene a te.
Quella semplice confessione non ottenne risposta. L'uomo
continua fissare il pavimento, perso in una sua pena
segreta. Dopo un po' il ragazzo si allontan La
conversazione, o il processo, o qualunque cosa altra fosse era
terminata, e lui lo sapeva.
Il ragazzo aveva una mentalitmolto pratica. E aveva
solo tredici anni. Andin cucina e comincia preparare la
colazione, con la disinvoltura e la sicurezza che solo un
ragazzo senza madre era in grado di sviluppare.
E quando ebbero finito di mangiare, segusuo padre gi
al molo, tenendosi religiosamente attaccato a lui. Per un po'
stettero insieme a guardare il lago, mentre il sole ardeva sulle
loro teste. Al ragazzo l'acqua sembrava invitante, ma si
astenne dal dirlo.
La barca era ormeggiata pigramente accanto al molo, il
fondo pieno di acqua piovana. L'uomo la esamin
distrattamente.
- Qualcuno ha rubato il motore - concluse, ma senza
sgomento o allarme.
- No, pap- lo rassicuril ragazzo. - L'ho riportato a
casa.
- Quando?
- Tre giorni fa. Prima di partire.
- Appena dopo il ritrovamento di Davey?
- S Il motore asciutto e al sicuro.
Un brivido parve scuotere l'uomo, come se un vento
freddo lo avesse colpito all'improvviso.
- Volevi uscire in barca, pap -domandil ragazzo
ansiosamente.
- No, Paul. Non adesso.
Il ragazzo guardancora una volta l'acqua con desiderio,
ma non replic Insieme si incamminarono verso casa.
Il ragazzo adorava l'acqua. Ogni giorno, dopo aver
terminato i lavori di casa, si infilava il costume da bagno e
andava gial molo. Lsi abbandonava al calore del sole, e col
tempo la sua abbronzatura si faceva sempre piscura.
Spesso, quando faceva molto caldo, si sedeva sul molo e
faceva dondolare le gambe oltre il bordo. Allora, allungandosi
un po' e puntando i piedi verso il basso, riusciva a
immergerne la punta nell'acqua. Ma non andava oltre questo
piccolo piacere. Non nuotava.
Il ragazzo era, in effetti, cosimmensamente felice che
nessuna piccola difficoltriusciva a turbarlo. La sua felicit
non fu offuscata a lungo neanche quando suo padre si accorse
che la fotografia era scomparsa.
- Stavo spolverando - spiegtranquillamente. -
caduta e il vetro si rotto. L'ho messa in un cassetto finch
non avremo un vetro nuovo. Ho pensato che avresti gradito
che fossi io a occuparmene.
L'uomo non disse nulla. La fiamma che era balenata nei
suoi occhi si spense lentamente. La risposta del ragazzo era
stata troppo aperta, franca, senza alcuna malizia o artificio.
Il ragazzo passanche l'esame successivo, il giorno dopo,
all'ora di cena.
- Ho dato un'occhiata in giro - gli disse l'uomo. - Non
c'piniente. Niente che appartenesse a Davey. I libri, la
collezione di francobolli, i pennelli e i colori. Persino i vestiti.
Sembra che Davey non sia mai vissuto in questa casa.
Il ragazzo era calmo, ma guardingo. - Ci ho pensato io,
pap- rispose semplicemente.
- Chi ti ha detto di farlo?
- Nessuno. Ma ho pensato che fosse pifacile per me che
per te. Quindi era compito mio.
L'uomo si alzin piedi, proiettando una lunga ombra sul
tavolo, e in quell'ombra il ragazzo rimase seduto.
- Erano tutte cose che non servivano a nulla. Davey era
piccolo e magro, nessuno dei suoi vestiti mi andava bene. Non
volevo ni libri, ni francobolli, ni colori. Se fossero
rimasti in giro, ti avrebbero fatto venire in mente Davey, e ti
saresti addolorato. Cosho bruciato tutto.
L'uomo fece qualche passo verso la porta aperta e guard
fuori.
Dal tavolo, il ragazzo disse: - Quando la mamma mor tu
portasti via tutte le sue cose. Dicevi che non era giusto che la
casa sembrasse abitata da qualcuno che non c'era pi
L'uomo lottava con i propri pensieri. Era evidente dal suo
viso, dalle labbra serrate, dallo sguardo intenso e concentrato
con cui guardava suo figlio.
Alla fine parl lentamente, con grande sforzo. - Ho
pensato cose terribili, Paul. Forse mi sbagliavo.
- Quali cose, pap
- Non ha importanza, ora.
Il ragazzo lo raggiunse e si strinsero l'uno all'altro, senza
vergogna. L'uomo aveva le lacrime agli occhi, ma il ragazzo
era troppo felice per piangere.
- Sei tutto quello che mi rimasto, Paul. Non voglio
perderti. Se perdo te, non mi resta pinulla.
Per il ragazzo, questo bastava.

Al mattino il ragazzo si alzprima del padre. La giornata
era calda e afosa come le precedenti. Andimmediatamente a
dare un'occhiata al lago. Quella vista lo affascinava. Una
leggera brezza mattutina entrava dalla porta carezzandogli la
pelle nuda. Si senteccitato.
Per prima cosa si assicurche suo padre dormisse ancora.
Poi indossil costume da bagno e andgial molo. Quando
fu sul posto esit frenato da forti dubbi e dalla sua naturale
cautela. Ma la tentazione era troppo forte. Dapprima si
sedette sul bordo del pontile e fece dondolare le gambe,
bagnando solo le dita dei piedi. Un attimo dopo, tuttavia, era
gicompletamente immerso nell'acqua invitante,
rinfrescante, deliziosa.
Comincia nuotare, all'inizio vicino al molo, lentamente,
senza forzare, godendo del contatto con l'acqua e delle
sensazioni che essa gli comunicava. Di tanto in tanto tuffava
la testa sotto la superficie per qualche secondo e poi,
riemergendo, si scrollava l'acqua dal viso e dagli occhi, faceva
grandi spruzzi con la bocca e rideva, pienamente felice di
quell'esperienza.
Infine si mise a nuotare seriamente, seguendo una linea
diritta dal molo. Le sue lunghe bracciate fendevano l'acqua
con foga. Era il tipo di nuotatore la cui progressione si poteva
notare e valutare da grande distanza. Non fece caso a quanto
si allontanava, ma quando la sua esplosione iniziale di
energia si fu esaurita si gire si diresse di nuovo verso la
riva. Tornpilentamente, fermandosi ogni tanto a riposare
battendo i piedi o facendo il morto; non era esausto, ma in
questo modo riusca conservare le forze e alla fine della
nuotata respirava regolarmente e si sentiva ancora bene. Ed
era pifelice di quanto fosse stato da molto tempo...
Finchnon risalsul molo e vi trovsuo padre. La sua
faccia era pallida, rigida; lo sguardo gelido, atroce.
- Ti ho visto laggi- disse l'uomo. - Ti ho visto dalla
finestra. Credi che non conosca il punto in cui stato trovato
Davey? So esattamente dov'annegato il tuo fratellino. E
proprio ora tu hai nuotato fino a quel punto, e sei tornato
indietro!
Il ragazzo non riusca spiccicare parola. Rimase
paralizzato, il corpo atletico e abbronzato ancora gocciolante.
Il volto dell'uomo si era fatto ancora pipallido mentre
parlava. Era un pallore umido, appiccicoso, causato in egual
misura dal caldo e dall'orrore. Il suo sguardo esprimeva un
odio che il ragazzo non poteva ignorare.
- Pap - esclaminfine, con un grido da animale ferito.
Si slanciverso l'uomo e si strinse a lui, cingendolo
febbrilmente con le braccia.
- Pap ti voglio bene. Qualunque cosa tu pensi di me, ti
voglio bene - disse singhiozzando, mentre si aggrappava al
padre e lo stringeva, cercando di rafforzare il senso delle sue
parole con l'intensitdell'abbraccio.
Ma l'uomo era piforte di lui. Afferrle braccia del
ragazzo con le sue mani grandi e staccil piccolo corpo dal
suo. Il ragazzo scivolsulla superficie bagnata del molo e
cadde.
- Che intendi fare, pap - domand incapace di
muoversi.
- quel che mi sto domandando - rispose l'uomo con
voce neutra, incolore, e torna guardare il lago.
Passarono alcuni minuti prima che il ragazzo si
azzardasse a tirarsi su. Il padre non gli badava, cossenza dir
nulla si avvilentamente verso casa.
Non fece colazione. Si mise alla finestra a guardare il
padre che continuava a rimanere immobile, le mani in tasca,
senza distogliere lo sguardo dal lago. Vide le nuvole che si
andavano addensando, il sole che spariva e infine la pioggia,
leggera all'inizio, timida, non pidi qualche goccia.
Fu la pioggia a scuotere il ragazzo. Vide che il padre
restava sotto l'acqua, impassibile, a prendere freddo e a
bagnarsi. Perchcon l'arrivo della pioggia l'aria si era
rinfrescata. Il corpo seminudo del ragazzo avvertiva il
cambiamento.
Cosalla fine uscdi casa e fece un tratto di strada verso
il molo. Quando fu a una sessantina di metri grid - Pap
vieni dentro.
L'uomo si voltverso di lui, ma non accenna muoversi.
- Prendiamo la barca - annunci
- Ma pap piove e comincia a far freddo.
- Volevi fare un giro in barca, no? - Le parole
suonarono taglienti, rabbiose, perentorie. - Be', quel che
faremo... Porta qui il motore.
Il ragazzo era sconcertato, ma obbed L'uomo lasciche
fosse lui a occuparsi di tutto: svuotare il fondo della barca
con un barattolo, trasportare fin lil pesante motore
fuoribordo, andare a prendere la tanica del carburante,
riempire il serbatoio, cicchettare il motore e farlo partire.
- Siamo pronti, pap
- Va' davanti, Paul.
L'uomo manovrava il timone, seguendo una rotta
perpendicolare alla linea della riva, e la barca filava a piena
velocit La pioggia la inseguiva. Il ragazzo tremava
leggermente, ma era un riflesso condizionato, di cui non era
consapevole. Arrivarono quasi in mezzo al lago, e ll'uomo
arrestil motore. Il loro mondo, fin allora pieno di rumori
stridenti, sprofonddi colpo in un silenzio totale. Il ragazzo
si guardintorno. Il lago era limpido e sgombro, la barca era
l'unica presenza visibile sulla sua superficie. Allora guard
suo padre. I loro occhi si incrociarono, separati da due metri
di silenzio.
- Quanto siamo lontani dal nostro molo, secondo te? -
La domanda venne fuori all'improvviso, dal nulla.
Il ragazzo ne fu sorpreso, ma si guardattorno
tranquillamente prima di rispondere: - Circa quattrocento
metri.
- Davey era a cento metri dalla costa quando annegato.
Se tu fossi riuscito a nuotare fino a riva insieme a lui quel
giorno, sarebbe stato quasi come nuotare da qui fino al nostro
molo, non credi?
Il ragazzo ci penssu e rispose con molta seriet - Un
nuotatore in grado di raggiungere la riva da qui dovrebbe
essere in grado di trasportare una persona che sta annegando
per un centinaio di metri.
L'uomo annu - Si discusso di quale distanza tu sia in
grado di coprire nuotando. Bene, lo stabiliremo adesso. Entra
in acqua.
Il padre si stava comportando in modo molto strano, e la
barca era piccola, per cui il ragazzo sembrquasi sollevato di
poter sfuggire a quella vicinanza. Scivolgidalla barca
senza difficolt scomparendo per un attimo sotto la
superficie dell'acqua per poi riemergere. Asciugandosi gli
occhi, guardsuo padre in attesa di istruzioni.
- Avanti, Paul. Vediamo se ce la fai fino al nostro molo.
Il ragazzo si voltrapidamente, immerse il viso
nell'acqua e comincia nuotare. Partforte, come se qualcuno
lo inseguisse, mulinando le braccia e sollevando spruzzi.
L'uomo lo guardnuotare per un po', poi accese il
motore. In breve tempo la barca raggiunse il ragazzo.
Regolando il motore al minimo, l'uomo fu in grado di tenersi
a fianco del nuotatore.
Avevano coperto forse un terzo della distanza dalla riva
in questo modo quando il ragazzo si ferm Muovendo la testa
su e gi ora sotto ora sopra la superficie, si teneva a galla
sbattendo i piedi. A poco a poco la barca si allontanda lui.
- Stai solo fingendo di essere stanco, Paul - grid
l'uomo.
Pungolato da quel rimprovero, il ragazzo riprese a
nuotare, con ancora maggiore energia di prima. Ma non era in
grado di mantenere quel ritmo. Ricomincia perdere terreno.
I grandi spruzzi che sollevava, e che segnavano cos
nitidamente la sua progressione, diminuirono ben presto di
portata e di vigore.
L'uomo guardava con grande attenzione. A un certo punto
immerse una mano nell'acqua, e si stupdi quanto fosse
fredda. Ma la sua superficie, fatta eccezione per le tracce
della pioggia e per la scia schiumosa del nuotatore, era piatta
e tranquilla. La barca continuava a puntare verso il molo, e la
distanza dal ragazzo aumentava.
L'uomo e la barca erano a pidi due terzi del percorso
verso la meta quando si udla prima invocazione. Chiara e
inequivocabile, un'unica parola, acuta, lacerante, attravers
l'acqua.
- Aiuto!
La scia di spruzzi continuava a progredire, ma pi
lentamente. Cosl'uomo non girla barca, nspense il
motore.
- Pap aiuto!
L'uomo allungil collo per individuarlo. Strizzgli occhi
per via della pioggia, che si era fatta piuttosto fitta. Non
riusciva a vedere bene, ma ciononostante era certo di
scorgere ancora degli spruzzi.
- Pap torna indietro!
Ma la scia era ancora l..
Giunto al molo, l'uomo ormeggila barca, scese e si mise
a guardare il lago, immobile. La scia era a non pidi
cinquanta metri e procedeva ancora, piano piano.
Poi, quasi di colpo, gli spruzzi cessarono. Una mano si
protese fuori dall'acqua, agitandosi verso l'alto, ghermendo
l'aria. Quando scomparve, il lago si richiuse su di essa, e la
pioggia la ricopr
Allora l'uomo seppe la verit perchrisalsulla barca e si
precipitdisperatamente fino a quel buco nell'acqua. E
continua girare e girare intorno ad esso finchil motore
esauril carburante e la barca iniziad andare alla deriva,
senza meta, mentre lui seguitava a gridare, verso gli abissi
indifferenti: - Paul... Paul... figlio... figlio mio...

David Goodis
Il tuffo
"Mike Shayne Mystery Magazine", ottobre 1958

Insieme a Jim Thompson, David Goodis stato il pi
cupo, il piesistenziale fra tutti gli autori di narrativa noir
del dopoguerra. All'inizio della sua carriera Goodis pubblic
molti racconti su riviste pulp dedicate al mystery, alle
battaglie aeree e al giallo soprannaturale, e scrisse cinque
romanzi di suspense piuttosto fortunati, ma di non eccelsa
qualit tra cui va segnalato La fuga, dal quale fu tratto il
film con Humphrey Bogart e Lauren Bacall. I tre anni
trascorsi da Goodis nella fucina di sceneggiatori di
Hollywood alla fine degli anni Quaranta inasprirono la sua
visione della vita portandolo sull'orlo del nichilismo: i
tredici paperback che pubblicnegli anni Cinquanta e
all'inizio degli anni Sessanta, a partire dal fortunatissimo
Cassidy's Girl del 1951, sono la narrazione cupa e amara di
vite vissute ai margini della rispettabilit segnate da
violenza, alcolismo, paranoia, miseria, fallimento,
disperazione. I pochi racconti che pubblicin questo
periodo, dei quali Il tuffo forse il meno conosciuto, sono
altrettanto caustici, e tuttavia dotati di un'innegabile forza
drammatica.
B. P.

Su dieci, sette erano dei bifolchi, pensava. Non c'era
cattiveria o disprezzo in questo giudizio. Era piuna
mescolanza di compassione e rammarico, e cilo faceva un
po' soffrire, perchsi riferiva specificamente agli altri uomini
che portavano il distintivo, ai suoi colleghi poliziotti. In
particolare pensava ai nove agenti in borghese in forza alla
Buoncostume. Solo ieri erano stati sorpresi con le mani nel
sacco, trascinati davanti al questore e coperti di ingiurie
prima di essere sospesi.
Ma, naturalmente, la sospensione era temporanea. Presto
sarebbero tornati al lavoro, avrebbero di nuovo allungato le
mani per estorcere denaro, con un sorriso sornione che
pareva dire "Siamo tutti parte del gioco".
Lui non aveva mai creduto a quel cinico assioma, non
aveva mai permesso che lo influenzasse durante i diciassette
anni al servizio della citt Da recluta a sergente di polizia,
fino al grado di tenente investigativo, si era sempre tenuto
lontano da bustarelle, provvigioni e connivenze, e aveva
evitato di fare favori a coloro che avevano bisogno di una
protezione dall'alto per mandare avanti i propri traffici.
Naturalmente ogni tanto aveva commesso degli errori, ma
sempre in buona fede, perchaveva osato troppo o perchera
stanco dopo tante notti senza riposo. Erano mancanze del
tutto oneste, che non gettavano ombre sul suo stato di
servizio. Le autoritgli avevano riconosciuto il massimo
punteggio ed era stato proposto per una promozione.
Si chiamava Roy Childers e aveva trentotto anni. Era alto
un metro e settantotto e pesava ottantasei chili, duri come
una roccia. Aveva il corpo cossodo perchcredeva
fermamente nell'esercizio fisico e in una vita sana. Evitava di
eccedere con gli amidi e i dolci, fumava solo dopo i pasti,
beveva una birra ogni tanto ma niente di pi e sua moglie era
l'unica donna con cui fosse mai andato a letto.
Erano sposati da undici anni e avevano quattro figli. Tra
pochi mesi Louise avrebbe dato alla luce il quinto. Forse
cinque erano un po' troppi, considerando la sua paga e quanto
costava sfamarsi di questi tempi. Ma avrebbero tirato avanti,
naturalmente. Riuscivano sempre a tirare avanti. Aveva una
buona moglie, una vita ben organizzata, e mai nulla di grave
di cui preoccuparsi.
Tranne che sul lavoro, beninteso. Sul lavoro aveva un
sacco di preoccupazioni. Si trattava di questioni puramente
tecniche, perchprendeva il lavoro molto seriamente e
quando le cose non andavano come previsto ci rimetteva il
sonno e la digestione. Finchera rimasto alla Buoncostume,
non gli capitava tanto spesso. Ma un anno prima aveva
cominciato a non poterne pidei traffici illeciti e
dell'incapacitdel dipartimento, per non parlare dei continui
episodi di corruzione da cui era circondato.
Aveva chiesto di essere trasferito alla Omicidi e in pochi
mesi la sua chioma scura si era spruzzata di grigio, gli erano
venute le borse sotto gli occhi e i casi irrisolti gli avevano
disegnato delle rughe agli angoli della bocca. Ma ciera
dovuto principalmente al fatto che anche la Omicidi aveva i
suoi bifolchi, i suoi manipolatori, i suoi furfanti col distintivo
addosso, pronti a qualsiasi compromesso se la cifra era
adeguata.
In pidi un'occasione, quand'era sul punto di pizzicare
un ricercato, qualcuno aveva fatto una soffiata a qualcun altro
che a sua volta aveva passato l'informazione, permettendo
cosall'indiziato di tagliare la corda o di procurarsi un alibi, e
al procuratore distrettuale di alzare le spalle dicendo: - A
che serve? Non abbiamo elementi.
Cosora, dopo undici mesi di lavoro alla Omicidi,
Childers aveva i capelli sempre pigrigi e un'espressione
tirata sul viso per quel lavoro che richiedeva troppi sforzi e
pagava troppo poco.
Era seduto alla sua scrivania, al nono piano del palazzo
del municipio. Il tavolo era accanto alla finestra e la vista che
si godeva da quella posizione era rappresentata dai quartieri
malfamati che si estendevano dall'incrocio fra la Dodicesima
e Patton Avenue fino al fiume. I magazzini allineati lungo la
riva sembravano enormi in contrasto con le fatiscenti e
malsicure palazzine a due piani in cui la gente viveva, o
tentava di vivere, o se ne fregava di essere viva o no.
Ma Childers non prestava attenzione ai tuguri in cui
prosperavano sporcizia, degrado e violenza. I suoi occhi
socchiusi esploravano meticolosamente i magazzini finch
non si posarono sul capannone dal tetto spiovente che
portava l'indicazione "N4", dove non molto tempo prima
erano stati rapinati quindicimila dollari di stipendi, una
guardia notturna era stata uccisa e un'altra aveva perso la
vista in seguito a un colpo sferrato col calcio di una pistola.
Gli avevano assegnato il caso tre settimane prima, dopo
che aveva detto al capitano che gli sembrava opera di Dice
Nolan. Tanto per cominciare, aveva spiegato, e cioche Dice
Nolan era specializzato nelle rapine agli stipendi: si
introduceva nei magazzini lungo il fiume e usava una barca
per fuggire. Nolan aveva utilizzato quel sistema parecchie
volte prima che lo beccassero, dieci anni prima.
Gli avevano dato da dieci a vent'anni, e risultava
rilasciato sulla parola alla metdi marzo di quell'anno. Era la
metdi aprile, quindi aveva avuto il tempo sufficiente per
mettere insieme una banda, preparare il colpo e portarlo a
termine.
Un altro indizio era il colpo col calcio della pistola. Tutti
sapevano che Dice Nolan cercava sempre di colpire agli occhi,
per qualche assurdo motivo profondamente radicato nella sua
mente criminale. Childers aveva detto al capitano: - Sono
sicuro che si tratti di Nolan perchho fatto un controllo
presso gli agenti che si occupano dei detenuti in libert
provvisoria e mi hanno detto che non hanno sue notizie da
dieci giorni. La sua libertstrettamente condizionata al
fatto che si presenti da loro ogni tre giorni.
Il capitano aveva aggrottato la fronte. - Credi che sia
ancora in citt
- Sono pronto a scommetterci - aveva risposto Childers.
- So come lavora, non si accontenterdi quindicimila
dollari. Resternei paraggi per un po', poi ci riprovercon
un altro magazzino. Conosce quella zona come le sue tasche.
- Com'che sai tutto questo di lui?
- una cosa che risale a molti anni fa - aveva detto
Childers. - Siamo cresciuti nella stessa strada.
Il capitano era rimasto in silenzio per qualche istante,
poi, senza guardarlo, aveva detto: - Va bene, trovalo.
CosChilders era andato a caccia di Nolan e la ricerca lo
aveva portato a percorrere Patton Avenue in direzione del
fiume, oltre i caseggiati popolari dove i suoi vecchi compagni
di giochi erano diventati per lui degli estranei, oltre i canali
di scolo in cui aveva fatto navigare le sue barchette fatte con
le scatole di fiammiferi, incurante del fango e della sporcizia,
perchquello era l'unico mondo che conosceva in quei giorni
lontani e spensierati.
Giorni in cui ignorava quali maligne radici affondassero
nello squallore di quel quartiere, finchil tempo
dell'ignoranza termine li vide finir male uno per uno:
Georgie Mancuso, Hal Berkowski, Freddie Antonucci, Bill
Weiss, Dice Nolan.
Si era strappato a quel posto con determinazione
furibonda, come se lottasse per venir fuori da un pozzo pieno
di melma. Aveva promesso a se stesso che non avrebbe mai
pirespirato quell'aria corrotta, che non avrebbe pimesso
piede in quella zona desolata e infestata dai parassiti, dove
ogni tasca nascondeva un coltello. Era andato via dicendosi
che quell'addio era definitivo, sentendosi pulito. Ed era
quello l'importante, essere pulito, sempre pulito.
Di quanto fosse pulito si era reso conto mentre
interrogava gli uomini che popolavano i bar e le sale da
biliardo intorno a Patton Avenue. Gli lanciavano sguardi
ostili, ma badavano bene che l'ostilitnon trapelasse dalla
loro voce quando rispondevano: "Non so", "Non so", "Non
so".
E alcuni di loro arrivavano al punto di affermare di non
aver mai conosciuto una persona di nome Dice Nolan. Non
l'avevano mai sentito nominare. Naturalmente lui sapeva che
mentivano, e le loro risposte evasive erano dovute pialla
paura di Nolan che all'istintiva avversione per il dipartimento
di polizia.
Ciconfermava che la sua teoria era giusta. Era stato
Nolan a organizzare la rapina degli stipendi, e sicuramente
era ancora in citt
Ma questo era tutto ciche era riuscito a scoprire. Non
c'erano altri indizi, e nulla che potesse portare a trovarne di
nuovi. Una sera dopo l'altra era tornato a casa con il volto
tirato per sentirsi dire da sua moglie: - Novit - e scuotere
la testa, tentando di farle un sorriso.
Sorridere stava diventando sempre pidifficile. Sapeva
che se non avesse scoperto qualcosa in fretta, il capitano gli
avrebbe tolto il caso. Non sopportava quest'idea, era cos
sicuro del suo uomo, cosassolutamente certo che si stesse
nascondendo da qualche parte lvicino. Molto vicino...
Lo squillo del telefono lo distrasse dai suoi pensieri.
Sollevil ricevitore e la centralinista al pian terreno gli
chiese di rimanere in linea per un momento. Poi una voce
maschile disse: - Childers?
Ebbe subito la sensazione che fosse qualcosa di
importante. Lo subodorava. - S - rispose, e sentl'uomo
che diceva: - Sarbreve, cosnon rintracciate la chiamata,
d'accordo?
Non disse nulla. Per un attimo si sentterribilmente
stanco e pensche si trattasse di qualche balordo che lo
chiamava per coprirlo di insulti.
Ma l'uomo prosegu - Vi conviene approfittarne. Per
motivi personali non ho molta simpatia per Dice Nolan.
Insomma, posso farvi arrivare alla sua donna.
Macchinalmente Childers si procuruna matita e un
taccuino. L'uomo gli fornun nome e un indirizzo e lui prese
nota rapidamente. Poi la telefonata si interruppe e Childers
balzin piedi, corse fuori dall'ufficio e si precipitnel
corridoio verso l'ascensore.

Si trattava di un condominio di diciassette piani
all'estremitdi Lakeside Park. Childers salal nono e si
diresse verso l'appartamento 907. Era il primo pomeriggio e
non pensava di trovarla in casa, ma suonlo stesso il
campanello, con insistenza.
La porta si apre comparve una donna sui venticinque
anni. Il suo primo pensiero fu che si trattasse di una falsa
pista. Quella non poteva essere la donna di Dice Nolan.
Era certo che non potesse avere a che fare a Nolan perch
non aveva l'aspetto da pupa del gangster, o da adescatrice, o
da puttana professionista. Era estremamente sobria nel
trucco e nell'acconciatura. Non portava gioielli, solo un
orologio al polso. Indossava una camicia grigio pallido, una
gonna piscura, e scarpe col tacco basso. Una falsa pista,
non c'dubbio, si disse nuovamente. Comunque, domand -
lei Wilma Burnett?
Lei annu
- Polizia - disse, piegando il risvolto della giacca per
mostrarle il distintivo.
Lei li limita battere le palpebre un paio di volte, poi si
fece da parte per farlo passare. Entrando nell'appartamento,
Childers fu colpito dalla tranquillite dalla pulizia di quel
luogo. L'arredamento era semplice, i colori tenui, e non c'era
traccia di lusso o di vita sregolata.
Aggrottle sopracciglia, poi scacciquel pensiero e
assunse un tono ufficiale: - Bene, signorina Burnett.
Veniamo al punto.
- Quale punto?
- Quello per cui sono venuto. Lui dov'
- Chi? - La voce era sommessa, l'atteggiamento
tranquillo, educato. - Di chi sta parlando?
- Dice - disse lui, a voce bassa.
Parve perplessa. - Non conosco nessuno con quel nome.
- Dice Nolan.
La donna rimase in silenzio per un istante, poi sussurr
- Conosco un Philip Nolan, se a lui che si riferisce.
- Mi riferisco proprio a lui. - Vediamo se si riesce a
innervosirla, pens La sua voce si fece tagliente come una
lama: - Immaginavo che lo conoscesse. lui che le paga
l'affitto dell'appartamento, vero?
Non sortalcun effetto. Non c'era rabbia in lei, nemmeno
irritazione. Si limita scuotere la testa.
Non va bene cos si disse lui. Doveva riuscire a farle
perdere il controllo. Mentre cercava di farsi venire in mente
qualcosa, lei gli domand - Non vuole sedersi?
- No, grazie - disse macchinalmente. Incrocile braccia
e le puntgli occhi addosso, alzando leggermente la voce: -
Molto abile, signorina Burnett. Ma inutile, non pu
funzionare.
- Non capisco cosa intende.
- Oh s invece. - Sfoderil sorriso spietato di chi
rappresenta la legge. - Lei sa benissimo che cosa intendo.
Lei sa che ricercato per rapina e omicidio, e sta cercando di
coprirlo.
Questo funzioner si disse. Sarsufficiente per rompere
il ghiaccio. Ma non funzion proprio per nulla. Per qualche
istante lei rimase di fronte a lui, fissandolo, poi lentamente si
volte anda sedersi su una sedia accanto alla finestra,
giungendo le mani in grembo e aspettando che lui
proseguisse. Ti stai infilando in un vicolo cieco, pareva dire
con il suo imperturbabile silenzio.
Piano adesso, penslui, non esagerare. Ma la sua voce
assunse un tono brusco, impaziente, piperentorio che
interrogativo: - Dove posso trovarlo? Dove?
- Non lo so.
- Ah davvero? - Fece un passo verso di lei. - Avanti,
smettiamola con questa partita a dama. Dov'nascosto?
- Nascosto? - Alzle sopracciglia. - Non sapevo che si
fosse nascosto.
- Lei mente.
Lei distolse lo sguardo e mormor - Mi dica una cosa.
solo cosche lei raccoglie informazioni? In altri termini, il
suo lavoro le impone di andare in giro a insultare la gente?
Lui sussult Lo aveva messo all'angolo, e se fosse stata
davvero una partita a dama, gliene avrebbe mangiate tre in
un colpo solo. Ma dopo un attimo pens La partita solo
all'inizio, posso farla parlare se procedo con calma facendo
molta attenzione...
Le sorrise. Questa volta era un sorriso semplice, cordiale,
e il tono di voce si ammorbid - Mi dispiace, signorina
Burnett. Non avrei dovuto dirlo. Chiedo scusa.
- D'accordo, signor...?
- Childers - disse lui. - Tenente Childers, della
Omicidi. - Prese una sedia e si sedette accanto a lei, senza
smettere di sorridere. - meglio per tutti e due se mi dice la
verit Io sto cercando un ladro e un assassino, e lei deve fare
attenzione a non finire in prigione.
- In prigione? - Alzdi nuovo le sopracciglia. - Ma io
non ho fatto nulla...
- Voglio esserne sicuro. Spero che lei sia in grado di
provare che non sua complice.
- Sarebbe a dire?
- Sarebbe a dire che se lo sta aiutando a nascondersi,
colpevole di favoreggiamento. un'accusa molto grave, e so
di persone che hanno preso da tre a cinque anni in casi come
questo.
La donna non disse nulla.
Childers si chinverso di lei e aggiunse: - Naturalmente
lei capisce che qualunque cosa dice potressere usata contro
di lei.
- Questo non mi preoccupa, tenente. Non ho infranto la
legge.
- Bene, controlleremo, per sicurezza. - Conservil
sorriso cordiale, la voce tranquilla e quasi amichevole.
Lei gli raccontche lavorava in proprio come disegnatrice
pubblicitaria. Disse che aveva ventisette anni ed era rimasta
vedova molto tempo prima. Suo marito e i suoi due figli erano
morti in un incidente d'auto. Non c'era emozione nella sua
voce mentre lo diceva, ma qualcosa nei suoi occhi convinse il
poliziotto che era sincera, e che aveva attraversato momenti
molto difficili. stata colpita molto duramente, pens

D'un tratto si rese conto che quella era una donna fuori
dal comune. Non tanto per il suo aspetto, anche se
nell'insieme risultava estremamente attraente. Era piuttosto
qualcosa che si sprigionava da lei, qualcosa che veniva dal
profondo e che lo colpiva nel profondo. Si rabbui perch
non riusciva a capire di cosa si trattasse e questo lo metteva a
disagio.
- Le devo ancora delle scuse - si sentdire. - Quella
battuta sul fatto che Nolan le paga l'affitto. Non stato molto
carino da parte mia.
- No, infatti - disse lei, con indulgenza - ma so che non
c'era nulla di personale. Lei stava solo cercando di scoprire...
- Sto ancora cercando - le ricord Riprese un tono
ufficiale. - Voglio sapere tutto di lei e Nolan.
Lei rimase in silenzio per un lungo istante, poi con voce
bassa e tranquilla rispose: - Non so dirle dove sia, tenente.
Davvero non lo so.
- Quando l'ha visto l'ultima volta?
- Qualche sera fa.
- Dove, esattamente?
- Qui - disse lei. - venuto qui e abbiamo cenato
insieme.
Lui si appoggiallo schienale. - Gli ha preparato la
cena?
- Non era la prima volta - rispose lei, con franchezza.
Childers meditsulla domanda successiva, poi le chiese,
senza guardarla: - Cosa c'fra lei e Nolan? Da quanto lo
conosce?
- Da circa un mese. - E prima che lui andasse avanti a
interrogarla, aggiunse spontaneamente: - Ci siamo
conosciuti in una sala da cocktail. Ero sola, e penso sia
meglio che le spieghi perch Di solito non esco da sola. Ma
quella sera avevo voglia di compagnia, e sebbene beva molto
poco avevo bisogno di qualcosa che mi tirasse su. Ero reduce
da una relazione con qualcuno che mi aveva deluso, uno di
quei gentiluomini che ti seducono e poi scopri che sono
sposati...
- Brutto affare - Childers la guardcon aria
comprensiva.
Lei alzle spalle. - Comunque, dovevo sembrare molto
sola e infelice. Non so come ci mettemmo a parlare, ma una
parola tira l'altra e io non sapevo a cosa avrebbe portato tutto
questo. E per essere proprio sincera, non mi importava. Mi
disse che era appena uscito di galera e questo non mi fece
nessuna impressione, salvo il fatto che apprezzai la sua
schiettezza. Mi chiese il numero di telefono e io glielo diedi.
Da allora ci siamo visti regolarmente. E se vuole sapere se
sono andata a letto con lui...
- Io non gliel'ho chiesto.
- Glielo dircomunque, tenente. - C'era come una
placida sfida nella sua voce, la si leggeva nei suoi occhi
insieme a tutto il dolore e la sofferenza che aveva dovuto
sopportare, e che l'avevano condotta al limite oltre il quale
una donna si aggrappa a qualunque cosa.
- S sono andata a letto con lui. A letto con l'ex detenuto
che sta cercando. So chi e non mi importa. E se questo fa di
me una criminale, puinfilarmi le manette e mettermi
dentro.
Childers si alz Distolse lo sguardo da lei e disse: - Non
avrebbe dovuto dirmi tutto questo. Non era necessario.
La donna non replic Childers attese che dicesse
qualcosa, ma lei rimase in silenzio e dopo qualche attimo lui
si avviverso la porta. Mentre la apriva, le lanci
un'occhiata. Era ancora seduta, china in avanti, con la testa
fra le mani. - Arrivederci, signorina Burnett - mormor e
usc

Sua moglie e i suoi quattro figli lo stavano osservando, e
lui sentiva il peso di quello sguardo. I loro piatti erano vuoti,
mentre l'arrosto con verdure che lui aveva davanti non era
stato toccato. Abbassgli occhi sul cibo e si chiese perch
non aveva voglia di mangiare. Sentiva un vuoto dentro, ma
non era un vuoto che il cibo potesse riempire. Era
qualcos'altro, qualcosa di inesplicabile. Picercava di capire
cosa fosse, pisi sentiva confuso.
- Che cos'hai? - gli chiese sua moglie. Era la quinta o
sesta volta che gli rivolgeva quella domanda da quando era
tornato a casa quella sera. Non ricordava che risposte le
aveva dato.
La guarde disse, stancamente: - Non ho fame, ecco
tutto.
I bambini si misero a cicalare, e il pipiccolo, Dotty, di
cinque anni, disse: - Forse papha mangiato troppe
caramelle. Quando io mangio troppe caramelle, non ho pi
voglia di mangiare la cena.
- Gli adulti non mangiano caramelle - disse Billy, nove
anni.
E Ralph, che ne aveva sette, osserv - Gli adulti possono
fare tutto quello che vogliono.
No che non possono, si disse Childers. Col cavolo che
possono.
Poi si chiese che cosa voleva dire con questo. La risposta
gli frullper la mente, poi gli sfugg si perse, e lui si rese
conto che era inutile cercare di ritrovarla.
SentAgnes, sei anni, che domandava: - Mamma, che
cos'ha pap
- Chiedilo a lui, tesoro - rispose sua moglie. - A me
non vuol dirlo.
- Cosa c'da dire? - fece Childers alzando la voce,
stridula per l'irritazione.
- Non urlare, Roy. Non voglio che tu urli.
- Allora lasciami in pace. Hai gidetto abbastanza.
- questo il modo di parlare davanti ai bambini?
Lui abbassil tono. - Scusami, Louise. - Cercdi
sorriderle, ma non ci riusc Con voce lamentosa, aggiunse: -
stata una brutta giornata. Sono esausto...
- per questo che hai bisogno di mangiare - disse lei.
Si alze andverso di lui. - Stammi a sentire. Adesso ti
riscaldo il piatto e...
- No. - Scosse la testa energicamente. - Non ho voglia
di mangiare, ecco tutto.
- Vorrei proprio sapere...
Lui la fiss - Sapere cosa?
- Nulla - disse lei. - Lasciamo perdere...
- Niente affatto. - C'era una punta di sospetto nella sua
voce, non riusciva a capirne il motivo ma sentche diventava
sempre piforte mentre proseguiva: - Stavi dicendo
qualcosa e adesso devi andare fino in fondo.
Lei non rispose. Aveva la testa china e lo guardava
perplessa.
- Coraggio, sputa fuori - insistette lui. Si alzda tavola
e la affront - Dimmi quello che pensi.
- Be', io volevo solo dire che...
- Su, avanti, non fermarti.
- Ehi, con chi credi di parlare? - reaglei, mettendosi le
mani sui fianchi un po' ingrossati. - Non sono mica uno di
quei vagabondi che sbattete dentro per interrogarli. Sono tua
moglie e questa casa tua. Il minimo che puoi fare portare
un po' di rispetto.
- Mamma e papstanno litigando - disse la piccola
Agnes.
- E forse era ora - aggiunse Louise, sempre con le mani
sui fianchi. - Sapevo che avremmo messo le carte in tavola,
prima o poi. Bene, allora. Mi hai detto che vuoi sapere quello
che penso, e io te lo dico. Voglio che tu lasci perdere il caso
Nolan.
Lui la guard - Cos'hai detto?
- Mi hai sentito. Non c'bisogno che lo ripeta. So che il
tuo lavoro importante, ma la tua salute viene prima di tutto.
Indicil cibo ancora intatto di fronte a lui. - Me lo
sentivo che saremmo arrivati a questo punto. Ti ho visto
tornare a casa la sera conciato da buttar via. Sapevo che
sarebbe giunto il momento in cui non avresti piavuto la
forza di mangiare. Per prima cosa, sappi che ti verr
un'ulcera.
Childers si sentun nodo alla gola, fu invaso da un'ondata
di tenerezza e di affetto e si rammentdi quanto fosse
fortunato. Era una donna vera, la sua, un autentico tesoro.
Ogni suo pensiero era per lui, per la sua salute, la sua felicit
e il suo benessere. Era l'unico uomo al mondo per lei, e dopo
pidi dieci anni di matrimonio, la consapevolezza di quel
sentimento era per lui qualcosa di inestimabile.
Osservquella figura piena, ancor piarrotondata dalla
gravidanza, la chioma disordinata che raramente godeva del
lusso di un parrucchiere perchlei era troppo occupata a
badare a quattro bambini. Poi le guardle mani, rosse e
screpolate a forza di lavare i piatti, di fare il bucato e di
pulire i pavimenti. la migliore, la pibrava di tutte, si
disse. E provun gran desiderio di prenderla fra le braccia.
Ma, per qualche motivo, non ne fu capace. Senza capire
perch non ne fu capace. Rimase lparalizzato, sapendo che
lei desiderava il suo abbraccio, e che lui non poteva
accontentarla.
Di colpo sentil bisogno disperato di uscire di casa. Cerc
una scusa a caso e disse, senza guardarla: - Ho detto al
capitano che sarei passato da lui stasera. Vado in ufficio.
Si voltbruscamente e andverso la porta.

Ma non doveva incontrarsi con il capitano, non doveva
andare in ufficio. Percorse un paio di isolati, si infilin un
taxi e disse all'autista: - Lakeside Apartments.
- Bene - rispose l'autista.
Davvero? si domand senza parlare. Davvero faccio
bene? Era inutile cercare una risposta, la sua mente non era
in grado di fornirla. Tuttavia in qualche modo sapeva che da
un punto di vista puramente tecnico questa era una mossa
logica, che si stava comportando secondo le regole. Andar la
far la guardia in attesa di Dice Nolan era un semplice
controllo di polizia. La cosa giusta da fare, naturalmente, era
piazzarsi dall'altra parte della strada rispetto alla casa e
tenere d'occhio l'entrata principale.
Venti minuti dopo era appostato sotto un albero dalla
fitta chioma, diagonalmente opposto ai Lakeside Apartments.
Un'auto stava parcheggiando accanto al marciapiede sull'altro
lato della strada e Childers istintivamente infilla mano
sotto la giacca per cercare la fondina. Ma non trovnulla.
Aveva dimenticato di prenderla, insieme alla .38 che
conteneva.
Non hai mai fatto una cosa del genere, pens E poi, con
un leggero fremito che scese dal petto allo stomaco e torn
su, Che cosa ti prende? Che diavolo ti sta succedendo?
Qualcuno stava scendendo dall'auto. Ma non era Nolan,
era solo una donnina di mezza etcon un cagnolino in
braccio. Entrnel condominio e l'auto si allontan
Childers si appoggiall'albero. Per un attimo desider
che il tronco fosse un cuscino in cui poter sprofondare e
prendere sonno. Non aveva niente a che fare con la
stanchezza. Era semplicemente il disperato bisogno di fuggire
da tutto, anche da se stesso. Quel pensiero gli provocuno
scoppio d'ira che gli invase gli occhi e la mente, e in quel
momento si costrinse a pensare solo al suo distintivo, e al
lavoro che lo attendeva.

Guardl'orologio. Le lancette segnavano le sette e
quarantacinque. Nell'ipotesi che Nolan andasse a trovarla, e
lei gli preparasse la cena, era molto probabile che non fosse
ancora arrivato. Per uno come Nolan, l'ora di cena spaziava
dalle otto e mezzo a mezzanotte. Dunque, pens aveva il
tempo di tornare velocemente a casa, prendere la pistola e
tornare indietro...
La sua mente non riuscad andare oltre. Prima di
rendersi pienamente conto di quello che stava facendo, aveva
giattraversato la strada ed era entrato nell'edificio.
Nell'ascensore, mentre saliva al nono piano, non pens
affatto a Nolan. Quasi distrattamente si raddrizzla cravatta
e si ravvii capelli sulle tempie. C'era un piccolo specchio
nella cabina, ma non lo guard Sapeva che se si fosse
specchiato avrebbe visto qualcosa che non gli piaceva.
L'ascensore saliva rapidamente, sempre pisu, e c'era
qualcosa di paradossale e inquietante in questo. Perchnon
sembrava un'ascesa, non era quella la sensazione. Somigliava
di pia una caduta.

Suonil campanello. Dopo qualche istante la porta del
907 si apred eccola l che gli sorrideva. Non fu sorpreso di
quel sorriso. Aveva avuto il presentimento che lei lo stesse
aspettando. Non era stato nulla di particolare a
suggerirglielo. Aveva solo l'impressione che tutto stesse
andando come doveva andare, e che non ci fosse modo di
evitarlo.
- Salve, Wilma - disse.
Lei continua sorridergli e non disse nulla, ma fece un
gesto con la mano, invitandolo a entrare. Un attimo prima di
attraversare la soglia, Childers notche lei aveva addosso un
grembiulino. E quando richiuse la porta dietro di s sent
l'odore del cibo.
- Mi scusi un attimo - disse lei, tornando in cucina - ho
qualcosa sul fuoco...
Lui si sedette sul sofe osservil tappeto a trama larga,
di una morbida sfumatura tra il grigio e il verde. Ma
sentendola muoversi per la cucina, immaginando le sue mani
impegnate a preparare la cena per Dice Nolan, quel colore si
tramutin un verde intenso, un verde aggressivo che pareva
avvampare davanti a suoi occhi.
Senza riuscire a trattenersi, si alzdal sofed entrin
cucina. - A che ora arriver - disse, con voce tesa.
Lei stava versando del condimento in un tegame sul
fuoco. - Non lo aspetto questa sera.
Lui si avvicinai fornelli, guardnel tegame e vide che
conteneva stufato d'agnello, sufficiente per una sola persona.
Lea donna gli sorrise di nuovo. - Lei non ha molta
fiducia in me, vero tenente?
- Non questo - disse lui. - solo che... - Non sapeva
come terminare la frase. Poi, senza riflettere, senza neanche
provarci, aggiunse: - Vorrei che mi chiamassi Roy.
Il sorriso sul viso di lei si spense. Il suo sguardo calmo lo
colpin viso, quasi avesse una consistenza e potesse
penetrare dentro di lui, scavandolo nel profondo. Per un
istante che parve lunghissimo, l'unico suono avvertibile nella
cucina fu il sobbollire dello stufato nel tegame.
Poi, abbassando la voce fino a un sussurro, la donna
disse: - Dunque cos
Lui annu lo sguardo serio.
- Sei sicuro? - mormorlei. - Voglio dire...
- So cosa vuoi dire - la interruppe. - Vuoi dire che non
puaccadere cosin fretta. Vuoi dirmi che impossibile, che
ci conosciamo appena...
- Non solo questo - disse lei, posando gli occhi sul
sottile cerchio d'oro che lui portava al dito. - Tu sei un uomo
sposato.
- Gi- repliclui, brusco. - Sono sposato e ho quattro
figli, e mia moglie ne avrpresto un altro.
La donna distolse lo sguardo. Come se stesse parlasse a se
stessa, mormor - Credo sia meglio cambiare argomento...
- No. - Fu quasi un grido. - Parliamone. Non vedi come
stanno le cose? Dobbiamo parlarne.
Lei scosse la testa. - Non possiamo. Non possiamo e
basta. meglio non cominciare a...
- Abbiamo gicominciato. Dal primo momento in cui ci
siamo incontrati.
Con voce roca, prosegu - Ascoltami, Wilma. Ho cercato
di resistere, esattamente come fai tu. Ma inutile. qualcosa
cui non si puresistere. come una malattia e non c'
rimedio. Lo sai come lo so io. Se pensassi solo per un istante
che non provi quello che sto provando io, non direi queste
cose. Ma so che cos Lo leggo nei tuoi occhi.
Lei prova scuotere ancora la testa, mordendosi le
labbra. - Se soltanto... - Non riusciva a parlare. - Se
soltanto...
- No, Wilma - disse lui lentamente, scandendo le
parole. - Niente se o ma. Cose come questa capitano una sola
volta nella vita. piimportante di qualsiasi altra. ..
Childers non aveva udito la chiave girare nella serratura.
Non si era accorto della porta che si apriva, dei passi che si
avvicinavano alla cucina. Ma quando vide gli occhi di Wilma
fissi su qualcosa alle sue spalle si gircon estrema lentezza, e
la prima cosa che vide fu la pistola.
Poi i suoi occhi si posarono sul volto di Dice Nolan.

- Continuate a parlare - disse Nolan con calma,
muovendo appena le labbra. I suoi occhi erano privi di
espressione.
Il pallore della prigionia era in armonia con la granitica
durezza dei suoi lineamenti. Fatta eccezione per una profonda
cicatrice che si allungava da un sopracciglio all'altro, era un
bell'uomo che sprizzava forza e virilit Era alto solo uno e
settantacinque e pesava settantadue chili, ma in quel
momento sembrava molto grosso. Forse la pistola, pens
Childers in quel primo, interminabile istante. Forse per
quello che sembra cosgrosso.
Ma non era la pistola. Nolan la impugnava quasi
distrattamente, come se non la considerasse molto
importante. Ora stava fissando Wilma, e la sua voce era
sempre calma e rilassata: - Mi hai ingannato, piccola. Mi hai
davvero ingannato.
- Forse ho ingannato me stessa.
- Pudarsi - mormorNolan. Spostlo sguardo su
Childers. - Ehi tu, ti ho detto di continuare.
- Credo che tu abbia sentito abbastanza - disse Childers.
- inutile aggiungere altro.
Nolan fece un sorriso sbieco. - Gi lo credo anch'io. -
Poi di colpo il sorriso si spense, e l'uomo aggrottle
sopracciglia. - La tua faccia mi dice qualcosa. Non ti ho gi
visto da qualche parte?
- All'angolo tra la Terza e Patton Avenue. Giocavamo a
guardie e ladri quando eravamo piccoli.
- E poi abbiamo fatto sul serio, quando siamo cresciuti -
mormorNolan, e i suoi occhi ebbero un lampo nel
riconoscerlo. - Mi hai pizzicato tante di quelle volte che ho
perso il conto. Immagino che dieci anni al fresco non facciano
molto bene alla memoria. Ma ora mi ricordo di te, Childers.
Me ne ricordo bene, maledizione.
- Sei un bambino cattivo, Dice. Lo sei sempre stato.
- E tu? - Dice sorrise di nuovo, spostando lo sguardo da
Childers a Wilma, poi ancora su Childers. - Tu sei il bambino
buono, il boy scout che vuole sempre giocare pulito, corretto.
Scoppia ridere. - Diavolo, questa storia
appassionante. Cosa farai quando tua moglie lo verra
sapere?
Childers non rispose. Non stava pensando a sua moglie,
na Wilma, pensava solamente al fatto che era un tenente di
polizia della Omicidi e che aveva finalmente trovato l'uomo
che stava cercando.
- Allora? Che cosa farai? - Dice continuava a
ridacchiare. - Dimmi, Childers, come farai a tirarti fuori da
questo casino?
- Lascia perdere - mormorChilders. - meglio che ti
preoccupi dei tuoi guai.
Il riso si spense. Nolan strizzgli occhi. Le parole
parevano gocciolare dalle sue labbra. - E quali, per esempio?
- Per esempio non presentarsi ai controlli. O essere in
possesso di un'arma pericolosa.
Nolan non disse nulla. Era in attesa del seguito.
Childers lo fece aspettare, tirando al massimo la pausa
come se fosse un elastico. Poi, con estrema lentezza e
tranquillit - C'un'altra cosa, Dice. Hai fatto un lavoretto
lungo il fiume tre settimane fa. Hai rapinato il magazzino
numero quattro e sei scappato con quindicimila dollari. Hai
ammazzato una guardia notturna, e l'altra ha perso la vista. E
questa sarla tua rovina, amico. Stavolta finirai dove meriti
di finire: sulla sedia elettrica.
- Tu... - La voce di Nolan si incrin - Tu non puoi
accusarmi di questo. Non sono stato io.
Childers sorrise con condiscendenza. - Non agitarti,
Dice. Non ti servira nulla.
- Stammi a sentire... - Il viso di Nolan si ricoprdi
sudore. - Te lo giuro, non sono stato io. Chi ha organizzato il
colpo ha fatto in modo che la polizia pensasse che fossi stato
io. Quando l'ho letto sui giornali, sapevo quel che sarebbe
successo. Sapevo che presto o tardi mi sareste venuti a
cercare...
- Un po' debole come argomento, Dice. E sembrer
ancora pidebole in tribunale.
Nolan fece una smorfia. - Non c'bisogno che tu me lo
dica. Mi sono spremuto il cervello per trovare un alibi. Ma
niente, zero. Sapevo che se mi portavano dentro per farmi il
terzo grado, non avrei avuto nessuna chance. Per questo non
mi sono presentato al controllo. Per questo vado in giro con
la pistola. Non lascerche mi friggano per qualcosa che non
ho fatto.
Childers aggrottleggermente le sopracciglia. Per un
attimo fu quasi sul punto di credere all'affermazione di
Nolan. C'era qualcosa di convincente nell'atteggiamento
febbrile e nella voce dell'ex galeotto. Ma esaminandolo
attentamente, si accorse che gli occhi di Nolan erano fissi su
Wilma, e pens Non a me che sta parlando, a lei. Sta
cercando di dargliela a bere. Vuole convincerla che pulito,
in modo che lei vada via con lui.
E si ritrova dire, a denti stretti: - Non se la beve,
Nolan. Sa che sei un delinquente e un assassino e non
importa quante bugie tiri fuori, non riuscirai a farle cambiare
idea.
Gli occhi di Nolan rimasero puntati su Wilma. Con il
volto inespressivo, le chiese: - Hai sentito cosa dice?
Lei non rispose. Childers si accorse che stava fissando il
muro alle spalle di Nolan.
- Ti dico che sono innocente - proseguNolan. - Mi
credi?
Lei trasse un profondo respiro, e prima che riuscisse a
parlare Childers la prese per un polso e disse: - Ti prego...
non cascarci, non farti fregare. Se te ne vai di qui con lui sei
rovinata.
Lei girla testa lentamente, gli occhi come spade puntate
su quelli di Childers. - Lasciami, mi fai male.
Childers sussult come se lei lo avesse schiaffeggiato.
Mollla presa disperata sul polso di lei e lascicadere la
mano. Di colpo fu preso da una paura terribile, che non aveva
nulla a che vedere con la presenza di Dice Nolan, o con l'arma
che lui aveva in mano. Era la paura di vederla uscire da quella
stanza con quell'uomo e non tornare mai pi
Il solo pensiero lo fece vacillare, e provdi nuovo la
sensazione di cadere, di precipitare a testa in giin un abisso
incommensurabile che lo strappava al distintivo che portava,
alla scrivania che occupava alla sezione Omicidi, al suo
lavoro, alla sua casa, alla sua famiglia. Oh, Dio, pens e
mentre precipitava sempre pirapidamente, fece un
disperato tentativo di riprendere il controllo, di interrompere
la caduta, di affrontare il problema per quello che era
realmente.
Era stato vittima di una cieca, improvvisa infatuazione,
un desiderio folle per questa donna che non aveva mai visto
prima d'allora. E questo non aveva senso, non era un
comportamento normale. Era una specie di pazzia e ciche
doveva fare, qui e subito, era di...
Ma non riusciva a fare nient'altro che rimanere a
guardarla, implorandola con lo sguardo di non lasciarlo.
E proprio allora sentDice Nolan che diceva: - Vieni con
me, Wilma?
- S- rispose lei. Attraversla cucina e si mise al suo
fianco.
Nolan aveva la pistola puntata verso il petto di Childers.
- Facciamo le cose per bene - disse Nolan. - Tieni gile
mani, sbirro. Girati molto lentamente fino a darmi le spalle.
- Non fargli male - pregWilma. - Per favore, non
fargli male.
- Non ti preoccupare - rispose Nolan. - Avrsolo un
bel mal di testa domani, ecco tutto.
- Ti prego, Philip...
- Devo farlo - disse Nolan. - Devo metterlo fuori
combattimento se vogliamo riuscire ad andar via di qui.
- Potresti colpirlo troppo forte. - La voce di lei tremava.
- Ho paura che tu possa ucciderlo...
- No, non succeder- la rassicurNolan. - Ho una
certa esperienza in queste cose. Non dormirpidi dieci
minuti. Giusto il tempo che ci serve.
Childers si era girato lentamente di spalle. SentNolan
avvicinarsi e si irrigidimmaginando il calcio della pistola
che gli si abbatteva sul cranio. Ma mentre si preparava al
colpo gli venne in mente che Nolan doveva aver impugnato la
canna del revolver anzichil calcio, e che il suo dito doveva
essere lontano dal grilletto.
Un attimo dopo, quando ormai Nolan gli era addosso, si
piegimprovvisamente da un lato ruotando su se stesso e
vide il calcio del revolver che si abbassava, colpendo a vuoto.
Notil disappunto sulla faccia di Nolan, e con un ghigno gli
assestun destro micidiale al ventre, un gancio sinistro alla
testa, e ancora un destro fulmineo alla mascella. Nolan si
affloscisul pavimento e lascicadere la pistola.
Childers si protese cercando di afferrarla, ma Nolan
ringhie fece un balzo in avanti con tutta la forza che gli
rimaneva. La sua spalla si abbattsulle costole di Childers, e
mentre i due rotolavano le sue mani si serrarono intorno al
collo del poliziotto. Childers sollevun braccio ripiegato e lo
colpsul muso con il gomito. Nolan ricadde all'indietro e
stramazz scivolando sul pavimento della cucina.
Childers si alzsulle ginocchia e striscirapidamente
verso la pistola, la raccolse e inseril dito nel grilletto. Aveva
la mano pronta e l'arma puntata contro il petto di Nolan
quando una voce dentro di lui disse: No, non farlo... Ma
un'altra voce si inser una voce che diceva: Tu vuoi quella
donna, ma c'lui di mezzo, devi liberartene.
Rabbia e gelosia lo spingevano a dare ascolto a quella
seconda voce, gli ottenebravano il cervello, e tuttavia
Childers si sforzava di non premere il grilletto. Cos quando
alla fine il suo dito si mosse e udlo sparo, quando vide Nolan
morto sul colpo con una pallottola nel cuore, pens
sbalordito: Non volevo farlo, davvero.
Si alzin piedi e osservil cadavere sul pavimento.
Poi udWilma che diceva: - Perchl'hai ucciso?
Avrebbe voluto guardarla, ma non ci riusciva. A fatica
scandle parole: - Hai visto cos'successo. Stava per
aggredirmi. Non potevo rischiare.
- Non ci credo - disse lei, e poi, con voce sorda: -
Peccato che tu non abbia capito.
Lui la fiss - Capito cosa?
- Quando ho accettato di andar via con lui... era solo una
finta. Era l'unico modo per impedire che ti sparasse.
Childers fu invaso da un'ondata di esaltazione. - Tu...
dici sul serio?
- Certo - rispose lei - ma non ha piimportanza ormai.
- I suoi occhi rimasero tristi per un momento, poi assunsero
un'espressione amara mentre Wilma indicava il salotto
dicendo: - meglio che tu faccia una telefonata, tenente. D
loro che hai trovato il tuo uomo e che hai risparmiato allo
Stato le spese di un processo.
Come un automa, Childers passdavanti a lei e andin
salotto. Sollevla cornetta e chiamil centralino della
polizia: - Passami la Omicidi, sono Childers.
Prima che Childers riuscisse a parlare, la voce del
capitano disse: - Sono contento che tu abbia chiamato, Roy.
Puoi sospendere le ricerche di Dice Nolan. Abbiamo le prove
che non c'entra.
- S - disse Childers. Si chiese se era la propria voce
quella che sentiva, sembrava che non gli appartenesse.
- Abbiamo preso il responsabile - proseguil capitano.
- Lo abbiamo beccato circa un'ora fa. Aveva il denaro degli
stipendi e la pistola che ha usato contro le guardie notturne.
Ha gifirmato la confessione.
Childers chiuse gli occhi. Non disse una parola.
- Ti ho chiamato a casa e tua moglie mi ha detto che
stavi venendo qui. Come mai ci stai mettendo tanto?
- Sono stato sviato - rispose Childers. E aggiunse,
lentamente: - Sono ai Lakeside Apartments, capitano.
meglio che mandi qui degli uomini. Appartamento 907.
- Un omicidio?
- Indovinato. Omicidio a sangue freddo.
Riattacc Fuori nel corridoio si sentivano passi e voci e
qualcuno che gridava: - Tutto bene ldentro? - E un'altra
voce che chiedeva: - Era uno sparo quello che si sentito?
Wilma era accanto alla porta d'ingresso e lui le disse: -
Va' fuori e dloro che non successo nulla. Dche se ne
vadano. E tieni la porta chiusa. Non voglio che nessuno ficchi
il naso qui dentro.
Lei uscchiudendo la porta alle sue spalle. Appena fu
uscita Childers anda bloccare la serratura. Poi si avvicin
alla finestra pivicina e la spalanc Si arrampicfuori e si
fermsul cornicione, guardando la strada nove piani piin
gi
Mi dispiace, disse a Louise e a i bambini, mi dispiace
tantissimo. Poi, rivolto al capitano, Troverla pistola sul
tavolo della cucina, le sue impronte e le mie, e sono certo che
credera Wilma quando le dircom'accaduto, com'
potuto accadere che un uomo che ha disperatamente cercato
di rimanere pulito abbia potuto cadere e macchiarsi di
infamia.
Ma quando si staccdal cornicione e si tuffnell'oscurit
vuota, Childers comincia sentirsi di nuovo pulito.

John Lutz
La posta in gioco
The Saint, giugno 1984

Qualche anno fa, John Lutz pubblicSingle White
Female, una storia di suspense talmente bella che dovrebbe
essere studiata seriamente da tutti quelli che si cimentano in
questo genere. Hollywood l'ha trasformata in Inserzione
pericolosa, un magnifico film che ha avuto grande successo
di critica e di pubblico. Nel corso di trent'anni di carriera,
Lutz ha toccato praticamente ogni genere di narrativa
gialla, con ottimi risultati. Nei suoi romanzi ricorrono un
personaggio sospettoso di nome Fred Carver e uno
tormentato di nome Alo Nudger. Entrambi si collocano tra le
pibrillanti creazioni letterarie del nostro tempo. Tra i
racconti scritti da Lutz, provate a leggere Hot e Una
condanna a morte, sono tra i migliori esempi di narrativa
gialla contemporanea.
E. G.

Ernie seguil fattorino all'interno della modesta camera
dell'Hayes Hotel, dove gli venne mostrato il bagno scalcinato
con i sanitari pieni di crepe e il televisore con le immagini in
bianco e nero che ballavano. Il fattorino, un adolescente dalla
pelle foruncolosa, sorrise e rimase in attesa. Ernie gli allung
un dollaro, una mancia piche sufficiente tenuto conto che
Ernie non aveva altro bagaglio oltre la ventiquattr'ore che
portava lui stesso. Il fattorino sogghigne filvia.
Dopo lo scatto della serratura alla porta, la stanza
piombin un fitto silenzio. Ernie si sedette sull'orlo del letto,
e via via comincia distinguere nella quiete dell'ambiente i
suoni soffocati provenienti dall'esterno: il monotono scorrere
del traffico cittadino, una sirena molto lontana o l'occasionale
strombazzare di un clacson, il tonfo e le vibrazioni metalliche
delle cabine dell'ascensore nelle viscere del fabbricato.
Qualcuno lascicadere qualcosa di pesante nella stanza al
piano di sopra. Una donna delle pulizie passdavanti alla
porta spingendo il carrello della biancheria con una ruota che
cigolava. Ernie chinil capo, si prese il volto tra le mani e
fissil logoro tappeto azzurro chiaro. Poi chiuse gli occhi e si
rifuginel precario anonimato dei suoi pensieri.
La sua fortuna era in ribasso. Quasi al livello dello stesso
Ernie, che superava di poco il metro e sessantaquattro anche
con le scarpe dal tacco rialzato. Di solito era ben vestito, ma
quella sera la sua figura snella era infagottata in un abito
marrone da quattro soldi comprato in un grande magazzino,
una camicia bianca sudicia e un ridicolo farfallino rosso.
Aveva dovuto lasciare il suo consueto guardaroba nel
precedente hotel, a garanzia del conto non pagato. La faccia
di Ernie era simile a quella di un furetto, intrigante e
impiccione, con occhi rosati e acquosi e un naso lungo e
curvo. L'apparenza non ingannava. Ernie era intrigante e
impiccione.
Aveva trascorso la maggior parte dei suoi quarant'anni
nello squallido quartiere in cui era nato, e se non era proprio
il ragazzo pisveglio della zona, possedeva una sorta di
temeraria scaltrezza che gli aveva permesso di tracciarsi il
suo bizzarro cammino nel mondo. E poi aveva un istinto, dei
presentimenti che lo portavano qualche volta a puntare sul
cavallo vincente, qualche volta a giocare la carta giusta.
Qualche volta. Tirava avanti, comunque. Tirare avanti era la
specialitdi Ernie, e alla fine chiudeva pio meno in
pareggio. Piche vincere, si limitava a sopravvivere. Ma c'era
gente che se la prendeva a male persino per questo.
Uno di loro era Carl Atwater. Ernie pensa Carl, aprgli
occhi e si alzdal letto imbarcato. Tirfuori dalla valigia una
bottiglietta di whisky e andin bagno a prendere il bicchiere
che aveva visto sul lavandino. Cercdi non pensare a Carl e ai
mille dollari che gli doveva per quella partita a carte
dall'ultima volta che era stato qui, nella cittadina in cui era
nato. Si versda bere, si sedette di fronte al tavolino rivestito
di plastica graffiata e rovinata e passin rassegna la
stanzetta.
Era una topaia, persino per uno come Ernie. Lui era
abituato a qualcosa di meglio: di solito non arrivava in citt
di nascosto, fermandosi in un albergo di infima categoria. Se
non avesse avuto bisogno di farsi prestare un po' di soldi -
non i mille dollari che doveva a Carl, solo un paio di biglietti
da cento per arrivare a Miami - da sua sorella Eunice, non
sarebbe stato lin quel momento, a inventarsi scommesse su
quale delle blatte che si arrampicavano sul muro dietro al
letto avrebbe raggiunto per prima il soffitto.
Sorrise. Cos'avrebbe pensato di lui Eunice se lo avesse
visto scommettere sulle blatte? Non ne sarebbe rimasta
stupita; da anni gli diceva che il gioco era una malattia, e lui
ce l'aveva in forma acuta. Forse aveva ragione a insistere
continuamente perchla facesse finita con le scommesse. Gi
ma lei non aveva mai centrato la posta da mille dollari a
Pimlico. Non aveva mai sollevato l'angolo di una carta
coperta per vedere spuntar fuori l'agognata terza donna. Non
aveva mai...
Al diavolo. Ernie estrasse due mazzi di carte da una tasca
della giacca. Gettloro un'occhiata torva, poi si rimise in
tasca il mazzo segnato. Ernie non andava mai in giro senza un
mazzo di carte segnate. Un truffatore di Reno gli aveva
insegnato come truccarle in modo tale che solo un esperto
potesse accorgersene, e solo esaminandole da vicino. Ruppe il
sigillo del mazzo regolare e si impegnin un solitario. Non
barava mai con se stesso. Accese la lampada inclinandola per
evitare il riflesso della luce sulle carte e due minuti dopo era
giimmerso in quella intensa concentrazione che solo un
giocatore fanatico riesce a raggiungere.
Dopo aver perso tre mani di fila, spinse via le carte e si
sfreggli occhi stanchi.
Proprio in quel momento qualcuno bussalla porta.
Ernie rimase seduto, paralizzato, non solo dalla paura di
Carl Atwater ma dal timore di ciche ogni giocatore
considera il proprio nemico: l'imprevisto. L'imprevisto era
ciche spingeva il dado a un'ultima improbabile capriola, che
faceva cadere il cavallo favorito nella curva finale, che serviva
scale quasi complete ai giocatori di poker piinesperti.
Questa volta l'imprevisto aveva era stato piduro che mai
con Ernie: aveva spedito alla sua camera d'albergo un paio di
omaccioni dall'aspetto di uomini d'affari. I due avevano la
chiave e poichnessuno rispose aprirono la porta ed
entrarono.
Erano grossi, d'accordo, ma in quella piccola stanza e
paragonati al corpo mingherlino di Ernie sembravano
giganteschi. Il pigrosso dei due, il tipo dell'ex pugile con la
mascella sporgente, il naso rincagnato e gelidi occhi azzurri,
sorrise a Ernie. Non era proprio un sorriso di quelli che
scaldano il cuore. Il suo socio, un bell'uomo dai capelli scuri
con quella che doveva essere la cicatrice di una coltellata
lungo la guancia, rimase impassibile. Fu l'uomo che sorrideva
a parlare.
- Immagino tu sappia che stato Carl Atwater a
mandarci - disse. Aveva una voce profonda, perfettamente
adeguata alle sue dimensioni.
Ernie cercdi mandar gila saliva, ma aveva un nodo
alla gola. Il cuore gli martellava nel petto. - Ma... come
faceva a sapere che sono qui? Sono appena arrivato.
- Carl conosce un sacco di impiegati d'albergo in tutta la
citt- disse l'uomo sorridente. - Appena ti sei registrato
l'abbiamo saputo e Carl ha ritenuto che meritassi una visita.
- Il sorriso si allarg mentre l'uomo si scrocchiava le dita
pigramente. Lo schiocco ebbe l'effetto di un'esplosione di
petardi in quella stanza angusta. - Non fare il finto tonto con
noi, Ernie. Sai benissimo perchsiamo qui.
Ernie balzin piedi senza riflettere, rovesciando indietro
la sedia. - Ehi, un momento! Carl e io siamo vecchi amici, e
in fondo gli devo soltanto mille dollari. Insomma, state
parlando con la persona sbagliata. Chiedete a Carl, ve lo
chiedo per favore!
- proprio perchgli devi solo mille dollari che siamo
qui - disse l'uomo con i capelli neri. - C'troppa gente che
deve a Carl piccole somme, degli scommettitori come te.
Servirai da esempio per tutti quei piccoli truffatori, Ernie. E
sarun cattivo esempio, cosloro sceglieranno di non
seguirlo e pagheranno i loro debiti, che sommati insieme
ammontano a una bella cifra.
- Non esiste un bel modo per morire - disse l'altro - ma
alcuni sono peggio di altri.
I due uomini si mossero verso Ernie, lentamente, come
per dargli il tempo di misurare fino in fondo la propria paura.
Ernie lanciun'occhiata alla porta. Troppo lontana. - Vi
prego, chiedete a Carl! - implorinutilmente, facendo
qualche passo indietro con le gambe irrigidite. Tremava. I
due bestioni continuavano ad avanzare. C'era una finestra alle
sue spalle, ma la stanza era al dodicesimo piano. Quel
letamaio non aveva l'aria condizionata, e il vetro era sollevato
di una quindicina di centimetri. Quando si con le spalle al
muro, si sceglie d'istinto il pericolo meno immediato. Ernie si
voltdi scatto e si slanciverso la finestra. Sentun'unghia
impigliarsi nella tendina di pizzo sbiadita e strapparsi mentre
sollevava il vetro completamente. L'uomo che sorrideva
grugne fece un balzo in avanti per afferrarlo, ma Ernie si
precipitfuori sul cornicione con incredibile rapidit
Una mano spropositata si protese verso di lui dalla
finestra aperta. Ernie si spoststrisciando per evitarla.
Incollil corpo tremante al muro e guardin su verso il cupo
cielo notturno, mentre la brezza estiva faceva sventolare la
sua giacca aperta.
L'uomo che sorrideva sporse il testone fuori dalla
finestra. Valutlo spessore del cornicione su cui Ernie si
teneva in equilibrio, poi guardla strada dodici piani piin
basso. Esibuna chiostra di denti storti e scoppiin una
sonora, placida risata. Rideva di cuore, ma senza allegria.
- Te l'avevo detto che alcuni modi di morire sono peggio
di altri - disse. - Sei piun verme che un uccello. - Fece
rientrare la testa e chiuse la finestra. Con la coda dell'occhio
Ernie vide le sue dita, grosse come salsicciotti, che
bloccavano il saliscendi.
Sta' calmo, si disse, calmo. Era intrappolato sul
cornicione, ma la sua situazione era decisamente migliorata
rispetto a quella di qualche minuto prima.
Poi si mise ad analizzare seriamente il guaio in cui si era
cacciato. Il cornicione in cemento sul quale era sospeso era
largo non pidi quindici centimetri, e non era esattamente il
posto in cui andare a fare una passeggiata con quelle scarpe
eleganti in cuoio lucido, dai tacchi rialzati. A destra il
cornicione si interrompeva a meno di un metro e mezzo di
distanza, dove terminava quel lato dell'edificio, e non c'erano
altre finestre in cui Ernie potesse sperare di entrare. A
sinistra, oltre la finestra sbarrata della sua stanza, ce n'era
un'altra che dava su una camera con l'aria condizionata. Il
vecchio congegno rugginoso sporgeva dalla finestra per poco
meno di un metro. Non solo il vetro doveva essere bloccato
dalla parte superiore dell'apparecchio, ma non c'era alcun
modo di aggirare o scavalcare l'ingombrante, scivoloso
parallelepipedo d'acciaio del condizionatore per raggiungere
la finestra successiva.
Ernie guardin alto. Nessuna via di fuga neanche l
Poi guardgi
La vertigine si abbattsu di lui come una mazzata. Dodici
piani sembravano dodici chilometri. Intravedeva la sommit
dei semafori e qualche auto, minuscola come un giocattolo,
che svoltava all'incrocio. La sua mente turbinava, il terrore
gli faceva girare la testa. Il cornicione su cui era appollaiato
sembrava largo solo pochi centimetri e riusciva appena a
scorgerlo dietro di s dalla sua precaria posizione. Gli
tremavano le gambe; le scarpe sembravano diventate qualcosa
di separato dal suo corpo, creature rigide e maldestre dotate
di volontpropria, pronte a tradirlo precipitandolo
nell'abisso. Il panorama era immenso... come se stesse
volando. Ernie chiuse gli occhi. Si proibdi immaginare cosa
sarebbe stato del suo corpo, carne e ossa, quando avesse
toccato il fondo dopo un volo di dodici piani.
Si ancorcon tutta la forza che gli rimaneva alla massa
rassicurante del muro, la mani ai lati del corpo, le unghie
aggrappate alla malta. Quella ruvida parete di mattoni era la
sua mamma, la sua amante, la carta migliore che gli fosse mai
toccata. Era tutto ciche aveva. Fu abbastanza ipocrita da
pregare.
Ma il terrore si infiltrava nei suoi pori, nella sua mente e
nella sua anima, diventando una cosa sola con lui. Mille
dollari, mille miseri dollari! Avrebbe potuto rivolgersi a uno
strozzino, rubare qualcosa e impegnare la refurtiva, chiedere
l'elemosina. Avrebbe potuto...
Ma Ernie doveva fare qualcosa adesso. Adesso! Doveva
sopravvivere.
Senza guardare gi tenendo fissi davanti a sgli occhi
sbarrati dalla paura, azzardun passo esitante, strascicato,
alla sua sinistra, in direzione della sua finestra. Nel muoversi
pianti polpastrelli nel muro, nell'illusione che i mattoni
fossero cossoffici da permettergli di affondare le dita in
profondit Poi un'immagine prese forma nella sua mente, il
muro si sfaldava come argilla tra le sue mani, negandogli ogni
appiglio, proiettandolo nella notte con una spaventosa
parabola mozzafiato. Cercdi non pensare al muro, cercdi
non pensare a nulla. Per la prima volta seppe, in modo crudo
e viscerale, cos'era la paura.
Ernie si costrinse a osare un altro passo, poi un altro
ancora. Sussultava ogni volta che i duri tacchi di cuoio
sfregavano rumorosamente sul cemento. La stoffa del suo
abito da quattro soldi si lacerava sulle spalle, sul bacino, sul
retro delle gambe, grattando contro la parete ruvida. A un
certo punto, la suola della sua scarpa sinistra scivolsu
qualcosa di piccolo e tondo, un sassolino forse, con un
movimento rotatorio che per poco non lo fece precipitare. Il
panico lo investcome una marea fredda e scura, una
sensazione che si augurdi non dover provare mai pi
Giunse finalmente alla finestra. Si piegcon cautela,
temendo che a ogni istante la brezza notturna potesse
sbilanciarlo, allungil collo finchnon gli fece male e sbirci
all'interno della stanza.
Era vuota. I due bestioni erano andati via. I mobili frusti,
il letto, il tappeto ruvido e consumato non gli erano mai
sembrati cosinvitanti. Con una mano tastl'intelaiatura
della finestra finchnon trovla superficie liscia del vetro.
Scorse il saliscendi d'ottone annerito posto sulla cornice del
vetro inferiore, inesorabilmente bloccato nella posizione di
chiusura.
Diede una botta alla finestra, a scopo sperimentale. Il
contraccolpo lo proiettin avanti, staccandolo dal muro. Il
fiato gli sfuggdai polmoni con un rantolo, ed Ernie si
raddrizztirando indietro il corpo, sbattendo la testa contro
il muro e restando stordito e nauseato. Per un minuto buono
rimase immobile, paralizzato.
A poco a poco, prese coscienza del freddo che gli mordeva
le guance: era la brezza che gli asciugava le lacrime. Sapeva
che non sarebbe riuscito a colpire il vetro abbastanza forte da
romperlo senza perdere l'equilibrio e proiettarsi in avanti
verso la strada, verso la morte che lo attendeva lsotto.
Probabilmente gli scagnozzi di Carl si stavano gi
scolando una birra da qualche parte, dandolo per morto. E
avevano ragione. Erano professionisti che ci sapevano fare in
queste cose, e sapevano riconoscere la morte quando la
vedevano. Il labbro inferiore di Ernie si mise a tremare. Lui
non era un cattivo soggetto, non aveva mai fatto
volontariamente del male a nessuno in vita sua. Non si
meritava una cosa del genere. Nessuno al mondo la meritava!
Decise di urlare. Forse qualcuno, uno degli altri ospiti,
una cameriera, quel fattorino spocchioso, avrebbero potuto
sentirlo.
- Aiuto! Aiuto!
Fu sul punto di mettersi a ridere come un pazzo per
l'inutilitdi quel tentativo. Le sue urla strozzate erano
talmente flebili, perdute nel vento, inghiottite dalla vastit
della notte. Persino lui faceva fatica a sentirle.
Fin da quando era piccolo, la disperazione era stata una
presenza costante nella sua vita, come un dolore sordo alla
bocca dello stomaco, un'appendice infiammata in procinto di
esplodere. Se non era proprio un'amica, era sicuramente
qualcosa che conosceva bene. Se c'era qualcuno in grado di
dominarla, era lui.
E invece non ci riusciva. Non questa volta. Forse era
inevitabile che si arrivasse a questo punto, al tuffo repentino
e spaventoso che tante volte lo aveva risvegliato dai suoi
incubi notturni. Ma stanotte non ci sarebbe stato risveglio,
perchnon stava sognando.
Ernie maledse stesso e tutti i suoi progenitori
responsabili di averlo portato fin l Maledla sua fortuna. Ma
non si sarebbe arreso; la forza d'animo era tutto ciche gli
rimaneva. C'era sempre qualche via d'uscita per uno che
viveva di stratagemmi, malgrado tutto.
Le tasche! Cosa c'era nelle sue tasche che potesse servire
a rompere il vetro?
Il primo oggetto che tirfuori fu un pettine scivoloso.
Cercdi trattenerlo, maldestramente, quasi si sporse per
afferrarlo quando gli scivoldalle dita e cadde. Stava per
chinare la testa per seguirne il volo quando si ricord
dell'ultima volta che aveva guardato gie premette di nuovo
la testa contro i mattoni. Il mondo ondeggiava follemente
intorno a lui.
Il portafoglio, eccolo. Lo estrasse con cautela dalla tasca
posteriore dei calzoni, tenendolo stretto come fosse un
uccellino in procinto di volare. Lo apre ne vagliil
contenuto con le dita, a tentoni, esplorandolo solo con il
tatto, per la paura di abbassare lo sguardo. Qualche
banconota, una carta di credito, una patente di guida, un paio
di vecchie cambiali che lascifluttuare nell'oscurit Tenne in
mano la carta di credito di plastica dura e decise di lasciar
andare il portafoglio. Forse qualcuno lsotto, vedendolo
cadere, avrebbe alzato lo sguardo e si sarebbe accorto di lui.
Le possibiliterano minime, lo sapeva. Quello era un
quartiere malfamato, c'era poca gente sui marciapiedi.
Semplicemente qualcuno lo avrebbe trovato, se lo sarebbe
ficcato in tasca e sarebbe andato per la sua strada. Ernie
cominciad armeggiare con le banconote, una da dieci dollari
e due da uno, cercando di estrarle dal portafoglio, poi decise
che non ne valeva la pena e lo buttgi Il denaro non gli era
di alcun aiuto ldov'era.
C'era una sottile fessura tra la cornice del vetro inferiore
e quella del vetro superiore. Ernie tentdi inserirvi la carta
di credito, pregando che entrasse.
Entrava! Un varco! Aveva trovato un varco! Forse sarebbe
bastato!
Piegil collo da un lato per controllare, mentre faceva
scivolare la carta lungo la cornice spingendola contro il
saliscendi. Sentiva l'aria picalda della stanza attraversare la
fessura e carezzargli le nocche. Era cosvicino, cosprossimo
ad essere dall'altra parte di quel sottile pannello di vetro, in
salvo!
Il saliscendi si muoveva, ne era sicuro! Spinse piforte
con la carta plastificata, avvertendo la pressione dello spigolo
contro le dita. Ora non sentiva nvedeva alcun movimento.
Disperatamente si mise a spingere la carta avanti e indietro.
Il sudore gli rendeva le mani scivolose.
Il saliscendi si mosse di nuovo!
Ernie stava per urlare dalla gioia. Poteva farcela! Entro
un minuto, cinque al massimo, avrebbe sbloccato la finestra,
sollevato il vetro, e si sarebbe gettato nella stanza,
abbracciando e baciando quel tappeto consunto. Sorrise per
davvero, mentre armeggiava con le dita intorpidite per
assicurarsi una presa pisalda sulla carta.
E di colpo, la carta gli sfugg Cercaffannosamente di
trattenerla, quasi impazzito, ma riuscsolo a sfiorarne un
angolo mentre veniva completamente inghiottita dalla
fessura. La vide scivolare verso la parte inferiore della
cornice, rimbalzare sul bordo interno di legno e cadere sul
pavimento. Dal punto in cui si trovava, la vide giacere sul
tappeto, ormai fuori dalla sua portata.
Ernie scoppiin singhiozzi. Il suo corpo si mise a tremare
cosviolentemente che temette di essere sbalzato fuori dal
cornicione. Quando se ne rese conto, cercdi calmarsi. Con lo
sforzo pigrande che avesse mai fatto in vita sua, riprese il
controllo e si immobilizz
Doveva pensare, pensare, pensare!
Cos'altro aveva in tasca?
La chiave della stanza!
La tirfuori e la strinse nel palmo della mano. Era solo
una chiave di metallo, senza targhetta ncatenella. Cercdi
inserirla nello spiraglio tra le due cornici, ma era molto pi
spessa della carta di credito: non riusca infilarne nemmeno
la punta.
Allora gli venne un'idea. Lo stucco che faceva aderire il
vetro alla cornice era vecchio e sbriciolato, reso secco dagli
anni e da varie mani di vernice scolorita.
Ernie comincia grattarlo con la punta della chiave.
Qualche pezzo si stacce cadde, sbriciolandosi sul
cornicione. Scavancora con la chiave e ancora un po' di
stucco secco venne via dalla cornice. Bisognava lavorare
tutt'intorno al pannello, e per farlo ci voleva tempo. Ci voleva
concentrazione. Ma Ernie ci sarebbe riuscito, perchnon
aveva altra via d'uscita da quel cornicione, e perchper la
prima volta si rendeva conto di quanto amasse la vita. Pieg
leggermente le ginocchia, senza staccare le spalle dal muro, e
continua lavorare sullo stucco indurito.
Dopo quella che gli parve un'ora, emerse un nuovo
problema. Era giunto oltre la metdel perimetro del vetro
quando le sue gambe furono assalite da crampi dolorosi. E le
ginocchia cominciarono a tremare, non tanto per la paura
quanto per la fatica. Ernie si raddrizz cercando di rilassare i
muscoli dei polpacci.
Quando si chinper riprendere il lavoro, scoprche nel
giro di pochi minuti i crampi riprendevano, ancora piatroci.
Torna raddrizzarsi, e sentil dolore diminuire leggermente.
Doveva lavorare in questo modo, a tappe brevi, finchil
dolore non fosse diventato intollerabile e le gambe tremanti
non avessero minacciato di perdere ogni forza e sensibilit
Doveva sopportare quello strazio perchnon aveva
alternative. Si costrinse a non pensare a quello che sarebbe
successo se le sue gambe avessero ceduto prima che fosse
riuscito a grattar via tutto lo stucco. Piegle ginocchia con
circospezione, scivolando in basso aderente al muro, e
ricomincia manovrare con la chiave tentando
disperatamente di ridurre i movimenti.
Alla fine lo stucco fu completamente rimosso e ridotto a
frammenti triangolari sparsi sul cornicione o sul marciapiede
giin fondo.
Ernie fece scorrere la mano lungo l'area in cui il vetro
confinava con la cornice di legno. Il bordo aguzzo gli taglile
dita, procurandogli un dolore bruciante. Tirindietro la
mano e rimase a fissare il sangue scuro che usciva. Le dita
pulsavano al ritmo veloce del suo cuore, inesauribile monito
della sua mortalit
Ora il problema era che il pannello non voleva venir via.
Era leggermente pilargo del perimetro interno della
cornice, inserito in una scanalatura del legno in modo tale da
non poter essere spinto verso l'interno. Bisognava spingerlo
in fuori, verso la strada.
Ernie cercdi inserire la chiave tra il legno e il vetro per
fare leva, spingendo l'estremitsuperiore del vetro verso
l'esterno. La chiave era troppo grossa.
Si appiattcontro i mattoni e si rimise a piangere. Le sue
gambe erano pezzi di legno; tutto il corpo gli faceva male, ed
era attraversato di tanto in tanto da crampi e spasmi. Stava
diventando pidebole, se ne rendeva conto, troppo debole
per conservare la sua precaria posizione sullo stretto
cornicione. Se solo avesse avuto ancora la carta di credito,
pens avrebbe potuto liberare il vetro e farlo cadere sul
marciapiede, e sarebbe entrato facilmente. Ma se avesse
avuto la carta, a quel punto avrebbe azionare il saliscendi. Il
vento rinforzagitandogli i vestiti, minacciando di gonfiare
la sua giacca come una vela e staccarlo dal cornicione.
D'un tratto si ricord La tasca della giacca! Nella tasca
interna della giacca c'era il suo mazzo di carte segnate! La sua
via d'uscita, malgrado tutto!
Estrasse il mazzo di carte, le tirfuori dalla scatola e
lascicadere quest'ultima, abbandonandola al vento. Scart
con il pollice la prima carta e la insertra il vetro e la cornice
di legno. La fece ruotare leggermente e tir Il vetro parve
muoversi verso l'esterno.
A quel punto la carta si spezzquasi a mete perse ogni
efficacia.
Ernie la lasciveleggiare nella notte e scartla
successiva, piegandola leggermente in modo che inserendola
funzionasse come un piccolo uncino. Questa volta il vetro era
quasi fuori dalla cornice quando la carta si spezz Ernie la
buttvia e si rimise al lavoro, paziente, quasi ottimista.
Aveva altre cinquanta possibilit Le probabiliterano a suo
favore, adesso.
La decima carta, il re di quadri, riuscnell'intento. La
parte superiore del pannello si piegin avanti e il vetro
cadde, urtando il cornicione per poi precipitare e infrangersi
nella strada sottostante.
Con le gambe ormai scosse da un tremito incontrollabile,
Ernie fece tre passi di lato, strisciando, si aggrappalla
cornice della finestra e si lasciandare all'indietro,
piegandosi, verso l'interno della stanza.
Fu a quel punto che perse l'aggancio.
La gamba sinistra slittin avanti e la spalla urtcontro la
cornice di legno. Da entrambi i lati della finestra la forza di
gravitse lo contese per un attimo, mentre il suo cuore
tratteneva il grido che gli nasceva in gola.
Ricadde nella stanza, battendo la testa contro la cornice
del vetro superiore e schiantandosi sul pavimento. Un
singhiozzo di sollievo gli sfuggdalle labbra mentre cadeva,
scivolando nell'incoscienza.

Si svegliterrorizzato. Si rese conto che era ancora steso
supino sul tappeto logoro e consumato, sull'immobile, stabile
pavimento della sua stanza d'albergo, e il terrore lo
abbandon
Ma solo per un istante.
Davanti a lui c'era Carl Atwater che lo fissava,
fiancheggiato dai suoi sgherri.
Ernie fece per alzarsi, ma ricadde sul pavimento,
appoggiandosi sui gomiti. Scrutle facce dei tre uomini che
lo osservavano e fu sorpreso nel vedere un sorriso rilassato
sul volto astuto di Carl, e un'indifferenza assoluta su quello
dei suoi scagnozzi. - Senti, per quei mille dollari... -
cominci cercando di sfruttare la debole speranza
rappresentata dal sorriso di Carl.
- Lascia perdere, Ernie, vecchio mio - disse Carl, e si
chintendendogli la mano.
Ernie si aggrappa quella mano forte, ben curata, e si
rialz Era ancora debole, e andad appoggiarsi al tavolino. I
tre uomini lo seguirono con lo sguardo.
- Non mi devi piquei mille dollari - disse Carl.
Ernie era sbalordito. Conosceva Carl, rispettavano
entrambi le stesse regole, che non potevano essere infrante.
- Significa che cancellerai il mio debito?
- Io non cancello mai un debito - rispose Carl in tono
gelido. Incrocile braccia, senza smettere di sorridere. -
Diciamo che lo hai pagato. Quando ho saputo che ti eri
registrato all'Hayes, siamo venuti subito qui. Eravamo nel
palazzo di fronte dieci minuti dopo che ti era stata mostrata
la stanza.
- Vuoi dire tutti e tre?
- Tutti e quattro - lo corresse Carl.
A quel punto Ernie comprese. I due bestioni erano
professionisti: non gli avrebbero mai permesso di fuggire,
nemmeno temporaneamente, dalla finestra. Lo avevano
lasciato andare bloccandolo in un angolo in modo tale che
l'unica via di fuga fosse il cornicione. Era stata tutta una
messinscena. Dopo aver chiuso la finestra, i due avevano
raggiunto il loro capo dall'altra parte della strada. Ernie
sapeva chi doveva essere il quarto uomo.
- Sei fuori dai guai - gli disse Carl - perchho
scommesso mille dollari che avresti trovato il modo di venir
via da quel cornicione senza ammazzarti. - Ci fu un lampo
improvviso di autentica ammirazione nel suo sorriso,
curiosamente mescolata al disprezzo. - Ho puntato su di te,
Ernie, perchti conosco e ai ragazzi sei simpatico. Sopravvivi
in qualunque situazione. Sei il topo che riesce a scappare
dalla nave che affonda. O dal cornicione di un grattacielo.
Ernie ricomincia tremare, questa volta di rabbia. - Voi
mi stavate guardando dalla parte opposta della strada. Voi tre
e quel tipo con cui hai scommesso... Per tutto il tempo in cui
sono stato fuori voi siete rimasti a guardarmi per vedere se
cadevo.
- Non ho mai dubitato di te, Ernie - gli disse Carl.
Le gambe di Ernie stavano per cedere. Barcollando fece
qualche passo e si lascicadere sull'orlo del materasso. Era
stato a un passo dalla morte, e Carl era stato a un passo dal
puntare su un perdente. - Non scommettermai pi-
mormor - Sui cavalli, sulle partite di football, sulle ruote
della roulette, sulle elezioni politiche... su nulla! Sono
guarito, lo giuro!
Carl scoppia ridere. - Ho detto che ti conosco, Ernie.
Pidi quanto tu possa pensare. Ne ho sentita di gente come
te parlare in questo modo, centinaia di volte. Tornano sempre
a giocare, perchquesto che li tiene in vita. Devono
continuare a credere che girando una carta o gettando un
dado o lanciando una moneta le cose possano cambiare,
perchnon riescono ad accettarle come sono. Tu sei come
loro, Ernie. Ci rivedremo, prima o poi, e rivedranche il tuo
denaro.
Carl andverso la porta. L'uomo con la cicatrice lo aveva
preceduto, aprendogli la porta. Nessuno dei due bestioni
mostrava il minimo interesse per Ernie, ora. Avevano finito
con lui, e per loro ormai non contava pidi un qualunque
mobile della stanza.
- Abbi cura di te, Ernie - disse Carl, e uscirono tutti e
tre.
Per molto tempo Ernie rimase seduto a guardare il
pavimento. Ricordava perfettamente le sensazioni provate su
quel cornicione; quell'esperienza lo aveva definitivamente
cambiato, ne era sicuro. Gli aveva fatto mettere giudizio pi
di qualunque altra cosa al mondo. Carl si sbagliava se credeva
che Ernie non avrebbe smesso di giocare. Ernie lo sapeva
meglio di lui. Era un uomo nuovo, e migliore. Non parlava a
vanvera, come quegli altri. Carl si era sbagliato su di lui.
Ernie ne era certissimo.
Era pronto a scommetterci.

Norbert Davis
Omicidio in due atti
"Black Mask", dicembre 1937

Norbert Davis stato uno dei pochi autori pulp degli
anni Trenta e Quaranta a scrivere storie hard-boiled condite
di umorismo farsesco. Gli oltre cento racconti e romanzi
brevi che ha pubblicato su riviste come "Double Detective",
"Detective Fiction Weekly", "Detective Tales" e "Black Mask"
(dove apparve per la prima volta il racconto d'atmosfera che
qui riportiamo) sono pieni di ritmo e di azione, talvolta
poetici anche se in modo pungente, e spesso piuttosto
divertenti. Queste qualitcaratterizzano anche i suoi tre
romanzi, Mouse in the Mountain, Sally's in the Alley, e Oh,
Murderer Mine!, che narrano le strampalate avventure di
Doan, un detective privato amante della bottiglia che pare
grasso ma non lo e Carstairs, un impassibile cane danese
di color fulvo vinto da Doan in una partita a dadi.
B. P.

Brent era sul marciapiede della stazione con lo sguardo
alzato verso il controllore. Le luci della carrozza di coda ne
mettevano in risalto la mascella lunga e forte, la magrezza
spigolosa del viso. Gli occhi erano azzurro chiaro, infossati
sotto le folte sopracciglia. La bocca era larga, con labbra
sottili. I lineamenti erano bruschi, irregolari, e tuttavia dotati
di un loro fascino duro, arrogante.
- Ci siamo - disse. - Lo butti gi Faccia attenzione,
fragile. Badi di non romperlo.
Il controllore mollla presa e Fuller si tuff
elegantemente nel vuoto, abbandonandosi. Brent lo afferr
per le ascelle.
- Ciao - disse Fuller in tono vagamente soddisfatto,
senza aprire gli occhi.
- Addio - disse il controllore con enfasi. - Che
liberazione!
Brent gli fece un cenno col capo. - Grazie, altrettanto.
Il controllore agitla lanterna e la locomotiva trascinle
tre piccole carrozze fuori dalla stazione. Brent abbasslo
sguardo su Fuller.
- Coraggio - disse stancamente. - Tirati su, d'accordo?
- No - disse Fuller, con un sorriso estatico. Era piccolo
e magro. La faccia liscia e rotonda era paonazza, e i capelli
biondi gli pendevano sulla fronte. Teneva gli occhi chiusi e le
gambe molli, con le ginocchia piegate.
Si udun rumore di ferraglia sul marciapiede, e un uomo
si diresse verso di loro strascicando i piedi e spingendo un
carrello portabagagli. Si fermed esaminBrent e Fuller con
calma.
- 'Sera - disse serio. - Il suo amico mi sembra un po'
brillo.
- Lui? - fece Brent. - Oh, no. Non beve mai. Dev'essere
qualcosa che ha mangiato. Mi duna mano con queste? -
Accenncol capo alle due valigie di pelle posate sul
marciapiede.
Il vecchio appoggiil carrello contro il muro della
stazione. - Come no. Vuole un taxi?
- S per l'albergo.
Il vecchio raccolse i bagagli. - Venite, allora. Ira dentro
che dorme.
Li precedette nella sala d'aspetto della stazioncina. In un
angolo c'era una stufa panciuta e accanto era seduto un uomo,
appoggiato al muro, con il cappello tirato gisugli occhi.
Stava russando beatamente.
- Ira - disse il vecchio. - Ira, ci sono due tizi che
vogliono un taxi.
Ira smise di colpo di russare. - Taxi - disse con voce
impastata. Chiuse la bocca e tirindietro il capello, rivelando
un lunga faccia triste con gli zigomi alti e un lungo naso
inquisitore. OsservBrent e Fuller attentamente, poi fece un
cenno col capo.
- Sbronzo? - domand indicando Fuller.
- No - disse Brent. - Cammina nel sonno.
- Oh - fece Ira. Ci penssu tutto serio per un istante,
poi annu - Be', dicono che pucapitare,. Volete andare
subito in albergo?
- Entro il prossimo futuro - rispose Brent. Sempre
reggendo Fuller, gli fece cambiare posizione, per avere una
presa pisalda. - Se non troppo disturbo.
- Macch- disse Ira. - Nessun disturbo. Gli affari sono
affari. Andiamo.
Raccolse le valigie e Brent lo seguspingendo avanti il
compagno. I piedi di Fuller strisciavano pigramente sul
pavimento.
Il taxi di Ira era una grossa auto da turismo fuori moda.
La capotte era abbassata. Brent scaricFuller sul sedile
posteriore.
- Opl- disse Fuller rimbalzando sui cuscini.
Brent si sedette accanto a lui e lo mise a sedere. Ira
ammucchile valigie sul sedile anteriore ed entrin
macchina. Il motore si avvidi colpo, tossicchiando.
Ira giril volante, sollevando le spalle esili, e i fari
illuminarono il manto stradale formato da quindici centimetri
di sabbia mescolata a soffice polvere bianca. Una ventata
d'aria fresca investBrent, che si tolse il cappello e si passil
fazzoletto sulla faccia, con un sospiro esausto.
Davanti a loro si stendeva la breve strada principale,
illuminata dal bagliore pallido e fioco dei lampioni. Sulla
sinistra, i fari dell'auto mostravano un terreno abbandonato
invaso da alti cespugli bruni e polverosi. A Brent parve di
intravedere un'ombra scura e indistinta muoversi tra gli
arbusti, ma prima che potesse localizzarla o distinguerla, una
fiammata li invest come una sferzata di luce violenta. Nello
stesso istante si uduno schianto e la parte sinistra del
parabrezza esplose in una nuvola di frantumi di vetro.
Ira cacciun urlo terrorizzato e sparsotto il volante.
Brent spinse Fuller gidal sedile con il braccio sinistro e
contemporaneamente si sfilla grossa rivoltella dalla cintura,
puntandola oltre la portiera.
L'auto anda sbattere contro il marciapiede e fece un
balzo. Per un attimo le luci dei fari balenarono verso l'alto, e
Brent distinse una sagoma scura e sottile nel campo
abbandonato, ritta in mezzo ai cespugli alti fino alla vita. Gli
brillava nella mano un oggetto di metallo bluastro, e il volto
era una macchia bianca indistinta. Il raggio dei fari tornad
abbassarsi e la sagoma spar
Brent imprecsottovoce. Non osava fare fuoco. Non
sapeva cosa ci fosse in fondo al campo, e la sua rivoltella era
una .38-.40, abbastanza potente da perforare il muro di una
casa. Si protese in avanti e fece ruotare il volante. L'auto
ridiscese con un sobbalzo dal marciapiede. Brent agguant
Ira per una spalla e lo tirsu.
- Guida, maledetto! Portaci via da qui!
- S-spara! - mugolIra. - Qualcuno ci spara addosso!
- S e ci ha mancato - fece Brent infuriato. - Vuoi
rimanere piantato qui ad aspettare che ci riprovi?
- No! - replicIra energicamente. Afferril volante e il
rombo del motore divenne un urlo straziante.
L'auto avanzsobbalzando sulla strada accidentata. Brent
si inginocchisul sedile posteriore, la pistola puntata. Si
aspettava un altro sparo, e la tensione gli faceva accapponare
la pelle. Ma non accadde nulla. L'auto prosegu
beccheggiando lungo la strada angusta finchIra non anda
sbattere contro il marciapiede di fronte a un edificio in
mattoni basso e lungo, con un'insegna che recava la scritta
"Hotel". L'insegna aveva una cornice di neon rosso, ma il
volto di Ira era ugualmente livido di paura sotto quella luce,
mentre fissava Brent.
- Quel... quel tizio laggici ha sparato! Ha colpito il
parabrezza, proprio davanti a me.
- Se per questo, anche davanti a me - disse Brent. -
L'hai visto?
- No, non l'ho visto e neanche ci tengo a vederlo. E non
voglio avere piniente a che fare con voi. Questo l'albergo.
Adesso scendete, tutti e due. Fuori dai piedi.
- Con piacere - disse Brent. Uscdall'auto e chinandosi
afferrFuller per il bavero della giacca, trascinandolo fuori
sul marciapiede.
- All'attacco - annunciFuller allegramente, agitando le
braccia. Aveva ancora gli occhi chiusi.
- Piantala! - replicBrent, seccamente.
Ira scaraventle valigie fuori dall'auto. - Guarda! -
piagnucol - Guarda il mio parabrezza. Guardalo.
completamente distrutto. - Agitun dito ossuto verso Brent.
- E avrei potuto finire ammazzato, capisci? Quel proiettile
avrebbe potuto uccidermi!
- Non prendertela con me - osservBrent. - Non sono
stato io a sparare.
Ira lo guard - Questo non mi ripaga del parabrezza.
Brent gli allunguna banconota da cinque dollari. -
Questa forse s
Ira gliela strappdi mano. - Be'... Ma voi non avete il
diritto di farvi sparare addosso quando siete in giro con me. E
non vi azzardate pia salire sulla mia macchina! Nemmeno
per dieci dollari! Capito?
- D'accordo - disse Brent.
Ira deglut - Senti, secondo te quel tizio qui nei
paraggi, da qualche parte?
- Certo - fece Brent. - Probabilmente nascosto dietro
l'insegna di quel barbiere, dall'altra parte della strada. Sar
meglio muoversi prima che ricominci a sparare.
Ira si guardintorno nervosamente. Afferrla leva del
cambio e l'auto si allontanballonzolando, con un improvviso
stridio di lamiera.
Brent si era infilato di nuovo la grossa .38-.40 nella
cintura ma teneva la mano destra sotto la giacca, sfiorandone
l'impugnatura. Con il braccio sinistro sosteneva Fuller, e il
suo sguardo era fermo, vigile, guardingo.
Dopo un po' comincia indietreggiare lentamente lungo
il marciapiede. Sempre procedendo a ritroso, saldue logori
gradini in cemento e aprla porta dell'albergo con la spalla.
Entre richiuse la porta con circospezione. Sentla tensione
allentarsi un poco, e respira fondo. Fuller gli si affloscisul
braccio.
L'atrio era piccolo e quadrato, e aveva un aspetto
polveroso e trasandato. Non c'era anima viva in giro.
- Ehi! - gridBrent.
Una testa affiorlentamente dalla sommitdel bancone.
Era rotonda, bianca, lucida e calva, con occhiettini rossi
sprofondati nelle pieghe di grasso candido e burroso.
- Prego? - disse la testa stizzosamente.
- Vogliamo una stanza - fece Brent. - Me lo tenga
d'occhio per un attimo - aggiunse, abbandonando Fuller su
un lungo divano ricoperto di una stoffa rossastra.
Tornalla porta e la socchiuse. Dopo aver osservato per
un attimo la strada deserta, schizzfuori e recuperle due
valigie che Ira aveva buttato sul marciapiede, poi rientr
nell'atrio con i bagagli in mano e richiuse la porta alle sue
spalle con un calcio.
- Vorremo una doppia con bagno - disse.
Ora la testa si era sollevata oltre il piano del bancone,
mostrando un torace tozzo infilato in un'ampia camicia di
seta rosa pallido. L'uomo era appoggiato con tutto il suo peso
sui gomiti grassocci e guardava Fuller.
- ubriaco - disse in tono accusatorio, indicandolo.
- Oh, no - assicurBrent. - in trance. L'ho appena
ipnotizzato.
- ubriaco - ripetil ciccione, tutt'altro che convinto.
Brent sospir - Vogliamo star qui a discutere, o si pu
avere una stanza?
Il ciccione april registro con un gesto brusco. - Va
bene. Ma non tollero comportamenti indecenti in questo
albergo. Sia chiaro. Questo un posto rispettabile. E fate in
modo di firmare con il nome vero.
- Non ricordo come si scrive - disse Brent. - Posso
firmare con il numero che mi hanno dato in galera l'ultima
volta?
Senza aspettare risposta, si impadrondel registro, prese
una penna sbocconcellata e scrisse: "James Brent, New York.
Hugh Fuller, New York".
Il ciccione esaminentrambi i nomi con aria sospettosa.
- Bene - disse infine. - Ma ricordatevi, niente scandali.
Non li tollero. - Girintorno al banco con le sue gambette
corte, infilate in un paio di calzoni bianchi di tela tesi fin
quasi a scoppiare. - Venite. - Afferrle due valigie e le
sollevcon cautela.
Brent recuperFuller dal divano e seguil ciccione sulla
passatoia consumata fino alle scale, poi su per i gradini e
infine lungo un corridoio stretto e buio. Il ciccione apruna
porta ed entr accendendo la luce.
- l'unica doppia che ho. Non viene usata spesso.

Era una stanza piccola, quadrata, calda, con l'aria che
sapeva di chiuso e di muffa. Sul soffitto la carta da parati era
chiazzata di macchie brune e irregolari lasciate dall'acqua.
C'erano due lettini striminziti, un paio di sedie con lo
schienale rigido, un cassettone dipinto di bianco e un enorme
guardaroba dalla foggia antiquata che occupava, con la sua
mole sgraziata e grottesca, un intero angolo della stanza.
- Il bagno - disse il ciccione. Apruna porta e accese
un'altra luce.
Brent sistemFuller sul letto e tirfuori il portafoglio. -
Va bene. Ora vorrei del ghiaccio.
- Eh? - fece il ciccione.
- Ghiaccio. Acqua congelata, ha presente? Voglio una
bacinella piena di blocchi di questa dimensione. - Chiuse la
mano a pugno per fargli vedere.
- Sta bene - disse il ciccione. Prese la banconota da un
dollaro che Brent gli porgeva e uscdalla stanza sbattendo la
porta.
Brent andin bagno e riempla vasca d'acqua per met
poi tornin camera e comincia svestire Fuller. Qualcuno lo
interruppe bussando alla porta. Era il ciccione con la
bacinella piena di pezzi di ghiaccio.
Brent la prese e gli chiuse la porta in faccia. Portil
ghiaccio in bagno, lo rovescinella vasca, rimescolper un
attimo, poi tornindietro e findi svestire il compagno.
Nudo, a una prima occhiata Fuller pareva magro,
mingherlino, quasi un ragazzo. Ma uno sguardo piattento
rivelava che sotto quella magrezza si nascondeva una
muscolatura armoniosa. L'uomo era di corporatura esile, ma
rapido e sorprendentemente forte.
Brent esamincon interesse la cintura che Fuller portava
in vita. Era la prima volta che ne vedeva una simile, e ne era
incuriosito. Aderiva perfettamente al corpo, senza creare
alcun rigonfiamento sotto gli abiti di Fuller quando era
vestito. Il rivestimento esterno era in morbida pelle nera.
Brent sapeva che sotto c'era una trama formata da strisce
sottili e flessibili di acciaio cromo, intrecciate fra loro. Sotto
l'acciaio c'era uno strato di pelle scamosciata per proteggere i
gioielli affidati a Fuller. La cintura aveva una chiusura sul
davanti, lunga circa dieci centimetri. Era anch'essa di acciaio
cromo ed era inserita nelle strisce di metallo sottostanti. In
mezzo c'era un buchino piatto, per la chiave. Brent raccolse i
pantaloni di Fuller e tastil risvolto della gamba destra
finchnon individula piccola massa piatta della chiave,
cucita dentro.
La cintura era un'ingegnoso ritrovato a prova di ladro.
Era troppo piccola perchla si potesse sfilare dalle spalle o
dai fianchi di Fuller, ed era impossibile perforarla.
Senza togliergliela di dosso, Brent fece alzare Fuller, lo
trascinin bagno e lo depose delicatamente nella vasca.
Fuller continua russare beatamente. Brent lo sistemin
modo che non scivolasse e lo lasciseduto ltornandosene in
camera.
Si tolse la giacca e il gilet e li gettin fondo al letto. Era
stanco morto, le braccia e le spalle gli dolevano a forza di
trasportare Fuller. Aprla sua valigia e ne estrasse una
bottiglia di scotch. La sollev la scosse per controllare
quanto ne era rimasto, poi ne buttgiun sorso e rimase
seduto immobile per un attimo, a rilassarsi.
Improvvisamente dal bagno giunse un rumore d'acqua
che schizzava. Fuller grid un urlo agghiacciante che fece
tremare i quadri alle pareti. Brent non ci bade si accese una
pipa tozza, piuttosto malconcia.
Le urla continuarono, e anche gli schizzi. Di colpo Fuller
comparve sulla soglia del bagno, saltellando su e giin preda
a violenti brividi.
- Tu... tu - strillin modo sconnesso. - Che diavolo ti
venuto in mente?
- Ne avevo abbastanza di te - disse Brent. - Ti ho
scarrozzato per due giorni e due notti. Ho bisogno di riposo.
Fuller scomparve e tornpoco dopo con un asciugamano
in entrambe le mani. Cominciad asciugarsi, sfregando
energicamente. Ora aveva un'espressione allegra sul volto.
- Be', almeno mi sono divertito.
- Io no - disse Brent.
- Mi spiace - disse Fuller. - Che ne dici di un drink?
- No -disse Brent. Buttgiun'altra sorsata di scotch,
tappla bottiglia con cura e la rimise nella valigia. - Devi
rimanere sobrio per un po', ora, almeno finchnon avrai
venduto a qualcuno quei diamanti.
Fuller diede un colpetto alla cintura che portava in vita,
si accese una sigaretta e si sedette sul letto. - Non
preoccuparti, amico. Quando mi sarliberato di queste
creaturine che porto nella cintura, tu e io ci daremo alla
pazza gioia.
- Grazie del pensiero - disse Brent. - Ma io far
baldoria da solo. Sei un po' troppo faticoso per me.
Un'improvvisa raffica di colpi si abbattsulla porta della
stanza.
Brent si voltdi scatto. - Chi - domand estraendo
la .38-.40 dalla cintola.
- Aprite, in nome della legge! - disse una voce
stentorea, minacciosamente.
Fuller sgrangli occhi azzurri e fissBrent. - Che... -
sussurr- che significa?
Brent scosse il capo. - Non lo so. Rispondi. Spalanca la
porta e poi togliti di mezzo.
Fuller annu riluttante, si alze si avvicinin punta di
piedi alla porta. Poi di colpo la spalanc appiattendosi
contro il muro.
Brent era rimasto seduto sul letto, il grosso revolver
stretto in pugno. - Accomodatevi - disse. - Ma non fate
confusione. Sono un po' nervoso. - Il cane della pistola fece
uno scatto metallico.

Era evidente che tutti e tre gli uomini sulla soglia
avrebbero preferito essere altrove. Quello davanti era piccolo
e sottile, con le gambe arcuate. Portava un cappello nero a
tesa larga e una lunga giacca nera, e i pantaloni erano infilati
in alti stivali impolverati. Il volto era grigiastro, come se
anch'esso, come gli stivali, fosse coperto di polvere. Gli occhi
slavati fissavano la pistola di Brent con attonita sorpresa.
Alle spalle dell'omino, pigiati nel tentativo di nascondersi
dietro il suo corpo esile, c'erano Ira il tassista e il ciccione
proprietario dell'albergo.
- Accomodatevi - ripetBrent.
L'omino agitle mani, come se non sapesse bene cosa
farne. - Sono... sono il capo della polizia cittadina. Mi
chiamo Lapswich. - La sua voce non era pistentorea, e
tantomeno minacciosa. Dal tono e dall'espressione pareva
mortificato.
- Felice di conoscerla. Mi chiamo Brent, e il signore in
mutande laggiHugh Fuller. I suoi amici li abbiamo gi
conosciuti.
- Be' - disse Lapswich, affacciandosi lentamente oltre la
soglia con lo sguardo puntato sulla pistola di Brent - Ira, qui
presente, venuto a raccontarmi che qualcuno ha sparato a
lui, o a voi, o a chisscosa mentre venivate via dalla stazione.
Siamo venuti a trovare Dade - fece un cenno per indicare il
ciccione - e mentre parlavamo con lui abbiamo sentito delle
urla spaventose e siamo saliti.
- Il mio amico stava facendo il bagno - disse Brent. -
Urla sempre quando fa il bagno. Ha paura dell'acqua. Evita
persino di berla, vero Fuller?
- Certo - disse Fuller rapidamente. - Ora ascolta,
Brent, se questo signore un poliziotto, non il caso di
minacciarlo.
- Se - osservBrent in tono eloquente. - Puprovarlo?
- Ci puscommettere! - disse Lapswich. Piegil
risvolto della giacca con gesto disinvolto mostrando un grosso
distintivo metallico. - E puchiedere a Dade, a Ira, a
chiunque.
Brent sorrise e buttla rivoltella sul letto. - Mi scusi se
sono cossospettoso ma, vede, Fuller ha addosso un quarto di
milione di dollari in diamanti, e io sto proteggendo lui e loro.
I tre uomini si girarono all'unisono a guardare Fuller.
- Un quarto di milione! - esclamDade, sgomento.
- Diamanti - fece Ira. - Oh, cribbio.
Fuller annuallegramente. - Proprio qui. - Battsulla
cintura di cuoio che aveva in vita. - Volete vederli?
- No! - intervenne Brent. - Non devi mostrarli a
nessuno tranne che all'uomo che vuole acquistarli.
- No, no - concordLapswich precipitosamente. -
Meglio di no! Duecentocinquantamila dollari, accidenti!
Menomale che non me ne devo occupare io! Chi... chi ha
intenzione di comprarli?
- Uno che si chiama Carruthers - rispose Fuller.
Ira, Dade e Lapswich si guardarono l'un l'altro,
sgranando gli occhi.
- Caspita! - fece Lapswich. - Eli Carruthers, eh?
- Perbacco! - fece eco Ira. - Guarda, guarda.
- Che diavolo li compra a fare, il vecchio? - si chiese
Dade. - Per sua figlia, ci scommetto.
- Nient'affatto - rispose Fuller. - un investimento.
- Cavoli - disse Ira, ancora sgomento. -
Duecentocinquantamila dollari. Sono un mucchio di soldi.
- Te l'avevo detto che ce li aveva - fece Dade, scuotendo
la testa pelata. - Ti ricordi, Ira, proprio l'altro giorno ti dissi
che il vecchio Eli, quel maledetto spilorcio, doveva averne un
bel po' da parte.
Lapswich gettun rapido sguardo a Brent. - Ehi! Quel
tizio che ha sparato a voi e Ira! Scommetto che stava tentando
di portarvi via i diamanti!
Brent scosse il capo. - No, non credo. Non avrebbe agito
in quel modo. Probabilmente non puntava neanche a me o a
Fuller. Si ricordi che c'era anche Ira in quella macchina.
- Ira? - ripetLapswich, incredulo.
- Certo. Forse qualcuno ce l'ha con lui. Hai dei
concorrenti nel settore, Ira?
- Stronzate - fece Dade. - Solo Ira cosstupido da
mettersi a fare il tassista da queste parti.
- Proprio cos- concordIra, senza far caso
all'argomentazione. -Mi vogliono tutti bene.
- Be', statemi a sentire, adesso - intervenne Lapswich,
serio. - Non voglio che veniate rapinati proprio qui. Non
voglio assolutamente. Tutti i grossi giornali di cittsi
farebbero beffe di me, direbbero che sono un poliziotto di
campagna e finirei per perdere il lavoro, probabilmente. -
Fece una pausa, poi prosegu - meglio che tenga sotto
controllo la situazione.
- Grazie mille - gli disse Brent.
Lapswich si raddrizze assunse un aria ufficiale. -
Comincercol dare una bella occhiata a questa stanza, per
assicurarmi che non ci sia nascosto nessuno in agguato. Non
si pumai sapere, con questi criminali che vengono dalla
citt Sono furbi, circospetti.
- Faccia pure - concesse Brent. - Ah, se vede degli
elefanti rosa che passeggiano sul soffitto, non ci faccia caso.
Sono di Fuller. la sua collezione di allucinazioni. Se le porta
dietro nella bottiglia.
Lapswich guarddiligentemente sotto i letti e controllil
bagno. Sollevle tendine alle finestre e ne controllla
chiusura con un aria di compassata efficienza.
- Cos'quell'affare? - domandimprovvisamente
indicando l'immenso, assurdo guardaroba.
- Non me lo chieda - disse Brent.
- per appenderci i vestiti - spiegDade. - L'ho messo
qui perchin questa stanza non c'era l'armadio.
Lapswich armeggicon il fermo della porta, finchnon
riusca sganciarlo. Diede uno strappo, e una delle grosse
porte intagliate si apr Il poliziotto rimase limbambolato,
con la mano ancora tesa, finchdalla sua bocca non uscun
suono stridulo e inarticolato.
- Oh - fece Ira, con voce tremula.
Fuller trattenne il fiato, e Brent si protese per prendere la
sua grossa Colt, con tutta calma.
- la signora Miller - disse Dade stupidamente. - Ma
questa non la sua stanza. Insomma, non dovrebbe proprio
essere qui.
La donna era appoggiata sul fondo del guardaroba, con le
ginocchia piegate mollemente. La testa era girata da un lato,
il viso era rivolto verso il muro. Se ne stava lsenza fare il
minimo movimento, e a tutta evidenza era decisamente
morta.
Bionda, non molto alta, con un fisico snello e diritto,
doveva essere stata graziosa, anche se era difficile dirlo ora
con certezza perchil volto, ridotto a una macchia purpurea,
era terribilmente devastato.
Indossava un pigiama di seta verde. L'assassino le aveva
sfilato le braccia dalle maniche della giacca, aveva annodato
le maniche l'una all'altra e le aveva appese a uno dei ganci del
guardaroba. Cimanteneva la donna in quella spaventosa
posizione, con la giacca del pigiama arrotolata intorno al
collo. Era stata pugnalata tre volte, al cuore. Le ferite erano
piccole fessure brune sul morbido candore della pelle.
- Visto? - gridDade improvvisamente. - Ve l'avevo
detto! Ve l'avevo detto che erano dei poco di buono! L'hanno
ammazzata, ecco cos'hanno fatto! Era lei che gridava! Ve
l'avevo detto!
- Si pusapere che diamine sta succedendo ora?
Tutti coloro che si trovavano nella stanza si voltarono
verso l'uomo che aveva parlato. Era sulla soglia e aveva uno
sguardo feroce. Era un tipo basso, con i piedi nudi e solo una
camicia da notte addosso, coscorta da lasciare scoperte le
ginocchia nodose e i polpacci sottili e pelosi. I capelli ispidi e
brizzolati erano ritti sulla testa, e il volto ossuto era piegato
in una smorfia di risentita indignazione.
- Voglio una risposta! - url - Sto parlando con lei,
Dade! Pago il conto regolarmente ed esigo un po' di rispetto
in quest'accidenti di posto. Non sa che la mia stanza proprio
qui sopra? Non pensa che qualche volta abbia bisogno di
dormire? Anche se sono un medico non creda che mi diverta a
star sveglio tutta la notte ad ascoltare degli stronzi che
ululano come iene qua sotto!
Dade agitle braccia per bloccare quello sfogo. - Dottor
Ralph, guardi! La signora Miller... morta! Laggi
Assassinata!
- Chi la signora Miller? - domandRalph, ancora
irritato.
-Quella della 203, si ricorda?
- Oh! - disse Ralph. - Quella. Non mi meraviglia. Chi
stato?
- Loro - disse Ira, indicando Fuller e Brent. - Loro due.
- Io no! - gridFuller, in preda al panico.
Ralph lo fiss poi spostlo sguardo su Brent, prendendo
debita nota del grosso revolver che teneva con aria
noncurante in grembo. - Bene - disse - la signora dov'
- Ldentro - rispose Lapswich, indicandola.
- E cosa ci fa l Tiratela fuori!
- Io? - fece Lapswich, interdetto.
Brent si alz infilandosi di nuovo la pistola nella cintola.
- Le do una mano. Coraggio.
Insieme sciolsero le maniche annodate del pigiama,
estrassero la donna dal guardaroba e la distesero con cura su
uno dei letti. Ralph si chinsu di lei per un istante e poi si
raddrizz scrollando le spalle con indifferenza.
- morta, ma questo credo lo sappiate gi Uccisa
all'istante da tre pugnalate che hanno tutte raggiunto il
cuore. morta da almeno ventiquattr'ore.
- Ventiquattr'ore! - ripetDade, incredulo. - Ma non
possibile! Loro sono appena arrivati!
Ralph lo fiss - Ho detto che morta da almeno
ventiquattr'ore. Se crede di essere pibravo di me a valutare
il fenomeno del rigor mortis, si accomodi.
- No, no - fece Dade precipitosamente. - Non
intendevo... Ma loro sono arrivati soltanto stasera. Col treno
delle 23.02.
- Quindi non l'hanno uccisa loro - disse Ralph. -
stata assassinata ieri notte all'incirca a quest'ora.
- Eravamo sul Limited ieri notte - intervenne Brent con
calma. - Possiamo provare facilmente che eravamo le che
siamo rimasti sempre sul treno.
- cos Dade - Lapswich cercdi fare da paciere. -
Vedi, ti sei fatto un'idea sbagliata su questi signori.
Dade era restio ad ammetterlo. - Va bene, va bene, pu
anche darsi.
- Se non vi fidate della mia parola - disse Ralph -
potete chiamare il medico legale e chiederglielo. un idiota,
e non dovrebbe essergli concesso di praticare la scienza
medica su organismi picomplessi di una lucciola, ma
persino lui in grado di dirvi che ho ragione.
- Ma certo - assicurLapswich. - Sappiamo che ha
ragione, dottore. E ci scusiamo con voi, signor Brent e signor
Fuller. Vedete, eravamo un po' eccitati e...
Brent sorrise. - Non parliamone pi Da quanto tempo
era qui?
- Una settimana pio meno - rispose Dade. - Mi deve
il conto della stanza e di tutti i pasti. Spero che abbia lasciato
dei soldi.
Un telefono trillenergicamente da qualche parte, due
squilli brevi e due lunghi.
- il tuo telefono, Dade - lo informIra.
Dade assentcon la testa pelata. - Gi Mi chiedo cosa
vogliano a quest'ora della notte. - Trotterellfuori dalla
stanza con le sue gambette tozze e grassocce. Un attimo dopo
era di ritorno, ansimante. - per lei, signor Fuller.
Fuller tirfuori un accappatoio dalla valigia e si avvi
verso la porta.
- Non cosin fretta - gli intimBrent. - Vengo anch'io.
Non ho intenzione di perderti d'occhio finchnon avr
portato a destinazione te e i diamanti.
Lo segunel corridoio, poi ginell'atrio che sapeva di
chiuso. Il telefono era attaccato al muro accanto al banco.
Fuller sollevil ricevitore.
- Pronto - disse. - Sono Fuller.
Brent avvicinl'orecchio alla cornetta e riusca sentire la
voce aspra e stridula di un uomo.
- Parla Eli Carruthers.
Fuller alzle sopracciglia in direzione di Brent. - Oh,
gi come sta signor Carruthers? un piacere risentirla.
- Lasci perdere. Voglio che venga a casa mia ora,
immediatamente. Trovi una macchina o un taxi. Voglio
concludere l'affare il piin fretta possibile.
Brent scosse la testa energicamente e indica Fuller la
vecchia sveglia posata sul banco.
- Be' - disse Fuller al telefono - un po' tardi, signor
Carruthers, e non pensavo di...
- Voglio concludere l'affare adesso!
- Certo - rispose Fuller. - Arrivo immediatamente.
Grazie per aver chiamato, signor Carruthers. - Riattacc
- Cosa ti viene in mente? - domandBrent. - Non sai
che gil'una passata! Non mi va di andare in giro a
quest'ora con quei diamanti. Perchnon hai rimandato?
Fuller alzle spalle. - Ci ho provato. Ma ti assicuro che
un vecchio testardo e intrattabile. Non serve a nulla discutere
con lui.
- Non mi piace - disse Brent. - Si corrono dei rischi
inutili. Poteva benissimo aspettare fino a domani mattina.
Fuller si picchiettil ventre. - Di cosa ti preoccupi,
Brent? Quei diamanti sono perfettamente al sicuro nella mia
cintura. Nessuno putogliermela senza la chiave, a meno che
non mi tagli in due.
Brent annulentamente. - Il che non del tutto
impossibile, come sai.

Ira si era rifiutato energicamente e categoricamente di
accompagnare Brent e Fuller in qualsiasi posto, ma aveva
acconsentito a noleggiare il suo taxi. Brent era al volante ora.
Il motore rombava affaticato mentre l'auto si arrampicava su
per la salita ripida e piena di curve. Il vento, freddo e
impetuoso, soffiava attraverso il parabrezza distrutto
portando con scon l'odore acre e salmastro dell'oceano.
Brent era chino in avanti, le mani serrate sulla sommit
del volante, ed esaminava con precauzione qualunque cosa
venisse inquadrata dal bagliore oscillante dei fari. Fuller si
era allungato comodamente dietro di lui, con la testa gettata
all'indietro sul sedile.
- Quante stelle stanotte! - disse con noncuranza. - E
come brillano! Quasi come le creaturine che ho qui nella
cintura.
- Gi- fece Brent. Il suo volto magro era teso. Pareva
preoccupato, stanco, inquieto.
La strada ghiaiosa continua salire facendo un'altro
tornante. Questo breve tratto della costa era freddo, roccioso,
proibitivo. Alte scogliere spazzate dal vento si stagliavano a
picco sul mare.
- Tra poco salirla nebbia - disse Fuller. - Sta
arrivando dall'oceano. Fa costutte le notti, pio meno a
quest'ora. Che razza di clima.
Alla svolta successiva furono in cima alla collina. La
strada qui seguiva pida vicino la linea della costa, e l'odore
del mare era piintenso; nonostante il rombo del motore
Brent riusciva a distinguere il ruggito delle onde che si
infrangevano sulle rocce piin basso, nell'oscurit
- Gira alla prossima curva - lo avvisFuller. - C'un
vialetto che sale sulla destra.
Brent svolte l'auto si infilin una strada stretta con
brusche salite e discese.
- L- disse Fuller. - La vedi?
C'era qualche debole sprazzo di luce alle finestre, e la
casa era tozza, squallida e sgradevole contro il cielo scuro e
nebbioso. Gli arbusti rachitici e gli alberi che la
contornavano, piegati dalla costante, immutabile furia del
vento, parevano accentuare la sua sinistra desolazione. L'auto
si fermaccanto ai gradini dell'ingresso.
- Un posticino allegro, non trovi? - chiese Fuller. - Mi
chiedo perchmai si ostini a vivere qui. Dev'essere uno
spasso per sua figlia. una ragazza graziosa, per inciso, ma
di quelle con la puzza sotto il naso, o forse semplicemente
non le piacciono i piazzisti. Di sicuro non ho suscitato una
grande passione in lei. Andiamo.
Il rumore del mare era un cupo, spaventoso brontolio,
come il mormorio di un gigante. Il vento li investiva con
raffiche rapide e impetuose. Si avviarono verso la porta,
mentre la sabbia fine strideva sotto i loro passi, e Fuller
busscon il battente di bronzo. Sopra di loro brilluna luce
improvvisa. Qualcuno socchiuse la porta, cautamente, poi la
spalanc
- Salve, signor Carruthers! - esclamFuller in tono
gioviale. - Eccoci qui.
- Chi c'con lei?
- Si chiama Brent - spiegFuller con naturalezza.
- Cosa ci fa qui? Chi le ha dato il permesso di portarselo
dietro?
L'uomo era incredibilmente alto e magro, con le spalle
esili piegate in avanti in modo bizzarro. Il viso era giallastro
e sudato, con un aspetto malsano. La bocca era un solco
diritto, senza labbra, e le guance flosce erano attraversate da
profonde rughe semicircolari. Gli occhi spalancati erano cos
gelidi e privi di espressione da sembrare di vetro.
- Non l'ho portato io - disse Fuller. - venuto e basta.
Brent, ti presento il signor Carruthers.
Brent fece un cenno col capo. - Piacere.
- Se ne vada - esclamCarruthers. - Vada via di qui. Io
tratto con il signor Fuller e con nessun altro. Non voglio che
qualcuno ficchi il naso nei miei affari. Non sono disposto a
tollerarlo.
- Aspetti un attimo - suggerBrent. - Si calmi. Non ho
intenzione di interferire con i vostri affari. I diamanti che ha
addosso Fuller, quelli che vuole venderle, sono assicurati per
il loro intero valore. Io sono un agente speciale ingaggiato
dalla compagnia di assicurazione per proteggere Fuller e le
pietre, cosa che la compagnia ha tutto il diritto di fare. una
clausola del contratto, e i superiori di Fuller l'hanno
accettata.
- Ridicolo - disse Carruthers, aggressivamente. - Fuller
non era in grado di badare a se stesso? Che razza di venditore
di diamanti si pusapere?
- Sia ragionevole - replicBrent. - Non le daralcun
fastidio. Il mio compito era portare a destinazione Fuller e i
diamanti sani e salvi. Ed quello che ho fatto.
Carruthers alzle braccia ossute. - D'accordo, d'accordo.
Immagino che non ci sia niente da fare, ma io voglio trattare
con Fuller e non con una compagnia di assicurazione.
- Per me va bene - disse Brent. - Mi parcheggi da
qualche parte qui in giro e tratti pure con Fuller finchnon
soddisfatto. Personalmente me ne frego se le vende quei
diamanti anche solo per un dollaro. Non sono affari miei. Io
devo solo accertarmi che nessuno li rubi, almeno finchla
proprietnon passata a lei. Avanti, tratti pure con Fuller.
Carruthers lo guardper un attimo con gli occhi sbarrati.
- Va bene, accomodatevi.
Brent e Fuller entrarono in un atrio angusto, dai soffitti
alti, illuminato da una lampadina schermata che pendeva da
una lunga catena. In quel momento la lampadina oscillava
spinta dalle raffiche di vento che penetravano dalla porta
aperta, proiettando ombre furtive che strisciavano
silenziosamente negli angoli bui.
- Da questa parte - disse Carruthers, indicando una
porta.
Entrarono in una stanza lunga e bassa dall'aspetto
inaspettatamente confortevole e moderno, con comode
poltrone in pelle e un ampio divano. All'estremitopposta
della stanza c'era un grosso caminetto in pietra annerito dal
fumo in cui brillava e crepitava la fiamma.
- Mia figlia - disse Carruthers. - Conosci giil signor
Fuller, mia cara. E questo il signor Brent, un detective
incaricato di proteggere i diamanti.
Era una ragazza alta, diritta, slanciata e vigorosa. I
capelli biondi, leggermente schiariti dal sole, erano pettinati
morbidamente all'indietro, e lasciavano scoperta la fronte
alta e spaziosa. Indossava una maglia senza maniche e una
gonna corta di lana. I lineamenti erano regolari, molto
spaziati, lievemente arroganti, ed esprimevano una placida
sicurezza. La ragazza fece un cenno distaccato a Fuller. -
Piacere - disse a Brent.
- Quello il mio studio. -Carruthers indicuna porta su
un lato della stanza. - Se volete scusarci, il signor Fuller e io
andiamo di la concludere il nostro affare.
Brent riusca intravedere quasi tutto l'interno della
stanza indicata da Carruthers. Era piccola, e alle pareti erano
allineati gli scaffali di una libreria che arrivava fino al
soffitto. C'era un'ampia, lucida scrivania su cui era posata
una lampada da lettura.
Carruthers fece un cenno brusco alla figlia. - Per favore,
Joan, intrattieni il signor Brent per qualche minuto.
Entrcon Fuller nello studio e la porta si richiuse
silenziosamente dietro di loro.

- Non vuole sedersi? - domandla ragazza a Brent.
Lui annue si accomodsul divano con un breve sospiro,
tendendo le mani verso il tepore luminoso del fuoco. La
ragazza era seduta un po' lontana dal caminetto, e le ombre le
frugavano il viso con le loro dita nere e indistinte.
- Le va un drink? Whisky e soda? - chiese con
noncuranza.
- Grazie - rispose Brent. - Solo un dito.
Cercava di concentrarsi sul brusio che proveniva dallo
studio, ma non riusciva a distinguere le parole. Era inquieto e
nervosamente cercun'altra posizione sul divano, mentre la
ragazza si avvicinava con passo agile e aggraziato al tavolo su
cui erano disposti i bicchieri e la caraffa d'argento.
- Suo padre ha un viso che mi parso familiare - disse.
- Ah s
- Gi Somiglia a qualcuno che conosco, probabilmente.
vissuto sempre qui?
- No - rispose lei.
- Era in affari da qualche altra parte? - domandBrent.
- S
- E dove?
- In molti posti - fece lei.
- Che tipo di affari?
Lei gli porse un bicchiere.
- Mio padre ha detto che lei un detective, giusto, signor
Brent? Dev'essere una vita interessante. E anche rischiosa,
immagino.
- Pucapitare - rispose Brent - specialmente quando si
stupidi come me. Di cosa di occupava suo padre?
- Aveva molti interessi. Va bene il suo drink? Io non
bevo, ed un po' difficile per me indovinare le dosi esatte.
- perfetto - disse Brent. Non l'aveva neanche
assaggiato. - Che tipo di interessi?
Lei inarcle sopracciglia. - Prego?
- Che tipo di interessi aveva suo padre? - ripetBrent
pazientemente.
La ragazza si alz - In veritnon lo so. Non mi mai
parso abbastanza interessante da chiederglielo. Cose
piuttosto noiose, immagino. Se adesso mi vuole scusare per
un attimo, devo fare una telefonata.
Senza aspettare la risposta, uscdalla porta per la quale
erano entrati i due ospiti. Brent rimase seduto a fissare il
fuoco, preoccupato. Un attimo dopo alzlo sguardo verso il
brutto orologio appeso sopra il caminetto. Erano appena
passate le due e Brent pensalla scusa della telefonata. Diede
un'occhiata alla porta dello studio. Il debole mormorio
all'interno era cessato, e questo lo impensier
Torna guardare nella direzione in cui era sparita Joan
Carruthers, tendendo l'orecchio. Si udiva solo il sibilare
soffocato del vento all'esterno, e il fruscio spettrale della
sabbia contro le assi spoglie del porticato. Dopo un istante,
poscon cautela il bicchiere sul pavimento e si alz
Con passi brevi e silenziosi si diresse verso la porta dello
studio. Era a metstrada quando tutte le luci si spensero. Fu
come se una spessa benda nera gli fosse calata d'improvviso
sugli occhi. Non vedeva pinulla, e azzardqualche passo da
un lato, annaspando d'istinto nel buio per riprendere
l'equilibrio.
Si udil secco tintinnio di un vetro, poi tre detonazioni
secche, violente. Brevi fiammate ammiccarono verso di lui
dalla finestra accanto al caminetto. Brent sentle pallottole
conficcarsi nel muro alle sue spalle, e una di esse gli sfioril
viso cosda vicino che ne percepl'alito freddo e istantaneo al
passaggio. Sotto il portico risuonarono dei passi frettolosi.
Brent estrasse il revolver e andverso la finestra.
Ruzzolsu una sedia, si raddrizze si inginocchidavanti al
vetro infranto, sbirciando fuori. Sulla sabbia bianca individu
una figura vaga, scura e dai contorni indistinti che si
precipitava giper la collina. Brent fece fuoco una volta, e la
figura spar magicamente inghiottita dalle ombre degli
arbusti rinsecchiti.
Brent si volte attraversdi nuovo la stanza, a tentoni.
Urtcon le ginocchia contro il divano, poi ritrov
l'orientamento e si diresse verso la porta dello studio. Si
gettcontro di essa con una spallata, alzla rivoltella e con
la canna battun paio di colpi sul pannello.
- Fuller! - chiam - Fuller! Carruthers!
La sua voce risuona vuoto, e lui imprec
silenziosamente, , brancolando in cerca della maniglia. La
trov e la fece girare senza difficolt silenziosamente. La
porta si spalanc
Non c'era luce nello studio, coscome in soggiorno, e
Brent rimase rannicchiato sulla soglia, lanciando occhiate
furtive, cercando di distinguere qualcosa nell'oscurit
- Fuller - disse.
Si frugin tasca e trovun cerino. La fiamma vacill
dorata e brillante. Brent sollevil cerino sopra la testa. Si
aspettava uno sparo, qualcosa, e d'istinto si irrigid
Lo studio era vuoto. Non c'era traccia di lotta. I mobili
erano disposti esattamente come prima. C'erano due sedie
vuote ai due lati della scrivania, e uno schizzo opaco sulla sua
superficie lucida.
Brent abbasslentamente il cerino. Vide che lo schizzo
era formato da piccole macchie rotonde rosse e vischiose. Era
sangue.
Il cerino gli brucile dita, e lui lo lascicadere. Aveva
individuato la posizione della finestra dietro la scrivania e si
mosse silenziosamente in quella direzione. Era una porta
finestra, che andava quasi dal soffitto al pavimento. Con le
dita fece scattare il chiavistello e usc Si trovsotto un
porticato basso e lungo. Tenendosi rasente al muro, dove
l'ombra era pifitta, avanzlentamente fino al retro della
casa. Il portico si interrompeva sull'angolo, e Brent rimase
fermo per un attimo, guardandosi intorno, cercando di
individuare qualche forma tra l'intrico di cespugli scheletrici
che ondeggiavano dolcemente al vento.
Il suo sguardo passper due volte su una piccola macchia
intricata di arbusti prima di distinguere l'uomo che vi stava
rannicchiato. Era in ginocchio, teso in avanti, e aveva una
pistola in mano. Fu lo scintillio azzurrognolo della canna ad
attirare l'attenzione di Brent.
Si immobilizz Era probabile che l'uomo non l'avesse
visto. La macchia bianca del viso era girata da un lato, e la
pistola non era rivolta verso Brent. L'uomo era in ascolto,
vigile, proprio come lui; a un certo punto si alzin piedi con
movimenti lenti e circospetti e si diresse correndo in punta di
piedi verso la casa, abbassandosi.
Brent lo lasciavvicinare a meno di due metri poi disse, a
bassa voce: - Non muoverti e butta la pistola.
L'uomo si raddrizzdi scatto. L'arma gli sfuggdalle dita
e scivolsenza far rumore nella sabbia.
- N-non sparare. Sono un poliziotto.
- Lapswich! - esclamBrent.
Lapswich si gir battendo i denti.
- Eeh? Oh, ma il signor Brent! Che...
- Indietro - disse Brent.
Lapswich indietreggicon circospezione.
Brent fece due passi avanti, si chine raccolse l'arma del
poliziotto. Era una Luger automatica con una canna
esageratamente lunga. Brent passle dita sulla culatta,
annusl'estremitdella canna. L'arma non aveva sparato di
recente, e Brent si rilassleggermente.
- Che cosa ci fa qui? - domand
- Be' io, insomma, ero preoccupato, con quella donna che
si fatta ammazzare, e quei diamanti. In pratica vi sono
venuto dietro, solo per controllare che nessuno di quei
criminali vi stesse seguendo. Stavo pattugliando la zona e ho
sentito gli spari...
- Non un po' fuori dalla sua giurisdizione? - chiese
Brent. - Mi sembrava di aver capito che lei fosse il capo della
polizia cittadina.
- Certo, certo, cos Ma sono anche vicesceriffo. E
questa zona fa parte della contea.
Brent sollevla pistola tenendola per la lunga canna. -
l'unica arma che ha?
- Sicuro! - rispose Lapswich. - Non sufficiente? una
magnifica pistola, signor Brent, molto potente! L'ho fatta
arrivare da New York, e mi costata un mese di paga. Ha una
canna speciale da duecento millimetri...
- Va bene - disse Brent, restituendogliela. - Mi
dispiace di averla spaventata. Visto che qui, pudarmi una
mano. Fuller scomparso.
Lapswich spalancla bocca. - Scomparso? E i diamanti?
Ma il signor Carruthers...
- scomparso pure lui. E anche sua figlia. E qualcuno ha
cercato di far sparire anche me. Erano quelli gli spari che ha
sentito. Venga, dobbiamo cercarli. Stia dietro a me, a tre
metri di distanza. Non spari a meno che non lo faccia io.
Lentamente risalirono la collina sul retro della casa,
tenendosi bassi al riparo degli arbusti, finchnon arrivarono
in cima. Erano esposti in pieno al vento, ora, e Brent ne
sentiva il sapore aspro e salato sulle labbra. Ora distingueva
chiaramente il pendio fino alla casa. Non si vedeva alcun
movimento, alcuna luce.
- Cos'quello? - domand indicando una struttura
bassa e squadrata sulla sabbia, venti metri piin l Nella
notte sembrava la base di un edificio di proporzioni
gigantesche.
- Oh, quello - rispose Lapswich, sospirando. - Sono
solo delle assi tenute insieme. Joan Carruthers ci va a
prendere il sole. Non ha nulla addosso quando ldentro.
Proprio nulla.
- Andiamo - disse Brent.
Avanzcon cautela verso la sagoma scura del recinto di
assi. Era alto poco pidi due metri e ne misurava circa tre e
mezzo sui lati. Brent gli girattorno mentre si avvicinava,
finchnon localizzlo stretto telo di canapa pesante che
fungeva da entrata.
- Se siete l meglio che veniate fuori - disse.
- Proprio cos- gli fece eco Lapswich, debolmente. -
Siete in... in arresto.
Il telo di canapa si mosse leggermente, lentamente,
scosso dal vento, ma non ci fu risposta. Brent lo scost
all'interno non c'era pavimento, solo morbida sabbia bianca.
L'unico mobile presente era un lettino coi braccioli su cui era
ammucchiato qualche cuscino.
Poi Brent notqualcosa all'estremitopposta, un oggetto
semisepolto nella sabbia, che luccicava. Si avvicine lo
smosse con il piede. Era un'ascia. Accese un cerino e si
inginocchisulla sabbia. La lama dell'ascia era incrostata di
sangue rappreso. Persino l'impugnatura ne era ricoperta.
Lapswich emise un gemito soffocato.
Brent strinse le labbra e il suo viso apparve duro e pallido
alla luce incerta del cerino. Ne accese un secondo e dopo
essersi infilato la rivoltella nella cintura comincia frugare
nella sabbia con le dita, circospetto. Si imbattin una stoffa
ruvida, e scavper portarla in superficie.
Era un sacco di tela rigida, appiattito. Quando Brent lo
estrasse si udun lieve tintinnio all'interno.
- Mi faccia luce - disse Brent con un filo di voce.
Lapswich tremava cosviolentemente che faceva fatica a
tenere il cerino acceso. Alla fine ripose la Luger nel fodero e
usentrambe le mani, giungendole l'una all'altra. Molto
lentamente Brent infiluna mano nel sacco e tirfuori un
cilindro di piombo, un peso di quelli che si utilizzavano per i
tendaggi. Lo lascicadere nella sabbia.
- Ce ne sono altri due dentro - disse, assorto.
Frugdi nuovo nella sabbia, attentamente. Quando trov
l'ascia si blocce, sempre in ginocchio, grattleggermente
con la mano. La sabbia morbida in quel punto formava uno
strato molto sottile. Appena sotto invece era compatta,
vischiosa, mescolata a una sostanza rossastra.
- Oh - fece Lapswich.
Brent si asciugaccuratamente le dita con il fazzoletto e
si rialz
- S-sangue?
- S- rispose Brent.
- Che... che significa? Il sacco, e tutto il resto...
- Lei ha visto la cintura di Fuller - disse Brent,
lentamente.
Lapswich lascicadere i cerini. - Certo. Era una specie
di marsupio.
- Qualcosa del genere. Era fatta di striscioline d'acciaio
intrecciate. Impossibile tagliarla. Impossibile forzare la
serratura. Ed era troppo piccola per sfilarla dai fianchi di
Fuller. C'era un unico modo di levargliela rapidamente, in
mancanza della chiave.
- Quale? - domandLapswich.
- Tagliarlo in due.
Lapswich ripet senza capire: - Tagliarlo... vuol dire
che... oh!
- Gi-proseguBrent - e questo il posto ideale per
farlo. L'oceano a portata di mano. Si mettono i pezzi del
cadavere in sacchi di tela rigida con dei pesi dentro e li si
butta gidalla scogliera. Probabilmente abbiamo disturbato
l'assassino, che non ha avuto il tempo di finire il lavoro. Ecco
perchha lasciato qui uno dei sacchi.
- Oh - fece Lapswich. Deglut - Ehi, ma dov'
Carruthers?
- quello che mi sto domandando.
- stato lui! - esclamLapswich. - un complotto!
Ora capisco! Non ha mai avuto intenzione di acquistare le
pietre! Voleva rubarle! Le ha fatte portare fin qui dal suo
amico e poi... poi l'ha fatto fuori!
Di colpo, senza produrre il minimo rumore, la ragazza era
apparsa all'ingresso del recinto; aveva scostato la tenda e li
stava osservando, la testa gettata all'indietro, la posa rigida e
spavalda. Brent non vedeva il suo viso nell'oscurit ma ne
sentla voce un po' incerta articolare a fatica le parole: - Ho
sentito... quello che dicevate...
- Dov'suo padre? - domandBrent.
- Non lo so. andata via la luce. Non sono riuscita a
trovarlo. - Fece un respiro profondo. - Voi credete che abbia
ammazzato quell'idiota presuntuoso di Fuller, cos
- Be', be' -disse Lapswich, impacciato - insomma,
signorina Joan, mi rendo conto di quanto sia doloroso per lei,
ma cosa dovremmo pensare?
- Lei pazzo!
- Io credo che suo padre volesse appropriarsi di quei
diamanti senza pagarli.
- Puah! I diamanti! Crede che mio padre avrebbe fatto
quello che dice lei solo per quella robaccia?
- Robaccia? - disse Lapswich. - Be', non saprei. Un
quarto di milione di dollari...
- Non stato lui!
- Ebbene, signorina Joan, lo spero proprio. Ma se non
stato lui, dov'allora? Perchnon viene fuori e ci spiega
com'andata?
La ragazza si aggrappcon la mano alla tenda. Si
manteneva ancora fiera ed eretta, ma solo la forza di volont
la teneva in piedi.
- Non stato lui!
Si voltdi scatto e corse incespicando giper il pendio
fino alla casa scura e desolata.
Lapswich si schiarla gola. - Vado a chiamare lo sceriffo.

Era quasi l'alba quando Brent rientrin albergo, ed era
cosstanco che aveva male dappertutto e doveva fare un
notevole sforzo per tenere gli occhi aperti. Andnella nuova
camera che Dade gli aveva assegnato e cercdi dormire. Dopo
un'ora ci rinunci si tirsu e si rivest
Il vento non si era ancora levato e la foschia notturna
gravava ancora sul villaggio. Fuori dalla finestra si stendeva
una coltre umida e grigia, immobile e morta, che ricopriva
ogni cosa. Brent si infilla grossa Colt nella cintura e scese
ginell'atrio.
Dade era dietro il banco intento a scrivere e all'estremit
opposta della stanza c'era un altro uomo seduto su una sedia,
immerso nella lettura di un giornale che gli nascondeva il
volto e la parte superiore del corpo.
- 'Giorno, signor Brent - gli augurDade, alzando gli
occhi. - ancora un po' presto per uno di citt non trova?
Brent annu - Gi Dov'l'ufficio di Lapswich?
- Dritto fino al prossimo incrocio, poi a destra. il
secondo edificio. Ah, ho saputo cos'successo stanotte.
terribile, ecco. Rovinerla reputazione della nostra cittadina.
- Anche la mia, se per questo - disse Brent.
- Aspetti un minuto - gli chiese Dade - vorrei parlarle.
Ho qualche idea, ecco. Forse potrei darle dei suggerimenti.
Finisco di preparare il conto del signor Carson e sono subito
da lei.
Brent lanciun'occhiata distratta al tizio seduto. Costui
si mosse leggermente, agitando il giornale spiegato, e per un
attimo Brent vide scintillare la grossa pietra verde di un
anello al dito medio della sua mano destra. Socchiuse gli
occhi, all'erta. L'uomo indossava un elegante gessato blu e
ghette grigio perla.
- Ecco fatto! - disse Dade, raddrizzandosi. - tutto a
posto, signor Carson. Vado a prendere le sue valigie...
- Non si muova - intimBrent. Era ai piedi delle scale,
perfettamente immobile, e aveva estratto la .38-.40. - Salve,
Faro - disse.
L'uomo sulla sedia non si mosse, non parl Teneva il
giornale davanti alla faccia.
- Quello il signor Carson - azzardDade. La sua voce
si spense.
- Salve, Faro - ripetBrent.
Il silenzio divenne pifitto, gravido di tensione e di
minaccia. L'uomo sulla sedia non si mosse.
- Immagino che tu abbia una pistola ldietro, Faro -
proseguBrent. - Non tentare di usarla. Lascia cadere il
giornale, ma tieni le mani nella stessa posizione in cui sono
ora.
Le dita dell'uomo mollarono la presa e il giornale volgi
per terra. L'uomo era magro, elegante, mingherlino. Aveva la
faccia liscia e tonda, dai lineamenti fini e regolari. Gli occhi
erano di un castano molto chiaro. Aveva una .45 sulle
ginocchia, pronta a sparare.
- Salve - disse, con voce bassa e calma. - Non mi
sembra di conoscerti.
- Non mi conosci infatti - rispose Brent - ma io so chi
sei. Ho notato l'anello verde e le ghette. Non dovresti
indossare cose del genere, Faro. Non con il lavoro che fai.
Alzati, e getta la pistola.
- No - disse Faro. - meglio che tu ci pensi bene. Non
ci sono taglie su di me.
- Alzati - ripetBrent.
- No. Non mi farmettere dentro, e tu sai il perch
Sono ricercato per due omicidi.
- Tre, adesso - precisBrent. - Forse quattro, se si
conta la signora qui sopra e il lavoretto ieri notte da
Carruthers.
- Gi- rispose Faro. - Quindi non ho nessuna
intenzione di farmi prendere. meglio che ci rinunci. Ti
faccio fuori e tu lo sai. Forse anche tu potresti beccarmi, ma a
che ti servirebbe una volta che sei morto? Lasciamo perdere.
Metti via la pistola.
- No. Alzati.
- Non c'entro niente con quello che successo da
Carruthers ieri notte.
D'un tratto all'esterno si udirono dei passi di corsa. La
porta d'ingresso si spalance Lapswich irruppe nell'atrio,
agitando un pezzo di carta gialla nella mano.
- Dade! - url - Guarda! Ho appena saputo...
Faro scattcome un rettile appena vide il poliziotto
inserirsi tra lui e Brent. Balzin piedi con l'automatica nella
mano destra e strinse il braccio sinistro intorno al collo di
Lapswich, soffocando le sue parole in un gorgoglio confuso.
- Bene - disse Faro tranquillamente, ma con una punta
di stizzosa malignit - Ora trattiamo. - Si faceva scudo con
il corpo di Lapswich, e di lui si vedevano solo gli occhi
puntati su Brent dietro la spalla irrigidita del poliziotto. -
Getta la pistola.
Le labbra di Brent si piegarono in una smorfia di rabbia.
Dade era scomparso dietro il banco. Lapswich era diventato
giallo come un limone e roteava gli occhi come un pazzo.
- Gettala - ripetFaro. - Altrimenti gli pianto un
proiettile nella schiena.
- M-mi spara! - balbettLapswich disperatamente. -
Signor Brent, non gli faccia... - La voce gli mancmentre
Faro rafforzava la stretta.
- Hai vinto - disse Brent e lascicadere la pistola.
- Molto bene - approvFaro. - Ora me ne andrdi qui,
e porterlui con me. Se non mi state troppo dietro vedrdi
non fargli del male. Lo lascerlibero lungo la strada. Stammi
vicino, amico. Tu, dietro il banco, tirati su!
La testa calva e lucida di Dade fece capolino, un
centimetro alla volta.
- Va' fuori a vedere dov'la macchina. Non fare il furbo.
Ricordati che il nostro amico fa una brutta fine se qualcuno
tenta di fermarmi.
- S-ssignore - disse Dade.
La figura magra e allampanata di Ira apparve sulla soglia
alle spalle di Faro e Lapswich. Il tassista osservla scena, gli
occhi traboccanti di indicibile stupore.
Brent si accorse di lui. - Aspetta! - disse rapidamente a
Faro. - Non puoi andartene di qui. Lo sceriffo ha bloccato
tutte le vie d'uscita dal distretto, in cerca di Carruthers.
- Ho un ostaggio - replicFaro. - Mi faranno passare.
Fermo dove sei.
Ira deglut - Signore - disse con voce malferma -
metta gila pistola, o sparo. Ci pugiurare.
Faro si voltdi scatto e fece fuoco. La sua presa su
Lapswich si allente il poliziotto ruotbruscamente su se
stesso, cadendo sulla schiena. Brent si gettsulla propria
pistola.
Faro si girvelocemente e sparancora. Brent si vide il
proiettile schizzare sul tappeto a quindici centimetri dalla
faccia, poi finalmente le sue dita tremanti si chiusero
sull'impugnatura del revolver. Premette il grilletto tre volte.
Il volto di Faro scomparve in una poltiglia rossastra.
L'uomo crolla capofitto sulla sedia che occupava poco
prima, poi stramazzper terra in un angolo, piegato su se
stesso. Mosse ancora le gambe per un attimo e infine rimase
immobile.
Brent si sedette sul pavimento. Tirfuori il fazzoletto e si
asciugla fronte.
Lapswich toss massaggiandosi la gola, e la testa pelata
di Dade riemerse lentamente dal banco.
Il poliziotto si chinsu Faro. - morto, non c'dubbio.
Chi era, signor Brent?
- Si chiamava Faro - disse Brent stancamente. - Era un
ladro di gioielli. Uno dei migliori, o dei peggiori. Era un
assassino. Ricercato in due Stati per omicidio.
- Ha ammazzato la signora Miller! - esclamDade.
Brent annu - Gi Quella donna aveva un aspetto
familiare, ma non riuscivo a metterla a fuoco. Me ne sono
ricordato quando ho visto l'anello verde di Faro. Lo metteva
sempre, pensava che gli portasse fortuna. La Miller era sua
complice. Funzionava cos lei si faceva assumere come
cameriera in qualche posto importante, ispezionava il luogo
per lui e gli diceva quando fare il colpo. Lui l'ha pugnalata e
ha nascosto il cadavere nella stanza mia e di Fuller perch
veniva usata di rado. Pensava che non l'avrebbero trovato la
donna per un po', il tempo sufficiente per filare.
- Accidenti! - disse Dade. - Proprio qui nel mio
albergo. - Lanciun'occhiata torva a Lapswich. - Bel
poliziotto che sei, a permettere che avvengano cose simili!
- Hai ragione - riconobbe Lapswich mortificato. -
Credo di non essere molto in gamba.
- Cosa stavi urlando quando sei arrivato?
- Oh - fece Lapswich, recuperando di colpo la memoria.
- Ascolti, signor Brent. Il tecnico delle impronte digitali
inviato dallo sceriffo ha controllato la stanza dove stavano
parlando Fuller e il signor Carruthers ieri notte, prima di
scomparire. Lo sceriffo ha inviato le impronte a Washington e
io ho appena ricevuto questo telegramma. - Lo raccolse da
terra. - Pensate un po': Eli Carruthers era un poco di buono!
- Quel vecchio ripugnante - commentDade.
Lapswich prosegu - Proprio come questo Faro. Era un
noto ladro di gioielli, solo che scomparve dalla circolazione
cinque anni fa pio meno, e non riuscirono pia mettere le
mani su di lui. Il suo vero nome era Reynolds. E dire che Joan
ha telefonato allo sceriffo ieri notte per chiedere aiuto!
- sicuro di quello che dice? - domandBrent.
- Pugiurarci! Hanno mandato una descrizione e
corrisponde perfettamente al vecchio Eli Carruthers. Si
nascondeva, capite? Ecco perchsi era imboscato qui. Ma
continuava a rubare, ed per questo che ha fatto in modo che
Fuller gli portasse qui i diamanti, facendo finta di volerli
acquistare, in modo da poterlo uccidere e derubarlo. Ma lei
arrivato insieme a Fuller e ha rovinato tutto.
- E anche Faro era coinvolto - aggiunse Dade. - Lui e
quella donna che ha ammazzato. Sapevo che c'era qualcosa
che non andava in lui. Si comportava sempre in modo
curioso. Proprio questa mattina aveva chiesto a Ira di
portarlo a Foster's Point perchvoleva andare a pesca.
Figuriamoci!
- Dov'che voleva andare? - domandBrent.
- A Foster's Point. Caspita, lo sanno tutti che non si va a
pesca laggi Non si prende niente.
- E voleva andarci stamattina?
Dade annu - Gi Diceva che voleva pescare un'ultima
volta prima di partire, ma io gli ho detto che...
- Aspetti - lo interruppe Brent. - Si punoleggiare una
barca a Foster's Point?
- Certo - rispose Lapswich. - possibile, ma non il
posto migliore per farlo.
- Allora penso che andra pescare anch'io - dichiar
Brent. - Dov'finito Ira?
- Niente da fare - disse Dade. - Se lo conosco bene, Ira
non la accompagnerda nessuna parte stamattina. Se lo
vuole, putrovarlo nel retro del Potter's Pool Hall alle prese
con un quarto di whisky di malto.
- Allora gli prendo a prestito l'auto - decise Brent.
- Posso venire anch'io? - domandLapswich. - Le
assicuro, signor Brent, non farstupidaggini questa volta.
Brent si avviverso la porta. - Venga, allora.
- Ehi! - protestviolentemente Dade. - E questo
cadavere? Non potete lasciarmelo qui nell'atrio!
- Chiama il medico legale - gli suggerLapswich. - Io e
il signor Brent siamo troppo occupati in questo momento.

Il monotono ronzio del motore aleggiava nella nebbia che
avvolgeva l'auto di Ira come un bozzolo umido e soffice.
Lapswich era al volante. Brent, seduto accanto a lui, non
vedeva a pidi tre metri oltre il radiatore dell'auto, ma il
poliziotto sembrava individuare d'istinto la strada. L'auto
sbandprendendo una curva, e le gomme slittarono cercando
di far presa sulla sabbia soffice e umida. Brent sentun
brivido lungo la spina dorsale nell'udire il mormorio oscuro
delle onde, invisibili, molto piin basso. L'auto si raddrizz
bruscamente.
- Quanto c'da qui all'oceano? - domandBrent.
- Be', un bel po'... in verticale - rispose Lapswich
distrattamente. - La strada corre sul ciglio della scogliera a
sud dell'abitato.
- piuttosto stretta - osservBrent. - Non c'pericolo
di incrociare un'altra auto all'improvviso?
- No - rispose Lapswich. - Nessuno usa questa strada.
vietato l'accesso. Corre troppo vicino al bordo della
scogliera. Continua a franare.
Sterzdi colpo e l'auto ebbe un sobbalzo. Brent vide con
la coda dell'occhio una crepa larga un metro che si apriva in
mezzo alla strada.
- un brutto punto - disse Lapswich. - Me lo
ricordavo, ma ci sono arrivato un po' prima del previsto.
Brent guardfuori, e scoprche il ciglio della strada era
scomparso. Non vedeva altro che la morbida coltre di nebbia.
- Ehi! - esclam trattenendo il respiro.
Lapswich raddrizzil volante, e il bordo della strada
riapparve. - un po' al pelo qui - disse. - Bisognerebbe
metterci un guardrail o qualcosa del genere. Siamo quasi
arrivati. Cosa pensa di trovare qui?
- Non lo so - rispose Brent. - solo una speranza.
- Perchcrede che Faro abbia ucciso quella Miller, se era
sua complice?
- Faro era specializzato nel furto di gioielli. Quelli
dell'assicurazione erano quasi riusciti a rintracciarlo, ci erano
arrivati vicini. Si diceva che lui e la sua complice si fossero
divisi, e forse era vero. Probabilmente lui l'aveva scaricata.
Lei non ha gradito, e lo ha seguito fin qui perchvoleva
prendere parte al colpo. Lui non ne voleva sapere. Come le
dicevo, era un assassino. Era giricercato per due omicidi.
Uno in pinon faceva una gran differenza. Cossi liberato
di lei. Non pensava che sarebbe stata ritrovata cospresto.
- Crede che sia stato lui a sparare contro di voi, quando
siete arrivati?
- No. E non stato lui a sparare contro di me ieri notte.
- Come fa a dirlo?
- L'uomo che ha sparato quand'ero con Fuller e Ira
voleva solo spaventarci. Doveva essere questa la ragione,
altrimenti non avrebbe senso. E Faro non aveva motivo di
spaventarci. Inoltre, se fosse stato lui a sparare contro di me
ieri notte mi avrebbe colpito. Era un tiratore notevole, e non
si faceva prendere dall'emozione. Quello che mi ha sparato
era piuttosto nervoso. Ha tagliato i fili della luce vicino alla
finestra, poi ha sparato quando ormai era buio e non vedeva
nulla. Faro mi avrebbe sparato prima.
Di colpo Lapswich sterze l'auto avanzdondolando su
un terreno accidentato, quindi si fermcon uno scossone.
- Non posso avvicinarmi di picon la macchina. Foster's
Point a circa duecento metri da qui.
-Siamo in ritardo, probabilmente - disse Brent,
scendendo dall'auto. - Immagino che Faro avesse preso
accordi perchuna barca venisse a recuperarlo qui.
- Allora non siamo in ritardo - disse Lapswich. - Non
era possibile arrivare qui in barca stamattina. La marea sta
ancora salendo, e c'troppa nebbia. Troppi scogli e troppi
frangenti.
Ma mano che i due procedevano, il terreno sabbioso era
diventato piumido, e nude rocce gocciolanti spuntavano qua
e l Lapswich si fermdi colpo.
- Guardi - disse, indicando un'orma sul terreno. Si
inginocchie la sfiorcon le dita. Aveva il volto un po' teso
quando alzgli occhi verso Brent. - fresca. Qualcuno
appena passato di qui. Non possono essere lontani.
- Bene - mormorBrent. Estrasse la Colt e la soppes
nella mano. I due avanzarono lentamente nella nebbia
aleggiante.
- L- disse Lapswich. - La scala.
Brent vide una ringhiera di legno che andava gi scura e
scivolosa per l'umidit
- Scende alla base della scogliera - proseguLapswich.
- C'un vecchio molo giin fondo. Faccia attenzione. I
gradini non sono molto sicuri.
Brent osservla tortuosa scalinata aggrappata
precariamente alla nuda roccia. Vedeva appena qualche metro
della discesa, ma aveva ugualmente la sensazione di un forte
dislivello, e udiva il sordo, famelico mugghiare delle onde gi
in basso. Comincia scendere, sentendo la scala muoversi e
ondeggiare sotto i suoi passi. Procedette lentamente,
bilanciando attentamente il peso su ogni gradino, facendo
scivolare una mano sulla ringhiera bagnata. La nebbia
diventava pispessa, pareva inghiottirlo man mano che
andava avanti. Non si guardindietro, ma sapeva che
Lapswich era a un passo da lui.
Dopo un interminabile numero di gradini, quando le sue
ginocchia cominciavano a intorpidirsi, udun flebile
mormorio di voci piin basso. Si fermdi colpo e rimase in
ascolto. Le voci seguitavano a parlare, ma non si
distinguevano le parole. Lapswich grugndietro di lui, e
Brent udil leggero scatto della sicura sulla Luger a canna
lunga.
- Attento con quella pistola - mormor - Le dirio
quand'il momento di usarla.
Scese con cautela qualche gradino e finalmente vide le
assi umide e incurvate di una piattaforma in fondo alle scale.
C'era una persona laggi Brent vide le gambe nude,
abbronzate, ben tornite. Scese un altro gradino e vide il resto
del corpo di Joan Carruthers. Indossava un costume da bagno
e sopra un pesante maglione bianco. Dava le spalle a Brent e
parlava con qualcuno immerso nella nebbia, un'ombra grigia
e indistinta sul molo, a una certa distanza dalla piattaforma.
Brent scese un altro gradino e il legno marcio scricchiol
sotto il suo piede. Incespice si aggrappdisperatamente
alla ringhiera. Joan Carruthers si voltdi colpo urlando
terrorizzata.
- Fermo l - gridBrent.
Ma la sagoma grigia e indistinta era gisparita. L'uomo si
era girato di scatto ed era saltato gidal molo. Si udun
tonfo quando atterrsulla sabbia bagnata, poi il rumore dei
suoi passi nell'acqua quando si mise a correre.
Brent salti pochi gradini rimasti e atterrpesantemente
sulla piattaforma. Superando Joan Carruthers, balzdalla
piattaforma al molo e si tuffgi Atterrsulla sabbia
compatta, e l'acqua gli accarezzle caviglie. Riprese
l'equilibrio e si slanciin avanti, alla cieca. Lapswich
arrancava affannosamente dietro di lui.
Di colpo gli mancil terreno sotto i piedi, e l'acqua gelida
lo sommerse fino al torace. Si sentsprofondare, poi
Lapswich lo afferrper la spalla e lo tirsu.
- La costa insidiosa qui - ansim - Quella ragazza...
vuole che la fermi?
- No - rispose Brent. - La lasci andare. Venga.
Ripresero a correre, senza vedere nulla.
- Aspetti - disse Lapswich senza fiato. - Qui pi
basso. C'una grotta scavata nella scogliera.
Brent rallentprudentemente e vide una vasta cavit
buia.
- Guardi - esclamLapswich, indicando dei piccoli
segni paralleli all'altezza della spalla sulla roccia rugosa
posta all'ingresso della grotta. - Impronte. Qualcuno si
aggrappato alla roccia in questo punto e ha cambiato
direzione.
- entrato ldentro - disse Brent. - Puuscire dalla
parte opposta?
- No. Non c'un'altra uscita.
- Quant'lunga la grotta?
Lapswich scosse la testa. - Non so, non ci sono mai
entrato. Parecchio, immagino. un posto pericoloso. C'
sempre acqua sul fondo. Potrebbero esserci delle voragini.
Cosa facciamo?
- Andiamo a prenderlo - rispose Brent.
- Ldentro? - domandLapswich preoccupato. - un
po' buio.
- Meglio - replicBrent. - Cosnon puvederci. Si
tenga attaccato alla roccia finchnon entrato, cosnon ci
distinguerin controluce.
Brent scivollungo la parete di roccia bagnata. Nella
grotta l'aria si fece di colpo piumida e soffocante. L'eco
delle onde all'esterno rimbombava come il rullo soffocato di
un tamburo. L'acqua si rovesciava sulle sue caviglie con
violenza. Attese finchnon sentche Lapswich lo aveva
raggiunto, poi cominciad avanzare nell'oscurittetra e
nebbiosa, il braccio sinistro proteso in avanti. Riusciva a
distinguere il debole, lucente riflesso delle pareti di roccia
che si allungavano da entrambi i lati. D'improvviso Lapswich
scivole cadde nell'acqua con un tonfo.
Immediatamente si udun colpo sordo davanti a loro, poi
altri due in rapida successione. Brent si protese verso
Lapswich e lo tirsu.
- in trappola - sussurr - dietro quell'ansa laggi
e ha paura. Ha sparato alla cieca. Non puvederci.
- Anch'io ho paura - disse Lapswich tremante. - Una
paura dannata.
- Resti qui, allora, vado io a prenderlo.
- N-no, vengo.
Brent avanz un passo dopo l'altro. Adesso vedeva un po'
meglio. Davanti a lui c'era uno spuntone di roccia liscia e
bagnata, dove lo stretto corridoio irregolare descriveva
un'ansa. Brent si ferm rimase in ascolto, poi
intenzionalmente pestun piede nell'acqua.
L'invisibile pistola fece fuoco un'altra volta, e una
pallottola rimbalzsulle pareti con un sibilo inquietante.
Brent insinula pistola dietro la roccia e spar
- No! - gemette una voce. - Non sparare! Non
uccidermi!
- Butta la pistola! - intimBrent.
Si udun tonfo nell'acqua.
- D'accordo - disse Brent, girando l'angolo. Lapswich lo
segu
In una piccola nicchia nella parete di roccia era
rannicchiata una sagoma scura che si proteggeva il capo con
le braccia. Si mosse, e apparve l'ombra bianca e stravolta del
viso, rivolto verso di loro.
- Salve, Fuller - disse Brent.
- Fuller? - esclamLapswich. - Fuller? Ma morto!
- No - rispose Brent. - Non proprio. Carruthers non
l'ha ucciso. lui che ha ucciso Carruthers. Carruthers, o
Reynolds, aveva smesso di rubare diamanti ma fu rintracciato
da Fuller, o da Faro, e i due decisero di ricattarlo. Avevano
gilavorato insieme in precedenza. Fuller era impiegato
presso una rispettabilissima societdi intermediazione in
diamanti, il suo attuale datore di lavoro. Ma ha abitudini
dispendiose e gli servivano pisoldi. Cos di nascosto, faceva
l'informatore e il ricettatore. Il suo lavoro gli forniva
un'ottima copertura, e per non perderla si era sempre
comportato onestamente nei confronti della sua societ
Rafforzla presa sul terrorizzato Fuller e prosegu - Ma
quest'occasione era troppo allettante per mantenere anche
quell'ultimo residuo di onest Lui e Faro chiesero a
Carruthers di acquistare diamanti per duecentocinquantamila
dollari dalla societche Fuller rappresentava, altrimenti lo
avrebbero incastrato con una soffiata su uno dei suoi lavoretti
precedenti. Lo convinsero che l'obiettivo era quello far
guadagnare a Fuller la commissione sulla vendita, nient'altro.
Ma la loro vera intenzione era quella di sottrarre i diamanti
alla societe il denaro dell'acquisto a Carruthers. A quel
punto si sarebbero dileguati, lasciando lui nelle peste. Un
piano piuttosto elaborato, ma la posta era mezzo milione di
dollari in banconote e diamanti. Valeva la pena di fare un po'
di fatica. Carruthers sospettsubito qualcosa, non era uno
stupido.
- uno stupido morto, ora - sbottFuller.
- Chiudi il becco, canaglia - disse Brent. Poi, rivolto a
Lapswich: - Ecco perchCarruthers ha sparato contro l'auto.
Voleva spaventare Fuller, e dimostrargli che non sarebbe
rimasto a guardare se le cose avessero preso una piega
inaspettata. Sapeva di avere a che fare con un vigliacco. Ma
purtroppo Fuller era troppo ubriaco in quel momento per
rendersi conto della situazione.
I tre uomini si avviarono verso l'entrata della grotta,
camminando nell'acqua.
- Accidenti - disse Lapswich. - Cosa prevedeva il loro
piano?
- Uccidere Carruthers e fare in modo che si credesse che
Carruthers aveva eliminato Fuller. Ed quel che hanno fatto.
Fuller lo ha fatto fuori ieri notte, non appena rimasto solo
con lui nello studio. Il sacco, l'ascia, le tracce di sangue sono
stati lasciati di proposito. Era stato tutto preparato in
precedenza. Non credo che Fuller e Faro abbiano davvero
fatto a pezzi Carruthers. Lo hanno semplicemente ucciso e
buttato nell'oceano. Fuller andrsulla forca per questo.
- Ma la ragazza? - domandLapswich. - La signorina
Joan?
- Doveva aver capito che c'era Fuller dietro tutto questo,
e lo ha trovato qui. Quando siamo arrivati, lui stava
tergiversando in modo da dare il tempo al suo complice di
arrivare. Faro si sarebbe occupato di lei come aveva gifatto
con l'altra.
Pian piano Fuller si era raddrizzato, nonostante la pistola
che Brent gli puntava alle costole. I capelli biondi erano
incollati alla fronte, le labbra erano livide dal freddo, ma la
sua bocca si piegin una smorfia sarcastica.
- Costu credi che sia andata in questo modo, vero? E
magari sei convinto di poterlo provare. Ma non ci riuscirai.
Oh, no! Dovrai accontentarti della mia versione. Faro ha fatto
tutto da solo. Io mi sono semplicemente spaventato quando
lui ha ucciso Carruthers, e mi sono nascosto qui. Non sapevo
neanche che avesse ucciso quella donna in albergo, finch..
- Balle - disse Brent. - Hai capito chi era non appena
l'hai vista, e sapevi che era stato Faro a ucciderla. Sapevi che
l'aveva scaricata e che lei stava cercando di metterlo in
difficolt
- Non puoi provarlo, comunque - disse Fuller. - E
perch Te lo dico io il perch Per via dei diamanti. Non li ho
con me, sono nascosti. E non riuscirai a trovarli. Ecco perch
sarai costretto a prendere per buona la mia versione. Perch
se non lo fai, la compagnia di assicurazione per cui lavori
dovrsborsare duecentocinquantamila dollari. Ho reso
l'idea?
- Direi di s- rispose Brent. - E sarebbe anche una
buona idea se io non sapessi dove sono i diamanti. Ma io lo
so.
- Non vero! - strillFuller.
- Ma s invece. Sono qui. - Brent sbottonla giacca e la
camicia mostrando una piccola borsa di pelle appesa a una
catenina che portava al collo. - Diavolo, ma mi hai preso per
un mentecatto? Pensi davvero che ti avrei lasciato scorrazzare
su un treno, sbronzo com'eri, con duecentocinquantamila
dollari addosso? Neanche per sogno. La prima volta che hai
perso conoscenza ho scucito il risvolto dei tuoi pantaloni con
una lametta e ho recuperato la chiave della tua cintura. Ho
tirato fuori i diamanti e li ho sostituiti con delle imitazioni
che mi ero portato dietro proprio a quello scopo. Poi ho
rimesso la chiave nei calzoni e li ho ricuciti con ago e filo che
mi sono fatto prestare dal facchino. Ho fatto un bel lavoretto,
anche se mi sono punto il dito diciassette volte mentre lo
facevo. Tu non ti sei accorto di nulla. Pensavo di dirtelo
quando ti fosse passata la sbronza, ma quando arrivato quel
momento la situazione mi sembrava gimolto sospetta.
- Stai mentendo! - strillFuller istericamente.
Con un balzsi avventsu Brent cercando di cavargli gli
occhi con le unghie. Brent indietreggi barcollando, e
Lapswich sollevfulmineamente la lunga canna della sua
Luger. L'arma si abbattsulla testa di Fuller con un colpo
secco e l'uomo cadde a faccia in ginell'acqua bassa della
spiaggia.
- Ce l'ho fatta! - esclamLapswich orgogliosamente. -
Dopo tutto, sono riuscito a combinare qualcosa, maledizione!
- Ottimo lavoro - si complimentBrent. - Lo tiri su
prima che affoghi. Puriportarlo in citt Io rimarrqui ad
approfondire la conoscenza con Joan. Credo che quella
ragazza abbia bisogno di un po' di conforto - concluse, e si
allontannella nebbia.

Jack Ritchie
Lo storpio
"Manhunt", aprile 1958

Tra la metdegli anni Cinquanta e la metdegli anni
Ottanta, Jack Ritchie fu uno dei due o tre migliori autori di
racconti gialli. Ne pubblicalcune centinaia su svariate
riviste e raccolte, e alcuni dei pibelli sono compresi nelle
sue tre antologie: A New Leaf and Other Stories, un tascabile
del 1971, e due hardcover, The Adventures of Henry
Turnbuckle e Little Boxes of Bewilderment. Tutta l'opera di
Ritchie caratterizzata da quella che Anthony Boucher ha
definito "una precisione esemplare: non c'una parola
sprecata, e molte parole hanno pisignificati". La
produzione di Ritchie ha per lo piun carattere brillante e
umoristico, ma all'inizio della sua carriera egli scrisse
parecchi racconti molto pipungenti, dei quali Lo storpio
uno dei piefficaci.
B. P.

Pa' mi disse di tirare su la manica della camicia. - Pu
vederlo lei stesso - disse. - Il ragazzo ha il braccio tutto
storto. Giadesso non lo usa quasi per nulla, e peggiorercol
passare degli anni.
Il signor Ward si sporse in avanti a guardare e il suo volto
massiccio non mostralcuna reazione.
Pa' agituna mano. - Chiederemo il massimo che
possiamo ottenere. Non mi importa chi paga, se Peterson o la
sua assicurazione.
Il signor Ward si rigiril sigaro in bocca un paio di volte,
poi allungla mano per prendere la penna.
- Si chiama Henry Peterson - disse Pa'. Osservil
signor Ward mentre scriveva. - Senatore Henry Peterson.
Il signor Ward e Pa' si fissarono per una decina di
secondi, poi un sorrisetto comparve sul volto del signor
Ward. - D'accordo - fece. - Vada avanti.
- Il mio ragazzo stava attraversando la strada quando fu
investito dall'auto del senatore - proseguPa'. - Uno di quei
macchinoni da cinquemila dollari.
Mi schiarii la voce. - Stavo giocando a pallone in strada.
Lo sguardo del signor Ward si possu di me ma non ci
trovnulla di interessante. - Sta' zitto, ragazzo - disse.
- Io ero seduto sotto il portico e ho visto tutto -
continuPa'. - Presi Freddie e lo portai da un dottore.
Il signor Ward giocherellava con la penna. - Come mai
non lo portall'ospedale? Di solito si fa cos in casi come
questi.
Pa' alzle spalle. - Il dottore era pivicino.
Il signor Ward sorrise e si grattil mento. - Lei era
sconvolto. naturale. Un padre si preoccupa innanzitutto di
suo figlio e ha il diritto di perdere la testa. E Peterson cosa
fece?
Pa' accavallle gambe. - Venne con noi.
Mi tornin mente la faccia che fece il senatore Peterson
nel vedere il lurido ambulatorio del dottor Miller.
Il signor Ward diede un'altra occhiata al mio braccio. -
Quando successo tutto questo?
Pa' cambiposizione sulla sedia. - Circa due anni fa.
Il signor Ward ridacchi
Pa' arrosslievemente. - Pensavo che il braccio sarebbe
tornato a posto. Ma il ragazzo continuava a lamentarsi notte e
giorno. Alla fine l'ho portato da un altro dottore.
Il signor Ward tiruna boccata dal sigaro e attese.
Pa' si passla lingua sulle labbra. - Dovranno rompere il
braccio di Freddie e rimetterlo insieme un'altra volta. E
anche cospotrebbe restare corto com'
Pa' scosse la testa e abbassgli occhi. - Il futuro del
ragazzo rovinato. Lo guardi. Deve aver perso dieci chili. Di
notte non riesce a dormire per il dolore.
Il signor Ward mi esamin - Quanti anni ha?
- Quindici - fece Pa'. - sempre stato mingherlino.
Pa' estrasse una sigaretta da un pacchetto malconcio e se
l'accese. - Firmai un accordo con la compagnia di
assicurazioni di Peterson e mi diedero cinquecento dollari.
Avevo bisogno di quel denaro. Ma questo non significa niente
adesso, visto com'combinato il braccio.
Il signor Ward alzlo sguardo al soffitto. - Perchnon fa
causa al dottore?
- Non si pucavare sangue da una rapa - disse Pa'.
Il signor Ward fece un'altra risatina e torna fissarlo. -
Quando incontreremo Peterson, sarmeglio che si dia una
sbarbata. E si metta la cravatta.
Uscimmo dall'ufficio del signor Ward e scendemmo per
tre rampe di scale fino alla strada.
Quando arrivammo nei pressi del bar di Danny, Pa'
rallente si contgli spiccioli in tasca. Si lecci baffi, ma io
sapevo che non sarebbe entrato. Danny fa pagare un bicchiere
trentacinque centesimi. Da O'Brien puoi averlo per venti.
Al numero trentotto attraversammo la strada per non
passare davanti a Ricco. Pa' evita di farsi vedere da quelle
parti da quando ha fatto a botte con Louie Milo che frequenta
quel locale.
Entrda O'Brien e io gli andai dietro.
Il signor O'Brien aspettche Pa' mettesse i soldi sul
bancone prima di servirlo. Poi mi guard - Fuori dai piedi,
ragazzo.
Pa' sbadigli - Hai sentito, Freddie?
- Non sto facendo niente - risposi.
Il signor O'Brien si sporse sul bancone. - Muoviti, prima
che ti cacci via a pedate.
Pa' scolil suo bicchiere e mise qualche altro spicciolo
sul banco.
Lo osservai per qualche istante, poi uscii e mi avviai
verso casa.
Il braccio mi faceva molto male. sempre cosquando c'
molta umidit
Salii al primo piano dove abitavamo io e Pa'. Nel frigo
c'era un mezzo barattolo di olive e un po' di burro. C'era
anche un pomodoro, ma era andato a male. Trovai un po' di
pane e mangiai qualcosa prima di uscire di nuovo.
Turk, Pete e Gino stazionavano nei pressi della drogheria
di Harrigan, con indosso i loro giubbotti Red Hawk.
Una volta ero quasi riuscito a procurarmene uno. Avevo
otto dollari, ma era passato molto tempo ormai.
Non badarono a me quando spuntai fuori e mi appoggiai
al muro accanto a loro.
Pete tirfuori le sigarette e passil pacchetto a Turk e
Gino. Io stesi la mano, ma Gino restituil pacchetto a Pete.
Pete li fece accendere.
- Una volta ho letto com'nata la faccenda - dissi. -
Sapete, il fatto che porta sfortuna accendere in tre con lo
stesso fiammifero. Fu nella Prima Guerra Mondiale, se tenevi
acceso un fiammifero il tempo necessario per accendere tre
sigarette, un cecchino tedesco riusciva a individuarti.
Non mi guardarono neanche, e capii che nessuno era
interessato alla mia storia.
Lasciai passare qualche istante, poi dissi: - Ho visto due
dei Golden oggi. Ho attraversato il loro territorio.
Gino mi fiss - E allora gli hai sbattuto la testa l'uno
contro l'altro, non vero, Freddie?
Stavo per dire qualcosa, ma cambiai idea. Scrollai le
spalle. - Non volevo provocare nessuno. Mi sarebbero saltati
addosso.
- Mi sorprendo di te, Freddie - fece Turk. - Sei un tipo
coscoraggioso. una dote di famiglia.
Gino tosstirando una boccata. - Credevo di morire dal
ridere quando ho visto il piccolo Louie inseguire il papdi
Freddie fuori da Ricco. Fila proprio come un razzo quando se
la fa sotto, vero Freddie?
Vidi passare le sorelle Poulo e cercai di pensare
rapidamente a qualcosa da dire sul modo in cui dimenavano i
fianchi, ma non mi venne in mente nulla.
La Chevvy rossa cromata di Kelly si affiancal
marciapiede e Pete, Turk e Gino salirono a bordo. Pensavo
che ci fosse posto per un'altra persona, ma Gino chiuse la
portiera.
Se ne andarono e io rimasi a guardarli finchsvoltarono
l'angolo.
Pa' torna casa verso le dieci con Willie Bragan. Avevano
una bottiglia di birra con se si misero a parlare del lavoretto
che avevano in programma per sabato sera. Chiesi se potevo
fare da palo, ma Pa' mi disse di chiudere il becco.
Quando ebbero discusso tutto quanto e non ci fu pi
birra, Bragan anda casa.
Prima di andare a letto Pa' guardsotto l'orologio della
cucina. Faceva sempre cosda quando ci aveva trovato gli otto
dollari che avevo messo da parte per il giubbotto.
Mi preparai un po' di pane e burro e mi misi alla finestra
a guardare. Fuori c'era un po' pidi silenzio e il traffico si
andava diradando.
Pa' si sveglia mezzogiorno. Quando fu uscito presi lo
straccio e diedi una pulita. Poi andai a letto.
All'incontro erano presenti il senatore Peterson con il
signor Jenkins, l'avvocato della sua assicurazione, e il signor
Ward.
Pa' sembrava furioso. - Ha visto le radiografie. Il ragazzo
resterstorpio per tutta la vita.
Il signor Jenkins sfoglialcune delle carte che teneva
sulle ginocchia. - Questo dottor Miller che ha sistemato il
braccio al ragazzo ha perso la licenza parecchi mesi fa per
pratiche illecite.
- Come diavolo facevo a sapere che razza di medico
fosse? - disse Pa'. - Sulla porta c'era scritto "Dottore". Avrei
dovuto lasciar giil ragazzo e andare prima a controllare
presso l'Associazione dei Medici?
Il tono del signor Jenkins era secco. - Come mai lo ha
scelto?
Il signor Ward si schiarla gola. - Come ha precisato il
mio cliente, il dottor Miller era il soccorso pivicino che ci
fosse a disposizione.
Il senatore Peterson aveva i capelli brizzolati e circa la
stessa etdi Pa'. Ma aveva la pelle liscia.
Puntgli occhi su Pa'. - A quanto pare, al dottor Miller
che bisogna fare causa.
Il signor Ward sorrise. - Il dottor Miller sparito poco
dopo aver perso la licenza. Abbiamo fatto una ricerca
accurata, ma non se n'trovata traccia.
Pa' puntil dito verso il senatore Peterson. - lei
l'unico responsabile. la sua macchina che ha investito il
ragazzo.
Il signor Jenkins sospir - Non vedo alcun argomento
valido a suo favore. Al momento dell'incidente lei si rifiut
recisamente di far trasportare il ragazzo in ospedale. Si
rifiutdi farlo esaminare dai nostri sanitari. Inoltre, firmun
accordo che escludeva ogni pretesa successiva, in base al
quale ricevette cinquecento dollari. Date le circostanze, nla
mia compagnia nil senatore Peterson possono essere
ritenuti responsabili degli errori del dottor Miller.
Ci fu silenzio per un po', poi il signor Ward si levil
sigaro dalla bocca. - Forse non siamo proprio in una botte di
ferro, dal punto di vista legale. - Guardil senatore
Peterson. - Suppongo che lei abbia intenzione di ricandidarsi
al Senato. Non crede che questa pubblicitpossa
danneggiarla?
Il signor Jenkins e il senatore Peterson si scambiarono
un'occhiata.
- Capisco - disse Jenkins. Ripose i documenti nella
valigetta e si alz - Andiamo, senatore?
Il senatore Peterson non lo degndi uno sguardo.
Il signor Jenkins fece un sorriso tirato. - In ogni modo,
la mia compagnia non candidata al Senato.
Si avviverso la porta e usc
Ma il senatore Peterson rimase.

Era scesa la sera e non avevo voglia di andare al cinema.
Mi comprai della cioccolata e me ne tornai a casa. Salii per la
scala antincendio e mi piazzai sotto la nostra finestra.
Udii delle voci in cucina e mi sollevai appena per dare
un'occhiata all'interno.
Il dottor Miller e Pa' avevano una bottiglia sul tavolo e
bevevano. Riconobbi l'etichetta, era una marca molto costosa.
Il dottor Miller si riempil bicchiere. - Il ragazzo qui
in giro?
Pa' si accese un sigaro. - No. Gli ho dato un dollaro e gli
ho detto di andarsene al cinema. - Battuna mano sul
tavolo. - Quel bastardo di Ward si preso il quaranta per
cento. Ha detto persino che eravamo fortunati che non ci
chiedesse di pi
Il dottor Miller era calvo e portava degli occhiali che
facevano sembrare i suoi occhi grandi il doppio. Alzle
spalle. - una rapina, ma non possiamo farci niente. Questo
affare ci ha fruttato pur sempre dodicimila dollari, e faremo a
met
Buttai via la cioccolata. Mi accorsi che stavo cominciando
a sudare.
La faccia di Pa' era paonazza. - Seimila schifosissimi
dollari. Ecco tutto quel che ci ho guadagnato a sentir frignare
quel ragazzo per due anni.
Scossi la testa. Non era affatto vero. Io non frignavo.
Il dottor Miller estrasse un sigaro dalla scatola che era
sul tavolo. - Bisognava aspettare almeno un paio d'anni. Te
lo dissi fin dall'inizio. Dovevamo dare al braccio il tempo di
peggiorare.
Pa' battcol pugno sul tavolo. - Per la verit avrei
diritto a pidel cinquanta per cento. Fu mia l'idea, appena
vidi quant'era lussuosa la macchina che aveva investito
Freddie.
Il dottor Miller si mise a ridere. - Diamine, il ragazzo ci
ha guadagnato solo un biglietto per il cinema. Accontentati
del fatto che non sa che cosa gli hai combinato. Potrebbe
venirgli la voglia di tagliarti la gola una di queste sere.
Mi aggrappai forte con la mano buona alla gelida
ringhiera della scala antincendio. C'era un grosso coltello nel
cassetto della cucina. Avrei atteso che il dottor Miller andasse
via e Pa' si fosse addormentato. Poi avrei agito.
Il dottor Miller si trattenne per un'altra ora prima di
andarsene. Io rimasi in attesa, seduto sulla scala a guardare
Pa' che beveva. Pensai che entro le undici probabilmente ne
avrebbe avuto abbastanza.
Poi mi ricordai che era sabato, e che lui e Bragan avevano
progettato un colpo.
Mi domandai se Pa' sarebbe riuscito a evitarlo.
Probabilmente preferiva non rischiare per una piccola
somma, ora che aveva i seimila dollari. Ma non poteva dirgli
che aveva il denaro. Non puoi fare una cosa del genere con
Bragan, se ci tieni ai tuoi soldi.
Willie Bragan arrivalle dieci e Pa' sembrsorpreso.
Probabilmente si era dimenticato che era sabato.
Bragan guardla bottiglia di whisky e i sigari. - Pensavo
che fossi al verde.
Pa' si inumidle labbra. - Un tizio mi ha restituito i
cinquanta che mi doveva.
Bragan grugn - Da quando in qua ti sei messo a fare
prestiti?
Pa' sembrava nervoso. - Un vecchio amico.
Bragan non la bevette, ma alzle spalle. - Ne parliamo
dopo. Andiamo, ora. Ho il camion qui sotto.
- Lasciamo perdere , Willie - piagnucolPa'. - Non
sono molto in forma stasera.
Bragan fece un mezzo sorriso e prese una manciata di
sigari dalla scatola.
Pa' non grad ma Bragan piuttosto grosso ed meglio
non discutere con lui.
- Sul serio, Willie, tutto il giorno che sto da schifo.
Bragan annusuno dei sigari. - Prenditi due aspirine.
Li guardai mentre salivano sul camion, poi scesi per la
scala antincendio.
Faceva freddo in strada e io mi misi a camminare. Pa' non
sarebbe stato di ritorno per tre o quattro ore e io non potevo
aspettare cosa lungo. Non con quello che avevo per la testa.
Non so quanto tempo pass ma a un certo punto mi
trovai in una lunga strada buia, con dei magazzini su
entrambi i lati. Ero un po' stupito di essere arrivato fin l ma
giche c'ero mi sedetti nel vano di una porta e mi misi a
guardare il capannone che sorgeva quasi alla fine dell'isolato.
Un poliziotto sbucdall'angolo in fondo alla strada.
Procedeva lentamente, indirizzando la luce della torcia verso
l'ingresso dei magazzini.
A un certo punto si fermdi fronte al capannone che
stavo osservando. Parve tendere l'orecchio, poi estrasse la
pistola dalla fondina. In punta di piedi si avvicinall'ingresso
del magazzino e rimase in ascolto per un altro mezzo minuto.
Mi domandai se dovessi fare qualcosa, ma poi rammentai
quel che avevo sentito sulla scala antincendio e rimasi
immobile.
Il poliziotto aprdi colpo una delle porte scorrevoli e
saltdentro. La luce filtrall'esterno e vidi l'ombra
dell'uomo allungarsi sulla strada.
Attesi qualche istante, poi mi alzai e mi diressi verso la
porta spalancata.
Il poliziotto mi voltava le spalle, fermo sulla soglia con la
sua pistola.
Pa' e Bragan erano di fronte a lui con le mani sopra la
testa. La faccia di Pa' era bianca e il suo socio aveva
un'espressione cupa. Accanto a loro c'era il grosso camion di
Bragan, carico a metdi ricambi per automobili e di
pneumatici nuovi raccolti nel magazzino.
Bragan spostlo sguardo nella mia direzione e mi vide.
Il poliziotto se ne accorse e fece un balzo di lato come un
gatto impaurito, agitando la pistola a destra e a sinistra per
tenerci sotto tiro. - Va' linsieme agli altri.
Scossi la testa. - Io non c'entro. Stavo solo passando di
qui.
Il poliziotto si fece una risata acida. - Alle due del
mattino, ragazzo? Stronzate! - Agitdi nuovo la pistola. -
Mani in alto.
Sollevai il braccio destro. - Non posso alzare l'altro.
Guardil mio braccio corto e fece una smorfia. - Cos
avete messo uno storpio a fare da palo. Forse buono solo
per quello. Non vi sarebbe di grande aiuto per caricare le
gomme sul camion.
Guardai il poliziotto e mi accorsi che aveva gli stessi
occhi giallastri di Pa'.
Pa' deglut - Ascolta, possiamo metterci d'accordo.
Il poliziotto sogghign - Molto bene. Sono solo un
misero poliziotto. Il mio stipendio non gran cosa.
Dal tono di voce avrei detto che stava solo facendo finta,
ma Pa' ci provcomunque.
- Cinquecento- disse. - Posso arrivare a cinquecento.
Il poliziotto continua sogghignare. - Va' avanti.
Pa' era in un bagno di sudore. Aveva dei precedenti, e
sarebbero stati guai per lui se fosse finito davanti al giudice.
- Mille - propose. - Posso procurarteli in un giorno solo.
Anche Bragan lo stava fissando ora e si chiedeva,
immagino, se Pa' stesse fingendo o se avesse davvero quel
denaro. Forse stava ripensando al whisky e ai sigari.
Lo sguardo del poliziotto esplorl'immenso stanzone e si
possul telefono agganciato al muro.
La voce di Pa' divenne stridula. - Duemila - disse. -
Tremila.
Per un attimo il poliziotto parve interessato. Poi, dopo
avergli dato un'altra occhiata, stabilche probabilmente Pa'
non poteva disporre di una somma del genere.
Il poliziotto non era in grado di tenere tutto sotto
controllo: Bragan, Pa', me e il telefono. Forse decise che io
ero il meno importante.
Mi perse di vista per qualche secondo mentre si avviava
verso il telefono.
Ora Pa' mi stava guardando e i suoi occhi chiedevano
aiuto.
Non c'era molto tempo e dovevo decidermi. Esitai per un
attimo, poi mi chinai e afferrai un attrezzo di metallo
appoggiato al muro. Lo scagliai con tutte le mie forze e
l'attrezzo si abbattcon violenza sul cranio dell'agente.
Bragan fu il primo a riprendersi dallo shock. Andverso
la porta e la chiuse. Poi si inginocchiaccanto al corpo. Dopo
un attimo alzlo sguardo. - morto.
Annuii e buttai via l'attrezzo.
Pa' stava tremando. - stato il ragazzo. Noi non
c'entriamo.
Bragan si alzin piedi. - Ci siamo dentro proprio come
lui. Siamo complici, ormai.
Tirsu l'attrezzo e lo ripuldalle mie impronte con il
fazzoletto. - Bene - disse. - Andiamo.
Spalancle grosse porte del magazzino. Io mi misi da
parte e li guardai mentre salivano sul camion. Pa' sporse la
testa fuori dal finestrino. - Maledizione - mi grid - Salta
su.
Restai lper qualche istante, incerto. Ne avevo piene le
tasche di lui. Non sapevo se avevo ancora voglia di stargli
dietro, non sapevo neanche perchgli ero stato dietro per
tutto quel tempo...
- Per amor di Dio, figliolo, salta su - ripet e vidi i suoi
occhi spaventati saettare in direzione di Bragan.
Pa' avrebbe avuto dei problemi con lui per quei seimila
dollari. Poteva aver bisogno di me. E mentre ci pensavo,
capii il motivo per cui ero rimasto con lui: perchnessun
altro al mondo aveva mai avuto bisogno di me, o mi aveva mai
voluto per qualunque motivo, e io avevo un disperato bisogno
che qualcuno avesse bisogno di me...
- D'accordo - risposi. - D'accordo, Pa', vengo.

Wade Miller
Gli spaiati
"The Saint Mystery Magazine", luglio 1960

La prolifica coppia di autori formata da Bob Wade e Bill
Miller si cimentcon diversi tipi di narrativa gialla dalla
metdegli anni Quaranta ai primi anni Sessanta. Con lo
pseudonimo di Wade Miller i due scrissero sei eccellenti
romanzi hard-boiled con protagonista il detective di San
Diego Max Thursday; il primo episodio, Guilty Bystander
(1947) venne paragonato a Io, la giuria di Spillane e fu
portato sul grande schermo nel 1950, interpretato da
Zachary Scott. Con lo pseudonimo di Whit Masterson, Wade
e Miller pubblicarono diversi romanzi di suspense non
seriali fra cui Contro tutti, da cui Orson Welles trasse il
magnifico L'infernale Quinlan. (Dopo la prematura morte di
Miller nel 1961, per parecchi anni Wade continua produrre
ottima narrativa di suspense con il nome di Masterson.) Tra
i pochi racconti scritti dalla coppia, uno dei migliori questo
estratto da "The Saint Mystery Magazine", brevissimo e solo
apparentemente semplice. Nel corso della lettura vi
convincerete di aver capito perfettamente cosa sta
succedendo, ma potreste rimanere sorpresi da quella piccola
punta di veleno nella coda...
B. P.

Non capitava spesso che qualcuno lo notasse, e fu per
questo che avvertcosnitidamente lo sguardo della donna su
di lui. Era solo, seduto sul divano a due posti, quando lei
passsotto la volta e gli diede una prima occhiata. Doveva
sembrarle impacciato e smarrito, pens anche se lui riteneva
di essere semplicemente chino con aria meditabonda sul
drink seminascosto dalle mani enormi.
Lei aveva giil respiro pesante quando si fece strada a
fatica tra la musica, l'allegro brusio dei gruppetti immersi
nella conversazione e la cappa un po' opprimente del fumo
delle sigarette. Poi intravide il segno che lui aveva sul collo e
allungil passo verso di lui.
-I Longley hanno organizzato proprio una bella festa,
non trovi? - gli disse sfoderando un ampio sorriso destinato
chiaramente a impressionarlo.
- Gi- repliclui, lanciandole uno sguardo sospettoso.
La ragazza che aveva di fronte era pallida e magra, e lo
guardava con occhi scintillanti. Indossava una gonna di lana e
una maglia con le maniche lunghe abbottonata fino alla gola,
e non era male, anche se non proprio un tipo appariscente. Si
decise a rivolgerle un breve, timido sorriso.
- Be', io ho intenzione di sedermi, che tu me lo chieda o
no - lo informlei. Si accomod e lui si sentsfiorare dal
suo fianco morbido. - Mi chiamo Janis.
Lui si presentcome Ray Turrebon. - Chiedo scusa, sono
un po' lento in queste cose, ma all'inizio mi hai preso di
sorpresa, poi mentre ti guardavo mi venuto in mente che
avrei dovuto controllare che il tuo bicchiere non fosse vuoto...
Janis e poi?
- Ci sono varie risposte possibili. Ho alle spalle almeno
due matrimoni lampo che si sono rivelati un totale
fallimento. Sei sicuro di volerlo sapere? Ma forse ti sto
scandalizzando, Ray.
- Non proprio - affermlui. - solo che sono ancora
sorpreso... che qualcuno mi abbia preso di mira.
Lei inclinla testa verso di lui, con un gesto vezzoso. -
Mi fai sentire un'arpia. Si balla nella stanza dei giochi, lo sai?
- prova suggerire.
- S lo so. Ma non stiamo gibene qui?
- Ma certo. Chiedevo soltanto. - Sfioril bicchiere di lui
con il proprio e bevve come se stesse brindando a qualcosa. -
Sei arrivato molto tardi, e appena ti ho visto ti ho giudicato
un tipo modesto, introverso e pieno di segreti.
Lui rise, poco pidi uno sbuffo senza allegria, e si
osservil vestito. - Mi considero appena presentabile, se
questo che intendi, in un'occasione come questa.
- Allora non sei venuto qui spesso?
- Solo una volta, prima d'ora.
Lei ne sembrdeliziata, il che lo impensier Sentil
bisogno di spiegarle che lavorava come ragioniere praticante
nella ditta di Longley. Le disse del diploma, dei tre anni di
praticantato necessari per ottenere la qualifica di RALP, degli
esami in quattro sessioni, molto pirigorosi di quelli di
abilitazione degli avvocati, che si tenevano due volte all'anno.
Superi la prima, e non ne hai alcun vantaggio. Superi la
seconda, e ti resta la preoccupazione per le altre due. Be', ora
lui ne aveva gipassate tre, dunque gli rimaneva solo
l'ultima, l'esame di Teoria, il terribile appello di metanno
era di nuovo alle soglie, inesorabile, e lui stava studiando a
pinon posso. L'ultimo guado da attraversare, qualche mese
di praticantato da fare, e finalmente avrebbe potuto fregiarsi
del titolo di Ragioniere Abilitato all'esercizio della Libera
Professione. Per inciso, nel corso della conversazione le disse
che era scapolo.
Lei era un'eccellente ascoltatrice, e tuttavia lui aveva la
sgradevole sensazione di essere sotto esame. - Dev'essere
una vita piuttosto solitaria - fu il suo giudizio.
Il racconto delle sue prospettive di carriera lo aveva
stimolato. Cautamente fece scivolare una mano sopra quella
di lei, che aveva le dita ghiacciate a forza di reggere il suo
drink.
Lei appoggila testa sullo schienale, con un languore che
lui giudicfasullo. - Io sono solo una delle assistenti
dell'arredatore della signora Longley. la prima volta che mi
invitano a una di queste feste, Ray. Evidentemente qualcuno
mi ha trovato interessante. - Prima che lui riuscisse a
formulare una risposta galante, aggiunse: - Io credo che ci
abbiano scelto perchsiamo spaiati.
- Che vuoi dire?
- Per la festa. Cosse all'ultimo momento viene a
mancare una persona di un sesso o dell'altro, tutti possono
essere adeguatamente accoppiati. Alla padrona di casa
servono un ragazzo e una ragazza scompagnati, nel caso ce ne
fosse bisogno. Capisci?
- Non ti sembra che siamo un po' troppo vecchi per
essere definiti un ragazzo e una ragazza?
Lei sorrise ancora una volta. - D'accordo, caro. Diciamo
un uomo e una donna. Va meglio cos Che cos'che ti
tormenta, non vuoi dirmelo?
- La tua eccitazione. Sei su di giri dal primo istante in
cui mi hai abbordato. E non tentare di prendermi in giro
dicendo che emano un fascino particolare, o cose del genere.
Le donne non hanno mai mostrato questo tipo di interesse
per me, finora.
Lei abbasspudicamente gli occhi, per dimostrare che
non intendeva prendere in giro nessuno. - Le notizie mi
eccitano, mi eccita sempre sapere quello che succede alle
altre persone. Poco prima che ci incontrassimo, ho
abbandonato per un attimo la festa. Non sono uscita dalla
casa, o altro. Sono entrata in punta di piedi nella stanza dei
bambini e ho acceso il loro televisore, a volume bassissimo in
modo da non svegliarli. Volevo guardare il notiziario delle
dieci.
Lui sogghign - Un notiziario... ci vuol poco per
eccitarti. Ebbene, cosa succede nel mondo?
- Proprio qui, in citt.. - Lei si appoggialla sua spalla,
sfiorandogli la guancia con il suo respiro caldo. - Quel tizio
con il punteruolo da ghiaccio ancora in circolazione. Ha
aggredito un'altra donna stasera. la quarta in tre settimane.
Quel contatto cosravvicinato, quella spudoratezza lo
turbavano profondamente; ciononostante, lui alzle spalle: -
Non so di cosa parli. Temo di non essere molto aggiornato su
quello che si dice sui giornali.
- Oh, Ray, come fai a non saperlo? Non ha ancora ucciso
nessuno, ma tutte le donne della citthanno paura di uscire
sole la notte, ormai. Temono di essere assalite e di vedersi
bucherellare il loro prezioso corpicino.
- Molto interessante. - Lui le lasciandare la mano
gelata, e lei gliela fece scivolare, con grande naturalezza,
sulla gamba. - Be', se hai un cosprofondo e pressante
interesse per il delitto, si dil caso che ci sia un
viceprocuratore distrettuale qui fra noi stasera.
- Oh, quello! Odio i burocrati. Mi piace la gente vera,
senza ruoli da sostenere. Che c'di male nel voler fare
amicizia con te? Tu fai parte della gente vera. - Il
ragionamento, riconobbe lui, non faceva una grinza. Su
richiesta della donna, andnella stanza dei giochi a farsi
riempire i bicchieri. Quando torn fu lieto di vedere che lei
era rimasta ad aspettarlo sul divano, un divano per due sole
persone.
- Il crimine contagioso - disse lei per prima cosa -
specie quello sessuale. Stimola le persone a parlarne, a
pensarci. Immagino che ogni essere vivente debba avere una
vena di perversione.
- Bevi il tuo drink - disse lui. - Tu hai una vena di
loquacit
- questo che mi rende cosdannatamente affascinante.
- Lo fisse obbed Anche lui buttgiqualche sorso del suo
drink. Lei riprese: - Non che io biasimi del tutto quel povero
ragazzo. Hai mai pensato alla vita, alla monotonia della vita,
come a un autentico, lento stillicidio? Cio l'angoscia non
nulla, l'infelicitaccettabile, ma il nulla dev'essere
intollerabile. Oh, Ray, se solo ci penso mi viene da piangere.
- Per l'amor di Dio, non farlo. - Le mise un braccio
intorno alle spalle e lei si mise comoda, appoggiandosi a lui.
A quel punto gli chiese a cosa stesse pensando, e lui si rifiut
di confessarglielo. - Mi limitera dirti che ti si addice molto
questa posizione.
- L'arredo d'interni - mormorlei -conferisce un
occhio attento ai dettagli. Tra tutti i presenti alla festa, io
non ti ho visto. Sei arrivato dopo.
- Stavo studiando quella dannata Teoria. Ho perso la
nozione del tempo.
- Non interrompermi, tesoro. La prima cosa che ho
notato in te stata quella scalfittura su un lato del collo.
Come se una donna ti avesse graffiato con le unghie. Hai
litigato con una donna?
Lui sbuff - Credo che nessuno si sia mai interessato a
me fino a questo punto.
- Allora preferisci tornare dagli altri?
A lui piaceva tenerla tra le braccia, gli sembrava quasi di
sentire il sangue scorrere in quelle membra sottili. Tuttavia
disse, senza lasciarla andare: - Ti stai prendendo una bella
sbronza, mia cara.
- l' emozione, tesoro.
- C'un cespuglio di rose proprio accanto ai gradini
d'ingresso del palazzo in cui abito. Se domani la padrona di
casa non lo pota, le taglio la gola. Quel roseto mi ha quasi
staccato la testa quando sono uscito stasera, per venire alla
festa.
- Sono contenta che tu l'abbia fatto. - Con un lievissimo
movimento del capo, lo baciall'angolo della bocca. - Hai
qui la macchina?
- a riparare. Ho preso l'autobus.
- Bene. Ho la mia qui davanti, una decappottabile
piuttosto vistosa. Le rate mi stanno uccidendo ed un vero
tormento nelle serate fredde, ma va bene per andare avanti e
indietro.
Lui percepiva nitidamente il rapido pulsare del cuore di
lei e si augurava che servisse a celare il batticuore da
adolescente che lui stesso provava. - Avanti e indietro da
dove?
- Dal mio appartamento, caro, ovvio. Insomma, si pu
dire che mio nel senso che la mia coinquilina starvia di
sicuro per l'intero weekend. I miei drink sono migliori di
questi beveroni, quindi non sarebbe male se sgattaiolassimo
fuori di qui e ce ne andassimo dove possiamo stare soli, non
credi? Mi sembra di aver capito che tu vivi in una specie di
stanza in affitto; non ti piacerebbe passare un po' di tempo in
un appartamento di sole ragazze? Tutto rigorosamente
femminile?
Lui fece il massimo sforzo per controllare la propria voce.
- Tutto quello che voglio baciarti dove non ci sia una folla
di gente che passeggia avanti e indietro.
- Prendo la mia roba. - Lei si sciolse dall'abbraccio ed
entrambi si alzarono, guardandosi negli occhi. - Ti far
dimenticare il mio abbigliamento di stasera, gonna e
maglione. Ti ho visto mentre spiavi alcune delle ragazze che
giravano qui intorno, con quelle spalle nude, schiene nude, e
cosvia. Per la veritnon mi sentivo molto sexy stasera, fin
quando non ho messo gli occhi su di te. - Mentre si
allontanava, si volt - Sai, anche il simbolismo del
punteruolo mi affascina. Non ci hai mai pensato?
- L'unica cosa che mi venuta in mente come diavolo
sia riuscito quel tizio a procurarsi un punteruolo da ghiaccio
di questi tempi. Cominciavo a credere che fosse un arnese
ormai passato di moda. Ma suppongo che lo si trovi nei
negozi di ferramenta.
Lei sorrise e spar Per senso di responsabilitnei
confronti di Longley, lui si mescolal gruppo pivicino,
seguitando a pensare alla grazia ondeggiante del corpo di lei
e alle stravaganti elucubrazioni della sua mente. Casualmente
in quel gruppo si trovava il viceprocuratore distrettuale, che
era appena stato richiamato in ufficio per ragioni di lavoro.
Subito lui si mise ad ascoltare con grande attenzione.
Janis riapparve con una giacca sul braccio. Lui la prese
sotto braccio con un gesto possessivo, guidandola verso la
porta. - A completamento della tua serata - disse - ho una
notizia fresca fresca per te. Il tuo uomo con il punteruolo
appena stato preso e ha confessato tutto. Fa il manovale in
una ditta di costruzioni, ha moglie e quattro figli. Allora, che
ci trovi di simbolico in tutto questo?
Il viso di lei si irrigid - Stai mentendo. Non bello da
parte tua. Lo fai apposta.
- Non essere sciocca. Il viceprocuratore appena uscito.
Il caso chiuso.
Lei lo fissper un lungo istante, poi si staccda lui. -
Scusami, ho dimenticato qualcosa nella stanza della bambina.
Spardi nuovo. Dopo un po' lui comincia cercarla.
Prova dare un'occhiata fuori, ma automobili che si
potessero definire decappottabili vistose non ce n'erano pi
Anda porgere i suoi omaggi alla signora Longley, ma lei non
conosceva l'indirizzo di Janis e non ne ricordava il cognome.
Decise di lasciar perdere.
Al bar si mise a chiacchierare con l'uomo che preparava i
drink, con lo sguardo puntato sul grosso secchiello del
ghiaccio. - Non usate piil punteruolo da ghiaccio voi
baristi, vero?
- Per carit Ce lo danno giin cubetti, altrimenti credo
che smetterei di fare questo lavoro. Abbiamo questi
tritaghiaccio per alcuni tipi di cocktail, quelli preferiti dalle
signore... - Gli mostruna piccola tenaglia con dei recipienti
di metallo applicati alle ganasce. - Ah, e poi c'questo
apparecchio elettrico per tritare il ghiaccio molto fine.
- Capisco. Pensavo che magari, se avesse avuto un
punteruolo, avrebbe potuto vendermelo.
- Temo di no. E poi non sarebbe neanche mio.
- Ha ragione. Era solo un'idea, e neanche molto buona.
- Ordinun altro drink e torna mescolarsi agli invitati.

Day Keene
Niente di cui preoccuparsi
"Chase", 1945

Day Keenestato il prototipo dello scrittore
commerciale. Comincicon i radiodrammi negli anni Trenta,
passalle riviste pulp negli anni Quaranta e divenne una
colonna della nuova editoria economica degli anni
Cinquanta. Negli ultimi anni della sua vita approdalle
edizioni cartonate, e almeno due dei suoi romanzi furono
autentici bestseller; uno dei due, Chautauqua, era un libro di
eccezionale qualit Scrisse troppo, in modo spesso
trasandato e talvolta banale, ma anche le sue opere minori
rivelano un'intelligenza sottile e ironica. Negli ultimi anni i
suoi libri sono tornati di moda, ed giusto perchfu un
ottimo scrittore. Qualcuno si lamentato dello pseudonimo
da lui scelto,"Day Keene"; voi cos'avreste fatto, se il vostro
vero nome fosse stato Gunard Hjerstedt?
E. G.

Se era possibile indovinare i pensieri che si agitavano
dietro la fronte nobile e spaziosa del viceprocuratore Brad
Sorrel, nessuno di coloro che viaggiavano con lui nella cabina
passeggeri del volo Washington-Chicago se ne accorse,
mentre l'aereo girava intorno al Cicero Airport quindici
minuti dopo la mezzanotte. La hostess ne valutle ampie
spalle, le tempie brizzolate e la risata calorosa, e pensche la
donna da cui stava tornando era davvero molto fortunata. Il
suo vicino di posto lo trovaffabile e intelligente.
Mai nel corso del volo, ndurante le ore precedenti, c'era
stato qualcosa nella voce o nel comportamento di Sorrel che
potesse indurre qualcuno a dire: "L'avevo capito. Era
nervoso, non riusciva a concentrarsi. La sua conversazione
aveva un tono forzato. Parlava e agiva come un uomo che sta
per uccidere sua moglie".
Quella di Sorrel non era una decisione improvvisa. Aveva
preso spesso in considerazione l'idea di uccidere Frances, e
solo il fermo rispetto della legge che lui stesso rappresentava
l'aveva trattenuto. In nome dello Stato, aveva chiesto e
ottenuto la vita di troppi uomini per non tenere alla propria.
Per quanto la sua situazione matrimoniale fosse divenuta
intollerabile, era preferibile all'affrontare una giuria senza
avere il diritto di arringarla.
Le scritte luminose VIETATO FUMARE e ALLACCIARE LE
CINTURE DI SICUREZZA lampeggiarono sopra la porta della
cabina di pilotaggio. Le luci della pista vennero incontro
all'aereo.
- Ci siamo - pensSorrel. - Tra venti minuti, trenta al
massimo, Frances sarmorta. Poveretta.
Il suo vicino di posto stava finendo di raccontare la
complicata controversia e l'animata discussione che lo
avevano opposto all'Ufficio per il controllo dei prezzi. Sorrel
gli dedicava solo metdel suo cervello, esprimendogli
calorosa solidariet assicurandogli che aveva fatto bene, che
non poteva durare per sempre, che senz'altro il settore
privato era destinato a espandersi.
L'altra metdel suo cervello passava in rassegna le cose
da fare. Non sarebbe stato piacevole. Cercando una soluzione
al suo problema aveva vagliato, soppesato e valutato il
limitato numero di sistemi a disposizione per commettere
l'omicidio. Aveva scartato quasi subito quelli considerati pi
ingegnosi: incidente stradale, suicidio, morte accidentale.
Lasciavano troppi margini di fallimento; raramente avevano
successo. E c'era un motivo. Per quanto scaltro potesse essere
l'assassino, mai o quasi mai riusciva a tenere testa all'azione
combinata dei vari settori della legge: tecnico, esecutivo,
giudiziario.
L'investigazione, il processo e il giudizio su un crimine
erano diventate quasi delle scienze esatte.
L'arte di uccidere - le tre M: mezzo, metodo, movente -
non era cambiata molto nel corso della storia dell'uomo. Per
togliere la vita bisognava ancora sparare, accoltellare,
annegare, picchiare, strangolare o avvelenare la parte
avversa. E nonostante i cambiamenti sostanziali intervenuti
nell'arte di vivere, il piantico sistema conosciuto per
uccidere - colpire il soggetto da eliminare con il primo
oggetto che capita tra le mani - era ancora il pidifficile da
investigare, sempre che, naturalmente, il soggetto che aveva
inferto il colpo potesse ragionevolmente sostenere di trovarsi
altrove in quel momento.

Era quello il sistema scelto da Sorrel, al termine di
un'attenta riflessione. Aveva persino selezionato l'arma, uno
dei pesanti candelieri di vetro intagliato che si trovavano sul
tavolo da toletta di Frances.
- Murphy. Il mio nome J. P. Murphy - si presentil
suo vicino, stringendo energicamente la mano di Sorrel. -
stato un piacere conoscerla, procuratore. E se decide di
candidarsi per un posto al Senato, come si ipotizza sui
giornali, pusenz'altro contare sul mio voto.
La risata cordiale di Sorrel risuonnell'aeroplano. -
Grazie. Me ne ricorder Murphy.
Aveva solo la sua valigetta come bagaglio. La hostess
insistette per tirarla gidal vano portaoggetti al posto suo.
Lui le infildi nascosto una banconota nel taschino della
divisa. - Buon viaggio - disse sorridendo. - E grazie.
- Grazie a lei, signor Sorrel! - L'hostess ricambiil
sorriso. Non si incontravano spesso uomini cospiacevoli. Di
solito la mano che allungava la mancia indugiava, toccava,
cercando di far fruttare almeno in parte il proprio
investimento.

Uscendo dall'aereo, Sorrel si fermper un istante a
respirare l'aria della notte. Il bel tempo teneva ancora. Non
faceva ntroppo caldo ntroppo freddo.
Scese dalla scaletta e alzuna mano per salutare il pilota
mentre passava davanti al muso del velivolo. Lo faceva
sempre in occasione dei suoi frequenti viaggi. Non dovevano
esserci deviazioni dalla norma, neccessi nomissioni,
nessun atto di nervosismo tale da far nascere il germe del
sospetto.
Lui, John Sorrel, viceprocuratore, stava tornando da
Washington senz'altro per la testa che la felice conclusione
dell'incarico che l'aveva condotto laggi Non era nervoso. Si
sentiva benissimo. Fece del suo meglio per convincersene.
All'ingresso del terminal, Murphy gli mise una mano sul
braccio. - Prendo un taxi per il Loop. Se vuole dividerlo con
me...
- No, grazie - rispose Sorrel. - Ho la macchina che mi
aspetta... - Cercdi conferire alle sue parole il giusto tono
allusivo, senza essere volgare. - Vede, io... be', non vado
direttamente a casa.
L'altro ammicc - Capisco...

Si separarono dopo un'ultima stretta di mano. Sorrel si
rese conto che stava correndo il rischio di fare un po' troppo
il furbo. Ma pipersone sapevano, o credevano di sapere, che
lui appena sceso dall'aereo era andato direttamente
all'appartamento di Evelyn, pisolido sarebbe stato il suo
alibi.
Non aveva mai tenuto segreta la loro relazione. Dubitava
che un qualunque pubblico ministero, giudice o giuria - se
mai si fosse arrivati a questo - avrebbe messo in discussione
un alibi cosimbarazzante come quello di un marito costretto
ad ammettere che, mentre sua moglie veniva uccisa, era con
un'altra donna a maledire la defunta per avergli rifiutato il
divorzio.
Malgrado l'ora tarda il terminal era affollato. Vide tre o
quattro uomini che conosceva e rivolse loro un cenno cordiale
attraversando l'atrio.

Jackson lo stava aspettando al volante di un'auto del
dipartimento. Sorrel gettla valigetta sul sedile posteriore e
si sedette accanto a lui. - Ha ricevuto il mio messaggio, vedo.
- Naturalmente - rispose Jackson. - Vuole andare a
casa, in ufficio, o... - Lascia metla domanda.
Sorrel sospir - A casa, suppongo. Ma fermiamoci
all'Eldorado prima.
- Lo immaginavo - disse Jackson.
Sorrel si lasciportare, il gelido vento notturno sulle
guance, ansioso di lasciarsi alle spalle il suo compito. Se solo
Francis si fosse mostrata ragionevole! Se cosfosse stato, se
avesse accettato di divorziare da lui, tutto questo non sarebbe
stato necessario.
Giunto a destinazione disse a Jackson: - Non starvia
molto, credo.
Jackson frugnella tasca del panciotto in cerca di uno
stuzzicadenti. - Faccia pure con calma.
Diceva sul serio. Sorrel gli era simpatico, e anche Evelyn.
Era davvero molto bella, ma era anche una vera signora. Non
come Frances Sorrel: con quel linguaggio sboccato, il vizio di
bere e di litigare, non era certo la moglie adatta a un uomo
che presto sarebbe potuto diventare senatore. Anche se aveva
sentito dire in giro che quella donna aveva lavorato come una
schiava per mantenere Sorrel alla facoltdi Legge, e aveva
sempre giurato di essere diventata alcolizzata e infedele solo
dopo che lui si era mostrato troppo schizzinoso nei suoi
confronti.
Sotto la pensilina dell'edificio il portiere di colore mostr
i denti candidi a Sorrel. - Felice di rivederla, signor Smith.
da una settimana che veniva.
Sorrel accartocciun biglietto da cinque dollari e glielo
fece scivolare in mano. - Sono stato a Washington per
salvare la nazione.
Il portiere ridacchidivertito. - Ha detto che stato a
Washington per salvare la nazione - confida Jackson.
L'autista continua maneggiare lo stuzzicadenti. - Ah
s

Sorrel si fermper un attimo nell'atrio. Di colpo si
sentiva mancare il fiato. Era un omicidio. Lui, John Sorrel,
un viceprocuratore che sarebbe gidiventato procuratore se
non fosse stato per sua moglie, considerato dal partito un
possibile candidato al Senato, stava progettando di entrare di
nascosto in casa propria per rimuovere l'unico ostacolo che si
frapponeva al suo successo in politica.
Quel'argomento non sarebbe mai stato discusso,
comunque. Non sarebbe mai stato preso in considerazione.
Nessuno di quelli che contavano aveva mai menzionato
Frances. Ma lui sapeva che bisognava tener conto del voto
femminile. E data la situazione, il partito non avrebbe corso
quel rischio. Le scenate di Frances erano fin troppo note.
Beveva, lanciava insulti, gli era infedele. Anche se lui non era
mai stato abbastanza fortunato da ottenere delle prove da
produrre in un'aula di tribunale.

Chiuse gli occhi e rivide sua moglie durante la sua ultima
scenata in pubblico: grassa, sciatta, la faccia gonfia a forza di
bere. Era successo nell'atrio della Chalmer's House, davanti a
una cerchia di spettatori divertiti.
- Certo che sono ubriaca. E sono anche una sgualdrina -
lo aveva provocato, mentre lui tentava invano di zittirla. - E
non dirmi di chiudere il becco. Va all'inferno! Sono un essere
umano. Il tuo problema che sei diventato troppo importante
per accontentarti del tuo letto. Sei come uno di quei sepolcri
imbiancati di cui parla sempre Padre Ryan. - Si era rivolta
alla folla, la voce resa improvvisamente roca dal gin, mentre
le lacrime le rigavano le guance. - Non gli vado pibene,
ora. Io, che l'ho fatto studiare, che gli ho voluto bene quando
non aveva un soldo. - Aveva cercato di abbracciarlo. - Non
capisci? Io ti amo ancora, Johnny. - Le lacrime si erano
asciugate di colpo coscome erano spuntate. - E non
permettermai che una puttanella tutta dipinta ti faccia
passare per stupido pidi quanto tu non sia. E adesso
picchiami, avanti. Provaci, maledetto.
Sorrel riaprgli occhi, il momento di debolezza svan
C'era una sola cosa da fare. Ma almeno su una cose lei si
sbagliava. Lui era molto umano. Voleva intorno al collo le
braccia fresche e morbide di Evelyn, voleva sentirla dire
ancora una volta che un giorno tutto si sarebbe risolto,
bastava avere pazienza.
La mascella contratta, Sorrel aprla porta dall'ascensore
e premette il pulsante del dodicesimo piano. Aveva smesso di
avere pazienza. Aveva avuto pazienza per dieci anni. Non era
colpa sua, ma di Frances che era cresciuta insieme a lui. Ora
sapeva soltanto che non poteva pisopportare la sua vista, le
sue parole, il contatto con lei.
Questa notte doveva farla finita.

Di fronte alla porta di Evelyn estrasse la sua chiave dalla
tasca, poi si immobilizz conscio che se se l'avesse vista in
quel momento l'avrebbe resa complice del suo crimine.
Inoltre, lei avrebbe cercato di dissuaderlo. Era meglio che
non sapesse niente, finchnon era tutto finito.
La luce filtrava sotto la porta. La radio era accesa a basso
volume. La sentmuoversi, aprire e chiudere un cassetto. Era
abbastanza per sapere che aveva ricevuto il suo telegramma e
che lo stava aspettando. Brava ragazza. Evelyn era una
certezza. Qualunque cosa fosse successa, poteva contare su di
lei.
Scese al secondo piano, uscdall'ascensore e prese le
scale di servizio fino alla porta laterale. La coupera
parcheggiata ldove l'aveva lasciata. Aveva temuto solamente
che potessero rubarla.
Il motore si avvial primo colpo. Nella luce scarsa diede
un'occhiata all'orologio. Erano trascorsi cinque dei trenta
minuti che aveva a disposizione. A sessanta all'ora, i cinque
chilometri che doveva percorrere avrebbero richiesto cinque
minuti per ogni viaggio. Era l'una meno un quarto. Anche
lasciando sei minuti di scorta per gli imprevisti, gli restava
ancora un sacco di tempo per fare quel che doveva fare e
tornare all'appartamento di Evelyn entro mezz'ora dal
momento in cui aveva lasciato Jackson. All'una e un quarto
avrebbe telefonato gial portiere chiedendogli di far salire
l'autista con la sua valigetta e la bottiglia di whisky che
conteneva.

Non era preoccupato che Frances fosse uscita. Il
telegramma che le aveva mandato diceva che l'aereo arrivava
a mezzanotte. Aggrappata ai brandelli di quello che era stato
il loro matrimonio, aveva l'abitudine di farsi trovare in casa,
pio meno sobria, quando lui tornava.
- Non mi incastrerai mai in questo modo - gli aveva
detto una volta. - Sono una buona moglie per te, Johnny,
non vedi? E sarei pronta a diventare ancora migliore se solo
me lo permettessi. Perchnon ricominciamo tutto da capo?
C'erano varie risposte possibili a quella domanda, di cui
la migliore era Evelyn. Le due donne non si erano mai
incontrate. Frances sapeva della sua esistenza, nient'altro. Ed
era abbastanza.
Rallentando nei pressi dell'incrocio con la
Sessantatreesima, Sorrel si lascisfuggire un sorriso ironico
pensando al piano suggerito da Evelyn, basato sul fatto che
loro due non si erano mai viste.
- Sappiamo che ti tradisce, Johnny - aveva
puntualizzato. - Non ha alcun diritto di accusarti. E non mi
conosce. Potrei fare amicizia con lei in qualche bar, farmi
assumere come cameriera o qualcosa del genere, in modo da
procurarmi qualche solida prova per la causa di divorzio.
Sorrel si era rifiutato di ascoltarla. Frances era scaltra.
Un confronto fra le due donne era impensabile. Frances aveva
imparato a lottare nei bassifondi in cui entrambi erano nati:
all'ultimo sangue. Ma in quel momento si era sentito in colpa.
Anche lui aveva qualcosa da rimproverarsi. Lui, e nessun
altro, era responsabile delle infedeltdi Frances. Lei stava
solo cercando l'amore che lui le negava. Cosaveva detto a
Evelyn che ciche andava fatto lo avrebbe fatto lui. E ora
stava mantenendo la parola.
C'erano poche auto sulla Sessantatreesima, e nessuna
nella buia via residenziale in cui svolt Proseguper qualche
centinaio di metri e parcheggimezzo isolato piavanti e sul
lato opposto della strada rispetto a casa sua.
Le luci della cucina e della camera da letto di Frances
erano accese. La camera aveva le tende abbassate, ma not
una figura indistinta che attraversava la stanza, non pidi
un'ombra passeggera data la distanza.

Di colpo si sentbruciare gli occhi per la stanchezza.
Aveva un nodo alla gola, la bocca asciutta. Le mani sul
volante erano ghiacciate e madide. Rimase seduto per un
attimo, meravigliato di se stesso, inorridito da ciche era
venuto a fare. Era un omicidio. Qualcosa che altri uomini
avevano fatto per motivi non migliori del suo, e lui,
compiaciuto della propria superiorit protetto dalla torre
d'avorio della legge, aveva tuonato contro di loro e li aveva
chiamati assassini a sangue freddo.
Si costrinse a uscire dall'auto e attraversla strada.
Ormai si era spinto cosavanti che era deciso ad andare fino
in fondo. Con Frances morta ed Evelyn al suo fianco, non
c'era traguardo che non fosse alla sua portata.
Si fermsotto un grande olmo nel cortile, imprecando
per il tremito che gli scuoteva le mani. Non c'era ragione di
aver paura. La giustizia non lo avrebbe mai incastrato. Aveva
pianificato tutto alla perfezione. Non ci sarebbe stato alcun
movente di carattere economico. Frances non era assicurata.
L'unico vantaggio che lui ne avrebbe tratto sarebbe stata la
tranquillit e questo non era considerato un movente per
l'omicidio. Fra i ragazzi che lavoravano nel suo ufficio
sarebbe nato qualche sospetto, ma nessuno avrebbe potuto
provare nulla.

I punti deboli di Frances erano ben noti. Era tornata a
casa ubriaca. Si era dimenticata di chiudere a chiave la porta.
Nella notte un ladruncolo era entrato e l'aveva uccisa.
Nessuno sarebbe apparso pisorpreso e sconvolto di lui nel
trovarla morta, rientrando con Jackson da la un'ora.
Infilla chiave nella serratura. Il chiavistello all'interno
era tirato e la porta rifiutdi aprirsi. Si chiese se fosse
meglio suonare il campanello e ucciderla nell'ingresso, ma
decise di restare fedele, per quanto possibile, al piano
originario. Non c'erano armi potenziali nell'atrio, e anche un
solo grido avrebbe rotto il silenzio del quartiere immerso nel
sonno. Quel che doveva fare andava fatto in silenzio.
La porta sul retro, che dava sulla cucina, era aperta ma la
zanzariera era chiusa a chiave. Sorrel si infilun paio di
guanti e a tentoni frugin un angolo del portico dove si
ricordava di aver visto un punteruolo da ghiaccio tutto
arrugginito. La fortuna continuava ad assisterlo. Il
punteruolo era l Lo insernella porta e la scardin

Rimase sulla soglia in attesa, tendendo l'orecchio, ma non
udalcun rumore. Sul tavolo della cucina c'erano una
bottiglia di latte mezza vuota, un bicchiere velato di bianco e
i resti di un sandwich al burro di arachidi.
Questa volta Frances stava recitando la parte della moglie
sobria e contrita, pens
Credimi, John, io ti amo. Smetterdi bere. Fartutto
quello che mi dirai. Sei l'unica cosa che conta per me. Perch
non ricominciamo tutto da capo?
Gliel'aveva sentito dire costante volte che poteva
ripeterlo a memoria. Si accorse che la tenda della cucina era
sollevata. Qualcuno avrebbe potuto vederlo entrare, spiando
dalle finestre buie della casa a fianco. Con la fronte imperlata
di sudore, allunguna mano per premere l'interruttore e
ringrazidi essersene accorto in tempo. Erano proprio i
dettagli di un omicidio a mandare la gente sulla sedia
elettrica.
L'oscuritingigantiva la sua tensione. Si sentiva la bocca
sempre piarida. Udiva, o credeva di udire, il battito del
proprio cuore. Dovette far forza su se stesso per attraversare
la cucina, seguendo il muro a tentoni fino alle scale sul retro.
Ora percepiva dei rumori provenienti dalla camera da
letto, come se lei stesse aprendo e chiudendo i cassetti, alla
ricerca probabilmente di una delle bottiglie che era solita
nascondere a se stessa.
Percorse il corridoio buio fino alla porta chiusa della
camera, e il suo peso fece scricchiolare una delle assi. La luce
nella stanza si spense e la porta si apr Rimasero immobili,
divisi solo da pochi passi, consapevoli l'uno dell'altra ma
senza vedersi.
Il sangue, pensSorrel d'improvviso. Schizzerda tutte
le parti. Sarcoperto di sangue. Maledizione, perchnon ci
ho pensato!
In quel momento si rese conto che stringeva ancora in
mano il punteruolo arrugginito. Come arma poteva andare,
anzi era meglio di molte altre. L'Anonima Assassini l'aveva
eletta strumento principe della propria attivit Un
punteruolo da ghiaccio era l'arma del delitto nel processo
contro Manny Capper. Il sudore sulla fronte si fece gelato.
Manny era finito sulla sedia elettrica.
Galvanizzato dal suo stesso terrore, si lanciin avanti
con un grido rauco. La sua mano incerta trovla bocca di lei
appena in tempo per intercettarne il grido e soffocarlo sul
nascere, mentre il punteruolo affondava pivolte nella carne
morbida. Il corpo che stringeva tra le braccia smise di
agitarsi e si affloscisenza vita. Lo lascicadere sul
pavimento, con una sensazione di sollievo.

Il punteruolo gli cadde dalla mano ormai priva di forze.
Cercdi estrarre un cerino dalla tasca ma non vi riusc le
mani gli tremavano troppo forte. Terrorizzato dal buio, e
dalla donna che aveva ucciso, si inginocchiaccanto a lei e le
cercil battito con il polso, lo stretto lembo di pelle tra il
guanto e il polsino della giacca. Niente pulsazioni. Chiuso,
terminato, finis. Era libero.
Striscigiper le scale e attraversla cucina fino alla
porta. Poi si ricorddel punteruolo. Sarebbe risultato senza
impronte. Pensdi tornare a prenderlo, ma il suo stomaco si
ribell
Cosnon ci sarebbero state impronte sull'arma del
delitto. E allora? Molti topi d'appartamento amanti del
perfezionismo portavano i guanti. Niente di cui preoccuparsi.
Silenziosamente, senza che nessuno lo vedesse, ritorn
all'automobile e si esamini guanti nella luce fioca. Uno dei
due era leggermente sporco di sangue, ma i polsini della
giacca non sembravano macchiati. Non gli restava che
liberarsi dei guanti.
Era tutto passato, finito. Era libero. Niente poteva pi
fermarlo, niente poteva ostacolare la sua candidatura a
qualunque carica. Frances aveva recitato la sua ultima scena.
Lui era giovane, non aveva ancora quarant'anni. La sua nuova
vita era appena all'inizio.
Mentre guidava, l'orrore per ciche era stato costretto a
fare scem Aveva voglia di cantare, di urlare, di gridare alle
stelle che era libero. Si accontentdi sorridere.
Era stato relativamente facile, tutto sommato.
Appallottoli guanti e li gettfuori dal finestrino. Nessuno
poteva farli risalire a lui. Nulla lo collegava al delitto tranne
il fatto che lui e Frances erano sposati. Tornato all'Eldorado
parcheggila coupnello stesso spazio che occupava prima e
guardl'orologio, prima di spegnere i fari. Erano trascorsi
undici minuti dall'una. Era in anticipo di quattro minuti
rispetto al previsto.
Li impiegper arrivare fino all'angolo e lanciare
un'occhiata circospetta. Il portiere e Jackson erano immersi
nella conversazione. Confortato dal fatto che non avessero
sentito la sua mancanza, entrdalla porta laterale.
Avrebbe dovuto fare attenzione nel raccontare tutto a
Evelyn. Sarebbe rimasta inorridita, all'inizio, ma era
abbastanza sveglia da rendersi conto che non c'era altra
scelta. Ormai non aveva piimportanza. La cosa era fatta,
solo questo contava.
Bocca e gola erano tornate normali. La luce intensa
dell'ascensore non evidenzimacchie di sangue sul suo
vestito. Era stato fortunato. Fischiettando sommessamente,
quasi allegramente, inserla chiave nella porta.

La radio era ancora accesa, a basso volume. Con una
bottiglia del suo scotch preferito accanto, Frances era seduta
in una delle poltrone di Evelyn. - Sapevo che saresti venuto
prima qui- disse. - Cos'successo? L'aereo era in ritardo?
La fissa bocca aperta, incapace di liberare il grido che
gli era salito in gola.
- Povero sciocco - continula moglie. - Perchnon me
l'hai fatta conoscere? Perchnon mi hai dato la possibilitdi
notare che personcina a modo sia? Perchnon mi hai detto
che il partito voleva candidarti al Senato? Credevo che mi
conoscessi un po' meglio, John. Sei il mio uomo, lo sarai per
sempre. Nessuna puttanella ti portervia da me. Ma una
ragazza dolce come quella un'altra cosa. - Si ravvila
chioma disordinata. - Ne sono quasi onorata.
Sorrel riusca pronunciare una sola parola: - Evelyn...

Frances si versun bicchiere di whisky. - Oh, ma tu non
lo sai ancora. Be', lei si presentata da me stamattina e mi ha
raccontato una storia assurda, fingendo di essere una
cameriera disoccupata, figurati, con quelle unghie cos
lunghe. - Fece una risatina. - Cosl'ho assunta e l'ho fatta
entrare in casa. Probabilmente adesso sta frugando tra le mie
cose, per cercare informazioni su di me. - Frances prese dal
tavolo un foglio di carta gialla. - Non ha neanche avuto modo
di vedere il suo telegramma, perchho preso la sua chiave
dalla borsetta e sono venuta qui immediatamente dopo aver
ricevuto il mio. Non c'era niente di anormale nel messaggio
che mi hai mandato. Ma stato dopo aver letto questo che mi
sono fatta qualche domanda. - Lo lesse ad alta voce. -
"Amore. Aspettami nel tuo appartamento a mezzanotte. Non
uscire per alcuna ragione. E non fare entrare nessuno tranne
me. importante, piimportante di quanto immagini.
Sorrel non riconobbe la propria voce quando domand -
Tu... lo sapevi?
Frances Sorrel ebbe un lieve sorriso. - Io ti conosco -
ammise. - Ma non ti preoccupare. Non pensarci. Se il tuo
aereo era in ritardo, non c'niente di cui preoccuparsi.

Fredric Brown
Il suono del silenzio
"Black Mask", novembre 1948

Come molti suoi contemporanei, Fredric Brown imparil
mestiere scrivendo per le riviste pulp degli anni Trenta e
Quaranta. Gli oltre cento racconti pubblicati su "Detective
Tales", "Dime Mystery" e altri periodici aprirono la strada a
una straordinaria produzione di romanzi gialli: polizieschi
che avevano per protagonista la squadra di Chicago formata
da Ed Hunter e da suo zio Am (serie che ebbe inizio nel 1947
con Fabulous Clipjoint, premiato con un Edgar) e
memorabili thriller come The screaming Mimi e Knock
Three-One-Two. Il suono del silenzio uno dei tantissimi
raccontini corrosivi scritti da Brown, un genere di narrativa
piuttosto difficile nel quale egli si dimostrun maestro, e fu
l'unico suo racconto ad apparire sulla piimportante tra le
riviste pulp, "Black Mask", nel novembre del 1948.
B. P.

Si trattava di quella vecchia, insulsa controversia sul
suono. Se un albero cade nel folto di una foresta dove
nessuno pusentirlo, la sua caduta produce un rumore?
Esiste un suono se nessuno puudirlo? Avevo gisentito
affrontare l'argomento da professori universitari e da
netturbini.
Questa volta a discuterne erano il capostazione del
piccolo scalo ferroviario e un tipo muscoloso in tuta da
lavoro. Era il crepuscolo di una calda serata estiva; il
capostazione era affacciato alla sua finestra, che dava sul
marciapiede del binario, con i gomiti appoggiati al davanzale.
Il tipo muscoloso era addossato al muro di mattoni rossi
dell'edificio. La discussione tra i due procedeva in modo
circolare, come il volo di un calabrone.
Io ero seduto su una panca di legno lungo il marciapiede,
a circa tre metri di distanza. Ero forestiero, e aspettavo un
treno in ritardo. C'era un altro uomo presente, seduto sulla
panca al mio fianco, tra me e la finestra. Era un tizio alto,
corpulento, con il volto severo ed enormi mani callose. Pareva
un agricoltore con gli abiti della festa.
Non ero interessato nalla discussione nall'uomo al
mio fianco. Mi chiedevo solo quanto ritardo avrebbe
accumulato quel maledetto treno.
Ero senza orologio, l'avevo portato a riparare in citt E
dalla mia posizione non riuscivo a vedere quello della
stazione. L'uomo alto accanto a me ne aveva uno al polso, cos
gli domandai l'ora.
Non rispose.
Provate a immaginare la scena. Quattro persone: tre sul
marciapiede piil capostazione affacciato alla finestra. La
discussione tra il capostazione e l'uomo muscoloso. Sulla
panca, l'uomo che non parlava e io.
Mi alzai e andai ad affacciarmi alla porta spalancata della
stazione. Erano le sette e mezzo; il treno aveva dodici minuti
di ritardo. Sospirai e mi accesi una sigaretta. Decisi di ficcare
in naso nella disputa. Non che fossero affari miei, ma
conoscevo la risposta, e loro no.
- Scusate se mi intrometto - dissi - ma voi non state
affatto discutendo di suoni, bensdi semantica.
Pensavo che uno dei due mi avrebbe domandato cosa
fosse la semantica, ma il capostazione mi prese in
contropiede: - lo studio delle parole, vero? Suppongo che
lei abbia ragione, da un certo punto di vita.
- Da ogni punto di vista - mi ostinai. - Se cercate la
parola "suono" sul dizionario, vedrete che riporta due
significati. Il primo "la vibrazione di un mezzo, solitamente
l'aria, entro un determinato campo d'azione", il secondo
"l'effetto di tali vibrazioni sull'apparato uditivo". Le parole
non sono esattamente queste, ma tanto per dare l'idea.
Dunque secondo una di queste definizioni il suono - la
vibrazione - esiste indipendentemente dal fatto che ci sia o
meno qualcuno in grado di sentirlo. Secondo l'altra
definizione, le vibrazioni non costituiscono un suono a meno
che non ci sia un orecchio che le percepisce. Quindi avete
entrambi ragione: dipende semplicemente da quale
significato attribuite alla parola "suono".
L'uomo muscoloso disse: - Forse ha ragione lei. -
Guarddi nuovo il capostazione. - Diciamo che siamo pari
allora, Joe. Devo andare a casa. Ci vediamo.
Si avvilungo il marciapiede ed entrnell'atrio della
stazione.
- Notizie del treno? - domandai al capostazione.
- No - rispose. Si sporse ulteriormente dalla finestra,
guardando verso destra, e vidi che a un isolato di distanza
c'era un campanile con un orologio che prima non avevo
notato. - Dovrebbe essere qui a minuti, comunque. - Mi
sorrise. - Esperto di suoni, eh?
- Be', non direi - risposi. - Mi solo capitato di andare
a controllare sul dizionario. Conosco il significato del
termine.
- Capisco. Bene, prendiamo la seconda delle due
definizioni e diciamo che un suono tale solo se c'un
orecchio che lo percepisce. Cade un albero nella foresta ed c'
soltanto un sordo nelle vicinanze. La caduta produce un
suono?
- Suppongo di no - dissi io. - Non se lo consideriamo
dal punto di vista soggettivo. Non se il suono dev'essere
udito.
Buttai l'occhio casualmente alla mia destra, verso l'uomo
alto che non mi aveva risposto quando gli avevo chiesto l'ora.
Guardava ancora dritto davanti a s Abbassando leggermente
la voce, domandai al capostazione: - sordo?
- Chi, Bill Meyers? - Ridacchi C'era qualcosa di
insolito in quel ghigno. - E chi lo sa? Stavo proprio per farle
questa domanda: se quell'albero cade e c'qualcuno nelle
vicinanze, ma nessuno sa se sia sordo o no, abbiamo un
suono?
Aveva alzato la voce. Lo guardai, imbarazzato,
chiedendomi se non fosse un po' matto, o se stesse solo
cercando di tenere viva la discussione elaborando qualche
bizzarra variante.
- Nel caso in cui nessuno sa se sia sordo, nessuno sa se
c'stato un suono.
- Si sbaglia, signore - fece lui. - Quell'uomo saprebbe
se lo ha udito o no. Forse lo saprebbe anche l'albero, non
crede? E anche altri potrebbero saperlo, magari.
- Non capisco dove vuole arrivare. Cosa sta cercando di
dimostrare?
- Omicidio, signore. Fino a poco fa, lei era seduto
accanto a un omicida.
Lo fissai: non sembrava pazzo. Di lontano si udil debole
fischio di un treno. - Non la capisco - dissi.
- Il tizio seduto sulla panchina - spieg - Bill Meyers.
Ha ammazzato sua moglie. Lei e un bracciante della sua
fattoria.
Parlava a voce piuttosto alta. Mi sentivo a disagio, avrei
voluto che il treno fosse molto pivicino. Non sapevo cosa
fosse successo, ma avrei preferito trovarmi sul treno. Con la
coda dell'occhio osservai il tizio alto con il volto di marmo e
le mani enormi. Non aveva mosso neanche un muscolo del
viso.
Il capostazione prosegu - Le dico io com'andata,
signore. Mi piace raccontare questa storia alla gente. Sua
moglie era una mia cugina, una brava donna. Mandy Eppert si
chiamava, prima di sposare quel farabutto. Lui era crudele
con lei, una bestia. Lei non ha idea di quanto puessere
crudele un uomo con una donna indifesa.
"Lei aveva diciassette anni quando fece la fesseria di
sposarlo, sette anni fa. Ne aveva ventiquattro quando mor la
primavera scorsa. Aveva lavorato pidi quanto la maggior
parte delle donne lavorino in tutta la loro vita, in quella
fattoria. Lui la faceva sgobbare come un mulo e la trattava
come una schiava. Ma la sua religione le impediva di
divorziare o anche solo di lasciarlo. Capisce cosa voglio dire,
signore?"
Mi schiarii la gola, ma pareva non ci fossero osservazioni
da fare. L'uomo non aveva bisogno di sollecitazioni o
commenti, e prosegu
- E allora come si fa a biasimarla, signore, per aver
amato un brav'uomo, un giovane onesto che aveva la sua
stessa etquando si innamordi lei? Si innamore basta, ci
scommetto qualunque cosa, perchconoscevo Mandy. Si
parlavano, si guardavano, non potrei escludere che ci sia
stato qualche bacio rubato di tanto in tanto. Ma nulla per cui
valesse la pena di ucciderli, signore.
Ero sulle spine. Speravo che il treno arrivasse e mi tirasse
fuori da quella situazione. Bisognava che dicessi qualcosa,
comunque; il capostazione stava aspettando. Cososservai: -
E anche fosse, il codice d'onore roba d'altri tempi.
- Proprio cos signore. - Avevo dato la risposta giusta.
- Ma sa cosa fece quel bastardo seduto laggi Divent
sordo.
- Cosa?
- Diventsordo. Venne in citta farsi visitare dal
dottore e disse che aveva avuto dei dolori alle orecchie e che
non ci sentiva pi Temeva di essere diventato sordo. Il
dottore gli diede qualche intruglio da prendere, e sa dove
andlui quando uscdall'ambulatorio?
Non cercai di indovinare.
- Nell'ufficio dello sceriffo. Gli disse che voleva
denunciare la scomparsa della moglie e del bracciante,
capisce? Un bel dritto, eh? Firmla denuncia e disse che
avrebbe fatto causa se li avessero trovati. Faceva un'enorme
fatica a capire le domande che gli venivano rivolte, coslo
sceriffo si stancdi urlare e gliele fece per iscritto. Geniale.
Capisce cosa voglio dire?
- Non proprio. Sua moglie non era scappata?
- L'aveva ammazzata. Insieme all'altro. O meglio, li
stava ammazzando. Dev'essere durata un paio di settimane,
pio meno. Li trovarono un mese dopo.
Il suo sguardo si fece torvo, il volto scuro dalla rabbia.
- Nell'affumicatoio - disse. - Un nuovo affumicatoio di
cemento, che non era ancora stato utilizzato. Con un
lucchetto fuori dalla porta. Dopo che i corpi furono ritrovati,
lui raccontche un giorno passando per l'aia, circa un mese
prima, aveva notato che il lucchetto era aperto e non era
infilato nell'anello.
"Capisce? Per evitare che il lucchetto si perdesse, o
venisse rubato, lo infilnell'anello e lo chiuse."
- Mio Dio - feci. - E loro erano ldentro? Sono morti di
fame?
- la sete a ucciderti per prima, quando ti manca da
bere e da mangiare. Loro cercarono in tutti i modi di uscire,
naturalmente. Incisero la porta fino a metdel suo spessore
con un pezzo di cemento che lui era riuscito a staccare dalla
parete. La porta era spessa. Immagino che ci abbiano
picchiato sopra a lungo. Era un suono quello, signore, se solo
un sordo viveva laccanto, e ci passava davanti venti volte al
giorno?
Ridacchidi nuovo, senza allegria. - Il suo treno sta per
arrivare. Ha sentito il fischio? Si ferma vicino al serbatoio
dell'acqua. Sarqui entro dieci minuti. - E senza cambiare
tono di voce, solo alzando di nuovo il volume, aggiunse: - Fu
un brutto modo di morire. Anche se avesse avuto motivo di
ucciderli, solo un bastardo figlio di puttana avrebbe potuto
farlo in quella maniera. Non crede?
- Ma lei sicuro che...
- Che sia sordo? Certo, come no? Non se lo immagina
davanti a quella porta sbarrata, mentre ascolta con le sue
orecchie malate i colpi provenienti dall'interno? E le urla?
"Certo che sordo. Ecco perchposso dirgli tutto questo,
e gridarglielo nell'orecchio. Se ho torto, lui non pusentirmi.
Ma mi sente, invece. Viene qui apposta per sentirmi.
Non potei fare a meno di chiederlo. - Perch Perch
dovrebbe... se lei ha ragione?
- Gli faccio un piacere, ecco perch Lo aiuto, in modo
che quel miserabile si decida finalmente ad appendere un
cappio alla grata sul soffitto dell'affumicatoio per impiccarsi.
Finora non ne ha avuto il coraggio. Costutte le volte che in
cittsi siede per un po' qui nella stazione a riposarsi. E io gli
ricordo che razza di assassino bastardo lui sia.
Sputverso i binari. - Qualcuno di noi sa come stanno le
cose. Lo sceriffo no, non ci crederebbe, direbbe che difficile
da dimostrare.
Un rumore di passi mi fece voltare. L'uomo alto con le
mani enormi e il volto di marmo si era alzato. Non si volt
verso di noi e comincia scendere i gradini.
Il capostazione disse: - Si impiccher ormai manca
poco. Non verrebbe qui a sedersi se non fosse per quello, non
crede, signore?
- A meno che - feci - non sia davvero sordo.
- Certo. Pudarsi che lo sia. Ora capisce cosa volevo
dire? Se un albero cade e l'unico uomo che potrebbe sentirlo
forse sordo e forse non lo un suono quello oppure no?
Be', ora devo andare a preparare il sacco della posta.
Mi voltai a guardare l'alta figura che si allontanava dalla
stazione. Camminava lentamente e le spalle, grosse
com'erano, parevano un po' curve.
L'orologio del campanile inizia battere le sette.
L'uomo alto sollevil polso e diede un occhiata
all'orologio.
Sussultai. Poteva essere stata una coincidenza,
naturalmente, e tuttavia sentii un brivido gelido lungo la
spina dorsale.
Il treno arriv e io salii in carrozza.

Donald Wandrei
Tic tac
"Black Mask", novembre 1938

Donald Wandrei noto soprattutto per i suoi bizzarri
racconti fantasy e per aver fondato nel 1939, insieme ad
August Derleth, il prestigioso marchio editoriale Arkham
House. Ma negli anni Trenta scrisse oltre trenta racconti e
romanzi brevi di genere giallo, quasi tutti pubblicati sulle
riviste pulp "Clues" e "Black Mask". Il migliore senza alcun
dubbio Tic tac che nel 1937, quando fu pubblicato, dovette
impressionare e turbare i lettori di "Black Mask". Ancora
oggi rimane una storia di ossessione omicida
straordinariamente tesa, agghiacciante e (letteralmente)
esplosiva.
B. P.

Jud Kerrun avvolse con cura la scatola nella carta
ricavata da un sacchetto marrone della drogheria e legil
pacchetto con un comune spago bianco. Prese una mascherina
dal banco da lavoro, la appoggisul lato destro dell'oggetto,
in basso, e ci passsopra rapidamente un pastello a cera
nero. Quando rimosse la mascherina, sul pacchetto si leggeva
un indirizzo in stampatello, a caratteri marcati: LESLIE
GRAMM, 307 FRONT ST.
Avvicinl'oggetto all'orecchio.
Tic tac
Era un sussurro cosflebile che non era neanche sicuro di
averlo udito.
Jud infilil pacchetto in una scatola di cartone posata su
uno strato di giornali vecchi. Aggiunse un maglione rosso,
incartil tutto con i giornali e si infill'involto sotto il
braccio.
A quel punto si tolse i guanti e li mise via.
Era questo il modo giusto di agire. Anche se qualcosa
fosse andato storto, i poliziotti non avrebbero trovato
impronte, indizi, o scritte a mano.
Si sfregil mento ispido con il dorso della mano mentre
apriva la porta. Il sole del tardo pomeriggio insinuper un
attimo i suoi raggi obliqui all'interno dell'officina-garage,
sfiorando un'automobile malconcia, vecchia di sei anni, e il
banco da lavoro laccanto, con il ripiano ingombro di pezzi di
filo e di metallo e cosparso qua e ldi mucchietti di polvere
nera. Tutta quella roba poteva sistemarla pitardi. Il tempo
era cruciale, ora. Il tempo diceva:
Tic tac
Uscendo, Jud chiuse la porta a chiave. Strizzgli occhi
finchnon si abituarono al sole. Torna grattarsi il mento,
nervosamente; poi osservla mano stretta a pugno con
sguardo torvo e lascicadere il braccio, incamminandosi
lungo il fianco di una casa di legno a due piani, con la vernice
tutta scrostata.
Un bruco strisciava sul margine del prato che costeggiava
il sentiero. Jud devitre passi dal suo percorso per
schiacciarlo.
Riprese il sentiero con andatura sciolta, dinoccolata.
Aveva le spalle curve, l'atteggiamento un po' scomposto.
Persino il sudicio cappello marrone gli penzolava sulla
sommitdella fronte, come se volesse sfuggirgli. Camminava
con una sorta di fiacchezza sospesa, con passo furtivo, ma un
flusso di energia gli correva nel torace robusto, nelle spalle,
nelle lunghe braccia muscolose, e nei suoi occhi azzurro
chiaro si annidava una fiamma ardente, bramosa.
- Jud!
Fece una smorfia. Quella maledetta ficcanaso!
- Jud, stai andando in citt - Era una donna magra,
stanca, e doveva essere stata bella un tempo, ma con gli anni
il suo volto aveva perso ogni traccia di speranza. Il grembiule
annodato in vita, stava sotto il portico agitando un pezzo di
carta stretto tra le dita.
- Jud - grid- ho bisogno che tu mi prenda delle cose
in drogheria.
- Manda il ragazzo.
- Pete fuori a giocare da qualche parte.
Jud non si ferm - Aspetta che sia tornato.
- Ma mi servono per cena.
- Per chi mi hai preso, per un mulo?
- Jud, dove vai?
- Lascia perdere. Non sono affari tuoi. - rispose lui,
bruscamente, e si incamminlungo il marciapiede senza
neanche voltarsi indietro.
Vedeva a malapena dove andava. L'odio per Leslie Gramm
gli ribolliva nella mente come una tempesta di fuoco. Era
stato Gramm, il sovrintendente all'impianto, a impedirgli di
diventare caporeparto, o almeno responsabile della sua
sezione. Ogni anno qualcuno veniva promosso, ma non Jud
Kerrun. Leslie Gramm non lo stimava. Leslie Gramm ce
l'aveva con lui. Leslie Gramm avrebbe fatto in modo che Jud
non ottenesse mai un lavoro migliore con una paga migliore.
L'unico modo per Jud di sistemare la faccenda era
sistemare Leslie Gramm. Allora ci sarebbe stato un nuovo
responsabile, e un avanzamento di grado lungo tutta la linea.
Jud aveva un diritto di anzianit Doveva essere nominato
almeno caposezione questa volta.
Il bello era che nessuno aveva motivo di sospettare di
Jud. Lui e Leslie non si erano scambiati pidi qualche parola
in fabbrica. Nessuno avrebbe mai immaginato che Jud avesse
un movente. La polizia si sarebbe trovata di fronte a un
compito impossibile. Conflitti di lavoro, scioperi e scontri tra
sindacati rivali avevano imperversato in fabbrica per tutta
l'estate. La responsabilitsarebbe ricaduta sui sindacati o
sugli scioperanti.
Si lascialle spalle il gruppo di edifici in legno, vecchi e
fatiscenti. La strada faceva una curva seguendo un lungo
pendio sulla sinistra. Sul lato opposto si stendeva un campo
abbandonato. Alcuni ragazzi giocavano a baseball sulla
superficie accidentata e una manciata di spettatori assisteva
alla partita, dando le spalle a Jud. Nessuno lo vide. E
comunque, erano tutti troppo lontani, in mezzo al campo, per
accorgersi di lui.
Alla curva successiva, Jud prese un sentiero che si
arrampicava su per la collina. A metstrada si ferm tese
l'orecchio per assicurarsi di essere solo, poi si inoltrnel fitta
macchia di alberi e cespugli.
Quando ricomparve e riprese il sentiero, parecchi minuti
dopo, era senza cappello, indossava il maglione rosso e sotto
il braccio non aveva pil'involto di prima ma solo il
pacchetto, delle dimensioni di una grossa scatola di sigari,
con la sua debole vocina:
Tic tac
Attese. Aveva fatto spesso quel percorso per andare in
fabbrica. C'era un altro gruppo di case sulla collina. Sapeva
che solo i ragazzi passavano di lper andare al campo a
giocare.
Una ragazzina venne giper il sentiero. Aveva i capelli
lunghi e fini, color caramello, e indossava un grembiulino di
un blu sbiadito. Braccia e gambe erano scoperte, e abbronzate
dal sole. Lo fisscon la schietta curiositdei piccoli, lo
sguardo attirato soprattutto dal maglione rosso vivo.
- Vuoi guadagnare due monetine, piccola?
Lei si ferm adocchiando il pacchetto. - Cosa c'l
dentro, signore?
- Ah, un regalo per un tizio. Un orologio. Mi serve
qualcuno che glielo consegni immediatamente.
- Oh. - La bimba arricciil naso. - La mamma mi ha
detto che non posso star fuori molto.
- Ci vorrmeno di mezz'ora, e avrai due monetine tutte
per te. Devi solo consegnare questo pacchetto. L'indirizzo
307 Front Street. una casa d'angolo, di colore verde.
Lei annu - Ha un buffo leone di pietra davanti.
- Esatto, esatto, proprio cos Tutto quel che devi fare
lasciare lil pacchetto. Suonare il campanello e lasciarlo
davanti alla porta. Non c'bisogno che aspetti. un regalo di
compleanno, quando l'avranno aperto capiranno chi l'ha
mandato.
Tirfuori due monete. - Eccoti quindici centesimi. Torna
qui di corsa e te ne daraltri dieci.
La bimba sembrava dubbiosa. - La mamma ha detto
che...
- Sarai a casa in tempo. Non lontano, solo nove o dieci
isolati. Puoi andare e tornare in mezz'ora, senza problemi.
- La mamma non vuole che io accetti regali dai grandi.
Ha detto cos Mi ha detto di stare alla larga dagli
sconosciuti.
Jud imprecsottovoce. Fece un sorriso stiracchiato,
mostrando i denti. - Certo, certo, giusto. Tua madre ha
ragione. - Fece tintinnare le monete. - Credevo solo che una
ragazzina sveglia come te fosse interessata a guadagnarsi un
quarto di dollaro, tutto qui. Non ci vorrebbero pidi venti o
trenta minuti.
Lei non riusciva a staccare gli occhi dalle monete. Con
l'esasperante, inossidabile, inoppugnabile logica delle
creature piccole e innocenti domand - Perchnon ci vai
tu? Se devi aspettarmi qui, tanto vale che lo porti tu
l'orologio, e poi torni qui, cosnon ti costerun soldo.
Jud provil desiderio di sculacciare quella piccola peste.
Fece tintinnare le monete ancora una volta. - Certo che
potrei, ma sono un po' stanco di camminare. Vai pure.
Troverun ragazzino sveglio che...
Fece per mettere via i soldi. Cominciava a innervosirsi.
Poteva arrivare qualcuno da un momento all'altro.
Fu la scomparsa del denaro a farla decidere. Tese le mani.
- Dammi i soldi. Ci vado io.
Esitante, come se anche lui avesse cambiato idea, Jud le
consegnil pacchetto e quindici centesimi. - Ti do il resto
quando torni.
Lei scosse la testa ostinatamente. - No, lo voglio adesso.
Come faccio a sapere che mi aspetterai per davvero?
Jud l'avrebbe volentieri presa a schiaffi. Ma era sull'orlo
del panico. Non poteva rimanere la discutere con quella
sciocchina. I minuti volavano.
- D'accordo. Eccoti l'altra moneta. E ora sbrigati, sono
quasi le sei e mezzo. Devi consegnare l'orologio entro le sette
in punto. E tienilo stretto, non farlo cadere!
- Perch
Per poco Jud non url - Quel signore compie gli anni e
non sarin casa stasera, capisci? Deve riceverlo entro le
sette. Corri, adesso, fa' in fretta! Si rompe se lo fai cadere!
Lei corse giper il sentiero. Jud rimase a guardarla, il
volto teso, finchlei non scomparve dietro una curva. Si
grattnervosamente il mento ispido con il dorso della mano.
Poi scomparve nel bosco.
Si levil pullover rosso, lo infilnella scatola da scarpe
vuota e incartil tutto nel giornale. L'involto aveva lo stesso
aspetto di prima. Si rimise in capo il malconcio cappello
marrone.
Qualche minuto dopo scendeva a grandi passi giper il
sentiero con l'involto sotto il braccio. Allontancon un calcio
rabbioso un paio di ciottoli sparsi sul suo cammino. Quando
raggiunse il marciapiede, si arrotolun sigaretta e se la
appese a un angolo della bocca. La brace scintillava mentre
lui si trascinava stancamente verso casa.

Le mano in cui teneva gli spiccioli era tutta sudata, e
dopo un po' la bimba ripose due delle monetine in un
fazzoletto, lo appallottole lo ficcnella tasca del
grembiulino, conservando una delle due da dieci in mano.
Prosegulungo il sentiero alla base della collina. Dopo un
tratto lungo come un paio di isolati, la collina fin e fin
anche il campo sull'altro lato della strada. All'angolo un
gruppo di ragazzi giocava a softball.
Quando fosse ripassata di l al tramonto, la partita
sarebbe stata gifinita. Era molto pidivertente guardare il
gioco che consegnare quel buffo pacchetto che faceva:
Tic tac
E poi mancavano solo sette, otto isolati, non ci voleva
molto per arrivare a destinazione. Poteva farcela
tranquillamente per le sette. E se fosse arrivata con qualche
minuto di ritardo? Non aveva poi molta importanza che
l'uomo ricevesse il suo maledetto orologio alle sette o in un
altro momento, purchlo avesse. Il problema era che non
poteva rimanere fuori troppo a lungo. Ma sarebbe tornata a
casa prima che facesse buio. C'era un sacco di tempo.
Attraversla strada e si mise a gironzolare, guardando la
partita. Conosceva diversi giocatori e rispose gaiamente alle
loro grida di saluto. Altri ragazzi, qualche ragazza e un paio
di adulti seguivano l'azione seduti su una panca di legno
rovinata dalla pioggia.
Si strinsero per farle posto. Lei si sedette tenendo in
grembo il pacchetto, che bisbigliava debolmente:
Tic tac
Strano regalo di compleanno, pens Avvicinil pacchetto
all'orecchio e lo scosse, ma non sentmuoversi nulla
all'interno. Doveva essere un orologio piuttosto grande. Una
sveglia, magari. Posdi nuovo il pacchetto sulle ginocchia e
se ne disinteress concentrandosi sul gioco.
Jimmy Roth, sul piatto, saltava e chiamava il lanciatore.
Quest'ultimo scaglila palla dal basso verso l'alto e Jimmy
sferrun colpo con tutte le sue forze. Wham! La palla sorvol
il campo interno ricadendo tra la fascia sinistra e il centro, e
rotolvia inseguita dai due difensori.
Fra le urla di tutti i giocatori il ragazzo che era in
seconda raggiunse di corsa la casa base, mentre Jimmy fece il
giro a tale velocitche giunto alla terza scivole cadde. La
palla era quasi giunta a destinazione. Jimmy si rialze corse
verso il sacchetto di tela del piatto. La palla arrivprima di
lui, ma il ricevitore non riusca trattenerla. Jimmy attravers
il piatto segnando l'home run mentre la palla rimbalzava sul
guantone del ricevitore schizzando verso la panchina.
Era un vero spasso. La squadra aveva perso.
- Qual'il punteggio? - chiese la bambina all'uomo
accanto a lei.
- Sedici a dodici.
- A quale inning?
- Alla fine del quarto.
Il gioco prosegu e si fece pieccitante. L'altra squadra
pareggisedici a sedici nella mezza ripresa successiva.
L'uomo seduto accanto alla bimba decise di andarsene e
alzandosi la urt Il pacchetto scivolgie lei allungle mani
per trattenerlo, afferrandolo per lo spago e bloccandolo
sull'orlo delle ginocchia appena prima che cadesse per terra.
Lo avvicinall'orecchio; non sembrava che lo scossone lo
avesse danneggiato. All'interno la vocina continuava a
bisbigliare:
Tic tac
La bimba balzin piedi. Assorbita dal gioco, si era
completamente dimenticata di consegnare il pacchetto.
- Che ore sono, signore? - chiese all'uomo che stava
andando via.
Lui diede un occhiata all'orologio che aveva al polso. -
Un quarto alle sette.
Lei corse via, un po' saltellando, un po' correndo, per un
paio di isolati, poi rallent Le sette in punto, le sette in
punto, continuava a ripetersi. Era quella l'ora in cui lui le
aveva detto di recapitare il pacchetto. No, aveva detto di
portarlo prima delle sette. Prima delle sette. Suonare il
campanello e lasciarlo lprima delle sette. Ma la corsa l'aveva
lasciata senza fiato. Boccheggiava. Perchaffrettarsi? Perch
correre a gambe levate per un maledettissimo orologio, che
non sapeva far altro che ripetere:
Tic tac
Passdavanti a un negozietto di dolciumi e osservla
vetrina con desiderio. Stecche di liquirizia, caramelle
morbide, pastiglie di menta amara, gomme da masticare,
barrette candite, cioccolate, wafer alla menta, lecca lecca
giganti, gelatine di frutta, pasticche, caramelle gommose,
noccioline caramellate e altre squisitezze occhieggiavano
invitanti. Avvertun leggero prurito alla mano, dove teneva la
moneta da dieci centesimi. Cosa comprare? Cinque centesimi
di dolci assortiti e una confezione di noccioline caramellate?
O un lecca lecca gigante e un cono gelato alla vaniglia? O
ancora un doppio cono grande, cioccolato e fragola?
Un movimento oscillante catturla sua attenzione. Il suo
sguardo si possu una pendola a muro. Le lancette segnavano
le sette meno dodici. A ogni oscillazione del pendolo le
sembrava di sentirne il rintocco, e un orologio cosgrande
doveva produrre un rumore ben piforte di quello che aveva
con s un grosso, imponente:
TIC TAC
Le sette meno dodici. Ancora sei isolati da percorrere. Ci
volevano solo dieci minuti, in realt ma sarebbe arrivata
dopo le sette se si fosse fermata nel negozio a comprare un
doppio cono gelato, cioccolato e fragola.
Si allontandi malavoglia dalla vetrina dei dolci. Sentiva
un pizzicore al naso nel punto in cui l'aveva premuto contro il
vetro. Si grattfinchil prurito non andvia.
Giunse alla drogheria all'angolo dell'isolato successivo.
In vetrina c'era un altro di quei grossi orologi a pendolo. La
lancetta segnava tra i dieci e i nove minuti alle sette. Capche
doveva affrettarsi un po', o sarebbe arrivata in ritardo.
Stava per mettersi a correre, quando un ragazzo le si
affiance fece per sorpassarla, camminando a passo svelto e
animato. Era un po' pialto di lei, e poteva avere un anno in
pi La testa arruffata spuntava da un collo magro. Aveva le
mani sprofondate nelle tasche e faceva dondolare i gomiti
camminando. Il naso tozzo era sospeso come una piccola
biglia rotonda sul corto labbro superiore e gli conferiva un
espressione birichina, come se fosse stato sorpreso a rubare
monetine a un compagno di gioco. La bimba ricordava
vagamente di averlo visto sulla panchina mentre guardava la
partita.
Lui le diede un'occhiata e rallent - Com'che ti
chiami?
Lei non rispose, ma allungil passo.
- Com'che ti chiami? - ripetlui, mantenendo la sua
stessa andatura.
- Lasciami stare!
- Perchcorri? Non avrai mica paura, no?
Lei strinse ancor di piil pacchetto sotto il braccio.
Riusciva quasi a distinguere il suo debole pulsare:
Tic tac
La monetina le scivolava dalla palma sudata. La serrtra
pollice e indice. - Non ho paura di te.
- E di cosa allora, fifona?
- Non ho paura e basta.
- E allora perchcorri, eh?
- Ho fretta. Devo portare questo pacchetto a un tizio.
Bisogna che lo riceva entro le sette.
- Perch
- il suo compleanno. Deve averlo entro le sette. Cosha
detto quel signore.
- Cosa c'dentro?
- Non sono affari tuoi. Lasciami in pace!
Lui insistette. - Come si chiama? Dove abita?
- C'scritto sulla scatola. Vattene!
Ma lui non mollava. Il suo sguardo scivolsulla moneta
in mano alla bimba. - Perchglielo porti tu? Che ti ha
promesso in cambio?
- Mi ha gipagato - comincilei, e si interruppe,
temendo di aver detto troppo.
Stavano passando davanti a un negozio di alimentari.
All'interno, una luce sopra il bancone illuminava il quadrante
di una sveglia. Le lancette segnavano le sette meno sette
minuti. Ancora quattro isolati; doveva sbrigarsi.
Fece per attraversare la strada. Lui le restincollato, e
disse: - Dammelo. Glielo porto io.
Lei scosse la testa e fece per infilare la moneta nell'unica
tasca del suo grembiulino, ma sull'orlo del marciapiede mise
un piede in fallo e incespic tendendo le mani in avanti per
frenare la caduta. Il pacchetto le sfugge comincia cadere.
Fu un attimo. Il ragazzo le saltaddosso, le strappla
moneta dalla mano e si impadrondel pacchetto,
spintonandola. La bambina cadde a terra, graffiandosi le
mani e le ginocchia nude sul cemento, mentre il ragazzo si
eclissava con uno sberleffo.
La bimba scoppia piangere. Si alze fece qualche passo
per inseguirlo, ma lui era gilontano e guadagnava terreno.
Le ginocchia le dolevano. Abbasslo sguardo e le vide
scorticate e sanguinanti, incrostate di terra.
Si mise a piangere ancora piforte. A tentoni cercil
fazzoletto e si asciuggli occhi. Attraverso la stoffa percepil
nitido contorno delle altre monete.
Dopo un po', le lacrime cessarono. La bimba annodil
fazzoletto e lo rimise in tasca. Si volte lentamente si
incamminverso il negozio di dolci e il suo doppio cono
gelato di fragola e cioccolato.

Il ragazzo corse per mezzo isolato, poi si voltper
controllare che la bambina non lo stesse inseguendo. Ma lei
era lferma, in lacrime. Continua correre per un altro
isolato, tanto per essere sicuro.
Poi lesse l'indirizzo sul pacchetto, compitando con le
labbra: - Leslie Gramm, 307 Front Street. Caspita, sono
solo... vediamo, uno, due, due isolati e mezzo da qui. Ehi,
nonna, sa che ore sono?
Una donna anziana lo squadr - Ma certo, mio caro
ragazzo, so benissimo che ore sono - disse, e si allontan
indignata.
Lui le fece una boccaccia dietro le spalle e si avvi Non
potevano essere gile sette, ma mancava poco,
probabilmente. Da un'auto parcheggiata accanto al
marciapiede la radio annunci - Ogni giorno a quest'ora, sei
e cinquantacinque del pomeriggio, i risultati delle partite di
baseball vi sono offerti da...
Non si fermad ascoltare il resto. Le sette meno cinque.
Due isolati e mezzo. Puah, era un'inezia. Chiunque era in
grado di percorrere due isolati e mezzo in cinque minuti.
E a pensarci bene, perchandare cosdi fretta? Perch
andarci del tutto? Aveva giil denaro. Nessuno sapeva che il
pacchetto era nelle sue mani. Forse c'era qualcosa di valore
dentro. Poteva tenerselo e tagliare la corda, e nessuno lo
avrebbe saputo.
Lo avvicinall'orecchio e lo scosse. Non sentalcun
rumore, tranne un debole
Tic tac
Guardil pacchetto con aria disgustata. Un orologio! Non
poteva essere che una sveglia, visto che la confezione aveva le
dimensioni di una grossa scatola da sigari. Probabilmente era
una di quelle sveglie dozzinali che si vedevano nelle vetrine
dei negozi a ottantanove centesimi. Per lui non ne valeva
neanche due. Non era qualcosa di utile. Non era qualcosa di
commestibile. Non gli interessava. Era una perdita di tempo
cercare di barattarla o di venderla.
Si rimise stancamente in cammino, deluso. Ebbe una
mezza idea di abbandonare il pacchetto per strada e lasciar
perdere. Che ci pensasse qualcun altro, lui aveva gii dieci
centesimi in tasca. Era inutile darsi ancora da fare. Dieci
centesimi...
- Non c'da fidarsi delle bambine. Dicono sempre bugie
- borbott
Dieci centesimi. Lei aveva detto che era gistata pagata.
Ma questo non significava nulla. Mentiva. Tanto per
cominciare, i dieci centesimi. Se aveva cercato di liberarsi di
lui era perchtemeva che le rubasse l'orologio e si facesse
dare i soldi che le erano stati promessi. Dieci centesimi.
Forse se avesse consegnato l'orologio a quell'uomo lui gliene
avrebbe dati almeno altri dieci. Cossarebbero diventati
venti.
Tutto sommato, poteva anche portare il pacchetto a
destinazione. Poteva anche cercare di essere lper le sette. La
situazione era diversa, ora.
Svolta sinistra dove c'era la gioielleria. La vetrina era
piena di orologi: da polso, da taschino, da parete. Alcuni
erano fermi. Tutti segnavano ore differenti. Ma al centro c'era
un orologio a cuccon un pendolo in movimento. Le lancette
indicavano le sette meno tre minuti. Ancora due isolati. Due
brevi isolati. Roba da nulla, sarebbe stato lin men che non si
dica. Prima arrivava meglio era, avrebbe guadagnato altri
dieci centesimi. L'uomo gli avrebbe dato qualcosa se fosse
arrivato in tempo. Anche il pacchetto era la ricordargli di
far presto, con il suo insistente:
Tic tac
Allungil passo fino all'isolato successivo. Ormai era in
vista dell'edificio con il leone di pietra grigia sul davanti,
accovacciato in mezzo al prato. Aveva una cavitsul dorso,
piena d'acqua, dove passeri e pettirossi andavano a fare il
bagno.
C'erano le luci accese in casa, e delle automobili
parcheggiate lungo il marciapiede. Avvicinandosi, uduna
rapida successione di suoni striduli provenienti da una radio
all'interno della casa. Qualcuno spostava la sintonia da una
stazione all'altra. Diede un'occhiata alle auto, erano cinque.
Sembrava ci fosse una festa.
Automobili. Incustodite. Rallentil passo. Pensa
quando aveva rubato un abito da un'auto in Center Street. E
alla borsa che aveva sgraffignato dal sedile posteriore a una
donna che si era fermata al semaforo. Automobili. Che
occasione. Di colpo l'orologio gli pareva poco importante.
Tutt'al pine avrebbe ricavato dieci centesimi. Mentre quella
fila di auto...
Non c'era nessuno in giro. Entrnella seconda. Per un
attimo spidai finestrini, pronto a saltar fuori e scappare. Ma
nessuno lo aveva visto. Era al sicuro. Un gioco da ragazzi.
April vano del cruscotto, guardsul sedile posteriore e frug
nelle tasche laterali. Non fu molto fortunato. Trovsolo un
astuccio giallo pieno a metdi cipria. Roba da donne.
L'astuccio poteva essere d'oro. Se lo infilin tasca.
Prese il pacchetto e usc
All'interno dell'abitazione, la radio strombazzava: -
Chiedi il nuovo orologio Meridian al tuo gioielliere, il regalo
del secolo. Per tutti i gusti, per tutte le tasche, a partire da
soli tredici dollari e novantacinque. Se un Meridian un
classico, l'orologio universale. Mancano trenta secondi alle
sette, segnale orario offerto da Meridian. Trasmettiamo ora
un notiziario speciale a cura dei nostri servizi giornalistici...
Esit Trenta secondi alle sette. La terza auto era nera e
lucida. Il pacchetto sotto il braccio scandiva i secondi:
Tic tac

Jud Kerrun osservil pacco avvolto nel giornale prendere
fuoco. Il maglione rosso mandava un odore di lana bruciata.
Sua moglie non lo sapeva, ma non se ne sarebbe ricordata.
Mesi prima le aveva detto di averlo buttato via.
Era soddisfatto di come aveva lavorato: prudente,
tranquillo, disinvolto. Nella sua mente riecheggiavano le
frasi, i brandelli di informazioni che aveva raccolto in
fabbrica semplicemente tendendo l'orecchio. - Venerdva
bene. Ma non tardare. Mangiamo sempre alle sette in punto
- aveva detto Leslie Gramm. E in un'altra occasione: - Il
diciassette del mese prossimo? Temo sia impossibile, amico.
il mio compleanno e passerla serata in casa.
Si udil cupo rimbombo di un'esplosione in lontananza.
Jud non si rese conto della tensione che aveva accumulato
finchnon udlo scoppio. Non balzin piedi di colpo. Non
ebbe alcuna reazione. Era quello che stava aspettando. Ma
qualcosa scattdentro di lui.
Il fuoco si era ormai ridotto in cenere.
Tornin garage. Mise in una scatola tutti i bossoli di
proiettile dai quali aveva estratto la polvere da sparo. Ora
bisognava seppellirli.
Jud si chiese come fossero andate le cose. Aveva
preparato la bomba in modo che scoppiasse alle sette, o in
qualunque momento venisse aperto il pacchetto. Forse Leslie
Gramm aveva organizzato una cena di compleanno. Forse
aveva aspettato di ricevere tutti i regali prima di aprirli.
Jud findi sistemare i bossoli. Gli stava venendo fame. Da
un momento all'altro sua moglie lo avrebbe chiamato a
tavola.
Comincia ripulire il tavolo da lavoro dei pezzi di
metallo, fili e altro materiale. Ancora pochi minuti, e per le
sette e mezzo il lavoro sarebbe stato concluso.
Il rumore della porta che si apriva lo spinse a voltarsi,
allarmato. Quella dannata ficcanaso! Le aveva ordinato di non
disturbarlo quando era in garage. Non aveva mai osato
contraddirlo fino a quel momento. Be', peggio per lei!
Ma non c'era sua moglie sulla soglia. C'era un poliziotto.
L'agente guardil tavolo da lavoro, vide i dettagli che lo
tradivano, i mucchietti di polvere sparsa che lo incastravano.
Jud si scaglidisperatamente verso la porta del garage.
Una mano possente si abbattsulla sua spalla e lo fece girare
su se stesso. I pugni gli devastarono la faccia come esplosioni
di dinamite, riducendolo a un ammasso sanguinolento,
massacrandolo con deliberata brutalit
Tra le fitte di dolore e gli spasimi del corpo investito dai
colpi, Jud udla voce aspra del poliziotto piena di rancore
omicida, le sue frasi smozzicate: - Non importa cosa mi
faranno alla centrale. In piedi, amico, beccati questo. Ed
solo l'inizio, vedrai quando avrfinito, ti fara pezzi... Tua
moglie stramazzata a terra quando gliel'ho detto. stata lei
a mandarmi qui.
"Questo pezzo di carta l'unica cosa rimasta intera dopo
l'esplosione... La lista della spesa con il nome della persona a
cui andava addebitata... Kerrun. Tua moglie ha mandato il
bambino a fare la spesa e tu gli hai dato una bomba da
consegnare, ma lui non arrivato in tempo.
"Tuo figlio, Dio onnipotente..."

William Campbell Gault
Associazione a delinquere
Alfred Hitchcock's Mystery Magazine, agosto 1957

L'esordio professionale di Bill Gault risale al 1936;
l'ultimo suo lavoro, il romanzo Dead Pigeon, fu pubblicato
cinquantasei anni dopo. Nel corso di questa lunga e brillante
carriera lo scrittore firmoltre trecento racconti e romanzi
brevi di vario genere - giallo, fantasy, fantascienza, sport -
e quasi sessanta romanzi, per metmystery o di suspence e
per l'altra metlibri di sport per ragazzi. Il suo romanzo
d'esordio, Don't Cry for Me, si aggiudicil premio Edgar per
la migliore opera prima nel 1952. Gault era particolarmente
bravo a scrivere dei giovani; la sua capacitdi capire e
osservare la mentalitdegli adolescenti era straordinaria.
Associazione a delinquere dampia dimostrazione di queste
qualite fornisce un esempio di quella soliditdi
costruzione, credibilitdei personaggi e sinceritdi
sentimento che furono i tratti distintivi delle sue opere
migliori.
B. P.

Johnny ed io stavamo cercando di annegare un serpente
quando vedemmo per la prima volta quell'auto percorrere a
tutta velocitla grande curva oltre il campo di granturco di
Nestor. Accidenti, filava come un missile, dal punto in cui ci
trovavamo si sentivano stridere le gomme, e dovevamo essere
a quasi un chilometro di distanza.
Johnny mise giil barattolo pieno d'acqua che stava
rovesciando nella tana e fissl'auto come se si aspettasse di
vederla andare fuori strada.
- Pazzesco, eh? - dissi. - Ragazzi, come corre!
Johnny annu senza voltarsi verso di me. - Scommetto
che alla prossima non ce la fa; pidifficile.
Avrei voluto non guardare, ma non riuscivo a distogliere
gli occhi. Dopo la grande curva c'era un rettilineo seguito da
una collinetta e poi, proprio dove sorgeva il nostro bosco
ceduo, da questo lato della collina, una svolta molto angolata
e un torrente. Dal lato opposto del pendio la svolta non si
vedeva, anche se c'era un grosso cartello che la segnalava.
Prima che mettessero quel cartello, tanti non erano riusciti a
sterzare una volta arrivati al bosco, di solito perchsi
trattava di ubriachi che tornavano a casa dopo essere andati a
ballare da qualche parte. Non una strada maestra ed raro
ci passi qualcuno non della zona.
Dal nostro punto di osservazione, sulla costa al di sopra
del torrente, vedemmo l'auto correre su per la collina, senza
rallentare.
- Non ce la far- bisbigliJohnny. - Sta a guardare,
Steve!
L'auto raggiunse la sommitdel pendio e udimmo di
nuovo lo stridio dei pneumatici quando l'autista cercdi
sterzare per prendere la curva pistretta. Era bravo, quel
tipo. Ce l'aveva quasi fatta.
Poi di colpo l'auto comincia slittare verso il torrente,
con un fracasso spaventoso anda schiantarsi con il muso e si
capovolse. Come in una ripresa al rallentatore la vedemmo
precipitare giper l'argine del torrente; una portiera si apre
un uomo scivolfuori dall'abitacolo, poi l'auto scomparve.
Rimanemmo immobili.
Dopo un paio di secondi Johnny disse: - L'acqua
profonda laggi Se c'era qualcun altro nell'auto potrebbe
annegare, Steve.
- meglio che andiamo da Nestor a telefonare allo
sceriffo.
Noi non abbiamo il telefono. Pa' dice che uno spreco di
denaro. Ma' lo vorrebbe, ma Pa' dice che uno spreco.
- Hai ragione - disse Johnny, poi puntando il dito,
aggiunse: - Ehi, guarda!
Un uomo si stava arrampicando su per l'argine. Indossava
un paio di calzoni militari di cotone, un maglione azzurro e
un berretto grigio. Portava una valigia.
In quel momento pensai fosse un vagabondo al quale gli
occupanti dell'auto avevano dato un passaggio, e che stesse
tagliando la corda per non essere interrogato dallo sceriffo.
Zoppicava. Mi aspettavo che venisse verso di noi, ma non lo
fece.
L'uomo arranczoppicando fino al nostro boschetto, che
fiancheggiava la strada.
- Sta scappando - disse Johnny. - Perchnon andato
da Nestor a telefonare?
- Non lo so.
-proprio strano, dannazione.
- Pa' non vuole che parli cos Johnny.
- Al diavolo. proprio strano, dannazione.
- Magari un vagabondo, Johnny.
Si voltverso di me: - Con quella valigia? Era pesante,
non hai visto come la trascinava?
Non dissi nulla. Stavo osservando l'estremitopposta del
bosco, quella che dava sull'altra strada, la strada per Saugus.
- meglio che andiamo da Nestor - disse Johnny. -
Probabilmente siamo stati gli unici a vedere quel che
successo.
- Guarda! - dissi io, indicando l'estremitdel bosco.
L'uomo con i calzoni militari stava sbucando fuori da l
ora, diretto verso l'altra strada. E non aveva pila valigia.
Johnny mi guarde io ricambiai il suo sguardo. Non so
cosa ci passper la mente in quel momento. Poi udimmo la
sirena e vedemmo l'auto dello sceriffo che arrivava da
Ridgeland.
Sembrava di assistere a uno spettacolo dalla galleria di
un teatro, o qualcosa del genere; tutto avveniva lsotto di
noi, l'auto dello sceriffo che irrompeva sulla scena dalla
stessa direzione di quella che l'aveva preceduta, l'uomo che
spuntava fuori dal bosco senza la valigia, il ricordo della
macchina finita nel torrente e intorno a noi la giornata
luminosa e tranquilla. Avevo i brividi.
Lo sceriffo sapeva di quella curva angolata e rallent
prima di arrivare in cima alla salita. E da lforse notl'auto
nel torrente, perchrallentancor di pie si ferma lato
della strada.
Lo riconobbi, perchera molto grasso, ma non capii chi
fosse l'uomo che era con lui.
Johnny disse: - Andiamo fin l Coraggio, Steve, vediamo
chi arriva prima.
Johnny ha tredici anni, uno pidi me, ed pigrosso,
quindi sicuro di vincere. Ma io mi misi a correre lo stesso
perchvolevo sentire cosa diceva lo sceriffo.
Quando giungemmo sul posto, l'uomo pimagro era gi
sceso al torrente e risalito, e riconobbi Jessie Laurie, uno
degli aiutanti dello sceriffo.
Sbuffavo come un mantice. Anche Johnny ansimava. Fece
un paio di respiri profondi e domand - Cos'successo,
signor Laurie?
- Tre uomini hanno rapinato la banca di Ridgeland -
rispose lui. - Voi ragazzi avete visto l'incidente?
Annuii. Johnny mi guarde alzle spalle, poi disse: -
Stavamo proprio andando da Nestor a telefonarvi. Ragazzi,
quell'auto andava come un fulmine. - Fece un altro respiro
profondo. - C'qualcuno dentro, signor Laurie?
L'uomo gli lanciun'occhiata penetrante. - Ma certo.
Non penserai che l'auto sia arrivata fin qui da sola, no?
Perchme lo chiedi? Hai visto qualcuno uscire dalla
carcassa?
Johnny mi guarde capii che entrambi stavamo pensando
alla valigia. Poi lui rivolse uno sguardo deciso al signor
Laurie e disse: - S signore. Abbiamo visto un uomo con una
valigia.
Jess si voltverso l'argine e grid - Ehi, sceriffo,
abbiamo una traccia. meglio che venga su, forse possiamo
ancora beccare il terzo uomo.
Vecchio e corpulento, lo sceriffo Taggart risall'argine
sbuffando. - Non so se sia il caso di muoversi prima di aver
chiamato un'ambulanza, Jess. Uno di loro sembra ancora
vivo.
Stavo osservando Johnny, ed ero certo che il suo cervello
fosse al lavoro. Lo era anche il mio.
Lui non attese di essere interrogato. - Abbiamo visto
questo tizio che risaliva l'argine, poi arrivata una macchina,
si fermata e lui ci salito sopra. Mi sembrato curioso che
quell'auto fosse passata di lproprio in quel momento.
- Che tipo di auto? - domandJess.
- Una Pontiac nuova di zecca - rispose Johnny,
lentamente. - Era verde scuro, con i pneumatici a fascia
bianca, e andava dritta verso Center City.
- E l'uomo con la valigia? Siete riusciti a vederlo?
- Non in faccia. Aveva calzoni blu e un giubbotto blu, ed
era senza cappello. Mi sembrato basso e grasso.
Tenevo gli occhi puntati su Johnny mentre mentiva. Non
riuscivo a guardare nlo sceriffo nil signor Laurie. Johnny
sa pensare in fretta e agire in fretta, ecco perchmi batte
sempre. E sorride quando mente, come se non gli importasse
di non essere creduto.
Jess guardlo sceriffo e questi disse: - Io resto qui ad
aspettare l'ambulanza. Tu fila.
- Da solo, Tom? - chiese Jess. - armato, lo sai.
- Okay - fece lo sceriffo, brontolando. - Ci vado io, e tu
chiami l'ambulanza.
- Vado, vado - disse Jess, avviandosi verso la macchina.
Poi si volte aggiunse: - Non dimenticare di diramare
un'informativa sulla Pontiac.
- S Jess - disse lo sceriffo Taggart, con tono annoiato.
- Certamente, Jeff. - Si incamminverso la casa di Nestor
mentre Jess Laurie si allontanava in macchina.
Eravamo soli.
Johnny mi guarde disse: - Facciamo a chi arriva prima
al bosco. Perchnon hai detto a Jess Laurie che mentivo,
chiacchierone? Perchnon hai fatto la spia, come fai sempre?
Non dissi nulla.
- A chi arriva prima al bosco - ripetlui.
Scossi la testa.
Lui si mise a ridere. - Sei sempre stato attaccato al
centesimo, e ora non vuoi fare una corsa per tutti quei soldi?
Che ti succede, sei preoccupato?
Annuii.
- Di che ti preoccupi? - Rise ancora. - Siamo solo dei
bambini, Steve. Due bambini che stavano annegando un
serpentello e hanno visto un incidente. Non abbiamo rapinato
una banca.
- Sono preoccupato per te - dissi. -Non hai pazienza,
questo il tuo problema. Devi sempre correre. Anche se da
laggilo sceriffo puvedere il bosco, e i Nestor saranno qui
in un minuto, tu vuoi subito correre a cercare il denaro.
Continua ridere. - Non credere di imbrogliarmi. Mi
dici di aver pazienza perchvuoi che ti aspetti. Perchvuoi
un po' di quei soldi.
Annuii. - Ne voglio met
Mi fiss - Vuoi anche un pugno nei denti, per caso? Chi
ha detto la bugia? Di chi stata l'idea? La met figuriamoci!
- La mete siamo pari. Altrimenti dico allo sceriffo che
gli hai mentito. Devi decidere adesso, Johnny.
- Dovrei darti un pugno nei denti - disse lui. - E credo
che lo far Se dici qualcosa allo sceriffo, sarpeggio per te,
Steve.
- Deciditi, Johnny. Met
Mi fissper un tempo che parve lunghissimo, ma
probabilmente non lo era. - Okay. Immagino che basteranno
per tutti e due. - Mi diede una pacca sulla spalla. -
Immagino che saranno parecchi, vero, Steve?
Johnny fatto cos non riesce a tenere il broncio. Pu
arrabbiarsi tanto da essere sul punto di ucciderti, e poi
pentirsi fino a farti commuovere. un ragazzo strano.
-L'uomo che ha mollato lla valigia non tornerper un
pezzo, ci puoi scommettere - dissi io. - Abbiamo tempo,
Johnny. Conviene aspettare almeno che faccia buio.
Lui annue sorrise. - Una Pontiac verde con i pneumatici
a fascia bianca, niente male, vero Steve? Forse dovremmo
comprarcene una, che dici? Con la radio e il riscaldamento e
quattro carburatori e...
- Zitto - dissi. - Sta arrivando lo sceriffo.
Mi strizzl'occhio. - Gi Bisogna aver pazienza.
meglio dar retta al nostro Steve, cospaziente, cos
parsimonioso.
Si udiva un'altra sirena adesso, probabilmente era
l'ambulanza. E in cima alla collina stava arrivando un carro
attrezzi del garage di Chopko, a Ridgeland.
Lo sceriffo disse: - Questo non uno spettacolo per voi,
ragazzi. Andate a giocare. Le vacanze sono fatte per questo,
no?
- A me non fa impressione - disse Johnny. - Ho visto
Pa' sgozzare i maiali, e non mi ha fatto impressione. Ma Steve
meglio che vada. Giusto, sceriffo?
Lo sceriffo Taggart fece un gesto con la mano. - Fuori
dai piedi tutti e due, subito! Filate!
- Okay - fece Johnny. - Dai, Steve, andiamo a giocare
nel bosco.
Io non sarei stato capace di dirlo. Johnny ha abbastanza
fegato per dire qualunque cosa. E sa pensare rapidamente.
Dovevo stare attento e tenerlo d'occhio, o non avrei visto una
briciola di quel denaro.
Arrivammo al bosco e ci arrampicammo su un albero,
fingendo di giocare. Johnny salmolto in alto, sapendo che
non avrei avuto il coraggio di seguirlo, e lanciun grido alla
Tarzan; gli uomini che stavano calando il cavo per recuperare
la macchina guardarono verso di noi e uno di loro fece un
cenno di saluto. L'ambulanza stava entrando nel viale che
portava alla casa di Nestor, preparandosi a fare marcia
indietro verso il canale.
Fu allora che Johnny disse: - Non badano a noi ora,
Steve. Scendiamo e diamo un'occhiata in giro.
- Non avere fretta - gli risposi.
- Muoviti, fifone, prima che mi dimentichi che la met
tua.
Scendemmo e cominciammo a perlustrare i dintorni,
cercando un nascondiglio che potesse essere individuato da
un uomo in fuga. Fu Johnny a trovarlo, era una buca scavata
sotto un masso sporgente, seminascosta dalla cannarecchia e
da altre erbacce. Si vedeva solo la maniglia della valigia.
Johnny stava per prenderla quando io dissi: - Non
ancora. Sappiamo che l ma non sappiamo se qualcuno ci
sta guardando. Non ancora. Devi avere pazienza, ricordatelo.
Lui fissla maniglia della valigia e mi parve di vederlo
tremare. - Stasera, appena fa buio - disse.
- Appena fa buio - approvai.
Ritornammo dove eravamo prima, quando stavamo
versando l'acqua nella tana del serpente. Da lasssi riusciva
a vedere il bosco e l'auto che veniva estratta dal torrente.
L'avevano quasi tirata fuori, ormai, piena di fango e con la
carrozzeria tutta sformata.
Dall'angolo della stalla, Pa' e Ma' stavano guardando
verso l'argine, e Pa' ci chiam
- Vai tu - disse Johnny. - Qualcuno deve tenere
d'occhio il bosco.
- arrabbiato. Dovevamo sarchiare il granturco questo
pomeriggio. meglio che andiamo tutti e due.
Quando arrivammo, Pa' domand - Cos'successo l
alla curva?
- Dei rapinatori sono finiti nel fosso - dissi io - ma uno
di loro scappato.
Ma' disse: - Voi due dovevate lavorare questo
pomeriggio. Vostro padre vi aveva promesso un centesimo per
ogni filare sarchiato. - Mi sorrise. - So che questo non ha
molta importanza per Johnny, ma non riesco a credere che tu
te ne sia dimenticato, Steve.
Johnny intervenne: - Siamo andati a caccia di serpenti.
L'Associazione Agricoltori li paga dieci centesimi l'uno.
Era una bugia, lo sapevo, ma non dissi nulla. Non volevo
che Johnny se la prendesse con me, almeno finchquella
valigia era ancora nel bosco.
Pa' disse: - Be', lasciate perdere i serpenti e occupatevi
del granturco. Tutti e due, di corsa!
- Sissignore - fece Johnny, e mi strizzl'occhio. -
Muoviti, zio Paperone.
Quando fummo abbastanza lontani da non essere sentiti
dai nostri genitori, gli dissi: - Parli sempre troppo. Che
bisogno c'era di parlare di soldi?
- Mi riferivo ai novanta dollari che hai messo da parte -
fece Johnny. - Chiunque riesca a mettere insieme novanta
bigliettoni con quei miseri spiccioli che ci passa nostro padre
un vero uomo d'affari. Scommetto che un giorno sarai ricco,
Steve.
Gli diedi una gomitata. - Siamo giricchi, forse, Johnny.
Ma dobbiamo essere prudenti. Smettila di dire sempre tutto
quello che ti passa per la testa.
- D'accordo - fece lui, e prese una zappa. - Muoviti,
vediamo chi arriva prima.
Muoviti, muoviti, muoviti... Johnny non faceva che
ripetermelo, e io gli andavo dietro come se fosse un generale,
o qualcosa del genere. Ero stufo di seguirlo dappertutto, di
accettare le sue sfide e di farmi prendere per il naso.
- Non ho voglia di correre - dissi. - Un centesimo per
un filare... che me ne faccio?
Scoppia ridere. - Oh, Steve, questo non da te.
Cominci a ragionare da uomo ricco invece che da pitocco,
vero? Cominci a pensare in grande.
- Smettila. Non fai altro che prendermi in giro. La devi
smettere!
Rimase limpalato, con la zappa in mano, a fissarmi. -
Che ti prende? per il denaro? Ti rende proprio nervoso,
cos
- cos maledizione. Ti rendi conto che potrebbero
esserci migliaia di dollari laggi Hai idea di cosa potremo
farci quando saremo grandi e li avremo investiti?
- Quando saremo grandi? Sei ammattito? Quando andr
alle superiori, quest'autunno, sarin citte potrspenderli,
quei soldi. Non ho intenzione di aspettare di essere cresciuto.
- Se ti metti a spenderli quest'autunno, Johnny, finirai
in prigione. Ricordati che lo stiamo rubando, quel denaro.
Scosse la testa. - Loro l'hanno rubato. Noi l'abbiamo
trovato.
- Non nostro, comunque. Cavolo, Johnny, per la prima
volta nella tua vita, usa il cervello.
Mi squadrancora per qualche secondo, poi si mise a
zappare. - Parli come un vecchio - disse. - Come se avessi
un milione di anni.
Ci mettemmo insieme a lavorare tra i filari. Continuavo a
pensare al denaro, all'enorme colpo di fortuna che avevamo
avuto, e a come Johnny probabilmente avrebbe rovinato
tutto. Era totalmente privo di buonsenso. Parlava in fretta e
agiva in fretta, ma cinon significava avere buonsenso.
Perchnon ero solo quando quell'auto era finita nel canale?
Non ci stavo mettendo molto piimpegno di prima,
quando ero sceso all'argine a prendere l'acqua per annegare il
serpente, ma la situazione era cambiata, adesso: non stavo
facendo quel che avevo voglia di fare. Pensai a Pa', che aveva
lavorato in questo modo fin da quando aveva la mia et e a
Ma', che non aveva avuto nulla di ciche desiderava, neanche
il telefono. Alla loro et la mia vita sarebbe stata come la
loro? Avrei lavorato da mattina a sera, un giorno dopo l'altro?
Se Johnny cominciava a spendere soldi in citt ci
saremmo trovati nei guai. E peggio ancora, avremmo perso il
denaro. Certo, se Johnny non avesse mentito allo sceriffo...

Il carro attrezzi di Chopko aveva giportato via la
carcassa dell'auto, e non c'era pinessuno sulla strada.
Guardai verso il bosco e anche lnon c'era nessuno. Forse
l'uomo sarebbe tornato a prendere il denaro quella notte
stessa. Era meglio muoversi appena faceva buio. E se la
polizia lo avesse catturato...? Impossibile, stavano cercando
un uomo basso e grasso, con un giubbotto blu.
Intorno alle cinque e mezzo sentimmo suonare la
campana di casa e ci fermammo dove'eravamo arrivati, senza
completare il filare.
Mentre tornavamo a casa, dissi a Johnny:- Sarmeglio
andare al bosco nel momento esatto in cui fa buio.
Lui annu
- Quel tizio potrebbe tornare.
Annuancora.
- Come sei silenzioso - osservai. - Non hai detto una
parola da quando abbiamo cominciato a zappare.
- Non voglio parlare troppo. - Si ferm - Steve, ti
secca quando ti prendo in giro? Non sapevo che ti desse tanto
fastidio.
Sorrisi. - No. Forse sono solo nervoso.
Mi posuna mano sulla spalla. - Ricordati che siamo
fratelli, Steve. Sono stato proprio insopportabile, vero?
- Va tutto bene - risposi, e ripresi a camminare.
Che stava macchinando? Perchtutte queste attenzioni?
Ero spaventato.
Mentre ci lavavamo le mani, Pa' disse: - I due rapinatori
che erano nell'auto sono morti. Ma l'altro non stato trovato.
E il denaro ce l'ha lui. - Scosse la testa. - Quarantottomila
dollari!
Johnny guardme e Pa'. - Quarantottomila dollari? Chi
te l'ha detto?
- Len Nestor l'ha sentito alla radio. - Pa' si mise a
sbocconcellare una carota. - Roba da far star male una
persona onesta, vero?
Nessuno di noi due aprbocca. Io cominciai a tremare.
Poi Johnny scoppia ridere. - Caspita, bisogna sarchiarne di
granturco per guadagnare quarantottomila dollari, eh Pa'?
Ma' scoppia ridere, ma Pa' non parve trovarlo
divertente. Tutti sono convinti che Johnny sia piattaccato a
Ma', e che io assomigli di pia Pa'. Io non so se sia vero, ma
so che Ma' preferisce Johnny. il suo prediletto. Lo trova
divertente come Red Skelton.
Credo che Pa' non preferisca nessuno dei due, per
ammette che io sono pisensibile. Il che non significa che
voglia pibene a me.
Durante la cena, mi misi a fare i calcoli. Quarantottomila
dollari al sei per cento d'interesse faceva
duemilaottocentottanta dollari all'anno. Accidenti, non c'era
neanche bisogno di intaccare il capitale, si poteva vivere di
rendita. Metsarebbero stati miei, ossia
millequattrocentoquaranta dollari all'anno. Ce ne voleva di
granturco per farli, a un centesimo al filare.
Dopo cena, Johnny disse: - Steve, che ne dici di andare a
zappare ancora un po' finchnon viene buio? Potremmo
almeno finire quei filari.
Pa' e Ma' erano stupiti: non era da lui dire una cosa del
genere. Ma io sapevo che Johnny voleva assicurarsi di essere
fuori di casa quando veniva buio. Potevamo andare al bosco
direttamente dal campo di granturco.
- Bene, finalmente il nostro figlio maggiore dimostra un
po' di considerazione per il denaro. - disse Pa'. - Ne sono
contento.
Johnny sorrise. - Era ora, eh Pa'? - fece, strizzandomi
l'occhio.
Mentre andavamo al campo, gli dissi: - Sei proprio
buffo. Dovresti andare in televisione, sei cosdivertente.
Continua a fare il pagliaccio e perderai quarantottomila
dollari.
Lui scoppia ridere. - Siamo fuori di casa, no? Tu non ci
hai neanche pensato. Me ne sono dovuto occupare io. E sono
stato io a mentire allo sceriffo, e se quel tizio torna per
recuperare il denaro, Steve il cacasotto sarcosterrorizzato
che andra prenderglielo di corsa.
- Immagino che tu non abbia paura dei rapinatori. Non
molta, almeno!
- Io no. Aspetta che recuperiamo i soldi e vedrai. - Rise.
- Chissse il vecchio Jess Laurie sta ancora cercando il
grassone della Pontiac.
Doveva continuare a ricordarmelo per farmi capire che se
non fosse stato per la sua parlantina non avremmo avuto
alcuna possibilitdi mettere le mani su quel denaro. Crede di
essere tanto furbo. E forse lo ma non ha un briciolo di
buonsenso.
Non avevo mai visto il sole tramontare coslentamente, o
i filari sembrare coslunghi. Ero preoccupato per Pa'; doveva
sembrargli strano che Johnny volesse lavorare dopo cena.
Probabilmente adesso era nella stalla a mungere l'unica vacca
rimasta, che produceva latte e burro solo per noi. Dal cortile
della stalla poteva vederci. Continuai a sarchiare, e anche
Johnny.
Poi lo vedemmo rientrare in casa col secchio. Era quasi
buio e Johnny disse: - meglio non aspettare ancora, che ne
dici?
- Andiamo - risposi. Stavo di nuovo tremando, e avevo
la voce malferma.
Johnny sorrideva. - Se il denaro c'ancora, lo portiamo
nella stalla e cerchiamo un posto per nasconderlo.
- Che significa, se c'ancora? Dove dovrebbe essere?
- Magari quel tizio tornato mentre noi non
guardavamo.
- Non dire stupidaggini. C' Deve esserci. - Mi misi a
correre.
Ma Johnny mi superprima che avessi fatto venti passi e
insieme corremmo come pazzi giper il pendio fino al
torrente, inoltrandoci nel bosco.
- Aspetta - urlai. - Perchhai tanta fretta?
Ma lui continuava a correre ridendo e io lo odiai per
questo e cercai di accelerare, ma avevo gii polmoni in
fiamme e le gambe dure e doloranti.
Poi Johnny smise di correre e rise piforte. - Oh, Steve,
rilassati. Ti ho spaventato, vero? Dai, fratello, smettiamola di
correre. Siamo soci.
Non dissi nulla. Respirai profondamente ed evitai di
guardarlo mentre raggiungevamo il punto in cui avevamo
visto la valigia quel pomeriggio.
Johnny infilla mano nella buca e mi guardsbarrando
gli occhi: - Non c'pi
Sentii un vuoto allo stomaco e mi avvicinai per
controllare, ma Johnny mi respinse ridendo... e tirfuori la
valigia.
Allora il mio stomaco si calme mi sentii meglio di
quanto fossi mi fossi sentito per tutta la giornata.
Quarantottomila dollari in un colpo solo, e in meno di un'ora
di lavoro.
Johnny disse: - Una volta trovato un nascondiglio per il
denaro, ci libereremo della valigia, giusto?
- Giusto - feci io. - Portiamola nel capanno degli
attrezzi; possiamo chiudere a chiave la porta e c'una torcia
elettrica ldentro.
Il capanno degli attrezzi era sull'altro lato della stalla
rispetto alla casa, e Pa' ce ne aveva riservato un angolo per le
nostre riunioni segrete.
- Ricordi quel vecchio buco che scavammo sotto il
pavimento? - chiese Johnny. - abbastanza grande come
nascondiglio. meglio non rimanere fuori a lungo stasera,
Steve. Pa' si chiedercosa stiamo facendo.
- Possiamo aprirla, almeno, e dare un'occhiata.
- Certo - fece lui.
La valigia mi batteva sulle gambe mentre camminavamo
nel buio. - pesante? - domandai.
- Molto - rispose. - Ma ce la faccio.
Ora si vedevano delle luci in casa, ma non nella stalla.
Arrivammo dal retro, senza farci vedere.
- Fra non molto Pa' ci verra cercare - dissi. - Cosa
facciamo?
- Quello che hai detto tu, la portiamo nel capanno degli
attrezzi e chiudiamo la porta a chiave.
- Ma lui verrldi sicuro.
- Terremo chiusa la porta e nasconderemo la valigia
prima di riaprire.
Ero di nuovo nervoso. Johnny era cosirragionevole, cos
sventato. Mancava di buonsenso e di pazienza, non si rendeva
conto di quanto fosse importante in quel momento usare il
cervello. Per Johnny, il denaro era solo qualcosa da spendere.
Giunti al capanno degli attrezzi io andai avanti ad aprire
la porta e a cercare la torcia. Feci entrare Johnny, poi richiusi
la porta alle sue spalle e la bloccai con il paletto.
Lui posla valigia sul pavimento e mentre io facevo luce
con la torcia la apr
Un mare di soldi... Biglietti da cinque, da dieci, da venti,
raccolti in mazzette chiuse da una fascetta di carta
marroncina.. Johnny ne sollevuna: c'erano centinaia di
banconote sotto.
- Accidenti! - esclam - Oh, Steve!
Avevo lo stomaco sottosopra, e mi parve di sentire un
rumore. - Nascondiamoli, presto! - dissi.
Ma Johnny non mi dava retta. - Guarda come sono ben
ordinati. Caspita, dovevano essere dei tipi in gamba per
sistemarli con tanta cura in una banca piena di persone.
Ragazzi, se...
- Sbrighiamoci - feci io. - Mettiamoli via.
Lui mi guarde sorrise. - Hai paura, Steve? Ti trema la
voce.
Mentre lo guardavo si udun colpo alla porta e Pa' disse:
- Siete qui, ragazzi? Che succede ldentro?
Non riuscivo a parlare. Tremavo come se avessi la febbre,
avevo in bocca un sapore metallico e tenevo lo sguardo
puntato su Johnny.
- C'una riunione del club, Pa', una riunione segreta. -
gridJohnny. - Abbiamo quasi finito.
Silenzio, poi Pa' disse: - D'accordo, ma voglio che siate a
casa entro cinque minuti. Non voglio che ve ne stiate al buio
in quel modo.
- Va bene, Pa' - fece Johnny, con un ghigno.
Di nuovo silenzio, poi Johnny disse: - Sei il solito
cacasotto, Steve. Dio, sei verde dalla paura.
- Tu sei pazzo, assolutamente pazzo. Dovrebbero
rinchiuderti in un manicomio.
Smise di sorridere. - Io sono pazzo? Chi ha mentito allo
sceriffo? Chi ci ha fatto uscire di casa? Chi ha tenuto a bada
Pa'? Sono pazzo, va bene, un pazzo da quarantottomila
dollari. E tu cos'hai fatto? Tu ragioni a centesimi, quella la
tua misura.
- La metmia - dissi. - Hai promesso che la met
mia.
- Ho promesso, e cossar Ma meglio che tu tiri fuori
un po' di coraggio, Steve. Questa non la paghetta per
sarchiare il granturco.
- Ce l'ho il coraggio, non ti preoccupare. Ne ho molto di
piadesso.
Spostammo la vecchia scrematrice che usavamo quando
c'erano le vacche, togliemmo l'asse che c'era sotto e che non
era fissata al pavimento e mettemmo la valigia piena di
denaro nel buco. Poi rimettemmo a posto l'asse e la
scrematrice.
- Pitardi cercheremo un nascondiglio migliore - dissi.
- Per il momento questo dovrebbe andar bene.
Johnny non disse nulla. Rimisi a posto la torcia, aprimmo
la porta e uscimmo.
Mentre tornavamo a casa continua tacere. A cosa stava
pensando? Forse stava mettendo un po' di giudizio,
finalmente. O forse stava pensando che io non avevo fatto
proprio niente per contribuire all'impresa.
Quando entrammo in cucina trovammo Len Nestor e sua
moglie che parlavano con Ma' e Pa' della rapina. Si erano
portati dietro il Ridgeland Courier. Noi non compriamo il
giornale, Pa' dice che uno spreco di denaro "utile". Come se
esistesse del denaro inutile.
Len Nestor stava dicendo: - I rapinatori si erano infilati
in testa dei sacchetti di carta, con dei fori per gli occhi.
Wilderson ha detto che stato un vero spettacolo. - Alzlo
sguardo e ci vide. - Ehi ragazzi, siete sul giornale, sapete?
Johnny sorrise. - Davvero? Possiamo vederlo, signor
Nestor?
Il signor Nestor porse il giornale a Johnny che lo possul
tavolo e lo apr Leggemmo che "due ragazzi dalla vista lunga
che stavano giocando in un campo" avevano fornito allo
sceriffo Taggart una "descrizione straordinariamente
dettagliata" del rapinatore che era fuggito sulla Pontiac
verde.
Johnny mi diede di gomito. - Siamo famosi, Steve. - E
poi sussurra voce bassissima: - Famosi e ricchi.
Io non risposi.
- Cosa c' Johnny? - disse Pa'.
Johnny alzlo sguardo. - Ho detto che siamo famosi,
Pa'.
- E poi hai bisbigliato qualcosa. Mi sembrata una
parolaccia.
- Io non dico parolacce, Pa'. Sul serio.
- Noi prendiamo il caff Voi ragazzi volete un po' di
cioccolata? - domandMa'.
- Io no - rispose Johnny. - Sono stanco, vado a
dormire.
- Anch'io - dissi.
Sulle scale, sentii il signor Nestor che diceva: -Johnny
un tipo davvero spassoso. Scommetto che farl'attore, quel
ragazzo.
- Preferirei che avesse un po' pidi giudizio. -
commentPa'.
- Giudizio - mi disse Johnny - come quello che ha
avuto lui. Ha perso tutte le nostre vacche e non gli rimasto
in mano nulla.
- Non le ha perse - dissi. - Semplicemente ha capito
che non si facevano abbastanza soldi allevando bestiame.
- Certo - fece Johnny. - Come no.
Entrammo nella nostra stanza e lui andalla finestra e
guardfuori verso la stalla. - Siamo nei guai, Steve.
- Perch
Si volta guardarmi. - Rifletti. Quel rapinatore che
scappato saprleggere, no? Prima o poi leggerquell'assurda
storia della Pontiac. E sapendo che una bugia, si chieder
perchabbiamo mentito, non credi?
Mi misi a sedere sul letto. - Gi Oh Dio!
Sorrise. - Dov'finito il tuo solito coraggio, Steve? Cio
il tuo nuovo coraggio.
- Lascia perdere. Cosa pudimostrare? Cosa pufare?
- Non so. Tu che ne dici? Sei tu il saggio.
Non replicai.
- Bene - disse Johnny - inutile pensarci adesso. Per
quel che ne sappiamo, quel tizio potrebbe essere in Cina in
questo momento. Forse sta ancora scappando.
Considerando che si era messo da parte quarantottomila
dollari, dubitavo che quell'uomo avrebbe continuato a
scappare, e anche Johnny non ci credeva. Un tipo abbastanza
freddo da sistemare il denaro con tanta cura non si sarebbe
fatto prendere dal panico. Nessuno lo aveva visto in faccia,
poteva tornare in qualunque momento.
Johnny april cassettino nella scrivania per mettere via
la paccottiglia che aveva in tasca, poi tirfuori il coltello da
caccia che si era guadagnato vendendo pomate.
Lo estrasse dal fodero e lo impugn - Posso
piantarglielo dritto nella pancia, che ne dici, Steve?
Non risposi. Il coltello luccicava e spargeva riflessi per
tutta la stanza. Johnny ne saggila punta con il dito, e mi
fece l'occhiolino.
Ma non riusca ingannarmi. Quando mettevamo le
trappole ero sempre io ad aprirle. Johnny non era capace di
prendere in mano un animale selvatico morto o ferito. Con un
maiale era diverso. O con una gallina. Ma con la selvaggina
non ne aveva il coraggio.
- Mettilo via - dissi. - Stai dicendo delle sciocchezze.
- Per centomila dollari, potrei anche farlo - prosegu
lui, ridendo. - Ma non per quei miseri quarantottomila. -
Rimise il coltello nel fodero. - Certo che ne ho venduta di
pomata! Scommetto che sarei in grado di vendere qualunque
cosa.
Si era gidimenticato dell'uomo. Se quel tizio fosse
arrivato, Johnny si sarebbe inventato qualche altra bugia, ma
senza prepararla in anticipo. Non lo faceva mai.
Se fosse arrivato, se fosse arrivato... Quando fosse
arrivato. Perchsu questo non c'erano dubbi...
Molto tempo dopo che Johnny si fu addormentato, io
stavo ancora pensando a quell'uomo, e sperando che qualcosa
gli impedisse di tornare.
Al mattino Pa' dovette andare in cittper una
convocazione della banca e Johnny disse a Ma' che pensava
fosse il caso di dare una pulita alla stalla. Lei la trovuna
buona idea, e una lodevole iniziativa.
Johnny mi spiegche non voleva essere fuori nel campo
di granturco se quell'uomo fosse tornato. Voleva essere in
grado di tenerlo d'occhio.
Cosspazzammo, spolverammo, lavammo le finestre e
ripassammo con la pompa le sbarre di ferro per gli animali
ormai inutilizzate. E nell'angolo in cui erano raggruppati i
vecchi bidoni del latte a Johnny venne un'idea.
- Potremmo mettere i soldi in uno di questi bidoni e poi
seppellirlo - disse. - Nasconderlo dove a nessuno verrebbe
mai in mente di guardare.
- E quando? - domandai. - Pa' e Ma' sono sempre qui.
- Non sempre. Ogni tanto vanno via, in citto a trovare
lo zio George.
- E noi andiamo con loro.
- Non questa volta.
- Ma si chiederanno perchvogliamo rimanere a casa.
Annu - Non penserai di tenere i soldi in quella valigia,
vero? Alla prima pioggia, l'acqua filtrersotto il pavimento e
rovinertutto. Dobbiamo tenerli asciutti e al sicuro.
Sorrisi. - Credevo che volessi spenderli quest'autunno,
quando andrai a scuola.
- Questo era prima che sapessi quanti erano. Con
quarantottomila dollari, cambia la situazione.
- Anche con la met la tua met cambia la situazione.
Sogghigne stava per rispondere quando si interruppe,
fissando qualcosa alle mie spalle.
Mi girai e guardai fuori dalla porta della stalla, verso la
strada. Stava arrivando un uomo. Portava pantaloni militari e
un maglione azzurro, e zoppicava. Aveva con suna piccola
borsa.
Avvertii di nuovo quello strano sapore metallico in bocca.
- L'altro uomo aveva un cappello, un cappello grigio,
ricordi? - dissi.
- Chiunque pugettar via un cappello - rispose Johnny.
- Scommetto dieci centesimi che viene qui, Steve.
Non risposi.
- Scommetto ventiquattromila dollari che viene qui,
Steve. Avanti, tenta la fortuna alla grande!
La sua voce era lontanissima, come in fondo a una
galleria. L'uomo divenne cosgrande che parve nascondere
tutto ciaveva alle spalle, gli alberi, la strada, il campo di
granturco. Promisi a me stesso che, fosse entrato o no, quel
tizio non avrebbe sentito neanche l'odore di quel denaro. Non
sarebbe riuscito a spaventarmi.
L'uomo entre si incamminlungo il viale polveroso che
portava alla casa. Ma' era nel cortile sul retro.
- Coraggio Steve - disse Johnny. - Andiamo a vedere
cosa vuole.
- Forse se ne andr- dissi. - Ma' sul retro e potrebbe
non sentirlo bussare.
- Non se ne andr Avanti, fifone.
Lo seguii fuori dalla stalla fino al cortile. L'uomo era
fermo di fronte alla porta.
- Ma' sul retro, nel cortile - disse Johnny. - Cosa
vuole?
Era un tipo smilzo, alto quasi come Pa', con sopracciglia
nere e folte e occhi grigi che sembravano trapassarci con lo
sguardo. - Voglio parlare con tuo padre, ragazzo - rispose.
- Va a chiamarlo, oppure dimmi dov'e ci andrio.
- in citt- disse Johnny. - Non sardi ritorno per un
po'. Cosa vuole?
- Aspetter
- Resta qui - mi disse Johnny - e tieni d'occhio questo
vagabondo. Vado a chiamare Ma'.
- Ci vado io - dissi precipitosamente, e feci il giro della
casa fino al cortile posteriore.
- Perchsei cospallido? - chiese Ma'. - Forse solo
un venditore, Steve. Non devi impressionarti in questo modo.
- Mi mise una mano sulla fronte. - Ma tu hai la febbre,
figliolo.
- No - dissi io. - solo che ho lavorato tanto.
Quell'uomo sembra un vagabondo, Ma'.
Lei scrollle spalle e si avvi con me dietro. L'uomo non
era pisotto il portico, ora, ma era seduto sull'erba insieme a
Johnny. Johnny stava ghignando e l'uomo sorrideva.
- Cosa vuole, signore? - domandMa'.
- Sto cercando lavoro - rispose lui. - Ne ho tanto
bisogno, signora. Potrei dare una mano in cambio di vitto e
alloggio, o altrimenti avrei un'idea.
- Quale idea?
- Quel bosco da legname, dove c'la curva, vostro?
Ma' annu
- Lo si potrebbe sfoltire. Se lo taglio nella giusta misura
e vendiamo il materiale come legna da ardere, potremmo
dividerci il guadagno.
- Non si fanno molti soldi con la legna da ardere - disse
Ma'.
- Se si girano i posti giusti con un camion, si pu
strappare un prezzo notevole per la legna da ardere.
Per un attimo nessuno parl Poi Ma' disse: - Be', pu
aspettare che torni mio marito. Venga in cucina, le preparo
due uova.
- Grazie, signora.
Entrarono in cucina e noi due restammo fuori. Johnny
continuava a ghignare.
- Cosa c'di tanto divertente? - domandai.
- Quel tizio - disse lui. - proprio un duro, sai? Mi ha
detto che non devo chiamarlo vagabondo. Ha detto che
orgoglioso di essere uno stagionale, ma che non un
vagabondo.
- E tu lo trovi divertente? Dormirnel capanno degli
attrezzi. Ci trovi qualcosa da ridere?
Ma lui non smise. - Steve, dal modo in cui te la prendi, si
direbbe che quel denaro sia tuo.
- per metmio. E che mi dici del fatto che un
rapinatore sta seduto in cucina con Ma'? Ti diverte anche
questo?
- Direi di no. Perchnon vai subito a spiegarle che un
rapinatore di banche?
Avevo un gusto amaro in bocca, e Johnny mi appariva
come avvolto in una nebbiolina rossa. Si crede terribilmente
furbo, lui. Avrebbe imparato quant'era furbo se avesse dovuto
affrontare quel bel tipo in cucina. Avrei quasi preferito che
quel denaro non fosse per metmio, per poter godere della
sua sconfitta.
- Che ti succede? - fece Johnny. - Mi sembra che tu stia
perdendo la testa.
Non riuscivo a spiccicare parola.
- Vorrei aver qui uno specchio - continului,
tranquillamente. - Dovresti vedere l'espressione dei tuoi
occhi.
La nebbiolina che lo circondava aument la casa alle sue
spalle comincia inclinarsi da un lato. Barcollai, e lui mi fu
subito accanto, cingendomi con un braccio. - Stai male,
Steve? Che diavolo ti succede?
- Sto bene. Non mi toccare.
Sentii il camioncino borbottare lungo la strada e Johnny
disse: - Sta arrivando Pa'.
Feci un profondo respiro. - Non dirgli che sto male.
Dobbiamo cavarcela da soli. E tu cerca di ragionare.
Fece un passo indietro. - Ti diruna cosa. Sono pi
preoccupato per te che per me. Ho paura che tu non abbia
abbastanza coraggio.
Pa' arrestil camioncino accanto a noi e spense il motore.
- Che state facendo, ragazzi, vi accapigliate? Con tutto quello
che c'da fare in giro?
- Non ci stavamo accapigliando, Pa' - disse Johnny. -
Stavo solo abbracciando il mio caro fratellino. Dun'occhiata
alla stalla, se pensi che non abbiamo lavorato.
- Ci vado subito - fece lui, scendendo dal camioncino.
- C'un uomo in cucina che vuole vederti - dissi io. -
Un vagabondo in cerca di un lavoretto saltuario.
- Vado prima da lui - disse Pa'.
Quando Pa' fu sulla porta della cucina, Johnny disse: -
Non male quel discorso sul lavoretto saltuario, stai
imparando.
- Non preoccuparti per me.
- Sai che dovremmo fare, se lui resta qui? Dovremmo
uscire questa notte, quando tutti dormono, mettere il denaro
in uno di quei bidoni e seppellirlo.
- rischioso. E Pa' si accorgerche manca un bidone.
- E allora? Cosa vuoi che faccia, che scavi per tutti i
sessantaquattro ettari qui intorno per cercarlo?
- Ma se ci scoprono, la notte tardi...
- D'accordo. Fatti venire un'idea migliore. Io vado in
cucina a sentire le storielle che sta rifilando a Pa'.
Tornai nella stalla mentre Johnny entrava in cucina.
Accanto a una finestra c'era un angolo vuoto e pulito, protetto
da travi di legno.
Mi procurai un martello, dei chiodi e dei vecchi teloni di
plastica. Servendomi di una scala attaccai i teloni alle travi,
in modo tale che l'angolo si trasformasse in una specie di
stanza, con i teli come pareti.
Stavo rimettendo a posto la scala quando arrivJohnny.
Guardi teloni e scosse la testa. - Caspita, costi fai
scoprire!
- Non capisco, Johnny.
- Senti, quel tizio supporrche il denaro sia nella stalla
o nel capanno degli attrezzi, giusto? E se tu gli prepari un
posto nella stalla, cosa credi che penser
- E tu lascialo pensare. Porteremo via i soldi dal capanno
prima che abbia il modo di guardarci dentro. Non voglio che
dorma lquesta notte.
Johnny alzle spalle.
- Si ferma qui? - domandai.
Johnny annu - Taglieril bosco e poi divideranno. Sai
di cosa stavano chiacchierando lui e Pa'?
- La rapina?
- Esatto. Lui parlava con Pa', ma in modo che fossi io ad
ascoltare. Diceva che aveva letto la nostra descrizione
dell'uomo con la valigia, e che dovevamo essere molto svegli
per ricordare il tipo di macchina e tutto il resto. Ha recitato
tutta la parte per me.
- E tu cos'hai detto?
- Ho tenuto la bocca chiusa. - Si grattla nuca. - Poi
Pa' ha detto: "Lei crede che si possano tirar fuori dei soldi da
quel bosco?" E il tizio mi ha guardato dritto negli occhi e ha
risposto: "Una volta s Forse anche adesso". Te lo giuro,
Steve, quell'uomo non ha paura di niente.
- Quarantottomila dollari non crescono sugli alberi,
Johnny. Tutto quel denaro ti fa diventare di ghiaccio.
Guardoltre le mie spalle, verso il bosco, e non disse
nulla.
Proseguii: - Se vogliamo seppellire i soldi in un bidone
del latte, allora meglio che ne portiamo fuori uno adesso,
cosnon dovremo tornare qui dentro pitardi, mentre lui
dorme.
- D'accordo. Ma dovrai essere tu a svegliarmi stanotte.
Io dormo sempre come un ghiro fino al mattino.
Cosportammo fuori il bidone, poi prendemmo una
branda dal capanno degli attrezzi, la spolverammo e la
sistemammo tra i teloni; piantammo anche qualche chiodo
nel muro perchpotesse appenderci i suoi vestiti.
Quando Pa' vide tutto questo, scosse la testa. Esaminla
stalla pulita e la stanza che avevo preparato e fece un mezzo
sorriso. - E dire che non vi ho offerto neanche dieci
centesimi per tutto questo lavoro.
- Puoi farlo adesso Pa', se vuoi - disse Johnny.
Scosse il capo. - Non mi fregate, voi due. L'avete fatto
per non rinunciare alle vostre riunioni segrete.
Johnny scoppia ridere. - Sei troppo furbo per noi, Pa'.
Credi che quel tizio ci pagherebbe se gli dessimo una mano
nel bosco?
- Pudarsi - rispose Pa'. - Ne parlercon lui e
vediamo se ne viene fuori qualcosa. Avete voi la chiave del
capanno? Bisogna che faccia il filo a quelle seghe.
- Vado io a prenderle, Pa' - disse Johnny. - Non
dimenticarti di dirgli che siamo dei gran lavoratori, eh?
Andal capanno, e io mi diressi verso casa. Vidi l'uomo
seduto sotto il portico a fumare, e decisi di passare per la
porta della cucina.
Non ero pispaventato, ma non volevo parlare con lui.
- Dove sei stato? - disse Ma'. - Tutti hanno gi
mangiato tranne te.
- Stavo preparando una stanza per quel tizio.
- Per Frank?
- Se si chiama cos.. Non ho fame, Ma.
- Vieni qui - fece lei. - Fammi sentire se hai la febbre.
Mi avvicinai e lei mi mise una mano sulla fronte. - Mi
sembra tutto a posto. Ma forse meglio che tu faccia un
riposino.
- Magari. Ci provo, comunque.
- Hai lavorato tanto stamattina. Probabilmente sei
stanco.
Annuii, e andai nella mia stanza al piano di sopra. Non
ero stanco. Volevo semplicemente rimanere solo, per pensare.
Dovevo riflettere attentamente sulla situazione, perchera in
gioco pidi quanto probabilmente avrei mai avuto nella mia
vita. Ero pronto a scommettere che nessun agricoltore del
distretto aveva mai visto quarantottomila dollari tutti
insieme.
Da tre anni Pa' mi pagava per i lavoretti che facevo e
risparmiando ogni centesimo avevo messo insieme novanta
dollari, compresi i soldi di Natale dello zio George.
Johnny aveva ragione su di me, in certo senso. Aveva pi
probabilitdi riuscire a proteggere quel denaro perchera
picoraggioso di me, e pigrande, e aveva la lingua pi
sciolta. E pensava in fretta, quando ce n'era bisogno.
Andai alla finestra e guardai fuori: tutto era verde, il
colore dei soldi. Johnny pensava in fretta, dovevo stare
attento. E una volta decisa la strategia migliore per
proteggere il denaro, dovevo trovare il coraggio di andare
fino in fondo.
Ero steso sul letto quando arrivJohnny e disse: -
Dobbiamo liberarci delle fascette, sono la prova che quello
il denaro della banca. Se le togliamo, chi potrriconoscerlo?
- Ci ho pensato anch'io.
- E a cos'altro hai pensato?
- A tutto. Per esempio a come diventare picoraggioso.
Si mise a ridere e si stese sul letto. - Bene, il vecchio
Frank andato a lavorare nel bosco, Pa' sta sistemando la
staccionata lungo la strada per Saugus e Ma' sta per andare
dai Nestor. Perchnon facciamo fuori quelle fascette marroni
appena esce?
- Buona idea. E un'altra cosa... perchnon inchiodiamo
quel pavimento nel capanno degli attrezzi, finchnon
abbiamo la possibilitdi seppellire il denaro nel bidone del
latte?
- Cominci a ragionare, Steve. Sei proprio in forma.
Ma' uscdue minuti dopo e noi andammo gial capanno.
Togliemmo tutte le fascette e le mettemmo in un sacchetto di
carta, rimettemmo a posto il denaro e inchiodammo ben bene
il pavimento.
- Dovremmo bruciarle queste fascette, ma dove? - disse
Johnny.
- Dalle a me, ci penso io - feci. -Tu tieni d'occhio Frank
finchnon torno.
Sorrise. - Il mio valoroso Steve.
Quando tornai, mi fece una proposta: - Che ne dici di
andare a fare una nuotata, come due ragazzi spensierati?
Scommetto che il nuovo Steve avrebbe persino il coraggio di
tuffarsi dall'argine, ormai.
- Quando vuoi.
- Ricordati che Pa' ha detto che ci spella vivi se ci pesca
a tuffarci da quell'altezza.
- Pa' non puvederci dalla strada per Saugus.
Scommetto dieci centesimi che mi avvicino allo scoglio pidi
te.
- Accetto la scommessa. Muoviti, vediamo chi arriva
prima a casa per cambiarsi.
L'argine era alto circa sei metri e l'acqua sotto era
abbastanza profonda, ma c'era uno scoglio aguzzo pio meno
al centro, appena sotto il pelo dell'acqua. Pa' diceva che se
l'avessimo urtato, buttandoci, ci saremmo rotti la testa, e
credo che avesse ragione. Ma Johnny si tuffava sempre
vicinissimo allo scoglio finchuna volta Pa' non lo sorprese.
E allora ci proibdi farlo del tutto.
Johnny entrin casa prima di me, fu pisvelto a infilarsi
il costume da bagno e uscdi corsa con un grande vantaggio.
Ma quando arrivai all'argine, era ancora lfermo.
- La scommessa annullata.
- D'accordo, mi devi dieci centesimi.
- Va bene, te li devo. Sai perchl'ho mandata a monte?
Scossi la testa.
- Prima non valevo quarantottomila dollari. Ma ora non
posso correre un rischio del genere, capisci?
- Pudarsi, ma tu vali solo ventiquattromila dollari.
Si mise a ridere. - L'ho detto solo per provocarti. - Alz
lo sguardo verso il bosco. -Frank dev'essere all'opera. Mi
chiedo per quanto tempo andravanti a lavorare, prima di
lasciar perdere.
- E tu quanto andresti avanti, con quarantottomila
dollari in palio?
Non rispose e continua fissare il bosco. Se non si fosse
trattato di Johnny, avrei detto che era spaventato. Per la
prima volta nella mia vita, mi sentii pigrande di lui.
Verso le quattro ci stufammo di nuotare e tornammo a
casa a bere un po' di latte. Poi Johnny disse che andava a fare
un pisolino. Io mi vestii e raggiunsi Pa' che stava legando i
pali della staccionata nuova. Gli detti una mano finchMa'
non suonla campana per la cena.
Frank mangicon noi. Si sedette accanto a me e non
parlmolto, tranne che con Pa', a proposito del bosco.
Johnny non disse una parola, e fu quasi un record. Dopo
cena, disse che sarebbe andato di sopra a leggere.
Frank si stiracchie guardfuori dalla finestra della
cucina. - Ho un paio di accette da affilare. Quanto vuoi per
girare la mola, Steve?
- Dieci centesimi ognuna - risposi.
Mi guardcon un mezzo sorriso. - Facciamo uno.
- Dieci. Il denaro non mi manca.
Pa' si mise a ridere e Ma' sorrise. - D'accordo - disse
Frank. - Fai un buon affare, Steve.
- Ha novanta dollari da parte - osservPa'. - Steve non
sarmai un peso per questa povera fattoria.
Frank e io andammo verso la stalla con una tanica
d'acqua per bagnare la mola. Lui aveva con sun'accetta a
mano e l'ascia grande a doppio taglio, e io avrei dovuto essere
spaventato, ma non avevo paura, non molta.
Versdell'acqua nel contenitore che sgocciolava sulla
mola e disse: - Stavo pensando a quei rapinatori. Ho letto
che sono fuggiti con quarantottomila dollari. Se io avessi
tutto quel denaro, saprei come farlo raddoppiare in sei mesi.
- Caspita - dissi io - peccato che lei non ce l'abbia,
allora.
Rimase immobile con l'accetta in mano e mi fiss -
Quanti anni hai?
- Ne compio tredici il mese prossimo.
Scosse la testa. - Be', che mi...
- meglio che Pa' non la senta imprecare - lo
interruppi - o non avrpilegna da tagliare. Pa' non tollera
le bestemmie.
Respira fondo. - Sarmeglio che faccia attenzione,
allora. Non voglio perdermi tutti quei soldi.
Non dissi una parola.
- I soldi che farcon la legna - spieg
- Certo - dissi io - naturale. Vuole che cominci a
girare, ora?
- Quando vuoi. - Fece un altro respiro profondo. - Sono
un tipo paziente.
- Anch'io - aggiunsi, e cominciai a girare la mola.
Di sicuro sapeva come affilare un'accetta, quel Frank. Con
calma e facilitla rese tagliente come un rasoio. Si inumidle
basette con la saliva e si tagliqualche pelo con l'accetta
davanti a me.
Poi prese l'ascia grande e io ricominciai a girare la mola.
- Siamo una gran bella coppia, Steve. Scommetto che ce la
caveremmo a meraviglia, se lavorassimo insieme.
- Forse - dissi io. - Chi lo sa?
- Sono stato in un mucchio di posti, e credo di aver
imparato a maneggiare il denaro, ormai.
Non dissi nulla.
- Non avrei bisogno di rapinare una banca, se avessi una
base di partenza - prosegu - Saprei come farla fruttare.
- Pa' dice che denaro chiama denaro.
- E ha ragione. Di questi tempi, con un buon gruzzolo ci
si pusistemare per tutta la vita.
- Non con un gruzzolo di novanta dollari.
Sorrise. - Suppongo di no.
- Se sapessi dove procurarmene degli altri - dissi -lei
potrebbe dirmi come farli fruttare.
- Proprio cos figliolo. Pensaci. Un ragazzo ha bisogno
di farsi aiutare quando diventa ricco. Potrei darti dei buoni
consigli.
- Ci penser Forse Johnny sa dove trovare i soldi.
Annue continua lavorare la grande ascia con
disinvoltura sulla mola. Sembrava molto soddisfatto di s
pensai.
Alla fine mi diede venti centesimi e io rientrai in casa.
Era quasi buio ormai. Non abbiamo tempo da perdere nella
nostra fattoria. Non abbiamo nulla di nulla, nella nostra
fattoria.
Pensavo a quei tizi che erano morti fuggendo dopo la
rapina e alla bugia di Johnny sulla Pontiac e al modo in cui si
stava comportando da quando eravamo andati a nuotare quel
pomeriggio. Forse stava perdendo la sua spavalderia. Non era
piuna bugia detta per divertirsi, un gioco per dimostrare
quanto si in gamba. Frank lo aveva trasformato in qualcosa
di diverso da un gioco.
In cucina Pa' disse: - Bene, stata una giornata piena
per te, vero?
- Sissignore. Proprio cos
- Forse meglio che tu vada a dormire presto.
- quel che ho intenzione di fare. Ci vado subito.
Buonanotte Pa'.
Nella nostra stanza, Johnny stava leggendo un libro sulle
corse automobilistiche. Sono pio meno gli unici che legge.
Mi guarde chiese: - Cosa ti ha detto?
- Ha detto che se avesse una bella somma, saprebbe fare
i milioni.
- E tu che hai risposto?
- Gli ho detto che era un peccato che non l'avesse, allora.
Johnny mi squadrper un attimo. - Accidenti, come sei
cambiato.
- Anche tu - risposi.
- Non preoccuparti per me.
- Non sono preoccupato - gli dissi. - Non pi
Continua fissarmi senza parlare. Poi tornal suo libro.
Io mi stesi sul letto a riflettere.
Dopo un po'Johnny si alz si sveste si infilsotto le
coperte. - Steve - disse - credo che mi stia venendo un po'
di paura.
- Non devi aver paura. Non pensarci. Non c'nessuna
prova contro di noi, nessuna, a meno che non ci spaventiamo
e confessiamo.
Dopo qualche istante, Johnny dichiar - Giusto. Hai
ragione. Be', non mi caveranno fuori nulla, te lo prometto.
Non risposi.
In breve si addormente io andai a sedermi vicino alla
finestra a guardare il chiaro di luna.

Al mattino, sentii Ma' che parlava in cucina. Sembrava
fuori di s Poi Pa' si precipitsu per le scale e io chiusi gli
occhi. Johnny ha il letto pivicino alla porta, e Pa' lo scroll
finchnon fu sveglio.
- Corri subito da Nestor e digli di chiamare lo sceriffo
Taggart. Digli che deve venire subito, in questo preciso
istante.
- Che c' Pa'? - domandJohnny. - Che cosa
successo?
-Lascia stare quel che successo. Mettiti i calzoni e le
scarpe e va' limmediatamente. Io devo rimanere con Ma',
sconvolta, terrorizzata.
Pa' usce Johnny venne a scuotermi. - Steve, successo
qualcosa.
Mi tirai su a sedere. - Cosa?
- Non lo so. Ma devo correre da Nestor a chiamare lo
sceriffo. Steve, deve trattarsi di Frank. Cosa puessere?
- Non so. Forse uno dei suoi complici venuto qui e c'
stata una rissa. Come faccio a saperlo?
Infili pantaloni e le scarpe e corse gi senza camicia. Io
mi alzai e mi vestii.
Quando scesi in cucina, Ma' era sulla sedia a dondolo e si
cullava avanti e indietro con le mani strette ai braccioli. -
Ero andata a chiamarlo - disse. - Ero andata a chiamarlo
per la colazione.
- Chi, Ma'? - domandai. - Cos'successo?
- Non preoccuparti, figliolo - disse seccamente Pa',
entrando. - La mamma sotto shock. meglio che tu vada
fuori ad aspettare lo sceriffo. Digli di andare nella stalla.
Uscii sotto il portico e aspettai.

- Tre pugnalate alla gola - disse lo sceriffo Taggart - e
quattro al petto. E le fascette per le banconote sparse
tutt'attorno. Secondo te com'andata, Jess?
Jess Laurie si limitad alzare le spalle. Erano nel cortile
ad aspettare il medico legale che veniva da Center City. Io mi
ero nascosto tra i cespugli su un lato della casa. Pa' e Ma'
erano dentro con i Nestor e Johnny era sparito.
- Ti dirio com'andata - fece lo sceriffo. - Secondo
me questo era l'uomo che guidava la Pontiac. Ha soffiato il
denaro al tipo grasso col giubbotto ed venuto qui a
nascondersi. Solo che il ciccione l'ha trovato, evidentemente.
- Ma non ha senso che sia venuto qui a nascondersi -
disse Jess. - Perchvenire qui?
- Usa il cervello. Qual era l'ultimo posto al mondo in cui
il ciccione sarebbe venuto a cercarlo?
Venni fuori dai cespugli. - Sceriffo, ho sentito qualcosa
di strano la notte scorsa.
- Di strano? -Aggrottle sopracciglia, guardandomi. -
Che... che vuoi dire?
- Mi sono svegliato e ho udito delle voci nella stalla, poi
un grosso tonfo, e poco dopo una macchina che si allontanava
lungo la strada. Sono andato alla finestra, ma non ho visto
nessuna luce.
Jess Laurie mi fiss - Hai sentito qualcuno che parlava
nella stalla e non sei andato a vedere? Perch
- Ho pensato che magari era Pa' che parlava con Frank.
Non sapevo che ora fosse. E nella macchina potevano esserci
dei ragazzi che si sbaciucchiavano, sa com'
- Era la voce di tuo padre? - domandJess.
- Non ho riconosciuto le voci. Non ci ho pensato fino a
stamattina, quando ho saputo quel che successo.
- Non hai visto l'auto? - chiese lo sceriffo Taggart.
- No, signore. L'ho solo sentita partire e andar via.
- La notte era luminosa - disse Jess Laurie.
Lo sceriffo guardla strada. - Dov'la tua finestra,
Steve?
La indicai.
- L'auto poteva trovarsi vicino alla curva. L'uomo
potrebbe aver raggiunto la stalla senza essere visto dalla casa.
Scommetto dieci dollari che non c'era nessuno che si
sbaciucchiava. Scommetto che c'era una Pontiac verde
parcheggiata laggi
- Vuol dire i rapinatori, sceriffo? - domandai.
Lui fissJess. - E chi senn
- Ho paura, sceriffo. - dissi. - Non voglio che i
rapinatori vengano da queste parti.
Lo sceriffo Taggart sorrise. - Non preoccuparti, figliolo;
non verranno. Non hanno pimotivo di tornare qui.
- Hai visto o sentito qualcos'altro? - mi chiese Jess.
Scossi il capo. - No, signore, tutto.
Stava arrivando l'auto del medico legale e i due gli
andarono incontro. Io mi misi in cerca di Johnny. Avrei
potuto dir loro che avevo visto una Pontiac verde, ma se
avessero mai scoperto che era un'invenzione di Johnny, mi
sarei trovato nei guai. Cosinvece non avrebbero mai potuto
provare che non avevo detto la verit
Nel cortile sul retro, Pa' e il signor Nestor parlavano tra
loro. Pa' diceva: - Suppongo che l'altro tizio sia venuto qui
per i soldi. Diavolo, Len, si puuccidere un uomo per
denaro?
- Tutti noi abbiamo fatto qualcosa di riprovevole per
molto meno di quarantottomila dollari - rispose il signor
Nestor. - Credo che l'omicidio sia solo un gradino piin alto
sulla stessa scala, John.
- Cosa fai qui fuori, Steve? - disse Pa'. - Ti avevo detto
di restare in casa.
- Sto cercando Johnny.
- dentro. Adesso va' e non uscire finchnon te lo dico
io.
Rientrai. Ma' e la signora Nestor erano in salotto. Salii le
scale e trovai Johnny sul letto. Era disteso supino, gli occhi
rivolti al soffitto.
Non mi guard - Dove hai messo il mio coltello? Dov'
- Sei impazzito, Johnny? Perchavrei dovuto prendere il
tuo coltello?
- Non scherzare. Dov' Steve?
Mi sedetti sul letto e lo fissai. Per la prima volta non
sembrava pigrande di me. Per la prima volta era al mio
stesso livello, non sopra. Avevo dimostrato quanto valevo.
- Lascia perdere il tuo stupido coltello, Johnny. Puoi
comprartene un altro. Pensa a tutti i soldi che abbiamo.
Si mise a sedere. - Che cosa ti successo? Sei cambiato.
- Tutti cambiano prima o poi, giusto?
Sospir - So che l'hai ucciso tu, Steve. Per via delle
fascette.
- Quali fascette? - domandai.
- Quelle che avresti dovuto distruggere. - Abbassla
voce. - Quelle che erano sparse sul pavimento nella stanza di
Frank.
- Forse stato l'uomo della Pontiac verde a mettercele.
Lo sceriffo ne convinto.
Mi guard e io ricambiai il suo sguardo. Poi si distese di
nuovo, accigliato, la faccia volta al soffitto.
- Hai detto che ero un fifone, Johnny - gli ricordai. -
Hai detto che dovevo dimostrare di avere coraggio.
Chiuse gli occhi. - Tu sei pazzo. Tutti quei soldi ti hanno
fatto perdere la testa. Sei pazzo, dovrebbero metterti in
manicomio, Steve.
- No, non dire cos Pensa ai soldi e non dire queste cose.
Non rispose. Riaprgli occhi, ma senza guardarmi. Mi
stesi sul letto.
La sua voce era appena un sussurro: - Era destino che
succedesse. Sei sempre stato troppo attaccato al denaro.
Questa storia ha solo accelerato le cose.
- Tutti lo sono - dissi - tutte le persone di buonsenso.
- Non tutti - fece lui. - Non io.
- Quando sarai cresciuto abbastanza, potrai comprarti
una Cadillac bella grande. O addirittura un'auto da corsa. E
non nessun ladruncolo ti staralle calcagna, studiando un
modo per riprendersi il denaro.
- Sta' zitto! Sei pazzo, ti dico.
- Sii ragionevole, Johnny. Rifletti! Va bene, non parlo
pi
Silenzio. Chiusi gli occhi. Udivo le voci di Ma' e della
signora Nestor al piano di sotto, e lo sceriffo fuori nel cortile
che parlava con qualcuno. Rividi il volto di Frank che
sorrideva nel sonno e mi venne la nausea, ma scacciai quel
pensiero dalla mente e mi concentrai invece sul denaro, su
tutto quel denaro.
Sussurrai: - Mi chiedo quanta gente abbia ucciso Frank
nella sua vita. - Mi passai la lingua sulle labbra. - Quel
vecchio lurido rapinatore di banche.
Johnny non disse nulla.
- Forse era destino che finisse ammazzato.
Johnny continua tacere.
Mi stirai e riaprii gli occhi, per non vedere quelle
immagini spaventose. Udii il rumore di due auto che
partivano, e poi i passi di Pa' su per le scale. Johnny si tirsu
a sedere, come se lo stesse aspettando per dirgli qualcosa.
Pa' entre disse: - Vostra madre andra stare dallo zio
George e dalla zia Jane per un paio di giorni. Vado ad
accompagnarla. Voi ragazzi avete paura di rimanere qui?
Scossi la testa.
- Resto qui anch'io - fece Johnny. - Quando torni, Pa'?
- Fra un paio d'ore, perch
Johnny stava per rispondere ma si interruppe, poi disse:
- Tanto per sapere. - Torna sdraiarsi, con aria
meditabonda.
- Forse dovreste uscire di casa - continuPa'. - Perch
non andate a nuotare? Fa caldo oggi.
Johnny annu - Pudarsi.
- Se vi tuffate dall'argine, state lontani da quello scoglio.
Posso fidarmi di voi, vero?
Johnny annudi nuovo. - Non preoccuparti. Star
attento, Pa'.
Pa' usce lo sentimmo che parlava con Ma'. Lei venne a
salutarci. Sembrava ancora sconvolta. Udii il camioncino
imboccare la strada e poi di colpo ci fu un silenzio tale che
sentivo distintamente il respiro di Johnny.
- Perchhai voluto sapere quando tornava Pa'? - dissi.
- Pensavi di dirgli...? Insomma, di parlargli del... coltello e
delle fascette?
Non rispose.
Mi alzai e andai alla finestra. - Se stato tu a iniziare,
ricordatelo - proseguii. - Con quella storia della Pontiac.
lche cominciato tutto.
- Me lo ricordo - fece lui.
Mi voltai a guardarlo. - Qualcosa hai fatto tu, qualcosa
ho fatto io. E adesso quel denaro nostro. Io ho fatto
qualcosa, capisci? Pensavo che tu saresti stato... insomma, io
credevo che... - Tacqui. Non avevo intenzione di dirgli che
speravo fosse orgoglioso di me.
Ma lui non mi stava ascoltando, comunque. - Forse non
ho il coraggio di andare dallo sceriffo a dirgli che ho mentito
sulla Pontiac - disse - o forse s questo che mi sto
chiedendo.
- E perchdovresti farlo? Sarebbe da stupidi.
Non rispose. Non sapevo cosa avesse in mente. Speravo
che stesse pensando al denaro, a quell'enorme quantitdi
denaro, e a quel che avrebbe potuto comprarci. In realt
pregavo che ricominciasse a ciarlare, come faceva prima.
Qualche attimo dopo, dissi: - Puoi dar via la tua met se
non la vuoi. Puoi darla all'Esercito della Salvezza.
Non rispose e non mi guard Proseguii: - Io vado a fare
una nuotata. Non ho intenzione di star qui a discutere con te
visto non mi rispondi neanche.
Ancora nessuna reazione.
Mi infilai il costume da bagno e un paio di scarpe e uscii
senza aggiungere altro. Ero preoccupato per lui. Era
imprevedibile. Andai fino all'argine e rimasi la guardare lo
scoglio. Sembrava enorme.
A che scopo mettersi alla prova per due volte in
ventiquattro ore? Che ci avrei guadagnato a scoprire quanto
riuscivo ad avvicinarmi allo scoglio?
Ero ricco, adesso, avevo troppo da perdere. Sarebbe stato
un bello spreco finire ammazzato.
Ma poi, stranamente, mi venne in mente che quando si ha
molto da perdere, si dev'essere sicuri di avere fegato. Non
voglio dire che bisogna essere spericolati, ma coraggiosi s
Un sacco di gente avrebbe potuto cercare di portarmi via quei
soldi.
Coscalcolai la distanza e mi tuffai, avvicinandomi allo
scoglio quanto il mio coraggio me lo permetteva. Entrando in
acqua mi graffiai la mano grattandola contro il bordo aguzzo
della roccia.
Riemersi ancora turbato, ma anche soddisfatto, perch
ero riuscito a fare il tuffo. Guardai su e c'era Johnny
sull'argine.
- Proprio vicino stavolta - disse.
Sorrisi e annuii.
Poi lui si lanci con uno dei suoi tuffi belli e armoniosi.
Pareva che sarebbe andato a finire proprio sulla punta dello
scoglio, ma all'ultimo fece uno scarto e si limita sfiorarlo,
all'impatto con l'acqua.
Quando risal gli dissi: - Pivicino. Sei pibravo di me
a tuffarti.
- Andiamo a riva - fece lui. - Voglio parlarti.
Risalimmo sull'argine, proprio nel punto in cui Frank
aveva impilato la legna. Certo che sapeva come maneggiare
l'accetta e la sega, quel Frank. Mi faceva una curiosa
impressione pensare a lui morto, e vedere ancora
ammucchiata lla legna che aveva tagliato solo ieri.
- Stai tremando - disse Johnny.
Non risposi. Mi guardai la mano graffiata. Aveva smesso
di sanguinare.
Lui si sedette sulla legna, parlando a voce molto bassa. -
Com'andata? stato difficile? Come hai fatto a trovare il
coraggio?
- stato... terribile - dissi. - Dopo... dopo il primo...
colpo stato pifacile. - Lo guardai intensamente. - Sarei
disposto a rifarlo... credo. Probabilmente aveva ucciso della
gente, tantissima gente, e quindi...
- stato solo per i soldi, Steve? questo il motivo, o
c'era qualche altra ragione? stata anche colpa mia, perchti
chiamavo fifone e tutto il resto...?
- stato il denaro, piche altro. Tutto quanto... ma
soprattutto il denaro.
- Cosa vuoi dire con... tutto quanto?
- Oh, Pa' che lavora come un mulo e... Ma' che preferisce
te e tu che mi guardi sempre dall'alto in basso. Tu non ti
comporti come un fratello, Johnny. Fai il prepotente, quasi
sempre.
Annu Continuava a far scon la testa, come se stesse
ripensando a un mucchio di cose. Poi disse: - Se darai quei
soldi all'Esercito della Salvezza, o alla Croce Rossa, io non
dirmai una parola a Pa' o allo sceriffo Taggart o a chiunque
altro al mondo.
Lo fissai. - E come faccio? Come farei a spiegare da dove
viene?
- Non voglio dire adesso. Piavanti, intendo. Puoi
spedire un pacco senza indicare il mittente. Dovrebbe essere
facile.
Mi sedetti a guardare l'acqua. - E Pa' continuera
sgobbare, e anche Ma'. E sarstato tutto per niente. Le tue
bugie, e il mio... quello che ho fatto, nessuno avrnulla
tranne quella stupida Croce Rossa. Non ha senso, Johnny.
Rimase lseduto, cupo. Io guardavo l'acqua. Dopo un
tempo che parve lunghissimo, disse: - Be', forse possiamo
trovare un modo per farne avere un po' a Ma' e Pa'. Di sicuro
ne farebbero un uso migliore della Croce Rossa. E noi siamo
in debito nei loro confronti.
- Certo - approvai. - Potrebbero almeno comprarsi
un'auto appena decente, giusto?
Annu e vidi un lampo nei suoi occhi quando pronunciai
la parola "auto". Probabilmente stava pensando "auto da
corsa".
Inspirprofondamente l'aria calda e luminosa. - Il
denaro al sicuro, eh?
- Oh, s- feci - assolutamente.
Fece correre lo sguardo sull'argine, sullo scoglio, poi a
terra, dovunque tranne che verso di me. - Forse un po' di
quei soldi ce li siamo meritati, non credi? In un certo senso
stato come un lavoro, siamo andati a prenderli e tutto il
resto, capisci.
- E quindi abbiamo il diritto di essere pagati per il
tempo che ci abbiamo dedicato, questo che vuoi dire?
- S esatto.
- Sei tu il capo, Johnny.
Ma sapevo che non era cos in realt Non pi
E credo che anche lui lo sapesse.
E allora dissi, e suonquasi come un ordine: - Non
prenderemo niente di pidi quel che ci spetta. Ma credo che
sarun bel po'.


Ditelo con i fiori
di Craig Rice
"Manhunt", settembre 1957

Non sempre la comicitottiene il giusto riconoscimento
dalla critica, e pochi hanno scritto cose picomiche di quelle
di Craig Rice, perlomeno nell'ambito del mystery. In opere
come Having Wonderful Crime e Trial by Fury, vere pietre
miliari della commedia brillante, Rice diede prova di spirito,
brio e intelligenza senza precedenti nella storia del giallo.
Certo, la scrittrice si muoveva secondo le convenzioni della
screwball comedy allora in voga, ma in maniera del tutto
personale, specialmente quando il protagonista era John J.
Malone, avvocato irlandese amante della bottiglia.
E. G.

- Non vorrrifiutarsi di aiutare una povera ragazza come
me, vero? - disse la magnifica bionda chinandosi sulla
scrivania e sbattendo le ciglia in direzione di John J. Malone.
Malone sospire distolse lo sguardo, fissando come
affascinato la serie di scaffalature allineate contro una delle
pareti. Spostando leggermente il capo, osservcon la stessa
espressione concentrata la piccola mensola che Maggie aveva
appeso alla parete adiacente. Ospitava una pianticella che
aveva cominciato a traboccare dal vaso e a protendersi lungo
la parete sudicia, una piccolissima teiera d'ottone e un
coniglietto di porcellana dall'aspetto particolarmente
repellente. - Dcalore alla stanza - brontolMalone tra se
s - Crea un po' di atmosfera. - Sospirdi nuovo, con
amarezza questa volta.
- Come dice? - chiese la magnifica bionda.
Malone fece un cenno svogliato in direzione della
mensola. - Che cosa ne pensa? - domand - Le sembra che
crei una calda atmosfera?
La bionda la osservper un attimo. - La trovo orribile -
disse convinta. - Ma ascolti, Malone, non sono venuta qui
per parlare di arredamento. Io voglio che lei...
- Lo so - fece Malone. - Me l'ha detto. Suo zio, Jasper
McIlhenny...
- Jabez - mormorla bionda.
- Fa lo stesso - riprese Malone con degnazione. - Suo
zio scomparso, e lei vuole che io lo ritrovi.
- cos Malone - confermla ragazza. - E lei lo far
non vero? Farquesto per me, Malone? - Sbattdi nuovo
le ciglia. Malone distolse risolutamente lo sguardo e cercdi
pensare a qualcos'altro.
- Non ho bisogno di denaro - disse infine, in tono
gentile. - Sto partendo per L'Avana. L'Avana, Cuba -
aggiunse, per evitare ogni equivoco. - E poi, cosa posso fare
io che la polizia di Chicago non possa fare meglio? - Si
augurche la signorina McIlhenny non conoscesse la risposta
a quella domanda.
- Sono passate due settimane, Malone - fece lei. - Sono
stata all'Ufficio Persone Scomparse e mi hanno detto che ci
stanno lavorando, ma due settimane sono tante. Ho sentito
parlare di lei, e so che l'unica persona in grado di trovare lo
zio Jabez.
- Il fatto .. - esordMalone, e si domandcos'avesse
avuto intenzione di dire dopo. - Il fatto E inoltre, sto
partendo per L'Avana, Cuba. Se incontro suo zio da quelle
parti gli darun messaggio da parte sua. Mi sembra piche
ragionevole, non crede?
- Malone - disse la ragazza - lei senza cuore. Davvero
senza cuore. - Fece un passo indietro, in modo che
quell'avvocatuccio male in arnese potesse godere a pieno del
suo sguardo. Quello sguardo faceva pensare a un delitto,
pensMalone. Faceva pensare a parecchie altre cose, per
altro. Controvoglia, Malone si sottrasse a quella tentazione.
- Signorina McIlhenny - cominci con un tono che
sperava suonasse paterno - sono certo che se avrun po' di
pazienza, la polizia riuscira trovare suo zio. Io davvero non
potrei far altro che spedirle le mie parcelle. Parcelle
esorbitanti.
- Il denaro non ha importanza - rispose la ragazza. -
Ne abbiamo a bizzeffe. - Frugin una borsetta di pelle nera e
ne estrasse un fascio di banconote. Ne prelevtre e le depose
con circospezione sulla scrivania di Malone. - Bastano come
anticipo?
Malone fissle tre banconote da cento dollari. -
Basterebbero - disse con rammarico. - Ma ho gii biglietti.
La mia nave parte venerd Siamo a giovedmattina... gioved
mattina presto - si corresse. - Non posso far nulla. Mi
dispiace.
- Ha! - fece la ragazza. Raccolse il denaro con gesto
rabbioso e si diresse verso la porta. La apr si volte disse:
- Senza cuore. Davvero senza cuore. - Uscsbattendo la
porta.
Malone restseduto alla sua scrivania. L'Ufficio Persone
Scomparse avrebbe fatto saltar fuori lo zio Jabez, si disse.
Quindi, evidentemente, non c'era alcun motivo di
preoccuparsi della bionda signorina McIlhenny. Poteva
addirittura far finta che non fosse mai esistita. Poteva invece
concentrarsi sulla partita a poker, la fantastica partita a
poker a cui era stato invitato la sera precedente dal giudice
Touralchuck. Aveva vinto abbastanza denaro da comprarsi i
biglietti per il viaggio all'Avana e assicurarsi un paio di
settimane di vita alquanto dissoluta. Nessuna ragazza avrebbe
potuto impedirglielo, anche se era cosbella, e sembrava cos
smarrita, e aveva un tono cossuadente.
Forse pensare al poker non era una grande idea. Torna
fissare la mensola, e il coniglietto di porcellana lo fissa sua
volta con sguardo inespressivo. Quella mensola aveva almeno
un aspetto positivo, pensvagamente: forniva un argomento
di riflessione nei momenti difficili. Solo perchuna magnifica
bionda ti entrava in ufficio un giovedmattina per chiedere
aiuto, non significava che...
Malone sospir
La cancellercompletamente dalla mia mente, pens
deciso. - Non mai stata qui - disse, ascoltando l'eco della
propria voce nella stanza. Suonava molto convincente, aveva
un tono fermo e posato che gli anda genio.
- Non mai stata qui - ripet - Signore e signori della
giuria, vi sfido a provare che il mio cliente abbia mai
conosciuto questa donna. Vi sfido a provare che sia mai
entrata nel suo ufficio.
La porta dell'ufficio si apre Malone alzgli occhi con
espressione colpevole. Ma la ragazza che apparve sulla soglia
era piccola e mora. - Allora, Malone - disse. - Su cosa ti
stai esercitando? Rilassati, stai partendo per una bella
vacanza all'Avana.
- esattamente quel che ho intenzione di fare, Maggie -
rispose John J. Malone con decisione. - E neanche tutte le
bionde di Chicago, neanche tutte le bionde degli Stati Uniti -
aggiunse in tono di sfida - riusciranno a impedirmelo.

- Coste ne vai all'Avana - disse Joe l'Angelo, poco
dopo, servendo un doppio whisky al piccolo avvocato.
Malone percorse con lo sguardo il locale antiquato del
City Hall Bar, proprietdi Joe l'Angelo. C'era solo il portiere
del municipio, seduto in silenzio all'estremitopposta del
bancone, a sorseggiare la sua birra. Malone alzil suo
bicchiere e lo osservcon aria pensosa.
- L'Avana, Cuba - disse. - E quanto sarben sistemato
e al caldo, sdraiato sulla spiaggia senza niente da fare,
pensera te, Joe. A proposito - aggiunse preoccupato - ti
devo qualcosa?
- Ho solo un paio di dollari segnati sul conto, Malone -
disse Joe l'Angelo. - Me li darai quando torni.
- Ti pago adesso - disse Malone. Si frugnella tasca e
ne estrasse un assortimento di banconote accartocciate. Ne
stirun paio con cura e le depose sul bancone. - Ora siamo
pari - aggiunse. Diede uno sguardo al locale deserto. -
Bisogna festeggiare.
Joe l'Angelo esitsolo per un attimo. - Uno lo offre la
casa, Malone - proclamsolennemente. Malone scolil suo
primo bicchiere e Joe gli versdell'altro whisky. - Ci
mancherai - disse.
- A me Chicago non mancher invece- dichiarMalone.
- Gente che viene continuamente a esporti problemi che poi
non ti lascia risolvere o non...- Si ferma riflettere per un
momento e bevve un lungo sorso. - Comunque, non mi
mancher come acqua sotto un ponte in fiamme.
- Proprio cos Malone - disse Joe l'Angelo,
mestamente.
- Ascolta - proseguMalone - quando sarall'Avana, la
prima cosa che ho intenzione di fare...
Squillil telefono. In un angolo buio del locale il
pappagallo strill - Drin! Drin!
- Scusami, Malone - fece Joe l'Angelo. Andal telefono
lanciando un'occhiata minacciosa al pappagallo che chiuse il
becco e rivolse a Malone uno sguardo di disapprovazione.
Malone lo fissbellicoso.
- Okay - stava dicendo Joe l'Angelo. - S qui. Aspetti
un attimo, glielo passo. - Si premette il ricevitore sul petto e
grid - Malone!
- Non ci sono - replicMalone senza staccare gli occhi
dal pappagallo. - Sono andato a casa qualche ora fa.
- il capitano Von Flanagan - disse Joe l'Angelo. -
Sembra furioso.
Malone stava per rispondere: - E chi se ne frega se
furioso - ma si fermappena in tempo. Dopo tutto, Von
Flanagan era un vecchio amico.
- Pronto? - abbozz
Un torrente di bestemmie e di insulti gli strazi
l'orecchio. Malone allontanla cornetta mentre la voce di
Von Flanagan strillava: - Solo perchtu hai troppo da fare
per occupartene, io devo vedermela con il commissario. Mi ha
fatto chiamare proprio adesso, e io cosa gli dico, Malone?
Bella ricompensa per averti aiutato in tutti questi anni...
- Un momento - disse Malone. - Aspetta un momento.
E se mi dicessi di cosa stai parlando?
- Non far finta di non saperlo - rispose Von Flanagan. -
Non fare il finto tonto con me, questa volta. Ti ho preso in
castagna, e ti farpentire di essere venuto al mondo. La
prossima volta che mi porti una multa per divieto di sosta...
- Von Flanagan. - La voce tranquilla di Malone parve
irritare ancora di piil poliziotto, ma dopo un altro paio di
strilli l'uomo si calm continuando a borbottare. - Ora -
disse Malone - si pusapere di cosa stai parlando? Che cosa
ti ho fatto?
- McIlhenny - gemette Von Flanagan. - La nipote della
moglie del commissario.
Un orribile sospetto si fece strada nella mente di Malone.
- Vuoi dire la bionda?
- La bionda. Non riesce a trovare suo zio, e noi ci stiamo
lavorando. Tu sai che ci stiamo lavorando, Malone. - La voce
di Von Flanagan si incrin
- Certo - disse l'avvocato. - quel che le ho detto.
- Ma lei vuole un rapporto ogni cinque minuti. Non
riesco a combinare nulla se me la ritrovo continuamente tra i
piedi. Malone, te lo giuro, ho fatto il tuo nome in buona fede.
Non che tu possa fare meglio di noi...
A Malone vennero in mente diverse cose, ma non ne disse
nessuna.
- ...ma lei ti pagherebbe per il disturbo, verrebbe lda te
e noi riusciremmo a fare qualcosa.
- Perchnon le dici semplicemente che ci state
lavorando? - suggerMalone. - Sapete benissimo come
liberarvi delle persone.
- Malone - singhiozzVon Flanagan. - nipote della
moglie del commissario.
- Oh - disse l'avvocato. - Capisco.
- Ma tu ti sei rifiutato di aiutarla. Le hai detto che stavi
partendo, o qualcosa del genere. Malone, te lo giuro, la
prossima volta che ci sarun omicidio insoluto a Chicago, ti
incrimino. Falsificherle prove, se sarnecessario, comprer
i testimoni, qualunque cosa. Quando ci si rifiuta di aiutare un
vecchio amico...
Malone riflettrapidamente. Da un lato, lui stava
partendo sul serio, e per un luogo in cui Von Flanagan non
avrebbe potuto raggiungerlo. Dall'altro, prima o poi avrebbe
potuto desiderare di tornare indietro, anche se non riusciva a
immaginarne il motivo. E dopo tutto Von Flanagan era un
vecchio amico, malgrado il modo in cui lo aveva trattato.
Infine, la sua nave non partiva che venerd ed era solo
giovedpomeriggio. Restava quasi un giorno intero.
- Va bene, Von Flanagan - disse Malone. - Ma questa
l'ultima volta...
La voce all'altro capo del filo si fece di velluto. - Tutto
quello che vuoi, Malone. Non hai che da chiedere.
- Non preoccuparti - rispose il piccolo avvocato. - Lo
far

Malone tornin ufficio, canticchiando St. James
Infirmary a mezza voce. IncaricMaggie di cercare una certa
signorina McIlhenny sull'elenco telefonico, si rilass si
accese un sigaro nuovo e si mise a riflettere sulla situazione.
Scoprche non c'era molto su cui riflettere. Era appena
giunto alla conclusione di cercare Jabez McIlhenny all'Avana,
dove qualunque uomo dotato di sufficiente denaro e del
minimo buon senso avrebbe scelto di essere ritrovato, quando
Maggie annunciche una certa signorina McIlhenny era in
linea.
Malone sollevil ricevitore e disse con voce pi
professionale possibile: - Parla Malone.
- Speravo che mi chiamasse - disse la voce ardente che
ricordava. - Si metteralla ricerca dello zio Jabez, vero?
Sono sicura che riuscira fare molto meglio di quei vecchi...
- Mi occuperdel suo caso - taglicorto Malone in tono
severo. - Per quanto riguarda l'anticipo... ehm... -
Introdusse una pausa di riflessione.
- Se trecento non bastano - disse la voce - possiamo
fare cinquecento. Lei un uomo meraviglioso!
In piccole dosi era stato gradevole, pensMalone mentre
la sua nuova cliente continuava a tubare, ma del troppo ne
aveva abbastanza. Si interrogper un attimo su cosa avesse
voluto dire precisamente con questa frase, ma decise di
lasciar perdere. - Cinquecento vanno bene. Ma sar
necessario che parli con lei...
- Indizi - fece la voce. - Vengo immediatamente.
Riappese. Malone rimase con il ricevitore in mano, alzle
spalle e torna fumare il suo sigaro.
Per quindici minuti sul coniglio di porcellana e sulla sua
nuova mensola, finchentrMaggie. - C'una certa
signorina McIlhenny che vuole vederla, signor Malone -
disse.
- Non vedi che sono occupato con questi documenti? -
borbottMalone, agguantando alcune carte dalla scrivania e
agitandole, nella speranza di apparire convincente. - Va bene
- disse - falla accomodare.
La magnifica bionda entrdimenando i fianchi e si
sedette, senza esserne invitata, sulla sedia accanto alla
scrivania di Malone.
- Ho dovuto farle un assegno - dichiar - Spero che
non sia un problema. - Posun foglietto ripiegato sul tavolo.
Malone non lo prese.
- Devo farle un mucchio di domande.
- D'accordo.
- Qualcuna potrebbe non piacerle.
- Se le serviranno a ritrovare lo zio Jabez... - disse lei
soffocando un singhiozzo - per me va bene. - Sembrava
proprio una brava bambina. Malone si trattenne dal darle un
buffetto affettuoso sulla mano e si domandquanto ci fosse di
artificioso nel suo comportamento. Tutto, stabil
ferocemente. - Suo zio aveva nemici, che lei sappia? - chiese
dopo un istante.
La signorina McIlhenny ci penssu. - Tutti volevano
bene allo zio Jabez. Era un coscaro vecchietto.
- Era? - indagMalone.
- Voglio dire che... be', lo ancora, suppongo.
- Ma potrebbe essere morto - fece notare Malone,
scrutando il volto dalla bionda per spiare la sua reazione.
L'espressione di lei non cambi Estrasse un fazzoletto
dalla borsetta nera e se lo avvicinagli occhi senza
utilizzarlo. Poi lo possulla scrivania. - Se lui morto,
voglio saperlo - disse. - La polizia non ha scoperto nulla...
- Lo so. Me l'ha gidetto. Stanno facendo del loro
meglio. - Rimuginper un minuto, poi prosegu - Quando
lo ha visto per l'ultima volta?
- Mentre usciva di casa, martedmattina di buon ora.
Due settimane e due giorni fa. Abita nel grande palazzo...
immagino che lo si possa definire cos.. dei McIlhenny, nelle
vicinanze del Drive. Io vivo con lui.
- C'qualcun altro in casa? - domandMalone. Aveva
presente il posto: un imponente edificio in pietra con torri e
finestre in stile gotico, dall'aria fatiscente. Si ergeva solitario
sulle rive del lago, a picco sull'acqua. Quel posto gli aveva
sempre messo i brividi, l'idea di andarci non lo metteva di
buon umore.
- Solo la servit- rispose la bionda. - E quando lui
usc io domandai...
- La servit- la interruppe Malone. - Di chi si tratta?
- Be', c'un uomo che si chiama Paul Finn - disse la
bionda. La servit pensMalone, doveva sembrarle indegna
di considerazione. Non stava bene parlare della servit -
il segretario dello zio. E poi la mia cameriera Rose. Rose
Billington.
- Erano entrambi in casa?
- Quando lo zio uscito? Oh no, il martedil loro
giorno di libert Credo che fossero da qualche parte a...
pomiciare.

Malone cercdi ricordare l'ultima volta che aveva sentito
quella parola, ma non ci riusc Registrmentalmente il dato:
il segretario e la cameriera avevano una relazione. Sembrava
una cosa importante. L'avvocato non avrebbe saputo dire il
perch e si disse che poteva anche non esserlo.
- Cosa stava dicendo? - domand scoprendo che la
bionda era andata avanti con il suo racconto.
Lei parve un po' sconcertata. - Stavo dicendo che ero
sola. Domandai allo zio dove stesse andando e lui mi rispose
che aveva un appuntamento d'affari.
- Che genere di affari?
- Non ne ho idea - disse. - Non ci feci caso allora, a
volte non si presta attenzione a una frase, ma quando la
polizia me l'ha chiesto mi sono resa conto che era piuttosto
strano. Lo zio aveva ereditato un sacco di soldi, investiti in
titoli molto sicuri. Non c'era proprio nessun affare di cui
dovesse occuparsi.
- Non aggiunse nient'altro? - domandMalone.
- Svoltl'angolo e io rientrai in casa.
- Era a piedi?
- Allo zio piaceva camminare - disse la bionda. -
Diceva che serviva a tenerlo in esercizio.
- Dove andava di solito quando usciva a fare una
passeggiata? - domandMalone.
La bionda ci penssu per un attimo. - A volte andava da
Eve - rispose. - Poi c'era Martine. Sicuro, Martine.
Il piccolo avvocato cominciava a sentirsi un po' confuso.
Gli sembrava che la conversazione procedesse in modo
nebuloso. - Eve e Martine. Sono ragazze che conosceva?
- Be', s Perlomeno Martine. una... ballerina di fila.
Ma certamente non sarebbe andato da lei per affari. Santo
cielo, no!
- Capisco - fece Malone.
- E Eve... Eve Washington, ne avrsentito parlare...
Malone ci penssu. - No - disse alla fine.
La bionda scosse la testa. - la pinota ceramista di
Chicago, e lei non ne ha mai sentito parlare...
- Signorina McIlhenny - disse dolcemente Malone -
sono un avvocato e passo un sacco di tempo in tribunale.
Talvolta mi capita di non leggere la pagina della scienza sul
giornale. Bisogna che lei mi spieghi cos'una ceramista.
- Dice sul serio? Lei si sta prendendo gioco di me...
- No - disse Malone.
- Oh! - La bionda parve studiarlo attentamente, e
Malone sperper qualche motivo che non decidesse di
riprendersi l'assegno dalla scrivania, di rimetterlo nella borsa
e di andarsene. Lo avrebbe preso come un insulto. Non era un
crimine ignorare cosa fosse una ceramista, pens Non era
colpa sua se c'erano cose che non sapeva.
- Terracotta - disse la ragazza. - Fa dei lavori in
terracotta.
- Come delle formine di terra, insomma - fece Malone
con aria meditabonda.
- Pi.. o meno - rispose lentamente la bionda. -
molto famosa e molto cara. - Si volte per la prima volta
sembraccorgersi dell'impassibile coniglietto di porcellana.
- Saprebbe fare un oggetto come quello - osserv - Anche
se naturalmente non lo farebbe mai.
- Non le piacciono i conigli? - suggerMalone.
- troppo ordinario, prodotto in serie. Non il suo
genere.
- E Jabez McIlhenny era il suo genere? - domand
Malone con grande delicatezza.
- Non per quello che pensa lei - affermla ragazza. -
Lo zio Jabez apprezzava le sculture in terracotta. Comprava
spesso dei pezzi di Eve. Erano solo buoni amici.
- Forse era questo che intendeva con "affari" - fece
Malone. - Torni a casa, la chiamerpitardi.
- Cos'ha intenzione di fare? - domandla bionda.
- Comincera guadagnarmi quel denaro - disse Malone.
Prese l'assegno e lo spieg
- D'accordo - disse la ragazza. Era giuscita quando
Malone lesse sull'assegno la scritta "Cinquecento dollari" e
poslo sguardo sull'ultima riga, dove c'era la firma, "D. D. D.
McIlhenny".
Malone si rese conto che non conosceva il nome di
battesimo della sua cliente. Nessuno dei suoi nomi di
battesimo. Ma la banca doveva conoscerli, si disse
allegramente. Intascl'assegno, si alze uscdall'ufficio.

L'insegna fuori dalla porta recava una scritta in caratteri
fioriti: "Eve Washington - Ceramiche". Sotto c'era un
campanello.
Malone suon Per un attimo si domandcosa ci facesse
una donna che faceva formine di terra al decimo piano
dell'immobile piesclusivo di Chicago e stabilche doveva
esserci qualcosa sotto quell'attivit Stava congratulandosi
con se stesso per la propria perspicacia quando la serratura
scatte la porta si apr
Malone entrin una stanza che gli fece venire in mente
alcune delle peggiori scene di Bertha, la ragazza che cuciva a
macchina, quelle che ritraevano la misera casa di Bertha.
C'erano bricchi e stampi grigi e antiquati dappertutto,
immersi in un'incredibile sporcizia formata da paglia,
segatura, trucioli di legno e vecchi giornali ingialliti. Su tutto
aleggiava una nuvola di polvere.
Malone udun ronzio provenire da lontano, simile al
rumore di una segheria. Prova chiamare: - Ehil
- Un minuto - rispose una voce. Malone lascicorrere
lo sguardo sul disordine che lo circondava, e attese. Quando il
minuto fu trascorso, e insieme a quello altri due o tre, una
donna coperta di polvere con indosso un vecchio grembiule
apparve sulla porta che dava sul resto dell'appartamento. -
S - disse.
- Sto cercando la signorina Washington. Mi chiamo John
J. Malone.
- Vuole comprare qualche cosa? - disse la donna coperta
di polvere. Era poco pibassa del piccolo avvocato, aveva il
viso a forma di cuore e i capelli, almeno nei punti in cui non
erano coperti di polvere, di un castano molto scuro. Poteva
avere ventott'anni, pensMalone.
- Vorrei vedere la signorina Washington - spieg - Ho
qualche domanda da rivolgerle.
- Sono io Eve Washington - disse la donna. - Ma sono
un po' presa in questo momento. Mi dispiace. Non ho proprio
tempo per le interviste...
- Si tratta di Jabez McIlhenny - precisMalone.
La donna fece un passo indietro. - Lei della polizia?
Malone scosse il capo. - Solo un amico - disse. - Ho
saputo che scomparso, e vorrei farle alcune domande.
- Ho gidetto tutto alla polizia - dichiarEve
Washington. - Perchnon chiede a loro?
- Le rubersolo un minuto. Inoltre, potrei essere un
potenziale cliente. Non si sa mai.
- Ma davvero! - A sorpresa, Eve Washington scoppia
ridere. Aveva una risata grave, profonda, come la voce. -
Venga nel mio studio. McIlhenny era l'unico uomo che aveva
il permesso di entrarci, ma visto che un suo amico... E poi,
lei mi sembra matto come me. - Si avvi e Malone la segu
Attraversarono un lungo corridoio e sbucarono in un
ampio locale arioso che appariva ancora picaotico di quello
precedente. Malone notquattro posacenere, tutti di
terracotta, ammucchiati su un divano lurido che ad occhio
doveva essere stato pagato pidi mille dollari. In uno dei
posacenere c'erano tre sigarette con tracce di rossetto e un
mozzicone di sigaro impolverato. Gli altri erano vuoti, ma
ricoperti di un velo di polvere. Malone provil desiderio di
farsi un bagno.
In un angolo era collocato un contenitore quadrato che
produceva un leggero ronzio. - un forno. Serve a cuocere
l'argilla. Sviluppa pidi milleseicento gradi, quindi non mi
avvicinerei troppo se fossi in lei.
Malone indietreggiallontanandosi ulteriormente dal
contenitore. - Jabez McIlhenny scomparso pidi due
settimane fa. Di marted - Chissperch quell'approccio
non gli sembrquello giusto. - Stava venendo qui quando
uscdi casa, e sua nipote non l'ha pivisto da allora -
aggiunse, dopo una pausa.
La donna coperta di polvere lo stette a sentire e infine
disse: - Ah s
- Quando se ne andda qui? - domandMalone.
- Non ci mai arrivato - rispose lei. - Lei dice che
stava venendo da me?
- Esatto.
- Mi avvertiva sempre quando veniva - disse Eve
Washington. - Mi telefonava a intervalli di qualche
settimana e io gli facevo trovare un pezzo nuovo da
esaminare. Era di gusti raffinati, signor Malone. Sapeva
sempre quello che voleva, e me lo lasci dire, dopo quelle
vecchiette terribili che vengono qui a cercare qualche
regalino per i loro nipoti...
- La capisco - disse Malone in tono comprensivo. - Ma
quel marted il giorno in cui scomparve, non le telefon
- No - disse lei. - Pensavo che si sarebbe fatto vivo, era
quasi il momento, capisce, e avevo una cosa pronta per lui. -
Fece spuntar fuori un oggetto dal disordine, e Malone si
ritrova fissare un vaso verde chiaro, alto circa
quarantacinque centimetri. - L'ho tenuto, nel caso che lui si
faccia sentire. Gli sarebbe piaciuto. - Dette qualche colpetto
amorevole al vaso. - Ed anche un affare - aggiunse. - Solo
trecento dollari.
Malone fece un cenno di assenso, distrattamente. -
Signorina Washington - disse - che lei sappia, il signor
McIlhenny aveva dei nemici?
- Aveva? Vuol dire che morto?
Malone medit Non poteva esserci nulla di male
nell'ammettere la verit - scomparso da due settimane e
sua nipote non ha ricevuto nessuna richiesta di riscatto, n
alcun messaggio da lui. Probabilmente morto. Sto cercando
la persona che lo ha ucciso.
- Forse era semplicemente stufo ed andato via - disse
la donna. Malone si accorse che, sotto il grembiule, era
davvero molto carina. Forse il vaso valeva davvero trecento
dollari. Dopo tutto, pens lui non era un intenditore di vasi.
Trecento dollari potevano essere un buon prezzo. Avrebbe
potuto invitare Eve Washington a cena per discuterne un po'.
Con severitrammenta se stesso che quasi sicuramente
stava investigando su un caso di omicidio, e che comunque
doveva partire da Chicago l'indomani. - Le persone non si
stufano e vanno via - disse. - Non senza lasciare un
messaggio.
- Forse il messaggio non ancora stato trovato - obiett
lei.
Malone si guardintorno. Se la casa di McIlhenny aveva
la minima somiglianza con lo studio di Eve Washington, il
messaggio poteva non saltar fuori per mesi. Ma ne dubitava.
- Aveva nemici? - domanddi nuovo.
- Non che io sappia. Era un coscaro vecchietto.
- Lo so - disse Malone.
- stato lui a scoprirmi, sa? Io ero solo una delle tante
ceramiste che lottano per affermarsi, sa com'
Malone cercdi immaginare una ceramista che lottava,
ma non ci riusc Faceva gifatica a pronunciare quella
parola, figuriamoci il resto.
- Ebbene - stava dicendo lei - avevo esposto le mie
ceramiche in una piccola galleria e un pomeriggio fece il suo
ingresso il signor McIlhenny. Questo tutto. Comprdiversi
pezzi, e si sparse la voce. Gli sono molto grata. Sarei
terribilmente addolorata se gli fosse successo qualcosa.
- Non ha piavuto notizie da lui dal martedin cui
scomparso?
- Certo che no! Ho ancora il vaso, non vede? - Sembr
accorgersi solo allora che lo aveva ancora in mano, e
improvvisamente rivolse un affascinante sorriso a Malone. -
Ecco - disse - tenga. Non posso tenerlo qui per sempre.
Qualcuno potrebbe vederlo e volerlo acquistare. Ma se vede il
signor McIlhenny, pudarlo a lui.
Malone evitdi puntualizzare ancora una volta che
probabilmente quel cliente aveva ormai perso ogni interesse
per i vasi verdi. Preferiva non vedere Eve Washington
terribilmente addolorata, anche se non gli sarebbe dispiaciuto
offrirle una spalla su cui piangere. Ma aveva decisamente
troppe cose da fare, e pochissimo tempo per farle.
Prese il vaso. - Se lo vedo - disse.
- Lui me lo pagher naturalmente - affermEve
Washington. - Con lui non c'nemmeno bisogno di parlare
di denaro. Mi chiamersenz'altro e mi manderun assegno.
Il vaso pesava quasi un chilo. Malone decise che era
meglio metterlo nella cassaforte dell'ufficio prima di passare
al prossimo individuo sospetto. Martine avrebbe dovuto
aspettare.
Scese in strada con il vaso stretto tra le mani e
gesticolando con difficoltchiamun taxi, diede all'autista le
coordinate del suo ufficio e si rilasssul sedile di pelle. Il
vaso era posato accanto a lui.
Forse potrei metterlo sulla mensola, pensMalone.
Vicino al coniglio. Potrebbe essere carino.

Una volta tornato in ufficio, Malone osservil vaso con
un po' di pidi attenzione. Non era affatto male, pens
Conferiva maggiore dignital suo ufficio, piazzato lsulla
mensola. Avrebbe potuto metterlo in cassaforte, ma era
troppo bello per chiuderlo ldentro. E la donna delle pulizie
non l'avrebbe fatto cadere, se l'avesse avvertita.
A pensarci meglio, se l'avesse avvertita lei avrebbe potuto
innervosirsi e buttarlo giproprio cercando di fare troppa
attenzione. Era meglio lasciare che le cose andassero come
dovevano andare.
Ora, si disse, era il momento di Martine.
Fu allora che si rese conto che non sapeva il cognome di
Martine. Telefonimmediatamente a un amico proprietario
di un night-club.
- Ragazze che si chiamano Martine? - disse
quest'ultimo. - Malone, si chiamano tutte Martine, o Sybil, o
Fritzi. Se ne trovi una che si chiami Bella mi fai un vero
regalo. Sempre Sybil o Martine o Fritzi. Dico sul serio,
Malone.
- Non conosci una Martine particolare che frequentava
Jabez McIlhenny?
- Nessuna di loro particolare, Malone. Sono volgari,
tutte quante. Ripeto, se trovassi una ballerina che si chiama
Bella non la farei neanche danzare, la terrei qui solo per il
gusto di dirlo alla gente. Vedi, Malone...
Malone si sottrasse con qualche difficolta un invito per
"una piccola festa tra amici" dopo la chiusura. - Prima o poi
ricambieril favore - disse al proprietario del locale, e
riattacc
Avrebbe potuto chiamare Von Flanagan, naturalmente.
Ma in un modo o nell'altro, si disse, preferiva non rivolgersi
alla polizia. Gli avevano affidato il caso e lui voleva risolverlo
per loro e fargliela vedere. Si chiese vagamente che cosa gli
avrebbe fatto vedere, ma non arriva nessuna conclusione.
Si ricorddella servit Paul Finn e Rose Billington. Se
fosse andato subito a casa McIlhenny, avrebbe potuto parlare
con loro e nello stesso tempo chiedere alla signorina
McIlhenny il cognome di Martine. Forse il nome di battesimo
della bionda era Danielle. Danielle Denise... ehm, Denny
McIlhenny. Suonava bene, pensMalone.
D'improvviso gli venne in mente che i due domestici
avevano una relazione. All'inizio gli era sembrato importante,
ma probabilmente non lo era affatto. Aveva la sensazione di
aver sentito dire una cosa che non gli era parsa importante al
momento, e che invece lo era. Cercdi ricordare cosa potesse
essere, ma senza successo. Forse, pens non era qualcosa che
aveva sentito, ma qualcosa che aveva visto.
Quando si ritrova bofonchiare: - Un buon domestico si
vede e non si sente - lasciperdere. Uscendo dall'ufficio
disse a Maggie: - Metti dei fiori in quel vaso. E non rimanere
alzata ad aspettarmi. Lascia solo una luce accesa alla finestra.
- Fa attenzione, Malone - rispose lei.
Lui pensal fatiscente palazzo dei McIlhenny ed ebbe un
brivido. Non fare lo stupido, si disse.
Ma cosa c'era di stupido nell'aver paura di una casa che
quasi certamente era popolata da spettri di cui uno, in
particolare, si era unito al gruppo non pidi due settimane
prima?

Il tassista diede un'occhiata ai gradini di pietra che
portavano all'ingresso del palazzo. - Un posto da ricchi -
comment
- Qualcuno lo trova bello - disse Malone sulla difensiva.
- Per me infestato dai fantasmi - fece il tassista.
Malone lo pagcon mani tremanti. - Ognuno libero di
pensarla come vuole - disse. Comincia salire i gradini, con
la sensazione che una lugubre musica d'organo lo seguisse
passo passo. Lontano, molto pigi sentil tassista che
ingranava la marcia e si allontanava di corsa, e si sentmolto
solo.
Salrisolutamente in cima alla scalinata e si trovdi
fronte il vecchio portone di quercia con un battente d'argento
al centro. Malone allungla mano, la ritrasse, poi si disse di
non fare lo stupido e bussuna prima volta, timidamente.
Dopo un minuto bussdi nuovo, un po' piforte.
La porta si aprcon uno scricchiolio e Malone impallid
Una faccia cadaverica lo stava guardando. Quella faccia aveva
occhi che sembravano passarlo da parte a parte, e folte
sopracciglia nere. Le sopracciglia si sollevarono lentamente.
- S - disse la faccia.
- Vorrei vedere la signorina McIlhenny. - Malone si
congratulcon se stesso per il proprio sangue freddo.
- Chi devo annunciare? - chiese la faccia in tono
lugubre.
- Me - disse Malone. - Io.
- Il suo nome?
Malone glielo diede, sbrigativamente. Il portone si
richiuse.
Passarono diversi anni prima che si riaprisse di nuovo.
Malone era certo di avere ormai tutti i capelli bianchi,
ammesso che gliene fosse rimasto qualcuno. Prova passarsi
una mano sul cuoio capelluto, ma non riusca capire di che
colore fossero. Continua masticare il suo sigaro,
nervosamente.
Alla fine il portone si spalanca poco a poco e comparve
un volto familiare. - Oh, Malone - disse la bionda. - Entri.
Paul non sapeva... non gli ho fatto il suo nome quando sono
uscita... - Malone entr
- Quello era Paul Finn - disse quando fu nell'ingresso.
- Quel... tizio che ha aperto la porta. - Cominciava a sentirsi
meglio. La bionda si era offerta di preparargli da bere, e lui si
accese un nuovo sigaro. In realtnon si era per nulla
spaventato, si disse. Erano tutte sciocchezze.
- Naturalmente - fece la bionda. - C'qui un suo
amico.
- Davvero?
- Un poliziotto. Gli ho detto che non avevo pibisogno
di lui visto che lei ha accettato di occuparsi del caso, ma ha
insistito per essere qui al suo arrivo. Ha detto che vuole farle
qualche domanda.
Malone sentun vuoto allo stomaco. - Von Flanagan -
disse.
- Gi ha detto di chiamarsi cos La sta aspettando in
salotto. Venga, cosle preparo da bere e potremo parlare. -
Fece una pausa. - Ha giscoperto qualcosa?
- Ho scoperto che suo zio aveva un nemico- disse
Malone brutalmente. Pensa Von Flanagan, a Eve
Washington e ai suoi biglietti d'imbarco, e si domandperch
mai si era fatto coinvolgere in quel caso.
- E chi - chiese la bionda ansiosamente.
- Io - disse seccamente l'avvocato, e la segunel salotto.

La bionda (Daisy?, si chiedeva Malone, Daphne?
Desiree?) anda preparare da bere e Malone rimase solo con
il capitano di polizia.
- omicidio, Malone, lo sai vero? - disse Von Flanagan.
- Ne sono convinto - disse Malone. - Due settimane
sono troppe.
- Non aveva alcun motivo di sparire. Tutto gli andava
bene, come sempre. Pernon aveva nemici.
- quel che ho accertato - fece Malone.
- Tutti gli uomini ricchi hanno dei nemici - osservVon
Flanagan in tono sentenzioso. - Persino io ho dei nemici e
cosa posseggo, in fondo?
- Dei nemici - suggerMalone.
- Stavo parlando di soldi. Se io ho dei nemici, li aveva
anche Jabez McIlhenny. Dopo tutto, qualcuno lo ha ucciso.
- Magari stato un incidente - disse Malone. - Magari
ha tagliato la strada a una macchina.
- Abbiamo controllato i registri di ospedali e obitori per
le due ultime settimane - replicVon Flanagan
stizzosamente. - Qualcuno riuscito a liberarsi del cadavere
senza lasciare traccia. Non c'stato nessun incidente.
- Forse si buttato nel fiume.
- In questa stagione? Fa freddo fuori. Sarebbe stata
un'azione da pazzi, e non sembra che lui fosse pipazzo del
solito.
- Come fai a saperlo?
- L'ho chiesto alla nipote - disse Von Flanagan. - A
meno che non sia stata lei a far fuori il vecchietto... e allora
potrebbe mentire solo per rendermi le cose pidifficili.
La signorina McIlhenny torncon i drink e per qualche
minuto la conversazione toccargomenti senza importanza,
finchVon Flanagan disse: - Mi scusi, signorina, vorrei
parlare con Malone in privato. Possiamo...
- Ma certo - rispose lei. - Restate pure. Io ho da fare in
cucina, comunque.
Quando si fu allontanata, Malone domand - Che
motivo aveva per uccidere suo zio?
- questo che non riesco a capire - ammise Von
Flanagan. - Il vecchio ha lasciato tutto il suo denaro a un
ricovero per gli animali. Non ne aveva mai avuti, e si sentiva
in colpa per questo. Ha lasciato duemila dollari ciascuno ai
domestici, ma neanche un soldo a sua nipote, tranne una
rendita di diecimila dollari l'anno. Meno di quanti ne riceveva
con lui vivo.
- Forse l'aveva minacciata di non dargliene pi
- Ho parlato con i domestici, non hanno sentito dire
niente del genere. Era tutto tranquillo.
- Non stata lei - disse l'avvocato. - mia cliente.
- Be', Malone...
- So che non stata lei. Non so perchlo so, ma lo so.
Ha senso tutto questo?
- No - disse Von Flanagan. - E non funzionerebbe in
tribunale.
- Lei mi ha parlato di una ballerina di nome Martine.
- Martine Vignette. Si chiama cos L'abbiamo
interrogata. Sembra che lei e il vecchio McIlhenny fossero
solo buoni amici. Sul serio. un bel caratterino, Malone.
Magari una sera si arrabbiata e gli ha sfasciato la testa.
- E lo ha fatto svanire come un fantasma - sugger
Malone. - Avete perquisito casa sua e il night club in cui
lavorava, immagino.
- Naturale - disse il capitano, depresso. - La gente fa di
tutto per mettermi i bastoni fra le ruote, Malone. Io non
volevo fare il poliziotto...
Malone si appoggiallo schienale, chiuse gli occhi e
attese che Von Flanagan finisse la sua geremiade. Poi
domand - Nessun altro?
- Macch Una scultrice mezza matta, questa Martine
Vignette, e la nipote.
- Come si chiama lei?
- La nipote?
- Esatto.
- McIlhenny - rispose Von Flanagan.
- Intendevo il nome di battesimo.
Sul volto del capitano si dipinse un'espressione attonita.
- Ti dir- rispose - non gliel'ho mai chiesto.
- Neanch'io - fece Malone.
- Ti stavo aspettando perchvolevo parlare con te prima
di arrestare la nipote. Non si sa mai. Non che io pensi che tu
possa... insomma, non puoi mica metterti contro la polizia di
Chicago, per..
- Aspetta un attimo, Von Flanagan.
- Ti ho cercato in ufficio e quella tua ragazza mi ha detto
che stavi venendo qui. Malone, ti viene in mente un solo
motivo per cui non dovrei metterla dentro?
- Non stata lei - disse l'avvocato. - Io ho visto
qualcosa... o sentito qualcosa...
- Di che si tratta, Malone?
- Non lo so - ammise il piccolo avvocato. Sospir - Ma
lo scoprir prima o poi.
- Non posso stare con le mani in mano in eterno -
dichiarVon Flanagan. - Il commissario...
- Concedimi un'ora. Solo un'ora.
- Malone, non legale...
- Un'ora, Von Flanagan, altrimenti io... dira tua moglie
di quella partita a poker.
- Un'ora - ripetil poliziotto con voce triste. - Malone,
questa storia non piace neanche a me. La nipote della moglie
del commissario...
- Non preoccuparti, Von Flanagan - disse Malone
solennemente. - Ti tirerfuori dai guai.
La voce del capitano assunse un tono minaccioso. -
Guarda, Malone...
- Un'ora. Hai promesso.

La storia di Rose Billington era semplice. Malone guard
la sua lunga, triste faccia cavallina e pensche doveva
formare una magnifica coppia con il cadaverico Paul Finn.
Sembravano venir fuori dalla famiglia Addams, pens Le
porse un orecchio indulgente.
- L'ho giraccontato tre volte alla polizia. Ora lei vuole
sentirlo da capo. Non c'ero neanche, io e Paul eravamo fuori.
Eravamo andati al cinema. Ho gidetto tre volte alla polizia
quel che abbiamo visto.
- Notqualcosa di strano uscendo?
- Era tutto come al solito - disse Rose. - Il vecchio
signor McIlhenny si stava vestendo per uscire, ma non disse
dove andava, quindi non me lo chieda.
- Non lo far- disse Malone.
- La signorina McIlhenny stava dormendo, a volte dorme
fino a tardi. Io e Paul andammo al cinema, vuol sapere che
film era?
- No, non necessario. - Sentiva il bisogno di un altro
drink. - Il testamento del signor McIlhenny lascia una
piccola somma a tutti e due. Abbastanza per sposarvi.
- Oh, ma noi non abbiamo intenzione di sposarci! -
disse Rose.
- Ah, no?
- Paul gisposato e noi non vogliamo mica infrangere
la legge. Ha una moglie a New York e non pudivorziare
perchaltrimenti lei penserebbe che lui non la vuole pi e
questo non bello, dice Paul. Lui legge libri di psicologia.
- E la moglie non... lei non pensa che lui non la voglia
pivisto che sta a Chicago?
- Paul dice che questo un altro discorso. Sa, legge
molto. Cosusciamo e basta, andiamo al cinema. Le posso
raccontare del film, quello che abbiamo visto.
Malone si sentiva girare la testa. - Non necessario -
disse. - Anzi, preferisco non saperlo. Non farebbe che
peggiorare le cose.
- Era un bel film.
- Non ho dubbi - disse Malone.

Il racconto di Paul coincideva con quello della cameriera.
- Andammo a vedere un film - fu la sua versione. Malone si
astenne dall'indagare sulla signora Finn. Non c'era motivo di
complicare ulteriormente la situazione.
Rimaneva solo Martine Vignette. Ma Von Flanagan aveva
cercato il corpo di McIlhenny e non aveva trovato nulla. Ci si
poteva fidare di Von Flanagan quando faceva una
perquisizione, pensMalone.
E tuttavia, D. D. D. McIlhenny non aveva commesso
nessun omicidio.
Ma se non era stata lei, chi era stato?
O forse suo zio Jabez si era semplicemente stufato e se
n'era andato, come aveva suggerito Eve Washington?
Neanche questa spiegazione pareva convincente.
Che razza di confusione, pensMalone.
Confusione.
Di colpo drizzla testa e tornin salotto. Von Flanagan
era sprofondato in una poltrona superimbottita e sembrava
sulle spine.
- Torno subito - fece Malone. - Non ti muovere.
- Dove vai? - domandil poliziotto.
Malone si rigiril sigaro in bocca con aria soddisfatta. -
A prendere l' assassino - disse. - E tu non ti muovere.
- Malone... - cominciVon Flanagan, ma il piccolo
avvocato era gifuori dal portone e stava correndo giper i
gradini senza timore di rompersi il collo.
Von Flanagan sospire torna sprofondare nella sua
poltrona.

- E va bene - ammise l'omicida mezz'ora dopo,
nell'ufficio di Von Flanagan. - Confesso. Ma lui meritava di
morire!
Quando Gadenski ebbe portato fuori l'omicida, Von
Flanagan mise i piedi sulla scrivania e disse a Malone: - Ero
convinto che fosse la nipote.
- Doveva essere per forza qualcun altro. Se lei avesse
ucciso suo zio, non sarebbe venuta da me per ritrovarlo. Ho
una certa reputazione, dopo tutto.
- Ma perch..
- Ho trovato questo biglietto sul divano, era scivolato
sotto i cuscini. Probabilmente era finito lper caso. Il
problema di Eve Washington era che non faceva mai le
pulizie.
- Tu non sapevi del biglietto quando sei andato da lei.
- No, ma questo spiega il movente - disse Malone. - Nel
biglietto McIlhenny le comunicava che non aveva intenzione
di sposarla. Sembra che fossero qualcosa di piche buoni
amici dopo tutto, e quando lui anda parlarle lei esplose e lo
colpcon la prima cosa che trovsottomano. Il suo studio
pieno di cose adatte a colpire un uomo.
- Ma... - Von Flanagan scosse la testa.
- Il mozzicone di sigaro nel posacenere - prosegu
Malone. - Lo vidi la prima volta che entrai in casa sua. E lei
mi disse che nessuno tranne McIlhenny era mai entrato in
quello studio. Pensai che difficilmente lei fumava sigari.
Quindi doveva aver mentito. Se avesse messo a posto quello
studio, sarebbe stata al sicuro per sempre.
- Commettono sempre un errore - disse Von Flanagan
gravemente. - Ma cosa ne ha fatto del... come si liberata di
lui?
Malone si accese un sigaro nuovo ed emise una nuvola di
fumo. - Ha confessato, e non sario a occuparmi del suo
caso perchsto partendo per L'Avana. Quindi non c'bisogno
che tu sappia come si disfatta di Jabez McIlhenny, e questo
resteril nostro piccolo segreto.
- Malone!
- Ho le mie buone ragioni - ribadil piccolo avvocato. -
Penso che tu possa fidarti di me, per questa volta. Visto che
ho risolto il caso per te.
- Tu hai risolto il caso? - disse Von Flanagan. - Ma se
ha confessato qui, proprio in quest'ufficio.
- Senti, Von Flanagan. Una sola parola di pi e io... io
non ti manderneanche una cartolina dall'Avana.
- Stammi a sentire, Malone - cominciil poliziotto, ma
il piccolo avvocato se n'era giandato.

Malone andin banca a riscuotere l'assegno di D. D. D.
McIlhenny. - A proposito - chiese al cassiere - che cosa
indicano le iniziali?
- Vuol dire che non lo sa?
- Esatto.
-Glielo chieda - disse il cassiere. - Le ha dato un
assegno, vuol dire che la conosce.
Malone si mise a caccia di un elenco del telefono e
chiam
- Oh lei, uomo adorabile, sapevo che avrebbe risolto il
caso... - cinguettla donna all'altro capo del filo.
Malone stabilche del troppo ne aveva decisamente molto
piche abbastanza. - Suo zio morto - disse gravemente.
- Oh, Malone, non riesco pineanche a pensare allo zio
Jabez ora che so quanto lei sia attraente e intelligente...
Malone borbottqualcosa di irriferibile. - Signorina
McIlhenny, ho una domanda da farle.
- Oh - fece lei. - La risposta s Malone, s
- La domanda - prosegului in tono serio - la
seguente: cosa indicano le sue iniziali?
Ci fu un lungo silenzio all'altro capo del filo. - I miei
amici mi chiamano Didi. Alla francese.
Malone restin attesa.
- Be' - prosegulei - mamma e papvolevano entrambi
un maschio, ma erano rassegnati alla volontdel Signore.
Cosquando arrivai io mi battezzarono Dio DDonne. Dio D
Donne McIlhenny.
- Oh - fece Malone e riagganci molto lentamente. Poi
rialzla cornetta e chiamil suo ufficio.
Maggie rispose immediatamente. - Malone, c'qui un
uomo con la bolletta del telefono, e...
- Sarldomani mattina - disse Malone. - Pagher
tutto prima di partire. E, Maggie...
Pensper un attimo al contenitore quadrato che ronzava
nello studio di Eve Washington, e al forno che poteva
raggiungere una temperatura di oltre milleseicento gradi.
Poteva ridurre un uomo in cenere, e mischiando la cenere con
l'argilla si poteva far sparire ogni traccia di un cadavere...
- S Malone?
- Non si dimentichi di mettere dei fiori freschi dentro al
signor McIlhenny prima di andare.
Riattacc Dopo tutto, si disse a mo' di consolazione, era
proprio un bel vaso...

Gil Brewer
Piccola peste
"Manhunt", luglio 1957

Fu grazie all'aiuto di Joseph T. Shaw, allora redattore di
"Black Mask", che Gil Brewer pubblicil suo primo racconto
nel 1949 e il suo primo romanzo nel 1950. 13 French Street,
uscito nel 1951, fu un bestseller da un milione di copie e le
sue storie noir pubblicate da Gold Medal, Avon e altre case
editrici durante gli anni Cinquanta ebbero grande successo.
Il suo capolavoro fu A Killer Is Loose (1954), lo straziante
ritratto di un psicopatico, un libro che ricorda gli incubi
visionari di Jim Thompson e da cui fu tratto un film in
Francia. Durante quel prolifico decennio Brewer produsse
anche un gran numero di racconti per varie riviste del giallo
in formato antologico e periodici maschili. La storia dark che
riportiamo, Piccola peste, uno dei dieci racconti scritti per
"Manhunt".
B. P.

Inginocchiato sul pouff rosso dietro le alte finestre della
veranda, osservava il cortile sul retro della casa della signora
Welch, immerso nella luce del pomeriggio. La signora Welch
era lfuori a potare un albero di prugne.
- Kenny? - chiamsua madre dalla cucina.
Lui non aveva mai visto una prugna, tranne che in quelle
scatole rosse con una ragazza dagli occhi dolci disegnata
sopra.
- Kenneth? Non mi hai sentito?
- S
Senza staccare lo sguardo dalla finestra, si ficcin tasca
il taccuino e il mozzicone di matita che aveva in mano.
Proprio in quel momento in fondo al cortile la signora Welch
si voltcon una smorfia malevola in viso e guardproprio
verso la veranda. Lui sapeva che lei non poteva vederlo, e
tuttavia si sentdi colpo oppresso, come preso in una
trappola.
D'improvviso sua madre si materializzdietro di lui,
intenta ad asciugarsi le mani con un canovaccio a righe
bianche e rosse. Aveva l'aria un po' seccata, e se le sue labbra
tradivano qualche emozione, bastava la fermezza autoritaria
degli impassibili occhi azzurri a contraddirla.
- Perchnon vai fuori a giocare?
Lui si alze andverso di lei. Era un ragazzo magro, dai
capelli color stoppa, e indossava pantaloni di pelle e una
maglietta pulita.
- Kenny - disse sua madre, mettendogli una mano sulla
spalla - ora che tu impari a rispondere quando ti si parla.
Hai dieci anni ormai. Gli altri ragazzi sono gial campo a
giocare a pallone, perchnon sei con loro?
- Non mi va di giocare a pallone.
- Perchnon vai fuori in cortile, allora? - La donna
sospir esasperata. - C'qualcosa che non va?
- la Welch - disse lui, voltandosi a indicare le finestre
inondate di sole. - Ce l'ha con me.
La madre scosse la testa, incredula.
- Mi odia - aggiunse Kenneth. - Sta sempre a spiarmi.
- E tu non farci caso. Lei ti vuole bene, Kenny. un po'
brusca, lo ammetto, ma cossola, con il marito sempre via
con i suoi camion e tutto il resto.
Il ragazzo si avvia passo svelto verso l'interno della
casa.
- Va fuori al sole, Kenny.
La zanzariera della porta di servizio si richiuse alle sue
spalle mentre Kenneth si incamminava lungo il viale che
portava al garage. Ultimamente aveva passato un sacco di
tempo a riflettere su quel che gli aveva fatto la signora Welch.
Dal loro primo incontro, quando lo aveva definito
"bamboccio", a tutto ciche era successo dopo, finchla cosa
non aveva assunto proporzioni mostruose. Ogni volta che
pensava a lei stringeva gli occhi.
Sentsua madre muoversi in cucina e prosegulungo il
fianco del garage fino al pergolato di rose, dove si accoccol
all'ombra del rovo, allungando il collo verso il cortile dei
Welch.
Stava cominciando a odiare i fine settimana. Quei venerd
pomeriggio, quei lunghi sabati di una volta traboccanti di uno
splendore sfavillante, e quelle pigre domeniche dopo la messa
e il pranzo, quando si ritrovavano tutti insieme... quei giorni
sche erano stati suoi. Niente scuola. Libert Ma ora non
pi.. non con quella donna in circolazione.
- Non fissarmi in quel modo, piccola peste con il moccio
al naso! - gli aveva detto. - Mi hai calpestato tutti i fiori!
- In viso assomigliava a quelle donne che si vedevano nei
gialli in tiv giovane, bella, capelli biondi, labbra rosse e
animo malvagio. - Tuo padre dovrebbe darti una buona dose
di frustate. Credi che non sappia chi mi ha imbrattato l'auto
con la schiuma da barba il giorno di Halloween? Credi che
non sappia chi mi ha svuotato quel bidone di spazzatura
davanti alla porta di casa? Sei stato tu, piccola serpe. se ti
prendo, vedrai come ti concio.
Addossato al muro del garage, Kenneth si premette le
mani sulle orecchie, con un gemito. Non era riuscito a
parlarne con qualcuno. Per qualche motivo non ce la faceva a
tirarlo fuori. Nessuno gli avrebbe creduto. Se avesse detto a
sua madre, o a suo padre, che non era stato lui a fare tutte
quelle cose, loro avrebbero creduto a lei.
- Ken?
Alzlo sguardo. Dalla finestra aperta della casa accanto,
un ragazzo della sua etlo stava osservando. Era Jimmy
Decks.
Kenneth non disse nulla.
- Che fai? - domandJimmy.
- Niente.
- Io devo rimanere a casa.
- E perch
- Ho rovinato il tavolo del salotto con il temperino.
- Oh.
- La mamma ha detto che devo rimanere a casa tutto il
giorno.
Kenneth non era interessato ai problemi di Kenneth. Gli
fece un cenno di saluto e si diresse verso il retro del garage.
- Perchnon vieni su? - gridJimmy.
Kenneth non rispose, si era nascosto dietro un cespuglio
di viburno a spiare la signora Welch nel suo cortile. Lei aveva
un foulard rosso sui capelli e indossava calzoncini neri e un
grembiule bianco.
- Ehi, Ken!
Kenneth fece una smorfia e si rannicchidietro il
cespuglio di viburno, osservando la signora Welch. Si augur
che Jimmy tenesse la bocca chiusa. Lanciun'occhiata furtiva
al cortile della signora Willowtrot, chiuso da una siepe
verdeggiante, poi piin lalle casette per gli uccelli
sull'albero di mele della signora O'Donnell. Poi si voltdi
nuovo verso la signora Welch.
Solo un breve tratto di cortile lo separava dalla donna.
Lei si inginocchie comincia ripulire una piccola aiuola
dalle erbacce.
- Ti vedo - disse tranquillamente, senza neanche
guardarlo, mentre strappava le erbacce. - Credi che non
sappia che mi stai guardando, piccola lurida serpe? Credo che
lo dira tua madre.
Lui non si mosse. Anche lei non si mosse, e continua
strappare le erbacce. Lui la fissava con gli occhi offuscati
dall'ira. Ormai quella storia durava da tempo immemorabile,
non ce la faceva pia sopportarla. Da settimane, durava. Da
mesi. Non poteva spiegarlo a nessuno. Tutti avrebbero
creduto a lei, quindi era in trappola, doveva pensarci da solo.
- Oggi, quando torna mio marito, farin modo che ci
pensi lui a te - aggiunse lei.
Kenneth ricordche il marito era cattivo quanto lei, e
l'unica ragione per cui era stato in grado di sopportarlo cosa
lungo era che il signor Welch era quasi sempre assente.
Lei chinil capo sui fiori, continuando a strappare
erbacce, senza guardarlo, sorridendo fra se s - Farin
modo di sistemare questa faccenda. - Abbassla voce. - Un
piano segreto. Gli dirio cosa farti. Ti mettera posto una
volta per tutte. - Continuava a far segno di scon la testa e
Kenneth stava ad ascoltarla sotto il sole caldo, incapace di
dire una sola parola anche se avesse voluto. Non riusciva a
muoversi. Faceva fatica a respirare. - Proprio cos-
continulei. - So perfettamente cosa fare. - Si volte
guarddritto verso di lui, parlando a bassa voce. - In piena
notte - sussurr- quando fuori tutto buio, mentre tu
dormi nel tuo letto. In una notte senza luna. Verremo a
prenderti.
La calda luce dorata del sole si irradiava nell'aria, e da
qualche parte nel silenzio si libril canto di un uccello.
- inutile che tu lo racconti a tua madre - continulei
a bassa voce, rivolgendosi al cespuglio di viburno dietro il
quale era accucciato Kenneth. - Non credernemmeno una
parola di quel che le dirai, piccola peste miserabile.
Continuarono a guardarsi l'un l'altro in questo modo. Poi
lei prese le forbici da giardiniere e comincia tagliare gli
steli appassiti dei fiori, ripulendo il terreno.
- Verremo a prenderti - ripet - Una notte che sei a
casa tutto solo. Verremo a prenderti.
Lentamente il ragazzo si alze avanzfino al limite del
cortile, senza smettere di guardarla. Lei non si mosse e
continuil suo lavoro. Kenneth rimase fermo a osservarla.
Lei posle forbici da giardiniere e scavnel terreno,
liberando le radici.
- Nel buio - disse. - Quando dormi.
- No - fece Kenneth.
- Oh s
- No - ripetKenneth.
- Non te ne accorgerai neppure - continulei, in un
sussurro. - Appena un rumore nel buio, alle tue spalle.
- No - disse Kenneth. Aveva il volto pallidissimo, gli
occhi vitrei, e una orribile sensazione di vuoto nel petto.
Attraversil prato della signora Welch e afferrle forbici da
giardiniere.
- Torna da dove sei venuto.
Lui la guard
- Non mi hai sentito?
Era ancora in ginocchio, il volto alzato verso di lui, il
grembiule ben teso sulle cosce nude. Aveva il respiro
affannoso, ed era fuori di s
Lui si mosse verso la casa dei Welch.
La donna si alze gli anddietro.
- Dammi quelle forbici mostriciattolo, ladro!
- No.
Kenneth si mise a correre verso la parte posteriore della
casa, lungo il marciapiede. Poi si ferme di colpo spalanc
una zanzariera infilandosi nell'ingresso della cantina. Una
scala ripida saliva verso la cucina, e lui si precipitsu proprio
mentre stava entrando la signora Welch.
La zanzariera sbatt cigolando sui cardini.
- Dammi quelle forbici! Te lo dico per l'ultima volta,
maledetto...!
Imprecando la donna si lancifuriosamente su per le
scale dietro di lui. Il ragazzo attraversdi corsa la casa fra
tappeti sconosciuti posati su pavimenti tirati a lustro, odori
sconosciuti, mobili sconosciuti, con il cuore che rantolava e
quella sensazione di essere in trappola che cresceva dentro di
lui.
Che ci faceva l
Si ferm boccheggiando, al margine di due larghi gradini
che scendevano verso la veranda arredata con mobili di
giunco, dove una radio suonava a basso volume.
- Chiamerla polizia - gridrabbiosamente la signora
Welch. Si ferm respirando profondamente, poi si gettsu di
lui con la mano tesa per prendergli le forbici.
Kenneth si scans
- Demonio! - disse la signora Welch e perse l'equilibrio,
finendo con un gran tonfo sul pavimento della veranda.
Di colpo Kenneth capche si sarebbe messa a gridare.
Sapeva che non doveva farla gridare. Doveva impedirglielo, se
voleva uscire da l La bocca aperta, gli occhi sbarrati, la
donna era sul punto di urlare quando lui con un balzo le fu
sopra e la colpalla bocca con le forbici.
Le lame d'acciaio affilate le lacerarono il viso, le labbra,
la gola. Ansimando, il ragazzo affondle forbici dentro di lei
con improvvisa, selvaggia esaltazione.
- Non lo farai - rantol - Non pi Bugiarda!
La donna gorgogliqualcosa di rosso.
- Volevi spaventarmi - singhiozzlui, continuando a
sferrare colpi. - Non ho paura di te... di nessuno!
Infine lei si arrese. Non si mosse pi Rimase
semplicemente stesa sul pavimento, mentre la tenda alla
finestra ondeggiava leggermente e la radio trasmetteva una
musica lontana, a basso volume.
Kenneth udil rumore di un camion nel viale d'ingresso.
Lascicadere le forbici, risaldi corsa i due gradini e corse
alla finestra. Il signor Welch stava scendendo dal mezzo.
Kenneth si voltdi scatto e fuggdi nuovo verso la
veranda, mentre il signor Welch entrava dalla porta
principale. Si arrampicsul davanzale della finestra aperta e
si lascicadere sulle aiuole di fiori freschi, rannicchiandosi.
L'uomo entrin casa. I suoi passi pesanti percorsero il
corridoio fino al salotto.
- Tesoro? Ehi, dove diavolo sei?
Poi la vide.
Il signor Welch corse dalla moglie e si inginocchi - Dio
mio...che successo? - disse, prendendo tra le braccia il
corpo insanguinato di lei e cullandola. - Dio mio - esclam
raccogliendo le forbici da giardiniere.
Kenneth attraversdi corsa il cortile. Sua madre e Jimmy
Decks erano accanto al garage.
- La mamma mi ha permesso di uscire, alla fine - disse
Jimmy.
- Che succede, Kenneth? - chiese la donna.
- Welch - rispose Kenneth, boccheggiando. - L'ha
uccisa. Ha ucciso sua moglie... l L'ho visto io.
Si girdall'altra parte. Sua madre avrebbe pensato che lo
faceva perchlei non lo vedesse piangere, ma Kenneth non
piangeva. Sorrideva, un meraviglioso sorriso nascosto.
Ce l'ho fatta, si disse. Aveva pensato un sacco di volte a
come sistemare la signora Welch e suo marito, ma non era
mai stato sicuro di avere il coraggio di farlo per davvero. Ora
era tutto finito, e la polizia avrebbe creduto a Kenneth.
Avrebbero portato via il signor Welch. E lei che credeva di
farmi paura, si disse. Nessuno pufarmi paura. Li ho
sistemati per benino.
Sapeva anche cosa sarebbe successo, ora. La prossima
sarebbe stata la signora O'Donnell, in fondo all'isolato. Gli
aveva dato uno schiaffo una volta, per aver scritto col gesso
sul suo marciapiede.
Ma Kenneth sapeva benissimo come sistemarla, adesso,
come sistemarli tutti quanti...

Leigh Brackett
Mi spiace, ma devi morire
"New Detective", novembre 1944

La produzione di Leigh Brackett nel campo della
narrativa gialla relativamente scarsa: tre romanzi e una
dozzina di racconti, che riflettono la sua ammirazione per
Raymond Chandler e per la scuola di "Black Mask". Il suo
romanzo No Good from a Corpse, una storia ambientata nel
sud della California che ha per protagonista il detective
privato Edmond Clive, coschandleriano nello stile e
nell'impostazione che avrebbe potuto scriverlo lo stesso
Chandler. In effetti, Brackett ne conosceva cosbene l'opera
che nel 1946 fu coautrice dei dialoghi per Il grande sonno, e
venticinque anni dopo scrisse la sceneggiatura del film Il
lungo addio di Robert Altman, con Elliott Gould. Il racconto
che segue, ambientato nei bassifondi, avrebbe potuto portare
la firma di Chandler e apparire su "Black Mask" - una
rivista per la quale la Brackett non ha mai scritto - invece
che sulla meno nota "New Detective".
B. P.

1
La cittsenza uscita

LOS ANGELES, 21 APRILE - La morte di Henry Channing,
ventiquattro anni, agente assegnato alla Divisione di Surfside
e fratello di Paul Channing, un tempo stimato detective e
figura centrale nel caso di tortura a opera della banda
Padway, stata definita un suicidio in seguito alle indagini
delle autoritlocali. Il corpo tumefatto del giovane Channing
stato ritrovato tre giorni fa sulla battigia sotto al Sunset
Pier, nel distretto della costa. In un primo momento si
pensato che Channing fosse caduto o che qualcuno potesse
averlo spinto gidal molo, dove stato rinvenuto il suo
berretto, ma non vi sono tracce di violenza e l'altezza del
parapetto porta ad escludere l'ipotesi di un incidente. Il
Sunset Pier faceva parte della sua ronda abituale.
Il capitano di polizia Max Gandara ha rilasciato la
seguente dichiarazione: "Secondo testimonianze attendibili
Channing era nervoso e depresso in seguito a un pestaggio da
parte di alcuni pachucos avvenuto due mesi fa". Ha poi
ricordato il caso del fratello, Paul Channing, che lasciil
corpo di polizia e svannel nulla nel 1934, dopo i
maltrattamenti subiti dalla allora potente banda Padway.
"Erano entrambi bravi poliziotti " ha detto Gandara, "ma si
sono fatti spaventare."

Paul Channing indugiper un attimo sull'angolo. Le luci
dell'incrocio, a mezzo isolato di distanza lungo la strada
principale, lo illuminavano appena, ombra pallida tra le
ombre. Rivolse uno sguardo pensieroso alla viuzza, esitando.
Piccole case logore sopportavano con pazienza la furia del
vento, rannicchiate l'una accanto all'altra. Da qualche parte
una zanzariera arrugginita sbatteva con petulanza, senza
scopo, come un uccello morente che agita le ali. In fondo al
selciato deserto c'era il grigio pallore della sabbia e, piin l
il mare.
Channing si fermad ascoltare le onde che si spezzavano
e rifluivano sibilando, a immaginarne il dorso nero e striato
di spuma che si avventava contro i pali del Sunset Pier, tra le
lunghe alghe fluttuanti e i gusci rosei e scanalati dei
cirripedi, taglienti come rasoi. Sperava che Hank si fosse
spezzato il collo subito, contro uno dei piloni.
Rialzla testa e per un attimo il suo corpo fu scosso da
un tremito. Ci siamo, pens Il tempo scaduto.
Si mise in cammino, nlento nveloce, mentre la sabbia
strideva sotto i suoi passi. Lo scricchiolio aveva un ritmo
irregolare, una cadenza sincopata, lievemente strascicata.
Giunto all'ultima casa sulla destra, sali tre gradini imbarcati
del portico di legno e bussalla porta piena di bolle e
incrostata di sale sudato dal mare. C'era una luce dietro le
tendine abbassate, e un brusio di voci. Le voci si
interruppero, troncate di netto dai suoi colpi alla porta.
Qualcuno avanzcon passo pesante in mezzo al silenzio.
La porta si apr lasciando filtrare una luce gialla che
inquadrla silhouette di un uomo tarchiato e muscoloso, in
maniche di camicia. Con uno sbuffo che forse voleva essere
una risata, l'uomo si appoggiallo stipite.
- Cossei tornato - disse. Era un tipo di mezz'etdallo
sguardo duro, ostinato. Si chiamava Max Gandara, capitano
di polizia, Divisione di Surfside, Dipartimento di Polizia di
Los Angeles. Studil'uomo alla porta con lenta, provocatoria
insolenza.
L'uomo alla porta parve non badarci. Sembrava non avere
alcuna fretta. Teneva gli occhi scuri fissi sull'omaccione,
scrutandolo, indagandolo. Il volto era privo di espressione,
una maschera di carne sottile e tigliosa incollata alle ossa
spigolose. E tuttavia, a dispetto del suo volto e del corpo
magro ed eretto, un'ombra aleggiava su di lui, come se fosse
molto lontano, oltre il limite della vita.
- Pensavi che non sarei venuto?
Gandara alzle spalle. - Sono tutti qui. Vieni dentro e
facciamola finita.
Channing annued entr Si tolse il cappello scoprendo
una chioma nera spruzzata di grigio. Si girper posarlo su un
tavolo e cosfacendo mise in evidenza una cicatrice che
risaliva dalla base del collo, fin dietro l'orecchio destro. Poi
seguGandara nel salotto.
C'erano tre persone nella stanza, e il silenzio. Tre persone
che guardavano in direzione della porta. Una ragazza con i
capelli rossi, gli occhi verdi e una fiamma ardente che la
consumava. Un ragazzo con i capelli rossi, gli occhi verdi e la
faccia cupa, guardinga. Infine un uomo, un tipo magro, ben
fatto, di carnagione scura, con tratti aggressivi che parevano
sempre sul punto di distendersi in una risata e occhi che
trattenevano ogni emozione in superficie.
- Ragazzi - disse Gandara - questo Paul Channing. -
Li indicuno a uno, nell'ordine: - Marge Krist, Rudy Krist,
Jack Flavin.
Un lampo d'odio balennegli occhi verdi di Rudy Krist,
luminosi e crudeli, puntati su Channing.

Si sentuna donna strillare in cucina. La porta a vento si
spalance un uomo roseo e grassoccio si precipitnella
stanza barcollando, seguito da una finta bionda piuttosto
formosa con in mano un punteruolo da ghiaccio. La donna
aveva un piccolo strappo sul vestito all'altezza della spalla e il
rossetto sbavato. Gli occhi di un incongruo color nero erano
sbarrati e furibondi.
Gandara sbraite il suono della sua voce fece presa sulla
bionda che rallentil passo e borbott senza rivolgersi a
nessuno in particolare: - Se non tiene a posto quelle mani
lardose lo sistemo io - e tornin cucina.
L'uomo roseo e grassoccio si arrest barcoll si
aggrappal braccio di Channing e alzlo sguardo verso di
lui, con un sorriso ebete. Di colpo il sorriso svane l'uomo
rimase a bocca aperta come un bambino, sgranando gli occhi
immensi dietro le lenti degli occhiali senza montatura.
- Chan - disse. - Mio Dio. Chan.
Si sedette sul pavimento e si mise a piangere. Le lacrime
gli scorrevano silenziosamente sulle guance.
- Salve, Budge.- Channing si chine gli mise una mano
sulla spalla.
- Non badargli. - Gandara afferrChanning per le
braccia. - Lascialo solo, quell'ubriacone. Lui e... quella l -
Fece un gesto stizzoso in direzione della donna, si lasci
cadere pesantemente su una sedia e lanciun occhiata torva a
Channing. - Bene, siamo tutti curiosi... dicci perchsiamo
qui.
Channing si sedette. Sembrava non avere alcuna fretta di
iniziare. Un sottile velo di sudore metteva in risalto la solida
trama dei muscoli sotto pelle.
- Siamo qui per parlare di un mucchio di cose - disse. -
Chi ha ammazzato Henry? - Nessuno parve particolarmente
colpito, salvo Budge Hanna che smise di piangere e lo fiss
Ruth Krist emise un lieve brontolio di derisione. Gandara
scoppia ridere.
- Non quel che si dice un fulmine a ciel sereno, Chan.
Avevamo giun'idea di quel che ti passava per la mente, dalle
lettere che ci hai mandato. Quel che vogliamo sapere perch
ti ritieni in diritto di parlare di omicidio.
Channing estrasse una spessa busta dalla tasca interna
della giacca e la possulle ginocchia per non mostrare il
tremito delle mani. Senza guardare nessuno, disse: - Non
vedevo mio fratello da vari anni, ma ci scrivevamo molto
spesso. Ho conservato quasi tutte le sue lettere. Hank era
bravo a scrivere, era bravo a raccontare. Ha sempre avuto
tante cose da dire da quando fu trasferito a Surfside... e non
una parola che faccia pensare a un suicidio.
L'espressione di Max Gandara si era indurita. - Cos
aveva tante cose da dire, eh?
Channing annu Marge Krist era tesa in avanti e lo
osservava con sguardo intenso. Sul volto da terrier di Jack
Flavin c'era un'espressione interessata, ma indecifrabile. Da
quando Channing era entrato aveva continuato a fumare
nervosamente. La tensione sembrava un suo tratto abituale,
un aspetto della sua personalitspigolosa. Ora si stava
accendendo un'altra sigaretta, con una rapiditche sembrava
febbrile, ma non lo era. Il fiammifero si accese sfrigolando e
Paul Channing sussultinvolontariamente. La fiamma
sembrava esercitare un fascino terribile su di lui. Abbasslo
sguardo. Stille di sudore gli scorrevano lungo l'attaccatura
dei capelli. Gandara scoppiin una risata stridula.
- Coraggio - disse. - Va' avanti.
- Hank mi disse di quello scontro coi pachucos. Non gli
fecero molto male. Ntantomeno riuscirono a demoralizzarlo.
- Il nostro Flavin dice il contrario. Rudy dice il
contrario. Marge dice il contrario.
- Ecco perchvolevo discuterne con loro... e con te, Max.
Hank parlava di voi nelle sue lettere - disse rivolgendosi a
tutti i presenti. - Max una mia vecchia conoscenza. So della
signorina Krist perchHank aveva avuto una storia con lei...
niente di serio, credo, ma eravate buoni amici. Anche suo
fratello gli era simpatico.
Il ragazzo lo fiss con occhi luminosi e inespressivi.
Channing prosegu - Hank mi parlava spesso di te, Rudy.
Diceva che eri un tipo in gamba, un bravo ragazzo, ma con la
propensione a mettersi nei guai. Diceva che in un certo senso
eri cosintelligente da finire per fare delle stupidaggini.
Rudy e Marge tentarono di replicare, ma Channing
continu - Mi sa che aveva ragione, Rudy. Te la si legge
addosso, quella specie di malinconia di chi ha conosciuto le
mura di una prigione, o ne intravede l'ombra. Hai gi
quell'espressione sul viso, come una porta sbarrata.
Rudy stava giper alzarsi, infuriato, ma Flavin disse,
tranquillamente: - Sta' calmo - e Rudy torna sedersi.
Flavin pareva rilassato. Solo la luce accendeva nei suoi occhi
castani un lampo gelido. - A quanto pare Hank era un gran
chiacchierone. E di me cosa diceva?
- Diceva che puzzi di chiuso.
Flavin poscon calma la sigaretta sul portacenere e balz
in piedi, rapido e leggero. Si avvicina Channing e lo
agguantper la camicia, sollevandolo dalla sedia, poi disse
con tono cerimonioso: - Temo di non aver gradito
quest'osservazione.
- Fermati! - strillMarge Krist. - Jack, non fare
pasticci!
- Forse non hai capito cosa intendeva, Marge. - La voce
di Flavin non sembrava arrabbiata. - Mi sta accusando di
avere dei precedenti, di essere stato in galera. Non ha scelto
un modo molto gentile per dirlo.
- Calmati, Jack - disse Gandara. - Non capisci cosa
vuole? Sta cercando di farsi un po' di pubblicit di creare un
po' di casino, cosl'opinione pubblica penserche forse Hank
non ha tolto il disturbo da solo, dopotutto. - IndicBudge
Hanna. - C'persino la stampa qui. - Si alze prese Flavin
per la spalla. - Sta solo dando aria ai denti. Un tempo la
gente lo stava a sentire, e lui si ricorda ancora quant'era
piacevole.

Flavin scrollle spalle e ritornalla sua sedia. Gandara
si accese una sigaretta, avvicinando volutamente il
fiammifero al volto sudato di Channing. - Ascolta, Chan.
Jack Flavin un buon cittadino di Surfside. proprietario di
un negozio, legalmente, e Rudy lavora per lui, legalmente.
Non mi piace la gente che viene nella mia citta sparlare dei
suoi cittadini. Se oltrepassano i limiti, me ne occupo io.
Senn faccio in modo che siano lasciati in pace.
Tornad accomodarsi. - Bene, Chan. Facciamo come
vuoi tu e chiudiamo questa faccenda. Cos'aveva da dire il tuo
fratellino su di me?
Gli occhi scuri di Channing ebbero un lampo che avrebbe
potuto essere malizioso. - Quello che tutti hanno sempre
detto di te, Max. Che sei cosdannatamente stupido che non
riseci neanche a essere disonesto.
Gandara divenne paonazzo. Fece uno scatto e Jack Flavin
si mise a ridere. - Non valido, Max. A me non l'hai
permesso.
Budge Hanna ruppe in una risata stridula. La bionda era
tornata nella stanza e si era seduta al suo fianco. Teneva gli
occhi socchiusi, ma in qualche modo sembrava meno sbronza
di prima. Gandara si appoggiallo schienale e disse, in tono
minaccioso: - Va avanti.
- D'accordo. Hank diceva che Surfside marcia, marcia
da cima a fondo. Diceva che chiunque avesse un briciolo di
cervello sapeva che quasi tutti i locali che servivano alcolici
svolgevano attivitillegali, coscome la maggior parte degli
alberghi, e che i due terzi dei poliziotti erano pagati per non
farci troppo caso. Diceva che era inutile cercare di fare un
buon lavoro da poliziotto onesto. Tutti i rapporti che
presentava venivano accantonati per mancanza di prove, e lui
non ne poteva pi
- Allora forse era preoccupato per questo - disse Marge
Krist.
- Non aveva paura - rispose Channing. - Tutte le sue
lettere erano piene di rabbia, e un uomo arrabbiato non si
suicida.
- Attento! - fece Budge Hanna, si colpo.
Max Gandara si era alzato e si era avvicinato a Channing
con il volto tirato.
- Stammi a sentire - disse. - Ho avuto fin troppa
pazienza con te. Tuo fratello si suicidato. Tutte e tre queste
persone hanno testimoniato all'inchiesta. Leggiti i verbali.
Hanno dichiarato che Hank era preoccupato, non era
contento di come andavano le cose. Non c'erano tracce di
violenza su di lui, nsul molo.
- C'era da aspettarselo - reagChanning. - Una
superficie d'asfalto non fornisce molti elementi. E neanche il
corpo di Hank.
- Chiudi il becco. Ti sto dicendo che non ci sono prove di
omicidio, non c'motivo di pensare che sia stato un omicidio.
Hank era come te, Channing. Non sopportava il dolore fisico.
Si spaventato per la brutta avventura che gli capitata da
queste parti e si buttato, questo tutto.
Lentamente, Channing replic - Solo due specie di
individui vengono qui a Surfside: quelli che si trovano in
fondo e sono in ascesa, e quelli che sono finiti e stanno
precipitando. O all'inizio, o alla fine, e credo che ognuno noi
sappia in che punto della scala si trova.
Si alze buttil pacco di lettere in grembo a Budge
Hanna. - Queste sono fotocopie. Gli originali sono gi
depositati alla centrale di polizia di Los Angeles. Non credo
che tu abbia motivo di preoccuparti, Max. Non dicono niente
di particolare. Sono solo lo sfogo di un giovane poliziotto che
fa il suo dovere e si lamenta del sistema, facendo qualche
osservazione personale. Non ti ha neanche accusato di essere
disonesto, Max, solo stupido... e questo le persone che
contano lo sanno gi per questo che sei qui a Surfside, in
attesa della pensione.
Gandara gli sferrun pugno sul muso. Channing
indietreggidi tre passi e si arrestbarcollando, poi fu di
nuovo saldo sulle gambe. Il sangue gli colava dall'angolo
dalla bocca lungo il mento. Marge Krist scattin piedi, con
gli occhi che lampeggiavano, ma qualcosa in lui le impeddi
parlare. Channing non badava nal sangue, na Gandara,
voleva solo terminare il suo discorso.
- Eri un buon reporter una volta, Budge, prima che ti
bevessi il cervello in mezzo a questa spazzatura. Ho pensato
che ti avrebbe fatto piacere essere dentro a questa storia fin
dall'inizio. Perchci saruna storia, foss'anche solo quella
della mia morte.
"Conoscevo Hank. Non era un vigliacco. Non so se io lo
sono o no, non ha importanza. Hank non si gettato da quel
molo. Qualcuno l'ha buttato gi e io scoprirchi e perch
Ero un bravo detective, una volta. E questa l'occasione
giusta per mettere in pratica tutto quello che ho imparato."
- Oh, Dio - disse Max Gandara, disgustato. - Valla a
raccontare a qualcun altro, Chan. vecchia. - Lo spinse
brutalmente verso la porta e Rudy Krist scoppia ridere.
- Vigliacco - disse. - Te la fai sotto dalla paura. Sono
dei vigliacchi tutti e due, solo chiacchiere e niente palle.
Buttalo fuori, Max. Ci ha stufato.
- Piantala, Rudy - disse Flavin. - Farai arrabbiare la
tua sorellina.
- Puoi giurarci - si infiammlei. - Io penso che il
signor Channing abbia ragione. E voi dovreste vergognarvi di
averlo trattato in questo modo!
- Chi? Hank o il signor Channing? - domandFlavin.
- Oh, va all'inferno - replicseccamente Marge, e usc
Gandara spinse a forza Channing dietro di lei. - Conosci la
strada, Chan. Sta' lontano da me, e se vuoi un consiglio sta'
alla larga da Surfside. - Si volt si chinad afferrare Budge
Hanna per il bavero della giacca e lo buttfuori di peso. -
Anche tu, imbecille. E tu. - Allunguna mano verso la
bionda, ma lei aveva gilasciato la stanza. Li segututti e
quattro nell'ingresso e sbattcon violenza la porta alle loro
spalle.

- Signorina Krist... e anche tu Budge - disse Paul
Channing. Il vento gli ghiacciava la pelle, la camicia fradicia
gli si incollava alla schiena facendolo rabbrividire. - Vorrei
parlarvi.
- una cosa confidenziale? - domandla bionda.
- Direi di no. Forse lei puesserci d'aiuto. - Channing
si incamminlentamente verso la spiaggia e il lungomare. -
Signorina Krist, se lei non crede che Hank si sia suicidato,
perchha reso quella testimonianza all'inchiesta?
- Ma io non lo sapevo. - Sembrava furiosa, con lui e
forse con se stessa. - Mi hanno chiesto come si comportava,
e ho dovuto dirgli che era preoccupato e depresso, perch
questa era la verit Ho aggiunto che secondo me non era tipo
da suicidarsi, ma non ci hanno badato.
- Hank le ha mai fatto capire di sapere qualcosa... una
qualunque cosa che potesse metterlo in pericolo? - Gli occhi
di Channing erano vigili, attenti, nell'oscurit
- No. Hank faceva la ronda. Non era un detective.
- Era in buoni rapporti con suo fratello Rudy, vero?
- Per un po' ho creduto che sarebbe riuscito a fargli
mettere la testa a posto. Hank gli era simpatico, aveva quasi
la sua stessa ete aveva un effetto positivo su di lui.
Naturalmente, adesso...
- Cosa c'che non va in lui? Cosa sta combinando?
- questo il punto, non lo so. Rudy stato dichiarato
inabile al servizio militare, e questo lo fa soffrire, e poi
sempre stato inquieto, non mai riuscito a conservarsi un
impiego. Poi ha conosciuto Jack Flavin, e da allora ha un
lavoro fisso, ma... cambiato. Non so il motivo preciso, non
mi risulta che abbia fatto qualcosa che non va, ma si fatto
piduro, chiuso in se stesso, come se avesse dei segreti e non
si fidasse di nessuno. Ha visto come si comporta, diventato
cattivo. Io ho fatto del mio meglio perchcrescesse bene.
- A volte capita, ai ragazzi - disse Channing. - Sai
qualcosa di lui, Budge?
- Niente - rispose il reporter. - Non mai stato
arrestato, e a quel che dicono anche Flavin pulito. Ha un
negozio di abbigliamento da uomo e paga le tasse.
- Bene - fece Channing. - Suppongo sia tutto per ora.
- No. - Marge Krist si ferme lo guardin faccia. Il
debole riflesso dell'acqua le illuminava gli occhi, scuri e
intensi. Il vento le scompigliava i capelli, facendo aderire la
giacca leggera alle morbide curve del corpo. - Voglio darle
un avvertimento. Forse lei un tipo sveglio, ha fegato e sa
quel che fa, e in questo caso non ci sono problemi. Ma se lei
davvero l'uomo che abbiamo visto ldentro, meglio che se
ne torni a casa e lasci perdere. Surfside un brutto posto,
non si puandare in giro a insultare le persone sperando di
passarla liscia. - Fece una pausa. - Per amore di Hank,
spero che sappia quel che fa. Sono sull'elenco, se ha bisogno
di me. Buonanotte.
- Buonanotte. - Lui la guardmentre si allontanava.
Channing aveva un bel modo di camminare. Distrattamente
comincia ripulirsi del sangue che aveva sulla faccia. Il
labbro si stava gonfiando.
- Chan - disse Budge Hanna.
- S
- Voglio ringraziarti, e dirti che sono con te. Ti dar
tutto lo spazio che posso sul giornale.
- Lavoravamo bene insieme una volta, prima che io
avessi quel che mi meritavo e tu la tua bottiglia.
- Proprio cos E adesso sono a Surfside con il resto della
feccia. Se saltasse fuori una storia abbastanza importante,
potrei... be'... - Fece una pausa, grattandosi la guancia
paffuta con l'indice.
- Va avanti, Budge. - fece Channing. - Dillo.
- E va bene. Tutti i delinquenti della costa occidentale
sanno che stata la banda dei Padway a metterti spalle al
muro. Sanno quel che loro ti hanno fatto, col fuoco. Sanno
che hai ceduto. Appena scopriranno che sei tornato, anche se
non ufficialmente, puoi immaginare cosa succeder Hai
spedito dentro un bel po' di gente, ai tuoi tempi. Ne hai
spediti tanti anche all'obitorio. Eri un detective con le palle,
Chan, un duro, e sai bene quanto ti sono affezionati.
- Tutto questo non una novit Budge.
- Chan - Il giornalista alzgli occhi nel buio,
guardandolo di sbieco con un espressione seria dietro lo
scintillio delle lenti. - Come stanno le cose? Insomma,
puoi...
Channing gli mise una mano sulla spalla, con un gesto
brusco. - Sta' attento a quel che fai, amico, e cerca di restare
sobrio. Non so su cosa sto mettendo le mani. Se vuoi finire...
- Diamine, no. Era solo per... be', buona fortuna, Chan.
- Grazie.
- Non vuol farmi qualche domanda? - disse la bionda.
- Certo - disse Channing. - Che cosa sa?
- So chi ha ucciso suo fratello.

2
Il marchio del massacro

Channing sentil sangue gonfiargli le vene e avvertun
dolore acuto al di sopra degli occhi e una leggera pressione
contro il tessuto indurito della cicatrice sul collo. Nessuno
parl Nessuno si mosse.
Il vento sollevava raffiche di sabbia sulla spiaggia
deserta. Le onde si scaricavano a riva mugghiando e poi
fuggivano di nuovo, con un sospiro. Piin lil Sunset Pier
protendeva la sua mole nera nella notte. Oltre il molo c'era il
gigantesco parco dei divertimenti. Qui e lbrillava una luce,
agitata dal vento, e gli immensi scheletri delle montagne
russe e dello scivolo gigante erano privi di vita nella quiete
che precedeva l'inizio della stagione. I terreni abbandonati e
un'unica casa buia erano immersi un una solitudine lunare.
Paul Channing guardla donna con occhi cupi e desolati
come la notte. - Questo non un gioco - disse. - un
omicidio.
I denti della bionda scintillarono fra le labbra truccate.
- pazza - sussurrBudge Hanna. - Non pusaperlo.
- Ah, non posso? - fece la bionda con un sussurro roco,
pieno di livore. - Il giovane Channing stato buttato gidal
molo a mezzanotte circa, giusto? Okay. Tu mi avevi dato un
appuntamento per quella sera ma mi hai dato buca, vero
Budgie, tesoro? E la mia stanza e la tua sono sullo stesso
pianerottolo. E posso sentire i passi di tutti quelli che vanno
su e giper quelle dannate scale lfuori, giusto?
- Ascolta - disse Budge - te l'ho detto, mi ero preso una
sbronza e...
- Ed eri finito in una rissa. Lo so. Certo che me l'hai
detto. Ma come fai a provarlo? Ho sentito i tuoi passi felpati,
non mi sembravano quelli di un ubriaco. Cosho guardato
fuori e ho visto che ti fiondavi nella tua stanza come se ti
andasse a fuoco il sedere. Avevi la camicia strappata, e pure
la giacca, e anche il resto non era un bel vedere. Ti ho sentito
perfettamente mentre ansimavi nel corridoio. Ed erano
trascorsi esattamente diciannove minuti dalla mezzanotte.
La voce di Budge Hanna era salita di tono ed era
diventata stridula. - Dannazione, Millie, io... Chan, pazza!
Sta solo cercando di...
- Come no - disse Millie. Piantil viso a pochi
centimetri da quello dell'uomo. - Ne ho abbastanza di essere
strapazzata. Ne ho abbastanza di essere insultata. Ne ho
abbastanza di essere piantata in asso. Ne ho abbastanza di
prestarti del denaro che non rivedrmai pi E non sono cos
stupida da non capire che ti sei sporcato le mani in qualche
modo. Per me, ti mando al diavolo anche subito e...
- Sta' zitta! Zitta!
- E ho un paio di cosette da dire che potrebbero
interessare qualcuno! - Ora Millie stava urlando. - Hai
ucciso tu il giovane Channing, oppure sai chi stato!
Budge Hanna la colpbrutalmente sul viso.
Millie fece qualche passo indietro barcollando, poi si
mise a strillare come un gatto. Alzle mani e le lunghe
unghie rosse scintillarono sulle dita piegate, pronte a
graffiare. Poi si gettsu Budge Hanna.
Channing intervenne e si trovin mezzo a un turbinio di
mani che si agitavano bellicosamente. Mentre cercava di
calmarli, degli uomini apparvero dietro di lui.
Erano in quattro. Erano emersi silenziosamente dalle
ombre che circondavano la casa disabitata. Lavorarono in
fretta, con micidiale efficienza. Channing infilla mano
nell'interno della giacca, e fu l'ultima cosa di cui si rese conto
per molto tempo.

Brandelli di coscienza riaffiorarono nella mente di
Channing. La testa gli faceva male. Si trovava su un mezzo in
movimento. Scottava. Gli avevano messo qualcosa addosso,
era sdraiato sulla schiena e faceva fatica a respirare. C'era
un'altra persona pigiata contro di lui. Aveva i piedi di
qualcuno sul petto, e quelli di qualcun altro sulle cosce. Si
rese conto che aveva la bocca tappata con del nastro adesivo,
coscome gli occhi, e che mani e piedi erano legati,
probabilmente anch'essi con lo stesso sistema. Il mezzo in
movimento era un'automobile, che procedeva senza fretta.
L'aria viziata e soffocante sotto la coperta sapeva di cipria
e di profumo dozzinale. Doveva trattarsi di Millie. Di tanto in
tanto la donna si agitava e piagnucolava.
Una voce maschile disse: - Qui va bene.
L'auto si ferm Le portiere vennero aperte, la coperta
tirata via. Channing fu investito dalla fredda aria salmastra
mista al fetore sulfureo delle acque di scolo. Capche si
trovavano in qualche punto della strada a nord di Hyperion,
dove non c'erano altro che chilometri di dune deserte.
Lo afferrarono, lo trascinarono di peso fuori dall'auto.
Qualcuno disse: - Hai preparato il Thompson?
- Sicuro. - Chi parlava aveva un tono gaio, sembrava un
bambino con la voce di basso. - Proprio come ai vecchi
tempi, eh? Cara vecchia Dolly. un bel po' che non la
facciamo cantare. Coraggio dolcezza, facci sentire.
Ci fu una raffica intermittente, poi silenzio.
- Cristo santo, Joe! Non ne abbiamo tanta di quella roba!
Lo sai o no che siamo in guerra? Dobbiamo fare economia.
Avanti, dammi una mano con questo tizio. - Sferrun calcio
a Channing. - Alzati, tu.
Lo misero in piedi, appoggiato a un palo, e Joe disse: - E
la signora?
L'altro rise. - A lei ci pensiamo pitardi. Molto pi
tardi.
Una quarta voce, che non si era fatta sentire fino ad
allora, intervenne: - Okay, ragazzi. Toglietevi di mezzo, ora.
- Era una voce lenta, priva di inflessione, e tuttavia
curiosamente stentorea. Era leggermente blesa, ma non per
questo effeminata o ridicola. Faceva l'effetto di una lama di
coltello affilata su una cote. Il proprietario della voce mise le
mani sulle spalle di Channing.
- Tu mi conosci - disse.
Channing annu La parte scoperta del viso era imperlate
di sudore che inzuppava gli angoli del nastro adesivo. L'uomo
prosegu - Sapevi che ti avrei beccato prima o poi.
Lo colpin viso due volte, con deliberata brutalit
- Mi spiace che tu abbia perso il tuo sangue freddo,
Channing. come prendersela con un gattino. Perchnon hai
tolto il disturbo anni fa, come tuo fratello?
Guidato dalla voce, Channing sollevi pugni legati verso
il volto dell'uomo. L'altro emise un grugnito e cadde nella
sabbia, con un tonfo soffocato. Qualcuno url - Ehi! - e la
voce blesa e tranquilla replic - Silenzio! Lasciatelo stare.
Channing sentche si rialzava e si avvicinava di nuovo. -
Fallo ancora.
Channing ci prov ma questa volta l'uomo schivil colpo
e ridacchi - Allora ce l'hai ancora un po' di fegato, Chan.
Meglio. Molto meglio.
- Attento, potrebbe arrivare qualcuno... - disse Joe.
- Chiudi il becco. - L'uomo estrasse un oggetto dalla
tasca e lo avvicinall'orecchio di Channing, agitandolo. - Sai
cos'
Channing si irrigid annuendo.
Si udun leggero scotimento, poi uno sfregamento e il
rapido crepitare della capocchia di un cerino che si
accendeva.
- Fai ancora l'eroe, adesso? - disse l'uomo, a bassa voce.
La piccola, aguzza lingua di fuoco lambil mento di
Channing. Lui tirindietro la testa e mosse le labbra
disperatamente, tendendo le corde vocali. La fiamma lo
insegu Channing si mise a tremare. Le ginocchia gli
cedettero. Cercdi raddrizzarle, reggendosi al palo. Il sudore
gli scorreva sul volto, e la cicatrice sul collo si era fatta scura
e livida.
L'uomo rise. Buttvia il cerino e si allontan - Okay,
Joe - fece.
Di colpo qualcuno disse: - Sta arrivando una macchina.
Due macchine.
L'uomo imprec - Una comitiva di marinai da Long
Beach. Okay, filiamo. Torna in macchina, Joe. Non possiamo
usare il mitra, ci sentirebbero. - Joe bestemmi deluso. Ci
fu un frettoloso scalpiccio sulla sabbia, il fruscio di un
oggetto di cuoio e il lieve, familiare rumore metallico di una
fondina ascellare che si apriva. La sicura scatt
- Addio, Channing - disse l'uomo.
Channing stava gibuttandosi di lato quando giunse lo
sparo. Ce ne fu un secondo. Channing cadde nel fosso e
rimase perfettamente immobile, invisibile dalla strada. L'auto
si allontanrombando. In breve sopraggiunsero le altre due
auto, stipate di marinai. Cantavano e gridavano, senza badare
a ciche qualcuno poteva aver lasciato sul margine della
strada.

Qualche tempo dopo Channing comincia muoversi,
dapprima a strappi, senza coordinazione, poi con maggiore
sicurezza. Era conscio di essere stato colpito in due punti. Il
lato destro del capo era completamente rigido e intorpidito
fino al collo. Qualcuno gli aveva infilato un ferro rovente nel
costato e si era dimenticato di toglierlo. Sentiva il sangue che
colava, mischiato alla sabbia.
Pian piano si rigire comincia strapparsi il nastro
adesivo dal viso, armeggiando goffamente con le mani legate.
Quando ebbe finito, usi denti per sciogliere i polsi. Ci volle
molto tempo. Dopo fu facile liberare le caviglie.
Inutile cercare di capire la gravitdelle ferite. Decise che
la situazione non poteva essere cosseria come sembrava.
Sorrise, una smorfia priva di allegria, bestemmie scoppiin
una breve risata. Tamponla ferita sotto il braccio con il
fazzoletto pulito che teneva nella tasca dei pantaloni, e gli
strinse la cinghia della fondina intorno perchnon si
muovesse. Si avvolse la testa con il fazzoletto del taschino.
Gli avevano lasciato la pistola. Rise ancora, silenziosamente.
Non toccnbadin alcun modo alla bruciatura sul mento.
Gli ci vollero quasi tre ore per tornare a Surfside,
acquattandosi nel fosso per due volte per lasciar passare le
macchine.
Oltrepassla strada in cui viveva Gandara, e quella
accanto alla casa di Marge e Rudy Krist. Si incamminverso
il lungomare e l'oscuro profilo del molo, in direzione della
casa disabitata da cui erano spuntati quegli uomini. Trov
Budge Hanna piegato in due sotto una macchia di cipressi di
Monterey. Il freddo vento di primavera riempiva di sabbia i
suoi occhi sbarrati, ma lui non sembrava farci caso. Aveva
perso sangue dal naso e dalle orecchie, non molto.
Channing gli frugnelle tasche e ne esaminrapidamente
il contenuto, schermando con la mano la luce di una
lampadina tascabile. C'erano le solite cose. Si impadrondel
mazzo di chiavi, poi, ripiegata nel taschino dell'orologio,
trovuna ricevuta del negozio di Flavin relativa a tre paia di
calzini. Portava la data del 22 aprile. Channing aggrottle
sopracciglia. Il 21 aprile era il giorno in cui la morte di Hank
era stata archiviata come suicidio. E il 21 aprile era un
sabato.
Channing si alzlentamente e percorse il lungomare fino
a Surfside Avenue. Erano trascorse ore dalla mezzanotte. I
bar erano chiusi. Le uniche luci in strada erano quelle della
stazione di polizia e dell'atrio del Surfside Hotel, che era
sprangato e deserto.
Channing entrcon la chiave di Budge Hanna e sali lerci
gradini di marmo fino al secondo piano, dove si trovava la
stanza del reporter. Non si reggeva sulle gambe, ma
appoggiandosi allo stipite riusca infilare la chiave e a
entrare. Accese la luce, richiuse la porta e vi si ancorcon la
schiena. La prima cosa che vide fu una bottiglia sul
comodino.
Bevve direttamente dalla bottiglia. Era whisky, un buon
whisky. In pochi minuti si sentmeglio. Osservl'etichetta,
ruotando la bottiglia tra le mani, accigliato. Poi, senza far
rumore, comincia perquisire la stanza.
Non trovnulla, finchnell'ultimo cassetto dell'armadio
scopruna camicia nuova di zecca avvolta in una comune
carta verde. La ricevuta era del negozio di Flavin. Guardla
data. Era quella del giorno appena iniziato, luned
Channing esaminla camicia, infilando le dita nelle
pieghe. Tra il lembo della camicia e il cartoncino trovuna
busta. Era senza indirizzo, aperta, e conteneva sei banconote
da cento dollari.
Fece una smorfia. Rimise a posto il denaro e la camicia e
si sedette sul letto. Con sguardo torvo si mise a fissare il
muro, senza vederlo, e buttgiancora un po' dello scotch di
Budge Hanna. Lui non se la sarebbe presa a male. Ci voleva
ben altro che un buon whisky per scaldarlo, ormai.
A poco a poco mise a fuoco una fotografia appesa al muro,
e si alzper osservarla pida vicino. Era una foto
professionale che ritraeva una bella donna in abito da sera
bianco. Aveva un corpo magnifico e un viso duro, provocante,
a forma di cuore. Abito e acconciatura risalivano alla fine
degli anni Venti. Sulla foto c'era un autografo scolorito:
"Buona fortuna, Skinny, dalla tua amica Dorothy Balf".
La parola "Skinny" era stata cancellata con una croce e
sopra c'era scritto "Budge".
Channing staccl'immagine dalla cornice. Era stata
pulita, ma foto e cornice erano danneggiate dal tempo e dalla
polvere, piene di macchie e di zone scolorite, come se fossero
rimaste appese per molto tempo, abbandonate. Sul retro della
foto era stampigliato:

SKINNY CRAIL
Culver, Surfside
"Tra l'incudine e il martello

Channing tornindietro con la memoria. Skinny Crail, lo
sfortunato ragazzo di Hollywood che aveva puntato tutti i
soldi che gli erano rimasti su un night club di effimero
successo a poco a poco scaduto verso un destino di patetica
mediocrit un'iniziativa fallimentare le cui sale vuote
andavano in rovina tra Culver City e la spiaggia. Dorothy Balf
era stata la diva pifamosa all'epoca, e un idolo per Budge
Hanna. Channing diede un'altra occhiata al nome di Budge
scarabocchiato, sospire rimise a posto con cura la
fotografia. Poi spense la luce e rimase seduto a lungo nel
buio, a riflettere.
Dopo un po' sospirdi nuovo e si passuna mano sulla
faccia, rabbrividendo. Si alze uscdalla stanza, chiudendosi
accuratamente la porta alle spalle. Si muoveva lentamente,
l'andatura zoppa accentuata dalla debolezza e da una leggera
instabilitdovuta allo scotch. La faccia era quella di un uomo
che non si aspetta pinulla, ed quindi indenne dai colpi
della fortuna.
C'era una cabina del telefono nell'atrio dell'albergo.
Channing chiamMax Gandara. Parlarono a lungo, e quando
lui uscdalla cabina era pallido e sudato, il volto
completamente inespressivo. Lascil'albergo e si diresse
verso la spiaggia.

La casetta, senza forma e senza colore, era buia e
silenziosa, con due terreni vuoti verso il mare e un modesto
condominio in mattoni sulla destra. Non si vedeva alcuna
luce. Channing pigisul campanello arrugginito.
Lo udsquillare in qualche punto della casa. Dopo molto
tempo vide accendersi delle luci dietro le pesanti tende di
lino accostate. Di colpo si sentvenir meno. Aveva i polsi
sudati, un ronzio nelle orecchie. Udla limpida voce di Marge
Krist sovrapporsi al suono del campanello, e domandare chi
era.
Glielo disse. - Sono ferito - aggiunse. - Mi faccia
entrare.
La porta si apre Channing entr Gli sembrava di
fluttuare in un vortice di acqua scura, gelida, che pesava su di
lui. Decise di non fare resistenza.
Quando riaprgli occhi era steso su un divano letto.
Sembrava fosse trascorso solo un minuto o due da quando
aveva perso conoscenza. Marge e Rudy Krist stavano
discutendo animatamente.
- Ti dico che ha bisogno di un dottore!
- D'accordo, allora digli di procurarsene uno. Non vorrai
metterti nei guai.
- Guai? Perchdovrei avere dei guai?
- Gli hanno sparato. E questo vuol dire sbirri.
Ficcheranno il naso dappertutto e vorranno sapere perch
venuto proprio qui. Come fai a sapere cos'ha combinato quel
verme? Se pulito, perchnon andato lui stesso dalla
polizia? Forse un trucco, forse si ferito da solo.
- Forse - disse Marge lentamente - hai paura di essere
interrogato.
Rudy imprec Pareva pallido e provato non meno di
Channing. Quest'ultimo si mise a ridere. Non era una risata
piacevole da sentire.
- Certo che ha paura - disse. - Se qualcuno si mette a
indagare proprio adesso, l'affare di stanotte va a rotoli.
Marge e Rudy sobbalzarono nell'udire la sua voce. La
faccia di Rudy si fece dura e inespressiva come un pezzo di
legno. Si avvicinal divano.
- Che significa questa stronzata?
- Significa che farai meglio a chiamare subito Flavin per
dirgli di portar via la sua camicia nuova dalla stanza di Budge
Hanna. Budge non ne avrpibisogno ormai, e la polizia
potrebbe essere molto interessata agli accessori.
Rudy aveva una smorfia tesa sulle labbra. - Cos'
successo a Hanna?
- Niente di particolare. Solo che uno dei ragazzi di Dave
ha un po' calcato la mano. morto.
- Morto? - Rudy scandla parola lentamente,
analizzandola, come se non l'avesse mai sentita prima. Poi
domand - Chi Dave? Di cosa stai parlando?
Channing lo osservattentamente. - Flavin ti considera
ancora un pivello, eh?
- Questo sistema non funziona con me, Channing.
- Peccato, perchfunzionercon la polizia, invece. Bella
figura da stupido che farai, quando ti metterai a frignare che
non sai nulla di quello che successo perchpaparino non te
l'ha detto.
Rudy si scagliverso di lui. Marge cacciun urlo e lo
trattenne. Channing ghigned estrasse la pistola. I cuscini gli
tenevano la testa sollevata, permettendogli di controllare la
situazione senza avventurarsi nel disastroso tentativo di
mettersi a sedere.
- Che bullo che sei, Rudy. Non mi hai neanche
perquisito. Sta' a sentire, teppistello. Budge Hanna stato
ammazzato, e anche la sua Millie, ormai. Io dovrei essere
morto stecchito in un fosso oltre Hyperion, ma Dave Padway
ha sempre avuto una pessima mira. Dove credi che ti porter
tutto questo?
La faccia di Rudy aveva assunto un brutto colore
verdastro, ma l'espressione era dura. - Tutte balle,
Channing. Non ho mai sentito parlare di Dave Padway. Non
so niente di Budge Hanna o di quella signora. Non so niente
di quel che ti successo. E adesso fuori dai piedi.
- Sei proprio come il pupazzo di un ventriloquo, Rudy.
Magari Flavin ti terrsulle sue ginocchia quando sarsulla
sedia elettrica, a San Quintino.
Di nuovo Marge trattenne Rudy e domand con calma: -
Cos'successo, signor Channing?
Lui le racconttutto, tenendo gli occhi fissi su Rudy. -
Flavin a capo di un racket - disse alla fine. - Il negozio
solo una copertura, serve per nascondere il traffico, per fare i
pagamenti e per trasmettere informazioni. Il negozio non
aperto di domenica, vero Rudy?
Rudy non rispose. - No - disse Marge.
- Okay. Budge Hanna lavorava per Flavin. Facciamo
un'ipotesi. Secondo me Flavin organizza traffici di alcolici,
rapine, e cosvia. Budge Hanna era un noto alcolizzato.
Poteva entrare in qualsiasi bar e piazzare una partita di
whisky di contrabbando senza creare sospetti. Il problema di
Budge era che non riusciva a tenere sotto controllo la sua
donna. Millie si era fatta aggressiva e sospettosa, e aveva
cominciato a parlare. Immagino che i ragazzi di Dave Padway
se ne siano accorti. Dave non si mai fidato delle donne e
degli ubriaconi.
Channing fissRudy socchiudendo gli occhi. Il suo volto
cosparso di sangue raggrumato era deformato da un ghigno
crudele. - E non ama neanche i pivelli. Ci saranno scintille
tra Dave e il tuo amico Flavin, e non so proprio come farai a
cavartela. Magari finirai su un tavolo dell'obitorio, come gli
altri. Come Hank.
- Oh, Cristo - disse Rudy - ci risiamo con Hank.
- Sicuro. Torniamo sempre a Hank. Tu sai cos'successo,
Rudy. Avevi simpatia per lui. E sei un ragazzo sveglio.
Probabilmente hai picervello di Flavin, e ce ne vuole di
cervello, di questi tempi, per fare il delinquente. CosFlavin
ha buttato gidal molo Hank e ti ha detto che stato un
suicidio, in modo che tu credessi che fosse un vigliacco.
Rudy si mise a ridere. - Buona questa. Proprio buona.
Marge era uscita con Flavin quella sera. - I suoi occhi verdi
si erano fatti minacciosi.
Marge annu abbassando lo sguardo. - vero.
Channing alzle spalle. - E allora? Ha pagato qualcun
altro. Come ha fatto stanotte. Ma Dave Padway non tipo da
prendere ordini per molto. Era un duro ai suoi tempi, e dieci
anni di galera non l'hanno troppo arrugginito. meglio che
tu chiami Flavin, Rudy. Potrebbero trovare Budge Hanna in
qualunque momento, e mettersi a frugare nella sua stanza. -
Rise. - Flavin non era abbastanza furbo da fare i pagamenti
di sabato, troppo tardi per le banche.

- Perchnon ha avvertito la polizia? - disse Marge.
- Con quello che avevo da raccontare, avrei solo fatto
scappare gli uccellini. Si arrangino!
Lei lo guardcon calma, soppesandolo. - Quindi ha
intenzione di fare tutto da solo?
- Ho io il coltello dalla parte dal manico, ora. Solo voi
due sapete che sono vivo. Ma io so della camicia di Budge
Hanna, e presto anche i poliziotti lo sapranno. Qualcuno
dovrdarsi da fare, e quando si muoversaprcon certezza
chi c'dietro a questa banda di delinquenti da due soldi.
Marge si alz - ridicolo. Lei non in condizione di
affrontare nessuno. E anche se lo fosse... - Lascila frase in
sospeso e andverso il telefono.
- Anche se lo fossi, sarei sempre un vigliacco, vero? -
disse Channing. - Sicuro. Sta' fermo l Rudy. Non sono cos
vigliacco o cosdebole da non poterti sparare alle gambe. - Il
suo volto era grigio, scavato, infinitamente stanco. Passun
dito sulla bruciatura al mento. I muscoli della mascella si
irrigidirono.
Rimase in silenzio, ascoltando Marge Krist che telefonava
a Max Gandara.
Al termine la donna andin cucina. Rudy si sedette,
lanciando a Channing occhiate scontrose. Il suo corpo era
scosso da un lieve tremito nervoso. Channing rise.
- Bella la vita del delinquente, vero, figliolo? Uno
spasso, non trovi?
Rudy lo invitad andare quel paese.
Marge torncon dell'acqua calda e una pezzuola pulita e
gli ripulil viso, senza togliere il fazzoletto. La ferita aveva
smesso di sanguinare, ma lo squarcio sul fianco non era
ancora asciutto. Il tampone era scivolato via. Marge gli tolse
la giacca, attese che lui spostasse di mano la pistola e poi gli
sfilla fondina e la camicia. Nel vederlo a torso nudo lasci
cadere la camicia e si portle mani alla bocca. Channing, che
si era messo seduto sul divano, fece correre lo sguardo da lei
al volto pallido e inerte di Rudy e disse tranquillamente: -
Ora capite perchnon amo il fuoco.
Mentre Marge lo medicava con delicatezza, seduta al suo
fianco, suonil campanello. - la polizia - disse, e si avvi
verso la porta. Channing teneva Rudy sotto tiro con la pistola.
Non udalcun rumore dietro di s ma di colpo sentqualcosa
di freddo appoggiato alla nuca e una voce che diceva: -
Buttala via, amico.
Era la voce di Joe. Era passato dalla cucina. Channing
lascicadere l'arma. Gli uomini che stavano entrando non
erano poliziotti. Erano Dave Padway e Jack Flavin.
Flavin chiuse la porta a chiave. Channing fece un cenno
col capo, con un lieve sorriso. Dave Padway ricambiil
saluto. Era un uomo alto, dinoccolato, con occhi slavati e il
volto lungo, equino.
- A quanto pare ho ancora una mira schifosa - disse.
- Dieci anni in galera non ti hanno fatto bene alla vista,
Dave. - Channing sembrava rilassato e per nulla
impressionato. - Ora che ci siamo tutti possiamo fare una
bella chiacchierata. Potremmo parlare di omicidio.
Marge e Rudy guardavano entrambi Padway. Flavin
sorrideva. - Il mio nuovo socio in affari, Dave Padway. Dave,
ti presento Marge Krist e Rudy.
Padway li fissper un attimo. Gli occhi chiari erano privi
di emozione. Con la sua voce melliflua, disse: - Channing
che mi interessa in questo momento. Ha parlato? E con chi?
Channing scoppiin una risata rauca e insolente.
- un po' tardi per preoccuparsene - grugnFlavin. -
Chi il pasticcione che non riuscito ad ammazzarlo, prima
di tutto?
Padway abbassgli occhi. - Tutti commettono degli
errori, Jack - disse in tono conciliante. Flavin sfregun
fiammifero. La fiamma ebbe un leggero tremolio.
- Jack - disse Rudy. - Ascolta, Jack, questo tizio dice
che Budge Hanna e la sua donna sono stati ammazzati. Sei
stato tu a...
- No. stata un'idea di Dave.
- Qualche obiezione? - disse Padway.
- Hanna era un tipo a posto. Era il mio contatto in tutti i
bar.
- Era un incapace. Fra lui e quella puttana, stavano per
gettare l'intera storia in pasto a Channing. Li ho sentiti.
- Va bene, va bene. Mi spiace, ecco tutto.
- Jack - disse Rudy -Dio mi testimone, io non voglio
essere coinvolto in un omicidio. Non m'importa di pestare un
guardiano, quello okay, e se c'da tirar fuori la pistola in
uno scontro con la polizia, be', anche quello okay, credo. Ma
un omicidio, Jack! - Guardil corpo sfregiato di Channing.
- Un omicidio, e cose come quelle... -Tremava.
- Dio mio, ha ancora bisogno del pannolino - biascic
Padway.
- Calmati, figliolo - disse Flavin. - Sei in un gioco
grosso ora. Vale la pena di farsi venire il mal di stomaco un
paio di volte. - GuardChanning, con il suo sorriso
smagliante e crudele. - Avevi ragione quando dicevi che a
Surfside o si comincia o si finisce. Io e Dave avevamo bisogno
di un posto per ricominciare. Partire con poco e poi crescere,
come in qualunque attivit
Channing fece un cenno affermativo e guardRudy: -
Hank ti disse che sarebbe andata cos vero? Gli credi adesso?
Rudy lo mandal diavolo, per la seconda volta. Era
verde. Si sedette e si accese una sigaretta. Marge appoggila
schiena al muro, osservando la scena con occhi accesi, le
palpebre socchiuse. Era pallida, e non aveva detto una parola.
- Flavin - disse Channing - tu eri fuori con Marge la
notte in cui Hank venne ucciso.
- E con ci
- L'hai mai lasciata sola?
- Un paio di volte. Non cosa lungo da arrivare al molo e
ammazzare tuo fratello.
- cos signor Channing - disse Marge a bassa voce.
Lui domand - Dove siete andati?
- Allo Ship Cafe, in qualche bar, a ballare... Che
importa? - Flavin fece un gesto di impazienza.
- Allora tu, Dave - proseguChanning. - Hai ucciso
Hank per vendicare tuo fratello, e hai aspettato che io
arrivassi.
- Se fosse stato per quello - replicPadway - te l'avrei
fatto sapere in anticipo. Cossarei stato sicuro del tuo arrivo.
- Si avvicine abbasslo sguardo su di lui. - Non sembri
molto sorpreso di vederci.
- Non sono pisorpreso di nulla, ormai.
-D'accordo. - Nella mano di Padway comparve una
pistola. - A questa distanza non dovrei mancarti, Chan. -
Marge trattenne il respiro finchPadway non concluse: - No,
non qui, a meno che lui non mi ci costringa. Procedi, Joe.
Joe si diede di nuovo da fare con il nastro adesivo. Questa
volta fece un lavoro migliore. Il corpo legato e imbavagliato
fu avvolto in una coperta e Joe lo afferrper i piedi. Flavin
fece cenno a Rudy di dargli una mano. Rudy esit ma quando
Padway sfiorla canna della pistola prese Channing per le
spalle. Spensero le luci e raggiunsero la macchina che li
attendeva fuori. Marge e Rudy Krist camminavano davanti a
Padway, che aveva dimenticato di mettere via la pistola.

3
"Mi spiace, ma devi morire..."

La stanza sembrava immensa alla luce della torcia
elettrica. Le tracce della sua precedente destinazione erano
ancora evidenti: brandelli di vivaci addobbi colorati, anneriti
dalla polvere, attaccati al soffitto; il pavimento consumato
dai passi di danza; qualche tavolo e sedia abbandonati;
fotografie mezze accartocciate e picchiettate dagli escrementi
delle mosche, che ritraevano celebritdel passato con dedica
al "Caro Skinny"; un palco vuoto e polveroso.
Uno degli uomini di Padway accese una lampada a
petrolio. Le finestre erano sbarrate da assi rinforzate da carta
catramata. A un'estremitdella sala da ballo c'era un'enorme
cumulo quadrato formato da casse di liquori accatastate. Le
porte interne davano su altre stanze buie e abbandonate. Il
luogo era immerso nel picompleto silenzio, e odorava di
polvere e dello sfacelo degli anni.
- Mettetelo l- disse Padway, indicando agli uomini che
trasportavano Channing una branda piazzata accanto a un
tavolo e a un gruppo di sedie. Gli altri entrarono in ordine
sparso e si sedettero, accendendosi una sigaretta. Padway
ordin - Joe, prendi il Thompson e va' di sopra. Grida se c'
qualcuno che ci sta guardando.
Jack Flavin si lascisfuggire un'imprecazione. - Ti ho
detto che non ci hanno seguiti, Dave. Cristo, abbiamo fatto il
giro di tutta questa maledetta cittper esserne sicuri. Non
puoi calmarti?
- Certo, quando saril momento. I peli che hai sul petto
non bastano come giubbotto antiproiettile, Jack. - And
verso la branda e tirvia la coperta che nascondeva
Channing. Il detective lo guard gli occhi profondamente
scavati sotto le palpebre socchiuse. Era nudo fino alla cintola.
Padway esaminle due ferite.
- Non ti ho mancato di molto, Chan - osserv
tranquillamente.
- Quel che basta.
- Gi - Padway estrasse lentamente una sigaretta dal
pacchetto. - Con chi hai parlato, Chan, oltre che con Marge
Krist? Che cos'hai detto?
Channing strinse i denti. Lo si sarebbe potuto scambiare
per un sorriso. Era piuttosto malizioso.
Padway si mise la sigaretta in bocca e tirfuori un
fiammifero. Era un grosso fiammifero da cucina, con la
capocchia blu. - Mi hai spiazzato, Chan. Sul serio. Sono
preoccupato. Sento puzza di sbirri, ma non ne vedo nessuno.
Non mi piace, Channing.
- un bel problema.
- S forse. - Padway sfregil fiammifero.
Rudy Krist si alzdi scatto e si rifuginell'ombra. Marge
Krist era rannicchiata su una coperta accanto a Flavin. I suoi
occhi verdi sfavillavano sotto la cascata di capelli rossi.
Dave Padway teneva il fiammifero basso, davanti agli
occhi di Channing. La sua mano non si muoveva, non
tremava. La fiamma era un triangolo perfetto, giallo e blu. -
Non mi fido di te, Chan. - disse, cupo. - Tu eri un poliziotto
in gamba. Cosin gamba da pizzicarmi una volta, e anche per
pizzicare mio fratello, che era pitosto di me. Non mi piace
questa situazione, Chan. Non mi fido di te.
Flavin esclam impaziente: - Perchdiavolo non l'hai
fatto fuori subito? Tutto questo casino colpa tua, Dave. Se
tu non avessi combinato quel pasticcio... Okay, okay! Il
nostro amico ha paura del fuoco. Guardalo. Faglielo
assaggiare, Dave. Parler
- Tu credi? - disse Padway. - Tu credi? - Abbassil
fiammifero. Channing url Padway si accese la sigaretta e
spense il fiammifero. - Parlerai, Chan?
- Offrimi un giusto compenso, Dave. Dammi l'uomo che
ha ucciso mio fratello, e io ti dico come stanno le cose.
Padway lo fisscon occhi spenti, poi comincia ridere,
tranquillamente, con inquietante allegria.
- Legalo bene, Mack - disse - e porta qui i fiammiferi.

La stanza era silenziosa, si sentiva solo il respiro di
Channing. Rudy Krist era seduto in disparte e fumava di
continuo, senza riuscire a tener ferme le mani. I tre della
banda erano chini su una partita di blackjack, immersi in una
cupa concentrazione. Marge Krist non si era mossa da quando
si era seduta. Erano trascorsi forse venti minuti. Il corpo
legato di Channing era costellato di piccoli segni di ferocia.
Dave Padway lascicadere la scatola vuota dei
fiammiferi. Sospire si piegverso Channing,
schiaffeggiandolo leggermente sulle guance. L'ex poliziotto
aprgli occhi.
- Hai intenzione di parlare, Chan?
La testa di Channing si mosse appena da destra a sinistra.
Jack Flavin imprec - Dave, lui ha paura del fuoco. Se
avesse avuto qualcosa da dire l'avrebbe gifatto. - Aveva la
camicia sbottonata, e ai suoi piedi erano disseminati i
mozziconi di sigaretta. Sulla sua faccia dura da terrier non
c'erano pitracce di ilarit Guardava Padway di traverso,
socchiudendo gli occhi.
- Forse s forse no - rispose Padway. - una cosa
grossa quella di stanotte, Jack. il nostro primo passo verso
la cima. Channing ha letto la tua ricevuta, ricordatelo. Lo sa.
E conosce un sacco di persone lfuori. Puavere un piano,
magari non con gli sbirri. Forse non entrerin azione prima
di stanotte. E forse al momento giusto ci fottertutti quanti.
Channing scoppiin un'asciutta risata di scherno.
Flavin balzin piedi, allontanando la sedia con rabbia. -
Senti, Dave, te la fai sotto, per caso? Mi sembra che tu sia
ossessionato da quest'uomo.
- E a me sembra che nessuno ti abbia ancora insegnato le
buone maniere, Jack.
La stanza cadde in un profondo silenzio. Gli uomini
intorno al tavolo deposero le carte lentamente, come in un
sogno. Marge Krist si alzsenza far rumore e si avvicinalla
branda.
Channing sussurr - Calma, ragazzi. Non si guadagna
nulla da un funerale. - Li fissava, e aveva negli occhi
un'espressione ferma, crudele. Era qualcosa di nuovo,
qualcosa che era emerso nell'ultimo quarto d'ora e che pian
piano gli aveva alterato il volto, i lineamenti. - Avete un
problema da risolvere, una bella gatta da pelare. O forse no.
Forse siete carne da macello. Io ho parlato, ragazzi, certo che
ho parlato. Datemi l'assassino di Hank e vi dircon chi.
- Te ne sei scordato? Il ragazzo si buttato - disse
Flavin.
Channing scosse la testa.
Padway disse, calmo: - Supponiamo che sia cos Chan.
Mettiamo che tu abbia tra le mani l'assassino. Che ci
guadagni?
- Non sono piun poliziotto. Me ne sbatto dei tuoi
traffici di alcool. Voglio solo l'uomo che ha ucciso Hank.
Jack Flavin rise. Non era una bella risata.
- Dave sa che mantengo le promesse. E oltretutto, potete
sempre spararmi alla schiena.
- assurdo - disse Flavin. - Non gli hai fatto
abbastanza male, Dave. Dacci dentro e parler
- Gli scoppia il cuore, prima. - Padway rivolse un
sorriso quasi tenero a Channing. - Ha di nuovo fegato il
ragazzo. Buona notizia, eh, Chan?
- Gi
- Ma anche pessima. Per entrambi.
- Falla finita e uccidimi, Dave, se credi che serva a
qualcosa.
Flavin intervenne con studiata pazienza: - Dave,
quest'uomo pazzo. Forse vuol farsi pubblicit Forse sta
cercando di rientrare nella polizia. Forse un masochista. Ma
uno svitato. Non credo che abbia parlato nessuno. O lo fai
cantare, o lo ammazzi. Oppure lo faccio io.
- Davvero lo faresti, adesso? - chiese Padway.
- Di cosa hai paura, Flavin? - domandChanning.
Flavin ringhie fece per colpirlo, ma Padway lo afferr
per un braccio: - A quanto pare chi ha ucciso Hank ci ha
procurato un mare di guai. Forse ci ha messo nella merda
apposta. Vorrei proprio sapere chi stato, e perch
Lavoravamo insieme in quel momento, vero, Jack? E nessuno
mi ha parlato di un poliziotto di nome Channing.
Flavin si divincol - Il ragazzo si suicidato. E non
provare a mettermi le mani addosso, Dave. Era il mio giro,
ricordatelo. Sono stato io a farti entrare.
- Ah, davvero? - disse Padway, tranquillo. Il suo pugno
si abbattsul mento di Flavin, cosrapido che si sentun
sibilo nell'aria. Flavin crolla terra e d'istinto gli si aggrapp
al braccio. Gli uomini di Padway si alzarono dal tavolo e lo
circondarono. La mano di Flavin scivolgi L'uomo giacque
immobile, gli occhi socchiusi, inanimati.
Marge Krist scivolsilenziosamente accanto alla branda
di Channing. Si piegin avanti come se stesse per svenire, le
mani non in vista. Ma non stava svenendo. Channing sent
che trafficava intorno ai suoi polsi.
- Rudy, vieni qui - disse Flavin.
Rudy Krist entrnel cono di luce. Sembrava un bambino
immerso in un incubo da cui sa di non potersi svegliare.
- D'accordo, Dave - disse Flavin. - Sei tu il capo.
Coraggio, da Channing il suo assassino. - FissRudy, e
tutti si girarono a guardarlo, tranne gli uomini che
sorvegliavano Flavin.
Rudy Krist spalancgli occhi, mostrando il bianco della
cornea intorno alle pupille verdi. Rimase immobile, fissando
le facce dure, impassibili rivolte verso di lui.
Flavin prosegu in tono sdegnoso: - Faceva di te un
pappamolla, Rudy. Tu avevi passato il limite e non avevi il
coraggio di andare fino in fondo. Sapevi quel che ti sarebbe
successo. Cosl'hai buttato gidal molo per salvarti la pelle.
Rudy emise una specie di miagolio soffocato, poi di colpo
si avventsu Flavin. Padway fece cenno ai suoi uomini di
trattenerlo. Channing url disperatamente: - Fermi!
Aspettate! Dave, tiralo via!
Rudy stringeva la gola di Flavin, con la bava alla bocca,
mentre l'altro si contorceva sbattendo i piedi contro il
pavimento. All'improvviso si uduno sparo sotto il corpo di
Rudy. Il ragazzo inarcla schiena, mollla presa e crollcon
il capo sulla spalla del suo avversario, come se dormisse.
Channing rotolgidalla branda, cercando di
raggiungere Flavin.
Costui sparancora due colpi, cosravvicinati da
sembrare uno solo. Uno dei ragazzi di Padway cadde in
ginocchio e si piegin avanti, come un monaco in preghiera.
Un altro si abbattal suolo. La seconda pallottola prese
Padway di striscio, lacerandogli l'imbottitura della spalla.
Channing raggiunse Flavin alle spalle e lo afferrper un
polso.
- Okay - disse Padway in tono risoluto. - Fermi tutti.
Non aveva ancora finito di parlare che un colpo partda
dietro la branda. Flavin stramazz fissando Channing con
un'espressione di immensa sorpresa, come se il terzo occhio
che gli si era aperto improvvisamente sulla fronte gli offrisse
una prospettiva del tutto nuova.
Marge Krist si alz uno sguardo micidiale negli occhi
verdi, con un piccolo revolver fumante in mano.
Padway si voltlentamente verso di lei. Channing fece
una smorfia e senza badare alla ragazza rigircon cautela il
corpo di Rudy.
- Hai ucciso tu Hank? - domand
- No, lo giuro su Dio - mormoril ragazzo.
- stato Flavin?
- Non lo so... - I suoi occhi si riempirono di lacrime. -
Hank - sussurr- avrei voluto... - Le lacrime continuarono
a scorrere dai suoi occhi per qualche istante, dopo la morte.
Intanto la polizia aveva fatto irruzione nella stanza
sbucando dalle altre e da dietro le casse di alcolici.
- Fermi tutti.

Dave Padway alzlentamente le mani sbarrando gli occhi
per la sorpresa, poi strinse le palpebre con espressione
feroce. Il suo uomo fece lo stesso, dopo aver lasciato cadere la
pistola sul pavimento.
- Erano qui fin dall'inizio - disse Padway.
Channing si sedette, un po' irrigidito. - Speravo che ci
fossero. Non sapevo se Max sarebbe stato al gioco o no.
- Sei un lurido traditore.
- Mi spiace di aver tradito un verme come te, Dave, dopo
che sei stato coscarino con me lassa Hyperion. -
Channing alzla voce. - Max, fa attenzione al ragazzo con il
mitra.
- Avevo piazzato tre uomini lass- disse Gandara. - Lo
hanno preso quand'salito, senza farsi sentire.
Marge Krist si era avvicinata alla branda, come in trance,
e si trovava vicino a Padway. D'improvviso si lascicadere.
Lui la sorresse e facendosi scudo del suo corpo estrasse la
pistola.
- Non sparare - disse Max Gandara. - Che nessuno
spari.
-Ben detto - disse Padway a bassa voce.
Channing allungla mano verso la pistola che Flavin non
era piin grado di usare. Poi, con grande rapidit si gettin
avanti contro il tavolo che reggeva la lampada.
Una pallottola si infilnel legno e lo trapass
sfiorandogli l'orecchio. Channing spardue volte, prendendo
la mira, attraverso le fiamme. Poi si rialze tornsui suoi
passi. Camminava un po' rigido, zoppicando, ma c'era
qualcosa di diverso in lui.
Padway era piegato su un ginocchio, con gli occhi chiusi,
e stringeva i denti per il dolore a causa del polso fratturato.
Marge Krist era rimasta in piedi. Fissava con sguardo triste il
foro che si era aperto nel suo avambraccio candido, e la
ragnatela di rivoli rosso brillante che ne uscivano.
Max Gandara si avventsu Channing. - Razza di...
Channing lo colpduro, dritto sul mento, senza fare una
piega. - Questo te lo dovevo, Max. E prima che tu ti metta a
predicare la santitdel sesso femminile, sarmeglio che
esamini attentamente un paio di quei proiettili che per poco
non mi hanno beccato. Scoprirai che provengono dalla
graziosa piccola pistola della signorina Krist, la stessa con cui
ha ucciso il suo uomo, Jack Flavin. - Fece un passo verso di
lei e le giril viso verso il suo, gentilmente. - Ti sei ripresa
in fretta dal tuo svenimento, eh, dolcezza?
Lei sollevil braccio sano e cercdi cavargli un occhio.
Channing rise, e la affidun poliziotto. - Ora verrtutto
a galla. Intanto ci sono i proiettili della pistola di Marge. Il
fatto stesso che lei avesse una pistola prova che faceva parte
della banda. Loro l'avrebbero perquisita, se tutte quelle
pietose bugie sul triste destino del povero Rudy fossero state
vere. La comparsa di Padway l'aveva presa alla sprovvista, ed
era irritata perchFlavin non le aveva detto niente. Ma
sapeva qual era l'uomo giusto, eccome. Aveva deciso di
andare via con Padway, e ha sparato a Flavin per chiudergli la
bocca su Hank, e per essere sicura che non colpisse Padway.
Flavin era un duro, e stava quasi per riuscirci. Marge mi ha
slegato sperando che venissi colpito nella confusione, o che
mi mettessi nei guai da solo. Se non foste arrivati, Max, penso
che mi avrebbe sparato lei stessa. Voleva che cessasse tutto
questo chiasso intorno a Hank Channing, e con Flavin e me
fuori causa, non aveva piniente da temere.
Gandara insistette, testardamente: - Da quello che ho
sentito, stato Flavin a conciare Rudy per le feste.
- Certo, come no! Steso per terra, con la bocca
sfracellata da un pugno e tre uomini armati intorno a lui.
Marge Krist si era seduta sulla branda e qualcuno la stava
medicando. Channing si pardi fronte a lei.
- Hai fatto un buon lavoro questa sera, Marge. Hai fatto
fuori Rudy esattamente come hai fatto con Flavin, o con
Hank. Rudy era un buon ragazzo, in fondo. Sei stata tu a
spingerlo in questo gioco, ma Hank gli insinuava dei dubbi.
Sei stata tu a uccidere mio fratello.
Si avvicinancora di pi Lei lo guard il suo sguardo
verde incrociquello bruno di lui, entrambi appassionati e
crudeli.
- Sei una ragazza astuta, Marge. Tu e la tua mielosa
ipocrisia. Adesso capisco cosa volevi dire quando accusavi
Rudy di avere paura di essere interrogato. Flavin non poteva
uccidere Hank da solo. Non era abbastanza grosso, e Hank
non era uno stupido. Non si fidava di Flavin. Ma di te s
Marge, di te si fidava. Poteva fermarsi sul molo a mezzanotte
a parlare con te, e non accorgersi che qualcuno si avvicinava
di nascosto con un manganello. - Si chinsu di lei. - Sei
una ragazza astuta, Marge, e anche carina. Credo che fara
meno di assistere alla tua esecuzione.
- Avrei dovuto ammazzare anche te - sibillei. - Per
Dio, avrei dovuto ammazzarti.
Channing annue anda sedersi, esausto. Sembrava
debole, sfinito, ma i suoi occhi brillavano.
- Qualcuno mi duna sigaretta? - disse. Accese il
fiammifero lui stesso. Il tabacco aveva un buon sapore.
Erano dieci anni che non fumava.

Helen Nielsen
La decisione
"Manhunt", giugno 1957

Molto prima che diventasse di moda tra le autrici di
gialli scrivere storie dark, Helen Nielsen produsse romanzi
come After Midnight e A Killer In The Street, che
conquistarono anche gli amanti dell'hard-boiled. Da troppo
tempo i suoi romanzi non vengono piristampati, ma
meriterebbero di appassionare e influenzare una nuova
generazione. Se volete un esempio della Nielsen ai suoi
massimi livelli, leggete questo racconto.
E. G.

Ruth non era mai stata in un'aula di tribunale prima di
allora. Era eccitante, sembrava di essere in un film, o alla
televisione. Si affaccisulla soglia, con la donna poliziotto a
fianco, e subito ci fu un esplosione di flash e tutti coloro che
si trovavano nell'aula si voltarono a guardarla. Per un attimo
rimase confusa e imbarazzata. Con un gesto automatico si
abbassla giacca del tailleur di lana blu; le tirava sul davanti,
da quando aveva messo su qualche chilo. Non che Ruth fosse
grassa. Aveva un bel personale, troppo per sentirsi a proprio
agio, perchRuth, sebbene fosse abituata a nasconderlo, era
straordinariamente timida. Ma era anche una donna. Si tir
gila giacca, poi allontanuna ciocca di capelli biondi dalla
fronte, il tutto celando le proprie emozioni con abilitcos
consumata che nelle edizioni del pomeriggio i titolisti dei
giornali avrebbero rispolverato frasi come "tigre dal volto di
marmo" e "gelida assassina" per le didascalie delle immagini.
I flash avevano smesso di lampeggiare, e un poliziotto le fece
strada.
Ruth si diresse verso il tavolo dove il signor Jennings la
stava aspettando. L'uomo le offruna sedia e sorrise.
- Buongiorno, signorina Kramer. Ha un aspetto
magnifico stamane.
Ruth non rispose. Si sedette, il signor Jennings si
accomodal suo fianco e prese ad armeggiare con alcune
carte nella sua valigetta. Era anche lui piuttosto timido... e
nervoso. Ruth lo aveva sentito dichiarare che questo era il
suo primo caso di pena capitale, il che spiegava il suo
nervosismo. Era l'avvocato d'ufficio, la Pubblica Difesa.
Esaminmentalmente quelle parole. Suonavano bene.
Quest'uomo l'avrebbe difesa dal pubblico. No, non era quello
il senso, Ruth lo sapeva. Aveva imparato tante cose in poco
pidi trent'anni, e conosceva il significato quasi tutte le
parole; eppure era questa la sensazione che provava quando
ci pensava. Il signor Jennings le era simpatico. Le ricordava
Allan. Pigiovane e piserio, ma altrettanto ordinato. Era
questa la cosa importante. La camicia bianca era fresca di
bucato, la cravatta sottile era fermata da una spilla e il vestito
doveva essere stato appena stirato. Era ben rasato e il
profumo della sua lozione era di quelli che nelle pubblicit
venivano definiti frizzanti e mascolini.
Ma osservare il signor Jennings non avrebbe fatto altro
che renderlo pinervoso. Ruth fece scorrere lo sguardo
nell'aula. Le facce assorte dei giurati assisi nei loro banchi
esprimevano vari livelli di tensione. Ruth represse un sorriso
sul volto mite. La giuria sembrava ancora pinervosa del
signor Jennings. Pareva che fossero loro sotto processo, al
posto suo. Si volta guardare gli spettatori. Nessun processo,
fin dai tempi in cui i Romani davano in pasto vite umane ai
leoni, era completo senza di loro. La societ.. civile. Quella
parola la divertiva ancora di pidelle facce dei giurati:
societ Eccola l riunita in assemblea con tutta la sua
autorit nagguerrita nparticolarmente indignata. Il
termine giusto era curiosa. La societcuriosa, in attesa di
ricevere l'imbeccata prima di assolvere o condannare, perch
la societnon sapeva mai cosa fare finchqualcuno non glielo
diceva. Era come uno specchio gigantesco in cui non si
rifletteva una sola persona, ma una folla.
Se sorridessi, pensRuth, ricambierebbero il mio
sorriso. Se agitassi la mano, la agiterebbero anche loro. Non
fanno mai nulla di propria iniziativa. Non agiscono: re-
agiscono.
Questa era la societ e lei ne era fuori ormai, perch
aveva contravvenuto alla prima regola. Aveva preso una
decisione...
Chiunque nel vicinato avrebbe potuto testimoniare
quanto Ruth Kramer fosse affezionata ai suoi genitori. Una
cosbrava ragazza. Grande lavoratrice. Era lei a mantenere la
famiglia da quando il povero vecchio signor Kramer aveva
dovuto smettere di lavorare. Non c'era una madre in tutto
l'isolato che non invidiasse il rapporto che la signora Kramer
aveva con sua figlia. Non erano molti i giovani cosseri, cos
premurosi. Chiunque nel vicinato avrebbe potuto raccontare
tutto ciche sapeva di Ruth Kramer... e cionulla.
Ruth non ricordava quando aveva cominciato a odiare suo
padre. Forse quando aveva cinque anni e l'aveva sorpreso ad
ammazzare i cuccioli. Erano appena nati, non avevano
nessuna esperienza della vita, e forse non si poteva fare
diversamente visto che i tempi erano cosduri e c'era cos
poco da mangiare; ma fu orribile vederlo gettare i loro corpi,
ancora caldi e frementi, nelle buche che scavate per la
staccionata del cortile. Fu ancora piterribile sentire come se
ne vantava, pitardi.
- Sei buche per i pali, e sei cuccioli dentro. Mi sono
risparmiato tutto il lavoro di scavare le fosse.
- Otto, non ne parliamo. Non di fronte alla bambina -
aveva detto Anna Kramer.
- E perchnon dovrei parlarne? Deve imparare a
risparmiare: il lavoro, il denaro. Non bisogna sprecare nulla
nella vita.
Otto Kramer aveva una semplice filosofia. Non metteva
mai in discussione la vita, non la contestava mai. - Un letto
per dormire, un tavolo per mangiare, un fornello per
cucinare, cos'altro ci serve? - Una filosofia molto semplice.
Paura e preoccupazione appartenevano al mondo femminile, e
lui non gradiva nl'una nl'altra. Se a Ruth veniva da
piangere, poteva rifugiarsi tra le braccia magre e forti di sua
madre. Non c'era altro calore al mondo.
E non c'era denaro da sprecare per motivi insignificanti
come il dolore.
- Per una donna normale avere figli. stata creata per
questo. Non ho soldi da buttar via per i conti degli ospedali. E
comunque sono tutte sciocchezze, cose che si inventano le
donne.
Otto Kramer aveva parlato, ed era legge. Anna non
discuteva mai con suo marito. Ingrossando diventava sottile e
pallida, e piangeva tanto quando lui non c'era. E quando
venne il momento,fu chiaro che in fin dei conti non era tutto
frutto della sua fantasia. Nascosta dietro la porta della
dispensa, la bimba sentogni cosa.
- Voi europei siete testardi come muli, meritereste di
esser frustati! - diceva il dottore. - Hai perso un figlio per
colpa della tua spilorceria, e stavi quasi per perdere una
moglie, maledetto! Lasciala in pace ora, finchnon ha
recuperato le forze, mi hai capito? Lasciala in pace o mi
occupo io di te!
Rannicchiata al buio dietro la porta della dispensa, Ruth
capsoltanto che in qualche modo sua madre era minacciata
da quest'uomo che lei stava cominciando a odiare, e che aveva
bisogno di protezione. Non lo dimenticmai.
C'erano moltissime cose che i vicini non sapevano di Ruth
Kramer. Non sapevano, per esempio, che quando aveva
quattordici anni dormiva con un coltello nascosto sotto il
cuscino. Nessuno lo sapeva. Neanche sua madre. Ma Ruth
aveva passato tanto tempo sveglia, all'erta, e ormai i litigi e i
rumori notturni che trapelavano attraverso i muri sottili
come veline avevano assunto uno strano e minaccioso
significato. Il coltello era legato alla sua paura, una paura
indefinita destinata a rimanere inespressa.
Ad Anna Kramer non piaceva parlare di certe cose.
- Non far caso alle stupidaggini che senti, cara. Non sono
cose di cui tu debba preoccuparti.
Ma Ruth non era una bambina. Aveva quattordici anni. A
quell'etsi crede che debba esserci un limite all'infelicit
- Perchnon chiedi il divorzio? - domand
Divorzio! Una parola scandalosa. Come le era venuta in
mente una simile idea? Il divorzio era peccato! A Ruth pareva
che l'infelicitfosse un peccato ancora pigrande, ma non
ebbe la possibilitdi discutere l'argomento. Le braccia magre
e forti tornavano a stringerla, lasciando fuori il resto del
mondo. Lei non doveva pensare a queste cose. Aveva i suoi
compiti da fare, e quella borsa di studio...
Ruth non vinse la borsa di studio. Ebbe un esaurimento e
non riuscneanche a terminare il semestre, ma in un certo
senso la sua malattia fu una buona cosa. Le dette il tempo di
fare piani per il futuro. Doveva esserci una ragione per tutta
questa infelicit e doveva esserci una soluzione. Se solo non
fossero stati cospoveri! Se solo avessero avuto un po' di
denaro in piper sistemare la casa, avere degli amici e vivere
come tutti gli altri. Ruth esamincon cura la situazione e
rimise il coltello al suo posto perchera un'idea assurda,
anche se rappresentava un segno di ribellione. Conosceva un
sistema migliore.
Non ebbe problemi per quanto riguardava il suo ritorno a
scuola. La scuola era una bizzarria e uno spreco per una
donna. Il lavoro sche andava bene. Il lavoro teneva i ragazzi
fuori dai guai.
- Ho cominciato a lavorare quando avevo dodici anni -
disse Otto Kramer. - Quindici ore al giorno e un pagliericcio
nel retro del negozio. Non avevo tempo per andare a spasso
su macchine d'epoca ascoltando musica jazz tutta la notte
come fanno i ragazzi di adesso. Teppisti! Nient'altro che
teppisti!
Ruth non replic Le macchine d'epoca e i dischi di jazz
non avrebbero mai fatto parte della sua vita, comunque. Non
aveva tempo. Di giorno c'era il lavoro e di notte lo studio,
perchsuo padre aveva torto a proposito dell'istruzione.
Aveva torto su un sacco di cose, ma lei non glielo contestava.
Discussioni e litigi erano una perdita di tempo. Impara
evitarli, ad abbassare il volume delle voci al di ldel muro
durante la notte coscome abbassava quello della musica alla
radio che teneva sul comodino. Ma teneva sempre l'orecchio
teso, e lo sguardo vigile. E non dimenticava mai il suo piano.
Ogni problema doveva avere una soluzione, e lei avrebbe
trovato la soluzione per essere felice. La casa di Otto Kramer
rimase impenetrabile vista dall'esterno, ma dentro comincia
cambiare. I pavimenti si coprirono di tappeti, le finestre di
tendine, un idraulico installun nuovo lavandino e l'uomo
del ghiaccio non dovette pipassare dopo la consegna del
frigorifero. Il piano cominciava a funzionare. Il volto di Anna
Kramer impara sorridere, ma quello di Otto rimase cupo.
- Che assurdit Che dannata assurdit Continua a
buttar via i soldi in questo modo e vedrai!
E per dimostrare la sua tesi, perse il lavoro e non si diede
mai la pena di trovarne un altro.
Forse fu allora che Ruth Kramer comincia odiare suo
padre, ma negli anni successivi fu troppo occupata per
pensarci. Ogni problema doveva avere una soluzione.
Mantenendo il suo atteggiamento positivo, Ruth si iscrisse a
un altro corso serale e al termine trovun lavoro migliore
con un orario pilungo. Il problema restava, ma non c'era
tempo per pensarci. Cos'era la felicit in fondo? Quanti
potevano dire di conoscerla? Quando le liti si inasprivano, e
le lacrime erano troppo cocenti - Ruth non riuscmai a
tollerare di veder piangere sua madre - si poteva
controbilanciare con un mazzo di fiori a sorpresa, o qualche
nuovo acquisto per lo scaffale delle statuette di porcellana
che Anna amava tanto. E si poteva sempre alzare il volume
della musica, in modo che i vicini non sentissero.
Dall'esterno, sembrava tutto perfetto. Nessuno entrmai in
quella casa, eccetto le tre persone che la abitavano
sopportandosi l'un l'altra, mentre gli anni si accumulavano
dietro di loro come una pila di cambiali non pagate. Ma tutto
si pagava nella vita, prima o poi. In un angolo remoto del suo
cervello, dove ormai serbava piinformazioni di quante
gliene sarebbero mai servite, Ruth lo sapeva.
Le cambiali cominciarono a scadere quando incontr
Allan.
Non aveva mai pensato agli uomini. Facevano parte del
suo mondo, ma erano solo nomi sulle porte degli uffici, o voci
che rispondevano al telefono. Sedevano dietro scrivanie su
cui troneggiavano immancabili le fotografie di mogli e figli, e
talvolta facevano complimenti e concedevano aumenti.
- Vorrei che avessimo piimpiegate come lei, signorina
Kramer. Non ho mai dovuto preoccuparmi di come svolge il
suo lavoro.
Solo quel tipo di complimenti. Mai niente sulla sua
acconciatura, severa e ordinata, o sui suoi abiti, tagliati in
modo da nascondere la sua magrezza e far risaltare il seno.
Gli uomini erano mani sul tavolo, voci al telefono, firme sulla
busta paga. Erano il collega donnaiolo da ignorare, il cliente
fuori cittda prendere in giro, il giovanotto serio e mammone
da respingere educatamente. E un vecchio ostinato che ora se
ne stava a casa, seduto sulla sua poltrona in un angolo come
un mucchio di stracci luridi.
Ma Allan Roberts non era niente di tutto questo. Allan
era quella vecchia cambiale che stava per scadere. Se l'avesse
saputo, Ruth non sarebbe stata coscompiaciuta quando lui la
convocnel suo ufficio quel primo giorno.
- Mi piace come lavora, signorina Kramer. Dev'essere in
questa azienda da molto tempo.
Un nuovo ingegnere di alto livello l'aveva notata fra tutti
i colleghi dell'ufficio. Ruth si sentlusingata.
- Dodici anni - ammise, sperando chissperchche non
sembrasse un tempo troppo lungo.
- Bene. Lei conosce la procedura meglio di me. proprio
l'assistente di cui ho bisogno per l'affare dell'albergo.
Comincicos come un rapporto esclusivamente di
lavoro. Ma era un lavoro grosso, un lavoro importante.
Significava orari lunghi, cene a ora tarda in ristorantini
angusti con un juke-box che singhiozzava, scherzi e risate per
alleviare la fatica di un impegno duro, stressante. Significava
lavorare di domenica, con Allan che dalla strada suonava il
clacson della sua decappottabile e Ruth che si precipitava
fuori per non dargli il tempo di arrivare alla porta. E, a volte,
significava parlarne in casa.
- Ci passi un sacco di tempo con quell'uomo - disse
Anna Kramer.
- simpatico - ammise Ruth. - Ed in gamba. Sto
imparando molto su questo lavoro.
- Ha un bell'aspetto. E veste bene.
- Ha un compito di responsabilit Deve vestire bene.
- Tuo padre era ben vestito. Non dimentichermai la
prima volta che l'ho visto: camicia di seta, bombetta, bastone
da passeggio.
- Mio padre?
- Ed era bello. Ricordo di aver pensato che non avevo
mai visto un uomo cosbello, e con tanti progetti per il
futuro.
Non avevano mai parlato in questo modo prima di allora.
Gli occhi di Anna Kramer erano persi nel vuoto; quando
incontrlo sguardo di Ruth, cambiargomento.
- Immagino che lavorerai domenica.
- Credo di s- disse Ruth.
- Perderemo di nuovo la messa.
- Te l'ho gidetto, dovreste fare amicizia con i vicini e
andarci con loro.
Anna sospir Il suo sguardo si possulle statuette
allineate sullo scaffale.
- Sai come la pensa tuo padre a proposito dei vicini. Non
voglio suscitare un vespaio e crearti dei problemi, proprio ora
che abbiamo una casa cosbella.
Ruth lavorquella domenica. Lavormolte domeniche
finch come temeva, il progetto giunse alla fine.
- Ma siamo invitati all'inaugurazione - disse Allan. -
Quando vengo a prenderti?
Non l'aveva previsto. Lavorare con Allan era divertente.
Cenare in quei piccoli caffera divertente. Ma
l'inaugurazione di un hotel non era come un concerto, una
conferenza o una lezione alla scuola serale.
- Immagino che sia una serata di gala.
- Lo spero. Sarai uno schianto con l'abito da sera.
La prendeva in giro, naturalmente. Allan era un gran
burlone. E tuttavia, lei prefernon rifiutare. Avrebbe potuto
crearle dei problemi sul lavoro. Utilizzl'ora del pranzo per
andare a far spese, perchnon aveva mai posseduto un abito
da sera. E allora anche lei si rese conto dei cambiamenti che
in tutti quegli anni erano intervenuti sotto gli abiti riadattati
che portava. Allan non la prendeva in giro.
Cenerentola andal ballo. Povera Cenerentola, che
perdeva sempre qualcosa. Una pista da ballo non era il
massimo per un'appassionata di Bach, ma Allan fu galante.
- Saronesto - disse. - Non si vede, perchho le
scarpe fatte su misura, ma in realtho due piedi sinistri.
Andiamo a vedere com'la terrazza al chiaro di luna.
La terrazza era come tutte le terrazze al chiaro di luna.
Ruth tremava quando si sottrasse al suo abbraccio. Non le
avevano insegnato niente del genere alla scuola serale. Ma
era anche imbarazzata. Lui doveva averlo capito. Ora poteva
tornare in ufficio e raccontare nelle toilette come aveva
spaventato quella bacchettona della signorina Kramer, cos
irreprensibile in tante altre cose.
- Vivi con i tuoi genitori, vero?
Se lo aspettava. Non aveva neanche bisogno di
rispondere. Si sentgiabbandonata.
- Voglio dire, non hai altri legami a trattenerti qui?
Fu presa alla sprovvista.
- Trattenermi?
- saltato fuori un nuovo contratto a Mexico City. una
cosa grossa: sei mesi, forse un anno. Ho deciso di accettare
l'assegnazione, e vorrei che tu venissi con me. Ritengo che
lavoriamo bene insieme.
Non aveva previsto tutto questo. Mexico City. Un ritmo
latino si librdalla pista da ballo e giunse fino a loro; un
ritmo oscuro, vibrante, e Ruth lo notper la prima volta. Si
mise ad ascoltarlo e avvertun rimescolio, un'agitazione
dentro di s come se sentisse nascere qualcosa di nuovo.
Vide gli occhi di Allan brillare nell'oscurit
- Credo che ti piacerebbe il Messico - disse lui. - E
penso che il cambiamento ti farebbe bene. Comunque hai due
settimane per decidere.
Cenerentola torndal ballo molto dopo la mezzanotte.
Quando fu sulla porta di casa smise di canticchiare ed entr
senza far rumore, ma non c'era bisogno di questa premura.
Appena accese la luce, vide sua madre rannicchiata nella
poltrona con lo schienale alto.
- Non dovevi rimanere alzata a...- esord poi la guard
in volto. - Cosa c' Cos'successo?
Il volto di un martire che porta la croce.
- Niente - rispose Anna. - Niente di cui preoccuparsi.
- Niente? Perchnon sei a letto?
Uno sguardo tormentato si possu di lei. Una mano
sottile si levverso la scollatura del vecchio vestito e la
manica ricadde all'indietro, rivelando un brutto livido.
- Mamma...!
- Va' a dormire - disse Anna. - Ti sei divertita, vero?
Va' a dormire e non preoccuparti di me.
- Ma sei stata picchiata!
- Non importa. Non la prima volta.
- stato lui!
Si sentinvadere da una rabbia vecchia come un coltello
nascosto sotto il cuscino.
- Non... non parlare cosforte! Sta dormendo ora.
- Ma tu non devi arrenderti! Non sei costretta a vivere
con lui!
Gli occhi di Anna passarono in rassegna la stanza. Una
bella stanza, perfetta, come le statuette sullo scaffale. La casa
che aveva sempre voluto. A volte i progetti si realizzavano.
- Forse malato - disse Ruth. - Magari, se andasse da
un dottore...
- Tu sai cosa pensa tuo padre dei dottori.
- Ma se diventa violento...
Anna inalberun sorriso triste.
- Te l'ho detto, non niente. Non la prima volta che
succede. Lo avresti notato se non fossi sempre cosoccupata.
un vecchio, ecco tutto. E un vecchio si arrabbia quando...
quando non riesce a fare quello che faceva una volta.
Anna tacque, gli occhi pieni di vergogna per aver
menzionato l'argomento proibito. Si alzdalla poltrona e si
avviverso il corridoio.
- Non starai tornando di l
Di nuovo quel sorriso triste.
- Te l'ho detto, non niente. Non avrei dovuto dirti
nulla, ti ho rovinato la serata. Va' a dormire ora. Va tutto
bene. Fin quando sei con me, va tutto bene.
Strinse Ruth fra le braccia per augurarle la buonanotte.
Niente... niente... Quando se ne fu andata, Ruth spense la
luce e rimase seduta al buio. Niente... E si mise a tremare.
Ruth non anda Mexico City. In ufficio, il suo
esaurimento fu attribuito all'eccesso di lavoro profuso
nell'affare dell'albergo. Quando rientr Allan se n'era
andato. Non tornmai pi Per un certo periodo nella mente
di Ruth rimase un posto vuoto, una sorta di trabocchetto con
un cartello che avvertiva: "Sta' lontana - Pericolo"; ma poi il
vuoto comincia riempirsi di frammenti di nuovo lavoro,
nuovi libri, un corso per modellare la creta e un abbonamento
alla stagione concertistica. A casa alzil volume della musica
per coprire le interminabili discussioni e impara non
parlare pidi separazione, di un dottore, o di qualunque altra
iniziativa.
Il giorno del suo trentesimo compleanno, Ruth comprla
sua prima bottiglia di whisky e la nascose in un armadietto
dove sua madre non potesse trovarlo. Le persone per bene,
quelle che non facevano cose sconvenienti come non
affrontare i problemi, non bevevano. La bottiglia le teneva
compagnia nelle lunghe notti in cui non riusciva a dormire.
Qualche tempo dopo abbandonil corso di ceramica perch
non la interessava pie il materiale le ingombrava la stanza,
poi smise di andare ai concerti perchla rendevano nervosa.
Ma non riusciva a rimanere a casa senza far nulla, a guardarsi
morire lentamente. Usciva in macchina la sera, e col tempo
trovun piccolo bar, un buco in cui un trio jazz esplorava gli
abissi della disperazione e un cantante singhiozzava le
miserie degli uomini ombra, quelli che non soffrono e
sognano vecchi sogni che non si realizzano mai, perch
vivono nel paese in cui non si prendono decisioni.
Le vennero fatte delle osservazioni, naturalmente.
- Vorrei che tu non uscissi cosspesso da sola - diceva
Anna Kramer - specialmente di notte.
Ruth scoppiava a ridere. Rideva spesso ultimamente.
- Sola? E qual l'alternativa?
Uno sguardo ferito, e poi: - Una volta facevamo delle
gite cosbelle la domenica.
- Domenica ti portera fare un giro.
- Ma... uscire tutte le notti. Davvero non so picosa fare
con te. Se pensi a tutti i problemi che ho gicon tuo padre!
- Oh, Dio...!
Poi una porta sbatteva, la musica cresceva di tono, e Ruth
tirava fuori la bottiglia dall'armadietto.
Sul lavoro i problemi si avvertivano da tempo. Ma non era
colpa sua. Tutto era coscomplicato, coscaotico. I nuovi
arrivati erano freschi, impazienti e immaturi. Inutile cercare
di insegnare loro qualcosa. Sapevano gitutto. Fu cosche
Ruth smise di parlare con chiunque, tranne che con il buffone
del reparto vendite che raccontava storielle volgari e la faceva
ridere, chissperch I problemi si avvertivano da tempo, ma
quando fu il momento avvenne tutto di colpo. La trattarono
con i guanti, naturalmente. Aveva troppo lavoro, troppe
responsabilit Non era una retrocessione, si capisce, solo
una riduzione di orario e, naturalmente, anche di paga. Ruth
cap La cosa buffa fu che non le importpidi tanto.
Non anda casa dopo il lavoro. Vagabondcon la
macchina per qualche ora, poi ritornnel buco in cui le
ombre andavano a rifugiarsi gemendo e aspettando. Sembrava
che aspettassero lei, ora, che fosse questo il destino che si era
andato preparando per lei in tutti quegli anni. Ecco cosa
succedeva a nascondersi dietro le porte delle dispense, e a
tremare nel buio con un coltello sotto il cuscino. Sapeva qual
era il problema. E non poteva piseppellirlo nei libri o
nasconderlo in fondo a una bottiglia vuota. Il terrore si era
insinuato dentro di lei come un tarlo e c'era solo un modo per
liberarsene. Ordinun doppio whisky per calmare il suo
nervosismo.
Gli uomini ombra si muovevano intorno a lei con volti
famelici. Una volta veniva solo per guardarli, ora era una di
loro. Doveva solo fare un cenno. Stavano aspettando. Uno in
particolare, un uomo losco, lurido, con la barba lunga.
Uscirono insieme. Raggiunsero in auto una strada buia,
senza uscita. Sembrava il posto giusto.
Niente preliminari. Non erano a una festa del liceo. Lui
sapeva quel che lei stava cercando. Premette la bocca sulla
sua e comincia strapparle la camicetta di dosso. Ruth ebbe
un fremito. Quel rimescolio che era iniziato con il bacio di
Allan stava montando come un mare in tempesta. Era un
muro che crollava. Un muro alto, una torre...
Ma le sue mani lo respingevano.
Lui la afferr imprecando a bassa voce. Lei lo manda
sbattere contro la portiera.
- Stupida puttana!
Le venne di nuovo addosso, disgustoso, spietato. Lei
intravide la sua faccia: barba lunga, sguardo lascivo, odore di
alcool e di sporcizia. Raccolse tutte le sue forze e lo spinse
contro la maniglia della portiera che si apr facendolo cadere
in strada. Prima che lui fosse di nuovo in piedi, Ruth aveva
giavviato il motore. Mentre si allontanava, la luce dei
lampioni catturper un terribile istante l'immagine di un
uomo infuriato e sbalordito, che imprecava tra stirandosi su
pantaloni.
Guidalla cieca, tra i singhiozzi. Quando fu abbastanza
lontana, parcheggie rimase seduta al buio. Il muro aveva
iniziato a sgretolarsi, e quando si cominciava una cosa
bisognava andare avanti finchnon era conclusa. Buttgiil
cartello "Pericolo" che aveva eretto nella sua mente e fiss
fino in fondo il vuoto che aveva lasciato Allan. Se n'era
andato. Non sarebbe tornato mai pi Non avrebbe piudito
la sua risata, non lo avrebbe pivisto strizzare gli occhi, non
avrebbe piricevuto da lui quel secondo bacio che avrebbe
reso tutto diverso. Ma il mondo non era finito. C'erano altre
risate, e altri occhi, e c'era qualcosa di diverso. Doveva
esserci!
Ma prima di mettersi a cercarlo, c'era una cosa che
doveva fare. Assolutamente.
Torna casa, e notper la prima volta che le siepi erano
incolte e il prato giallastro. C'erano costante cose da fare, e
mai abbastanza tempo per farle. Entrin casa. Suo padre era
seduto nella sua poltrona in un angolo, come un mucchio di
stracci luridi. Sua madre le lanciuno sguardo ansioso. Pass
in mezzo a loro e si diresse verso la sua stanza. Una cosa che
doveva fare...
- Ruth! Che fai? Dove vuoi andare?
Le bastava una valigia. I mobili, le lampade, i libri non
avevano importanza. Che i morti seppellissero i morti. Le
bastava una valigia, e il domani.
- Perchfai i bagagli? Cos'successo? Cosa c'che non
va?
Nessuna risposta. Nessuna spiegazione. Nessuna
complicazione. Ruth chiuse la valigia e si avviverso la porta.
Erano l tutti e due. La donna e il vecchio. Sconcertati,
spaventati. Cercdi uscire senza dire nulla, ma le bloccarono
il passaggio.
- Me ne vado.
- Vai via? Per un viaggio? Per lavoro?
- Per sempre - disse Ruth.
- Ma perch Che cosa ho fatto?
Gli occhi della donna si riempirono di lacrime. Ruth non
sopportava le lacrime: cercdi passare, ma c'era suo padre in
mezzo.
- Chi ti credi di essere? - domand - Rispondi a tua
madre.
- Non c'risposta.
- Sta' attenta! Non sei cosmaledettamente furba come
credi. Non sei migliore di noi! Finirai male, come ho sempre
detto!
Non avrebbe dovuto dirlo mai, ma specialmente in quel
momento. Un vecchio disgustoso, sporco, con la barba lunga.
Lei lo guarde comincia tremare, poi tutto ricominci.. il
rimescolio, l'agitazione.
- Lasciami andare! - ansim
Lui cercdi farla rientrare nella stanza. La schiaffeggi e
il muro riprese a sgretolarsi. Ruth aveva la valigia in mano e
la fece roteare, scagliandola con tutta la forza che aveva. Lo
sentcadere, e finalmente quel volto ripugnante e malvagio
scomparve...
- Ruth, cos'hai fatto?
L'uomo era steso sul pavimento, immobile e sanguinante.
- Tuo padre! Hai colpito tuo padre!
Anna si inginocchipresso di lui e prese tra le braccia la
testa coperta di sangue.
- Otto! Otto, sei vivo? Liebchen...
Ruth li guard La donna singhiozzava a capo chino, e con
le braccia magre e forti lo stringeva al petto. La sua creatura.
La sua povera creatura preda della Gran Madre Lussuria,
quella sottile violenza da cui non c'salvezza tranne una...
E il muro continua sgretolarsi finchRuth non ruppe in
lunghi singhiozzi silenziosi. Quando si cominciava una cosa
bisognava concluderla in un modo o nell'altro. Lentamente, si
avvicina sua madre.

Il brusio delle voci nell'aula sceme tutti si alzarono
mentre il giudice si avvicinava allo scanno. Un uomo di
bell'aspetto, dignitoso, con le tempie brizzolate. Austero e
paterno. Si mise seduto, e tutti ripresero posto. Stava per
cominciare. Eccitante. Proprio come in un film.
Poi un uomo attraversl'aula e si china sussurrare
qualcosa all'orecchio del signor Jennings. L'avvocato parve
contento. Si voltverso Ruth.
- Buone notizie! - disse. - Suo padre ha ripreso
conoscenza. pronto a testimoniare che stato lui a colpirla
per primo, che lei ha reagito per legittima difesa.
Naturalmente, pensRuth. Qualcuno deve pur occuparsi
di lui.
- Ora lei ha buone possibilitdi venirne fuori
completamente. Non dovrebbe essere difficile provare che la
morte di sua madre stata accidentale. Tutti sanno quanto le
era affezionata.
Per un attimo Ruth sentuna breve fitta di panico, poi
recuperla calma e si lasciandare sullo schienale,
tranquilla. La giuria... solamente delle facce in uno specchio.
Non avrebbe mai permesso che la assolvessero. Nessuno
l'avrebbe fatta tornare in quella casa, ora che aveva preso la
sua decisione.

Clark Howard
Il trombettista
"Ellery Queen's Mystery Magazine", giugno 1982

Autore di un buon numero di romanzi di straordinario
successo, Howard ha scritto anche svariati libri pibrevi e
pipersonali fra i quali almeno uno, The Arm, ha dato
origine a un discreto film. Nonostante le sue doti di
romanziere, tuttavia, si puprevedere che le future
generazioni lo ricorderanno soprattutto per i suoi racconti.
Nella narrativa breve Howard sperimenta una varietdi
voci, tecniche e temi, ottenendo spesso risultati che anche gli
autori piletterari gli invidierebbero. Questo racconto uno
dei migliori.
E.G.

Quando Dix scese dall'autobus della Greyhound a New
Orleans, il vecchio Rainey lo stava aspettando vicino
all'entrata del terminal. Era proprio come se lo ricordava. Il
vecchio Rainey aveva sempre avuto l'aspetto di un vecchio da
quando Dix lo conosceva, ovvero da quand'era un ragazzino.
Aveva la pelle nera come cuoio da sella, qualche ciuffo di
capelli bianchi come il cotone, e le spalle tonde e curve.
Quando meditava si rosicchiava l'interno delle guance,
increspando le labbra e muovendole dentro e fuori, come se
stesse per dire qualcosa. Stava proprio facendo cosquando
Dix lo raggiunse.
- Salve, Rainey.
Rainey battle palpebre, sorpreso, poi il suo viso si
distese in un ampio sorriso mostrando i denti lucidi e
perfetti. - Bene! Bene, bene, bene. - Lo squadrda capo a
piedi. - Ti hanno dato loro questo vestito?
Dix annu - Ne danno uno a tutti quelli che fanno pidi
un anno. - Gli occhi di Dix, di un azzurro chiarissimo
prossimo al grigio, si indurirono quel tanto che basta
Rainey per notarlo. - E io ne ho fatto decisamente pid'uno
- aggiunse.
- vero - disse Rainey. Senza smettere di sorridere,
cambiargomento il piin fretta possibile. - Ti ho preso una
camera nel Quartiere. Ho pensato che volessi stare l
Dix alzle spalle. - Non ha piimportanza.
- Ne avr- replicRainey, con la sicurezza che gli
veniva dall'et - Ne avrquando sentirai di nuovo la
musica.
Dix non si mise a discutere. Era sicuro che tutto cinon
contasse niente. Nla musica, nil quartiere francese, niente
di niente. Solo una cosa gli importava.
- Dov'lei, Rainey? - domand - Dov'Madge?
- Non lo so con precisione - rispose l'altro.
Dix lo studiper un istante. Era certo che Rainey stesse
mentendo, ma non aveva importanza. Altri gliel'avrebbero
detto.
Uscirono dal terminal, il nero vecchio e curvo insieme al
bianco alto e indurito dal carcere, con le labbra serrate e una
sacca di tela con la zip contenente tutto ciche possedeva al
mondo. Era il tardo pomeriggio: il sole era quasi tramontato e
cominciava a diffondersi il fresco della sera. Mentre si
dirigevano verso il Quartiere, Dix adattil passo delle sue
lunghe gambe a quello del vecchio Rainey.
Lungo la strada Rainey lanciava ogni tanto un'occhiata a
Dix, masticando e rimuginando. Alla fine disse: - Hai mai
suonato mentre eri dentro?
Dix scosse il capo. - Non molto. Qualcosa il primo anno.
Suonavo solo con il bocchino. Dopo un po' ho lasciato
perdere. Fanno un altro tipo di musica laggi musica stomp.
Non il mio stile. - Dix si sforzdi sorridere al vecchio
Rainey. - Se mai dovessi uccidere qualcun altro, mi accerter
di essere da questa parte del confine della Louisiana.
Rainey si incup - Tu non hai mai ucciso nessuno -
disse bruscamente. - Sai che non sei stato tu. stata lei.
Dix smise di camminare e i due si fissarono l'un l'altro. -
Da quanto tempo mi conosci? - domand
- Da quando avevi otto mesi, lo sai benissimo.
Lavoravamo per tua nonna, io e mia sorella, per Miz Jessie
Du-Chatelier. Aveva la pibella casa del Quartiere. Facevamo
le pulizie, io e mia sorella, e cucinavamo per Miz Jessie. E ci
siamo occupati di te dopo che la tua povera mamma si prese
la tubercolosi e mor..
- In ogni modo, mi conosci da quando avevo meno di un
anno, e adesso ne ho quarantuno.
Rainey sbarrgli occhi. - Ma va' - disse, tornando a
sorridere. - Non vero. Figuriamoci.
- Quarantuno, Rainey. Sono stato via sedici anni. Ne
avevo venticinque, ricordi? E ne ho fatti sedici.
Un pensiero improvviso spense il sorriso sul volto di
Rainey. - Ma allora, se tu ne hai quarantuno, io quanti ne
ho?
- Duecento, forse. Non lo so. Dovresti averne settanta,
ottanta. Comunque, stammi a sentire. Da quando mi conosci,
ho mai permesso a qualcuno di ridere di me?
Rainey scosse la testa. - Mai. Assolutamente.
- Proprio cos E non ho intenzione di cominciare adesso.
Ma se si sparge la voce che ho fatto sedici anni per un
omicidio commesso da qualcun altro, farla figura del pi
grosso imbecille che abbia mai messo piede in questa citt
giusto?
- Immagino di s- ammise Rainey.
- Quindi non dire mai piche non sono stato io. C'una
sola persona al mondo che lo sa con certezza. E a lei ci
penserio. Capito?
Rainey continua mordicchiarsi l'interno delle guance
per un istante, poi domand - Cos'hai intenzione di fare con
lei?
Lo sguardo azzurro chiaro di Dix si indurdi nuovo. -
Quello che devo fare, Rainey - replic
Rainey scosse la testa lentamente. - Dio, Dio, Dio -
mormor

Quella sera il vecchio Rainey andal Tradition Hall, il
ristorante e locale di jazz del Quartiere, a trovare Gaston, il
proprietario. Gaston era un tipo curato ed elegante. Per lui il
tempo si era fermato al 1938. Portava ancora le ghette.
- Come sta? - domandGaston al vecchio Rainey.
- L'aspetto buono - rispose Rainey. - quel che dice
che non va. - Si protese verso il proprietario bianco del
locale. - Ha in mente di uccidere quella donna, com'vero
Dio.
Gaston si infilin bocca uno stuzzicadenti d'argento. -
Lui sa dov'
- Non credo - fece Rainey. - Non ancora.
- E tu lo sai?
- L'ultima volta che ne ho sentito parlare, stava in
Burgundy Street con un tossico.
Il mento accuratamente rasato e profumato di Gaston fece
un cenno d'assenso. - Esatto. Lui si chiama LeBeau.
giovane. Credo che la tenga con sperchsi prenda cura di
lui quando sta male. - Gaston si esaminle mani
perfettamente curate. - Si tenuto in esercizio?
Rainey scosse la testa. - Dice che non suona da un pezzo.
Ma un talento come lui in grado di recuperare in men che
non si dica.
- Pudarsi - disse Gaston.
- Ce la far- tenne duro Rainey.
- Ha una tromba?
- Macch L'ho visto mentre svuotava la borsa e non
c'era nessuna tromba. Cosgliel'ho chiesto. Ha detto che dopo
qualche anno che non suonava l'ha data via, a un cowboy del
Texas che era dentro con lui.
Gaston sospir - Avrebbe dovuto ammazzare quel tizio
da questa parte del confine. Se l'avesse ucciso in Louisiana, lo
avrebbero mandato ad Angola. Fanno del buon jazz ad
Angola. C'Eddie Lumm laggi Ti ricordi Eddie Lumm, il
clarinettista? Aveva imparato a suonare da Frank
Teschemacher e Jimmie Noone. Eddie ha ucciso la sua
vecchia, cosadesso suona ad Angola. Fanno del buon jazz ad
Angola.
Rainey non disse nulla. Non riusciva a capire se Gaston
credesse alla colpevolezza di Dix oppure no. A volte Gaston
faceva finta di non sapere una cosa solo per vedere se la
sapeva qualcun altro. Era in gamba, Gaston. Abbastanza in
gamba da aiutare Dix a tenersi fuori dai guai, se avesse
voluto. Ed era ciche Rainey sperava.
Gaston tamburellsilenziosamente le dita sul tavolo. -
Costu pensi che Dix possa recuperare senza problemi,
giusto?
- Giusto. Ce la far
- Ha intenzione di venire da me?
- Non so. Probabilmente vuole trovare quella donna,
innanzitutto. E dopo, potrebbe non essere piin grado di
venire da te.
- Bene, vedi se riesci a portarlo prima qui. Digli che ho
qualcosa da dargli. Qualcosa che ho tenuto da parte per lui.
Lo farai?
- Puoi scommetterci. - Rainey si alzdal tavolo. - Lo
farimmediatamente.

George Tennell era grosso, muscoloso e irascibile. Si
diceva che una volta avesse ucciso due uomini mandando a
cozzare le loro teste l'una contro l'altra con tale violenza da
farne schizzar fuori il cervello. Faceva il poliziotto da
trent'anni, prima nel quartiere negro, che era l'unico posto in
cui potesse lavorare ai vecchi tempi, e ora nel Vieux Carr il
Quartiere, dove aveva il compito di mantenere l'ordine il pi
possibile. Era senza famiglia, senza amicizie dichiarate. Il
Quartiere era la sua casa e il suo lavoro. L'unica cosa al
mondo che confessava di amare era il jazz.
Per questa ragione, ogni sera alle sette, cenava in un
piccolo tavolo d'angolo al Tradition Hall ascoltando la band
che accordava gli strumenti e si scaldava. Quasi tutte le sere,
Gaston si univa a lui sul tardi per un bicchierino. Quella sera
lo raggiunse prima di cena.
- Oggi tornato Dix - disse al poliziotto. - Ti ricordi di
Dix?
Tennell fece cenno di s - Il trombettista. Ha fatto fuori
un tale nella stanza di un motel proprio sul confine con il
Texas. A causa di una donna di nome Madge Noble.
- Proprio lui. Ma qualcuno in giro convinto che non sia
stato lui. Qualcuno crede sia stata lei, invece.
-Peccato che non abbia trovato dodici persone che la
pensavano cos per la giuria.
- Non c'stata giuria, George. Smettila di fare il furbo
con me. Ti ricordi benissimo com'andata, proprio come me.
Se c'qualcosa di cui non ti dimenticheresti mai, un buon
trombettista.
Tennell piegla mascella verso destra di mezzo
centimetro, facendo una smorfia. I componenti della band
stavano uscendo dalle quinte in quel momento, e si
aggiravano sul palco aprendo le custodie degli strumenti,
inserendo i bocchini, sistemando le sedie. Era un gruppo
composito: c'erano bianchi, neri e meticci; con barba e senza;
calvi e con capelli; svegli e svaniti. Nessuno di loro aveva
meno di cinquant'anni; il pianziano era il trombettista,
Luther Dodd, che ne aveva ottantasei. Come Louis Armstrong,
aveva imparato a suonare a fianco di Joe "King" Oliver, il
grande cornettista. Il suo modo di suonare la tromba nello
stile della Creole Jazz Band non aveva rivali a New Orleans.
Vedere approssimarsi il momento della sua morte era un vera
sofferenza per i puristi del jazz che frequentavano il Tradition
Hall.
Gaston segulo sguardo di George Tennell puntato su
Luther Dodd, mentre il musicista soffiava nella sua luccicante
tromba Balfour per liberarla dal tappo di saliva e faceva
scorrere sui tasti le dita fragili come bastoncini. Negli occhi
di Tennell, Gaston vedeva quell'espressione speciale di chi
nutriva un'autentica venerazione per il jazz tradizionale, di
chi lo sentiva vibrare nel profondo dell'animo proprio come
quei vecchi sul palco, ma non aveva mai imparato a suonare.
In quello sguardo si mescolavano amore e tristezza e gli anni
volati via. Era l'unico sguardo che riuscisse ad addolcire gli
occhi di Tennell.
- Sai da quanto tempo sto cercando un trombettista che
prenda il posto di Luther? - domandGaston. - Un anno
intero. Ne ho ascoltati almeno una ventina, di tutte le
provenienze. Non ce n'uno che sappia suonare il jazz
tradizionale. Non uno. - Accenncol mento a Luther Dodd.
- Le sue dita sono come legno vecchio, e anche il suo cuore.
Potrebbe andarsene ogni sera. E se morisse, dovrei chiudere.
Senza la tromba non si pufare musica creola, non si pu
suonare il jazz tradizionale. Senza tromba questo posto,
l'ultimo dei grandi templi del jazz, dovrlasciare il campo a...
- Gaston scrollle spalle scoraggiato - a qualcos'altro. Una
discoteca, immagino.
Un brivido corse giper la spina dorsale di George
Tennell, ma lui rimase impassibile: il corpo assolutamente
immobile, le mani inerti posate sulla tovaglia candida, gli
occhi fissi su Luther Dodd. Di colpo, la band attaccil primo
pezzo, Lafayette, in stile Kansas City alla maniera di Bennie
Motten. La musica sgorgcome zampilli d'acqua, ognuno
sovrapposto al precedente fino a creare un'armoniosa onda
sonora che inondla grande sala. Lo stile Kansas City era
cosritmato e ballabile che alcuni dei primi ospiti del
ristorante si lanciarono immediatamente sulla pista,
abbandonandosi alla musica.
Di solito a Tennell piaceva vedere la gente ballare mentre
mangiava; il movimento dei corpi dava risalto alla musica che
amava tanto, la musica che aveva sentito per la prima volta
dalla finestra dell'orfanotrofio per bambini di colore St.
Pierre, in Decatur Street, quand'era piccolo; la musica con la
quale era cresciuto e alla quale avrebbe dedicato una parte
della sua vita se non fosse stato coscompletamente privo di
talento, cosincapace da non saper neanche distinguere un
diesis da un bemolle. Ma stasera non prestava attenzione alle
coppie davanti al palco. Era tutto concentrato su Luther Dodd
e su come il vecchio trombettista prendeva fiato mentre
suonava. Vedeva chiaramente lo sforzo con cui Luther traeva
ogni respiro, la lotta che ingaggiava per ogni nota,
utilizzando ogni centimetro cubo della sua capacit
polmonare fin dove il suo vecchio corpo glielo permetteva.
Continua osservarlo mentre terminava di suonare
Lafayette, e fino a metdi Davenport Blues, poi guard
Gaston dall'altra parte del tavolo e annu
- D'accordo - disse semplicemente. - D'accordo.
Per la prima volta Tennell lasciil club senza cenare.

Mentre Dix andava verso il locale di Gaston in compagnia
del vecchio Rainey, quest'ultimo continuava a indicargli
luoghi che non aveva proprio dimenticato, ma a cui non aveva
pensato per molto tempo.
- Quella casa l- disse Rainey - quella in cui nato
Paul Mares nel lontano millenovecentouno. lui che formil
nucleo originale dei New Orleans Rhythm Kings. Visse solo
quarantotto anni, ma fu uno dei pigrandi trombettisti di
tutti i tempi.
Dix si ricordava, magari non della persona ma della casa,
e della storia della persona, e di quant'era bravo. Era
cresciuto con quelle storie, si era addormentato sentendole
narrare quando era un bambino, aveva vissuto le vite di
quegli uomini tante e tante volte, perchlui stesso aveva
imparato a suonare la tromba da Rozell "The Lip" Page
quando Page aveva gipidi sessant'anni e lui, Dix, solo
otto. Pitardi, quando Page mor furono Shepherd Norden e
Blue Johnny Meadows a occuparsi dell'istruzione di Dix,
alternandosi come insegnanti per seguire le loro rispettive
tourn. Con Page, Norden e Meadows nel suo curriculum,
non c'era da stupirsi che Dix sapesse suonare il jazz
tradizionale.
- Proprio lassin quella strada - disse Rainey mentre
camminavano - nacque Wingy Manone nel
millenovecentoquattro. Lo battezzarono Joseph, ma dopo
l'incidente tutti cominciarono a chiamarlo "Wingy", come un
uccello ferito a un'ala. Era finito sotto un tram e aveva perso
il braccio destro. Ma lui non era tipo da preoccuparsi per una
sciocchezza del genere, nossignore. Impara suonare la
tromba con la sinistra, e con una mano sola. Ed era bravo.
Dio, com'era bravo.
Percorsero Dauphin, Chartres e Royal Street. Intorno a
loro abitazioni in stile francese, inferriate, statue, viti
rampicanti e paludi, tutto ciche rendeva il Vieux Carrun
mondo a parte, un luogo fatto di immagini, suoni e odori
inafferrabili - bianco e nero, nuovo e vecchio - che nessun
turista in visita a New Orleans, nessuno spettatore del
Superdome, nessun osservatore casuale poteva percepire,
perchpercepirli voleva dire comprenderli, e per
comprendere il Quartiere non bastava venirci, bisognava
viverci.
- Tommy Ladnier viveva proprio l- disse Rainey - al
secondo piano. Ci andad abitare quando venne qui da
Mandeville, Lousiana, dov'era nato. Povero Tommy, ebbe una
vita breve, trentanove anni appena. Ma fu una buona vita.
Suoncon King Oliver e Fletcher Henderson e Sidney Bechet.
Sissignore, ha fatto proprio delle belle cose.
Quando furono abbastanza vicini al Tradition Hall da
sentire la musica, dapprima debole, poi piforte, nitida,
Rainey smise di parlare. Voleva che Dix la ascoltasse, che
sentisse quel suono che si spandeva per Pirate's Alley e il Caf
du Monde e Congo Square (si chiamava Beauregard Square
adesso, ma Rainey si rifiutava di accettare il nuovo nome).
D'istinto, Rainey capiva che era importante che la musica
penetrasse di nuovo dentro Dix, che gli riempisse il cervello,
gli stringesse il cuore, lo prendesse allo stomaco. C'erano
alcune cose di cui Dix doveva liberarsi, e Rainey era sicuro
che la musica avrebbe potuto aiutarlo. Una bella purga faceva
sempre bene.
Quando cominciarono a distinguere la melodia, Rainey si
rallegrche stessero suonando Sweet Georgia Brown. Era il
pezzo giusto per il ritorno a casa.
Proseguirono, ascoltando la musica, e dopo un po' Dix
domand - Chi c'alla tromba?
- Luther Dodd.
- Non sembra lui. Che gli successo?
Rainey fece un gesto rassegnato con la mano. -
vecchio. Sta per morire, temo.
Giunsero al locale ed entrarono. Gaston venne loro
incontro sorridendo. - Dix - disse, con gioia sincera -
bello rivederti. - Lo scrutcon una rapida occhiata. - Il
tempo stato generoso con te. Asciutto, curato, neanche un
capello grigio. E come va con lo strumento?
- Non va, signor Gaston - fece Dix. - Non suono da
anni.
- Ma purecuperare in fretta - suggerRainey. - Un
talento naturale come il suo!
- Non suono pi signor Gaston - disse Dix al padrone
del locale.
- un vero peccato - dichiarGaston. Accenncol capo
alle scale. - Venite con me. Voglio farvi vedere una cosa.
Dix e Rainey lo seguirono al piano superiore, nel suo
ufficio privato. Il mobilio della stanza era in armonia con
l'abbigliamento di Gaston: fuori moda, stile ruggenti anni
venti. C'era persino un grammofono Victrola a manovella, in
un angolo.
Gaston compose la combinazione di una grande cassaforte
tutta intarsiata e ne spalancla porta massiccia. Dal fondo
buio estrasse una malconcia custodia per tromba, una di
quelle vecchie con finiture d'ottone pesante sugli angoli e il
rivestimento, naturalmente, in autentico velluto anzichin
feltro. Gaston la depose delicatamente al centro della
scrivania, con cautela fece scattare le serrature e sollevil
coperchio. All'interno, proprio sul velluto, autentico velluto
color porpora, c'era una scintillante tromba d'argento,
decorata a mano. Dix e Rainey la guardarono con palese
soggezione.
- Sapete a chi apparteneva?
Dix e Rainey non risposero. Erano ipnotizzati dallo
strumento. Rainey non ne vedeva uno simile da
cinquant'anni. Dix non ne aveva mai visto uno simile; aveva
solo sentito raccontare delle magnifiche trombe che i
mezzosangue realizzavano con l'argento di contrabbando che
avevano tenuto ben nascosto dopo la Guerra Civile. Le riserve
d'argento non erano state consegnate come previsto
all'esercito federale in qualitdi contributo al risarcimento
bellico imposto alla citt di conseguenza i mezzosangue
erano stati molto cauti nell'utilizzarle durante l'occupazione
unionista. Cederle per il loro controvalore in denaro era fuori
discussione. Trasformarle in servizi di argenteria, candelieri,
bastoni da passeggio, o qualunque altro oggetto di uso
comune avrebbe potuto attirare l'attenzione di una spia
dell'Unione. Ma lasciarle giacere improduttive, pur essendo
in spisicuro, era inaccettabile per loro, che erano incapaci
di lasciar passare un solo giorno senza infrangere una legge
quale che fosse.
Cosutilizzarono l'argento per rivestire trombe, cornette
e tromboni a coulisse per i musicisti delle chiese che proprio
allora cominciavano a cimentarsi con l'antica musica tribale
Sammsamounn, musica che sposandosi con i canti di lavoro e
delle carceri e con i gospel sarebbe poi sfociata nei blues
tradizionali e infine nel jazz tradizionale, il Dixie.
- Guardate le iniziali - disse Gaston, indicando la parte
superiore del padiglione. Dix e Rainey osservarono
attentamente le tre iniziali incise sull'argento: BRB.
- Misericordia - mormorRainey. Dix mosse le labbra
per parlare, ma non si udalcun suono.
- Esatto - disse Gaston. - Blind Ray Blount. Il primo, il
migliore, l'unico. Nessuno ha mai riuscito a emulare i suoni
da lui creati. Quell'uomo produceva note mai sentite prima...
ndopo. Era il maestro.
- Amen - aggiunse Rainey. Accenncon il capo a Dix: -
Putoccarla?
- Prego - disse Gaston.
Con estrema delicatezza, come un pellegrino che tocca il
sacro velo della Mecca, Dix posla punta di tre dita sulla
tromba d'argento. In quel momento gli parve di avvertire
sullo strumento il tocco delle mani dello straordinario
trombettista cieco, l'uomo che aveva dato inizio alla grande
evoluzione del blues in quell'angolo della cittche pitardi
sarebbe stato chiamato Storyville.
- tua se la vuoi - disse Gaston. - Non devi far altro
che prenderla, andare gie suonare.
Dix si inumidle labbra secche. - Domani io...
- Non domani - disse Gaston. - Stasera. Adesso.
- Prendila, figliolo - disse Rainey incalzandolo.
Dix aggrottle sopracciglia, stringendo gli occhi come se
provasse un dolore fisico. Inghiott cercando di scacciare
un'immagine dalla mente, un immagine alla quale era rimasto
aggrappato per sedici anni. - Stasera non posso...
- Stasera o mai - disse Gaston, deciso.
- Per l'amor di Dio, ragazzo, prendila! - ripetRainey.
Ma Dix non poteva. L'immagine di Madge non glielo
permetteva.
Scosse violentemente la testa, come per allontanare dei
demoni, e si slancifuori dalla stanza.

Rainey gli corse dietro e lo raggiunse a un isolato dal
locale. - Non farlo - implor - Stammi a sentire. Sono un
vecchio e so che a nessuno importa niente di me, ma ti prego,
ragazzo, per favore, per favore, per favore non farlo. Non ti
ho mai chiesto niente in tutta la mia vita, ma ora ti chiedo
questo: per favore non farlo.
- Devo - disse Dix semplicemente. - Non che voglia;
devo farlo.
- Ma perch ragazzo, perch
- Perchci siamo fatti una promessa - rispose Dix. -
Quella notte, in quella stanza d'albergo nel Texas, l'uomo che
stava con Madge le aveva detto che voleva sposarla. Era da
molto tempo che glielo ripeteva. Ma quell'uomo era gi
sposato e continuava a rimandare il momento di lasciare sua
moglie. Alla fine Madge ne ebbe abbastanza. Mi chiese di
andare nella sua stanza durante l'intervallo. Sapevo che lo
faceva solo per ingelosirlo, ma non mi importava. Ero pazzo
di lei da costanto tempo che avrei fatto qualunque cosa mi
avesse chiesto, e lei lo sapeva.
"Cosdurante la pausa mi misi per strada e arrivai alla
sua stanza. Ma lui era gil Dalla finestra sentii che la
picchiava, ma la porta era chiusa e non potevo entrare. Poi
udii uno sparo, e ci fu silenzio. Un minuto dopo Madge aprla
porta e mi fece entrare. L'uomo era steso di traverso sul letto,
agonizzante. Madge comincia urlare, disse che l'avrebbero
messa in galera e che non avrebbe mai potuto sopportarlo.
Sarebbe impazzita e si sarebbe uccisa.
"Cosle chiesi se fosse disposta ad aspettarmi qualora mi
fossi dichiarato colpevole al posto suo. Lei me lo promise. E
io promisi che sarei tornato da lei. - Dix sospir - Ed
quello che sto facendo, Rainey: mantengo la mia promessa.
- E cosa succederse lei non ha mantenuto la sua? -
domandRainey.
- Mamma Rulat mi ha chiesto la stessa cosa questo
pomeriggio, quando le ho domandato dove fosse Madge. -
Mamma Rulat era un'indovina con un ottavo di sangue negro
che sapeva sempre che fine aveva fatto la gente del Quartiere.
- Cosa le hai risposto?
- Le ho detto che farquello che devo fare. Un uomo non
puagire diversamente, Rainey.
Dix sparin una buia strada trasversale. Rainey lo guard
andar via scuotendo il capo con l'angoscia di chi vecchio e
impotente.
- Oh Dio, Dio, Dio...

La casa in Burgundy Street era stata un tempo una
maestosa residenza con trenta stanze e un cortile piastrellato
alla francese in mezzo al quale sorgeva una fontana di
marmo. Aveva visto passare nobili e aristocratici e grandi
generali con eleganti e raffinate signore al braccio. Ora le
trenta stanze venivano affittate singolarmente, con fornellini
a piastra per cucinarsi i pasti, e le uniche donne che
attraversavano il cortile erano le signore della notte di New
Orleans.
Quando Dix giunse sul posto, una luce rossa lampeggiava
sul tetto di una macchina della polizia e alcuni poliziotti in
uniforme bloccavano il cancello che dava sul cortile. Una
piccola folla di curiosi commentava l'accaduto.
- Un tossico che si chiamava LeBeau - diceva qualcuno.
- L'hanno ammazzato.
- L'ho sentito - proclamava un vecchio. - Ho sentito lo
sparo.
- lche successo, quella finestra lass..
Dix alzgli occhi, ma in quel momento un'altra voce
disse: - Lo stanno portando fuori adesso!
Due addetti dell'obitorio spinsero una lettiga coperta da
un lenzuolo attraverso il cortile e la caricarono in un furgone
nero privo di finestre. Alcuni poliziotti, guidati dal massiccio
George Tennell, condussero fuori una donna e la scortarono
fino all'auto con la luce rossa lampeggiante. Dix lanciuno
sguardo furtivo, cercando di metterla a fuoco nella luce
incerta del cortile. Aggrottla fronte: la madre di Madge,
pens tornando col pensiero a due decenni prima. Cosa
c'entra la madre di Madge con tutto questo?
Poi ricord La madre di Madge era morta, cinque anni
prima che lui andasse in galera.
E allora chi...
Madge?
S era lei. Era Madge. Invecchiata, come lui. Non era pi
una ragazza, coscome lui non era piun ragazzo. Per un
attimo fece fatica a collegare la donna nel cortile al suo
ricordo. Ma era Madge, senza dubbio.
Dix tentdi farsi strada, di oltrepassare il cancello ed
entrare nel cortile, ma due poliziotti lo trattennero. George
Tennell notil trambusto e si avvicin
- Quella donna in arresto, signore - disse a Dix. - In
questo momento nessuno puparlare con lei tranne un
avvocato.
- Ma cos'ha fatto?
- Ha ucciso il suo uomo - rispose Tennell. - Gli ha
sparato con questa.
Mostra Dix una Derringer a due colpi con due canne e
l'impugnatura di madreperla.
- Il suo uomo?
Tennell annu - Uno giovane. Venticinque anni pio
meno. I vicini dicono che aveva un debole per i tipi giovani.
Certe donne sono fatte cos
- Chi dice che stata lei?
- Io. Ero nell'edificio in quel momento, per altre ragioni.
Ho sentito lo sparo. In effetti sono stato il primo ad arrivare
presso il cadavere. Pochi minuti dopo entrata lei, facendo
finta di niente. Un bella interpretazione, non c'che dire,
sembrava non sapesse nulla di quanto era successo. Ma ho
trovato io stesso l'arma nella sua borsetta.
Nel frattempo gli altri agenti avevano fatto entrare Madge
Noble nell'auto della polizia e stavano aspettando Tennell.
L'uomo infilla Derringer nella tasca della giacca e si sistem
i pantaloni. Protese la mascella prominente e fissDix con
sguardo penetrante.
- Se una sua amica, non si aspetti che torni in
circolazione molto presto. Stardentro per un bel pezzo.
Tennell se ne and e Dix rimase immobile fuori dal
cancello a guardare finchl'auto della polizia non uscin
strada. Cercdi scorgere Madge mentre passava, ma il sedile
posteriore dove l'avevano fatta sedere non era abbastanza
illuminato. Appena l'auto si fu allontanata, anche la folla che
si era radunata comincia disperdersi.
Pochi istanti, e Dix rimase solo.

A mezzanotte George Tennell era di nuovo seduto al
solito tavolo del Tradition Hall a consumare la cena che aveva
saltato in precedenza. Gaston lo raggiunse. Per qualche
minuto rimasero seduti in silenzio a guardare Dix sul palco
dell'orchestra. Suonava la tromba d'argento che un tempo era
appartenuta a Blind Ray Blount, seduto accanto al vecchio
Luther Dodd, inserendosi ogni volta che poteva mentre la
band suonava Tailspin Blues, Tank Town Bump, ed
Everybody Loves My Baby.
- Presto tornerin perfetta forma, a quanto sembra -
osservTennell.
- Certo - disse Gaston. - un talento naturale. Rozell
Page stato il suo primo maestro, lo sai?
- No, non lo sapevo.
- Proprio cos - Gaston si risistemil colletto rigido e
giocherellcon la spilla di diamanti che portava alla cravatta.
- E quella donna? - domand
Tennell alzle spalle. - Le daranno vent'anni.
Probabilmente ne fardieci o undici.
Gaston riflettper un attimo, poi disse: - Dovrebbe
bastare. Dopo dieci o undici anni lui non penserpia
nient'altro che alla musica, non credi?
- Non ci vorrtutto quel tempo - pronosticTennell. -
Non per lui.
Sul palco gli uomini che suonavano il dixie attaccarono
Just a Closer Walk with Thee.
Seduto sul pavimento cosparso di segatura dietro
all'orchestra, il vecchio Rainey ascoltava, gli occhi pieni di
lacrime di felicit

Richard Matheson
Fiamma frigida
"Justice", 1953

Sia Stephen King che Dean Koontz hanno
spontaneamente riconosciuto il loro debito nei confronti del
maestro della suspence Richard Matheson. Autore di
acclamati film per la TV come Duel e The Night Stalker, e di
classici romanzi horror quali Tre millimetri al giorno, Io
sono leggenda e La casa d'inferno, Matheson anche un
brillante scrittore di racconti. Quello che presentiamo qui
un suo racconto lungo, una versione ridotta del suo
capolavoro Someone is Bleeding. difficile dare un'idea del
rispetto e dell'ammirazione che Matheson suscita nei suoi
colleghi. davvero uno dei migliori scrittori del secolo.
E. G.

Era una giornata piuttosto fredda, per quel che ricordo. Il
cielo un po' minaccioso, le staccionate grigiastre nascoste
dalla nebbia. Suppongo fosse questa la ragione per cui la
spiaggia non era troppo affollata. E poi era un giorno feriale e
la scuola non era ancora finita. Giugno. Mettete insieme tutti
questi elementi e che cosa ottenete?
Un lungo tratto di spiaggia con solo lei e me.
Stavo leggendo. Ma mi annoiavo, cosposai il libro e mi
misi seduto, con le braccia intorno alle ginocchia,
guardandomi attorno.
Lei indossava un costume intero. Il fisico era sottile, ma
armonioso. Doveva essere alta circa un metro e
sessantacinque. Guardava assorta le onde, e la brezza le
agitava leggermente i capelli biondi tagliati corti.
- Scusa, puoi... - dissi.
Lei non si volte continua fissare la mutevole distesa
azzurra dell'oceano. Le detti un'altra occhiata. Proprio niente
male. Un fisico da modella. Di quelle che si vedono su
Mademoiselle.
- Sai che ore sono? - domandai.
A quel punto si gir
Gli occhi. Fu quella la mia prima impressione. Gli occhi
pigrandi e castani che avessi mai visto, grandi, enormi
occhi che parevano in cerca di qualcosa. Uno sguardo aperto,
sfacciato, che comunicava una sfacciata curiosit Ma nessun
sorriso. Nessuna espressione. Avete presente un bambino che
vi guarda dal sedile di fronte sull'autobus?
Proprio lo stesso sguardo.
Alzil braccio e guardl'orologio. - Una e mezzo -
disse.
- Grazie - risposi.
Si volt I suoi occhi tornarono a fissare il mare. Mi sentii
a disagio per quell'approccio inconcludente.
Mi appoggiai ai gomiti e la osservai di profilo. Naso
leggermente all'ins Bocca adorabile. E quegli occhi.
Per un po' cercai di attirare di nuovo la sua attenzione,
poi rinunciai. Non ero molto bravo a rimorchiare. Mi alzai
lentamente e mi incamminai verso l'acqua. Sentii che lei mi
seguiva con lo sguardo.
Non mi produssi in un tuffo da atleta. Temporeggiai,
avanzai piano piano, rabbrividii. Meditai per un attimo se
lasciar perdere.
Poi con un fremito mi immersi nell'acqua e nuotai per un
breve tratto. Il calore del corpo rese piintensa la sensazione
di freddo, il sangue comincia circolare piin fretta.
Mentre facevo il morto guardando il cielo, mi domandai
se fosse il caso di parlarle. Se ne valesse la pena.
Poi, quando tornai indietro gocciolante, lei mi chiese se
l'acqua era fredda.
Presi la palla al balzo.
- Abbastanza - dissi. - Ti do dieci dollari se fai il
bagno.
Scosse la testa sorridendo.
- Io no - rispose.
Mi asciugai.
- Fa freddo da queste parti? - le chiesi. Due chiacchiere
sul tempo, pensai. Sono sempre un'ottima risorsa.
- Fa freddo di notte - disse lei.
I suoi occhi indugiarono di nuovo su di me. Mi sentii un
po' inquieto. Erano davvero in cerca di qualcosa.
Mi spostai un po' pivicino al suo asciugamano.
- Be', io sono appena arrivato da New York per cercare
un po' di caldo.
- Oh - disse lei - fa freddo laggi
Due chiacchiere sul tempo. Giusto per rompere il
ghiaccio. Pian piano scivolammo su altri argomenti.
California. New York. Persone. Macchine. Cani. Bambini.
- Ti piace la buona musica?
- Cosa intendi per buona musica?
- La musica classica.
- Certo - dissi io - la adoro.
Lo sguardo si fece piintenso. Era quello che stava
cercando?
- Accipicchia - fece.
Si sedette cingendo le ginocchia con le braccia. I raggi di
sole che filtravano dalle nubi le sfioravano le spalle bianche.
Non puavere pidi diciassette anni, pensai.
Sorrisi. - Perch"accipicchia"?
- Perchagli uomini non piace mai la buona musica -
rispose. - Mio...
Si interruppe. Abbasslo sguardo.
- Com'l'Hollywood Bowl? - le domandai, per non far
cadere la conversazione.
Lei rialzgli occhi, scuotendo la testa.
- Non lo so - disse - permi piacerebbe tanto andarci.
Troppo facile, pensai. Dove sono andate a finire
l'incertezza, la timida ritrosia, le schermaglie psicologiche tra
un uomo e una donna? La malizia?
Non c'era malizia in Peggy.
Era cosche si chiamava.
- E tu? - domand
- David - risposi. - David Newton.
Coschiacchierammo. Sto cercando di ricordare le frasi
significative che disse. Ne affiorava qualcuna di tanto in
tanto, mescolata a informazioni convenzionali su sua madre -
morta - su suo padre - un marinaio in pensione - sulla sua
professione - nessuna - e sulla sua anima, ovviamente
sperduta da qualche parte.
Notil mio libro e mi chiese cosa fosse. Glielo dissi e ci
mettemmo a discutere di romanzi storici.
- Sono sconci - disse lei - parlano solo di sesso.
Un lampo nei suoi occhi. Un irrigidimento. Le domandai
perchli leggeva, se la disgustavano.
- Voglio trovarne uno buono - rispose.
- Io ne sto scrivendo uno.
Una mossa scontata. Un tentativo di far colpo sulla
ragazzina. Sono uno scrittore, che te ne pare, mia cara?
Lei non raccolse.
Continuammo a divagare, parlando della nostra famiglia,
delle nostre esperienze, della scuola e di altre cose. Le dissi
che mi ero diplomato tre anni prima alla Scuola di
Giornalismo dell'Universitdel Missouri. Lei mi raccontdei
molti posti in cui era stata con la madre, il padre e il fratello;
poi la madre era morta e lei e suo fratello Phillip non erano
pistati in grado di seguire il vecchio da una base navale
all'altra. Coserano rimasti a San Francisco con un'amica
della madre.
- Lei era una brava donna - disse Peggy. - Ma suo
marito...
- Che tipo era?
- Era un porco - esclam
Un'osservazione significativa. Non per me, a quel tempo.
Ma pitardi capii.
In quel momento, tuttavia, la ascoltavo distrattamente.
Ero troppo occupato a contemplare il suo viso quasi infantile.
I capelli, pettinati con la scriminatura a destra, che
formavano un ciuffo biondo e fanciullesco sul lato sinistro
della fronte. Le labbra piene, di un rosso delicato. E quegli
occhi.
Come poteva un volto simile generare dei sospetti? Non li
gener infatti. Purtroppo.
Eravamo nel bel mezzo di una discussione sulla musica
jazz quando lei si alz
- Devo andare - disse.
Trasalii. Mi ero quasi dimenticato che ci eravamo appena
conosciuti.
Lei comincia infilarsi i jeans e la camicetta.
- Bene, anch'io devo tornare al mio romanzo - affermai,
mentre mi alzavo. Era il secondo tentativo.
- Oh, quello - fece lei, con lo sguardo accigliato.
- No, non il romanzo che sto leggendo, quello che sto
scrivendo - specificai, abbandonando ogni sottigliezza.
Ci avviammo, trascinando i piedi sulla sabbia tiepida.
- Accipicchia - fece lei - ami la buona musica e scrivi.
Scosse la testa. Sembrava perplessa.
- cosstrano? - domandai.
- Gli uomini non sono abbastanza sensibili per fare cose
del genere.
Arrivammo all'angolo con Arizona Avenue e lei fece per
andar via. Tergiversai, chiedendole il numero di telefono;
anche lei tergiverse infine me lo diede, con palese
riluttanza. Lo memorizzai.
Ci salutammo e io rimasi a guardarla mentre si avviava
verso Santa Monica Boulevard. Si muoveva con una grazia
spontanea, rilassata.
Distolsi lo sguardo. Andai a casa e mi misi a lavorare sul
libro con rinnovato vigore.
Quel pomeriggio mandai una cartolina a un amico di New
York. Ho conosciuto una bella ragazza, c'era scritto. Fortuna
che non sei qui.
Quella sera stessa mi venne in mente una cosa. Mi ero
dimenticato di scrivere il suo numero di telefono, e ormai mi
era passato di mente.

Andai alla spiaggia tutti i giorni per una settimana, ma
non vidi traccia di Peggy Ann.
Per tre giorni lasciai perdere e mi dedicai a scrivere. Il
quarto giorno mi alzai tardi, non ebbi la forza d'animo di
sedermi alla macchina da scrivere e finii per indossare il
costume da bagno e andare in spiaggia.
Mentre ero l mi capitdi alzare lo sguardo e la vidi
camminare sulla sabbia. Il cuore comincia battermi pi
forte. Mi resi conto che la stavo aspettando. Ancora una volta.
Lei non mi vide. Era seduta sul suo asciugamano a
spalmarsi la crema protettiva sulle gambe quando la
raggiunsi, portandomi dietro l'asciugamano e i vestiti.
- Ciao - dissi.
- Ciao, Davie - rispose lei.
Provai una strana sensazione. Nessuno, tranne mia
madre, mi aveva mai chiamato in quel modo. Davie. Mi faceva
un certo effetto.
- Volevo telefonarti, ma ho dimenticato il tuo numero e
il tuo nome non sull'elenco.
- Oh - fece lei. - No, vivo con una famiglia, marito e
moglie, e il telefono a loro nome.
Sembrava un po' sfuggente quel giorno. Evitava il mio
sguardo, tenendo gli occhi fissi sulla sabbia. Poi, quando
tentsenza successo di spalmarsi la crema sulla schiena, mi
offrii di aiutarla.
Rimase seduta, rigida, mentre le frizionavo la schiena
intiepidita dal sole. Notai che continuava a mordicchiarsi il
labbro inferiore, nervosamente.
- Io... - esorda un certo punto, poi si interruppe.
Rimase in silenzio e alla fine trasse un profondo respiro.
- Io devo dirti una cosa.
Provai un leggero brivido.
Sembrava cosseria.
- Continua - le dissi.
- Sono divorziata - dichiar
Rimasi in attesa.
- E allora? - dissi infine.
- Tutto qui - rispose. - Io... io credevo soltanto che
magari sapendolo non avresti pivoluto uscire con me... io...
- Perchno?
Stava per dire qualcosa, poi scrollle spalle con aria
smarrita.
- Non so - rispose. - Credevo.
Sembrava cosgiovane, cosintimorita.
- Non essere sciocca, Peggy - dissi, con calma.
Lei si volt sorpresa.
- Come mi hai chiamato?
- Peggy. il tuo nome, no?
- S ma... - Mi sorrise. - Non pensavo che te ne saresti
ricordato. - Scosse la testa incredula. - Sono davvero
sorpresa.
Era una delle caratteristiche di Peggy. Gioiva delle cose
piinsignificanti. Come quando le portai un cono gelato, pi
tardi nella mattinata.
Avrebbe potuto essere un anello di diamanti.
Peggy viveva nella Ventiseiesima Strada, dalle parti di
Wilshire.
Era sabato sera e stavo camminando lungo il tranquillo
isolato fiancheggiato dagli alberi cercando la sua abitazione.
Era il nostro primo appuntamento.
Trovai due cose davanti a casa sua. Una vecchia Dodge e
un uomo che innaffiava il prato. L'auto era un modello del
1940. L'uomo era un modello del 1910, piccolo e tozzo, con il
volto pallido e un paio di calzoni corti sbrindellati addosso.
- Peggy Lister abita qui? - gli domandai.
Mi fisscon i suoi occhi azzurri acquosi, la faccia
totalmente inespressiva. Teneva la pompa in mano,
distrattamente. Mosse leggermente il capo.
- Abita qui - disse.
Mi sentii il suo sguardo addosso mentre aspettavo sulla
soglia. Poi Peggy aprla porta.
Con i tacchi era pialta, almeno uno e settantacinque,
credo. Indossava gonna e maglietta e una giacca sportiva
marrone. Le scarpe erano bianche e marroni, perfettamente
lucidate. I capelli erano pettinati e acconciati con cura. Aveva
un aspetto magnifico.
- Ciao, Davie - disse. - Accomodati.
Entrai. I grandi occhi bruni mi studiarono.
- Stai molto bene, Davie.
- Tu sei fantastica.
Eccola di nuovo. La sorpresa. Quel sorriso un po'
enigmatico che pareva dire: "oh, mi stai prendendo in giro".
Proprio in quel momento una donna anziana uscda una
stanza adiacente.
- Signora Grady, le presento David Newton - disse
Peggy.
Sorrisi educatamente, salutai. Notai che la signora Grady
era una di quelle donne sfortunate la cui bruttezza va
aumentando con l'et
- Uscite? - domandla signora Grady.
- Andiamo a fare due chiacchiere - rispose Peggy.
La signora Grady annu Poi si affaccialla finestra e
grid - La cena pronta, Albert.
Lo incrociammo mentre uscivamo. L'uomo mi lanci
un'occhiata rancorosa. Poi ne lanciuna a lei, un'occhiata che
mi fece sussultare. Perchesprimeva quasi un senso di
possesso. Mi diede una strana sensazione.
- Chi quel tizio, a proposito? - le domandai mentre ci
incamminavamo.
- Il signor Grady.
- Ti ha guardato in un modo...
- Lo so.
Di nuovo quell'espressione sul suo viso. Difficile da
definire. Disgusto, soprattutto. Ma anche qualcos'altro. Non
ne ero sicuro, ma mi sembrche fosse paura. La paura di un
bambino che si imbattuto in qualcosa che non capisce bene,
ma da cui si ritrae istintivamente.
Decisi di cambiare argomento.
- Dove ti piacerebbe andare?
- Fa lo stesso- disse lei, illuminandosi. - E a te?
- Un film? - suggerii, senza pensarci.
- Be'...
- Ma cosa sto dicendo? Non voglio andare al cinema.
Voglio parlare con te.
Lei mi sorrise.
- Mi va di parlare, Davie.
Scendemmo giper Wilshire Boulevard fino al Red Coach
Inn, dove ci fermammo a bere qualcosa. Un posticino
delizioso, intimo, con i separe un uomo che improvvisava
all'armonium.
Ordinammo due Tom Collins, lei con vodka. Poi Peggy si
voltverso di me e disse, in tono disinvolto: - Devo
confessarti che sono follemente innamorata di te.
La presi per una battuta, naturalmente.
- Splendido - dissi. - Magnifico.
Ma lei non sorrideva. La cosa mi turbleggermente. A
volte non si capiva bene cosa intendesse Peggy.
Bevemmo. Il posto era tranquillo.
- Ti va di venire a una festa con me? - disse lei
casualmente, o almeno cosmi sembr
- Be'... certo - risposi.
- Bene - fece lei.
- E dove?
- A casa del mio avvocato.
- Tu hai un avvocato?
- Si occupato del mio divorzio.
Annuii e le domandai dove abitasse. - A Malibu -
rispose.
- Come ci si arriva? Ho intenzione di procurarmi
un'auto, ma per adesso non ce l'ho.
- Ci faremo dare un passaggio - disse lei, con sicurezza.
Poi la sicurezza venne meno. Si mise a giocherellare col
bicchiere, nervosamente.
- Davie - disse.
- Che c'
- Vuoi... vuoi farmi una promessa? - Esitai, poi le chiesi
di cosa si trattasse.
- Be', io...
Sembrava irritata dal suo stesso imbarazzo. - Queste
feste sono cos..
Si interruppe di nuovo, poi prosegu - Tu sei un
gentiluomo.
- Davvero?
- Voglio dire che... tu sai come sono queste feste. Ci sono
attori e attrici e... be', di solito si ubriacano tutti quanti e gli
uomini cominciano a...
- Vuoi che prometta di non toccarti?
- S
Non mi andava di farlo. Era deliziosa in quel momento, in
quella luce soffusa. Ma annuii. - D'accordo.
Lei sorrise, riconoscente.
Dopo qualche drink prendemmo di nuovo Wilshire
Boulevard in direzione dell'oceano.
- Come vorrei avere una macchina - dissi.
- Non ha importanza - fece lei.
Camminammo e chiacchierammo. Peggy mi raccontdi
sua madre. Era morta quando lei aveva dodici anni.
- Dimmi del tuo matrimonio - le domandai a un certo
punto.
- Non c'niente da dire - rispose lei, e fu tutto quello
che riuscii a tirarle fuori.

Quando passammo davanti al monolocale in cui abitavo,
le chiesi se aveva voglia di entrare e leggere qualcuno dei
racconti che avevo pubblicato. Strano, non suonava disonesto
con Peggy. Con qualsiasi altra ragazza avrebbe avuto un
significato ovvio, ma con Peggy non riuscivo neanche a
immaginare di comportarmi in modo scorretto. Aveva
troppa... come potrei dire? Classe, immagino che la si possa
definire cos
Peggy si sedette sul letto a leggere i miei racconti. Io mi
piazzai su una sedia all'estremitopposta della stanza, vicino
alla scrivania, e la osservai. Lei distese le gambe perfette,
sistemandosi la sottoveste e la gonna. Poi si tolse la giacca e
appoggile spalle alla parete leggendo, mentre i suoi grandi
occhi bruni si animavano scorrendo le mie parole. Era l con
me.
Alzlo sguardo dopo aver letto il primo.
- Santo cielo - disse, intimidita. - Non avevo idea.
- Di cosa? - domandai.
- Di quanto tu fossi... profondo.
Ridacchiai, imbarazzato. - Ho scritto di meglio.
Lei scosse il capo, impressionata. - Sei cossensibile -
afferm - Gli uomini non sono sensibili, ma tu s
- Certi uomini lo sono, Peggy.
- No - ribadlei, convinta. - Sono dei porci. Per loro
conta solo la bellezza.
Stava parlando del suo matrimonio? Perchquello
sguardo di amara condanna su un viso cosdolce?
Mi limitai ad alzare le spalle, sentendomi un po'
disarmato di fronte alla sua totale e inquietante sicurezza.
- Non so, Peggy. - Avrei fatto meglio a tacere.
- Io s- disse lei.
Era stata ferita, non poteva nasconderlo. Io non volevo
rovinare la serata, e cercai di lasciar cadere l'argomento.
Ma Peggy non aveva finito.
- L'ho visto accadere tante volte - prosegu - Mio zio
abbandonmia zia con tre figli da mantenere. Il marito della
donna da cui stavamo io e mio fratello era un alcolizzato.
Quasi ogni sabato e domenica sera, quando eravamo a letto,
Phillip e io lo sentivamo picchiare sua moglie.
- Peggy, questi sono solo due esempi. Nella mia famiglia
ti posso citare quattro casi di matrimoni felici.
Scosse la testa e andavanti a leggere, con il volto teso.
Io rimasi a guardarla addolorato, chiedendomi se potessi fare
qualcosa per alleviare la terribile tensione che aveva dentro.
La notte svan come per magia, e di colpo mi resi conto
che stavamo tornando a Wilshire. Era una notte dolce, piena
di stelle. La strada era buia e silenziosa. Mentre
camminavamo Peggy mi prese per un braccio.
- Tu mi piaci sul serio - disse. - Parli la mia stessa
lingua.
Chiacchierammo di varie cose. Niente d'importante.
- Dovrei trovarmi un lavoro - osservlei, un po'
mortificata. - Non molto dignitoso mantenersi con... gli
alimenti. Ma... - continu guardandomi con aria quasi
supplichevole - non so fare niente, e sono terrorizzata
all'idea di lavorare in un negozietto da quattro soldi, o
qualcosa del genere. L'ho fatto quand'ero sposata. ..
terribile.
Le diedi un colpetto affettuoso sulla mano.
Passun po' di tempo. - Dove vive tuo marito, Peggy?
- Dobbiamo... proprio parlarne, Davie? Ti prego.
- Scusa - dissi io.
Passammo accanto al piccolo parco tra la
Ventiquattresima e la Venticinquesima Strada e lei mi
domand - Ti va di sederti nel parco per un po'?
- Certo - risposi.
Cosci sedemmo sull'erba a guardare lo specchio del
laghetto e il disco della luna che galleggiava sulla superficie
dell'acqua, ascoltando una ranocchia dalla voce grave che
intonava la sua canzone senza chiedere nulla in cambio.
Non parlavamo. La sentivo respirare. Mi voltai verso di
lei e vidi che osservava il laghetto con aria pensosa. Le cercai
la mano sull'erba e la coprii con la mia. E con naturalezza,
senza forzare, mi ritrovai con la testa appoggiata alla sua.
Aveva la guancia soda, morbida, e la sua acqua di colonia
emanava una fragranza deliziosa, delicata.
E allora, in un attimo, con semplicit la baciai sulla
nuca. A lungo.
Lei non si mosse. Ebbe un fremito. Non mi respinse, ma
le sue dita si contrassero, strappando un po' d'erba. Mi
domandai quale espressione celasse il suo volto chino.
Allontanai le labbra. Lei rimase con il fiato sospeso, poi
respir
- Caspita - disse.
Scoppiai a ridere, credo. Di tutte le reazioni possibili, era
quella che meno mi aspettavo.
Peggy parve ferita, poi offesa. Le chiesi subito scusa.
- Mi sembrato un commento cosstrano in quel
momento - spiegai.
- Oh - disse lei sorridendo, un po' imbarazzata. -
Nessuno mi ha mai baciato in quel modo.
La guardai interdetto. - Come? Nessuno?
Scosse la testa.
- Ma... tuo marito?
Strinse le labbra. - No - rispose. Rabbrivide strinse i
pugni. - No - ripet
- Mi dispiace - dissi.
Lei scosse di nuovo il capo. - Non colpa tua. solo che
tu non... non ti rendi conto... di com'stato.
La cinsi con un braccio.
- Peggy - sussurrai.
Quando fummo davanti a casa sua la presi tra le braccia e
la baciai. Le sue labbra calde risposero alle mie.
Tre volte feci per andarmene. Ogni volta mi giravo a
guardarla e la vedevo ferma accanto allo steccato che si
stagliava bianchissimo alla luce della luna. E lei mi seguiva
con lo sguardo, con l'espressione spaventata e derelitta di un
bimbo che vede allontanarsi i suoi genitori.
Costornavo indietro. La abbracciavo. La sentivo premere
il viso sulla mia spalla, sussurrando: - Davie, Davie.
Mentre mi allontanavo per la terza volta incrociai la
grossa auto. Non la notai. Almeno non pidi quanto avrei
notato qualunque auto mi fosse passata accanto in una strada
buia a un'ora costarda. Ci eravamo fermati a parlare ben
oltre la mezzanotte.
Ma giunto in Wilshire Boulevard mi fermai e tornai
indietro.
E trovai l'auto parcheggiata di fronte a casa sua. Proprio
dietro la vecchia Dodge di Albert. Vidi un uomo al posto di
guida, con un cappello da autista. Era chino in avanti e
guardava dal parabrezza.
C'era un altro uomo alla porta. Indossava un soprabito
leggero e un elegante cappello a tesa rigida.
Oh mio Dio, pensai in un primo momento, suo marito
ed un milionario. E mi sentii venir meno.
Poi la vidi apparire sulla soglia e di colpo capii che non
potevo andar via, che dovevo sapere chi fosse quell'uomo.
Oltrepassai la Cadillac, un macchinone nero e lucido, per dare
un'occhiata alla stanza di Peggy dalla finestra che si
affacciava sulla strada. Ma le tende erano tirate. Risalii il
vialetto e raggiunsi la finestra sul lato della casa. Rimasi lal
buio, con il fiato sospeso. La finestra era aperta, e sentii la
voce di Peggy.
- Non dovresti venire qui in questo modo - stava
dicendo - a quest'ora della notte. Che dirla padrona di
casa?
- Lascia perdere - rispose l'uomo. - Stavo parlando di
un'altra questione.
- Ho detto di no, e parlo sul serio.
Un attimo di silenzio. Poi di nuovo la voce maschile.
- E quello nuovo chi
Lei non rispose. Corrugai la fronte. La voce di quell'uomo
mi era familiare.
- Un povero scemo che... - continu
- Oh, lasciami in pace, d'accordo? - lo interruppe lei.
- Peggy.
La voce si era fatta bassa e minacciosa. - Stai mettendo a
dura prova la mia pazienza. Persino io ho un limite. Persino
io, Peggy.
Sentii il fruscio della gonna di Peggy, poi un lungo
silenzio. Tesi l'orecchio. Cercai di spiare dietro la tenda. Non
vidi nsentii nulla. Provai a immaginare. Sono piuttosto
bravo in questo.
- Jim - disse lei. - Jim... no!
Un altro collegamento. Non del tutto certo. La voce. Il
nome.
Sentii sbattere la porta sul retro e tornai sui miei passi.
Quando fui sul marciapiede vidi una sagoma scura risalire il
vialetto. Albert. Riconobbi la sua fisionomia. Non sapevo se
fosse uscito a prendere una boccata d'aria o se anche lui
avesse intenzione di ascoltare dalla finestra.
Non mi interessava.
Ne avevo abbastanza. Mi lasciai alle spalle la Cadillac
nera e tornai rapidamente verso Wilshire Boulevard.
Continuavo a immaginarla nelle braccia di quell'uomo che la
baciava, pochi minuti dopo di me. E lei che lo baciava, come
aveva fatto con me. Peggy, cosfresca, cosradiosa. Peggy la
traditrice.
Addio, Peggy Ann.

Qualcuno grattava alla zanzariera della mia porta.
Mi sollevai su un gomito e la vidi che spiava dalla
finestra. Quando bussebbi un attimo di esitazione, poi mi
rilassai.
- Entra - dissi.
Aveva il costume e un telo da bagno in una mano, e un
sacchetto di carta macchiato di unto nell'altra.
Le lanciai un'occhiata pungente.
- Ho portato le ciambelle per la colazione - disse.
Ancora nessuna risposta da parte mia. Peggy colse il mio
sguardo. Era sempre molto rapida nell'individuare l'attimo in
cui i tuoi sentimenti per lei si raffreddavano. Si incup
- Che succede? - domand
Non risposi. Un'espressione smarrita si dipinse sul suo
viso. Il viso che stavo cominciando ad amare. Cercai di
resistere, ma era quasi impossibile.
Lei distolse lo sguardo, amareggiata. - Me ne vado -
disse.
Rimasi insensibile finchla sua mano non si possulla
maniglia. Poi di colpo mi sentii come se qualcuno mi stesse
strappando le viscere.
- Peggy.
Si voltverso di me, il volto privo di espressione.
- Vieni qui - dissi, battendo con la mano sul letto.
Lei rimase immobile, lo sguardo ferito. Cercdi assumere
un'espressione dura, fall provancora. Diedi un altro colpo
sul letto.
- Siediti, Peggy.
Lei si sedette, circospetta.
- Non ho fatto niente - disse.
- Sono tornato indietro, ieri notte.
Dapprima non comprese. Poi si irrigid
- Hai visto Jim.
- tuo marito?
- il mio avvocato.
L'ultimo anello. La voce, il nome, la professione.
- Qual'il suo cognome?
- Vaughan.
- Dio mio.
Mi guardsorpresa.
- Cosa c'
- Lo conosco.
- Sul serio?
- Eravamo al college insieme.
- Oh! - disse in un sussurro.
Scossi la testa. - Mio Dio - ripetei. - Jim Vaughan. Che
assurda coincidenza...
Mi voltai verso di lei.
- Jim innamorato di te? - domandai.
- Io... - Sembrava confusa.
- Rispondimi.
- Non lo so.
- Non pisposato?
- Stanno per divorziare - rispose.
Audrey divorziata. Mi venne in mente il suo viso, al
college, pieno di adorazione per Jim Vaughan. Divorziata.
- Anche il fratello di Jim qui?
- S
- Dio santo, incredibile!
Rividi quello sguardo negli occhi di Peggy e lasciai
perdere, sebbene avessi ancora tante domande da farle. Jim e
io ci conoscevamo molto bene quand'eravamo all'Universit
del Missouri.
- alla sua festa che... saremmo dovuti andare? -
domandai.
Abbassgli occhi. - Suppongo che tu non ne abbia pi
voglia ormai - disse.
- Non so - risposi. - Mi piacerebbe rivederlo. Ma se
innamorato di te, sarebbe un po'... imbarazzante.
- Se non vuoi...
- Non credi che potrebbe dargli fastidio?
Lei non rispose.
- Avanti, Peggy.
- Non avevo idea che lo conoscessi. Ma... che differenza
fa? Ti avevo chiesto di venire con me.
Mi venne in mente una cosa.
- Povero sciocco - dissi. - Quel moccioso, scommetto
che ha ancora la stessa spocchia. Certo che ci vengo. Voglio
proprio vedere la sua faccia quando mi vedrentrare insieme
a te.

Stavo finendo di sistemarmi il cravattino quando sentii
suonare il clacson della macchina.
Trovai la Cadillac nera che mi aspettava.
Peggy era dentro, con lo sportello aperto.
- Ciao - disse. - Sali.
Entrai. Lo sportello si chiuse e la macchina part Buon
Dio, pensai, proprio la ciliegina sulla torta.
Peggy mi sorrise.
- Cos'questa storia? - domandai a bassa voce, per non
farmi sentire dall'autista.
- A cosa ti riferisci?
- Non mi avevi detto che saremmo andati con l'auto di
Jim.
- Che differenza fa?
Stavo per rispondere, ma mi limitai a ridacchiare. - Jim
farun salto sulla sedia.
- Perch
Non capiva davvero, la povera Peggy Ann Lister,
divorziata e bellissima.
Le diedi un buffetto sulla mano.
- La situazione questa, mia cara - dissi. - Stai
portando il rivale di Jim alla festa di Jim con l'auto di Jim.
Capisci?
Aveva un'aria perplessa. - Tu non hai rivali - replic
A quel punto fui io ad assumere un'aria perplessa. Forse
un'ingenua, pensai.
Diedi un'occhiata pida vicino all'autista. Che lusso,
pensai. Jim se l'era cavata molto bene. Una Cadillac, un
autista, una casa a Malibu.
Ma l'autista non era intonato alla situazione. Non molto.
Gli autisti delle persone facoltose hanno un aspetto
insignificante. Si confondono con la tappezzeria.
Ma non Walter Steig. Si chiamava cos Steig spiccava
come un fusto di birra tra bicchieri di vino. Era un uomo alto
dall'aria impassibile. Faccia e collo paonazzi. Sembrava un
residuo del Terzo Reich. Grosso e brutale, con i capelli grigio
acciaio tagliati cortissimi. Occhiali senza montatura e un
espressione dura, indecifrabile.
Svoltsulla Pacific Coast Highway e aumentl'andatura
in direzione dell'oceano. Malibu, pensai, Jim era stato
davvero in gamba. Una casa sulla spiaggia, probabilmente.
Caminetti, porte-finestre, opulenza. Jim Vaughan.
Guardai Peggy.
- Sono mortificato - dissi. - Non volevo essere
sgarbato. solo che non riesco a capacitarmi del fatto che tu
conosca Jim. E che lui sia cosricco. Quando l'ho conosciuto
era... povero quanto lo sono io, adesso.
In altri termini, povero.
Lei mi sorrise. Il mio tesoro indossava un abito blu scuro
molto aderente. I capelli biondi erano di nuovo ben pettinati
e le cingevano il capo di un'aureola di riccioli luminosi. Aveva
una carnagione stupenda. Era senza trucco, fatta eccezione
per il rossetto.
Tutto sembrava perfetto.
La casa di Malibu era una lussuosa costruzione a due
piani abbarbicata al fianco di una collina, come un animale
accoccolato sinuosamente in cima alla scogliera intento a
spiare il cupo frangersi delle onde al di ldell'autostrada.
Era una casa notevole. Spessi tappeti, oggetti raffinati e
costosi. Il gusto di Jim, ne ero certo. Lo riconoscevo.
- Be'...
Udii la sua voce. Mi voltai e lo vidi, con un piede sul
gradino che conduceva al soggiorno leggermente rialzato.
Mi stava fissando.
Curioso, pensai, l'ultima volta che l'avevo visto e anche
ora, in questo nuovo primo incontro, la sua espressione era
del tutto priva di ipocrisia. Mancandogli il tempo sufficiente
per reagire allo shock, era Jim Vaughan al naturale che mi
stava fissando. Il suo sguardo tradiva sorpresa. Sorpresa e,
nonostante i suoi sforzi successivi per nasconderlo, un ovvio e
palese dispiacere.
- David!
Aveva giripreso la sua posa affettata. La mano che
strinsi era ferma. Gli occhi e il sorriso cordiali.
- Se questa non una coincidenza... - stava dicendo.
- Come va, Jim?
Non c'era bisogno di risposta. Era in gran forma. Dai
capelli rossi tagliati con cura al viso florido e ben rasato, allo
smoking color tabacco, fino alla punta delle lucidissime
scarpe testa di moro, stava benissimo. Mi sentii quasi un
barbone con la mia vecchia giacca, che lui doveva ricordare
dai tempi del college. Era una sensazione nuova per me.
Specialmente in compagnia di Jim.
Mi ero sempre sentito almeno pari a lui, se non superiore.
- Che ci fai da queste parti? - mi stava chiedendo.
Il suo braccio intorno alla vita di Peggy. Ovviamente. Lei
parve leggermente infastidita, ma non si ritrasse. Quella
mossa mi fece sentire a disagio. Come se con un gesto calmo,
sicuro, Jim la stesse sottraendo dalla mia sfera d'azione.
- Scrivo - risposi.
- Oh s naturalmente - disse, come se non lo sapesse. -
Scrivi.
La sua tendenza all'autocompiacimento, che mi ero
divertito a punzecchiare quando eravamo a scuola, era
sbocciata in un radicato snobismo. E questo, sospettai,
doveva costituire un progresso per Jim.
La mossa successiva preparin qualche modo il terreno
per i mesi successivi.
- Peggy, c'una persona che vorrei farti conoscere.

Quello fu l'esordio. Seguirono altre parole, bisbigliate
rapidamente. Ma il risultato fu che io rimasi solo nell'atrio.
Pochi secondi dopo aver incontrato un tizio che era stato mio
amico anni prima, venivo accantonato con tanta facilit Jim
Vaughan si liberava del passato come si gratta via la rogna. -
Dobbiamo fare una bella chiacchierata - aveva detto, ma
sapevo che erano solo parole.
Lo vidi pilotare Peggy verso una folla di persone in piedi
accanto a un grande caminetto dove ardeva una fiamma color
arancio. Peggy si voltuna volta verso di me, con aria
mortificata. Ma questo non allevidi molto la mia irritazione.
Salii il gradino ed entrai nel monumentale soggiorno.
Proprio come me l'aspettavo. Eccessivo. Un soffitto alto con
le travi, uno spesso tappeto che andava da parete a parete,
mobili dall'aspetto imponente, solido, lampadari di rame. Jim
ce l'aveva fatta.
Mi guardai intorno. All'inizio pensai che dovesse esserci
senz'altro qualcuno che avevo conosciuto al college. Non
poteva averli scartati tutti, conosceva tanta gente. Se non
altro, ci sarebbe stata Audrey. Lei e io avevamo frequentato
insieme alcuni corsi.
Niente Audrey. Continuai ad gironzolare procurandomi
un drink e un piatto di tartine molto invitanti, un antipasto di
gran classe. Poi mi fermai e appoggiandomi a una
scenografica finestra alta fino al soffitto passai in rassegna la
sala piena di facoltosi sconosciuti. La presi con filosofia. Lo
faccio sempre quando sono circondato da persone che hanno
pisoldi di me.
Fu pio meno in quel momento che vidi Dennis.
Era seduto su un divano insieme a una creatura giovane e
avvenente. Il suo sguardo torvo si spostava alternativamente
dal bicchiere al capannello di persone che comprendeva Jim e
Peggy.
Mi avvicinai e mi sedetti. Al college conoscevo Dennis
solo di vista. Si aggirava per il campus come un fantasma
scolastico, portandosi dietro i libri e una donna. Sempre una
donna.
- Salve - dissi.
La giovane creatura sorrise.
Dennis mi guardcon i suoi occhi scuri. Non rispose.
- Tu non ti ricordi di me - proseguii.
- No, infatti - ammise.
- Sono Dave Newton. Ero amico di Jim al Missouri.
Mi riconobbe. Ma senza alcun piacere.
- Oh, gi- disse.
Sono sempre a disagio con le persone che non parlano.
- Avete proprio una bella casa qui - osservai.
- Jim ha una bella casa.
Eccolo l bene in vista come il naso sulla sua faccia torva:
il rancore. Una volta l'avevo sentito parlare con Jim al
campus. Mi ero avvicinato mentre Dennis andava via
borbottando: - Certo, fa' pure a modo tuo. quel che fai
sempre, comunque.
E Jim mi aveva detto, un po' divertito: - Quello mio
fratello Dennis. La pecora nera della famiglia.
In quel momento mi resi conto che Dennis era ancora la
pecora nera della famiglia.
- Gi- dissi, in mancanza di meglio.
La giovane creatura tossicchi Dennis non raccolse.
- Sono Jean Smith - si present affabilmente. - Dennis
davvero terribile per quel che riguarda i convenevoli.
Sorrisi, annuii, e mi disinteressai di lei.
- Dov'Audrey? - domandai a Dennis.
Mi scrutfreddamente per un istante. Forse non trov
quello che stava cercando, perchdistolse lo sguardo.
- malata.
- Che peccato.
- Gi davvero - disse lui, avviandosi verso il bar. Jean
Smith lo segu
Mi avvicinai al gruppo. A tutta evidenza Jim non aveva
alcuna intenzione di dividere Peggy con me. Era propriet
privata. Io venivo molto dopo Peggy Lister.
- Balliamo, Peggy - proposi.
Jim fece un sorriso insulso. Un sorriso da pubblicitdi un
dentifricio.
- Non ora, Dave - disse. - Abbiamo altro da fare.
Mi piantarono l senza presentarmi a nessuno, solo come
lo spettro del padre di Amleto. Mi sentii pieno di rabbia. Sono
piuttosto irascibile, non posso negarlo.
Peggy continuava a guardarmi ogni volta che poteva,
cercando di sorridere. Ma Jim non faceva che serrare il
gruppo, spostandosi lateralmente in modo da darmi le spalle.
Guardai la sua nuca. Jim Vaughan, pensai, mio vecchio
compagno. Lurido pidocchio, pallone gonfiato.
PerchPeggy non mi raggiungeva con una scusa? Forse
aveva paura. Era una ragazza timida, in realt Una persona
piuttosto arrendevole.
Ascoltai la conversazione per un po'. Poi, quando sentii i
muscoli delle braccia farsi rigidi come il vetro, mi decisi e
presi per mano Peggy.
- Vieni, cara - dissi ad alta voce. - C'una persona che
vorrei farti conoscere.
Sentii i loro sguardi puntati su di me mentre la portavo
via.
- Non stato molto educato - disse Peggy, mentre la
guidavo verso una piccola zona libera dai tappeti, dove alcune
coppie ballavano al suono di un disco.
- Non stato educato neanche farmi venire fin qui e poi
piantarmi in asso - replicai.
- Io non ho fatto niente - protest - stato lui a
portarmi via.
- No, tu non fai mai niente - dissi. - Peggy Lister,
vittima del fato.

Fece per andarsene, ma io la trattenni. - Adesso balli con
me - dissi.
Non replic Strinse le labbra in una smorfia rassegnata e
assunse un atteggiamento distaccato.
- Il mio vecchio amico Jim Vaughan - dissi.
Nessuna risposta.
- Peggy.
- S
- Ti va di conoscere la persona che volevo presentarti?
Nessuna risposta.
- Ti va?
- Chi - domandlei, con finta pazienza.
- Io - risposi. - Sono tutto solo.
Il suo sguardo su di me. Di nuovo quella sua tenerezza.
Sentii la sua mano sulla spalla che mi stringeva forte.
- Davie - disse, in un sussurro.
- un vero piacere - replicai.
Pitardi, un nuovo scontro. Un'altra fuga con Jim. Un
altro ballo con me. E verso le undici, io e lui ci mettemmo da
parte a guardarla ballare con Dennis, manifestando entrambi
una falsa cordialit
- Suppongo che Penny ti abbia parlato dei nostri progetti
matrimoniali - disse Jim, in tono casuale. A Jim piaceva
scatenare fulmini a ciel sereno.
- No - risposi disinvolto, mentre dentro mi sentivo
morire. - Non ha detto nulla.
- Be', siamo gid'accordo - proseguil guastafeste. Era
una sfumatura di minaccia quella che sentivo nella sua voce?
- E Audrey d'accordo? - domandai.
Una leggera contrazione nervosa, poi un sorriso di
circostanza.
- d'accordo - rispose Jim Vaughan.
- Com'era d'accordo Linda - dissi io.
Un'altra contrazione, questa volta senza sorriso. Anche
lui ricordava quel periodo al college in cui io avevo
cominciato a uscire con Linda, quella che tutti tranne me
consideravano la fidanzata non ufficiale di Jim. Fu allora che
venne a darmi la grande notizia. Lui e Linda avevano deciso
di sposarsi. Peccato che Linda non lo sapesse. Peccato che in
seguito Jim non avesse pimostrato alcun interesse per lei.
- Fu una cosa da ragazzi - stava dicendo Jim, ora. -
Appartiene al passato.
Annuii. - Capisco. Mi spiace dovertelo dire, Jim, ma
sono innamorato di Peggy.
Nessuna reazione. Nessun cenno di assenso. Mi guard
come uno sterminatore che punta la sua preda.
Abbozzai un sorriso. - Mi rendo conto che un po'
scortese dirtelo, visto che sono tuo ospite - proseguii - e
specie dopo quello che successo con Linda, ma... be', cos
Mi fisscome se dovesse prendere una decisione. I suoi
occhi grigio-azzurri mi squadravano attentamente dietro le
lenti degli occhiali. Increspleggermente le labbra, mentre
rifletteva.
Poi si decise.
- Vieni con me, David - disse, col tono di un padre che
sta per spiegare al figlio che gli uccelli non si limitano a
volare e le api a ronzare.
Mi guidverso la biblioteca e mi fece entrare. La porta si
chiuse isolandoci dai rumori della festa. Lui girla chiave
nella serratura e rimanemmo lin quella quiete, circondati
dagli antichi volumi tutti impolverati.
- Accomodati, David.
Mi sedetti. Non sapevo che dire. Decisi di lasciargli
condurre il gioco a modo suo.
- Cosa ti ha raccontato Peggy di s
Rimasi in silenzio per un istante, cercando di capire quale
fosse il suo scopo. Jim aveva sempre uno scopo. Poteva essere
nascosto, all'inizio, ma c'era sempre. Lo sapevo dai tempi
della scuola. Lo perseguiva lentamente, gradatamente, poi ti
assestava il colpo di grazia.
- Mi ha detto della sua famiglia - dissi. - Della sua vita.
- Feci una pausa a effetto. - Del suo divorzio - aggiunsi, il
pidisinvoltamente possibile, pensando che fosse quello il
punto cui voleva arrivare.
James Vaughan, ex provinciale del Missouri, ora membro
del bel mondo californiano, inarcle sopracciglia. Una mossa
efficace. D'accordo, Jim, mettiamo le carte in tavola, volevo
dirgli, risparmiami la messinscena. Ti conosco.
- questo che ti ha detto? - domand - Che
divorziata?
- Esatto.
Un vuoto allo stomaco. Dove diavolo voleva andare a
parare?
Mi fiss senza fretta. Finchil pensiero di ciche stava
nascondendo mi fece accapponare la pelle.
- Di che si tratta, per l'amor di Dio? - domandai.
Si mise una mano in tasca.
- Non so se crederai a quello che sto per dirti.
- Cosa?
- Peggy non divorziata.
- ancora sposata?
- No - disse - non pi
- E che ne di suo marito? - domandai, perfetta spalla
per una scena dell'orrore.
Esit Poi disse: - stato assassinato.
Mi sentii gelare, perchintuii il suo colpo di grazia prima
ancora che parlasse.
- Peggy lo ha assassinato.

2
Seduto su quella sedia, avevo l'impressione che i muri
ondeggiassero, pronti a crollare su di me.
- Stai mentendo - replicai timidamente, molto
timidamente.
- Tu credi?
Cercai di convincermene, ma non ci riuscii.
- Ti faccio accompagnare a casa da Steig - disse Jim.
Alzai lo sguardo su di lui. Il suo volto era privo di
espressione. Di certo non manifestava alcuna simpatia.
- Voglio vederla - dissi.
Ma senza convinzione. Non volevo vederla. Avevo paura
di vederla.
- Non mi sembra una buona idea - disse Jim. E io
lasciai che lo dicesse.
Mi ritrovai nella Cadillac nera con Steig e l'auto percorse
il viale d'ingresso fino alla stradina ripida che portava
all'autostrada.
Con gli occhi bassi, ascoltai il vento sibilare all'esterno
dall'auto mentre sfrecciavamo sul bordo dell'oceano a
centotrenta all'ora. Sotto una luna indifferente.

Scrivevo, ogni tanto. Andavo in spiaggia, lontano dal
punto in cui ci eravamo conosciuti. Andavo al cinema.
Leggevo. E di tutto ciche facevo non mi rimaneva niente.
Ero ancora come anestetizzato. Non la conoscevo da molto,
solo qualche settimana. Ma ne ero ossessionato.
Pensai a lei, dopo averla scacciata con decisione dalla mia
mente per qualche giorno.
Assassinio?
Andai in biblioteca e spulciai vecchi giornali. Non trovai
nulla. E riflettendoci mi tornin mente Linda, e la bugia
detta da Jim.
Tornai dal mio amore, qualche giorno dopo. Pentito e
addolorato. La trovai nel giardino sul retro; tentava di
leggere, ma continuava a fissare sempre la stessa pagina.
Mi accolse con freddezza, perchsi sentiva ferita. Non mi
feci scoraggiare. Ero mortificato. Le sorrisi e continuai a
ripetere: - Mi dispiace, Peggy. Mi dispiace.
- Assassinato! - mi disse lei. - questo che ti ha detto?
Annuii, serio.
Lei scosse la testa. - Come ha potuto? -E io provai un
leggero sollievo nel veder comparire qualche incrinatura nella
corazza che Jim Vaughan si era costruito.
- Ma perch - disse lei. - Io non l'ho ucciso.
- Dov'tuo marito?
- morto -rispose. - Mora San Francisco. Un anno fa.
Rimanemmo seduti in giardino a parlare. E lei continua
scuotere il capo affermando che non riusciva a capire come
Jim potesse dire una cosa simile di lei.
- strano - dissi io. - Non ho mai visto Jim tirar fuori
una bugia cosevidente.
- Non so - fece lei, distogliendo lo sguardo. - Io non
l'ho ucciso - aggiunse, a bassa voce.
- Lo so.
- Prima non lo sapevi. Hai creduto a quello che ti ha
detto.
- stato un tale shock. Pensa a come ti sentiresti se
d'improvviso qualcuno ti dicesse che ho assassinato mia
madre o mia moglie.
- Controllerei, prima di crederci.
- E cosa penseresti se io ti avessi detto che ero
divorziato, se ti avessi fatto credere che mia moglie era
ancora viva?
Lei non rispose.
- Non parliamone pi- dissi, chinandomi per darle un
bacio sulla guancia. - Mi sei mancata.
- Ma sei stato tu ad allontanarti.
Non sapevo cosa rispondere. Ero arrabbiato con Jim
perchmi aveva mentito cossfacciatamente. E con me
stesso, perchgli avevo creduto.
Fu allora, pio meno, che mi accorsi di Albert.
Era affacciato alla sua finestra e guardava Peggy.
Dimenticavo di dirlo, quel giorno lei indossava solo un paio
di calzoncini e un corpetto aderente.
Richiamai l'attenzione di Peggy su di lui. Lei storse di
nuovo la bocca.
- Oh! -disse, mordicchiandosi il labbro. - Devo
andarmene da qui. Credi che riuscirei a trovare un
appartamento... o qualcosa del genere?
- Lui ci ha... provato?
- No. Non con sua moglie in circolazione. Ma ho paura.
- Faremo in modo che tu vada via da qui.
- E fa finta di essere cosintegerrimo - disse lei, irritata
- come tutti gli uomini. Fingono di essere persone per bene,
e non fanno altro che comportarsi come maiali.
Non volevo farmi di nuovo coinvolgere in quella
discussione. Oltretutto, pensai, probabilmente aveva ragione
nel caso di Albert.
L'uomo si allontandalla finestra quando gli feci
chiaramente capire con uno sguardo che provavo un forte
desiderio di prenderlo a calci sul muso.
- Sicura che non ci abbia provato?
- No - rispose lei - ma so che... gli piacerebbe. L'altro
giorno la signora Grady mi ha avvertito che c'era una
telefonata per me. Avevo indosso solo la camicia da notte,
piuttosto corta. Ero troppo assonnata per pensare a vestirmi.
E Albert sbucato nel corridoio e mi ha visto.
Rabbrivid
- Non sopporto il modo in cui mi guarda - aggiunse. -
Come... come se fossi un animale.
- Vorrei spezzargli il collo.
- Non voglio altri guai - disse Peggy. - Me ne andre
basta.
- Guai? - ripetei. A volte avrei voluto essere capace di
modulare la voce, come Jim. Troppo spesso, ciosempre, la
mia voce lo specchio dei miei sentimenti.
Lei mi guard tranquilla.
- Ci stai ancora pensando, vero?
- A cosa? - dissimulai.
- Stai pensando a quello che ti ha detto Jim.
Il mio turbamento doveva essere evidente.
- Ti spieghercosa intendevo dire. E forse dopo ti
dispiacerche l'abbia fatto.
Il suo volto cosespressivo era duro, amareggiato.
- Quando avevo otto anni, fui aggredita da un ragazzo.
Lui ne aveva diciassette. Mi trascinin uno stanzino.
Tacque e distolse lo sguardo.
- Quando mio padre lo scopr- continu- cercdi
ucciderlo.
D'istinto cercai la sua mano, ma lei si ritrasse.
Peggy, Peggy.
- Non posso fare a meno di avere questo atteggiamento
nei confronti degli uomini. parte di me. Se tu non... se tu
non fossi stato cosdiverso, sarei fuggita anche da te.
- E Jim...?
- Jim mi stato vicino. sempre stato buono con me. E
non mi ha mai chiesto nulla in cambio.
Rimanemmo in silenzio per un po'. Infine i nostri sguardi
si incrociarono. Io sorrisi. Lei ci prov ma senza successo.
- Sii gentile con me, Davie - disse. - Non essere
sospettoso.
- Non lo sar- promisi. - Non lo sar Peggy.
Poi dissi, il piallegramente possibile: - Coraggio,
andiamo a cercare un appartamento per te.

Quello stesso giorno mi procurai un'automobile da un
rivenditore di usato, e in seguito trovammo una casa per
Peggy.
Era un piccolo appartamento. Due stanze, bagno e
cucinotto per cinquantacinque dollari.
Ci volevano due giorni perchsi liberasse, costornammo
a casa sua. Le proposi di cenare fuori, e poi di andare a uno
spettacolo o magari al parco dei divertimenti di Venice.
Accettcon entusiasmo.
- Ricominciamo tutto da capo - disse lei d'impulso, nel
corso del pomeriggio. - Dimentichiamo il passato. Non ha
piimportanza ora, vero?
La abbracciai. - No, piccola - risposi - certo che no.
Quando entrammo in casa, trovammo Albert e sua moglie
seduti nella stanza che dava sulla facciata. A tutta evidenza
stavano litigando, perchtroncarono bruscamente la
conversazione. Sulle guance pallide di Albert c'erano ancora
sprazzi di rossore.
Alzarono lo sguardo verso di noi. Il vecchio, cupo rancore
nell'espressione di Albert. L'affettata, artificiosa amabilit
sul volto atroce della moglie.
- Signora Grady - disse Peggy -ho intenzione di
trasferirmi, tra due giorni.
- Oh? - disse la signora Grady, con il tono tipico delle
padrone di casa che stanno per perdere un inquilino.
Albert la fiss Mi sentii ribollire il sangue. Quello
sguardo mi faceva venire voglia di spaccargli la faccia con un
pugno.
- C'qualcosa che non va qui? - domandla signora
Grady, un po' indispettita. - Forse...
- No, no - disse Peggy. - tutto a posto. solo che
preferisco un appartamento, ecco tutto.
- Bene - commentla signora Grady. - Bene.
- Ne ho trovato uno oggi per puro caso - aggiunse Peggy
- altrimenti ve ne avrei parlato prima.
- Come no - disse Albert, con una smorfia di irritazione.
Ero sempre piteso. Peggy si avviverso la sua stanza.
- Scusatemi - disse.
La seguii, senza riflettere.
- Bella gratitudine - commentAlbert. E mentre
entravo nella stanza di Peggy, disse qualcos'altro. Qualcosa a
proposito di una piccola stronza.
Sussultai e gettai un'occhiata alle mie spalle, ma Peggy
mi trattenne posandomi una mano sul braccio.
Quando fummo nella sua stanza, mi guard - Avresti
fatto meglio ad aspettarmi fuori.
- Che differenza fa? - dissi ad alta voce, perchtutti
sentissero. - Cambiati e andiamo fuori di qui.
Scomparve dietro un paravento. Vidi il corpetto e i
pantaloncini volar via oltre lo schermo, e mi sforzai di non
pensare a Peggy dall'altra parte. Provai a concentrarmi sulla
rabbia che provavo per Albert. Ma difficile tenere sotto
controllo i propri pensieri quando si distratti da una visione
cosirresistibile.
Dopo un po' sbucfuori. Nel frattempo io ero rimasto
seduto ad ascoltare le voci irritate del signor Grady e signora,
impegnate in un adorabile duetto. Sentii usare di nuovo la
parola "stronza". Albert non faceva nulla per nasconderla.
- meglio andare - dissi - o giuro che finirper
sfasciare il naso a quel bifolco.
Silenzio nell'altra stanza. Speravo che avessero sentito.
- Vorrei che tu potessi andar via stasera.
- Anch'io - sospir E nella sua voce riaffiorquel misto
di repulsione, disprezzo e, perchno, paura.
Stavano parlando quando entrammo di nuovo nella
stanza. Ma si zittirono. Guardarono Peggy che indossava un
abito di cotone blu chiaro e aveva un nastro blu in testa.
- Temo proprio che non potrrestituirle i soldi
dell'anticipo- disse la signora Grady, manifestando la sua
grandezza d'animo.
- Io... - abbozzPeggy.
- Non ha diritto a riaverli - intervenne Albert, con
asprezza - proprio nessun diritto.
- Non avevo intenzione di chiederli - disse Peggy.
- Lo credo bene - ribadAlbert.
- Lei stia zitto, Albert - intimai, sorpreso della facilit
con cui l'avevo detto.
- Ah! - All'unisono, il signore e la signora Grady
manifestarono la loro indignazione per la mia impertinenza.
- Andiamo - dissi a Peggy, e uscimmo. Mentre la porta
si chiudeva alle nostre spalle, mi parve di sentire Albert che
mormorava: - Se ne pentir
- Non avresti dovuto dirlo - mi rimproverPeggy non
appena fummo saliti in macchina. Poi scoppiin una risata.
Era bello sentirla ridere di nuovo.
- Hai visto l'espressione di Albert? - aggiunse. - Era
impagabile.
Continuammo a ridere per tre isolati...
Parcheggiai l'auto in una delle strade che conducevano al
molo di Venice e scendemmo a piedi, mano nella mano.
Passammo la serata a cercare di colpire il bersaglio
mobile di un tirassegno, a sgranocchiare popcorn imburrato,
a gettare palle da baseball contro birilli di legno allineati.
Scendemmo nella campana subacquea a osservare gli squali
tigre che giravano in cerchio nel guscio silenzioso che ci
circondava, e ad ammirare le mante, mentre un uomo
continuava a ripetere: - Volano, signore e signori, volano! -
Ci tamponammo con le macchinine dell'autoscontro, e Peggy
rise con le guance accese.
Non ricordo tutto. Ricordo solo la passeggiata mano nella
mano, l'intensa felicitche provavo sapendo che lei era con
me.
Mi ricordo Funland.
uno strano baraccone. In effetti si tratta semplicemente
di un grande labirinto buio in cui ci si aggira, in un
susseguirsi di angoli e piani inclinati, cercando l'uscita in
un'oscurittotale e incommensurabile. Pusembrare privo di
senso, immagino. A meno che non ci si porti una ragazza. Un
sacco di gente staziona lfuori, in attesa che ci entri qualche
ragazza non accompagnata.
Non so che cosa mi rese nervoso fin dall'inizio. Forse
Peggy. Era come se volesse costringersi, sfidare se stessa a
non avere paura. Ma il suo riso era forzato e sentivo la sua
mano sudata tremare nella mia. Continuava a tirare.
- Avanti, Davie, usciamo di qui.
- Che siamo venuti a fare qui dentro?
- Per cercare l'uscita.
- Va avanti, allora.
Sembrava di essere in una miniera di carbone. Non si
vedeva nulla. C'era puzza di umidit di marcio. Un odore di
sporco e di legno fradicio, e il vago sentore del passaggio di
migliaia di corpi invisibili che erano entrati ldentro per
cercare di venirne fuori.
E c'erano rumori. Risatine. Finte grida di paura. Ma
erano davvero finte? Il respiro di Peggy era veloce, irregolare.
Anche la sua risata era affannosa.
- Piccola, che siamo venuti a fare qui dentro?
- Coraggio, non divertente?
- Un vero spasso.
Continuava a tirarmi, e io mi tenevo stretto a lei
inoltrandomi in quell'oscuritpopolata di rumori e passi
strascicati. E di altre grida e risolini. E dell'eco del nostro
respiro, spaventosamente amplificato.
- impressionante - disse Peggy - non trovi?
Tastavamo i muri, procedevamo a tentoni sugli scivoli, ci
spintonavamo nel buio.
- Scusami - dissi, inutilmente.
- Di nulla. - La sua voce irreale tradiva pipaura che
euforia, ora.
- Come si esce di qui? - domandai, cercando di
dominare il mio crescente disagio.
- Continui a girare e prima o poi esci - rispose.
Silenzio. Solo un rumore di passi, il suo respiro e il mio.
Dei passi nel buio. E la sensazione sempre piforte di non
essere soli. Non mi riferisco alle altre persone nel labirinto.
Intendo qualcuno con noi.
Il mio ricordo successivo, e anche l'ultimo per un bel
pezzo, un improvviso raggio di luce accecante dietro di noi.
Udii dei passi di corsa e mi voltai verso la luce abbagliante.
Poi sentii due mani grandi che mi afferravano alla gola, e
braccia forti che mi giravano di nuovo verso il buio. Un calcio
nella schiena, e qualcosa di duro che mi si abbatteva sul
cranio.
E malgrado fosse buio, per me divenne tutto ancora pi
buio. Mi sentii cadere, e precipitai nella notte.
Ma non prima di aver udito, in ginocchio e quasi privo di
conoscenza, Peggy che urlava di un terrore mortale.

Qualcuno mi stava schiaffeggiando.
Mossi la testa, gemendo. Pian piano ripresi coscienza dei
rumori. Aprii gli occhi.
Ero ancora sul molo, mezzo disteso sul passaggio,
appoggiato a uno steccato di legno. Una folla di persone mi
osservava con quella curiositinsensibile e crudele che hanno
le folle per ogni genere di vittima distesa per terra. Udii una
voce che diceva: - Non niente, signori, solo svenuto. Non
vi accalcate, per favore. Non chiamate la polizia, grazie. Non
nulla, davvero, signori, svenuto, questo tutto, solo
svenuto.
- Peggy!
Cercai con tutte le mie forze di tirarmi su, ma il dolore
alla testa mi mise di nuovo quasi fuori combattimento. Mi
sostenni con un gomito.
- Calma, ragazzo - disse l'uomo con il sigaro in bocca e
la camicia sgargiante. - solo svenuto, signori. Non vi
affollate, per favore, non vi affollate.
Mi guard - Come va la testa?
- Dov'lei? - domandai. Lo afferrai per un braccio,
lottando contro il mio stordimento. - Non ancora ldentro,
vero?
- No, no, no, non c'nessuno dentro, ora. Sono usciti
tutti. Smettila di urlare, per favore. Vuoi che arrivi la polizia?
- L'ha vista uscire?
- Io no - rispose l'uomo, guardandosi intorno. -
Qualcuno dice di averla vista.
- Era sola? - Mi abbandonai contro lo steccato,
intontito.
- Non lo so, non ne sono sicuro. Per piacere, signori,
non affollatevi in questo modo. Fate i bravi, lasciatemi
lavorare e non fate ressa.
Mi tirai su e mi feci largo in mezzo alla folla, cercando di
dominare il dolore che minacciava di farmi crollare di nuovo.
Pensavo a lei, in quel posto buio come la pece, con la sua
paura degli uomini. E a qualcuno che la aggrediva in
quell'oscurit Ce n'era abbastanza per farla impazzire.
Poi un altro pensiero.
Jim.
Steig ci aveva seguito. Mi aveva assalito. E aveva portato
via Peggy. Sembrava terribilmente logico, in quel momento.
Mi misi a correre lungo il molo, deciso a prendere la
macchina e ad andare a casa di Jim per ritrovarla. Strano,
non avevo alcun dubbio sul fatto che lei fosse proprio l
Dovevo essere completamente pazzo di rabbia per esserne
coscerto.
Attraversai una serie infinita di baracconi multicolori,
mentre le voci degli imbonitori mi rincorrevano con le loro
grida. Poi, d'improvviso, mi venne in mente di telefonare.
Nella cabina priva d'aria la testa comincia dolermi.
Strinsi i denti, ansimando. Cercai il numero di Jim, mentre il
sudore mi colava sul viso. L'operatore mi mise in
comunicazione.
La sua voce, sicura di s piena di spavalderia: - Parla
James Vaughan.
- Sono David. ..
- David chi?
- Newton! - risposi irritato. - lPeggy?
- Peggy? Perchme lo chiedi?
- l
-Mi sembri isterico.
- Sei stato tu a farmi aggredire questa sera? - chiesi
infuriato, senza riflettere. - Hai mandato Steig a prendere
Peggy?
- Di che stai parlando?
Di colpo tutte le mie convinzioni crollarono. Se non era
Steig, allora chi era?
- Sputa il rospo, David. Di che stai parlando? Cos'
successo a Peggy?
Riagganciai. Uscii dalla cabina. Feci qualche passo, poi
mi lanciai di nuovo in una corsa affannosa. Dentro di me
avevo una paura folle.
Lasciai il molo e mi arrampicai per la strada stretta e
buia, passando accanto ai piano bar e a una missione in cui i
fedeli rendevano grazie per la cena con canti stonati
accompagnati dal pianoforte.
- Peggy - ansimai.
E la trovai nella mia macchina.
Era accasciata sul sedile di destra. La mia prima
sensazione fu che fosse in totale stato di shock. Tremava
violentemente. Fissava il parabrezza con sguardo vuoto e
tremava. Teneva il braccio destro premuto sul petto, e le dita
della mano sinistra appoggiata sulle ginocchia erano rigide e
contratte.
- Peggy!
Le scivolai accanto, e lei alzla testa di scatto. Mi fiss
con uno sguardo terrorizzato. Le misi un braccio intorno alle
spalle e la scossi.
- Cos'successo, Peggy?
Nessuna risposta. Tremava. Mi guard poi torna fissare
il parabrezza. Le sue pupille erano pianeti senza luce che
vagavano per l'universo. I suoi occhi non erano mai stati cos
grandi. O cospieni di terrore.
- Piccola, sono io. Davie.
Comincia mordicchiarsi il labbro inferiore. Sentii che
era in preda a un'agitazione crescente. Era letteralmente
sconvolta.
Poi, di colpo, esplose. Affondil viso nelle mani, poi le
allontanbruscamente e se le pose di fronte agli occhi,
contratte, esangui. Strinse i denti e contrasse la mascella,
tentando di reprimere un gemito.
Ma il fiato le manc e un singhiozzo le affioralla gola,
scuotendola in ogni fibra. Incrocile braccia sul petto, e mi
accorsi che il suo vestito aveva uno strappo sul davanti e una
delle spalline del reggiseno era spezzata.
- Sono sporca - disse - sporca!
Dovetti afferrarle le mani per impedirle di affondarsi le
unghie nella carne. Ero sbalordito dalla forza che aveva nelle
braccia e nei polsi. Il violento shock la rendeva forte quasi
quanto un uomo.
- Smettila, Peggy! Smettila!
Qualcuno si ferma curiosare senza ritegno, mentre
Peggy si agitava e gemeva, tentando di graffiarsi.
- Peggy, ti prego, ti prego...
Volevo mettere in moto l'auto e fuggire dagli sguardi di
quella gente, ma non potevo permettere che si facesse del
male.
Infine, dopo un respiro profondo e affannoso, si mise a
piangere. Un pianto sconsolato, senza forza nsperanza. La
strinsi a me e le accarezzai i capelli.
- Va tutto bene, piccola - dissi. - Piangi, piangi pure.
- Sporca - singhiozzlei. - Sono sporca.
- No. No, non vero.
- Sono sporca - ripet- sporca.

Appena mi fu possibile, accesi il motore e mi lasciai alle
spalle quella massa di curiosi. Seguii la costa per un po', poi
mi fermai in un drive-in. Ormai Peggy aveva smesso di
piangere e sedeva in silenzio, rannicchiata all'estremit
opposta del sedile, guardandosi le mani.
L'avevo coperta con la mia giacca per nascondere il
vestito strappato e la sottoveste. Ordinai del caffe la
costrinsi a berlo. Lei toss ma lo buttgi
Sembrcalmarla un po'. Io mi tenevo a distanza. Lei
voleva cos lo sapevo. Si teneva pigiata contro la portiera,
rannicchiata, come se fosse pronta a sgusciare fuori se avessi
fatto il pipiccolo tentativo di avvicinarmi.
- Vuoi dirmi cos'successo, Peggy?
Scosse la testa.
- Ti farebbe bene riuscire a parlarne.
Finalmente parl E quello che disse mi fece rabbrividire.
- Qualcuno mi ha afferrata. Ti ho chiamato ma... ma tu
non hai risposto.
- Ero svenuto, Peggy.
Per la prima volta nel sguardo affiorqualcosa di diverso
dalla paura.
- Ti hanno colpito?
Mi piegai in avanti e la invitai a toccare il sangue
raggrumato che avevo sulla testa.
- Oh - fece lei, con improvvisa preoccupazione. -
Davie...
Poi si ritrasse.
- Continua - le dissi.
- Qualcuno... un uomo mi ha messo le mani addosso. Mi
ha strappato il vestito. Io l'ho graffiato. Credo di avergli
strappato gli occhi. Oh Dio, spero di averlo fatto. Spero che
sia cieco!
- Basta, Peggy.
Il suo sguardo era colmo di ripugnanza. Di colpo aveva
sollevato le mani e le stava fissando.
Emise un gemito soffocato, poi comincia strofinarsi le
dita sulla gonna. Capii di cosa si trattava.
C'era della pelle sotto le unghie. La pelle dell'uomo nel
labirinto buio.
Presi un temperino dal vano portaoggetti e le ripulii le
unghie, mentre lei teneva la testa girata dall'altra parte, e gli
occhi chiusi. Sentivo il tremito delle sue mani nelle mie.
- Sto... sto per sentirmi male - disse.
Anch'io provavo un senso di malessere a far cadere in
terra quei frammenti di pelle di un altro. Dell'uomo che aveva
terrorizzato la ragazza che amavo. Mi venne in mente per un
attimo di portare quei frammenti alla polizia, ma poi li lasciai
andar gi semplicemente. Non ce la facevo a infilarli in una
busta.
- Peggy - domandai - credi che fosse Steig?
Per un istante non fu in grado di parlare, poi mi disse che
non lo sapeva.
- Se avessi avuto una pistola - mormor- un coltello,
un rasoio, qualunque cosa. Avrei potuto...
Sentii un vuoto allo stomaco, poi dissi a me stesso che era
quasi impazzita per la paura, e scacciai quel pensiero che
stavo cercando a tutti i costi di evitare. E me ne tornin
mente un altro, che mi aveva ossessionato fin da quando
avevo ripreso conoscenza.
- Peggy.
- S
- Lui ha...?
Chiuse gli occhi.
- Se l'avesse fatto - rispose - non mi avresti trovato
qui. Sarei stata in fondo all'oceano.
Lo stomaco continuava a farmi male mentre tornavo in
Wilshire Boulevard. L'idea di lasciarla sola dopo
quell'esperienza mi angosciava terribilmente. Peggio che
sola: sola con Albert. E se avesse tentato un approccio, quella
notte?
Poi mi venne un pensiero: e se fosse stato Albert ad
aggredirla, innanzitutto?
Non sapevo come comunicarle la mia preoccupazione.
Non volevo allarmarla senza motivo. Sembrava decisa a
tornare nella sua stanza. Se l'avessi spaventata con questa
idea, e lei ci fosse andata lo stesso...
Pensieri. Non riuscivo a fermarli. E non riuscivo a
prendere una decisione.
Quando svoltai nella Ventiseiesima vidi la Dodge di
Albert di fronte alla casa. E accanto, un'altra macchina. La
Cadillac di Jim.
Mi accostai al marciapiede. Jim uscdalla sua auto e
venne rapidamente di noi. Aprla portiera di destra.
- Che succede, Peggy? - domand
Lei scosse la testa.
- Vieni qui - disse lui.
Non feci in tempo a uscire dall'auto che l'aveva gi
condotta alla Cadillac e stava cercando di convincerla a salire.
- Non voglio venire! - disse lei, alzando di nuovo la voce
al limite dell'isteria.
- Smettila, Peggy - replicJim. - Voglio solo parlarti.
Lei entr Mi avvicinai all'auto e vidi le loro sagome scure
all'interno. Sentii la voce attutita di Jim.
Steig uscdalla macchina e venne verso di me.
- cosa privata - disse con voce gutturale, e un marcato
accento tedesco.
- La signorina Lister .. - cominciai, ma mi accorsi che
mi aveva afferrato un braccio con la sua mano robusta. La
forza della sua stretta mi causava un dolore lancinante.
- Lasciami andare - dissi, annaspando.
- Tu va - ribattlui.
Mi trascinenergicamente fino alla mia auto. Non potevo
far nulla. Era troppo grosso, troppo forte.
- Tu va via - disse Steig.
Le mie dita tremavano mentre giravo la chiavetta
dell'accensione. Tremavano sulla leva del cambio. Le mie
gambe sussultavano sul pedale della frizione e
dell'acceleratore. Il cuore mi batteva all'impazzata mentre
riprendevo la strada, senza avere il coraggio di voltarmi
indietro.
Andai via.

Mi svegliai di soprassalto nel mio letto, boccheggiando.
C'era una sagoma scura nella stanza.
Alzai un braccio per parare l'eventuale colpo.
- Davie, cosa c'
- Mi hai spaventato, credo.
- Oh, mi... dispiace. per via di Albert - disse a bassa
voce.
- Cosa...?
Poi la luce si accese. Lei era vicino all'acquaio. Si avvicin
e mi premette uno straccio umido sulla fronte. Mi accorsi con
stupore che era vestita diversamente. Indossava un paio di
pantaloni scuri e un maglioncino nero a collo alto. Si era
anche fatta la doccia. Lo sentivo dal suo fresco profumo, dalle
punte ancora umide dei capelli sfuggiti alla cuffia. L'unico
accenno di trucco era un po' di rossetto sulle labbra.
Sembrava molto calma.
- Che ha fatto? - domandai.
- Quando sono tornata a casa, stasera... - disse lei.
- S
- Io... io sono andata a lavarmi i denti e ho incontrato
Albert nel corridoio.
Si interruppe.
- Ebbene...? - incalzai.
- La sua faccia era tutta graffiata.
- Albert - dissi.
Rigirlo straccio con delicatezza, senza un tremito.
- E tu cos'hai fatto? - chiesi.
Mi passuna mano nei capelli, teneramente. - Me ne
sono andata - rispose.
- Ti sei fatta la doccia, prima?
- No. L'avevo gifatta. stato dopo la doccia che ho
incontrato Albert nel corridoio.
- Sei venuta direttamente qui?
- Mi sono fermata per telefonare a Jim.
- Non era rimasto con te? - chiesi, assurdamente.
Mi parve un po' sorpresa. - Certo che no, voleva solo
sapere cos'era successo stasera. Mi ha detto che lo hai
chiamato.
- Gi
- Perch
- Pensavo che tu potessi essere a casa sua.
Il mattino dopo tornammo in macchina dai Grady. Le
avevo raccontato che Steig era stato piuttosto rude con me.
- Be', ne parlercon Jim - stava dicendo Peggy. - Lo
mandervia, se glielo dico.
- Ne sei sicura?
- Certo, Davie. Tu sei suo amico, no?
- Ne dubito. - E aggiunsi: - Sono ancora convinto che
tu dovresti andar via di loggi stesso. Puoi stare da me. Ma
per l'amor del cielo, non passare un'altra notte in quella casa
con Albert.
- D'accordo - disse lei. Poi scosse la testa,
nervosamente.
- Dobbiamo solo prendere la tua roba. - dissi. - Non c'
neanche bisogno che tu entri.
Quando arrivammo a destinazione e parcheggiai dietro la
Dodge, Peggy impalliddi colpo.
- Va tutto bene, piccola - la rassicurai.
Scesi. Scese anche lei.
- Resta qui, tesoro. Non necessario che ci sia anche tu.
- No - ribattlei. - Vengo.
- Be'... d'accordo.
Insieme ci avviammo lungo il vialetto. Dentro di me
sapevo che se Albert fosse stato in casa e mi avesse detto una
sola parola, l'avrei steso a calci.
La porta era aperta. Entrammo nel soggiorno.
- La signora Grady in casa? - sussurrai.
- Suppongo di s- rispose lei.
Attraversato il corridoio Peggy entrnella sua stanza e io
la seguii. Ma mentre si voltava per chiudere la porta, la udii
sussurrare: - Davie...
Seguii la direzione del suo sguardo verso la stanza di
Albert. Il mio cuore ebbe un sobbalzo.
C'era un corpo disteso per terra.
Mi slanciai verso la porta semiaperta, seguito da Peggy.
La signora Grady era accasciata sul pavimento, la faccia
esangue rivolta verso il soffitto. Nella mano destra stringeva
qualcosa. Non capivo cos'era, ma c'era del rosso sulla punta...
Poi d'improvviso il mio sguardo si possul letto.
Albert era le ci guardava con gli occhi spalancati.
Non era pidi questo mondo. E solo allora riconobbi
l'arnese che la signora Grady teneva in mano.
Era un punteruolo da ghiaccio.
E aveva sfondato il cranio di Albert.

3
Il tenente Jones, della Omicidi, era un tipo schietto.
Portava occhiali dalla montatura di corno e aveva un
atteggiamento burbero.
La signora Grady stava fornendo la sua versione
dell'accaduto.
- Sono entrata per avvertirlo che la colazione era pronta
- disse. - L'ho trovato lcon quel... quel coso nel... oh!
- Perchl'ha rimosso?
Scosse il capo, poi improvvisamente si volte puntun
dito tremante verso Peggy.
- stata lei! - url fuori di s - Lo so, lo so che
stata lei!
Ero seduto vicino a Peggy sul grande divano a fiori, e non
avevo il coraggio di guardarla.
- Basta cos- disse Jones.
- Basta cos Mio marito morto. stato ammazzato, lo
capisce? Ha intenzione di lasciarla andare come se niente
fosse?
- So che stato ammazzato, signora Grady. Stiamo
cercando di individuare il colpevole il piin fretta possibile.
Vuole per favore darci una mano e smetterla di lanciare
accuse?
Lo guardavo inebetito, ascoltando il brusio delle voci
nella stanza di Albert, il crepitio soffocato dei flash e il
rumore di passi che andavano e venivano.
Continuavo a rivedere Albert steso ldentro, con il cranio
sfondato dal punteruolo... e tutto il resto. Pensare al resto era
quasi intollerabile. Chiunque avesse affondato il punteruolo
nel cranio di Albert gli aveva anche aperto un'enorme
squarcio sanguinolento sulla gola con il suo rasoio. Il taglio
era lungo, quasi l'intera circonferenza del collo. E profondo.
Era quasi come se...
Come se... e mi venne da vomitare.
- Signorina Lister? - disse Jones.
- S-s
- Lei era fuori ieri notte?
- S
- Mi diceva che aveva avuto dei problemi con lui.
Le sue parole mi fecero trasalire. Sembrava che cercasse
di eliminare tutti i fattori secondari per concentrarsi sul
cuore del problema.
- Lui era... - iniziPeggy, abbassando gli occhi. - Lui...
- Albert ha tentato di aggredirla ieri notte - dissi io.
- Bugie! - strillla signora Grady. - Era un uomo
buono e onesto, buono e onesto!
- Se non la smette -disse Jones - dovrchiederle di
lasciare questa stanza.
Lei ripiombnel silenzio, piangendo disperatamente, le
spalle ossute scosse da violenti singhiozzi.
Di colpo mi pentii di non aver tenuto la bocca chiusa. Non
potevo impedirmi di pensare che avevo fornito a Peggy un
movente perfetto.
Jones si rivolse a lei: - vero?
Peggy cercdi rispondere, ma non ci riusc Fece cenno di
scon il capo.
Jones riportlo sguardo su di me. - Allora - disse - di
cosa si tratta?
Gli dissi dei graffi sul volto di Albert. Gli dissi di Funland
e dell'aggressione che avevamo subo. Le mie parole erano
inframmezzate da lamenti e smentite soffocate da parte della
signora Grady. Non sapevo se lei dubitasse davvero di me
oppure no. Dopo tutto, continuavo a pensare, il punteruolo
era stato trovato nella sua mano. E di sicuro aveva un
movente.
- Lei lo ha visto? - domandJones.
- Intende ieri notte?
- Intendo ieri notte.
- No, io...
- Perchno?
- Era buio pesto.
- Capisco - disse Jones, col tono con cui avrebbe detto
"Bene, passiamo al prossimo caso". Mi resi conto che avrebbe
potuto persino pensare che fossi stato io. L'amante geloso.
Abbassai lo sguardo.
Jones torna concentrarsi su Peggy. - Quindi voi due
eravate insieme in quel momento?
- S- fece lei, a disagio.
- E pitardi... - Jones consultil taccuino che aveva in
mano - ... lei andata a casa di Newton.
Peggy parve turbata. - Io...
- A che ora?
Mi intromisi: - Quando entrata nella mia stanza erano
pio meno...
- Per favore, lasci rispondere la signorina... - Jones
consultdi nuovo il taccuino - ... la signorina Lister.
- Erano all'incirca le due - disse Peggy.
- Perchci and - chiese il poliziotto.
- Perchavevo visto i graffi sulla faccia di Albert. Non
volevo...
- Bugie... bugie! - ripetla signora Grady. - Assassina!
La sua voce si spense in un rantolo soffocato quando due
uomini entrarono nella stanza con una lettiga su cui era
disteso un corpo avvolto in una coperta.
- Non potevate passare dal retro? - domandJones
bruscamente.
- Il passaggio troppo stretto - rispose un agente,
seccato.
La signora Grady si alz Aveva la faccia stravolta,
un'espressione feroce. - Vado con lui - dichiar - Vado con
il mio uomo.
- Non serve a nulla - commentJones a bassa voce.
- Vado, ho detto - ripetlei con voce stridula, e i suoi
occhi ebbero un lampo.
Jones la lasciandare. Scambidue parole con uno degli
agenti. Mentre parlava, io mi rivolsi a Peggy. - Non dirgli dei
tuoi problemi con gli uomini - sussurrai.
- Come?
Accennai con lo sguardo a Jones. - Ho detto - biascicai
- non accennare a quest'uomo dei tuoi problemi con gli
uomini. Servirebbe solo a...
Lei mi guardava con una strana espressione.
- Cosa le stava dicendo? - mi domandJones.
- Niente - risposi d'impulso.
Il poliziotto mi fissfreddamente. - Silenzio - disse. Poi
torna sedersi mentre la porta si chiudeva alle spalle della
signora Grady e del suo adorato marito.
- Come fa a essere sicura che la vittima fosse proprio
l'uomo che ha tentato di aggredirla? - chiese a Peggy.
- So come avevo ridotto la faccia di quell'uomo che... E
Albert era pieno di graffi. L'ha visto anche lei.
- Lo so - disse Jones. - Ha visto qualcun altro ieri
notte?
- Il mio... avvocato.
- Quando?
- Quando... quando siamo tornati da Venice.
- Gli ha parlato dell'aggressione?
- S
- Quando ha parlato con il suo avvocato sospettava gi
che la vittima fosse l'uomo che l'aveva aggredita?
- In quel momento no. Pitardi gli dissi che era stato il
signor Grady.
- Lo ha rivisto pitardi?
- Gli ho telefonato prima di andare da... dal signor
Newton. - Abbasslo sguardo, imbarazzata.
Il signor Newton, pensai. Un omicidio rende tutto
stranamente impersonale.
Suonil campanello. Il tenente andad aprire.
Era Jim. Entre parlcon Jones per qualche minuto, poi
Peggy andalla stazione di polizia insieme a lui e al
poliziotto. Io non fui invitato. Mentre salivano sull'auto della
polizia, Jim disse a Steig di seguirli.
Cercai di incrociare lo sguardo di Peggy mentre l'auto
partiva, ma lei girdall'altra parte. Probabilmente perchle
avevo fatto capire che sospettavo di lei.
Osservai le due automobili che si allontanavano e mi
sentii triste, svuotato...
Quel pomeriggio stavo cercando di schiacciare un pisolino
nella mia stanza quando udii dei passi all'entrata. Guardai
fuori dalla finestra e vidi che si trattava di Jim.
Lo feci entrare e per prima cosa gli chiesi come stava
Peggy.
- Come vuoi che stia - rispose lui, sempre criptico.
- Che diavolo significa?
Si tolse il cappello e mi guard impassibile.
- Se vuoi dirmi che stata Peggy a uccidere Albert,
risparmia il fiato. So che non stata lei - dissi.
- E come lo sai?
- Io... lo so.
- Non un granchcome strategia difensiva, David. Hai
sempre avuto il vizio di pensare ad alta voce.
- E tu - replicai - quello di distruggere tutto ciche
incontri sulla tua strada.
Ebbe un lampo negli occhi, subito svanito. Sospir
- A che pro? - disse. Frugnella tasca interna della
giacca ed estrasse un lussuoso portafoglio di pelle.
Mi porse qualcosa.
- Be', prendilo. - Fece una pausa calcolata. - Hai paura,
forse?
Allungai la mano, tremando visibilmente.
- Leggilo.
Il ritaglio risaliva a cinque anni prima. Cronaca di San
Francisco. C'era la foto di un uomo che non avevo mai visto.
E accanto, quella di Peggy.
Il titolo:
Studente militare accoltellato
La moglie incinta confessa

Quando Jim si fu allontanato con aria trionfante, corsi
alla mia auto e mi precipitai verso Wilshire ai limiti della
velocitconsentita. Entrai senza bussare, fingendo di
ignorare il tremito da cui ero stato colto nel tornare in quella
casa.
Lei stava facendo la valigia, con un'espressione di
profonda tristezza.
- Peggy.
Mi lanciun breve sguardo e continua darsi da fare,
aggirandosi per la stanza con movimenti rapidi e nervosi. La
osservai per un momento. E non riuscii in nessun modo ad
associare un omicidio a quelle mani.
Mi sedetti sul letto accanto alla valigia. - Peggy.
Nessuna risposta.
- Voglio che tu sappia perchnon sono tornato prima.
- Non importa.
- Davvero?
- No.
- Ho visto Jim questo pomeriggio.
- Capisco - disse in tono gelido. Come se fosse una
donna che se ne infischiava di tutto, e non una ragazza timida
e spaurita, terrorizzata dal mondo e dai suoi molteplici
orrori.
Allungai una mano e la afferrai per un polso. Non mi
degndi alcuna reazione. Si limita guardare fisso davanti a
s
- Mi ha fatto vedere un ritaglio di giornale, Peggy -
dissi.
Abbasslo sguardo su di me.
- Raccontava di come hai ucciso tuo marito - continuai.
Ebbe un brivido, e sentii il suo polso afflosciarsi.
- Jim mi ha anche detto che ti mantieni grazie ai suoi
soldi, non agli alimenti - aggiunsi.
Desideravo con tutte le mie forze che lei mi insultasse,
che mi dicesse che erano tutte bugie. Ma non poteva. Non
disse nulla. Poi, alla fine, sussurr - Lasciami.
- Solo quando mi avrai detto perchmi hai mentito. Su
tante cose.
- Non volevo dirtelo.
- Perch
Lei si morse un labbro ed evitdi guardarmi.
- Peggy, voglio la verit Mi hai sentito?
Soffocun singhiozzo.
- Ma che ragazza sei - dissi - tu che parli d'amore e
nello stesso tempo menti di continuo alla persona che dici di
amare? Che razza di egoista sei...
- Egoista!
Ritrasse bruscamente la mano.
- Egoista, s sono egoista! Molto egoista! Sono stata
allevata da un padre che mi odiava. Che faceva di tutto per
rovinarmi la vita. Sono stata sballottata da una cittall'altra,
senza mai avere una casa. Solamente alberghi, motel e piccoli
appartamenti squallidi accanto alle basi della marina. I
ragazzi tentavano di mettermi le mani addosso. Gli uomini
pianziani mi facevano proposte oscene. E come se non
bastasse ho sposato un animale che mi ha trascinato in una
vita di miseria e di disgusto. Disgusto, capisci? Un uomo che
mi ha messo incinta e poi ha cercato di costringermi ad
abortire! Un uomo che non aveva nessun rispetto per me. Ero
solo un pezzo di carne per lui. L'ho ammazzato e lo
ammazzerei ancora per quello che mi ha fatto! Ho... ho perso
il mio bambino per colpa sua. - Prese fiato, poi aggiunse: -
E adesso... adesso che per la prima volta ho trovato qualcosa
di buono... che cerco di aggrapparmi all'unica cosa bella che
abbia mai avuto nella mia vita... tu mi dici che sono egoista!
S Sono egoista!
Mi dava le spalle. Tremava tutta e piangeva, cercando di
frenarsi. Ma non poteva impedire a tutta la disperazione che
aveva represso per anni di esplodere.
Senza far rumore mi alzai e mi avvicinai a lei. Feci per
metterle le mani sulle spalle, ma rinunciai. Non sapevo che
fare. Mi sentivo terribilmente in colpa. Sembrava esserci una
sola spiegazione. Jim aveva dipinto un quadro gifosco a
tinte ancora pifosche. Per i suoi scopi.
Pianse a lungo. Ci sedemmo sul letto e io continuai ad
asciugarle le lacrime con il mio fazzoletto. Dopo un po'
domandai: - E i soldi?
- Soldi?
- I soldi di Jim.
Mi guardcon aria infelice. - Perch.. che c'di male?
lui che vuole darmeli.
- Ma cosfa di te una mantenuta!
- Non mi ha mai toccato, Davie.
- una questione di principio, Peggy.
Mi guard un po' spaventata.
- Peg?
- S tesoro?
- Tu hai...?
- Cosa?
Rimasi in silenzio, poi alla fine dissi: - Se sei stata tu,
Peggy, io ti capisco, e ti starvicino. Io...
- Sarai fedele alla mia memoria?
- No, io...
- Non ho ucciso Albert.
Mi ci aggrappai. Mi tenni stretto a quella frase e fu come
un tonico, un momento di benessere e di tranquillitdopo
una febbre violenta.
- Ti credo - dissi.
Quel pomeriggio portammo tutte le sue cose nella nuova
abitazione, e io cercai di convincerla a parlare di Jim alla
polizia. Peggy rifiut con la sua logica infantile. Allora le
suggerii almeno di rinfacciare a Jim le sue bugie, ma lei si
rifiutdi fare anche quello. Non era leale, disse.
Cosandai da solo a trovare Jim. Non lo trovai, ma trovai
qualcun altro.
Audrey.
Mi buttle braccia al collo. Indossava un pigiama di seta
nero, trasparente, e nient'altro. Sentii il suo corpo morbido
che aderiva al mio.
- Diamoci un bacio, Dave.
Premette le sue labbra sulle mie, e avvertii una certa
tensione in lei. Il modo in cui si stringeva a me non era
normale.
Il sospetto fu confermato dall'inequivocabile odore di
whisky che emanava dal suo alito.
Fu uno shock. Audrey non aveva mai bevuto al college. Si
limitava a seguire Jim dappertutto, sopportando il suo
atteggiamento indifferente, facendo tesoro delle briciole
d'affetto che lui le regalava.
- Accidenti, Dave, bello rivederti - disse.
- Fa piacere anche a me, Audrey.
Si staccda me, ma continua tenermi le piccole mani
sulle spalle.
- Fatti guardare - disse. - Oh, s Sei un po' ingrassato.
Sono i soldi? O la birra?
Ridacchiai e le diedi un bacio sulla guancia.
- Audrey, Audrey - dissi - che trasformazione! Ti
ricordavo con le scarpe da collegiale e senza trucco, e ti
ritrovo con una nuova pettinatura, un abbigliamento sexy e...
ehm...
- E un bicchiere in mano?
Lasciai cadere il discorso.
- Entra - disse lei - facciamo due chiacchiere. Mi sento
sola.
- Jim in casa? - domandai mentre lei mi precedeva nel
soggiorno, enorme e vuoto in quel momento.
- al lavoro - rispose.
Capii al volo. Troppo disinvolta, troppo immediata, la
risposta le era affiorata alle labbra troppo facilmente. E
questo mi fece capire che c'erano state tante notti in cui
Audrey era rimasta a casa mentre Jim usciva per "lavoro". Il
vecchio modo di dire americano per indicare un tradimento.
S tornava tutto. Gial college se ne intuivano le premesse.
Mi sedetti, e Audrey prepardue drink, forti e
abbondanti. Scolil suo rapidamente e se ne versun altro.
Chiacchierammo un po'. Non fu molto piacevole.
- Talvolta mi viene voglia di urlare - confess a un
certo punto.
Pensai a Peggy. - Anche a me - dissi.
Poi mi alzai. - meglio che vada. - Prima di fare
qualcosa di sbagliato, pensai, ma non lo dissi.
- Addio, Aud...
Mi interruppi quando vidi il suo sguardo. Un respiro
affannoso la scuoteva in tutte le membra. Sembrava che
qualcosa in lei stesse per esplodere.
- Mi viene voglia di urlare - ripet
- Urla - dissi.
Di colpo afferrle mie braccia e mi premette la bocca
aperta sul petto. Sentii il suo grido soffocato penetrarmi nella
carne. Andavanti finchebbe fiato, poi sollevil volto
paonazzo e mi fiss ansimante.
- Ecco - disse, con la voce rotta. - Di solito uso un
cuscino. Grazie per l'aiuto.
Si allontan e io la seguii fuori dalla stanza. Ci
fermammo davanti alla porta.
- Non mi dai il bacio della buonanotte? - domand
Si alzsulla punta dei piedi e mi mise le braccia al collo.
Mi sfiorla bocca con le sue labbra calde, poi sorrise e mi
accarezzla guancia.
- Sei dolce - disse. - Se avessi... - Scrollle spalle. -
Che importa, ormai?
- Addio, Audrey.
- Addio, tesoro.
Uscii e risalii in auto. Rimasi seduto per un bel pezzo a
fissare il parabrezza, rimproverandomi di non essere rimasto
con Peggy.
Poi, mentre accendevo il motore, una luce filtr
dall'ingresso riversandosi sull'auto.
- Dave!
Alzai lo sguardo e vidi Audrey che scendeva i gradini di
corsa. Si era infilata un lungo impermeabile nero con il
cappuccio calato sulla testa. Sulla soglia una cameriera la
guardallontanarsi, poi alzle spalle e chiuse la porta.
Audrey raggiunse di corsa la macchina, aprla portiera e
si infildentro.
- Ti secca dare un passaggio in citta una ragazza?
- D'accordo - risposi, preso alla sprovvista.
Quando fummo sulla Pacific Coast Highway le chiesi dove
volesse andare.
- Santa Monica - disse.
- Non sei vestita in modo adeguato per una serata
mondana - osservai.
- Nel posto in cui vado - disse - nessuno ci farcaso.
- E ciodove?
- Tu lasciami in centro - disse, eludendo la mia
domanda. - Non vado in un posto in particolare.
Probabilmente me ne andral cinema.
- Oh.
Guidai in silenzio per un po'. Audrey guardava il nastro
grigio della strada srotolarsi sotto i fari dell'auto. Il suo volto
era privo di espressione.
- Puoi farmi scendere qui - disse Audrey all'incrocio di
Wilshire Boulevard con la Terza.
- Ti porto in centro.
- Non necessario.
Rallentai all'incrocio con Santa Monica Boulevard.
- Qui va bene - fece Audrey.
Proseguii. Arrivai fino a Broadway. Larrestai la
macchina e lei si volta guardarmi.
- Non sono molto furba, vero? - disse.
Broadway la strada dei bar.
- Vieni con me - le dissi. - Ti faccio conoscere la mia
ragazza.
- Oh, tu hai una ragazza?
- Vieni. Chiudi lo sportello.
- No.
- Peggy ti piacer- aggiunsi.
E dall'espressione dei suoi occhi mi resi conto
improvvisamente che era il marito di Audrey l'uomo che
voleva sposare Peggy. E capii che, contrariamente a quel che
aveva detto Jim, sua moglie non sarebbe stata "d'accordo".
Audrey rabbrivide smontdall'auto.
- Ciao - disse frettolosamente, e richiuse lo sportello.
- Audrey...

Stava givoltando l'angolo. Misi in moto e la seguii. La
vidi entrare al Bamboo Grill.
Andai da Peggy e trovai un biglietto sulla porta.

Davie, venuto Jim. Ha detto che dobbiamo discutere
della mia situazione legale. Volevo aspettarti, ma lui ha
detto che molto importante. Dopo tutto, Davie, io ho
bisogno di un avvocato e non conosco nessun altro e poi lui
non vuole essere pagato. Mi dispiace, ma credo sia meglio
che vada. Per favore chiamami domani mattina. Peg.

Situazione legale. Dubitavo che fosse quello l'argomento
della loro conversazione. Le stava raccontando altre bugie.
Ero imbestialito. Le avevo detto che sarei tornato subito.
Avrebbe potuto aspettarmi. Dopo tutte le tensioni che c'erano
state tra di noi... e ora questo.
Mi fermai accanto all'auto, furibondo, deciso a renderle
la pariglia. Ero nauseato da tutto quanto. Volevo scriverle un
biglietto per dirle che era finita. Volevo farle del male. Ma
sapevo di non averne il diritto.
E tuttavia non avevo voglia di tornare a casa.
Audrey. Giin citt da sola, la mia vecchia amica
Audrey.
Salii in macchina e tornai al Bamboo Grill. Non era l e
non era neanche negli altri quattro bar in cui la cercai. Ma
ordinai da bere in ciascuno di essi.
Nel quinto decisi di lasciar perdere. Trovai un tavolo e
ordinai un altro bourbon con acqua. Ne avevo bevuto met
quando apparve lei. Piovuta dal cielo. Cio dalla toilette
delle signore.
Persino cosinfagottata e trasandata, Audrey era fuori
posto in un locale come quello.
Quando mi passaccanto le dissi: - Posso offrirti da
bere, bambola?
Stava per reagire, poi vide che ero io e mi sorrise.
- Davie!
Si sedette di fronte a me. Aveva ancora l'impermeabile
addosso.
- Da dove sbuchi? - domand
- Sono piovuto dal cielo - risposi.
- Io vengo dalla toilette.
- Mi permetti di offrirti uno Chantilly gigante?
- Credevo che fosse un merletto.
- E chi lo sa? Diamoci alla pazza gioia. Se un merletto,
ce lo beviamo lo stesso.
Bevemmo parecchio. Il tempo sembrava volare, e io mi
ritrovai seduto al suo fianco anzichdi fronte a lei,
perfettamente cosciente della mia ubriachezza, ormai privo di
equilibrio, ma con una sensazione di incredibile lucidit
come se la mia mente annebbiata brillasse come una gemma.
Verso mezzanotte, ricordo che posai la mia bocca sulla
sua e sentii risvegliarsi tutto il mio istinto animale. Ma non
mi importava. Lei non fece alcun tentativo di bloccare il mio
approccio.
In qualche modo ci ritrovammo nella mia auto a
percorrere Lincoln Boulevard, diretti a Wilshire. Questo me
lo ricordo. Parcheggiammo, uscimmo dall'auto ed entrammo
nella mia stanza. Nell'oscuritci muovevamo a tentoni, come
in un sogno. Le tolsi l'impermeabile e lasciai che tutto ciin
cui credevo fosse spazzato via dall'ondata di desiderio
selvaggio che mi aveva invaso.
Era buio. Lei mi stava aspettando, in quella fredda
oscurit
Fu allora che un'auto sbuclentamente dal vialetto
accanto alla casa, rischiarando il volto di Audrey.
La guardai. Era stravolta. La luce di quei fari fu come un
lampo rivelatore su quel viso privo di espressione.
Le sue guance erano rigate di lacrime.
- Audrey - dissi con voce rotta. Un'improvvisa
sensazione di gelo si impadrondi me, paralizzandomi.
Rimasi immobile, scosso da un brivido. Poi sollevai le
lenzuola e la coprii. Senza dire una parola, mi chinai e le
diedi un bacio sulla fronte.
Non avevo il coraggio di parlare. Ma quando feci per
allontanarmi lei mi mise le braccia intorno al collo.
- Mi dispiace - sussurr - Ho cercato di convincermi
che era giusto. Ma...

Per poco non caddi gidalla poltrona per lo spavento
quando sentii bussare alla porta. Un rumore forte, violento.
Balzai in piedi, tendendo la schiena e il collo intorpiditi.
Il cuore mi batteva all'impazzata, la testa mi faceva male.
Di colpo mi venne in mente Audrey e rimasi senza fiato.
Il mio sguardo si posrapidamente sulla sua sagoma scura.
Non sapevo che fare. In piedi, tutto tremante, continuavo
fissare stupidamente il letto, poi la porta. Con un sussulto
sentii Audrey agitarsi nervosamente. Gemette e si girsu un
fianco. Ero come paralizzato. Riuscivo solo a pensare a Peggy
fuori dalla porta. Le mie pretese di innocenza non avrebbero
avuto alcun effetto su di lei.
Andai alla porta.
- Che succede? - domandAudrey spaventata e ancora
insonnolita, alzandosi su un gomito.
- Shhh! - sussurrai, in preda all'ansia.
Feci appena in tempo a tirarmi indietro che la porta si
aprcon un violento scossone e vidi una figura sulla soglia,
illuminata dalle luci del corridoio. Una figura alta, massiccia,
muscolosa.
Steig.
Entre accese l'interruttore.
Non so cosa provai in quei primi istanti. Vergogna, paura,
rabbia. Ma lo aggredii.
- Fuori di qui! - gridai.
Le mie parole furono troncate a metda un destro
micidiale di Steig che mi raggiunse allo stomaco, facendomi
piegare in due.
La notte intera mi caladdosso. Chino in avanti, cercai di
riprendere fiato. Il pavimento mi ballava davanti agli occhi.
Un altro pugno alla tempia mi colpcome un maglio e mi
spedcontro il tavolo facendomi crollare a terra insieme a
tutto quel che c'era sopra.
- Smettila! - urlAudrey. - Smettila, Steig!
Fui rimesso in piedi, e un nuovo macigno mi si abbatt
sul viso. Sentii il sangue caldo che mi colava gidal naso e un
dolore lancinante alla testa.
- Tu sta' fuori! - ringhiSteig. - Sta' fuori!
Penso che avrebbe finito per ammazzarmi se Audrey non
fosse saltata su e non gli avesse bloccato il braccio. Lei era la
moglie di Vaughan, del signor Vaughan. Non poteva rischiare
di farle del male.
Fu costretto a lasciarmi andare. E lo fece
scaraventandomi dalla parte opposta della stanza. Andai a
sbattere contro il pannello che separava l'angolo cottura e
scivolai a terra accartocciandomi sul tappetino.
Sentivo Audrey che strillava: - Lasciami! - ma non
potevo far niente. Ero annientato. Stavo precipitando in un
abisso scuro in cui c'era solo dolore... dolore... dolore...

4
Per un paio di giorni mi sentii da cane.
Poi andai da Peggy. Era in casa, e c'era anche Dennis. Ed
ebbe inizio un altro orribile pomeriggio. Dennis era di umore
schifoso e mise in chiaro che stava dietro a Peggy e non
voleva che io la vedessi. Tra una cosa e l'altra finimmo per
venire alle mani. Sfogai su Dennis tutta la rabbia che avevo
accumulato contro Steig e a termine dello scontro lo lasciai
pesto e sanguinante.
Mentre si lui si rialzava a fatica, Peggy annunciche
sarebbe stato "carino" se avessi accompagnato Dennis a casa.
Molto carino.
Accompagnai Dennis a casa.
Il giorno seguente, Peggy venne a dirmi che Jim voleva
invitarci a cena fuori e poi al Bowl per un concerto.
Invitarci?
Certo, disse lei. Noi due. Peggy e io.
- Sono sicuro che saruna serata deliziosa per tutti e tre
- commentai...
A cena, una delle prime cose che disse Jim fu: - David,
vorrei scusarmi sinceramente con te per il terribile sbaglio
commesso da Steig l'altra notte. Credo che sia saltato subito a
conclusioni ingiustificate.
Scrollle spalle, recitando a meraviglia la parte della
persona mortificata.
- Steig si preso una bella punizione - continu con un
tono severo da maestro di scuola.
- E quale? - domandai. - Gli hai portato via i suoi
ragnetti preferiti?
Sorrise. Un sorriso perfettamente calibrato. Una sapiente
mistura di divertimento e distacco. Come se dicesse a Peggy:
lo vedi, mia cara, te l'avevo detto che questo zoticone
incapace di comportarsi in maniera civile.
Bevvi parecchio durante la cena. Non so cosa mi avesse
preso. Probabilmente sono un po' immaturo. Non riuscivo a
prendere la serata dal verso giusto. Non potevo battere Jim
sul suo terreno, in un gioco di cui lui stesso aveva definito le
regole. Fin dall'inizio avevo la sensazione di essermi fatto
incastrare come un idiota.
Il risultato fu che bevvi e mi comportai come un bambino
per tutta la sera.
Al Bowl mi feci subito notare scivolando gidalla sedia.
Dopo andammo al Mocambo. Tutto ciche ricordo sono
le risate della gente, il fumo delle sigarette e un unico ballo
con Peggy, che evitava di guardarmi negli occhi.
Continuavo a bere. Vedevo la stanza che mi girava
intorno. Non sentivo piil gusto dei drink. Erano pure
iniezioni di alcool. Anche Peggy ne bevve qualcuno, e cos
Jim.
A un certo punto ci alzammo. Un fascio di banconote di
grosso taglio venne fuori ondeggiando dal portafoglio di Jim,
come una folla di fedeli da un santuario. Barcollai, sul punto
di cadere. Jim mi prese un gomito e mi guid
- Andiamo! - esclamai, con voce stentorea. Un vero
duro. Com'era quel vecchio ritornello? Oh, quel povero idiota
di Davie!
Fuori in strada, finalmente, reagii. Sentii una calma
improvvisa dentro di me. Un desiderio di liberarsi di tutto e
di tutti, per sempre.
- Buonanotte - dissi in tono disinvolto mentre Jim
aiutava Peggy a salire in macchina, e mi avviai.
- Davie.
La voce di Peggy era piirritata che preoccupata. Non le
badai e mi incamminai rapidamente verso Sunset Boulevard.
Fu un errore, come scoprii pitardi.
Non mi seguirono. Jim riusca dissuaderla, immagino. E
lei era abbastanza arrabbiata da accettare.
Non so per quanto tempo vagabondai. La notte avanzava,
e io con lei. Tutto mi vorticava attorno, fu per pura fortuna
che non mi feci stirare da una macchina. Andai a sbattere
contro una coppia che mi parve piuttosto disgustata. Cercai di
entrare in una Ford del 1940 che apparteneva a qualcun altro,
convinto che fosse la mia.
Non ricordo proprio tutto. Ma ricordo che mi fermai in un
chioschetto a bere caffe a discutere di religione con il
proprietario. Ricordo che mi sedetti sul bordo del
marciapiede ad accarezzare un collie tanto paziente da
sopportare il mio alito da alcolizzato e il mio borbottio
soporifero. Ricordo che mi sdraiai supino nel giardino di
qualcuno a guardare le stelle, canticchiando tra me e me una
versione purgata di Nagasaki con variazioni sui versi che
parlavano della bomba atomica.
Poi, finalmente, in qualche modo traverso ritrovai la
strada per Wilshire Boulevard e salii su un autobus rosso.
Scesi in Western Avenue, recuperai la macchina dove l'avevo
lasciata e tornai alla mia stanza.
Ricordo la chiave nella serratura, la porta che si apre. Il
mio brancolare da ubriaco alla ricerca dell'interruttore, una
luce che si accende.
Un respiro profondo. Una stretta al cuore.
C'era Dennis sul mio letto.
E nel suo cranio, un punteruolo da ghiaccio.

5
Non so per quanto tempo rimasi la fissarlo. Poi mi
guardai le mani tremanti e di colpo fui perfettamente lucido.
Dennis, morto.
Chi? Superato in parte lo shock iniziale, fui finalmente in
grado di pormi quella domanda. Chi era l'assassino? Ancora
un punteruolo.
Peggy era rimasta fuori con Jim. Ma a che ora era tornata
a casa? Mi scrollai e mi precipitai fuori dalla stanza. Saltai in
macchina e accesi il motore.
Poi lo spensi e tornai indietro di corsa. Cercai di non
guardare quegli occhi vitrei e sbarrati, quella grande macchia
di sangue sul mio cuscino. Tirai su il copriletto azzurro per
coprirgli il corpo, il viso. Poi spensi la luce e tornai alla mia
auto.
Fu un errore. Ma quando mai ci si comporta nel modo
giusto quando si completamente sconvolti?
Svoltai all'angolo con la Quindicesima e raggiunsi la casa
di Peggy. Vidi una luce accesa nel suo salotto mentre
attraversavo il prato.
Era sola, seduta in vestaglia a leggere un libro. Mi ero
dimenticato della notte appena trascorsa. Riuscivo a pensare
solo a Dennis.
Bussai.
- Piccola, da quanto tempo sei qui? - le chiesi
precipitosamente non appena mi apr
- Che cosa...
-Da quanto tempo, Peggy? - ripetei, afferrandola per le
spalle.
Lei si divincole mi diede uno schiaffo.
- Toglimi le mani di dosso! - url furiosa.
Tremava, il petto scosso da un respiro affannoso.
- Dennis nella mia stanza - dissi.
- Cosa c'entra questo con...
- morto.
Mi fiss - Che stai dicendo?
- Ha un punteruolo da ghiaccio nel cranio - dissi
lentamente, e vidi il suo viso cambiare aspetto e assumere
un'espressione smarrita. Aprla bocca, fece qualche passo
indietro e crollsul divano, fissando la parete di fronte.
- Lui ..?
Non dissi nulla.
- Dennis?
- S Dennis. Da quanto tempo sei tornata?
- Io... non so. Qualche ora, credo.
- Pensaci!
- Era... mi ricordo che ho guardato l'orologio. Stavamo
svoltando all'angolo con Wilshire Boulevard, credo. S noi...
- A che ora?
- Mezzanotte e trentacinque. No, quarantacinque.
Guardai il mio orologio. Erano le quattro passate.
- Jim si fermato qui? - domandai.
- Un po' - rispose.
- Quanto?
- Oh... venti minuti.
Di colpo si gettnelle mie braccia, piangendo. Le sue dita
si aggrappavano forte a me.
- Davie, Davie, che sta succedendo?
- Va tutto bene - dissi - so che non sei stata tu.
Sussult come se l'avessi schiaffeggiata.
- Io? - disse. - Credevi che l'avessi ucciso io!
Si staccda me.
- Vattene! Va' via di qui!
- Peggy, ascoltami.
- No, non voglio ascoltarti - replic - Ne ho
abbastanza di te. Sei sempre diffidente, aggressivo.
Mi guardadirata, le mani contratte.
- Ascolta, Peggy - dissi - lasciamo da parte l'orgoglio in
questo momento. Ci sono stati due omicidi in questa
settimana. Mi sembra un po' piimportante del tuo amor
proprio, non credi?
Lei distolse lo sguardo. - Non lo so. So solo che sono
stanca di tutto. Sono stanca. Non riuscirmai a essere felice.
- Ti lascio sola allora. Puoi andare a dormire. Ma ti
consiglio di chiamare Jim. meglio che verifichi se ti ha
procurato un alibi.
Lei mi guard ma io uscii, ripresi la macchina e tornai
verso casa mia. Pensavo di andare a piedi al distributore di
benzina per telefonare a Jones.
Non mi accorsi della grossa auto mentre parcheggiavo.
Non mi accorgevo di nulla, ero talmente sconvolto.
Ma trovai due uomini in borghese ad aspettarmi. - Sono
lieto che abbia avuto il buon senso di tornare indietro - disse
Jones.

Il cadavere era sparito. Jones e io eravamo seduti nella
stanza.
- Cos questa la sua versione - disse lui.
- facile da verificare. Chieda a Peggy Lister. Chieda a
Jim Vaughan. Ero con loro.
- Ma per un lungo lasso di tempo non stato con loro.
- Ho visto delle altre persone.
- Controlleremo con Vaughan, prima di tutto.
- Lei davvero convinto che io stia mentendo?
Alzle spalle. - Il punteruolo proviene dal suo cassetto.
- Lei... lei crede veramente che sia stato io?
Alznuovamente le spalle. - Almeno per il momento.
- Sta dicendo sul serio? Per l'amor di Dio, perchsarei
tornato qui, se fossi stato io?
- Venga.
- Le ho detto che stavo per telefonarle!
- Vuol venire o no?
- Ascolti...
- Andiamo, figliolo. Prenda i suoi effetti personali e
usciamo di qui.
Fu cosche trascorsi la mia prima notte in galera, steso
su una branda in una cella, a fissare il muro. Ascoltando un
ubriaco che cantava canzoni della sua giovinezza.
Il mattino dopo mi condussero nell'ufficio di Jones.
Restai in attesa, nervoso, mentre lui esaminava alcuni
documenti. Osservai le sue mani sottili dalle vene bluastre
sfogliare le carte. Guardai la sua faccia magra, i suoi occhi
scuri.
Infine lui poslo sguardo su di me.
- Coslei era con Vaughan - disse.
- quel che le ho detto. Avete parlato con lui?
- S
- Ebbene...?
Continuava a guardarmi e a non rispondere, e
all'improvviso mi sentii mancare il terreno sotto i piedi.
- Oh, no! - dissi.
Mi guardsenza dire una parola. Fece cenno di s
- Ma pazzesco! Cio davvero lui ha detto che non era
con me ieri notte?
- Ha detto proprio cos
- Be', sta mentendo, dannazione! Non evidente?
Scosse il capo.
Le mie mani si misero a tremare. - Avete chiesto a
Peggy?
- S
Fu come un pugno nello stomaco. Mi sembrava di
impazzire.
- Mi faccia capire - dissi. - Peggy sostiene che non ero
con loro ieri notte?
- Per quanto tempo ha intenzione di insistere con questa
versione? - chiese Jones.
- Lei sa che a volte le persone mentono?
- S l'ho sentito dire - rispose, lo sguardo puntato su di
me.
- Peggy - mormorai. - Peggy. Ha mentito su di me. Non
possibile. Non... non capisco.
- Mi racconti quello che successo ieri notte.
- Ma gliel'ho gidetto.
- Me lo dica un'altra volta.
Lo feci. Alla fine lui mi rivolse uno sguardo penetrante.
- Cosstanno le cose, dunque?
- Gi proprio cos Perchdovrei mentire?
- Per salvarsi la pelle.
- Mi ascolti, Jones - dissi. - Lei sta prendendo per
buona la versione di quel farabutto coi capelli rossi che sta
solo cercando di liberarsi di me, coscome ha sempre fatto
con tutti.
Mi fissa lungo, finchnon cominciai a innervosirmi.
- Non so se lei stia dicendo la veritoppure no - disse
infine. - Sono propenso a crederle. Non credo che lei abbia
potuto inventarsi su due piedi tante bugie cosfacilmente
verificabili, e poi confermarle. Ma... a meno che uno di quei
due non cambi la sua versione, non posso fare granch
Quello che lei mi dice potrebbe essere falso.
Fui ricondotto in cella.
Passai la mattinata a leggere il giornale. La storia era in
prima pagina. Non c'era una mia foto, solo un'immagine del
posto in cui abitavo. La proprietaria non mi sarebbe stata
molto grata per questo. Ora la sua casa avrebbe avuto una
pessima reputazione...
A mezzogiorno un poliziotto aprla mia cella e mi fece un
cenno col capo.
- Prendi la tua roba - disse.
Uscii e mi trovai di fronte Steig. Fui llper esplodere e
rifiutare la cauzione, ma poi decisi diversamente.
Mentre uscivamo Steig disse: - Il signor Vaughan vuole
vederti.
- Io non voglio vedere lui.
- Tu va con me - ribad imperiosamente.
- Stammi a sentire, bestione - feci, troppo arrabbiato
per avere paura. - Io non va con te. Se vuoi provare a
convincermi, fa' pure. Ti spacco la faccia.
Girai sui tacchi e me ne andai.
Steig fu troppo stupito della mia aggressivitper reagire.
Si limita guardarmi, mentre mi allontanavo...

Trovai Peggy in salotto. Entrai senza bussare e lei
sussultvedendomi arrivare.
- D'accordo - dissi - parliamone.
Lei si alz e io l'afferrai per un polso.
- Allora?
- Mi fai male!
- Anche tu mi fai male! - replicai. - Non ti importa
proprio nulla di vedermi finire sulla forca per omicidio?
Ne avevo viste di facce sbigottite nella mia vita. Ma quella
di Peggy le batteva tutte.
- Ma lui mi ha detto che... - abbozz
- Chi? Vaughan? Cosa ti ha detto? Che non avevano
prove contro di me?
- Io... s
- Be', io sono l'unico indiziato. Chi diavolo credi che
sospettino? Dracula?
- Non capisco, Davie...
- Ci avrei scommesso - dissi. - Ascolta, Peggy, forse
non ti rendi conto di quello che sta succedendo. Ci sono stati
due omicidi, due!
- Ma tu non hai...
- Io lo so e tu lo sai e Jim lo sa. Ma se nessuno di voi due
dice la verit chi credera me?
- Io... - Si passuna mano sulla guancia.
- Cosa ti ha detto? Avanti, mettiamo le carte in tavola.
Davvero ti ha detto che non sarei stato sospettato?
- S Mi ha detto che loro... non avevano nessuna prova
contro di te. E quindi era meglio che noi non venissimo
coinvolti. Cio che io non venissi coinvolta.
- Un uomo morto nella mia stanza con un punteruolo
preso dal cassetto della mia cucina, e io non dovrei essere
sospettato! Avanti, Peggy, che ti prende? La tua ingenuit
quasi criminale.
- Lo so. Ma lui... - Scosse la testa. - Ha detto che era
meglio per noi.
- E tu ti sei semplicemente... fidata delle sue parole.
- Be'...
- Peggy, quando comincerai a pensare con la tua testa?
Mi guardcon aria di sfida per un istante, poi abbassgli
occhi.
- Cosa ti ha detto esattamente? - domandai.
La sua voce era sconsolata. - Ha detto che avrebbe
riaperto il mio vecchio caso. Che sarei stata condannata a
morte per quello.
- Non puoi essere processata due volte per lo stesso
reato!
- Lui ha detto che...
- Lui ha detto, lui ha detto! Cos' un oracolo, forse? Non
hai un minimo di cervello?
- La mia vita nelle sue mani - mormor
Il solo pensiero era intollerabile.
- No - replicai. - Non ha nessun potere su di te. Ti
preoccupi pidi lui che di me?
- Davie...
- Che razza di sentimento provi per me, allora?
- Ti prego, Davie.
- Ascolta - dissi, incredulo. - Questa una cosa seria.
- Avevo paura...
- Paura. Anch'io ho paura, Peggy. Jim ha detto che mi
avrebbe sistemato in un modo o nell'altro.
- Jim non puavere ucciso suo fratello.
- Jim ucciderebbe anche sua madre se gli facesse
comodo.
- No.
- Gli fa comodo togliermi di mezzo. E ci riuscir se tu
continui a raccontare bugie su di me.
Lei mi rivolse uno sguardo assente, poi annu
- Va bene - disse a bassa voce. - Questo pomeriggio
andrdal tenente Jones e gli dirche tu eri con noi.
Mi rilassai. Non mi capitava spesso, in quei giorni.
Sapevo che avrei dovuto cominciare a preoccuparmi di quel
che avrebbe fatto Jones, vedendo che Peggy cambiava
versione nel corso delle indagini. Era gistata condannata
per omicidio una volta, ed era di nuovo sospettata per lo
stesso reato.
- Grazie - dissi. - Ora devo andare.
Cominciavo a presagire la fine della nostra relazione. Non
vedevo come potesse sopravvivere a tutto questo. Anche se io
amavo Peggy. Ma bisogna ammetterlo: non basta, se manca
qualcos'altro.

6
Mi sbagliavo. Diversi giorni dopo il funerale di Dennis,
Peggy e io raggiungemmo un'intesa. Lei accettdi sposarmi.
Stavamo tornando a casa sua dopo una scampagnata nei
boschi. Ero riuscito a placare tutta la sua repulsione nei
confronti degli uomini, persino lo squallido, orribile fatto che
anni prima suo padre aveva... mi rifiutavo di pensarci. Ora il
mio amore stava per sposarmi. Non c'era spazio per altri
pensieri nella mia mente.
Quando entrammo in casa di Peggy, trovammo Jim seduto
sul divano. Era vestito in modo informale, giacca di pelle
scamosciata marrone e una camicia sportiva a piccoli disegni
fantasia.
- tutto il giorno che ti cerco, Peggy - disse con tono
deciso. Non mi degnneanche di uno sguardo.
- Jim - intervenni.
- Ti prego di vestirti il piin fretta possibile - continu
lui, rivolto a Peggy. - Siamo invitati a un barbecue nella casa
al mare di Lamar Brandeis. Siamo giin ritardo. Non carino
far tardi alla festa di un produttore.
Mantenni la calma. Fra poco la mannaia si sarebbe
abbattuta sulla sua testa. Guardai Peggy.
- Jim, io... - inizilei.
- Peggy, vorrei che ti sbrigassi.
Lei fece un respiro profondo.
- Non posso, Jim.
Lui inarcle sopracciglia, e fui tentato di applaudire
quella magnifica esibizione di mimica facciale.
Jim la fissava con aria severa.
- E perch se lecito? - disse, continuando a
ignorarmi.
- Jim, io...
Non riusca concludere. Sembrava paralizzata da quegli
occhi grigio-azzurri che la fissavano inquisitori, arroganti,
quasi ipnotici.
- Peggy resta qui - dissi.
- Non sto parlando con te!
Stava perdendo le staffe, finalmente! E proprio davanti a
Peggy. Ne fui quasi deliziato. Finalmente rivelava il suo
essere spregevole, che per troppo tempo le aveva nascosto.
- Senti tu, imbecille presuntuoso... - cominciai.
- Davie - implorlei. Tacqui, e lei fissJim
mordicchiandosi il labbro, imbarazzata.
- Jim...
- Allora, che cosa c' Peggy?
- Jim, Davie e io abbiamo deciso di sposarci. - Parla
bassa voce, con un tono a mettra la sfida e la consueta
timidezza.
Il corpo di Jim Vaughan si contrasse, ebbe una specie di
cedimento, come un muro che sta per crollare. La guarde
per la prima volta in tanti anni che lo conoscevo rimase senza
parole. Finalmente qualcuno lo aveva ferito profondamente.
E improvvisamente mi resi conto che Jim era nella stessa
condizione di Peggy e Audrey. Di tutti noi, in un certo senso.
Aveva un disperato bisogno di amore sincero, e non ne aveva
mai ricevuto. E ora rischiava di esserne distrutto, perchla
corazza che lo proteggeva cominciava a incrinarsi.
- Non vero - disse.
Lei annu - S vero.
Jim sembrava svuotato. Reagcon uno sforzo di volonte
riusca produrre un lieve sorriso.
- Ah s E gli hai giraccontato di come hai ammazzato
Albert? Sarfelice di...
- Le tue bugie non funzionano pi- lo interruppi.
- Bugie?
- Io so chi ha ucciso Albert. E Dennis. So dei tuoi litigi
con lui. So che era pazzo di Peggy e che non voleva starti a
sentire quando gli intimavi di starle lontano. Lo hai ucciso tu!
Jim andalla porta, poi si voltverso di noi con
un'espressione glaciale. Il suo sguardo si possu di me come
la benedizione di un cobra.
- Allora forse sai anche come fare a vivere abbastanza da
sposare Peggy.
Lei trattenne il fiato. - Jim! Non vorrai...
Per un attimo il volto di Jim perse ogni controllo e il suo
sguardo fu quello di un animale, pieno di odio e di
frustrazione. Fu terribile.
- Farei qualunque cosa per te - disse. - Ho mentito, ho
imbrogliato per te. Ho ucciso per te. E adesso...
Continuava a parlare, ma io non lo ascoltavo pi travolto
da un'improvvisa esplosione di gioia.
Aveva confessato! Peggy era libera. Ferita nell'anima,
spaventata... ma libera.
La cinsi con un braccio. - Lascialo perdere. Non devi
discutere con lui. Guardalo, Peggy. finito.
Nel pronunciare queste parole sentii un vuoto allo
stomaco, perchmi resi conto che da quel momento in poi la
mia vita era in pericolo. Qualunque possibile amicizia fra noi
era stata spazzata via definitivamente.
Lo sguardo di Jim era freddo, omicida.
- da molto tempo che ti detesto - disse - e ora farin
modo di non averti pifra i piedi.
Mi irrigidii istintivamente, quasi temendo che si mettesse
una mano in tasca e tirasse fuori una pistola. O un punteruolo
da ghiaccio, suggerla mia immaginazione.
Ma avrei dovuto saperlo. Non era questo il suo modo di
agire. Una volta l'avevo visto rifiutarsi di pulire il pavimento
della sua stanza al pensionato universitario. Avrebbe sempre
trovato qualcuno che facesse il lavoro sporco per lui. E
l'omicidio era un lavoro sporco.
Si limitad aprire la porta.
- Buonanotte - disse con tutta la disinvoltura che i suoi
nervi scossi gli consentirono.
Poi chiuse la porta con calma e lo sentimmo camminare
sul sentiero, senza fretta, recitando la sua parte sino in fondo
come se cercasse di ingannare persino se stesso con quella
apparente tranquillit Restammo in silenzio finchil rumore
dei suoi passi non si spense.
Le mani di Peggy tremavano.
- Non sapevo che fosse cos- disse, terrorizzata. - Non
avevo mai neanche sospettato che lui fosse cos
- Lo so, Peggy.
- Cos'hai intenzione di fare?
Per tutta risposta, andai al telefono e composi un
numero.
- Tenente Jones - dissi, quando sentii la voce all'altro
capo del filo.
Sentii la stretta della mano di Peggy che si allentava.
- S
Era lui. Gli riferii le parole di Jim.
- Farin modo di bloccarlo - disse lui - e lei meglio
che faccia un salto da queste parti, domani mattina. Con la
signorina Lister. Il suo alibi la scagiona... ma ci sono ancora
alcune formalitda sbrigare.
- Ci sar
- D'accordo. Mi ha detto che si appena allontanato
dalla Quindicesima?
- Esatto.
- Bene. Addio.
Riagganciai e guardai Peggy.
- tutto finito, piccola - la rassicurai.
Quanto mi sbagliavo!

7
Giunto a casa, aprii la porta... e vidi Jim seduto
nell'ombra.
Stavo per saltargli addosso, ma mi puntaddosso una
pistola.
- Resta dove sei, David - disse - o mi toglierla
soddisfazione di ficcarti una pallottola nella pancia. -
Durante il tragitto, Jim si era scolato qualche bicchierino
veloce, roba forte. Non era abituato all'alcool e il fatto che
avesse bevuto era evidente. Quel sorriso, quel leggero, quasi
impercettibile disordine. Il nodo alla cravatta lievemente
storto, i capelli appena un po' spettinati, il cappello non
proprio inclinato nella giusta posizione. Non mi stupiva.
Ricordavo le poche volte che Jim si era ubriacato, al college.
Si era comportato in modo piuttosto imprevedibile. Ma
questa volta aveva una pistola in mano. E mi odiava.
Mi avvicinai alla sedia.
- Dovrei ucciderti - disse - adesso, mentre ne ho
l'occasione.
Il rombo di un motore. I fari che si avvicinavano al
marciapiede. Li vidi, con la coda dell'occhio. Ebbi un tuffo al
cuore. Era Jones? E in questo caso, avrebbe fatto rumore
avvicinandosi alla porta?
Per fortuna Jim era ubriaco, altrimenti avrebbe senz'altro
notato la portiera dell'auto che sbatteva, i passi all'entrata e
la sagoma scura che si fermava fuori accanto alla finestra,
senza far rumore.
- Ora che stai per uccidermi - dissi - puoi raccontarmi
come hai ucciso Albert e Dennis.
Mi guardcon un lieve sorriso sprezzante sulle labbra. La
luce si rifletteva sulle lenti senza montatura.
- Li hai uccisi tu, vero? - dissi, sperando che il tono di
voce non tradisse la mia impazienza.
Il suo volto si fece serio. - Certo che sono stato io. Si
erano messi in mezzo.
- Albert?
- L'aveva aggredita.
- E Dennis?
Sembrava troppo bello per essere vero. Una confessione
alla presenza di un tenente di polizia.
- inutile parlarne - disse, sollevando la pistola.
- E ora, una terza vittima?
Jim non puntava l'arma verso di me. Si limitava a tenerla
in mano distrattamente.
- Chi lo sa?
- Pumettere gila pistola, ora - esclamJones dalla
finestra.
Vaughan ebbe un leggero sobbalzo, ma non si volt
Rimase un istante in silenzio, come se si aspettasse che Jones
dicesse ancora qualcosa. Poi sulle sue labbra fiordi nuovo
quel sorriso. Sembrava troppo ubriaco, troppo emotivamente
provato per avere paura.
- In trappola - disse.
Jones lo trascinvia...
Mi precipitai da Peggy a raccontarle tutto e decidemmo di
andare a Tijuana il giorno seguente.
Mettemmo in una valigia le sue cose, poi io tornai a casa
mia e preparai la mia roba.
Dormii quella notte. Spensi la luce senza nessun timore.
tutto finito, pensai, chiudendo gli occhi.
No...
Perchil giorno seguente, dopo essere andato da un
dottore, aver scelto una fede matrimoniale e aver comprato
una bottiglia di champagne da aprire quella sera, trovai un
biglietto infilato sotto la mia porta.
Lo aprii.
Dapprima non riuscii a crederci. Sembrava uno scherzo
crudele.
L'intestazione era quella della Polizia di Santa Monica, e
il messaggio diceva che...
Mi precipitai verso Wilshire piin fretta che potevo.
Svoltai all'angolo con la Quindicesima e frenai bruscamente
davanti a casa di Peggy.
Varcai di corsa la soglia.
Lei si voltdi scatto quando entrai, spaventata.
- Davie! Cosa c'
- Hai finito di fare le valigie? - le domandai
precipitosamente. - Dobbiamo andar via subito.
- Perch
Le porsi il biglietto. Lei lo lesse, poi mi guard
terrorizzata.
- Jim? - disse.
Il biglietto diceva che Jones non si era ancora presentato
in Centrale.
Lanciai l'auto a tutta velocitper Lincoln Avenue. Ogni
volta che incontravo un semaforo rosso pensavo a un
complotto. Tenevo gli occhi incollati alla strada. Non stavo
andando alla polizia. Non volevo rimanere in citt Volevo
andarmene, e in fretta.
Mi ricordo che guardavo dallo specchietto retrovisore. Ma
non vedevo nulla. Perch istintivamente, cercavo solo una
Cadillac nera.

Tijuana. Cinque ore di un viaggio da incubo, senza dire
una parola. Controllavo lo specchietto retrovisore, mentre
Peggy seduta al mio fianco mi lanciava ogni tanto uno
sguardo spaventato.
E fu in quel piccolo posto che infilai la vera nuziale al
dito di Peggy. Ma sentivo che qualcosa non andava. Era come
se ci fossi costretto. Come se non fossimo veramente convinti,
ma dovessimo andare comunque fino in fondo. Inevitabile.
Nessuna spontaneit nessuna allegria,nessun piacere. Il fatto
che un uomo mi seguisse per uccidermi mi logorava i nervi. E
se io ero a disagio per quel matrimonio troppo affrettato,
Peggy lo era molto pidi me.
- Che c' - le domandai.
Per gli ultimi quindici chilometri aveva fissato la strada
di fronte a s con sguardo malinconico. Scosse la testa.
- Che c' - domandai di nuovo.
Cercdi sorridere e posla sua mano sulla mia, in un
gesto rassicurante. - Nulla - rispose.
- Dimmelo.
Scrollle spalle. - Oh...
- Credo di saperlo - dissi. - il matrimonio. Il modo in
cui stiamo precipitando le cose. Non quello che avevo
sperato. Non sembra affatto un matrimonio.
- Io... probabilmente mi ricorda il mio primo
matrimonio. La stessa fretta e... avevo ancora pipaura,
allora.
- Paura?
- Di lui. Del... mio... di George.
- Di cosa hai paura adesso?
- Non di te - disse, in tono poco convincente. - Di Jim,
suppongo.
Anche questo sembrava poco convincente. Cercai di
distrarla. Credevo di sapere di cosa aveva paura.
- Appena avremo notizie di Jim in un modo o nell'altro
- dissi - faremo un vero matrimonio in chiesa. Torneremo a
New York e inviteremo tutta la mia famiglia.
Lei si voltcon un sorriso sul volto tirato. Avevamo
trascorso l'intera mattinata e il pomeriggio in macchina.
- Davvero? - domand
- Davvero.
Si appoggia me stancamente e si rilassper un
momento, tenendomi la mano.
Stava facendo buio e io ero assonnato e stanco. E
affamato, anche. Non avevamo mangiato molto per tutto il
giorno e il mio stomaco era quasi vuoto.
Firmai il registro del motel cercando di sorridere a Peggy
nel modo piamabile possibile.
Signor David Newton e signora, Los Angeles.
Prendemmo il vialetto che portava al nostro alloggio sotto
un cielo nascosto da nuvole di polvere. E provammo a far
finta di essere felici.
Ma il minimo rumore ci faceva sobbalzare.
Appartamento K. Un vero disastro. Una piccola
costruzione sghemba, dipinta di verde e bianco e con la
vernice spessa almeno due dita. Le persiane sbilenche, le
tende alla finestra che penzolavano desolatamente.
Mi fermai davanti alla porta e guardai Peggy. Lei scosse
la testa e io non mi avvicinai. Attraversare quella squallida
soglia con lei in braccio sarebbe stata una tragica
pagliacciata. Mi limitai ad aprire la porta e a farmi da parte.
Lei entre si ferma osservare la stanza mentre io
posavo le valigie sul letto. L'interno era spaventoso. Senza un
briciolo di romanticismo. Niente caminetti, balconi affacciati
sul lago, finestre a graticcio coperte di rampicanti. Solo un
pavimento polveroso e un vago sentore di whisky irrancidito
nell'aria.
L'espressione sul volto di Peggy spazzvia la mia
irritazione e le mie preoccupazioni. Le presi una mano.
- Peg - dissi - mi dispiace. Vorrei che fosse un castello.
Ma tutto ciche abbiamo a disposizione in questo
momento. Abbiamo bisogno di dormire.
- Lo so - rispose lei, senza entusiasmo.
Mentre era in bagno andai a parlare col direttore.
- Ehi, si puavere qualcosa da mangiare? - domandai.
- Temo di no - rispose. - Ci sono solo delle caramelle.
E quel distributore di popcorn laggi
- E del ghiaccio?
- Non ne ho molto, signore. Non facile trovare del
ghiaccio da queste parti.
- Senta, ci siamo appena sposati. E ho una bottiglia di
champagne nella borsa. Non puprocurarci un po' di
ghiaccio? Magari un secchiello o qualcosa del genere?
Mi guardcon aria meditabonda. Poi si impietos Prese
un secchio e ci mise un pezzo di ghiaccio dentro.
- Cinquanta centesimi - disse.
Pagai, cercando di mantenere la calma. - E i bicchieri? -
domandai, irritato.
- I bicchieri sono in camera.
- Non posso mettere questo pezzo di ghiaccio nei
bicchieri - dissi.
E lui frugsotto il banco...
- Voil - esclamai quando lei uscdal bagno. Dopo aver
ridotto il ghiaccio a pezzettini avevo deciso di raffreddare la
bottiglia mettendola nel secchio. Ma lo strato di ghiaccio sul
fondo era alto solo pochi centimetri. Il vino non si sarebbe
mai raffreddato.
- Oh! - disse Peggy. - Champagne!
Fece del suo meglio per sorridere e per restare allegra.
Si sedette sul letto mentre cercavo di aprire la bottiglia.
Lanciun'occhiata al secchio e all'oggetto che gli stava
accanto, poi distolse lo sguardo e mi sorrise di nuovo.
Indossava una lunga vestaglia e mi osservava. Ma non era
rilassata. La sua calma era solo apparente, il sorriso sulle
labbra forzato.
Posai la bottiglia ancora chiusa e mi sedetti accanto a lei
abbracciandola.
- Tesoro, cerca di stare serena - dissi. - Non il
paradiso, lo so. Ma siamo lontani finalmente. E liberi dal
passato.
Si aggrappa me.
- Oh, Davie - implor- fa' che non mi succeda niente.
Che tutto questo non venga distrutto.
- Te lo prometto - dissi allegramente. Poi mi alzai e
stappai la bottiglia.
- Ooops!
La schiuma bianca dello champagne sprizzfuori e si
riverssul pavimento. Chinai rapidamente la bottiglia e
riempii i bicchieri, poi la posai di nuovo accanto al secchio e
misi qualche pezzettino di ghiaccio nei bicchieri.
- Mi dispiace annacquarlo, ma se non lo faccio lo
champagne sartroppo caldo.
- Va bene cos disse lei.
Le porsi un bicchiere, e alzai il mio per brindare.
- Al mio amore - dissi.

Lei sorrise. Seduti l'uno a fianco all'altra, bevemmo.
Avevo sete, e la fresca effervescenza dello champagne mi fece
bene. Scolai il bicchiere in due sorsi.
- Popcorn, signora? - domandai.
Ne prese un po'. Io lo assaggiai: sapeva di vecchio.
- Magari potessimo avere una bella bistecca per cena-
dissi - ma non c'nulla da queste parti. Ti prometto che
appena tornati a Santa Monica o... in qualunque altro posto -
aggiunsi, vedendo il suo volto rabbuiarsi - ti offriruna
magnifica, sugosa costata.
- Mi fai venire l'acquolina in bocca - fece lei.
Mi sentivo un po' stordito. Le feci l'occhiolino e sorrisi.
- Signora Newton.
Lei ricambidocilmente e io riempii altri due bicchieri.
Uno e mezzo per la verit Peggy aveva bevuto solo metdel
suo.
Un'ondata di calore mi invase e mangiai ancora un po' di
popcorn. Mi fece venire sete. Lo misi via, perchrovinava il
gusto dello champagne.
Presto cominciai ad avvertire l'effetto dell'alcool. Mi
sembrava di fluttuare nell'aria. Poggiai la testa in grembo a
Peggy, tesi le braccia verso di lei con gesto casuale e la
strinsi.
Lei tentdi sorridere, ma inutilmente.
- Amore - dissi.
La baciai sulla bocca, e qualcosa si risveglidentro di me.
Un istinto familiare. Era andato crescendo durante quei mesi,
e ad esso si aggiungevano ora la fame e lo stordimento. E un
motel isolato. E il mio cervello che insinuava: "tua moglie,
adesso".
Mi versai di nuovo da bere.
- Peggy?
- No, grazie - rispose. - Forse dovremmo... cercare un
posto per mangiare.
- Non c'nulla qui intorno.
- Forse lungo la strada.
- Tesoro, non ora. Sono stanco. Non voglio rimettermi al
volante.
Fece un profondo respiro, rabbrividendo.
- Credi che Jim sia...
Le chiusi le labbra con le mie perchnon ne parlasse.
- Non pensare a lui, ora - dissi. - la nostra notte di
nozze.
- Davie.
Cominciai a sbottonarle la vestaglia.
Lei mi trattenne. - No, Davie - implor timidamente.
- Peggy, smettila. Di cosa hai paura? Ti ho mai fatto del
male?
- Mi dispiace. solo che...
Aprii un altro bottone. Lei mi fissava, il volto pallido e
teso. Sembrava una vergine in procinto di essere sacrificata a
qualche terribile divinit
- Peggy! - esclamai, furioso.
Aveva ancora gli abiti sotto la vestaglia.
- Davie, ti prego, non ti arrabbiare. Non vedi che sono...
- Vedere? Vedere cosa?
- Davie...
- Cosa credi che sia il matrimonio, un rapporto d'affari?
- Davie.
Senza guardarla mi versai dell'altro champagne. Anche lei
buttgiun altro bicchiere. Rimanemmo seduti in silenzio, a
bere. Avevo la sensazione che Peggy cercasse di ubriacarsi,
che tentasse disperatamente di perdere il controllo per
potermi accontentare. Ma non ne era capace, come se quella
paura le fosse impressa nella carne.
Non ricordo ogni singolo istante. Ma so che lei si tolse la
vestaglia dopo la mia esplosione di rabbia. Si sfilil vestito e
si sedette accanto a me, in sottoveste. I suoi gesti erano
nervosi, insicuri. Continuava a bere. Le labbra le tremavano.
Prova sorridere. - Non vorrai...
Non risposi. Avevo il respiro affannoso. Ora distinguevo
le forme del suo corpo attraverso la seta. Un corpo magnifico.
Premetti le labbra sulla sua spalla. Pensai a tutte le volte che
l'avevo desiderata. Pensai a Audrey che urlava contro il mio
petto. Anch'io avevo voglia di urlare. La fame si era
trasformata in un impulso bestiale dentro di me. La mia
mente faceva di tutto per fermarmi, ma io continuavo a non
darle ascolto.
La accarezzai, e Peggy ebbe un brivido.
- Davie. - Una vocina spaventata.
- Smettila - dissi.
La baciai sul collo. Lei si ritrasse. La riportai a me con un
gesto che mi parve gentile.
Lei si ritrasse si nuovo e si alz
- Credo che andra farmi un bagno - disse.
Quel messaggio cosmanifesto mi mandin bestia. Balzai
in piedi immediatamente e la presi tra le braccia. - No.
I suoi occhi parevano quelli di un uccellino spaventato.
Preso in trappola, inerme.
- Peggy, sono tuo marito - dissi con voce roca, spietata.
- Lo so, lo so ma...
Avevo la mente annebbiata. Lei continuava a
indietreggiare, e io la seguivo. Ero fuori di me. Allungai le
mani, ma lei si sottrasse immediatamente al mio abbraccio.
- No - disse. Con pidecisione, questa volta. Con un
lampo negli occhi.
La afferrai.
Lei si divincol - Non ti permetterdi toccarmi!
- Ah, no?
Mi avvicinai, e lei indietreggi Mi venne in mente suo
marito, e scacciai subito quel pensiero. Ma non del tutto. La
sua paura mi eccitava ancor di pi Provavo quasi
comprensione per quell'uomo.
Lei anda sbattere contro il comodino.
- Davie... no!
La presi per le spalle.
Di colpo sbarrgli occhi, trattenendo il respiro. Mi parve
quasi di sentire l'urlo che le premeva in gola.
E in quel momento qualcosa riusca penetrare la spessa
coltre di desiderio che mi aveva offuscato la mente. Vidi me
stesso. Vidi lei. Le stavo facendo quel che le avevano fatto
tutti gli altri. Non ero migliore di loro. E con le lacrime agli
occhi per la vergogna mi voltai, coprendomi il volto con la
mano tremante.
- Mi... mi dispiace - mormorai con voce rotta.
Un fruscio improvviso. Un dolore acuto alla spalla destra.
Mi buttai a terra, senza fiato.
Peggy aveva il punteruolo in mano e mi fissava, gli occhi
due biglie di marmo bianco, le labbra strette in un ghigno
disumano.

La fissai sbalordito, a bocca aperta.
Non so per quanto tempo rimanemmo cos in silenzio.
Sembrava un animale terrorizzato, con il punteruolo in mano
e la pupille scure che mi frugavano gli occhi, come impazzite.
Feci un passo indietro. Le parole mi uscirono dalla bocca
prima che me ne rendessi conto. - Tu sei pazza - dissi.
Continua fissarmi, sorretta dalla tensione nervosa.
Poi si accorse delle grosse stille di sangue che mi
scorrevano sulla mano e colavano sul pavimento. Si protese
leggermente in avanti, e il suo sguardo da folle si dilegu Il
suo viso si distese, il braccio si rilass
- Davie? - disse.
- Sta' lontana da me.
- Davie, io non ho colpito te.
Indietreggiai ancora.
- Davie, non eri tu.
- Sta' lontana.
- Non eri tu quello che stavo colpendo, Davie, non tu!
- Ti ho detto di stare lontana!
Arretrai, in preda all'orrore. Poi un pensiero mi colp
lasciandomi senza fiato.
- Hai ucciso tu Albert, vero?
Si irrigide mi lanciuno sguardo inespressivo.
- L'hai ucciso tu, vero? - dissi, con voce rauca.
- Davie, io...
- Sei stata tu!
- Che differenza fa?
- Mio Dio! - gridai. - Hai ucciso un uomo e mi chiedi
che differenza fa!
- Hai detto che eri disposto a dimenticare - disse lei,
come se questo potesse cancellare tutto.
- Dimenticare che hai ucciso un uomo!
- Non era un uomo, era un animale!
- Era un uomo, un uomo! E tu l'hai ucciso!
Peggy si mise a tremare. Alzla mano, vide il punteruolo
e lo buttvia spaventata, mandandolo a rotolare sul
pavimento.
- Non sono stata io - disse con voce flebile.
- S invece!
-E va bene, io... io l'ho... ucciso. Ma...
Di colpo mi sentii svuotato, come se un invisibile vampiro
mi avesse succhiato via tutto il sangue dalle vene.
Indietreggiai barcollando, quasi insensibile al dolore che mi
mordeva la spalla.
- Mi hai mentito - dissi, stordito. - Per tutto questo
tempo mi hai mentito.
- No, Davie, no - protestlei, disperata.
Stava cercando di cancellare il passato. Era sempre stato
questo il suo desiderio, che potessimo dimenticare tutto,
anche il fatto che lei aveva ucciso.
- Dicevi che quel che era successo prima non aveva
importanza. Dicevi che non contava - ripet
- Ma che razza di persona sei? Un animale, anche tu?
Uccidi un uomo e poi mi chiedi di non pensarci pi
- Ero fuori di me. Non ho potuto evitarlo. Io... non
volevo.
- Perchhai mentito? Perchmi hai detto delle bugie?
- Davie, ti prego. - Il volto era rigato di lacrime. - Ero
sconvolta. Non volevo perderti. Sei tutto quello che ho. Non
lasciarmi. Ho bisogno di te.
- E mi hai lasciato credere che fosse stato Jim a
ucciderli.
- stato lui a uccidere Dennis, non io. Che differenza fa
se Jim muore per un delitto solo o per due? Non ha forse
detto che stato lui a uccidere Albert?
Jim aveva mentito per lei. Di colpo capii che non gli
avevo estorto nessuna confessione. Aveva sentito Jones fuori
dalla porta e aveva mentito ancora una volta per salvare
Peggy.
Non riuscivo a capacitarmene. Avevo in mente una cosa
sola.
- E ora siamo sposati - dissi. - Siamo sposati.
Il viso di Peggy si contrasse in una smorfia cattiva. -
terribile, vero? - esclam con voce stridula. - Davvero
spaventoso.
- Credo che tu non ti senta per niente in colpa. Tu pensi
di avere una giustificazione per quello che hai fatto. Sei
convinta che avevi il diritto di uccidere Albert, non cos
- Ne avevo il diritto! Era un porco! Mi ha strappato i
vestiti. Ho dovuto ucciderlo. Ho dovuto, capisci?
- No, non capisco! Non posso capire!
Qualcosa sembrscatenarsi in lei, cercando uno sfogo,
come un flusso di lava bollente che risale verso il cratere di
un vulcano. La scosse in tutte le membra, facendole tremare
le braccia e serrare i pugni.
Finchesplose.
- Sei come tutti gli altri! - url - Come tutti quei
dannati bastardi! Vi spalleggiate l'un l'altro. Tramate tutti
insieme contro di noi. E ci precipitate nelle tenebre! Nelle
tenebre! Ci ferite, ci brutalizzate, ci distruggete! Travisate le
nostre speranze, ci strappate il cuore! Ma a voi non importa
nulla, nulla! Siete tutti uguali, tutti quanti. Non vi importa
nulla di noi! Non vi importa dei nostri pensieri, non vi
importa se siamo sensibili, non vi importa se abbiamo paura.
Vi impadronite della nostra bellezza e in cambio ci date solo
infamia! E poi di vantate di essere degli uomini meravigliosi,
di averci rese felici! Siete tutti dei porci! State alla larga da
me, porci schifosi, porci, PORCI!
Si premeva le mani strette a pugno sul volto esangue,
mentre un filo di saliva le colava dalla bocca piegata in una
smorfia. Rimasi paralizzato, fissando in preda a un terrore
cieco una ragazza che non avevo mai visto.
Non sentii neppure che la porta si apriva, finchPeggy
che si volt E allora guardai verso l'entrata.
Era Jim.

Attraversla stanza rapidamente. Incapace di reagire, lo
osservai mentre si toglieva il soprabito e lo posava sulle
spalle di Peggy. Lei cercdi liberarsene, ma senza un attimo
di esitazione lui la colpin viso, con violenza. Peggy rimase
senza fiato e indietreggiarrossendo.
- Tu vieni con me - disse Jim - e senza discussioni, se
non vuoi che ti consegni alla polizia. Non vorrai finire in
galera e andare sulla forca per omicidio, vero?
Lei lo guardava con gli occhi sbarrati, vitrei, come quelli
di un gatto impazzito.
- Ti resto solo io ormai - prosegului. - Il tuo caro
David non alzerun dito per salvarti, ora!
Sferzata da quelle parole, lei si arrese. La follia era
svanita. La Peggy piprofonda riprese il controllo. La Peggy
debole, la Peggy che aveva sempre avuto bisogno di guida e
disciplina. Che non era in grado di badare a se stessa. Lo
guardcome un bimbo spaventato guarda un genitore.
- Jim, tu... tu non lascerai che loro...
- Avanti, Peggy - disse lui. - Per quanto tempo credi
che riuscira proteggerti dal mondo?
Lei non rispose. Si limita rimanere al suo fianco e a
farsi condurre alla porta. Io li fissavo smarrito, quasi staccato
dalla realt Sanguinavo e non me ne accorgevo.
- Tu non lo permetterai, vero Jim? - implorPeggy.
Lui osservquell'espressione avvilita, percepla paura
che aleggiava in quella voce. E per la prima volta nella sua
vita mi permise di lanciare uno sguardo sotto la sua
maschera.
La strinse a se posdelicatamente le labbra sui suoi
capelli.
- Peggy - disse - oh, Peggy.
Fu un attimo. Poi sollevla testa e la sua espressione si
fece dura.
- Non ti avranno mai - aggiunse. - Mai, finchsar
vivo.
Io stavo l quasi invisibile per loro, mentre il sangue mi
colava dalla punta delle dita sul pavimento. Era un mondo
intero che fuggiva via da me. Un sentimento estirpato alla
radice. Come se quello che un tempo era stato il mio cuore mi
fosse stato strappato via, e non fossi piche un involucro
vuoto.
C'era qualcuno fuori dalla porta. Sentii bussare
vigorosamente.
- Che succede qui dentro? - chiese una voce. - Ho
sentito gridare.
Jim Vaughan parlcon voce calma, limpida. - Questa
mia moglie - disse. - Sono venuto per riprenderla a
quest'uomo.
Un borbottio. - Lo sapevo, lo sapevo.
Poi, sulla soglia, Jim si volt Teneva un braccio sulle
spalle di Peggy, in atteggiamento protettivo. E stranamente
tutta la sua spocchia, la sua meschinit il suo cinico distacco
sembravano scomparsi.
Mi guard pareva smarrito, come me. Aveva tentato pi
volte di salvarla. Aveva fatto tutto ciche poteva, si era
persino incolpato del suo delitto. E ora, se avessero deciso di
fuggire, sarebbe stato lui a essere ricercato per omicidio.
Aveva completamente e definitivamente distrutto la propria
vita.
E nonostante tutto ci lei non era cambiata.
Pitardi - non allora, perchnon riuscivo a far altro che
rimanere lammutolito - capii che Jim l'amava. In un modo
che io e tutti quelli come me non possono capire, e tantomeno
apprezzare. Un amore antico, assoluto, che sfida ogni legge
pur di non morire. Un amore tale da spingere un uomo a
uccidere per la persona amata. Un residuo di medioevo. E
tuttavia, c'era una strana e perversa dignitin esso.
O quantomeno, c'era una sorta di tranquilla, sobria
dignitin lui in quel momento, fermo accanto a Peggy che
taceva. La fragile e spaventata Peggy, che in tutta la sua vita
non sarebbe mai stata in grado di affrontare il mondo senza
aiuto, anche se temeva quell'aiuto pidi qualunque altra
cosa. La mia Peggy Ann Lister.
Jim la guard I suoi occhi non vedevano che lei. Tutti i
suoi pensieri, tutto il suo cuore erano per lei.
- Andiamo, cara - disse.
E la portvia dalla mia vita per sempre.

Poco dopo arrivla polizia. Io non mi ero mosso. Mi
arrestarono per atti contro la morale. Pitardi telefonarono a
Santa Monica, e fortunatamente Jones era ancora vivo.
Raccontloro come si erano svolti i fatti, cosmi rilasciarono
e si misero a caccia di Peggy e Jim. Ma non riuscirono a
trovarli.
E un giorno incontrai Jones e lui mi disse che avevano
preso l'uomo che aveva aggredito Peggy a Funland.
- Non capisco - dissi. - Albert...
- Non era stato Grady - disse Jones.
- Ma... i graffi - balbettai, ormai definitivamente
confuso sulla mia Peggy Ann. - Lei disse che aveva graffiato
l'uomo che aveva cercato di aggredirla. E la faccia di Albert
era piena di graffi.
- Infatti - rispose lui. - Erano entrambi pieni di graffi.
Si era occupata di tutti e due.
Lo guardai per un attimo, poi abbassai il capo,
sussurrando: - Dio abbia pietdi lei.
E questo tutto, pio meno. Terminai il mio romanzo e
riuscii a venderlo per millesettecento dollari. Convinsi
Audrey a tornare dalla sua famiglia in Pennsylvania. Conobbi
altra gente, ricominciai a ridere e a far finta che tutto fosse
tornato normale.
E lessi i giornali.
Forse avete notato anche voi quella notizia. stato circa
un mese fa. Hanno trovato Jim e Peggy in una camera
d'albergo, a Kansas City. Quando le hanno portato via ciche
teneva amorevolmente tra le mani, Peggy ha detto che non
dovevano farlo.
Ha detto che dovevano permetterle di tenere la testa di
quell'uomo, perchlei lo amava.

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