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I sette discorsi del Buddha
BASAIA
I LIBRI DEL GRAAL


INTRODUZIONE

TUTTI I DIRITTI
SONO RISERVATI

1988 Manilo Basaia Editore

Nell'introduzione al mio libro India e buddhismo antico, quarta edizione, Bari, Laterza, 1920, ho esposto
la breve storia della genesi e dello sviluppo della mia opera buddhista in Italia: cominciata con la traduzione
del Catechismo Buddhistico di Subhadra Bhikshu, pubblicato a Napoli dal Marghieri nel 1897, ed ora in ristampa presso
l'editore R. Ricciardi in Napoli, seguita dalla prima edizione di India e buddhismo antico, uscita presso Laterza a Bari
nel 1904, e completata dalla traduzione dei primi cinquanta dei centocinquantadue discorsi di Gotamo Buddho della Raccolta
Media, o Majjhimanikayo; di cui la prima edizione fu pubblicata da Laterza a Bari nel 1907, e la terza edizione apparsa
presso lo stesso editore nel 1921. Quest'opera buddhista essenzialmente dovuta, come detto in quell'introduzione,
all'incitamento, all'ammaestramento ed alla collaborazione del grande indologo, mio amico, Karl Eugen Neumann di Vienna.
Con lui io continuavo l'opera intrapresa ed avevo gi, con la sua collaborazione, tradotto i seguenti sette discorsi, dal
cinquantunesimo al cinquantasettesimo, del Majjhimanikayo, quando immaturamente, nel di del suo cinquantesimo compleanno,
il 18 ottobre 1915, egli venne a morte, lasciando interrotta quest'opera collaterale italiana, dopo aver donato per alla
lingua germanica ed al mondo la pi grande opera di traduzione e di esegesi dei testi buddhisti, che si abbia in lingua
europea.
Tale grandiosa opera, rimasta poco nota e poco diffusa durante la vita dell'autore, tanto che egli, come pi d'un grande
uomo suo pari, morto nella miseria e nel dolore, ha preso, come avviene delle vere opere di genio, un enorme sviluppo
dopo la sua morte. La seconda edizione dei tre volumi del Majjhimanikayo, pubblicata nello scorso anno in cinquemila
esemplari dall'editore Piper di Monaco di Baviera, si esaur in poche settimane ed obblig quell'editore a pubblicarne
una terza di trentamila, gi quasi esaurita per ordinazione, prima di uscire; mentre procede di pari passo tutto il resto
della sua opera, attualmente rappresentata da dieci poderosi volumi: tre contenenti i centocinquantadue discorsi della
Raccolta Media, o Majjhimanikayo; tre, con i trentaquattro discorsi della Raccolta Lunga, o Dighanikayo,
ai quali si aggiunge un grosso volume di completamento, con note e commenti, postumo; un volume dei frammenti poetici,
o Suttanipato; un volume del Dhammapadam; e un volume dei canti dei monaci e delle monache, Theragatha e Therigatha.
A ci - si annette, extra, una edizione monumentale, in folio, degli ultimi giorni di Gotamo Buddho,
o Mahaparinibbanasuttam.
Questa enorme diffusione postuma dell'opera di Neumann, dovuta essenzialmente alla sua intima, incoercibile energia di
espansione, stata ed esteriormente guidata e sostenuta dal sapere, dallo zelo e dall'abnegazione di un discepolo di
Neumann, E. R. di Vienna, che divenuto l'editore incomparabile della grande opera neumanniana, dopo la morte dell'autore.
Egli, oltre a curare la grande edizione di Piper, dianzi accennata, ha voluto anche esaudire un antico desiderio di Neumann,
pubblicando una piccola scelta delle sue traduzioni nella popolarissima Biblioteca universale di Reclam in Lipsia.
Dalla prefazione di E. R. al volumetto, edito da Reclam nel 1921 (N. 6245 della Biblioteca), tolgo questo, che mi pare
quanto di meglio si sia scritto sul valore dell'opera di Neumann rispetto alla dottrina di Gotamo Buddho:
Gotamo, l'indiano redentore del mondo, chiamato anche il Buddho, lo Svegliato, nacque nel sesto secolo avanti Cristo.
Egli crebbe nella principesca corte paterna, a Kapilavatthu, ed abbandon, non ancora trentenne, casa e famiglia,
perch la sua nobile mente non poteva trovare alcuna soddisfazione nella ricchezza, perch egli cercava una sicurezza
maggiore di quella datagli dalle sue guardie, perch il suo cuore gli diceva,- che ci dev'essere nel mondo qualche cosa
di meglio di tutto il suo piacere e suo dolore. Cos il principe si distacc di la come un mendico, per conquistare la
liberazione da tutti i vincoli, per comprendere chiaramente tutta l'esistenza. Alla pari degli altri asceti del suo
tempo egli si sottopose quindi per anni a terribili mortificazioni e penitenze, finch riconobbe che queste lo portavano
a perdizione, non a salvazione, e le rigett per sempre. Con pura e profonda meditazione egli aveva scorto l'origine del
dolore e la via per la sua dissoluzione, e da questo sapere era sorto in lui il risveglio. Egli era ora divenuto uno
Svegliato, un Buddho, un essere senza mania; il fuoco della brama, dell'avversione e dell'ignoranza era estinto: egli aveva trovato la vera salute. Per piet verso gli altri esseri ciechi, dal cuore palpitante, dal cervello sognante, egli ora ide, quasi come un medico, un piano di guarigione: la sua incomparabilmente stupenda dottrina. Cos egli allora pass di luogo in luogo, esponendo a tutti gli uomini i suoi principi di piet, di tolleranza, di propria responsabilit e di superamento del dolore. Re ed artigiani, sacerdoti e borghesi, savi e stolti, buoni e cattivi erano suoi uditori; ed a tutti, secondo la loro diversa capacit, egli spiegava, senza fanatismo, la dottrina senza tempo, di cui il principio, il mezzo e la fine fa bene. I suoi discepoli poi hanno portato la dottrina stessa nelle terre pi lontane e, senza che per essa fosse mai versato una goccia di sangue, ne hanno imbevuto quasi tutti i popoli dell'Asia. In Europa, dopo i primi ed esatti, ma poi sperduti accenni datine da Marco Polo, solo centoventi anni fa ne vennero le prime relazioni frammentarie, tratte per la maggior parte dalla formazione posteriore delle leggende e dell'ornamentazione. Malgrado quel poco deformato, Schopenhauer riconobbe nella torbida fonte e trasse nella pi splendida luce la pura figura di Buddho. Similmente fece alcuni decenni pi tardi Riccardo Wagner, che ebbe a scrivere: ' La lingua pi rispondente alla pi alta cognizione l'ha certamente parlata quel Buddha indiano. 'Dopo l'entusiasmo di Schopenhauer e di Wagner l'interesse pel buddhismo in occidente cresciuto sempre pi; si scrissero libri su esso in tutte le lingue: pochi buoni, moltissimi cattivi; monti di errori e di false concezioni si andarono accumulando. Intanto per era avvenuta una scoperta della pi grande importanza. Verso la met del secolo scorso ricercatori europei impararono a conoscere nell'isola di Seilon una poderosa serie di scritti, contenenti, serbati con fedele tradizione, gli autentici discorsi e colloqui di Gotamo Buddho. Ora ci si trov innanzi ad un nuovo mondo: da centinaia delle pi sorprendenti esposizioni, che si completavano e confermavano vicendevolmente nel modo pi perfetto,
splendeva la pura, non falsata dottrina. Il numero enorme dei discorsi tramandatici s'era formato durante i quarantacinque anni d'insegnamento di Gotamo, dal d del suo risveglio, quand'egli aveva trentacinque anni, fino a quello della morte, nel 483 avanti Cristo, quando Buddho aveva raggiunto gli ottanta anni. I suoi discepoli ne avevano, come era ed costume nell'India fin dai tempi vedici, fedelmente serbato a memoria, sillaba per sillaba, i discorsi e gli ammaestramenti e, dopo l'estinzione di Lui, nei diversi concilii ne fissarono durabilmente e ne ordinarono le varie raccolte. Queste, scritte sempre di nuovo dai monaci su foglie di palma, vennero conservate per pi di due millenni nei chiostri o conventi di Seilon, finch vennero trovate dagli scienziati europei e cominciate subito dopo a pubblicare a Londra nel testo originale, in lingua pali, che sta al sanscrito cos come l'italiano sta al latino. La prima edizione completa del canone pali, in quaranta volumi, fu fatta pubblicare a Bangkok nel 1894 da Culalankarn, re del Siam, da dotti indigeni. Appena fu schiuso cos il testo originario, ecco che sorse volume per volume la prima traduzione: un'opera mirabile ed incomparabile, per bellezza e per fedelt. Il 18 ottobre del 1865 era nato, a Vienna, Karl Eugen Neumann, il primo grande traduttore dei discorsi di Gotamo Buddho, il Lutero degli evangeli buddhisti, un dotto su tutti i dotti, uno dei pi potenti artisti, certo uno dei veri benefattori dell'umanit.
Guidato negli anni giovanili al buddhismo dalle opere e dalle indicazioni di Schopenhauer, egli impar la lingua sanscrita e la pali, fu potentemente preso dagli scritti sacri del buddhismo, e si pose come scopo della sua vita lo schiudere a noi gli inaccessibili testi pali. Senz'altro sprone che il suo santo cuore ardente egli, tra le pi avverse circostanze, ha assolto il suo compito in modo da poter dire, che l'arte di parlare di Buddho, arte senza paragone, pi alta di ogni parola imperiale, pi pura di ogni espressione poetica, risorta di nuovo in lui: s profondamente egli penetr nel senso e nel suono delle parole, s profondamente egli venne compenetrato dalle parole. Ora quando Karl Eugen Neumann, il creatore di quest'opera incomparabile, di cui gi dieci volumi erano compiuti, esausto si spense nel suo cinquantesimo compleanno, il 18 ottobre 1915, pochi conoscevano la sua opera, quasi nessuno seppe del suo trapasso. Sebbene le sue opere fossero pubblicate da ben noti editori, come dal 1907 presso l'editore R. Piper in Monaco, pure ancora nel 1917 persone colte potevano chiedere, chi fosse mai Karl Eugen Neumann; una circostanza, che nel medio evo sarebbe stata spiegata come una specie di fascinazione, ossia il non vedere cose, che pur stanno sotto gli occhi. Questa fascinazione aveva motivi molto reali; anche i contemporanei di Schopenhauer furono cos lungamente fascinati; e, se egli non avesse oltrepassato i cinquant'anni, sarebbe certo stato seppellito, come si sa, quale
un perfetto ignoto anzi che un famoso filosofo. Oggi per il nome di Karl Eugen Neumann viene gi pronunziato con venerazione e gratitudine; e la sua opera penetra nel mondo e prende il posto, finora tenuto dal distorto, dal falso, dallo scolastico, in senso stretto, e soprattutto dal non artistico. Il canone pali, Tipitakam, o triplice cofano, si divide in tre parti o cofani: Vinayapitakam, o cofano della disciplina; Suttapitakam, o cofano dei discorsi; e Abhidhammapitakam, o cofano della scolastica. La parte pi antica e pi preziosa e data dal cofano dei discorsi. Questo a sua volta contiene cinque grandi raccolte, ordinate dagli antichi compilatori, all'uso orientale, secondo caratteristiche esteriori: con i trentaquattro discorsi pi lunghi si form la cosiddetta Raccolta lunga, Dighanikayo; dai centocinquantadue discorsi di media lunghezza ebbe origine la Raccolta media, Majjhimanikayo; di brevi sentenze, di strofe e di versi si compose la Raccolta breve, Khuddakanikayo; il resto fu distribuito nella Raccolta infilata, o Anguttaranikayo, e nella Raccolta congiunta, Samyuttakanikayo. I tre volumi della raccolta lunga, i tre della raccolta media, e le parti pi importanti della raccolta breve, ossia il Dhammapadam, il Suttanipato, i Theragatha ed i Therigatha, sono stati completamente tradotti da Karl Eugen Neumann: cos pure numerosi pezzi delle altre due raccolte. La raccolta pi ricca la media, nei cui centocinquantadue discorsi la dottrina viene illuminata dai lati pi
diversi ed ornata dei pi stupendi paragoni; mentre la via per la cognizione e pel risveglio cos chiaramente descritta, come se sopra un'esatta carta topografica lungo una strada fosse segnato ogni albero, ogni ponte, ogni casa. In tutti questi discorsi, per quanto varii essi siano, Gotamo mostra sempre di nuovo una cosa sola: come si metta fine al dolore degli ignoranti e non lo si faccia pi sviluppare. E, per quanto sia diverso il contenuto dei discorsi, un carattere comune ad essi tutti: sono egualmente opere d'arte della pi alta specie, nell'espressione, nella costruzione, nella melodica, nel singolarissimo ritmo. Questo ritmo, questa melodia, insieme con molto altro, ci che fa della traduzione di Karl Eugen Neumann un'opera mirabile. Chi sia ignaro del pali sente qui risuonare una melodia, mai pel passato ne pel futuro accordata, mentre il conoscitore del pali resta stupefatto innanzi a tale perfezione, che si stende fino ai minimi particolari. Perch Karl Eugen Neumann ha tradotto non solo parola per parola, ma anche sillaba per sillaba, anzi tono per tono, quel che nelle parole e tra le parole, lo spirito, che sopra vi ondeggia, la forza vivente, che dentro le anima. Cos egli pot raggiungere una completa consonanza delle due lingue e plasmare in forma definitiva la prima traduzione dei discorsi di Gotamo Buddho.
Tale, quale qui E. R. l'ha descritta, l'opera meravigliosa, che Karl Eugen Neumann col suo
genio ed il lavoro infaticabile di mezza sua vita, ha donato alla Germania ed ai conoscitori della lingua tedesca. Per indicarne l'effetto basti accennare, p. es., che Gerhart Hauptmann ha sempre con s, anche in viaggio, i libri di Neumann. Cos sta venendo meno quella, che in Germania, e anche altrove, era, fino a poco tempo fa, moda, per certi saputi, di preferire alcune traduzioni scolastiche e frammentarie a quelle artistiche e complete di Neumann; anzi di esaltare i testi posteriori del grande veicolo, Mahayana, della scuola sanscrita settentrionale, con le sue ramificazioni tibetane, cinesi e giapponesi, sui testi pali, pi antichi, del piccolo veicolo, hinayana, della scuola buddhista meridionale, della Birmania, del Siam e di Seilon. Ma questo antico vizio degli uomini, di voler mostrare di saperne sempre di pi di chi sa meglio; ed il vecchio Goethe ne aveva fatto beffa coi versi famosi: Come sono diligenti i molti! solo la diligenza li imbroglia. Essi vorrebbero volentieri sapere altrimenti di Uno, che sa il giusto.:


Wie sind die Vielen doch beflissen!
Und es verwirrt sie nur der Fleiss.
Sie mochten gerne auders wissen
Als Einer, der das Rechte weiss.

Lasciamo dunque i molti alla loro diligenza e torniamo ai testi pali del buddhismo ed a quell'unico Neumann, che ce li ha resi accessibili in lingua europea, facendoci sentire veramente il profumo della pi intima ed autentica essenza dell'antica dottrina buddhista.
Ora quale pu essere per noi moderni occidentali il vero valore dell'antica dottrina buddhista, com' esposta in questi discorsi del canone pali? Ecco come ce l'indica lo stesso Neumann nell'ultima introduzione, da lui scritta e pubblicata, nell'estate del 1912, al secondo volume del Dighanikayo.
Si sente fare sempre la domanda, se quell'antica concezione del mondo dia la possibilit di un'applicazione utile pel presente. A ci sia dato anzitutto risposta con un vigoroso si, giacch da tempo noto, che serii e gagliardi seguaci gi da una serie di anni si volgono all'oriente e l, nell'odierna patria attuale della disciplina e dell'osservanza ancora conservata, a Seilon o nell'India posteriore, entrano nell'ordine, divengono regolari monaci ed asceti: e pi d'uno cos, come io ho personalmente esperimentato, morto l lietamente, dopo essere divenuto 'anche uno dei santi'. Sulla reale efficacia della parola del Maestro nel presente presso di noi non pu esservi dunque oggi alcuna questione, se anche naturalmente il suo valore, secondo il punto da cui si guarda, apparir come vacuo e nullo o come alto e sublime, come dannoso e folle o come incomparabile. Tali concetti di valore sono per, a quanto mi pare, poco appropriati ad una disamina e discussione generale. Su tali questioni non s' mai raggiunto e non si raggiunger mai, in nessun tempo e luogo,
un unico giudizio, ancor meno che sopra una musica od una pittura. La pietra di paragone in tali criterii di valore sempre diversa secondo il diverso grado di durezza e deve perci, per quanto corrisponde ad uomini discreti od alla loro esperienza, essere lasciata alla scelta di ogni singolo. La circostanza per, della quale noi qui ci dobbiamo occupare e che si lascia quasi sempre da parte o si considera solo fuggevolmente, sta fuori di tali prove di esperienza personale. Noi dobbiamo qui fare solo il tentativo, se ci pu riuscire, di imparare a comprendere quella concezione del mondo come una intuizione od arte puramente indiana. Questa sarebbe la ricompensa della fatica nell'esame e nel travaglio, richiedenti tanto tempo e tanta cura, dei nostri antichi testi. Quegli, a cui essi non ricompensano un s costoso dispendio, pu anche, se proprio vuole avere ed esprimere un'opinione sulla nostra dottrina, appigliarsi ad opere pi maneggevoli, di cui da un pezzo non c' mancanza: sia l'eccellente Catechismo buddhistico di Subhadra Bhikshu, od il magnifico, e raccomandabile pi di ogni altro, Buddha, di Oldenberg, che da tanti anni il fondamento di ogni vera ricerca esatta e si rinnova sempre in successive edizioni. Ma i testi originarii stessi sono poco atti a farsi trasformare subito in un utile praticamente applicabile. Per questo essi sono troppo duri. Due millenni ci separano da essi e dalla loro forma e maniera d'espressione. E, ci che rende l'intelligenza anche pi difficile, ci sta di mezzo uno strato quasi impenetrabile di civilt straniera. Come potrebbero percepirsi di nuovo presso di noi quei suoni e quelle voci lontane, svanite, cos come realmente risuonarono sulla propria terra? Siccome, cos come stanno le cose, quasi manca un mezzo risonante, la possibilit di un'eco esclusa quasi cos come la propagazione del suono dal sole alla terra, che pure si potrebbe raggiungere in poco pi di quattordici anni. Pertanto non si pu parlare di utilizzazione pratica di questi nostri pezzi sperduti dal mondo. Si deve contentarci, se tra i sordi pilastri si trova un Memnone, e se con infaticabile lavoro ed esercizio si superano forse gli ostacoli e si scoprono ed acquistano i mezzi per incanalare quelle voci del passato sul nostro presente; in modo che l'uditore possa sentirne l'arte profonda ed i delicati prodotti del messaggio. Ma non perci bisogna subito aspettarsi a guisa di apostoli una generale conversione del mondo. Lo stesso Gotamo ha parlato sempre e solo ai singoli, non s' mai rivolto al popolo od alla folla. Dopo che la parola vivente dell'asceta e pensatore sakyo era ammutolita e spenta da pi di venti secoli, dopo che sul breve e magnifico mezzod scesa la lunga pallida notte dell'oblio, oggi la parola irrigidita, se anche comincia di nuovo a risuonare, non pu certo risvegliare interamente a nuova vita quella svanita civilt con le sue superiori cognizioni spirituali e, come entusiasti immaginano, attrarci in ringiovanita forma moderna: i contemporanei delle automobili e degli aeroplani, anche con la pi grande fretta e con la migliore volont, non potrebbero avere perci udito n trovare ozio bastevole; astraendo del resto dal fatto, che le fantasticherie e le donchisciotterie di una conversione universale sono da piccoli borghesi, infantili, bamboleggianti e niente affatto conformi alla dottrina. Il discepolo di Gotamo lasciava il mondo esser mondo, intatto da ci che si dice. Or similmente si pu anche oggi ed in avvenire fare il tentativo, di imparare a comprendere quello spirito mediante le sue classiche testimonianze. Queste per si mostreranno accessibili a colui, che ha per esse disposizioni e le sa sviluppare: non altrimenti come uno cura il suo Shakespeare, un altro il suo Bach, un terzo disegna carte del pianeta Marte, ed un altro cuoce sostanze da iniezioni. In parole nette: quella concezione del mondo e divenuta una scienza, per noi. Che certo ne possa insieme cascare ogni sorta di cose adoperabili per il caro povero popolo, una favorevole manifestazione concomitante, la semplice ombra della cosa, ed invero un'ombra gigantesca, anzi propriamente un'ombra della terra, in riguardo dei milioni di sempre rinnovati concorrenti, concomitanti e seguaci nelle dieci regioni dell'universo. Con la cosa stessa per, con la nostra 'Cosa in se' per dir cos, anche nel caso migliore avr da fare solo qualche raro uno od un altro, sia egli diretto verso la scienza, l'arte o la santit. Ci basta. Io penso: che vi sia una tale possibilit per chi voglia seriamente sforzarsi, ci basta a mostrare quel che anche noi abbiamo ereditato dai tesori. Chi per volesse fare numericamente il conto del possibile utile, potrebbe facilmente, seguendo l'esempio di Giovanni l'eremita, nello Speculum pastorum, calcolare quale risultato si otterrebbe con l'ipotesi, non certo esagerata, che un uomo per venti anni ogni anno guidasse con l'esempio e la dottrina solo un altro uomo alla retta opinione, ed ognuno di questi annualmente solo un altro, e questo di nuovo ne portasse un altro sulla retta via: da cui si dedurrebbe, col lapis alla mano, che il numero dei promossi in questa guisa, partendo da un solo promovente e nella minima misura, dopo venti anni supererebbe gi il milione. Ma noi qui non ci esercitiamo in statistica n in allotria."
Quest'e dunque il valore intimo, essenziale, eterno della dottrina di Gotamo Buddho, quale ci si esprime in questi suoi discorsi, rivelatici da Karl Eugen Neumann con traduzione fedele di senso e di parola. Nel pubblicare quindi ora qui la traduzione italiana, compiuta insieme con l'indimenticabile amico, di questi sette discorsi, seguenti i primi cinquanta del Majjhimanihayo, intendo anzitutto fare opera non di propaganda, ma di semplice documentazione di questi singolari monumenti d'arte e del pensiero umano. Chi in essi ascolter con tale intelligenza la voce del Maestro, oblier quel che dice la gente e si sentir, forse, a tratti sollevato in quelle superne sfere, a cui alatamente accenna Giordano Bruno nel proemio al suo poema De monade numero et figura:

Non curamus stultorum quid opinio de nobis ferat, aut queis dignetur sedibus: alis ascendimus sursum melioribus, quid nubes ultra, ventorum ultra est semitas; vidimus quantum satis est.

Napoli, 24 aprile 1922.
G. DE LORENZO.

LI

VI PARTE - I DISCORSO

Kandarako

QUESTO ho sentito. Una volta soggiornava il Sublime presso Campa, sulla riva del lago Gaggara, con una grande schiera di monaci.
Ecco ora si rese Pesso, il figlio d'un elefantiere, e Kandarako, un pellegrino, col dove il Sublime dimorava. L giunti saluto Pesso, il figlio dell'elefantiere, riverentemente il Sublime e si sedette accanto; mentre Kandarako, il pellegrino, scambi col Sublime cortese saluto ed amichevoli, notevoli parole e poi si sedette accanto. Accanto sedendo guard poi Kandarako il pellegrino sulla queta, silente schiera dei monaci e parl ora al Sublime cos:
" mirabile, o Gotamo, straordinario, o Gotamo, come ecco il signore Gotamo ha cos giustamente indirizzato i discepoli! Quei che prima, o Gotamo, in tempi passati furono santi, perfetti svegliati, hanno anche questi sublimi proprio cosi giustamente indirizzato i discepoli ad un tale fine, come qui adesso il signore Gotamo ha giustamente indirizzato i discepoli? e quei che poi, o Gotamo, in tempi futuri saranno santi, perfetti svegliati, indirizzeranno anche questi sublimi proprio cos giustamente i discepoli ad un tale fine, come qui adesso il signore Gotamo ha giustamente indirizzato i discepoli? .
"Cos , Kandarako, cos , Kandarako. Quei che prima, Kandarako, in tempi passati furono santi, perfetti svegliati, anche questi sublimi hanno proprio cos giustamente indirizzato i discepoli ad un tale fine, come qui adesso da me sono giustamente indirizzati i discepoli; e quei che poi, Kandarako, in tempi futuri saranno santi, perfetti svegliati, anche questi sublimi indirizzeranno proprio cos giustamente i discepoli ad un tale fine, come qui adesso da me sono giustamente indirizzati i discepoli.
"Perch vi sono, Kandarako, monaci tra questi discepoli, che sono santi, uomini estinti, giunti a fine, che hanno operato l'opera, deposto la soma, conquistato la salute, che hanno annientato i vincoli dell'esistenza, sono redenti in perfetta sapienza. Vi sono anzi, Kandarako, monaci tra questi discepoli, che sono combattenti, saldi in virt, saldi in condotta, che sanno guardarsi, guardinghi in condotta; essi hanno fondato il loro animo sui quattro pilastri del sapere: su quali quattro? Ecco, Kandarako, un monaco vigila presso il corpo sul corpo, instancabile, con chiara mente, sapiente, dopo aver superato brame e cure mondane; vigila presso le sensazioni sulle sensazioni, instancabile, con chiara mente, sapiente, dopo aver superato brame e cure mondane; vigila presso l'animo sull'animo, instancabile, con chiara mente, sapiente, dopo aver superato brame e cure mondane; vigila presso i fenomeni sui fenomeni, instancabile, con chiara mente, sapiente, dopo aver superato brame e cure mondane."
A queste parole si volse Pesso, il figlio dell'elefantiere, cos al Sublime:
"mirabile, o Signore, straordinario, o Signore, come cos chiaramente, o Signore, il Sublime ha indicato i quattro pilastri del sapere, che menano alla purificazione degli esseri, ai superamento di sofferenza e pena, alla distruzione di dolore e cura, al guadagno del bene, al realizzamento dell'estinzione! Perch anche noi, o Signore, come persone di famiglia; biancovestite, abbiamo di tempo in tempo fondato il nostro animo sui quattro pilastri del sapere: ecco, o Signore, presso il corpo noi vigiliamo sul corpo, instancabili, con chiara mente, sapienti, dopo aver superato brame e cure mondane; vigiliamo presso le sensazioni sulle sensazioni, instancabili, con chiara mente, sapienti, dopo aver superato brame e cure mondane; vigiliamo presso l'animo sull'animo, instancabili, con chiara mente, sapienti, dopo aver superato brame e cure mondane; vigiliamo presso i fenomeni sui fenomeni, instancabili, con chiaramente, sapienti, dopo aver superato brame e cure mondane. mirabile, o Signore, straordinario, o Signore, come esattamente, o Signore, il Sublime, dove gli uomini sono cos segreti, dove gli uomini sono cos celati, dove gli uomini sono cos ipocriti, sa ci che agli esseri giova e ci che ad essi non giova! perch segreto come la caverna, o Signore, l'uomo, ed aperto come il piano, o Signore, l'animale. Si, io mi posso, o Signore, ricordare di un elefante stallone: per quante volte esso possa andare e venire per le vie di Campa, ogni volta esso paleser tutte le sue astuzie e malizie, capricci ed umori. Ci che per, o Signore, sono i nostri nervi e salariati ed operai, essi vanno altrimenti al lavoro, ed altrimenti parlano, e di nuovo altrimenti pensano. mirabile, o Signore, straordinario, o Signore, come esattamente, o Signore, il Sublime, dove gli uomini sono cos segreti, dove gli uomini sono cos celati, dove gli uomini sono cos ipocriti, sa ci che agli esseri giova ci che ad essi non giova. Perch segreto come la caverna, o Signore, l'uomo, ed aperto come il piano, o Signore, l'animale.,
"Cos , Pesso, cos , Pesso: segreto come la caverna, Pesso, e ben l'uomo, ed aperto come il piano, Pesso, e ben l'animale. Quattro specie di uomini, Pesso, si trovano qua nel mondo: quali quattro? Ecco, Pesso, uno tormentatore di s stesso, alacremente dedito all'esercizio del tormento di se stesso; ecco di nuovo, Pesso, uno tormentatore del prossimo, alacremente dedito all'esercizio del tormento del prossimo; ecco, Pesso, uno tormentatore di se stesso, alacremente dedito all'esercizio del tormento di se stesso, ed un tormentatore del prossimo, alacremente dedito all'esercizio del tormento del prossimo; ed ecco, Pesso, uno non un tormentatore di s stesso, non alacremente dedito all'esercizio del tormento di s stesso, n un tormentatore del prossimo, non alacremente dedito all'esercizio del tormento del prossimo: senza tormento di se, senza tormento del prossimo, egli gi durante la vita spento, estinto, rinfrescato, si sente bene, divenuto santo nel cuore. Qual', Pesso, di questi quattro uomini, che s'addice alla tua mente?,
"Quell'uomo, o Signore, che un tormentatore di s stesso, alacremente dedito all'esercizio del tormento di s stesso, quello non s'addice alla mia mente; ed anche quell'uomo, o Signore, che un tormentatore del prossimo, alacremente dedito all'esercizio del tormento del prossimo, anche quello non s'addice alla mia mente; ed anche quell'uomo, o Signore, che un tormentatore di s stesso, alacremente dedito all'esercizio del tormento di s stesso, ed un tormentatore del prossimo, alacremente dedito all'esercizio del tormento del prossimo, anche quello non s'addice alla mia mente; ma quell'uomo, o Signore, che non un tormentatore di se stesso, non alacremente dedito all'esercizio del tormento di s stesso, ne un tormentatore del prossimo, non alacremente dedito all'esercizio del tormento del prossimo: che senza tormento di s stesso, senza tormento del prossimo, gi durante la vita spento, estinto, rinfrescato, si sente bene, divenuto santo nel cuore: quello s'addice alla mia mente."
"Ma perch, Pesso, quei tre uomini non s'addicono alla tua mente?,"
"Quell'uomo, o Signore, che un tormentatore di s stesso, alacremente dedito all'esercizio del tormento di s stesso, quello fa soffrire tormento e pena a s stesso, che brama piacere e fugge dolore: perci quell'uomo non s'addice alla mia mente; e quell'uomo, o Signore, che un tormentatore del prossimo, alacremente dedito all'esercizio del tormento del prossimo, quello fa soffrire tormento e pena al prossimo, che brama piacere e fugge dolore: perci quell'uomo non s'addice alla mia mente; quell'uomo o Signore che un tormentatore di s stesso alacremente dedito all'esercizio del tormento di s stesso, ed un tormentatore del prossimo, alacremente dedito all'esercizio del tormento del prossimo, quello fa soffrire tormento e pena a s ed al prossimo, che bramano piacere e fuggono dolore: perci quell'uomo non s'addice alla mia mente; ma quell'uomo, o Signore, che non un tormentatore di s stesso, non e alacremente dedito all'esercizio del tormento di s stesso, ne un tormentatore del prossimo, non alacremente dedito all'esercizio del tormento del prossimo: che senza tormento di s stesso, senza tormento del prossimo, gi durante la vita spento, estinto, rinfrescato, si sente bene, divenuto santo nel cuore: quest'uomo s'addice alla mia mente perci. - Ors dunque, adesso, o Signore, vogliamo andare: pi d'un dovere ci aspetta, pi d'un obbligo.
"Come ora, Pesso, bene ti pare."
Quindi Pesso, il figlio dell'elefantiere, allegrato ed appagato dal discorso del Sublime, si alz dal suo posto, salut il Sublime riverentemente, giro verso destra ed and via.
Ora il Sublime si volse, poco dopo che Pesso, il figlio dell'elefantiere, era andato via, cos ai monaci:
"Savio, voi monaci, Pesso, il figlio dell'elefantiere, forte di scienza, voi monaci, Pesso, il figlio dell'elefantiere. Se Pesso, voi monaci, il figlio dell'elefantiere, fosse rimasto ancora qualche tempo, finch io gli avessi estesamente spiegato queste quattro specie di uomini, grande guadagno egli ne avrebbe seco portato. Ma, voi monaci, anche gi cos Pesso, il figlio dell'elefantiere, ha molto guadagnato."
"Per tempo, Sublime, per e tempo, Benvenuto, che il Sublime spieghi estesamente queste quattro specie di uomini: i monaci serberanno la parola del Sublime."
"Ors dunque, voi monaci, ascoltate allora e fate bene attenzione al mio discorso."
, o Signore!" replicarono qui attenti quei monaci al Sublime. Il Sublime parl cos:
"Or che uomo quello, voi monaci, che un tormentatore di s stesso, alacremente dedito al tormento di s stesso? Ecco, voi monaci, uno un ignudo, uno svincolato, un disciplinato di mano, uno che non arriva, non aspetta, non accetta offerta, non favore, non invito, nel ricevere l'elemosina non spia verso la pentola, non verso il piatto, non sopra la soglia, non sopra la grata, non dentro il caldaio, non prende da chi mangia doppio, non da una incinta, non da una lattante, non da una che viene dall'uomo non da sudici, non dove sta presso un cane, non dove ronzano mosche, non mangia pesce, non carne, non beve vino, non liquore, non succo di avena fermentato. Egli va ad una casa e si contenta di una manciata di elemosina; va a due case e si contenta di due manciate di elemosina; va a sette case e si contenta di sette manciate di elemosina. Sostenta la sua vita con la carit di solo una largitrice, di solo due largitrici, di solo sette largitrici. Prende cibo solo una volta al giorno, solo ogni due giorni, solo ogni sette giorni. In tale guisa mutando osserva rigorosamente questo digiuno esteso fino a mezzo mese. - Ed egli vive di erbe e funghi, di riso selvaggio e grano, di semi e noccioli, di latte di piante e resina d'alberi, di gramigne, di sterco di vacca, si sostenta di radici e frutti del bosco, vive di frutti caduti. - Ed egli porta la camicia di canape, la camicia di crini, porta una veste rappezzata di stracci trovati al cimitero e sulla strada, si avvolge in cenci, in pelle, in cuoio, si cinge con trecce d'erba, con trecce di scorza, con trecce di foglie, nasconde le nudit sotto grembiali di crini, sotto grembiali di setole, sotto un'ala di civetta. - Ed egli si strappa i peli del capo e della barba, seguendo la regola degli strappatori di capelli e barba; un sempre alzato, rigetta sedile e giaciglio; un sedente sui calcagni, esercita la disciplina dei sedenti sui calcagni; un giacente su spine si stende col fianco sopra un giaciglio di spine; scende ogni sera per la terza volta nel bagno di penitenza. Cos egli si esercita in molteplici modi nella fervida dolorosa ascesi del corpo. Costui lo si chiama, voi monaci, un uomo, che un tormentatore di s stesso, alacremente dedito all'esercizio del tormento di s stesso.
"Ma che uomo quello, voi monaci, che un tormentatore del prossimo, alacremente dedito all'esercizio del tormento del prossimo? Ecco, voi monaci, uno macellaio, che macella pecore e porci, un uccellatore, un appostatore, un cacciatore, un pescatore, un brigante, un carnefice, un carceriere, o ci che altro ancora si compie come opera crudele. Costui lo si chiama, voi monaci, un uomo, che un tormentatore del prossimo, alacremente dedito all'esercizio del tormento del prossimo.
"Ma che uomo quello, voi monaci, che un tormentatore di s stesso, alacremente dedito all'esercizio del tormento di s stesso, ed un tormentatore del prossimo, alacremente dedito all'esercizio del tormento del prossimo? Ecco, voi monaci, uno re, un sovrano, il cui capo unto, od un potente sacerdote. Egli ha fatto - erigere ad oriente della citt una nuova Casa dei Signori. E con capelli e barba tagliata, cinto di rozza pelle, spalmato il corpo di burro, strofinando il dorso con un corno di cervo, egli entra nella casa dei Signori, accompagnato dalla prima moglie e dal sommo sacerdote. L egli prende posto nell'aperto cortile, da cui s' tolta l'erba. Ad una vacca, che ha accanto un vitello a lei simigliante, viene munto da un capezzolo il latte, e ne servito il re; viene munto al secondo capezzolo il latte, e ne servita la regina; viene munto al terzo capezzolo il latte, e ne servito il sommo sacerdote; viene munto al quarto capezzolo il latte, e se ne sacrifica al fuoco. Ci che ancora rimane lasciato al vitello. Ed egli ordina: "Tanti tori debbono essere ammazzati pel sacrifizio, tanti giovenchi debbono essere ammazzati pel sacrifizio, tante giovenche debbono essere ammazzate pel sacrifizio, tante capre debbono essere ammazzate pel sacrifizio, tante pecore debbono essere ammazzate pel sacrifizio, tanti alberi debbono essere abbattuti, per servire da piuoli, tanta erba deve essere falciata, per servire da strame!" Ed i suoi servi e salariati ed operai per timore di pena, stretti di angoscia, con occhi lagrimanti vanno dolorosi ad eseguire il comando. Costui lo si chiama, voi monaci, un uomo, che un tormentatore di s stesso, alacremente dedito all'esercizio del tormento di s stesso, ed un tormentatore del prossimo, alacremente dedito all'esercizio del tormento del prossimo.
"Ma che uomo quello, voi monaci, che non un tormentatore di s stesso, non alacremente dedito all'esercizio del tormento di s stesso, ne un tormentatore del prossimo, non e alacremente dedito all'esercizio del tormento del prossimo: che senza tormento di s stesso, senza tormento del prossimo, gi durante la vita spento, estinto, rinfrescato, si sente bene, divenuto santo nel cuore? Ecco, voi monaci, il Compiuto appare nel mondo, il santo, perfetto Svegliato, il Provato di sapienza e di vita, il Benvenuto, il Conoscitore del mondo, l'incomparabile duce dell'umano gregge, il Maestro degli uomini e degli dei lo Svegliano, il Sublime. Egli mostra questo mondo con i suoi dei, i suoi cattivi e buoni spiriti, le sue schiere di sacerdoti ed asceti, dei ed uomini, dopo che egli stesso lo ha conosciuto e compreso. Egli annunzia la dottrina, di cui il principio benefica, il mezzo benefica, la fine benefica, fedele di senso e di parola, espone l'ascetismo perfettamente purificato, perfettamente rischiarato.
"Questa dottrina sente un padre di famiglia, od il figlio di un padre di famiglia, od uno, che sia rinato in altra condizione. Dopo che ha sentito questa dottrina, egli concepisce fiducia nel Compiuto. Pieno di questa fiducia egli pensa e riflette cos: "Una carcere la casa, un letamaio; libero cielo il pellegrinaggio. Non si pu, restando in casa, adempiere punto per punto (1) [sankhalikhitam pu riportarsi a sankha: ossia gusci di Gaur (Cypraca moneta) infilati).]
l'ascetismo perfettamente purificato, perfettamente rischiarato. Che, se io ora, raso capelli e barba, vestito di abito fulvo, traessi dalla casa nell'eremo?' Dopo qualche tempo egli abbandona una piccola propriet od abbandona una grande propriet, abbandona una piccola cerchia di parenti od abbandona una grande cerchia di parenti, si rade capelli e barba, indossa l'abito fulvo e trae via dalla casa nell'eremo.
"Egli ora divenuto pellegrino e si assunto gli obblighi dell'ordine dei mendicanti. Ha smesso l'uccidere, si astiene dall'uccidere. Senza mazza, senza spada, sensibile, pieno di simpatia, egli nutre per tutti gli esseri viventi amore e compassione. Ha smesso di prendere ci che non dato, si astiene da prendere ci che non dato. Egli non prende s non gli dato, accetta ci che dato, senza intenzione furtiva, con cuore divenuto puro. Ha smesso la incastit, vive casto, fedele alla rinunzia, estraneo alla comune legge dell'accoppiarsi. Ha smesso il mentire, si astiene dalla menzogna. Dice la verit, devoto alla verit, diritto, degno di fede, non un ipocrita ed adulatore del mondo. Ha smesso la maldicenza, si astiene da maldicenza. Ci che ha sentito qui non racconta egli l, per disunire quelli, e ci che ha sentito l non racconta egli qui, per disunire questi. Cos egli unisce disuniti, salda legati; concordia lo fa lieto, concordia lo allegra, concordia lo rende felice, parole promoventi concordia egli parla. Ha smesso aspre parole, si astiene da aspre parole. Parole, che sono senza offesa, benefiche all'orecchio, amorevoli, che vanno al cuore, urbane, che molti allegrano, molti sollevano, tali parole egli parla. Ha smesso la chiacchiera, si astiene dalla chiacchiera. Parla a tempo debito, conforme ai fatti, pensoso del senso, fedele alla dottrina ed all'ordine; il suo discorso ricco di contenuto, occasionalmente ornato di paragoni, chiaro e determinato, adeguato al suo oggetto.
"Egli si astiene dal cogliere frutti e piante. Prende cibo una volta al giorno, di notte resta digiuno, lungi e da lui mangiare fuori tempo. Si astiene da danze, canti, giochi, rappresentazioni. Non accetta corone, profumi, unguenti, ornamenti, acconciature, addobbi. Evita alti, ampi giacigli. Non accetta oro ed argento. Non prende cereali crudi. Non prende carne cruda. Non prende donne e fanciulle. Non prende servi e serve. Non prende capre e pecore. Non prende polli e porci. Non prende elefanti, buoi e cavalli. Non prende casa e campo. Non assume messaggi, incarichi, invii. Si astiene da compra e vendita. Si tiene lontano da falsa misura e peso. Si tiene lontano dalle oblique vie dell'inganno, simulazione, bassezza. Si tiene lontano da zuffe, baruffe, risse, da prede, saccheggi e violenze.
"Egli contento dell'abito, che copre il suo corpo, del cibo elemosinato, che sostenta la sua vita. Dovunque egli vada, fornito solo dell'abito e della scodella d'elemosina egli va. Come un uccello alato, dovunque esso voli, solo col peso delle sue penne vola, or cos anche appunto un monaco e contento dell'abito, che copre il suo corpo, del cibo elemosinato, che sostenta la sua vita. Dovunque egli vada, solo di ci fornito egli va.
"Con l'adempimento di questi santi precetti di virt egli prova un'intima immacolata gioia.
"Scorge egli ora con la vista una forma, egli non concepisce alcuna inclinazione, non concepisce alcun interesse. Siccome brama ed avversione, dannosi e nocivi pensieri ben presto sopraffanno colui, che permane con vista non vigilata, egli attende a questa vigilanza, egli guarda la vista, egli vigila attentamente sulla vista.
"Ode egli ora con l'udito un suono,
"Odora egli ora con l'olfatto un odore,
"Gusta egli ora col gusto un sapore,
"Tocca egli ora col tatto un contatto,
"Riconosce egli ora col pensiero una cosa, egli non concepisce alcuna inclinazione, non concepisce alcun interesse. Siccome brama ed avversione, dannosi e nocivi pensieri ben presto sopraffanno colui, che permane con pensiero non vigilato, egli attende a questa vigilanza, egli guarda il pensiero, egli vigila attentamente sul pensiero.
"Con l'adempimento di questo santo frenamento dei sensi egli prova un'intima inalterata gioia.
"Chiaro consciente egli viene ed egli va, chiaro consciente egli guarda, distoglie lo sguardo, chiaro consciente si alza e si muove, chiaro consciente porta l'abito dell'ordine e la scodella dell'elemosina, chiaro consciente mangia e beve, mastica e gusta, chiaro consciente vuota sterco ed urina, chiaro consciente egli va e sta e siede, egli s'addormenta e Bi sveglia, parla e tace.
"Fedele a questi santi precetti di virt, fedele a questo santo frenamento dei sensi, fedele a questo santo chiaro sapere, egli cerca un appartato luogo di riposo, il piede di un albero nel bosco, una grotta nelle rupi, una caverna di montagna, un cimitero, il fitto della foresta, un giaciglio di strame nell'aperta pianura. Dopo il pasto, quando tornato dal giro di elemosina, egli si siede con le gambe incrociate, il corpo diritto sollevato, e medita. Egli ha smesso brama mondana e sta ora con animo senza brama, purifica da brama il suo cuore. Ha smesso l'avversione, sta ora con animo senza avversione; pieno di amore e compassione per tutti gli esseri viventi, egli purifica il suo cuore da avversione. Ha smesso la languida accidia, e libero di languida accidia; amante la luce, savio, chiaro consciente, egli purifica il suo cuore da languida accidia. Ha smesso superbia e fastidio, e libero di superbia; con animo intimamente pacato egli purifica il suo cuore da superbia e fastidio. Ha smesso il tentennare, sfuggito nell'incertezza; non dubita del bene, dal tentennare egli purifica il suo cuore.
"Egli ha tolto ora questi cinque impedimenti, ha imparato a conoscere le scorie dell'animo, le paralizzanti; ben lungi da brame, lungi da cose non salutari, egli vive in sensiente pensante nata di pace beata serenit, nel grado della prima contemplazione.
"Ed inoltre ancora, voi monaci: dopo compimento del sentire e pensare raggiunge il monaco l'interna calma serena (1) [ajjhattam sampasadanam; cfr. Chandogyopanisat, VIII, 3, 4: Atha ya esa samprasado... esa atma. Anche Theragatha, v. 372, Suttanipato, vv. 720, 723 e 920; passim.]
l'unita dell'animo, la libera di sentire e pensare, nata dal raccoglimento beata serenit, il grado della seconda contemplazione.
"Ed inoltre ancora, voi monaci: in serena pace resta il monaco equanime, savio, chiaro consciente, egli prova nel corpo una felicit, di cui i santi dicono: ' L'equanime savio vive felice'; cos egli raggiunge il grado della terza contemplazione.
"Ed inoltre ancora, voi monaci: dopo rigetto di gioie e dolori, dopo annientamento di letizia e tristezza anteriore, il monaco raggiunge il grado della non triste, non lieta, equanime, savia perfetta purezza, la quarta contemplazione.
Con tale animo, saldo, puro, terso, schietto, schiarito di scorie, malleabile, duttile, compatto, incorruttibile, egli dirizza l'animo alla memore cognizione di anteriori forme di esistenza. Egli si ricorda di molte diverse anteriori forme d'esistenza, come di una vita, poi di due vite, poi di tre vite, poi di quattro vite, poi di cinque vite, poi di dieci vite, poi di venti vite, poi di trenta vite, poi di quaranta vite, poi di cinquanta vite, poi di cento vite, poi di mille vite, poi di centomila vite, poi delle epoche durante molte formazioni di mondi, poi delle epoche durante molte transformazioni di mondi, poi delle epoche durante molte formazioni e transformazioni di mondi. ' L ero io, avevo quel nome, appartenevo a quella famiglia, quello era il mio stato, quello il mio officio, tale bene e male provai, cos fu la fine di mia vita; di la trapassato entrai io altrove di nuovo in esistenza: qua ero io ora, avevo questo nome, appartenevo a questa famiglia, questo era il mio stato, questo il mio officio, tale bene e male provai, cos fu la fine di mia vita; di qua trapassato entrai io qui di nuovo in esistenza. ' Cos egli si ricorda di molte diverse anteriori forme d'esistenza, ognuna con i propri contrassegni, ognuna con le speciali relazioni.
"Con tale animo, saldo, puro, terso, schietto, schiarito di scorie, malleabile, duttile, compatto, incorruttibile, egli dirizza l'animo alla cognizione dell'apparire e sparire degli esseri. Con l'occhio celeste, rischiarato, sopraterreno egli vede gli esseri sparire e riapparire, volgari e nobili, belli e non belli, felici ed infelici, egli riconosce come gli esseri sempre secondo le azioni riappaiono. ' Questi cari esseri certo sono non retti in azioni, non retti in parole, non retti in pensieri, biasimano ci che salutare, stimano ci che dannoso, fanno ci che e dannoso; con la dissoluzione del corpo, dopo la morte, essi pervengono gi, su cattivi sentieri, alla perdizione, in mondo infernale. Quei cari esseri per sono retti in azioni, retti in parole, retti in pensieri, non biasimano ci che e salutare, stimano ci che e retto, fanno ci che e retto; con la dissoluzione del corpo, dopo la morte, essi pervengono su buoni sentieri, in mondo celeste. Cos egli con l'occhio celeste, rischiarato, sopraterreno, vede gli esseri sparire e riapparire, volgari e nobili, belli e non belli, felici ed infelici, egli riconosce come gli esseri sempre secondo le azioni riappaiono.
"Con tale animo, saldo, puro, terso, schietto, schiarito di scorie, malleabile, duttile, compatto, incorruttibile, egli dirizza l'animo alla cognizione dell'esaurimento della mania. 'Questo e il dolore ' comprende conforme alla verit. ' Questa e l'origine del dolore' comprende conforme alla verit. ' Questa e l'estinzione del dolore ' comprende conforme alla verit. ' Questa e la via che mena all'estinzione del dolore ' comprende conforme alla verit. ' Questa e la mania ' comprende conforme alla verit. ' Questa l'origine della mania ' comprende conforme alla verit. ' Questa l'estinzione della mania ' comprende conforme alla verit. ' Questa la via che mena all'estinzione della mania ' comprende conforme alla verit.
os riconoscendo, cos vedendo, il suo animo viene redento dalla mania del desiderio, redento dalla mania dell'esistenza, redento dalla mania dell'errore. ' Nel redento la redenzione ' questa cognizione sorge. ' Esausta la vita, compiuta la santit, operata l'opera, non esiste pi questo mondo ' comprende egli allora.
"Costui lo si chiama, voi monaci, un uomo, che non un tormentatore di s stesso, non alacremente dedito all'esercizio del tormento di s stesso, n un tormentatore del prossimo, non alacremente dedito All'esercizio del tormento del prossimo: che senza tormento di s stesso, senza tormento del prossimo, gi durante la vita spento, estinto, rinfrescato, si sente bene, divenuto santo nel cuore. (1) Cfr. Asoko, VI editto su colonna i. f.: E cu iyam atuna pacupagamane, se me mokhyamate. ]

Cos parl il Sublime. Contenti si allegrarono quei monaci sulla parola del Sublime.

LII

VI PARTE - II DISCORSO


Il cittadino di Atthakam


Il cittadino di Atthakam

QUESTO ho sentito. Una volta soggiornava l'onorevole Anando presso Vesali, vicino alla borgata Bilva. Ora in quel tempo Dasamo il padre di famiglia, un cittadino di Atthakam, era giunto a Pataliputtam, per sbrigare un certo affare.
Poi Dasamo il padre di famiglia, il cittadino di Atthakam, si reco verso il Bosco dei Galli, dove uno dei monaci dimorava, saluto questo riverentemente e si sedette accanto. Accanto sedendo parl ora Dasamo il padre di famiglia, il cittadino di Atthakam, cos al monaco:
"Dove si trattiene dunque, o signore, l'onorevole Anando adesso? Noi vedremmo volentieri quell'onorevole Anando."
"L'onorevole Anando, padre di famiglia, ei si trattiene presso Vesali, vicino alla borgata Bilva."

Quando ora Dasamo il padre di famiglia, il cittadino di Atthakam, ebbe sbrigato il suo affare in Pataliputtam, si rec verso Vesali, alla borgata Bilva, col dove l'onorevole Anando dimorava, lo saluto riverentemente e si sedette accanto. Accanto sedendo parl ora Dasamo il padre di famiglia, il cittadino di Atthakam, cos all'onorevole Anando:
" stata forse, signore Anando. da Lui, il Sublime, il Conoscitore, il Veggente, il Santo, perfetto Svegliato, data una norma, per cui al monaco, che persiste instancabile in fervida, intima seriet, si redime l'animo non redento, si esaurisce la non esausta mania, e per cui si raggiunge la non raggiunta incomparabile sicurezza?.
" stata, padre di famiglia, da Lui, il Sublime, il Conoscitore, il Veggente, il Santo, perfetto Svegliato, data una norma, per cui al monaco, che persiste instancabile in fervida, intima seriet, si redime l'animo non redento, si esaurisce la non esausta mania, e per cui si raggiunge la non raggiunta incomparabile sicurezza. .
"Ma qual', signore Anando, questa norma, che fu data da Lui, il Sublime, il Conoscitore, il Veggente, il Santo, perfetto Svegliato, per cui al monaco, che persiste instancabile in fervida, intima seriet, si redime l'animo non redento, si esaurisce la non esausta mania, per cui si raggiunge la non raggiunta incomparabile sicurezza? .
"Ecco, padre di famiglia, un monaco dimora ben lungi da brame, lungi da cose non salutari, in sensiente pensante nata di pace beata serenit, nel grado della prima contemplazione. Ed egli riflette cos: ' Anche questa prima contemplazione composta, condizionata: ma qualunque cosa comporta, condizionata, ci mutabile, deve trapassare': cos riconosce. qua giunto egli ottiene l'esaurimento della mania. Se per non ottiene l'esaurimento della mania, allora egli appunto con la sua brama di verit, con il suo godimento della verit annienter i cinque vincoli ed ascender in alto, per poi di l estinguersi, non pi tornare a questo mondo. Ma ci, padre di famiglia, stato dato da Lui, il Sublime, il Conoscitore, il Veggente, il Santo, perfetto Svegliato, quale una norma, per cui al monaco, che persiste instancabile in fervida, intima seriet si redime l'animo non redento, si esaurisce la non esausta mania, e per cui si raggiunge la non raggiunta incomparabile sicurezza.
"Ed inoltre ancora, padre di famiglia: dopo compimento del sentire e pensare raggiunge il monaco l'interna calma serena, la libera di sentire e pensare, nata nel raccoglimento beata serenit, il grado della seconda contemplazione - il grado della terza contemplazione - il grado della quarta contemplazione. Ed egli riflette cos: ' Anche questa quarta contemplazione e composta, condizionata: ma qualunque cosa e composta, condizionata, ci mutabile, deve trapassare': cos riconosce. E qua giunto egli ottiene l'esaurimento della mania. Se per non ottiene l'esaurimento della mania, allora egli appunto con la sua brama di verit, con il suo godimento della verit annienter i cinque vincoli ed ascender in alto, per poi di l estinguersi, non pi tornare a questo mondo. Ma ci, padre di famiglia, stato dato da Lui, il Sublime, il Conoscitore, il Veggente, il Santo, perfetto Svegliato, quale una norma, per cui al monaco, che persiste instancabile in fervida, intima seriet, si redime l'animo non redento, si esaurisce la non esausta mania, e per cui si raggiunge la non raggiunta incomparabile sicurezza.
"Ed inoltre ancora, padre di famiglia: con animo amorevole - con animo compassionevole - con animo lieto - con animo immoto dimorando raggia il monaco in una direzione, poi in una seconda, poi nella terza, poi nella quarta, cos anche verso sopra e verso sotto: da per tutto in tutto riconoscendosi egli irradia il mondo intero con animo immoto, con ampio, profondo, illimitato animo, schiarito di rabbia e rancore. Ed egli riflette cos: ' Anche questa immota redenzione d'animo composta, condizionata: ma qualunque cosa composta, condizionata, ci mutabile, deve trapassare ': cos riconosce. E qua giunto egli ottiene l'esaurimento della mania. Se per non ottiene l'esaurimento della mania, allora egli appunto con la sua brama di verit, col suo godimento della verit annienter i cinque vincoli ed ascender in alto, per poi di l estinguersi, non pi tornare a questo mondo. Ma ci, padre di famiglia, e stato dato da Lui, il Sublime, il Conoscitore, il Veggente, il Santo, perfetto Svegliato, quale una norma, per cui al monaco, che persiste instancabile in fervida, intima seriet, si redime l'animo non redento, si esaurisce la non esausta mania, e per cui si raggiunge la non raggiunta incomparabile sicurezza.
"Ed inoltre ancora, padre di famiglia: con completo superamento delle percezioni di forma, annientamento delle percezioni riflesse, rigettamento delle percezioni multiple raggiunge il monaco nel pensiero ' Illimitato e lo spazio ' il regno dello spazio illimitato - raggiunge il monaco, dopo completo superamento dell'illimitata sfera dello spazio, nel pensiero ' Illimitata la conscienza' il regno della conscienza illimitata - conquista il monaco, dopo completo superamento dell'illimitata sfera della conscienza, nel pensiero ' Niente esiste ' il regno della non esistenza. Ed egli riflette cos: ' anche questa acquisizione della sfera della non esistenza composta, condizionata: ma qualunque cosa e composta, condizionata, ci mutabile, deve trapassare ': cos riconosce. E qua giunto egli ottiene l'esaurimento della mania. Se per non ottiene l'esaurimento della mania, allora egli appunto con la sua brama di verit, con il suo godimento della verit annienter i cinque vincoli ed ascender in alto, per poi di l estinguersi, non pi tornare a questo mondo. Ma ci, padre di famiglia, stato dato da Lui, il Sublime, il Conoscitore, il Veggente, il Santo, perfetto Svegliato, quale una norma, per cui al monaco, che persiste instancabile in fervida, intima seriet, si redime l'animo non redento, si esaurisce la non esausta mania, e per cui si raggiunge la non raggiunta incomparabile sicurezza."
Dopo questo discorso si volse Dasamo il padre di famiglia, il cittadino di Atthakam, cos all'onorevole Anando:
"Cos come quasi, signore Anando, se un uomo, che cerca una fossa di tesoro, ad un tratto trovasse undici fosse di tesori: or cos anche appunto io, o signore, che cercavo una porta dell'eternit, ho ad un tratto ottenuto sapere di undici porte dell'eternit, Cos come quasi, o signore, un uomo, che ha una casa con undici porte, in un incendio si potrebbe salvare per ognuna delle porte: or cos anche appunto io potrei, o signore, salvarmi per ognuna di queste undici porte dell'eternit. - Siccome ora, o signore, gli altri religiosi non ristaranno di raccogliere il compenso per il loro maestro (1) [ V. Manu, II, 245 seg ], perch non dovrei anch'io mostrare il mio rispetto per l'onorevole Anando?"
Quindi Dasamo il padre di famiglia, il cittadino di Atthakam, invit i monaci di Pataliputtam e di Vesali e li serv ed accud di propria mano con scelti cibi solidi e liquidi; e diede ad ognuno dei monaci un nuovo paio di vestiti, all'onorevole Anando anche il mantello. Poi fece edificare all'onorevole Anando un'abitazione per cinquecento monaci (1) [La citt di Atthakam indicata sulla stela di Sanci n.204, del terzo secolo avanti Cristo, come patria di un monaco Gangadatto: Epigraphia Indica, vol. II, p. 378].




LIII

VI PARTE - III DISCORSO



I passi del combattente

QUESTO ho sentito. Una volta soggiornava il Sublime nella terra dei Sakya, presso Kapilavatthu, nel Parco dei fichi. Ora in quel tempo i Sakya di Kapilavatthu avevano proprio allora fatto edificare una nuova Casa dei Signori, e nessuno ancora vi si era trattenuto, n asceta, n sacerdote, n altro essere umano.
Quindi si resero i Sakya di Kapilavatthu cola dove il Sublime dimorava, salutarono il Sublime riverentemente e si sedettero accanto. Accanto sedendo parlarono ora i Sakya di Kapilavatthu al Sublime cos:
"Ecco e stata, o Signore, dai Sakya in Kapilavatthu eretta una nuova Casa dei Signori, e nessuno ancora l'ha abitata, ne asceta, ne sacerdote, ne altro essere umano. Voglia, o Signore, il Sublime per primo approvare: dal Sublime per primo approvata, la approveranno poi i Sakya di Kapilavatthu. Cos essa deve riuscire ai Sakya di Kapilavatthu largamente di bene, di salute !" (1) [Per questa consacrazione della casa cfr. il verso: Rgvedas, VII, 17, 14. ]
Tacendo accolse il Sublime la preghiera.
Quando ora i Sakya di Kapilavatthu furono sicuri dell'assenso del Sublime, si alzarono, salutarono il Sublime riverentemente, girarono verso destra e si recarono alla Casa dei Signori. La essi fecero coprire tutto il suolo di stuoie (2) [Leggere col testo siamese santharapetva.], approntare le sedie, disporre una conca con acqua ed apparecchiare una lampada ad olio. Poi tornarono di nuovo dal Sublime, salutarono il Sublime riverentemente e stettero accanto. Accanto stando parlarono ora i Sakya di Kapilavatthu al Sublime cos:
"Tutto di stuoie coperto, o Signore, il suolo della casa, le sedie sono pronte, una conca con acqua e disposta, una lampada ad olio apparecchiata: come ora, o Signore, ben pare al Sublime."
Dunque il Sublime si allest, prese mantello e scodella e si rese, accompagnato dai monaci, alla Casa dei Signori. L giunto deterse il Sublime i piedi, entro nella sala e si sedette presso il pilastro di mezzo, volto ad oriente. Ed anche i monaci accompagnanti detersero i piedi, entrarono nella sala e si sedettero presso la parete occidentale, volti ad oriente, cos che il Sublime sedeva loro innanzi. Ed anche i Sakya di Kapilavatthu detersero i piedi, entrarono nella sala e si sedettero presso la parete orientale, volti ad occidente, cos che il Sublime sedeva loro innanzi.
Dopo che ora il Sublime ebbe fin tardi nella notte in istruttivo colloquio confortato, animato, sollevato e rasserenato i Sakka (1) [Variante identica per Sakya] di Kapilavatthu, si volse egli all'onorevole Anando:
"Rammentati, Anando, per i Sakya di Kapilavatthu, dei 'Passi del combattente'; il dorso mi si e stancato: voglio distenderlo..
" Volontieri, o Signore!" replico allora l'onorevole Anando, obbedendo al Sublime.
Quindi il Sublime distese il mantello, piegato in quattro, e si pos sul destro fianco come il leone, un piede sull'altro, con mente raccolta, memore del tempo d'alzarsi.
Ma l'onorevole Anando si volse ora a Mahanamo il Sakyo:
"Ecco, Mahanamo, il santo uditore e valente in virt, guarda le porte dei sensi, nel cibarsi sa tenere misura, si dedica alla veglia, sette buone qualit ha acquistato, e le quattro contemplazioni, intime in cuore, in vita beatificanti, egli pu a piacere raggiungerle, nella loro pienezza ed ampiezza.
"Come per, Mahanamo, il santo uditore e valente in virt? Ecco, Mahanamo, il santo uditore e virtuoso, in rigida disciplina giustamente frenato egli rimane puro di condotta e di vita: in guardia sul minimo fallo egli combatte tenacemente oltre, passo per passo. Cos, Mahanamo, il santo uditore virtuoso.
" Come per, Mahanamo, il santo uditore guarda le porte dei sensi ? Se, Mahanamo, il santo uditore ha scorto con la vista una forma, allora egli non concepisce alcuna inclinazione, non concepisce alcun interesse. Siccome brama ed avversione, dannosi e nocivi pensieri ben presto sopraffanno colui, che permane con vista non vigilata, egli attende a questa vigilanza, egli guarda la vista, egli vigila attento sulla vista. Ha egli udito con l'udito un suono - odorato con l'olfatto un odore - gustato col gusto un sapore - toccato col tatto un contatto - riconosciuto col pensiero una cosa, allora egli non concepisce alcuna inclinazione, non concepisce alcun interesse. Siccome brama ed avversione, dannosi e nocivi pensieri ben presto sopraffanno colui, che permane con pensiero non vigilato, egli attende a questa vigilanza, egli guarda il pensiero, egli vigila attento sul pensiero. Cos, Mahanamo, il santo uditore guarda le porte dei sensi.
"Come per, Mahanamo, il santo uditore sa nel cibarsi tenere misura? Ecco Mahanamo, il santo uditore prende con solida considerazione il cibo, non gi per ristoro e diletto, non per ornamento e fregio, ma solo per conservare, sostentare questo corpo, per evitare danni, per poter menare una santa vita: ' Cos io smorzer l'anteriore sensazione e non ne far sorgere una nuova, e ne avr abbastanza per immacolato benessere.' Cos, Mahanamo, il santo uditore sa nel cibarsi tenere misura.
"Come per, Mahanamo, il santo uditore si dedica alla veglia? Ecco Mahanamo, il santo uditore di giorno, camminando e sedendo. terge l'animo da cose turbanti; nelle prime ore della notte, camminando e sedendo, terge l'animo da cose turbanti; si posa nelle medie ore della notte sul destro fianco come il leone, un piede sull'altro, con mente raccolta, memore del tempo d'alzarsi; nelle ultime ore della notte, di nuovo alzato, camminando e sedendo, terge l'animo da cose turbanti. Cos, Mahanamo, il santo uditore si dedica alla veglia.
"Ma come, Mahanamo, il santo uditore ha acquistato sette buone qualit? Ecco, Mahanamo, il santo uditore ha fiducia, egli fida nella svegliatezza del Compiuto, e questo cos: ' Egli il Sublime, il Santo, perfetto Svegliato, il Provato di sapienza e di vita, il Benvenuto, il Conoscitore del mondo, il Duce incomparabile dell'umano gregge, il Maestro degli dei e degli uomini, lo Svegliato, il Sublime. ' Ed egli ha pudore, si vergogna di commettere male in opere, parole e pensieri, si guarda per non capitare in cose cattive, dannose. Ed egli sostenuto, si trattiene da commettere male in opere, parole e pensieri, ha cura di non capitare in cose cattive, dannose. Ed un conoscitore della parola, custode della parola, presidio della parola della dottrina; e ci che al principio benefica, nel mezzo benefica, alla fine benefica e fedele di senso e di parola tramanda l'ascetismo perfettamente purificato, rischiarato: ci egli conosce, custodisce, domina col discorso, serba nella memoria, ha compreso dal fondo. Ed egli ha l'animo e la forza di rinnegare cose dannose e di conquistare cose salutari, dura forte e costante, non cede nella salutare battaglia. Ed egli ha sapere, e dotato della pi alta presenza di spirito: ci che da lungi fu fatto, da lungi fu detto, a ci egli pensa, di ci si ricorda. Ed egli perspicace, dotato della sapienza, che vede sorgere e tramontare, la santa, penetrante, che mena al completo annientamento del dolore. Cos, Mahanamo, il santo uditore ha acquistato sette buone qualit.
"E come, Mahanamo, pu il santo uditore raggiungere a piacere le quattro contemplazioni, intime in cuore, in vita beatificanti, nella loro pienezza ed ampiezza? Ecco, Mahanamo, il santo uditore, ben lungi da brame, lungi da cose non salutari, in sensiente pensante nata di pace beata serenit, raggiunge il grado della prima contemplazione. Dopo compimento di sentire e pensare egli raggiunge l'interna calma serena, l'unita dell'animo, la libera di sentire e pensare, nata dal raccoglimento beata serenit, il grado della seconda contemplazione. In serena pace, equanime, savio, chiaro consciente egli dimora, prova nel corpo una felicit, di cui i santi dicono: ' L'equanime savio vive felice ': cos raggiunge il grado della terza contemplazione. Dopo rigetto di gioia e dolore, dopo annientamento di letizia e tristezza anteriore egli raggiunge il grado della non triste, non lieta, equanime savia perfetta purezza, la quarta contemplazione. Cos, Mahanamo, il santo uditore pu raggiungere a piacere le quattro contemplazioni, intime in cuore, in vita beatificanti, nella loro pienezza ed ampiezza.
"Giacche ora, Mahanamo, il santo uditore, cos valente in virt, guarda cos le porte dei sensi, sa cos nel cibarsi tenere misura, si dedica cos alla veglia, ha acquistato cosi sette buone qualit, e pu cos raggiungere a piacere le quattro contemplazioni, intime in cuore, in vita beatificanti, nella loro pienezza ed ampiezza, allora lo si chiama, Mahanamo, santo uditore, che s' avanzato coi passi del combattente, anzi giunto fin sopra, all'oviguscio, capace dello sgusciamento, capace del risveglio, capace di trovare l'incomparabile sicurezza.
"Cos come quasi, Mahanamo, se una chioccia ha ben covato, interamente covato, completamente covato le sue uova, otto o dieci o dodici; come non dovrebbe a quella chioccia venire il desiderio: ' Ah, possano i miei pulcini con le zampe od il becco schiudere il guscio, possano sgusciare salvi!' - e quei pulcini sono divenuti capaci con le zampe od il becco di schiudere il guscio e di sgusciare salvi: or cos anche appunto, Mahanamo, il santo uditore, giacche diviene cos valente in virt, cos guarda le porte dei sensi, cos nel cibarsi sa tenere misura, cos si dedica alla veglia, cos egli ha acquistato tutte buone qualit, e cos pu raggiungere a piacere le quattro contemplazioni, intime in cuore, in vita beatificanti: allora un tale, Mahanamo, viene chiamato santo uditore, che s' avanzato coi passi del combattente, anzi giunto fin sopra, all'oviguscio, capace dello sgusciamento, capace del risveglio, capace di trovare l'incomparabile sicurezza.
"Se ora, Mahanamo, un tale santo uditore ha ben raggiunto quest'ultima, equanime savia perfetta purezza, allora si ricorda di molte diverse anteriori forme d'esistenza, ognuna con i propri contrassegni, ognuna con le speciali relazioni. Cosi egli per la prima volta schiuso, come il giovine pollo dal guscio dell'uovo.
"Se ora, Mahanamo, un tale santo uditore ha ben raggiunto quest'ultima, equanime savia perfetta purezza, allora con l'occhio celeste, rischiarato, sopraterreno, vede gli esseri sparire e riapparire, volgari e nobili, belli e non belli, egli riconosce come gli esseri sempre secondo le azioni riappaiono. Cosi egli per la seconda volta schiuso, come il giovine pollo dal guscio dell'uovo.
"Se ora, Mahanamo un tale santo uditore ha ben raggiunto quest'ultima, equanime savia perfetta purezza, allora egli fa esaurire la mania ed ancora in vita pu fare a s palese e realizzando conquistarsi la senza mania redenzione dell'animo, redenzione di sapienza. Cos egli per la terza volta schiuso, come il giovine pollo dal guscio dell'uovo.
"Se dunque, Mahanamo, il santo uditore valente in virt, ci gli vale come vissuto. Se dunque, Mahanamo, il santo uditore guarda le porte dei sensi, allora ci gli vale come vissuto. Se dunque, Mahanamo, il santo uditore nel cibarsi sa tenere misura, allora ci gli vale come vissuto. Se dunque, Mahanamo, il santo uditore si dedica alla veglia, allora ci gli vale come vissuto Se dunque, Mahanamo, il santo uditore ha acquistato sette buone qualit, allora ci gli vale come vissuto. Se dunque, Mahanamo, il santo uditore pu a piacere raggiungere le quattro contemplazioni, intime in cuore, nella loro pienezza ed ampiezza, allora ci gli vale come vissuto.
"E se dunque, Mahanamo, il santo uditore si ricorda di molte diverse anteriori forme d'esistenza, allora ci gli vale come saputo. E se dunque, Mahanamo, il santo uditore vede gli esseri sparire e riapparire, allora ci gli vale come saputo. E se dunque, Mahanamo, il santo uditore con l'esaurimento della mania ancora in vita pu fare a se palese e realizzando conquistarsi la senza mania redenzione dell'animo, redenzione di sapienza, allora ci gli vale come saputo.
"Costui lo si chiama, Mahanamo, santo uditore, che sapendo e pronto, che vivendo e provato, che sapendo e vivendo e provato. - Perci anzi Sanankumaro, Mahanamo, il Brahma, ha detto la strofe:

Guerriero primo tra tutta la gente,
Che di schiatta e di stirpe ha ricordo;
Chi sapiente provato, provato vivente,
Appo uomini e dei primo d'accordo.

"Questa pure, Mahanamo, una strofe, che Sanankumaro il Brahma ha giustamente cantato, non ingiustamente cantato, che ha giustamente pronunciato, non ingiustamente pronunziato, che sensata, non insensata, a cui il Sublime ha assentito."

Ora il Sublime si alz e si volse cos all'onorevole Anando:
"Bene, bene, Anando, bene hai tu, Anando, ai Sakya di Kapilavatthu mostrato ' I passi del combattente '. .

Cos parl l'onorevole Anando, e dal Maestro fu approvato. Contenti si allegrarono quei Sakya di Kapilavatthu sulla parola dell'onorevole Anando (1) [ La strofe su riportata si trova, come ha osservato Tronckner, anche nelle altre tre raccolte, propriamente nel Dighanikayo, nel mezzo del terzo discorso, nell'Anguttaranikayo, XI, 1, in fine, in Samyuttakaniyo, XI, 11, v. 1, e VI, 2, 1. Anzi Buhler ha trovato una simile parola di Sanankumaro perfino nel Mahabharatam: al che ha accennato Rhys Davids nella sua traduzione del Dighanikayo, vol. I, p. 121. Un importante parallelo letterale offre la Brhadaranyakopanisat, I, 4, 23: ksatrdt param nauti. Vedi anche il XXXVII discorso del primo volume.
La nota replica dei sacerdoti trattata nell'LXXXIV, XCIII e XCVIII discorso.].



LIV

VI PARTE - IV DISCORSO



Potaliyo

QUESTO ho sentito. Una volta dimorava il Sublime nella terra degli Anguttarapi, presso Apanam, un borgo nel territorio degli Anguttarapi. Ed il Sublime, per tempo apparecchiato, prese mantello e scodella e si diresse ad Apanam per l'elemosina. Quando il Sublime, passando di casa in casa, ebbe ricevuto elemosine, torno indietro, prese il pasto e si reco poi in un prossimo bosco, per il giorno. Nell'interno di questo bosco il Sublime si sedette al piede d'un albero, per dimorarvi fino al tramonto del sole.
Ma anche Potaliyo il .padre di famiglia, avvolto in un ampio mantello, fornito di ombrello e di sandali, passeggiando a diporto, venne verso il bosco, entro nel bosco e giunse dove il Sublime dimorava. L giunto scambio col Sublime cortese saluto ed amichevoli, notevoli parole, e si pose in disparte. A questo Potaliyo padre di famiglia, che stava in disparte, si volse il Sublime cos:
"Si pu qui, padre di famiglia, sedere: siedi, se vuoi."
Cos apostrofato Potaliyo il padre di famiglia, pensando dentro di se: ' Padre di famiglia mi ha chiamato l'asceta Gotamo! ', turbato e scontento si tacque.
Per la seconda volta poi il Sublime si volse cos a Potaliyo il padre di famiglia:
i pu qui, padre di famiglia, sedere: siedi, se vuoi. .
Per la seconda volta per Potaliyo il padre di famiglia, pensando dentro di se: ' Padre di famiglia mi ha chiamato l'asceta Gotamo! ', turbato e scontento si tacque.
E per la terza volta il Sublime si volse cos a Potaliyo il padre di famiglia:
"Si pu qui, padre di famiglia, sedere: siedi, se vuoi. .
Ma Potaliyo il padre di famiglia, pensando dentro di se: Padre di famiglia mi ha chiamato l'asceta Gotamo!', turbato e scontento parl allora cos al Sublime:
"Ci non ti conviene, o Gotamo, ci non ti si addice, che tu mi interpelli col titolo di padre di famiglia! .
" Pure tu hai, padre di famiglia, modi, tratti, distintivi proprii del padre di famiglia. .
"Nondimeno io ho rinunziato, o Gotamo, ad ogni attivit, troncato ogni commercio. .
ome hai tu dunque, padre di famiglia, rinunziato ad ogni attivit, troncato ogni commercio? -
"Ecco, o Gotamo, ci che io ho posseduto in averi e beni, in argento ed oro, io l'ho dato tutto in retaggio ai miei figli: ed io non consiglio alcuno, non sconsiglio alcuno, mi son solo riservato cibo e veste. Cos, o Gotamo, io ho rinunziato ad ogni attivit, troncato ogni commercio. .
"Altrimenti parli tu, padre di famiglia, del troncar commercio, e pure altrimenti nell'ordine del Santo il commercio viene troncato."
"Ma come dunque, o Signore, nell'ordine del Santo il commercio viene troncato? Sarebbe bene, o Signore, s il Sublime mi volesse esporre cos la dottrina, come il commercio nell'ordine del Santo viene troncato."
"Ors dunque, padre di famiglia, ascolta allora e fa' bene attenzione al mio discorso."
"Si, o Signore!" replic qui attento Potaliyo il padre di famiglia al Sublime. Il Sublime parl cos:
"Otto cose sono, padre di famiglia, che qui nell'ordine del Santo fanno troncare il commercio: quali otto? Non uccidere alcun essere fa astenere dall'uccidere gli - esseri, prendere ci che dato fa astenere dal prendere il non dato, dire la verit fa astenere dalla menzogna, non calunniare fa astenere da calunnia, non desiderare bramosamente fa astenere da bramoso desiderio, non censurare ed ingiuriare fa astenere da censura ed ingiuria, non infuriare e disperare fa astenere da furia e disperazione, non presumere fa astenere da presunzione. Queste sono, padre di famiglia, brevemente dette, non estesamente distinte, le otto cose, che qui nell'ordine del Santo fanno troncare il commercio."
"Queste otto cose, o Signore, dal Sublime brevemente indicate, non estesamente distinte, che qui nell'ordine del Santo fanno troncare il commercio: voglia dunque, o Signore, il Sublime espormi estesamente queste otto cose, mosso da compassione ! .
"Allora ascolta dunque, padre di famiglia, e fa' bene attenzione al mio discorso!"
"Certo, o Signore !" replico qui attento Potaliyo il padre di famiglia al Sublime. Il sublime parl cos:
"Non uccidere alcun essere fa astenere dall'uccidere gli esseri': ci stato detto; e perch e stato detto ci? Ecco, padre di famiglia, il santo uditore riflette dentro di s: ' Quei vincoli, che potrebbero rendermi uccisore, io comincio a scioglierli, troncarli: perch s io divenissi uccisore, allora potrei forse io stesso disprezzarmi, per l'uccisione, e, ben considerato, potrebbero intelligenti biasimarmi, per l'uccisione, e con la dissoluzione del corpo, dopo la morte, brutta via mi starebbe innanzi, per l'uccisione. Questo dunque appunto il vincolo, questo l'impedimento, ossia l'uccisione. S per con l'uccisione sorge turbante, divorante mania, essa dunque non pu incogliere colui, che si tiene lontano dall'uccisione. ' - ' non uccidere alcun essere fa astenere dall'uccidere gli esseri': venne ci detto, fu detto perci.
' Prendere ci che e dato fa astenere dal prendere il non dato ': ci stato detto; e perch e stato detto ci? Ecco, padre di famiglia, il santo uditore riflette dentro di s: ' Quei vincoli, che potrebbero rendermi ladro, io comincio a scioglierli, troncarli: perch s io divenissi ladro, allora potrei forse io stesso disprezzarmi, pel furto, e, ben considerato, potrebbero intelligenti biasimarmi, pel furto, e con la dissoluzione del corpo, dopo la morte, brutta via mi starebbe innanzi, pel furto. Questo dunque appunto il vincolo, questo e l'impedimento, ossia il furto. Se per col furto sorge turbante, divorante mania, essa dunque non pu incogliere colui, che si tiene lontano dal furto. ' - ' Prendere ci che e dato fa astenere dal prendere il non dato': venne ci detto, fu detto perci.
. 'Dire la verit fa astenere dalla menzogna': ci e stato detto; e perch e stato detto ci? Ecco, padre di famiglia, il santo uditore riflette dentro di s: 'Quei vincoli, che potrebbero rendermi mentitore, io comincio a scioglierli, troncarli: perch se io divenissi mentitore, allora potrei forse io stesso disprezzarmi, per la menzogna, e, ben considerato, potrebbero intelligenti biasimarmi, per la menzogna, e con la dissoluzione del corpo, dopo la morte, brutta via mi starebbe innanzi, per la menzogna. Questo dunque appunto il vincolo, questo l'impedimento, ossia la menzogna. S per con la menzogna sorge turbante, divorante mania, essa dunque non pu incogliere colui, che si tiene lontano dalla menzogna. ' - ' Dire la verit fa astenere dalla menzogna': venne ci detto, fu detto perci.
"Non calunniare fa astenere da calunnia ': ci stato detto; e perch stato detto ci? Ecco, padre di famiglia, il santo uditore ridette dentro di s: ' Quei vincoli, che potrebbero rendermi calunniatore, io comincio a scioglierli, troncarli: perch s io divenissi calunniatore, allora potrei forse io stesso disprezzarmi, per la calunnia, e, ben considerato, potrebbero intelligenti biasimarmi, per la calunnia, e con la dissoluzione del corpo, dopo la morte, brutta via mi starebbe innanzi, per la calunnia. Questo dunque appunto il vincolo, questo e l'impedimento, ossia calunniare. Se per col calunniare sorge turbante, divorante mania, essa dunque non pu incogliere colui, che si tiene lontano da calunniare. ' - 'Non calunniare fa astenere da calunnia': venne ci detto, fu detto perci.
" Non desiderare bramosamente fa astenere da bramoso desiderio ': ci stato detto; e perch e stato detto ci? Ecco, padre di famiglia, il santo uditore riflette dentro di s: ' Quei vincoli, che mi costringerebbero a desiderare bramosamente, io comincio a scioglierli, troncarli: perch s io m'abbandonassi a bramoso desiderio, allora potrei forse io stesso disprezzarmi, pel bramoso desiderio, e, ben considerato, potrebbero intelligenti biasimarmi, pel bramoso desiderio, e con la dissoluzione del corpo, dopo la morte, brutta via mi starebbe innanzi, pel bramoso desiderio. Questo dunque appunto il vincolo, questo l'impedimento, ossia bramoso desiderio. Se per con bramoso desiderio sorge turbante, divorante mania, essa dunque non pu incogliere colui, che si tiene lontano da bramoso desiderio. ' - ' Non desiderare bramosamente fa astenere da bramoso desiderio ': venne ci detto, fu detto perci.
"Non censurare ed ingiuriare fa astenere da censura ed ingiuria': ci stato detto; e perch stato detto ci? Ecco, padre di famiglia, il santo uditore riflette dentro di s: ' Quei vincoli, che mi costringerebbero a censurare ed ingiuriare, io comincio a scioglierli, troncarli: perch s io censurassi ed ingiuriassi, allora potrei forse io stesso disprezzarmi, per il censurare ed ingiuriare, e, ben considerato, potrebbero intelligenti biasimarmi, per il censurare ed ingiuriare, e con la dissoluzione del corpo, dopo la morte, brutta via mi starebbe innanzi, per il censurare ed ingiuriare. Questo dunque appunto e il vincolo, questo e l'impedimento, ossia censurare ed ingiuriare. Se per col censurare ed ingiuriare sorge turbante, divorante mania, essa dunque non pu incogliere colui, che si tiene lontano da censurare ed ingiuriare. ' - ' Non censurare ed ingiuriare fa astenere da censura ed ingiuria': venne ci detto, fu detto perci.
"Non infuriare e disperare fa astenere da furia e disperazione ': ci b stato detto; e perch stato detto ci? Ecco, padre di famiglia, il santo uditore riflette dentro di s: ' Quei vincoli, che mi farebbero infuriare e disperare, io comincio a scioglierli, troncarli: perch se io cadessi in furia e disperazione, allora potrei forse io stesso disprezzarmi, per la furia e disperazione, e, ben considerato, potrebbero intelligenti biasimarmi, per la furia e disperazione. e con la dissoluzione del corpo, dopo la morte. brutta via mi starebbe innanzi, per la furia e disperazione. Questo dunque appunto il vincolo, questo e l'impedimento, ossia furia e disperazione. S per con furia e disperazione sorge turbante, divorante mania, essa dunque non pu incogliere colui, che si tiene lontano da furia e disperazione. ' - ' Non infuriare e disperare fa astenere da furia e disperazione': venne ci detto, fu detto perci.
"Non presumere fa astenere da presunzione ': ci stato detto; e perch stato detto ci? Ecco, padre di famiglia, il santo uditore riflette dentro di s: ' Quei vincoli, che mi creerebbero presunzione, io comincio a scioglierli, troncarli: perch se io divenissi presuntuoso, allora potrei forse io stesso disprezzarmi, per la presunzione. e, ben considerato, potrebbero intelligenti biasimarmi, per la presunzione, e con la dissoluzione del corpo, dopo la morte, brutta via mi starebbe innanzi, per la presunzione. Questo dunque appunto e il vincolo, questo l'impedimento, ossia presumere. S per con presumere sorge turbante, divorante mania, essa dunque non pu incogliere colui, che si tiene lontano dal presumere. ' -- ' Non presumere fa astenere da presunzione ': venne ci detto, fu detto perci.
"Queste sono, padre di famiglia, brevemente dette ed estesamente distinte, le otto cose, che qui nell'ordine del tanto fanno troncare il commercio. Pure non solo pertanto nell'ordine del Santo in tutto e per tutto da per tutto viene troncato tutto il commercio!"
"Ma come allora, o Signore, nell'ordine del Santo in tutto e per tutto da per tutto viene troncato tutto il commercio? O che il Sublime, o Signore, possa in tal modo mostrarmi la dottrina, come qui nell'ordine del Santo in tutto e per tutto da per tutto viene troncato tutto il commercio !"
"Allora ascolta dunque, padre di famiglia, e fa' bene attenzione al mio discorso".
"Certo, o Signore!" replic allora attento Potaliyo il padre di famiglia al Sublime. Il Sublime parl cos: -
"Cos come quasi, padre di famiglia, s un cane, tormentato da fame e debolezza, si ponesse innanzi al banco di un macellaio di vaccine, ed un abile macellaio o garzone di macellaio gli gettasse un pezzo d'osso, denudato, raschiato, senza carne, macchiato di sangue; che pensi ora tu, padre di famiglia: potrebbe forse questo cane, mentre rode tutt'attorno il pezzo d'osso, il denudato, raschiato, scarnato, macchiato di sangue, scacciare fame e stanchezza?"
"Veramente no, o Signore!"
"E perch no?"
l pezzo d'osso, o Signore, gi denudato, raschiato, senza carne, macchiato di sangue, per quanta fatica e pena il cane possa pur sempre darsi.,
"Or cos anche appunto, padre di famiglia, il santo uditore riflette dentro di s -: ' Simili ad ossa denudate sono le brame, ha detto il Sublime, piene di dolori, piene di strazii, la miseria prepondera'; cos egli ci vede, conforme a verit, con perfetta sapienza: e lo sguardo, che vario cerca variet, questo egli rinnega, e lo sguardo, che unito cerca unit, dove ogni attaccamento ad esca mondana interamente svanito, questo sguardo appunto egli realizza.
Cos come quasi, padre di famiglia, se un avvoltoio od un airone od un corvo afferrasse e portasse via un brano di carne, ed altri avvoltoi od aironi o corvi si precipitassero a schiere su lui e perci si azzuffassero: che pensi ora tu, padre di famiglia: se questo avvoltoio od airone o corvo non lasciasse ben presto andar via quel brano di carne, non gliene verrebbe morte o mortale dolore? .
"Certo che si, o Signore!"
"Or cos anche appunto, padre di famiglia, il santo uditore riflette dentro di s: ' Simili a brani di carne sono le brame, ha detto il Sublime, piene di dolori, piene di strazii, la miseria prepondera '; cos egli ci vede, conforme alla verit, con perfetta sapienza: e lo sguardo, che vario cerca variet, questo egli rinnega, e lo sguardo, che unito cerca unit, dove ogni attaccamento ad esca mondana interamente svanito, questo sguardo appunto egli realizza.
"Cos come quasi, padre di famiglia, se un uomo con una fiaccola di paglia fiammante andasse contro vento: che pensi ora tu, padre di famiglia: se quest'uomo non gettasse subito via da se la fiaccola di paglia fiammante, non brucerebbe allora la sua mano, brucerebbe il suo braccio od altro membro del corpo, ed egli cos soffrirebbe morte o mortale dolore?
Sicuramente, o Signore!
"Or cos anche appunto, padre di famiglia, il santo uditore riflette dentro di s: ' Simili a paglia fiammante sono le brame, ha detto il Sublime, piene di dolori, piene di strazii, la miseria prepondera '; cos egli ci vede, conforme alla verit, con perfetta sapienza: e lo sguardo, che vario cerca variet, questo egli rinnega, e lo sguardo, che unito cerca unita, dove ogni attaccamento ad esca mondana interamente e svanito, questo sguardo appunto egli realizza.
"Cos come quasi, padre di famiglia, s si trovasse una fossa, pi profonda dell'altezza di un uomo, piena di carboni ardenti, senza fiamme, senza fumo; e giungesse un uomo, che vivere vuole, non morire, che desidera benessere e schiva dolore, e due uomini robusti lo afferrassero sotto le braccia e lo trascinassero verso l'ardente fossa di carboni; che pensi ora tu, padre di famiglia: quest'uomo ora non trarrebbe indietro in ogni guisa il corpo?
"Certo che si, o Signore!"
"E perch ci?"
ssai bene, o Signore, l'uomo saprebbe: ' S cado in questi carboni ardenti, allora io debbo morire o soffrire mortale dolore!"
"Or cos anche appunto, padre di famiglia, il santo uditore riflette dentro di s: ' Simili a carboni ardenti sono le brame, ha detto il Sublime, piene di dolori, piene di strazi, la miseria prepondera"; cos egli ci vede, conforme alla verit, con perfetta sapienza: e lo sguardo, che vario cerca variet, questo egli rinnega, e lo sguardo, che unito cerca unit, dove ogni attaccamento ad esca mondana interamente svanito, questo sguardo appunto egli realizza.
"Cos come quasi, padre di famiglia, se un uomo vedesse in sogno un bel giardino, un bosco ameno, un sereno paesaggio, un lucido lago, e poi, risvegliato, non scorgesse pi nulla: or cos anche appunto, padre di famiglia, il santo uditore riflette dentro di s: 'Simili a visioni di sogno sono le brame, ha detto il Sublime, piene di dolori, piene di strazii, la miseria prepondera'; cos egli ci vede, conforme, alla verit, con perfetta sapienza: e lo sguardo, che vario cerca variet, questo egli rinnega, e lo sguardo, che unito cerca unita, dove ogni attaccamento ad esca mondana interamente e svanito, questo sguardo appunto egli realizza.
"Cos come quasi, padre di famiglia, s un uomo pigliasse beni in prestito e caricasse un carro con preziosi ornamenti e gioielli, e, provvisto e fornito di questo tesoro prestato, andasse al mercato, e le genti lo vedessero e dicessero: ' Ricco, davvero, l'uomo, cos possono ricchi godere ricchezze!' E dove forse i creditori lo incontrassero, l appunto il loro gli ritirassero. Che pensi ora tu, padre di famiglia: basterebbe ci, per turbare quest'uomo?"
"Sicuramente, o Signore!"
"E perch ci?"
"I proprietarii, o Signore, ritirano certo il proprio. .
"Or cos anche appunto, padre di famiglia, il santo uditore riflette dentro di s: ' Simili a prestiti sono le brame, ha detto il Sublime, piene di dolori, piene di strazii, la miseria prepondera'; cos egli ci vede, conforme alla verit, con perfetta sapienza: e lo sguardo, che vario cerca variet, questo egli rinnega, e lo sguardo, che unito cerca unita, dove ogni attaccamento ad esca mondana interamente e svanito, questo appunto egli realizza.
" Cos come quasi, padre di famiglia, s non lungi da un villaggio o da una citta si trovasse una fitta selva, e vi stesse un albero, che porta frutti maturanti, e nessuno dei frutti fosse caduto. E si avvicinasse un uomo, che brama frutti, cerca frutti, va in traccia di frutti; ed egli giungesse nell'interno della selva e scorgesse l'albero, che porta frutti maturanti; allora egli pensasse: ' Quest'albero e carico di frutti maturanti, e nessuno dei frutti caduto al suolo: ma io so ben scalare alberi ! Che, s io ora mi vi arrampicassi e ne mangiassi a saziet e ne cogliessi pieno il grembiale? ' Ed egli si arrampicasse e mangiasse a saziet e cogliesse pieno il grembiale. Ma un secondo uomo si avvicinasse, che brama frutti, cerca frutti, va in traccia di frutti, provvisto di una tagliente scure; ed egli giungesse nell'interno della selva e scorgesse l'albero con i frutti maturanti; allora egli pensasse: ' Quest'albero porta frutti maturanti, e nessuno dei frutti giace sulla terra, e scalare alberi, questo io non so: che, se io ora tagliassi quest'albero dalle radici e poi mangiassi a saziet ed empissi il grembiale? ' Ed egli tagliasse l'albero alle radici. Che pensi ora tu, padre di famiglia: se allora quell'uomo, che prima era salito, non discendesse ben presto, non gli potrebbe per la caduta dell'albero venire schiacciata la mano o schiacciato il piede o schiacciato altro membro del corpo, cos che egli soffrisse morte o mortale dolore?"
"Certamente, o Signore!"
"Or cos anche appunto, padre di famiglia, il santo uditore riflette dentro di s: 'Simili a frutti d'albero sono le brame, ha detto il Sublime, piene di dolori, piene di strazii, la miseria prepondera'; cos egli ci vede, conforme alla verit, con perfetta sapienza: e lo sguardo, che vario cerca variet, questo egli rinnega, e lo sguardo, che unito cerca unit, dove ogni attaccamento ad esca mondana interamente svanito, questo sguardo appunto egli realizza,"
"Se ora, padre di famiglia, un tale santo discepolo ha raggiunto quest'ultima, equanime savia perfetta purezza, allora egli si ricorda di molte diverse anteriori forme d'esistenza, ognuna con i proprii contrassegni, ognuna con le proprie relazioni.
"S ora, padre di famiglia, un tale santo discepolo ha raggiunto quest'ultima, equanime savia perfetta purezza, allora egli vede con l'occhio celeste, il rischiarato, sopraterreno, gli esseri sparire e riapparire, volgari e nobili, belli e non belli, felici ed infelici, egli riconosce come gli esseri sempre secondo le azioni riappaiono.
"S ora, padre di famiglia, un tale santo discepolo ha raggiunto quest'ultima, equanime savia perfetta purezza, allora egli fa esaurire la mania ed ancora in questa vita si fa palese, realizza e conquista la redenzione d'animo senza mania, redenzione di sapienza."
"Pertanto ora, padre di famiglia, nell'ordine del Santo in tutto e per tutto da per tutto viene troncato tutto il commercio. Che pensi ora tu, padre di famiglia: come in tutto e per tutto da per tutto, tutto il commercio nell'ordine del Santo viene troncato, trovi tu, che anche cos appunto sia presso di te troncato il commercio?."
"Che sono io, o Signore, e che e l'ordine del Santo, dove in tutto e per tutto da per tutto tutto il commercio viene troncato! Lungi sono io, o Signore, da ci, che io abbia in tutto e per tutto da per tutto troncato, conforme all'ordine del Santo, tutto il commercio. - S, noi abbiamo prima, o Signore, ritenuto per distinti gli altri penitenti e pellegrini, che sono cos ordinarii, cibato di distinto cibo essi, che sono cos ordinarii, onorato di distinto onore essi, che sono cos ordinarii: mentre abbiamo, o Signore, ritenuto per ordinarii i monaci, che sono cos distinti, cibato d'ordinario cibo essi, che sono cos distinti, onorato d'ordinario onore essi, che sono cos distinti. Ora per noi vogliamo, o Signore, riconoscere come ordinarii gli altri penitenti e pellegrini, che sono cos ordinarii, cibare di ordinario cibo essi, che sono cos ordinarii, onorare d'ordinario onore essi, che sono cos ordinarii: mentre vogliamo, o Signore, riconoscere come distinti i monaci, che sono cos distinti, cibare di distinto cibo essi, che sono cosi distinti, onorare di distinto onore essi, che sono cos distinti. Generato mi ha veramente, o Signore, il Sublime amore ascetico per gli asceti, gioia ascetica negli asceti, venerazione ascetica innanzi agli asceti. - Benissimo, o Signore, benissimo, o Signore !
Cos come quasi, o Signore, s si dirizzasse il rovesciato, o si svelasse il celato, o s'indicasse la via a sviati, o si portasse luce nella tenebra: ' Chi ha occhi vedr le cose ': or cos anche appunto dal Sublime stata la dottrina in varia guisa mostrata. E cos io prendo, o Signore, rifugio presso il Sublime, presso la Dottrina e presso l'Ordine: come seguace voglia il Sublime considerarmi, da oggi per la vita fedele." (1) [Potaliyo stato semiasceta, press'a poco come Keniyo nel XCII discorso: appartenenti secondo la Smrti al Kuticakas, che si permettono ancora un certo possesso, sia anche solo una capanna.]

LV
VI PARTE - V DISCORSO



Jivako

QUESTO ho sentito. Una volta soggiornava il Sublime presso Rajagaham, nel bosco di mango di Jivako, il medico di corte. (1) [Komarabhacco, Kaumarabhrtyas, particolarmente il titolo del medico nel rajorodho, palazzo reale, col gineceo nel mezzo. Il commentario, i. e. Vinayapitakam, vol. 1, p. 269, espone, secondo il solito, leggende.]

Ecco or si rese Jivako il medico di corte dal Sublime, salut il Sublime riverentemente e si sedette accanto. Accanto sedendo parl ora Jivako il medico di corte cos al Sublime:
"Ho sentito tali cose, o Signore: ' Per l'asceta Gotamo tolgono la vita, e l'asceta Gotamo prende scientemente la carne apparecchiata proprio per lui ! ' Quei che hanno detto ci, o Signore, ripetono certo solo ci che il Sublime ha detto ed incolpano il Sublime non a torto e parlano conforme alla dottrina, cos che nessun seguace, che lo ripeta, e perci da biasimare."
"Quei che, Jivako, hanno detto ci: Per l'asceta Gotamo tolgono la vita, e l'asceta Gotamo prende scientemente la carne apparecchiata proprio per lui ', non ripetono ci che io ho detto e mi incolpano senza ragione ed a torto. Tre casi vi sono, Jivako, in cui io dico, di non prendere carne: vista, sentita, supposta. Questi sono, Jivako, i tre casi, in cui io dico, di non prendere carne. Tre casi vi sono, Jivako, in cui io dico, di prendere carne: non vista, non sentita, non supposta. Questi sono, Jivako, i tre casi, in cui io dico, di prendere carne.
"Ecco che un monaco, Jivako, vive nei dintorni di un villaggio o di una citta. Con animo amorevole dimorando egli raggia in una direzione, poi in una seconda, poi nella terza, poi nella quarta, cos anche verso sopra e verso sotto: da per tutto in tutto riconoscendosi egli irradia il mondo intero con animo amorevole, con ampio, profondo, illimitato animo, schiarito di rabbia e rancore. E lo visita un padre di famiglia, od il figlio di un padre di famiglia, e lo prega, di pranzare il di seguente da lui. Pu appunto il monaco, Jivako, accettare, allora acconsente. Ed il mattino seguente, per tempo approntato, egli prende mantello e scodella e si reca la, dove abita quel padre di famiglia, od il figlio di un padre di famiglia. La giunto egli prende posto sull'offerto sedile. Ed il padre di famiglia, od il figlio di un padre di famiglia, lo serve di scelto cibo d'elemosina. Qui egli non pensa: '. bello, veramente, da parte di questo padre di famiglia, o figlio di un padre di famiglia, di ospitarmi con scelto cibo d'elemosina: ah, s questo padre di famiglia, o figlio di un padre di famiglia, volesse anche per l'avvenire ospitarmi con simile scelto cibo d'elemosina ! ': Cos dunque egli non pensa. Egli prende questi bocconi d'elemosina non allettato, non stordito, non accalappiato, vedendo la miseria, memore dello scampo. Che pensi ora tu, padre di famiglia: ha forse ora il monaco in questa occasione il proprio danno in mente, o ha danno d'altri in mente, o ha danno d'entrambi in mente?"
"Questo no, o Signore!"
"Il monaco dunque, Jivako, non prende appunto in questa occasione nutrimento irreprensibile?"
"Certamente, o Signore! - ho sentito dire, o Signore: ' Brahma e amorevole.' Di ci io ho visto, o Signore, il Sublime essere garante: perch il Sublime, o Signore, e amorevole."
"Quella brama, Jivako, quell'avversione, quella mania, per cui perdizione verrebbe in mente, tale brama, tale avversione, tale mania stata dal Compiuto rinnegata, troncata alla radice, fatta simile a ceppo di palma, estirpata, non pu quindi pi mai svilupparsi. Se le tue parole, Jivako, hanno inteso ci, te lo concedo.
"Appunto ci, certamente, o Signore, hanno le mie parole inteso."
"Ecco che un monaco, Jivako, vive nei dintorni di un villaggio o di una citta. Con animo compassionevole, con animo lieto, con animo immoto dimorando egli raggia in una direzione, poi in una seconda, poi nella terza, poi nella quarta, cos anche verso sopra verso sotto: da per tutto in tutto riconoscendosi egli irradia il mondo intero con animo compassionevole, con animo lieto, con animo immoto, con ampio, profondo, illimitato animo, schiarito di rabbia e rancore. E lo visita un padre di famiglia, od il figlio di un padre di famiglia, e lo prega, di pranzare il di seguente da lui. Pu appunto, Jivako, il monaco accettare, allora acconsente. Ed il mattino seguente, per tempo approntato, egli prende mantello e scodella e si reca l, dove abita quel padre di famiglia, od il figlio di un padre di famiglia. L giunto egli prende posto sull'offerto sedile. Ed il padre di famiglia, od il figlio di un padre di famiglia, lo serve di scelto cibo d'elemosina. Qui egli non pensa: ' bello, veramente, da parte di questo padre di famiglia, o figlio di un padre di famiglia, di ospitarmi con scelto cibo d'elemosina: ah, s questo padre di famiglia, o figlio di un padre di famiglia, volesse anche per l'avvenire ospitarmi con simile scelto cibo d'elemosina!': cos dunque egli non pensa. Egli prende questi bocconi d'elemosina non allettato, non stordito, non accalappiato, vedendo la miseria, memore dello scampo. Che pensi ora tu, padre di famiglia: ha forse ora il monaco in questa occasione il proprio danno in mente, o ha danno d'altri in mente, o ha danno d'entrambi in mente?"
"Questo no, o Signore!"
"Il monaco dunque, Jivako, non prende appunto in questa occasione nutrimento irreprensibile? .
"Certamente, o Signore! - Ho sentito dire, o signore: 'Brahma immoto.' Di ci io ho visto, o Signore, il Sublime essere garante: perch il Sublime, o Signore, e immoto.,
" Quella brama, Jivako, quell'avversione, quella mania, per cui ira, per cui fastidio, per cui contrasto verrebbe in mente, tale brama, tale avversione, tale mania e stata dal Compiuto rinnegata, troncata alla radice, fatta simile a ceppo di paglia, estirpata, non pu quindi pi mai svilupparsi. S le tue parole, Jivako, hanno inteso ci, te lo concedo."
"Appunto ci, certamente, o signore, le mie parole hanno inteso."
"Chi ora, Jivako, per il Compiuto o discepolo del Compiuto toglie la vita, quegli si acquista cinque volte grave colpa. Perch egli ora cos comanda: ' Andate e portate qui quell'animale! ', perci egli s'acquista per la prima volta grave colpa. Perch poi l'animale, trascinato tremante e riluttante, prova dolore e tormento, perci egli s'acquista per la seconda volta grave colpa. Perch egli poi ordina: ' Andate ed uccidete quest'animale! ', perci egli s'acquista per la terza volta grave colpa. Perch poi l'animale nella morte prova dolore e tormento, perci egli s'acquista per la quarta volta grave colpa. Perch egli poi fa ristorare convenientemente il Compiuto o discepoli del Compiuto, perci egli s'acquista per la quinta volta grave colpa. Chi ora, Jivako, per il Compiuto o discepolo del Compiuto toglie la vita, quegli acquista per queste cinque volte grave colpa.,
Dopo queste parole disse Jivako il medico di corte cos al Sublime:
"Mirabile, o Signore, straordinario, o Signore! Conveniente nutrimento, invero, o Signore, prendono i monaci, irreprensibile nutrimento, invero, o Signore, prendono i monaci. - Benissimo, o Signore, benissimo, o Signore ! Come seguace voglia il Sublime considerarmi, da oggi per la vita fedele." (1) [ La conclusione finale di questo discorso riassunta in Manu, V, 51, nella sentenza:
Anumanta visasita
nihanta krayavikrayi
samskarta copaharta ca
khadakasceti ghatakah.
"Chi consente (all'uccisione), chi colpisce, chi ammazza, chi compra e vende, chi cucina, chi serve, chi mangia: (sono tutti ) uccisori . -
La dottrina del brahmaviharot di cui Jivako ha sentito parlare e ha visto qui garanzia, viene quasi egualmente pregiata da Apastambas, Dharmasutram, 1, s, 23,1: Atmanpasyansarvabhutani na muhyeccintayankavih: atmanam. caiva sarvatra yah pasyet sa vai Brahma nakaprsthe virajati.]



LVI

VI PARTE - VI DISCORSO



Upali

QUESTO ho sentito. Una volta soggiornava il Sublime presso Nalanda, nel bosco di mango di Pavariko. Ora in quel tempo si tratteneva presso Nalanda il libero fratello Nathaputto (1) [Nathaputto stato, come si sa, il maestro dei Jaina. Vedi vol. I, p. 3s e 296.], con una grande schiera di liberi fratelli.
Ecco ora si rese Dighatapassi, un libero fratello, verso Nalanda per l'elemosina, torno poi indietro, prese il pasto, e visito quindi il bosco di mango di Pavariko, and l dove il Sublime dimorava, scambio cortese saluto ed amichevoli, notevoli parole col Sublime e si pose in disparte. Ed a Dighatapassi il libero fratello, che stava in disparte, si volse il Sublime cos:
Vi sono qui, Tapass, sedili: siedi, se vuoi."
Cos interpellato Dighatapassi il libero fratello prese in mano una sedia pi bassa e si sedette accanto. Ed a Dighatapassi il libero fratello, che sedeva accanto, parl il Sublime cos:
"Quante specie di atti, Tapass, il libero fratello Nathaputto indica come possibili, per fare cattive azione, per commettere cattiva azione ? ."
"Non sta, fratello Gotamo, al libero fratello Nathaputto, di designare un atto semplicemente come azione: come tratto semplicemente, fratello Gotamo, sta al libero fratello Nathaputto, di designare un'azione."
"Quante specie di tratti, Tapass, il libero fratello Nathaputto indica dunque come possibili, per fare cattiva azione, per commettere cattiva azione?"
" Tre specie di tratti, fratello Gotamo, il libero fratello Nathaputto indica come possibili, per fare cattiva azione, per commettere cattiva azione: ossia tratti in opere, tratti in parole, tratti in pensieri."
"Come dunque, Tapass: sono tratti in opere una cosa, e tratti in parole un'altra, e tratti in pensieri di nuovo un'altra?"
"Una cosa, fratello Gotamo, sono tratti in opere, ed un'altra tratti in parole, e di nuovo un'altra tratti in pensieri." (1) [Il dogma dei Jaina del triplice (kamma-) dando Si trova confermato nella grande Sannyasopanisat, II parte, v. 97: Vagdande maunamatisthet, kayadande tvabhojanam, manase tu krte dande pranayamo vidhiate.
Corrispondentemente da spiegare Manu, XII, 10.]

"Ma quale, Tapass, di queste tre specie di tratti, che vengono cos divise, cos distinte, il libero fratello Nathaputto indica come la peggiore, per fare cattiva azione, per commettere cattiva azione: i tratti in opere. od i tratti in parole, od i tratti in pensieri?.
i queste tre specie di tratti, fratello Gotamo, che vengono cos divise, cos distinte, il libero fratello Nathaputto indica i tratti in opere come i peggiori, per fare cattiva azione, per commettere cattiva azione: non tanto i tratti in parole, non tanto i tratti in pensieri."
"I tratti in opere, dici tu, Tapass?"
"I tratti in opere, dico io, fratello Gotamo."
"I tratti in opere, dici tu, Tapass?"
"I tratti in opere, dico io, fratello Gotamo." I tratti in opere, dici tu, Tapass?."
"I tratti in opere, dico io, fratello Gotamo."
Cos dunque il Sublime fece rispondere Dighatapassi il libero fratello tre volte determinatamente a questa domanda del colloquio. Ed ora si volse Dighatapassi il libero fratello al Sublime e chiese:
"Tu per, fratello Gotamo: quante specie di tratti tu indichi come possibili, per fare cattiva azione, per commettere cattiva azione?,
"Non sta, Tapass, al Compiuto, di designare un atto semplicemente come tratto: come azione, semplicemente, Tapass, sta al Compiuto, di designare un atto."
"Quante specie di azioni, fratello Gotamo, tu indichi come possibili, per fare cattiva azione, per commettere cattiva azione?"
"Tre specie di azioni, Tapass, io indico come possibili, per fare cattiva azione, per commettere cattiva azione: ossia azioni in opere, azioni in parole, azioni in pensieri."
"Come dunque, fratello Gotamo: sono azioni in opere una cosa, ed azioni in parole un'altra, ed azioni in pensieri di nuovo un'altra?."
"Una cosa, Tapass, sono azioni in opere, ed un'altra azioni in parole, e di nuovo un'altra azioni in pensieri."
"Ma quale, fratello Gotamo, di queste tre specie di azioni, che vengono cos divise, cos distinte, tu indichi come la peggiore, per fare cattiva azione, per commettere cattiva azione: le azioni in opere, o le azioni in parole, o le azioni in pensieri?"
"Di queste tre specie di azioni, Tapass, che vengono cos divise, cos distinte, io indico le azioni in pensieri come le peggiori, per fare cattiva azione, per commettere cattiva azione: non tanto le azioni in opere, non tanto le azioni in parole."
"Le azioni in pensieri, dici tu, fastello Gotamo?"
"Le azioni in pensieri, dico io, Tapass."
"Le azioni in pensieri, dici tu, fratello Gotamo ?"
"Le azioni in pensieri, dico io, Tapass."
"Le azioni in pensieri, dici tu, fratello Gotamo?"
"Le azioni in pensieri, dico io, Tapass."
Cos dunque Dighapatassi il libero fratello fece rispondere il Sublime tre volte determinatamente a questa domanda del colloquio. Poi si alz dalla sua sedia e si rec da Nathaputto il libero fratello.
Ora in quel frattempo Nathaputto il libero fratello sedeva in mezzo ad una grande schiera di gente di casa, che gli erano stoltamente devoti, Upali anzitutto. Ed il libero fratello Nathaputto vide venire da lungi Dighatapassi il libero fratello, e quando l'ebbe visto gli grid:
"Ei, donde ne vieni, Tapass, cos per tempo nel pomeriggio?"
"Di la, o Signore, dall'asceta Gotamo io vengo."
"Hai tu forse, Tapass, avuto una conversazione con l'asceta Gotamo? .
" Certo che ho avuto, o Signore, una conversazione con l'asceta Gotamo."
che fu dunque, Tapass, la conversazione, che tu hai avuto con l'asceta Gotamo?"
Allora Dighatapassi il libero fratello rifer parola per parola al libero fratello Nathaputto tutto il colloquio, che egli aveva avuto col Sublime. Quindi disse il libero fratello Nathaputto cos a Dighatapassi il libero fratello:
"Bene, bene, Tapass: come un abile discepolo, che comprende a fondo la dottrina del maestro, ha qui appunto Tapass il libero fratello dato risposta all'asceta Gotamo. Che vale invero un miserabile tratto di pensiero in paragone del cos importante tratto d'opera ? Piuttosto un tratto d'opera e di gran lunga il peggiore, per fare cattiva azione, per commettere cattiva azione, e non tanto il tratto di parola, e non tanto il tratto di pensiero."
A queste parole si - volse Upali il padre di famiglia cos al libero fratello Nathaputto:
"Bravo, e bravo, o signore, Tapass: come un abile discepolo, che comprende a fondo la dottrina del maestro, ha qui appunto l'illustre Tapass dato risposta all'asceta Gotamo. Che vale invero un miserabile tratto di pensiero in paragone del cos importante tratto d'opera ? Piuttosto un tratto d'opera e di gran lunga il peggiore, per fare cattiva azione, per commettere cattiva azione, e non tanto il tratto di parola, e non tanto il tratto di pensiero. Ors o signore, anch'io voglio andare e prendere in un tale colloquio l'asceta Gotamo sulla parola. Se l'asceta Gotamo mi si oppone appunto cos, come s' opposto all'illustre Tapass, allora, cos come quasi un uomo robusto pu afferrare pei velli, tirare, voltare, girare un velloso ariete, cos io pure col discorso tirer, volter, girer l'asceta Gotamo; o cos come quasi il robusto garzone di un distillatore d'acquavite pu gettare in un profondo pozzo d'acqua, tenere per un capo, tirare, voltare, girare il filtro, cos io pure col discorso tirer, volter, girer l'asceta Gotamo; o cos come quasi un gagliardo purificatore d'acquavite pu impugnare pel manico, agitare, scuotere, scolare il distillatoio, cos io pure col discorso agiter, scuoter, scoler l'asceta Gotamo; o cos come quasi un elefante sessantenne scende in un profondo bacino con piante di loto e prende per sollievo un bagno a doccia, cosa penso di prendere io pure con l'asceta Gotamo una specie di bagno a doccia per sollievo. Ors, o Signore, anch'io voglio andare e prendere in un tale colloquio l'asceta Gotamo nulla parola.
"Vai tu, padre di famiglia, e prendi in un tale colloquio l'asceta Gotamo sulla parola: sia proprio io, padre di famiglia, che prende l'asceta Gotamo sulla parola, sia Dighatapassi il libero fratello, sii tu.,"
A queste parole del libero fratello Nathaputto replico Dighatapassi il libero fratello:
" Ci veramente non mi piace, o Signore, che Upali il padre di famiglia debba prendere l'asceta Gotamo sulla parola. Perch l'asceta Gotamo, o Signore, astuto, conosce seducente astuzia, con cui seduce i discepoli di altri asceti."
" impossibile, davvero, Tapass, non pu essere, che Upali il padre di famiglia si converta al sguito dell'asceta Gotamo, ma ben possibile, che l'asceta Gotamo si converta al sguito di Upali il padre di famiglia. Vai tu, padre di famiglia, e prendi in un tale colloquio l'asceta Gotamo sulla parola: sia proprio io, padre di famiglia, che prende l'asceta Gotamo sulla parola, sia Dighatapassi il libero fratello, sii tu. .
Ed una seconda volta, ed una terza volta parl Dighatapassi il libero fratello cos al libero fratello Nathaputto:
" Non mi piace affatto, o Signore, che Upali il padre di famiglia debba prendere l'asceta Gotamo sulla parola. L'asceta Gotamo, o Signore, ben astuto, conosce seducente astuzia, con cui seduce i discepoli di altri asceti."
" impossibile, davvero, Tapass, non pu essere, che Upali il padre di famiglia si converta al seguito dell'asceta Gotamo: ma e ben possibile, che l'asceta Gotamo si converta al seguito del padre di famiglia Upali. Vai tu, padre di famiglia, e prendi in un tale colloquio l'asceta Gotamo sulla parola: sia proprio io, padre di famiglia, che prende l'asceta Gotamo sulla parola, sia Dighatapassi il libero fratello, sii tu.,
" Giusto cos, Signore !" replico allora Upali il padre di famiglia al libero fratello Nathaputto. Quindi si alzo dalla sua sedia, saluto riverentemente il libero fratello Nathaputto, giro verso destra e si rese verso il bosco di mango di Pavariko, cola dove il Sublime dimorava. La giunto egli saluto il Sublime riverentemente e si sedette da parte. Da parte sedendo si volse ora Upali il padre di famiglia cos al Sublime:
" stato forse qui, o Signore, Dighatapassi il libero fratello?"
"Qui e stato, padre di famiglia, Dighatapassi il libero fratello. .
"E hai tu, o Signore, avuto un dialogo con Dighatapassi il libero fratello?"
"Io ho avuto, padre di famiglia, un dialogo con Dighatapassi il libero fratello."
"E che colloquio, o Signore, e stato quello, che tu hai avuto con Dighatapassi il libero fratello?"
Allora il Sublime rifer al padre di famiglia Upali parola per parola l'intero colloquio con Dighatapassi il libero fratello. Cos informato Upali il padre di famiglia replic al Sublime:
"Bravo, bravo, o signore, Tapass: come un abile discepolo, che comprende a fondo la dottrina del maestro, ha qui appunto Dighatapassi il libero fratello dato risposta al sublime. Che vale invero un miserabile tratto di pensiero in paragone del cos importante tratto d'opera? Piuttosto un tratto d'opera e di gran lunga il peggiore, per fare cattiva azione, per commettere cattiva azione, e non tanto il tratto di parola, e non tanto il tratto di pensiero. "
.S tu, padre di famiglia, ti vuoi attenere nel discorso alla verit, allora pu aver luogo tra noi un colloquio! .
"Alla verit, o Signore, mi atterro nel discorso: possa tra noi aver luogo un colloquio! .
"Che pensi tu dunque, padre di famiglia:
ecco vi sia un libero fratello, che non sta bene, e sofferente, gravemente malato, e rifiuta acqua fresca, una solo acqua calda (1) [Il penitente jinista pu in ogni caso bere acqua di fiume, ma non acqua di fonte, per evitare il pi che possibile l'ingoiamento di piccoli esseri viventi. Vedi le penose regole d'acqua nell'Aupapdtikasutram, 80.];
e, non ottenendo acqua fresca, morisse. Dove per, secondo dice il libero fratello Nathaputto, riappare un tale?"
.Vi sono, o Signore, dei, che si chiamano pensierosi (2) [In relazione gonealogica con i Manosatta deva sembra stare il vidhyddharas Manovegas, il personaggio principale negli adombranti Dharmapariks di Amitagatis, Bhandarkar's Report on the Search for Samskrt Mrs. etc., Bombay, 1894, pp. 13-19. ]:
i Vi riappare un tale. .
"E perch ci?."
"Perci egli certo e morto, o Signore, dedito a pensieri.,
"Padre di famiglia, padre di famiglia, rifletti bene, e poi, padre di famiglia, rispondi: perci l'ultimo non ti si accorda col primo, ne il primo con l'ultimo. Pure tu hai detto, padre di famiglia, cosi: 'Alla verit, o Signore, mi atterro nel discorso: possa tra noi aver luogo un colloquio !"
"S anche, o Signore, il Sublime dice ci, e sempre per il tratto d'opera di gran lunga il peggiore, per fare cattiva azione, per commettere cattiva azione, e non tanto il tratto di parola, e non tanto il tratto di pensiero."
"Che pensi ora tu, padre di famiglia: ecco vi sia un libero fratello, quadruplamente frenato in ferma disciplina, il quale si inibisca ogni fonte, si impedisca ogni fonte, si proibisca ogni fonte, si vieti ogni fonte; e mentre egli va e viene ecco calpesta molti piccoli esseri a morte. Quale per, padre di famiglia, dice il libero fratello Nathaputto, ne la conseguenza?"
"Ci che accade senza intenzione, o Signore, dice il libero fratello Nathaputto, non e tanto male."
"Ma se, padre di famiglia, accade con intenzione?"
"Allora, o Signore, e molto male.,
"Ma l'intenzione, padre di famiglia, il libero fratello Nathaputto l'indica come che?"
"Come tratto di pensiero, o Signore!"
" Padre di famiglia, padre di famiglia, rifletti bene, e poi, padre di famiglia, rispondi: perch l'ultimo non ti si accorda col primo, n il primo con l'ultimo. Pure tu hai detto, padre di famiglia, cos: 'Alla verit, o Signore, mi atterr nel discorso: possa tra noi aver luogo un colloquio!".
"S anche, o Signore, il Sublime dice ci, sempre per il tratto d'opera di gran lunga il peggiore, per fare cattiva azione, per commettere cattiva azione, e non tanto il tratto di parola, e non tanto il tratto di pensiero. .
"Che pensi ora tu, padre di famiglia: questo Nalanda fiorisce e prospera, e popolato, abitato da molti uomini?"
"Certo, o Signore: questo Nalanda fiorisce e prospera, popolato, abitato da molti uomini."
"Che pensi ora tu, padre di famiglia: s ecco arrivasse un uomo, con una spada sguainata in mano, e dicesse cos: ' Ci che v' di vivente qui in Nalanda io lo ridurr in un momento, in un istante ad una sola massa di poltiglia, ad una sola massa di pasta '; che pensi ora tu, padre di famiglia: potrebbe ora forse quest'uomo ridurre in un momento, in un istante ci che v' di vivente qui in Nalanda ad una sola massa di poltiglia, ad una sola massa di pasta?,
erfino dieci uomini, o Signore, perfino venti uomini, perfino trenta uomini, perfino quaranta uomini, perfino cinquanta uomini non riuscirebbero a ridurre in un momento, in un istante ci che v' di vivente qui in Nalanda ad una sola massa di poltiglia, ad una sola massa di pasta: che varrebbe dunque solo un miserabile uomo ?,
"Che pensi ora tu, padre di famiglia: s ecco arrivasse un asceta od un sacerdote, magicamente dotato, possente di spirito, e dicesse cos: ' Con un solo pensiero di ira io ridurr questo Nalanda in cenere'; che pensi ora tu, padre di famiglia: potrebbe ora forse un tale asceta o sacerdote con un solo pensiero di ira ridurre questo Nalanda in cenere?"
"Perfino dieci Nalanda. o Signore, perfino venti Nalanda, perfino trenta Nalanda, perfino quaranta Nalanda, perfino cinquanta Nalanda potrebbe ridurre in cenere con un solo pensiero di ira un tale asceta o sacerdote: che varrebbe dunque solo un miserabile Nalanda?" (1) [Per la magica potenza dell'ira cfr. La leggenda di Asito Devalo e dei Sette Vati, verso la fine del XCIII discorso .]
"Padre di famiglia, padre di famiglia, rifletti bene, e poi, padre di famiglia, rispondi: perch l'ultimo non ti si accorda col primo, n il primo con l'ultimo. Pure tu hai detto, padre di famiglia, cos: ' Alla verit, o Signore, mi atterro nel discorso: possa tra noi aver luogo un colloquio!"
"S anche, o Signore, il Sublime dice ci, e sempre per il tratto d'opera di gran lunga il peggiore, per fare cattiva azione, per commettere cattiva azione, e non tanto il tratto di parola, e non tanto il tratto di pensiero."
"Che pensi ora tu, padre di famiglia: hai tu sentito dire: ' La selva Dandaka (2), [a Secondo le leggende commentariali del Milindapanho e Mahavastu la selva Dandaka, Dandakaran
nam, etc., sarebbe da intendere in pi ampio senso come regno Dandako. Ma rannam nel significato rannam non ci e noto: ed il testo inoltre allora richiederebbe Dandakarannam. La lezione siamese ha - certo il dubbio Dandakarannam, ma poi invece assai chiaramente Kalinga, Mejjha, Matangarannam Rettamente perci appare il nostro Dandakaranam in Samskrt come Dandakaranyam e viene solo spiegata come impenetrabile foresta vergine, p. es., in nulla leggenda sud-indiana straordinariamente interessante e piena di vita, comunicata dal pandit Natesa-Sastri nell'Indian Antiquary, vol. XVII, pp. 259-264.] la selva Mejjha, la selva calinga, la selva Matanga divenuta incolta foresta vergine'?.
"Certo, o Signore: io ho sentito dire: ' La selva Dandaka, la selva Mejjha, la selva calinga, la selva Matanga divenuta incolta foresta vergine.'"
he pensi ora tu, padre di famiglia: hai tu forse sentito dire, perch la selva Dandaka, la selva Mejjha, la selva Kalinga, la selva Iatanga sia divenuta incolta foresta vergine?"
" Io ho sentito dire, o Signore: ' Pei pensieri d'ira dei Vati la selva Dandaka, la selva Mejjha, la selva Kalinga, la selva Matanga e divenuta incolta foresta vergine.'"
" Padre di famiglia, padre di famiglia, rifletti, e poi, padre di famiglia, rispondi: perch l'ultimo non ti si accorda col primo, ne il primo con l'ultimo. Pure tu hai detto, padre di famiglia, cos: 'Alla verit, o Signore - mi atterro nel discorso: possa tra noi aver luogo un colloquio !"
i col primo paragone, o Signore, il Sublime mi ha fatto contento e lieto; ma io volevo sentire ancora del Sublime queste ricche questioni e spiegazioni; e cos io pensavo, che potrei dare risposta al Sublime (1) [ Vedi la bella usanza della dhammaparipuccha presso Asoko, VIII editto su roccia.]. - Benissimo, o Signore, benissimo, o Signore! Cos come quasi, o Signore, s si dirizzasse ci ch' rovesciato, o si scoprisse ci ch' coperto, o si indicasse la via a sviati, o si portasse luce nelle tenebre:
" Chi ha occhi vedr le cose ': or cos anche appunto il Sublime ha illuminato da molti lati la dottrina. E cos io prendo, o Signore, rifugio presso il Sublime, presso la Dottrina e presso l'Ordine: come seguace voglia il sublime considerarmi, da oggi per la vita fedele. .
"Riflettici, padre di famiglia, convenientemente: riflessione in ben note genti vostre pari e consigliabile.(1) [anuvicca, i + anu + vi; cfr. anuvicarati. ].
"Con ci, o Signore, il Sublime mi ha solo fatto ancor pi contento e lieto, dicendomi il Sublime cos: ' Riflettici, padre di famiglia, convenientemente: riflessione in ben note genti vostre pari e consigliabile.' Perch quando, o Signore, gli altri asceti mi guadagnarono per loro seguace, allora essi vollero portarmi come vessillo in giro per tutto Nalanda: ' Upali il padre di famiglia si e convertito al nostro seguito! '. Ma il Sublime parla ora cos a me: 'Riflettici, padre di famiglia, convenientemente: riflessione in ben note genti vostre pari e consigliabile.' E cos io prendo dunque, o Signore, per la seconda volta rifugio presso il Sublime, presso la Dottrina e presso l'Ordine: come seguace voglia il Sublime considerarmi, da oggi per la vita fedele."
" Per lungo tempo, padre di famiglia, la tua porta e stata ospitalmente aperta ai liberi fratelli, cos che tu puoi ricordarti benignamente di loro, che vengono a te per elemosina."
"Anche con ci, o Signore, il Sublime mi ha fatto ancor pi contento e lieto, dicendomi il Sublime cos: 'Per lungo tempo, padre di famiglia, la tua porta e stata ospitalmente aperta ai liberi fratelli, cos che tu puoi ricordarti benignamente di loro, che vengono a te per elemosina.' Io mi son lasciato dire, o Signore: ' L'asceta Gotamo parla cos: A me solo da offrire dono, non agli altri; solo ai miei discepoli e da offrire dono, non ai discepoli di altri; solo il dono offerto a me fa acquistare alta ricompensa, non il dono offerto agli altri; solo il dono offerto ai miei discepoli fa acquistare alta ricompensa, non il dono offerto ai discepoli di altri. ' Ma il Sublime ora mi ammonisce, di dare dono anche ai liberi fratelli. Certamente, o Signore: noi daremo ben agio al tempo. E cos io prendo dunque, o Signore, per la terza volta rifugio presso il Sublime, presso la Dottrina e presso l'Ordine: come seguace voglia il Sublime considerarmi, da oggi per la vita fedele. .
Ed il Sublime introdusse ora Upali il padre di famiglia gradatamente nel colloquio, parl del dono, della virt del cielo, fece palese la miseria, la molestia ed il travaglio della brama e l'eccellenza della rinunzia. Quando il Sublime osserv che Upali il padre di famiglia era divenuto disposto, duttile, libero, sollevato, sereno in cuore, allora egli diede l'esposizione di quella dottrina, che e propria degli Svegliati: il dolore, l'origine, l'annientamento, la via.
Cos come quasi un abito pulito, netto di macchie, pu assumere perfettamente il colore, or cos anche appunto ad Upali il padre di famiglia, mentre ancora la sedeva, sorse il rischiarato, rilavato occhio della verit:

Qualunque cosa mai composta
Ogni tale viene scomposta.

Ed Upali il padre di famiglia, che ebbe visto la verit, compreso la verit, riconosciuto la verit, indagato la verit, sfuggito al dubbio, senza esitazione, non fidando in alcun altro, in esperimentata fiducia nell'ordine del Maestro, si volse ora al Sublime cos:
"Ors dunque, adesso, o Signore, vogliamo andare: pi d'un dovere ci aspetta, pi d'un obbligo.
"Come ora, padre di famiglia, bene ti pare."
Ed Upali il padre di famiglia, allegrato ed appagato dal discorso del Sublime, si alzo dalla sua sedia, saluto il Sublime riverentemente, giro verso destra e si rec a casa. giunto a casa egli ordino al portiere:
" Da oggi in poi, buon portiere, la mia porta e chiusa ai liberi fratelli e libere sorelle: essa dischiusa ai discepoli del Sublime, ai monaci e monache, ai seguaci ed alle seguaci (1) [Leggi col testo siamese bhagavato savakanam bh]. Se ora viene un libero fratello, allora tu hai da dire ad un tale: ' Fermati, o Signore, non voler entrare: da oggi in poi Upali il padre di famiglia s' convertito al sguito dell'asceta Godano. La porta e chiusa ai liberi fratelli e libere sorelle: essa e dischiusa ai discepoli del Sublime, ai monaci e monache, ai seguaci ed alle seguaci. S tu, o Signore, hai bisogno d'elemosina, allora fermati qui: te la si porter qui.'.
a bene, Signore!" replic allora obbediente il portiere ad Upali il padre di famiglia.

Ora Dighatapassi il libero fratello ud il discorrere: ' Upali, si dice, il padre di famiglia, si deve essere convertito al seguito dell'asceta Gotamo!' E Dighatapassi il libero fratello si rec dal libero fratello Nathaputto e gli disse:
" La voce, o Signore, m' venuta agli orecchi, che Upali il padre di famiglia si sia convertito al sguito dell'asceta Gotamo. .
" impossibile, davvero, Tapassi, non pu essere, che Upali il padre di famiglia si sia convertito al sguito dell'asceta Gotamo: e per ben possibile, che l'asceta Gotamo si sia convertito al sguito del padre di famiglia Upali."
E per la seconda volta e per la terza volta Dighatapassi il libero fratello parl al libero fratello Nathaputto cos:
" La voce, o Signore, m' venuta agli orecchi, che Upali il padre di famiglia si sia convertito al sguito dell'asceta Gotamo."
" impossibile, davvero, Tapass, non pu essere, che Upali il padre di famiglia si sia convertito al sguito dell'asceta Gotamo: e per ben possibile, che l'asceta Gotamo si sia convertito al sguito del padre di famiglia Upali."
"Allora io voglio dunque andare, o Signore, per sapere, s Upali il padre di famiglia s' convertito o non s' convertito al sguito dell'asceta Gotamo."
"Vai pure, Tapass, e persuaditi s Upali il padre di famiglia s' convertito o non s' convertito al sguito dell'asceta Gotamo."
E Dighatapassi il libero fratello si mise sulla via per l'abitazione del padre di famiglia Upali. Ma il portiere vide venire da lontano Dighatapassi il libero fratello, e quando l'ebbe visto gli parl cos:
Fermati, o Signore, non voler entrare: da oggi in poi Upali il padre di famiglia s' convertito al sguito dell'asceta Gotamo. La porta chiusa ai liberi fratelli e libere sorelle: essa e dischiusa ai discepoli del sublime, ai monaci e monache, ai seguaci ed alle seguaci. S tu, o Signore, hai bisogno d'elemosina, allora fermati qui: te la si porter qui..
.Non ho bisogno, o amico, di elemosina. egli disse, e si volse, ritorn dal libero fratello Nathaputto e gli parl cos:
" vero realmente, o signore, che Upali il padre di famiglia s' convertito al seguito dell'asceta Gotamo. E tu non me l'hai concesso, o Signore, quando io dicevo: ' Ci veramente non mi piace, o Signore, che Upali il padre di famiglia debba prendere l'asceta Gotamo sulla parola. Perch l'asceta Gotamo, o Signore, astuto, conosce seducente astuzia, con cui seduce i discepoli di altri asceti.' E sedotto via ti stato, o Signore, Upali il padre di famiglia dall'asceta Gotamo con seducente astuzia!"
impossibile, davvero, Tapassi, non pu essere, che Upali il padre di famiglia si sia convertito al sguito dell'asceta Gotamo: ma ben possibile, che l'asceta Gotamo si sia convertito al sguito del padre di famiglia Upali. .
E per la seconda volta, e per la terza volta parl Dighatapassi il libero fratello al libero fratello Nathaputto cos:
" realmente vero, o Signore: Upali il padre di famiglia s' convertito al sguito dell'asceta Gotamo. E tu non me l'hai concesso, o Signore, quando io dicevo: ' Ci veramente non mi piace, o Signore, che Upali il padre di famiglia debba prendere l'asceta Gotamo sulla parola. Perch l'asceta Gotamo, o Signore, astuto, conosce seducente astuzia, con cui seduce i discepoli di altri asceti.' E sedotto via ti stato, o Signore, Upali il padre di famiglia dall'asceta Gotamo con seducente astuzia!"
impossibile, davvero, Tapass, non pu essere, che Upali il padre di famiglia si sia convertito al sguito dell'asceta Gotamo: ma e ben possibile, che l'asceta Gotamo si sia convertito al seguito del padre di famiglia Upali. Io voglio quindi andare, Tapass, e persuadermi io stesso, s Upali il padre di famiglia s' convertito o non s' convertito al sguito dell'asceta Gotamo" .
Ed il libero fratello Nathaputto si diresse ora con accompagnamento di una grande schiera di liberi fratelli verso l'abitazione del padre di famiglia Upali. Ed il portiere vide venire da lungi il libero fratello Nathaputto, e quando l'ebbe visto parl cos a lui:
.Fermati, o Signore, non voler entrare: da oggi in poi Upali il padre di famiglia s' convertito al sguito dell'asceta Gotamo. La porta e chiusa ai liberi fratelli e libere sorelle: essa e dischiusa ai discepoli del Sublime, ai monaci e monache, ai seguaci ed alle seguaci. S tu, o Signore, hai bisogno d'elemosina, allora fermati qui: te la si porter qui. .
"Ors dunque buon portiere, vai da Upali il padre di famiglia ed annunziagli: 'Il libero fratello, o Signore, Nathaputto sta con una grande schiera di liberi fratelli fuori la porta: egli vorrebbe vederti".
"Sta bene, Signore !" replico allora obbediente il portiere al libero fratello Nathaputto; ed and da Upali il padre di famiglia - e gli annunzi:
l libero fratello, o Signore, Nathaputto sta con una grande schiera di liberi fratelli fuori la porta: egli vorrebbe vederti. .
"Allora apparecchia dunque, buon portiere, le sedie nel vestibolo di mezzo."
" Sta bene, Signore!" replico allora obbediente il portiere ad Upali il padre di famiglia; ed apparecchio nel vestibolo di mezzo le sedie, e poi and da Upali il padre di famiglia e gli annunzio:
"Apparecchiate, o Signore, ti sono le sedie nel vestibolo di mezzo, ai tuoi ordini."
Ed Upali il padre di famiglia entr ora nel vestibolo di mezzo, prese la posto sul primo e migliore, pi alto e pi distinto seggio, ed ordin quindi al portiere:
"Allora vai dunque, buon portiere, dal libero fratello Nathaputto ed annunziagli: 'Upali, Signore, il padre di famiglia, fa dire: Voglia avanzarti, o Signore, s ti aggrada.'".
"Sta bene, Signore! . replico allora obbediente il portiere ad Upali il padre di famiglia; ed and dal libero fratello Nathaputto e gli annunzio: "Upali, Signore, il padre di famiglia, fa dire: ' Voglia avanzarti, o Signore, s ti aggrada.'"
Ed il libero fratello Nathaputto entro ora con la sua grande schiera di liberi fratelli nel vestibolo di mezzo. Ed Upali il padre di famiglia, che prima, appena aveva visto venire da lungi il libero fratello Nathaputto, gli era andato subito incontro e gli aveva disposto, spolverato col mantello ed offerto il primo e migliore, pi alto e pi distinto se io, ecco che ora sedeva egli stesso la sul primo e migliore, pi alto e pi distinto seggio; ed egli parl cos al libero fratello Nathaputto:
"Vi sono qui, o Signore, sedie apparecchiate: s tu vuoi siediti. .
Cos interpellato rispose il libero fratello Nathaputto ad Upali il padre di famiglia:
" Sei fuori dei sensi, padre di famiglia, hai perduto, padre di famiglia! Tu hai pur detto: ' Io voglio andare, o Signore, e prendere l'asceta Gotamo sulla parola', e sei riuscito e ritornato con una possente disfatta della tua arte oratoria. Cos come quasi, padre di famiglia, s un uomo uscisse per strappare coglioni, e ritornasse coi coglioni strappati; o cos come quasi, padre di famiglia, s un uomo uscisse per strappare occhi, e ritornasse con gli occhi strappati: or cos anche appunto, padre di famiglia, tu hai detto: ' Io voglio andare, o Signore, e prendere l'asceta Gotamo sulla parola', e sei uscito e ritornato con una possente disfatta della tua arte oratoria. Ora tu sei stato sedotto via, padre di famiglia, dall'asceta Gotamo con seducente astuzia."
"Letificante, o Signore, e questa seducente astuzia, beatificante, o Signore, e questa seducente astuzia! S, o Signore, le mie care genti e familiari si lasciassero tentare da tale seducente astuzia, allora anche alle mie care genti e familiari essa riuscirebbe largamente di bene, di salute. S anche, o Signore, tutti i nobili si lasciassero tentare da tale seducente astuzia, allora ad ognuno di loro essa riuscirebbe largamente di bene, di salute. S anche, o Signore, il mondo con i suoi dei, i suoi cattivi e buoni spiriti, con le sue schiere di penitenti e sacerdoti, dei ed uomini, si lasciasse - tentare da tale seducente astuzia, allora anche al mondo con i suoi dei, i suoi cattivi e buoni spiriti, con le sue schiere di penitenti e sacerdoti, dei ed uomini, essa riuscirebbe largamente di bene, di salute. E cos io voglio ora, o Signore, darti un paragone: anche mediante paragoni a pi d'un uomo intelligente diviene chiaro il senso di un discorso.
"V'era una volta, o Signore, un brahmano, che era vecchio e canuto ed attempato, ed aveva una giovane brahmana per moglie, che era incinta, vicina al parto. E questa brahmana, o signore, disse cos a suo marito: ' Vai, brahmano. al mercato, compra un giovane scimio e portalo a casa, affinch esso diventi un compagno di 'gioco del mio bambino.' A queste parole, o Signore, replic il brahmano a sua moglie: 'Aspetta, cara donna, fintanto che avrai partorito; s tu, cara donna, partorirai un bambino, allora io andr al mercato e ti comprer e porter a casa un giovane scimio, affinch esso diventi un compagno di gioco del tuo bambino; ma s tu, cara donna, partorirai una bambina, allora io andr al mercato e ti comprer e porter a casa una giovane scimmia, affinch essa diventi una compagna di gioco della tua bambina.' Ed una seconda volta, ed una terza volta, o Signore, parl la brahmana cos a suo marito. Allora infine, o Signore, il brahmano, che molto amava sua moglie, le era intimamente affezionato, and al mercato, compro un giovane scimio, lo porto a casa e disse cos a sua moglie: ' Ecco tu hai, cara donna, il giovane scimio: io l'ho comprato al mercato e te l'ho ora portato a casa, affinch esso diventi un compagno di gioco del tuo bambino. A queste parole, o Signore, replico la brahmana a suo marito: 'Vai, brahmano, con questo giovane scimio da Rattapani il tintore e digli: Io desidero, buon Rattapani, che questo giovane scimio sia tinto di colore giallo e sia fregato, stropicciato, levigato sui due lati.' Ed il brahmano, o Signore, che molto amava sua moglie, le era intimamente affezionato, and ora da Rattapani il tintore e gli disse: ' Io desidero, buon Rattapani, che questo giovane scimio sia tinto di colore giallo e sia fregato, stropicciato, levigato sui due lati.' A queste parole, o Signore, replico Rattapani il tintore al brahmano: ' Questo giovane scimio, o Signore, ti prende bene il colore, ma non Bi fa stropicciare, non Bi fa levigare.' Or cos anche appunto, o Signore, il discorso dello stolto libero fratello prende bene colore, per stolti, non per savii, ma non si fa apparecchiare, non si fa levigare. - E quel brahmano, o Signore, and ora un'altra volta con un nuovo pezzo di panno da Rattapani il tintore e gli disse cos: ' Io desidero, buon Rattapani, che questo nuovo pezzo di panno sia tinto di colore giallo, fregato, stropicciato, levigato sui due lati.' A queste parole, o Signore, replico Rattapani il tintore al brahmano: ' Questo nuovo pezzo di panno, o Signore, esso ti prende il colore e si fa stropicciare e si fa levigare.' Or cos anche appunto, o Signore, il discorso del Sublime, del Santo, perfetto Svegliato, prende colore, per savii, non per stolti, e si fa apparecchiare e si fa levigare."
" Il re, o padre di famiglia, e la corte sa di te: ' Upali il padre di famiglia un seguace del libero fratello Nathaputto '; per seguace di chi, padre di famiglia, dobbiamo noi ritenerti?"
Cos interrogato Upali il padre di famiglia si alzo dal suo seggio, denudo una spalla, s'inchin riverentemente nella direzione dove il Sublime dimorava, e diede ora al libero fratello Nathaputto questa risposta:
" Allora intendi dunque, o Signore, di chi io sono seguace.
" Del Savio, cui nessuna mania abbaglia, nessun fastidio vince e nessuna vittoria tenta, nessun male tormenta, nessuna emozione commuove, cui matura virt, retta mente consiglia, sublime sopra ogni mondo nessuna macchia macula: di lui, si, io sono seguace."
"Del Lieto, che mai pi chiede, contento, del godimento del mondo guarito dimora, che l'arte ascetica come uomo ha dominato e l'ultimo corpo come eroe porta alla fine, e sublime senza pari sereno risplende: di lui, si, io sono seguace.
" Dell'Audace, che non sa l'esitanza, duce sicuro, ottima guida, che cos amorevole come non altri insegna la verit, puro di passione, splendente come luce di sole, sublime senza alterigia, eroico: di lui, si, io sono seguace.
" Del Vero, che unico esiste, ed immensurabili pensa profondi pensieri, che ben ci consiglia ed aiuta ed in retta regola imperturbabile sta, e sublime dai vincoli slacciasi: di lui, si, io sono seguace.
"Del Grande, che stranio vive, da ogni legame svincolato, liberato, di nessuna servit pi e schiavo, e senza intenzione, senza attaccamento, sublime rivoltato in s riposa: di lui, si, io sono seguace.
"Del Vate augusto, che ci giova, santamente compiuto, triplamente rischiarato, acuto, perch sa la parola, calmato, perch vede il senso, sublime, come il re degli dei benigno: di lui, si, io sono seguace.
"Del Valente, che su s stesso vigila, costante nel passo, pronto all'annunzio, che in s guarda ed intorno a s guarda, a nessuno inclinato, da nessuno disinclinato, sublime di cuore possente, impassibile: di lui, si, io sono seguace.
" Del Principe. che esercita contemplazione. senza impedimenti segregato, liberamente rapito, distaccato senza pi provar timore, dell'esistenza scaricato, fino all'ultimo fine, sublime e salvato salvatore: di lui, si, io sono seguace.
" Del Mite, che riccamente, potentemente sa, e non ha pi brama, perfetto qui, qui benvenuto, a nessun altro simile od eguale, sublime lungi scorge, finalmente intende: di lui, si, io sono seguace.
" Dello Svegliato, cui nessuna sete arde, nessun fumo adombra ne la nebbia bagna; dello Spirito, che onora il sacrificio, che come nessun altro maestosamente s'innalza, sublime famoso, ad altezza di gigante: di lui, si, io sono seguace."
" Quando dunque, padre di famiglia, hai raccolto queste lodi dell'asceta Gotamo? ."
"Cos come quasi, o Signore, s vi fosse un mucchio di diversi fiori, ed un abile giardiniere o garzone di giardiniere lo legasse in un mazzo variopinto, or cos anche appunto, o Signore, spetta a Lui, al Sublime, molteplice lode, pi che centuplice lode: e chi non loder, o Signore, uno, che merita lode?.
Ma al libero fratello Nathaputto, che non poteva sopportare pi a lungo la lode del Sublime, sgorgo allora caldo sangue dalla bocca '. (1) [Come fosse generalmente noto questo discorso ancora nel terzo secolo dopo Gotamo dimostra un rilievo a Bharahut con la inscrizione Dighatapasi sise anusasati: evidentemente una rappresentazione della scena descritta sopra. Perch un altro Dighatapassi non si trova, nel canone.]



LVII

VI PARTE - VII DISCORSO

L'apprendista cane

QUESTO ho sentito. Una volta soggiornava il Sublime nella terra dei Koliyi, ad Haliddavasanam, un borgo nella regione dei Koliyi.
Ora ecco si rese il Koliyo Punno, un apprendista vacca, e Seniyo lo Svestito, un apprendista cane, la dove il Sublime dimorava. La giunto il Koliyo Punno, l'apprendista vacca, saluto riverentemente il Sublime e si sedette in disparte; mentre Seniyo lo Svestito, l'apprendista cane, scambio col Sublime cortese saluto ed amichevoli, notevoli parole e poi si accovaccio in disparte arrotolato come un cane.
In disparte sedendo parl ora il Koliyo Punno, l'apprendista vacca, al Sublime cos:
" Questo svestito, o Signore, Seniyo l'apprendista cane, esercita grave penitenza: prende il nutrimento gettato a terra. Egli ha sguito e serbato per lungo tempo il voto di cane: dove giunger egli, che cosa pu egli aspettarsi?"
"Basta, Punno, lascia andare, non mi chiedere ci!"
E per la seconda volta, e per la terza volta parl il Koliyo Punno, l'apprendista vacca, al sublime cos:
"Questo Svestito. o Signore, Seniyo l'apprendista cane, esercita grave penitenza: prende il nutrimento gettato a terra. Egli ha seguito e serbato per lungo tempo il voto di cane: dove giunger egli, che cosa pu egli aspettarsi?"
Veramente dunque, Punno, tu non mi acconsenti: basta, Punno, lascia andare, non mi chiedere ci; allora io voglio darti ora soddisfazione. Ecco uno realizza, Punno, il voto di cane, lo segue in tutto e per tutto, realizza l'abitudine di cane, la segue in tutto e per tutto, realizza l'animo di cane, lo segue in tutto e per tutto, realizza lo stato di cane, lo segue in tutto e per tutto. E ha egli realizzato il voto di cane, lo ha sguito in tutto e per tutto, ha egli realizzato l'abitudine di cane, l'ha seguita in tutto e per tutto, ha. egli realizzato l'animo di cane, lo ha sguito in tutto e per tutto, ha egli realizzato lo stato di cane, lo ha seguito in tutto e per tutto, allora egli giunge con la dissoluzione del corpo, dopo la morte, tra cani di nuovo in esistenza. S per egli nutre l'opinione: ' Con questi esercizi o voti, mortificazione o rinunzia io diventer un dio od un divino! ', allora quella e una falsa opinione. E la sua falsa opinione, dico io, Punno, lo fa giungere verso l'uno o verso l'altro lato: in mondo infernale od in grembo animale. Sicch dunque, Punno, il voto di cane mena, s riesce, ai cani, e, s fallisce, in mondo infernale. .
A queste parole Seniyo lo Svestito, l'apprendista cane, proruppe in lamenti e lagrime. Ed il Sublime parl ora al Koliyo Punno, l'apprendista vacca, cos:
"Tu certamente, Punno, non hai voluto acconsentirmi: basta, Punno, lascia andare, non mi chiedere ci!".
"Non mi lamento, o Signore, perch il Sublime ha asserito tale cosa su me, ma perch io, o Signore, ho per lungo tempo sguito e serbato questo voto di cane. - Questo Koliyo Punno, o Signore, l'apprendista vacca, ha per lungo tempo sguito e serbato il voto di vacca: dove giunger egli, che cosa pu egli aspettarsi?.
"Basta, Seniyo, lascia andare, non mi chiedere ci!"
E per la seconda volta, e per la terza volta parl Seniyo lo Svestito, l'apprendista cane, al Sublime cos:
"Questo Koliyo Punno, o Signore, l'apprendista vacca, ha per lungo tempo sguito e serbato il voto di vacca: dove giunger egli, che cosa pu egli aspettarsi?"
"Veramente dunque, Seniyo, tu non mi acconsent: basta, Seniyo, lascia andare, non mi chiedere ci; allora io voglio darti ora soddisfazione. Ecco uno realizza, Seniyo, il voto di vacca, lo segue in tutto e per tutto, realizza l'abitudine di vacca, la segue in tutto e per tutto, realizza l'animo di vacca, lo segue in tutto e per tutto, realizza lo stato di vacca, lo segue in tutto e per tutto. E ha egli realizzato il voto di vacca, lo ha sguito in tutto e per tutto, ha egli realizzato l'abitudine di vacca, l'ha seguita in tutto e per tutto, ha egli realizzato l'animo di vacca, l'ha sguito in tutto e per tutto, ha egli realizzato lo stato di vacca, l'ha sguito in tutto e per tutto, allora egli giunge con la dissoluzione del corpo, dopo la morte, tra vacche di nuovo in esistenza. S per egli nutre l'opinione: ' Con questi esercizi o voti, mortificazione o rinunzia io diverr un dio od un divino! ', allora quella e una falsa opinione. E la sua falsa opinione, dico io, Seniyo, lo fa giungere verso l'uno o verso l'altro lato: in mondo infernale od in grembo animale. Sicch dunque, Seniyo, il voto di vacca mena, s riesce, alle vacche, e, s fallisce, io mondo infernale. .
A queste parole il Koliyo Punno, l'apprendista vacca, proruppe in lamenti e lagrime. Ed il Sublime parl ora a Seniyo lo Svestito, l'apprendista cane, cos:
"Tu certamente, Seniyo, non hai voluto acconsentirmi: basta, Seniyo, lascia andare, non mi chiedere ci! .
"Non mi lamento, o Signore, perch il Sublime ha asserito tale cosa su me, ma perch io, o Signore, ho per lungo tempo seguito e serbato questo voto di vacca. - Pertanto io fido, o Signore, nel Sublime e credo, che il sublime pu mostrare la dottrina in modo, che io appunto da questo voto di vacca, Seniyo per lo Svestito, l'apprendista cane, possa desistere dal voto di cane!.
"Allora ascolta dunque, Punno, e fa bene attenzione al mio discorso."
"Certo, o Signore!" replic allora attento il Koliyo Punno, l'apprendista vacca, al Sublime. Il Sublime parl cos:
" Quattro specie di azioni, Punno, ho io fatte a me palesi, realizzate e rischiarate: quali quattro sono desse? Vi b, Punno, cattiva azione, che ha cattiva conseguenza; vi e, Punno, buona azione, che ha buona conseguenza; vi e, Punno, cattiva e buona azione, che ha cattiva e buona conseguenza; vi , Punno, non cattiva ne buona azione, che non ha cattiva ne buona conseguenza, azione, che mena all'esaurimento delle azioni. Ma qual', Punno, l'azione, che cattiva e ha cattiva conseguenza? Ecco che uno, Punno, commette in opere gravosa azione, commette in parole gravosa azione, commette in pensieri gravosa azione. E ha egli commesso in opere gravosa azione, commesso in parole gravosa azione, commesso in pensieri gravosa azione, allora egli giunge in gravoso mondo di nuovo all'esistenza. Ed egli giunto in gravoso mondo di nuovo all'esistenza, allora lo accolgono gravose sensazioni. Ed accolto da gravose sensazioni, egli sente un gravoso sentimento, unicamente doloroso, cos come quasi esseri infernali. Cos, Punno, secondo l'operare essere riesce il riessere. Ci che uno opera lo fa riessere; ridivenuto lo accolgono sensazioni. Perci dunque, Punno, dico io: Eredi delle opere sono gli esseri. Ci si chiama, Punno, cattiva azione, che ha cattiva conseguenza.
"E qual', Punno, l'azione, che buona e ha buona conseguenza? Ecco che uno, Punno, commette in opere sgravata azione, commette in parole sgravata azione, commette in pensieri sgravata azione. E ha egli commesso in opere sgravata azione, commesso in parole sgravata azione, commesso in pensieri sgravata azione, allora egli giunge in sgravato mondo di nuovo all'esistenza. Ed e egli giunto in sgravato mondo di nuovo all'esistenza" allora lo accolgono sgravate sensazioni. Ed accolto da sgravate sensazioni, egli sente uno sgravato sentimento, unicamente piacevole, cos come quasi raggianti dei. Cos, Punno, secondo l'operare essere riesce il riessere. Ci che uno opera lo fa riessere; ridivenuto lo accolgono sensazioni. Perci dunque, Punno, dico io: Eredi delle opere sono gli esseri. Ci si chiama, Punno, buona azione, che ha buona conseguenza.
"E qual', Punno. l'azione, che e cattiva e buona e ha cattiva e buona conseguenza? Ecco che uno, Punno, commette in opere gravosa e sgravata azione, commette in parole gravosa e sgravata azione, commette in pensieri gravosa e sgravata azione. E ha egli commesso in opere gravosa e sgravata azione, commesso in parole gravosa e sgravata azione, commesso in pensieri gravosa e sgravata azione, allora egli giunge in gravoso e sgravato mondo di nuovo all'esistenza. Ed e egli giunto in gravoso e sgravato mondo di nuovo all'esistenza, allora lo accolgono gravose e sgravate sensazioni. Ed accolto da gravose e sgravate sensazioni, egli sente un gravoso e sgravato sentimento, mescolato piacevole e doloroso, cos come quasi uomini, e molti dei, e molti spiriti (1) [Vedi il pezzo, corrispondete in parte a questo, nel XII discorro, vol. I, p. 109.]. Cos, Punno, secondo l'operare essere riesce il riessere. Ci che uno opera lo fa riessere: ridivenuto lo accolgono sensazioni. Perci dunque, Punno, dico io: Eredi delle opere sono gli esseri. Ci si chiama, Punno, cattiva e buona azione, che ha cattiva e buona conseguenza.
"E qual', Punno, l'azione, che non e cattiva ne buona e non ha cattiva ne buona conseguenza, azione, che mena all'esaurimento delle azioni ? Vi , Punno, per ci che riguarda cattiva azione, che ha cattiva conseguenza, la sua rinnegazione, che viene pensata; ed e, per ci che riguarda buona azione, che ha buona conseguenza, la sua rinnegazione, che viene pensata; ed , per ci che riguarda cattiva e buona azione, che ha cattiva e buona conseguenza, la sua rinnegazione, che viene pensata. Ci si chiama, non cattiva ne buona azione, che non ha cattiva ne buona conseguenza, azione, che mena all'esaurimento delle azioni.
"Queste per, Punno, sono le quattro specie di azioni, che io ho fatte a me palesi, realizzate e rischiarate."
Dopo queste parole si volse il Koliyo Punno, l'apprendista vacca, cos al Sublime:
" Benissimo, o Signore, benissimo, o Signore Cos come quasi, o Signore, s uno dirizzasse ci che e rovesciato, o svelasse ci che e coperto, od indicasse la via a sviati, o portasse luce nell'oscurit: ' Chi ha occhi vedr le cose ': or cosa anche appunto il Sublime ha assai variamente mostrato la dottrina. E cos io prendo, o Signore, rifugio presso il Sublime, presso la Dottrina e presso l'Ordine: come seguace voglia il Sublime considerarmi, da oggi per la vita fedele. .
Seniyo per lo svestito, l'apprendista cane, parl al Sublime cos:
"Benissimo, o Signore, benissimo, o Signore! Cos come quasi, o Signore, s uno dirizzasse ci che e rovesciato, o svelasse ci che e coperto, od indicasse la via a sviati, o portasse luce nell'oscurit,: 'Chi ha occhi vedr le cose': or cos anche appunto il Sublime ha assai variamente mostrato la dottrina. E cos io prendo, o Signore, rifugio presso il Sublime, presso la Dottrina e presso l'Ordine: voglia, o Signore, il Sublime concedermi accoglienza, conferirmi l'ordinazione ! .
"Chi, Seniyo, apparteneva prima ad un altro ordine e vuole essere accolto in questa dottrina ed ordine, ricevere l'ordinazione, quegli rimane quattro mesi presso di noi; e dopo scorsi quattro mesi egli viene accolto ed ordinato da monaci intimamente esperti: perch io ho qui sperimento molta mutabilit. .
" S, o Signore, i gi seguaci di altri ordini, che vogliono essere accolti in questa dottrina ed ordine, ricevere l'ordinazione, rimangono quattro mesi, e dopo scorsi quattro mesi vengono accolti ed ordinati da monaci intimamente esperti, allora io voglio rimanere quattro anni (1) [ Simile alla tadvratas caivari varsani prayuinjano munih nel Samavidhanabrahmanam, II, 4, 9; III, 9, 5.]: e dopo scorsi quattro anni debbono monaci intimamente esperti accoglierai ed ordinarmi.,
E Seniyo lo svestito, l'apprendista cane, venne accolto dal Sublime, fu investito dell'ordinazione.
E non lungamente l'onorevole Seniyo stette accolto nell'ordine, che gi egli, solitario, distaccato, instancabile, in fervida, intima seriet aveva assai prestamente, ancora in questa vita, fatto a s palese, realizzato e conquistato quell'altissimo scopo dell'ascetismo, che trae i nobili figli interamente via dalla casa nell'eremo. ' Esausta la vita, compiuta la santit, operata l'opera, non esiste pi questo mondo ' comprese egli allora. Ed ora anche l'onorevole Seniyo era divenuto uno dei santi (2) [Di un altro apprendista cane, che fa una misera fine, riferisce il discorso XXIV del Dighanikayo. - Alvoto di cane si riporta forse lo svalid, cfr. Bohtlink-Both s.r.; il voto di vacca viene spiegato nel Mahabharatam cos, che quei che lo segue si adatt in ogni tempo ad ogni giaciglio, ogni cibo, ogni veste, cfr. il citato io s. v. govratas. Ma ci posteriore delucidazione. Perch noi abbiamo una propria govrtti, stato di vacca, di quel sommo asceta della Turiyatitavadhutopanisat e Paramahamsaparivrjakopanisat, in med.; cos pure una gomukha med ajagaravrtti, uno stato di coccodrillo e di serpe di quegli estremi penitenti della Sannyasopanisat, II, i. m., e della Naradaparivrajakopanisat, V, m., VII, i. f. - Una trattazione generale di questi principii si trova nel IX capitolo dello Subalopanisat. Lapidariamente espressa nella Brhadalanyakopanisat, III, 2, 14, IV, 4, 6 e segg.
Per le conseguenze metafisiche di questo e del XIX discorso ha scritto Giordano Bruno un meraviglioso commentario, sul fondamento della reale, quotidiana visione ed esperienza, nel mezzo dell'Epistola esplicatoria allo spaccio della bestia trionfante.







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