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FREDERICK FORSYTH.
DOSSIER ODESSA.

L'Odessa del titolo non la cittucraina, ma la sigla
derivante dalle lettere iniziali delle parole Organisation
der Ehemaligen SS-Angehorigen, che in italiano signi-
ficano:"Organizzazione degli ex appartenenti alle SS".
L'Odessa, creata in Germania prima ancora che il se-
condo conflitto mondiale avesse termine, aveva lo sco-
po di aiutare i maggiori esponenti delle SS a scomparire
dalla circolazione e, in un secondo tempo, di fondare
nuovamente la potenza nazista.
Nel 1963, a distanza di anni, Peter Miller, giovane
giornalista amante della bella vita, capita per caso sulle
tracce dell'Odessa. Il ritrovamento di un diario scritto
da un ebreo sopravvissuto ai campi di sterminio lo spin-
ge all'inseguimento di un famigerato ex capitano nazista,
personaggio chiave della potente organizzazione. Miller
si trova al centro di losche trame ordite dai fanatici
membri dell'Odessa, che vogliono compromettere il dif-
ficile equilibrio del Medio Oriente ed coinvolto, suo
malgrado, in una lotta senza esclusione di colpi.
Fantapolitica o realt? Finzione o veritstorica ? Fre-
derick Forsyth, con la sua consumata abilitdi narratore,
ci lascia sospesi fra questi inquietanti interrogativi.

UN'ALBA slavata, d'un livido azzurro, stava sorgendo su Tel Aviv quan-
do il funzionario del servizio segreto termindi dattiloscrivere la sua
relazione. Stiracchii muscoli indolenziti delle spalle, accese un'altra
sigaretta col filtro, poi rilesse gli ultimi paragrafi.

Particolari comprovanti che pervengono a quest'ufficio confermano
la sostanziale esattezza dell'ubicazione della fabbrica. Se si intraprende
un'azione adeguata, si pulegittimamente ritenere che le autoritdella
Germania occidentale si occuperanno direttamente del suo smantel-
lamento.
Si raccomanda quindi che i fatti in oggetto siano al pipresto sotto-
posti all'attenzione di tali autorit assicurando cosi una presa di posi-
zione da parte delle pialte sfere di Bonn che darseguito senza fallo
agli accordi del Waldorf.
Una volta conseguito ci gli onorevolissimi membri della commis-
sione possono avere assicurazione che il progetto noto col nome "Vul-
cano" in procinto di essere annientato e che i missili non prenderanno
mai il volo per tempo. Nell'eventualitdi un conflitto con l'Egitto, tale
conflitto sarcombattuto e vinto con armi convenzionali, vale a dire
dalla repubblica di Israele.

ln quello stesso momento, a un'ottantina di chilometri a est, in un
luogo chiamato Yad Vashem, I'uomo che aveva fornito le informazioni
che avevano permesso la stesura di quel rapporto era raccolto in pre-
ghiera. Ma il funzionario ignorava quel fatto. Non sapeva nemmeno con
precisione come erano state ottenute le informazioni contenute nel rap-
porto, nquanti uomini erano morti prima che gli pervenissero. Non
aveva bisogno di saperlo.

TUTTI sembrano ricordare con estrema precisione ciche stavano fa-
cendo il 22 novembre 1963, nel momento in cui appresero la morte
di Kennedy. Il Presidente era stato colpito alle dodici e trenta del po-
meriggio, ora di Dallas, e la notizia della sua morte era stata annunciata
all'una e trenta circa della notte, ora standard delle regioni centrali
nordamericane. Erano le due e trenta del mattino a New York, le di-
ciannove e trenta a Londra, e, ad Amburgo, le venti e trenta di una ge-
lida sera sferzata dal nevischio.
Peter Miller, come tutti i venerdsera, stava tornando in auto in
citt dopo aver fatto visita alla madre, che abitava nel sobborgo di Os-
dorf. Se sua madre avesse avuto il telefono, Miller si sarebbe fatto vivo
con quel mezzo; ma, poiche non era cos lui doveva andare a trovarla.
Proprio per vedere il figlio pispesso, la signora Miller si rifiutava di far
installare un apparecchio telefonico.
Il giovane stava ascoltando un programma musicale trasmesso dalla
radio della Germania nord-occidentale. Alle venti e trenta la musica si
interruppe di colpo e dalla radio provenne la voce, carica di tensione,
di un annunciatore.
Attenzione! Interrompiamo il programma per annunciare che il
presidente Kennedy morto. Ripetiamo: il presidente Kennedy morto. Mio Dio! ansimMiller. Pigiil pedale del freno e accostal
lato destro della strada. Lungo l'ampia carreggiata dritta, altri automo-
bilisti stavano facendo altrettanto, come se la guida dell'automobile e
l'ascolto della radio fossero diventate d'un tratto due attivitincompa-
tibili, il che, in un certo senso, era vero.
La musica leggera trasmessa in precedenza dalla radio era stata sosti-
tuita da una marcia funebre. Di tanto in tanto, I'annunciatore leggeva
frammenti di altre notizie, a mano a mano che gli pervenivano. Il qua-
dro cominciava a farsi completo: I'automobile scoperta che attraver-
sava Dallas, il cecchino appostato alla finestra del deposito di libri
10 scolastici. Nessuna notizia di persone arrestate.
Come giornalista, Miller poteva ben immaginare quale baraonda si
fosse creata in tutte le redazioni dei giornali del Paese, mentre ogni ad-
detto veniva richiamato in servizio per dare una mano a mandare in
stampa 1'edizione straordinaria. Rimpiangeva quasi di non appartenere
pialla redazione di un quotidiano, ma da quando aveva scelto la li-
bera professione, tre anni prima, si era specializzato in servizi giornali-
stici su avvenimenti tedeschi, legati soprattutto al mondo del crimine,
della polizia, della malavita. Sua madre lo accusava di mischiarsi con
"brutta gente", e a nu]la serviva il fatto che Miller le dicesse che lui
stava diventando uno dei pifamosi autori di inchieste giornalistiche
di tutto il Paese.
Mentre le notizie continuavano ad arrivare, Miller si appoggialla
morbida imbottitura di pelle del sedile della sua Jaguar, sforzandosi di
identificare qualche aspetto dell'accaduto che potesse riguardare in
qualche modo la Germania. Delle reazioni del governo di Bonn si sa-
rebbe occupato il personale delle redazioni: i ricordi della visita di Ken-
nedy a Berlino, nel giugno precedente, sarebbero stati rievocati diretta-
mente da quella citt No, non riusciva a scovare niente da vendere alle
riviste illustrate, che erano i suoi migliori clienti.
C'sempre la tentazione di domandarsi che cosa sarebbe accaduto
se... Di solito un'esercitazione oziosa, ma in questo caso, probabil-
mente, giusto dire che se Miller non si fosse fermato per mezz'ora ai
bordi della strada non avrebbe visto l'ambulanza, navrebbe mai sen-
tito parlare di Salomon Tauber o di Eduard Roschmann, e quaranta
mesi pitardi la repubblica di Israele avrebbe probabilmente cessato di
esistere.
Findi fumare la sigaretta e buttvia il mozzicone. Al tocco di un
bottone, il motore da 3,8 litri che stava sotto il lungo cofano ricurvo della
Jaguar XK 150 S riprese subito vita con un rombo, per poi attutirsi
al suo consueto, tranquillo brontolio. Miller accese i fari dell'automobile
e si immise nella sempre pidensa corrente di traffico che percorreva
la strada di Osdorf.
Era arrivato al semaforo della Stresemannstrasse, quando udl'am-
bulanza dietro di s Stava arrivando sulla sua sinistra, con l'ululato
della sirena che si alzava e si abbassava; poi sfreccisotto i suoi occhi
e quindi volta destra, in Daimlerstrasse. Miller reagistintivamente.
Lasciandare il pedale della frizione e la Jaguar scattdietro l'ambu-
lanza, a una ventina di metri di distanza.
Probabilmente era una faccenda da niente, pernon si poteva mai
sapere. Un'ambulanza significava guai, e i guai potevano significare un
articolo, soprattutto se si capitava per primi sul luogo dell'accaduto.
Miller teneva sempre, in uno scomparto del cruscotto, una piccola
Yashica con flash incorporato.
L'ambulanza serpeggiattraverso le strette stradine tortuose del sob-
borgo di Altona per andare poi a fermarsi davanti a un vetusto caseg-
giato, davanti al quale era giferma un'auto della polizia. La luce az-
zurra sul tetto dell'automobile mandava un riflesso spettrale sulle facce
dei curiosi assiepati intorno alla porta.
Un burbero sergente della polizia, con indosso una mantella imper-
meabile, ringhialla folla di tirarsi indietro e di lasciare un varco da-
vanti alla porta per l'ambulanza. Il conducente e un infermiere scesero
raggiunsero di corsa il retro dell'ambulanza e tirarono fuori una ba-
rella vuota. Scambiata qualche parola con il sergente, i due salirono in
fretta le scale.
Miller accostla Jaguar al ciglio del marciapiede opposto, una ven-
tina di metri piavanti. Scese dalla macchina e si avvicinsenza fretta
al sergente.
E possibile salire? Stampa. Esibla sua tessera.
E io sono un poliziotto ribattil sergente. Nessuno sale. Quelle
scale sono giabbastanza strette, e neanche troppo sicure. Gli uomini
dell'ambulanza scenderanno tra un momento. Puaspettare qui e an-
dare poi a dare un'occhiata alla stazione di polizia. Un uomo scese le scale e uscsul marciapiede. Miller lo riconobbe:
avevano studiato entrambi alla scuola media centrale di Amburgo.
Adesso quell'uomo era un viceispettore investigativo della polizia di
Amburgo, di stanza alla centrale di Altona.
Ehi, Karl! Il giovane ispettore riconobbe Miller e la sua faccia si schiuse in un
sogghigno. Rivolto al sergente, fece un cenno col capo.
Tutto bene, sergente. E pio meno innocuo. Miller strinse la mano a Karl Brandt.
Che cosa fai qui? si informBrandt.
Seguivo l'ambulanza. Dannato avvoltoio. Che cosa stai combinando, di questi tempi? Le solite cose. Faccio il giornalista indipendente. E fai anche un mucchio di quattrini, a quanto pare. Continuo a ve-
dere il tuo nome sulle riviste. 娟i campa. Hai sentito di Kennedy? Gi Una brutta faccenda. Staranno mettendo Dallas sottosopra,
questa sera. Ben contento che non sia affar mio.
Miller accenncon aria interrogativa verso l'atrio fiocamente illu-
minato alle spalle di Brandt.
Un suicidio. Gas. I vicini ne hanno sentito l'odore che passava sotto
la porta. Qualche attrice del cinema, per caso? domandMiller.
Gi proprio cos Di solito vivono in catapecchie come questa.
No, si tratta di un vecchio. Sembrava morto gida anni, in ogni modo. Brandt osservi due infermieri che attraversavano l'atrio col loro
carico, poi si voltverso la folla e ordin Fate largo. Lasciate pas-
sare
I due infermieri uscirono sul marciapiede e si diressero verso le porte
spalancate dell'ambulanza. Brandt li segu con Miller alle calcagna.
Quando gli infermieri arrivarono davanti ai portelli dell'ambulanza,
Brandt li ferme tirindietro un lembo del lenzuolo che copriva il
volto del morto. Voltando appena la testa, spieg Solo una forma-
lit Nel rapporto devo dire di aver accompagnato la salma fino all'am-
bulanza e poi all'obitorio
Le luci interne dell'ambulanza erano accese e Miller riusca scorgere
per qualche attimo il volto del suicida. Una sola impressione: non aveva
mai visto niente di cosvecchio e ripugnante. Alcune ciocche di capelli
lisci erano incollate sul cranio calvo, il volto era scavato, emaciato. Le
labbra non esistevano q~asi pi ed erano segnate da profonde grinze
verticali. Come se non bastasse, due cicatrici sbiadite e frastagliate at-
traversavano il volto dell'uomo dalle tempie fino agli angoli della bocca.
Dopo una rapida occhiata, Brandt si tirindietro mentre l'inserviente
dell'ambulanza infilava la lettiga all'interno. L'ambulanza partdi scat-
to, la folla comincia disperdersi.
Miller guardBrandt, inarcando le sopracciglia. Incantevole, eh? Gi Be', devo tornare alla stazione di polizia. Ci vediamo, Peter. Miller tornin automobile verso la stazione ferroviaria di Altona, da
dove imboccla strada principale che portava al centro della citt
venti minuti dopo scendeva nel garage sotterraneo vicino a Hansa-
platz, non lontano dal caseggiato in cui si trovava il suo attico.
Quello di tenere l'automobile per tutto l'inverno nel garage sotterra-
neo era uno dei lussi che si concedeva. E gli piaceva anche il suo appar-
tamento piuttosto costoso, perchera in alto e da lsi poteva dominare
il traffico formicolante dello Steindamm. Non si curava invece del cibo 1
e dell'abbigliamento. D'altronde, a ventinove anni, col suo metro e ot-
tanta e pid'altezza, i capelli castani e arruffati e gli occhi dello stesso
colore, che piacevano tanto alle donne, non aveva bisogno di indossare
abiti particolarmente costosi.
Le vere passioni della sua vita erano le automobili sportive, il me-
stiere di giornalista e Sigrid Rahn, anche se talvolta doveva ammettere
con un certo senso di colpa, che nell'eventualitdi una scelta tra Sigi
e la Jaguar, forse Sigi avrebbe dovuto cercarsi un altro uomo.
Parcheggiata la Jaguar, rimase a guardarla alla luce del garage. Mil-
ler non si stancava mai di ammirare la sua automobile. Anche quando
le si avvicinava per strada, si fermava a guardarla, talvolta insieme con
qualche occasionale passante che osservava: Questa sche una mac-
china! Di solito, un giovane giornalista indipendente non possiede una Ja-
guar XK 150 S. I pezzi di ricambio erano pressochintrovabili, ad
Amburgo, tanto piche la produzione della serie XK era stata sospesa
nel 1960. Provvedeva lui stesso alla manutenzione, trascorrendo ore e
ore, la domenica, disteso in tuta sotto l'automobile o quasi sprofondato
dentro il motore. Aveva rinforzato le sospensioni indipendenti delle
ruote anteriori, e grazie alle sospensioni delle ruote posteriori ad assale
rigido, I'automobile prendeva le curve con impareggiabile stabilit Su-
bito dopo aver acquistato la Jaguar, Miller l'aveva riverniciata di nero,
dipingendo ai lati una lunga striscia gialla sgargiante.
Era tardi, quando Miller aprla porta del suo appartamento; pur
avendo gimangiato da sua madre, alle sei, sentiva di nuovo i morsi
della fame. Si preparun paio d'uova strapazzate e si mise in ascolto
delle ultime notizie. Il notiziario trattava esclusivamente di Kennedy e
accentuava gli aspetti relativi alla Germania, in mancanza di altre no-
tizie da Dallas. La polizia era sempre alla ricerca dell'assassino. Miller
spense la radio e si infilnel letto, col desiderio che Sigi fosse a casa.
Aveva sempre voglia di rannicchiarsi vicino a lei, quando si sentiva
depresso. Ma il cabaret in cui Sigi si esibiva non chiudeva mai prima delle
quattro di notte, e spesso anche pitardi il venerdsera, quando i pro-
vinciali e i turisti facevano ressa lungo il Reeperbahn.
Fumun'altra sigaretta, poi si addorment sognando l'orribile fac-
cia del vecchio morto nel sobborgo di Altona.

MENTR~, ad Amburgo, Peter Miller mangiava a mezzanotte le sue
uova strapazzate, nei pressi del Cairo cinque uomini stavano bevendo
seduti in una casa attigua a una scuola di equitazione. Era l'una di notte.
I cinque uomini erano euforici per via delle notizie arrivate da Dallas,
che avevano ascoltato quasi quattro ore prima. Due degli ospiti e il pa-
drone di casa erano tedeschi, gli altri due egiziani. Il padrone di casa
era il proprietario della scuola di equitazione, luogo di convegno prefe-
rito dalla migliore societcairota e dalla colonia tedesca, composta da
parecchie migliaia di persone.
Seduto in una comoda poltrona di pelle, accanto alla finestra con le
imposte chiuse, c'era Peter Bodden, giesperto del problema ebraico
nel ministero per la Propaganda Nazista del dottor Joseph Goebbels.
Bodden aveva preso il nome egiziano di El Gumra. Alla sua sinistra
c'era un altro uomo di Goebbels, Max Bachmann. Tutti e due erano an-
cora fanatici nazisti. Degli egiziani, uno era il colonnello Shamseddine
Badrane, aiutante di campo del maresciallo Abdel Hakim Amer, che do-
veva diventare poi vicepresidente dell'Egitto. L'altro era il colonnello
Ali Samir, capo del Moukhabarat, il servizio segreto egiziano.
Peter Bodden alzil bicchiere. E cosKennedy, I'amico degli ebrei,
morto. Signori, propongo un brindisi. Il fatto che Kennedy fosse definito in quel modo non stupiva nessuno
dei cinque uomini presenti nella stanza.
Il 14 marzo 1960, quando Dwight Eisenhower era ancora Presidente
degli Stati Uniti, il primo ministro israeliano David Ben-Gurion e il
cancelliere tedesco Konrad Adenauer si erano incontrati al Waldorf-
Astoria di New York.
I due statisti avevano siglato un accordo segreto in base al quale la
Germania occidentale si impegnava ad aprire un credito a favore di
Israele sulla base di cinquanta milioni di dollari l'anno. Ben-Gurion,
per doveva ben presto scoprire che avere i soldi era una cosa e avere
una fornitura di armi sicura era tutt'altro. Sei mesi dopo, I'accordo
del Waldorf era stato seguito da un secondo patto, firmato dai ministri
della Difesa dei due Paesi, in base al quale Israele avrebbe potuto im-
piegare tale denaro per acquistare armi in Germania.
Adenauer, conscio del carattere molto picontroverso del secondo
accordo, aveva continuato per mesi a rimandarne l'applicazione. Poi,
nel novembre 1961, si era recato ancora a New York per incontrarsi
con il nuovo presidente, John Fitzgerald Kennedy, il quale aveva eser-
citato una certa pressione nei suoi confronti. Il Presidente americano
non voleva che Israele ricevesse armi direttamente dagli Stati Uniti,
tuttavia desiderava che gli arrivassero in un modo o nell'altro. Israele
aveva bisogno di aerei da caccia e da trasporto, di pezzi d'artiglieria
Howitzer da 105 mm, di autoblindo, di mezzi di trasporto militare
e di carri armati. E la Germania aveva tutto ci prevalentemente di
fabbricazione americana. Cos I'accordo era stato portato avanti.
I carri armati tedeschi erano cominciati ad arrivare a Haifa alla
fine del giugno 1963, e gli ex membri delle SS ne erano venuti a cono-
scenza. La loro organizzazione, chiamata Odessa, aveva informato pron-
tamente gli egiziani, con i quali gli agenti al Cairo avevano strettissimi
legami.
Alla fine del 1963, le cose erano cominciate ad andare diversamente.
Il 15 ottobre, Adenauer si ritirava a vita privata. Il suo posto era stato
preso da Ludwig Erhard, che si era procacciato voti in quanto artefice
del miracolo economico tedesco, ma era debole e incerto per quanto
riguardava la politica estera.
Anche quando era in carica Adenauer, un gruppo di ministri del ga-
binetto tedesco-occidentale aveva sostenuto vivacemente la necessit di accantonare l'accordo sulle forniture belliche stipulato con Israele. Il
vecchio cancelliere aveva messo a tacere quei ministri con poche secche
frasi, e tale era la sua autoritche essi avevano abbandonato la loro tesi.
Ma non appena Erhard si era insediato nella sua carica, il gruppo aveva
ripreso subito la campagna contro l'accordo. Alle esitazioni di Erhard
faceva riscontro l'inflessibile decisione di Kennedy: Israele doveva rice-
vere le armi attraverso la Germania.
E, poi, Kennedy era stato ucciso. Il grosso punto interrogativo, in
quelle prime ore del 23 novembre, era semplicemente questo: il presi-
dente Lyndon Johnson avrebbe allentato la pressione americana sul-
I'indeciso cancelliere di Bonn, consentendogli di revocare l'accordo? In
effetti, questa eventualitnon si verific ma erano molte le speranze, al
Cairo, che ciaccadesse.
Il padrone della casa in cui si svolgeva la riunione, alla periferia del
Cairo, riempi bicchieri dei suoi ospiti, poi si voltdi nuovo verso la
credenza per riempire il suo. Wolfgang Lutz, nato a Mannheim nel 1921,
era stato maggiore dell'Esercito tedesco poi, nel 1961, era emigrato al
Cairo, dove aveva aperto una scuola di equitazione. Biondo, occhi az-
zurri, tratti grifagni, riscuoteva molto successo sia tra gli influenti per-
sonaggi politici del Cairo sia nella comunitdegli emigrati tedeschi,
che si era insediata lungo le rive del Nilo, ed era composta prevalente-
mente da nazisti.
Si voltverso le persone presenti nella stanza col piampio sorriso.
Se c'era qualcosa di falso, in quel sorriso, nessuno se ne accorse. Era
falso, per Lutz era un ebreo, nato a Mannheim, ma giunto in Pale-
stina all'etdi dodici anni. S aveva il grado di maggiore, ma dell'Eser-
cito israeliano. Ed era anche il piimportante agente del servizio se-
greto israeliano in Egitto.
Lutz era impaziente che i suoi ospiti se ne andassero, perchnon
vedeva l'ora di andare nel bagno dove era nascosta la sua trasmittente
per inviare un messaggio a Tel Aviv. Alzil bicchiere davanti a quelle
quattro facce sorridenti. Morte agli amici degli ebrei! brind sfor-
zandosi di sorridere. Sieg Heil.
PETER MILLER si svegliil mattino dopo, poco prima delle nove, e
si rigirbeatamente sotto l'enorme piumino che copriva il letto a due
piazze. Anche nel dormiveglia sentiva il calore del corpo di Sigi addor-
mentata, e si rannicchiancora pivicino a lei.
Sigi, ancora piena di sonno, dopo appena quattro ore di riposo, bor-
bottinfastidita: Fila via Miller sospir scivolfuori del letto e
ciabattnel soggiorno per andare ad aprire le tende. La grigia luce di
novembre inondla stanza. Miller, sbadigliando, andin cucina per pre-
pararsi la prima delle sue innumerevoli tazze di caff
Sigi aveva ventidue anni, a scuola era stata una campionessa di gin-
nastica e, sosteneva, sarebbe potuta arrivare a livelli olimpionici se il
suo seno non si fosse sviluppato a quel punto. Terminata la scuola, si
era occupata come insegnante di educazione fisica in una scuola femmi-
nile. La decisione di passare allo spogliarello era stata presa per il pi semplice dei motivi: la paga era cinque volte superiore a quella di in-
segnante.
Miller l'aveva vista per caso, durante una visita al bar di madame
Kokett, sotto il CafKeese, sul Reeperbahn. Era un pezzo di ragazza,
un metro e settantaquattro d'altezza e una figura adeguata. Si spogliava
al suono della musica, con la solita espressione imbronciata delle spo-
gliarelliste che fa pensare alla camera da letto. Miller aveva sorseggiato
la sua bibita senza battere ciglio.
Tuttavia, quando erano scrosciati gli applausi, la ragazza aveva accen-
nato un timido, impacciato inchino e aveva sfoderato un ampio sorriso
ingraziante: sembrava un cane da caccia non ancora addestrato che, no-
nostante tutte le previsioni, ha appena riportato una pernice abbattuta.
Era stato quel sorriso a conquistare Miller. Aveva domandato al barista
se quella ragazza avrebbe gradito bere qualcosa, e Sigi era stata man- 17
data a chiamare.
Con suo stupore, Miller aveva scoperto che quella ragazza era un tipo
davvero simpati o e le aveva domandato se poteva accompagnarla a casa
dopo lo spettacolo. Fatte le debite riserve, la ragazza aveva accettato.
Era uscita dal cabaret con indosso un comunissimo giaccone di lana.
Miller aveva giocato con freddezza le sue carte. Avevano preso un
caffe parlato. Alla fine, lei aveva cominciato a sciogliersi e a chiacchie-
rare allegramente. Miller aveva saputo cosche Sigi amava la musica pop,
I'arte, le passeggiate lungo le rive dell'Alster, la casa, i bambini. Poi
avevano cominciato a uscire sempre insieme l'unica sera libera che lei
aveva alla settimana.
Dopo tre mesi, Miller se l'era portata a letto e pitardi le aveva pro-
posto di trasferirsi a casa sua. Sigi, che aveva le idee chiare sulle cose
importanti della vita, aveva gideciso che voleva sposare Peter Miller:
I'unico problema era se doveva accalappiarlo andando a letto con lui o
no. Sigi, sapendo bene che lui non avrebbe avuto difficoltall'occorrenza
a portarsi a letto qualche altra ragazza, aveva deciso di accettare la
sua proposta e di rendergli la vita tanto piacevole, da indurlo a deside-
rare di sposarla. Stavano insieme ormai da sei mesi, in quella mattina
del tardo novembre.

MILLER portla radio nel bagno per ascoltare il notiziario mentre
si radeva e faceva la doccia. Un uomo era stato arrestato per l'uccisione
di Kennedy. Durante tutto il programma trasmisero solo notizie rela-
tive all'assassinio del Presidente americano.
Asciugatosi, Miller tornin cucina per prepararsi un altro caff Stava
entrando nel soggiorno quando squillil telefono. Era Karl Brandt.
Peter? Senti, si tratta di quell'ebreo che morto. Miller non capiva di che cosa parlasse. Quale ebreo morto? Quello che si ucciso col gas ieri sera, ad Altona. Non sapevo nemmeno che fosse ebreo replicMiller. Di che
cosa si tratta? 姬oglio parlarti, ma non al telefono. Possiamo vederci? Il cervello di Miller si mise immediatamente in funzione. Che cosa
ne dici di pranzare insieme?Fece il nome di un piccolo ristorante
sulla Gansemarkt.
D'accordo rispose Brandt. Sarlper l'una. Durante tutto il pranzo, Karl evitl'argomento ma, arrivato al caff disse semplicemente: L'uomo di ieri sera
Sfece Miller. Di che cosa si tratta? Tu sai ciche i nazisti hanno fatto agli ebrei durante la guerra?
Naturalmente. Ce ne hanno riempito la testa, a scuola. A quel tempo, Miller aveva accettato ciche gli insegnanti gli dice-
vano, senza nemmeno saper bene di che cosa si parlasse. Pitardi, era
stato difficile capire il significato di quegli insegnamenti. Nessuno che
rispondesse alle domande, nessuno che fosse disposto a parlare. Soltanto
con l'etadulta aveva cominciato a leggere qualcosa sull'argomento, e
pur restandone disgustato non era riuscito a sentirvisi coinvolto.
Erano altri tempi, altri luoghi, molto lontani. Quando quei fatti
erano accaduti, lui non era presente e nemmeno suo padre e sua madre
lo erano. Qualcosa, dentro di lui, I'aveva convinto che quelle vicende
non riguardavano la persona di Peter Miller, e quindi non si era infor-
mato sui nomi, le date, i particolari. Si domandava perchmai Brandt
tirasse fuori quell'argomento.
Brandt mescolil caffnella tazzina, senza sapere come continuare
il discorso. Quel vecchio di ieri sera soggiunse alla fine, era un
ebreo tedesco. E stato in un campo di concentramento. Miller ripensa quell'immagine di morte deposta sulla barella, la
sera precedente. Era in quello stato che finivano? Ridicolo, quell'uomo
doveva esser stato liberato dagli Alleati diciotto anni prima, ed era
arrivato a morire ormai vecchio. Quella faccia continuava a tornargli
in mente, per Prima d'allora, non aveva mai visto nessuno che fosse
stato in un campo di concentramento, o quanto meno non se ne era reso
conto. Del resto, non aveva nemmeno mai incontrato uno dei massacra-
tori delle SS, di questo era sicuro. Se ne sarebbe accorto.
E allora? domandall'ispettore di polizia.
Per tutta risposta, Brandt tirfuori dalla sua borsa per documenti
un pacchetto avvolto in una carta scura e lo spinse sul tavolo. Il vecchio
ha lasciato un diario. In effetti, non era poi cosvecchio. Cinquantasei
anni. A quanto pare, ha scritto i suoi appunti all'epoca del campo di
concentramento, nascondendoli sotto le pezze che gli fasciavano i piedi.
Dopo la guerra, li ha trascritti tutti, e costituiscono questo diario. Miller diede un'occhiata al pacchetto con scarso interesse. Dove
l'hai trovato ? Era per terra, vicino al cadavere. L'ho raccolto e l'ho portato a
casa. L'ho letto ieri notte. Una cosa orribile. Non avevo idea che fosse
cosorribile... ciche hanno fatto a questa gente. 圃 perchl'hai portato a me? Brandt sembrava imbarazzato. Si strinse nelle spalle. Ho pensato
che potesse servirti a qualcosa... Un articolo... A chi appartiene, adesso? Legalmente, agli eredi di Tauber, ma non li troveremo mai. Quindi
immagino che appartenga al dipartimento di polizia. Ma quelli si limi-
terebbero ad archiviarlo. Puoi prenderlo, se vuoi. Solo, non lasciarti
scappare che te l'ho dato io. Non voglio aver grane, al dipartimento. Miller saldil conto e i due uscirono insieme.
D'accordo, lo legger Pernon posso assicurarti che mi commuo-
ver Potrei forse ricavarne un articolo per qualche rivista. Brandt gli rivolse un sorrisetto. Sei un maledetto cinico gli disse.
No replicMiller, solo che, come la maggior parte della
gente, io mi interesso alle cose di adesso. E tu? Dopo dieci anni alla
polizia, pensavo che ti fosse venuto un bel po' di pelo sullo stomaco.
Questa cosa ti ha proprio sconvolto, vero? Brandt era tornato serio. Guardil pacchetto sotto il braccio di Miller
e annulentamente. S S mi ha proprio sconvolto. Non mi ero mai
reso conto che fosse stato costerribile. E, tra parentesi, non tutta
storia passata. Quella storia finita qui, ad Amburgo, solo la notte
scorsa. Arrivederci, Peter. L'ispettore di polizia si volte si allontan senza sapere quanto la
sua affermazione fosse errata.




PETER MILLER portil pacchetto avvolto nella carta scura a casa, dove
arrivpoco dopo le tre. Sistematosi nella sua poltrona preferita, con
l'immancabile tazzina di caffa portata di mano e la sigaretta accesa,
lo apr Il diario consisteva di circa centocinquanta pagine dattilo-
scritte, racchiuse dentro una cartelletta rigida di cartone munita di
raccoglitore per fogli sciolti. Dovevano essere state battute con una mac-
china per scrivere vecchia perchalcuni caratteri apparivano rotti o
sbiaditi. E il diario doveva essere stato scritto durante un lungo arco
di tempo, perchla maggior parte dei fogli mostrava l'inequivocabile
tinta della carta vecchia. Ma all'inizio e alla fine del dattiloscritto alcune
pagine nuove formavano la prefazione e l'epilogo. Entrambe quelle
parti erano datate 21 novembre, due giorni prima.
I primi paragrafi furono una sorpresa per Miller, percherano scritti
in un tedesco corretto e preciso, e con lo stile di una persona istruita.
Sulla parte esterna della cartelletta era stato incollato un foglio di carta
bianca sul quale era stato scritto, a lettere maiuscole: DIARIO DI SA-
LOMON TAUBER.
Miller sprofondancor pinella poltrona e si immerse nella lettura.



Il mio nome Salomon Tauber, sono ebreo e prossimo a morire.
Ho deciso di porre fine alla mia esistenza, perchnon ha pisignificato.
Le cose che ho cercato di fare nella mia vita non sono approdate a niente:
infatti, tutto il male che ho visto rimasto ed prosperato, e soltanto il
bene se ne andato. Gli amici che ho avuto, gli infelici e le vittime, sono
tutti morti, e soltanto i persecutori sono tutti rimasti intorno a me. Di
giorno vedo le loro facce nelle strade, e di notte vedo la faccia di mia
moglie, Esther, che morta tanto tempo fa. Sono rimasto in vita per
tutto questo tempo soltanto perchc'era una cosa che volevo fare, e
adesso so che non la farmai.
Non porto nodio nrancore verso il popolo tedesco, perchun
popolo buono. I popoli non sono mai cattivi, soltanto i singoli individui
lo sono. A ragione, il filosofo inglese Burke diceva: ''Non so quali
siano i mezzi per istruire un processo contro un'intera nazione". La
Bibbia racconta che il Signore voleva distruggere Sodoma e Gomorra,
per tutti i peccati commessi dai loro abitanti, ma tra essi vi era un
uomo giusto, e siccome era giusto egli fu risparmiato. Pertanto la colpa individuale, al pari della salveza.
Quando sono uscito dai campi di concentramento di Riga e di Stutt-
hof, quando sono sopravvissuto alla Marcia della Morte fino a Mag-
deburgo, quando i soldati inglesi hanno liberato lil mio corpo, nel-
I'aprile del 1945, lasciando soltanto la mia anima in catene, ho odiato i
tedeschi. Mi sono domandato allora, come gitante altre volte nei
quattro anni precedenti, perchmai il Signore non li fulminasse tutti,
fino all'ultimo uomo, donna o bambino. E quando ho visto che cinon
accadeva, ho odiato anche Lui, accusandolo di aver abbandonato me
e il mio popolo, che Lui aveva indotto a credere di essere il Suo po-
polo prediletto.
Col passare del tempo, per ho imparato di nuovo ad amare: ad
amare le pietre e gli alberi, il cielo sopra di me e il fiume che attra-
versa la citt i cani e i gatti randagi, e i bambini che scappano lontano
da me, perchsono cosbrutto. Non sono da biasimare. Un proverbio
francese dice: "Capire tutto significa perdonare tutto". Quando si rie-
sce a capire la paura, e l'avidit e l'ignoranza degli uomini, allora possibile perdonare. Ma non possibile dimenticare.
Ci sono uomini i cui crimini superano la comprensione umana e
quindi il perdono, e qui sta il male: nel fatto che essi stiano ancora in
mezzo a noi, nelle citt negli uffici, nei ristoranti; sorridono, stringono
mani, chiamano Kamerad le persone per bene. Essi continuano a vivere,
non come reietti, ma come cittadini rispettati: qui sta il male.
Alla fine, col passare del tempo, sono tornato ad amare il Signore e a
chiedere il Suo perdono per le cose che ho fatto contro le Sue leggi,
e sono tante.
Shema, Yisrael, Adonai elohenu, Adonai echad.
Ascolta, Israele, il Signore nostro Dio; il Signore uno!



Il diario cominciava con una ventina di pagine nelle quali Tauber
descriveva la sua infanzia e adolescenza ad Amburgo. Verso la fine degli
anni Trenta, si era sposato con una ragazza di nome Esther e aveva la-
vorato, sempre ad Amburgo, come architetto. Fino al 1941, grazie al-
I'intervento del suo datore di lavoro, non aveva avuto noie come ebreo.
Ma, alla fine, era stato preso, a Berlino, dove si era recato a far visita
a un cliente. Dopo un periodo trascorso in un campo di smistamento
era stato chiuso con altri ebrei nel vagone piombato di un treno bestiame
diretto a oriente.



Non ricordo in quale giorno il treno, finalmente, si fermsferraglian-
do in una stazione ferroviaria. Penso che fossero trascorsi sei giorni
e sette notti da quando eravamo stati chiusi in quel vagone, a Berlino.
Improvvisamente, il treno si era fermato, la luce chiara che filtrava
attraverso le fessure mi diceva che fuori era giorno, e la testa mi girava
per lo sfinimento e per il tanfo.
Si udivano grida, lfuori, e il rumore dei catenacci che venivano ti-
rati, poi le porte furono spalancate. Quando la vivida luce del giorno
inondil vagone, gli uomini portarono le braccia davanti agli occhi e
gridarono per il dolore. Metdel contenuto umano del vagone si
rovescisulla banchina, in una valanga puzzolente. Io, che ero rimasto
in fondo al carro, evitai l'ondata e scesi sulla banchina.

Le SS che avevano aperto i portelli, uomini brutali dalla faccia dura,
che farfugliavano e berciavano in una lingua per me incomprensibile,
si tirarono indietro con un'espressione di disgusto. Dentro il vagone
piombato, trentun uomini giacevano calpestati sul pavimento. Non si
sarebbero mai pirialzati. Tutti gli altri, stremati, semiaccecati, fumanti
di sudore e di tanfo dalla testa ai piedi, si sforzavano di rimanere eretti.
Le nostre lingue, annerite e gonfie, erano incollate al palato per la
sete, le nostre labbra erano spaccate e riarse.
Lungo la banchina, altri quaranta vagoni provenienti da Berlino e
diciotto da Vienna vomitavano il loro carico umano, metdel quale
era composto da donne e bambini. Molte donne e quasi tutti i bam-
bini erano nudi, sporchi di escrementi, ridotti nelle nostre stesse con-
dizioni. Alcune donne avevano tra le braccia il corpo inanimato del
loro bambino, mentre avanzavano barcollando nella luce.
Le guardie correvano su e gilungo la banchina, cercando di alli-
neare i deportati, a colpi di bastone, in una colonna che doveva mettersi
in marcia verso la citt Ma quale citt? E che lingua parlavano quegli
uomini? Pitardi, avrei scoperto che la cittera Riga e che le guardie
delle SS erano ltoni del luogo, non meno ferocemente antisemiti delle
SS tedesche, ma d'intelligenza molto inferiore, praticamente bestie con
sembianze umane.
Alcuni ufficiali tedeschi delle SS stavano all'ombra della pensilina
della stazione. Uno di essi si teneva in disparte, in piedi su una cassa
d'imballaggio, e osservava con un lieve, ma soddisfatto sorriso, le mi-
gliaia di scheletri umani che si ammassavano fuori dei treni. Era un uo-
mo allampanato, coi capelli chiari e occhi azzurri slavati. Pitardi,
avrei scoperto che era un sadico, noto come "il macellaio di Riga".
Quella era la prima volta che vedevo il capitano delle Waffen SS
Eduard Roschmann.



Alle cinque del mattino del 22 giugno 1941, 130 divisioni hitleriane,
divise in gruppi d'armata, avevano attraversato il confine per invadere
la Russia. Dietro ciascuna armata, venivano le squadre di sterminio
delle SS incaricate da Hitler, Himmler e Heydrich di spazzar via i com-
missari del popolo comunisti e le comunitrurali ebraiche, nonchdi
rinchiudere le grosse comuniturbane ebraiche dentro i ghetti delle prin-
cipali citt Le armate entrarono a Riga, capitale della Lettonia, il pri-
mo luglio. Il primo agosto, le SS iniziavano l'opera di sterminio che
doveva sbarazzare dagli ebrei tutta l'Ostland (cosi tedeschi avevano
ribattezzato i tre Stati baltici occupati).
Poi, a Berlino, era stato deciso di usare Riga come campo di tran-
sito verso la morte per gli ebrei tedeschi e austriaci. Nel 1938 vi erano
internati 320.000 ebrei tedeschi e 180.000 ebrei austriaci, in tutto circa
mezzo milione. Nel luglio del 1941, ammontavano gia decine di mi-
gliaia gli ebrei sterminati nei campi di concentramento, in particolare in
quelli di Sachsenhausen, Mauthausen, Ravensbruck, Dachau, Buchen-
wald, Belsen e Theresienstadt. I campi cominciavano a essere troppo af-
follati. Furono allora iniziati i lavori per ampliare o per costruire i sei
centri di sterminio di Auschwitz, Treblinka, Belzec, Sobibor, Chelmno e
Maidanek. In attesa che fossero pronti, tuttavia, era necessario trovare
un posto in cui sterminare il maggior numero possibile di ebrei e "im-
magazzinare" gli altri. Le terre desolate d'oriente sembravano un'eccel-
lente scelta per questo fine.



Il ghetto di Riga si trovava all'estremitsettentrionale della citte
confinava a nord con l'aperta campagna. La parte meridionale era deli-
mitata da un muro e gli altri tre lati erano cintati da reti di filo spinato.
C'era un unico cancello, sul lato settentrionale, attraverso il quale si
entrava e si usciva. Da questo cancello partiva la Mase Kalnu Iela, ov-
vero "piccola strada della collina", che arrivava fino al centro del
ghetto. Sulla destra di questa strada, guardando da sud verso nord,
c'era la Blech Platz, ovvero "Piazza della Latta", dove avvenivano le
selezioni per lo sterminio, nonchle adunate, la scelta dei gruppi de-
stinati ai lavori forzati, le fustigazioni, le impiccagioni. Il patibolo, con
i suoi otto ganci d'acciaio e i cappi che ondeggiavano in permanenza
al vento, si trovava nel mezzo della piazza. Era occupato tutte le notti,
e spesso dovevano essere processati parecchi gruppi di internati prima
che Roschmann fosse soddisfatto del lavoro quotidiano.
Tutto il ghetto doveva misurare poco meno di cinque chilometri
quadrati, un ampio quartiere che un tempo aveva ospitato quindicimila
persone. Dopo il nostro arrivo, continuarono ad affluire, giorno dopo
giorno, nuovi carichi di deportati, fin quando la popolazione della no-
stra zona del ghetto ammonta quarantamila persone; a ogni nuovo
arrivo, un certo numero degli internati precedenti veniva eliminato.

Mentre l'estate diventava autunno e l'autunno inverno, le condizioni
continuavano a peggiorare. Tutte le mattine, la popolazione del campo
veniva raccolta nella Piazza della Latta. Era composta soprattutto di uo-
mini, perchle donne e i bambini erano stati sterminati al loro arrivo
in percentuale di gran lunga superiore a quella dei maschi, che erano pi adatti al lavoro. Ogni giorno, dopo essere stati divisi in gruppi, usciva-
mo dal campo incolonnati, per recarci a svolgere dodici ore di lavoro for-
zato nelle fabbriche vicine, sempre pinumerose.
Avevo dichiarato, all'inizio, che la mia professione era quella di car-
pentiere. Cinon corrispondeva a verit ma essendo architetto avevo
givisto i carpentieri al lavoro e ne sapevo abbastanza per cavarmela.
Avevo previsto, giustamente, che di carpentieri ci sarebbe stato sempre
bisogno, e difatti fui inviato in una vicina fabbrica di legnami.
Al mattino, prima di andare al lavoro ricevevamo ciascuno mezzo litro
di brodaglia simile a zuppa, composta soprattutto di acqua e a volte con-
tenente qualche pezzo di patata. Al nostro ritorno, la sera, ci davano
un altro mezzo litro di zuppa con una fetta di pane nero e una patata
rancida. Chi portava cibo dentro il ghetto era passibile di impiccagione,
tuttavia correre quel rischio era l'unico modo per restare in vita.
La sera, quando le colonne degli internati si trascinavano a fatica
attraverso il cancello del ghetto, Roschmann e i suoi compari proce-
devano ai controlli, scegliendo a caso le persone che dovevano spogliar-
si. Se qualcuno era sorpreso con un po' di cibo, veniva fatto fermare
mentre gli altri proseguivano la marcia verso la Piazza della Latta per
l'adunata Poi Roschmann e le altre Waffen SS percorrevano impettiti
e rigidi la stessa strada, seguiti dai condannati. Gli uomini dovevano
salire sul patibolo e attendere col cappio intorno al collo per tutta la
durata dell'appello. Roschmann saliva a sua volta sul patibolo e, con
un calcio, colpiva l'uno dopo l'altro gli sgabelli su cui stavano in piedi
i condannati, sogghignando verso quei volti che lo guardavano dall'alto.
Qualche volta faceva soltanto finta e tirava indietro il piede all'ultimo
momento, sghignazzando.
A volte i condannati pregavano il Signore, altre volte imploravano
piet Roschmann si divertiva molto. Fingeva di essere un po' sordo,
tendeva l'orecchio e domandava: 奘on puoi alzare un po' la voce?
Che cosa hai detto ? Se una donna era scoperta con del cibo, essa veniva costretta dap- 25
prima ad assistere all'impiccagione degli uomini, soprattutto se si trat-
tava del marito o del fratello. Dopo di che, Roschmann la faceva ingi-
nocchiare davanti a tutti noi, mentre il barbiere del campo le radeva
completamente la testa; poi la conducevano al cimitero situato oltre
il filo spinato. Lera costretta a scavarsi una fossa poco profonda e a
inginocchiarvisi accanto mentre Roschmann le sparava una pallottola
della Luger alla base del cranio. Si venne a sapere dalle guardie l-
toni che, prima di procedere all'esecuzione, Roschmann si divertiva
spesso a far fischiare le pallottole rasente agli orecchi di una condan-
nata. Allora capitava che la donna cadesse atterrita nella fossa, e ve-
nisse poi costretta a risalire e a subire di nuovo quel funereo cerimoniale.
I ltoni erano dei bruti, ma Roschmann riusciva a sconcertare anche
loro con le sue imprese.
A Riga c'era una ragazza che aiutava i prigionieri a proprio rischio
e pericolo. Si chiamava Olli Adler, ed era di Monaco, credo. Sua so-
rella Gerda era gistata uccisa nel cimitero per aver portato cibo nel
campo. Olli, ragazza di insolita bellezza, aveva affascinato Rosch-
mann, che ne aveva fatto la sua amante: ufficialmente, la ragazza
aveva la qualifica di domestica, perchi rapporti tra una SS e una ra-
gazza ebrea erano severamente vietati. Olli era solita introdurre clan-
destinamente nel ghetto - quando aveva l'autorizzazione di visitarlo -
medicine che rubava nei magazzini delle Waffen SS. Cosa che, natu-
ralmente, era punibile con la morte. L'ultima volta che la vidi, stato
al porto di Riga, quando ci fecero imbarcare sulla nave.
Alla fine di quel primo inverno, ero ormai sicuro che non sarei mai
sopravvissuto alla fame, al freddo, all'umidit all'estenuante fatica,
alle continue brutalit Nonostante la mia robusta costituzione, ero
ormai ridotto a pelle e ossa. L'immagine che lo specchio mi rimandava
era quella di un vecchio macilento e irsuto. Avevo appena trentacinque
anni, ma ne dimostravo il doppio. La mia volontdi vivere era ormai
scomparsa. Poi, in marzo, accadde qualcosa che mi diede per un altro
anno la forza di tirare avanti.
La ricordo ancora adesso, quella data. Era il 3 marzo 1942, giorno
del secondo convoglio per Dunamunde. Circa un mese prima, avevamo
assistito all'arrivo di uno strano furgone. Aveva pressappoco le di-
mensioni di un lungo autobus a un piano, ma era privo di finestrini.
Si era fermato appena fuori dei cancelli del campo, e all'adunata del
mattino, Roschmann aveva annunciato che c'era una nuova fabbrica
per la salatura del pesce a Dunamunde, una cittadina che si trovava a
una dozzina di chilometri a nord di Riga. Vi sarebbe stato lavoro leg-
gero, cibo abbondante e condizioni di vita buone. Poichil lavoro non
era pesante, potevano andare a Dunamunde soltanto i vecchi e le don-
ne, le persone pideboli, gli ammalati e i bambini.
Roschmann aveva passato in rassegna le nostre file, scegliendo le
persone da inviare, mentre vecchi e malati cercavano in ogni modo di
mettersi in mostra. Alla fine erano state scelte pidi cento persone, che
erano salite tutte sul furgone. Le portiere erano state chiuse di scatto,
poi il furgone si era allontanato, senza emettere gas di scarico. In se-
guito era circolata la voce che a Dunamunde non esisteva alcuna fab-
brica per la salatura del pesce: quel furgone era una camera a gas. E cos
un convoglio per quella destinazione significava la morte.
Il 3 marzo si mormorin giro che doveva esserci un altro convoglio
per Dunamunde, e infatti Roschmann ne annuncila partenza all'adu-
nata del mattino. Questa volta pernessuno insistette per offrirsi vo-
lontario, e Roschmann allora comincia passare in rivista a gran passi
le nostre file, sogghignando e battendo col frustino sul petto delle per-
sone che dovevano andare. Comincidalla fila in fondo, dove pensava
di trovare i vecchi e i pideboli. Una vecchia l'aveva previsto, e perci si era messa in prima fila. Doveva avere circa sessantacinque anni, ma
si era incipriata le guance e dipinte le labbra, nella speranza di passare
per una giovinetta.
Quando Roschmann le arrivdi fronte, si ferm la squadr poi
fece un ghigno.
Be', guarda un po' chi c'qui! grid Non vuoi fare un bel
viaggetto fino a Dunamunde, mia giovane signora? Tremante di paura, la vecchia susurr No, signore
E quanti anni hai, dunque? tuonRoschmann, mentre le altre
SS ridacchiavano 唏iciassette? Venti? Le ginocchia della vecchia cominciarono a tremare. S signore mormor
Be', a me sono sempre piaciute le belle ragazze gridRosch-
mann. Vieni fuori, cospossiamo ammirare tutti la tua bellezza.
La spinse fino al centro della piazza. E ora, visto che sei cosgio-
vane e bella, non ti dispiacerdanzare per noi, vero ? I suoi compari ridevano a crepapelle. La donna scosse la testa. Il
sorriso scomparve dalla faccia di Roschmann. Balla ordinsecca-
mente.
La donna fece qualche passo strascicato, poi si ferm Roschmann 27
sparcon la sua Luger per terra, a qualche centimetro di distanza dai
piedi della povera sventurata.
Balla... balla... balla, schifosa strega ebrea gridava, accompa-
gnando ogni parola con un colpo di rivoltella. La fece saltare sempre
piin alto, finchla donna ricadde a terra, senza avere pila forza
di rialzarsi. Roschmann le sparle ultime tre pallottole davanti alla
faccia, facendole schizzare la terra negli occhi. Poi, rimasto senza mu-
nizioni, gridancora Balla! e le sferrun calcio nel ventre.
Tutto ciera avvenuto nel picompleto silenzio, finchl'uomo che
mi stava accanto comincia pregare. Era un ebreo piccolo e barbuto
coperto dagli stracci della sua lunga tunica nera. Apparteneva alla
setta, molto rigida, degli Assidei. Comincia recitare lo Shema, al-
I'inizio con voce incerta, poi in tono sempre pisicuro e forte.
Anch'io cominciai a pregare, in silenzio, che se ne stesse zitto. Ma
quello continuava a pregare.
Shema, Yisrael... Zitto sibilai, a mezza voce.
Adonai elohenu... Stai zitto! Ci farai ammazzare tutti. Adonai echa-a-a-ad. ~
Come un cantore, I'uomo strascicl'ultima sillaba, secondo la tra-
dizione. In quel momento, Roschmann cessdi inveire contro la vec-
chia e sollevla testa, come una belva che annusa il vento.
哽hi stava parlando?~ grid dirigendosi a grandi passi verso di
me. Tu... vieni fuori dalla fila. Feci un passo avanti. Il suo volto
contratto come quello di uno psicopatico, mutespressione quando ii
suo sguardo si possu di me, e si schiuse in quel sorriso calmo e feroce
che seminava il terrore anche tra i ltoni delle SS.
La sua mano si mosse con tanta fulmineitche nessuno riusca ve-
derla. Avvertii soltanto un colpo sordo su un lato della faccia, e un'e-
splosione tremenda, come se una bomba mi fosse scoppiata vicino al
timpano; poi ebbi la sensazione, distintissima, ma distaccata, che la
mia pelle si squarciava, come un pezzo di tela logora, dalla tempia alla
bocca. La mano di Roschmann si mosse ancora e l'altro lato della mia
faccia fu lacerato. Aveva in mano una frusta lunga una sessantina di
centimetri, formata da un manico d'acciaio e da strisce di cuoio intrec-
ciate. Sotto i suoi colpi la pelle si lacerava come carta velina.
Il sangue caldo comincia gocciolarmi dal mento, formando due
rosse fontane. Roschmann indicla vecchia che singhiozzava al centro
della piazza.
Tira su quella vecchia megera e portala al furgone abbai

E fu cosche raccolsi la vecchia e la portai fino al cancello e al fur-
gone che l'attendeva, imbrattandola col sangue che mi colava dal mento.
Quando la deposi nel furgone, ella si aggrappal mio polso con una
forza che non avrei mai immaginato avesse ancora. Mi tirverso di s
e con un fazzoletto, che doveva venire da tempi migliori, tamponun
po' del sangue che continuava a colare. Alzlo sguardo verso di me,
il volto rigato dal trucco, dalle lacrime, dalla sabbia, ma i suoi occhi
scuri brillavano come stelle.
Ebreo, figlio mio susurr Giurami che vivrai. Devi vivere, per
poter raccontare a quelli che stanno fuori ciche stato fatto al
nostro popolo qui dentro. Promettilo, giuralo sulla Torah(~). E cosgiurai che sarei vissuto, a qualunque costo. Poi, tornai bar-
collando sulla strada che portava al ghetto, e l a metpercorso, caddi
svenuto.
Poco tempo dopo presi due decisioni. La prima fu quella di tenere
un diario segreto, e lo feci tatuandomi di notte le parole e le date sulla
pelle dei piedi e delle gambe, nascosta dalle pezze che mi fasciavano
gli arti inferiori. In quel modo, un giorno avrei potuto produrre circo-
stanze precise contro le persone responsabili di quanto accadeva.
La seconda decisione fu quella di diventare un kapo. Fu una deci-
sione dura da prendere, perchi kapo rappresentavano la polizia ebrai-
ca del campo e conducevano i loro compagni al lavoro e spesso allo
sterminio. Portavano sempre con sun manico di piccone e sovente,
sotto gli occhi di qualche ufficiale tedesco delle SS, lo usavano per pic-
chiare i loro compagni di prigionia. Cinonostante, il primo aprile
1942 andai dal comandante dei kapo per offrirmi volontario, diventando
cosun reietto fra i miei compagni di prigionia. A niente sarebbe ser-
vito spiegare i motivi della mia decisione: che un kapo in pio in meno
non avrebbe fatto differenza, ma che un solo testimone in pisoprav-
vissuto sarebbe servito molto, non a salvare gli ebrei della Germania,
ma a vendicarli.
Dovrei descrivere ora il metodo usato per eliminare le persone ina-
bili al lavoro, perche fu in questo modo che settantamila o ottantamila
ebrei furono sterminati a Riga su ordine di Roschmann. Quando un
carro bestiame arrivava alla stazione, con un nuovo carico di circa
cinquemila deportati, un migliaio di essi era gimorto durante il viag-

(*) Torah: I'insieme delle dottrine religiose impartite da Mosal popolo di
Israele, contenute per iscritto nel Pentateuco. (N. d. T.)

29
gio. I nuovi arrivati (circa 4000) venivano allineati nella Piazza della
Latta, dove aveva luogo la selezione, non soltanto fra loro, ma fra noi
tutti. Dei nuovi arrivati, i vecchi, i malati, gran parte delle donne e
quasi tutti i bambini venivano giudicati inabili e schierati su un lato
della piazza. Poi si faceva il conto dei rimanenti. Se questi erano due-
mila, allora duemila di coloro che gisi trovavano nel ghetto (quelli
nelle peggiori condizioni di salute) erano destinati alla eliminazione:
Roschmann li sceglieva col metodo del frustino. Cos a ogni nuovo
convoglio di quattromila persone, altrettante venivano mandate alla
collina della morte. In questo modo non c'era mai sovraffollamento.
Dapprima le vittime erano condotte in marcia fino alla Foresta Alta,
appena fuori della citt l dovevano scavare enormi fosse, dentro le
quali sarebbero cadute sotto il tiro delle mitragliatrici delle SS ltoni.
Poi, i sopravvissuti dovevano coprire di terra i corpi dei compagni pri-
ma che un altro strato di cadaveri venisse aggiunto a quello sottostante.
Quando la fossa era colma, ne veniva scavata un'altra. Tutte le per-
sone uccise sulla collina venivano spogliate davanti alla fossa. Rosch-
mann prendeva personalmente in consegna l'oro, I'argento e i gioielli.
Nell'agosto del 1942, mi trovavo nella Piazza della Latta mentre
Roschmann selezionava un carico di deportati appena arrivato dalla
Boemia. I nuovi arrivati erano gistati rasati a zero e non era facile
distinguere gli uomini dalle donne, se non per i vestiti che queste ul-
time indossavano. Tra queste, una donna tutta pelle e ossa, che tossiva
in continuazione, attirla mia attenzione. C'era qualcosa, in lei, che
fece squillare un campanello dentro di me.
Arrivatole di fronte, Roschmann le battsul petto col frustino e
passoltre. Quasi tutte le persone selezionate quella sera furono con-
dotte in marcia alla Foresta Alta. Ma davanti ai cancelli c'era un fur-
gone-camera a gas, e un gruppo di un centinaio dei pimalridotti fra
i condannati fu separato dagli altri. Il tenente delle SS Krause fece
cenno a cinque di noi kapo. Voi grid accompagnate questi al
convoglio per Dunamunde. In mezzo a quella massa di gente zoppa, sciancata e in preda alla
tosse, che accompagnammo al furgone, c'era anche quella donna. Sa-
peva dove era diretta, tutti lo sapevano, ma come gli altri si trascin obbediente fino al retro del furgone. Era troppo debole per salirvi da
sola perchla predella era molto alta, e cossi voltverso di me per
avere aiuto. Restammo fermi a guardarci, impietriti dallo stupore.
Dietro di me, udii qualcuno avvicinarsi, poi gli altri due kapo che erano
~`` accanto alla predella si irrigidirono sull'attenti, togliendosi i berretti
con la mano. Capii che doveva essere un ufficiale delle SS e feci altret-
tanto. La donna continuava a fissarmi, senza battere ciglio. L'uomo
1~ alle mie spalle si fece avanti: era il capitano Roschmann. I suoi slavati
occhi azzurri mi fissarono intensamente, poi si spostarono un attimo
-~ sulla donna. Lentamente, sul suo volto apparve quel sorriso feroce.
哽onosci questa donna?mi domand
S ~err Kapitan risposi.
哽hi domandancora. Non riuscii a rispondere.
圃 tua moglie?soggiunse. Annuii in silenzio.
Il ghigno di Roschmann si accentu Ebbene, mio caro Tauber,
dov'finita la tua cavalleria? Aiuta la signora a salire sul furgone. Restai lfermo, incapace di muovermi. Lui avvicinla faccia alla
mia. Hai dieci secondi per spedirla dentro, altrimenti ci entrerai anche
tu. Lentamente, allungai il braccio ed Esther vi si appoggi Con il mio
aiuto riusca salire sul furgone. Abbasslo sguardo su di me mentre
due lacrime le rigavano le gote. Non disse niente; per tutto quel tempo
non ci scambiammo una sola parola. Poi le porte furono chiuse e il
furgone si allontan L'ultima cosa che vidi furono i suoi occhi che mi
fissavano.
Per vent'anni ho cercato di interpretare l'espressione di quegli occhi.
Era amore o odio, disprezzo o piet sgomento o comprensione? Non
lo saprmai.
Roschmann si voltverso di me, sempre col sogghigno sulle labbra.
Potrai continuare a vivere, finchnon ci andrdi farti fuori, Tauber.
Ma fin da ora sei un uomo morto. Aveva ragione. Quello fu il giorno in cui la mia anima mor Era il
29 agosto 1942.



Peter Miller lesse fino a tardi, quella notte. Parecchie volte si appog-
giallo schienale della poltrona respirando a fondo per allentare la
tensione Solo una volta, poco prima di mezzanotte, depose la cartella
e anda prepararsi dell'altro caff La lettura del diario di Tauber lo
aveva portato alla primavera del 1944, quando le truppe sovietiche ave-
vano ormai isolato tutto l'Ostland dal resto del Reich, marciando a sud
degli Stati baltici e direttamente verso il mar Baltico. I generali della
Wehrmacht, che avevano visto il cerchio stringersi intorno a loro, ave-
vano supplicato Hitler di ritirare le quarantacinque divisioni chiuse nella
trappola. Hitler aveva risposto con il solito slogan, pappagallescamente
ripetuto: 姬ittoria o morte!Tagliati fuori dai rifornimenti, cinque-
centomila uomini combattevano con munizioni sempre piscarse per
ritardare un destino ormai sicuro.
Quella primavera, mentre i sovietici premevano verso occidente, il
ghetto di Riga fu finalmente liquidato. La maggior parte dei trentamila
superstiti fu condotta in marcia nella Foresta Alta. Circa cinquemila
di essi furono trasferiti nel campo di concentramento di Kaiserswald
mentre il ghetto veniva incendiato; le ceneri furono spianate con i bull-
dozer. Di quello che era stato, non restava niente, tranne centinaia di
acrl di cenere.
Per una ventina di pagine, Tauber descriveva la sua lotta per so-
pravvivere all'inedia, alle malattie, alla brutalitdi Kaiserswald. Di
Roschmann, Tauber non faceva menzione, perch a quanto pareva, do-
veva essere rimasto a Riga. Il diario proseguiva con la descrizione dei
preparativi che le SS, in preda al panico di essere prese vive dai russi,
fecero nell'ottobre del 1944 per evacuare Riga via mare, alla disperata
come lasciapassare per assicurarsi il ritorno nel Reich, portarono con s un gruppetto di prigionieri superstiti. Espediente, questo, che le SS addette
ai campi di concentramento adottarono frequentemente davanti all'in-
calzare dell'avanzata sovietica. Finchpotevano sostenere di assolvere un
importante incarico per il Reich, le Waffen SS riuscivano a mantenere
una posizione di supremazia nei confronti della Wehrmacht ed evitavano
cosla tremenda prospettiva di essere mandate ad affrontare le divisioni
di Stalin in combattimento. Il "compito" che esse si attribuivano era
quello di riportare nel cuore, ancora sicuro, della Germania pochi mi-
seri superstiti dei campi di concentramento che avevano comandato.
Talvolta questo trucco diventava ridicolo: quando per esempio, le SS
erano numerlcamente superiori ai poveri disgraziati loro prigionieri
nella misura di dieci a uno.



Fu nel pomeriggio dell'll ottobre che arrivammo, ormai ridotti a
quattromila persone, al porto di Riga. In lontananza si udiva uno stra-
no, sordo rumore, simile a quello del tuono; erano i proiettili dei mor-
tai russi che colpivano i sobborghi della citt Il porto pullulava di
ufficiali e soldati delle SS. Dovevano essere piloro di noi. Ci fecero
allineare davanti a uno dei magazzini e pensammo che saremmo morti
tutti sotto il fuoco delle mitragliatrici. Ma non fu cos A quanto pareva,
le Waffen SS volevano servirsi di noi come alibi per sfuggire all'avan-
zata dei russi. Ormeggiata al molo numero sei, c'era una nave da ca-
rico, I'ultima rimasta per fuggire da quel lembo di terra ormai circon-
dato. Sotto i nostri occhi, ebbero inizio le operazioni di carico di alcune
delle centinaia di soldati tedeschi feriti che giacevano sulle barelle nei
magazzini piavanti sul molo.
Era quasi buio quando il capitano Roschmann arriv Si fermdi
colpo, quando vide che i feriti venivano caricati a bordo della nave.
Fermi! gridai barellieri. Attraversil molo e schiaffeggiuno di
essi, poi si rivolse a noi. Voi, pezzenti abbai salite a bordo di
quella nave e portate giquesta gente. Quella nave nostra. Pungolati dai fucili delle SS, stavamo per cominciare a riportare a
terra le barelle, quando un altro grido ci fece fermare. Un capitano
dell'Esercito stava correndo lungo il molo.
哽hi ha ordinato di scaricare questi uomini? Roschmann si fece avanti dietro di lui. Io. Questa nave nostra. Il capitano si volt Questa nave stata mandata per raccogliere
i feriti dichiar E prendera bordo solo i soldati feriti. Poi, or-
dinagli infermieri di riprendere a caricare.
Roschmann tremava. Di collera, pensai, poi vidi che era paura. Co-
mincia gridare: Lasciateli stare! Ho requisito questa nave in nome
del Reich Ma gli infermieri obbedivano agli ordini del capitano della
Wehrmacht. Potei vedere la faccia del capitano, disfatta dalla stanchez-
za, mentre stava per oltrepassare Roschmann per andare a sovrinten-
dere alle operazioni.
Da uno dei barellieri si alzuna voce, in dialetto amburghese: Bra-
vo, capitano! Gliele ha cantate chiare, a quel maiale! In quel momento,
il capitano della Wehrmacht era a fianco dell'ufficiale delle Waffen SS.
Roschmann lo afferrper un braccio e lo schiaffeggi Migliaia di volte
avevo visto Roschmann schiaffeggiare un uomo, ma mai col risultato
che si verificquella volta. Il capitano scosse la testa, strinse i pugni
e sferrun violento diretto col destro alla mascella di Roschmann.
Questi cadde di schiena sulla neve; un rivoIett(~ sangue gli usciva
dalla bocca. Il capitano avanzverso gli infermjeri.
Vidi Roschmann estrarre la sua Luger e sparare alla schiena del ca-
pitano. A quella detonazione, tutti si fermarono. Il capitano, barcol-

r)OSSIr'R OD~SSA

lando, si volt Roschmann fece fuoco ancora una volta e la pallottola
colpl'ufficiale della Wehrmacht alla gola. Morall'istante. Quando la
pallottola lo aveva colpito alla gola, qualcosa si era staccato dal suo
colletto. Non ho mai saputo il nome di quel capitano, ma ciche egli
portava al collo era la Croce di Ferro con fronde di quercia.



Miller lesse con uno stupore che si trasformin dubbio, incredulit
profonda collera. Rilesse quella pagina pivolte prima di proseguire.
Roschmann, annotava Tauber, ordinallora ai prigionieri di rlportare
a terra i feriti della Wehrmacht. I quattromila superstiti di Riga furono
stipati nelle due stive della nave, in uno spazio talmente ristretto che a
malapena potevano muoversi. Poi, i boccaporti furono chiusi sopra di
essi, le SS salirono a bordo e la nave salpin tutta fretta, prima che le
avanguardie russe potessero individuarla e bombardarla. Ci vollero tre
giorni per arrivare a Danzica, cittbene al riparo dietro le linee tedesche.
Tre giorni d'inferno, di beccheggio e di sballottamenti senza ncibo
nacqua; tre giorni durante i quali un quarto dei prigionieri mor
Riga fu presa dai sovietici il 14 ottobre, mentre la nave era al largo.
Da Danzica, i prigionieri furono condotti su una chiatta al campo di
concentramento di Stutthof. L molti altri morirono per denutrizione,
ma Tauber, in qualche modo, riusca sopravvivere. Poi, nel gennaio del
1945, mentre i russi continuavano ad avvicinarsi, i sopravvissuti di
Stutthof furono condotti verso Berlino; a piedi, nella neve, compirono
la tristemente famosa Marcia della Morte. Tauber sopravvisse anche
a questa esperienza. Finalmente, quando erano nel carcere di Magde-
burgo, a ovest di Berlino, le Waffen SS fuggirono per mettersi in salvo,
abbandonando i restanti prigionieri ai vecchi e sgomenti soldati della
Milizia territoriale. Costoro, incapaci di procurare da mangiare ai pri-
gionieri e terrorizzati dalle reazioni che gli Alleati, ormai vicini, avreb-
bero avuto nel trovare i detenuti in quello stato di denutrizione, permi-
sero loro di andare in cerca di cibo nella campagna circostante.



L'ultima volta che vidi Eduard Roschmann fu nel porto di Danzica.
Ma dovevo vederlo ancora una volta. Fu il 3 aprile 1945. Ero andato
quel giorno, insieme con altri tre, in direzione di Gardelegen, e avevamo
raccolto un sacchetto di patate. Stavamo faticosamente tornando verso
il carcere col nostro bottino quando un'automobile sopraggiunse dietro
di noi. All'interno c'erano quattro ufficiali delle Waffen SS, evidente-
mente in fuga. Seduto accanto all'autista vidi Eduard Roschmann, che
stava indossando la giubba di un caporale dell'Esercito.
Lui non mi vide, ma io s Non ebbi il minimo dubbio che si trattasse
di lui. Tutti e quattro gli ufficiali stavano evidentemente cambiandosi
di uniforme. Mentre l'automobile si allontanava davanti a noi, dal fi-
nestrino fu gettato un indumento. Quando giungemmo sul posto, qual-
che minuto dopo, ci chinammo per esaminarlo. Era una giubba di uf-
ficiale, con il doppio fulmine simbolo delle Waffen SS e i gradi di capi-
tano.
Roschmann, ufficiale delle SS, era scomparso.
Ventiquattro giorni dopo l'accaduto, udimmo battere violentemente
ai cancelli sbarrati della prigione. Il vecchio guardiano andad aprire.
L'uomo che varcil cancello, con circospezione, la rivoltella in pugno,
era evidentemente un ufficiale, con indosso una divisa che non avevo
mai visto. Era accompagnato da un soldato che portava un elmetto
metallico piatto e rotondo e impugnava un fucile. Restarono in silenzio
nel cortile, guardandosi attorno.
In un angolo erano ammassati una cinquantina di cadaveri: erano
i prigionieri morti nelle ultime due settimane, che nessuno aveva avu-
to la forza di seppellire. Altri, pimorti che vivi, le ferite purulente e
maleodoranti, giacevano vicini alle mura, cercando di godere un po'
di quel sole primaverile.
I due uomini si scambiarono un'occhiata, poi guardarono il settan-
tenne soldato della Milizia territoriale. Questi, pieno di imbarazzo, ri-
cambiil loro sguardo. Poi disse: Salve, Tommy
E l'ufficiale gli rivolse queste chiare parole in inglese: 娛u, porco
d'un crucco
Allora, improvvisamente, mi misi a piangere.
Gli inglesi mi portarono in ospedale, ma me ne andai e con l'auto-
stop feci ritorno a casa. Quando vidi la mia cittridotta a un cumulo
di macerie, allora, soltanto allora, crollai del tutto.



Il diario terminava con altri due fogli nuovi, evidentemente dattilo-
scritti da poco, che costituivano l'epilogo.

WSSIER ODESSA


Ho vissuto in questa stanzetta di Altona fin dal 1947. Uscito dall'o-
spedale, cominciai a scrivere la storia di ciche accadde a me e agli altri,
a Riga. Se guardo indietro, questa lotta per soprawivere e poter scri-
vere la mia testimonianza stata uno spreco di tempo e di energie.
Altri hanno gitestimoniato e molto meglio di me. Vorrei essere morto
a Riga insieme con Esther.
So che non vedrmai Eduard Roschmann davanti a un tribunale,
so che non potrmai riferire alla corte ciche ha commesso.
Un giorno venuta a trovarmi una donna. Mi ha detto che era inca-
ricata dell'ufficio indennizzi e che mi spettava del denaro, che era mio
diritto essere risarcito per ciche era accaduto. Le ho detto che non
volevo quel denaro. Mi hanno mandato qualcun altro, con la stessa
offerta, ma di nuovo io ho rifiutato.
Un medico inglese mi ha domandato perchmai non emigravo in
Israele. Come potevo spiegargli che non sarei mai potuto andare in
Terra Santa, dopo ciche avevo fatto a Esther, mia moglie? Ci penso
spesso, ma non sono degno di andare laggi
Ma se mai queste pagine dovessero essere lette in terra di Israele,
ci sarqualcuno, l che vorrrecitare il Kaddish(~) per me?
Salomon Tauber
Altona, Amburgo
21 novembre 1963



Peter Miller rimase a lungo appoggiato allo schienale della poltrona,
fissando il soffitto e fumando. Poco prima delle cinque del mattino, Sigi
torna casa dal lavoro e fu stupita di trovarlo ancora alzato.
Che cosa fai in piedi a quest'ora? gli domand
Leggevo rispose Miller.
Poi, andarono a letto, mentre le prime luci dell'alba illuminavano le
cuspidi della chiesa di San Michele. Sigi sonnecchiava, Miller silenzioso
e preoccupato, aveva lo sguardo fisso al soffitto.
Un soldino per i tuoi pensieri fece Sigi dopo un po'.
Pensavo soltanto.
(~) Kaddish: una delle piimportanti preghiere ebraiche. Viene recitata al
terrnine di ogni parte del rito nella sinagoga. (N. d. T.)
DOSSIER ODESSA

Lo so. A che cosa? Alla prossima inchiesta che far Che cosa hai intenzione di fare? domandancora lei.
Cercherdi scovare un uomo.



MENTRE ad Amburgo, Peter Miller e Sigi dormivano, all'aeroporto
Barajas di Madrid, un gigantesco Coronado delle linee aeree argentine
entrava nell'ultima fase di atterraggio. Seduto accanto al finestrino, nella
terza fila della prima classe, c'era un uomo che aveva appena passato la
sessantina, capelli grigio ferro e baffetti sottili.
Il suo passaporto lo identificava come Senor Ricardo Suertes, citta-
dino argentino, e quel nome era uno scherzo personale giocato a tutto il
mondo. Suerte, infatti, in spagnolo significa fortuna, e fortuna in tede-
sco si dice Gluck. Quel passeggero, infatti, era Richard Glucks, ex gene-
rale delle SS, ex direttore dell'Amministrazione Centrale dell'economia
del Reich, ed ex ispettore generale di Hitler per i campi di concentra-
mento. Si trovava al terzo posto nell'elenco delle persone ricercate dagli
uffici politici della Germania occidentale e di Israele, dopo Martin
Bormann, il famigerato e temuto vice di Hitler, e l'ex capo della Gestapo,
Heinrich Muller. Il ruolo svolto da Glucks ai tempi del nazismo era
stato unico: cervello organizzatore dello sterminio degli ebrei, non aveva
tuttavia premuto il grilletto di una rivoltella neppure una volta.
Di tutti i crimini commessi dai tedeschi contro l'umanitnel periodo
1933-1945, circa il 95% imputabile alle SS, e di questa percentuale
un buon 90% attribuibile a due dipartimenti delle SS: il Servizio per
la sicurezza del Reich (RSHA) (*) e l'Amministrazione Centrale del-
I'economia del Reich.
Il dipartimento amministrativo era parte in causa perchall'obiettivo
di spazzare tutti gli ebrei, nonchla maggior parte delle razze slave
dalla faccia della terra, si accompagnava quello di spogliare le vittime
dei loro beni. Gli ebrei furono derubati dei loro commerci, delle case
dei conti in banca, dei mobili, delle automobili, dei loro indumenti.
Furono inviati nei campi di lavoro forzato e nei campi della morte con

(*) RSHA: (ReichSicherheilHauptAmt): Servizio principale per la sicurezza
del Reich. (N. d. T.)

r tutto ciche potevano portare con s e con la promessa che una nuova
sistemazione era pronta per loro. Giunti al campo, venivano privati
delle valigie e persino dei vestiti che avevano indosso.
I bagagli di sei milioni di persone rappresentarono un bottino di mi-
lioni di dollari, perchgli ebrei europei di quel tempo viaggiavano abi-
tualmente portando i loro beni con s Dai campi di concentramento,
interi vagoni carichi di monili d'oro, di gioielli, di lingotti d'argento, di
t-` dollari d'oro, di banconote d'ogni genere furono rinviati al quartier
generale delle SS in Germania. Finchfurono attive, le SS seppero
sempre trarre profitto dalle loro operazioni. Una parte di quei profitti,
~j in forma di lingotti d'oro, costitula fortuna sulla quale doveva poi
}` basarsi l'organizzazione dell'Odessa. Gran parte di quest'oro tuttora
depositato nelle camere blindate che si trovano sotto le strade di Zurigo.
La seconda fase dello sfruttamento era quella dei corpi viventi delle
vittime. Le persone inabili al lavoro venivano sterminate. Quelle idonee
venivano ingaggiate o nelle stesse fabbriche delle SS, oppure nei com-
plessi industriali tedeschi - come quelli di Krupp di Thyssen e di von
Opel - con una paga di tre marchi il giorno per gii operai generici, e di
quattro marchi per quelli specializzati. Il maggior lavoro possibile ve-
niva ricavato da loro in cambio del minor nutrimento possibile. Centi-
naia di persone morirono in quel modo.
La terza fase dello sfruttamento era quella dei cadaveri. I morti la-
sciavano vagoni di scarpe, calze, pennelli da barba, occhiali, giacche,
calzoni. E lasciavano anche i loro capelli, che venivano trasformati in
imbottiture per gli stivali della stagione invernale, e denti e otturazioni
d'oro, che venivano pitardi fusi per essere depositati sotto forma di
lingotti nelle banche di Zurigo.
A capo di tutta la parte economica delle operazioni delle SS, cioa
capo dei profitti che derivavano dallo sterminio di quattordici milioni
di persone, c'era l'uomo seduto al posto 3-B del volo di linea di quella
notte.
Glucks preferiva non mettere a repentaglio la sua libertritornando in
Germania dopo esserne fuggito. Non ne aveva bisogno. Provvisto ampia-
mente di denaro grazie ai fondi segreti, Glucks poteva trascorrere agiata-
mente i suoi giorni in Sudamerica. La sua dedizione alla causa nazista
gli assicurava un posto di rilievo e di prestigio tra i nazisti fuggiti in
Argentina, sede della direzione dell'Odessa.
Giunto all'aeroporto, Glucks si fece portare in tassal Zurbur
Hotel. Si era fatto la doccia, si era rasato e aveva giordinato la cola-
zione, quando, alle nove in punto, udalla porta tre lievi colpi seguiti,
dopo una pausa, da altri due. Aprla porta e la chiuse rapidamente alle
spalle del nuovo arrivato.
Sieg Heil ! L'uomo fece scattare in avanti il braccio destro in segno
di saluto.
Il generale Glucks alza sua volta il braccio destro. Sieg Heil! Indicuna sedia al suo ospite.
L'uomo che stava di fronte a Glucks era il capo di tutta la rete del-
I'Odessa nella Germania occidentale. Per i suoi concittadini era un bril-
lante avvocato, titolare di un fiorente studio; per l'Odessa, il suo nome
in codice era Werwolf, Lupo Mannaro.
Il generale Glucks findi bere una tazza di caff poi accese un grosso
sigaro Corona. Lei avrprobabilmente arguito il motivo del mio im-
provviso viaggio esord Dal momento che non mi piace trattenermi
su questo continente pia lungo del necessario, andrsubito al sodo.
Kennedy adesso morto, e non dobbiamo perdere l'occasione di ricavare
il massimo vantaggio da questo avvenimento. Lei mi segue? Certamente, generale, in linea di massima. Ma in particolare? Mi riferisco all'accordo segreto di armamento stipulato fra Bonn e
Tel Aviv. Lei al corrente delle forniture belliche inviate dalla Germania
a Israele? S naturalmente. E sa anche che la nostra organizzazione fa tutto ciche in suo
potere per favorire la causa egiziana? Certamente. Proprio per questo abbiamo organizzato il reclutamento
di numerosi scienziati tedeschi. Il generale Glucks annu Molto bene. Dunque, le proteste arabe
hanno determinato la costituzione di un gruppo, in Germania, che si
oppone energicamente all'accordo di armamento. Fino a questo mo-
mento, Erhard non ha ancora sospeso gli invii di armi. Qualsiasi cosa
Kennedy voleva, Erhard gliela dava. Ma adesso Kennedy morto. Il generale delle SS puntil sigaro in direzione del suo sottoposto. Per
il resto di quest'anno, pertanto, la nostra principale attivitpolitica in
Germania sarquella di sobillare l'opinione pubblica, orientandola
contro le forniture belliche, e a favore degli arabi, i sinceri e tradizionali
amici della Germania. 40 S questa una cosa che si pufare. Sarsuo incarico coordinare la campagna di stampa attraverso le
pubblicazioni e le riviste che finanziamo segretamente, le inserzioni a

pagamento sui principali quotidiani, i contatti con i funzionari statali e
gli uomini politici. Sardifficile, per al momento attuale, suscitare sentimenti di osti-
litnei confronti di Israele. L'argomentazione principale lo interruppe bruscamente Glucks,
sarsemplicemente questa: la Germania non deve alienarsi ottanta mi-
lioni di arabi. Un punto di vista perfettamente lecito e sostenibile. Erhard
dev'essere soggetto a costanti pressioni a ogni livello. Se riusciremo a
far modificare la linea politica di Bonn, le nostre azioni al Cairo avranno
un netto rialzo. Werwolf annu nella sua mente, la campagna propagandistica pren-
deva giforma. <~ Sarfatto assicur
.~' Ottimamente replicil generale Glucks.
'`~ Generale, abbiamo parlato dei nostri scienziati in Egitto.. Ah, gi il secondo punto del nostro piano per distruggere Israele
una volta per tutte. Lei certo a conoscenza dei missili di Helwan. Sa a
che cosa servono realmente? Be', ritenevo, naturalmente... Che servissero per scaricare esplosivi ad alto potenziale su Israele ? Il generale Glucks fece un ampio sorriso. Non potrebbe essere maggior-
mente fuori strada. Penso che sia giunto il momento di spiegarle per
quale motivo i missili e gli scienziati hanno tanta importanza. Si appoggiallo schienale della sedia e raccontal suo sottoposto
la vera storia dei missili di Helwan.

DoPo la guerra, quando re Faruk era ancora al potere in Egitto, mi-
gliaia di nazisti e di ex SS avevano trovato sicuro asilo lungo le sabbiose
rive del Nilo. Fra essi c'erano numerosi scienziati. Ancora prima del colpo
di stato che destituFaruk, due professori tedeschi, Paul Gorke e Rolf
Engel, erano stati incaricati di studiare il progetto di una base missili-
stica, ma questo programma fu accantonato quando Neguib e poi Nasser
assunserO il potere. Dopo la sconfitta dell'Egitto nella campagna del
Sinai del 1956, il nuovo dittatore giurche un giorno Israele sarebbe
stata completamente distrutta. Per fu soltanto nel 1961, dopo il defi-
nitivo "no" di Moss~a alla richiesta di missili pesanti da parte di Nasser,
che il progetto Gorke-Engel fu riesumato e realizzato in tutta fretta.
Prima della fine delPanno, la base 333 fu costruita e inaugurata a Helwan, 41
a sud del Cairo.
Aprire una base una cosa, progettare e costruire dei missili un'altra.
Gida molto tempo, i principali sostenitori di Nasser, in gran parte con
un passato filonazista, erano in contatto con l'Odessa. Questa organiz-
zazione fornla risposta al problema degli egiziani: ciche serviva a
Nasser era un missile quasi simile alla V-2, che Wernher von Braun e
i suoi collaboratori avevano costruito a Peenemunde per ridurre Londra
in macerie. E molti degli scienziati di Peenemunde erano ancora di-
sponibili.
Alla fine del 1961, I'Odessa designin Germania un responsabile del
reclutamento, il quale, a sua volta, ingaggicome aiutante un ex sergente
delle SS, Heinz Krug. Con le paghe che potevano offrire, gli uomini del-
I'Odessa avevano soltanto l'imbarazzo della scelta. Molti degli scienziati
che lavoravano all'Istituto di ricerche aerospaziali di Stoccarda si senti-
vano frustrati perchgli accordi di Parigi del 1954 vietavano alla Ger-
mania di svolgere ricerche e di creare impianti di fisica nucleare e di mis-
silistica. La prospettiva di poter svolgere delle ricerche ampiamente
finanziate e la possibilitdi progettare veri e propri missili era troppo
allettante. Fra gli scienziati reclutati che partirono per l'Egitto all'inizio
del 1962, c'erano il professor Wolfgang Pilz, il dottor Eugen Sanger e
sua moglie Irene, il dottor Josef Eisig e il dottor Kirmayer, tutti esperti
di aerodinamica, propellenti, progetti di testate missilistiche.
Il generale Glucks fece una pausa, tiruna boccata dal sigaro, poi ri-
prese a parlare del problema piassillante. Uno degli aspetti piim-
portanti di un missile teleguidato quello che riguarda il sistema di guida,
ed proprio in questo che non siamo stati capaci di aiutare gli egiziani.
Non siamo riusciti a convincere un solo esperto in sistemi teleguidati
a trasferirsi in Egitto.
Tuttavia, abbiamo promesso i missili all'Egitto, e l'Egitto li avr
Il presidente Nasser sicuro che un giorno ci sarun'altra guerra fra
Egitto e israele, e la guerra ci sar Provi a pensare: se, dopo il falli-
mento delle armi sovietiche, i missili dei nostri scienziati riuscissero a
vincere quella guerra, noi avremmo allora conseguito un doppio risul-
tato: quello di assicurare un sicuro rifugio ai nostri uomini, in un Medio
Oriente che ci sareternamente grato, e quello della distruzione finale
dello Stato dei porci ebrei, adempiendo cosl'ultimo desiderio del Fuhrer
morente. E un obiettivo grandioso, e non dobbiamo fallirlo. Con riverenza mista a una certa perplessit Werwolf osservil suo
42 superiore percorrere a gran passi la stanza. Mi perdoni, generale
ma basteranno quattrocento testate missilistiche di media grandezza per
sterminare realmente, e una volta per tutte, gli ebrei?
Glucks squadrl'interlocutore con un sorriso trionfante. Ma quali
testate missilistiche ? Lei non pensercerto che noi sprecheremo esplosivi
ad alto potenziale per quei porci! Alcune testate conterranno colture
concentrate di bacilli della peste, altre esploderanno in aria, riversando
su Israele le radiazioni del cobalto sessanta. Nel giro di poche ore, tutti
moriranno, o di pestilenza, o per le ~adiazioni dei raggi gamma. E
questo che abbiamo in serbo, per loro. Un'idea brillante ansimWerwolf.
S brillante. Ammesso, per che noi dell'Odessa si riesca a dotare
questi missili di un sistema di guida che li diriga sulle localitin cui de-
vono esplodere. A questo scopo, abbiamo aperto una fabbrica nella Ger-
mania occidentale diretta da un uomo che, in codice, si chiama Vulcano.
Apparentemente, ia fabbrica produce radio a transistor, per nel reparto
ricerche, un gruppo di scienziati sta studiando il sistema di teleguida che
un giorno saradattato ai missili di Helwan. E perchnon vanno in Egitto, quegli scienziati ? volle sapere l'altro.
Glucks sorrise ancora. Le ho detto che nessuno dei nostri esperti di
guida sarebbe disposto a emigrare. Gli uomini che attualmente lavorano
nella fabbrica di Vulcano credono di essere alle dipendenze del ministero
della Difesa di Bonn. E come diavolo stato possibile? Semplicissimo. Gli accordi di Parigi vietano alla Germania di com-
piere ricerche missilistiche, e quindi gli uomini che lavorano per Vulcano
hanno giurato di mantenere il segreto davanti a un autentico funzionario
del ministero della Difesa che, si dil caso, anche uno dei nostri. Gli
scienziati sono dispostissimi a lavorare per la Germania, ma non per
l'Egitto. Il costo delle ricerche impressionante: i nostri fondi segreti
hanno sub﹀o un colpo. Capisce, ora, I'importanza di Vulcano? Naturalmente rispose il capo dell'Odessa in Germania. Tuttavia,
se qualcosa dovesse accadergli, il programma non potrebbe andare
avanti ugualmente? No. Vulcano presidente e consigliere delegato della societ unico
azionista e ufficiale pagatore. Nessun altro conosce la vera natura di
questa ricerca. Si fatto credere che gli uomini impegnati nel reparto
ricerche stiano lavorando a un progetto di circuiti a microonde da im-
piegare per i transistor. La segretezza viene motivata come precauzione
contro lo spionaggio industriale. L'unico legame tra la fabbrica e la ri- 43
cerca rappresentato da Vulcano. Se svanisse lui, tutto il progetto
andrebbe in fumo. DOSSIER ODESSA

Mi pudire il nome della fabbrica? Il generale Glucks accenna un nome.
L'altro lo guardsbalordito. Ma io le conosco, queste radio! protest
Certamente. E una fabbrica di radio vera e propria. Ecco, guardi. Il generale Glucks porse una fotografia all'uomo venuto dalla Ger-
mania.
Werwolf la osservattentamente, poi la volte lesse il nome sul retro.
Buon Dio, pensavo che fosse in Sudamerica. Al contrario. Questo Vulcano. Attualmente, il suo lavoro arri-
vato alla fase picruciale. E, ora, le istruzioni per lei: se dovesse aver
notizia di qualcuno che fa domande indiscrete sul conto di questa per-
sona, lei deve... scoraggiarlo. Prima un avvertimento, poi una soluzione
definitiva. Mi segue, Kamerad? Nessuno, ripeto, nessuno deve neppur
lontanamente intuire la vera identitdi Vulcano. Il generale delle SS si alzin piedi. Il suo ospite fece altrettanto.
Non c'altro )> concluse Glucks. Lei sa quello che deve fare.



MA NON SAI nemmeno se ancora vivo. Peter Miller e Karl Brandt
erano seduti nell'automobile di Miller, parcheggiata davanti alla casa
dell'ispettore di polizia. Era domenica, e Miller si era incontrato con
Brandt per pranzo.
No. Quindi, questa la prima cosa che devo scoprire. Se Roschmann
morto, non si procede oltre, ovvio. Tu puoi aiutarmi? Brandt scosse lentamente la testa. Mi spiace, ma non posso. Perchno ? Senti, ma perchnon cerchi semplicemente di ricavare un articolo
da quel diario ? Perchnon c'nessun articolo da scrivere ribattMiller. Che
cosa dovrei dire? "Sorpresa, sorpresa. Ho trovato un dattiloscritto den-
tro una cartelletta nel quale, un vecchio che si ucciso col gas,racconta
ciche gli capitato durante la guerra." Di diari scritti durante e dopo la
guerra ne esistono a centinaia. Nessun editore in Germania lo acqui-
44 sterebbe. 圃 quindi che cosa avresti intenzione di fare?domandBrandt.
Semplicemente questo: sguinzagliare la polizia alla ricerca di Rosch-
mann, sulla base del diario. Allora s che avrei un articolo da scrivere. Brandt scrollla cenere della sigaretta nel posacenere del cruscotto.
Non ci saralcuna caccia gigante da parte della polizia. Peter, tu puoi
conoscere il mestiere di giornalista, ma io conosco la polizia di Amburgo.
n nostro compito quello di liberare Amburgo dal crimine, ma adesso,
nel 1963. Nessuno pensermai di scomodare qualche investigatore, gi carico di lavoro, per dare la caccia a un uomo, responsabile dei fatti
accaduti a Riga vent'anni fa. 娑otresti almeno sollevare il problema?s'informMiller.
No. Io no. Non ho alcuna intenzione di compromettere la mia car-
riera Ma perchdovresti compromettere la tua carriera? Roschmann un criminale so no ? La polizia dovrebbe dare la caccia ai criminali. Brandt schiacciil mozzicone della sigaretta. Da noi, alla polizia,
c'la sensazione che il fatto di mettersi a ficcare il naso nei crimini di
guerra delle SS non puarrecare nulla di buono alla carriera di un giovane
ispettore. Non ne verrebbe fuori niente, in ogni modo. La richiesta
sarebbe semplicemente respinta. Per il fatto stesso di aver avanzato
la richiesta andrebbe a finire sulla scheda personale. E ciprecluderebbe
ogni possibilitdi promozione. Nessuno ne parla, ma tutti lo sanno. Miller guardava fisso attraverso il finestrino. D'accordo, se le cose
stanno cos.. disse alla fine. Per bisogna che cominci da qualche
parte. Tauber ha lasciato qualcos'altro quando morto? Be', c'era anche un biglietto, nel quale diceva che lasciava tutti i
suoi effetti personali a un amico, un certo Marx. Bene, questo un inizio. Dove lo trovo, questo Marx? E come diavolo potrei saperlo? replicBrandt.
Non l'hai cercato ? Brandt sospir Hai idea di quanti Marx ci sono ad Amburgo ? E poi,
in ogni modo, ciche il vecchio ha lasciato non vale nulla. E tutto, allora ? domandMiller. Nient'altro ? Nient'altro. Se vuoi cercare questo Marx, hai tutta la mia grati-
tudine. Grazie, ci proverrispose Miller.

IL MATTINO dopo, Miller anda visitare la casa in cui Tauber era vis-
suto La porta gli fu aperta da un uomo di mezza et che indossava un 45
paio di calzoni bisunti, sostenuti da uno spago, e una camicia misera e
scolorita, senza colletto.
DOSSIER ODLSSA

giorno. E lei il padrone di casa? L'uomo squadrMiller da capo a piedi, e annu
Un uomo si ucciso qui col gas, qualche sera fa soggiunse Miller.
Lei della polizia? No, stampa. Miller gli mostrla tessera.
Non ho niente da dire. Miller fece sventolare una banconota da dieci marchi. Vorrei sol-
tanto dare un'occhiata alla sua stanza. L'ho giaffittata. Che cosa ne ha fatto della sua roba? E nel cortile. Gliela mostro. Tutte le povere cose di Tauber erano ammucchiate in un angolo, sotto
la pioggia sottile. C'era una vecchia e scassata macchina per scrivere,
qualche vestito, alcuni libri, uno scialle di seta bianca con le frange.
Miller passal setaccio tutto il mucchio, ma non trovnessuna agenda
con gli indirizzi.
Non ha inquilini di nome Marx? si informMiller.
No. Il padrone di casa lo guardava con aria diffidente.
奘on ha mai visto Tauber con qualcuno? Con qualche amico? No. E la cosa non mi sorprende, visto che borbottava sempre tra
s Era matto. Per tre giorni, Miller perlustrla zona, chiedendo informazioni per
le strade, intervistando i negozianti, il lattaio, il postino. Quasi tutti ri-
cordavano d'aver visto quel vecchio che si trascinava in giro, il capo
chino, infagottato in un pastrano lungo fino alle caviglie. Nessuno, per
I'aveva mai visto parlare con anima viva.
Fu mercoledpomeriggio che trovalcuni monelli che giocavano al
pallone.
Chi, il vecchio ebreo? Salomon il matto? fece uno di essi, in ri-
sposta alla domanda di Miller. S una volta l'ho visto in compagnia
di un uomo. Parlavano. Stavano seduti e parlavano. E dove erano ? Sul prato lungo il fiume. Seduti su una panchina. Era vecchio, quell'altro ? Vecchissimo. Un mucchio di capelli bianchi. Miller arrivfino all'Elba e scrutla banchina erbosa in tutta la sua
46 lunghezza. C'era una dozzina di panchine, tutte vuote. In estate, erano
sempre piene di gente che si divertiva a osservare il movimento delle navi
di linea transoceanica che arrivavano o partivano. Adesso, attraccati al

I molo, sulla sinistra, c'erano solo cinque o sei motopescherecci prove-
nienti dal mare del Nord, col loro carico di sgombri e di aringhe, appena
pescati, che veniva scaricato sulla banchina. Quand'era ragazzo, a Miller
piaceva molto il porto di pesca di Altona. Aveva simpatia per i pesca-
tori, gente di poche parole e generosa. Ripensa Roschmann e si do-
mandcom'era possibile che, nello stesso Paese, fossero nate persone
cosdiverse.
Ritorncon la mente a Tauber. Dove avrebbe potuto incontrare il suo
amico Marx? Soltanto quando tornin automobile e si fermper fare
rifornimento trovla risposta che, come spesso capita, gli venne per
una casuale osservazione. L'addetto alla benzina si lamentava che i
prezzi continuavano ad aumentare e che in giro si vedevano sempre meno
soldi, di quei tempi. Miller si incanta fissare il portafogli aperto che
aveva in mano.
- I soldi. Dove poteva prenderli Tauber, i suoi soldi? Non lavorava,
aveva rifiutato gli indennizzi, tuttavia pagava l'affitto e non era morto di
fame. Una pensione di invalidit forse.
Miller arrivin automobile davanti all'ufficio postale di Altona.
Mi pudire in che giorno si ritirano le pensioni? domandal-
I'impiegata dietro lo sportello con la scritta: PENSIONI.
L'ultimo giorno del mese, naturalmente rispose la donna.
Miller fece ritorno il venerdmattina, per osservare i vecchi che en-
travano e uscivano dall'ufficio postale. Poco prima delle undici, un vec-
chio con una zazzera di capelli bianchi che sembravano zucchero filato
uscdalla porta e si guardintorno come se cercasse qualcuno. Dopo
qualche minuto, si volte si incamminin direzione della riva del fiume.
Il giovane lo segu
Il vecchio si mise a sedere su una panchina, e Miller gli si avvicin lentamente. Herr Marx ? Il vecchio si volt Srispose con voce grave. Sono io. Il mio nome Miller. Marx fece un cenno con la testa.
夏ei sta... sta aspettando Herr Tauber? S proprio cosrispose il vecchio.
Posso sedermi ? Si accomodi. )>
Miller si sedette accanto a lui. Devo dirle, purtroppo, che Herr 47
Tauber morto. Capisco rispose l'uomo semplicemente.
Miller gli raccontgli avvenimenti della sera del venerdprecedente.
Restarono seduti in silenzio per parecchi minuti, poi Miller disse: Lei
non sembra meravigliato. Che si sia ucciso, voglio dire
No rispose Marx. Era un uomo molto infelice. Ha lasciato un diario, lo sa? S me ne ha parlato una volta. 唧nche lei era a Riga? L'uomo lo guardcon i suoi vecchi occhi tristi. Io ero a Dachau. Senta, Herr Marx, ho bisogno del suo aiuto. Nel diario, il suo amico
ha citato pivolte un uomo, un ufficiale delle SS di nome Roschmann.
Capitano Eduard Roschmann. Non gliene ha mai parlato? Oh, s In effetti, quella era l'unica cosa che lo teneva in vita. La
speranza di riuscire un giorno a testimoniare contro Roschmann. E ciche affermava nel diario. L'ho letto dopo la sua morte. Io
sono un giornalista. Voglio cercare Roschmann e trovarlo. Voglio por-
tarlo in tribunale. Mi capisce? S Per non c'niente da fare, se Roschmann gimorto. Lei ricorda
se Herr Tauber ha mai saputo se Roschmann era ancora in vita e li-
bero ? Il capitano Roschmann vivo rispose Marx semplicemente. E
libero. Miller si protese in avanti, pieno di interesse. Come fa a saperlo? PerchTauber l'ha visto il mese scorso. Il mese scorso? gli fece eco Miller. Le ha detto in quale occa-
sione ? Marx sospir S Stava passeggiando a tarda notte, come usava fare
quando non riusciva a dormire. Gli capitdi passare davanti al Teatro
dell'Opera, proprio mentre usciva la gente. Gente ricca, uomini in abito
da sera, donne con pellicce e gioielli. Uno di questi era Roschmann.
E salito su un tasscon altri due e si allontanato. Senta, Herr Marx, una cosa molto importante. Tauber era assolu-
tamente sicuro che si trattasse di Roschmann? S ha detto che ne era sicuro. Non lo vedeva da quasi diciannove anni. Come poteva essere si-
curo ? 48 Ha detto che l'uomo ha sorriso e che quando si era visto una volta
il sorriso di Roschmann non era pipossibile dimenticarlo. Ha detto
che avrebbe riconosciuto quel sorriso in mezzo a milioni di altri.
~: QUELLA sera, Peter Miller fece la solita visita di tutti i venerdalla
madre. La signora Miller era una matrona bassa e grassottella, che non
si era mai rassegnata all'idea che l'aspirazione del suo unico figlio fosse
quella di fare il giornalista.
Mentre sua madre asciugava i piatti, dopo cena, Miller le raccontci ~` che aveva fatto in quei giorni e le accennalla sua intenzione di rintrac-
~ ciare Eduard Roschmann.
,~ Lei ne fu sgomenta. E giabbastanza spiacevole che tu ti occupi
delle imprese dei criminali, senza che ti immischi anche con i nazisti.
Non so proprio che cosa avrebbe pensato il tuo povero pap.. Mamma, durante la guerra sospettavi quello che stava succedendo ?
Quello che le SS facevano agli ebrei? Cose spaventose. Orribili. Gli inglesi ci hanno fatto vedere i fil-
mati, dopo la guerra. Ma non serve a niente continuare a parlarne.
Tuo padre... Senti, mamma, finchnon ho letto quel diario non ho mai domandato
che cosa avevano fatto le SS, che cosa tutti noi eravamo sospettati d'aver
fatto. Adesso comincio a capire. E non stato mio padre a farlo, ntu,
~ nio. Ecco la ragione per cui voglio trovare quest'uomo, questo mostro.
-.~ E giusto che sia portato davanti a un tribunale. La madre era sul punto di piangere. Ti prego, Peterkin, lasciali
stare. Peter Miller si voltverso il caminetto, sovrastato da una foto-
grafia del padre in uniforme di capitano. Stornlo sguardo dalla foto-
grafia con un sorriso dolce, quasi triste. Peter ricordava quando, all'et di cinque anni, il paplo aveva accompagnato allo zoo di Hagenbeck.
E ricordava quando suo padre era tornato a casa dopo essersi arruolato
nel 1940: sua madre aveva pianto, allora, e lui aveva pensato che le
donne erano proprio stupide a piangere davanti a una cosa meravi-
gliosa come un padre in uniforme; e ricordava anche quel giorno del
1944 - aveva undici anni, allora - quando un ufficiale dell'Esercito era
arrivato a casa per comunicare a sua madre la morte del marito, eroe
di guerra.
Quel giorno della fine d'ottobre, la colonna listata a lutto dei caduti
in guerra sul giornale sembrdiversa, perchverso la met in fondo,
c'era l'annuncio: ~Caduto per il Fuhrer e per la Patria. Miller Erwin,
- capitano. I l ottobre. Fronte Orientale".
Voglio dire riprese la madre, alle sue spalle, credi che tuo padre
t vorrebbe che suo figlio si mettesse a scavare nel passato, che cercasse
di imbastire un altro processo contro i crimini di guerra? Credi che lo
vorrebbe ? Miller si voltdi scatto e la bacilievemente sulla fronte.
S mammina. Credo che proprio quello che vorrebbe. Se ne and salin automobile e si diresse verso Amburgo, in preda a
una collera sempre piforte.

HANS HOFFMANN era uno dei piricchi e pifortunati editori di
periodici della Germania occidentale. La sua formula era semplice:
descrivete un fatto con le parole e dipingetelo a forti tinte, poi illustratelo
con fotografie che facciano apparire quelle della concorrenza come se
fossero scattate da dilettanti con la loro prima macchina fotografica.
Funzionava. La sua catena di otto riviste l'aveva reso miliardario. Ma
la sua creatura prediletta, la sua preferita, era sempre Komet, una rivi-
sta di attualit
Quel mercoledpomeriggio, Hoffmann richiuse il diario di Salomon
Tauber, dopo averne letto le prime pagine, si appoggiallo schienale
della poltrona e guardil giovane giornalista. Posso arguire il resto.
Che cosa vuol fare? Nel diario si parla di un uomo di nome Eduard Roschmann spieg Miller. Capitano delle SS. Comandante del ghetto di Riga. Ha ucciso
ottantamila persone, fra uomini, donne e bambini. Voglio trovarlo. Come fa a sapere che ancora vivo ? Miller glielo spiegin poche parole.
Hoffmann contrasse le labbra. Una prova piuttosto inconsistente. Vero. Per ho portato a conclusione dei servizi partendo da indizi
ben pilabili. Hoffmann sogghign ricordando l'abilitdi Miller nel tirar fuori ser-
vizi giornalistici che irritavano il "sistema". Se la polizia non riesce a
scovare questo Roschmann, che cosa le fa credere che possa riuscirci
lei ? La polizia sta davvero cercandolo? domandMiller a sua volta.
Hoffmann si strinse nelle spalle. E allora, che cosa vuole da me? L'incarico di fare un tentativo. Se non ne viene fuori niente, lascio
perdere. Hoffmann appoggii gomiti sulla scrivania e il mento sopra le nocche
50 delle dita. Miller, lei un buon giornalista. Mi piace il suo modo di
impostare un servizio, lei ha della stoffa. E per questo che le affido
tanto lavoro. Questo no, per Ma perch La storia buona. Senta, lei convinto che questa sia una storia che tutti vorranno
leggere. Nessuno, dico nessuno, la legger e le spiegherperch Prima
della guerra, quasi tutti, qui in Germania, conoscevano almeno un
ebreo. Il fatto che, prima di Hitler, noi non odiavamo gli ebrei. Tutti
riconoscevano che noi trattavamo la minoranza ebraica meglio di ogni
altro Paese europeo. Meglio della Francia e della Spagna, infinitamente
meglio della Polonia e della Russia.
Poi arrivato Hitler. Ha cominciato a raccontare che agli ebrei do-
veva essere imputata la prima guerra, la disoccupazione, e qualsiasi altra
cosa che non andava bene. La gente non sapeva che cosa pensare. E cos quando i furgoni hanno portato via gli ebrei, tutti sono rimasti in silenzio.
Hanno finito col credere alla voce che gridava piforte. Perchcos che fatta la gente, in particolare i tedeschi. Noi siamo un popolo molto
disciplinato.
Per anni e anni, nessuno ha mai domandato che cosa ne era stato
degli ebrei. Erano semplicemente scomparsi. E adesso lei vorrebbe ri-
portare tutto a galla, descrivere tutto quello che accaduto ai loro vicini
di casa. Questi ebrei soggiunse, battendo la mano sopra il diario,
erano persone che loro conoscevano, ma nessuno intervenuto quando
li portavano via, per darli in pasto a uomini come il suo capitano Rosch-
mann. Non avrebbe potuto scegliere un argomento che piaccia meno ai
lettori. Miller rimase seduto, a riflettere. C'un altro motivo per cui lei
vuole che io lasci perdere, non vero? Non soltanto l'opinione pub-
blica. Hoffmann lo scrutattentamente. E vero ammise.
夏ei ha paura di loro... ancora adesso?domandMiller.
Hoffmann scosse la testa. No. E solo che non vado a cercarmi guai.
Tutto qui. Che genere di guai? Ha mai sentito parlare di un tale di nome Hans Habe? Il romanziere ? S che cosa gli accaduto ? Dirigeva una rivista, agli inizi degli anni Cinquanta. Una buona ri-
vista, anche... Si chiamava L'Eco della settimana. Ha pubblicato una serie
di denunce nei confronti di ex SS che vivevano in liberta Monaco. E che cosa gli capitato? Un giorno ha ricevuto piposta del solito. Metdelle lettere arrivava
dagli inserzionisti, che annullavano le ordinazioni. Un'altra lettera veniva

~ DOSSIER ODESSA

~dalla sua banca e gli annunciava la istantanea chiusura del suo fido
; bancario. Nel giro di una settimana, la rivista chiudeva i battenti. E allora che cosa dobbiamo fare, tutti noi? Continuare a fuggire
spaventati ? Non mi merito questo da lei, Miller. Gli occhi di Hoffmann erano
severi. Li odiavo giallora, quei bastardi. Li odio ancora adesso. Per
conosco anche i miei lettori. Non vogliono saperne niente, di Eduard
Roschmann. ,~ D'accordo, mi scusi. Comunque, sono sempre deciso a occuparmi
di questa inchiesta. Se non la conoscessi, Miller, penserei che c'sotto qualcosa di per-
sonale. Comunque, come pensa di finanziarsi? Ho qualcosa da parte. Miller si alzper andarsene.
,~ Le auguro la migliore fortuna disse Hoffmann, alzandosi a sua
~- volta. Le voglio dire ciche far Il giorno in cui Roschmann sar arrestato, le affiderl'incarico di occuparsi de] servizio. Per finch continuera cercarlo, non dovrservirsi della testata della mia rivista
per svolgere le sue indagini. Miller annu Tornerpromise.




MERcoLEDmattina, 4 dicembre, i capi delle cinque sezioni del Mossad,
il servizio segreto israeliano, si incontrarono per la loro consueta riu-
nione informale della settimana.
Mentre si recava alla riunione, il generale Meir Amit, supervisore del
Mossad, era profondamente preoccupato. La causa della sua preoccu-
pazione era una notizia che gli era pervenuta nelle prime ore dl quel
mattino. Una piccola informazione che si aggiungeva a quelle giesistenti
nell'enorme archivio sui missili di Helwan. 11 generale si appoggiallo
schienale della sua berlina, ripensando alla storia di quei missili.

IL MOSSAD aveva avuto notizia dell'esistenza dei missili nel 1961. Dal
momentO in cui era giunto il primo dispaccio dall'Egitto, gli israeliani
avevanO continuato a tenere sotto sorveglianza la base 333. Erano per-
'J'~ fettamente al corrente del continuo afflusso di scienziati tedeschi. Gi allora era una faccenda seria; divenne infinitamente piseria nella pri-
mavera del 1962.
Nel maggio di quell'anno, Heinz Krug, il reclutatore tedesco degli
scienziati, avvicinper la prima volta il fisico austriaco Otto Yoklek
a Vienna. Questi, anzichfarsi reclutare, si mise in contatto con gli
israeliani e informil Mossad che gli egiziani intendevano armare i
loro missili con testate contenenti radiazioni nucleari e colture di bacilli
della peste.
La notizia era di tale importanza che il capo del Mossad - a quel tempo
il generale Issar Harel - andin volo a Vienna per parlare personalmente
con Yoklek. Si convinse cosche quanto il professore aveva rivelato era
la verit e cifu confermato dalla notizia che il governo del Cairo
aveva appena acquistato cobalto radioattivo in quantitventicinque
volte superiore a ogni possibile fabbisogno egiziano per scopi sanitari.
Tornato in Israele, Issar Harel sollecitil primo ministro David
Ben-Gurion ad autorizzarlo a iniziare una campagna di rappresaglie
contro gli scienziati tedeschi che lavoravano per l'Egitto o che erano in
procinto di trasferirsi in quel Paese. Al vecchio primo ministro si present un grave dilemma. Da un canto, si rendeva conto del terribile pericolo
che rappresentavano quei nuovi missili, dall'altro sapeva che l'Esercito
aveva bisogno dei carri armati e delle armi tedesche che dovevano arri-
vare in Israele da un momento all'altro. Le rappresaglie israeliane sul
territorio tedesco potevano indurre Adenauer ad abrogare l'accordo
sulle forniture belliche. Ben-Gurion scelse una via di mezzo. Autorizz Harel a intraprendere con discrezione una blanda campagna per dissua-
dere gli scienziati tedeschi dal trasferirsi al Cairo.
Harel, per andoltre la consegna. L'll settembre 1962, il reclutatore
Heinz Krug scomparve. Sua moglie affermche era stato rapito da agenti
israeliani, ma la polizia di Monaco non scopralcuna prova in propo-
sito. In realt un gruppo di persone capeggiate da un misterioso perso-
naggio di nome Leon, aveva rapito Krug e ne aveva poi gettato i cada-
vere in un lago.
In seguito, la campagna si rivolse contro i tedeschi gitrasferitisi in
Egitto. Il 27 novembre, un pacco raccomandato indirizzato al professor
Wolfgang Pilz, residente al Cairo, fu aperto dalla sua segretaria: una
subitanea esplosione investla ragazza, che restmutilata e cieca per
tutta la vita. 1128 novembre arrivun altro pacco alla base 333. Cinque
morti e dieci feriti nel salone corrispondenza. Il giorno successivo, un
terzo pacco fu disinnescato senza esplodere.
Nel febbraio del 1963, le rappresaglie israeliane venivano annunciate a
titoli cubitali dai giornali tedeschi. In marzo, Heidi Gorke, figlia del

~rofessore Paul Gorke, pioniere dei missili di Nasser, ricevette una
efonata nella sua casa di Friburgo, in Germania. Una voce le consigli ~di incontrarsi con il suo interlocutore in un albergo di Basilea, poco oltre
~il confine con la Svizzera.
Heidi avvertla polizia tedesca, la quale diede l'imbeccata a quella
svizzera. Gli svizzeri nascosero un congegno d'ascolto nella camera in
~ cui doveva svolgersi l'incontro e udirono cosdue uomini intimare a
,~ Heidi e a suo fratello di convincere il loro padre ad andarsene dall'Egitto
se ci teneva alla vita.
I due uomini furono arrestati a Zurigo quella stessa notte; uno di essi
F era Yosef Ben-Gal, cittadino israeliano. Fu uno scandalo internazionale.
I due uomini furono processati a Basilea, in giugno, ma il procedimento
giudiziario anda finire bene. Il professor Yoklek si reca testimoniare
sulle testate missilistiche e sull'intenzione degli egiziani di compiere un
genocidio. I giudici, sconcertati, prosciolsero i due imputati.
In Israele, per ci fu la resa dei conti. Fuori di sper la collera, Ben-
Gurion criticaspramente il generale Harel per aver superato la misura.
Harel, che era divenuto un personaggio leggendario, e se ne compiaceva,
rassegnle dimissioni. Con suo enorme stupore, Ben-Gurion le accett
Alla fine di giugno, il generale Meir Amit diventava capo del servizio se-
~a greto, con istruzioni uguali a quelle date al suo predecessore. Privo di
alternative, il generale riprese la campagna terroristica nei confronti degli
scienziati giemigrati in Egitto.
Sorvegliati da soldati egiziani, questi tedeschi abitavano nel quartiere
r~ di Maadi, a una decina di chilometri dal Cairo. Per arrivare fino a loro,
. Meir Amit si servdel suo migliore agente, il proprietario della scuola di
equitazione Wolfgang Lutz, il quale, fin dal settembre 1963, dovette af-
frontare quei rischi suicidi che, alla fine, lo avrebbero portato alla ro-
i~ vina,
Gli scienziati tedeschi, gisconvolti, cominciarono a ricevere lettere
con minacce di morte, impostate al Cairo. 1127 settembre, una di queste
,~ lettere scoppiin faccia al dottor Kirmayer. Fu la goccia che fece traboc-
care il vaso per il dottor Pilz, il quale lasciIl Cairo per far ritorno in
Germania. Altri lo seguirono mentre gli egiziani, furibondi, non pote-
vano far nulla per fermarli.

L UOMO seduto nella sua berlina, in quella mattina di dicembre, sapeva, ss
naturalmente~ che il mittente degli esplosivi era il suo agente, il supposto
nazista Lutz. Per sapeva anche che il programma del genocidio non
aveva sub﹀o alcuna battuta d'arresto. Il generale Amit diede un'altra
scorsa al messaggio decifrato che aveva ricevuto. Esso confermava sem-
plicemente che una specie virulenta del bacillo della peste era stata
isolata nel laboratorio per le malattie epidemiche dell'Istituto di Medicina
del Cairo, e che i finanziamenti per quella sezione erano stati decuplicati.

SE Hans Hoffmann si fosse accorto di ciche accadeva, avrebbe dovuto
dare a Miller il primo premio per la sfacciataggine. Il giovane giornalista,
infatti, uscito dall'ufficio, prese l'ascensore fino al quinto piano e and nell'ufficio di Max Dorn, il cronista giudiziario della rivista.
Sono appena stato a parlare con Herr Hoffmann gli disse, e
adesso ho bisogno di qualche notizia. Posso provare a frugare nella sua
memoria ? Dica pure acconsentDorn, convinto che Miller dovesse preparare
qualche servizio per Komet.
Chi conduce le indagini sui crimini di guerra in Germania? Be', sostanzialmente sono gli uffici dei procuratori generali delle re-
gioni della Germania occidentale. Vuol dire che se ne occupano tutti? Dorn si appoggiallo schienale della sedia. Ci sono dieci regioni,
nella Germania occidentale. Nell'ufficio del procuratore generale di ogni
regione c'una sezione incaricata di svolgere indagini su quelli che sono
definiti "crimini di violenza commessi durante l'epoca nazista". Al
capoluogo di ogni regione conferita la giurisdizione di una determinata
area. Monaco, per esempio, ha la giurisdizione su Dachau, Buchenwald,
Belzec e Flossenburg. La maggior parte dei crimini commessi nell'Ucrai-
na e nell'area polacca di L▃z sotto la giurisdizione di Hannover. 埂li Stati baltici a quale giurisdizione appartengono?domand Miller.
Amburgo rispose prontamente Dorn.
Civuol dire che, se qualcuno dovesse essere processato per crimini
commessi a Riga, il processo sarebbe celebrato qui? Certo, anche se l'arresto fosse effettuato in qualsiasi altro luogo. C'mai stato ad Amburgo il processo di qualcuno colpevole di cri-
mini commessi a Riga ? No, che io ricordi rispose Dorn.
56 娟e ne troverebbe notizia nell'archivio? Certamente. Se accaduto dopo il 1950, da quando abbiamo co-
minciato a raccogliere i ritagli dei giornali.
DOSSIER ODESSA

夏e spiace se do un'occhiata?domandMiller.
Nient'affatto. L'archivio si trovava nel seminterrato, e occupava un'area di circa
duemila metri quadri, in cui si allineavano grigi scaffali d'acciaio e vari
schedari. Vi lavoravano cinque persone in grembiule grigio.
Di che cosa ha bisogno ? domandDorn a Miller, quando il capo
archivista si avvicinloro.
Della pratica relativa a Roschmann, Eduard rispose Miller.
Sezione fascicoli personali replicl'archivista. Apruno schedario
e sfoglile pratiche. Niente sul conto di Roschmann Eduard. Avete qualcosa sui crimini di guerra? domandMiller.
Srispose l'archivista. Da questa parte. Percorsero un centi-
naio di metri lungo gli scaffali.
Guardi sotto Riga suggerMiller.
~- L'archivista salsu una scaletta e si mise a frugare. Scese con una car-
r~ telletta rossa intestata: RIGA -- PROCESSI PER CRIMINI Dl GUERRA. Miller
la apr Ne caddero svolazzando due ritagli di giornale che il giovane
raccolse. Erano tutti e due dell'estate 1950. Uno riportava che tre soldati
~: delle SS erano stati processati per brutalitcommesse a Riga tra il 1941
~i e il 1944. L'altro riferiva che tutti e tre erano stati condannati a lunghe
pene detentive.
娛utto qui?domandMiller.
Tutto qui rispose l'archivista.

TRASCORSE quasi una settimana, prima che Miller riuscisse a ottenere
.~ un appuntamento con un avvocato dell'ufficio del procuratore generale
di Amburgo.
L'uomo che si trovdi fronte era nervoso, sembrava a disagio. Devo
dirle che ho acconsentito a vederla soltanto a causa delle sue insistenti
~ richieste premise il funzionario.
,-~ E stato gentile ugualmente replicMiller. Vorrei avere informa-
,; zioni sul conto di un uomo che presumo il vostro dipartimento tenga
sotto continua sorveglianza. Si tratta di Eduard Roschmann. Roschmann ? ripetl'avvocato.
Capitano delle SS. Roschmann. Comandante del ghetto di Riga dal
1941 al 1944. Vorrei sapere se vivo, se mai stato arrestato, e se mai stato processato. ~'~ L'avvocato sembrava sconcertato. Buon Dio, ma questo non posso
assolutamente dirglielo ! esclam
Perchno? E una questione di pubblico interesse. Non credo proprio replicl'avvocato. Altrimenti, saremmo con-
tinuamente assillati da richieste di questo genere. In effetti, per quanto io
ricordi, la sua la prima richiesta del genere che riceviamo da un...
rappresentante dell'opinione pubblica. In realt sono un rappresentante della stampa precisMiller.
Pudarsi. Tuttavia, temo proprio che non siamo autorizzati a rila-
sciare informazioni concernenti gli sviluppi delle nostre indagini. Be', come inizio non c'male osservironicamente Miller.
Andiamo, Herr Miller! Sono sicuro che lei non pretenderebbe che
la polizia le desse informazioni del genere in merito ai crimini di sua
competenza! Al contrario. Posso pretenderlo, eccome. La polizia mostra solita-
mente molto spirito di collaborazione, rilasciando comunicati stampa
quando previsto qualche arresto. E sicuramente informerebbe la stam-
pa qualora le indagini approdassero a qualche risultato. L'avvocato sorrise debolmente. Tutto ciche posso dirle che le
questioni riguardanti l'area di competenza del mio dipartimento sono
soggette a continue indagini. Continue, ripeto. E ora, Herr Miller,
penso proprio che non posso fare altro per aiutarla.
MILLER impieguna settimana per prepararsi a fare la mossa succes-
siva. Passquei giorni leggendo libri che riguardavano la guerra sul
fronte orientale e i campi di concentramento nei territori orientali
occupati. Fu l'addetto della biblioteca rionale a parlargli della Com-
missione Z.
Si trova a Ludwigsburg disse a Miller. L'ho letto su qualche
rivista. La Commissione Z - Z sta per Zentral- l'unica organizzazione
nel Paese che dla caccia ai nazisti su scala nazionale e persinointerna-
zionale. Grazie rispose Miller. Vedrse potranno essermi utili. Il mattino dopo, Miller si recin banca per ritirare tutti i suoi rispar-
mi, lasciando soltanto dieci marchi per tenere aperto il conto.
SalutSigi con un bacio, dicendole che sarebbe stato lontano una set-
timana, e forse pi Prese la Jaguar parcheggiata nel garage sotterraneo
e si mise in viaggio verso sud, verso la Renania. La prima neve, sospinta
5~ da folate di vento del mare del Nord, era cominciata a cadere, e sferzava
a raffiche l'autostrada che, superata Brema, si addentrava a sud nella
piatta distesa della Bassa Sassonia. Miller si fermuna volta soltanto

DOSSIER ODESSA

per bere un caff poi riparti attraverso la Renania settentrionale-Vest-
falia. Come sempre, teneva l'auto nella corsia del traffico piveloce,
spingendo la Jaguar quasi a centosessanta l'ora.
Alle sei di sera era gioltre il casello di Hamm, e alla sua destra co-
minciava a intravedere nebulosamente nel buio le luci della Ruhr.
Quando l'autostrada passava su una sopraelevata, Miller, abbassando lo
sguardo, poteva vedere le fabbriche e le ciminiere che si stendevano
nella notte di dicembre, e il riverbero dei fuochi di migliaia di forni
che producevano la ricchezza del miracolo economico tedesco. Quat-
tordici anni prima, quando aveva percorso in treno quella zona per an-
dare a trascorrere una vacanza a Parigi, aveva visto soltanto macerie.

LUDWIGSBURG una piccola cittadina commerciale che sorge tra le
belle e dolci colline del Wurttemberg, a circa dodici chilometri da Stoc-
carda. La sede della Commissione Z si trovava in una strada tranquilla,
lontana dall'arteria principale. La Commissione era composta da un
gruppo di persone pagate poco e oberate di troppo lavoro, che si dedi-
cavano alla ricerca dei nazisti e delle SS colpevoli degli stermini di massa.
Anche se, i crimini delie SS, con l'eccezione degli omicidii e dei mas-
sacri, erano ormai caduti in prescrizione, ben 170.000 nomi comparivano
ancora negli archivi della Commissione Z.
Il personale della Commissione ammontava a ottanta investigatori e a
cinquanta magistrati inquirenti. Gli avvocati provenivano in gran parte
dall'attivitprivata, alla quale un giorno sarebbero tornati. Gli investi-
gatori lavoravano unicamente per dedizione a quel compito. Sapevano
che la loro carriera poteva considerarsi finita: gli investigatori disposti a
dar la caccia alle SS nella Germania occidentale non avrebbero mai
avuto promozioni in altre forze di polizia del Paese.
Abituati com'erano a veder ignorate le loro richieste di collaborazione,
a vedere scomparire inspiegabilmente le loro pratiche date in prestito, o
anche a veder dileguarsi la loro preda dopo qualche imbeccata anonima,
gli uomini della Commissione Z avevano davanti a loro un compito che,
sapevano benissimo, non godeva delle simpatie della maggioranza
dei loro compatrioti.
Miller trovla sede della Commissione al numero 58 di Schorndorfer-
strasse, un grosso caseggiato protetto da un muro di cinta alto circa due
metri e mezzo. Due massicci cancelli di ferro sbarravano l'accesso al
vialetto di ingresso. Il giovane tiril cordone di un campanello: uno
spioncino fu aperto e un volto apparve. Desidera? Vorrei parlare con qualcuno dei vostri magistrati inquirenti ri-
spose Miller.
娘uale?domandancora l'altro.
Andrebbe bene chiunque. Questa la mia tessera di giornalista. L'uomo richiuse lo spioncino e si allontan Tornper aprire il can-
cello, poi condusse Miller fino alla porta principale e lo diede in conse-
gna a un altro custode, il quale lo introdusse in una piccola sala d'attesa.
Qualcuno sarsubito da lei si conged chiudendo la porta.
L'uomo che arrivtre minuti dopo, aveva da poco superato la cinquan-
tina ed era di modi riservati e cortesi. Restitua Miller la tessera di
giornalista e gli domand In che cosa posso esserle utile? Miller gli spiegbrevemente la storia di Tauber e di Eduard Rosch-
mann.
Interessantissimo osservl'avvocato.
夏a questione lei puaiutarmi? Vorrei poterlo fare sospirl'uomo. Per la prima volta, da quando
aveva cominciato a fare domande ad Amburgo sul conto di Roschmann
Miller ebbe la sensazione di aver incontrato un funzionario sinceramente
disposto a dargli una mano. Il fatto per che sono legato mani e
piedi alle regole che condizionano la prosecuzione della nostra attivit
Regole che, fra l'altro, impongono di non dare notizie sul conto di cri-
minali delle SS ricercati, a meno che la persona inquirente non rap-
presenti ufficialmente un'autoritfra quelle specificatamente indi-
cate. In altre parole, lei non pudirmi niente? domandMiller.
La prego di capire rispose l'avvocato, questa commissione esposta a continui attacchi. No, non apertamente, nessuno ne avrebbe il
coraggio. Ma, in privato, nei corridoi del potere, siamo incessantemente
sotto il fuoco di parecchi tiratori. Non ci concessa nessuna libertper
quanto riguarda le regole in vigore. Avete un archivio di ritagli dei giornali? )>
No, non l'abbiamo. Non c'in Germania un archivio del genere che sia aperto al pub-
blico ? Soltanto quelli curati dai quotidiani e dalle riviste. Quello di Der
Spiegel secondo alcuni, il pivasto. Anche Komet ne ha uno molto
6() buono. La trovo una cosa piuttosto strana osservMiller. Dove potrebbe
rivolgersi oggi, in Germania, un cittadino per informarsi sulle indagini

in merito ai crimini di guerra e per trovare materiale sui crimini delle
SS che sono ricercate ? Temo proprio che un cittadino non abbia questa possibilitri-
spose l'avvocato imbarazzato.
E va bene soggiunse Miller. Dove si possono trovare in Germa-
nia gli archivi degli uomini delle SS? Ne abbiamo uno qui, nello scantinato rispose l'avvocato. Tutte
copie fotostatiche. Gli originali di tutto lo schedario delle SS sono stati
requisiti dagli americani nell'anno 1945. All'ultimo minuto, un gruppo
di SS ha cercato di bruciare gli incartamenti. Ne avevano distrutto gi il dieci per cento quando i soldati americani li hanno fermati. Quelli che
restavano erano tutti mescolati, al punto che gli americani hanno impie-
gato due anni per rimetterli in ordine. Da allora, tutto lo schedario delle
SS rimasto a Berlino; persino noi dobbiamo rivolgerci agli americani
se vogliamo avere qualche notizia in pi Badi bene: non lo dico per
lamentarmi. Gli americani lavorano benissimo e non c'niente da dire
sulla collaborazione da parte loro. ~' Ed tutto qui? Due schedari in tutto il Paese? Tutto qui. Vorrei poter aiutarla, le ripeto. Se lei dovesse scoprire
qualcosa sul conto di Roschmann saremmo ben lieti di venirne a cono-
" scenza. Se dovessi scoprire qualcosa replicMiller, ci sono soltanto
due autoritche potrebbero intervenire: I'ufficio del procuratore generale
di Amburgo e voi. E cos S non ce ne sono altre conferml'avvocato.
Ed probabile che voi facciate qualcosa di pipositivo di quelli di
Amburgo soggiunse Miller e lo disse come un'affermazione non come
una domanda.
L'avvocato aveva lo sguardo fisso al soffitto. Le cose veramente
importanti che arrivano qui non stanno a prendere polvere in qualche
scaffale. D'accordo. Ci siamo capiti concluse Miller, alzandosi. Un'altra
cosa: detto fra noi, voi state ancora cercando Eduard Roschmann? Detto fra noi, s ` E se fosse preso, non ci sarebbero problemi per farlo dichiarare
colpevole ? Nessun problema. Andrebbe ai lavori forzati per tutta la vita. 61
Mi dia il suo numero di telefono pregMiller.
L'awocato prese un biglietto, sul quale scrisse qualcosa. ll mio nome
e due numeri di telefono. Casa e ufficio. Puchiamarmi giorno e notte.
Nella polizia di ogni regione conosco uomini ai quali posso rivolgermi
sapendo che interverranno concretamente. Ne conosco altri da evitare.
Quindi telefoni prima a me, intesi? Miller mise in tasca il biglietto. Me ne ricorder Buona fortuna augurl'avvocato.

LA STRADA da Stoccarda a Berlino lunga, e Miller impiegquasi
tutto il giorno seguente per percorrerla. Fortunatamente, era una gior-
nata asciutta e tersa, e la Jaguar divori chilometri che portavano a nord
attraverso la distesa erbosa che da Francoforte arriva a Hannover. Li
giunto, Miller segula diramazione della strada che porta al confine
con la Germania orientale. Dovette aspettare un'ora al posto di frontiera
di Marienborn, per compilare gli inevitabili moduli, mentre i doganieri
e gli uomini con l'uniforme verde della polizia stradale perquisivano
la Jaguar dentro, fuori e sotto. Un'altra attesa per entrare a Berlino
Ovest, dove l'automobile fu nuovamente perquisita e la sua valigetta
fu vuotata sul banco della dogana. Alla fine, ultimate tutte le formalit
Miller potdirigersi, con la sua Jaguar rombante, verso il nastro scintil-
lante del Kurfurstendamm, illuminato dalle decorazioni natalizie. Era
la sera del 17 dicembre.
Decise di non avventurarsi alla cieca nel centro di documentazione ame-
ricano, come aveva fatto precedentemente nell'ufficio del procuratore
generale ad Amburgo e alla Commissione Z di Ludwigsburg. Senza un
appoggio ufficiale, ormai se n'era reso conto, nessuno poteva arrivare
agli archivi sui nazisti in Germania.
Al mattino, quindi, telefonad Amburgo a Karl Brandt.
Brandt rimase senza parole. Non conosco nessuno a Berlino. Insomma, pensaci bene. Devi aver conosciuto qualcuno della polizia
di Berlino Ovest in una delle scuole che hai frequentato. Ti ho detto che non volevo essere coinvolto. Lo sei, coinvolto. O riesco a dare un'occhiata a quell'archivio in
via ufficiale, o altrimenti cito le dico che mi hai mandato tu. Dovrpensarci rispose Brandt, cercando di prendere tempo.
Ti do un'ora di tempo concluse Miller, sbattendo giil ricevitore.
Quando ritelefon Brandt era furioso, spaventato, chiaramente pentito
di non essersi tenuto quel diario.
C'un uomo col quale ho frequentato la scuola di polizia. Non lo
conosco bene, comunque lavora nella polizia di Berlino Ovest.
哽ome si chiama? Schiller. Volkmar Schiller, ispettore investigativo. Con grande sollievo di Miller, I'ispettore investigativo Volkmar Schiller
aveva pressappoco la sua ete aveva il suo stesso atteggiamento disin-
volto nei confronti delle formalitburocratiche. Miller gli spiegin poche
parole Ci0 che voleva.
Non vedo perchnon debba avere queste informazioni replic Schiller. Gli americani sono abbastanza disposti a collaborare con
noi. Per via delle indagini sui crimini nazisti, di cui siamo incaricati,
siamo lquasi tutti i giorni. Salirono sulla Jaguar di Miller per recarsi al numero uno di Wasserka
ferstieg, nel quartiere di Zehlendorf, Berlino 37. L'edificio, circondato
da alberi, era lungo e basso, a un piano.
E questo ? domandMiller incredulo.
Proprio questo rispose Schiller. Non gran che, vero ? Il fatto
che ci sono otto piani sotterranei. E lche si trovano gli archivi, in
camere blindate a prova di incendio. Oltre la porta principale si trovava l'immancabile gabbiotto del cu-
stode. L'ispettore esibla tessera della polizia. Gli fu presentato un
modulo, che lui compil poi furono introdotti in una stanza pigrande,
arredata con file di tavoli e di sedie. Dopo un quarto d'ora, un impiegato
portsilenziosamente una cartelletta, spessa circa due centimetri e mezzo
con l'intestazione: ROSCHMANN, EDUARD.
Volkmar Schiller si alz Se non le spiace, io me ne vado disse.
Se ha bisogno di qualche copia fotostatica, chieda all'impiegato. Miller si alze gli strinse la mano. Mille grazie. Non c'di che. Come se non esistessero gli altri tre o quattro lettori chini sul loro ta-
volo, Miller si prese la testa tra le mani e si immerse nella lettura dell'in-
cartamento di Eduard Roschmann.
C'era tutto. Numero di tessera del partito nazista, numero di matricola
delle SS, moduli di iscrizione compilati e firmati da Roschmann stesso,
cartelle mediche, curriculum scritto di suo pugno, nomina a ufficiale, at-
testati di promozione, fino all'aprile del 1945. C'erano anche due foto-
grafie, una di faccia, l'altra di profilo. Mostravano un uomo con i capelli
tagliati cortissimi, naso affilato, una bocca sottile priva di labbra, un'e-
spressione tetra. Miller comincia leggere...
Eduard Roschmann era nato il 25 agosto 1908, nella cittadina austriaca
di Graz; il padre era un rispettabilissimo operaio di una fabbrica di birra.
DOSSIER ODESSA

Roschmann aveva studiato per diventare avvocato, ma senza successo
Nel 1931, all'etdi 23 anni, aveva cominciato a lavorare nella fabbrica di
birra in cui suo padre era operaio e nel 1937 era stato promosso all'ufficio
amministrativo. In quell'anno, si era iscritto al partito clandestino na-
zista austriaco e alle SS: entrambe le organizzazioni erano messe al
bando nell'Austria neutrale. Un anno dopo, Hitler annetteva l'Austria
e ricompensava i nazisti con rapide promozioni.
Nel 1939, allo scoppio della guerra, si era arruolato volontario nel
corpo delle Waffen SS, e dopo l'addestramento in Germania aveva
prestato servizio in un'unitdelle Waffen SS che partecipall'invasione
della Francia. Nel dicembre del 1940, veniva trasferito a Berlino ("Co-
dardia?" era stato annotato a margine), e nel gennaio 1941 veniva asse-
gnato all'SD, servizio di sicurezza dipendente dall'RSHA. Nell'agosto
1941, era stato nominato comandante del ghetto di Riga. Era tornato
in Germania, via mare, nell'ottobre del 1944 e, dopo aver consegnato
gli ebrei di Riga sopravvissuti, all'SD di Danzica, si era presentato a
rapporto al quartier generale di Berlino.
La documentazione finiva l probabilmente perchl'addetto delle SS
a Berlino aveva abbandonato l'ufficio piuttosto in fretta, nel maggio
del 1 945.
Allegato in fondo al fascio di documenti c'era un foglio con l'annota-
zione dattiloscritta: "Inchiesta svolta su questa pratica da parte delle
autoritbritanniche d'occupazione nel dicembre 1947".
Miller prelevdalla cartella il curriculum scritto da Roschmann, le
due fotografie e l'ultimo foglio, e si avvicinall'impiegato. Posso
avere una fotocopia di questi documenti, per favore? Certamente. Anche un'altra persona, che aveva consultato alcuni
documenti nella sala, presentdue fogli da far fotocopiare.
Dieci minuti dopo, si udun fruscio alle spalle dell'impiegato e due
buste furono passate attraverso uno sportello. L'impiegato diede una
raplda occhiata dentro una delle buste. I documenti su Eduard Rosch-
mann ? domand
Per me rispose Miller, tendendo la mano.
唧llora questo dev'essere per lei soggiunse l'impiegato, rivolto
all'altro uomo, che stava occhieggiando Miller.
L'uomo prese la busta e si avviverso la porta contemporaneamente
64 a Miller.
Quando fu fuori, il giornalista scese di corsa le scale e sala bordo
della Jaguar. Un'ora dopo telefonava a Sigi: Sono a casa per Natale

Due ore dopo era in viaggio. Mentre la Jaguar si dirigeva verso Am-
burgo, I'altro uomo era seduto nel suo elegante appartamento di Sa-
vignyplatz e componeva un numero telefonico della Germania occiden-
tale. Si presentcon poche parole all'uomo che rispose al telefono.
Sono stato al centro di documentazione, oggi. C'era un uomo, l
che leggeva la cartella di Eduard Roschmann. Ha fatto fotocopiare alcuni
documenti. Dopo la comunicazione che circolata recentemente, ho
pensato che fosse meglio avvertirla. Seguuna serie di domande dall'altro capo del filo.
No, non sono riuscito a sapere il suo nome. E partito su una lunga
automobile sportiva nera. S la targa era di Amburgo. Dettlenta-
mente il numero della targa. S ho pensato che fosse meglio. Voglio
dire, non si sa mai con questi ficcanaso. Buon Natale, Kamerad.



NATALE cadeva il mercoleddi quella settimana, e fu solo dopo il pe-
riodo natalizio che l'uomo informato a proposito di Miller comunicla
notizia. Quando si decise a farlo, la trasmise al suo pialto superiore.
L'uomo che ricevette la telefonata, su una linea strettamente privata,
ringrazi]'informatore, depose il ricevitore, si appoggiallo schienale
della poltrona di pelle e si mise a fissare fuori della finestra i tetti co-
perti di neve.
Maledizione, maledizione e maledizione! imprectra s Perch proprio adesso? Ripensal suo incontro di quasi cinque settimane prima con il generale
Glucks, a Madrid, e a ciche questi aveva detto sull'importanza di
proteggere a ogni costo la sicurezza del proprietario della fabbrica di
radio che, sotto il nome in codice di Vulcano, si trovava al momento
nella fase cruciale dell'elaborazione del sistema di guida per i missili
egiziani. Werwolf era l'unico, in Germania, a sapere che Vulcano in
realtera Eduard Roschmann.
Diede un'occhiata all'agenda sulla quale aveva scarabocchiato il nu-
mero di targa dell'automobile di Miller e premette il pulsante del ditta-
fono. Dall'apparecchio provenne la voce della segretaria, che si trovava
nell'ufficio attiguo.
Hilda, come si chiama quell'investigatore privato di cui ci siamo
serviti il mese scorso per quel caso di divorzio? Un attimo... Memmers, Heinz Memmers. Le spiace darmi il suo numero di telefono? No, non lo chiami lei.
Mi dia soltanto il numero di telefono. Lo annot poi si alze attraversla stanza per raggiungere una cas-
saforte a muro. Da essa prese un volume e lo sfoglifinchnon trov il nome Memmers. Erano soltanto due i Memmers elencati, Heinrich e
Walter. Fece scorrere il dito lungo la pagina che riguardava Heinrich
solitamente abbreviato in Heinz. Annotla data di nascita, calcoll'et dell'uomo alla fine del 1963 e cercdi ricordare la faccia dell'investiga-
tore privato. L'etcoincideva. Annotaltri due numeri elencati accanto
al nome Heinz Memmers e prese in mano il ricevitore del telefono.
Dopo una dozzina di squilli, rispose una voce impastata. Memmers,
investigazioni private. 娑arlo con Herr Heinz Memmers? S chi parla? Mi dica, il numero 245.718 le ricorda qualcosa? Seguun silenzio di tomba, rotto soltanto da un sospiro mentre Mem-
mers prendeva atto che il numero appena citatogli era quello che lui
aveva quando prestava servizio nelle SS. Poi, la sua voce, carica di so-
spetto, torna farsi sentire: Dovrebbe? Le dice qualcosa il fatto che il mio numero era di cinque cifre? Il risultato fu elettrizzante: cinque cifre significavano un ufficiale di
altissimo grado. Certo, signore rispose Memmers.
Molto bene riprese Werwolf. Dunque, c'un ficcanaso che sta
facendo domande su uno dei Kameraden. Ho bisogno di scoprire chi
Ho il numero di targa della sua automobile. Werwolf lo lesse lenta-
mente. Preso nota ? S Kamerad. Voglio conoscere nome, indirizzo, professione, condizione fami-
liare e sociale... tutta la solita trafila. Quanto tempo impiegher Circa quarantott'ore rispose Memmers.
L'individuo in questione non deve essere avvicinato. Non deve venire
a conoscenza delle indagini. E chiaro? Certamente. Nessun problema. Benissimo, allora. La richiamerluned
MILLER ripartda Amburgo quello stesso pomeriggio. Questa volta la
destinazione era Bonn, la piccola cittadina sul Reno che Konrad Ade-
nauer aveva scelto come capitale della Repubblica federale. Appena
oltre Brema, la sua Jaguar incrocil'Opel di Memmers, diretta a gran
velocita nord, verso Amburgo. Ignari l'uno dell'altro, i due uomini
sfrecciarono sulla strada, ciascuno verso la propria missione.
Era gibuio quando Miller imboccl'unica, lunga arteria principale
di Bonn e accostaccanto a un vigile.
娑uindicarmi la strada per l'ambasciata britannica?domand
Il vigile indicla strada davanti a s Segua le rotaie del tram.
Quando starper uscire da Bonn e per entrare a Bad Godesberg, la
vedralla sua sinistra. Miller ringrazicon un cenno del capo e prosegu Parcheggidavanti
all'ingresso dell'ambasciata, in uno spiazzo riservato ai visitatori.
Varcle porte di vetro dell'ingresso e si trovin un piccolo atrio.
Vorrei parlare con l'addetto stampa, per favore chiese nel suo in-
glese stentato, presentando la tessera di giornalista.
Non so se ancora in sede. Provo a vedere. L'addetto al banco
compose un numero telefonico interno. Miller ebbe fortuna.
L'addetto stampa, come poco dopo il giornalista fu ben lieto di notare,
era un uomo sui trentacinque anni e sembrava pronto a offrire il suo
aiuto. Che cosa pO3SO fare per lei? domand
Sto facendo indagini per un servizio giornalistico su una rivista mentMiller. Si tratta di un ex capitano delle SS, uno dei peggiori, un
uomo tuttora ricercato dalle stesse autorittedesche. Lei saprebbe dirmi
se gli inglesi lo hanno mai catturato e, in questo caso, che cosa ne stato di lui? Il giovane diplomatico sembrava perplesso. Buon Dio, temo proprio
di non saperlo. Voglio dire, abbiamo consegnato i nostri archivi e i nostri
schedari al vostro governo nel 1949. Miller decise di non accennare al fatto che le autorittedesche ave-
vano rifiutato di collaborare. E vero ammise. Tuttavia, le mie inda-
gini per gli anni successivi al 1949 hanno rivelato che l'uomo non stato
processato nella Repubblica federale. Cinonostante, ho scoperto al
centro di documentazione americano di Berlino Ovest che una copia
della pratica relativa a quest'uomo stata richiesta dalle autoritbri-
tanniche nel 1947. Deve esserci stato un motivo per questa richiesta,
non vero ? S un motivo deve esserci stato, immagino conferml'addetto
stampa Riflett corrugando la fronte.
E allora, quali potevano essere le autoritbritanniche che conduce-
vano le indagini?domandancora Miller.
Be', le indagini venivano svolte dal capo della polizia militare e i
processi venivano istruiti dalla sezione legale. Tuttavia, ambedue gli
archivi sono stati consegnati nel 1949. Ma gli inglesi ne avranno certo conservato le copie, no? S immagino di srispose l'addetto stampa. Tuttavia dovreb-
bero essere ormai passate all'archivio dell'Esercito. 娟arebbe possibile dare un'occhiata? Sul viso dell'addetto stampa apparve un'espressione sconcertata. Oh,
ne dubito proprio. Non metto in dubbio la buonafede delle persone che
compiono ricerche... pernon credo che un giornalista sarebbe autoriz-
zato a consultare questi documenti... senza offesa, lei mi capisce. Certo fece Miller. Si alze altrettanto fece l'addetto stampa.
Non credo proprio che l'ambasciata potrebbe esserle d'aiuto. Capisco. Un'ultima cosa. C'ancora, qui, qualcuno che si trovava
a Bonn a quei tempi? Oh, no, sono stati sostituiti tutti molte volte. Aspetti un attimo,
per.. Ci sarebbe Anthony Cadbury. Il tipo del vecchio giornalista in-
glese. Ha sposato una ragazza tedesca. Penso proprio che fosse qui
subito dopo la guerra. Potrebbe domandare a lui. Benissimo fece Miller. Dove posso trovarlo ? Be', oggi venerd Probabilmente sarnel suo ritrovo preferito,
il bar del Cercle Fran~cais, a Bad Godesberg.
MILLER trovil locale, a un centinaio di metri dalla riva del Reno.
Cadbury non c'era, ma il barista disse a Miller che se non fosse arrivato
in serata, si sarebbe fatto vedere sicuramente per l'ora dell'aperitivo il
giorno seguente.
Il giornalista prenotuna camera vicino al Dreesen Hatel, poi and a cenare al Cercle Francais, nella speranza che l'inglese capitasse l
Alle undici tornin albergo per dormire.
Cadbury entrnel bar del Cercle Francais qualche minuto prima delle
dodici del giorno seguente, salutqualche suo conoscente e si mise a
sedere sul suo solito sgabello d'angolo. Quando l'uomo ebbe ordinato
da bere, Miller si alze gli si avvicin
埋l signor Cadbury? Due vivaci occhi azzurri sormontati da sopracciglia grigie e cespu-
68 gliose scrutarono Miller attentamente. S Il mio nome Miller. Peter Miller. Sono un giornalista di Amburgo.
Posso parlare con lei un attimo, per favore?
Anthony Cadbury gli indiclo sgabello accanto al suo. Penso che
faremmo meglio a parlare in tedesco, non le pare? propose, parlando
in quella lingua. Che cosa posso fare per lei? Miller gli racconttutta la storia, dal momento della morte di Tauber.
Il londinese non lo interruppe nemmeno una volta. Quando il giovane
ebbe finito, Cadbury fece segno al barista di riempirgli ancora il bicchiere
e di portare un'altra birra per Miller.
Cin-cin fece Cadbury. Be', si trova di fronte a un bel problema,
allora. Devo dire che ammiro il suo coraggio. Coraggio? ripetMiller.
Nella condizione psicologica attuale, I'argomento sul quale sta in-
vestigando non certo fra i preferiti dai suoi compatrioti spieg Cadbury. Del resto se ne accorgersicuramente nel corso delle ri-
cerche. In effetti me ne sono gireso conto ammise Miller.
Lo prevedevo disse l'inglese, con un improvviso sogghigno. Man-
giamo qualcosa? Mia moglie fuori, oggi. Durante il pranzo, Miller si informsugli anni trascorsi da Cadbury
in Germanla.
Sono arrivato come corrispondente di guerra al seguito dell'Eser-
cito di Montgomery. Avevo pressappoco l'etche ha lei adesso. Il quar-
tier generale era a Luneburg. Da allora ho risieduto qui, pio meno. Ho
fatto servizi su tutta la fine della guerra; poi il giornale mi ha chiesto di
restare qui. Si occupato anche dei processi ai criminali di guerra della zona ? domandMiller.
Cadbury annu mentre masticava la bistecca. Quelli celebrati nella
zona britannica. I criminali di primo piano erano Josef Kramer e Irma
Grese. Mai sentiti nominare? No, mai. Be', erano soprannominati le "Belve di Belsen". Mai sentito par-
lare di Belsen ? La mia generazione non mai stata molto informata di queste cose spiegMiller.
Cadbury gli lanciun'occhiata penetrante. Ma adesso lei vuole
saperle ? Devo venirne a conoscenza, prima o poi. Posso farle una domanda ?
Lei odia i tedeschi ? Cadbury riflettper un attimo sulla domanda. Subito dopo la sco-
perta di Belsen, una massa di giornalisti andata la vedere. Non mi
sono mai sentito cosdisgustato in vita mia. In guerra si vedono cose
terribili, ma niente al confronto di Belsen. In quel momento, s li ho
odiati tutti quanti. 圃 adesso? No, adesso non pi Ho sposato una ragazza tedesca nel 1948 e
vivo qui. Non lo farei se provassi i sentimenti che avevo nel 1945. Che cosa le ha fatto cambiare opinione? Il tempo. Il passare del tempo. E la scoperta che non tutti i tede-
schi erano come Josef Kramer. O come Roschmann. Guardi, ancora
adesso, per non riesco a vincere un sottile senso di diffidenza verso i
tedeschi della mia generazione. E la mia ? Voi siete migliori rispose Cadbury. Diciamolo pure, voi dovete
essere migliori. Mi daruna mano a trovare Roschmann? Nessun altro disposto
a farlo. Se posso rispose Cadbury. Che cosa vuole sapere? Ricorda se stato processato nella zona britannica ? No. Sono sicuro che non c'mai stato un processo a Roschmann
nella zona britannica. Me ne ricorderei. E allora, perchle autoritbritanniche hanno richiesto agli ameri-
cani, a Berlino, la fotocopia del suo incartamento? Non so per quale motivo gli inglesi si siano interessati al suo caso.
A quel tempo nessuno sapeva niente di Riga. Non avevamo notizie dal-
I'oriente. E stato li, tuttavia, che la stragrande maggioranza dei massa-
cri ha avuto luogo. Noi ci trovavamo in una strana posizione. L'ottanta
per cento dei crimini contro l'umaniterano stati commessi a oriente
di quella che adesso la cortina di ferro, tuttavia il novanta per cento
circa dei responsabili si trovava nelle tre zone occidentali. Centinaia di
colpevoli ci sono sgusciati tra le mani perchnon sapevamo quello che
avevano commesso a millecinquecento chilometri di distanza, a o-
riente. Per quanto riguarda Roschmann domandancora Miller, da
dove si dovrebbe cominciare a cercare, tra i documenti britannici? Be', possiamo cominciare con il mio archivio, a casa mia. Venga,
70 poco distante. Due pareti dello studio di Cadbury erano tappezzate di cassette di
schede. Inoltre, in un angolo, c'erano due schedari di metallo grigio.

Cadbury indici due schedari. Quello pieno di notizie sulle varie
persone, in ordine alfabetico. L'altro riguarda vari avvenimenti, ordinati
per argomento. Cominceremo col primo. Non c'erano cartellette intestate a Roschmann.
Niente da fare concluse Cadbury. E ora proviamo con lo sche-
dario per argomenti. Ce n'uno per i nazisti e un altro per le SS. C' una vasta sezione, intestata GIUSTIZIA, divisa nei vari processi. Poi ce
n'una per i crimini di guerra. Mettiamoci al lavoro. Lavorarono fino a tardi, esaminando minuziosamente gli schedari.
Alla fine, Cadbury si alzin piedi con un sospiro.
Devo andare fuori a cena, purtroppo, questa sera disse. Gli
unici posti che restano da guardare sono questi. Indicle cassette.
Miller chiuse lo schedario che stava guardando. E quelle che cosa
sono ? Quelle spiegCadbury, sono diciannove anni di corrispondenze
che ho mandato al giornale. Questa la prima fila. Sotto ci sono i ritagli
di giornale che ho raccolto lungo lo stesso arco di tempo, riguardan-
ti Germania e Austria. Ci vorrun bel po' per passarli tutti. Per
fortuna domani domenica. E molto gentile da parte sua prendersi tutto questo disturbo osservMiller.
Cadbury scrollle spalle. Non ho niente da fare in questo fine setti-
mana. Ci vediamo per bere qualcosa al Cercle Francais verso le undici
e mezzo.
Fu VERSO la metdel pomeriggio di domenica che lo trovarono. An-
thony Cadbury gridimprovvisamente: Eureka! Era una delle sue
corrispondenze, datata 23 dicembre 1947.
Il giornale non l'ha pubblicata disse. Chi vuole che si interessi
a una SS catturata proprio alla vigilia di Natale? Mise il foglio sul
tavolo per farlo leggere a Miller.

Hannover, Governo militare ┴itannico. Un ex capitano delle famige-
rate SS stato arrestato dalle autoritmilitari britanniche a Graz, in
Austria, dove si trova in stato di arresto in attesa di ulteriori indagini.
L'uomo, Eduard Roschmann, stato riconosciuto nelle strade della
cittadina austriaca da un ex internato di un campo di concentramento,
il quale ha accusato Roschmann di essere stato il comandante del cam-
po di concentramento della Lettonia. Dopo l'identificazione, Rosch-
r)OSSIER ODESSA

mann stato arrestato dagli uomini del Servizio di Sicurezza britan-
nico di Graz.
E stata avanzata richiesta al quartier generale della zona sovietica
di Potsdam per avere ulteriori informazioni sul campo di concentra-
mento di Riga, Lettonia, ed in corso la ricerca di altri testimoni, ha
riferito il portavoce. Nel frattempo, la persona arrestata stata defi-
nitivamente identificata come Eduard Roschmann in base alla sua car-
tella personale, conservata dalle autoritamericane nel loro archivio
delle SS a Berlino.

Miller rilesse il breve dispaccio quattro o cinque volte. L'ha trovato ansim
Credo che l'occasione imponga un brindisi propose Cadbury.

MEMMERS era nel suo ufficio alle nove in punto del lunedmattina.
La telefonata di Werwolf arrivdopo le nove e mezzo.
Sono lieto che abbia telefonato, Kamerad lo salutMemmers.
Sono tornato da Amburgo ieri sera tardi. ~I'automobile un giornalista indipendente, di nome Peter Miller. Et ventinove anni, un metro e ottanta circa di altezza, capelli e occhi castani.
Sua madre, vedova, abita a Osdorf. Lui abita in un appartamento a
Amburgo. Memmers lesse l'indirizzo e il numero telefonico di Mil-
ler. Abita lcon una ragazza, una spogliarellista, di nome Sigrid Rahn.
Lavora prevalentemente per le riviste illustrate. A quanto pare, se la
cava bene. E specializzato in inchieste giornalistiche. Come ha detto lei,
Kamerad, un ficcanaso. Ha idea di chi gli ha commissionato questa inchiesta? domand Werwolf.
No, questo che strano. Sembra che nessuno sappia che cosa stia
facendo al momento. Ho fatto una telefonata di controllo alla ragazza,
spacclandomi per uno di una rivista. Mi ha risposto che non sapeva
dove fosse, ma che aspettava una telefonata per questo pomeriggio. Nient'altro ? Soltanto la macchina. E molto vistosa. Una Jaguar nera, modello
inglese, con una striscia gialla sulle fiancate. Werwolf riflettper un attimo. Non possibile scoprire dove si
trova adesso?domand

Penso di srispose Memmers. Potrei telefonare alla ragazza
questo pomeriggio, dicendole che ho urgente bisogno di mettermi in
contatto con Miller. S faccia cosconcluse Werwolf. La chiameralle quattro.
QUEL lunedmattina, Cadbury telefona Miller alle dieci e mezzo al
Dreesen Hatel.
Per fortuna l'ho trovata prima che partisse gli disse. Mi ve-
nuta un'idea. Incontriamoci al Cercle Francais questo pomeriggio,
verso le quattro. A mezzogiorno, Miller telefona Sigi per dirle dov'era.
Quando si incontrcon Cadbury, questi ordinun t Se Rosch-
mann stato catturato e identificato come un criminale ricercato spieg il caso deve essere stato sottoposto ai funzionari legali britannici
che si trovavano nella nostra zona della Germania a quel tempo. Lei
ha mai sentito parlare di un certo Lord Russell di Liverpool ? domand Cadbury.
No, mai rispose Miller.
E stato consulente legale del governatore militare britannico du-
rante l'occupazione. Pitardi ha scritto un libro intitolato.The Scourge
of the Swastika (Il flagello della svastica). Non che gli abbia procurato
una grandissima popolarit in Germania, ma era un libro estremamente
deciso. E andato in pensione, adesso; vive a Wimbledon. Potrei darle
una lettera di presentazione. 套a ricorderavvenimenti di tanto tempo fa? Aveva fama di avere una memoria veramente prodigiosa. Se si
occupato del caso Roschmann, sono sicuro che ne ricorderogni
particolare. Miller annu S potrei prendere un aereo per Londra e andare a
parlare con lui. Cadbury si alz infiluna mano in tasca e tirfuori una busta. Ho
gipronta la lettera. Buona fortuna.
IL TELEFONO di Werwolf squillappena dopo le quattro.
La ragazza di Miller ha ricevuto una telefonata annunciMem-
mers. Il giornalista si trova a Bad Godesberg, alloggia al Dreesen
Hotel. Werwolf abbassil ricevitore e sfogliun'agenda di indirizzi. Un mo-
mentO dopo componeva un numero della zona Bonn-Bad Godesberg.
DOSSIER ODESSA

M‥LER fece ritorno in albergo per telefonare all'aeroporto di Colonia
e prenotare un volo per Londra per il giorno seguente, marted 31 di-
cembre. L'addetto al banco dell'albergo gli indicuna poltrona accanto
alla finestra panoramica che dava sul Reno.
C'un signore che vuole parlarle, Herr Miller. Miller vide un uomo di mezza etcon in mano un cappello floscio
nero e un ombrello arrotolato. Gli si avvicin Lei voleva vedermi ? L'uomo scattin piedi. Herr Peter Miller? Sono io. L'uomo fece il rigido, secco inchino tipico dei tedeschi pitradizio-
nalisti. Il mio nome Schmidt. Dottor Schmidt. Che cosa posso fare per lei ? Mi dicono che lei giornalista. Vero ? Il dottor Schmidt gli rivolse
un ampio sorriso. Lei ha fama di essere molto tenace. Miller rimase in silenzio.
Alcuni miei amici hanno saputo che lei attualmente impegnato in
un'inchiesta su avvenimenti accaduti... be', diciamo molto tempo fa.
Molto, molto tempo fa. Miller si irrigid Un'inchiesta su un certo Eduard Roschmann precisseccamente. E cos Pensavo soltanto che avrei potuto aiutarla. Il dottor Schmidt ri-
volse uno sguardo gentile a Miller. Il capitano Roschmann morto. Davvero? fece Miller. Mi pudire quando morto? Ah s naturalmente. Il dottor Schmidt sembrava ben lieto di esau-
dire la richiesta. E rimasto ucciso in Austria, mentre combatteva contro
gli americani, all'inizio del 1945. Il suo cadavere stato identificato da
parecchie persone che lo avevano conosciuto. Dev'essere stato un uomo straordinario commentMiller.
Il dottor Schmidt annu S in effetti alcuni di noi erano di questo
avviso. Straordinario ripetancora Miller. Il primo uomo, dopo Ges Cristo, che sia risuscitato dopo la morte. E stato catturato vivo dagli
inglesi nel dicembre 1947 a Graz, in Austria. Negli occhi del dottor Schmidt c'era il riflesso luccicante della neve
caduta sulla balaustra, fuori della finestra. Miller, lei sta commettendo
una grossa sciocchezza. Mi consenta di darle un consiglio: lasci perdere
74 questa inchiesta. Il giornalista lo guardattentamente. Immagino che dovrei ringra-
ziarla disse con asprezza.

Forse srispose il dottore.
Lei mi dil voltastomaco, Herr Doktor. Lei e tutta la sua banda
schifosa. Siete la vergogna del mio Paese. Per quanto mi riguarda, conti-
nuera indagare sul conto di quest'uomo finchnon riuscira scovarlo. Si voltper andarsene, ma l'altro lo afferrper un braccio. Si fissa-
rono l'un l'altro, a pochi centimetri di distanza.
~- Lei non uno stupido, Miller, ma si comporta come se lo fosse. Si
direbbe quasi che lei abbia un interesse personale per questa storia. Forse ce l'ho rispose Miller, e si allontan



7
~- MILLER bussalla porta di una casa in una tranquilla strada del quar-
~- tiere londinese di Wimbledon. Venne ad aprire personalmente Lord
~ Russell, un uomo ormai prossimo alla settantina, con indosso una giacca
E di lana e una cravatta a farfalla.
~- Il signor Anthony Cadbury mi ha dato una lettera di presentazione
per lei disse Miller. Vorrei parlarle, signore. Lord Russell lo osservava con aria perplessa. Cadbury? ~: Un corrispondente inglese spiegMiller. Si occupato dei pro-
~:~ cessi ai criminali di guerra come Josef Kramer e gli altri di Belsen. S Cadbury, il giornalis~a. Ricordo. Non lo vedo da anni. Be', non
stia lsulla porta. Entri, entri. ~ Senza attendere risposta, si volte si incamminlungo il corridoio,
F`'~ seguito da Miller. Questi appese il cappotto a un gancio, indicatogli da
Lord Russell, poi insieme entrarono nel soggiorno dove un fuoco acco-
gliente ardeva nel camino.
Miller porse la lettera di Cadbury a Lord Russell, che la lesse rapida-
mente, poi inarcle sopracciglia.
~: Hum. Un aiuto per rintracciare un nazist~? E per questo che lei - venuto qui? Bene, si sieda, si sieda. E scomodo stare in piedi. Si misero a sedere su due poltrone, ai lati del fuoco.
Come mai un giovane giornalista tedesco dla caccia a un nazista ? Forse meglio che le spieghi tutto dall'inizio rispose Miller.
Penso proprio di sconfermil pari d'Inghilterra. Mentre il gior-
nalista parlava, Lord Russell riempla pipa, I'accese, e stava tirando
j~ boccate con aria soddisfatta quando l'altro terminil suo racconto.
~ Spero che il mio inglese sia abbastanza comprensibile disse Miller
DOSSIER ODESSA

alla fine, visto che non c'erano reazioni da parte del suo interlocutore.
Lord Russell sembrsvegliarsi da una profonda meditazione. Oh,
s interessante, molto interessante. E lei vorrebbe cercare Roschmann
e trovarlo. Perch La domanda arriva bruciapelo e Miller si trov con gli occhi del vecchio fissi nei suoi.
Quell'uomo dovrebbe essere processato rispose seccamente.
Hum. C'da domandarsi se lo sarveramente. Se riesco a trovarlo dichiarMiller di rimando, sarprocessato.
Il punto questo, signore: lei lo ricorda? Lord Russell sembrtrasalire. Se lo ricordo? Oh, certo che lo ri-
cordo. Almeno come nome. Vorrei riuscire a collegare un volto a quel
nome. Ce n'erano tanti... Miller estrasse le fotocopie delle due fotografie di Roschmann dalla
tasca interna della giacca. Lord Russell le studi poi si alze cominci a passeggiare per la stanza.
Sdisse alla fine. L'ho presente. Adesso riesco a vederlo. L'ab-
biamo preso a Graz. La sua cartella mi stata inviata a Hannover. Lei
dice che quell'uomo, Tauber, I'ha visto il 3 aprile 1945, diretto a ovest
attraverso Magdeburgo, in un'automobile insieme con parecchi altri ? E quanto ha scritto nel suo diario. D'accordo, giovanotto, vedrquello che riesco a ricordare...
ROSCHMANN e le altre SS arrivarono a Monaco prima della fine di
aprile, poi si divisero. Roschmann era in uniforme di caporale dell'Eser-
cito tedesco, provvisto di documenti intestati a suo nome, che lo qualifi-
cavano come soldato dell'Esercito.
Le colonne dell'Esercito americano che pattugliavano la Baviera dove-
vano occuparsi dei gerarchi delle SS che, secondo quanto si diceva, erano
intenzionati ad asserragliarsi in una fortezza di Berchtesgaden e a com-
battere fino all'ultimo uomo, quindi prestavano poca attenzione alle cen-
tinaia di soldati tedeschi dispersi. Roschmann, viaggiando di notte attra-
verso la campagna, nascondendosi di giorno nelle capanne e nelle barac-
che dei boscaioli, attraversil confine con l'Austria e si diresse a Graz,
sua cittnatia, sicuro di trovare asilo. Vi era quasi giunto, quando, il
6 maggio, una pattuglia inglese gli diede l'ordine di fermarsi. Sciocca-
mente, cercdi darsi alla fuga. Mentre si gettava in mezzo alla boscaglia
76 ai bordi della strada, una raffica di pallottole passin mezzo alla macchia
d'alberi e una di esse lo colpal petto, perforandogli un polmone.
Dopo una rapida perlustrazione nel buio, i soldati inglesi se ne
andarono senza scoprirlo, e Roschmann rimase nascosto in un cespuglio.
Da l si trascinfino a una fattoria, a meno di un chilometro di distanza.
Ancora lucido, diede al contadino il nome di un medico di Graz, e per tre
mesi fu curato da amici, dapprima nella fattoria, poi nella stessa citta-
dina. Quando fu in grado di camminare, la guerra era finita gida tre
mesi e l'Austria era occupata dalle quattro potenze. Graz si trovava nel
cuore della zona britannica.
Tutti i soldati tedeschi catturati furono rinchiusi dagli inglesi per due
anni nei campi per i prigionieri di guerra e Roschmann, giudicando che il
posto pisicuro fosse proprio un campo britannico, si consegn E cos
dall'agosto 1945 all'agosto 1947, mentre proseguiva la caccia ai peggiori
criminali delle SS, Roschmann rimase lal sicuro. Aveva preso il nome
di un suo amico caduto in Africa settentrionale. Gli Alleati non avevano
nil tempo nla possibilitdi svolgere un'accurata indagine sui militari
dell'Esercito, e quindi il nome fu ritenuto autentico. Nell'estate del 1947,
Roschmann fu rilasciato. Si sentiva abbastanza sicuro per abbandonare
il rifugio del campo di prigionia, ma si sbagliava.
Uno dei superstiti di Riga, originario di Vienna, aveva giurato ven-
detta a Roschmann. Quest'uomo si aggirava per le strade di Graz, in
attesa che Roschmann tornasse a casa, dai genitori, che aveva lasciato
nel 1939, e dalla moglie, Hella, che aveva sposato durante una licenza
nel 1943.
Dopo il suo rilascio, awenuto in agosto, Roschmann lavorcome
bracciante nelle campagne vicino a Graz; poi, il 20 dicembre 1947,
torna casa per Natale. Il superstite di Riga era sempre in attesa.
Un'ora dopo, due sergenti inglesi del Servizio di Sicurezza di zona, si
presentarono, perplessi e scettici, a casa di Roschmann e bussarono alla
porta. Dopo una breve perquisizione, trovarono l'ex SS nascosta sotto un
letto. Se Roschmann si fosse mostrato apertamente, avrebbe potuto
convincere facilmente i sergenti a non credere alle parole del suo accusa-
tore. Il fatto che si fosse nascosto, invece, lo trad Fu portato via per
essere interrogato dal maggiore Hardy del Servizio di Sicurezza, il quale
lo fece chiudere immediatamente in cella mentre inoltrava a Berlino
la richiesta di fare un controllo nello schedario americano delle SS.
Quarantotto ore dopo arrivava la conferma della sua identit e gli
americani chiesero che Roschmann fosse tradotto a Monaco per poi
deporre a Dachau, dove era in corso un processo contro altre SS. Gli
inglesi acconsentirono e 1'8 gennaio 1948, Roschmann, scortato da due
sergenti, fu fatto salire su un treno diretto a Salisburgo e a Monaco.
LORD RUSSELL smise di passeggiare per la stanza e si diresse verso
il caminetto, dove svuotla pipa.
E poi che cosa accaduto ? domandMiller.
E fuggito rispose Lord Russell.
Cosa?! E fuggito. E saltato gidal finestrino del gabinetto del treno in corsa.
Aveva detto che l'alimentazione del carcere gli aveva procurato una dis-
senteria. Quando i due soldati di scorta abbatterono la porta del ga-
binetto, Roschmann era ormai scomparso in mezzo alla neve. Non
l'hanno pitrovato. Evidentemente, dev'essersi messo in contatto con
una delle organizzazioni che aiutavano gli ex nazisti a fuggire. E a questo punto, a chi ci si potrebbe rivolgere? domandil gior-
nalista.
Lord Russell sbuf~con aria perplessa. Ai suoi compatrioti, im-
magmo. 哽hi, in particolare?domandancora Miller, temendo di cono-
scere gila risposta.
Per quanto riguarda Riga, dovrebbe essere il procuratore generale
di Amburgo rispose Lord Russell.
Ci sono gistato: non collaborano. Lord Russell ridacchi Niente di strano, niente di strano. Ha pro-
vato a Ludwigsburg? S Sono stati cortesi, ma non molto utili. E contro le regole spieg
Bene, con cisono esauriti i canali ufficiali dell'inchiesta. C`sol-
tanto un'altra possibilit Ha mai sentito parlare di Simon Wiesenthal ? Wiesenthal ? S vagamente. Il nome mi dice qualcosa, ma non riesco
a individuarlo. Abita a Vienna. E un ebreo che ha trascorso quattro anni in una
serie di campi di concentramento. Ha deciso di dedicare il resto dei suoi
giorni a rintracciare i criminali nazisti. Niente di illegale, badi bene. Si
limita a raccogliere informazioni. Quando convinto di averne scoperto
uno, informa la polizia. Se la polizia non interviene, allora lui indice
una conferenza stampa e solleva uno scandalo. E inutile che le dica che
non eccessivamente popolare negli ambienti ufficiali. Lui ritiene che
non facciano abbastanza per portare i criminali nazisti conosciuti da-
vanti alla giustizia, per non parlare poi di rintracciare quelli nascosti. Non l'uomo che ha scovato Adolf Eichmann? domandMiller.
Lord Russell annu E parecchie centinaia di altri. Se fosse noto
qualcosa sul conto di Eduard Roschmann, lui lo saprebbe. Sarmeglio
che le scriva una lettera di presentazione. Riceve una quantitdi visite. Andalla scrivania e scrisse in fretta alcune righe.
Buona fortuna, ne avrbisogno disse al giornalista, accompa-
gnandolo all'uscita.

IL MATTINO dopo, Miller tornava in aereo a Colonia, riprendeva la
sua automobile e iniziava il viaggio di due giorni fino a Vienna.
Arrivverso la metdel pomeriggio del 3 gennaio. Si diresse subito
verso il centro della citte chiese la strada per Rudolfsplatz. Al numero
7 della piazza, I'elenco degli inquilini indicava che il Centro di documen-
tazione si trovava al quarto piano. Sale bussalla porta di legno di-
pinta di un color crema. Da dietro la porta, qualcuno guardattraverso
uno spioncino prima di tirare il chiavistello. Una graziosa ragazza bionda
apparve sulla soglia.
Prego ? Il mio nome Miller. Peter Miller. Vorrei parlare con Herr Wiesen-
thal. Ho una lettera di presentazione. La diede alla ragazza, la quale sorrise e lo pregdi attendere.
Riapparve un momento dopo. Prego, da questa parte. Miller la segulungo un corridoio fino a una porta aperta. Quando
entr un uomo si alzper salutarlo.
Entri gli disse Simon Wiesenthal.
Era un uomo imponente, alto pidi un metro e ottanta, e indossava
una pesante giacca di tweed. In mano, aveva la lettera di Lord Russell.
L'ufficio era piccolo, pieno zeppo di libri. La scrivania era lontana
dalla finestra e Miller si accomodsulla sedia posta di fronte a essa. Il
viennese che dava la caccia ai nazisti si sedette a sua volta dietro la
scrivania.
Il mio amico Lord Russell mi dice che lei sta cercando di rintracciare
uno degli assassini delle SS esordsenza preamboli.
S vero. 娑osso saperne il nome? Roschmann, capitano Eduard Roschmann. Simon Wiesenthal si lascisfuggire un sibilo. Il macellaio di Riga?
Uno dei primi cinquanta uomini della mia lista. Posso sapere perchlei
Sl interessa a quest'uomo? Miller comincia spiegare per sommi capi. Wiesenthal sollevuna
mano. 哽ominci dall'inizio. Com'la storia di questo diario? Dopo l'avvocato di Ludwigsburg, Cadbury e Lord Russell, quella era la
quarta volta che Miller doveva ripetere la sua storia. Ogni volta diventava
un po' pilunga, ed era necessario aggiungere un altro capitolo alla
biografia che Miller ormai ben conosceva. Comincidaccapo e con-
tinua parlare finchnon ebbe spiegato l'aiuto avuto da Lord Russell.
Quello che ora voglio sapere concluse, dove andato a finire
dopo essere saltato gidal treno. Ha con sil diario? domandWiesenthal. Miller lo prese dalla
valigetta e lo depose sulla scrivania.
Wiesenthal lo studiattentamente. Molto interessante. Alzlo
sguardo e sorrise. D'accordo, credo a ciche lei mi ha raccontato. Perch aveva dei dubbi ? domand Miller.
Simon Wiesenthal lo guardintensament C'sempre un piccolo
margine di dubbio, Herr Miller. La sua una storia molto strana. An-
cora adesso non riesco a capire per quale motivo lei vuole rintracciare
Roschmann. E sicuro che non ci siano motivi personali? Miller eluse la domanda. Continuano a chiedermelo. Perchdovreb-
bero esserci motivi personali ? Io ho soltanto ventinove anni. E successo
tutto prima che fossi abbastanza grande per capire. Naturalmente. Wiesenthal diede un'occhiata al suo orologio e si
alz Sono le cinque e vorrei tornare a casa da mia moglie. Mi lasce-
rebbe il diario da leggere durante il fine settimana? Certamente rispose Miller.
Bene. Allora, per favore, torni lunedmattina e le racconterci che so della storia di Roschmann.
MILLER arrivlunedmattina alle dieci e trovSimon Wiesenthal
alle prese con un mucchio di lettere. Fece cenno al giornalista di met-
tersi a sedere. Ho letto il diario. Un documento molto importante. E rimasto sorpreso ? domandMiller.
Non per il contenuto. Tutti noi abbiamo avuto pio meno le stesse
esperienze. No, la sua precisione, invece. Tauber sarebbe stato un te-
stimone perfetto. Ha annotato tutto, persino i minimi particolari. E li ha
annotati a quel tempo. Questo molto importante per avere un ver-
detto di condanna in un tribunale tedesco o austriaco. E adesso morto. Herr Wiesenthal, lei il primo ebreo, passato attraverso quelle
esperienze, col quale mi capita di parlare a lungo. Tauber diceva che non
si puparlare di colpe collettive. Per da vent'anni che noi tedeschi
ci sentiamo dire che siamo tutti colpevoli. Lei lo crede? No rispose il cacciatore di nazisti. Tauber aveva ragione. Come pudirlo, se noi aobiamo ammazzato tutti quei milioni di
uomini ? Lei, personalmente, non era l Lei non ha ucciso nessuno. Wie-
senthal lo osserva lungo, intensamente. Lei sa quali erano le sezioni
delle SS realmente responsabili del massacro? No. Allora, penso sia meglio dirglielo. Lei ha sentito parlare dell'Ammi-
nistrazione Centrale dell'economia del Reich, incaricata dello sfrutta-
mento delle vittime prima della loro morte? S ho letto qualcosa in proposito. Il lavoro di quell'ufficio, in un certo senso, rappresentava la parte
centrale dell'operazione spiegHerr Wiesenthal. Una volta compiuto
lo sfruttamento economico, quello di finire materialmente le vittime di-
ventava compito del Servizio per la sicurezza del Reich, I'RSHA. Lo
strano uso della parola "sicurezza" ha origine dalla stravagante idea dei
nazisti che le loro vittime rappresentassero una minaccia per il Reich,
il quale doveva tutelarsi nei loro confronti.
L'RSHA era divisa in parecchi dipartimenti: uno di essi era costi-
tuito dal Servizio di sicurezza e dalla Polizia di sicurezza e fu comandato
prima da Reinhard Heydrich, assassinato a Praga nel 1942, e poi da
Ernst Kaltenbrunner, giustiziato dagli Alleati. Erano i loro uomini a
escogitare le torture per far parlare le persone sospette. Roschmann, ricordMiller, era stato nel Servizio di sicurezza di
Riga.
Un altro dipartimento era la Gestapo proseguWiesenthal, co-
mandata da Heinrich Muller, che non stato ancora trovato a tutt'oggi.
La sezione ebraica era affldata a Adolf Eichmann. Altri dipartimenti
erano la Polizia criminale e il Servizio segreto estero.
Se si vogliono trovare specifiche responsabilit quindi, queste risal-
gono agli uffici dell'economia e della sicurezza delle SS, e le persone coin-
volte ammontano a migliaia, non ai milioni che compongono la Ger-
mania contemporanea. La teoria della responsabilitcollettiva di ses-
santa milioni di tedeschi fa comodo alle SS: ancora oggi si nascondono
dietro di essa. Sanno bene che, fin quando saraccettata questa teoria,
nessuno si mettera cercare i singoli assassini. Non molto energicamente,
82 almeno. Miller riflettsu quelle parole. Il motivo che, apparentemente, ha
indotto Tauber a uccidersi... Lei ci crede?
埋o ritengo che avesse ragione a pensare che nessuno gli avrebbe
reduto se avesse detto di aver visto Roschmann sulla scalinata del-
'I~pera di Amburgo Per non si nemmeno rivolto alla polizia obiettMiller.
Dopo un attimo di silenzio, Wiesenthal rispose: No, non credo
he sarebbe servito a niente. Ad Amburgo, almeno
Perch che cosa c'che non va ad Amburgo? Lei stato nell'ufficio del procuratore generale di quella citt si
nformWiesenthal,
S ci sono stato. Non si pudire che si siano dati molto da fare
~er aiutarmi. Temo che l'ufficio del procuratore generale di Amburgo non goda di
ma buona reputazione, qui spiegWiesenthal. Prendiamo l'esempio
lel generale delle SS Bruno Streckenbach. Nel 1939, ha comandato una
quadra di sterminio nella Polonia occupata dai nazisti. Alla fine del 1940,
ra a capo dei Servizi di sicurezza delle SS in tutta la Polonia. Migliaia
li persone sono state massacrate in quel periodo. Poco prima dell'inva-
ione della Russia, ha collaborato all'organizzazione delle squadre di
terminio che andavano al seguito dell'esercito.
Poi, stato promosso vicecomandante di tutto l'RSHA, sotto la di-
ezione di Heydrich. Quando Heydrich stato ucciso dai partigiani ce-
:oslovacchi - stato questo attentato a provocare la rappresaglia di
~idice, come lei saprStreckenbach diventato il vice di Kaltenbrun-
er. In questa funzione, ha avuto la completa responsabilitdelle opera-
ioni di sterminio in tutti i territori orientali occupati dai nazisti per tutta
a durata della guerra. Miller aveva un'espressione sgomenta. E non l'hanno arrestato ? Per tutta risposta, Simon Wiesenthal frugnel cassetto, dal quale prese
m foglio di carta. Lo piega met nel senso della lunghezza, e lo porsc
Miller, in modo che fosse visibile soltanto la parte sinistra del foglio.
nente, sono tutti alti funzionari della polizia di Amburgo. Perch Apra tutto il foglio disse allora Wiesenthal.
A fianco dei nomi c'era un'altra colonna, che elencava il numero di
:essera del partito nazista e quello di matricola delle SS, il grado e la
iata delle promozioni di ciascun personaggio menzionato.
Miller alzlo sguardo. Mio Dio! esclam
S Streckenbach era il loro diretto superiore, un tempo. DoPo l'intervallo di colazione, Wiesenthal riepilogtutta la storia di
Roschmann, dal giorno in cui era sfuggito ai soldati di scorta britannici,
1'8 gennaio 1948. Era giallora in contatto con un'organizzazione di
nazisti latitanti denominata Stella a Sei Punte, che non aveva niente in
comune col simbolo ebraico, ma chiamata cosperchaveva ramifica-
zioni in sei importanti cittadine austriache. Balzato gidal treno nella ~
neve alta, Roschmann, si trascinfino alla cascina di un contadino e l trovrifugio. Il giorno seguente, attraversato il confine con l'Alta Au-
stria, raggiunse a piedi la provincia di Salisburgo, dove si mise in contatto
con la Stella a Sei Punte. Fu portato quindi in una fabbrica di mattoni,
dove lavorcome operaio, in attesa che fossero presi gli accordi con
I'Odessa per un suo trasferimento a sud, in Italia.
A quel tempo l'Odessa era in stretti rapporti con la Legione straniera
francese, nella quale avevano trovato rifugio decine e decine di ex soldati
delle SS. E cos un giorno, un'automobile con targa francese e autista
della Legione straniera condusse Roschmann e altri cinque nazisti la-
titanti oltre il confine italiano, a Merano, dove un rappresentante del-
I'Odessa pagal conducente una grossa somma per ogni passeggero.
Da Merano, Roschmann fu portato a Rimini dove subl'amputazione
delle cinque dita del piede destro, congelate in seguito alla lunga cam-
minata nella neve, la notte dell'8 gennaio. In ottobre, sua moglie rice-
vette a Graz una lettera da Rimini, nella quale il marito usava per la
prima volta il nuovo nome che gli era stato assegnato: Fritz Bernd
Wegener.
Poco tempo dopo, fu trasferito in un convento francescano di Roma.
Quando furono pronti i suoi nuovi documenti, salpda Napoli alla volta
di Buenos Aires, dove fu accolto dall'Odessa e alloggiato presso una
famiglia tedesca di nome Vidmar. All'inizio del 1949, ricevette come
anticipo la somma di cinquantamila dollari americani, prelevati dai
fondi di Bormann in Svizzera, e iniziun'attivitcommerciale come
esportatore di legnami pregiati dal Sudamerica in Europa occidentale.
La ragione sociale della ditta era Stemmler & Wegener.
Roschmann aveva assunto come segretaria una ragazza tedesca, Irm-
traud Sigrid Muller e la sposall'inizio del 1955, anche se la sua prima
moglie, Hella, era ancora viva a Graz. Poco dopo, si avvide dei segni
dell'imminente crollo del regime peronista e temette che, con la caduta
~4 di Peron, potesse essere parzialmente revocata la protezione fino allora
concessa agli ex nazisti. Cos con la nuova moglie, Roschmann part alla volta dell'Egitto.

Trascorse ltre mesi, nell'estate 1955, poi in autunno tornnella
~;ermania occidentale. Nessuno avrebbe mai saputo niente, se non fosse
itato per la vendetta di una donna tradita. Hella Roschmann aveva
~critto a suo marito al recapito della famiglia Vidmar, a Buenos Aires. I
~idmar le avevano risposto che Roschmann aveva sposato la segretaria
~e aveva fatto ritorno in Germania. Furiosa, la donna si era rivolta alla
~polizia, denunciando Fritz Wegener e chiedendone l'arresto per bi-
~amia.
,~ E allora l'hanno preso ? domandMiller.
t ' Wiesenthal scosse la testa. No, scomparve un'altra volta. Certa-
mente con l'aiuto di nuovi documenti, e quasi certamente in Germania.
~, Vede, per questo motivo credo che Tauber possa averlo visto ad Am-
burgo. Vale la pena di mettersi in contatto con Hella Roschmann? do-
mandMiller.
Non credo. E difficile che Roschmann le riveli ancora i suoi sposta-
menti. O il suo nuovo nome. Deve essersi procurato i nuovi documenti
in fretta e furia. 哽hi potrebbe averglieli procurati?domandMiller.
`= L'Odessa, certamente. Ma che cosa l'Odessa? Lei continua a nominarla. 奘on ne ha mai sentito parlare?domandWiesenthal.
,~ No, fino adesso. ~: Simon Wiesenthal diede un'occhiata all'orologio. Sarmeglio che
'. torni domani mattina. Le raccontertutto.



MI ~ VENUTA in mente una cosa, questa notte, che mi sono dimenti-
cato di dirle ieri. E Peter Miller raccontdel dottor Schmidt, che l'aveva
awicinatO al Dreesen Hotel per consigliargli di lasciar perdere l'inchiesta
su Roschmann.
Wiesenthal serrle labbra e annu Lei si messo contro di loro,
ma strano che facciano un passo come questo con un giornalista, in
particolare in una fase cosiniziale. Mi domando cosa possa fare adesso
Roschmann di tanto importante. ~ Poi, per due ore di fila, il cacciatore di nazisti raccontdettagliata-
`~ mente a Miller la storia dell'Odessa.
QUANDO gli Alleati avevano invaso la Germania, nel 1945, e avevan
scoperto i campi di concentramento con il loro orrendo contenuto, ave-
vano interrogato tutti i tedeschi per sapere chi avesse compiuto quelle
atrocit La risposta era sempre la stessa: le SS. Ma quegli uomini era-
no introvabili.
Dove erano finiti? O vivevano clandestinamente, in Germania e in
Austria, oppure erano fuggiti all'estero. E non si era trattato di una fuga
dell'ultimo momento. Ciche gli Alleati riuscirono a capire solo molto
tempo dopo era che ogni fedele di Hitler aveva meticolosamente predi-
sposto tutto in anticipo per scomparire. Mentre gridavano al popolo
tedesco di continuare a combattere, i nazisti e le SS stavano giprepa-
randosi un esilio dorato. Gli uomini delle SS incitavano l'Esercito tedesco
a combattere e a subire le incredibili perdite inflitte dai sovietici - no-
nostante la sconfitta apparisse inevitabile - solo per guadagnare tempo
e mettere a punto i propri piani di fuga. Le SS stavano alle spalle dell'Eser-
cito, fucilavano e impiccavano i soldati che indietreggiavano. Migliaia
di soldati della Wehrmacht morirono in quel modo. Il fatto che, da
Heinrich Himmler in gi ognuna delle SS cercasse di salvare la propria
pelle a spese di tutti gli altri tedeschi getta una luce interessante sul pre-
teso patriottismo di questi militari.
Poco prima del crollo finale, le SS abbandonarono i loro posti in tutto
il Paese, infilarono i documenti perfettamente falsificati nelle tasche de-
gli abiti borghesi nuovi, e scomparvero. Lasciarono gli anziani soldati
della Milizia territoriale a fronteggiare gli inglesi e gli americani alle
porte dei campi di concentramento, e gli esausti soldati della Wehrmacht
a finire nei campi di prigionia.
L'organizzazione Odessa fu formata appena prima della fine della
guerra, con il compito di portar fuori della Germania le Waffen SS ricer-
-ate. A questo scopo, I'Odessa aveva stabilito stretti legami con Juan
.~eron. L'Argentina emise parecchie migliaia di passaporti in bianco, in
modo che i fuggitivi non dovessero far altro che compilarli sotto falso
nome, aggiungere la propria fotografia, fare vidimare il tutto dal console
argentino e imbarcarsi per Buenos Aires o per il Medio Oriente.
Le SS latitanti si rifugiarono nell'Alto Adige, attraverso l'Austria, e
da l facendo tappa in sicuri asili, situati lungo il percorso, si recavano
a Genova o, come nel caso di Roschmann, a Rimini e poi nel convento
86 francescano di Roma. Spesso, con l'aiuto di organizzazioni assistenziali,
come la Caritas e la Croce Rossa, riuscivano a procurarsi documenti
di viaggio e biglietti gipagati per il viaggio in nave. Non si saprmai

nnccr~ ~ nl cc~

quanti assassini delle SS siano riusciti a mettersi in salvo, ma furono sicu-
,~mente pidell'ottanta per cento di coloro che avrebbero dovuto af-
~ontare la pena capitale.
~ L'Odessa aveva assolto il suo primo compito. Dal punto di vista fi-
,~nanziario, I'organizzazione era ben provvista, grazie ai proventi del mas-
~8acro, trasferiti dalle banche svizzere. Per un certo periodo di tempo,
~I'Odessa rimase inoperosa e si limitad assistere al deterioramento dei
rapporti tra gli Alleati del 1945. Poi, con la creazione della nuova
repubblica della Germania occidentale, avvenuta nel maggio 1949, i
dirigenti dell'organizzazione si prefissero cinque nuovi obiettivi.
Il primo consisteva nell'infiltrazione delle SS in ogni attivitprofes-
sionale della nuova Germania. Per tutta la fine degli anni Quaranta e
durante gli anni Cinquanta, gli ex membri delle SS si introdussero negli
studi legali e medici, nelle file della magistratura, tra le forze di polizia
e nelle amministrazioni locali. Da queste posizioni, essi erano in grado
di proteggersi l'un l'altro contro le indagini e gli arresti, di tutelare i reci-
proci interessi, e,in generale,di assicurare che le indagini e le incrimina-
zioni di ex Kameraden procedessero con la maggior lentezza possibile, o
anche che fossero insabbiate del tutto.
Il secondo obiettivo era quello di penetrare nel meccanismo delpotere
politico. Evitando le cariche pialte, gli ex nazisti si introdussero alla
base del partito al potere, a livelli strategici. Pudarsi che sia una
coincidenza, ma nessuno, tra quanti hanno chiesto un'energica inda-
gine sui crimini delle SS, mai stato eletto nelle file del partito cristiano
democratico o di quello cristiano sociale. Un uomo politico ha spie-
gato il fenomeno con concisa semplicit E una questione di matema-
tica elettorale. Sei milioni di ebrei morti non votano. Cinque milioni di
ex nazisti hanno questo diritto e lo esercitano, a ogni elezione
L'obiettivo di questa infiltrazione era semplice: rallentare o arrestare
del tutto i procedimenti legali contro gli ex membri delle SS. In questo
compito, I'Odessa aveva un formidabile alleato: la tacita consapevolezza,
da parte di centinaia di migliaia di persone, di aver contribuito, anche se
in forma minima, alla realizzazione di ciche era accaduto, oppure di
esserne stati a conoscenza e di non aver parlato. A distanza di anni, di-
venute membri rispettabili della comunit queste persone potevano dif-
ficilmente permettere che i loro nomi fossero citati in qualche lontana
aula di tribunale dove veniva processato qualche uomo delle SS.
Il terzo obiettivo che si pose l'Odessa fu quello di inserirsi negli am-
bienti commerciali e industriali per trarre vantaggio dai primi incerti
DOSSIER ODESSA

passi del "miracolo economico" degli anni Cinquanta e Sessanta. Finan-
ziati con i depositi nelle banche di Zurigo, gli ex membri delle SS awia-
rono proprie iniziative, i cui profitti contribuirono a mantenere cospicui
i fondi dell'organizzazione.
Il quarto obiettivo era, ed tuttora, quello di fornire la migliore assi-
stenza legale possibile a tutti quanti gli ex nazisti costretti ad affron-
tare un processo. In ogni processo contro le SS, gli avvocati della difesa
sono sempre stati tra i pibrillanti e i picostosi di tutta la Germania,
indipendentemente dalla situazione economica del loro assistito, ma nes-
suno si mai domandato chi avesse pagato le loro parcelle.
Il quinto obiettivo la propaganda. Questa assume molteplici forme:
dalla diffusione di opuscoli propagandistici di destra agli intrallazzi di
corridoio per far cadere in prescrizione i crimini di guerra delle SS.
E stata fatta ogni mossa possibile per convincere i tedeschi di oggi che
il numero totale degli ebrei, dei polacchi e degli altri prigionieri deceduti
nei campi di concentramento era in realtmolto inferiore a quello de-
nunciato dagli Alleati (la cifra che di solito viene citata di centomila
morti).
L'obiettivo principale della propaganda dell'Odessa perquello di
convincere settanta milioni di tedeschi - e in parte ci sono riusciti - che
le SS erano veri patrioti, come i soldati della Wehrmacht, e che la soli-
dariettra vecchi camerati deve essere sostenuta. E questa la beffa
pigrande, perchgli uomini della Wehrmacht consideravano le SS con
ripugnanza, mentre le SS, dal canto loro, trattavano i soldati della Wehr-
macht con disprezzo. Cinquemila uomini della Wehrmacht furono man-
dati a morte dalle SS dopo il complotto contro Hitler del luglio 1944,
nel quale erano implicate meno di cinquanta persone. E, come si detto,
milioni di giovani soldati della Wehrmacht furono spinti alla morte o
verso la prigionia, per consentire agli uomini delle SS di vivere prospera-
mente altrove. E misterioso il fatto che gli ex soldati dell'Esercito, della
Marina e dell'Aviazione possano considerare come Kameraden gli uomini
delle SS. E tuttavia qui sta il vero successo dell'Odessa che riuscita,
in gran parte, a vanificare gli sforzi della Germania occidentale per
portare in tribunale gli autori dei massacri

QUANDO Wiesenthal ebbe finito di pa~lare, Miller depose la matita con
88 la quale aveva preso appunti. Non avevo la minima idea di tutto ci comment
Poche persone ne sanno qualcosa ammise Wiesenthal. La stessa

parola Odessa non pronunciata quasi mai in Germania, ai giorni nostri.
Il nuovo termine Cameratismo, come in America la Mafia chiamata
Cosa Nostra. Per I'Odessa ancora in Germania, e continuera es-
serci finchci sarun solo criminale delle SS da proteggere. E lei pensa che siano questi gli uomini contro i quali dovrbat-
termi ? Ne sono convinto. Il consiglio che le ha dato il dottor Schmidt non
potrebbe venire da nessun'altra parte. Stia attento, questa gente pu essere pericolosa. I pensieri di Miller presero un'altra direzione. Quando la prima
moglie di Roschmann ha svelato l'identitdi Wegener, come ha fatto
l'Odessa a procurargli il nuovo passaporto che secondo lei dovrebbe
avere ora? Avranno probabilmente un falsario, da qualche parte, che li pro-
duce per loro. Quindi, se si trovasse il falsario dei passaporti, si potrebbe arrivare
fino a Roschmann. Wiesenthal si strinse nelle spalle. Forse. Ma, per riuscirci, biso-
gnerebbe prima infiltrarsi nell'Odessa. Soltanto le ex SS possono en-
trarvi. 圃 allora, che cosa posso fare, adesso?domandMiller.
Penso che la miglior cosa sia di cercare di mettersi in contatto con
qualcuno dei sopravvissuti di Riga. Guardi... continu sfogliando il
diario di Tauber, qui si parla di una certa Olli Adler, che era in com-
pagnia di Roschmann durante la guerra. Pudarsi che sia sopravvissuta
e sia tornata a casa sua, a Monaco. Miller annu E se fosse tornata, dove potrei trovare il suo nome ? Al Centro della comunitebraica di Monaco, dove tutti gli ebrei di
quella cittsono registrati. Io proverei l 娑osso avere l'indirizzo? Simon Wiesenthal consultun'agenda. Reichenbachstrasse, numero
ventisette Si alze accompagnMiller alla porta. Buona fortuna gli disse, e mi faccia sapere come andata.
IL MATTINO del 9 gennaio, Miller andin automobile a Monaco e si
recal numero 27 di Reichenbachstrasse. Si rivolse al banco delle infor-
5~ mazioni, al terzo piano e, mentre aspettava l'arrivo della persona incari-
cata, si guardintorno nella stanza. C'erano scaffali pieni di libri, tutti
nuovi perchla biblioteca originale era stata incendiata dai nazisti tanto
nll ~ lFI~ l-)nRC.~A

tempo prima, e una rastrelliera di giornali, alcuni in tedesco, altri in
ebraico. Un uomo piccolo, di carnagione scura, stava osservando la pri-
ma pagina di uno di questi ultimi.
娑osso esserle utile?Una donna con gli occhi scuri, tra i qua-
ranta e i cinquant'anni, aveva preso posto al banco delle informazioni.
Miller le domandse poteva avere notizie di una certa Olli Adler,
che, forse, era rientrata a Monaco dopo la guerra.
唏a dove dovrebbe essere tornata?domandla donna.
Da Riga. Ahim esclamla donna. Non credo che nei nostri schedari
figurino i nomi di persone tornate da Riga. Comunque, darun'oc-
chiata. Andin una stanza sul retro e fece ritorno dopo cinque minuti. Mi
dispiace, non risulta nessuno sotto quel nome. Non ci sarebbe nessun altro, a Monaco, di quanti erano a Riga?
L'uomo che sto cercando, in realt l'ex comandante del campo. Nella stanza calil silenzio. Miller ebbe la sensazione che l'uomo vici-
no alla rastrelliera dei giornali si fosse voltato per guardarlo.
Forse c'qualcuno. Per dovrei passare in rassegna tutto l'elenco
dei superstiti. Non potrebbe tornare domani? Certo rispose Miller. Torner Mille grazie.
MILLER era in strada, e stava cercando le chiavi dell'automobile,
quando uddei passi alle sue spalle.
Mi scusi fece una voce. Miller si volt L'uomo che gli stava da-
vanti era quello che aveva visto vicino alla rastrelliera dei giornali.
Lei sta facendo ricerche sul comandante di Riga? domandl'uo-
mo. Si tratta forse del capitano Roschmann? S proprio lui rispose Miller. Perch lo sono stato a Riga. Forse, posso aiutarla. L'uomo, sulla quaran-
tina, era piccolo di statura, magrissimo, e aveva occhi scuri e intensi.
Il mio nome Mordecai, ma mi chiamano Motti. Possiamo bere un
caffe parlare un po' ? Andarono in un bar lvicino. Miller gli parldelle indagini che aveva
svolto fino a quel momento, e l'uomo lo ascoltin silenzio. Mmm fe-
ce alla fine. Un vero e proprio pellegrinaggio. Che motivo potrebbe
avere un tedesco per rintracciare Roschmann ? Perchun tedesco non dovrebbe provare collera per quanto acca-
duto durante la guerra?
Motti scrollle spalle. E insolito che qualcuno arrivi a questo punto,
~co tutto. In quanto all'ultima scomparsa di Roschmann... Lei pensa
a~wero che avesse un passaporto fornito dall'Odessa? Cosmi stato detto. E, a quanto pare, I'unico modo per trovare il
~Isario sarebbe quello di riuscire a infiltrarsi nell'Odessa ~, Motti studiper un po' il giovane che gli stava davanti. In quale al-
~bergo alloggiato ? domand
Miller gli disse che non aveva ancora prenotato, ma che ne cono-
~sceva uno dove si era gifermato. Su invito di Motti, andal
~telefono per chiamare l'albergo.
Quando tornal tavolo, I'uomo era scomparso. Per sotto la tazzina
del caff c'era questo biglietto: "Sia che prenda o no una stanza in quel-
I'albergo, si trovi nel salone alle otto di questa sera".

QUELLO stesso pomeriggio, Werwolf lesse il rapporto che il dottor
&hmidt gli aveva inviato da Bonn. Le ultime parole pronunciate dal ge-
nerale Glucks, a Madrid, praticamente lo privavano di ogni libertdi scel-
ta. "Una soluzione definitiva" era stato l'ordine, e lui sapeva bene
che cosa cisignificasse. E nemmeno i termini usati dal dottor Schmidt
gli lasciavano la facoltdi tentare un'ultima manovra: "Un giovanotto
cocciuto, tracotante e caparbio, con una componente di odio personale
per il Kamerad in questione, Eduard Roschmann, della quale non sembra
esserci spiegazione. E improbabile che ascolti ragione, anche davanti a
minacce personali".
Werwolf sospir e compose un numero telefonico di Dusseldorf.
Dopo parecchi squilli, una voce rispose semplicemente: S E una chiamata per Herr Mackensen disse Werwolf.
All'altro capo del telefono, la voce domand Chi lo vuole? Anzichrispondere direttamente alla domanda, Werwolf diede la pa-
rola d'ordine.
Seguun attimo di silenzio, poi
C'un lavoro da fare. Trovati
Quando ? domandl'altro.
唧lle dieci rispose Werwolf.
nome Keller. A Dusseldorf, Mackensen entrnel bagno per fare la doccia e per ra-
dersi Era un uomo vrosso e ~ossente. ex ser~ente della divisione Das 9]

: Parla Mackensen disse la voce.
qui domani mattina.
Di' alla mia segretaria che il tuo



Reich delle SS; aveva imparato il mestiere di assassino impiccando ostag-
gi francesi a Tulle e a Limoges nel 1944. Dopo la guerra, I'Odessa lo
aveva incaricato di trasportare in Alto Adige, con un camion, i nazisti
fuggitivi. Nel 1946, bloccato da una pattuglia americana, I'uomo aveva
massacrato tutti e quattro gli occupanti della jeep, due dei quali a mani
nude.
Pitardi, era stato ingaggiato come guardia del corpo di alcuni capi
dell'Odessa, e verso la metdegli anni Cinquanta era divenuto il sicario
dell'organizzazione. Nel gennaio 1964, aveva giassolto dodici missioni
di quel tipo.

LA TELEFONATA arrivalle otto in punto al centralino dell'albergo.
L'addetto si affaccialla porta del salone per avvertire Miller che
aspettava guardando la televisione.
Il giornalista riconobbe subito la voce al telefono.
Herr Miller ? Sono io, Motti. Mi trovo con alcuni amici che potrebbe-
ro aiutarla. Non vorrebbe incontrarsi con loro? Sono disposto a incontrarmi con chiunque sia in grado di aiutar-
mi rispose il giovane.
Bene fece Motti. Esca dall'albergo e volti a sinistra, in Schiller-
strasse. Due isolati piavanti, sempre dalla stessa parte, c'il caffLin-
demann. Mi troverl Miller prese il cappotto e uscdalla porta girevole. Quando si trova
mezzo isolato di distanza dall'albergo, sentimprovvisamente qualcosa
che gli veniva spinto tra le costole, dietro, e vide un'automobile accosta-
re al marciapiede.
Salga sul sedile posteriore, Herr Miller ansimuna voce.
La portiera che gli era pivicina fu spalancata e Miller entrabbas-
sando la testa. Sul sedile posteriore c'era un altro uomo, che si spostper
fargli spazio. Sententrare nell'automobile anche l'uomo che aveva alle
spalle.
Il cuore gli martellava in petto quando l'automobile si staccdalla cor-
donatura del marciapiede. Non conosceva nessuno di quegli uomini.
Quello che era alla sua destra tirfuori una specie di calza nera e gli dis-
se. Dovrbendarla
La calza gli venne calata sul capo fino a coprirgli il naso. Il giovane ri-
cordciche Simon Wiesenthal gli aveva detto: "Stia attento, questa
gente puessere pericolosa".
Il viaggio durcirca mezz'ora, poi l'auto rallente si ferm Fu fatto
scendere dal sedile posteriore, e due uomini al suo fianco lo aiutarono
ad attraversare un cortile. Per un attimo avvertil freddo della notte sulla
DOSSIER ODESSA

faccia, poi fu di nuovo al coperto. Una voce disse: Levategli la benda e la calza gli fu sfilata dalla testa.
La stanza in cui si trovava era evidentemente sotterranea, perchnon
aveva finestre. Era comoda e ben arredata. Vicino alla parete, di fronte a
lui, c'era un lungo tavolo, con otto sedie intorno. Motti era in piedi ac-
canto al tavolo e sorrideva con aria quasi di scusa. I due che avevano
accompagnato Miller ldentro gli offrirono una sedia e si sedettero a loro
volta ai suoi lati. Dall'altra parte del tavolo c'era un quarto uomo, sulla
sessantina, magro e ossuto, con le guance scavate, il naso a becco, gli oc-
chi spiritati. Fu lui a prendere la parola.
Benvenuto, Herr Miller. Mi scuso per lo strano modo in cui lei stato eondotto in easa mia. Il motivo che, se lei deciderdi respingere
la mia proposta, potressere riportato al suo albergo senza eonoseere
il nostro luogo di eonvegno.
Il mio amieo prosegu aeeennando a Motti, mi ha informato che
per motivi suoi personali lei sta dando la caccia a un certo Eduard Rosch-
mann. E che, per avvicinarsi a lui, sarebbe forse disposto a tentare di in-
filtrarsi nell'Odessa. Noi potremmo essere disposti ad aiutarla. Miller lo guardsbalordito. Vuol dire che non siete dell'Odessa? domand
L'uomo si chinin avanti e arrotolla manica sinistra. Sull'avambrac-
eio era tatuato un numero con inehiostro azzurro. Ausehwitz spieg
Poi indiei due uomini ai ]ati di Miller: 唇uehenwald e Daehau
Quindi indieMotti: Riga e Treblinka. Herr Miller, aleuni pensano ehe
gli assassini del nostro popolo dovrebbero essere proeessati. Io e i miei
eompagni non siamo d'accordo. Noi siamo rimasti in Germania, dopo il
1945, con uri obiettivo, e soltanto uno, fisso nella mente: la vendetta. Noi
non li arrestiamo, Herr Miller. Noi li ammazziamo eome maiali, quali essi
sono. Il mio nome Leon

LEON interrogMiller per quattro ore prima di eonvineersi della sin-
eeritdel giornalista. Quando ebbe finito, si appoggiallo sehienale del-
la sedia e osservil giovane. Si rende eonto di quanto sia rischioso cer-
care di infiltrarsi nell'Odessa? Posso immaginarlo rispose Miller. Per prima cosa sono troppo
giovane. 94 Non c'nemmeno da pensare a usare la sua identit Esiste un elen-
co di ex SS, e il nome di Peter Miller non vi compreso. E poi, lei dovr essere invecchiato di dieci anni almeno. Dovrassumere, fino in fon-
do l'identitdi una persona che realmente prestservizio nelle SS. Lei pensa di riuscire a trovare questo qualcuno ? domandMiller.
Leon scrollle spalle. Dovrebbe essere una persona la cui morte
non puessere controllata dall'Odessa. Oltre a ci lei dovrsuperare
tutti gli esami dell'Odessa. Cisignifica che dovrtrascorrere cinque
o sei settimane insieme con un ex membro delle SS, il quale puinsegnar-
le la fraseologia e il comportamento adatto. Per fortuna, noi conosciamo
un uomo che fa al caso nostro. Miller era sconcertato. E perchdovrebbe fare una cosa simile? E un ex capitano delle SS che si sinceramente pentito di ciche
ha fatto. Pitardi entrato a far parte dell'Odessa, cosa che gli ha per-
messo di trasmettere informazioni alle autoritsui nazisti ricercati.
Avrebbe continuato a farlo, se non fosse stato scoperto. Fortunatamente,
riusca salvare la pelle. Adesso vive sotto falso nome in una casa vicino a
Bayreuth. 圃 che cosa dovrei imparare? Tutto ciche riguarda la sua nuova identit Dove nata la persona
in questione, la data di nascita, come entrato nelle SS, dove stato ad-
destrato, dove ha prestato servizio, qual era la sua unitmilitare, chi era
il suo ufficiale comandante; e tutta la sua storia dalla fine della guerra
a oggi. Dovrpresentare anehe le credenziali di una persona garante.
Questo non sarfacile. Molto tempo e molta fatica dovranno essere spe-
si per lei, Herr Miller. E a voi, che cosa viene da tutto ci domandMiller, con aria
sospettosa.
Leon si alze si mise a camminare sul tappeto. I peggiori criminali
delle SS vivono sotto falso nome spieg Noi vogliamo quei nomi. 唧vete mai provato a infiltrare vostri uomini dentro l'Odessa? domandMiller.
Leon annu Due volte rispose.
E che cosa accaduto ? Il primo stato trovato in un canale, senza le unghie delle dita.
Il secondo scomparso senza lasciare traccia. E ancora intenzionato
ad andare avanti? Miller ignorla domanda. Se siete cosefficienti, come mai sono stati
scoperti ? Erano entrambi ebrei spiegLeon concisamente. Abbiamo cer- 9s
cato di cancellare dal braccio il tatuaggio del campo di concentramento,
ma sono rimaste le cicatrici. A proposito, lei circonciso ? Ha importanza ? domandMiller.
Naturalmente. Il fatto che un uomo sia circonciso non basta a pro-
vare che sia ebreo, perchanche molti tedeschi sono circoncisi. Per
se non lo questa considerata pio meno una prova che non ebreo. Non lo sono dichiarMiller.
Leon annu con pensosa soddisfazione. Questo fatto aumenta sicura-
mente le sue probabilit Resta quindi soltanto il problema di cambiare
il suo aspetto fisico e di insegnarle a recitare una parte che puessere
molto pericolosa. La mezzanotte era passata da un pezzo. Leon diede un'occhiata al-
I'orologio. Motti, forse il caso di dare qualcosa da mangiare al no-
stro ospite. Motti, con un sorriso, scomparve di ldalla porta.
Dovrtrascorrere la notte qui soggiunse Leon, rivolgendosi a
Miller. Mi dia le chiavi, e mandera prelevare la sua auto che bene
non sia vista in giro durante le prossime settimane. Ci occuperemo noi
del conto dell'albergo e del bagaglio. Domani mattina, lei dovrscrivere
a sua madre e alla sua ragazza, spiegando che non si farvivo per un po'
di tempo. Intesi ? Miller annue porse le chiavi della sua automobile.
Domani la accompagneremo in automobile a Bayreuth, dove incon-
treril nostro ufficiale delle SS. Si chiama Alfred Oster. E adesso, mi
scusi. Devo cominciare a cercare una nuova identitper lei. Si alze usc Motti tornben presto con un vassoio di vivande, poi la-
sciMiller solo davanti a pollo freddo e patate in insalata e in preda a
dubbi crescenti.

MOLTO lontano, a nord, nel Policlinico di Brema, un infermiere stava
facendo un giro di controllo nella corsia a lui affidata. Erano le prime
ore del mattino. In fondo alla camerata, c'era un paravento. L'infermiere,
che si chiamava Hartstein, diede un'occhiata all'uomo ricoverato ldietro.
Giaceva immobile. L'infermiere gli tastil polso: nessun segno di vita.
Alcune frasi che il paziente aveva detto precedentemente, durante il
delirio, indussero l'infermiere a sollevargli il braccio sinistro. Sotto
l'ascella era tatuato un numero: quello del suo gruppo sanguigno, prova
inconfutabile che il paziente era stato un tempo tra le SS.
L'infermiere Hartstein copril volto del defunto e diede un'occhiata
nel cassetto del comodino accanto al letto. Prese la patente di guida del
paziente, che era stata posta ldentro, con altri effetti personali, quando
I'uomo era stato ricoverato dopo essere crollato in mezzo alla strada. Da
essa risultava che il defunto, di nome Rolf Gunther Kolb, aveva trentotto
anni: data di nascita 18 giugno 1925.
L'infermiere infilin tasca la patente di guida e anda denunciare il
decesso al medico di turno.



POCO PRIMA di mezzogiorno, Peter Miller e Motti, accompagnati dall'auti-
sta della notte precedente, partirono alla volta di Bayreuth, nel cuore del-
Ia zona soprannominata Svizzera bavarese. Appena Miller prese posto
sul sedile posteriore dell'automobile gli fu nuovamente infilata la calza
nera sulla testa. Poi lo fecero sdraiare sul fondo dell'automobile e dovette
rimanere l bendato, finchnon furono lontani da Monaco. Fecero cola-
zione in una trattoria lungo la strada, a Ingolstadt, poi puntarono verso
la periferia orientale di Norimberga e arrivarono a Bayreuth un'ora
dopo.
Dato il mese - gennaio - la cittadina era tranquilla, ammantata di neve.
Il villino di Alfred Oster si trovava in una strada laterale, a un chilometro
e mezzo dalla citt e quando la piccola comitiva arrivdavanti all'in-
gresso principale un'altra automobile era parcheggiata ldavanti.
L'ex ufficiale delle SS era un uomo corpulento, dall'aria cordiale, con
occhi azzurri e una lanugine di capelli fulvi. Nonostante la stagione, aveva
l'aria abbronzata e sana di chi vive al sole e all'aria aperta di monta-
gna.
Motti consegna Oster una lettera di Leon. Il bavarese la lesse e annu
lanciando a Miller una rapida occhiata. Be', si pusempre provare. Per
quanto tempo posso averlo a disposizione ? Finchnon sarpronto rispose Motti, e finchnon riusciremo a
trovargli una nuova identit Le faremo sapere. Qualche minuto dopo Motti partiva e Oster accompagnMiller nel
soggiornO Dunque, lei vorrebbe passare per un'ex SS, vero ? Miller annu Proprio cos Bene, cominceremo con lo stabilire alcuni dati basilari. Io non so
dove lei abbia assolto il servizio militare, ma sospetto che l'abbia fatto
in quell'accozzaglia di indisciplina, di democrazia e di asilo infantile
che si chiama nuovo Esercito tedesco. Questo il primo fatto. Il nuovo
Esercito tedesco avrebbe resistito esattamente dieci secondi davanti a un
DOSSIER ODESSA

qualsiasi esercito convenientemente addestrato, durante l'ultima guerra.
Il secondo fatto questo: le Waffen SS erano i soldati piduri, pi disciplinati, pipreparati che siano mai andati in battaglia nella storia di
questo pianeta. Qualsiasi cosa abbiano commesso non pumodificare
questo dato di fatto. Dunque, si metta sull'attenti, Miller! Finchrester in questa casa, la regola questa.
Quando io entrerin una stanza, lei dovrbalzare sull'attenti. E
quando dico balzare, voglio dire balzare! Dovrfar battere i tacchi e re-
stare sull'attenti finchio non sara cinque passi da lei. Quando le dir qualcosa che necessita di risposta, lei risponder Jawohl, Herr Haupt-
sturmfuhrer. E quando le impartirun ordine o una disposizione, dovr rispondere: Zu befehl, Herr Hauptsturmfuhrer. E chiaro? Miller annu
Battere i tacchi! ruggOster. Voglio senlire il colpo secco del
cuoio. Dunque, visto che, forse, non avremo molto tempo a disposizione,
dovremo fare corsi accelerati. Prima di cena, attaccheremo con i gradi,
dal soldato semplice al generale. Lei dovrimparare i titoli, i modi di ap-
pellarsi, le uniformi e le insegne sul colletto di ogni grado che sia mai esi-
stito in qualsiasi ordine delle SS.
Dopo di ci le farseguire l'intero corso politico ideologico che lei
avrebbe dovuto frequentare al campo di addestramento per le SS di Da-
chau. Poi dovrimparare le marce militari, le canzoni di osteria e gli inni
delle varie unit Posso insegnarle tutto ciche le SS dovevano conoscere
al momento della partenza dal loro campo di addestramento per la prima
destinazione. Dopo di che, Leon dovrdirmi a quale unitlei avrebbe do-
vuto appartenere, chi era il suo ufficiale comandante, che cosa le capita-
to dopo la fine della guerra, come ha passato il tempo dopo il 1945. La
prima parte dell'addestramento prenderdalle due alle tre settimane.
In ogni caso, non creda che questo sia un gioco. Una volta entrato
nell'Odessa, al minimo sbaglio lei finirdentro un canale. Mi creda, io
non sono nato ieri, ma dopo aver tradito l'Odessa, persino io ero terroriz-
zato. E per questo che vivo qui sotto falso nome. Per la prima volta,da quando aveva iniziato la sua solitaria caccia a
Eduard Roschmann, Miller si domandse non si era forse spinto troppo
oltre.

98 MACKENSEN si presenta rapporto da Werwolf alle dieci in punto. Wer-
wo!f fece accomodare il sicario sulla sedia degli ospiti davanti alla sua
scrlvania e Sl accese un sigaro.

,~ C'una certa persona, un giornalista, che sta facendo domande sul
conto di uno dei nostri Kameraden esord Il sicario annucon compren-
sione. Gialtre volte aveva ricevuto disposizioni che cominciavano con
quelle parole.
L'uomo che il giornalista sta cercando di importanza assoluta-
mente vitale per noi e per i nostri piani a lunga scadenza. Il giornalista in
questione sembra essere intelligente, tenace, abile e interamente votato a
una specie di vendetta personale contro il Kamerad. Ci sono motivi ? domandMackensen.
La perplessitdi Werwolf traspardal suo cipiglio. Scrollla cenere
dal sigaro prima di rispondere. Non comprendiamo quale sia il motivo
della vendetta; tuttavia, un motivo ci deve essere, evidentemente mor-
mor L'uomo che egli sta cercando comandava un ghetto nell'Ostland.
Alcuni, soprattutto gli stranieri, rifiutano di accettare le nostre giustifi-
cazioni per ciche accaduto laggi La cosa strana che questo gior-
nalista non nstraniero, nebreo. E un giovane tedesco, ariano, figlio
di un eroe di guerra: niente, del suo passato, che possa spiegare un odio
cosprofondo nei nostri confronti, nquesta idea fissa di ritrovare uno
dei nostri Kameraden, nonostante il nostro deciso ed esplicito ammoni-
mento a tenersi lontano dalla faccenda. E con un certo rammarico che
mi vedo costretto a ordinare la sua morte. Tuttavia, la sua caparbiet non mi lascia alternative. )>
Dove si trova attualmente ? Non lo sappiamo. Un buon posto per cominciare sarebbe il suo ap-
partamento, nel quale vive con una ragazza. Se ti presenti come inviato di
una delle riviste per cui il giornalista lavora, la ragazza, probabilmente,
ti parler L'uomo viaggia a bordo di un'automobile vistosa. Troverai qui
tutti i particolari. Werwolf gli porse un foglio di carta.
Avrbisogno di soldi fece presente Mackensen. Werwolf spinse
sulla scrivania un fascio di diecimila marchi.
Quali sono gli ordini ? domandancora il sicario.
Individuare ed eliminare rispose Werwolf.

SOLTANTO il 13 gennaio, la notizia della morte di Rolf Gunther Kolb,
avvenuta a Brema quattro giorni prima, arriva Leon a Monaco. La let-
tera inviatagli dal suo corrispondente nella Germania settentrionale con-
teneva anche la patente di guida del defunto.
Leon fece un controllo per appurare che il nome di Kolb apparisse
sull~elenco delle SS e che non figurasse tra le persone ricercate nella Ger-
DOSSIER ODr~SSA

mania occidentale. Poi, si mise in contatto con Motti. Ecco l'uomo che
fa al nostro caso gli disse, porgendogli la patente di Kolb. Era sergente
all'etdi diciannove anni, promosso poco prima della fine della guerra.
Dovevano essere molto a corto di uomini. La faccia di Kolb diversa da
quella di Miller, ma altezza e corporatura coincidono. Quindi, abbiamo
bisogno di una nuova fotografia, ma per quella si puaspettare. Per au-
tenticare la fotografia avremo bisogno di una copia del timbro dell'Ispet-
torato di Brema. Provvedi tu. Quando Motti se ne fu andato, Leon compose un numero telefonico di
Brema e impartulteriori disposizioni.

MACKENSEN, sorseggiando un cocktail nel bar dell'albergo Schweizer-
hof di Monaco, rifletteva sul suo problema: Miller e la sua automobile
erano scomparsi. Mackensen, che era una persona scrupolosa, aveva pre-
so contatto persino con i principali rappresentanti della Jaguar per la
Germania occidentale, ottenendo da loro una serie di fotografie pubblici-
tarie della Jaguar XK 150 S; cos ora, conosceva il tipo di automobile
che stava cercando. Le indagini a casa di Miller gli avevano fruttato una
conversazione con la graziosa e simpatica amichetta del giornalista, la
quale gli aveva mostrato una lettera inviatale da Monaco, nella quale
Miller l'avvertiva che sarebbe rimasto in quella cittper un po' di tempo.
Mackensen aveva svolto indagini in ogni albergo di Monaco, nei par-
cheggi pubblici e privati, nelle stazioni di rifornimento. Niente. L'uomo
che cercava sembrava essere scomparso dalla faccia della terra.
Finito di bere, Mackensen scivolgidallo sgabello del bar e si di-
resse verso il telefono per fare rapporto a Werwolf. Il sicario non lo sa-
peva, ma in quel momento si trovava a poco pidi un chilometro di
distanza dalla Jaguar nera con la striscia gialla, parcheggiata oltre il
muro di cinta del cortile della vecchia bottega in cui Leon viveva e di-
rigeva la sua piccola e fanatica organizzazione.

NEL POLICLINICO di Brema, un uomo col camice bianco entrnell'uf-
ficio amministrativo. Appeso a] collo aveva lo stetoscopio, segno distin-
tivo dell'interno di fresca nomina.
Ho bisogno di dare un'occhiata alla cartella medica di uno dei nostri
pazienti, Rolf Gunther Kolb disse all'impiegata.
100 La donna non riconobbe l'interno, ma ciera comprensibile: ce n'era-
no a dozzine dentro l'ospedale. Trovla cartella di Kolb e la porse al
medico. Poi, il telefono squille la donna anda rispondere.

Il medico si mise a sedere e diede una scorsa ai documenti contenuti
nella cartella. Da essi risultava che Kolb aveva avuto un collasso in
strada ed era stato portato in ospedale con l'ambulanza. La visita aveva
rivelato un tumore intestinale all'ultimo stadio. Era stata presa la deci-
sione di non operare. Il paziente era stato curato con una serie di farmaci
e successivamente con la morfina. L'ultimo foglio contenuto nella cartella
attestava semplicemente: "Paziente deceduto in data 9 gennaio. Causa
del decesso: carcinoma dell'intestino crasso. Salma consegnata all'obi-
torio municipale in data 10 gennaio".
L'interno estrasse quell'ultimo foglio dalla cartella e al suo posto ne
mise un altro, portato da lui. In esso era scritto: "Nonostante le gravi
condizioni del paziente, il carcinoma ha risposto alle cure ed regredito.
Il 16 gennaio, il paziente stato trasferito, dietro sua richiesta, alla Cli-
nica Arcadia, nella cittdi Delmenhorst, per un periodo di convale-
scenza".
L'interno restitula cartella medica all'impiegata, la ringrazicon
un sorriso e se ne and Era il 22 gennaio.

TRE giorni dopo, Leon mise a posto anche l'ultima tessera del mosaico.
L'impiegato di una compagnia di viaggi lo informche il proprietario
di un panificio di Bremerhaven aveva prenotato due biglietti per una
crociera invernale, a nome suo e della moglie. La coppia avrebbe com-
piuto un viaggio turistico di quattro settimane nei Caraibi, partendo
da Bremerhaven la domenica 16 febbraio. La nave era piccola, e non
collegata a terra coradio-telefono. Leon sapeva che il proprietario di
quel panificio era stato colonnello delle SS durante la guerra, e che, in
seguito, era entrato a far parte dell'Odessa. Ordina Motti di andare
ad acquistare un manuale sulla panificazione.

WERWOLF era perplesso. Quasi tre settimane erano trascorse da quando
aveva incaricato i suoi rappresentanti nelle principali citttedesche di
segnalargli la presenza di un uomo di nome Miller e quella della sua
Jaguar nera sportiva. Parecchie telefonate erano state fatte a una ragazza
di nome Sigi, facendole credere che provenissero dal direttore di un'im-
portante rivista, ma la ragazza aveva sempre risposto di non sapere dove
si trovasse il giornalista. Erano state svolte indagini anche presso la
banca, ma Miller non aveva piincassato assegni fin dal mese di no- 101
vembre Insomma, era scomparso. Era giil 31 gennaio, e Werwolf
si sentin dovere di fare una telefonata.
DOSSIEI~ ODESSA





102

MOLTO lontano, fra le montagne, un uomo depose il suo telefono
mezz'ora dopo, imprecando tra sviolentemente. Era un venerdsera,
ed era appena arrivato nella sua residenza di montagna per trascorrere
due giorni di riposo.
Anda guardare fuori della finestra del suo studio elegantemente
arredato. La luce che usciva dalla finestra si diffondeva sull'alto tappeto
di neve che ricopriva il prato, e il riverbero arrivava fino agli alberi di
pino che coprivano la maggior parte della sua propriet
La telefonata lo impensieriva. Aveva detto al suo interlocutore che
nessuno era stato notato in prossimitdella sua casa, nessuno si era
aggirato nei pressi della sua residenza di montagna. Per era ugual-
mente preoccupato. Miller? Chi diavolo era quel Miller? Le assicura-
zioni avute al telefono, e cioche qualcuno si sarebbe preso cura del
giornalista, lo tranquillizzavano soltanto in parte. La serietcon cui il
suo interlocutore e i suoi collaboratori consideravano la minaccia rap-
presentata da quel Miller era testimoniata dalla decisione di inviargli
fin dal giorno successivo una guardia del corpo personale, che gli sa-
rebbe stata accanto fino a ulteriori notizie.
Tirle tende dello studio, nascondendo alla vista il panorama inver-
nale. La porta spessamente imbottita non lasciava penetrare alcun ru-
more dal resto della casa. L'unico suono che si sentiva nella stanza era il
crepitio dei ceppi di pino fresco, il cui allegro riverbero era incorniciato
dal grande camino decorato da un fregio in ferro battuto a forma di
foglie di vite.
La porta si apre sua moglie mise dentro la testa: La cena pronta
Arrivo, mia cara rispose Eduard Roschmann.

IL MATTINO dopo, sabato, un gruppetto di persone partite da Monaco
arrivalla casa di Oster. Nell'automobile viaggiavano Leon e Motti, il
conducente e un uomo con una borsa nera.
Nel soggiorno, Leon disse all'uomo con la borsa nera: E meglio
che tu vada su in bagno a preparare i tuoi attrezzi L'uomo annue
salle scale.
Gli altri si sedettero intorno al tavolo, poi Leon domand 哽ome
se la cava? Sembrava quasi che Miller non fosse nemmeno presente.
Abbastanza bene rispose Oster. Gli ho fatto un esame di due ore,
ieri, e potrebbe passarlo. Leon porse una patente di guida a Miller. Il posto della fotografia
era in bianco. Questo l'uomo che lei deve diventare gli disse. Rolf
GUnther Kolb, nato il 18 giugno 1925. Avrebbe avuto percidiciannove
anni alla fine della guerra, e ne avrebbe trentotto oggi. E nato e cresciuto
a Brema. E entrato nella Gioventhitleriana all'etdi dieci anni e nelle
SS, nel gennaio 1944, a diciotto. Entrambi i genitori di Kolb sono
morti sotto un bombardamento, nel 1944. Qual stata la sua carriera nelle SS? domandOster.
Non conosciamo la carriera di Kolb nelle SS rispose Leon. Non
deve esser stata nulla di speciale, visto che il nome di quest'uomo non
appare su alcun elenco di persone ricercate e che nessuno ha mai sen-
tito parlare di lui. In un certo senso meglio, perchprobabile che nem-
meno l'Odessa ne abbia mai sentito parlare. Tuttavia, non avrebbe mo-
tivo di chiedere l'aiuto dell'Odessa, se non fosse ricercato. Quindi l'ab-
biamo inventata noi, la sua carriera. Eccola qui. Quando ebbe finito di leggere i fogli che Leon gli aveva dato, Oster
annu Sta in piedi. Basterebbe per farlo arrestare, se fosse denunciato. Leon emise un borbottio soddisfatto. Abbiamo trovato anche un
garante per lui. Un ex colonnello delle SS di Bremerhaven partirper
una crociera il 16 febbraio. E proprietario di un panificio. Quando
Miller si presentercome Kolb, dopo il 16 febbraio, potresibire una
lettera in cui l'ex colonnello delle SS assicura all'Odessa che Kolb, un
tempo alle sue dipendenze, stato veramente nelle SS ed effettivamente
nei guai. In quella data, il panettiere sarormai in mare e non potr essere contattato. Tra l'altro aggiunse porgendo un libro a Miller,
lei dovrimparare anche qualcosa sulla panificazione. Non accennal fatto che il proprietario del panificio sarebbe stato
assente soltanto per quattro settimane e che, dopo di allora, la vita di
Miller sarebbe stata appesa a un filo.
E adesso, amico mio, il barbiere cambierun po' il suo aspetto
fisico disse Leon a Miller. Dopo di che, faremo una buona fotografia
per la patente. Nel bagno, al piano superiore, il barbiere taglii capelli di Miller
finch sotto la peluria rimasta, non si intravide la cute. L'aspetto un
po' trasandato di Miller era cosscomparso. Poi gli furono estirpate
quasl completamente le sopracciglia. La mancanza di sopracciglia
rende perplessi circa l~etesatta di un uomo spiegil barbiere. Un'ul-
tima cosa: dovrfarsi crescere i baffi. Invecchiano, come lei sa. Pu riuscirci in un paio di settimane? Penso di srispose Miller, dando un'occhiata alla sua immagine
riflessa Sembrava giun uomo tra i trenta e i quarant anni.
Quando scese al piano inferiore, il giornalista fu fatto sedere davanti
a uno schermo bianco, e Motti gli scattparecchie fotografie
La patente sarpronta entro tre giorni assicurMotti.
I quattro uomini se ne andarono, e Oster si rivolse a Miller. Dun-
que, Kolb gli disse, cessando gidi chiamarlo in altro modo, lei stato addestrato a Dachau e trasferito a Flossenburg nel luglio 1944.
Nell'aprile 1945, lei ha comandato il plotone d'esecuzione che ha giu-
stiziato l'ammiraglio Canaris e altri ufficiali dell'Esercito sospettati di
complicitnell'attentato contro Hitler del luglio 1944. Va bene, met-
tiamoci al lavoro, sergente.
L UOMO che sedeva accanto al finestrino sull aereo dell Olimpic Air-
ways diretto a Monaco da Atene, in quel giorno di metfebbraio, sem-
brava tranquillo e riservato. Era nato in Germania trentatranni prima,
col nome di Josef Kaplan, figlio di un sarto ebreo di Karlsruhe. Aveva
tre anni quando Hitler era salito al potere, sette quando i suoi genitori
erano stati portati via su un cellulare nero; da allora era rimasto na-
scosto in un solaio per altri tre anni finch nel 1940, all'etdi dieci
anni, anche lui era stato scoperto e portato via. Aveva sfruttato allora
le capacitdi resistenza e di ingegnositdella sua giovane etper so-
pravvivere a una serie di internamenti nei campi fino al 1945.
Due anni dopo, diciassettenne e affamato come un topo, con una
sfiducia atavica nei confronti di tutto e di tutti, era arrivato in nave
a una nuova spiaggia, molti chilometri lontana da Karlsruhe e da Da-
chau. L aveva preso il nome di Uri Ben-Shaul.
Gli anni successivi gli avevano portato una moglie e due bambini,
nonchla nomina a maggiore dell'Esercito, ma non avevano eliminato
il suo odio per il Paese verso il quale stava viaggiando quel giorno.
Aveva accettato di mettere da parte i suoi sentimenti e di riprendere,
come gialtre due volte aveva fatto, quella facciata cordiale e disinvolta
che era necessaria per trasformarsi ancora una volta in un tedesco. Il
Mossad aveva pensato a fornirgli tutto il resto: passaporto, lettere di
presentazione, carte di credito, e tutti i documenti accessori di un citta-
dino di un Paese dell'Europa occidentale, insieme con gli abiti e il baga-
glio di un viaggiatore di commercio tedesco.
Mentre le dense nuvole dell'Europa inghiottivano l'aereo, I'uomo ri-
104 pensalla sua missione. Seguire un tedesco, di nome Peter Miller e di
quattro anni pigiovane di lui, e tenerlo d'occhio mentre cercava di
fare ciche molti altri avevano gitentato senza successo: infiltrarsi

DOSSIER ODESSA

nell'Odessa. Controllare ciche il giovane avrebbe scoperto e accertarsi
che riuscisse a rintracciare l'uomo che aveva reclutato la nuova leva di
scienziati tedeschi da mandare in Egitto per la costruzione dei missili.
Poi, presentarsi a rapporto con tutto quello che il giovane era riuscito
a scoprire, prima che questi fosse "bruciato", com'era inevitabile.
Avrebbe svolto la sua missione, ma senza alcun piacere. Per fortuna
nessuno aveva preteso che si divertisse a diventare di nuovo un te-
desco.

IL GIORNO dopo, Oster e Miller ricevettero l'ultima visita di Leon e
di Motti. Con essi c'era una persona nuova, presentata semplicemente
come Josef.
Tra l'altro disse Motti a Miller, ho portato qui la sua automo-
bile, oggi. L'ho lasciata in un parcheggio pubblico in citt vicino alla
piazza del mercato. Getta Miller le chiavi, aggiungendo: Non la
usi quando andra far visita all'Odessa. E troppo vistosa, e lei do-
vrebbe essere un semplice fornaio. Prenda il treno, per arrivare fin l
Miller annu ma dentro di srimpiangeva di essere separato dalla
sua amata Jaguar.
- Ecco la sua patente, con la fotografia della sua faccia di adesso. Se
qualcuno glielo chiede, pudire che guida una Volkswagen, ma che l'ha
lasciata a Bremerhaven, dal momento che la targa potrebbe farla iden-
tificare dalla polizia.
L'uomo che, inconsapevolmente, saril suo garante, partito questa
mattina da Bremerhaven per una crociera. Era un colonnello delle SS, e
adesso proprietario di un panificio ed stato il suo datore di lavoro.
Si chiama Joachim Eberhardt. Ecco la lettera di presentazione per l'uomo
che lei andra trovare. La firma perfettamente falsificata. La lettera
informa il destinatario che lei stato un buon soldato delle SS e che ora
si trova nei guai, e chiede di aiutarla a procurarsi una nuova identit 哽hi l'uomo al quale devo presentarmi?domandMiller.
Leon gli porse un foglio di carta. Questo il suo nome e questo il
suo indirizzo di Norimberga. Siamo sicuri che uno dei piimportanti
esponenti dell'Odessa. Pudarsi che abbia conosciuto Eberhardt, il
quale un pezzo grosso dell'organizzazione per la Germania settentrio-
nale. Ecco la fotografia di Eberhardt. La studi bene nel caso che il no-
stro uomo le chieda di descriverlo. Penso che dovrpresentarsi proba-
bilmente il prossimo giovedmattina. Miller annu D'accordo, vada per giovedi. >
Ricordi soggiunse Leon, che noi vogliamo sapere chi che re-
cluta per l'Egitto gli scienziati esperti di missili. E vogliamo avere
l'elenco dei principali rappresentanti dell'Odessa in Germania. Un'ul-
tima cosa: si tenga in contatto. Usi i telefoni pubblici e chiami questo
numero ogni volta che viene a sapere qualcosa. Porse un biglietto a
Miller. Lo impari a memoria e lo distrugga.
Venti minuti dopo il gruppo era gipartito.

SULLA strada del ritorno a Monaco, Leon e Josef viaggiavano in silen-
zio sul sedile posteriore dell'automobile. L'agente israeliano stava ran-
nicchiato nel suo angolo. Perchcoscupo ? domandalla fine Leon.
Sta andando tutto bene. ))
Josef gli lanciun'occhiata. Fino a che punto c'da fidarsi di questo
Miller ? Se c'da fidarsi? E la migliore occasione che abbiamo mai avuto
per infiltrarci nell'Odessa. Hai sentito ciche ha detto Oster. Puspac-
ciarsi per un'ex SS dove vuole, purchnon perda la testa. ))
lo dovrei tenerlo d'occhio continuamente brontolJosef. Dovrei
riferire di ogni persona con cui parla. Vorrei non aver mai accettato di
lasciarlo andare da solo. E un dilettante. E se non si tiene in contatto ? La collera di Leon era a malapena soffocata. Era evidente che i due
uomini avevano giaffrontato quella discussione. Adesso sta' a sen-
tirmi ancora una volta. Quest'uomo un mio agente. Ho aspettato per
anni di mandare luno come lui, uno che non ebreo. E non ho alcuna
intenzione di farlo smascherare da qualcuno che gli sta alle costole.
A BAYREUTH, Miller guardava la neve che cadeva. Non aveva alcuna
intenzione di tenersi in contatto per telefono. Non gli importava niente
degli scienziati. Uno solo era il suo obiettivo: Eduard Roschmann.





I ()6

MERcoLEDsera, 19 febbraio, Peter Miller si congedda Alfred Oster.
Arriva piedi fino alla stazione, distante un chilometro e mezzo, e l comperun biglietto di sola andata per Norimberga. Mentre superava
la transenna per il controllo dei biglietti, diretto alla banchina spazzata
dal vento, il bigliettaio lo avvert 娛emo che dovraspettare un bel
po', signore. Il treno per Norimberga arriverin ritardo, stasera

Miller ne fu sorpreso; la puntualitera un punto d'onore per le fer-
rovie tedesche. Che cosa accaduto? domand
E caduta una grossa valanga sulla ferrovia. Abbiamo appena saputo
che lo spazzaneve si guastato. I tecnici stanno riparandolo. - Gli anni trascorsi a lavorare come giornalista avevano creato in Miller
un profondo disgusto per le sale d'attesa. Aveva trascorso troppo tempo
Identro, al freddo, scomodo, e stanco. Nel piccolo bar della stazione
sorseggiuna tazzina di caff mentre con la mente andava all'auto-
mobile.
Gi.. e se lui l'avesse parcheggiata all'altra estremitdi Norimberga,
a parecchi chilometri di distanza dall'indirizzo che gli era stato dato?
Se, dopo il colloquio, fosse stato mandato da qualche altra parte con
un altro mezzo di trasporto, avrebbe sempre potuto lasciare la Jaguar
in qualche garage. Nessuno l'avrebbe trovata prima che fosse terminata
.~ Ia missione. Oltre tutto, pens non sarebbe stato male avere a disposi-
zione un mezzo per squagliarsela alla svelta se la situazione l'avesse
richiesto.
Ripensall'avvertimento di Motti, secondo il quale l'automobile era
i~ troppo vistosa. Non c'era motivo, per per ritenere che, in Baviera,
qualcuno avesse sentito parlare di lui o della sua auto. Usarla poteva
essere un rischio, ma queilo di restare appiedato era un rischio maggiore.
Uscdalla stazione. Dieci rninuti dopo era al volante della Jaguar e si
dirigeva fuori della citt
Arrivato a Norimberga, Miller parcheggil'automobile in una strada
laterale, prenotuna camera in un piccolo albergo a un paio di isolati di
distanza, vicino alla Stazione centrale e, attraverso la Porta del Re,
entrnella cittvecchia, cinta di mura.
Le luci delle strade e delle finestre illuminavano i caratteristici tetti
a punta e i frontoni decorati della cittmedioevale. Era difficile rendersi
conto che quasi ogni mattone e ogni pietra di ciche vedeva intorno a s erano stati meticolosamente ricostruiti dopo il 1945. La vecchia Norim-
berga era stata ridotta in macerie dalle bombe degli Alleati.
, Trovla casa che stava cercando due strade dopo la piazza del mer-
-. cato centrale, quasi sotto la doppia guglia della chiesa di San Sebaldo.
Ritornquindi nella piazza del mercato, alla ricerca di un posto per
cenare Passdavanti a due o tre ristoranti tipici, poi notun filo di fumo
che saliva, nel gelido cielo notturno, dal tetto di tegole rosse di una
piccola rosticceria. Era un posticino simpatico e, una volta entrato,
Miller fu avvolto da un~ondata di calore e di buonumore. Ordinla
DOSSIER ODESSA

specialitdella casa, le piccole salsicce aromatizzate di Norimberga~
innaffiandole con una bottiglia di vino locale.
Dopo cena, si trattenne un po' a bere il caff osservando il fuoco dei
ceppi che guizzava nel camino. Per molto tempo rimase a domandarsi
per quale motivo doveva rischiare la vita nella ricerca di un uomo che
aveva commesso dei crimini vent'anni prima. Aveva quasi deciso di
lasciar perdere tutto, di tagliarsi i baffi, di farsi crescere ancora i capelli
e di tornare ad Amburgo nel suo caldo letto, dove l'aspettava Sigi,
quando arrivil conto; nel portare la mano al portafogli le sue dita
toccarono una fotografia. La prese e osservquella bocca simile a una
trappola per topi, quegli occhi slavati che lo fissavano sopra il colletto
duro con le mostrine nere e con il doppio fulmine d'argento. Dopo un
po', mise la fotografia sopra la candela che ardeva sul tavolino e la
fiamma la ridusse in cenere in un attimo. Non ne aveva pibisogno.
L'avrebbe riconosciuta subito, quella faccia, non appena l'avesse vista.

QUASI nello stesso momento, Mackensen si trovava alle prese con il
capo dell'Odessa, furioso e preoccupato.
Come diavolo puessere scomparso ? scattWerwolf. Non
puessere scomparso dalla faccia della terra. Ha una macchina che
dev'essere la piappariscente di tutta la Germania, visibile a un chilo-
metro di distanza, ed inammissibile che non sia stato visto... Mackensen attese che quel momento di delusione e di collera si esauris-
se. Eppure proprio cos Ho fatto interrogare la sua ragazza, sua ma-
dre, i suoi colleghi. Nessuno sa niente. Dev'essersi messo al riparo. Dobbiamo trovarlo taglicorto Werwolf. Non deve avvicinarsi
a questo Kamerad. Sarebbe un disastro. Si farvedere assicurMackensen con convinzione. Prima o
poi, dovruscire allo scoperto, e allora lo avremo in pugno. Era la logica del cacciatore di professione, pensWerwolf, e annu lentamente. Benissimo. Resta qui vicino. Prendi una stanza in qualche
albergo della citte aspetteremo che si faccia vedere.
Poco prima delle nove del mattino seguente, Miller premette il lucido
campanello di una casa. La porta fu aperta da una domestica che lo
introdusse in un soggiorno riccamente arredato e andad avvertire il
108 padrone, un avvocato.
L'uomo che entrnella stanza, dieci minuti dopo, aveva gipassato
la cinquantina, e i suoi capelli castano chiari erano spruzzati d'argento
alle tempie. Era elegante e sicuro di s e guardsenza curiositil visita-
tore, valutando con un'occhiata i calzoni e la giacca di poco prezzo,
tipici della condizione di operaio. Che cosa posso fare per lei? do-
mandpacatamente.
Be', Herr Doktor, speravo che lei potesse aiutarmi. Insomma replicl'uomo dell'Odessa, lei saprsicuramente che
il mio studio non lontano da qui. Forse, si sarebbe dovuto rivolgere l per farsi fissare un appuntamento dalla mia segretaria. Be'... non mica di un aiuto proprio professionale che ho bisogno spiegMiller, parlando nel tipico dialetto dei ceti operai di Amburgo e
mostrando un evidente disagio. Ho qui una lettera di presentazione
dell'uomo che mi ha suggerito di venire da lei, signore. L'uomo dell'Odessa prese la lettera senza dire una parola e diede una
rapida occhiata. Si irrigidimpercettibilmente. Capisco, Herr Kolb.
Forse sarebbe meglio metterci a sedere. Rimase parecchi minuti a osservare attentamente il suo ospite, corru-
gando la fronte. Poi, all'improvviso, domandbruscamente: Come
ha detto che si chiama'~ Kolb, signore. Nome di battesimo ? Rolf Gunther, signore. 埔a documenti di identitcon lei? Soltanto la patente di guida. Me la mostri, per favore. Miller gli porse la patente. L'avvocato la aprdi scatto, poi lanci un'occhiata a Miller e confrontla sua faccia con quella della fotografia.
唏ata di nascita?domandseccamente.
Il compleanno ? Ah... Il... diciotto giugno, signore. L'anno, Kolb. Millenovecentoventicinque, signore. L'avvocato esaminla patente per qualche minuto ancora. Aspetti
qui disse improvvisamente.
Attraversla sua abitazione e andnello studio, sul retro della casa
al quale i clienti accedevano da una strada laterale. Entr apruna cas-
saforte a muro e ne estrasse un grosso registro.
Conosceva di nome Joachim Eberhardt, ma non l'aveva mai incontrato
personalmente~ Non era del tutto sicuro dell'ultimo grado conseguito
da Eberhardt nelle SS. Il registro confermava il contenuto della lettera:
Joachim Eberhardt, promosso colonnello delle Waffen SS il 10 gennaio
DOSSIER ODESSA

1945. Sfogliparecchie altre pagine e controllil nome di Kolb, Rolf
Gunther, nominato sergente nell'aprile 1945. Data di nascita: 18 giugno
1925. Chiuse il registro, lo rimise a posto e chiuse la cassaforte. Poi,
tornnel soggiorno e si sedette di nuovo.
Potrebbe anche darsi che io non abbia la possibilitdi aiutarla. Lei
se ne rende conto, vero? Miller si morse il labbro e annu Non ho altro posto in cui andare,
signore. Herr Eberhardt mi ha detto che se non mi aiutava lei nessun
altro poteva farlo. L'avvocato sospir Farebbe meglio a dirmi, prima di tutto, come
ha fatto a cacciarsi in questo pasticcio. Be', signore, mi trovavo a Brema. Abito le, finchnon successo
questo pasticcio, lavoravo per Herr Eberhardt al panificio. Be', stavo
camminando per strada, un giorno di circa quattro mesi fa, quando im-
provvisamente mi sono sentito molto male. Un male terribile, con dolori
di stomaco. Sono caduto svenuto sul marciapiede. Cos mi hanno por-
tato all'ospedale. Quale ospedale ? 11 Policlinico di Brema, signore. Mi hanno fatto qualche esame e mi
hanno detto che avevo il cancro. All'intestino. Solo che a quanto pare stato preso in uno stadio iniziale. Mi hanno curato con delle medicine e
dopo un po' di tempo il cancro regredito. A quanto pare, lei un uomo fortunato. S insomma, e allora quell'infermiere ebreo dell'ospedale ha co-
minciato a guardarmi. Uno sguardo piuttosto strano, capisce ? Come uno
che vuol dire: "Io ti conosco". Prosegua. L'avvocato mostrava un maggiore interesse.
E cos circa un mese fa, mi hanno detto che ormai potevo essere
trasferito in un convalescenziario. Prima di lasciare l'ospedale, per
mi sono ricordato di quell'ebreo. Era un internato di Flossenburg. L'avvocato si raddrizzsulla poltrona. Lei stato a Flossenburg? S e me lo ricordavo da allora, quell'infermiere. Faceva parte di
un gruppo di internati che ha dovuto cremare il cadavere dell'ammiraglio
Canaris e degli altri impiccati per aver tentato di assassinare il Fuhrer. Lei stato fra quelli che hanno giustiziato Canaris e gli altri? Miller si strinse nelle spalle. Io comandavo il plotone d'esecuzione. 110 L~avvocato sorrise. Questo fatto la metterebbe di sicuro in un brutto
guaio, con le attuali autorit Vada avanii con la sua storia. Sono stato trasferito in questa clinica, e non ho pivisto l'infer-
miere ebreo. Poi, venerdscorso, ho ricevuto una telefonata. L'uomo
non mi ha detto il suo nome, ha detto soltanto che una certa persona
aveva informato quei porci di Ludwigsburg della mia identite che era
pronto un mandato di cattura per me. 娑robabilmente un amico nella polizia di Brema spiegl'av-
vocato. E allora che cosa ha fatto? Miller assunse un'espressione di sorpresa. Be', me ne sono andato.
No, non a casa, per paura che mi aspettassero l Non sono andato nem-
meno a prendere la mia Volkswagen. Sabato sono andato a trovare il
mio padrone, Herr Eberhardt. E stato molto gentile con me. Mi ha
detto che sarebbe partito per una crociera invernale, il mattino dopo,
e allora mi ha dato la lettera e mi ha detto di rivolgermi a lei. 圃 perchha pensato che Herr Eberhardt l'avrebbe aiutato? Be', non sapevo che era stato in guerra, fino a un paio d'anni fa,
quando c'stata una festicciola del personale. Eravamo tutti un po' be-
vuti, e io sono andato nel gabinetto degli uomini. Lho trovato Herr
Eberhardt che stava lavandosi le mani e cantava Horst-Wessel-Lied.
Cosmi sono messo a cantare anch'io. Poi lui mi ha dato una pacca sulle
spalle e mi ha detto: "Non una parola, Kolb" e se n'andato. Non
ci ho pipensato finchnon mi sono trovato nei guai. Poi ho pensato:
"Be', pudarsi che sia stato nelle SS come me". E cossono andato a
chiedergli aiuto. Come si chiamava quell'infermiere ebreo ? Hartstein, signore. 圃 il convalescenziario in cui stato mandato? La clinica Arcadia, a Delmenhorst. L'avvocato prese qualche appunto su un foglio di carta e si alz
Resti qui gli disse, e attraversdi nuovo l'appartamento per arri-
vare allo studio. Telefondapprima al panificio di Eberhardt.
La segretaria di Eberhardt fu molto premurosa.
No, purtroppo il signor Eberhardt non c' signore... No, non pos-
sibile, signore; partito per la sua solita crociera invernale nei Caraibi...
S quattro settimane, signore. L'avvocato pensper un attimo di domandarle se Kolb aveva lavorato
nel panificio, ma poi rinunci pensando che non convenisse suscitare la
curiositdella segretaria, nel caso che Kolb fosse realmente la persona
che sosteneva di essere. Telefonpoi al Policlinico di Brema, chiedendo
di parlare con l'ufficio personale.
Parla l'Istituto di previdenza sociale, reparto pensioni dichiar
Vorrei avere conferma che tra il vostro personale c'un infermiere di
nome Hartstein. Seguun momento di silenzio, mentre l'impiegata all'altro capo del
filo controllava il registro del personale. S c'rispose. David
Hartstein. Grazie rispose l'avvocato, e riappese. Poi, compose di nuovo lo
stesso numero e chiese di parlare con l'amministrazione.
Parla la segretaria del Panificio Eberhardt spieg Vorrei avere
notizie sullo stato di salute di un nostro dipendente che stato ricove-
rato nel vostro ospedale per un tumore all'intestino. Si chiama Rolf
Gunther Kolb. Seguun altro momento di silenzio. E stato dimesso gli fu rispo-
sto. E stato trasferito in un convalescenziario. Benissimo replicl'avvocato. Mi pudire il nome della cli-
nica'' E l'Arcadia, a Delmenhorst. Il numero telefonico successivo che l'avvocato compose era quello
dell'Arcadia. Rispose una ragazza che, dopo aver ascoltato la richiesta,
copril microfono con la mano e mormora un medico accanto a lei:
C'qualcuno che vuole avere notizie dell'uomo di cui lei mi ha par-
lato, Kolb
Il dottore prese il ricevitore. Parla il dottor Braun, direttore della
clinica disse. Posso esserle utile? Nell'udire quel nome, la segretaria lanciun'occhiata interrogativa
al medico. Questi, senza battere ciglio, ascoltla voce proveniente da
Norimberga e poi rispose con naturalezza: Herr Kolb si dimesso il
pomeriggio di venerdscorso. Un'irregolarit ma non ho potuto far
niente per impedirglielo... S stato trasferito qui dal Policlinico di
Brema. Un tumore, ormai in via di guarigione Restancora un mo-
mento in ascolto, poi disse: Di niente. Lieto di esserle stato utile
Il medico, che in realtsi chiamava Rosemayer, riappese il ricevitore
e poi compose un numero telefonico di Monaco. Senza preamboli an-
nunci Ha telefonato qualcuno per chiedere notizie di Kolb. Il con-
trollo cominciato
A Norimberga, I'avvocato riappese il ricevitore e fece ritorno nel sog-
giorno. D'accordo, Kolb, lei evidentemente l'uomo che sostiene di
essere. Tuttavia, vorrei farle qualche altra domanda. Lei circonciso ? Miller lo guardcon occhi inespressivi. No, non lo sono rispose.
Mi faccia vedere, sergente ordinseccamente l'avvocato.

Miller balzin piedi dalla sedia, scattando sull'attenti. Zu Befehl rispose. Rimase in quella posizione per tre secondi, poi aprla chiusura
lampo dei calzoni.
Bene, quanto meno non ebreo osservsoddisfatto l'avvocato.
Miller lo guardfissamente. Certo che non sono ebreo! L'avvocato sorrise. Ci sono stati casi di ebrei che hanno cercato di
~' spacciarsi per Kameraden. Ma non durano a lungo. E adesso le far alcune domande a bruciapelo. Dove nato? ,~ A Brema, signore. ~: E stato nella Gioventhitleriana? S signore. Sono entrato nel 1935, all'etdi dieci anni, signore. 娘uando si arruolato nelle SS? Nella primavera del 1944, signore. A diciott'anni. 唏ove stato addestrato? e Al campo di addestramento di Dachau, signore. 夏ei ha il gruppo sanguigno tatuato sotto l'ascella destra? No, signore. E comunque sarebbe l'ascella sinistra. Perchnon stato tatuato? Ecco, signore, noi dovevamo lasciare il campo di addestramento
nell'agosto del 1944. In luglio, per stato mandato a Flossenburg un
gruppo di ufficiali deli'Esercito coinvolti nel complotto contro il Fuhrer,
e sono stati inviati limmediatamente soldati di Dachau per aumentare i
ranghi. Io e una decina di altri siamo andati direttamente a Flossenburg.
Non siamo stati tatuati, ma il comandante disse che non era necessario,
in quanto non saremmo mai andati al fronte, signore. L'awocato annu Senza dubbio, il comandante sapeva gi nel luglio
~ del 1944, che la guerra stava ormai per terminare.
-~ 夏ei ha avuto il suo pugnale? S signore. Dalle mani del comandante. Quali sono le parole incise su di esso? "Sangue e Onore", signore. 唏i quale libro di marce militari fa parte l'Horst-Wessel-Lied? Tempo di combattere per la Patria, signore. Come era la sua uniforme ? ~` Casacca e calzoni grigio verdi, stivali al ginocchio, colletto con
mostrine nere, cintura nera con fibbia di bronzo. Il motto inciso sulla fibbia? 113
Una svastica contornata dalle parole: "Il mio onore la fedelt. L'avvocato accese un sigaro e andverso la finestra. E ora mi par-
DOSSIER ODESSA

lerdel campo di Flossenburg, sergente Kolb. Che dimensioni aveva? Quando c'ero io, signore, si stendeva per duecentosettantaquattro
metri quadri. C'era un vasto spiazzo per l'appello. Buon Dio, come ci
divertivamo... Si attenga alla domanda lo interruppe seccamente l'avvocato.
La popolazione del campo alla fine del 1944? Oh, circa sedicimila internati, signore. ~>
唏ove si trovava la baracca del comandante? Oltre il filo spinato, signore, a metdi un pendio che si innalzava
sopra il campo. Che numero aveva la sezione politica? Sezione due, signore. Dove si trovava? Nel blocco del comandante, signore. Un'ultima domanda, sergente. Quando lei alzava lo sguardo, da un
punto qualsiasi del campo, che cosa vedeva? Miller sembrsconcertato. 11 cielo rispose.
Sciocco, voglio dire che cosa dominava l'orizzonte? 唧h, intende la collina con le rovine del castello? L'avvocato annue sorrise. D'accordo, Kolb, lei stato a Flossen-
burg. E ora, mi dica: come ha fatto ad andarsene? Be', signore, stato durante la marcia. Eravamo tutti a pezzi. Ho
incontrato un soldato dell'Esercito che vagabondava, e cosl'ho colpito
alla testa e gli ho preso l'uniforme. Gli Yankees mi hanno preso due giorni
dopo. Ho fatto due anni in un campo per prigionieri di guerra. Hanno
pensato che fossi dell'Esercito, signore. L'avvocato buttfuori una boccata di fumo. Ha cambiato nome ? No, signore. Ifo buttato via i documenti, perchda essi risultavo
come SS. Pernon ho pensato a cambiare nome. Non pensavo che a
qualcuno importasse cercare un semplice sergente. Non sarebbe acca-
duto niente se quell'infermiere non mi avesse riconosciuto, dopo di che
non aveva nemmeno importanza qual era il mio nome. Vero. E adesso mi ripeta il giuramento di fedelta al Fuhrer. L'interrogatorio continuper altre tre ore. Era passata l'ora di pranzo
quando l'avvocato si dichiarfinalmente soddisfatto.
E allora, mi dica: che cosa vuole? domanda Miller.
Be', signore, con tutta quella gente che sta cercandomi, avrei bi-
sogno di una serie di documenti per dimostrare che non sono Rolf
Gunther Kolb. Posso cambiarmi i connotati, farmi crescere pilunghi
i capelli e i baffi, trovare un lavoro in Baviera o da qualche altra parte.
Voglio dire, io sono un bravo fornaio e la gente ha bisogno del pane,
mica vero ? L'avvocato, rovesciando indietro la testa, scoppia ridere. S mio
buon Kolb, la gente ha bisogno di pane. Molto bene. Farquello che
posso. Lei ha bisogno di un passaporto nuovo. Ha denaro? 奘o, slgnore, sono al verde. Sono arrivato qui con l'autostop. L'avvocato gli porse una banconota da cento marchi. La mander da un mio amico di Stoccarda che le procurerun passaporto. Prenda
una camera in qualche albergo anonimo, poi vada a trovarlo. Si chiama
Franz Bayer, questo il suo indirizzo. Se lei ha bisogno ancora di soldi,
lui le daruna mano. Per si tenga nascosto finchnon avril passa-
porto. Poi le troveremo un lavoro nella Germania meridionale e nessuno
la rintraccermai pi Miller prese i cento marchi e il biglietto con l'indirizzo di Bayer pro-
fondendosi in imbarazzati ringraziamenti. Oh, grazie, ~err Doktor,
grazie mille! La domestica lo accompagnalla porta, poi Miller anda riprendere
la sua automobile. Mentre il giornalista viaggiava a tutta velocitalla
volta di Stoccarda, I'avvocato avvertiva Bayer che nel tardo pomeriggio
sarebbe arrivato Rolf Gunther Kolb
Miller arrivquand'era gibuio e alla periferia della citttrovun
piccolo albergo che aveva sul retro un garage per l'automobile. Si fece
dare dal portiere una mappa della citt sulla quale individula strada
in cui abitava Bayer nel quartiere periferico di Ostheim. Seguendo le
indicazioni della cartina, arrivin automobile fino alla cerchia di colline
che circonda il centro di Stoccarda e lascil'automobile a meno di un
chilometro dalla casa di Bayer. Mentre si chinava per chiudere a chiave
la portiera, non vide una signora di mezza etche stava tornando a
casa dalla consueta riunione settimanale del Comitato Benefattori del-
I ospedale.

ALLE OTTO di quella sera, I'avvocato di Norimberga pensche fosse
meglio telefonare a Bayer per accertarsi che Kolb fosse arrivato sano e
salvo. Fu la moglie di Bayer che rispose.
Oh, s il giovanotto e mio marito sono andati a cena da qualche
parte. Un giovanotto cossimpatico... soggiunse la signora Bayer,
I'ho incontrato mentre parcheggiava la macchina... Mi scusi, Frau Bayer la interruppe bruscamente l'avvocato. Quel-
I'uomo non aveva portato la sua Volkswagen. E arrivato col treno. No, no assicurFrau Bayer. E arrivato in automobile... una
lunga auto nera sportiva, con una striscia gialla sulla fiancata... L'avvocato depose con rabbia il ricevitore, poi lo riprese in mano e
compose il numero telefonico di un albergo di Norimberga. Era legger-
mente sudato. Chiese il numero di una stanza, poi una voce familiare
disse: Pronto
Mackensen abbaiWerwolf, vieni qui! Ho trovato Miller.



FRANZ BAYER era grasso, tondo ed espansivo. Accolse cordialmente
Miller quando questi si presenta casa sua poco prima delle otto.
Miller fu presentato alla signora Bayer, la quale tornquasi subito a
sfaccendare in cucina.
Dunque! esclamBayer. Senza dubbio vorrmangiare qual-
cosa. Le dico io che cosa faremo: andremo in cittper farci proprio
una bella cenetta. Sciocchezze, il minimo che posso fare per lei. Dieci minuti dopo, con l'automobile di Bayer, erano diretti verso il
centro della citt

Cl SONO almeno due ore di strada, da Norimberga a Stoccarda, anche
se uno spinge l'automobile al massimo. E Mackensen la spinse piche
pot quella sera. Arriva casa di Bayer alle dieci e mezzo.
Frau Bayer, avvertita da un'altra telefonata di Werwolf, era tremante
e atterrita. I modi bruschi di Mackensen non contribuirono certo a tran-
quillizzarla. Quando sono partiti ? Verso le otto balbettla donna.
Le hanno detto dove andavano? No. Franz ha detto soltanto che portava il giovanotto a cena, in
citt A Franz piace molto andare fuori a cena. Il suo posto preferito
i Tre Mori, in Friedrichstrasse soggiunse.
Che aspetto aveva il giovanotto ? Be', capelli castani e baffi. Alto, direi. Lei ha detto di averlo visto mentre parcheggiava l'automobile.
1 16 Dove era ? La donna gli indicil posto in cui era rimasta la Jaguar e gli spieg come arrivarvi da casa sua.

E cossono andati in cittcon la macchina di suo marito? Che
marca e qual il numero di targa? ~- Avute tutte le informazioni di cui aveva bisogno, Mackensen lasci la signora Bayer e raggiunse con la sua automobile la Jaguar parcheg-
~-~ giata. La esaminattentamente, per essere certo di poter riconoscerla,
poi risalsulla sua Mercedes e si diresse verso il centro di Stoccarda.

IN UN piccolo albergo, situato in una strada laterale di Monaco, Josef,
" nella sua camera, ricevette un telegramma. L'uomo april dispaccio e
ne scorse il lungo contenuto, che cominciava cos

SEDANO 481 MARCHI 53 PFENNIG, MELONI 362 MARCHI 17 PFENNIG, ARAN-
Cl 627 MARCHI 24 PFENNIG, POMPELMI 313 MARCHI 88 PFENNIG..

Senza curarsi delle parole, Josef trascrisse tutte le cifre, poi le di-
vise in gruppi di sei. Da ogni gruppo di sei cifre sottrasse la data, 20
febbraio 1964, che trascrisse col numero 20264. In ogni caso il risultato
era un altro gruppo di sei cifre. Era un sistema di codice piuttosto sem-
plice, basato sull'edizione economica di un noto dizionario. Le prime
tre cifre del gruppo indicavano la pagina del dizionario, la quarta era
una cifra qualsiasi da uno a nove: un numero dispari indicava la prima
colonna, un numero pari la seconda. Le ultime due cifre indicavano la
riga della colonna partendo dall'alto. Josef lavorsenza interruzione
per mezz'ora, poi rilesse lentamente il messaggio.
Trenta minuti dopo entrava nella cantina di Leon. Il capo del gruppo
dei vendicatori lesse il messaggio e poi imprec Mi dispiace disse
alla fine. Non potevo immaginarlo. All'insaputa di entrambi, tre diverse informazioni erano giunte a co-
noscenza del Mossad nei sei giorni precedenti. La prima veniva dall'agente
israeliano residente a Buenos Aires, il quale comunicava che qualcuno
aveva autorizzato il pagamento di un milione di marchi tedeschi a un
personaggiO chiamato Vulcano "per consentirgli di portare a termine la
fase successiva del suo progetto di ricerca".
La seconda proveniva da un impiegato ebreo di una banca svizzera
che notoriamente faceva trasferimenti di fondi dei nazisti, il quale co-
municava che un milione di marchi era stato trasferito da una banca di
Beirut ed era stato prelevato da un uomo di nome Fritz Wegener.
La terza notizia veniva da un colonnello egiziano che occupava una
pOSizione di rilievo nella base 333 del Cairo. Il colonnello comunicava
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che al progetto missilistico mancava soltanto un sicuro sistema di tele-
guida e che questo era in fase di costruzione in una fabbrica della Ger-
mania occidentale e costava all'Odessa milioni di marchi.
Le tre notizie, in mezzo a migliaia di altre, erano state elaborate da
un calcolatore elettronico di Tel Aviv. Sopperendo alle lacune della me-
moria umana, i ronzanti microcircuiti avevano collegato le tre notizie,
avevano ricordato che, fino al momento della denuncia da parte di sua
moglie nel 1955, Eduard Roschmann aveva usatoilnomeFritz Wegener,
e infine avevano fornito la conseguente informazione.
Josef si rivolse a Leon. Da questo momento non mi allontaner neppure per un attimo dalla portata di quel telefono. Procurami una
motocicletta potente e una tuta e fammeli trovare pronti nel giro di
un'ora. Quando si farvivo il vostro prezioso Miller, e ammesso che
lo faccia, dovrraggiungerlo in fretta. Se stato smascherato, non riuscirai mai a raggiungerlo abbastanza
in fretta replicLeon. Adesso capisco perchgli hanno dato quel-
I'avvertimento. Lo ammazzeranno, se arriva a un chilometro di distanza
dal suo uomo. Mentre Leon usciva dallo scantinato, Josef scorse di nuovo il messaggio
arrivato da Tel Aviv, che diceva:

Allarme. Nuove informazioni indicano importante industriale te-
desco operante sul vostro territorio come uomo chiave del progetto
missilistico. Nome di codice Vulcano. Probabilmente Roschmann. Usa-
re Miller immediatamente. Rintracciare e eliminare. Cormorano.

Josef sedette al tavolo e comincia pulire meticolosamente la sua
Walther PPK automatica e a caricarla. Di quando in quando, dava un'oc-
chiata al telefono che non emetteva alcuno squillo.

DURANTE tutta la cena, Bayer era stato un ospite gioviale, sganascian-
dosi dalle risate per le barzellette che lui stesso raccontava. Ogni volta
che Miller cercava di portare il discorso sul passaporto, Bayer gli dava
una pacca sulle spalle. Lasci fare a me, ragazzo mio. Un'abilitche Miller aveva acquisito nei suoi otto anni di giornalismo
era quella di bere e di mantenersi lucido. Arrivati alla frutta, avevano gi 118 scolato due bottiglie di ottimo vino bianco del Reno. Bayer, stretto dentro
la sua giacca attillata con i bottoni di osso, sudava abbondantemente.
Ordinuna terza bottiglia di vino.

Miller fingeva di essere preoccupato dall'eventualitche non fosse
possibile procurargli il passaporto nuovo. Ci sarbisogno di una mia
fotografia, vero ? domandcon aria ansiosa.
Bayer continuava a ridere sgangheratamente. S un paio di fotogra-
fie. Nessun problema, pufarsele alla macchina automatica della sta-
zione. E poi, che cosa succede? Bayer si chinin avanti e gli circondle spalle col braccio grassoc-
cio. Poi le mando a un mio amico, e una settimana dopo arriva il
passaporto. Non c'problema, vecchio mio, la smetta di preoccu-
parsi. Miller aveva paura di insistere troppo. Infine, il grassone pagil
conto e i due si diressero verso l'uscita. Erano le dieci e mezzo.
Immagino che sia tutta qui, la vita notturna che offre Stoccarda osservMiller.
Ah, ah, che sciocco! Tutta qui quella che conosce lei. Poi c'il
Moulin Rouge, il Balzac, I'Imperial e il Sayonara. E poi c'il Made-
leine... >) spiegBayer facendogli strada verso l'automobile.

MACKENSEN arrivai Tre Mori alle undici meno un quarto. Herr
Bayer? disse il capocameriere. S se n'andato poco fa. 唧veva con sun ospite? Un tipo alto, con capelli castani tagliati
corti e i baffi ? Proprio cos Mackensen fece scivolare una banconota da venti marchi nella mano
dell'uomo senza incontrare resistenza. E di vitale importanza per me
riuscire a trovarlo. Non sa dove sono andati uscendo da qui? Confesso proprio di no rispose il capocameriere. Chiamuno dei
camerieri Hans, hai servito tu Herr Bayer e il suo ospite. Hanno
detto se avevano intenzione di andare da qualche parte? No rispose Hans. Non ho udito niente. Mackensen chiese una copia dell'opuscolo turistico intitolato Dove
andare a Stoccarda. Si diresse verso il primo ritrovo notturno indicato
nell'elenco.

MILLER E BAYER erano seduti a un tavolo per due al Madeleine.
Bayer, arrivato al secondo whisky, strabuzzava gli occhi su una donnina 119
superdotata che ancheggiava nel centro della sala. Mezzanotte era pas-
sata da un pezzo e Bayer era ubriaco fradicio.
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Senta, Herr Bayer susurrMiller. Tra quanto tempo potrebbe... Bayer passun braccio intorno alle spalle di Miller. Senti, Rolf,
vecchio mio, ti ho detto che non hai da preoccuparti, capito ? Lascia fare
al vecchio Franz. Agitla mano tozza e grassoccia. Cameriere, un
altro giro! Quando Miller riuscfinalmente a portarlo fuori del locale, I'una era
passata, e l'uomo dell'Odessa si reggeva a fatica in piedi.
Meglio che guidi io fino a casa propose Miller, mentre si avvici-
navano all'automobile di Bayer. Prese le chiavi dalla tasca del cappotto
di Bayer e aiutl'uomo, che non faceva resistenza, a salire accanto al
posto di guida. Sbattcon forza la portiera, si spostdalla parte della
guida e sala bordo. In quel momento, una Mercedes grigia voltl'an-
golo dietro di loro e si ferma una ventina di metri di distanza.
Mackensen, che aveva ormai visitato cinque locali notturni, guard la targa dell'automobile che stava staccandosi dal marciapiede: era quella
che gli aveva indicato Frau Bayer. Staccil piede dalla frizione e segu l'automobile.
Miller non si diresse verso la casa di Bayer, ma verso il proprio al-
bergo. Durante il tragitto, Bayer si appisol con la testa che gli cion-
dolava sul petto. Davanti all'albergo, Miller lo sveglicon un colpo di
gomito. Su Franz, vecchio mio. Facciamoci il bicchiere della staffa. Il grassone lo fissava imbambolato. Devo andare a casa bofon-
chi La moglie aspetta. Andiamo, un bicchierino per finire la serata. Ci facciamo un bic-
chierino in camera mia e parliamo dei vecchi tempi. Il grassone sogghigncon aria ebete. Bei tempi sono stati, Rolf. Bei tempi fece eco Miller, aiutando Bayer a uscire dall'auto-
mobile.
In fondo alla strada, la Mercedes aveva spento i fari, confondendosi
con le ombre della notte.
Dietro il banco, il portiere di notte sembrava appisolato. Bayer accen-
na brontolare qualcosa.
Shh! lo zittMiller. Bisogna fare in silenzio. Bisogna fare in silenzio ripetBayer, camminando in punta di
piedi, con la grazia di un elefante, verso la scala. Fortunatamente, la
stanza di Miller si trovava soltanto al secondo piano, altrimenti Bayer
non ce l'avrebbe mai fatta. Il giornalista aprla porta, accese la luce e
aiutBayer a sedersi su una poltrona.
Fuori, Mackensen stava in piedi di fronte all'albergo. Erano le due di
notte, e tutte le luci erano spente. Quando se ne accese una, il sicario
notche era al secondo piano, sul lato destro dell'albergo.
Considerla possibilitdi salire e colpire Miller mentre questi apriva
la porta della camera. Ma due considerazioni lo dissuasero ad agire.
Il portiere di notte, svegliato dal passo pesante di Bayer, stava passeg-
giando nell'atrio; inoltre, il grassone era troppo ubriaco per riuscire a
squagliarsela in fretta dall'albergo. Se la polizia avesse preso Bayer,
Werwolf avrebbe fatto fuoco e fiamme. Nonostante le apparenze, Bayer
appariva col suo vero nome in uno dei primi posti nell'elenco delle per-
sone ricercate.
Di fronte all'albergo, c'era un edificio in costruzione. L'impalcatura
e i piani erano gicostruiti e una scala di cemento armato fresco portava
al secondo piano. Mackensen poteva appostarsi le tentare di colpire
Miller attraverso la finestra. Si diresse con passo deciso verso l'automo-
bile, per prendere il fucile da caccia che aveva chiuso a chiave dentro il
portabagagli

BAYER fu colto completamente di sorpresa quando gli arrivil colpo.
Miller non aveva mai avuto occasione di fare uso dei colpi che aveva im-
parato durante il servizio militare, e non era del tutto sicuro della loro
efficacia. Il collo taurino di Bayer indusse Miller a colpire con tutta la
forza che aveva.
Il colpo fu abbastanza efficace. Quando riprese i sensi, Bayer si trov con i polsi strettamente legati ai braccioli della poltrona di legno con
due cravatte di Miller, mentre la sua gli era stata slacciata dal collo per
legargli la caviglia sinistra alla gamba della poltrona.
Che cosa...? gracchiraucamente, mentre Miller gli legava la
caviglia destra con il filo del telefono.
Quando comincia capire, Bayer guardMiller con gli occhi sbarrati.
Come tutti i suoi pari, Bayer era perseguitato da un incubo che non
lo lasciava mai. Non puoi portarmi a Tel Aviv. Non puoi dimostrare
niente, non ho fatto niente a voialtri... Le parole gli rimasero strozzate in gola quando una calza arrotolata
gli fu cacciata in bocca e una sciarpa di lana gli fu avvolta intorno alla
faccia.
Miller prese una sedia e vi si sedette sopra a cavalcioni, con la faccia
a un palmo da quella del suo prigioniero. Sta' a sentirmi, botte di 121
grasso Per prima cosa, non sono un agente israeliano. In secondo
luogo, tu non andrai da nessuna parte. Invece, dovrai parlare. DOSSIER ODESSA

Come risposta, Franz Bayer continuava a fissarlo al di sopra della
sciarpa. I suoi occhi erano iniettati di sangue, come quelli di un orso
inferocito.
Miller si guardintorno, vide la lampada accanto al letto e anda
prenderla. E adesso, Bayer, o come diavolo ti chiami, ti toglieril
bavaglio. Tu mi dirai il nome e l'indirizzo dell'uomo che fa i passaporti
per l'Odessa. Se tenti di gridare, ti prendi questo in testa. Allentla sciarpa e tolse la calza dalla bocca di Bayer, soppesando
la lampada nella mano destra.
Bastardo sibilBayer. Non saprai niente da me. Aveva appena finito di pronunciare quelle parole, che la calza gli fu
cacciata di nuovo in bocca. Poi Miller depose sul pavimento la lampada
e avvolse di nuovo la sciarpa intorno alla faccia.
奘o?fece il giornalista. 姬edremo. Adesso cominciamo con le
dita. Prese il dito mignolo e l'anulare della mano destra di Bayer e li pieg indietro. Bayer si dimensulla sedia, e Miller gli tolse il bavaglio.
Posso spezzarti ogni dito di tutte e due le mani, Bayer lo avvert
Dopo di che, toglierla lampadina di questo abat-jour e sai bene quello
che farcon il portalampada. Il sudore correva a rivoli sulla faccia di Bayer. No, gli elettrodi
no. Tu sai che cosa si prova, vero? Bayer socchiuse gli occhi e gemette sommessamente. Sapeva bene che
cosa si provava, anche se non era stato lui direttamente a sperimen-
tarlo.
Parla mormorMiller. Il falsario, nome e indirizzo. Bayer scrolllentamente la testa. Non posso mormor Mi
ammazzeranno. Miller rimise al suo posto il bavaglio. Prese il mignolo di Bayer,
chiuse gli occhi e diede un solo strappo. L'osso si spezzdi colpo. Bayer
sobbalzsulla sedia e vomitsul bavaglio. Miller glielo tolse prima che
il grassone soffocasse in mezzo a tutti i cibi e le bevande costose di quella
sera. Parla gli disse, hai ancora nove dita. Bayer deglut tenendo gli occhi chiusi. Winzer. Klaus Winzer. E un falsario di professione? E un tipografo. Dove? In quale citt Mi ammazzeranno.
Ti ammazzo io se non me lo dici. In quale citt Osnabruck susurrBayer.
Miller gli rimise il bavaglio, prese la sua valigetta e ne estrasse una
cartina stradale. Osnabruck era a quattro o cinque ore di automobile
a nord. Erano quasi le tre di notte del 21 febbraio.
Dall'altra parte della strada, Mackensen rabbrividiva sopra l'impal-
catura della casa in costruzione. La luce era ancora accesa nella camera
dell'albergo di fronte. Continuava a spostare lo sguardo dalla finestra
illuminata all'ingresso principale. Se Bayer fosse uscito, pensava, avreb-
be potuto prendere Miller da solo. Oppure, se fosse uscito Miller,
avrebbe potuto prenderlo piavanti, per strada.
Nella stanza, il giornalista metteva con calma le sue cose in valigia.
Aveva bisogno che Bayer restasse tranquillo per almeno sei ore, cos dedicqualche minuto a rinforzare i legacci e il bavaglio che tenevano il
grassone immobile e silenzioso, poi adagila poltrona su un fianco,
in modo che l'uomo non potesse dare l'allarme facendola cadere di
schianto. Il filo del telefono era gistato strappato. Diede un'ultima oc-
chiata intorno e uscdalla stanza, chiudendo a chiave la porta dietro
di s
Era quasi arrivato in fondo alle scale, quando gli venne da pensare che,
forse, il portiere di notte era stato abbastanza sveglio da vederli salire
tutti e due le scale. Che cosa avrebbe pensato, vedendo scendere sol-
tanto uno, che pagava il con~o e se ne andava? Miller fece marcia in-
dietro e si diresse verso la parte posteriore dell'albergo. In fondo al
corridoio c'era una finestra che dava su una scala di sicurezza. Tiril
chiavistello e scavalcla finestra, salendo sulla scaletta. Qualche secondo
dopo era in una stradina sul retro dell'albergo, piuttosto lontano dal
posto in cui aveva lasciato la Jag,lar, a meno di un chilometro dalla casa
di Bayer che si trovava a cinque chilometri di distanza. Era sfinito, ma
doveva arrivare da Winzer prima che fosse dato l'allarme. Erano quasi le
quattro di notte quando sala bordo della Jaguar e, alle quattro e mezzo,
era sull'autostrada, diretto a nord.

MILLER era appena partito, quando Bayer, ormai completamente
lucldo, comincia muoversi per liberarsi. Cercdi piegarsi in avanti
per sciogliere con i denti le cravatte che gli legavano i polsi. La sua obe-
sit per gli impediva di chinare abbastanza la testa, e la calza che aveva
in bocca non gli consentiva di mordere i legacci.
Alla fine, scorse la lampada da tavolo deposta sul pavimento. La lam-
padina era ancora avvitata. Impiegun'ora per avanzare con la poltrona
rovesciata, un centimetro alla volta, sul pavimento; infine arrivalla sua
meta e ruppe la lampadina.
Pusembrare facile liberarsi i polsi dai legacci con un pezzo divetro,
ma non lo Erano ormai le sette del mattino e la luce cominciava a
rischiarare i tetti della citt quando i primi filacci della cravatta che
gli legava il polso sinistro si spezzarono. Erano quasi le otto quando
Bayer riusca liberare uno dei polsi.
A quell'ora, la Jaguar di Miller stava sfrecciando intorno al raccordo
di Colonia, a ovest della citt c'erano altri centosessanta chilometri da
percorrere prima di arrivare a Osnabruck. Aveva cominciato a piovere,
una pioggia fastidiosa che formava una cortina sull'autostrada scivolosa,
e l'effetto magnetico dei tergicristalli faceva quasi addormentare il giorna-
lista. Rallentsui centoventi chilometri orari, piuttosto che rischiare
di andare fuori strada, sui campi fangosi che si stendevano ai due lati
della strada.
Con la mano sinistra ormai libera, Bayer impiegsolo qualche mi-
nuto a togliersi il bavaglio, poi rimase lfermo, inghiottendo profonde
boccate d'aria. Sciolse il nodo che gli legava il polso destro e infine liber i piedi. Il suo primo pensiero fu la porta, ma la trovchiusa a chiave.
Poi il telefono, ma era stato strappato. Alla fine arrivbarcollando, sui
piedi intorpiditi, fino alla finestra, tirindietro le tendine e aprdi scatto
l'imposta.
Rannicchiato nella sua posizione di tiro, dall'altra parte della strada,
Mackensen si era quasi appisolato, nonostante il freddo intenso, quando
vide tirare le tendine della camera di Miller. Di scatto imbracciil fucile
Remington e attese che la finestra si aprisse, poi fece fuoco direttamente
in faccia alla figura che apparve nel riquadro.
Bayer era gimorto quando il suo corpo massiccio ricadde indietro
barcollando sul pavimento. Il sicario, senza perder tempo a dare un'altra
occhiata dall'altra parte della strada, scapp Il colpo secco del fucile
poteva essere preso per quello dello scappamento di un'automobile per
un minuto, ma non di pi Arrivato all'automobile, Mackensen ripose il
fucile nel portabagagli e si allontan Aveva il sospelto, per di aver
commesso un errore: l'uomo che doveva uccidere era alto e magro. La
figura apparsa alla finestra era grassa. Ormai era sicuro di aver colpito
1 24 Bayer.
Non che fosse un problema molto grave. Miller, vedendo Bayer ca-
dere morto sul tappeto, sarehbe sicuramente scappato. Quindi sarebbe
corso fino alla sua automobile, parcheggiata a circa cinque chilometri
di distanza. Mackensen comincia preoccuparsi seriamente soltanto
quando vide che il posto in cui era stata parcheggiata la Jaguar, la sera
prima, era vuoto.
Mackensen non sarebbe stato il piefficiente sicario dell'Odessa se
fosse stato un tipo che si faceva prendere facilmente dal panico. Troppe
volte si era gitrovato nei pasticci. Rimase seduto al volante della Mer-
cedes per parecchi minuti, valutando il fatto che Miller potesse essere
ormai a centinaia di chilometri di distanza. Se Miller aveva lasciato in
vita Bayer perchnon era riuscito a sapere niente da lui, nulla era an-
cora compromesso: la cattura del giovane era soltanto ritardata. Se
invece, Miller aveva saputo qualcosa da Bayer, soltanto Werwolf poteva
sapere quale fosse l'informazione fornita. Non c'era altro da fare che
telefonare a Norimberga.
Quando Werwolf apprese la notizia, fu preso da quell'accesso di col-
lera che Mackensen aveva temuto. Farai bene a trovarlo, pezzo di
imbecille, e alla svelta. Mackensen gli spiegche per trovare Miller aveva bisogno di sapere
che tipo di informazione poteva avergli dato Bayer.
Buon Dio ansimWerwolf. Il falsario! Ha saputo il nome del
falsario. >~
Quale falsario, capo? domandMackensen.
Werwolf, allora, si riprese. Lo avvertirio disse seccamente. E
Iche andato Miller. Dettun indirizzo a Mackensen. E tu corri
come un fulmine a Osnabruck, come non hai mai corso in vita tua. Se
Miller non in quella casa, continua a perlustrare la cittin cerca della
Jaguar. E questa volta non perderla di vista, quell'automobile. E l'unico
posto in cui ritorna sempre. ~
Sbattgiil ricevitore e poi lo riprese in mano per comporre un nu-
mero telefonico di Osnabruck.




LA CARRIERA di Klaus Winzer era stata fra le pistrane di quanti ave-
vano indossato l'uniforme delle SS. Nato nel 1924, era figlio di Johann
126 Winzer, un macellaio di Wiesbaden, un uomo grosso e violento che fin
dall'inizio degli anni Venti era stato un devoto seguace di Adolf Hitler
e del partito nazista.

Con gran dispiacere del padre, Klaus era cresciuto piccolo, gracile,
miope e mite. In una cosa soltanto eccelleva: poco dopo i dieci anni si
era appassionato di calligrafia e di compilazione di manoscritti miniati,
un'attivita che suo padre, con disgusto, considerava cosa da effeminati.
Scoppiata la guerra, nella primavera del 1942 Klaus fu chiamato al
servizio di leva. Alla visita medica fu giudicato inabile anche per svol-
gere lavori d'ufficio nell'Esercito e fu rimandato a casa. Per il padre
fu l'ultima goccia.
Johann Winzer si recallora a Berlino per parlare con un vecchio
amico che aveva fatto carriera nelle SS, nella speranza che questi tro-
vasse per suo figlio un posto in qualche dipartimento al servizio del
Reich. L'uomo gli domandse c'era qualche attivitnella quale il giovane
Klaus sapeva cavarsela. Con un senso di vergogna, Johann ammise che
il figlio sapeva compilare manoscritti miniati, e l'amico gli domand allora se Klaus avrebbe saputo preparare una pergamena miniata in
onore di un maggiore delle SS.
Alla presentazione a Berlino, tutti ammirarono la magnifica perga-
mena e un certo ufficiale dell'RSHA domandchi ne era l'autore, ot-
tenendo poi che il giovane Klaus Winzer fosse trasferito a Berlino. Prima
ancora di capire che cosa gli stesse capitando, Klaus fu arruolato tra le
SS, fece il giuramento di fedelte segretezza e fu informato che gli sarebbe
stato affidato un progetto della massima importanza. Il padre, anche se
stupefatto, era al settimo cielo.
Il progetto era fondamentalmente semplice. Le SS si proponevano di
contraffare centinaia di migliaia di banconote da cinque sterline britan-
niche e da cento dollari americani, e avevano bisogno di Klaus perch questi era molto esperto di carte e di inchiostri.
L'idea era di inondare la Gran Bretagna e l'America con moneta falsa,
mandando cosin rovina l'economia di ambedue i Paesi. All'inizio del
1943, quando fu pronta la filigrana per le banconote da cinque sterline,
il progetto per la stampa fu trasferito al campo di concentramento di
Sachsenhausen, dove, fra gli internati, c'erano alcuni artisti grafici che
lavoravano sotto la direzione delle SS. Compito di Winzer era di control-
lare la qualitdel prodotto, perchle SS non si fidavano dei loro prigio-
nieri, che potevano commettere deliberatamente degli errori nel loro
lavoro Verso la fine del 1944, il progetto fu utilizzato anche per prepa-
rare i falsi documenti d'identitche sarebbero serviti alle SS al momento 127
del crollo della Germania.
Alla fine della guerra, Klaus Winzer fece malinconicamente ritorno a
1 28

casa sua, a Wiesbaden. Non aveva mai saltato un pasto, quand'era nelle
SS, e quindi scoprcon stupore che i civili erano invece ridotti alla fame.
La madre gli spiegche tutti i viveri dovevano essere acquistati con le
carte annonarie rilasciate dagli americani. Klaus si chiuse in camera
sua per alcuni giorni e, quando ne usc consegnalla madre, sbalordita,
una quantitdi tessere annonarie sufficiente per sfamare tutta la famiglia
per sei mesi.
Un mese dopo, Klaus Winzer incontrOtto Klops, il re del mercato
nero di Wiesbaden, e si mise in societcon lui. Winzer produceva tessere
annonarie, tagliandi per la benzina, lasciapassare di zona, patenti di
guida, tessere per i magazzini militari, che Klops utilizzava per acqui-
stare viveri, benzina, pneumatici, saponette, cosmetici e indumenti che
rivendeva ai prezzi del mercato nero. Nell'estate del 1948, Klaus Winzer
era un uomo ricco.
Ma, nell'ottobre di quello stesso anno, le autoritriformarono il si-
stema monetario e con esso l'economia tedesca. La popolazione, che non
aveva pibisogno del mercato nero poichpoteva ormai procurarsi le
merci su quello aperto, denunciKlops, e Winzer, ridotto in rovina,
dovette fuggire. Servendosi di uno dei suoi lasciapassare e di altri docu-
menti falsificati, Winzer arrivin automobile fino al quartier generale
della zona britannica di Hannover, e lfece domanda per ottenere un
posto di lavoro nell'ufficio passaporti del governo militare.
Due mesi dopo, Winzer si trovava in una birreria, quando un uomo di
nome Herbert Molders gli confidche era ricercato dalle autoritbri-
tanniche per crimini di guerra e che aveva bisogno di andarsene dalla
Germania. Soltanto gli inglesi, per potevano rilasciare i passaporti
ai tedeschi, e lui non aveva il coraggio di presentare la richiesta. Winzer
gli mormorche era possibile trovare una soluzione, ma gli sarebbe
costata un po' di soldi.
Molders gli mostruna collana di diamanti che aveva rubato a un
internato di un campo di concentramento, e una settimana dopo Winzer
aveva il passaporto pronto. Non l'aveva nemmeno falsificato, non ce
n'era stato bisogno.
La procedura, all'ufficio passaporti, era semplice. Nella prima se-
zione, i richiedenti si presentavano con tutti i loro documenti e compila-
vano un modulo. La seconda sezione controllava l'autenticitdei docu-
menti e l'elenco delle persone ricercate. Se la richiesta era accolta, i do-
cumenti firmati dal capo della sezione, venivano inoltrati alla terza
sezione. Gli addetti di questa sezione, quando ricevevano la richiesta

DOSSIER ODESSA

con l'approvazione della seconda sezione, prendevano un passaporto
in bianco tra quelli custoditi nella cassaforte, lo compilavano e applica-
vano la fotografia del richiedente.
Winzer era riuscito a farsi trasferire alla terza sezione. Compilun
modulo di richiesta per Molders intestato a un diverso nome e falsific la firma dell'ufficiale britannico responsabile della seconda sezione su un
certificato con la dicitura: "Richiesta accolta". Poi andnella seconda
sezione a raccogliere i moduli di richiesta e i certificati di approvazione
in attesa di essere trasmessi alla terza sezione (quel giorno ce n'erano
diciannove) e vi infilin mezzo i documenti per Molders. Quindi, se-
condo la consueta procedura, portil fascio di documenti al maggiore
Johnstone, della terza sezione. Il maggiore, controllati i venti certificati
di approvazione, prese altrettanti passaporti dalla sua cassaforte e li
consegna Winzer. Winzer li compil ne consegndiciannove ai for-
tunati richiedenti e si mise in tasca il ventesimo.
Quella sera, Klaus consegna Molders il suo passaporto nuovo e
torna casa con la collana di diamanti. Aveva trovato una nuova
professione.
Da allora, Winzer, procuratosi la fotografia di altre persone fittizie
compilaccuratamente ogni settimana una nuova richiesta di passaporto,
infilandola poi fra gli altri moduli e i certificati di approvazione regolari.
A Winzer veniva dato un numero di passaporti in bianco corrispondenti
a quello delle richieste, e tutti i passaporti - meno uno - andavano agli
autentici richiedenti. Quello rimasto in bianco finiva in casa di Klaus.
L'unica cosa che gli mancava ancora era il timbro ufficiale, ma una sera
se lo porta casa, e il mattino dopo aveva una propria copia del timbro
dell'ufficio passaporti del governo della Bassa Sassonia.
Con quel sistema, Winzer, in sessanta settimane, si procursessanta
passaporti in bianco. Diede le dimissioni dal suo posto di lavoro, ven-
dette ad Anversa la collana di diamanti, e poi avviuna piccola e attrez-
zata tipografia a Osnabruck.
Non si sarebbe mai trovato coinvolto con 170dessa se Molders avesse
tenutO la bocca chiusa. Questi, invece, ormai al sicuro a Madrid, si mise
a parlare di lui. Da quel momento, ogni volta che un uomo dell'Odessa
si trovava nei guai, Winzer dovette fornirgli un nuovo passaporto della
Germania occidentale. Nella primavera del 1964, aveva ormai usato
quarantadue dei suoi sessanta passaporti
Per il piccolo e astuto Winzer aveva preso una precauzione: nell'even-
tualitche, un giorno, I'Odessa volesse fare a meno dei suoi servizi e di
DOSSIER ODESSA

lui stesso, decise di tenere un registro. Non conosceva i nomi veri dei
suoi clienti: cinon era necessario per fare un passaporto falso intestato
a un nome nuovo. Per fece due copie di ogni fotografia inviatagli:
incollava la foto originale sul passaporto che rinviava al destinatario e
teneva per sle copie. Ogni fotografia veniva poi incollata su un foglio
di carta, e accanto a essa erano dattiloscritti il nuovo nome, I'indirizzo
e il numero del nuovo passaporto.
Quel dossier era la sua assicurazione sulla vita. Ne teneva una copia
in casa, mentre la seconda era depositata nello studio di un avvocato di
Zurigo. Se l'Odessa Pavesse minacciato, lui li avrebbe avvertiti che, se
gli fosse capitato qualcosa, I'avvocato avrebbe inviato le copie dei passa-
porti alle autorittedesche, le quali avrebbero confrontato le foto-
grafie con il loro archivio delle persone ricercate, smascherando cosi
nazisti in meno di una settimana. Era un sistema a prova d'errore, che
garantiva a Klaus Winzer la possibilitdi restare in vita e in buona
salute.
Costui, quindi, era l'uomo che se ne stava seduto a mangiare tranquil-
lamente un toast col prosciutto, quel venerdpomeriggio, quando il te-
lefono squill La voce all'altro capo del filo fu dapprima perentoria
poi tranquillizzante.
No, non c'assolutamente nessun inconveniente, fra noi e te gli
assicurWerwolf. Si tratta di questo dannato giornalista. Abbiamo il
sospetto che verra trovarti. E tutto a posto: c'uno dei nostri uomini
che gli sta alle costole, e tutta la faccenda sarrisolta in una giornata.
Tu, per devi andartene di limmediatamente. E ora ti dico ciche voglio
da te... Trenta minuti dopo, Klaus Winzer, agitatissimo, spiegava alla sua
domestica che, anzichandare in tipografia, quel mattino, aveva deciso
di prendersi una vacanza nelle Alpi austriache.

MILLER trovuna stazione di rifornimento nella Saarplatz, alla peri-
feria occidentale di Osnabruck. Si ferme scese stancamente dal]'auto-
mobile.
Faccia il pieno disse all'inserviente, e si diresse verso una cabina
telefonica. Sotto il nome di Klaus Winzer trovdue indirizzi: uno aveva
accanto l'indicazione "tipografia", I'altro "ab." cioabitazione. Erano
gile nove e venti perciil giornalista telefonalla tipografia.
L'uomo che rispose al telefono gli disse: Mi spiace, non ancora
arrivato Sarqui sicuramente tra poco. Richiami tra mezz'ora

Miller lo ringrazie si diresse verso il quartiere periferico di Wester-
berg, dove c'era l'abitazione di Winzer.
La casa si trovava in una zona evidentemente residenziale. Miller la-
scila Jaguar in fondo al vialetto d'ingresso e raggiunse a piedi la porta
principale.
La domestica che venne a rispondere alla sua scampanellata gli rivolse
un radioso sorriso.
Buon giorno. Sono venuto per parlare con Herr Winzer le disse
Miller.
Oh, partito, signore. Lo avrebbe incontrato, se solo fosse arrivato
una ventina di minuti fa. E andato in vacanza. Miller riusca vincere una sensazione di panico. In vacanza? E
strano, in questo periodo dell'anno. E poi... soggiunse, inventando su
due piedi un pretesto, avevamo appuntamento per questa mattina. Mi dispiace replicla ragazza. Se n'andato all'improvviso.
Ha ricevuto una telefonata in biblioteca, poi mi ha detto: "Barbara,
vado in vacanza!" Mi ha ordinato di telefonare alla tipografia e di av-
vertire che non tornerprima di una settimana. E ben strano, per Herr
Winzer, tutto ci Lei non sa dove sia andato ? domandMiller, sentendo le speranze
svanire.
No, ha detto soltanto che andava sulle Alpi austriache. Non ha lasciato l'indirizzo? Non c'modo di mettersi in contatto
con lui ? No. E questo che cosstrano. 娑otrei parlare con Frau Winzer, scusi?domandMiller.
La domestica lo guardcon aria maliziosa. Non c'nessuna Frau
Winzer, qui. )>
姬ive da solo, allora? S non c'nessuno oltre a me. Voglio dire, anch'io abito qui. Ma
inoffensivo, da quel punto di vista aggiunse con un risolino.
Capisco. La ringrazio molto si congedMiller, voltandosi per
andare.
Prego rispose la ragazza, e lo guardallontanarsi lungo il vialetto
e pOI salire sulla Jaguar, che aveva girichiamato la sua attenzione.
Sospiral pensiero di ciche sarebbe potuto accadere e chiuse la porta.
Miller si sentprendere dalla stanchezza, accentuata da quell'ultima
delusione Era arrivato tanto vicino al bersaglio... Soltanto venti minuti
di ritardo gli avevano impedito di raggiungerlo. Pensche Bayer si fosse
liberato e che avesse avvertito Winzer per telefono. Avvertendo un dispe-
rato bisogno di dormire, Miller andin auto fino alla Theodor-Heuss-
Platz, parcheggidavanti alla stazione e prese una camera all'albergo
Hohenzollern, dall'altra parte della piazza.
Una camera era disponibile subito, quindi il giornalista salal piano
superiore, si spoglie si mise a letto. Qualcosa, in un angolo della mente,
lo tormentava: un piccolo particolare che non aveva approfondito. An-
cora non sapeva quale, quando si addormentprofondamente alle dieci
e mezzo.

MACKENSEN arrivnel centro di Osnabruck alla una e mezzo. Strada
facendo, aveva dato un'occhiata intorno alla casa di Winzer, ma non
aveva notato traccia della Jaguar. Giunto nella Theodor-Heuss-Platz,
le labbra gli si schiusero in un sogghigno. Telefona Werwolf e lo trov di umore migliore.
Ho avvertito Winzer giusto in tempo gli disse Werwolf. Ho ap-
pena telefonato a casa sua, per controllare, e la domestica mi ha detto
che il padrone ha lasciato la cittsolo venti minuti prima che arrivasse
un giovane con una macchina sportiva nera a fare domande sul suo
conto. Anch'io ho qualche novitreplicMackensen. La Jaguar parcheggiata qui in piazza. E probabile che stia dormendo nell'albergo.
Posso prenderlo in camera sua. Aspetta ordinWerwolf. Sto pensando. Per prima cosa, non
conviene farlo a Osnabruck. La domestica ha visto lui e l'automobile e
probabilmente andrebbe alla polizia. Non possiamo permetterci di ri-
chiamare l'attenzione su Winzer. E un'altra cosa... Miller porta una
valigetta ? Srispose Mackensen. L'aveva ieri notte. Il fatto soggiunse Werwolf, che adesso mi ha visto e conosce
il mio nome e l'indirizzo. E a conoscenza dei miei rapporti con Bayer e
col falsario. E i giornalisti hanno l'abitudine di scrivere. Quella vali-
getta non deve cadere in mano alla polizia. Ho capito. Lei vuole avere anche la valigetta. O prenderla o distruggerla. Il sistema migliore per fare entrambe le cose sarebbe quello di Si-
stemare una bomba nell'automobile. Collegata alle sospensioni, cos che esploderquando l'auto incontrerun ostacolo viaggiando a velo-
citmolto elevata.
DOSSIER ODESSA

奚ttimoapprovWerwolf. 娑ensi di farcela7 Mackensen sogghign pensando all'attrezzatura che custodiva nel
portabagagli della sua automobile: era l'ideale, per un assassino di pro-
fessione, e comprendeva quasi mezzo chilo di esplosivo al plastico e due
detonatori elettrici. Certo, non ci sono problemi. Dovraspettare
che venga buio... Si interruppe, guardfuori della cabina telefonica
e gridnel ricevitore: La richiamol Ritelefondopo cinque minuti. Mi scusi, avevo visto Miller, con la
valigetta in mano, che saliva sull'automobile e si allontanava. Sono
andato a controllare all'albergo, dove ha lasciato i bagagli, quindi
torner Preparerla bomba e la sistemerquesta notte.
MILLER si era svegliato poco prima dell'una, leggermente eccitato.
Si era ricordato quel particolare che gli sfuggiva. Tornin auto alla
casa di Winzer.
Salve, ancora lei? fece la domestica, raggiante.
; Passavo di qui, per far ritorno a casa spiegMiller, e mi sono
domandato... Da quanto tempo lei qui a servizio? Oh, circa dieci mesi. Perch? E allora, chi badava a Herr Winzer prima di lei? La sua governante, Fraulein Wendel. E dove adesso ? All'ospedale Sta morendo per un tumore, purtroppo. Anche per
questo strano che Herr Winzer sia partito cosin fretta. Andava a farle
visita tutti i giorni, le molto affezionato. E stata con lui per molto
tempo, dal 1950, mi pare. 埋n che ospedale ricoverata?domandancora Miller.
La ragazza gli diede il nome di una clinica privata.
Miller si presentlalle tre del pomeriggio.

MACKENSEN impiegle prime ore del pomeriggio ad acquistare
tutto quanto gli mancava per preparare la bomba. "Il segreto del sabo-
atore" gli aveva spiegato una volta il suo istruttore, ''sta nel servirsi di
mgredienti semplici. Le cose che si possono acquistare in qualsiasi

Fatti i suoi acquisti, Mackensen andad alloggiare all'Hohenzollern
Hotel; prese una stanza che dominava la piazza, in modo da tener
d occhiO il parcheggio nel quale - ne era sicuro - Miller sarebbe tornato
per lasciare l'auto.
Seduto al tavolino di fronte alla finestra, con una tazzina di caff nero davanti per vincere la stanchezza, Mackensen si mise al lavoro.
La bomba era di semplice fattura: esplosivo al plastico, una pila per
transistor e detonatori elettrici. Il sistema di detonazione consisteva
in due lame seghettate lunghe una quindicina di centimetri, assicurate
parallelamente l'una all'altra, a tre centimetri di distanza, ma in tensione,
pronte a serrarsi. Per impedire che si toccassero, collocin mezzo a
esse una lampadina elettrica, attaccandola con una buona dose di adesivo.
Il vetro non portatore di elettricit Se il congegno si fosse trovato sotto
un'irhprovvisa pressione, la lampadina si sarebbe frantumata, le due
lame d'acciaio si sarebbero serrate, chiudendo cosil circuito elettrico
alimentato dalla pila.
Una volta preparato il congegno esplosivo, Mackensen lo ripose in
fondo al guardaroba, insieme con il materiale che gli serviva per assi-
curarlo all'automobile di Miller.
Poi, si sedette accanto alla finestra, in attesa.




IL MEDICO squadrMiller con aria poco cordiale. Il giornalista, che
aveva una vera idiosincrasia per camicie e cravatte, ed evitava di metter-
sele se appena gli era possibile, indossava quel giorno una maglia bianca
di nylon col collo to e sopra di essa un golf nero a girocollo. Sopra i
due indumenti indossava una giacca nera sportiva. Per una visita al-
I'ospedale, faceva chiaramente intendere l'espressione del medico, sa-
rebbero state piadatte la camicia e la cravatta. Suo nipote? ripet con aria stupita. Non sapevo che Fraulein Wendel avesse un nipote. Sarei givenuto, naturalmente, se avessi saputo prima delle condi-
zioni di mia zia, ma Herr Winzer mi ha telefonato soltanto questa
mattina. Herr Winzer, di solito, viene qui personalmente, a quest'ora. Credo che sia stato chiamato fuori cittper qualche giorno spieg Miller con tono noncurante. Mi ha chiesto di venire a visitare la zia
durante la sua assenza. Strano mormoril medico. E sempre stato regolare come un
orologio, da quando Fraulein Wendel stata ricoverata. Be', farbene
a sbrigarsi, se vuole vederla ancora. Ormai pidi lche di qua, sa? Miller prese un'espressione afflitta. Cosmi stato detto.
DOSSIER ODESSA

Poichlei un parente, putrattenersi un po' di tempo con sua zia
naturalmente. Per devo chiederle di essere breve. Da questa parte. ~>
Il dottore fece strada a Miller lungo alcuni corridoi, poi si ferm davanti a una porta che apr E qui. Non si fermi a lungo, la prego. La camera era immersa nella penombra e solo quando gli occhi gli
si furono abituati alla luce fioca, Miller riusca distinguere la figura
rattrappita della donna nel letto. Aveva il volto tanto pallido che quasi
si confondeva con le lenzuola, e teneva gli occhi chiusi.
Fraulein Wendel susurrMiller. Le palpebre si sollevarono len-
tamente.
Poi, la donna richiuse di nuovo gli occhi e comincia mormorare
parole incomprensibili: qualcosa come "tutta vestita di bianco... cos graziosa."
Il giornalista si chinvicino alla donna. Fraulein Wendel, mi sen-
te ? La morente continuava a bisbigliare. Miller afferrle parole: ..e
ognuna portava un libro di preghiere... cosinnocente )>.
Miller corrugla fronte, perplesso; poi capche la donna, nel delirio,
stava ricordando il giorno della sua Prima Comunione: era di religione
cattolica.
La donna aprdi nuovo gli occhi e lo fiss Il suo sguardo colse la
striscia bianca intorno al collo di Miller, la stoffa nera che gli copriva il
petto, la giacca nera. Il giovane vide, con sommo stupore, che due la-
crime rlgavano le guance incartapecorite della malata. La mano della
donna gli si avvinghiintorno al polso con forza sorprendente, poi
Fraulein Wendel disse con voce chiara: Mi benedica, padre, perch ho peccato
Un'occhiata al proprio abbigliamento fece capire a Miller l'equivoco
in cui la donna era caduta. Rimase incerto per qualche istante, per de-
cidere se lasciare in pace la moribonda o se invece rischiare la propria
anima immortale in un estremo tentativo per rintracciare Roschmann.
Si chinin avanti. Figliola, sono pronto a ricevere la tua confessione. Allora, in uno stanco mormorio, venne fuori la storia della vita della
donna: appena grandicella, cosbrutta com'era, si era resa conto che
per lei non ci sarebbe stato matrimonio; poi, nel 1939, ormai inasprita
dalla vita, aveva avuto l'incarico di guardiana nel campo di concentra-
mentO di Ravensbruck. Mentre parlava di quegli anni di potere e di
atrocit le lacrime ripresero a scorrere sulle guance della donna.
圃 dopo la guerra?domandsommessamente Miller.
DOSSIER ODESSA

Erano stati anni di vagabondaggio. Abbandonata dalle SS e ricercata
dagli Alleati, aveva lavorato come sguattera e aveva dormito negli ospizi
dell'Esercito della Salvezza. Poi, nel 1950, aveva incontrato Winzer.
Questi, nell'attesa di acquistare una casa, alloggiava in un albergo di
Osnabruck nel quale lei lavorava come cameriera. Appena comperata
la casa, Winzer le aveva chiesto di andare a tenergli in ordine l'abi-
tazione.
Non c'altro ? ~> domandMiller, quando la donna smise di parlare.
No, padre. Figliola, tu sai che non posso darti l'assoluzione se non hai con-
fessato tutti i tuoi peccati. E tutto, padre. Miller emise un profondo sospiro. Non sai niente dei passaporti
falsificati per gli uomini delle SS? Non li ho fatti io, padre replicla donna.
Ma ne eri a conoscenza, sapevi il lavoro che faceva Klaus Winzer. S La parola era un impercettibile susurro.
Ora lui se n'andato. E partito soggiunse Miller.
No, non andato via. Klaus non mi lascerebbe mai. E stato costretto a scappare. Rifletti, figliola. Dove potrebbe essere
andato ? Quel volto disfatto si mosse lentamente in segno di diniego. Non lo
so, padre. Se lo hanno minacciato, lui si servirdel suo archivio. Mi ha
detto che lo avrebbe fatto. Miller trasal 娘uale archivio, figliola? Parlarono per altri cinque minuti. Poi, qualcuno busspiano alla
porta e il giornalista si alzper andarsene.
Padre... La voce era dolente, supplichevole. Miller si volt La
donna stava fissandolo con gli occhi spalancati. Mi benedica, padre. Il tono era implorante. Il giovane sospir era peccato mortale. Si
augurche qualcuno, da qualche parte, capisse. Fece il segno della croce.
In nomine Patris, et Filii, et Spiritus Sancti, ego te absolvo a peccatis
tuis. La donna sospirprofondamente, chiuse gli occhi e scivolnell'in-
cosclenza.
Fuori, nel corridoio, il medico stava aspettandolo per accompa-
136 gnarlo all'uscita.
La ringrazio per avermi permesso di vederla gli disse Miller da-
vanti alla porta d'uscita. C'un'altra cosa, dottore. Siamo tutti catto-

lici, in famiglia. La zia mi ha chiesto di chiamare un sacerdote. Pu ` pensarci lei ? Certamente rispose il medico. Provveder Grazie per avermelo
detto. Era il tardo pomeriggio quando Miller tornin automobile in Theo-
dor-Heuss-Platz e parcheggila Jaguar. Attraversata la piazza, entr in albergo e salin camera. Due piani sopra, Mackensen lo vide arri-
vare. Infilata la bomba nella valigia, I'uomo andfino alla sua automo-
bile. La guidfino a un punto dal quale poteva tener d'occhio l'ingresso
dell'albergo e la Jaguar, e si mise ancora in attesa.
In camera sua, Miller comincia telefonare alle conoscenze che aveva
nel mondo della malavita di Amburgo, nel tentativo di rintracciare un
tale di nome Viktor Koppel: questi era un abilissimo scassinatore, del
cui processo Miller si era un tempo occupato e che si riteneva in debito
nei confronti del giornalista. Rintraccio telefonicamente Koppel alle
sette e mezzo, in un bar dove si trovava con molti amici. Miller dovette
rinfrescargli un po' la memoria, prima che lo scassinatore si ricordasse
di IUI.
Ho bisogno di un piccolo aiuto gli disse allora Miller.
Da Amburgo, la voce dell'uomo sembrava preoccupata. Non ho
molto con me, Herr Miller. No, non ho bisogno d'un prestito replicMiller. Voglio pagarla
per fare un lavoro. Soltanto un lavoretto. Dalla voce di Koppe] trasparil sollievo. Ah, capisco. Certo. Lei
dove si trova ? Miller gli impartle istruzioni.

FUORI dell'albergo, Mackensen aveva deciso di cominciare a lavorare
sulla Jaguar a mezzanotte, se Miller non fosse apparso.
Alle undici e un quarto, per Miller uscdall'albergo, attraversla
piazza ed entrnella stazione. Mackensen era stupito, e si domand per quale motivo Miller dovesse prendere un treno.
Alle undici e trentacinque, il mistero fu risolto. Miller uscdalla sta-
zione insieme con un uomo piccolo e male in arnese, che portava una
borsa nera di pelle. La coppia si avvicina un tass sala bordo e si
allontanO Mackensen decise di aspettare venti minuti prima di mettersi
al lavoro sulla Jaguar.
~: La piazza era pressochdeserta. Mackensen scese dalla sua automo-
bile e si avvicinO alla Jaguar, april cofano e legle cariche esplosive
DOSSIER ODESSA





1 38

alla parte del motore che stava di fronte al posto del guidatore. Scivo-
lato sotto l'automobile, assicurcon filo metallico l'estremitdel con-
gegno di detonazione al sostegno che era pia portata di mano. Poi
tra le due spire della molla principale che formava la sospensione ante-
riore di destra, inserle due lame del congegno di detonazione, tenute
separate dalla lampadina.
Quando il tutto fu saldamente assicurato, cosche non si sarebbe di-
staccato per una normale scossa, Mackensen si rimise in piedi. Calco-
lava che, al primo ostacolo incontrato dall'automobile lanciata ad alta
velocit il movimento della sospensione della ruota anteriore destra
avrebbe fatto serrare le ganasce aperte del detonatore, frantumando la
lampadina e mettendo cosin contatto le due lame seghettate caricate
elettricamente. Quando cifosse accaduto, Miller e i suoi compromet-
tenti documenti sarebbero saltati in aria.
Tornato alla Mercedes, Mackensen si rannicchisul sedile posteriore
e si appisol pensando che, quella notte, aveva fatto un buon lavoro.

MILLER ordinal conducente del tassdi condurli in Saarplatz e, l giunti, lo page lo conged Soltanto quando l'auto fu scomparsa,
Koppel aprbocca. Spero che lei sappia ciche sta facendo, Herr
Miller. Strano che un giornalista si trovi in una situazione cosrocam-
bolesca. Koppel, non c'nulla di cui preoccuparsi. Io sto solo cercando un
fascio di documenti, custoditi in una cassaforte dentro la casa. Quelli li
prendo io, e lei prendertutto il resto che trova. D'accordo? Be', d'accordo. Vediamo di concludere alla svelta questa faccen-
da. Un'ultima cosa. Nella casa abita una domesticalo avvertMiller.
Quindi aspetteremo finchnon saremo sicuri che dorma. Percorsero a piedi il chilometro e mezzo di strada che li separava dalla
casa di Winzer; data una rapida occhiata intorno, sgattaiolarono attra-
verso il cancello e si nascosero tra alcuni cespugli di rododendri, di
fronte alle finestre di quello che sembrava essere lo studio.
Koppel fece un giro della casa, lasciando Miller a guardia della borsa
con gli attrezzi. Al ritorno, mormor La domestica ha ancora la luce
accesa. Una finestra sul retro, sotto il cornicione
Per un'ora rimasero acquattati, rabbrividendo, tra i cespugli. Poi,
Koppel fece un altro giro di ispezione e torna riferire che la luce era
spenta. Rimasero acquattati per altri novanta minuti, poi lo scassinatore
strinse il polso di Miller, prese la borsa degli attrezzi e avanza passi
felpati verso le finestre, alla luce della luna.
Fortunatamente per loro, la zona sotto le finestre era in ombra. Koppel
aeeese una minuscola torcia elettrica e fece scorrere il fascio di luce
lungo il telaio della vetrata. La finestra era dotata di una robusta chiu-
sura antifurto a saliscendi, ma non c'erano sistemi di allarme. Koppel
aprla sua borsa e usuna punta di diamante per incidere con grande
abilitun cerchio perfetto sulla superficie del vetro, proprio sotto il
saliscendi; poi applical disco intagliato del nastro adesivo e una ven-
tosa, e infine, con un martello di gomma, diede un colpo secco sul vetro.
Al secondo colpo si udil rumore sordo del vetro che si spezzava: Koppel
allora tirvia la ventosa che tratteneva il disco di vetro e la posa
terra.
Attraverso il buco, Koppel svitla chiusura antifurto e aprla finestra,
ehe scavalccon l'agilitdi un gatto. Miller lo segupicautamente.
Koppel mormor Stia fermo Il giornalista si immobilizzmentre
il ladro chiudeva la finestra, poi tirava le tende e andava a chiudere la
porta che dava sul corridoio. Solo allora Koppel riaccese la lampadina
tascabile e, alla sua luce esplorla stanza, illuminando una scrivania,
una libreria che copriva una parete, una profonda poltrona e un cami-
netto incorniciato di mattoni rossi.
Questo dev'essere lo studio mormorlo scassinatore. Lei non
sa dove si trova il meccanismo che apre la sezione di mattoni? No, non lo so mormorMiller di rimando, imitando il ladro, il
quale aveva imparato che molto pidifficile avvertire un mormorio
ehe un susurro. Dovrcercarlo. Potrei metterci degli anni osservKoppel.
Disse a Miller di sedere sulla poltrona, avvertendolo di tenere i guanti.
Poi infilintorno alla testa una fascia alla quale era assicurata la minu-
~eola torcia elettrica, ed esplor un palmo alla volta, tutta la superficie
di mattoni, cercando di avvertire con le sue dita sensibili la presenza di
sporgenze o di fessure. Ricomincidaccapo, esplorando questa volta la
superficie con una spatola. Alle tre e mezzo, la lama della spatola si in-
castrfra due mattoni, si udun leggero scatto e una parte della super-
~ ficie di mattoni, di sessanta centimetri per sessanta, ruotin fuori di
qualche centimetro. Dietro i falsi mattoni, il sottile raggio di luce della
lampada di Koppel riveluna piccola cassaforte a muro.
Koppel, allora, estrasse dalla borsa uno stetoscopio, ne applic estremitper l'ascolto nel punto in cui riteneva che dovesse trovarsi il
r~ncc-ro ODESSA





140

meccanismo del disco combinatore, e comincia far ruotare il primo
numero attraverso le diverse combinazioni.
Ci vollero quaranta minuti prima che l'ultimo numero della combina-
zione andasse a posto. Koppel aprla porta della cassaforte, quindi si
girverso Miller. Nel movimento, il raggio della sua torcia elettriea
sfiorun tavolo sul quale erano deposti due candelieri d'argento e una
antica e pesante tabacchiera.
Senza dire una parola, Miller prese la torcia elettrica applicata alla
fascia sulla testa di Koppel e se ne servper esplorare l'interno della
cassaforte Sul ripiano inferiore c'erano parecchi mazzi di banconote,
che passal riconoscente scassinatore. Il ripiano superiore conteneva
soltanto una cosa: una cartelletta di manilla. Miller la prese e sfogli le carte che essa conteneva. Erano circa una quarantina, e su ciascun
foglio c'erano una fotografia e parecchie righe dattiloscritte. Giunto al
diciottesimo foglio, Miller si fermed esclama voce alta: Che mi
venga un colpo! Zitto! mormorKoppel in tono perentorio.
Il giornalista porse la torcia elettrica a Koppel. Ormai purichiu-
derla. Lo scassinatore si infilin tasca le banconote, richiuse la cassaforte
e fece girare il disco combinatore finchle cifre tornarono nell'ordine
in cui erano. Rimise a posto la sezione di mattoni, premendo con forza.
Koppel prese i candelieri e la tabacchiera e li infildelicatamente
dentro la borsa nera di pelle; poi, spenta la torcia, aprla finestra e la
scavalc Miller, con la sua cartelletta infilata sotto il golf, lo segu
Richiusa la finestra, i due si diressero verso i cespugli. Quando emersero
dal riparo per raggiungere la strada, Miller provil subitaneo impulso
di correre.
Cammini adagio gli ordinKoppel. Camminiamo e parliamo
come se fossimo di ritorno da un ricevimento. Erano quasi le cinque,
ma le strade non erano completamente deserte, perchgli operai tedeschi
si alzano presto per andare al lavoro.
Non c'erano treni per Amburgo prima delle sette, ma Koppel disse
che avrebbe aspettato in qualche bar riscaldandosi con un caffe un
doppio whisky. Un ottimo lavoretto, Herr Miller osserv Spero
che lei abbia trovato ciche cercava. Oh, s grazie. Ho trovato tutto rispose questi.
Bene, acqua in bocca. Ci vediamo, Herr Miller. Il piccolo scassi-
natore fece un cenno con la testa e si incamminverso il bar della sta-
zione. Miller attraversla piazza, diretto all'albergo, ignaro del fatto
che due occhi cerchiati di rosso lo seguivano da una Mercedes in sosta.
Era troppo presto per fare le telefonate che aveva in programma, e
quindi il giovane si concesse tre ore di sonno, chiedendo di essere sve-
gliato alle nove e mezzo. Quando il telefono squill puntualmente, Miller
ordinla colazione, che arrivquando lui aveva appena finito di fare una
doccia calda. Mentre beveva il caff si sedette a esaminare l'archivio
dell'Odessa, riconoscendo cinque o sei facce, ma nessuno dei nomi. I
nOm], Si disse, non avevano importanza.
Giunto al diciottesimo foglio, Miller torna concentrarsi. L'uomo
era pivecchio, i capelli erano pilunghi, due baffetti gli coprivano il
labbro superiore. Gli orecchi, per erano gli stessi, e quello era il tratto
somatico maggiormente identificabile in un individuo. Anche le narici
strette, la conformazione della testa, gli occhi slavati erano gli stessi. Il
nome era molto comune. Ciche attirla sua attenzione fu l'indirizzo. A
giudicare dal codice postale, I'abitazione doveva trovarsi nel centro della
citt il che significava, probabilmente, che fosse un caseggiato di ap-
partamenti.
Alle dieci parlcon l'ufficio informazioni della cittmenzionata sul-
la scheda e domandil numero di telefono del custode della casa in-
dicata a quell'indirizzo. Aveva giocato d'azzardo, e gli andbene: era
in effetti un palazzo composto da appartamenti, e anche piuttosto
costosi.
Telefonal custode e gli spiegche aveva cercato di parlare al tele-
fono con uno degli inquilini, ma senza avere risposta, il che era piutto-
sto strano, perchgli era stato detto di chiamare a quell'ora. Era forse
guasto il telefono?
L'uomo dall'altro capo del filo si mostrmolto premuroso. Herr
Direktor era probabilmente in fabbrica. Quale fabbrica? Ma la sua,
naturalmente~ La fabbrica di apparecchi radio, aggiunse, menzionando
il nome.
唧h, s certo. Che stupido sono stato a non pensarci!rispose

La ragazza che rispose alla sua successiva telefonata gli passla se-
gretaria del principale. Questa disse che Herr Direktor si trovava nella
sua casa di campagna e che sarebbe rientrato il luned No, spiacente, il
numero telefonico di casa era riservato. L'uomo che diede finalmente a
Miller l'indirizzo della casa di campagna e il numero telefonico riservato
eIa una sua vecchia conoscenza, il corrispondente economico di un gior-
nale di Amburgo. Miller prese la cartina geografica della Germania e
individula zona in cui doveva trovarsi la residenza. Prese la fotografia
di Roschmann applicata da Winzer alla scheda e la studi Aveva sen-
tito parlare di quell'uomo, un grosso industriale della Ruhr. E aveva
visto le radio della sua fabbrica esposte nei negozi.
Era passato mezzogiorno quando fece i bagagli e saldil conto. Aveva
appetito, e quindi si concesse una grossa bistecca nel ristorante del-
I'albergo. Mentre mangiava, decise di percorrere in automobile l'ultima
tappa della sua caccia quello stesso pomeriggio e di affrontare la preda al
mattino seguente. Allora avrebbe potuto telefonare a Ludwigsburg, al-
I'avvocato della Commissione Z; ma voleva essere il primo ad affron-
tare Roschmann.
Erano quasi le due quando uscdall'albergo, ripose la valigia nel
portabagagli della Jaguar, buttla valigetta sul sedile accanto al posto
di guida e si mise al volante.
Non si accorse della Mercedes che lo segufino alla periferia di Osna-
bruck.
Mackensen rimase a osservare la Jaguar che imboccava a tutta velo-
citlo svincolo dell'autostrada diretto a sud. Poi, raggiunse una cabina
telefonica. E per strada comunica Werwolf. Tra un'ottantina di
chilometri sarin tanti di quei pezzi che non sarpossibile ricono-
scerlo. >)
Ottimamente gongolsoddisfatto l'uomo di Norimberga. Sarai
stanco, caro Kamerad. Vai a fare una dormita. Miller percorse quegli ottanta chilometri, e anche di pi Mackensen,
infatti, aveva trascurato un particolare: il suo congegno avrebbe sicura-
mente provocato l'esplosione in breve tempo se fosse stato applicato al
sistema di sospensione normale di una berlina costruita sul continente.
La Jaguar, per era una automobile sportiva inglese, costruita con so-
spensioni molto pirobuste. Mentre l'automobile divorava la strada
verso Francoforte, le robuste molle sopra le ruote anteriori si ritras-
sero leggermente, frantumando la lampadina elettrica posta tra le ga-
nasce del congegno di detonazione. Per le lame d'acciaio caricate elet-
tricamente non entrarono in contatto. Quando l'automobile sobbalza-
va fortemente, le due lame vibravano fino a un millimetro dal punto
di contatto, prima di scattare di nuovo indietro.
Senza sapere quanto fosse vicino alla morte, Miller compil tragitto
fino a Francoforte in tre ore, poi voltverso Konigstein e le selvagge
foreste coperte di neve dei monti Taunus.

14

~ - -

BUIO, quando la Jaguar entrnella piccola cittadina termale. Miller
~alcoldi essere a poco pidi trenta chilometri dal suo obiettivo. De-
~ise di cercare un albergo e di attendere fino al mattino. A nord, si
~irgevano le montagne, serene e bianche sotto un alto tappeto di neve.
,~ ~Jn vento gelido faceva prevedere dell'altra neve durante la notte.
~`~ All'angolo di Hauptstrasse con Frankfurtstrasse, Miller trovun
albergo, il Park Hotel, e prese una camera. Durante la cena, cominci a innervosirsi. Si accorse, mentre sollevava il bicchiere del vino, che le
: mani gli tremavano. In parte era la stanchezza, in parte una ritardata
reazione alla tensione dell'operazione notturna condotta con Koppel.
Soprattutto, per sapeva che era la sensazione de!l'imminente conclu-
: 8ione della caccia, il confronto con l'uomo che aveva cercato con ogni
mezzo, Insieme con la paura che qualcosa potesse ancora andare male.
Pensal dottore incontrato a Bad Godesberg, che l'aveva ammonito
di abbandonare la ricerca; pensall'ebreo cacciatore di nazisti che gli
aveva detto: "Questa gente puessere pericolosa". Si domandperch non l'avessero ancora colpito. Forse, avevano perduto le sue tracce, o,
forse, avevano pensato che, dopo la fuga del falsario, lui non sarebbe
approdato a nulla.
E invece aveva in mano l'archivio di Winzer, le sue prove segrete ed
esplosive. Aveva compiuto il pigrosso colpo giornalistico che fosse mai
awenuto, e stava anche per saldare la partita. Sorrise tra s e la came-
riera, passando, pensche quel sorriso fosse rivolto a lei. Quando la
ragazza passancora ancheggiando davanti al suo tavolo, improvvisa-
mente Miller pensa Sigi, e avvertmolto piintensamente di quanto
fosse mai avvenuto in passato il desiderio di averla vicina.
Riepilogil suo piano mentre finiva di bere il vino. Un semplice con-
fronto, una telefonata all'avvocato della Commissione Z a Ludwigsburg
e, trenta minuti dopo, I'arrivo di un furgone della polizia che avrebbe
portato via quell'uomo, verso il carcere, il processo, la condanna all'er-
gastolO Ripensa tutto cie si rese conto di essere disarmato. Rosch-
mann era davvero solo, sicuro della protezione che gli garantiva il suo
nuovO nome? E se avesse avuto una guardia del corpo?
Durante il servizio militare, uno dei commilitoni di Miller aveva
ubato un paio di manette alla polizia militare e gliele aveva regalate
DOSSIER ODESSA

come trofeo di una notte di baldorie. Adesso erano in un baule, nell'ap
partamento di Amburgo. Aveva anche una rivoltella, chiusa a chiave in
un cassetto della scrivania; era una piccola Sauer automatica, acquistata
legalmente nel 1960, quando si era occupato di un'inchiesta sul mondo
del vizio ad Amburgo.
Trovun telefono pubblico, pisicuro di quello dell'albergo, e chiam Sigi nel locale notturno in cui lavorava. Dovette gridare forte per farsi
udire da lei, al di sopra della musica dell'orchestra che si udiva nel
sottofondo. Interruppe la valanga di domande che lei gli rivolgeva e
le spieginvece ciche voleva. Sigi protestche non poteva allontanarsi,
ma c'era qualcosa nel tono della voce di Miller, che la indusse a tacere.
娟tai bene?gridSigi al telefono.
S benissimo. Ma ho bisogno del tuo aiuto. Ti prego, cara, non ab-
bandonarmi. Non ora, non questa notte. Verrdisse lei, semplicemente. Dirche un caso di emer-
genza. Lui suggerdi rivolgersi a una agenzia per il noleggio di automobili
che lui conosceva e che era aperta tutta la notte.
娘uanto distante?gli domandSigi.
Quasi cinquecento chilometri. Puoi farcela in cinque o sei ore.
Arriverai verso le cinque del mattino. D'accordo. Aspettami. Seguun attimo di silenzio. Peter, te-
soro... Che cosa c' 埔ai paura di qualcosa? Il tempo della comunicazione stava per scadere e Miller non aveva
pigettoni. Sle rispose, e riappese il ricevitore mentre la comunica-
zione veniva interrotta.
Nell'atrio dell'albergo, Miller chiese una grossa busta al portiere di
notte e, dopo qualche ricerca, I'uomo ne procuruna scura e rigida. Il
giornalista acquistanche i francobolli necessari per inviare il plico per
raccomandata. Tornato in camera, aprla valigetta, che aveva tenuto
con sper tutta la sera, e prese il diario di Salomon Tauber, i documenti
trovati nella cassaforte di Winzer e due fotografie del capitano Rosch-
mann. Lesse ancora una volta le pagine del diario che avevano dato il
via alla sua caccia.
E, infine, scrisse su un semplice foglio di carta un breve messaggio,
nel quale spiegava il significato di quel fascio di documenti. Poi infil il biglietto, insieme con il dossier di Winzer e una sola fotografia di

Roschmann~ dentro la busta. La chiuse, la affranc e vi appose
~rindirizzo del ministero della Giustizia di Bonn. La busta e il dia-
g rio tornarono dentro la valigetta, che poi infilsotto il letto. Ripose
~ invece la seconda fotografia di Roschmann nella tasca interna della
,t giacca.
In valigia aveva una fiaschetta di cognac e se ne versuna buona dose
in un bicchiere. Le mani gli tremavano, ma il forte alcolico riusca cal-
marlo. Si distese sul letto, con la testa che gli girava leggermente, e si
addorment

NELLO scantinato di Monaco, Josef camminava furiosamente su e
gi Seduti intorno al tavolo, Leon e Motti si guardavano le mani. Era-
no trascorse quarantott'ore da quando era arrivato il telegramma da
Tel Aviv, e i loro tentativi di rintracciare Miller non avevano dato risul-
tati. Un amico di Stoccarda aveva informato Leon che la polizia locale
stava cercando un giovane in rapporto all'assassinio di un certo Bayer.
La descrizione dell'uomo coincideva con quella di Miller, ma fortunata-
mente il nome registrato all'albergo non era nKolb nMiller.
Per lo meno ha avuto il buon senso di dare un nome falso osserv Leon. Deve aver capito, dopo l'assassinio di Bayer, che la sua falsa
identitera ormai inutilizzabile, e quindi ha abbandonato la ricerca. A
meno che non sia riuscito a sapere da Bayer qualcosa che l'ha condotto
fino a Roschmann. E allora perchdiavolo non si mette in contatto? lo interruppe
bruscamente Josef. Non credermica, quell'imbecille, di riuscire a
prendere Roschmann da solo? Motti diede un discreto colpo di tosse. Lui non sa che Roschmann
ha tutta questa importanza per l'Odessa osserv
Be', se gli si avvicinertroppo, se ne accorgerreplicLeon.
E in quel momento sarun uomo morto soggiunse Josef. Ma
perchquell'idiota non ci telefona?
I TELEFONI avevano squillato altrove, quella sera: Klaus Winzer
aveva telefonato a Werwolf, e le notizie erano rassicuranti.
S penso che tu possa tornartene tranquillamente a casa aveva
detto Werwolf. A quest'ora, il giornalista sarstato sicuramente tolto
di mezzo. Il falsario aveva ringraziato il capo dell'Odessa e si era messo in
viaggiO per tornare al comodo letto della sua casa di Osnabruck.
MILLER fu svegliato da qualcuno che bussava alla port~
Quando l'apr si trovdi fronte il portiere di notte. Dietro a questi,j
c'era Sigi. Miller spiegche la signora era sua moglie, che gli aveva~
portato da casa alcuni documenti importanti. Il portiere, un semplice~
ragazzo di campagna, prese la mancia e se ne and
Sigi gli gettle braccia intorno al collo quando lui chiuse la porta.
Dove sei stato? Che cosa fai qui? Lui la mise a tacere nel modo pisemplice del mondo, e quando le
loro labbra si staccarono, le guance di Sigi, prima cosfredde, erano gi rosse e infuocate.
Miller prese il eappotto della ragazza e lo appese a un ganeio dietro
la porta. Lei eomineia fargli altre domande.
Una eosa alla volta la interruppe lui, e la spinse verso il letto,
eoperto da un alto piumino.
Lei ridaeehi Non sei eambiato. Un'ora dopo, Miller riempun bieehiere eon eognae e aequa. Sigi ne
bevve qualehe sorso e Miller termineiehe restava.
圃 allora?feee Sigi, 差i dispiaee spiegarmi il motivo di quella
lettera misteriosa, di questa assenza di sei settimane, di quell'orribile
taglio di eapelli, di questa eamera in un oseuro alberghetto? Miller si alz attraversla stanza e torneon la valigetta. Si sedette
sul bordo del letto e parlper quasi un'ora, eomineiando dalla seoperta
del diario. Mentre Miller parlava, Sigi appariva sempre pispaventata.
Tu sei pazzo disse infine, quando lui ebbe terminato il raeeonto.
Pazzo furioso. Tutto questo per trovare un veeehio rottame di nazista?
Ma perch Peter? Dovevo farlo rispose lui, in tono che non ammetteva repliehe.
Lei sospirprofondamente. E va bene, adesso sai ehi e dove si
trova. E allora torna ad Amburgo, prendi il telefono e ehiama la polizia.
Ci penseranno loro, al resto. Miller non sapeva eome risponderle. Non eossempliee disse
alla fine. Andrlquesta mattina. A easa sua? A fare ehe eosa? domandlei, eon gli oeehi sgranati
per la paura.
Non domandarmi il pereh non posso dirtelo. E una eosa ehe devo
fare. La reazione di Sigi lo eolse di sorpresa. La ragazza si mise a sedere
di seatto e gli laneiun'oeehiata di fuoeo. E per questo ehe volevi la
rivoltella gli grid Tu hai intenzione di ammazzarlo...
No, non ho intenzione di ammazzarlo... Bene, allora sarlui ad ammazzarti. Tu vai lda solo, eontro lui
la sua gentaglia, e tutto per mettere insieme un artieolo da far leggere
ai lettori della tua stupida rivista. Tu non ei pensi nemmeno, a me, disgra-
~ziato... soggiunse, seoppiando in laerime. Sta' a sentirmi, pezzo di
~ilnbecille. Io voglio sposarti. Voglio diventare la signora Miller. Voglio
~ avere dei bambini. E tu vuoi andare a farti ammazzare... Si alzdi
eolpo, corse nel bagno e sbattla porta alle sue spalle, chiudendola c
- ehiave.
La sigaretta continua bruciare tra le dita di Miller. Non l'aveva mai
vista cosfuriosa, Sigi, e quel fatto lo lasciava sconcertato. Ripensa
eiche lei gli aveva detto mentre dal bagno proveniva il rumore dell'ac-
qua che scorreva nella vasca. Schiacciato il mozzicone della sigaretta,
il giovane si diresse verso la porta del bagno. Sigi disse.
Nessuna risposta.
Sigi. Il rubinetto dell'acqua fu chiuso.
Sigi, ti prego, apri la porta. Ci fu un momento di attesa, poi la porta si apr Che cosa vuoi? domandla ragazza.
Sigrid Rahn, vuoi essere mia moglie? Dici sul serio ? Sigi lo guardava come se non credesse ai suo
orecchi.
S parlo sul serio. Non ci avevo mai pensato prima. Per n▋ ti
avevo mai vista cosarrabbiata, prima d'ora. Perdinci! esclamlei. Vorrdire che mi arrabbierpispesso. >

ALLE SETTE e venti del mattino, Winzer arrivalla sua abitazione.
Era intirizzito e stanco, ma felice di essere a casa. Barbara, la domestica,
non era ancora sveglia. Quando si alz la ragazza gli raccontsubito
della sua scoperta del sabato mattina: il vetro rotto e l'argenteria scom-
parsa. Aveva chiamato la polizia, che non aveva avuto dubbi: quel netto
foro circolare praticato nel vetro era opera di uno scassinatore di profes-
sione La domestica aveva detto ai poliziotti che Winzer non era in casa,
e loro l'avevano avvertita che volevano vederlo, al suo ritorno, per
l~interrogatorio di prammatica sugli oggetti scomparsi.
Winzer l'ascoltava facendosi sempre pipallido, mentre una vena
gli pulsava forte sulla tempia. MandBarbara in cucina a preparargli il
caff poi andnello studio e si chiuse dentro a chiave. Gli bastarono
trenta secondi di frenetica ricerca dentro la cassaforte vuota per convin
cersi che le schede dei quaranta criminali dell'Odessa erano scom-
parse.
Mentre si allontanava dalla cassaforte, gli telefonarono dall'ospedale
per informarlo che Fraulein Wendel era morta durante la notte. Per due
ore, Winzer rimase seduto davanti al fuoco spento del camino, senza av- -
vertire il freddo che filtrava attraverso il buco nella finestra, coperto con
carta di giornale. Cercdi riflettere sul da farsi. I ripetuti richiami di
Barbara per avvertire che la colazione era pronta, non ebbero risposta
Attraverso il buco della serratura, la domestica lo udmormorare, quasi;
tra s ~< Non colpa mia. Non per niente colpa mia...
ALLE NOVE, Miller fece la doccia e la terminrestando per parecchi
minuti sotto i getti dell'acqua fredda. La depressione e le preoccupazioni
della sera prima erano scomparse. Si sentiva in forma, sicuro di s
Si infilgli stivaletti e i calzoni sportivi, un pesante pullover e il giac-
cone blu di lana; questo indumento aveva sui fianchi due tasche trasver-
sali abbastanza profonde da contenere la rivoltella e le manette, e una
tasca interna in cui infilare la fotografia. Prese le manette dalla borsetta
di Sigi e le esamin Non avevano chiave, si chiudevano automatica-
mente.
Aprla rivoltella e la controll era carica. Fece scattare parecchie
volte l'otturatore, inseril caricatore, infiluna pallottola in canna e
bloccla sicura. Poi si mise nella tasca dei calzoni il biglietto con il
numero telefonico dell'avvocato della Commissione Z, a Ludwigsburg.
Sigi era profondamente addormentata, e lui le scrisse un biglietto da
leggere non appena si fosse destata. "Tesoro mio. Ora vado a incontrar-
mi con l'uomo al quale ho dato la caccia. Ho un motivo per volerlo
vedere in faccia e per essere presente quando sarprelevato dalla polizia.
Questo pomeriggio potrdirti qual questo motivo. In ogni caso, pe-
r ti dico ciche dovresti fare..."
Le istruzioni erano precise. Trascrisse il numero telefonico di Monaco
che lei doveva chiamare e la comunicazione che doveva dare. Poi con-
cluse scrivendo: "Per nessun motivo devi seguirmi. Potresti peggiorare
le cose. Se non sono di ritorno per mezzogiorno, o non ti ho telefonato
in albergo per quell'ora, telefona a quel numero, riferisci la comunica-
zione, lascia l'albergo e imbuca la busta in una qualsiasi cassetta postale
di Francoforte. Poi torna immediatamente in automobile ad Amburgo.
Con tutto il mio amore. Peter".

Depose il biglietto sul comodino da notte, accanto al telefono, insieme
~con la grossa busta che conteneva i documenti dell'Odessa e tre banco-
~note da cinquanta marchi. Infilatosi sottobraccio il diario di Tauber
Lsgattaiolfuori della camera. Al banco dell'albergo, chiese all'addetto
' di dare la sveglia nella sua camera alle undici e mezzo.
Poi, Miller raggiunse il parcheggio dietro l'albergo, sala bordo
della Jaguar e accese il motore. Mentre questo si scaldava, il giovane
spazzvia la neve accumulatasi sul cofano, sul tetto e sui finestrini.
Tornato dietro il volante, innestla marcia e imboccla strada prin-
cipale. La neve fresca caduta durante la notte formava una specie di
cuscino sotto le ruote. Dopo aver dato un'occhiata alla cartina geografica
imboccla strada che portava a Limburg.


15

ERA UNA MATTINATA grigia e nuvolosa, e il vento scendeva ululando dalle
montagne. La strada, che si snodava salendo dalla citt ben presto si
addentrin un mare di alberi che formavano la foresta di Romberg.
Miller voltverso Glashutten, costeggile pendici dell'imponente monte
Feldberg e prese una strada che portava al villaggio di Schmitten. Dopo
venti minuti di guida attenta, comincia cercare il cancello di una resi-
denza privata. Quando lo trov imboccil viale di accesso.
Duecento metri piavanti, il ramo di una massiccia quercia, caduto
certo durante la notte, aveva abbattuto un sottile palo nero, che al mo-
mento giaceva di traverso sul viale. Piuttosto che scendere per toglierlo
di mezzo, Miller prefer' avanzare cautamente, sentendo le ruote anteriori
e poi quelle posteriori che passavano sopra l'ostacolo.
L'automobile avanzancora per sbucare poi in uno spiazzo sul quale
sorgeva una villa, circondata da una distesa circolare di ghiaia. Miller
scese dall'automobile davanti all'ingresso principale e suonil cam-
panello.

MENTRE Miller scendeva dalla Jaguar, Klaus Winzer prese la deci-
sione di telefonare a Werwolf. Il capo dell'Odessa era di cattivo umore
perchgida molto tempo avrebbe dovuto aver notizia dell'esplosione
di una automobile sportiva, provocata apparentemente dal serbatoio
della benzina, lungo l'autostrada a sud di Osnabruck. Mentre ascoltava
le parole di Winzer, la bocca di Werwolf si irrigid
Pezzo di cretino, incredibile piccolo imbecille! Lo sai che cosa ti
accadrse non saranno ricuperati quei documenti? Nel suo studio di Osnabruck, Klaus Winzer depose il ricevitore.
Prese una Luger vecchia, ma ancora funzionante, dall'ultimo cassetto
della scrivania. La pallottola che gli trapassla testa non era falsa. 3

WERWOLF rimase seduto davanti al telefono, fissandolo con un'espres- '~
sione quasi di terrore. Ripensa tutti gli uomini per i quali era stato ne-
cessario chiedere un passaporto falso a Klaus Winzer, e al fatto che
ciascuno di essi sarebbe stato inevitabilmente arrestato e processato.
Quando le schede di Winzer fossero state rese pubbliche, la caccia agli
uomini delle SS sarebbe cominciata subito. La prospettiva era terri-
ficante.
Il suo primo compito, per era quello di proteggere Roschmann. Per
tre volte compose il numero telefonico privato dell'ex capitano delle SS,
e per tre volte gli rispose il segnale di occupato. Alla fine si mise in con-
tatto con il centralino, e l'addetto gli spiegche doveva esserci un guasto
alla linea.
Telefonall'Hohenzollern Hotel di Osnabruck e trovMackensen,
che era in procinto di partire. Con poche parole, informil sicario del-
I'ultima catastrofe avvenuta e gli diede l'indirizzo della residenza di
Roschmann. Pare che la tua bomba non abbia funzionato. Arriva l piin fretta che puoi. Nascondi l'automobile e stai incollato a Rosch-
mann. C']anche una guardia del corpo che si chiama Oskar. Se Miller
va direttamente dalla polizia, finita per tutti noi. Se invece va da Rosch-
mann, I'ordine di prenderlo vivo e di farlo parlare. Dobbiamo sapere
che cosa ha fatto di quei documenti prima che tiri le cuoia. Sarlper l'una assicurMackensen.

LA PORTA si apral secondo squillo.
Anni di benessere avevano ingrassato un po' l'uomo che un tempo
era stato un asciutto ufflciale delle SS.
Sembrava il ritratto di un florido signore di mezza etdell'alta bor-
ghesia. SquadrMiller senza entusiasmo.
娟domand
Trascorsero parecchi secondi prima che Miller riuscisse a proferire
150 parola.
Il mio nome Miller dichiar E il suo Eduard Roschmann. Un lampo attraversfugacemente lo sguardo dell'uomo, ma la voce

DOSSIER ODr~SSA

era pacata quando rispose: E ridicolo. Mai sentito parlare di questo
Eduard Roschmann
Dietro a quella tranquilla apparenza, la mente dell'ex SS stava lavo-
~ rando freneticamente. Ricordando la conversazione avuta con Werwolf,
r~ qualche settimana prima, I'uomo vinse il primo impulso di sbattere la
porta in faccia a Miller.
夏ei solo in casa?domandMiller.
Srispose Roschmann, ed era sincero.
Entro disse semplicemente il giornalista.
Roschmann si volte si incamminlungo il corridoio, poi varcuna
porta aperta, seguito da Miller. Era una stanza ben arredata, evidente-
mente lo studio, con una porta imbottita che Miller chiuse alle sue spalle.
Alcuni ceppi ardevano nel caminetto.
Dov'sua moglie ? domandMiller.
Roschmann scosse la testa. Se n'andata via per il fine settimana,
a far visita ad alcuni parenti spieg Era vero. E aveva portato con s una delle automobili. Ciche Roschmann, naturalmente, non disse, era
che l'altra automobile si trovava in garage per riparazioni e che il suo
autista e guardia del corpo, Oskar, era andato al villaggio in bicicletta
per avvertire che il telefono era guasto. Il pensiero che occupava la mente
di Roschmann era come riuscire a far chiacchierare Miller fino al ritorno
di Oskar.
Quando si voltverso Miller, la mano destra del giovane giornalista
stringeva una rivoltella automatica tenendola puntata contro il suo sto-
maco.
Roschmann mascherla sua paura assumendo un'aria indignata.
哽ome, lei viene a minacciarmi con una rivoltella, proprio in casa
mia ? E allora telefoni alla polizia lo invitil giovane. La riconosce-
ranno, Herr Direktor. La faccia sempre la stessa, e anche la ferita
di pallottola sul petto, e la cicatrice sotto l'ascella sinistra, dove lei ha
certamente cercato di cancellare il tatuaggio del gruppo sanguigno delle
Waffen SS. Roschmann fece uscire l'aria dai polmoni in un lungo sospiro. Che
cosa vuo]e, Miller ? Si sieda disse il giornalista. L su quella poltrona, dove posso
tenerla d'occhio. E tenga le mani sui braccioli. Non mi offra il pretesto
di spararle~ perchmi piacerebbe molto farlo. Roschmann si sedette con gli occhi puntati sulla rivoltella.
Miller si appollaisullo spigolo della scrivania, di fronte a lui. E
adesso parliamo gli disse.
Di che cosa ? Di Riga. Delle ottantamila persone, uomini, donne e bambini, che
lei ha massacrato laggi Roschmann comincia ritrovare la sua sicurezza. E una menzogna.
Non sono mai state ottantamila le persone eliminate a Riga. Settantamila ? Sessantamila ? domandMiller. Lei crede che
abbia realmente importanza sapere con precisione quante migliaia di
persone lei ha ammazzato ? Questo il punto convenne di buon grado Roschmann. Non ha
importanza. Senta, giovanotto, io non so per quale motivo lei mi ha
cercato, perposso arguirlo. Qualcuno deve averle imbottito la testa
con un mucchio di sentimentalismi sui cosiddetti crimini di guerra e
roba del genere. Sono tutte fandonie. Lei, quanti anni ha? Ventinove. Ha fatto il servizio militare? S Allora dovrebbe capire. Nell'Esercito, un uomo riceve gli ordini e
obbedisce. Non sta a domandare se sono giusti o sbagliati. Obbedisce
e basta. Lei non era un soldato obiettMiller pacatamente. ~< Lei era un
boia. Un assassino. Quindi non si metta sullo stesso piano dei soldati. Sciocchezze replicRoschmann. Noi eravamo soldati come gli
altri. Voi, giovani tedeschi... voi non potete assolutamente capire che
cosa voleva dire... 娟u, mi dica, che cosa voleva dire? Roschmann si appoggiallo schienale della poltrona: il pericolo im-
mediato era passato. Che cosa voleva dire ? Noi dominavamo il mondo,
noi tedeschi. Avevamo sconfitto tutti gli eserciti che potevano mandare
contro di noi. Per anni, hanno continuato a guardarci dall'alto in basso,
e noi allora gli abbiamo fatto vedere che eravamo un grande popolo.
Voi giovinastri non capite che cosa sia l'orgoglio di essere tedeschi.
E come un fuoco che si accende dentro. Quando le bandiere garrivano
al vento e tutta la nazione era unita dietro un solo uomo, noi avremmo
potuto marciare fino in capo al mondo. Questa grandezza, giovane
Miller. E noi delle SS eravamo i migliori, siamo ancora i migliori.
La gente di buon senso dovrebbe dimenticare le stupidaggini che si
raccontano in giro su ciche avvenuto a qualche ebreo in pochi campi

E ~
~li concentramento. Hanno fatto tutto questo chiasso perchabbiamo
~ovuto ripulire la Germania dalla sporcizia ebraica che inquinava l'aria
la vita tedesca. Abbiamo dovuto farlo, le dico. Era la sola macchia
~el grandioso disegno di un popolo germanico puro nel sangue e negli
~deali, che dominava il mondo com'era suo diritto. Il nostro diritto,
~Miller, il nostro destino! Perch questo incontestabile, Miller: noi
~iamo il pigrande popolo della terra. 1~ Nonostante la rivoltella stretta sempre nel pugno di Miller, Roschmann
~si alze si mise a passeggiare sul tappeto.
Vuole le prove ? Guardi la Germania di oggi. Nel 1945, era un muc-
~chio di macerie. E ora? Risorta, aumenta ogni anno il suo potere indu-
~striale ed economico. S e anche il potere militare. Un giorno saremo
; ancora pipotenti che mai. Ci vorrtempo, ma gli ideali saranno gli
6tessi, e anche la gloria sarla stessa. E che cosa ha dato origine a tutto
ci La disciplina, la disciplina dura: quanto pidura, meglio E
la direzione. Perchnoi sappiamo dirigere. Guardi le nostre fabbriche,
che macinano potere e forza ogni giorno di piper edificare la potenza
della Germania.
E chi crede che abbia fatto tutto questo ? La gente che si sciacqua
la bocca con il pietismo per qualche miserabile ebreo? O i codardi che
cercano di perseguitare i gloriosi soldati tedeschi? Noi abbiamo fatto
tutto questo! Gli stessi uomini che erano gli eroi di venti, trent'anni fa.
Noi abbiamo restituito la prosperitalla Germania. Voltle spalle alla finestra e guardin faccia Miller, con lo sguardo
acceso. Per misuranche la distanza che lo separava dal pesante at-
tizzatoio di ferro vicino al camino, e quello sguardo non sfugga Miller.
E ora eccolo qui, un rappresentante della giovane generazione, pieno
di tutto il suo idealismo, che mi dla caccia con una rivoltella in pugno.
Lei crede che sia di questo che ha bisogno, il popolo tedesco? Miller scosse la testa. No, non lo credo replicseccamente.
Bene, ci siamo, dunque. Se lei mi consegna alla polizia, potrebbero
fare un processo; ma non sicuro, con tutti i testimoni ormai dispersi o
defunti E allora, metta via la sua rivoltella e se ne vada a casa. Legga
la storia vera di quei giorni, impari che la grandezza della Germania
ha origine dai patrioti come me. Durante quella lunga tirata di Roschmann, Miller era rimasto se-
duto a osservare con stupore e crescente disgusto quell'uomo, che mi-
6urava a gran passi il tappeto e parlava, cercando di convertirlo alla
ecchia ideologia. Il giovane avrebbe voluto dire tante cose: parlare

,
della gente che conosceva e delle innumerevoli altre persone, che gli~
erano ignote, ma che, come lui, erano sorrette dagli stessi ideali di giu-
stizia e non capivano come fosse stato possibile cercare di procacciarsi
la gloria, massacrando milioni di esseri umani.
Ma le parole non vennero. Non vengono mai quanto pise ne sen-
te la necessit Perci Miller si limito ~ fi~re Roschmann finchque-
sti non tacque.
Nella stanza calil silenzio.
Dopo qualche secondo, il giornalista domand Lei ha mai sen-
tito parlare di un uomo di nome Tauber? Chi ? Salomon Tauber. Anche lui era tedesco. Ebreo. E stato a Riga,
dall'inizio alla fine. Roschmann scrollle spalle. Non posso ricordarmelo. Chi era? Si sieda gli intimaspramente Miller. E questa volta resti
seduto. Roschmann, stringendosi nelle spalle, torna sedere sulla poltrona
Ormai, era sicuro che Miller non avrebbe sparato, percipensava fre-
neticamente al modo di riuscire a intrappolarlo prima che se ne andasse.
Tauber morto ad Amburgo, nel novembre scorso spiegMiller.
Si ucciso col gas. Mi ascolta? S Se sono obbligato. Ha lasciato un diario. E un resoconto di quello che gli accaduto,
di quello che lei e gli altri gli avete fatto, a Riga e altrove. Ma soprat-
tutto a Riga. Poi, tornato ad Amburgo ed vissuto lper diciott~anni
perchera convinto che lei fosse vivo e che non avrebbe mai dovuto
affrontare un processo. Io sono entrato in possesso del diario di Salo-
mon Tauber. Il diario di un morto non costituisce una prova biascico Rosch-
mann.
La costituisce per me. C'una pagina che voglio farle leggere. Miller april diario e lo mise in grembo a Roschmann. Lo prenda gli ordin E lo legga... a voce alta. Roschmann lesse il brano che descriveva l'assassinio da lui commes-
so contro un ufficiale dell'Esercito tedesco decorato con la Croce di
Ferro con fronde di quercia.
E allora? domandRoschmann al termine della lettura. Quel-
I'uomo mi aveva colpito. Aveva disobbedito agli ordini. Avevo il diritto
di requisire quella nave.
~ Miller gettuna fotografia in grembo a Roschmann. E questo
E~lomo che lei ha ammazzato? L'ex SS guardla fotografia e scrollle spalle. Come potrei sa-
trlo? E accaduto vent'anni fa. |~- Si udun lento scatto metallico quando Miller spinse indietro col pol-
pce i~ cane della rivoltella e la puntcontro la faccia di Roschmann.
|I~ Era questo l'uomo ? ~ Roschmann guardancora la fotografia. S d'accordo. Era lui. E
,~llora ? . Era mio padre dichiarMiller.
Il colore scomparve dalla faccia di Roschmann. Mormor Dunque,
~3ei non venuto qui per gli ebrei
No. Mi dispiace per loro, ma non fino a questo punto. ~ Ma come ha fatto a capire dal diario chi era quell'uomo? -i 套io padre stato ucciso I'll ottobre 1944, nell'Ostlandrispose
~iller. Per vent'anni non ho saputo altro. Poi, ho letto il diario. Era
lo stesso giorno, la stessa zona, il grado era lo stesso. E soprattutto la
decorazione era uguale: la Croce di Ferro con fronde di quercia, la
pialta ricompensa al valore sul campo. Non erano molti ad avere
quella decorazione, e pochissimi fra i decorati erano semplici capitani
dell'Esercito. Roschmann fissava la rivoltella come ipnotizzato. Lei vuole am-
mazzarmi. Non pufarlo, cos a sangue freddo. Non lo far La prego,
~Iiller, non voglio morire. Miller si chinin avanti e comincia parlare. Ho ascoltato le sue
farneticazioni finchnon mi venuto il voltastomaco. Adesso lei ascol-
terme, mentre decido se lei deve morire q o andare a morire in qual-
Che prigione-
Lei ha avuto la sfacciataggine, la maledetta spudoratezza di dirmi
che lei, lei fra tutti i tedeschi, stato un patriota. Le spiegherio che cosa
Lei e la gente della sua risma siete la peggiore feccia che mai dalle
fogne di questo Paese sia arrivata a posizioni di potere. E per dodici
anni avete insozzato il mio Paese col vostro marciume
Ciche voi avete fatto ha rivoltato la coscienza di ogni uomo civile
~ ha lasciato alla mia generazione un'ereditdi vergogna che per un'in-
tera vita dovremo espiare. Voi vi siete serviti del popolo tedesco finch fa~ete potuto sfruttarlo, poi ve la siete squagliata quando era comodo
arlO Non siete nemmeno coraggiosi. Siete i pischifosi vigliacchi mai
aPparsi sulla faccia della terra! Avete assassinato milioni di persone per
il vostro vantaggio e in nome della vostra patologica sete di potere,
poi siete scappati a nascondervi, come cani quali siete. E in quanto all
sfrontatezza di chiamare Kameraden i soldati dell'Esercito e gli altri ch
hanno realmente combattuto per la Germania, questa una disgustos
oscenit Patriottismo! Voi non sapete nemmeno che cosa signific~
questa parola.
Le dirun'altra cosa, come tedesco di questa generazione che vc
disprezzate tanto. Questa prosperitche abbiamo conquistato non h
niente a che fare con voi. E merito dei milioni di persone che lavoran~
duramente tutti i giorni e che non hanno mai ammazzato nessuno i
vita loro. Miller tira sil telefono, alzil ricevitore dalla forcella e compos
un numero. C'una persona, a Ludwigsburg, che gradirebbe far
quattro chiacchiere con lei soggiunse. Portil ricevitore all'orecchic
Lo ha tagliato lei ? Se lo ha fatto, le bucherla testa qui, su due piedi. Roschmann scosse la testa. Non l'ho nemmeno toccato. Miller ricordil ramo caduto e il palo che giaceva di traverso sul viale
d'ingresso. Imprecsommessamente.
Roschmann sorrise. Dev'essere guasta la linea. Dovrandare fino
al villaggio. Che cosa ha intenzione di fare, adesso? Le ficcheruna pallottola in corpo, se lei non fa quello che le dico taglicorto Miller. Tirfuori le manette dalla tasca. Prenda le ma-
nette e vada vicino al camino ordin Resterammanettato a quella
decorazione di ferro battuto, mentre io andra cercare un telefono. Gettle manette a Roschmann.
Questi, per le lascicadere ai suoi piedi, chinandosi come se volesse
raccoglierle; afferrinvece il pesante attizzatoio e lo agitperfidamente
davanti alle ginocchia di Miller. Il giovane fece agilmente un passo in-
dietro e colpla testa di Roschmann con la canna della rivoltella. Ci
provi ancora e la ammazzerminacci
Roschmann si alzin piedi, ancora dolorante per il colpo ricevuto.
Chiuda una delle manette intorno al polso destro ordinMiller, e
Roschmann obbed Vede la decorazione di ferro davanti a lei ? Chiu-
da l'altra manetta intorno a quella. Quando Roschmann ebbe eseguito l'ordine, Miller sgombrla zona
circostante il caminetto di ogni oggetto che potesse servire al nazista
per rompere i vetri della finestra.
Fuori, sul vialetto d'accesso, I'uomo di nome Oskar stava pedalando
verso casa; era di ritorno dopo aver avvertito chi di dovere del guasto
alla linea telefonica. Si ferm stupito, quando vide la Jaguar; il suo pa-
drone gli aveva assicurato di non aspettare visite.
Entrsilenziosamente in casa, poi si ferm incerto sul da farsi, per-,
chnon udiva alcun rumore attraverso la porta imbottita dello studio
Miller si diede un'ultima occhiata intorno, restando soddisfatto. Tra~
I'altro disse ancora a Roschmann che lo fissava con uno sguardo dP
fuoco, non le sarebbe servito a niente, se mi avesse colpito. Ho la-
sciato l'incartamento completo di tutte le prove contro di lei nelle mani
di una persona fidata, che lo avrebbe imbucato in una cassetta postale,
indirizzato alle autoritcompetenti, nel caso che io non fossi tornato.
o non avessi telefonato entro mezzogiorno. Visto come stanno le cose,
posso telefonare. Sardi ritorno fra venti minuti, e la polizia arriver non pidi trenta minuti dopo di me. Lei non potrebbe liberarsi in venti
minuti, nemmeno se riuscisse a procurarsi una sega. Mentre Miller parlava, Roschmann sentiva sfumare tutte le sue spe-
ranze. Sapeva d'avere soltanto una possibilit che Oskar tornasse in
tempo e riuscisse a prendere Miller vivo, costringendolo poi a fare la
telefonata per impedire che i documenti fossero spediti per posta. L'oro-
logio sul caminetto segnava la dieci e quaranta.
Miller spalancla porta e si trova faccia a faccia con un uomo di
una buona incollatura pialto di lui. Prendilo! strillRoschmann.
Mil]er puntdi scatto verso l'alto la rivoltella che stava rimettendo in
tasca. Fu troppo lento. Un fendente sferrato da Oskar con il taglio
della mano sinistra gli piombsul braccio, facendogliela cadere.
Contemporaneamente, il destro di Oskar si abbatteva sulla mascella
del giornalista, sollevandolo di peso. Mentre cadeva, Miller battla
testa contro lo spigolo di una libreria. Il corpo del giovane, inerte co-
me quello di una bambola di pezza, scivolsul tappeto e rotolsu un
fianco. Dalla nuca, un rivolo di sangue colava sul pavimento.
Cretino! gridRoschmann quando si rese conto dell'accaduto.
Oskar sembrava sconcertato. Vieni qui. L'uomo traversla stanza a gran passi.
Liberami da queste manette. Usa gli attizzatoi. Le decorazioni di ferro battuto del camino, per erano state costruite
in un'epoca in cui gli artigiani intendevano far durare per molto tempo
la loro opera. Gli sforzi di Oskar servirono soltanto a piegare l'attiz-
158 zatoio e un paio di tenaglie.
Portalo qui ordinRoschmann alla fine. Mentre Oskar reggeva
in piedi Miller, Roschmann tastil polso del giornalista. E ancora
~i~vo disse alla fine, ma avrbisogno di un medico per tornare in
~iedi alla svelta. Portami una penna e un pezzo di carta. 1~ Scribacchidue numeri telefonici, mentre Oskar andava in cerca di
ima sega. Arriva al villaggio piin fretta che puoi ordina Oskar
~ando questi torn Telefona a questo numero di Norimberga e in-
forma dell'accaduto l'uomo che risponder Poi, telefona a questo nu-
.l~nero locale e fai venire qui il medico immediatamente. E ora sbrigati. Mentre Oskar usciva di corsa dalla stanza, Roschmann diede un'oc-
~uata all'orologio. Le dieci e cinquanta. Se Oskar fosse arrivato al
ixillaggio per le undici e fosse tornato con il medico per le undici e un
~quarto, avrebbe potuto portare Miller a un telefono per tempo. Comin-
~ciaffannosamente a segare le manette.
Giunto davanti alla porta, Oskar prese la bicicletta, poi si fermac-
canto alla Jaguar e diede un'occhiata dentro. La chiave per l'accensione
~era infilata nel cruscotto. Il suo padrone gli aveva detto di fare in fretta
`~:e quindi, abbandonata la bicicletta, Oskar salin macchina e avviil
motore. Aveva ingranato la terza e stava correndo piche poteva sul
viale scivoloso, quando l'automobile slittin curva su un mucchio di
ghiaia e anda urtare contro il palo.
Roschmann stava ancora segando la catena che univa le due manette
quando una fragorosa esplosione lo fece fermare di colpo. Sporgendosi
piche poteva riusca guardare attraverso la porta-finestra e, bench l'automobile e il viale d'accesso fossero fuori del suo campo visivo,
riusca vedere il fumo che si innalzava verso il cielo. Cigli fece intuire
che un'automobile era stata distrutta da un'esplosione. Si ricordche
gli avevano assicur~to che Miller sarebbe stato tolto di mezzo. Questi,
per era sul tappeto, a pochi passi da lui, mentre Oskar era sicuramente
mortO e il tempo continuava a scorrere inesorabilmente. Chinla testa
e chiuse gli occhi.
Allora, la fine mormorcon voce pacata. Dopo parecchi minuti,
ricominciO a segare. Trascorse pidi un'ora prima che l'acciaio parti-
colarmente resistente delle manette militari si spezzasse. Quando si alz
libero dalle manette, I'orologio suonava mezzogiorno.
Se ne avesse avuto il tempo, Roschmann si sarebbe fermato a dare un
calcio a quel corpo disteso per terra, ma in quel momento aveva una fretta
maledetta~ Dalla cassaforte a muro, prese un passaporto e parecchi ro-
busti mazzi di banconote nuove, di grosso taglio. Venti minuti dopo,
riunite quelle cose e qualche vestito dentro la valigia, si allontanava in
bicicletta lungo il vialetto, diretto al villaggio, passando accanto alla

159
carcassa demolita della Jaguar e ai resti di un corpo che giaceva in mezzo
alla neve e ai pini spezzati. Dal villaggio, prese un tassper l'aeroporto
di Francoforte. Giunto a destinazione, si precipitallo sportello delle
informazioni e domandall'addetto: 唧 che ora parte il prossimo
aereo per l'Argentina? Vorrei partire entro un'ora. In caso contrario,
qual il prossimo per Madrid?

16

ERA l'una e dieci quando la Mercedes di Mackensen imboccil viale
d'accesso alla villa. A metpercorso, il sicario trovla strada ostruita.
La Jaguar era capovolta di traverso sul viale. La parte centrale era
letteralmente disintegrata e alcuni rottami erano sparsi nella zona cir-
costante la carcassa.
Mackensen osservquei rottami con un ghigno cupo, poi si avvicin a un mucchio di abiti bruciacchiati e al loro contenuto, che giacevano
a sei metri di distanza. La dimensione di quel corpo attirla sua atten-
zione; restl chino, per parecchi minuti. Poi, a lunghi balzi, corse
fino alla villa.
Prova girare la maniglia dell'ingresso principale. La porta si r
e l'uomo entrnell'atrio. Per parecchi secondi restin ascolto, fiutando
il pericolo nell'aria. Nessun rumore. Portla mano sotto l'ascella sini-
stra ed estrasse una Luger automatica, tolse la sicura e cominciad
aprire le porte che davano sul corridoio.
La prima si apriva sulla sala da pranzo, la seconda sullo studio.
Vide subito il corpo disteso sul tappeto davanti al camino, pernon si
mosse dalla porta socchiusa finchnon ebbe passato in rassegna il resto
della stanza. Cautamente, diede un'occhiata dalla fessura dei cardini della
porta per accertarsi che non ci fosse nessuno appostato ldietro, poi
entro.
Miller giaceva sul dorso, con la testa voltata da una parte. Per pa-
recchi secondi, Mackensen rimase a guardare quel volto bianco come
il gesso. Il sangue raggrumato sulla nuca gli diede un'idea approssima-
tiva di ciche doveva essere accaduto.
Perlustrla casa, notando i cassetti aperti nella camera da letto del
160 proprietario e l'occorrente per radersi che mancava nel bagno. Tornato
nello studio, diede un'occhiata dentro la cassaforte a muro ormai vuota,
poi sollevil ricevitore del telefono. Rimase in ascolto per parecchi se-

DOSSIER ODESSA

Ldi, poi imprecsommessamente e depose il ricevitore sulla forcella
~ovla cassetta degli attrezzi, prese quelli che gli servivano e torn vialetto d'ingresso, uscendo dallo studio passando attraverso la por-
~-finestra.
~ Impiegquasi un'ora per trovare i fili staccati della linea telefonica,
kr districarli dal groviglio della sterpaglia e collegarli. Quando ebbe
~ito, tornalla villa e telefonal suo capo a Norimberga.
Si aspettava che Werwolf fosse impaziente di avere notizie da lui,
invece lo trovstanco, quasi disinteressato. Mackensen raccontci ~ihe aveva scoperto: I'automobile, il cadavere della guardia del corpo,
~liller disteso privo di sensi sul pavimento. Concluse con la scomparsa
~el padrone di casa.
~- Non ha preso molto, capo. Lo stretto necessario. Posso rimettere
tutto in ordine, e poi lui putornare, se ne ha voglia. ~- No, non tornerassicurWerwolf. Mi ha telefonato dall'aero-
porto di Francoforte. Ha prenotato un posto su un aereo per Madrid,
eon coincidenza per Buenos Aires, questa sera... - Ma non ce n'bisogno protestMackensen. Ci penserio a
far parlare Miller; possiamo scoprire dove ha messo i documenti. Non
e'era nessuna valigetta tra i rottami dell'automobile, e non ha niente
eon s tranne una specie di diario buttato sul pavimento. Per il resto
della sua roba dev'essere da qualche parte, non molto distante. 唧bbastanza distante rettificWerwolf. In una cassetta delle
bttere. Stancamente, descrisse a Mackensen ciche Miller aveva rubato
nella casa del falsario, e quello che Roschmann gli aveva comunicato
per telefono. Quei documenti saranno in mano delle autoritdomani
mattina, o martedal pitardi. Dopo di che, tutte le persone citate nel-
I?elenco avranno i minuti contati. Ho passato queste ultime ore cercando
di avvertire tutte le persone interessate di lasciare il Paese entro venti-
quattr'ore. E allora dove dobbiamo andare, a questo punto ? domand l~lackensen.
Tu scompari rispose il capo. Tu non ci sei, su quell'elenco. Io
ci sono, e quindi devo squagliarmela. Torna nel tuo appartamento e
aspetta lche il mio successore si metta in contatto con te. Per il resto,
finito tutto. Con la partenza di Vulcano, tutta l'operazione va a rotoli,
menO che non venga qualcun altro a prendere in mano il progetto. 娘uale Vulcano? Quale progetto?


,
162

Dal momento che tutto finito, puoi anche saperlo. Vulcano er,
il nome in codice di Roschmann, I'uomo che tu avresti dovuto prote~
gere da Miller. In poche parole, Werwolf spiega Mackensen perch
gli era stato affidato il compito di eliminare Miller. Quando Werwol
ebbe finito di parlare, Mackensen emise un sibilo sommesso.
Un po' dell'antica autoritaffiornella voce di Werwolf, che sembr~
riprendersi. Kamerad, devi rimettere tutto in ordine, l Ricordi quell
squadra di sgombero di cui ti sei giservito un'altra volta? S non sono lontani da qui. Falli venire per rimettere tutto a posto, in modo che non resti tracci
dell'accaduto. La moglie di Roschmann non deve saperlo mai. Intesi?
Sarfatto assicurMackensen.
Poi, taglia la corda. Un'ultima cosa. Prima di andare, finisci que
bastardo di Miller. Una volta per tutte. Mackensen diede un'occhiata al giornalista ancora privo di sensi
socchiuse gli occhi. Sarun piacere. Allora arrivederci, e buona fortuna. Mackensen depose il ricevitore, prese un'agenda, la sfoglie com
pose un numero telefonico. Si fece riconoscere dall'uomo che rispose a
telefono e gli spiegdettagliatamente dove doveva recarsi e cich
avrebbe trovato.
L'automobile e il cadavere lvicino devono finire in qualche burron
di una strada di montagna. Versateci sopra benzina a volont in modl
che si sviluppi un bell'incendio. Non lasciate niente che possa servir
all'identificazione dell'uomo: frugategli le tasche e prendete tutto, com
preso l'orologio. Intesi rispose la voce. Porteremo un carro attrezzi con la gru.
Un'ultima cosa. Nello studio della casa, troverete un altro cadaver
sul pavimento. Toglietelo di mezzo. Un bel tuffo nel fondo di qualch
lago gelato e profondo. Con un bel peso ai piedi. Facilissimo. Saremo lper le cinque, e alle sette ce ne andrema
Non mi va di spostare carichi come quelli alla luce del giorno. Benissimo concluse Mackensen. Io me ne andrprima del va
stro arrivo. Mackensen riappese il ricevitore, scivolgidalla scrivania e si di
resse verso Miller. Estrasse la sua Luger e la puntin basso con tutt~
il braccio disteso, mirando esattamente alla fronte del giornalista.
Vissuto per anni come un animale da preda, Mackensen aveva acqui
stato la sensibilitdi un leopardo. Non vide l'ombra che si stagliav,
I tappeto attraverso la porta-finestra aperta, ma la sente si volt scatto su sstesso, pronto a far fuoco.
哽hi diavolo sei?borbottMackensen, tenendo l'uomo sotto la
ra.
L'uomo che stava sulla soglia della porta-finestra era vestito con una
cca da motociclista e gambali neri di pelle. Con la mano sinistra
eva il casco sopra lo stomaco. L'uomo lanciun'occhiata al corpo
e giaceva ai piedi di Mackensen e alla rivoltella che questi aveva in
mo.
Sono stato mandato spiegcon aria innocente.
圃 da chi?>~ domandancora Mackensen.
Vulcano rispose l'uomo. Il mio Kamerad Roschmann. Mackensen abbassla rivoltella. Ebbene, se n'andato. Andato ? Diretto in Sudamerica. Tutto il progetto andato in fumo. E grazie
questo bastardo di giornalista. Tese la canna della pistola verso
iller.
Devi finirlo? domandl'uomo.
Certo. Ordine di Werwolf. Werwolf ? Un campanello d'allarme suonindistintamente nella mente di Mac-
nsen. Gli era stato detto che nessuno, in Germania, a parte Werwolf
~ra lui stesso, era a conoscenza del progetto Vulcano. Come poteva
lell'uomo essere a conoscenza di Vulcano e non di Werwolf~ Soc-
iuse gli occhi.
姬ieni da Buenos Aires? domand
No. 圃 da dove, allora? Da Gerusalemme. Trascorse mezzo secondo prima che Mackensen capisse il significato
quelle parole. Allora sollevla sua Luger. Ma mezzo secondo un
ngo periodo di tempo, abbastanza lungo per morire.
L'imbottitura di gomma all'interno del casco restbruciacchiata,
undo il colpo della Walther part La pallottola, per trapassla
~ra di vetro senza fermarsi e colpMackensen sullo sterno, con la forza
:l calcio di un mulo. Il casco poi cadde a terra, rivelando la mano de-
ra di Josef, e da dietro la nuvola di fumo azzurro l'uomo del servizio
greto israeliano fece fuoco ancora una volta.
Mackensen era forte come una roccia. Nonostante la pallottola nel
petto, avrebbe fatto fuoco a sua volta, ma la seconda pallottola, entra.
tagli in testa sopra l'arcata sopracciliare destra, frustril suo tentativO,
E lo fece anche morire.

MILLER si svegliil lunedpomeriggio in una camera privata del Po.
Iiclinico di Francoforte. Restimmobile per mezz'ora, rendendosi len-
tamente conto che la sua testa era tutta avvolta nelle bende. Trovun
campanello e lo premette, ma l'infermiera che arrivgli intimdi stare
fermo perchaveva una grave commozione cerebrale.
Cosrestimmobile nel letto e, poco per volta, ricompose il quadra
degli avvenimenti del giorno precedente. Si appisole quando si svegli era gibuio.
Un uomo era seduto accanto al suo letto. Gli sorrise.
Miller lo fissattentamente. Io la conosco disse alla fine. Lei
era in casa di Oster. Insieme con Leon e Motti. Josef, I'hanno chia-
mata. 娑roprio cos Che cos'altro ricorda? Quasi tutto. Roschmann ? Roschmann se n'andato. In Sudamerica, con l'aereo. Tutta la
faccenda conclusa. Finita. Ha capito? Miller scosse lentamente la testa. Non del tutto. Ho vissuto una
storia incredibile. E la scriver Josef si chinin avanti. Mi ascolti, Miller. Lei un dilettante da
quattro soldi, ed fortunato a essere ancora in vita. Lei non scriver un bel niente. Per prima cosa, lei non ha niente da scrivere. Il diario di
Tauber l'ho preso io, e lo portercon me nella mia patria, alla quale
appartiene. L'ho letto ieri sera. C'era la fotografia di un capitano del-
I'Esercito nella tasca della sua giacca. Credo di aver intu﹀o qualcosa.
Era suo padre? Miller annu
Dunque per questo che ha fatto tutto ci domandl'agente
israellano.
S Be', in un certo senso mi dispiace. Per suo padre, voglio dire. Non
avrei mai pensato di dire una cosa del genere di un tedesco. E ora par
liamo dei documenti. Perchdiavolo non ha voluto darli a noi ? Avremmc
potuto servirci di quelle informazioni nel modo migliore osservJosei
con amarezza.
Ho dovuto mandarle a qualcuno, per mezzo di Sigi. Voglio dire.

DOSSIER ODESSA

posta. Voi siete cosbravi che non mi avete mai fatto conoscere
dirizzo di Leon. osef annu D'accordo. Tuttavia, in un modo o nell'altro, lei non
nessuna storia da raccontare. Non ha prove. Il diario non c'pi i
,umenti non ci sono pi Se lei insiste a voler parlare, nessuno le cre-
tranne l'Odessa, che verra cercarla. O, piuttosto, colpirSigi
ua madre. Non vanno tanto per il sottile, ricorda ? ,filler rifletteva. E la mia automobile? osef racconta Miller della bomba. Gliel'ho detto, che non vanno
il sottile. L'automobile stata trovata in un burrone, distrutta dal
co. Il corpo trovato ldentro non stato identificato, ma non il
~. La versione da raccontare che lei stato aggredito da un auto-
ppista che l'ha buttato gie se ne andato con la sua auto. L'ospe-
e confermerche lei stato portato qui dopo che un motociclista dj
saggio ha chiamato l'ambulanza quando l'ha visto sul ciglio della
da. Non mi riconosceranno pi avevo il casco e gli occhialoni, in
I momento. Questa la versione ufficiale, e, per essere sicuro che non
nbier ho telefonato due ore fa all'agenzia di stampa tedesca, fingendo
parlare dall'ospedale, e ho raccontato questa versione. Josef si alz uardMiller dall'alto. Mi domando se lei si rende conto della for-
la che ha avuto. Ho ricevuto la telefonata della sua ragazza ieri a
zzogiorno. Correndo come un pazzo, sono arrivato a casa di Rosch-
nn in due ore e mezzo esatte. Appena in tempo per l'ora della sua
Irte, che stava per scoccare. ii volt posla mano sulla maniglia. Ascolti un consiglio: si faccia
Iborsare dall'assicurazione della sua automobile, si prenda una Volks-
gen, torni ad Amburgo, sposi Sigi, abbia dei figli e continui a fare il
~rnalista. Non si immischi picon i professionisti. Mezz'ora dopo la partenza di Josef, il telefono squill
Era Sigi, piangeva e rideva. Un anonimo informatore le aveva detto
ve si trovava Peter. Mi metto in strada immediatamente annun-
I la ragazza.
Squillancora il telefono. Miller ? Parla Hoffmann. Ho appena letto
notizia delle agenzie giornalistiche. Si preso una botta in testa, eh?
I bene ? Sto bene, Herr Hoffmann rispose Miller.
Ottimo Quando sarin grado di tornare al lavoro~ Miller riflett La settimana prossima. Perch? Ho una storia per le mani che fa proprio al caso suo. A proposito,
com'andata quella sua caccia al nazista? C'era qualcosa da raccon-
tare ? No, Herr Hoffmann rispose Miller lentamente. Niente da rac-
contare. Me lo aspettavo. Si sbrighi a guarire. Ci vediamo ad Amburgo.
L'AEROPLANO di Josef atterrall'aeroporto di Lod, a Tel Aviv, il
marted al calar della sera. L'agente trovad aspettarlo due uomini
che lo accompagnarono in auto al quartier generale, dove doveva pre-
sentarsi a rapporto dall'uomo che aveva firmato il telegramma: il Cor-
morano. Parlarono quasi fino alle due di notte, mentre una stenografa
prendeva nota di tutto. Alla fine, il Cormorano si appoggiallo schie-
nale della sedia, sorrise e offruna sigaretta al suo agente.
E andata bene commentsemplicemente. Abbiamo fatto un
sopralluogo alla fabbrica di radio e abbiamo informato le autorit
Anonimamente, si intende. La sezione di ricerca sarsmantellata. Prov-
vederemo noi, nel caso che le autorittedesche non lo facciano. Gli scien-
ziati, a quanto pare, non sapevano chi era l'uomo per il quale lavoravano.
Quasi tutti distruggeranno i loro appunti. L'opinione pubblica in Ger-
mania, oggi, filoisraeliana, e costerranno la bocca chiusa. E Miller ? Faraltrettanto. E i missili? Il Cormorano esaluna boccata di fumo e guard oltre la finestra, le
stelle che punteggiavano il cielo notturno. Ho la sensazione che non
prenderanno mai il volo. Nasser deve essere pronto per l'estate del 1967
al pitardi, e senza il sistema di teleguida studiato nella fabbrica di Vul-
cano, non riuscirmai a portare a termine l'operazione in tempo. Allora il pericolo passato osservl'agente.
Il Cormorano sorrise. Il pericolo c'sempre. Cambia semplicemente
forma. Pudarsi che sia passato questo particolare pericolo, ma resta
quello grosso. Dovremo combattere ancora, e poi ancora, prima che
non ci sia pipericolo. Comunque, lei deve essere stanco. Adesso pu tornare a casa. Con una mano frugin un cassetto, dal quale tir fuori una borsa di polietilene contenente effetti personali, mentre l'agente
depositava sul tavolo il suo passaporto tedesco falso, il portafogli, le
chiavi. Davanti alla porta, il Cormorano gli strinse la mano. Bentor-
nato in patria, maggiore Uri Ben-Shaul. Il maggiore prese un tassper raggiungere la sua casa, situata in peri-
feria. Entrato nell'abitazione, andnella camera da letto immersa nel
buio, dove potintravedere la figura addormentata di Rivka, sua moglie.
l~lise la testa dentro la camera dei figli e contempli suoi due bambini
jddormentati: Shlomo, di sei anni, e Dov, di due anni.
Sentiva un gran bisogno di buttarsi a letto e di dormire per parecchi
|~iorni di fila, ma aveva ancora una cosa da fare. Si spoglisilenziosa-
~ente, poi indossl'uniforme. I calzoni erano lavati e stirati, come
~empre quando lui tornava a casa. La camicia cachi era impeccabile.
~Indossla giacca militare, decorata soltanto con le lucenti ali d'acciaio
~di ufficiale paracadutista e i cinque nastri conquistati nella campagna del
~Sinai e nelle azioni oltre frontiera.
Per ultimo si mise il berretto rosso. Una volta vestito, prese parecchi
oBgetti e li infilin una piccola borsa. Giuna fioca luce colorava il
cielo a oriente, quando lui uscdi casa e trovl'utilitaria parcheggiata
dove l'aveva lasciata un mese prima.
Si diresse in automobile a est di Tel Aviv e prese la strada per Geru-
.~salemme. C'era un'immobilit nell'alba, che gli piaceva tanto, una pace
e una pulizia che non cessavano mai di stupirlo. Durante i servizi di
.pattuglia nel deserto, aveva givisto migliaia di volte l'alba, fredda e
splendida, prima del nascere di un altro giorno di calura insopportabile.
Quando superle ultime colline che portavano a Gerusalemme, il
sole rischiarava il cielo a oriente e si rifletteva sulla Cupola della Roccia,
nella parte araba della cittdivisa.
Il maggiore parcheggil'automobile a mezzo chilometro circa dalla
sua meta, il mausoleo di Yad Vashem, e percorse a piedi il resto della
strada, lungo il viale fiancheggiato dagli alberi piantati in memoria dei
Gentili che avevano aiutato il suo popolo, fino alle grandi porte di
bronzo del tempio eretto in onore dell'olocausto di sei milioni di ebrei.
Il vecchio guardianc gli disse che il luogo sacro era ancora chiuso, a
quell'ora, ma lui gli spiegciche intendeva fare, e l'uomo lo lasci passare. Attraversla sala delle Rimembranze e si diresse verso l'infer-
nata.
Alla luce della Fiamma eterna, poteva leggere i nomi scritti sul pavi-
mentO, in caratteri ebraici e romani: Auschwitz, Treblinka, Belsen,
Ravensbruck, Buchenwald... Erano troppi per poterli contare, ma trov il nome che cercava: Riga.
Non aveva bisogno dello yarmulka per coprirsi il capo, perchaveva
il suo berretto rosso. Dalla borsa prese uno scialle di seta a frange, il
tallith, uguale a quello che Miller aveva trovato in mezzo alle povere
cose di Tauber, e se l'avvolse intorno alle spalle.
Prese dalla borsa il libro delle preghiere e lo apr Avanzfino all'in-
ferriata d'ottone, la afferrcon una mano e guard di lda essa, la
fiamma che ardeva davanti a lui. Non era un religioso praticante, -
quindi dovette consultare spesso il libro delle preghiere.

Yisgadal,
Veyiskadash,
Shemay rabah...

E fu cosche un maggiore dei paracadutisti dell'Esercito di Israele,
in piedi su una collina della Terra Promessa, recitfinalmente il Kaddish
per l'anima di Salomon Tauber.
| FREDERICK FORSYrH, trentasei anni, inglese, un uomo che ha sempre
amato l'awentura. Fin da ragazzo, le sue pigrandi passioni furono gli aerei
e le corride. A sedici anni, era giin grado di fare voli solitari alla guida di
un biplano e a diciassette andin Spagna per apprendere l'arte dei toreri.
Allo scoppio della seconda guerra mondiale, lo scrittore, allora dicianno-
venne, si arruolnella RAF: era il pigiovane pilota.
Terminato il conflitto, inizila carriera di giornalista, scrivendo dapprima
' per le piccole redazioni di provincia; successivamente, fu assunto dall'agenzia
.1i stampa Reuter di Parigi, dove lavorper cinque anni come corrispondente
e inviato speciale: esperienza non certo soddisfacente per un aspirante scrit-
tore, ma che gli avrebbe offerto in seguito utili spunti per la stesura de Il
giorno dello Sciacallo, un best-seller internazionale apparso nel 1971, pubbli-
cato anche da sELEzlONE DELLA NARRATIVA MONDIALE.
Nel 1968, la BBC lo invinel Biafra come corrispondente, durante l'in-
furiare della guerra civile: in quella tormentata zona del continente nero
Forsyth ebbe modo di maturare la sua prima opera, Biafra Story.
Frederick Forsyth ha scritto Dossier Odessa nell'autunno del 1971, durante
un periodo di permanenza in Austria e in Germania. Come giawenuto
per ll giorno dello Sciacallo, anche da quest'opera sartratto un film che avr come protagonisti Maximilian Schell e Jon Voight.
L'ultimo lavoro di Forsyth ancora ambientato nel continente africano e
narra la vicenda di un piccolo esercito di mercenari che, al soldo di un finan-
ziere senza scrupoli, tentano un colpo di stato.
Forsyth sarebbe l'interprete ideale di uno dei film tratti dalle sue opere:
alto, atletico, perennemente abbronzato e ha due ammalianti occhi azzurri.
FINE.






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