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INTRODUZIONE ALLA PSICOANALISI

SIGMUND FREUD





INTRODUZIONE ALLA PSICOANALISI









Volume secondo







Parte terza



TEORIA GENERALE DELLE NEVROSI



Lezione 16 - PSICOANALISI E PSICHIATRIA

Signore e Signori, sono lieto di rivedervi in questo nuovo anno accademico, disposti a continuare le nostre discussioni. Lo scorso anno vi ho esposto come la psicoanalisi affronta il problema degli atti mancati e del sogno; quest'anno vorrei
iniziarvi alla comprensione dei fenomeni nevrotici che, come ben presto scoprirete, hanno molti punti in comune coi primi due. Ma vi dico subito che questa volta non posso concedervi di assumere nei miei confronti la stessa posizione dello scorso
anno. Allora ebbi cura di non fare alcun passo senza assicurarmi prima del vostro consenso, e percidiscussi parecchio con voi, mi assoggettai alle vostre obiezioni, riconobbi insomma che voi e il vostro "sano buon senso" eravate l'istanza
decisiva. Ora questo non pipossibile per una semplice ragione. In quanto fenomeni, gli atti mancati e i sogni non vi erano estranei; si pudire che ne avevate tanta esperienza quanto me o che vi era altrettanto facile procurarvela.

L'ambito delle manifestazioni nevrotiche vi invece estraneo: a meno che non siate medici voi stessi, non avete altro accesso a questi fenomeni che attraverso le mie parole; e a che serve saper giudicare se non si ha familiaritcon il materiale
sul quale il giudizio va espresso?

Non vorrei perche intendeste questo mio annuncio nel senso che io mi riprometta di tenere lezioni dogmatiche ed esiga la vostra fede incondizionata. Fraintendendomi in questo modo, mi fareste un grave torto. Non mia intenzione convincere
nessuno; voglio solo dare suggerimenti e scuotere pregiudizi. Se, mancandovi la conoscenza dei fatti, non siete in grado di esprimere un giudizio, astenetevi tanto dal credere quanto dal respingere. Ascoltate, e lasciate agire su di voi ciche
apprenderete da me. Le convinzioni non si acquistano tanto facilmente, oppure, se raggiunte senza fatica, alla prima occasione si rivelano prive di valore e incapaci di resistere alle obiezioni. Soltanto chi, come me, per molti anni ha lavorato
sullo stesso materiale e ha cosvissuto di persona le medesime, nuove e sorprendenti esperienze, ha diritto di dichiararsi convinto. Ma comunque, a che giovano nel campo intellettuale le subitanee convinzioni, le fulminee conversioni, gli
istantanei rifiuti? Non vi accorgete che il "coup de foudre", l'amore a prima vista, proviene da un campo totalmente diverso, che quello affettivo? Nemmeno dai nostri pazienti noi pretendiamo che vengano in cura giconvinti della validitdella
psicoanalisi o dichiarandosi suoi seguaci. Spesso anzi questo ce li rende sospetti. Un benevolo scetticismo l'atteggiamento pidesiderabile. Cercate dunque anche voi di lasciare che la concezione psicoanalitica vi cresca dentro a poco a poco,
accanto a quella popolare o psichiatrica, fino a che giunga il momento in cui queste due concezioni possano influenzarsi a vicenda, commisurarsi, e unitamente portarvi a una conclusione.

D'altra parte, non dovete pensare neppure per un istante che ciche io vi presento come la concezione psicoanalitica sia un sistema speculativo. Al contrario, si tratta di un materiale empirico, o espressione diretta dell'osservazione o risultato
di una rielaborazione di quest'ultima. Se questa rielaborazione sia stata compiuta in misura sufficiente e in modo legittimo, risulterdall'ulteriore progresso della scienza; comunque, essendo trascorsi quasi due decenni e mezzo ed essendo io
alquanto avanzato negli anni, mi lecito dichiarare senza vanteria che stato necessario un lavoro in profonditparticolarmente duro e intenso per mettere insieme queste osservazioni. Ho sovente avuto l'impressione che i nostri oppositori
rifuggissero dal prendere in debita considerazione questa origine delle nostre affermazioni, come se pensassero che si tratta di idee aventi un fondamento puramente soggettivo alle quali chiunque altro puopporre ciche pigli aggrada. Questo
atteggiamento dei miei oppositori non mi del tutto comprensibile. Forse dipende dal fatto che di solito chi medico entra cospoco in contatto con i nevrotici, ascolta cosdistrattamente ciche hanno da dire, che si preclude ogni possibilit di ricavare qualcosa di valido dalle loro comunicazioni e quindi di eseguire su di essi approfondite osservazioni. Colgo quest'occasione per dirvi che nel corso delle mie lezioni polemizzerassai poco, soprattutto con persone singole. Non ho mai
potuto convincermi della veritdel detto che la contesa la madre di tutte le cose. Ritengo che esso provenga dalla sofistica greca e che, come questa, abbia il difetto di sopravvalutare la dialettica. A me sembra, al contrario, che la cosiddetta
polemica scientifica sia nel complesso sommamente sterile, a prescindere dal fatto che quasi sempre viene condotta su un piano troppo personale. Fino a pochi anni fa potevo vantarmi anch'io di essermi imbarcato una sola volta in una regolare disputa
scientifica con un ricercatore (L饖enfeld) di Monaco). La conclusione fu che diventammo amici e che lo siamo rimasti fino a oggi. Perper lungo tempo non ho ripetuto il tentativo, perchnon ero sicuro che ne sarebbe sortito il medesimo risultato.

Vi parrcertamente che un simile rifiuto delle discussioni per iscritto indichi quanto io sia inaccessibile alle obiezioni e ostinato, o, per esprimersi nel benevolo gergo degli scienziati, "testardo come un mulo''. Lasciate che vi dica che se un
giorno avrete acquisito una convinzione con cosduro lavoro, anche a voi spetterun certo diritto di tenervi saldi a essa con una buona dose di tenacia. Posso inoltre far valere il fatto che nel corso dei miei lavori ho modificato, mutato,
sostituito i miei punti di vista su alcuni aspetti importanti, cosa di cui, naturalmente, ho dato ogni volta pubbliche comunicazioni. E il risultato di questa franchezza? Gli uni non hanno preso, semplicemente, conoscenza dei miei ripensamenti e mi
criticano ancor oggi per enunciazioni che da tempo non hanno piper me lo stesso significato; gli altri mi rinfacciano proprio quei mutamenti e mi dichiarano per conseguenza indegno di fiducia. Gi Chi ha mutato qualche volta di opinione non
merita assolutamente fiducia, essendo probabile che sbagli anche nelle sue ultime affermazioni! Chi invece si attiene imperturbabile a quanto una volta ha dichiarato, o non se ne lascia dissuadere abbastanza velocemente, costui lo chiamano cocciuto
e testardo. Di fronte a questi attacchi contraddittori della critica, che altro si pufare se non rimanere quelli che si e comportarsi secondo il proprio discernimento? Io sono risoluto a fare cose non mi lascio distogliere dal mettere a punto
e limare ogni mia teoria nel modo in cui lo richiede la mia progressiva esperienza. Nelle vedute fondamentali non ho finora trovato nulla da mutare e spero che le cose resteranno cosanche in seguito.

Devo dunque illustrarvi come la psicoanalisi spiega i fenomeni della nevrosi A questo proposito, mi viene spontaneo riallacciarmi ai fenomeni gitrattati, sia per analogia che per contrasto.

Comincio con un'azione sintomatica che vedo compiere da molte persone nelle mie ore di consultazione. L'analista non sa davvero che fare con coloro che gli fanno visita in studio per sciorinargli dinanzi in un quarto d'ora gli affanni di tutta la
loro vita. Poichla sua conoscenza piprofonda gli difficile dare un parere e impartire un consiglio come farebbe un altro medico: "Lei non ha niente", e: "Ricorra a una leggera cura idroterapica". Uno dei miei colleghi, alla domanda che cosa
facesse con i pazienti che venivano a consultarlo, rispose con un'alzata di spalle: "impongo loro una multa di tante e tante corone per l'inutile spreco di tempo". Nessuna meraviglia quindi se anche nel caso di psicoanalisti molto occupati le ore di
consultazione non sono di solito molto vivaci. Io ho fatto raddoppiare e rinforzare con un rivestimento di feltro la porta semplice tra la mia sala d'attesa e il gabinetto di consultazione e trattamento. Lo scopo di questo piccolo espediente non pu essere dubbio per nessuno. Ebbene, mi capita continuamente di chiamare qualcuno che sta in sala d'attesa nel mio gabinetto, e che costui tralasci di chiudere la porta dietro di se quasi sempre lasci aperte entrambe le porte. Non appena me ne
accorgo, insisto in tono piuttosto scortese che colui o colei che entrato torni indietro a riparare all'omissione anche se si tratta di un signore elegante o di una signora molto distinta. Questo dl'impressione di una pedanteria inutile. Qualche
volta ho anche fatto una brutta figura, poichsi trattava di una di quelle persone che non possono afferrare una maniglia e sperano che qualche accompagnatore risparmi loro questo contatto. Ma nella maggioranza dei casi avevo ragione, poichchi si
comporta cos chi lascia aperta la porta tra la sala d'attesa e il gabinetto di consultazione del medico un maleducato e merita di venir accolto scortesemente. Ascoltate il resto prima di giudicare. Questa negligenza del paziente si verifica
infatti soltanto quando si trovato solo nella sala d'attesa e quindi lascia dietro di suna stanza vuota, mai quando degli estranei hanno aspettato insieme con lui. In tal caso egli comprende molto bene che nel suo interesse non venir ascoltato
mentre parla con il medico e non trascura mai di chiudere accuratamente entrambe le porte.

Pertanto l'omissione del paziente determinata da qualcosa che non ncasuale npriva di senso, e neppure mai irrilevante, poichvedremo che illumina il rapporto fra colui che entra e il medico. Il paziente appartiene alla grande massa di
coloro che esigono autoritterrena, che vogliono venire abbagliati, intimoriti. Forse mi ha fatto chiedere per telefono a che ora potesse essere ricevuto pifacilmente, poichera preparato a una ressa di gente in cerca di aiuto, pressappoco come
davanti a una filiale di Julius Meinl. Ora entra in una sala d'attesa vuota, per di piarredata con estrema modestia, e ne scosso. Deve far scontare al medico l'eccessivo e superfluo rispetto di cui intendeva farlo oggetto, e allora... omette di
chiudere la porta tra la sala d'attesa e il gabinetto di consultazione. Come volesse dire al medico: "Ah, ma qui non c'nessuno e probabilmente non verrnessuno per tutto il tempo che starqui". Se fin dall'inizio non si mettesse un freno alla
sua arroganza con un severo rimbrotto, quest'individuo si comporterebbe molto sgarbatamente e irrispettosamente anche durante il colloquio.

Facendo l'analisi di questa piccola azione sintomatica non trovate nulla che non vi sia ginoto: c'l'asserzione che essa non casuale, bensha un motivo, un senso e un'intenzione; che fa parte di un contesto psichico dimostrabile e che,
attraverso un piccolo indizio, ci dnotizia di un processo psichico piimportante; ma, pidi ogni altra cosa, che il processo cosindicato sconosciuto alla coscienza di colui che lo compie; infatti nessuno dei pazienti che avevano lasciato
aperte entrambe le porte sarebbe in grado di ammettere che con questo gesto voleva mostrarmi la sua disistima. Qualcuno di loro ricorderebbe probabilmente un suo moto di disappunto all'entrare nella sala d'attesa vuota, ma il nesso tra questa
impressione e la successiva azione sintomatica sicuramente rimasto ignoto alla sua coscienza.

Accanto a questa piccola analisi di un'azione sintomatica trova ora il suo posto un'osservazione fatta su una malata. La scelgo sia perchfresca nella mia memoria, sia perchsi lascia esporre in forma relativamente breve, per quanto ogni
esposizione di questo tipo richieda un certo numero di dettagli.

Un giovane ufficiale tornato a casa per una breve licenza mi prega di prendere in cura la suocera che, pur essendo nelle pifelici condizioni, amareggia la vita a se ai suoi con un'idea assurda.

Faccio la conoscenza di una signora di cinquantatranni, ben conservata, di natura cordiale e semplice, che senza riluttanza mi fa il seguente racconto. Essa vive in campagna, felicemente sposata, con il marito che dirige una grande fabbrica. Non
sa lodare abbastanza l'amorevole sollecitudine del marito. Matrimonio d'amore che dura da trent'anni, e da allora mai un turbamento, un dissenso o un motivo di gelosia. I loro due figli sposati bene; il marito e padre non vuole ancora mettersi a
riposo per senso del dovere. Un anno prima - fatto incredibile e a lei stessa incomprensibile - prestimmediatamente fede a una lettera anonima che incolpava il suo eccellente marito di avere una relazione amorosa con una ragazza; da allora la sua
felicitdistrutta! Lo svolgimento piparticolareggiato dei fatti fu pressappoco il seguente. Essa aveva una cameriera, con la quale forse parlava troppo spesso di cose intime. Questa ragazza ne perseguitava un'altra con un'inimicizia addirittura
astiosa, poichcostei aveva fatto pistrada nella vita sebbene non fosse di estrazione migliore della sua. Invece di andare a servizio, la ragazza si era procurata un'istruzione commerciale, era entrata nella fabbrica e, in seguito a carenza di
personale per gli arruolamenti del tempo di guerra, aveva raggiunto una buona posizione. Ora abitava nella fabbrica stessa, aveva contatti con tutti i signori e veniva chiamata addirittura "signorina". Quella rimasta indietro nella vita era
naturalmente pronta a dire tutto il male possibile dell'antica compagna di scuola. Un giorno la nostra signora discorreva con la cameriera a proposito di un vecchio signore che era stato loro ospite, del quale si sapeva che non viveva con la moglie
ma intratteneva una relazione con un'altra donna. Non sa come avvenne che improvvisamente dichiar "La cosa piterribile per me sarebbe venire a sapere che anche il mio caro marito ha una relazione". Il giorno seguente ricevette per posta una
lettera anonima che, con scrittura alterata, le dava la notizia, diciamo cos evocata. Essa dedusse - probabilmente a ragione - che la lettera fosse opera della cameriera cattiva, poichquale amante del marito la lettera indicava proprio quella
signorina che la cameriera perseguitava con il suo odio. Tuttavia, per quanto intuisse subito l'intrigo e avesse avuto sufficienti esempi nel luogo dove abitava di quanta poca fede meritassero queste vili denunce, questa lettera immantinente la
butta terra. Cadde in preda a una terribile agitazione e mandsubito a chiamare il marito per fargli i piviolenti rimproveri. Il marito respinse l'accusa ridendo e fece la cosa migliore che c'era da fare: chiamil medico di famiglia e della
fabbrica, il quale fece anche lui del suo meglio per calmare l'infelice signora. Pienamente ragionevole fu anche il loro ulteriore modo di procedere: la cameriera venne licenziata, ma non la presunta rivale. La paziente potessere tranquillizzata
varie volte da allora, al punto da non credere pial contenuto della lettera anonima, ma mai fino in fondo e mai per lungo tempo. Era sufficiente udir pronunciare il nome della signorina o incontrarla per strada perchin lei si scatenasse un
accesso di diffidenza, di dolore e di rimproveri.

Questa dunque la storia della malattia di questa brava signora.

Non occorreva molta esperienza psichiatrica per capire che essa, al contrario di altri nervosi, presentava il suo caso, se mai, in forma troppo mitigata; dunque dissimulava, come diciamo noi, e non aveva mai cessato del tutto di prestar fede
all'accusa della lettera anonima.

Qual la posizione dello psichiatra di fronte a un simile caso clinico? Sappiamo gicome si comporta di fronte all'azione sintomatica del paziente che non chiude le porte della sala d'attesa. Dichiara che si tratta di un evento casuale privo di
interesse psicologico, del quale non vale la pena di occuparsi. Ma questo atteggiamento non puessere mantenuto nei riguardi della malattia della moglie gelosa. Mentre l'azione sintomatica sembra qualcosa di irrilevante, il sintomo si impone invece
come qualcosa di importante. Esso collegato a una intensa sofferenza soggettiva, minaccia oggettivamente la convivenza di una famiglia; richiama dunque innegabilmente l'interesse psichiatrico. Lo psichiatra cerca anzitutto di caratterizzare il
sintomo con una qualitessenziale. L'idea con cui questa donna si tormenta non puesser definita assurda in s avviene senz'altro che mariti anziani intrattengano relazioni amorose con delle ragazze giovani.

Ma c'qui qualcos'altro di assurdo e incomprensibile. La paziente non ha alcun'altra ragione, all'infuori dell'affermazione della lettera anonima, per credere che il suo coniuge, affettuoso e fedele, appartenga a questa categoria, del resto non
rara, di mariti. Essa sa che questo scritto non prova nulla ed in grado di spiegarsene in modo soddisfacente la provenienza; dovrebbe quindi anche poter dire a sstessa che non ha alcun motivo per essere gelosa, e se lo dice anche, ma
ciononostante soffre ugualmente, come se riconoscesse pienamente fondata la sua gelosia. Idee di questa specie, che sono inaccessibili ad argomenti logici e basati sulla realt si convenuto di chiamarle IDEE DELIRANTI.

La buona signora soffre dunque di un DELIRIO DI GELOSIA. Questa senza dubbio la caratteristica essenziale del caso clinico descritto.

Dopo questo primo punto fermo, il nostro interesse psichiatrico si desterancora pivivo. Se un'idea delirante non puessere eliminata mettendola in rapporto con la realt ovviamente non trarrorigine dalla realtstessa. Da dove proviene
allora? Le idee deliranti possono avere i contenuti pidiversi: perchnel nostro caso il contenuto del delirio proprio la gelosia? In quali persone si formano le idee deliranti e, in particolare, i deliri di gelosia? E' qui che vorremmo sapere
qualcosa dallo psichiatra, ma proprio qui egli ci pianta in asso. Lo psichiatra prende comunque in considerazione soltanto uno dei nostri interrogativi. Farindagini sulla storia familiare di questa donna e forse ci fornirla risposta: "Le idee
deliranti sorgono in quelle persone nella cui famiglia si sono verificati ripetutamente disturbi psichici di questo o di altro tipo".

Insomma, se la donna ha sviluppato un'idea delirante, vi era predisposta per trasmissione ereditaria. Questo giqualcosa, ma tutto quanto vogliamo sapere? E' tutto ciche ha concorso a causare la malattia? Dovremmo contentarci di ritenere che
sia indifferente, arbitrario o inspiegabile che si sia sviluppato un delirio di gelosia invece di un qualsivoglia altro delirio? E la proclamata asserzione della predominanza dell'influsso ereditario sarda intendersi anche in senso negativo, cio che non importa quali esperienze abbiano toccato quest'anima, destinata a produrre prima o poi un delirio? Voi vorrete sapere perchla psichiatria scientifica rifugga dal darci altre spiegazioni. Ma vi rispondo:

"briccone chi dpidi ciche ha". Lo psichiatra non conosce appunto alcuna strada che faccia progredire la spiegazione di un caso come questo. Deve accontentarsi di questa diagnosi e, circa il decorso ulteriore, di una prognosi che incerta
nonostante la ricca esperienza di cui dispone.

Ma la psicoanalisi pufare di pi Certo. Spero anzi di mostrarvi che perfino in un caso cosdifficilmente penetrabile essa puscoprire qualcosa che permette di fare un primo passo. Vi prego di osservare, per cominciare, un dettaglio poco
appariscente, cioche la paziente ha di fatto provocato la lettera anonima che costituisce ora il sostegno della sua idea delirante, avendo dichiarato il giorno prima di fronte a quell'intrigante che se suo marito avesse avuto una relazione amorosa
con una giovane, questa sarebbe stata per lei la peggiore delle disgrazie. E' stata lei, in questo modo, a suggerire alla cameriera l'idea di spedirle la lettera anonima. L'idea delirante acquista cosuna certa indipendenza dalla lettera; gi stata presente prima nell'ammalata in forma di timore (o di desiderio?). Aggiungete inoltre ciche due sole sedute di analisi hanno apportato ancora in fatto di ulteriori piccoli indizi. La paziente manifestun forte rifiuto quando, dopo la
narrazione della sua storia, venne invitata a comunicare i suoi ulteriori pensieri, idee e ricordi.

Affermava che non le veniva in mente nulla, che aveva gidetto tutto, e in capo a due sedute il tentativo dovette realmente venire interrotto, dal momento che la paziente dichiardi sentirsi giguarita e di essere sicura che l'idea morbosa non le
sarebbe tornata. Questo, naturalmente, lo disse solo per resistenza e per timore di proseguire l'analisi. In queste due sedute si era tuttavia lasciata sfuggire alcune osservazioni che permettevano, anzi rendevano ineluttabile, una determinata
interpretazione; e questa interpretazione getta viva luce sulla genesi del suo delirio di gelosia. Era lei a essersi intensamente innamorata di un giovane, di quello stesso suo genero che l'aveva spinta a consultarmi in cerca di guarigione. Di
questo innamoramento non sapeva nulla, o forse appena un poco; dato il rapporto di parentela, era facile a questa inclinazione amorosa mascherarsi da innocente affetto. Dopo tutte le esperienze da noi fatte con altri pazienti, non ci sardifficile
immedesimarci nella vita psichica di questa seria signora di cinquantatranni, brava madre di famiglia. Un tale innamoramento, essendo qualcosa di mostruoso, di impossibile, non poteva diventare cosciente; tuttavia continua sussistere e, in forma
inconscia, esercituna forte pressione. Qualcosa doveva uscirne, un qualche rimedio doveva venir cercato, e il sollievo piimmediato lo offrcertamente il meccanismo di spostamento, il quale regolarmente implicato nella genesi della gelosia
delirante. Se non fosse solo dei, donna anziana, a essersi innamorata di un uomo giovane, ma se anche il suo anziano marito intrattenesse una relazione amorosa con una ragazza, allora avrebbe avuto la coscienza sgravata dal peso dell'infedelt La
fantasia dell'infedeltdel marito era quindi un impiastro refrigerante sulla sua bruciante ferita. Il proprio amore non le era divenuto cosciente, ma l'immagine riflessa di quest'ultimo, che le arrecava tali vantaggi, divenne cosciente in forma
ossessiva e delirante. Tutti gli argomenti contrari non potevano naturalmente avere effetto alcuno, poichsi dirigevano soltanto contro l'immagine riflessa, non contro quella originale, che aveva ceduto all'altra la propria intensite si trovava
inviolabilmente nascosta nell'inconscio .

Mettiamo ora insieme ciche un breve e difficoltoso sforzo di tipo psicoanalitico ha fornito per la comprensione di questo caso (supposto, naturalmente, che le nostre scoperte siano state effettuate in modo corretto, cosa che non posso sottoporre
qui al vostro giudizio). Innanzitutto, l'idea delirante non piqualcosa di assurdo e di incomprensibile: dotata di senso, ben fondata, rientra nel contesto di un'esperienza vissuta con intensitaffettiva dall'ammalata. In secondo luogo essa
necessaria come reazione a un processo psichico inconscio di cui siamo venuti a conoscenza attraverso altri indizi, e deve proprio a questa connessione il suo carattere delirante, la sua refrattarietagli attacchi della logica e della realt E'
persino qualcosa di desiderato, una sorta di consolazione. In terzo luogo, il fatto che il delirio sia proprio di gelosia, e non di altro tipo, determinato in modo inequivocabile dalle esperienze che la signora ha vissuto prima della malattia.

Rammenterete certamente che proprio il giorno prima essa aveva dichiarato alla ragazza intrigante che la cosa piterribile per lei sarebbe stata che suo marito le diventasse infedele. Non vi sfuggiranno nemmeno le due significative analogie con
l'azione sintomatica da noi analizzata in precedenza: ciola spiegazione del suo senso o intenzione, e il riferimento a un elemento inconscio implicito nella situazione.

Con cinon si naturalmente risposto a tutti gli interrogativi che potremmo formulare prendendo spunto da questo caso clinico. Al contrario, esso fitto di ulteriori problemi, alcuni, in generale, non ancora risolvibili, e altri che non si
lasciarono risolvere a causa di specifiche circostanze sfavorevoli. Perch ad esempio, questa signora, che ha una vita coniugale felice, cade in preda a una infatuazione per il genero, e perchil sollievo, che sarebbe stato possibile anche in
altri modi, ha luogo in forma di un tale rispecchiamento, di una proiezione del proprio stato sul marito? Non pensate che siano domande oziose o stravaganti.

Abbiamo gia disposizione parecchio materiale per una possibile risposta. La signora si trova nell'etcritica, che porta un'improvvisa e indesiderata crescita dei bisogni sessuali femminili; giquesto potrebbe bastare. Oppure potremmo aggiungere
che il suo buono e fedele consorte non piin possesso da alcuni anni di quella efficienza sessuale di cui la ben conservata signora avrebbe bisogno per il proprio soddisfacimento.

L'esperienza ci ha permesso di costatare che proprio uomini in questa situazione, la cui fedeltquindi ovvia, si distinguono per la particolare tenerezza con cui trattano le proprie mogli e per un'insolita indulgenza verso i loro disturbi
nervosi. O, ancora, non irrilevante che sia proprio il giovane marito di una figlia a essere divenuto l'oggetto di questo innamoramento patogeno. Il forte legame erotico che ogni madre ha con la figlia e che in ultima analisi risale alla
costituzione sessuale della madre, trova spesso in tale trasformazione il suo proseguimento.

Mi sia consentito rammentarvi a questo proposito che fin dai tempi piremoti il rapporto tra suocera e genero stato considerato dagli uomini particolarmente scabroso, e che presso i primitivi ha dato origine a potentissimi tabe misure
cautelative (1). Il rapporto eccede spesso, sia in senso positivo che negativo, la misura compatibile con la civile convivenza. Orbene, quale di questi tre fattori abbia agito nel nostro caso, se due di essi o tutti e tre insieme, non sono in grado
di dirvi; ma soltanto perchnon mi fu permesso di continuare l'analisi del caso oltre la seconda seduta.

Mi rendo conto adesso, Signori, di aver parlato di una quantitdi cose che non siete ancora preparati a capire. L'ho fatto perchmi premeva il confronto fra psichiatria e psicoanalisi. Cosadesso posso farvi una domanda: avete notato qualche
contraddizione fra le due? La psichiatria non impiega i metodi tecnici della psicoanalisi, non mette nulla in relazione col contenuto dell'idea delirante, e nel rimandare all'ereditarietci fornisce un'etiologia generalissima e lontana, invece di
cominciare con l'indicare le cause pispecifiche e prossime del delirio. Ma con cisi pone in contraddizione e in contrasto con la psicoanalisi?

Non si tratta piuttosto di un complemento reciproco? Davvero il fattore ereditario contraddice l'importanza dell'esperienza vissuta, o entrambi questi elementi non si combinano piuttosto nel modo piefficace? Converrete con me che nella natura del
lavoro psichiatrico non c'nulla che dovrebbe opporsi all'indagine psicoanalitica. Dunque sono gli psichiatri che si oppongono alla psicoanalisi, non la psichiatria. La psicoanalisi sta alla psichiatria all'incirca come l'istologia all'anatomia:

quest'ultima studia le forme esterne degli organi, l'altra la loro configurazione a partire dai tessuti e dalle particelle elementari. Una contraddizione tra queste due specie di indagine, di cui una la prosecuzione dell'altra, difficile da
concepire.

Come sapete, l'anatomia oggi ritenuta da noi il fondamento della medicina scientifica, ma ci fu un tempo nel quale era vietato sezionare cadaveri umani per conoscere l'interna struttura del corpo coscom'oggi considerato uno scandalo esercitare
la psicoanalisi per esplorare gli intimi ingranaggi della vita psichica. Ed prevedibile che in un tempo non troppo lontano apparirevidente che una psichiatria scientificamente approfondita non possibile senza una buona conoscenza dei processi
piprofondi, inconsci, della vita psichica.

Comunque la molto avversata psicoanalisi ha forse anche tra di voi degli amici che sarebbero lieti che essa potesse legittimarsi anche sotto l'altro profilo, quello dell'efficacia terapeutica.

Voi sapete che la nostra terapia psichiatrica non finora in grado di incidere sulle idee deliranti. Puforse farlo la psicoanalisi, grazie alla sua penetrazione nel meccanismo di questi sintomi? No, signori miei, non pufarlo; contro queste
sofferenze - almeno per il momento - altrettanto impotente quanto ogni altra terapia. Vero che noi possiamo comprendere che cosa avvenuto nel malato, ma non abbiamo alcun mezzo per farlo comprendere all'ammalato stesso. Avete sentito infatti
che non ho potuto proseguire l'analisi di questa idea delirante oltre i primi inizi. Sarper questo da respingere l'analisi dei casi del genere, perchrimane infruttuosa? Non lo credo affatto. Noi abbiamo il diritto, anzi il dovere, di condurre la
ricerca senza preoccuparci di un utile immediato. Alla fine - dove e quando non sappiamo - ogni pezzettino di conoscenza si trasformerin potere, anche in potere terapeutico. Seppure si dimostrasse inefficace per ogni altra forma di malattia
nervosa e psichica come per le idee deliranti, la psicoanalisi rimarrebbe tuttavia pienamente giustificata quale strumento insostituibile della ricerca scientifica. E' vero che in tal caso non giungeremmo a poterla esercitare: il materiale umano su
cui ci sforziamo di apprendere, che ha una sua vita, una sua volont e ha bisogno di motivi propri per cooperare nel lavoro, ci volterebbe le spalle. Comunque lasciate che vi dica, a mo' di conclusione, che esistono gruppi vastissimi di disturbi
nervosi nei quali il passaggio da una miglior comprensione al potere terapeutico effettivamente avvenuto, e che in queste malattie, altrimenti difficilmente accessibili, noi otteniamo, in determinate condizioni, successi che nulla hanno da
invidiare agli altri successi ottenuti nell'ambito della medicina interna.





NOTE:

1. Vedi il mio "Totem e tab (1912-13).






Lezione 17 - IL SENSO DEI SINTOMI

Signore e Signori, nella lezione precedente vi ho spiegato che la psichiatria clinica si cura poco della forma esteriore e del contenuto del singolo sintomo, e che la psicoanalisi partita invece proprio da le ha stabilito innanzitutto che il
sintomo dotato di senso ed connesso con l'esperienza vissuta del paziente. Il significato dei sintomi nevrotici fu scoperto per la prima volta da Josef Breuer attraverso lo studio e la felice guarigione di un caso di isteria (1880-82), divenuto
da allora famoso. Va detto che Pierre Janet ha fornito, in modo indipendente, la medesima dimostrazione; al ricercatore francese spetta persino la prioritdi pubblicazione, poichBreuer ha pubblicato la propria osservazione solo pidi un decennio
dopo (1893-95), durante la sua collaborazione con me. Del resto, puesserci abbastanza indifferente da chi provenga questa scoperta, poich come sapete, ogni scoperta viene fatta pidi una volta e mai tutta quanta insieme; e, a parte questo, il
successo non va di pari passo con il merito. L'America non ha preso il nome da Colombo. Prima di Breuer e di Janet il grande psichiatra Leuret aveva giespresso l'opinione che doveva essere possibile trovare un senso perfino nei deliri dei malati
di mente, purchsi riuscisse a tradurli. Confesso che per lungo tempo fui disposto a riconoscere i grandi meriti di Janet per la spiegazione dei sintomi nevrotici, perchegli li concepiva come manifestazioni di "id嶪s inconscientes" che dominano
gli ammalati. Dopo d'allora perJanet si espresso con eccessiva cautela, quasi volesse far intendere che l'inconscio non per lui nient'altro che un modo di dire, un espediente, "une fa蔞n de parler", che, nominandolo, non ha pensato a nulla di
reale. Da allora non comprendo pile argomentazioni di Janet, ma ritengo che egli abbia inutilmente rinunciato a buona parte del suo merito.

I sintomi nevrotici hanno dunque un loro senso, come gli atti mancati, come i sogni, e al pari di questi hanno un nesso con la vita delle persone che li manifestano. Vorrei ora farvi comprendere meglio, mediante alcuni esempi, questa importante
scoperta. Che le cose stiano cossempre e in tutti i casi, posso solo sostenerlo, non dimostrarlo. Chiunque vorrmettersi sulle tracce di esperienze in merito, potrconvincersene. Tuttavia, per certe ragioni, non attingerquesti esempi
dall'isteria ma da un'altra singolarissima nevrosi a essa sostanzialmente molto vicina, sulla quale ho da dirvi alcune parole introduttive.

Questa nevrosi, la cosiddetta nevrosi ossessiva, non cospopolare come la notissima isteria; non se cosposso esprimermi, altrettanto invadente e chiassosa, si comporta picome una faccenda privata dell'ammalato, rinuncia quasi completamente
a manifestazioni somatiche e produce tutti i suoi sintomi nell'ambito psichico. La nevrosi ossessiva e l'isteria sono le forme di malattia nevrotica sul cui studio si basata m un primo tempo la psicoanalisi, e nel cui trattamento, inoltre, la
nostra terapia celebra i suoi trionfi. Ma la nevrosi ossessiva, alla quale manca quell'enigmatico salto dallo psichico al somatico, ci in effetti divenuta, grazie agli sforzi della psicoanalisi, pitrasparente e pifamiliare dell'isteria, e
abbiamo rilevato che essa mette in evidenza, in forma di gran lunga pispiccata, determinate caratteristiche estreme della natura delle nevrosi.

La nevrosi ossessiva si manifesta in questi modi: gli ammalati sono assorbiti da pensieri per i quali in effetti non hanno interesse, avvertono in simpulsi che appaiono loro stranissimi, e sono indotti ad azioni il cui compimento non procura loro
alcuna gioia, ma la cui omissione riesce loro assolutamente impossibile.

I PENSIERI (rappresentazioni ossessive) possono essere in sprivi di senso, oppure soltanto indifferenti per il malato; spesso sono completamente sciocchi, e in tutti i casi sono l'esito di una estenuante attivitmentale, che prostra l'ammalato e
alla quale egli si dedica assai malvolentieri. Contro la sua volont egli costretto a rimuginare e a lambiccarsi il cervello, come se questo fosse il compito piimportante della sua vita. Gli impulsi che l'ammalato avverte in spossono anche
apparire infantili e assurdi; ma perlopihanno un contenuto quanto mai terrificante, per esempio tentazioni a commettere gravi delitti, cosche l'ammalato non solo li rinnega come estranei, ma fugge atterrito dinanzi a essi e cerca di
salvaguardarsi dalla loro esecuzione con divieti, rinunce e limitazioni della propria libert Con cigli impulsi non giungono mai, nemmeno una volta sola, fino all'esecuzione; finisce sempre che fuga e cautele hanno la meglio.

Ciche l'ammalato esegue realmente - le cosiddette azioni ossessive - molto innocuo, certamente insignificante; si tratta perlopidi ripetizioni, complicazioni cerimoniali di attivitdella vita ordinaria, ma attraverso le quali certe operazioni
necessarie come l'andare a letto, il lavarsi, il vestirsi, l'andare a passeggio, diventano compiti estremamente lunghi e quasi irrisolvibili. Le rappresentazioni, gli impulsi e le azioni morbose non si combinano affatto nelle medesime proporzioni in
ogni singola forma e caso di nevrosi ossessiva; al contrario, vige la regola che l'uno o l'altro di questi fattori domini il quadro e dia il nome alla malattia; tuttavia ciche accomuna tutte queste forme sufficientemente inconfondibile.

E' questa certamente una pazza malattia. Credo che la pisbrigliata fantasia psichiatrica non sarebbe riuscita a costruire qualcosa di simile, e se non si potesse averla sott'occhio tutti i giorni nessuno si risolverebbe a crederci. Tuttavia non
pensate di giovare in alcun modo all'ammalato esortandolo a cambiare strada, a non occuparsi pidei suoi sciocchi pensieri e a fare qualcosa di sensato invece di quei giochetti. Anche lui lo vorrebbe, poichcapisce perfettamente, condivide il
vostro giudizio sui suoi sintomi ossessivi, anzi lui ad anticiparvelo. Soltanto che non pufare altrimenti; ciche posto in atto nella nevrosi ossessiva sostenuto da un'energia per la quale ci manca probabilmente ogni termine di paragone
nella vita psichica normale. L'unica cosa che pufare spostare, scambiare, al posto di un'idea sciocca metterne un'altra in qualche modo attenuata, procedere da una precauzione o proibizione a un'altra, al posto di un cerimoniale eseguirne uno
diverso. Puspostare la coazione, ma non eliminarla. La possibilitdi spostare tutti i sintomi, rendendoli molto diversi da come si configuravano originariamente un carattere fondamentale della sua malattia. Inoltre appare con evidenza che nel
suo stato i contrari (polarit dei quali intessuta la vita psichica, emergono differenziati in modo particolarmente netto. Accanto alla coazione a contenuto positivo o negativo, nel campo intellettuale s'insinua il DUBBIO che a poco a poco
corrode anche ciche abitualmente picerto. Il tutto sfocia in una sempre crescente indecisione, mancanza di energia, limitazione della libert Eppure il nevrotico ossessivo era in origine un carattere tendenzialmente molto energico, spesso
straordinariamente volitivo, e di regola intellettualmente dotato al di sopra della media. Perlopiha raggiunto un soddisfacente livello di sviluppo etico, iperscrupoloso. corretto pidell'ordinario. Potete immaginarvi come occorra un bel po' di
lavoro prima di raccapezzarsi passabilmente in questa babele contraddittoria di tratti caratteriali e sintomi morbosi. Per ora non aspiriamo ad altro che a comprendere e a interpretare alcuni sintomi di questa malattia.

Forse, nel quadro delle nostre discussioni, vorrete prima sapere qual l'atteggiamento della psichiatria contemporanea verso i problemi della nevrosi ossessiva. Si tratta perdi un ben misero argomento. La psichiatria dun nome alle diverse
ossessioni, ma non dice nient'altro su di esse. In compenso, sottolinea il fatto che coloro che presentano tali sintomi sono dei "degenerati". E' una magra soddisfazione, in effetti questo un giudizio di valore, una condanna invece che una
spiegazione. E' come se ci venisse chiesto di pensare che negli individui che escono dalla normalitcompaiono appunto ogni sorta di stranezze. Ora, siamo d'accordo che le persone che sviluppano tali sintomi debbano per natura essere un p diverse
dagli altri uomini. Ma vorremmo domandare: sono essi pi"degenerati" di altri nervosi, per esempio degli isterici o degli psicotici? Ancora una volta la caratterizzazione evidentemente troppo generica. Anzi, si pudubitare persino che sia
giustificata, quando vediamo che questi sintomi compaiono anche in uomini eminenti, di capacitparticolarmente elevate e importanti per la collettivit Di solito grazie alla loro discrezione e alla inattendibilitdei loro biografi, veniamo a
sapere ben poco di intimo sui grandi uomini che costituiscono i nostri modelli; tuttavia puaccadere che uno di essi sia un vero fanatico della verit come 卌ile Zola, e in tal caso apprendiamo da lui di quante singolari abitudini ossessive abbia
sofferto nella sua vita (1).

La psichiatria ha escogitato qui la scappatoia di parlare di "d嶲幯廨廥 sup廨ieurs" [degenerati superiori]. Sia pure, ma attraverso la psicoanalisi noi abbiamo fatto l'esperienza che questi strani sintomi ossessivi possono essere eliminati
durevolmente, non meno di altri mali e anche in altri uomini che degenerati non sono. Io stesso ci sono riuscito pidi una volta.

Voglio comunicarvi solo due esempi di analisi di un sintomo ossessivo: il primo tratto da una vecchia osservazione e non saprei sostituirlo con uno migliore; del secondo sono invece venuto in possesso recentemente. Mi limito a un numero cos esiguo, poichin una simile esposizione bisogna per forza essere molto circostanziati e addentrarsi in tutti i dettagli.

Una signora vicina ai trent'anni, che soffriva delle pigravi manifestazioni ossessive e che forse avrei potuto aiutare se un caso maligno non avesse reso vano il mio lavoro - forse ve ne parlerancora, - durante il giorno eseguiva pivolte, tra
le altre, una singolare azione ossessiva. Correva dalla sua camera in una camera attigua, lsi metteva in un certo posto presso il tavolo che era al centro, suonava alla cameriera, le dava un incarico qualsiasi o la lasciava andare senza dirle
niente e quindi correva nuovamente indietro. Ebbene, pur non essendo questo certamente un grave sintomo di sofferenza, suscitnon a torto la nostra curiosit La spiegazione si presentin modo indubbio e ineccepibile, senz'ombra di concorso del
medico. Non so infatti come mi sarebbe stato possibile pervenire a una supposizione qualsiasi o a una proposta di interpretazione circa il senso di questa azione ossessiva. Ogni volta che avevo chiesto alla paziente: "Perchfa questo? Che senso
ha?", essa aveva risposto:

"Non lo so". Ma un giorno, dopo che ero riuscito a debellare una enorme e fondamentale sua perplessit improvvisamente le balenla risposta e raccontquanto si connetteva all'azione ossessiva.

Pidi dieci anni prima aveva sposato un uomo di gran lunga pianziano di lei, il quale durante la prima notte di nozze si era rivelato impotente. Era corso, quella notte, innumerevoli volte dalla propria camera in quella di lei, per ripetere il
tentativo, ma ogni volta senza successo. Al mattino aveva detto indispettito:

"C'da vergognarsi davanti alla cameriera, quando rifaril letto"; e aveva afferrato una bottiglia di inchiostro rosso, che si trovava per caso nella camera, ne aveva versato il contenuto sul lenzuolo, ma non proprio nel posto in cui tale macchia
avrebbe dovuto trovarsi. All'inizio non capivo che cosa questo ricordo avesse a che fare con l'azione ossessiva in questione, poichtrovavo una concordanza soltanto nel ripetuto correre da una stanza all'altra e forse anche nella comparsa della
cameriera.

Allora la paziente mi condusse al tavolo che si trovava nella seconda stanza e mi fece vedere una grande macchia sulla tovaglia.

Spieganche che si metteva presso il tavolo in una posizione tale che la ragazza accorsa non poteva non vedere la macchia. Ora non c'erano pidubbi sulla stretta relazione tra la scena successiva alla notte nuziale e l'attuale azione ossessiva,
anche se restavano da imparare ancora parecchie cose.

Risulta evidente innanzitutto che la paziente si identifica con suo marito; ne recita la parte imitando il suo correre da una stanza all'altra. Poi, per continuare il confronto, da rilevare che essa sostituisce il letto e il lenzuolo con il tavolo
e la tovaglia. Cipotrebbe sembrare arbitrario, ma non per niente abbiamo studiato il simbolismo onirico: anche in sogno compare molto spesso un tavolo che va interpretato come letto; il tavolo e il letto insieme rappresentano il matrimonio, ragion
per cui l'uno sta facilmente per l'altro.

La dimostrazione che l'azione ossessiva della signora ha un senso l'avremmo gi essa sembra essere una raffigurazione, una ripetizione di quell'altra scena significativa. Ma nulla ci obbliga a fermarci a questa apparenza; se indaghiamo pi dettagliatamente la relazione tra le due scene, probabilmente otteniamo chiarimenti su qualcosa che va piin l sul proposito dell'azione ossessiva. Il suo nocciolo palesemente la chiamata della cameriera, sotto i cui occhi la signora mette la
macchia, in contrapposto all'osservazione del marito che ci sarebbe da vergognarsi di fronte alla cameriera. Dunque il marito, la cui parte essa impersona, non ha di che vergognarsi di fronte alla cameriera e di conseguenza la macchia al posto
giusto. Vediamo quindi che essa non ha semplicemente ripetuto la scena, ma l'ha proseguita correggendola, rettificandola. Ma, nel far ci corregge anche l'altro aspetto che quella notte fu cospenoso e rese necessario l'espediente dell'inchiostro
rosso, l'impotenza.

L'azione ossessiva dice dunque: "No, non vero, egli non aveva da vergognarsi di fronte alla cameriera, non era impotente"; l'azione, alla maniera di un sogno, rappresenta questo desiderio come appagato nel presente, serve alla tendenza di
innalzare il marito al di sopra dello scacco sub鮅o in passato.

Con cisi accorda tutto quanto potrei ancora raccontarvi a proposito di questa signora, o, piprecisamente, tutto quanto sappiamo ancora di lei indica che questa interpretazione dell'azione ossessiva, di per sincomprensibile, quella giusta.

Da anni la donna vive separata dal marito e lotta con il proposito di ottenere lo scioglimento legale del matrimonio. Ma in realtnon si affatto liberata di lui: costretta a rimanergli fedele, si ritira completamente dal mondo per non cadere in
tentazione, scusa ed eleva nella sua fantasia la natura del marito. Anzi, il segreto piprofondo della sua malattia che, grazie a essa, la paziente protegge il marito dalle maldicenze, giustifica la loro separazione materiale e consente a lui di
condurre una comoda vita per conto suo. Cosl'analisi di un'innocua azione ossessiva conduce direttamente al nocciolo di una malattia, ma nello stesso tempo ci rivela una parte non trascurabile del segreto della nevrosi ossessiva in generale. Vi
intrattengo volentieri su questo esempio poichin esso si trovano riunite diverse condizioni che non sempre possiamo pretendere di riscontrare. L'interpretazione del sintomo fu qui trovata dalla paziente tutt'a un tratto, senza la guida o
l'intervento dell'analista, e fu compiuta mediante il riferimento a un episodio che non apparteneva, come accade di solito, a un periodo dimenticato dell'infanzia, ma che si era verificato nell'etmatura dell'ammalata e si era serbato indelebile
nel suo ricordo. Tutte le obiezioni che normalmente la critica solita muovere contro le nostre interpretazioni di sintomi, non fanno presa in questo caso specifico. Ma ovvio che non sempre possiamo essere cosfortunati.

Una cosa ancora. Non vi siete accorti come questa insignificante azione ossessiva ci ha introdotti nelle faccende piintime della paziente? Che cos'ha, una donna, di piintimo da raccontare della storia della sua prima notte di nozze? e il fatto
che ci siamo imbattuti proprio nell'intimitdella sua vita sessuale dovrebbe essere casuale e privo di ulteriore significato? Vero che cipotrebbe essere la conseguenza della scelta che ho fatto in questo caso. Ma non affrettiamoci a giudicare e
volgiamoci piuttosto al secondo esempio, di tuttltro genere: un campione di una specie molto frequente, cioun cerimoniale del coricarsi.

Una ragazza diciannovenne, molto sviluppata e dotata, figlia unica di genitori ai quali superiore per istruzione e prontezza intellettuale, stata da bambina indocile e prepotente e, nel corso degli ultimi anni, senza apparente causa esterna, diventata nevrotica. E' assai irritabile, specie nei confronti della madre, sempre insoddisfatta, depressa, incline all'indecisione e al dubbio e, infine, confessa di non poter picamminare da sola nelle piazze o nelle strade troppo larghe. Non ci
occuperemo molto del suo complicato stato patologico, che esige almeno due diagnosi - agorafob駮 e nevrosi ossessiva - ma ci soffermeremo soltanto sul fatto che questa ragazza ha sviluppato anche un cerimoniale del coricarsi, col quale fa soffrire i
suoi genitori. Si pudire che, in un certo senso, ogni individuo normale ha il suo cerimoniale del coricarsi o tiene all'attuazione di certe condizioni, senza il cui adempimento stenta ad addormentarsi; ciascuno imprime cioal passaggio dalla
veglia allo stato di sonno determinate forme, che ripete ogni sera nell'identico modo. Ma tutto ciche l'individuo sano richiede come condizione del sonno puessere compreso razionalmente e, quando le circostanze esterne rendono necessario un
cambiamento, egli si adatta facilmente e senza perdere tempo. Il cerimoniale patologico invece inflessibile, sa imporsi a costo dei pigrandi sacrifici, si ammanta anch'esso di una motivazione razionale e, a un'osservazione superficiale, sembra
discostarsi dal cerimoniale normale solo per una certa esagerata meticolosit

Se lo si osserva pida vicino, per si punotare che lo schermo insufficiente, che il cerimoniale implica regole che esorbitano notevolmente dalla motivazione razionale e altre che addirittura la contraddicono. La nostra paziente adduce come
motivo delle sue precauzioni notturne il fatto che per dormire ha bisogno di tranquillite deve eliminare tutte le fonti di rumore. Per ottenere il suo scopo fa due generi di cose. Il grande orologio della sua camera viene fermato, tutti gli altri
orologi vengono allontanati dalla stanza, ed essa non tollera nemmeno il suo piccolo orologio da polso dentro il comodino. I vasi da fiori e gli altri vasi vengono riuniti sopra la scrivania in modo che durante la notte non possano cadere, rompersi
e disturbarla nel sonno. Sa che questi provvedimenti possono trovare una giustificazione soltanto apparente nella necessitdi quiete; il ticchettio del piccolo orologio non si udrebbe neanche se rimanesse sopra il comodino, e noi tutti abbiamo
esperienza del fatto che il ticchettio regolare di un orologio a pendolo non costituisce mai un disturbo per il sonno, ma ha piuttosto un effetto soporifero. Essa ammette anche che il timore che i vasi da fiori e gli altri vasi, se lasciati al loro
posto, cadano per terra da soli e si rompano, durante la notte, manca di ogni verosimiglianza. Per le altre disposizioni del cerimoniale essa rinuncia a far riferimento alla necessitdi quiete. Anzi, l'esigenza che la porta tra la sua camera e la
stanza da letto dei genitori rimanga semiaperta - del che si assicura spingendo tra i battenti diversi oggetti - sembra al contrario predisporre una fonte di rumori che potrebbero disturbarla. I provvedimenti piimportanti riguardano peril letto
stesso. Il cuscino a capo del letto non putoccare la testata di legno; il piccolo guanciale per la testa deve assolutamente essere posto sopra questo cuscino in modo tale da formare un rombo; essa poi poggia il capo esattamente sulla diagonale del
rombo. Il piumino ("Duchent", come diciamo in Austria), prima di essere steso sul letto, deve essere scosso in modo tale che la parte inferiore diventi ben rigonfia; ma poi essa non trascura di distribuire di nuovo, schiacciandolo, l'accumulo di
piume.

Permettetemi di sorvolare sulle altre particolarit che spesso sono quisquilie, di questo cerimoniale; esse non ci insegnerebbero nulla di nuovo e ci porterebbero troppo lontano dal nostro intento. Ma non dimenticate che tutto questo non si svolge
in modo cossemplice. E' sempre presente la preoccupazione che non tutto sia stato fatto come si deve; bisogna controllare, ripetere, il dubbio prende di mira ora l'una, ora l'altra delle misure di sicurezza, e il risultato che passano una o due
ore durante le quali la ragazza non pudormire e non lascia dormire i genitori intimoriti.

L'analisi di questi tormenti non procedette in modo cossemplice come quella dell'azione ossessiva della nostra precedente paziente. Dovetti accennare varie cose alla ragazza e fare proposte di interpretazione, che essa ogni volta rifiutava con un
"no" deciso o accoglieva con dubbio sdegnoso. A questa prima reazione di rifiuto segututtavia un periodo nel quale essa prendeva sul serio le possibilitprospettatele, raccoglieva associazioni in proposito, produceva ricordi, stabiliva
connessioni, fincharrivad accettare per suo conto tutte le interpretazioni. Nella misura in cui questo avveniva, essa smetteva anche di attuare i suoi provvedimenti ossessivi e giprima della fine del trattamento aveva rinunciato all'intero
cerimoniale. Dovete sapere inoltre che la pratica analitica, coscome viene esercitata oggi da noi, esclude assolutamente il trattamento sistematico del singolo sintomo fino al suo definitivo chiarimento. Al contrario, siamo costretti ad
abbandonare di continuo un tema, su cui siamo certi di tornare partendo da altre connessioni. L'interpretazione del sintomo, che ora vi comunicher quindi una sintesi di risultati la cui scoperta, interrotta da altri lavori, abbraccia un periodo
di settimane e di mesi.

La nostra paziente impara gradatamente a comprendere che aveva bandito l'orologio dal suo equipaggiamento notturno perchsimbolo del genitale femminile. L'orologio, del quale conosciamo anche altre interpretazioni simboliche, perviene a
rappresentare il genitale perchin relazione con processi periodici e intervalli uguali. Una donna puvantarsi, per esempio, che le sue mestruazioni sono regolari come un orologio. L'angoscia della nostra paziente si rivolgeva per particolarmente al fatto di venir disturbata nel sonno dal ticchettio dell'orologio. Il ticchettio dell'orologio puessere paragonato al palpito della clitoride nell'eccitamento sessuale. Effettivamente la ragazza era stata svegliata pivolte nel
sonno da questa sensazione, per lei penosa, e ora questa paura di un'erezione si esprimeva nel precetto che imponeva di allontanare durante la notte dalla sua vicinanza gli orologi che funzionavano. I vasi da fiori e gli altri vasi, come del resto
tutti i recipienti, sono simboli femminili. La precauzione che non abbiano a cadere e a rompersi durante la notte non manca dunque di un suo senso. Ci nota l'usanza assai diffusa di rompere un vaso o un piatto in occasione di un fidanzamento:
ciascuno dei presenti si impossessa di un coccio, ciche puesser considerato rinuncia ai propri diritti sulla futura sposa, diritti che derivano da un ordinamento matrimoniale che ha preceduto la monogamia. In rapporto a questa parte del suo
cerimoniale la ragazza fornanche un ricordo e parecchie associazioni. Una volta, da bambina, era caduta con un vaso di vetro o di terracotta, si era tagliata le dita, che avevano sanguinato abbondantemente. Quando crebbe e venne a conoscenza dei
fatti riguardanti i rapporti sessuali, si insinuin lei l'idea angosciosa che durante la prima notte nuziale non avrebbe sanguinato e non avrebbe dimostrato di essere vergine. Le sue precauzioni intese a far sche non si rompano i vasi significano
quindi il rifiuto dell'intero complesso che fa capo alla verginite alla perdita di sangue durante il primo rapporto:

il rifiuto, parimenti, della paura di sanguinare e di quella opposta, di non sanguinare. Queste misure avevano solo lontanamente a che fare con la prevenzione del rumore, alla quale essa le subordinava.

Un giorno essa indovinil significato centrale del suo cerimoniale quando improvvisamente comprese il senso della norma per cui il cuscino non doveva toccare la testata del letto. Il cuscino, essa disse, era sempre stato per lei una donna e la
testata di legno verticale un uomo. Essa voleva dunque tenere separati - in forma magica, possiamo aggiungere noi - uomo e donna, ciodividere tra loro i genitori, non lasciarli giungere al rapporto coniugale. In anni anteriori, prima di istituire
il cerimoniale, aveva cercato di raggiungere lo stesso scopo in maniera pidiretta. Aveva simulato paura, o sfruttato un'esistente inclinazione alla paura, affinchla porta di comunicazione tra la camera dei genitori e la sua stanza non venisse
chiusa. Questa imposizione era stata conservata nel suo cerimoniale successivo. In tal modo aveva l'opportunitdi spiare i genitori, ma nello sfruttare tale opportunitsi buscuna volta un'insonnia che durper dei mesi. Non contenta di
disturbare in tal modo i genitori, ottenne poi di tanto in tanto di poter dormire nel letto matrimoniale stesso, fra padre e madre.

"Cuscino" e "testata di legno" non potevano cosrealmente congiungersi. Infine, quando fu tanto cresciuta che il suo corpo non poteva pitrovare comodamente posto tra i genitori, ottenne, mediante cosciente simulazione di angoscia, che la madre
scambiasse di posto con lei e le cedesse quello presso il padre.

Questa situazione divenne senza dubbio il punto di partenza di fantasie di cui nel cerimoniale si coglie l'effetto ritardato.

Se il cuscino era una donna, anche lo scuotere il piumino fino a che tutte le piume fossero in basso e vi producessero un rigonfiamento aveva un senso. Significava rendere incinta la donna; ma essa non trascurava poi di far sparire questa
gravidanza, poichper anni era vissuta nel timore che i rapporti fra i genitori avessero per conseguenza un altro figlio e quindi un concorrente per lei. D'altra parte, se il cuscino era una donna (la madre), il guancialino non poteva rappresentare
che la figlia.

Perchquesto guanciale doveva essere posto a rombo e la sua testa venire a posarsi proprio sulla linea mediana? Fu facile rammentarle che il rombo l'emblema, scribacchiato su tutti i muri, del genitale femminile aperto. Lei stessa assumeva quindi
la parte dell'uomo, del padre, e con la sua testa sostituiva il membro virile (vedi il simbolismo della decapitazione per l'evirazione).

Guarda un po', direte voi, che volgaritpasserebbero per la testa di una casta fanciulla! Lo ammetto, ma non dimenticate che queste cose io non le ho create, ma solarnente interpretate. Anche un cerimoniale del coricarsi di questo tipo cosa ben
strana, e voi non potete disconoscere la corrispondenza fra il cerimoniale e le fantasie forniteci dall'interpretazione. Per me, tuttavia, ha piimportanza che voi notiate che nel cerimoniale non si depositata una unica fantasia ma un numero
considerevole di fantasie che certamente hanno da qualche parte il loro punto nodale; e che notiate inoltre come le norme del cerimoniale riproducano, ora positivamente ora negativamente, i desideri sessuali, e servano in parte a farne le veci e in
parte a difendersene. Dall'analisi di questo cerimoniale si potrebbe ricavare anche di pise si riuscisse a collegarlo in modo corretto agli altri sintomi dell'ammalata. Ma la nostra strada non ci porta fin l

Accontentatevi dell'accenno che questa ragazza caduta in preda a un attaccamento erotico al padre, i cui inizi risalgono agli anni dell'infanzia. Forse anche per questo che essa si comporta in modo cosostile nei confronti della madre. Inoltre
non possiamo trascurare il fatto che l'analisi di questo sintomo ci ha condotti ancora una volta alla vita sessuale dell'ammalata. Forse ce ne meraviglieremo tanto meno quanto pisovente saremo giunti a penetrare ll significato e l'intenzione dei
sintomi nevrotici.

In tal modo vi ho dunque mostrato in base a due esempi che i sintomi nevrotici hanno un senso, come gli atti mancati e come i sogni, e che sono in intima relazione con le esperienze dei pazienti. Posso aspettarmi che voi prestiate fede a questo
principio importantissimo sulla base di due esempi? No. Ma potete pretendere da me che vi porti ancora tanti altri esempi, finchvi dichiariate convinti? Ancora una volta no, poich data la minuziositcon cui tratto ogni singolo caso, sarei
costretto a dedicare un corso semestrale di cinque ore settimanali alla definizione di questo singolo punto della teoria delle nevrosi. Mi accontento quindi di avervi dato un saggio delle prove in favore della mia asserzione, e per il resto vi
rimando alle comunicazioni di altri autori, alle classiche interpretazioni di sintomi nel primo caso di Breuer (isteria),alle impressionanti chiarificazioni di sintomi totalmente oscuri nella cosiddetta "dementia praecox", fornite da C. G. Jung al
tempo in cui questo ricercatore era soltanto uno psicoanalista e non voleva ancora essere un profeta, e a tutti i lavori che da allora hanno riempito le nostre rivlste. Tali indagini non ci fanno difetto. L'analisi, l'interpretazione, la traduzione
dei sintomi nevrotici, hanno attirato a tal punto gli psicoanalisti che essi trascurarono in un primo tempo gli altri problemi della nevrosi.

Chi di voi si sottoporra una simile fatica, sarcerto fortemente impressionato dalla massa di materiale probativo. Ma si imbatteranche in una difficolt

Il senso di un sintomo deriva, come abbiamo appreso, da una relazione con le esperienze del malato.Quantopiindividualizzata la forma del sintomo, tanto pipossiamo sperare di riuscire a stabilire questa connessione. Sarallora nostro compito,
semplicemente, di rintracciare, per un'idea senza senso e per un'azione senza scopo, quella situazione passata nella quale l'idea era giustificata e l'azione rispondeva a un fine.

L'azione ossessiva della nostra paziente che correva al tavolo e suonava alla cameriera costituisce il modello perfetto di questa specie di sintomi.

Ci sono per e anche molto spesso, sintomi a carattere completamente diverso. Li si deve denominare sintomi "tipici" della malattia; sono pressappoco uguali in tutti i casi, in essi le differenze individuali scompaiono, o quanto meno si riducono a
tal punto che diventa difficile metterli in rapporto con l'esperienza individuale dell'ammalato e riferirli a singole situazioni vissute. Rivolgendo di nuovo la nostra attenzione alla nevrosi ossessiva, ecco che il cerimoniale del coricarsi della
nostra seconda paziente ha giin smolto di tipico, benchnel contempo abbia un numero sufficiente di tratti individuali da rendere possibile un'interpretazione, per cosdire, "storica".

Comunque, tutti gli individui afflitti da nevrosi ossessiva possiedono la tendenza a ripetere, a ritmare le loro operazioni e a isolarle da altre. La maggior parte di essi lava troppo. I malati che soffrono di agorafobia (topofobia, paura dello
spazio) - fobia che non ascriviamo pialla nevrosi ossessiva ma che designiamo come "isteria d'angoscia"- ripetono nel loro quadro clinico, spesso con estenuante monotonia, gli stessi tratti: hanno paura degli spazi chiusi, di grandi piazze aperte,
di strade e viali che si perdono in lontananza. Si ritengono protetti se un conoscente li accompagna o se una vettura li segue eccetera.

Tuttavia, su questo sfondo omogeneo, i singoli malati apportano le loro condizioni individuali, i loro umori, vorremmo dire, che in alcuni casi si contraddicono decisamente tra loro. L'uno teme soltanto le strade strette, l'altro soloquelle ampie,
uno puuscire solamente quando per strada c'poca gente, l'altro quando ce n'molta.

Anche l'isteria, pur con tutta la sua ricchezza di tratti individuali, ha un numero notevole di sintomi comuni, tipici, che sembrano opporsi a una facile derivazione storica. Non dimentichiamo che, per la formulazione della diagnosi, noi ci
orientiamo proprio su questi sintomi tipici. Tanto vero che, se in un caso di isteria abbiamo ricondotto un sintomo tipico e un'esperienza o a una catena di esperienze simili (per esempio un vomito isterico a un susseguirsi di impressioni di
disgusto), non sapremo che pensare quando, in un altro caso di vomito, l'analisi ci rivela una serie di presunte impressioni determinanti che sono di natura completamente diversa. Ci parrallora che gli isterici producano il vomito per ragioni
sconosciute, e che i motivi occasionali, storici, forniti dall'analisi, siano soltanto, quando per caso si presentano, pretesti utilizzati da questa necessitinterna.

Eccoci pervenuti alla rattristante scoperta che siamo sin grado di spiegare in modo soddisfacente il senso dei sintomi nevrotici individuali mettendoli in relazione con le esperienze dei pazienti, ma che nel caso dei molto pifrequenti sintomi
tipici la nostra arte ci abbandona. A cisi aggiunga che non vi ho ancora rese note tutte le difficoltche emergono quando si tratta di effettuare in modo coerente l'interpretazione storica dei sintomi. Nvoglio farlo, poichvero che non ho
l'intenzione di mascherarvi ndi nascondervi nulla, ma neppure posso creare in voi disorientamento e confusione proprio all'inizio dei nostri studi comuni. E' vero che abbiamo fatto soltanto il primo passo verso la comprensione del significato dei
sintomi, ma vogliamo tenerci saldi a quanto abbiamo acquisito e spingerci passo passo alla conquista di ciche ancora non abbiamo compreso. Cercherpercidi consolarvi con la considerazione che in sostanza una differenza fondamentale tra l'una e
l'altra specie di sintomi non ipotizzabile. Se i sintomi individuali dipendono in forma cosinconfondibile dall'esperienza del malato, resta possibile che i sintomi tipici risalgano a un'esperienza che tipica in s comune a tutti gli uomini.
Altri tratti regolarmente ricorrenti nella nevrosi, come le ripetizioni o i dubbi nella nevrosi ossessiva, possono essere reazioni generali, imposte agli ammalati dalla natura del mutamento patologico. In breve, non abbiamo alcun motivo di
scoraggiarci prematuramente; vedremo che cosa ci riserveril futuro.

Anche nella teoria del sogno ci troviamo di fronte a una difficoltdel tutto simile. Non ho potuto trattarla nelle nostre precedenti discussioni sul sogno. Il contenuto manifesto dei sogni presenta naturalmente un'estrema variete diversit individuale, e noi abbiamo mostrato estesamente che cosa si ricava da questo contenuto per mezzo dell'analisi. Ma, accanto a questi, ci sono sogni che vengono anch'essi chiamati "tipici", sogni che ricorrono in tutti gli uomini allo stesso modo,
sogni dal contenuto uniforme, i quali oppongono le medesime difficoltall'interpretazione. Si tratta dei sogni di cadere, volare, fluttuare, nuotare, essere impediti, essere nudi e certi altri sogni angosciosi, che nelle singole persone danno luogo
ora a questa, ora a quella interpretazione, senza che la loro monotonia e il loro tipico ricorrere vi trovino una spiegazione. Anche in questi sogni osserviamo, tuttavia, che lo sfondo comune viene ravvivato da aggiunte che variano da individuo a
individuo, ed probabile che riusciremo a inserirli senza sforzo, e anzi estendendo le nostre conoscenze, nella visione della vita onirica che abbiamo ricavato dagli altri sogni.







NOTE:

1. E. Toulouse, "Emile Zola: inchiesta medico-psicologica" (Parigi 1896).






Lezione 18 - LA FISSAZIONE AL TRAUMA; L'INCONSCIO

Signore e Signori, la volta scorsa dissi che avremmo proseguito il nostro lavoro tenendo presenti non i nostri dubbi ma le nostre scoperte. Ci restano ancora da discutere due fra le piinteressanti conseguenze delle due analisi che abbiamo preso
come esempio.

Esaminiamo la prima di queste conseguenze. Entrambe le pazienti ci danno l'impressione di essere "fissate" a un determinato periodo del loro passato, di non sapersene liberare, di essere perciestraniate dal presente e dal futuro. Esse sono
rinchiuse nella loro malattia come in epoche precedenti si usava ritirarsi in un chiostro per portarvi a compimento un difficile destino. Nel caso della nostra prima paziente stata l'unione con il marito, cui in realtha rinunciato, a esserle
fatale. Attraverso i suoi sintomi essa continua il processo a suo marito; abbiamo imparato il significato delle voci che perorano la causa di lui, lo scusano, lo innalzano, lamentano la sua perdita. Benchessa sia giovane e desiderabile per altri
uomini, ha preso tutte le precauzioni reali e immaginarie (magiche) per restargli fedele. Non si mostra a occhi estranei, trascura il proprio aspetto, ha inoltre difficoltad alzarsi dalla poltrona in cui seduta, rifiuta di firmare col proprio
nome, non pufare un regalo a nessuno, con la scusa che nessuno deve avere qualcosa da lei.

Nel caso della nostra seconda paziente, la giovinetta, il medesimo effetto per la sua vita esercitato da un attaccamento erotico al padre instauratosi negli anni precedenti la pubert Essa ha anche tratto per sla conclusione che non pu sposarsi finchcosammalata. E' lecito supporre che si sia ammalata cosper non doversi sposare e per rimanere accanto al padre.

Non possiamo respingere la questione del perch per quale via e in forza di quali motivi si giunga a un atteggiamento cossorprendente e svantaggioso nei confronti dell'esistenza, nell'ipotesi che questo modo di atteggiarsi sia un carattere
generale delle nevrosi e non una peculiaritdi queste due malate.

In effetti, esso un tratto generale, molto importante dal punto di vista pratico, di ogni nevrosi. La prima paziente isterica di Breuer era fissata in modo analogo all'epoca in cui aveva assistito il proprio padre gravemente ammalato: da allora,
nonostante si sia ristabilita, sotto un certo aspetto ha chiuso con la vita; rimasta sana ed efficiente, ma ha evitato il normale destino della donna. L'analisi ci permette di scoprire che ognuno dei nostri pazienti si riportato indietro, nei
sintomi della malattia e attraverso le conseguenze che da essi derivano, a un determinato periodo del suo passato. Nella maggioranza dei casi il paziente ha scelto a questo scopo addirittura una fase molto remota della sua vita, un periodo della sua
infanzia e perfino, per quanto cipossa suonare ridicolo, della sua esistenza come lattante.

L'analogia pivicina a questo comportamento dei nostri nervosi offerta dalle malattie che proprio ora la guerra fa insorgere con particolare frequenza, le cosiddette nevrosi traumatiche. Casi simili si presentavano naturalmente anche prima della
guerra, in seguito a scontri ferroviari e ad altri spaventosi rischi mortali.

Ma le nevrosi traumatiche non sono sostanzialmente la stessa cosa delle nevrosi spontanee che siamo soliti indagare e curare analiticamente; finora non siamo nemmeno riusciti a ricondurle nel nostro quadro teorico e io spero di potervi spiegare un
giorno da che cosa dipenda questa limitazione. In un punto perpossiamo rilevare una completa concordanza. Le nevrosi traumatiche offrono chiari indizi che alla loro base c'una fissazione al momento dell'incidente traumatico. Nei loro sogni
questi ammalati ripetono regolarmente la situazione traumatica; dove compaiono attacchi di tipo isterico, che permettono un'analisi, si viene a scoprire che l'attacco corrisponde a una trasposizione completa nella situazione anzidetta. E' come se
questi ammalati non fossero venuti a capo della situazione traumatica, come se questa stesse dinanzi a loro quale compito attuale non sormontato; e noi prendiamo molto sul serio questa concezione: essa ci indica la via verso una considerazione,
diciamo cos economica dei processi psichici. Anzi l'espressione "traumatico" non ha altro senso se non questo, economico. Con essa noi designiamo un'esperienza che nei limiti di un breve lasso di tempo apporta alla vita psichica un incremento di
stimoli talmente forte che la sua liquidazione o elaborazione nel modo usuale non riesce, donde giocoforza che ne discendano disturbi permanenti nell'economia energetica della psiche.

Questa analogia ci induce nella tentazione di designare come traumatiche anche quelle esperienze alle quali i nostri nervosi sembrano fissati. Ci sarebbe in tal modo prospettata una semplice condizione determinante per l'insorgere della malattia
nevrotica.

La nevrosi sarebbe da equipararsi a una malattia traumatica e insorgerebbe per l'incapacitdi risolvere un'esperienza che ha una tonalitaffettiva eccessiva. Tale era in realtanche la prima formula con la quale Breuer e io, nel 1893-95, demmo il
resoconto teorico delle nostre nuove osservazioni. Un caso come quello della nostra prima paziente, la giovane donna separata dal marito, rientra molto bene in questa concezione. Essa non ha superato l'inattuabilitdel suo matrimonio ed rimasta
attaccata a questo trauma. Ma giil nostro secondo caso, quello della fanciulla vittima di una fissazione verso il padre, ci mostra che la formula non sufficientemente ampia. Da una parte, un tale innamoramento della bambina per il padre qualcosa di coscomune e cosfrequentemente superato che la designazione "traumatico", se venisse qui applicata, perderebbe ogni consistenza; d'altra parte, la storia dell'ammalata ci insegna che questa prima fissazione erotica fu superata
apparentemente senza conseguenze e solo parecchi anni pitardi fece di nuovo apparizione nei sintomi della nevrosi ossessiva. Qui dunque s'intravedono complicazioni, una piricca gamma di condizioni che determinano l'insorgere della malattia; ma
presentiamo anche che non si deve abbandonare come erroneo il punto di vista traumatico, che potrinserirsi e subordinarsi in qualche altro contesto.

Qui interrompiamo di nuovo il cammino che abbiamo intrapreso. Per il momento esso non conduce piavanti, e noi abbiamo ogni sorta di altre cose da apprendere prima di ritrovarne il giusto proseguimento. Aggiungiamo solo, riguardo al tema della
fissazione a una determinata fase del passato, che una simile evenienza si estende molto al di ldella nevrosi. Ogni nevrosi contiene una fissazione di questo genere, ma non ogni fissazione conduce alla nevrosi, coincide con la nevrosi o si
instaura tramite la nevrosi.

Un tipico modello di fissazione affettiva a qualcosa di passato il lutto, che implica in veritil picompleto distacco dal presente e dal futuro. Il lutto si differenzia pernettamente dalla nevrosi anche per il profano. Ci sono, per contro,
nevrosi che possono essere definite come una forma patologica di lutto.

Accade anche che, a causa di un evento traumatico che scuote quelli che erano stati fino ad allora i fondamenti della sua esistenza, un individuo subisca una tale scossa da perdere ogni interesse per il presente e il futuro e da rimanere assorbito
psichicamente dal passato in maniera durevole; non per questo perlo sventurato destinato a diventare nevrotico. Non sopravvaluteremo quindi questo tratto nel caratterizzare la nevrosi, per quanto regolarmente presente e per quanto importante
possa essere di solito.

Veniamo ora al secondo risultato delle nostre analisi, che non richiederalcuna riserva successiva. Abbiamo riferito, a proposito della nostra prima paziente, come essa eseguisse una insensata azione ossessiva e raccontasse, in riferimento a essa,
un ricordo intimo della sua vita passata; in seguito abbiamo anche esaminato questo collegamento tra azione e ricordo e indovinato di qui l'intenzione dell'azione ossessiva. Abbiamo percompletamente tralasciato un fattore che merita tutta la
nostra attenzione. Per quanto continuasse a ripetere l'azione ossessiva, la paziente non sapeva affatto che cosfacendo si riallacciava all'esperienza da lei vissuta. La connessione tra le due le rimaneva nascosta, e doveva rispondere,
conformemente al vero, di non conoscere l'impulso che la spingeva a comportarsi cos Poi, sotto l'influsso della cura, accadde improvvisamente che essa scoprquel nesso e potcomunicarlo. Continuava tuttavia a non sapere nulla dell'intenzione
alla quale ubbidiva eseguendo l'azione ossessiva, l'intenzione ciodi correggere un brano penoso del suo passato e di mettere su un piano pialto l'uomo da lei amato.

Occorse un bel po' di tempo e costmolta fatica farle comprendere e indurla a convenire con me che solo un motivo del genere poteva essere stato la forza propulsiva della sua azione ossessiva.

La connessione con la scena avvenuta dopo la disgraziata notte nuziale, e il tenero motivo dell'ammalata, danno insieme ciche abbiamo chiamato il "senso" dell'azione ossessiva. Ma mentre eseguiva l'azione ossessiva questo senso le era rimasto
ignoto in entrambe le direzioni: sia "da che cosa" che "per che cosa". In lei avevano quindi agito certi processi psichici, di cui l'azione ossessiva era appunto l'effetto; essa aveva percepito l'effetto secondo la disposizione psichica normale, ma
nessuna cognizione delle premesse psichiche di questo effetto era giunta alla sua coscienza. Essa si era comportata in tutto e per tutto come quell'individuo cui Bernheim durante l'ipnosi impartl'ordine di aprire un ombrello cinque minuti dopo il
risveglio, nella sala dell'ospedale: destatosi, costui esegul'istruzione, ma non seppe addurre alcun motivo per quanto aveva fatto. E' una situazione di questo genere che noi abbiamo presente quando parliamo di processi psichici inconsci. Possiamo
sfidare chiunque a rendere conto di questo stato di cose in un modo scientificamente picorretto, e se qualcuno ci riuscir rinunceremo volentieri all'ipotesi che esistano processi psichici inconsci. Fino a quel momento ci atterremo pera questa
ipotesi e, se qualcuno vuole obiettarci che quell'inconscio non niente di reale dal punto di vista scientifico, che un espediente, "une fa蔞n de parler", dobbiamo respingere questa obiezione con una rassegnata alzata di spalle, come davanti a
qualcosa di incomprensibile. Come se potesse non essere reale una cosa da cui hanno origine effetti tanto tangibilmente reali come un'azione ossessiva!

La stessa cosa, in fondo, riscontriamo nella nostra seconda paziente. Essa si creata una regola, che il cuscino non debba toccare la testata del letto, e deve seguire questa regola, ma non sa da dove essa provenga, che cosa significhi e a quali
motivi debba il suo potere. Il fatto che lei stessa la consideri una cosa irrilevante ovvero si impunti, si infuri contro di essa, si proponga di trasgredirla, non fa differenza ai fini dell'esecuzione. Essa deve venir osservata e invano lei si
chiede perch Si deve pur riconoscere che questi sintomi della nevrosi ossessiva, queste rappresentazioni e impulsi che emergono non si sa da dove, che si mostrano talmente refrattari a ogni influsso della psiche, pur normalissima per altri
aspetti, da dare agli ammalati stessi l'impressione di essere ospiti strapotenti venuti da un mondo estraneo, esseri immortali che si sono mescolati alla folla dei mortali, si deve pur riconoscere, dicevo, che questi sintomi contengono il pichiaro
accenno a una particolare sfera della vita psichica, separata dal resto. Da questi sintomi una strada, che non si punon imboccare, porta alla convinzione che nella psiche esista l'inconscio ed proprio per questo che la psichiatria clinica, la
quale conosce soltanto una psicologia della coscienza, non sa che altro fare dei sintomi, se non spacciarli per indizi di un particolare tipo di degenerazione.

Naturalmente le idee ossessive e gli impulsi ossessivi sono in sstessi tanto poco inconsci, quanto poco l'esecuzione delle azioni ossessive sfugge alla percezione conscia. Non sarebbero diventati sintomi, se non si fossero spinti fino alla
coscienza. Tuttavia le loro premesse psichiche, che deduciamo mediante l'analisi, le connessioni in cui li inseriamo mediante l'interpretazione, sono inconsce, almeno fintantochnon le abbiamo rese coscienti all'ammalato attraverso il lavoro
dell'analisi.

Aggiungete, ora, che questo stato di cose costatato nei nostri due casi trova conferma in tutti i sintomi di tutte le malattie nevrotiche, che il senso dei sintomi sempre e ovunque sconosciuto all'ammalato, che l'analisi mostra regolarmente come
questi sintomi siano le propaggini di processi inconsci, i quali per poste svariate condizioni favorevoli, possono essere resi consci; capirete cosche noi in psicoanalisi non possiamo fare a meno dello psichismo inconscio e siamo avvezzi a
operare con esso come con qualcosa di sensorialmente tangibile. Ma forse comprenderete anche quanto poco capaci di formarsi un giudizio su questa questione siano tutti gli altri, tutti coloro che conoscono l'inconscio soltanto come un concetto, che
non hanno mai analizzato, mai interpretato sogni o ricavato dai sintomi nevrotici un senso e un'intenzione. Per dirlo ancora una volta in vista dei nostri scopi: la possibilitdi dare un senso ai sintomi nevrotici mediante l'interpretazione
analitica una prova irrefutabile dell'esistenza - o, se preferite, della necessitdell'ipotesi - dei processi psichici inconsci.

Questo pernon tutto. Grazie a una seconda scoperta di Breuer, che mi sembra persino piricca di significato dell'altra e che egli non condivide con nessuno, apprendiamo ancora di pisulla relazione tra l'inconscio e i sintomi nevrotici. Non
solo, di norma, il senso dei sintomi inconscio; esiste anche un rapporto di intercambiabilitfra questa inconsapevolezza e la possibilitdi esistenza dei sintomi stessi. Capirete subito che cosa voglio dire. Affermo, con Breuer, che
ogniqualvolta ci imbattiamo in un sintomo possiamo inferire che nell'ammalato esistono determinati processi inconsci, i quali contengono appunto il senso del sintomo. Ma anche necessario che questo senso sia inconscio, affinchil sintomo si
instauri. Processi consci non danno luogo a sintomi; non appena i processi inconsci in gioco sono divenuti consci, il sintomo scompare. Ravvisate qui tutt'a un tratto una via di accesso alla terapia, un modo per fare scomparire i sintomi. In questo
modo Breuer guareffettivamente la sua paziente isterica, ossia la liberdai suoi sintomi; egli trovuna tecnica per farle affiorare alla coscienza i processi inconsci che contenevano il senso del sintomo, e i sintomi scomparvero.

Questa scoperta di Breuer non fu il risultato di una speculazione bensdi una fortunata osservazione, resa possibile dalla cooperazione dell'ammalata. Non sforzatevi adesso inutilmente di comprenderla riconducendola a qualcos'altro che givi noto, ma ravvisate piuttosto in essa un nuovo dato di fatto fondamentale, con l'aiuto del quale molte altre cose diventeranno intelligibili.

Permettetemi percidi ripetervi la stessa cosa in altra forma.

La formazione del sintomo un sostituto di qualcos'altro che non ha avuto luogo. Certi processi psichici avrebbero normalmente dovuto svilupparsi fino al punto che la coscienza ne avesse cognizione. Cinon accaduto e dai processi interrotti, in
qualche modo perturbati, che hanno dovuto rimanere inconsci, scaturito il sintomo. E' dunque avvenuto qualcosa di analogo a uno scambio; se si riesce a farlo recedere, la terapia dei sintomi nevrotici ha ottenuto il suo scopo.

La scoperta di Breuer ancor oggi la base della terapia psicoanalitica. La tesi che i sintomi scompaiono quando si sono rese coscienti le loro determinanti inconsce stata confermata da tutte le ulteriori ricerche benchquando si intraprende il
tentativo di applicare questa teoria nella pratica si incontrino le pisorprendenti e inattese complicazioni. La nostra terapia opera trasformando in conscio ciche inconscio, e sortisce qualche effetto solo nella misura in cui in condizioni
di effettuare questa trasformazione.

Debbo ora fare rapidamente una piccola digressione, affinchnon corriate il pericolo di immaginarvi questo lavoro terapeutico come qualcosa di troppo facile. Secondo quanto abbiamo sinora esposto, la nevrosi sarebbe la conseguenza di una specie di
ignoranza, del non conoscere processi psichici di cui si dovrebbe avere nozione.

Cicostituirebbe un forte avvicinamento alle note dottrine socratiche secondo le quali persino i vizi si basano sull'ignoranza. Ebbene, al medico esperto nell'analisi sardi solito molto facile indovinare quali impulsi psichici sono rimasti
inconsci al singolo paziente. Non dovrebbe quindi nemmeno riuscirgli difficile guarire l'ammalato perch comunicandogli quel che sa, lo libera dalla sua ignoranza. In tal modo si eliminerebbe perlomeno una parte del senso inconscio dei sintomi;
dell'altra parte, del nesso dei sintomi con le esperienze dell'ammalato, il medico, per la verit non puindovinare molto:

poichnon conosce queste esperienze, deve aspettare che l'ammalato le rammenti e gliele racconti. Anche per questo tuttavia si putrovare, in alcuni casi, un surrogato. Ci si puinformare presso i congiunti dell'ammalato delle esperienze vissute
da quest'ultimo, e costoro saranno spesso in grado di riconoscere tra di esse quelle che hanno avuto un effetto traumatizzante e forse di riferire perfino episodi di cui l'ammalato non sa nulla, perchhanno avuto luogo nei primissimi anni della sua
vita. Combinando questi due procedimenti, si avrebbe dunque la prospettiva di porre rimedio in breve tempo e con poca fatica all'ignoranza patogena dell'ammalato.

Magari le cose stessero cos Su questo punto abbiamo fatto esperienze alle quali all'inizio non eravamo preparati. Tra sapere e sapere passa differenza; ci sono tipi diversi di sapere, che non sono affatto psicologicamente equivalenti: "Il y a
fagots et fagots" [Ci sono fascine e fascine], come dice Moli鋨e. Il sapere del medico non lo stesso di quello dell'ammalato e non puavere gli stessi effetti. Se il medico trasmette il suo sapere all'ammalato come semplice comunicazione, cinon
ha alcun risultato. Ma no, sarebbe inesatto dire cos pur non eliminando i sintomi, ottiene il risultato di mettere in moto l'analisi, di cui spesso le manifestazioni di opposizione sono i primi segni.

L'ammalato sa quindi qualcosa che fino a quel momento non sapeva, il senso del suo sintomo; eppure non lo conosce pidi prima.

Apprendiamo cosche non si tratta solo di una specie di ignoranza. Occorrerun certo approfondimento delle nostre conoscenze psicologiche, per mostrarci in che consistano le differenze. Ma la nostra tesi, che i sintomi svaniscono con la conoscenza
del loro significato, rimane comunque esatta. Bisogna solo aggiungere che la conoscenza deve basarsi su un cambiamento interiore dell'ammalato, quale puessere provocato soltanto da un lavorio psichico avente un fine determinato. Ci troviamo qui di
fronte a problemi che presto confluiranno a costituire una dinamica della formazione del sintomo.

Signori, ora devo farvi una domanda: ciche vi dico, non vi riesce troppo oscuro e complicato? non vi confondo ricapitolando e rettificando cosspesso le mie affermazioni, avviando ragionamenti e lasciandoli poi cadere? Se fosse cos dovrebbe
dispiacermi. Ma io ho una forte avversione per le semplificazioni fatte a spese dell'aderenza alla verit non mi rincresce affatto che riceviate una piena impressione della multilateralite della complessitdell'argomento, e penso anche che non
ci sia nulla di male se su ogni punto vi dico pidi quanto possiate al momento mettere a profitto. So che ogni ascoltatore e lettore mentalmente riassesta, abbrevia, semplifica ciche gli viene presentato e ne estrae quello che vuol ritenere. Fino
a un certo punto senz'altro vero che quanto piabbondante ciche si ha a disposizione, tanto piquel che rimane. Lasciatemi sperare che, nonostante tutti gli elementi accessori, abbiate afferrato chiaramente l'essenziale di quanto vi ho
esposto riguardo al senso dei sintomi, all'inconscio e alla loro relazione. Senza dubbio avete anche capito che nel nostro sforzo ulteriore seguiremo due direzioni: in primo luogo per apprendere come gli uomini si ammalino, come possano giungere
all'atteggiamento nevrotico verso la vita - il che un problema clinico - e, in secondo luogo, per sapere come dalle condizioni determinanti la nevrosi si sviluppino i sintomi patologici, il che rimane un problema di dinamica psichica. Per questi
due problemi dovrben esserci da qualche parte un punto di convergenza.

Non voglio oggi procedere oltre; tuttavia, poichil nostro tempo non ancora scaduto, intendo richiamare la vostra attenzione su un altro carattere delle nostre due analisi, il cui pieno apprezzamento, ancora una volta, potraver luogo solo pi tardi:

sulle lacune mnestiche o amnesie. Avete visto che il compito del trattamento psicoanalitico puessere espresso nella formula:

rendere cosciente tutto ciche inconscio in modo patogeno.

Forse vi stupirora apprendere che questa formula si puanche sostituire con l'altra: riempire tutte le lacune mnestiche dell'ammalato, abolire le sue amnesie. Una cosa equivale all'altra. Alle amnesie del nevrotico viene quindi attribuito un
nesso importante con l'insorgere dei suoi sintomi. Tuttavia, se prendete in considerazione il caso della nostra prima analisi, non troverete giustificata questa valutazione dell'amnesia. L'ammalata non ha dimenticato la scena dalla quale prende le
mosse la sua azione ossessiva, al contrario, ne ha conservato un vivido ricordo e neanche, nell'insorgere di questo sintomo, entrato in gioco qualcos'altro che stato dimenticato. Meno chiara, eppure in complesso analoga, la situazione nel caso
della nostra seconda paziente, la fanciulla col cerimoniale ossessivo. Anche lei, a ben vedere non ha dimenticato il suo comportamento dei primi anni, il fatto che insisteva perchla porta tra la camera da letto dei genitori e la propria rimanesse
aperta, e che cacciava la madre dal suo posto nel letto matrimoniale; se ne ricorda molto distintamente, seppure esitando e controvoglia. La sola cosa che salta agli occhi che la prima paziente, pur nell'eseguire innumerevoli volte la sua azione
ossessiva, non una sola volta si accorta della somiglianza di questa con l'esperienza vissuta dopo la prima notte nuziale, e che questo ricordo non si presentato nemmeno allorchfu invitata con domande dirette a cercare i motivi dell'azione
ossessiva. Lo stesso vale per la ragazza, nel cui caso, per di pi il cerimoniale e i suoi spunti si riferiscono a una situazione che si ripete, identica, tutte le sere. In entrambi i casi non esiste alcuna amnesia vera e propria, alcuna perdita di
memoria, ma interrotto un nesso che dovrebbe provocare la riproduzione, il riaffiorare del ricordo.

Una simile perturbazione della memoria sufficiente per la nevrosi ossessiva; per l'isteria diverso. Quest'ultima nevrosi caratterizzata perlopida amnesie davvero straordinarie. Di solito, nell'analizzare ogni singolo sintomo isterico, si
viene condotti a un'intera catena di impressioni vissute che, al loro ricomparire, vengono espressamente designate come fino ad allora dimenticate. Questa catena risale, da una parte, fino ai primissimi anni di vita, cosche l'amnesia isterica pu essere riconosciuta come una diretta continuazione dell'amnesia infantile, la quale nasconde alle persone normali gli inizi della loro vita psichica. Dall'altra parte, apprendiamo con stupore che anche le pirecenti esperienze dei malati possono
essere soggette a dimenticanza; in particolare sono state corrose, se non del tutto divorate dall'amnesia, le occasioni in cui la malattia scoppiata o si intensificata. Dal quadro complessivo di un ricordo recente di questo genere, importanti
particolari sono invariabilmente spariti o sono stati sostituiti da falsificazioni della memoria. Anzi, si verifica con quasi uguale regolaritche determinati ricordi relativi a episodi recenti, ricordi che sono stati cosa lungo trattenuti e
hanno provocato lacune considerevoli nella connessione dei fatti, affiorino soltanto poco prima della conclusione di un'analisi.

Tali menomazioni della facoltmnemonica sono, come si detto, caratteristiche dell'isteria, nella quale si presentano come sintomi anche stati (gli attacchi isterici) che non necessariamente lasciano traccia nel ricordo. Se nella nevrosi ossessiva
le cose stanno diversamente, allora potete concludere che ciche in gioco nelle amnesie isteriche una caratteristica psicologica dell'alterazione che ha luogo nell'isteria, e non una caratteristica universale delle nevrosi in genere.
L'importanza di questa differenza troverun limite nella seguente considerazione. Come "senso" di un sintomo abbiamo inteso contemporaneamente due cose: il suo "da che cosa", e il suo "verso che cosa" o "per che cosa", ossia le impressioni e gli
episodi da cui trae origine, e gli intenti cui serve. I1 "da che cosa" del sintomo si risolve quindi in impressioni che sono venute dall'esterno, le quali una volta furono necessariamente coscienti e da allora possono essere diventate inconsce per
dimenticanza. Il "per che cosa" del sintomo, la sua tendenza, invece ogni volta un processo endopsichico, che puanche all'inizio essere divenuto cosciente, ma che pu con altrettanta probabilit non essere mai stato cosciente ed essere rimasto
nell'inconscio da sempre. Non molto importante se l'amnesia ha colpito anche il "da che cosa", le esperienze sulle quali si fonda il sintomo, come avviene nell'isteria; il "verso che cosa", la tendenza del sintomo, la quale puessere stata
inconscia fin dall'inizio, che ne prova la dipendenza dall'inconscio, e non meno saldamente nella nevrosi ossessiva che nell'isteria.

Con questo risalto dato all'inconscio nella vita psichica abbiamo perrisvegliato gli spiriti pimaligni della critica contro la psicoanalisi. Non meravigliatevene, ncrediate che la resistenza contro di noi derivi solo dalla comprensibile
difficoltdell'inconscio o dalla relativa inaccessibilitdelle esperienze che ne provano l'esistenza. A mio parere la sua origine piprofonda. Nel corso dei tempi l'umanitha dovuto sopportare due grandi mortificazioni che la scienza ha recato
al suo ingenuo amore di s La prima, quando apprese che la nostra terra non il centro dell'universo, bensuna minuscola particella di un sistema cosmico che, quanto a grandezza, difficilmente immaginabile.

Questa scoperta associata per noi al nome di Copernico, benchgila scienza alessandrina avesse proclamato qualcosa di simile.

La seconda mortificazione si verificata poi, quando la ricerca biologica annientla pretesa posizione di privilegio dell'uomo nella creazione, gli dimostrla sua provenienza dal regno animale e l'inestirpabilitdella sua natura animale. Questo
sovvertimento di valori stato compiuto ai nostri giorni sotto l'influsso di Charles Darwin, di Wallace e dei loro precursori, non senza la piviolenta opposizione dei loro contemporanei. Ma la terza e piscottante mortificazione, la megalomania
dell'uomo destinata a subirla da parte dell'odierna indagine psicologica, la quale ha l'intenzione di dimostrare all'Io che non solo egli non padrone in casa propria, ma deve fare assegnamento su scarse notizie riguardo a quello che avviene
inconsciamente nella sua psiche.

Anche questo richiamo a guardarsi dentro non siamo stati noi psicoanalisti ni primi ni soli a proporlo, ma sembra che tocchi a noi sostenerlo nel modo pienergico e corroborarlo con un materiale empirico che tocca da vicino tutti quanti gli
uomini.

Di qui la generale ribellione contro la nostra scienza, l'inosservanza di ogni norma di urbanitaccademica e lo svincolarsi degli oppositori da tutti i freni della logica imparziale. A cisi aggiunga ancora che ci toccato turbare la pace di
questo mondo anche in altro modo, come presto udrete.







Lezione 19 - RESISTENZA E RIMOZIONE

Signore e Signori, per progredire nella comprensione delle nevrosi abbiamo bisogno di nuove osservazioni tratte dall'esperienza; ce ne sono due, entrambe molto singolari e che a suo tempo sembrarono assai sorprendenti. Ad ambedue, per la verit
siete preparati dalle nostre discussioni dell'anno scorso.

In primo luogo: quando ci accingiamo a far guarire un ammalato, a liberarlo dai suoi sintomi morbosi, egli ci oppone una resistenza violenta, tenace e persistente per tutta la durata del trattamento. E' questo un fatto talmente strano che non
dobbiamo aspettarci che sia facilmente creduto. E' meglio non dire nulla di questo ai congiunti dell'ammalato, poichcostoro penseranno sempre e comunque che si tratti di una scusa da parte nostra per giustificare la durata o l'insuccesso della
cura. Anche l'ammalato produce tutti i fenomeni di questa resistenza senza riconoscerla come tale, ed giun buon risultato se riusciamo a indurlo ad adottare la nostra concezione e a tenerne conto. Pensate un po':

l'ammalato, che soffre tanto per i suoi sintomi, facendo soffrire nel contempo le persone che gli sono vicine, che disposto a sostenere tanti sacrifici di tempo, denaro, fatica e autodisciplina per esserne liberato, proprio lui, l'ammalato,
opporrebbe resistenza al suo soccorritore, quasi facesse l'interesse della sua malattia. Come suona inverosimile questa affermazione! Eppure cos e se qualcuno ci fa osservare questa inverosimiglianza, non abbiamo che da rispondere che non
mancano analogie in proposito, e che chiunque si sia recato dal dentista in preda a un insopportabile mal di denti sa di avergli trattenuto il braccio quando vedeva avvicinare la tenaglia al dente malato.

La resistenza dei malati di moltissime specie, estremamente scaltra, spesso difficile da riconoscere, proteiforme nelle sue manifestazioni. Bisogna che il medico sia diffidente e stia in guardia contro di essa.

Nella terapia psicoanalitica noi applichiamo la tecnica che vi nota dall'interpretazione dei sogni. Imponiamo all'ammalato di mettersi in uno stato di tranquilla autosservazione, di non darsi pensiero di nulla, e di riferire tutte le percezioni
interiori che puavere in tal modo: sentimenti, pensieri, ricordi, nella successione in cui affiorano in lui. Nello stesso tempo lo mettiamo espressamente in guardia dal cedere a un qualsiasi motivo che possa indurlo a operare una scelta o
un'esclusione tra ciche gli passa per la mente, con la scusa che "troppo sgradevole o indiscreto per dirlo", ovvero "irrilevante, non c'entra, oppure non ha senso, non c'bisogno di dirlo". Gli raccomandiamo vivamente di seguire sempre
soltanto la superficie della sua coscienza, di tralasciare ogni critica, qualsiasi essa sia, contro ciche trova, e gli confidiamo che il successo del trattamento, ma soprattutto la sua durata, dipende dalla scrupolositcon la quale egli osserver questa regola tecnica fondamentale dell'analisi. Sappiamo gidalla tecnica dell'interpretazione dei sogni che proprio quelle associazioni contro le quali si sollevano le perplessite le obiezioni da noi enumerate, contengono invariabilmente il
materiale che conduce alla scoperta dell'inconscio.

Stabilendo questa regola tecnica fondamentale, otteniamo in primo luogo che essa diventi il bersaglio contro cui si accanisce la resistenza. L'ammalato cerca in tutti i modi di svincolarsi da quanto essa stabilisce. Ora afferma che non gli viene in
mente nulla, ora che le idee che si affollano in lui sono talmente numerose che non riesce a coglierne nessuna con precisione. Poi osserviamo con fastidio e stupore che cede ora a questa ora a quella obiezione critica; si tradisce, infatti, per le
lunghe pause che intercala fra i suoi discorsi. Dopo, confessa che questa cosa non pudirla, che se ne vergogna, e lascia che questo motivo prevalga sulla sua promessa. Oppure dice che gli venuto in mente qualcosa, che riguarda perun'altra
persona e non lui stesso e che pertanto va escluso dalla comunicazione. Oppure, che ciche gli viene in mente all'istante troppo irrilevante, troppo sciocco e insensato: non possibile che io intendessi farlo addentrare in simili pensieri; e
cosprosegue in innumerevoli variazioni, contro le quali non resta che spiegare che "dire tutto" significa realmente "dire tutto".

Difficilmente si trova un malato che non faccia il tentativo di riservare per sun qualche settore per impedirne l'accesso alla cura. Un paziente, che non potrei fare a meno di annoverare tra i piintelligenti, tacque a questo modo per settimane
intere una relazione intima e, invitato a rendere conto di questa violazione della regola, che sacra, si difese sostenendo di aver creduto che quella storia fosse una sua faccenda privata. Naturalmente la cura analitica non tollera alcun diritto
di asilo di questo genere. Supponiamo che in una cittcome Vienna si decretasse in via d'eccezione che nessuno potesse essere arrestato in una certa piazza, come il Hohe Markt, o nella chiesa di Santo Stefano, e si volesse poi catturare un
determinato malfattore: l'unico posto ove saremmo sicuri di trovarlo sarebbe quell'asilo. Una volta mi risolvetti a concedere a un personaggio, la cui efficienza sul lavoro era oggettivamente molto importante, il diritto di fare un'eccezione del
genere poichegli era sotto un giuramento d'ufficio che gli proibiva di comunicare determinate cose ad altri. Per la veritegli fu contento del risultato, ma io no e mi proposi di non ripetere un tentativo terapeutico in simili condizioni.

I malati di nevrosi ossessiva sono abilissimi nel rendere quasi inservibile la regola tecnica con l'applicarvi la loro iperscrupolosite i loro dubbi. I malati di isteria d'angoscia riescono talvolta a portarla all'assurdo, producendo solo
associazioni che sono talmente lontane da quel che si cerca da non portare alcun contributo all'analisi. Ma non intendo rendervi partecipi dei modi in cui vanno affrontate queste difficolttecniche. Basti dire che alla fine, con la risolutezza e la
perseveranza, si riesce a far sche la resistenza obbedisca, entro certi limiti, alla regola tecnica fondamentale; e allora essa si riversa su un altro settore.

La resistenza si presenta adesso come resistenza INTELLETTUALE, combatte argomentando, si impadronisce delle difficolte delle inverosimiglianze che un ingegno normale, ma non informato, trova nelle dottrine analitiche. Ci tocca ora udire da questa
singola voce tutte le critiche e le obiezioni che formano il coro assordante della letteratura scientifica. E' anche per questo che nulla di ciche ci viene gridato dall'esterno ci giunge ignoto.

E' una vera tempesta in un bicchier d'acqua. Comunque il paziente disposto a discutere, ci sollecita continuamente a informarlo, a istruirlo, a contraddirlo, a guidarlo in letture che possano approfondire la sua cultura. E' disposto a diventare un
seguace della psicoanalisi, a condizione che l'analisi lo risparmi personalmente. Tuttavia noi riconosciamo in questa brama di sapere una resistenza, una deviazione dai nostri compiti specifici, e la respingiamo. Dalla resistenza del nevrotico
ossessivo dobbiamo aspettarci una tattica particolare. Egli lascia spesso che l'analisi prosegua indisturbata per la sua strada, col risultato di illuminare vieppigli enigmi del suo male; alla fine, per ci meravigliamo che a questo chiarimento
non corrisponda alcun progresso pratico, alcuna attenuazione dei sintomi. Giungiamo allora a scoprire che la resistenza si ritirata sulla posizione di dubbio propria della nevrosi ossessiva, e di qui ci tiene testa con successo. L'ammalato si detto all'incirca: "S tutto questo bello, interessante, e lo continuo anche volentieri. Se fosse vero, cambierebbe radicalmente la mia malattia. Ma io non credo che sia vero, e finchnon lo credo non ha niente a che fare con la mia malattia".
Le cose possono procedere a lungo cos finchalla fine ci imbattiamo in questa sua riserva mentale, e allora scoppia la battaglia decisiva.

Le resistenze intellettuali non sono le peggiori; su di esse si riesce sempre ad avere il sopravvento. Il paziente per pur rimanendo entro l'ambito dell'analisi, sa anche creare resistenze il cui superamento tra i compiti tecnici pidifficili.
Invece di ricordare, egli ripete quegli atteggiamenti e impulsi emotivi della sua vita passata che, tramite la cosiddetta ''traslazione'', possono essere impiegati per resistere al medico e alla cura. Se si tratta di un uomo, di solito egli attinge
questo materiale dai rapporti col padre, al cui posto fa subentrare il medico, e in tal modo riesce a fabbricarsi delle resistenze dalla propria aspirazione all'indipendenza personale e intellettuale, dalla propria ambizione (che trovil suo primo
traguardo nell'uguagliare il padre o nel superarlo), dalla propria riluttanza ad addossarsi una seconda volta nella vita l'onere della gratitudine. Cos si riceve a tratti l'impressione che nel malato l'intenzione di mettere il medico dalla parte
del torto, di fargli percepire la sua impotenza, di trionfare su di lui, abbia completamente sostituito ogni migliore intenzione di mettere fine alla malattia. Le donne sanno sfruttare magistralmente ai fini della resistenza una traslazione
affettuosa, di tonaliterotica, sul medico. Se questa inclinazione raggiunge una certa intensit si spegne ogni interesse per la situazione attuale della cura, viene meno ogni obbligo da esse assunto nell'intraprenderla, e l'immancabile gelosia e
irritazione per il rifiuto inevitabile, anche se avanzato con ogni riguardo da parte del medico, sono destinate a guastare l'accordo personale con lui e a eliminare una delle pipotenti forze propulsive dell'analisi.

Le resistenze di questo tipo non debbono venir condannate unilateralmente. Esse contengono tanta parte del materiale piimportante del passato dell'ammalato, e lo riproducono in modo talmente convincente che diventano uno fra i migliori sostegni
dell'analisi, se un'abile tecnica sa dar loro il giusto indirizzo.

Nondimeno, rimane degno di nota che questo materiale a tutta prima si pone sempre al servizio della resistenza e mostra anzitutto la sua facciata ostile al trattamento. Si puanche dire che, per opporsi ai mutamenti da noi richiesti, vengono
mobilitate particolaritdel carattere, atteggiamenti dell'Io. Apprendiamo qui come queste particolaritdel carattere si siano configurate in rapporto alle condizioni che hanno determinato la nevrosi e in reazione alle esigenze da essa poste; e si
discernono tratti di questo carattere che altrimenti non potrebbero manifestarsi, o almeno non lo potrebbero in questa misura, e che si possono definire tratti latenti. Non dovete neanche farvi l'idea che noi scorgiamo nel manifestarsi di queste
resistenze un'imprevista minaccia per l'influsso esercitato dall'analisi. No, noi sappiamo che queste resistenze devono venire alla luce; siamo scontenti solo se non riusciamo a suscitarle in forma abbastanza distinta e non possiamo chiarirle
all'ammalato. Anzi, comprendiamo alla fin fine che il superamento di queste resistenze la funzione essenziale dell'analisi ed l'unica parte del nostro lavoro che ci dla sicurezza di essere riusciti a ottenere nel malato qualche risultato.

Aggiungete ancora che l'ammalato sfrutta tutti gli accidenti che si verificano durante il trattamento per disturbarlo, che utilizza come motivo per allentare i suoi sforzi ogni diversione esterna, ogni dichiarazione di persona autorevole a lui nota
e ostile all'analisi, una malattia organica casuale o una malattia che complichi la nevrosi, perfino ogni miglioramento del suo stato, e avrete cosottenuto un quadro approssimativo, e pur sempre incompleto, delle forme e dei mezzi della resistenza
nella lotta contro la quale si svolge ogni analisi. Mi sono dilungato su questo punto con tanti particolari, perchoccorre dire che questa esperienza, che abbiamo fatto con la resistenza opposta dai nevrotici all'eliminazione dei loro sintomi, diventata la base della nostra concezione dinamica delle nevrosi. Originariamente Breuer e io stesso abbiamo esercitato la psicoterapia con il mezzo dell'ipnosi; la prima paziente di Breuer era stata curata esclusivamente sotto influsso ipnotico, e
in un primo tempo anch'io seguii il metodo di Breuer. Confesso che il lavoro procedeva pifacilmente e piacevolmente, oltre che in tempo molto pibreve; ma gli esiti erano capricciosi e instabili, percialla fine abbandonai l'ipnosi. E allora
capii che una comprensione della dinamica di queste affezioni non era possibile finchci si serviva dell'ipnosi. Questo stato riusciva a sottrarre alla percezione del medico proprio l'esistenza della resistenza. La respingeva indietro, sgombrando
un certo campo per il lavoro analitico e ammassandola ai confini di esso, col risultato che la resistenza diventava impenetrabile, pio meno come il dubbio della nevrosi ossessiva. Percipotei anche affermare che la psicoanalisi vera e propria ha
avuto inizio con la rinuncia all'aiuto dell'ipnosi.

Proprio perchil riconoscimento della resistenza diventato cosimportante, non sarfuori luogo avanzare un cauto dubbio, se non sia cioavventato supporre l'esistenza stessa delle resistenze.

Forse ci sono realmente casi di nevrosi ove i motivi per cui le associazioni si rifiutano di presentarsi sono altri; forse gli argomenti contro i nostri presupposti meritano davvero una valutazione di merito e abbiamo torto a mettere comodamente in
disparte, tacciandola di resistenza, la critica intellettuale degli analizzati. Sissignori, ma noi non siamo giunti alla leggera a formarci questo giudizio. Abbiamo avuto occasione di osservare uno per uno questi pazienti critici, all'apparizione e
dopo la scomparsa di una resistenza. Questa, infatti, nel corso di un trattamento, cambia costantemente la sua intensit cresce sempre quando ci si accosta a un nuovo argomento, tocca il massimo al culmine della sua elaborazione e ricade quando il
tema esaurito.

Inoltre, se non siamo incorsi in particolari goffaggini tecniche, non ci troviamo mai a fronteggiare tutta quanta la resistenza che un paziente puesplicare. Abbiamo quindi raggiunto il convincimento che uno stesso individuo dimette e riassume il
suo atteggiamento critico innumerevoli volte nel corso dell'analisi.

Se stiamo per rendergli cosciente un nuovo e per lui particolarmente penoso frammento del materiale inconscio, egli estremamente critico; se prima aveva capito e accettato molte cose, ora queste acquisizioni sono come cancellate; nella sua smania
di opposizione a ogni costo, egli puoffrire il ritratto perfetto di un deficiente affettivo. Non appena siamo riusciti a fargli superare questa nuova resistenza, egli riacquista la sua perspicacia e la sua comprensione. La sua critica non dunque
una funzione indipendente e come tale meritevole di rispetto: essa al servizio dei suoi atteggiamenti affettivi e viene diretta dalla sua resistenza. Se qualcosa non gli va genio, egli puopporvisi con molto acume e apparire assai critico; se
invece qualcosa rientra nelle sue preferenze, pumostrarsi un credulone. Forse noi tutti non siamo molto diversi; l'analizzato mostra coschiaramente questa dipendenza dell'intelletto dalla vita affettiva solo perchnell'analisi noi lo mettiamo
tanto alle strette.

Concludendo, qual la nostra risposta all'osservazione che l'ammalato lotta cosenergicamente contro l'eliminazione dei suoi sintomi e contro il ristabilimento di un normale decorso dei suoi processi psichici? Noi diciamo che in quel punto ci capitato di avvertire potenti forze che si oppongono a un mutamento della sua condizione: devono essere quelle stesse forze che a suo tempo hanno provocato questa condizione. Nella formazione dei sintomi deve essere avvenuto qualcosa, che noi ora
possiamo ricostruire in base a quanto abbiamo sperimentato nella risoluzione dei sintomi stessi. Sappiamo gidall'osservazione di Breuer che l'esistenza del sintomo presuppone che un qualche processo psichico non sia stato portato a termine in modo
normale e tale da consentirgli di diventare cosciente. Il sintomo un sostituto di ciche in quel punto non ha avuto luogo. Sappiamo ora in quale punto dobbiamo localizzare l'azione della forza a cui abbiamo accennato. Deve essersi trattato di una
violenta opposizione a che il processo psichico messo in questione penetrasse fino alla coscienza, per questo esso rimase inconscio. Come tale, ebbe il potere di formare un sintomo. La stessa opposizione si solleva di nuovo durante la cura
analitica, contro lo sforzo di rendere cosciente ciche inconscio. E' quel che avvertiamo come resistenza. Al processo patogeno che ci viene dimostrato dalla resistenza abbiamo dato il nome di RIMOZIONE.

Di questo processo di rimozione dobbiamo ora farci un'idea piprecisa. Esso la condizione preliminare per la formazione del sintomo, ma anche qualcosa per cui non abbiamo paragoni.

Prendiamo come termine di riferimento un impulso, un processo psichico tendente a convertirsi in azione. Come sappiamo, possiamo respingerlo mediante ciche chiamiamo riprovazione o condanna: in quel momento gli viene sottratta l'energia della
quale dispone, diviene impotente, ma pucontinuare a sussistere come ricordo:

l'intero processo attraverso il quale si prende una decisione nei suoi riguardi si svolge con la consapevolezza dell'Io. Accadrebbe tutt'altro nel caso che lo stesso impulso venisse sottoposto [anzicha condanna] a rimozione: manterrebbe la sua
energia e non ne rimarrebbe alcun ricordo; inoltre il processo di rimozione si effettuerebbe all'insaputa dell'Io. Col paragone suddetto non ci avviciniamo peraltro all'essenza della rimozione.

Le sole rappresentazioni teoriche che si sono mostrate utili a fissare in una forma piprecisa il concetto di rimozione sono le seguenti. Anzitutto necessario procedere dal senso puramente descrittivo della parola "inconscio" al senso sistematico
di questa stessa parola, ossia va detto che il fatto che un processo psichico sia conscio o inconscio soltanto uno dei suoi attributi e non necessariamente un attributo privo di ambiguit Se un processo psichico rimasto inconscio, questa
esclusione dalla coscienza forse solo un indizio del destino che ha sub鮅o, e non il destino stesso. Per raffigurarci concretamente questa eventualitsupponiamo che ogni processo psichico - si deve ammettere qui un'eccezione, che menzioneremo pi tardi - esista dapprima in uno stadio o fase inconscia e che solo da questa passi alla fase conscia, pressappoco come un'immagine fotografica dapprima una negativa e poi diventa una vera figura attraverso la riproduzione positiva. Non ogni
negativa, tuttavia, deve necessariamente diventare una positiva; allo stesso modo non necessario che ogni processo psichico inconscio si trasformi in un processo cosciente. Ci esprimeremo meglio dicendo che il singolo processo appartiene dapprima
al sistema psichico dell'inconscio e poi, se si verificano certe condizioni, pupassare nel sistema di ciche cosciente.

La rappresentazione pirozza di questi sistemi - e ciola rappresentazione spaziale - per noi la picomoda. Paragoniamo quindi il sistema dell'inconscio a una grande anticamera, in cui gli impulsi psichici giostrano come singole entit
Comunica con questa anticamera una seconda stanza pistretta, una specie di salotto, in cui risiede anche la coscienza. Ma sulla soglia tra i due vani svolge le proprie mansioni un guardiano, che esamina, censura i singoli impulsi psichici e non li
ammette nel salotto se non gli vanno a genio. Comprenderete subito che non fa molta differenza se il guardiano respinge un impulso non appena esso compare sulla soglia, o se lo caccia via dopo che entrato nel salotto. E' solo questione del grado
della sua vigilanza e della sua tempestivitnel riconoscimento. L'attenerci a questa immagine ci permette ora un ulteriore ampliamento della nostra nomenclatura. Gli impulsi nell'anticamera dell'inconscio sono sottratti allo sguardo della
coscienza, che infatti si trova nell'altra stanza: inizialmente essi sono destinati a restare inconsci. Se si sono gispinti fino alla soglia e sono stati rimandati indietro dal guardiano, cisignifica che sono inammissibili alla coscienza. In tal
caso li chiamiamo RIMOSSI. Ma anche gli impulsi che il guardiano ha ammesso oltre la soglia non sono per questo diventati necessariamente coscienti; lo possono diventare solo se riescono ad attirare su di slo sguardo della coscienza. A buon
diritto chiamiamo perciquesto secondo vano il sistema del PRECONSCIO. In questo sistema il diventare cosciente mantiene soltanto il senso descrittivo. Incorrere nella rimozione significa invece, per ogni singolo impulso, che il guardiano non gli
consente di penetrare dal sistema dell'inconscio in quello del preconscio. E' lo stesso guardiano con cui facciamo conoscenza sotto forma di resistenza quando cerchiamo di eliminare la rimozione mediante il trattamento analitico.

Ora so bene che direte che queste rappresentazioni sono tanto rozze quanto fantastiche e del tutto inammissibili in un'esposizione scientifica. Lo so che sono rozze; anzi, ancora di pi so che sono inesatte e se non mi sbaglio di molto, ho gi pronto un sostituto migliore. Se continueranno a sembrarvi fantastiche anche in seguito, non lo so. Per il momento sono rappresentazioni ausiliarie, come l'omino di Amp鋨e che nuota nel circuito elettrico, e non sono da disprezzare, in quanto sono
utili per capire i dati dell'osservazione. Vorrei assicurarvi che queste rozze ipotesi dei due vani, del guardiano sulla soglia tra di essi e della coscienza come spettatrice all'estremitdella seconda sala, hanno pur tuttavia un significato in
quanto approssimazioni molto vicine al reale stato dei fatti. Vorrei anche sentirvi ammettere che le nostre designazioni di "inconscio", "preconscio" e "conscio" sono assai meno pregiudizievoli e pifacilmente giustificabili di altri termini che
sono stati proposti o sono entrati nell'uso, come "subconscio", "paraconscio", "intraconscio" e simili.

Ciacquisterin significato ai miei occhi se mi farete osservare che una sistemazione dell'apparato psichico, quale quella da me qui supposta per spiegare i sintomi nevrotici, si regge solo se universalmente valida e quindi dinformazioni anche
sulla funzione normale. Giustissimo. Non possiamo ora approfondire questo ragionamento, ma il nostro interesse per la psicologia della formazione dei sintomi destinato ad aumentare straordinariamente se esiste la prospettiva di ricavare dallo
studio delle condizioni patologiche informazioni relative al normale accadere psichico, che cosben celato.

Non riconoscete, del resto, l'elemento su cui si basano le nostre ipotesi dei due sistemi, del loro rapporto reciproco e con la coscienza? Il guardiano tra l'inconscio e il preconscio non nient'altro che la censura, alla quale, come scoprimmo, soggetta la conformazione del sogno manifesto. I residui diurni, che abbiamo visto essere i suggeritori del sogno, erano materiale preconscio che aveva sub鮅o durante la notte, nello stato di sonno, l'influsso di impulsi di desiderio inconsci e
rimossi, e in comunanza con essi, grazie alla loro energia, aveva potuto formare il sogno latente. Sotto il dominio del sistema inconscio questo materiale aveva sub鮅o una rielaborazione - la condensazione e lo spostamento - quale sconosciuta o
ammessa solo eccezionalmente nella vita psichica normale, ossia nel sistema preconscio. Questa diversitdel modo di operare costituper noi la caratteristica dei due sistemi; mentre il rapporto che il preconscio ha con la coscienza valse per noi
solo come segno dell'appartenenza a uno dei due sistemi. Ebbene, il sogno non piun fenomeno patologico; esso pupresentarsi in tutte le persone sane che soggiacciono alle condizioni dello stato di sonno. Questa ipotesi sulla struttura
dell'apparato psichico, che ci permette di comprendere nello stesso tempo la formazione dei sogni e quella dei sintomi nevrotici, ha un diritto incontrovertibile a essere presa in considerazione anche per la vita psichica normale.

Questo quanto vogliamo dire per ora sulla rimozione. Essa, persolo la condizione preliminare per la formazione dei sintomi.

Come sappiamo, il sintomo un sostituto di qualcosa che fu impedito dalla rimozione. Tuttavia, dalla rimozione alla comprensione di questa struttura sostitutiva la strada ancora lunga. Guardando il problema dall'altro lato, la presenza della
rimozione solleva i seguenti interrogativi: quale specie di impulsi psichici soggiacciono alla rimozione? da quali forze viene essa attuata? per quali motivi? In proposito abbiamo finora accertato una sola cosa. Nell'indagine sulla rcsistenza
abbiamo appreso che essa ha origine da forze dell'Io, da particolaritnote e latenti del carattere. Sono queste, pertanto, che hanno provveduto anche alla rimozione o che, perlomeno, hanno concorso ad attuarla. Tutto il resto ci ancora
sconosciuto.

A questo punto ci viene in aiuto il secondo dato attinto dall'esperienza e che avevo annunciato. Cio sulla base dell'analisi possiamo indicare, in via del tutto generale, quale sia l'intenzione dei sintomi nevrotici. Anche qui non c'niente di
nuovo per voi. Ve l'ho gimostrato in due casi di nevrosi. Ma, a dire il vero, che significano due casi? Avete il diritto di pretendere che ve ne vengano mostrati duecento, infiniti. C'solo una cosa: che evidentemente non posso farlo. Qui deve
subentrare ancora una volta la vostra esperienza personale ovvero la fede, che in questo punto puappellarsi alle unanimi dichiarazioni di tutti gli psicoanalisti.

Vi ricorderete che nei due casi, i cui sintomi sottoponemmo a un'accurata indagine, l'analisi ci iniziagli aspetti piintimi della vita sessuale delle malate in questione. Nel primo caso, inoltre, riconoscemmo con particolare chiarezza
l'intenzione o tendenza del sintomo esaminato; forse nel secondo caso essa era un po' nascosta per una complicazione che sarmenzionata pitardi.

Ebbene, le stesse cose che abbiamo visto in quegli esempi, ce le mostrerebbero tutti gli altri casi che sottoponessimo ad analisi.

Ogni volta verremmo portati dall'analisi a individuare le esperienze sessuali e i desideri sessuali dell'ammalato e ogni volta dovremmo costatare che i suoi sintomi servono alla stessa intenzione. Tale intenzione si rivela essere il soddisfacimento
di desideri sessuali: i sintomi servono al soddisfacimento sessuale degli ammalati, sono un sostituto di questo soddisfacimento che a loro manca nella vita.

Pensate all'azione ossessiva della nostra prima paziente. La donna sente la mancanza del marito intensamente amato, con il quale non pucondividere l'esistenza per via delle deficienze e debolezze da lui mostrate. Essa deve rimanergli fedele, non
pumettere nessun altro al suo posto. Il suo sintomo ossessivo le dciche brama, innalza il marito, rinnega e corregge le sue debolezze, soprattutto la sua impotenza. Questo sintomo fondamentalmente l'appagamento di un desiderio, proprio come
un sogno, e precisamente - ciche non sempre il sogno - l'appagamento di un desiderio erotico. Nel caso della nostra seconda paziente, avrete come minimo potuto desumere che il suo cerimoniale vuole ostacolare i rapporti tra i genitori o
impedire che dagli stessi nasca un altro figlio. Avrete indovinato altresche esso, in fondo, inteso a mettere lei stessa al posto della madre. Dunque, nuovamente allontanamento di ciche dfastidio al proprio soddisfacimento sessuale e
appagamento di desideri sessuali. Della complicazione accennata parleremo fra poco.

Signori, preferisco anticipare le necessarie precisazioni che vanno aggiunte affinchqueste mie affermazioni diventino qualcosa di universalmente valido. Vi faccio perciosservare che tutto quanto dico qui sulla rimozione, nonchsulla formazione
e il significato dei sintomi, stato ricavato da tre forme di nevrosi - l'isteria d'angoscia, l'isteria di conversione e la nevrosi ossessiva - e vale dunque in primo luogo solo per queste forme.

Queste tre affezioni, che siamo soliti riunire in un unico gruppo come NEVROSI DI TRASLAZIONE, circoscrivono anche il campo nel quale puesplicarsi la terapia psicoanalitica. Le altre nevrosi sono state di gran lunga meno studiate dalla
psicoanalisi; un motivo di tale trascuranza, per un gruppo di esse, stato certamente l'impossibilitdi esercitare qualsiasi influsso terapeutico. Non dimenticate, inoltre, che la psicoanalisi una scienza ancora molto giovane, che la
preparazione a essa richiede molta fatica per un lungo periodo, e che sino a non molto tempo fa tutto ricadeva sulle spalle di una sola persona. Tuttavia siamo ovunque in procinto di penetrare nei meccanismi di queste altre affezioni, diverse dalle
nevrosi di traslazione. Spero di potervi in seguito illustrare gli ampliamenti che le nostre ipotesi e i nostri risultati conseguono nell'adattarsi a questo nuovo materiale, e di mostrarvi che questi ulteriori studi non hanno condotto a
contraddizioni ma sono riusciti a costituire unitsuperiori. Stabilito dunque che tutto ciche viene detto qui vale per le tre nevrosi di traslazione, vi comunicherun dato che accresce il valore dei sintomi. L'esame comparativo delle cause che
provocano lo scoppio della malattia dinfatti un risultato che si lascia esprimere nella formula: tali persone si ammalano in un modo o nell'altro per una FRUSTRAZIONE, e cioquando la realtsi oppone al soddisfacimento dei loro desideri
sessuali. Vedete quanto perfettamente questi due risultati concordino tra loro.

Quindi i sintomi vanno piche mai concepiti come un soddisfacimento sostitutivo di quanto venuto a mancare nella vita.

Non c'dubbio che possibile muovere ogni sorta di obiezioni contro la tesi che i sintomi nevrotici siano sostituti di soddisfacimenti sessuali. Oggi discuterdue di queste obiezioni.

Quando voi stessi avrete condotto esami analitici su un considerevole numero di nevrotici, verrete forse a dirmi, scuotendo il capo, che in una serie di casi cinon affatto vero; i sintomi sembrano contenere piuttosto l'intenzione contraria,
quella di escludere o di sopprimere il soddisfacimento sessuale. Non contesterl'esattezza della vostra interpretazione.

In psicoanalisi le cose sono solite essere un po' picomplicate di quel che vorremmo. Se fossero cossemplici, non ci sarebbe forse stato bisogno della psicoanalisi per portarle alla luce. In realt gialcuni tratti del cerimoniale della nostra
seconda paziente rivelano questo carattere ascetico, ostile al soddisfacimento sessuale: per esempio, quando allontana gli orologi, che ha il senso magico di evitare erezioni notturne; oppure quando vuol prevenire la caduta e la rottura di vasi, ci che equivale a una protezione della sua verginit In altri casi da me analizzati di cerimoniale del coricarsi, questo carattere negativo era di gran lunga pipronunciato; il cerimoniale poteva consistere interamente in misure di difesa contro
ricordi e tentazioni sessuali. Nondimeno, abbiamo giappreso tante volte in psicoanalisi che gli opposti non implicano alcuna contraddizione.

Potremmo estendere la nostra affermazione e dire che i sintomi mirano o a un soddisfacimento sessuale o a una difesa dallo stesso, e precisamente che nell'isteria prevale in complesso il carattere positivo di appagamento del desiderio, mentre nella
nevrosi ossessiva prevale il carattere negativo, di tipo ascetico.

Se i sintomi possono servire al soddisfacimento sessuale come pure al suo opposto, questa bilateralito polarittrova un'eccellente giustificazione in un aspetto del loro meccanismo che non ci ancora venuto fatto di menzionare. Essi sono, come
apprenderemo, risultati di compromesso, scaturiti dall'interferenza di due correnti contrastanti, e fanno le veci tanto di ciche viene rimosso quanto della forza rimovente che ha pure cooperato alla loro formazione. La sostituzione pupoi
riuscire pifavorevole all'una o all'altra parte, ma raramente una delle due influenze del tutto assente. Nell'isteria perlopiviene raggiunto l'incontro di entrambe le intenzioni nel medesimo sintomo. Nella nevrosi ossessiva le due parti spesso
divergono; il sintomo diventa allora bifasico [si attua in due tempi], consiste di due azioni, una successiva all'altra, che si annullano a vicenda.

Non sarcosfacile eliminare una seconda perplessit Se passate in rassegna una serie considerevole di interpretazioni di sintomi, in un primo tempo giudicherete probabilmente che in esse il concetto di soddisfacimento sessuale sostitutivo stato esteso fino a includervi casi estremi. Non mancherete di sottolineare che questi sintomi non offrono alcun reale soddisfacimento, che si limitano abbastanza spesso a ravvivare una sensazione o a dar forma a una fantasia proveniente da un
complesso sessuale; inoltre, che il supposto soddisfacimento sessuale rivela spesso un carattere infantile e indegno, che si avvicina per esempio a un atto masturbatorio, o che ricorda i viziacci sudici che si proibiscono e da cui si riescono a
disabituare perfino i bambini.

Ed esprimerete inoltre la vostra meraviglia che si voglia far passare per soddisfacimento sessuale ciche dovrebbe forse essere descritto come soddisfacimento di appetiti crudeli o mostruosi, da definirsi perfino innaturali. Su quest'ultimo punto,
Signori, non arriveremo a un accordo se prima non avremo sottoposto a indagine approfondita la vita sessuale umana e non avremo stabilito che cosa sia lecito chiamare "sessuale".







Lezione 20 - LA VITA SESSUALE UMANA

Signore e Signori, si dovrebbe credere che non ci siano dubbi su ciche si deve intendere per "sessuale". Il sessuale innanzitutto lo sconveniente, cidi cui non lecito parlare. Mi stato raccontato che gli allievi di un celebre psichiatra
una volta si presero la briga di convincere il loro maestro che i sintomi degli isterici raffigurano spessissimo cose sessuali. In questo intento lo condussero al letto di un'isterica i cui attacchi imitavano inconfondibilmente il processo del
parto. Egli perosservbruscamente: "Non vedo cosa ci sia di sessuale in un parto". Giusto. Non detto che in ogni caso un parto sia una cosa sconveniente. Noto che ve la prendete a male perchscherzo su cose cosserie. Ma non del tutto uno
scherzo. Parlando seriamente, non facile indicare in che cosa consista il concetto di "sessuale". "Tutto ciche connesso con la differenza tra i due sessi" sarebbe forse l'unica definizione appropriata; ma la troverete scolorita e troppo vasta.
Se al centro ponete il fatto dell'atto sessuale, asserirete forse che sessuale tutto ciche, nell'intento di trarne piacere, ha a che fare con il corpo, specialmente con le parti genitali dell'altro sesso, e, in ultima analisi, tutto ciche
tende all'unione dei genitali e all'esecuzione dell'atto sessuale. Ma allora non siete certo molto lontani dall'equiparare ciche sessuale a ciche sconveniente, e in questo caso il parto non rientra in effetti nel sessuale. Se invece fate
della funzione riproduttiva il nucleo della sessualit correte il pericolo di escludere tutta una categoria di fatti che non mirano alla riproduzione e che tuttavia sono sicuramente sessuali, come la masturbazione o lo stesso baciare. Ma noi siamo
gipreparati alle difficoltche sono connesse a ogni tentativo di definizione; tanto vale rinunciare a far meglio proprio in questo caso particolare. Possiamo presumere che nell'evoluzione del concetto di "sessuale" si sia verificato qualcosa che,
secondo una felice espressione di Herbert Silberer, ha avuto come conseguenza un "errore di sovrapposizione''.

In complesso non siamo comunque privi di orientamento su ciche gli uomini chiamano sessuale. Nella vita, per tutte le necessitpratiche, basterintendere con ciuna certa qual combinazione di contrasto tra i sessi, conseguimento di piacere,
funzione riproduttiva e sconvenienza da tenere segreta. Ma nella scienza non basta. Noi infatti, attraverso accurate indagini, rese possibili solo da un'autodisciplina animata da spirito di sacrificio, abbiamo individuato gruppi umani la cui "vita
sessuale" si discosta in modo assai appariscente dal quadro medio usuale. Alcuni di questi "pervertiti" hanno per cosdire cancellato dal loro programma la differenza tra i sessi. Solo il sesso uguale al loro pueccitare i desideri sessuali di
costoro; l'altro sesso, e specialmente le sue parti genitali, non per essi affatto un oggetto sessuale, e in casi estremi oggetto di ribrezzo. Ciimplica evidentemente che essi hanno rinunciato a prender parte in un modo qualsiasi alla
riproduzione. Chiamiamo queste persone omosessuali o invertiti. Sono uomini e donne, spesso anche se non sempre di educazione peraltro ineccepibile, altamente evoluti sotto il profilo intellettuale ed etico, affetti solo da quest'unica fatale
deviazione. Per bocca dei loro portavoce scientifici essi si spacciano per una particolare varietdella specie umana, per un "terzo sesso" che ha tutti i diritti di essere posto sullo stesso piano degli altri due. Avremo forse occasione di
esaminare criticamente le loro pretese.

Naturalmente essi non sono, come amerebbero anche affermare, una "幨ite" dell'umanitma contano fra loro perlomeno tanti individui inferiori e buoni a nulla quanti ve ne sono tra le persone di natura diversa dal punto di vista sessuale. Questi
pervertiti, se non altro, si comportano con il loro oggetto sessuale pressappoco come le persone normali con il proprio. Ma esiste poi una lunga serie di individui anormali, la cui attivitsessuale si allontana sempre pida ciche appare
desiderabile a una persona ragionevole. Nella loro variete stranezza essi sono paragonabili solo ai mostri grotteschi che Pieter Bruegel ha dipinto nella tentazione di sant'Antonio, o agli d鋱 scomparsi e ai loro fedeli che Flaubert fa sfilare in
lunga processione davanti al suo devoto penitente. Questa accozzaglia di persone richiede un qualche ordinamento, se non vogliamo uscire di senno. Li dividiamo in coloro per i quali, come nel caso degli omosessuali, mutato l'OGGETTO sessuale, e in
coloro per i quali invece cambiata in primo luogo la META sessuale:

Appartengono al primo gruppo coloro che hanno rinunciato all'unione dei due genitali e che nell'atto sessuale sostituiscono il genitale di un membro della coppia con un'altra parte o regione del suo corpo; nel fare cisormontano le deficienze della
disposizione organica, come pure l'impedimento dello schifo (bocca, ano, al posto della vagina). Seguono altri che si attengono ancora al genitale, ma non per le sue funzioni sessuali, bensper altre funzioni a cui esso prende parte per ragioni
anatomiche e per motivi di vicinanza. Riscontriamo in costoro come le funzioni escrementizie, che nell'educazione del bambino sono state spinte da parte come sconvenienti, rimangono in grado di attirare su di sil pieno interesse sessuale. Esistono
poi altre persone che hanno rinunciato completamente al genitale come oggetto, e che al suo posto hanno elevato a oggetto di desiderio un'altra parte del corpo: il seno femminile, il piede, la treccia.

Seguono ancora coloro per i quali anche una parte del corpo non significa nulla, mentre un indumento, una scarpa, un capo di biancheria appaga tutti i loro desideri: i feticisti. Pioltre nella processione, vengono gli individui che pur pretendendo
l'intero oggetto, avanzano su di esso richieste ben determinate, strane o mostruose, persino quella che debba essere un cadavere indifeso, e che tale rendono con criminale violenza per poterne godere. Ma basta con questo genere di orrori!

Alla testa della seconda schiera si trovano i pervertiti che si sono posti, come mete dei loro desideri sessuali, ciche normalmente solo un atto introduttivo e preparatorio. Sono quelli che bramano contemplare e palpeggiare l'altra persona o
starla a guardare nella sua intimit o che denudano le parti del proprio corpo che dovrebbero stare nascoste nell'oscura aspettativa di venir ricompensati con una prestazione analoga.

Seguono poi i sadici, enigmatici personaggi la cui tenera aspirazione non conosce altro fine che procurare al proprio oggetto sofferenze e tormenti che possono andare da allusioni umilianti fino a gravi lesioni corporali; e come per compenso i loro
opposti, i masochisti, il cui unico piacere soffrire dall'oggetto amato ogni sorta di umiliazioni e tormenti, tanto in forma simbolica che reale. E altri ancora, nei quali si trovano riunite e si intrecciano parecchie di queste condizioni abnormi;
e infine dobbiamo apprendere altresche per ognuno di questi gruppi esistono due specie di persone: accanto a coloro che ricercano il proprio soddisfacimento sessuale nella realt esistono individui che si accontentano semplicemente di immaginare
questo soddisfacimento, che non hanno per nulla bisogno di un oggetto reale, ma possono sostituirlo con le loro fantasie.

Non pusussistere qui il minimo dubbio che queste follie, bizzarrie e mostruositcostituiscano effettivamente l'attivitsessuale di questi individui. Non solo essi stessi le concepiscono in questo modo e ne avvertono il valore di sostituzione, ma
va anche detto che nella loro vita questa sostituzione svolge lo stesso ruolo che il normale soddisfacimento sessuale svolge nella nostra; per essa costoro si sottopongono ai medesimi, spesso smisurati sacrifici, ed possibile seguire tanto nei
sommi capi come nei minuti dettagli dove queste anormalitsi accostano a ciche normale e dove ne divergono. Inoltre, non pusfuggirvi che si ritrova qui quel carattere di sconvenienza che inerisce all'attivitsessuale, ma perlopiaccresciuto
fino all'obbrobrio.

Ebbene, Signore e Signori, che posizione assumiamo riguardo a questi modi insoliti di soddisfacimento sessuale? Indignandoci, esprimendo la nostra personale avversione e assicurando che non condividiamo queste brame non concludiamo evidentemente
nulla. Non questo che ci viene chiesto. Si tratta, in definitiva, di un campo di fenomeni come un altro. Anche un diniego evasivo, come dire che dopo tutto sono solo rarite curiosit sarebbe facilmente confutabile. Si tratta, al contrario, di
fenomeni molto frequenti, largamente diffusi. Se poi qualcuno ci venisse a dire che non il caso di lasciarci confondere le idee sulla vita sessuale da questi fenomeni, perchin definitiva essi rappresentano soltanto aberrazioni e deviazioni della
pulsione sessuale stessa, ebbene costui si meriterebbe che gli rispondessimo molto seriamente. Se non comprendiamo queste forme morbose della sessualite non siamo in grado di metterle in relazione con la normale vita sessuale, non comprendiamo
nemmeno la sessualitnormale. In breve, non possiamo sottrarci al compito di dare una completa giustificazione teorica della possibilitdelle suddette perversioni e della loro connessione con lsessualitcosiddetta normale.

Saremo aiutati in questo da un'acuta osservazione e da due nuove osservazioni empiriche. Dobbiamo la prima a Iwan Bloch. Essa corregge la concezione secondo cui tutte queste perversioni sarebbero "segni di degenerazione", dimostrando che tali
aberrazioni dalla meta sessuale, tali attenuazioni del rapporto con l'oggetto sessuale, si sono verificate fin dai tempi piremoti, in tutte le epoche a noi note, presso tutti i popoli, dai piprimitivi ai pialtamente civilizzati, e si sono
talvolta conquistate tolleranza e universale riconoscimento. Le due esperienze di cui parlavo sono state fatte nell'esame psicoanalitico dei nevrotici; esse non possono non influire in modo decisivo sulla nostra concezione delle perversioni sessuali.

Ho detto che i sintomi nevrotici sono soddisfacimenti sessuali sostitutivi e vi ho accennato che la conferma di questa tesi mediante l'analisi dei sintomi si imbatterin pidi una difficolt Essa infatti giustificata solo se nel
"soddisfacimento sessuale" includiamo anche quello dei cosiddetti bisogni sessuali perversi, poichuna tale interpretazione dei sintomi si impone con sorprendente frequenza. La pretesa di eccezionalitdegli omosessuali o invertiti crolla subito,
allorchapprendiamo che in ogni nevrotico si pudimostrare la presenza di impulsi omosessuali e che un buon numero di sintomi esprime questa inversione latente. Coloro che si autodefiniscono omosessuali sono infatti soltanto gli invertiti consci e
manifesti, il cui numero scompare se lo si confronta con quello degli omosessuali latenti. D'altro canto siamo costretti a considerare la scelta dell'oggetto nell'ambito del proprio sesso addirittura come una diramazione abituale della vita amorosa,
e impariamo sempre di pia riconoscerle un'importanza particolarmente grande. Certo questo non elimina le differenze tra l'omosessualitmanifesta e il comportamento normale; il loro significato pratico continua a sussistere, ma il loro valore
teorico viene straordinariamente diminuito. Supponiamo persino che una determinata affezione, che non possiamo piannoverare fra le nevrosi di traslazione, la paranoia, abbia origine di norma dal tentativo di difendersi da impulsi omosessuali
sovraintensi. Forse rammenterete ancora che una delle nostre pazienti nella sua azione ossessiva impersonava un uomo, il proprio marito abbandonato; una simile produzione di sintomi volti a personificare un uomo molto comune nelle donne
nevrotiche. Sebbene cinon sia da far rientrare nell'omosessualit tuttavia strettamente connesso coi suoi presupposti.

Come probabilmente sapete, la nevrosi isterica puprodurre i suoi sintomi in tutti i sistemi organici e disturbare percitutte le funzioni. L'analisi dimostra che giungono cosa esprimersi tutti gli impulsi che chiamiamo perversi, quegli impulsi
cioche tendono a sostituire il genitale con altri organi: questi organi si comportano in tal caso come genitali sostitutivi. E' proprio attraverso la sintomatologia dell'isteria che siamo giunti alla concezione che agli organi del corpo deve
essere riconosciuto, oltre al loro ruolo funzionale, un significato sessuale (erogeno), e che essi vengono disturbati nell'assolvimento del loro primo compito se il secondo pone loro troppe richieste. Innumerevoli sensazioni e innervazioni che
riscontriamo quali sintomi dell'isteria in organi che apparentemente non hanno nulla a che fare con la sessualit ci svelano cosla loro natura volta ad appagare impulsi sessuali perversi, in relazione ai quali organi diversi hanno assunto il
significato di parti sessuali.

Apprendiamo in particolare in che larga misura gli organi della ricezione del cibo e dell'escrezione possono diventare veicoli dell'eccitamento sessuale. Scorgiamo qui la stessa cosa che ci hanno mostrato le perversioni, solo che in queste era
visibile senza fatica e in modo inequivocabile, mentre nell'isteria dobbiamo prima passare attraverso l'interpretazione dei sintomi per poi giungere alla conclusione che gli impulsi sessuali perversi in questione non appartengono alla coscienza
degli individui, ma vanno situati nel loro inconscio.

Tra i molti quadri sintomatici in cui fa la sua apparizione la nevrosi ossessiva, i piimportanti si dimostrano determinati dalla pressione di impulsi sessuali sadici sovraintensi, quindi perversi nella loro meta; e i sintomi servono precisamente,
in conformitalla struttura della nevrosi ossessiva, prevalentemente alla difesa contro questi desideri, o per esprimere un conflitto tra soddisfacimento e difesa. Comunque il soddisfacimento non ci rimette; esso sa imporsi per vie traverse nel
comportamento degli ammalati e si rivolge di preferenza contro la persona stessa del soggetto facendone un tormentatore di smedesimo. Altre forme di questa nevrosi, quelle rimuginative, corrispondono a una eccessiva sessualizzazione di atti che di
norma si inseriscono come fasi preparatorie che precedono il normale soddisfacimento sessuale:

sessualizzazione del voler vedere, toccare ed esplorare. La grande importanza della paura del contatto e dell'ossessione di lavare trova qui la sua spiegazione. Le azioni ossessive risalgono, in misura insospettata, alla masturbazione di cui sono
ripetizioni camuffate e modificazioni; ben noto che la masturbazione, benchazione unica e uniforme, accompagna le pisvariate forme di fantasticheria sessuale.

Non mi costerebbe molta fatica descrivervi ancor pidall'interno le relazioni tra perversione e nevrosi, ma credo che quanto finora detto basti per il nostro intento. Dobbiamo perguardarci, dopo questi chiarimenti sul significato dei sintomi, dal
sopravvalutare la frequenza e l'intensitdelle inclinazioni perverse degli uomini. Abbiamo visto che ci si puammalare di nevrosi per la frustrazione del normale soddisfacimento sessuale. Nel caso di una frustrazione reale, il bisogno si riversa
nell'uso di vie anormali per l'eccitamento sessuale. Verrete a sapere pitardi come ciavvenga. Comunque facile capire che, in seguito a un tale reingorgo "collaterale", gli impulsi perversi devono emergere piintensi di quanto non sarebbero
stati se al soddisfacimento sessuale normale non si fosse frapposto alcun reale impedimento.

Un influsso analogo peraltro riconoscibile anche nelle perversioni manifeste. In alcuni casi esse vengono provocate o attivate dal fatto che il normale soddisfacimento della pulsione sessuale incontra difficolteccessive a causa di circostanze
temporanee o di istituzioni sociali permanenti. E' ovvio che in altri casi le inclinazioni alla perversione sono del tutto indipendenti da simili fattori che la assecondano; per certa gente esse costituiscono, per cosdire, il modo normale di vita
sessuale.

Forse in questo momento avete l'impressione che abbiamo complicato, piuttosto che chiarito, il rapporto tra sessualitnormale e sessualitperversa. Attenetevi peralla seguente considerazione: se esatto dire che l'obiettiva difficoltdi
ottenere un normale soddisfacimento sessuale o la privazione di esso, porta alla luce inclinazioni perverse in individui che m precedenza tali inclinazioni non avevano manifestato, si deve supporre che in queste persone vi sia qualcosa che favorisce
le perversioni; o, se preferite, che esse devono essere state presenti in costoro in forma latente.

Qui si riallaccia la seconda novitche vi avevo annunciato. La ricerca psicoanalitica stata infatti costretta a occuparsi anche della vita sessuale del bambino, e ciperchnell'analisi dei sintomi i ricordi e le associazioni riconducevano
regolarmente fino ai primi anni dell'infanzia. Ciche ne abbiamo desunto stato poi confermato punto per punto da osservazioni dirette su bambini. E allora risultato che tutte le inclinazioni alla perversione hanno radici nell'infanzia, che i
bambini ne hanno tutte le predisposizioni e le mettono in atto nella misura permessa dalla loro immaturit in breve, che la sessualitperversa altro non che una sessualitinfantile amplificata, scomposta nei suoi singoli impulsi.

Ora vedrete sicuramente le perversioni sotto un'altra luce e non ne disconoscerete pila connessione con la vita sessuale umana:

ma a prezzo di quali sorprese e di quali incongruenze penose per la vostra sensibilit Dapprima sarete certamente inclini a contestare tutto: il fatto che i bambini abbiano qualcosa che si possa designare come vita sessuale, l'esattezza delle
nostre osservazioni e il diritto di riscontrare nel comportamento dei bambini un'affinitcon ciche pitardi viene stigmatizzato come perversione. Permettete dunque che vi spieghi, prima, i motivi della vostra opposizione e vi presenti, poi, la
somma delle nostre osservazioni. Che i bambini non abbiano alcuna vita sessuale - eccitamenti e bisogni sessuali e una specie di soddisfacimento - ma la acquisiscano improvvisamente tra i 12 e i 14 anni, sarebbe (a prescindere da tutte le
osservazioni) biologicamente inverosimile, anzi insensato: come se dicessimo che non vengono al mondo con i genitali, ma che questi si formano in loro solo all'epoca della pubert Ciche in questo periodo si desta la funzione riproduttiva, la
quale si serve per i suoi scopi di un materiale corporeo e psichico giesistente. Siete incorsi nell'errore di confondere tra loro sessualite riproduzione, e cosvi siete sbarrata la strada alla comprensione della sessualit delle perversioni e
delle nevrosi. Ma un errore tendenzioso. Esso ha, paradossalmente, la sua origine nel fatto che voi stessi siete stati bambini e come tali soggetti all'influenza dell'educazione. La societdeve infatti assumere come uno dei suoi compiti educativi
piimportanti quello di domare, di limitare la pulsione sessuale quando essa erompe in forma di impulso riproduttivo, di sottometterla a una volontindividuale che sia identica all'imperativo sociale. La societha anche interesse a procrastinare
il pieno sviluppo della pulsione sessuale al momento in cui il bambino abbia raggiunto un certo grado di maturitintellettuale; infatti con l'irruzione totale della pulsione sessuale ha praticamente fine anche l'educabilit

La pulsione romperebbe altrimenti tutti gli argini e spazzerebbe via l'opera, faticosamente edificata, della civilt Il compito di domarla non mai facile: pecca ora in eccesso, ora in difetto.

Ciche spinge la societumana in ultima analisi un motivo economico; siccome non ha abbastanza mezzi di sussistenza per mantenere i suoi membri se essi non lavorano, deve limitarne il numero e convogliarne le energie dall'attivitsessuale verso
il lavoro. Sono dunque le eterne, primordiali necessitvitali che si protraggono fino al tempo presente.

L'esperienza non ha mancato di insegnare agli educatori che il compito di rendere malleabile la volontsessuale della nuova generazione puessere risolto solo se si comincia molto presto a esercitare un'influenza, se non si aspetta la tempesta
della pubert ma si interviene ginella vita sessuale infantile che la prepara. In questo intento si proibiscono e si rendono odiose al bambino quasi tutte le attivitsessuali infantili; ci si pone la meta ideale di plasmare in senso asessuale la
vita del bambino, e col tempo si giunti al punto di ritenere che egli sia effettivamente asessuale, finchpoi la scienza ha proclamato cicome propria dottrina. Per non trovarsi in contraddizione con le proprie credenze e con i propri intenti,
si tende a ignorare l'attivitsessuale del bambino (il che non piccolo risultato) oppure ci si accontenta, nella scienza, di concepirla diversamente. Il bambino passa per una creatura pura e innocente, e chi lo descrive altrimenti rischia di
venir accusato di calpestare e profanare i sentimenti pisacri e delicati dell'umanit

I bambini sono i soli a non lasciarsi intrappolare in queste convenzioni, a far valere in completa ingenuiti loro diritti animali e a dimostrare continuamente che per loro la via verso la purezza ancora tutta da percorrere. E' abbastanza
singolare che coloro che contestano la sessualitinfantile non per questo allentano i freni dell'educazione, ma anzi perseguitano nel modo pirigoroso proprio le manifestazioni di ciche rinnegano, definendole "vizi infantili". Di grande
interesse teorico anche il fatto che il periodo della vita che contraddice nel modo pistridente il pregiudizio di un'infanzia asessuale (il periodo infantile fino ai cinque o sei anni) viene avvolto per la maggior parte delle persone dal velo di
un'amnesia che solo un'indagine analitica squarcia completamente, ma che giprima stato permeabile a singole formazioni oniriche.

Vi esporrora ciche si riesce a sapere pidistintamente sulla vita sessuale del bambino. Torna qui utile introdurre, ai fini del nostro discorso, il concetto di LIBIDO. In completa analogia con la "fame", la "libido" sta a designare la forza con
la quale si manifesta una certa pulsione: in questo caso la pulsione sessuale, nel caso della fame la pulsione di nutrirsi. Altri concetti, quali "eccitamento" e "soddisfacimento" sessuali, non richiedono alcun commento.

Che le attivitsessuali del lattante siano soprattutto questione d'interpretazione, un fatto che comprenderete facilmente oppure probabilmente userete come obiezione. Tali interpretazioni risultano dalle indagini analitiche condotte rifacendo a
ritroso il cammino a partire dal sintomo. I primi impulsi della sessualitsi manifestano nel lattante appoggiandosi ad altre funzioni vitali. Il principale interesse del lattante, come sapete, rivolto all'assunzione del cibo; quando si addormenta
dopo essersi saziato al seno, mostra l'espressione beata che si ripeterpitardi dopo l'esperienza dell'orgasmo sessuale. Cisarebbe troppo poco per fondarvi su una conclusione. Noi osserviamo perche il lattante vuole ripetere l'azione
dell'assumere cibo, senza richiedere nuovo nutrimento; in tal caso, quindi, non sotto la spinta della fame. Diciamo che egli ciuccia o succhia, e il fatto che anche nel far questo si addormenta con espressione beata ci mostra che l'atto del
ciucciare gli ha procurato soddisfazione di per sstesso. Presto, come tutti sanno, prende l'abitudine di non addormentarsi se prima non ha ciucciato. La natura sessuale di questa attivitstata affermata per la prima volta [nel 1879] da un
vecchio pediatra di Budapest, il dottor Lindner. Le persone che badano ai bambini, e che non hanno di mira alcuna posizione teorica, paiono giudicare il ciucciare in modo analogo: non dubitano che serve solo a ottenere piacere, lo pongono tra le
cattive abitudini del bambino e costringono il bambino a rinunciarvi procurandogli, se non desiste da solo, impressioni sgradevoli. Apprendiamo dunque che il lattante esegue azioni le quali non hanno altro intento che quello di ottenere piacere.

Crediamo che egli provi dapprima questo piacere nell'assunzione del cibo, ma che presto impari a scinderlo da questa condizione.

Tale piacere non puessere riferito che all'eccitamento della zona della bocca e delle labbra; chiamiamo "zone erogene" queste parti del corpo, e chiamiamo "sessuale" il piacere ottenuto ciucciando. Sulla legittimitdi questa denominazione dovremo
certamente discutere ancora.

Se il lattante potesse esprimersi, affermerebbe senza dubbio che l'atto di succhiare al seno materno di gran lunga il piimportante della sua vita. Non ha tanto torto, poichcon questo atto soddisfa due grandi bisogni vitali in una volta sola.

Apprendiamo poi dalla psicoanalisi, non senza sorpresa, quanta parte dell'importanza psichica di questo atto si conserva poi per tutta la vita. Il succhiare al seno materno diventa il punto di partenza dell'intera vita sessuale, il modello
inattingibile di ogni successivo soddisfacimento sessuale, al quale la fantasia fa spesso ritorno in periodi di privazione. Esso implica il fare del seno materno il primo oggetto della pulsione sessuale. Non so come darvi un'idea di quanto sia
importante questo primo oggetto per ogni successivo rinvenimento di oggetto, dei profondi effetti che produce nelle sue trasformazioni e sostituzioni fin nelle zone piremote della nostra vita psichica. Ma in un primo momento il lattante, nella sua
attivitdi ciucciare, rinuncia a questo oggetto e lo sostituisce con una parte del proprio corpo. Si ciuccia il pollice, la sua stessa lingua. Con cisi rende indipendente dal consenso del mondo esterno nell'atto di procurarsi piacere e, inoltre,
per intensificarlo chiama in causa l'eccitamento di una seconda zona del corpo. Le zone erogene non hanno tutte pari valore; per lui quindi un'esperienza importante quando, come riferisce Lindner, nell'esplorare il proprio corpo scopre i punti
particolarmente eccitabili dei suoi genitali, e trova cosla via che dal ciucciare conduce all'onanismo.

Riconoscendo l'importanza del ciucciare, abbiamo fatto conoscenza con due caratteri decisivi della sessualitinfantile: essa compare appoggiandosi al soddisfacimento dei grandi bisogni organici e si comporta autoeroticamente, ossia cerca e trova i
suoi oggetti sul proprio corpo. Ciche si mostrato nel modo pichiaro nell'assunzione del cibo, si ripete in parte per quanto riguarda le escrezioni, talchne traiamo la conclusione che il lattante ha sensazioni di piacere nello svuotamento
della vescica e del contenuto intestinale e ben presto si sforza di regolare queste azioni in modo che esse lo portino a conseguire il maggior piacere possibile mediante corrispondenti eccitamenti delle zone erogene delle mucose. E' a questo punto
che, come ha spiegato con sottile intuito Lou Andreas-Salom il mondo esterno si presenta al bambino per la prima volta come potenza inibitrice, ostile alla sua ricerca di piacere, e gli fa presagire futuri conflitti sia interni che esterni. Egli
deve eliminare i suoi escrementi non nel momento che a lui piace, ma quando altre persone lo stabiliscono.

Per indurlo alla rinuncia a queste fonti di piacere, gli viene spiegato che tutto quanto riguarda queste funzioni sconveniente, destinato a esser tenuto segreto. E' qui che deve per la prima volta barattare il piacere con la dignitsociale.
All'inizio, il suo atteggiamento verso gli escrementi completamente diverso.

Egli non prova alcun ribrezzo davanti alle sue feci, le stima come una parte del proprio corpo da cui non si separa facilmente e le usa come primo "regalo" per contraddistinguere persone che stima particolarmente. Anche dopo che l'educazione riuscita nel suo intento di straniarlo da queste inclinazioni, egli trasferisce il suo apprezzamento per le feci sul "regalo" e sul "denaro". Sembra invece che consideri la sua abilitnell'orinare con particolare orgoglio.

So bene che da tempo volete interrompermi esclamando: "Basta con queste enormit La defecazione sarebbe una fonte di soddisfazione sessuale gisfruttata dal lattante? Le feci una sostanza preziosa, l'ano una specie di genitale! Non lo crediamo
proprio, e in compenso capiamo benissimo perchpediatri e pedagoghi abbiano energicamente respinto la psicoanalisi e i suoi risultati". No, signori miei! Avete semplicemente dimenticato che volevo esporvi i dati di fatto della vita sessuale
infantile, visti nel loro nesso con i dati di fatto delle perversioni sessuali. Perchignorare che l'ano assume realmente per un gran numero di adulti, omosessuali o eterosessuali, il ruolo della vagina nei rapporti sessuali? e che ci sono molti
individui che mantengono per tutta la vita una sensazione voluttuosa durante la defecazione e non la descrivono affatto come cosa miserevole? Per quanto riguarda l'interesse per l'atto della defecazione e il diletto dello stare a guardare la
defecazione di un altro, potete sentirvelo confermare dai bambini stessi, quando hanno qualche anno in pie sono in grado di riferirne. E' ovvio che non dovete aver prima sistematicamente intimidito questi bambini che altrimenti capiscono che
questo un argomento di cui non bisogna parlare. E per tutto il resto che non volete credere, vi rimando ai risultati dell'analisi e dell'osservazione diretta dei bambini e vi dico che ci vuole addirittura un'arte speciale, per non vedere o vedere
diversamente tutto questo. Tanto meglio, inoltre, se sarete colpiti dall'affinittra l'attivitsessuale infantile e le perversioni sessuali. La cosa, in effetti, ovvia: se mai il bambino ha una vita sessuale, questa non puche essere perversa
poich tranne pochi oscuri accenni, al bambino manca ancora ciche fa della sessualitla funzione riproduttiva. D'altra parte, la caratteristica comune di tutte le perversioni di aver abbandonato il fine riproduttivo. Chiamiamo pervertita
un'attivitsessuale appunto quando ha rinunciato al fine riproduttivo e persegue il conseguimento di piacere come fine a sstante.

Comprendete dunque che il punto di rottura e la svolta nello sviluppo della vita sessuale sopraggiungono nel momento in cui questa si subordina agli intenti della riproduzione. Tutto ciche accade prima di questa svolta, come pure tutto ciche si
sottratto a essa e serve solo al conseguimento di piacere, viene designato con il termine, non certo onorifico, di "perverso" o "pervertito" e come tale viene proscritto.

Lasciatemi proseguire nella mia breve descrizione della sessualitinfantile. Ciche ho riferito in merito a due sistemi organici [quello nutritivo e quello escretorio], potrebbe essere da me completato prendendo in considerazione gli altri
sistemi. La vita sessuale del bambino consiste invero, nell'attivitdi una serie di pulsioni parziali che, l'una indipendentemente dall'altra, cercano di conseguire piacere in parte sul proprio corpo, in parte gisu oggetti esterni. Tra questi
organi emergono molto presto i genitali; vi sono persone nelle quali il conseguimento di piacere sul proprio genitale, senza il concorso di un altro genitale o oggetto, continua senza interruzione dall'onanismo del lattante fino all'inevitabile
onanismo degli anni della pubert persistendo poi ancora per un tempo indeterminato. Il tema dell'onanismo, del resto, non esauribile cosin fretta: una materia che esige di essere trattata da pidi un punto di vista.

Benchcerchi in tutti i modi di abbreviare ulteriormente il tema devo dirvi ancora qualcosa sull'esplorazione sessuale dei bambini, poichquesta indagine troppo caratteristica della sessualitinfantile e troppo importante per la sintomatologia
delle nevrosi.

L'esplorazione sessuale infantile comincia molto presto, talvolta prima del terzo anno di vita. Essa non si riallaccia alla differenza tra i sessi, che non dice nulla al bambino, dato che egli - perlomeno il maschietto - attribuisce lo stesso
genitale maschile a entrambi i sessi. Se poi il bambino fa la scoperta della vagina su una sorellina o una compagna di giochi, tenta dapprima di negare la testimonianza dei suoi sensi, poichnon puimmaginarsi un essere umano simile a lui senza
quella parte per lui cospreziosa. Pitardi si spaventa di fronte alla possibilitche gli si prospetta, ed eventuali precedenti minacce fattegli perchsi occupava troppo del suo piccolo membro giungono posticipatamente a effetto. Egli cade sotto
il dominio del complesso di evirazione, la cui struttura ha una grande parte nella formazione del suo carattere se rimane sano, nella sua nevrosi se si ammala, e nelle sue resistenze se si sottopone a un trattamento analitico. Della bambina sappiamo
che si ritiene gravemente svantaggiata per la mancanza di un pene grosso, visibile, ne invidia al maschio il possesso ed essenzialmente per questo motivo sviluppa il desiderio di essere un uomo, desiderio che verrmagari ripreso pitardi in una
nevrosi che insorgerse essa fallirnel suo destino di donna. La clitoride della bambina svolge, del resto, nell'etinfantile, in tutto e per tutto il ruolo del pene, la sede di una speciale eccitabilit il punto in cui viene ottenuto il
soddisfacimento autoerotico. Affinchla bambina diventi donna molto importante che la clitoride ceda tempestivamente e completamente questa sensibilitall'orifizio vaginale. Nei casi di cosiddetta anestesia sessuale delle donne, la clitoride ha
conservato ostinatamente la sua sensibilit

In un primo tempo l'interesse sessuale del bambino si rivolge piuttosto al problema di dove vengano i bambini - problema che sta alla base della domanda posta dalla sfinge tebana - e che viene perlopirisvegliato dal timore egoistico che sorge al
momento dell'arrivo di un nuovo bambino. La risposta che i grandi tengono pronta, che la cicogna a portare i bambini, incontra incredulitmolto pispesso di quanto pensiamo, giin bambini piccoli. La sensazione di essere ingannati dagli adulti
sulla veritcontribuisce notevolmente all'isolamento del bambino e allo sviluppo della sua indipendenza. Ma il bambino non in grado di risolvere questo problema con i propri mezzi. La sua costituzione sessuale non sviluppata pone limiti precisi
alle sue possibilitdi conoscenza. All'inizio suppone che i bambini nascano perchsi prende qualcosa di speciale nel cibo e non sa nulla del fatto che solo le donne possono avere bambini. Pitardi apprende questa restrizione e rinuncia a far
derivare il bambino dal cibo, pur continuando la teoria a persistere nelle favole. Crescendo il bambino si accorge ben presto che il padre deve avere qualche parte nella venuta dei bambini, ma non puindovinare quale. Se per caso diventa testimone
di un atto sessuale, vi scorge un tentativo di sopraffazione, una zuffa: ecco qui il fraintendimento del coito come un atto sadico. Ma dapprima non mette in connessione questo atto col sopravvenire del bambino. Anche se scopre tracce di sangue nel
letto e nella biancheria della madre, le interpreta come prova di una ferita arrecatale dal padre. Piin lancora nell'infanzia, sospetta che il membro genitale dell'uomo abbia una parte essenziale nell'origine del bambino, ma non capace di
attribuire a questa parte del corpo alcuna altra funzione tranne quella della minzione.

Sin dagli inizi i bambini sono concordi sul fatto che la nascita del piccolo debba avvenire attraverso l'intestino, che costui quindi venga alla luce come una massa fecale. Solo in seguito alla svalutazione di tutti gli interessi anali questa teoria
viene abbandonata e sostituita con l'ipotesi che l'ombelico si apra o che il luogo in cui avviene la nascita sia la regione del petto tra le due mammelle. Questo il modo in cui il bambino, nella sua esplorazione, si avvicina alla conoscenza dei
fatti sessuali oppure, smarrito dalla sua ignoranza vi passa accanto, finchriceve, perlopinegli anni precedenti la pubert una spiegazione solitamente incompleta e svalutativa, spiegazione che sovente produce effetti traumatici.

Avrete certamente sentito dire, Signori, che il concetto di ciche sessuale subisce in psicoanalisi un ampliamento indecente, e cinell'intento di accreditare le tesi dell'etiologia sessuale delle nevrosi e del significato sessuale dei sintomi.
Potete ora giudicare voi stessi se questo ampliamento ingiustificato.

Abbiamo esteso il concetto di sessualitsolo fino al punto da potervi inserire la vita sessuale dei pervertiti e dei bambini.

Gli abbiamo, in altri termini, restituito la sua giusta estensione. Ciche al di fuori della psicoanalisi viene chiamato sessualitsi riferisce soltanto a una vita sessuale limitata, che posta al servizio della riproduzione ed descritta come
normale.







Lezione 21 - SVILUPPO DELLA LIBIDO E ORGANIZZAZIONI DELLA SESSUALITA'

Signori, ho l'impressione di non essere riuscito a rendervi familiare in modo veramente convincente l'importanza delle perversioni per la nostra concezione della sessualit Vorrei percimigliorare e integrare la mia esposizione per quanto mi possibile.

Non le perversioni soltanto ci hanno costretti a quella modifica del concetto di sessualitche ci ha valso un'opposizione cosviolenta. Lo studio della sessualitinfantile vi ha contribuito ancora di pie la concordanza di questa con le
perversioni ci parsa decisiva. Ma le manifestazioni della sessualitinfantile, per quanto inequivocabili possano essere negli anni piavanzati dell'infanzia, agli inizi sembrano dissolversi nell'indefinibile.

Chi non vuole tener conto della storia dello sviluppo e del contesto analitico contestera queste manifestazioni il carattere sessuale attribuendo loro in compenso un carattere indifferenziato qualsivoglia. Non dimenticate che per il momento non
siamo in possesso di un criterio universalmente accettato per definire la natura sessuale di un processo, tranne, ancora una volta, l'appartenenza alla funzione riproduttiva, che d'altra parte dobbiamo respingere come qualcosa di troppo limitato. I
criteri biologici, come le periodicitdi 23 e 28 giorni stabilite da Wilhelm Fliess, sono ancora assai discutibili; le peculiaritchimiche dei processi sessuali, di cui possiamo supporre l'esistenza, aspettano ancora di essere scoperte. Al
contrario, le perversioni sessuali degli adulti sono qualcosa di tangibile e di inequivocabile. Come dimostra gila loro denominazione, universalmente accettata, si tratta indubbiamente di sessualit

Si voglia poi chiamarle segni di degenerazione o altrimenti, nessuno ha ancora avuto il coraggio di situarle altrove se non tra i fenomeni della vita sessuale. Anche solo in virtdi esse siamo autorizzati ad affermare che sessualite riproduzione
non coincidono: infatti palese che tutte quante le perversioni rinnegano la meta della riproduzione.

Vedo qui un parallelo non privo di interesse. Mentre per i pi"cosciente" e "psichico" sono la stessa cosa, noi fummo costretti a procedere a un ampliamento del concetto di "psichico" e a riconoscere l'esistenza di qualcosa di psichico che non cosciente. Del tutto analogo il caso in cui gli altri dichiarano identici "sessuale" e "appartenente alla riproduzione" (o "genitale" se preferite esser pibrevi), mentre noi non possiamo fare a meno di postulare un "sessuale" che non "genitale", e cioun sessuale che non ha niente a che fare con la riproduzione.

Si tratta solo di una somiglianza formale, ma non priva di una piprofonda motivazione.

Ma, se l'esistenza delle perversioni sessuali un argomento cosdefinitivo a questo proposito, perchnon ha prodotto il suo effetto gida molto tempo liquidando questa questione? Veramente non lo so. Penso che cisia legato al fatto che queste
perversioni sessuali sono colpite da un bando del tutto particolare, che si estende alla teoria e sbarra la strada perfino alla loro valutazione sotto il profilo scientifico. Come se nessuno potesse dimenticare che non sono soltanto qualcosa di
esecrabile, ma anche qualcosa di mostruoso, di pericoloso; come se le si ritenesse tentatrici e si dovesse in fondo soffocare una segreta invidia per coloro che ne godono, simile ad esempio a quella confessata dal langravio punitore nella celebre
parodia del "Tannh酳ser":

"Im Vellusherg vergass er Ehr und Pflicht!

- Merkwdig, unser einem passiert so etwas nicht".

[Sul monte di Venere dimenticonore e dovere!

- Strano, che a noi tal cosa non debba accadere.] In realti pervertiti sono piuttosto dei poveri diavoli che pagano straordinariamente caro il loro soddisfacimento difficile a conquistarsi.

Ciche, malgrado ogni possibile stranezza dei suoi oggetti e delle sue mete, rende l'attivitperversa cosinconfondibilmente sessuale, la circostanza che l'atto del soddisfacimento perverso si risolve perlopianch'esso nel pieno orgasmo e
nella secrezione dei prodotti genitali. Questo naturalmente solo la conseguenza della maturitdelle persone; nel bambino l'orgasmo e la secrezione genitale non sono possibili e vengono sostituiti con accenni ai quali ancora una volta viene
contestato il carattere sessuale.

Devo aggiungere ancora qualcosa per completare le nostre vedute sulle perversioni sessuali. Per quanto le si possa ricoprire d'infamia, per quanto nettamente le si contrapponga alla normale attivitsessuale, un'osservazione pacata ci mostra che
alla vita sessuale delle persone normali soltanto raramente manca questo o quel tratto di natura perversa. Giil bacio pupretendere l'appellativo di atto perverso, poichconsiste nel congiungimento di due zone erogene orali al posto dei due
genitali. Nessuno perlo respinge come perverso; al contrario, esso viene ammesso nella rappresentazione scenica come allusione mitigata dell'atto sessuale. Ma proprio il baciare putrasformarsi facilmente in una piena perversione, e ciquando
diventa talmente intenso che ne conseguono direttamente lo sfogo genitale e l'orgasmo, il che non avviene poi tanto di rado. Si scopre anche che per alcuni il palpare e il contemplare l'oggetto sono condizioni indispensabili del godimento sessuale,
che altri al culmine dell'eccitamento sessuale pizzicano o mordono, che non sempre negli amanti il massimo dell'eccitamento sessuale provocato dal genitale ma qualche volta da un'altra regione del corpo dell'oggetto, e altre cose ancora di questo
genere, con grande varietdi scelta. Non ha alcun senso escludere dalla schiera delle persone normali e collocare tra i pervertiti chi presenta singoli tratti di questo genere; al contrario si riconosce sempre pichiaramente che l'essenza delle
perversioni non consiste nella trasgressione della meta sessuale, nnella sostituzione dei genitali e neppure nella variazione dell'oggetto, ma soltanto nell'esclusivitcon la quale queste deviazioni hanno luogo e mediante la quale viene spinto in
disparte l'atto sessuale che serve alla riproduzione. Le azioni perverse, allorchsi inseriscono come elementi che preparano o rendono piintenso il compimento dell'atto sessuale normale, non sono pivere e proprie perversioni. Naturalmente lo
iato tra sessualitnormale e sessualitperversa si restringe assai a causa di questi fatti. Ne risulta facilmente che la sessualitnormale proviene da qualcosa che esisteva giprima e si affermata scartando come inservibili certe
caratteristiche di questo materiale e riunendone insieme altre per subordinarle a un nuovo fine, quello riproduttivo.

Prima di impiegare la familiaritormai raggiunta con le perversioni per addentrarci nuovamente con premesse pichiare nello studio della sessualitinfantile, devo richiamare la vostra attenzione su un'importante differenza tra queste due realt
La sessualitperversa, di regola, perfettamente concentrata: ogni sua azione tende a una meta (perlopia un'unica meta), una pulsione parziale ha in essa il sopravvento o essendo l'unica pulsione accertabile o avendo ASSOGGETTATO le altre
pulsioni ai suoi intenti. A questo riguardo, tra la sessualitperversa e quella normale non c'altra differenza se non che le pulsioni parziali dominanti e quindi le mete sessuali, sono diverse. Tanto qui che lc' per cosi dire, una tirannide
organizzata, solo che qui si impadronita del potere una famiglia, lun'altra. La sessualitinfantile, per contro, priva nel suo complesso di tale accentramento e organizzazione, le sue singole pulsioni parziali godono di uguali diritti
perseguendo ciascuna per proprio conto la conquista del piacere. Naturalmente, sia la mancanza sia la presenza dell'accentramento concordano bene con il fatto che entrambe la sessualitperversa e quella normale, sono scaturite dalla sessualit infantile. Ci sono del resto anche casi di sessualitperversa che hanno molta pisomiglianza con la sessualitinfantile, essendosi affermate (o meglio: continuate) numerose pulsioni parziali, ciascuna con la propria meta e una indipendentemente
dall'altra. In questi casi meglio parlare di infantilismo della vita sessuale piuttosto che di perversione.

Cospreparati, possiamo passare alla discussione di un suggerimento che non ci sarsicuramente risparmiato. Qualcuno verra dirmi: "PerchLei si intestardisce a chiamare sessualitgile manifestazioni dell'infanzia, indeterminate, secondo la
sua stessa dichiarazione, e dalle quali si svilupperpitardi la vita sessuale? perchnon preferisce accontentarsi della descrizione fisiologica e dire semplicemente che nel lattante si osservano giattivit come il ciucciare o il trattenere
gli escrementi, le quali ci mostrano che egli tende al 'piacere d'organo'? In tal modo eviterebbe l'ipotesi di una vita sessuale dei bambini piccolissimi, che davvero offende la sensibilitdi tutti". Ebbene, Signori miei, non ho proprio nulla da
obiettare contro il piacere d'organo; so che anche il supremo piacere dell'unione sessuale solo un piacere d'organo, legato all'attivitdei genitali. Ma sapete dirmi quand'che questo piacere d'organo, originariamente indifferente, acquista il
carattere sessuale che possiede indubbiamente nelle fasi successive dello sviluppo? Ne sappiamo di piintorno al "piacere d'organo" che intorno alla sessualit Risponderete che il carattere sessuale sopravviene appunto quando i genitali cominciano
a svolgere il loro ruolo: "sessuale" coincide allora con "genitale". Respingerete anche l'obiezione basata sulle perversioni, facendomi presente che nella maggior parte delle perversioni ciche importa in fin dei conti l'orgasmo sessuale, sia
pure raggiunto in modi diversi dall'unione dei genitali.

Riconosco che, se cancellate dalla caratterizzazione di ciche sessuale il rapporto con la riproduzione, insostenibile per via delle perversioni, e anteponete in sua vece l'attivitgenitale, la vostra posizione assai piforte. Ma a questo
punto le nostre posizioni non sono pimolto lontane: abbiamo semplicemente gli organi genitali contro gli altri organi. Ma cosa pensate di fare di fronte alle molteplici esperienze che dimostrano come i genitali possano venir sostituiti da altri
organi per il conseguimento di piacere, come nel caso del normale bacio, come nelle pratiche pervertite dei gaudenti, come nella sintomatologia dell'isteria? In questa ultima nevrosi, del tutto comune che i segni della stimolazione, le sensazioni
e le innervazioni, e perfino i processi di erezione che sono tipici dei genitali, vengano spostati su differenti e lontane regioni del corpo (per esempio, nel caso di trasposizione verso l'alto, sulla testa o sul viso). Dovete convincervi che non
avete nulla su cui basarvi per caratterizzare ciche sessuale, e allora dovete decidervi a seguire il mio esempio ed estendere la definizione di "sessuale" anche alle attivitdella prima infanzia, tendenti al piacere d'organo.

E ora, a mia giustificazione, vi sottopongo ancora due ulteriori considerazioni. Come sapete, noi chiamiamo sessuali le controverse e indefinibili attivitche, nella prima infanzia, sono volte al piacere, perch durante l'analisi, partendo dai
sintomi giungiamo a esse per il tramite di materiale incontestabilmente sessuale.

Devo ammettere che cinon significa che debbano essere sessuali anche queste stesse attivit Ma prendete un caso analogo.

Immaginate che non disponessimo di alcun mezzo per osservare lo sviluppo, dai loro semi, di due piante dicotiledoni, il melo e il fagiolo, ma che ci fosse possibile in entrambi i casi seguire a ritroso il loro sviluppo dalla pianta pienamente
sviluppata fino al primo embrione vegetale con due cotiledoni. I due cotiledoni hanno un aspetto indifferenziato, sono del tutto uguali in entrambi i casi. Supporrper questo che siano realmente uguali e che la differenza specifica tra melo e
fagiolo subentri solo pitardi nelle due piante? Oppure biologicamente picorretto credere che questa differenza sia presente ginell'embrione, benchio non possa ravvisare una diversitnei cotiledoni?

Facciamo lo stesso quando chiamiamo sessuale il piacere delle attivitdel lattante. Non posso qui discutere se ogni piacere d'organo si possa chiamare sessuale, oppure se accanto a quello sessuale ci sia un altro piacere che non merita questo nome.
So troppo poco del piacere d'organo e delle condizioni che lo determinano; comunque, dato il carattere a ritroso dell'analisi, non ho di che meravigliarmi se alla fine giungo in presenza di fattori che per il momento sono indefinibili.

Ma non basta! Anche se riuscite a persuadermi che meglio considerare non sessuali le attivitdel lattante, ottenete, in complesso, ben poco ai fini di quello che vi sta a cuore, ossia la purezza sessuale del bambino. Infatti, gia partire dal
terzo anno, non ci sono pidubbi per quanto riguarda la vita sessuale del bambino: a quest'epoca i genitali cominciano gia destarsi; ne risulta regolarmente, forse, un periodo di masturbazione infantile, ossia di soddisfacimento genitale. Quanto
alle manifestazioni psichiche e sociali della vita sessuale, non temete: scelta dell'oggetto, tenera preferenza per particolari persone, addirittura decisione in favore di uno dei due sessi, e gelosia, sono il frutto di osservazioni imparziali,
fatte indipendentemente e prima dell'avvento della psicoanalisi, e tali da poter essere confermate da ogni osservatore che abbia voglia di costatarle personalmente. Obietterete di non avere dubitato del risveglio precoce della tenerezza, ma solo del
fatto che queste tenerezze rivestano carattere "sessuale". E' vero che i bambini fra i tre e gli otto anni hanno giimparato a nascondere queste cose ma, se state attenti, non vi sardifficile raccogliere sufficienti prove delle intenzioni
"sensuali" delle loro tenerezze e, se poi ancora avrete dei dubbi, vi verranno chiariti agevolmente e in larga misura dalle indagini analitiche. Le mete sessuali di questo periodo sono intimamente connesse con la simultanea esplorazione sessuale di
cui vi ho dato alcuni saggi.

Il carattere perverso di alcune di queste mete dipende, naturalmente, dall'immaturitcostituzionale del bambino, il quale non ha ancora scoperto la meta che consiste nell'atto di accoppiamento.

All'incirca dal sesto fino all'ottavo anno si punotare un arresto e una recessione dello sviluppo sessuale che, nei casi pifavorevoli dal punto di vista culturale, merita il nome di periodo di latenza. Il periodo di latenza puanche mancare, n esso comporta necessariamente un'interruzione generale dell'attivite degli interessi sessuali. La maggior parte delle esperienze e degli impulsi psichici precedenti l'inizio del periodo di latenza soccombono poi all'amnesia infantile, alla
dimenticanza (discussa [nelle pagine precedenti]) che avvolge la nostra prima ete ce la rende estranea. In ogni psicoanalisi si pone il compito di riportare alla memoria questo periodo dimenticato della vita; non si pufare a meno di supporre che
gli inizi della vita sessuale, in esso contenuti, siano il vero motivo di questa dimenticanza, che l'oblio sia quindi un risultato della rimozione.

A partire dal terzo anno di etla vita sessuale del bambino presenta molte concordanze con quella dell'adulto. Si distingue da quest'ultima, come gisappiamo, per la mancanza di una solida organizzazione sotto il primato dei genitali, per gli
inevitabili tratti di perversione e, ovviamente, anche per l'intensitdi gran lunga inferiore dell'aspirazione sessuale nel suo complesso. Ma le fasi teoricamente piinteressanti dello sviluppo sessuale o, come diciamo noi, libidico, stanno alle
spalle di quest'epoca. Tale sviluppo viene percorso con tale rapiditche l'osservazione diretta probabilmente non sarebbe mai riuscita a fissarne le fuggevoli immagini. Solo con l'aiuto dell'indagine psicoanalitica delle nevrosi diventato
possibile indovinare fasi ancora anteriori dello sviluppo della libido. Queste non sono, certo, nient'altro che costruzioni, ma se vi capiterdi praticare la psicoanalisi, troverete che sono costruzioni necessarie e utili.

Come avvenga che qui la patologia possa rivelarci condizioni che nel soggetto normale ci sfuggono inevitabilmente, lo comprenderete tra poco.

Eccomi dunque a descrivervi come si forma la vita sessuale del bambino prima che si stabilisca il primato dei genitali la cui preparazione si effettua nell'epoca infantile che precede immediatamente il periodo di latenza e la cui organizzazione si
compie a partire dalla pubertin poi. In questo periodo precedente esiste un'organizzazione meno stabile, che vogliamo chiamare pregenitale. In questa fase, per stanno in primo piano non le pulsioni genitali parziali, bensquelle sadiche e anali.

Il contrasto tra maschile e femminile non svolge qui ancora alcuna funzione; il suo posto preso dal contrasto tra attivo e passivo, contrasto che si pudire preannunci la polaritsessuale con cui pitardi si salda. Ciche nelle attivitdi
questa fase ci appare come maschile, quando consideriamo tali attivitdal punto di vista della fase genitale, si rivela l'espressione di una pulsione di appropriazione che sconfina facilmente nella crudelt

Certe tendenze con meta passiva si collegano alla zona erogena dell'orifizio anale, molto importante in questo periodo. Le pulsioni di guardare e di conoscere si attivano fortemente, il genitale prende parte effettivamente alla vita sessuale
soltanto come organo di escrezione dell'urina. Alle pulsioni parziali di questa fase non mancano gli oggetti, ma questi non convergono necessariamente in un unico oggetto. L'organizzazione sadico-anale lo stadio preliminare piprossimo alla fase
del primato genitale. Uno studio piapprofondito mostra quanta parte di essa rimane conservata nella successiva, definitiva, conformazione sessuale e in qual modo le sue pulsioni parziali vengono costrette a inserirsi nella nuova organizzazione
genitale. Dietro la fase sadico-anale dello sviluppo libidico giungiamo a scorgere anche uno stadio di organizzazione precedente, ancora piprimitiva, nella quale svolge la parte principale la zona erogena orale. Come potete indovinare, in essa
rientra l'attivitsessuale del ciucciare; e a questo proposito ammirerete la profonda comprensione degli antichi egizi, la cui arte caratterizza il bambino, compreso il divino Hor, con il dito in bocca. Solo recentemente Abraham ha reso noto quali
tracce lasci dietro di snella vita sessuale degli anni successivi questa primitiva fase orale.

Signori, sono pronto a credere che queste notizie sulle organizzazioni sessuali siano state per voi pigravose che istruttive. Forse ancora una volta mi sono troppo addentrato nei particolari. Ma abbiate pazienza; ciche avete appreso ora
acquistermaggior valore dalla sua successiva applicazione.

Attenetevi per ora al principio che la vita sessuale - o, come noi diciamo, la funzione libidica - non compare come qualcosa di compiuto, ncontinua a svilupparsi a somiglianza di sstessa, ma attraversa una serie di fasi successive che non si
rassomigliano tra loro; si tratta dunque di uno sviluppo che si ripete pivolte, come quello dal bruco alla farfalla. Il punto di trapasso dello sviluppo la subordinazione di tutte le pulsioni sessuali parziali al primato dei genitali e con
questo l'assoggettamento della sessualitalla funzione riproduttiva. In precedenza c'una vita sessuale per cosdire dispersa, un'attivitindipendente delle singole pulsioni parziali che tendono a conseguire il piacere d'organo. Questa anarchia
mitigata da rudimenti di organizzazioni "pregenitali": dapprima la fase sadico-anale e, dietro a essa, quella orale, forse la piprimitiva. A cisi aggiungano i diversi processi, non ancora esattamente conosciuti, che conducono da uno stadio di
organizzazione a quello successivo e immediatamente superiore. Una delle prossime volte, apprenderemo quale importanza per la comprensione delle nevrosi abbia il fatto che lo sviluppo della libido percorra un cammino coslungo e pieno di
interruzioni.

Oggi seguiremo ancora un altro aspetto di questo sviluppo, ciola relazione delle pulsioni sessuali parziali con l'oggetto. O, piuttosto, daremo una rapida scorsa a questo sviluppo, per soffermarci pia lungo su un suo risultato alquanto tardivo.

Alcune componenti della pulsione sessuale - come la pulsione di appropriazione (sadismo), la pulsione di guardare e quella di conoscere - hanno fin dall'inizio un oggetto e lo conservano.

Altre, che sono pichiaramente legate a determinate zone erogene del corpo, lo possiedono solo all'inizio, fintantochcontinuano ad appoggiarsi alle funzioni non sessuali, e lo abbandonano quando si staccano da queste. Cosil primo oggetto della
componente orale della pulsione sessuale il seno materno, il quale soddisfa il bisogno di nutrizione del lattante. La componente erotica, che viene contemporaneamente soddisfatta durante il poppare al seno, si rende poi indipendente come atto del
ciucciare, abbandona l'oggetto estraneo e lo sostituisce con una zona del proprio corpo. La pulsione orale diventa autoerotica, come lo sono sin dall'inizio le pulsioni anali e le altre pulsioni erogene. Lo sviluppo successivo ha, per esprimerci nel
modo piconciso, due mete: in primo luogo deve abbandonare l'autoerotismo, scambiare nuovamente l'oggetto appartenente al proprio corpo con un oggetto esterno; in secondo luogo deve unificare i diversi oggetti delle singole pulsioni sostituendoli
con un unico oggetto. Naturalmente cipuriuscire soltanto se questo oggetto a sua volta un corpo intero simile al proprio. Inoltre questo sviluppo non pucompiersi senza che un certo numero di spinte pulsionali autoerotiche vengano tralasciate
come inutilizzabili.

I processi che danno luogo al rinvenimento dell'oggetto sono piuttosto intricati e non hanno trovato finora un'esposizione chiara ed esauriente. Sottolineiamo per i nostri intenti che, quando il processo ha raggiunto una certa conclusione negli anni
infantili che precedono il periodo di latenza, l'oggetto trovato si dimostra quasi identico al primo, all'oggetto della pulsione di quel piacere orale che era stato raggiunto per appoggio [alla pulsione di nutrizione]. Anche se non il seno
materno, questo oggetto tuttavia la madre. Noi chiamiamo la madre il primo oggetto d'amore. Parliamo infatti di amore quando portiamo in primo piano il lato psichico delle tendenze sessuali e vogliamo far retrocedere, o dimenticare per un momento,
le esigenze pulsionali fisiche o "sensuali" che ne stanno alla base. Nel periodo in cui la madre diventa oggetto d'amore gicominciato nel bambino anche il lavoro psichico della rimozione, la quale sottrae alla sua consapevolezza la nozione di
una parte delle sue mete sessuali. A questa scelta della madre come oggetto d'amore si ricollega tutto ciche, sotto il nome di COMPLESSO EDIPICO ha assunto cosgrande importanza nella spiegazione psicoanalitica delle nevrosi e ha contribuito in
misura forse non trascurabile a provocare la resistenza contro la psicoanalisi.

Ascoltate un piccolo episodio che si verificato nel corso di questa guerra. Uno dei valenti discepoli della psicoanalisi si trova come medico al fronte tedesco in qualche parte della Polonia e attira l'attenzione dei colleghi per il fatto di
esercitare occasionalmente un inaspettato influsso su un ammalato.

Interrogato, confessa di lavorare con i metodi della psicoanalisi e si dichiara pronto a comunicare ai colleghi le sue conoscenze.

Ogni sera, dunque, i medici del corpo, colleghi e superiori, si riuniscono per ascoltare le segrete dottrine dell'analisi. Per qualche tempo tutto va bene ma, dopo che egli ha parlato agli ascoltatori del complesso edipico, un superiore si alza e
afferma che lui non ci crede, che una bassezza da parte del conferenziere raccontare cose del genere a loro, bravuomini che combattono per la loro patria e padri di famiglia, e vieta il proseguimento delle conferenze. Cosla cosa ha avuto fine.

L'analista si fatto trasferire in un'altra parte del fronte. Io, tuttavia, credo che sarebbe grave se per la vittoria tedesca occorresse una simile "organizzazione" della scienza; la scienza tedesca non la tollerer

Sarete ora impazienti di sapere che cosa contenga questo terribile complesso edipico. Il nome ve lo dice. Voi tutti conoscete la leggenda greca del re Edipo, che destinato dal fato a uccidere suo padre e a prendere in sposa sua madre, che fa di
tutto per sfuggire alla sentenza dell'oracolo e che poi si punisce accecandosi, quando apprende che ha nondimeno commesso, inconsapevolmente, entrambi questi delitti. Mi auguro che molti di voi abbiano provato di persona l'effetto sconvolgente della
tragedia nella quale Sofocle tratta questa materia. L'opera del poeta attico mostra come il misfatto di Edipo, commesso molto tempo prima, venga a poco a poco svelato con un'indagine rallentata ad arte e attizzata da sempre nuovi indizi; sotto
questo aspetto essa ha una certa somiglianza con il procedere di una psicoanalisi. Nel corso del dialogo avviene che Giocasta, l'illusa madre-sposa, si opponga al proseguimento dell'indagine.

Essa si appella al fatto che a molti capitato in sogno di giacere con la propria madre, ma che ai sogni bisogna dar poco peso. Noi non diamo poco peso ai sogni, e tantomeno ai sogni tipici, quelli che sono comuni a molte persone, e non dubitiamo
che il sogno menzionato da Giocasta sia intimamente connesso con il contenuto, strano e spaventoso, della leggenda.

C'da meravigliarsi che la tragedia di Sofocle non provochi il rifiuto indignato dell'ascoltatore, una reazione simile a quella del nostro medico militare semplicione, ma di gran lunga pigiustificata. Poich in sostanza, un'opera immorale, che
annulla la responsabilitdell'uomo, mostra le forze divine istigatrici del delitto e l'impotenza degli impulsi morali dell'uomo che al delitto si oppongono. Si potrebbe quasi credere che la materia della leggenda si proponga di accusare gli d鋱 e
il fato, e nelle mani di Euripide, spirito critico in rotta con gli d鋱, essa si sarebbe probabilmente trasformata in un'accusa di questo genere. Ma trattandosi di un credente come Sofocle, non il caso di vedere le cose sotto questa luce; un
devoto espediente, per cui la pialta moralitstarebbe nel piegarsi alla volontdegli d鋱, anche quando essi ingiungono qualcosa di criminoso, aiuta a superare la difficolt Non ritengo assolutamente che questa morale sia uno dei punti di forza
dell'opera; al contrario, essa indifferente ai fini dell'effetto tragico. L'ascoltatore non reagisce alla morale, ma al senso e al contenuto segreto della leggenda. Reagisce come se, attraverso un'autoanalisi, avesse riconosciuto in sil
complesso edipico e smascherato sia la volontdivina sia l'oracolo, riconoscendo in essi gli elevati travestimenti del suo proprio inconscio. E' come se fosse costretto a ricordare i desideri di eliminare il padre e di prendere al suo posto la
madre in moglie, e a esserne atterrito.

Egli intende anche la voce del poeta come se volesse dirgli:

"Invano ti dibatti contro la sua responsabilite invochi quello che hai fatto contro queste intenzioni delittuose. Sei colpevole lo stesso, perchnon hai potuto annientarle; inconsciamente esse esistono ancora in te". E in cicontenuta una
veritpsicologica. Anche se l'uomo ha rimosso nell'inconscio i suoi impulsi malvagi e vorrebbe dirsi che non responsabile di essi, qualcosa lo costringe ad avvertire questa responsabilitcome un senso di colpa il cui motivo gli sconosciuto.

E' del tutto indubbio che nel complesso edipico si puvedere una delle piimportanti fonti del senso di colpa da cui i nevrotici sono tanto spesso afflitti. Ma dirdi pi in uno studio sugli esordi della religione e della moralitumana, che ho
pubblicato nel 1913 con il titolo "Totem e tab, ho avanzato la supposizione che all'inizio della sua storia l'umanitin genere abbia derivato il suo senso di colpa, radice ultima della religione e della morale, dal complesso edipico. Mi
piacerebbe dirvi di pisu questo argomento, ma meglio che ci rinunci. E' difficile staccarsi da questo tema quando si cominciato a occuparsene, e noi dobbiamo far ritorno alla psicologia individuale.

Che cosa si pudunque scoprire del complesso edipico mediante l'osservazione diretta del bambino, all'epoca della scelta oggettuale che precede il periodo di latenza? Ebbene, si vede facilmente che il maschietto vuole avere la madre soltanto per
s avverte come incomoda la presenza del padre, si adira se questi si permette segni di tenerezza verso la madre e manifesta la sua contentezza quando il padre parte per un viaggio o assente.

Spesso ddiretta espressione verbale ai suoi sentimenti, promette alla madre che la sposer Si penserche cipoca cosa in confronto alle imprese di Edipo, ma di fatto giabbastanza, in germe la stessa cosa. L'osservazione viene spesso
offuscata dalla circostanza che in altre occasioni lo stesso bambino manifesta contemporaneamente una grande affezione per il padre; tuttavia, simili atteggiamenti emotivi opposti - o per dire meglio, ''ambivalenti'' - che nell'adulto porterebbero
al conflitto, nel bambino sono del tutto compatibili tra loro per un lungo periodo, coscome pitardi trovano posto permanentemente l'uno accanto all'altro nell'inconscio. Si vorranche obiettare che il comportamento del maschietto scaturisce da
motivi egoistici e non autorizza affatto a postulare un complesso erotico. La madre provvede a tutte le necessitdel bambino, e il bambino ha perciinteresse che essa non si occupi di nessun altro. Anche questo vero, ma diventa subito chiaro che
in questa, come in altre situazioni simili, l'interesse egoistico offre solo il punto di appoggio, al quale si allaccia la tendenza erotica. Quando il piccolo mostra la piscoperta curiositsessuale per la madre, quando pretende di dormirle vicino
durante la notte, quando insiste per essere presente alla sua toeletta o intraprende addirittura tentativi di seduzione - come spesso la madre pucostatare e riferire ridendo - la natura erotica dell'attaccamento alla madre garantita al di ldi
ogni dubbio. Non si deve dimenticare neppure che la madre prodiga le stesse premure alla figlioletta, senza ottenere lo stesso risultato, e che abbastanza spesso il padre fa a gara con lei nel prendersi cura del maschio, senza riuscire ad acquistare
la sua stessa importanza. In breve, nessuna obiezione critica in grado di eliminare dalla situazione il fattore della predilezione sessuale. Dal punto di vista dell'interesse egoistico sarebbe solo sciocco da parte del maschietto non voler
ammettere ai suoi servizi due persone invece che una sola.

Come vedete, ho descritto solo il rapporto del maschio con il padre e la madre. Quanto alla femmina, esso si configura in modo del tutto analogo, con le necessarie varianti. L'attaccamento affettuoso al padre, la necessitdi eliminare la madre come
superflua e di occuparne il posto, e una civetteria che mette giin opera i mezzi della futura femminilit contribuiscono a dare della bimbetta un quadro incantevole, che ci fa dimenticare il lato serio e le possibili gravi conseguenze che stanno
dietro questa situazione infantile. Non trascuriamo di aggiungere che spesso gli stessi genitori esercitano un'influenza decisiva sul risveglio dell'atteggiamento edipico del bambino, abbandonandosi anch'essi all'attrazione sessuale e, nel caso che
vi sia pidi un figlio, anteponendo nel modo pievidente nel proprio affetto il padre la figlioletta e la madre il figlio. Ma la natura spontanea del complesso edipico del bambino non puessere scossa seriamente nemmeno da questo fattore.

Col sopraggiungere di altri bambini, il complesso edipico si allarga nel complesso familiare; appoggiandosi nuovamente al senso egoistico di esser danneggiati, tale complesso costituisce il motivo per cui i fratellini o le sorelline vengono accolti
con avversione ed eliminati senza esitazione nel desiderio. A questi sentimenti di odio i bambini, di regola, danno molto pifacilmente espressione verbale che a quelli scaturiti dai complesso parentale. Se un simile desiderio trova adempimento e
la morte riporta via entro breve tempo l'indesiderato nuovo membro della famiglia, l'analisi in etpitarda mostrerquanto importante sia stata per il bambino l'esperienza di questa morte, anche se essa non necessariamente rimasta impressa
nella sua memoria. Il bambino, spinto in seconda linea dalla nascita di un fratellino o di una sorellina, quasi isolato dalla madre per i primi tempi, molto difficilmente le perdona di essere stato negletto; in lui si insinuano sentimenti che
nell'adulto sarebbero definiti di grave esasperazione e che diventano spesso la base di un duraturo estraniamento. Abbiamo gimenzionato il fatto che l'esplorazione sessuale, con tutte le sue conseguenze, si riallaccia di solito a questa esperienza
della vita del bambino.

Con il crescere di questi fratelli o sorelle, l'atteggiamento verso di essi subisce trasformazioni molto significative. Il fanciullo puassumere la sorella quale oggetto amoroso in sostituzione della madre infedele; tra pifratelli che si
contendono una sorellina pipiccola, si verificano giall'epoca dei giochi quelle situazioni di rivalitostile che nella vita successiva assumeranno grande importanza. Una bambina trova nel fratello maggiore un sostituto del padre che non si cura
pidi lei in modo affettuoso come nei primi anni, oppure prende una sorella minore come sostituto del bambino che ha invano desiderato dal padre.

Simili cose, e molte altre ancora di natura analoga, vi mostrerl'osservazione diretta dei bambini e la considerazione dei ricordi degli anni infantili. purchsiano chiaramente conservati e non influenzati dall'analisi. Ne trarrete, tra l'altro,
la conclusione che la posizione occupata dal bambino nella serie dei figli un fattore estremamente importante per il configurarsi della sua vita successiva, che dovrebbe venir preso in considerazione in ogni biografia. Ma, ciche pi importante, di fronte a questi chiarimenti cosfacili da ottenere, non potrete ricordare senza sorridere le asserzioni fatte dalla scienza per spiegare il divieto dell'incesto. Che cosa non si inventato in proposito!

L'inclinazione sessuale sarebbe stata distolta dai membri di sesso diverso della stessa famiglia a causa della convivenza fin dall'infanzia; oppure nell'innato orrore per l'incesto troverebbe la sua rappresentanza psichica una tendenza biologica a
evitare i contatti tra consanguinei! Qui si dimentica completamente che da parte della legge e della morale non ci sarebbe bisogno di una tale inesorabile proibizione se ci fosse una qualsiasi sicura barriera naturale contro la tentazione
dell'incesto. La veritsta nel contrario. La prima scelta oggettuale degli esseri umani sempre incestuosa, diretta, nel caso del maschio, verso la madre e la sorella; e sono necessari i piseveri divieti per trattenere dall'attuazione questa
persistente inclinazione infantile. Presso i primitivi ancor oggi viventi, i popoli selvaggi, i divieti relativi all'incesto sono ancora piseveri che da noi, e recentemente Theodor Reik ha mostrato in uno splendido lavoro che i riti di pubertdei
selvaggi, che rappresentano una rinascita, hanno il significato di sciogliere il legame incestuoso del fanciullo con la madre e di stabilire la sua conciliazione con il padre.

La mitologia vi insegna che l'incesto, che si presume sia cosaborrito dagli uomini, viene concesso tranquillamente agli d鋱, e dalla storia antica potete apprendere che il matrimonio incestuoso con la sorella era un precetto sacro per la persona
del sovrano (presso gli antichi Faraoni e gli Incas del Per. Si tratta quindi di un privilegio proibito ai comuni mortali.

L'incesto con la madre uno dei delitti di Edipo, l'altro l'uccisione del padre. Sia detto per inciso che sono anche i due grandi delitti che la prima istituzione sociale-religiosa degli uomini, il totemismo, proibisce rigorosamente.

Dall'osservazione diretta del bambino rivolgiamoci ora all'indagine analitica di adulti diventati nevrotici. Qual il contributo dell'analisi per un'ulteriore conoscenza del complesso edipico? E' presto detto. Essa lo presenta coscome la leggenda
lo racconta; mostra che ognuno di questi nevrotici stato egli stesso un Edipo o, ciche mette capo alla stessa cosa, per reazione al complesso divenuto un Amleto. Naturalmente, la descrizione che dl'analisi del complesso edipico una
amplificazione semplificata dell'abbozzo infantile. L'odio contro il padre, il desiderio di morte nei suoi confronti, non sono pitimidamente accennati, la tenerezza per la madre riconosce il proprio scopo di possederla come donna. Possiamo
realmente attribuire questi impulsi emotivi brutali ed estremi a quei teneri anni infantili o invece l'analisi ci inganna inserendo un nuovo fattore? Non difficile scoprirne uno. Ogniqualvolta un uomo riferisce sul passato, si tratti pure di uno
storiografo, dobbiamo prendere in considerazione ciche egli senza volere traspone nel passato dal presente o da periodi intermedi, cosda falsare il quadro. Nel caso del nevrotico c'perfino da domandarsi se questa trasposizione regressiva sia
del tutto inintenzionale; in seguito ci toccherscoprirne alcuni motivi e prendere atto del valore che spetta in generale al "fantasticare retrospettivo" sul proprio lontano passato. Scopriamo altrettanto facilmente che l'odio verso il padre rafforzato da una quantitdi motivi che provengono da epoche e circostanze successive, e che i desideri sessuali nei confronti della madre assumono forme che di necessiterano ancora aliene al bambino. Ma sarebbe fatica inutile voler spiegare
l'intero complesso edipico mediante il fantasticare retrospettivo e volerlo riferire a epoche successive. Il nucleo infantile, come pure un numero maggiore o minore di elementi accessori, permangono com'testimoniato dalla diretta osservazione del
bambino.

Il fatto clinico che ci appare dietro la forma del complesso edipico, quale risulta dall'analisi, della massima importanza pratica. Rileviamo che all'epoca della pubert allorchper la prima volta la pulsione sessuale fa sentire le sue pretese,
gli antichi oggetti familiari e incestuosi vengono riassunti e libidicamente reinvestiti. La scelta oggettuale infantile era solo un debole preludio, che ha indicato perla direzione della scelta oggettuale nella pubert A questo punto si
svolgono, dunque, processi emotivi intensissimi in direzione del complesso edipico o in reazione a esso, i quali per essendo le loro premesse diventate intollerabili, devono in gran parte rimanere lontani dalla coscienza. A partire da questo
momento, l'individuo umano deve dedicarsi al grande compito di svincolarsi dai genitori e solo dopo la soluzione di questo compito pucessare di essere un bambino e diventare un membro della comunitsociale. Per il figlio, il compito consiste
nello staccare i suoi desideri libidici dalla madre onde impiegarli nella scelta di un oggetto d'amore estraneo e reale, e nel conciliarsi con il padre se rimasto in antagonismo con lui o nel liberarsi dalla sua oppressione se, reagendo alla
ribellione infantile, incorso in un rapporto di soggezione nei suoi confronti. Questi compiti si pongono a ognuno di noi, ed degno di nota quanto raramente il loro assolvimento riesca in modo ideale, in modo ciocorretto sia psicologicamente,
sia socialmente. Ai nevrotici, per questo distacco non riesce affatto: il figlio rimane per tutta la vita piegato sotto l'autoritdel padre e non in grado di trasferire la sua libido su un oggetto sessuale estraneo. La stessa sorte putoccare,
mutando le parti, alla figlia. In questo senso il complesso edipico ritenuto, a ragione, il nucleo delle nevrosi.

Signori, voi intuite come io abbia toccato solo di sfuggita un gran numero di circostanze di notevole importanza pratica e teorica, connesse col complesso edipico. Non mi addentro nemmeno nelle varianti e nel possibile rovesciamento di quest'ultimo.

Voglio accennarvi soltanto a una delle sue piremote ramificazioni: e cioa come si dimostrato uno degli elementi che maggiormente hanno determinato la produzione poetica. In un'opera meritoria Otto Rank ha mostrato che i drammaturghi di tutti i
tempi hanno attinto i loro soggetti principalmente dal complesso edipico e dall'incesto, dalle sue varianti e dai suoi travestimenti. Inoltre, non si deve omettere di menzionare che molto prima dell'avvento della psicoanalisi, i due desideri
delittuosi del complesso edipico sono stati riconosciuti come i veri rappresentanti della vita pulsionale priva di inibizioni. Tra gli scritti dell'enciclopedista Diderot figura un dialogo famoso, "Le neveu de Rameau" ["Il nipote di Rameau"], reso
in tedesco nientemeno che da Goethe. Ivi potete leggere questa frase sorprendente: "Se il piccolo selvaggio fosse abbandonato a sstesso, e se conservasse tutta la sua debolezza mentale e alla mancanza di ragione propria del bambino in fasce
congiungesse la violenza delle passioni dell'uomo di trent'anni, torcerebbe il collo al padre e giacerebbe con la madre" [in francese nel testo].

C'qualcos'altro ancora che non posso tralasciare. La madre-sposa di Edipo non deve averci richiamato invano ai sogni. Ricordate ancora il risultato delle nostre analisi dei sogni? che i desideri costruttori del sogno sono tanto spesso di natura
perversa, incestuosa, o tradiscono un'insospettata ostilitverso congiunti prossimi e amati? Allora abbiamo lasciato inspiegato da dove provengano questi impulsi cattivi. Ora potete dirlo da voi. Sono collocamenti della libido e investimenti
oggettuali che datano dall'infanzia e sono stati abbandonati da lungo tempo nella vita cosciente, ma che nottetempo si dimostrano ancora presenti e in un certo senso efficaci. Ma, poichtutti gli uomini hanno questi sogni perversi, incestuosi e
omicidi, e non solamente i nevrotici, possiamo trarre la conclusione che anche coloro che oggi sono normali hanno percorso il cammino evolutivo attraverso le perversioni e gli investimenti oggettuali del complesso edipico, che questo cammino quello dello sviluppo normale, che i nevrotici ci mostrano soltanto ingrandito e aggravato ciche l'analisi dei sogni ci rivela a proposito delle persone sane. Ed questo uno dei motivi per cui abbiamo fatto precedere lo studio dei sogni a quello
dei sintomi nevrotici.







Lezione 22 - ASPETTI DELLO SVILUPPO E DELLA REGRESSIONE; ETIOLOGIA

Signore e Signori, abbiamo visto che la funzione della libido percorre un lungo sviluppo prima di poter entrare, nel modo definito normale, al servizio della riproduzione. Vorrei ora illustrarvi il significato che ha questa circostanza per l'origine
delle nevrosi.

Credo che non ci scostiamo dagli insegnamenti della patologia generale supponendo che un simile sviluppo comporti due pericoli:

in primo luogo quello dell'inibizione e, in secondo luogo, quello della regressione. Cisignifica che, data la generale tendenza dei processi biologici alla variazione, avverrinevitabilmente che non tutte le fasi preparatorie verranno
attraversate ugualmente bene e superate in modo compiuto: alcune componenti della funzione verranno trattenute permanentemente a questi stadi piprimitivi e il quadro complessivo dello sviluppo sarcaratterizzato da una certa dose di inibizione
evolutiva.

Cerchiamo in altri campi analogie con questi processi. Quando un intero popolo abbandonava le sue sedi per cercarne di nuove, com'spesso accaduto in epoche remote della storia umana, certamente non giungeva nel nuovo paese nella sua totalit A
prescindere da altre perdite, succedeva certo continuamente che piccoli gruppi o bande di migranti si fermassero lungo il cammino e si stanziassero in queste localitintermedie mentre il grosso proseguiva. Oppure, per cercare paragoni piprossimi,
voi sapete che nei mammiferi superiori le ghiandole germinali maschili, che sono situate originariamente molto all'interno nella cavitaddominale, in un certo periodo della vita intrauterina intraprendono una migrazione che le porta quasi
immediatamente sotto la pelle dell'estremitpelvica. Come conseguenza di questa migrazione, in un certo numero di individui maschi si riscontra che uno degli organi appaiati rimasto nella cavitpelvica o ha trovato un assestamento permanente nel
cosiddetto canale inguinale attraversato da entrambi gli organi nella loro migrazione, o almeno che questo canale rimasto aperto, nonostante normalmente si chiuda non appena avvenuto il mutamento di posizione delle ghiandole germinali. Quando da
giovane studente eseguii il mio primo lavoro scientifico sotto la direzione di von Brke, ebbi a occuparmi dell'origine delle radici nervose posteriori nel midollo spinale di un piccolo pesce, di conformazione ancora molto arcaica. Trovai che le
fibre nervose di queste radici provengono da grandi cellule del corno posteriore della sostanza grigia, il che non avviene piin altri vertebrati. Ma subito dopo scoprii anche che cellule nervose di questo tipo si riscontrano al di fuori della
sostanza grigia, lungo l'intero percorso fino al cosiddetto ganglio spinale della radice posteriore, dal che trassi la conclusione che le cellule di questi mucchi di gangli sono migrate dal midollo spinale seguendo il percorso delle radici dei
nervi. Questo ci dimostrato anche dalla storia dell'evoluzione; in questo piccolo pesce, tuttavia, l'intero cammino della migrazione era reso riconoscibile da cellule rimaste indietro.

Se approfondite questi paragoni, non vi sardifficile scoprirne i punti deboli. Vengo quindi direttamente al mio enunciato secondo il quale dall'esame di ogni singola tendenza sessuale possibile stabilire che alcune componenti di essa si sono
arrestate a stadi precedenti dello sviluppo, anche se altre possono avere raggiunto la meta finale. Come vedete noi ci rappresentiamo ognuna di tali tendenze come una corrente ininterrotta che procede sin dall'inizio della vita ma che noi
scomponiamo, in certo qual modo artificialmente, in successivi e separati sbalzi. La vostra impressione che questo modo di rappresentarsi le cose abbisogni di un ulteriore chiarimento giustificata, ma il tentativo ci condurrebbe troppo lontano.
Lasciate che vi dica soltanto che un simile arresto di una tendenza parziale a uno stadio anteriore verrda noi indicato col termine FISSAZIONE (fissazione, cio della pulsione).

Il secondo pericolo di un tale sviluppo per stadi consiste nel fatto che anche le parti che si sono spinte piavanti possono facilmente ritornare, con movimento retrogrado, a uno di questi stadi precedenti, processo che noi chiamiamo REGRESSIONE.
La tendenza sarindotta a regredire in tal modo quando nell'esercizio della sua funzione nella forma successiva o pialtamente evoluta, quando ciopersegue la meta che procura soddisfacimento, si imbatte in potenti ostacoli esterni. E' lecito
supporre che fissazione e regressione non siano indipendenti l'una dall'altra. Quanto piforti saranno le fissazioni lungo il cammino dello sviluppo, tanto pila funzione schiverle difficoltesterne regredendo fino alle fissazioni medesime; e
tanto pi quindi, la funzione che viene dispiegandosi si dimostrerincapace di resistere, durante il suo decorso, agli ostacoli esterni. E' come se un popolo in movimento lasciasse dietro di sforti distaccamenti nei luoghi di tappa della sua
migrazione, e venisse spontaneo a coloro che si sono spinti piavanti ritirarsi fino a quei luoghi nel caso di sconfitta o di scontro con un nemico troppo forte; d'altra parte il pericolo di sconfitta incombertanto maggiormente quanto pi numerosi saranno coloro che nel corso della migrazione sono rimasti indietro.

E' importante, per la vostra comprensione delle nevrosi, che non perdiate di vista il rapporto tra fissazione e regressione.

Otterrete in tal modo un solido ancoraggio quando dovrete affrontare - cosa che faremo fra poco - il problema dell'etiologia delle nevrosi, ossia delle loro cause.

Per il momento ci soffermeremo ancora sulla regressione. Secondo quanto vi noto a proposito dello sviluppo della funzione libidica, avete motivo di aspettarvi due tipi di regressione:

ritorno ai primi oggetti investiti dalla libido, che, come noto, sono di natura incestuosa, e ritorno dell'intera organizzazione sessuale a stadi precedenti. Entrambi questi tipi di regressione compaiono nelle nevrosi di traslazione e svolgono un
ruolo importante nel loro meccanismo. Specialmente il ritorno della libido ai primi oggetti incestuosi un tratto che si riscontra nei nevrotici con una regolaritaddirittura estenuante. Avremmo molto di pida dire sulla regressione della libido
se prendessimo in considerazione anche un altro gruppo di nevrosi, quelle cosiddette narcisistiche, ma al presente non intendiamo farlo.

Queste affezioni ci dischiudono ulteriori processi di sviluppo della funzione libidica che finora non abbiamo ancora menzionato, e ci mostrano di conseguenza anche nuovi tipi di regressione.

Credo perche per ora vi devo ammonire soprattutto a non confondere REGRESSIONE con RIMOZIONE aiutandovi a chiarire le relazioni che esistono tra questi due processi. Come rammenterete, la rimozione quel processo per il quale un atto capace di
diventare cosciente, un atto quindi che appartiene al sistema PREC [abbreviazione di preconscio], viene reso inconscio, ossia respinto nel sistema INC. E, parimenti, parliamo di rimozione quando l'atto psichico inconscio non viene ammesso nemmeno
nel vicino sistema preconscio, ma viene rimandato indietro dalla censura quando perviene alla soglia di esso. Il concetto di rimozione non implica dunque alcuna relazione con la sessualit vi prego di notarlo bene. Esso designa un processo
puramente psicologico, che possiamo caratterizzare ancor meglio chiamandolo "topico". Vogliamo dire con ciche esso ha a che fare con le localitpsichiche di cui abbiamo supposto l'esistenza o, lasciando cadere questa grossolana immagine
ausiliaria, con la struttura dell'apparato psichico in sistemi psichici separati.

Il confronto che abbiamo stabilito attira per la prima volta la nostra attenzione sul fatto che finora abbiamo impiegato la parola "regressione" non nel suo significato generale, ma in un significato del tutto particolare. Date alla regressione il
suo senso generale, quello di un ritorno da uno stadio superiore dello sviluppo a uno inferiore, e anche la rimozione purientrare nel concetto di regressione, poichanch'essa puessere descritta come ritorno a uno stadio precedente e inferiore
nello sviluppo di un atto psichico. Nel caso della rimozione, per questo movimento regressivo non ci interessa perch in senso dinamico, parliamo di rimozione anche quando un atto psichico viene trattenuto allo stadio inferiore dell'inconscio.
Rimozione appunto un concetto topico-dinamico, regressione un concetto puramente descrittivo.

Con ciche abbiamo finora chiamato regressione e messo in rapporto con la fissazione, intendevamo invece esclusivamente il ritorno della libido a tappe precedenti del suo sviluppo, quindi qualcosa che sostanzialmente diverso dalla rimozione e del
tutto indipendente da essa. D'altronde non possiamo definire la regressione della libido un processo puramente psichico nsappiamo quale localizzazione assegnarle nell'apparato psichico.

Per forte che sia il suo influsso sulla vita psichica, nella regressione il fattore organico tuttavia il pisaliente.

Discussioni come questa, Signori, non possono non diventare aride in certa misura. Volgiamoci alla clinica, per trarne applicazioni un po' pisuggestive. Voi sapete che l'isteria e la nevrosi ossessiva sono le due principali rappresentanti del
gruppo delle nevrosi di traslazione. Ora, nell'isteria c's e del tutto regolarmente, una regressione della libido agli oggetti sessuali primari, incestuosi, ma non c'praticamente regressione alcuna a stadi precedenti dell'organizzazione
sessuale. In compenso, la parte principale nel meccanismo isterico spetta alla rimozione. Se posso permettermi di completare con una costruzione teorica quanto abbiamo finora accertato a proposito di questa nevrosi, potrei descrivere la situazione
nel seguente modo: l'unificazione delle pulsioni parziali sotto il primato dei genitali raggiunta, ma i suoi risultati si scontrano con la resistenza del sistema preconscio collegato con la coscienza. L'organizzazione genitale vale dunque per
l'inconscio, ma non altrettanto per il preconscio; e questo rifiuto da parte del preconscio porta alla formazione di un quadro che ha certe affinitcon lo stato che precede il primato dei genitali. Eppure qualcosa di completamente diverso.

Delle due regressioni della libido, quella a una fase precedente dell'organizzazione sessuale di gran lunga la piappariscente.

Poichessa manca nell'isteria, e poichl'intera nostra concezione delle nevrosi si trova ancora eccessivamente sotto l'influsso dello studio dell'isteria che ha preceduto le altre indagini nel tempo, il significato della regressione della libido
ci divenuto chiaro molto pitardi di quello della rimozione.

Dobbiamo aspettarci che le nostre vedute subiscano ulteriori ampliamenti e sovvertimenti, quando, oltre all'isteria e alla nevrosi ossessiva, potremo prendere in considerazione anche le altre nevrosi, quelle narcisistiche.

Nella nevrosi ossessiva, al contrario, il fatto piappariscente e che determina le manifestazioni sintomatiche la regressione della libido allo stadio preliminare dell'organizzazione sadico- anale. L'impulso amoroso deve qui mascherarsi da
impulso sadico.

La rappresentazione ossessiva "vorrei ucciderti", una volta liberata da certe aggiunte (che pernon sono casuali bensindispensabili) in fondo non significa altro che: "vorrei goderti in amore". Se a questo aggiungete che nel contempo ha avuto
luogo una regressione oggettuale, talchquesti impulsi valgono soltanto per le persone piprossime e picare, potete farvi un'idea dell'orrore che queste ossessioni suscitano nel malato e al tempo stesso del carattere di estraneitcon cui si
presentano alla sua percezione cosciente. Ma anche la rimozione ha nel meccanismo di queste nevrosi una gran parte, che comunque non facile illustrare in un'introduzione rapida come la nostra. Una regressione della libido senza rimozione non
darebbe mai luogo a una nevrosi, ma sfocerebbe piuttosto in una perversione. Da cipotete rendervi conto che la rimozione il processo che pispecificamente compete alla nevrosi e meglio la caratterizza.

Forse avrancora occasione di esporvi quel che sappiamo sul meccanismo delle perversioni, e vedrete allora che anche qui nulla procede in modo cossemplice come ci piacerebbe ipotizzare.

Signori, penso che l'esposizione che avete or ora ascoltato sulla fissazione e sulla regressione della libido vi apparirnella sua giusta luce se la considererete come una preparazione all'indagine sull'etiologia delle nevrosi.

A questo riguardo mi sono limitato finora a dirvi che gli uomini si ammalano di nevrosi quando viene tolta loro la possibilitdi soddisfare la propria libido - quindi per "frustrazione", come mi espressi - e che i loro sintomi sono appunto il
sostituto del soddisfacimento non concesso. Naturalmente questo non doveva significare che ogni frustrazione del soddisfacimento libidico rende nevrotico colui che ne colpito, ma semplicemente che l'elemento della frustrazione era dimostrabile in
tutti i casi esaminati di nevrosi. La proposizione non quindi reversibile.

Voi, certamente, avrete anche compreso che quell'affermazione non pretendeva di svelare per intero l'enigma dell'etiologia delle nevrosi, ma ne metteva in rilievo solo una condizione importante e indispensabile.

Sorge ora il dubbio se, nel proseguire la discussione di tale asserto, dobbiamo attenerci alla natura della frustrazione o al particolare carattere di colui che ne colpito.

La frustrazione, invero, ben di rado unilaterale e assoluta; e certo, per agire in senso patogeno, bisogna che colpisca l'unico modo di soddisfacimento che la persona pretende e di cui capace.

Ma in generale ci sono moltissime vie che consentono di sopportare la privazione del soddisfacimento libidico senza ammalarsi.

Innanzitutto conosciamo uomini che sono in grado di assumersi una simile privazione senza danno: non sono felici, soffrono di nostalgia, ma non si ammalano. Poi dobbiamo prendere in considerazione il fatto che proprio gli impulsi di natura sessuale
sono, se cosposso esprimermi, straordinariamente plastici.

Possono sostituirsi l'uno con l'altro, l'uno puassumere su di sl'intensitdell'altro; se il soddisfacimento di uno viene frustrato dalla realt il soddisfacimento di un altro puoffrire piena compensazione. Malgrado il loro assoggettamento al
primato dei genitali, essi sono tra loro in relazione come una rete di canali comunicanti pieni di liquido: il che non agevolmente unificabile in una sola immagine. A cisi aggiunga che le pulsioni parziali della sessualit coscome
l'aspirazione sessuale cui queste danno luogo, mostrano una grande capacitdi mutare il loro oggetto, di scambiarlo con un altro, quindi anche con un oggetto pifacilmente attingibile. Questa spostabilite disponibilitad accettare surrogati non
possono non operare potentemente in senso contrario all'effetto patogeno di una frustrazione. Tra questi processi che preservano dall'ammalarsi per privazione ce n'uno che ha acquisito un particolare significato per la civilt Esso consiste nel
fatto che la tendenza sessuale abbandona la sua meta rivolta al piacere parziale o al piacere riproduttivo e ne accetta un'altra che geneticamente connessa a quella lasciata, ma non deve piessere chiamata sessuale benssociale. Adeguandoci alla
valutazione generale, che pone i fini sociali a un livello pialto rispetto ai fini sessuali, che in fondo sono egocentrici, chiamiamo questo processo "sublimazione". La sublimazione rappresenta del resto solo uno dei modi specifici con cui le
tendenze sessuali si appoggiano ad altre tendenze non sessuali. Di esso dovremo parlare ancora in un altro contesto.

Avrete ora l'impressione che, con tutti questi ripieghi per sopportare la privazione, il suo significato sia ridotto a zero.

Invece no, essa mantiene il suo potere patogeno. Le contromisure non sono in genere sufficienti. C'un limite all'importo di libido insoddisfatta che gli uomini possono mediamente sostenere.

Non affatto vero che la plasticito libera mobilitdella libido si conservi pienamente in tutti, e la sublimazione non pumai liquidare se non una certa frazione di libido, a prescindere dal fatto che a molte persone la capacitdi sublimare concessa solo in scarsa misura. La piimportante di queste restrizioni evidentemente quella relativa alla mobilitdella libido, poichessa fa dipendere il soddisfacimento dell'individuo dal raggiungimento di un numero molto esiguo di mete e di
oggetti.

A questo punto, ricordatevi che da uno sviluppo incompleto della libido possono risultare fissazioni libidiche molto cospicue, eventualmente anche molteplici, a fasi precedenti dell'organizzazione sessuale e del rinvenimento dell'oggetto, e
ricordatevi che in queste situazioni perlopiimpossibile un effettivo soddisfacimento; riconoscerete allora nella fissazione della libido il secondo potente fattore che, insieme alla frustrazione, concorre a determinare la malattia. Potete dire,
con un'abbreviazione schematica, che la fissazione libidica rappresenta il fattore predisponente, interno, e la frustrazione quello accidentale, esterno, dell'etiologia delle nevrosi.

Colgo qui l'occasione per mettervi in guardia dal prendere partito in una disputa assolutamente inutile. Negli affari della scienza molto in voga isolare una parte della verit metterla al posto del tutto e poi, per favorirla, combattere il
resto, che non meno vero. In questo modo si sono giscisse dal movimento psicoanalitico parecchie correnti, delle quali l'una riconosce solo le pulsioni egoistiche e sconfessa per contro quelle sessuali, mentre l'altra considera solo l'influsso
dei compiti reali della vita trascurando l'importanza del passato individuale; e cosvia. Ora, qui si presenta lo spunto per un'analoga opposizione e controversia: sono le nevrosi malattie endogene o esogene? Sono esse l'inevitabile conseguenza di
una certa costituzione o sono invece il prodotto di certe impressioni vitali dannose (traumatiche)? In particolare traggono origine dalla fissazione della libido (e dagli altri aspetti della costituzione sessuale) oppure dalla pressione della
frustrazione? Questo dilemma non mi sembra, tutto sommato, pisaggio di quest'altro che potrei porvi: il bambino nasce perchgenerato dal padre o perchconcepito dalla madre? Entrambe le condizioni sono ugualmente indispensabili, rispondete con
ragione. Nella genesi delle nevrosi il rapporto, se non del tutto identico, tuttavia molto simile. Dal punto di vista etiologico i casi di malattie nevrotiche si dispongono in una serie entro la quale entrambi i fattori - costituzione sessuale ed
esperienza, oppure, se preferite, fissazione della libido e frustrazione - sono presenti in modo tale che quando l'uno cresce, l'altro diminuisce. A un capo della serie ci sono i casi estremi, dei quali potete dire con convinzione: questi individui,
in seguito al singolare sviluppo della loro libido, si sarebbero ammalati in ogni caso, quali che fossero state le loro esperienze, per quanto accuratamente la vita li avesse risparmiati. All'altro capo vi sono i casi di coloro a proposito dei
quali, viceversa, dovete ritenere che sarebbero certamente scampati alla malattia se la vita non li avesse messi in questa o in quella situazione. Nei casi all'interno della serie, un pio un meno di costituzione sessuale predisponente si combina
con un meno o un pidi esigenze infauste della vita. Se costoro non avessero avuto tali esperienze, la loro costituzione sessuale non li avrebbe portati alla nevrosi, e queste esperienze non avrebbero avuto su di loro un effetto traumatico se le
condizioni della libido fossero state diverse. In questa serie posso forse concedere una certa preponderanza all'importanza dei fattori predisponenti, ma anche questa concessione dipende da quanto volete estendere le frontiere del nervosismo.

Signori, vi propongo di dare a serie come queste il nome di "serie complementari", e vi avverto che avremo ancora occasione di costituirne altre di simili.

La tenacia con la quale la libido rimane attaccata a determinate direzioni e oggetti, la "viscosit, per cosdire, della libido, ci appare come un fattore indipendente, individualmente variabile, le cui determinanti ci sono completamente
sconosciute, ma la cui importanza per l'etiologia delle nevrosi non correremo piil rischio di sottovalutare. Non dobbiamo pernemmeno sopravvalutare l'intimitdi questo rapporto. Infatti una simile "viscosit della libido compare anche - per
ragioni ignote e in svariate circostanze - nella persona normale e si riscontra come fattore determinante negli individui che in certo senso sono il contrario dei nervosi, cionei pervertiti. Giprima dell'avvento della psicoanalisi (vedi Binet)
era noto che nell'anamnesi dei pervertiti si scopre assai spesso un'impronta molto precoce di un'anormale direzione pulsionale o scelta oggettuale, alla quale la libido di queste persone rimasta poi ancorata per tutta la vita. Spesso non si pu dire che cosa sia stato a rendere questa impronta capace di esercitare un'attrazione tanto intensa sulla libido. Voglio raccontarvi un caso di questo genere da me stesso osservato.

Si trattava di un uomo per il quale oggi il genitale e tutte le altre attrattive della donna non significano nulla, mentre puessere messo in uno stato di irresistibile eccitazione sessuale solo da un piede con una calzatura di forma particolare.
Egli era in grado di ricordare un episodio risalente al suo sesto anno di et che divenne determinante per la fissazione della sua libido.

Era seduto su uno sgabello accanto alla governante, dalla quale doveva prendere lezione di inglese. La governante, una secca zitellona, per niente bella, dagli occhi di un azzurro slavato e dal naso camuso, aveva quel giorno male a un piede e lo
teneva percidisteso su un cuscino, rivestito da una pantofola di velluto, mentre la gamba era nascosta nel modo pidecente. Un piede cosmagro e scarno, come quello che aveva visto allora alla governante, divenne tosto, dopo un timido tentativo
di normale attivitsessuale nella pubert il suo unico oggetto sessuale, e quest'uomo era irresistibilmente attratto se al piede si accompagnavano altre caratteristiche capaci di rammentargli la governante inglese. Questa fissazione della sua
libido, tuttavia, non lo fece diventare un nevrotico, bensun pervertito, un feticista del piede, come noi diciamo. Vedete dunque che, sebbene una fissazione eccessiva della libido, e per di piprematura, sia indispensabile per la genesi delle
nevrosi, la sua sfera d'azione oltrepassa di molto il campo delle nevrosi. Anche questa condizione di per ssola tanto poco decisiva quanto quella sopra menzionata della frustrazione.

Il problema delle cause delle nevrosi sembra dunque farsi picomplicato. In effetti l'indagine psicoanalitica ci porta a conoscenza di un nuovo fattore non ancora preso in considerazione nella nostra serie etiologica, fattore che si riconosce nel
modo migliore nei casi in cui improvvisamente quello che fino allora era uno stato di salute viene a essere turbato dalla malattia nevrotica. In tali casi compaiono regolarmente i segni di un contrasto tra diversi impulsi di desiderio, o, come noi
siamo abituati a dire, di un conflitto psichico. Una parte della personalitsi fa interprete di certi desideri, un'altra vi si oppone e li respinge. Senza un simile conflitto non c'nevrosi.

Ora, sembrerebbe non esserci niente di particolare in questo: la nostra vita psichica, come sapete, mossa incessantemente da conflitti cui dobbiamo dare una risoluzione. Perchsimili conflitti diventino patogeni, devono quindi essere assolte
particolari condizioni. Poniamoci la domanda quali siano queste condizioni, tra quali forze psichiche si svolgano questi conflitti patogeni, e in che rapporto stia il conflitto con gli altri fattori causali.

Spero di poter dare a questi interrogativi risposte adeguate, per quanto ridotte in forma schematica. Il conflitto viene suscitato dalla frustrazione, che fa sche la libido, privata del suo soddisfacimento, sia costretta a cercarsi altri oggetti e
altre vie. Presupposto del conflitto che queste altre vie e oggetti suscitino l'opposizione di una parte della personalit cosche ne segua un veto tale da rendere in un primo tempo impossibile il nuovo modo di soddisfacimento. Da qui procede,
verso la formazione dei sintomi, la strada che seguiremo piavanti. Le tendenze libidiche respinte riescono ugualmente a imporsi per certe vie indirette, ma, in verit non senza tener conto, mediante certe deformazioni e attenuazioni,
dell'opposizione. Le vie indirette sono appunto quelle della formazione dei sintomi; i sintomi sono il soddisfacimento nuovo o sostitutivo, che diventato necessario a causa della frustrazione.

Si puadeguatamente esprimere l'importanza del conflitto psichico anche in un altro modo, affermando cioche alla frustrazione esterna, affinchagisca in senso patogeno, deve aggiungersi la frustrazione interna. Frustrazione interna ed esterna si
riferiscono in tal caso, com'ovvio, a vie e a oggetti diversi.

La frustrazione esterna toglie una possibilitdi soddisfacimento, la frustrazione interna vorrebbe escludere un'altra possibilitin relazione alla quale nasce il conflitto. Io dla preferenza a questa seconda descrizione, perchpossiede un
contenuto segreto.

Essa infatti accenna alla possibilitche gli impedimenti interni abbiano avuto origine da ostacoli esterni reali nei primordi dell'evoluzione umana.

Ma quali sono le forze da cui scaturisce l'opposizione alla tendenza libidica, ossia l'altro polo del conflitto patogeno?

Sono, in termini generalissimi, le forze pulsionali non sessuali.

Noi le raggruppiamo sotto il nome di "pulsioni dell'Io"; la psicoanalisi delle nevrosi di traslazione non ci garantisce alcun accesso alla loro ulteriore scomposizione; al massimo veniamo a conoscerle, entro certi limiti, attraverso le resistenze
che si oppongono all'analisi. Il conflitto patogeno quindi un conflitto tra le pulsioni dell'Io e quelle sessuali. In tutta una serie di casi, esso ha l'aria di essere altresun conflitto tra differenti tendenze puramente sessuali. In fondo perlo stesso poich delle due tendenze sessuali che si trovano in conflitto, l'una, per cosdire, sempre in sintonia con l'Io, mentre l'altra provoca la difesa dell'Io. Rimane quindi un conflitto tra l'Io e la sessualit

Signori, tante e tante volte, allorchla psicoanalisi ha preteso che un certo accadimento psichico fosse un esito delle pulsioni sessuali, le si fatto osservare, con un atteggiamento di irritata difesa, che l'uomo non fatto solo di sessualit
che nella vita psichica ci sono anche altre pulsioni e interessi oltre a quelli sessuali, che non "tutto" puesser fatto derivare dalla sessualite cosvia. Orbene, fa veramente piacere trovarsi una volta tanto d'accordo con i propri avversari.
La psicoanalisi non ha mai dimenticato che esistono anche forze pulsionali non sessuali, si fondata sulla netta distinzione tra le pulsioni sessuali e quelle dell'Io e ha affermato, prima di ogni opposizione, non giche le nevrosi provengono
dalla sessualit bensche debbono la loro origine al conflitto tra l'Io e la sessualit Inoltre, non si puimmaginare alcun motivo per cui la psicoanalisi contesterebbe l'esistenza o l'importanza delle pulsioni dell'Io solo perchcerca di
portare in luce la funzione delle pulsioni sessuali nella malattia e nella vita.

Semplicemente, ha avuto la ventura di occuparsi in prima linea delle pulsioni sessuali perchqueste, attraverso le nevrosi di traslazione, sono diventate le piaccessibili alla comprensione e perchle spettato il compito di studiare ciche
altri avevano trascurato .

Non corrisponde nemmeno a veritche la psicoanalisi non si sia curata affatto della componente non sessuale della personalit

Proprio la distinzione tra l'Io e la sessualitci ha fatto riconoscere con particolare chiarezza che anche le pulsioni dell'Io sono protagoniste di un importante processo di sviluppo, il quale ndel tutto indipendente dalla libido nsi effettua
senza incidere a sua volta su di essa. Nondimeno conosciamo lo sviluppo dell'Io molto meno bene di come conosciamo lo sviluppo libidico, e questo perchsolo lo studio delle nevrosi narcisistiche ci apre la prospettiva di penetrare nella struttura
dell'Io. Tuttavia esiste giun ragguardevole tentativo di Ferenczi di costruire teoricamente gli stadi dello sviluppo dell'Io, e perlomeno in due punti abbiamo giacquisito solide basi per dare un giudizio su questo sviluppo. Non pensiamo affatto
che gli interessi libidici di una persona si trovino a priori in contrasto con i suoi interessi di autoconservazione; al contrario l'Io si sforzerin ogni stadio di rimanere in armonia con la propria organizzazione sessuale del momento e di
uniformarsi a essa. Il succedersi delle singole fasi dello sviluppo libidico segue verosimilmente un programma prestabilito; ma non si pucontestare che questo processo possa venire influenzato da parte dell'Io; parimenti, potrebbe essere previsto
un certo parallelismo, una determinata corrispondenza tra le fasi di sviluppo dell'Io e quelle della libido; anzi, il turbamento di questa corrispondenza potrebbe costituire un fattore patogeno. Un aspetto per noi importante dunque il
comportamento dell'Io quando la sua libido, pervenuta a un certo livello di sviluppo, lascia dietro di suna forte fissazione. L'Io puammettere questo fatto e allora diventa pervertito, oppure, ciche lo stesso, infantile nella misura
corrispondente. Oppure pumostrarsi contrario all'insediarsi della libido in quella certa posizione, e in tal caso sperimenta una RIMOZIONE ldove la libido ha sub鮅o una FISSAZIONE.

In questo modo giungiamo a renderci conto del fatto che il terzo fattore dell'etiologia delle nevrosi, l'inclinazione al conflitto, dipende tanto dallo sviluppo dell'Io quanto da quello della libido. La nostra visione delle cause delle nevrosi si quindi fatta completa. Dapprima, quale presupposto generalissimo, la frustrazione; poi la fissazione della libido che spinge quest'ultima in determinate direzioni; e in terzo luogo l'inclinazione al conflitto derivante dallo sviluppo dell'Io che ha
respinto tali impulsi libidici. La situazione, insomma, non tanto intricata e difficile da penetrare come probabilmente vi sembrata mentre ve la esponevo. Vero per che non abbiamo finito: dobbiamo aggiungere ancora qualcosa di nuovo nonch analizzare ulteriormente questioni ginote.

Per dimostrarvi l'influenza dello sviluppo dell'Io sulla formazione del conflitto e quindi sulla determinazione delle nevrosi, vorrei portarvi un esempio che, per la verit completamente inventato pur essendo verosimile sotto ogni aspetto.

Rifacendomi a una farsa di Nestroy gli daril titolo "Al pianterreno e al primo piano". Al pianterreno abita il custode, al primo piano il padrone di casa, un uomo ricco ed eminente.

Entrambi hanno figli e noi supporremo che alla figlioletta del padrone di casa sia permesso giocare, incustodita, con la bambina proletaria. Puallora succedere molto facilmente che i giochi delle bambine assumano un carattere sconveniente, ossia
sessuale, che giochino a "pape mamma", che stiano a guardarsi l'un l'altra nelle funzioni intime e si stimolino i genitali. La figlia del custode, che nonostante i suoi cinque o sei anni ha potuto fare pidi un'osservazione sulla sessualitdegli
adulti, puassumere in tutto questo la parte della seduttrice. Anche se non si protraggono a lungo, queste esperienze bastano ad attivare in entrambe le bambine certi impulsi sessuali che, dopo la cessazione dei giochi in comune, possono
manifestarsi per alcuni anni sotto forma di masturbazione. Fin qui ciche le bimbe hanno in comune; il risultato finale sarinvece molto diverso. La figlia del custode continuerla masturbazione pressappoco fino alla comparsa delle mestruazioni e
vi rinuncerpoi senza difficolt alcuni anni pitardi si prenderun amante, forse avranche un bambino, imboccheruna strada o l'altra nella vita, che forse la portera diventare un'attrice popolare che finisce col diventare un'aristocratica.
E' probabile che il suo destino sia meno brillante, ma in ogni caso portera termine la sua vita senza risentire dell'esercizio prematuro della sua sessualit esente da nevrosi. Non cosla figlioletta del padrone di casa. Quest'ultima avrben
presto e ancora bambina il presentimento di aver fatto qualcosa che non andava fatto, rinuncerdi la breve, ma forse solo dopo una dura lotta, al soddisfacimento masturbatorio e ciononostante conservernella sua natura un che di oppresso.

Quando, negli anni dell'adolescenza, avrl'opportunitdi apprendere qualche notizia sui rapporti sessuali umani, se ne ritrarrcon inesplicato orrore e preferirperseverare nella sua ignoranza. Probabilmente soccomberall'indomabile risorgente
impulso a masturbarsi, del quale non oserlamentarsi. Negli anni in cui, divenuta donna, dovrebbe piacere a un uomo, scoppierin lei la nevrosi che la defrauderdel matrimonio e di tutte le sue speranze. Se ora, mediante l'analisi, si riuscira
entrare nel meccanismo di questa nevrosi, risulterche questa giovanetta beneducata, intelligente e di elevate aspirazioni, ha completamente rimosso i suoi impulsi sessuali, ma che questi, senza che lei ne sia cosciente, sono rimasti ancorati alle
misere esperienze con la compagna di giochi della sua infanzia.

La diversitdi questi due destini, nonostante l'esperienza sia la stessa, dipende dal fatto che l'Io dell'una ha sub鮅o uno sviluppo che non ha avuto luogo nell'altra. Alla figlia del custode l'attivitsessuale apparsa pitardi altrettanto
naturale e ovvia quanto nell'infanzia. La figlia del padrone di casa ha sub鮅o l'influsso dell'educazione accettandone le pretese. Il suo Io, persuaso dai suggerimenti istillatigli, si formato un ideale di purezza e di astinenza con cui l'attivit sessuale risulta incompatibile; la sua educazione intellettuale ha diminuito il suo interesse per il ruolo femminile al quale pure destinata. A causa di questo superiore sviluppo morale e intellettuale del suo Io, venuta a trovarsi in conflitto
con le esigenze della sua sessualit

Oggi intendo soffermarmi ancora su un secondo punto dello sviluppo dell'Io, sia per certi miei scopi, sia perchquanto segue idoneo a giustificare la netta e non ovvia distinzione, che mi sta a cuore, tra le pulsioni dell'Io e quelle sessuali.
Nel giudicare i due sviluppi, quello dell'Io e quello della libido, dobbiamo soffermarci su un aspetto che finora non stato sovente tenuto in considerazione. Entrambi sono in fondo eredit ripetizioni accorciate dello sviluppo che l'intera
umanitha percorso dai suoi primordi in un arco di tempo lunghissimo. Mi sembra di poter sostenere che nello sviluppo della libido questa origine filogenetica sia senz'altro individuabile. Considerate come in una classe di animali l'apparato
genitale sia posto nel pistretto rapporto con la bocca, in un'altra non possa essere distinto dall'apparato escretorio, e in altre ancora sia collegato agli organi motori, tutte cose che trovate descritte in forma attraente nel prezioso libro di
B闤sche. Negli animali si vedono, per cosdire cristallizzate in organizzazione sessuale, tutte le specie di perversioni. Nel caso dell'uomo, invece, il punto di vista filogenetico viene in parte offuscato dalla circostanza che ciche in fondo ereditario viene pur tuttavia acquisito ex novo nello sviluppo individuale, probabilmente per il fatto che sussistono e agiscono ancora su ogni singolo individuo le stesse condizioni che hanno resa necessaria a suo tempo l'acquisizione.

Direi che a suo tempo esse hanno agito in senso creativo, mentre ora agiscono in senso evocativo. Oltre a ci indubitabile che il corso dello sviluppo prestabilito puessere turbato e modificato in ogni singolo individuo dall'esterno, ad opera
di influssi recenti. Noi perconosciamo questo potere, che ha imposto all'umanitun simile sviluppo e mantiene anche oggi la sua pressione nella medesima direzione; ancora una volta la frustrazione della realt oppure, dandole il suo vero
grande nome, la Necessitche domina la vita: la "Ananke". Essa stata una severa educatrice e ha ottenuto molto da noi. I nevrotici rientrano tra i figli nei quali questa severitha avuto cattivi risultati, ma questo un rischio che si deve
correre in ogni educazione. Detto incidentalmente, questa valutazione della necessitvitale come motore dello sviluppo non necessariamente ci induce a prendere posizione contro l'importanza delle "tendenze evolutive interne", se di esse puessere
dimostrata l'esistenza.

Ora, assai degno di nota il fatto che le pulsioni sessuali e di autoconservazione non si comportano allo stesso modo di fronte alle necessitche la realtimpone. Le pulsioni di autoconservazione, e tutto quanto connesso con esse, sono pi facili da educare; imparano presto ad adattarsi alla necessite a regolare il loro sviluppo secondo i dettami della realt Cisi pucomprendere, dal momento che non possono procurarsi in alcun altro modo gli oggetti di cui abbisognano; senza
questi oggetti l'individuo destinato a soccombere. Le pulsioni sessuali sono pidifficilmente educabili poichall'inizio non hanno bisogno di un oggetto. Dal momento che si appoggiano, in certo qual modo da parassite, alle altre funzioni
fisiologiche e si soddisfano autoeroticamente sul proprio corpo, sono in un primo tempo sottratte all'influsso educativo della necessitreale e mantengono per tutta la vita e nella maggior parte degli uomini, per un verso o per l'altro, questo
carattere di autonomia e refrattariet(ciche noi chiamiamo "irragionevolezza"). Inoltre, l'educabilitdei giovani normalmente ha fine quando i loro bisogni sessuali si destano in modo definitivo in tutta la loro intensit Gli educatori lo sanno
e si comportano di conseguenza; e non escluso che i risultati della psicoanalisi li indurranno a spostare la pressione principale dell'educazione sui primi anni dell'infanzia, a partire dall'epoca dell'allattamento. Nel quarto o quinto anno di
vita il piccolo essere umano spesso gicompiuto e pitardi non fa che mettere a poco a poco in evidenza ciche era giinsito in lui.

Per apprezzare appieno il significato della differenza indicata tra i due gruppi di pulsioni dobbiamo rifarci a cose lontane e introdurre una di quelle considerazioni che meritano di essere definite ECONOMICHE. Ci portiamo cosin uno dei campi pi importanti, ma purtroppo anche pioscuri, della psicoanalisi. La domanda che ci poniamo se nel lavoro del nostro apparato psichico si possa riconoscere un'intenzione principale, e, in prima approssimazione, rispondiamo che questa intenzione c' ed rivolta al conseguimento di piacere. Sembra che l'intera nostra attivitpsichica sia intesa a conseguire piacere e a evitare dispiacere, che essa venga automaticamente regolata dal PRINCIPIO DI PIACERE. Ebbene, a proposito di ogni cosa ci
piacerebbe sapere quali siano le condizioni per il sorgere del piacere e del dispiacere; ma proprio ciche ignoriamo. Possiamo arrischiarci ad affermare solo questo: che il piacere legato IN QUALCHE MODO alla diminuzione, alla riduzione o alla
estinzione della quantitdi stimoli che operano nell'apparato psichico, mentre il dispiacere legato a un suo incremento. L'esame del piacere piintenso accessibile all'uomo, il piacere legato al compimento dell'atto sessuale, lascia pochi dubbi
su questo punto. Poichquesti processi inerenti al piacere concernono QUANTITA' di eccitamento psichico o di energia psichica, definiamo economiche considerazioni di questo genere. Notiamo che possiamo descrivere il compito e la prestazione
dell'apparato psichico anche in modo diverso e pigenerale che non accentuando il conseguimento di piacere. Possiamo dire che l'apparato psichico serve l'intento di padroneggiare e liquidare la massa di stimoli e la somma di eccitamenti che lo
aggrediscono dall'esterno e dall'interno.

Quanto alle pulsioni sessuali, senz'altro evidente che, dall'inizio alla fine del loro sviluppo, operano in vista del conseguimento del piacere; esse conservano questa funzione originaria senza apportarle alcuna modifica. Allo stesso scopo
aspirano inizialmente anche le altre pulsioni, quelle dell'Io; ma, sotto l'influsso di quella maestra di vita che la Necessit le pulsioni dell'Io imparano presto a sostituire il principio di piacere con una sua modificazione. Per esse il compito
di evitare il dispiacere si pone quasi sullo stesso piano di quello del conseguimento del piacere; l'Io apprende che inevitabile rinunciare al soddisfacimento immediato, rimandare il conseguimento del piacere, sopportare un po' di dispiacere e
rinunciare totalmente a certe fonti di piacere. L'Io coseducato diventato "ragionevole", non si lascia pidominare dal principio di piacere, ma obbedisce al PRINCIPIO DI REALTA', che in fondo vuole anch'esso ottenere piacere, ma un piacere il
quale, pur essendo rinviato nel tempo e pilimitato, garantito dalla considerazione della realt

Il passaggio dal principio di piacere a quello di realtuno dei piimportanti progressi nello sviluppo dell'Io. Sappiamo giche le pulsioni sessuali percorrono tardi e solo con riluttanza questo tratto dello sviluppo dell'Io, e piavanti
apprenderete quali conseguenze abbia per l'uomo il fatto che la sua sessualitsi accontenti di un rapporto coslabile con la realtesterna. E ora, a conclusione, ancora un'osservazione che rientra in questo argomento. Se l'Io dell'uomo ha il suo
processo di sviluppo non meno della libido, non sarete sorpresi di apprendere che esistono anche le "regressioni dell'Io"; e vorrete sapere altresquale ruolo possa svolgere nelle malattie nevrotiche questo ritorno dell'Io a fasi precedenti dello
sviluppo.







Lezione 23 - LE VIE PER LA FORMAZIONE DEI SINTOMI

Signore e Signori, per il profano sono i sintomi a costituire l'essenza della malattia e la guarigione per lui la soppressione dei sintomi. Il medico mira a tenere separati i sintomi dalla malattia e sostiene che l'eliminazione dei sintomi non ancora la guarigione della malattia. In veritciche di tangibile resta della malattia, una volta eliminati i sintomi, soltanto la capacitdi formare nuovi sintomi. Percivogliamo metterci per ora dal punto di vista del profano e ritenere che
l'approfondimento dei sintomi equivalga alla comprensione della malattia.

I sintomi - naturalmente ci occupiamo qui di sintomi psichici (o psicogeni) e di malattie psichiche - sono, per la vita nel suo insieme, atti dannosi o perlomeno inutili, deplorati spesso dal soggetto perchsgraditi e forieri di dispiacere o
sofferenza. Il loro principale danno sta da una parte nel dispendio psichico che per sstessi comportano e dall'altra nel dispendio che si rende ulteriormente necessario per combatterli. Nel caso in cui la formazione di sintomi sia cospicua, questi
due costi possono avere come conseguenza uno straordinario impoverimento del malato quanto a energia psichica disponibile, e possono quindi paralizzarlo rispetto a tutti i compiti importanti della vita. Poichquesto risultato dipende principalmente
dalla quantitdi energia che viene cosassorbita, facile riconoscere che "essere ammalati" un concetto essenzialmente pratico. Se pervi mettete dal punto di vista della teoria e prescindete da questa quantit vi sarfacile dire che tutti
noi siamo ammalati, cionevrotici, poichanche nelle persone normali si possono riscontrare le condizioni per la formazione dei sintomi.

Sappiamo giche i sintomi nevrotici sono il risultato di un conflitto che sorge a proposito di un nuovo modo di soddisfacimento della libido. Le due forze che si sono disgiunte s'incontrano di nuovo nel sintomo, si conciliano, se cossi pudire,
attraverso il compromesso della formazione del sintomo. E' anche per questo che il sintomo cosresistente: viene sostenuto da entrambe le parti. Sappiamo anche che una delle due parti in conflitto la libido insoddisfatta e respinta dalla
realt che ora costretta a cercare altre vie per il suo soddisfacimento. Se la realtrimane irremovibile anche quando la libido disposta ad accettare un altro oggetto al posto di quello che le stato rifiutato, quest'ultima sarcostretta
alla fin fine a imboccare la via della regressione e a perseguire il soddisfacimento in una delle organizzazioni gisuperate o mediante uno degli oggetti precedentemente abbandonati. La libido viene attirata sulla via della regressione dalla
fissazione che si lasciata dietro in determinati punti del suo sviluppo.

Qui la via che porta alla perversione si separa nettamente da quella che porta alla nevrosi. Se queste regressioni non suscitano l'opposizione dell'Io, non si arriva alla nevrosi e la libido giunge a un qualsiasi soddisfacimento reale, seppure non
pinormale. Se invece l'Io, il quale dispone non solo della coscienza, ma anche degli accessi all'innervazione motoria e quindi alla realizzazione delle aspirazioni psichiche, non d'accordo con queste regressioni, ecco che allora sorge il
conflitto. La libido come tagliata fuori e deve cercare una scappatoia, una strada in cui, conformandosi alle richieste del principio di piacere, sia possibile trovare uno sfogo per il proprio investimento di energia. La libido deve sottrarsi
all'Io.

Una scappatoia del genere le comunque consentita dalle fissazioni verificatesi lungo la via del suo sviluppo, ora percorso regressivamente, fissazioni contro le quali l'Io a suo tempo si era protetto mediante rimozioni. Investendo, nel suo fluire
a ritroso, queste posizioni rimosse, la libido si sottratta all'Io e alle sue leggi, rinunciando pernel contempo a tutta l'educazione acquisita sotto l'influsso di questo Io. Essa era docile finchle arrideva il soddisfacimento; sotto la
duplice pressione della frustrazione interna ed esterna, diventa insubordinata e rammenta i tempi migliori del passato. Tale il suo carattere, fondamentalmente immutabile. Le rappresentazioni sulle quali la libido trasferisce ora la sua energia
sotto forma di investimento appartengono al sistema dell'inconscio e sottostanno ai processi che sono ivi possibili, in particolare alla condensazione e allo spostamento. In tal modo si stabiliscono condizioni perfettamente equiparabili a quelle che
si hanno nella formazione del sogno. Come al sogno vero e proprio giunto a compimento nell'inconscio - l'appagamento di una fantasia di desiderio inconscia - si contrappone una porzione di attivit(pre)conscia, che esercita le funzioni di censura
e, dopo essere stata tacitata, permette la formazione di un sogno manifesto come compromesso, cosanche ciche tiene il posto della libido nell'inconscio deve fare i conti con il potere dell'Io preconscio.

L'opposizione che si era sollevata nell'Io contro di essa la incalza come "controinvestimento", e la costringe a scegliere quella forma espressiva che pudiventare contemporaneamente la sua propria espressione. Cosil sintomo sorge come un
derivato pivolte deformato dell'inconscio appagamento libidico di desiderio, un'ambiguitscelta con arte, avente due significati che si contraddicono completamente l'un l'altro. A questo punto, tuttavia, si pudiscernere una differenza tra la
formazione del sogno e quella del sintomo: infatti, nella formazione del sogno l'intenzione preconscia tende solo a preservare il sonno, a non lasciar penetrare nella coscienza nulla che possa disturbarlo; ma non insiste nel gridare all'inconscio
impulso di desiderio un netto: "No, al contrario!". Essa puessere tollerante, perchla situazione del dormiente meno esposta a pericoli. Lo sbocco nella realtsbarrato dallo stesso stato di sonno.

Come vedete, la scappatoia, nelle condizioni di conflitto, consentita alla libido dalla presenza di fissazioni.

L'investimento regressivo di queste fissazioni porta all'aggiramento della rimozione e a una scarica - o soddisfacimento - della libido in cui vanno rispettate le condizioni del compromesso. Passando per la via indiretta dell'inconscio e delle
precedenti fissazioni, la libido riuscita alla fine a farsi strada fino a un soddisfacimento reale, invero straordinariamente limitato e quasi irriconoscibile. Permettetemi di aggiungere due osservazioni su questo esito finale. Vogliate in primo
luogo notare come la libido e l'inconscio da una parte, e l'Io, la coscienza e la realtdall'altra si mostrino intimamente connessi, pur non facendo parte all'inizio di un tutto unico. E tenete inoltre bene a mente che tutto quello che si detto
qui, e che ancora seguir si riferisce esclusivamente alla formazione di sintomi nella nevrosi isterica.

Dove trova dunque la libido le fissazioni di cui ha bisogno per aprirsi il varco attraverso le rimozioni? Nelle attivite nelle esperienze della sessualitinfantile, nelle tendenze parziali abbandonate, e negli oggetti dell'infanzia cui ha
rinunciato. A essi fa dunque ritorno la libido. L'importanza di questo periodo infantile duplice: da un lato si sono allora manifestati per la prima volta gli indirizzi pulsionali che il bambino recava in snella sua disposizione innata; in
secondo luogo, pulsioni diverse da quelle congenite sono state destate, attivate per la prima volta da influssi esterni e da episodi accidentali. Credo che non ci sia alcun dubbio che abbiamo il diritto di stabilire questa bipartizione.
L'affermazione della disposizione innata non soggetta ad alcuna perplessitcritica; tuttavia l'esperienza analitica ci costringe anche a supporre che episodi puramente casuali dell'infanzia siano in grado di lasciarsi indietro fissazioni della
libido. In questo non vedo alcuna difficoltteorica. Anche le disposizioni costituzionali sono sicuramente effetti postumi delle esperienze di lontani antenati, anch'esse sono state acquisite; senza tale acquisizione non ci sarebbe eredit Ed concepibile che tale acquisizione destinata all'ereditarietabbia fine proprio nella generazione da noi considerata? Pertanto l'importanza delle esperienze infantili non dovrebbe essere completamente trascurata, come di norma si preferisce fare, a
vantaggio delle esperienze degli antenati e della propria maturit al contrario, dovrebbe essere presa in particolare considerazione. Le esperienze infantili sono tanto pidense di conseguenze in quanto si verificano in epoche di sviluppo
incompleto, e proprio per questa circostanza sono atte ad agire in senso traumatico. I lavori di Roux e altri sulla meccanica dello sviluppo ci hanno mostrato che una puntura di spillo in uno strato germinale in fase di riproduzione per divisione
cellulare ha come conseguenza un grave disturbo dello sviluppo. La stessa lesione, inferta alla larva o all'animale compiuto, sarebbe tollerata senza danno.

La fissazione libidica dell'adulto, che abbiamo introdotta come rappresentante del fattore costituzionale nell'equazione etiologica delle nevrosi, si scompone ora per noi in due ulteriori elementi: la disposizione ereditata e la disposizione
acquisita nella piccola infanzia. Sappiamo che gli schemi sono utili a chi studia. Riassumiamo quindi la situazione in uno schema:

Costituzione sessuale (esperienza preistorica) + Esperienza infantile =Disposizione dovuta alla fissazione della libido + Esperienza accidentale (traumatica) dell'adulto = Nevrosi.

La costituzione sessuale ereditaria ci offre una grande varietdi disposizioni, a seconda che questa o quella pulsione parziale, di per ssola o unitamente ad altre, sia dotata di particolare intensit A sua volta, la costituzione sessuale forma
con il fattore dell'esperienza infantile una "serie complementare" del tutto simile a quella (che abbiamo conosciuto per prima) nella quale si combinano disposizione ed esperienza accidentale dell'adulto. Qui come lsi trovano i medesimi casi
estremi e le medesime relazioni tra i fattori presenti. Viene dunque spontanea la domanda se la piappariscente fra le regressioni della libido, quella a stadi precedenti dell'organizzazione sessuale, non sia condizionata prevalentemente dal
fattore costituzionale ereditario; ma sarmeglio rimandare la risposta a questa domanda al momento in cui potremo prendere in considerazione una rosa piampia di manifestazioni morbose di natura nevrotica.

Soffermiamoci ora sul fatto che l'esplorazione analitica mostra la libido dei nevrotici legata alle loro esperienze sessuali infantili. Esse appaiono in tal modo straordinariamente importanti per la vita e per la malattia dell'uomo; e tale
importanza conservano intatta sotto il profilo del lavoro terapeutico. Se perprescindiamo da questo compito, ci facile riconoscere che vi qui il pericolo di un malinteso, il quale potrebbe indurci a considerare la vita troppo unilateralmente,
sulla base della situazione nevrotica. Non si punon detrarre dall'importanza delle esperienze infantili il fatto che la libido ritornata a esse regressivamente, dopo essere stata cacciata dalle sue posizioni successive. Allora per sembra
plausibile la conclusione opposta, e cioche le esperienze libidiche non hanno avuto a suo tempo alcuna importanza, ma l'hanno acquisita solo regressivamente. Ricordate che abbiamo gipreso posizione, di fronte a un'alternativa simile, quando
abbiamo parlato del complesso edipico.

Anche questa volta, la decisione non sardifficile.

L'osservazione che l'investimento libidico (e quindi il significato patogeno) delle esperienze infantili stato rafforzato in gran parte dalla regressione della libido, indubbiamente fondata, ma ci indurrebbe in errore se ne facessimo l'unica
osservazione determinante. Devono essere tenute in conto altre considerazioni.

In primo luogo l'osservazione ci mostra, in modo da escludere qualsiasi dubbio, che le esperienze infantili hanno un'importanza di per s che gidimostrano negli anni dell'infanzia. Anche i bambini hanno le loro nevrosi, nelle quali il fattore
della retrocessione nel tempo necessariamente molto ridotto o manca del tutto in quanto l'inizio della malattia segue immediatamente le esperienze traumatiche. Lo studio di queste nevrosi infantili ci preserva da pidi un pericoloso malinteso
circa le nevrosi degli adulti, allo stesso modo come i sogni dei bambini ci hanno dato la chiave per comprendere i sogni degli adulti. Ora, le nevrosi dei bambini sono molto frequenti, molto pifrequenti di quanto si creda. Passano spesso
inosservate, vengono giudicate come segno di cattiveria o maleducazione, spesso vengono anche tenute a freno dall'autoritdei grandi; comunque, a un esame retrospettivo, sono sempre facilmente riconoscibili. Esse si presentano perlopiin forma di
"isteria d'angoscia". Che cosa cisignifichi, lo apprendiamo in un'altra occasione. Se in epoche successive scoppia una nevrosi, essa si rivela regolarmente attraverso l'analisi la diretta continuazione della malattia infantile che si era
manifestata forse solo in forma umbratile e allusiva. Come abbiamo detto, ci sono perdei casi in cui questo nervosismo infantile si protrae senza interruzione in uno stato morboso che dura tutta la vita. Ci stato possibile analizzare qualche
raro esempio di nevrosi infantile durante l'infanzia stessa, nello stato di attualit ma molto pispesso abbiamo invece dovuto accontentarci che l'ammalato in etmatura ci permettesse uno sguardo differito sulla sua nevrosi infantile, e in questi
casi non abbiamo potuto trascurare determinati aggiustamenti e cautele.

In secondo luogo dobbiamo pur dire che sarebbe inconcepibile che la libido regredisse cosregolarmente a epoche dell'infanzia, se non ci fosse lqualcosa in grado di esercitare un'attrazione su di essa. La fissazione, che supponiamo abbia avuto
luogo in singoli punti del cammino evolutivo, significa qualcosa solo se la facciamo consistere nell'immobilizzazione di un certo importo di energia libidica. Infine, posso farvi presente che tra l'intensite l'importanza patogena delle esperienze
infantili e di quelle successive esiste un rapporto di complementarietsimile a quello delle serie precedentemente studiate. Ci sono casi in cui tutto il peso della determinazione ricade sulle esperienze sessuali dell'infanzia, in cui queste
impressioni manifestano un effetto sicuramente traumatico e non hanno bisogno in cidi alcun altro sostegno, tranne quello che possono offrire loro la costituzione sessuale media e un suo sviluppo incompiuto. Accanto a questi, ce ne sono altri ove
l'accento posto tutto sui conflitti successivi e il rilievo che nell'analisi hanno le impressioni infantili appare esclusivamente opera della regressione. Dunque, abbiamo da una parte la "inibizione evolutiva" e dall'altra la "regressione" e, tra
questi due estremi, tutte le possibili combinazioni in cui tali fattori agiscono congiuntamente.

Questi dati hanno un certo interesse per la pedagogia, che si propone la prevenzione delle nevrosi intervenendo per tempo nello sviluppo sessuale del bambino. Finchl'educatore rivolge la propria attenzione prevalentemente alle esperienze sessuali
infantili, riterrdi aver fatto tutto il possibile per la profilassi delle malattie nervose se sarriuscito a dilazionare lo sviluppo del bambino e a risparmiargli esperienze del genere.

Tuttavia, sappiamo giche le condizioni per l'insorgere della nevrosi sono complicate e non possono essere influenzate, in generale, tenendo conto di un unico fattore. La severa protezione dell'infanzia diminuisce di valore perchimpotente di
fronte al fattore costituzionale; oltre a ci pidifficile da realizzare di quanto gli educatori immaginino e implica due ulteriori pericoli che non vanno sottovalutati: il rischio che essa ottenga troppo, ossia favorisca un eccesso di rimozione
sessuale nocivo per il futuro, e il rischio di immettere il bambino nella vita completamente disarmato rispetto all'assalto delle esigenze sessuali che logico attendersi nella pubert Cosrimane estremamente dubbio fino a che punto la profilassi
attuata nell'infanzia possa risultare vantaggiosa, e viene da domandarsi se un diverso atteggiamento di fronte a questa situazione non costituisca, tutto sommato, un modo migliore di affrontare la prevenzione delle nevrosi.

Ritorniamo ora ai sintomi. Essi creano dunque un sostituto per il soddisfacimento frustrato mediante la regressione della libido a epoche precedenti, e a ciinseparabilmente congiunto il ritorno a precedenti stadi di sviluppo della scelta
oggettuale o dell'organizzazione sessuale. Abbiamo appreso per tempo che il nevrotico rimane ancorato a un qualche punto del suo passato; ora sappiamo che c'un periodo di questo in cui alla sua libido non mancil soddisfacimento, in cui il malato
fu felice. Egli cerca nella storia della sua vita finchtrova un tale periodo - dovesse pur risalire fino al tempo in cui era lattante - coscome egli se lo ricorda o come se lo immagina in base a posteriori suggerimenti. Il sintomo ripete in
certo qual modo quel tipo di soddisfacimento della prima infanzia, deformato dalla censura procedente dal conflitto, tramutato di regola in sensazione di sofferenza e mescolato a elementi provenienti dal motivo occasionale della malattia. Il tipo di
soddisfacimento apportato dal sintomo ha in smolte cose strane.

Possiamo prescindere dal fatto che esso non riconoscibile come tale dalla persona in questione, la quale percepisce e lamenta il preteso soddisfacimento piuttosto come sofferenza. Questa trasformazione in sofferenza opera del conflitto psichico,
sotto la cui pressione il sintomo stato costretto a formarsi. Pertanto ciche una volta era per l'individuo soddisfacimento, per forza suscita oggi resistenza o repulsione. C'un modello poco appariscente ma istruttivo di tale cambiamento di
significato. Lo stesso bambino, che ha succhiato con aviditil latte dal seno materno, solito manifestare alcuni anni pitardi una forte avversione per il latte, che l'educazione ha difficolta superare. Questa avversione aumenta fino alla
ripugnanza, se il latte o la bevanda con esso mescolata ricoperto da una pellicola: non da escludere che questa pellicola evochi il ricordo del seno materno, una volta cosardentemente desiderato.

Ricordiamo tuttavia che nel frattempo si verificata l'esperienza dello svezzamento, con il suo effetto traumatico.

E' qualcos'altro, piuttosto, che fa sche i sintomi ci appaiano strani, e incomprensibili in quanto mezzi di soddisfacimento libidico. Essi non hanno nulla in comune con cida cui normalmente siamo soliti aspettarci un soddisfacimento. Perlopi prescindono dall'oggetto e rinunciano cosa ogni relazione con la realtesterna. Ci spieghiamo questo fatto come conseguenza del distacco dal principio di realte del ritorno al principio di piacere. Ma anche un ritorno a una specie di
autoerotismo allargato, simile a quello che offri primi soddisfacimenti alla pulsione sessuale. I sintomi sostituiscono un cambiamento del mondo esterno con un'alterazione del corpo, pongono quindi un'azione interna al posto di una esterna, un
adattamento invece di un'azione, il che corrisponde ancora una volta a una regressione estremamente significativa dal punto di vista filogenetico. Comprenderemo tutto questo soltanto connettendolo con una novitche ancora ci riservano le indagini
analitiche sulla formazione dei sintomi [e che saresposta tra breve]. Non dimentichiamo inoltre che a questa formazione dei sintomi hanno cooperato i medesimi processi dell'inconscio che si sono verificati nella formazione del sogno, ciola
condensazione e lo spostamento. Come il sogno, il sintomo raffigura qualcosa come appagato, un soddisfacimento alla maniera infantile; ma questo soddisfacimento puessere compresso, mediante condensazione massima, in un'unica sensazione o
innervazione, ed essere limitato, mediante spostamento estremo, a un piccolo particolare dell'intero complesso libidico. Non c'da meravigliarsi se anche noi abbiamo spesso difficolta riconoscere nel sintomo il soddisfacimento libidico che
avevamo supposto e di cui troviamo ogni volta conferma.

Vi ho annunciato che abbiamo ancora in serbo qualcosa di nuovo; si tratta, in realt di una cosa sorprendente e sconcertante.

Mediante l'analisi, come sapete, partendo dai sintomi giungiamo alla conoscenza delle esperienze infantili alle quali fissata la libido e dalle quali vengono costruiti i sintomi. Ora, la sorpresa consiste nel fatto che non sempre queste scene
infantili sono vere. Anzi, non sono vere nella maggioranza dei casi e in casi singoli sono in diretto contrasto con la veritstorica. Vi rendete conto che questa scoperta adatta come nessun'altra o a screditare l'analisi, che ha portato a tale
risultato, o gli ammalati, sulle cui dichiarazioni fondata l'analisi nonchla comprensione delle nevrosi nel suo insieme. Ma, oltre a ci vi in questo qualcosa di enormemente sconcertante. Se gli episodi infantili portati alla luce
dall'analisi fossero sempre reali, avremmo la sensazione di muoverci su un terreno sicuro. Se fossero invariabilmente falsati, se si rivelassero invenzioni, fantasie dell'ammalato, dovremmo abbandonare questo terreno malfermo e metterci in salvo
altrove. Ma le cose non stanno nin un modo nnell'altro, bensdimostrabile che gli episodi infantili costruiti o ricordati nell'analisi certe volte sono incontestabilmente falsi, certe altre volte invece altrettanto sicuramente veri e, nella
maggior parte dei casi, un misto di vero e di falso. I sintomi raffigurano dunque ora episodi che hanno realmente avuto luogo e cui si puattribuire un influsso sulla fissazione della libido, ora fantasie dell'ammalato, che naturalmente non sono
affatto adatte a svolgere un ruolo etiologico. E' arduo raccapezzarcisi. Un primo punto di riferimento puforse essere trovato in un'altra scoperta simile, e cioche i singoli ricordi dell'infanzia, che gli uomini hanno in sconsciamente da tempo
immemorabile e prima di ogni analisi, possono ugualmente essere falsati o, quanto meno, possono mescolare abbondantemente il vero con il falso. La dimostrazione della loro inesattezza raramente presenta difficolt e cos almeno, abbiamo
l'assicurazione che non l'analisi, bensin qualche modo gli ammalati sono responsabili di questa nostra inaspettata delusione.

Basta riflettere un momento per comprendere che cosa ci rende cossgomenti in questa situazione. E' lo scarso conto in cui tenuta la realt la trascuranza della differenza tra realte fantasia.

Siamo tentati di offenderci perchl'ammalato ci ha fatto perdere del tempo raccontandoci delle storie. La realtci appare come qualcosa di infinitamente diverso dall'invenzione e gode presso di noi di tutt'altra valutazione. Anche l'ammalato, del
resto, vede le cose in questo modo nel suo pensiero normale.

Quando il paziente esibisce quel materiale che dietro ai sintomi rivela le situazioni di desiderio modellate sull'esempio delle esperienze infantili, all'inizio ci sorge il dubbio se si tratti di realto di fantasie. Successivamente la decisione ci
resa possibile da certi segni caratteristici, e ci troviamo di fronte al compito di renderli noti anche al paziente. Ci tuttavia, non avviene mai senza difficolt Se gli sveliamo subito che in procinto di palesare le fantasie con le quali ha
avvolto la storia della sua infanzia (come ogni popolo elabora leggende sui tempi remoti che ha dimenticato), notiamo che all'improvviso il suo interesse a proseguire l'argomento declina in modo allarmante.

Anch'egli vuole apprendere fatti reali e disprezza tutte le "immaginazioni". Se invece gli lasciamo credere, fino all'espletamento di questa parte del lavoro, che ci stiamo occupando d'indagare gli avvenimenti reali degli anni della sua infanzia,
rischiamo che pitardi ci rinfacci di esserci sbagliati e ci derida per la nostra apparente credulit Per molto tempo non prende sul serio la nostra proposta di equiparare fantasia e realte di non curarci in un primo tempo se gli episodi
infantili da chiarire siano l'una o l'altra cosa. Eppure questo evidentemente l'unico atteggiamento corretto di fronte a tali produzioni psichiche. Anche queste possiedono una specie di realt resta il fatto che l'ammalato si creato tali
fantasie, il che ha per la sua nevrosi un'importanza di poco inferiore che se egli avesse realmente vissuto ciche contengono le fantasie.

Queste fantasie possiedono una realtPSICHICA in contrasto con quella MATERIALE, e noi giungiamo a poco a poco a capire che nel mondo delle nevrosi 1a realtpsichica quella determinante.

Tra gli avvenimenti che ricorrono continuamente e non sembrano mancare quasi mai nella storia giovanile dei nevrotici, alcuni sono di particolare importanza e pertanto anche degni, ritengo, di esser posti in maggior rilievo rispetto ad altri. Quali
campioni di questa specie vi enumerer l'osservazione del rapporto sessuale tra i genitori, la seduzione da parte di una persona adulta, e la minaccia di evirazione. Sarebbe un grave errore supporre che a essi non vada mai attribuita una realt materiale; al contrario, questa e spesso dimostrabile senz'ombra di dubbio se si svolgono indagini presso congiunti pianziani.

Cos ad esempio, non affatto raro che al figlioletto maschio che prende il vizio di giocare con il suo membro e non sa ancora che tale occupazione va tenuta celata, venga fatta la minaccia, dai genitori o da chi ha cura di lui, che gli si
taglieril membro o la mano che ha commesso il peccato. Interrogati, i genitori confessano spesso la loro persuasione di aver agito, con tale intimidazione, in modo assai opportuno; alcuni soggetti hanno un ricordo preciso, cosciente, di questa
minaccia, particolarmente quando stata subita in etun po' piavanzata. Se la madre o un'altra persona di sesso femminile a profferire la minaccia, abitualmente ne deferisce l'esecuzione al padre o al... medico.

Nel noto "Struwwelpeter" di Heinrich Hoffmann, pediatra di Francoforte, che deve la sua popolaritproprio alla comprensione dei complessi sessuali e non, dell'etinfantile, trovate l'evirazione mitigata, sostituita con la recisione dei pollici
come punizione per l'ostinazione del ciucciarli. E' tuttavia altamente improbabile che la minaccia di evirazione sia fatta ai bambini tanto spesso quanto risulta nelle analisi dei nevrotici.

Su questo punto ci basti sapere che il bambino mette insieme nella fantasia una simile minaccia in base ad allusioni, con l'aiuto della conoscenza che il soddisfacimento autoerotico proibito, e sotto l'impressione della scoperta del genitale
femminile.

Parimenti non in alcun modo escluso che il bambino piccolo, per il fatto che non gli si attribuisce alcuna capacitdi comprendere e alcuna memoria, diventi testimone anche in famiglie non proletarie di un atto sessuale tra i genitori o tra altri
adulti, e non si punegare che, RETROSPETTIVAMENTE, egli possa comprendere questa impressione e reagire ad essa. Quando perquesto commercio viene descritto con i piesaurienti dettagli, che sono difficili da osservare, oppure quando, come nella
maggior parte dei casi, esso risulta essere un rapporto dal dietro, "more ferarum", non rimane alcun dubbio che questa fantasia basata sull'osservazione del rapporto tra animali (cani) ed motivata dall'insoddisfatto piacere di guardare, proprio
del fanciullo negli anni della pubert Il prodotto estremo di questo genere di fantasie l'asserzione di aver osservato il coito dei genitori mentre ancora ci si trovava nel grembo materno.

Particolare interesse riveste la fantasia della seduzione, perchfin troppo spesso non una fantasia bensun ricordo reale. Ma, per fortuna, essa non reale cosspesso come i risultati dell'analisi sembravano attestare all'inizio. La seduzione
ad opera di bambini pigrandi o coetanei pur sempre pifrequente di quella a opera di adulti, e se, nel caso di ragazze che riferiscono un fatto simile nella storia della loro infanzia, il padre compare abbastanza regolarmente come seduttore,
non ci puessere alcun dubbio nsulla natura fantastica di questa accusa nsul motivo che ha spinto a farla. Con la fantasia di seduzione, quando non ha avuto luogo alcuna seduzione, il bambino copre di solito il periodo autoerotico della sua
attivitsessuale. Egli si risparmia la vergogna che gli procura la masturbazione fantasticando retrospettivamente un oggetto desiderato in quell'epoca lontanissima. Non crediate, del resto, che l'abuso del bambino ad opera dei parenti prossimi di
sesso maschile appartenga interamente al regno della fantasia. La maggior parte degli analisti ha trattato casi in cui tali rapporti erano reali e potevano essere accertati in maniera ineccepibile; ma pur vero che anche allora essi appartenevano
ad anni pitardi dell'infanzia ed erano stati trasportati in un periodo precedente.

L'impressione che sempre si riceve che tali avvenimenti infantili siano in qualche modo richiesti come qualcosa di necessario, appartenente al nucleo essenziale della nevrosi. Se fanno parte della realt tanto meglio; se la realtnon li ha
forniti, allora vengono elaborati in base ad accenni e completati con la fantasia. Il risultato lo stesso, e a tutt'oggi non siamo riusciti a dimostrare una diversitdi conseguenze a seconda che la parte maggiore in questi avvenimenti infantili
spetti alla fantasia oppure alla realt C'qui, semplicemente, un altro dei tanto spesso menzionati rapporti di complementariet il pistrano, in verit tra tutti quelli di cui siamo venuti a conoscenza. Da dove proviene il bisogno di queste
fantasie e il materiale per esse? Sulla natura pulsionale delle loro fonti non possono certo esservi dubbi, ma occorre spiegare perchvengano create ogni volta le medesime fantasie con lo stesso contenuto. Ho qui pronta una risposta che so givi
apparirazzardata. Reputo che queste FANTASIE PRIMARIE cosvorrei chiamarle, senza dubbio insieme ad alcune altre siano un patrimonio filogenetico. In esse l'individuo, scavalcando la propria esperienza, attinge all'esperienza della preistoria, l dove la propria storia troppo rudimentale. Mi sembra assolutamente plausibile che tutto quanto oggi ci viene raccontato nell'analisi come fantasia - la seduzione di bambini, l'accendersi dell'eccitamento sessuale osservando i rapporti tra i
genitori, la minaccia di evirazione (o, meglio, l'evirazione stessa) - sia stato una volta realtnei primordi della famiglia umana, e che il bambino, con la sua fantasia abbia semplicemente colmato le lacune della veritindividuale con la verit preistorica. Ripetutamente ci venuto il sospetto che la psicologia delle nevrosi ci abbia conservato, pidi tutte le altre fonti, antiche testimonianze dell'evoluzione umana.

Signori, le cose or ora discusse ci costringono ad addentrarci pia fondo nell'origine e nell'importanza di quell'attivitdello spirito che viene chiamata "fantasia". Com'noto, essa gode universalmente di un'alta considerazione pur non essendosi
chiarita la sua posizione nella vita psichica. Su questo argomento posso dirvi quanto segue. Come sapete, l'Io dell'uomo viene lentamente educato, sotto l'incalzare della necessitesterna, ad apprezzare la realte a uniformarsi al principio di
realt e, nel far questo, deve rinunciare, transitoriamente o permanentemente, a diversi oggetti e mete cui aspira il suo piacere, non solo quello sessuale. Ma la rinuncia al piacere sempre riuscita difficile all'uomo che non si acconcia a essa
senza una compensazione di qualche tipo. Egli si perciriservato un'attivitpsichica nella quale a tutte queste fonti di piacere e vie per conseguirlo cui ha dovuto rinunciare concessa un'esistenza ulteriore, una forma di esistenza nella quale
esse sono esentate dalle esigenze della realte da ciche chiamiamo "esame di realt. Ogni aspirazione raggiunge ben presto la forma di un'immagine di appagamento; non c'alcun dubbio che il soffermarsi su appagamenti di desiderio fantastici
implica una soddisfazione, anche se la consapevolezza che non si tratta di realtnon ne risulta turbata. Nell'attivitdella fantasia l'uomo continua dunque a godere di quella libertdalla costrizione esterna alla quale ha rinunciato da lungo
tempo nella realt Egli riuscito a trovare il modo di essere, alternativamente, ora un animale dedito al piacere, ora un essere ragionevole. Con la scarsa soddisfazione che capace di carpire alla realtl'uomo infatti non se la cava.
"Impossibile farcela senza costruzioni ausiliarie", ha detto una volta Theodor Fontane. L'aver creato il regno psichico della fantasia trova pieno riscontro nell'istituzione di "riserve", di "parchi per la protezione della natura", ldove le
esigenze dell'agricoltura, delle comunicazioni e dell'industria minacciano di cambiare rapidamente la faccia originaria della terra fino a renderla irriconoscibile. Il parco per la protezione della natura mantiene l'antico assetto, il quale altrove
stato ovunque sacrificato, con rincrescimento, alla necessit Tutto vi pucrescere e proliferare come vuole, anche l'inutile, perfino il nocivo. Anche il regno psichico della fantasia una riserva di questo tipo, sottratta al principio di
realt

Le pinote produzioni della fantasia sono i cosiddetti "sogni a occhi aperti" che conosciamo gi soddisfacimenti immaginari di desideri ambiziosi, megalomani ed erotici, che prosperano tanto pirigogliosi quanto pila realtammonisce alla
moderazione o alla pazienza. L'assenza della felicitprocurata dalla fantasia- poter di nuovo conseguire il piacere, liberi dall'assenso della realt- vi si manifesta in maniera inconfondibile. Noi sappiamo che tali sogni a occhi aperti sono il
nucleo e il prototipo dei sogni notturni. In fondo, il sogno notturno non altro che un sogno diurno diventato fruibile perchdi notte le pulsioni sono libere di scatenarsi, e alterato per via della forma che di notte assume l'attivitpsichica.
Ci siamo gifamiliarizzati con l'idea che anche un sogno a occhi aperti non necessariamente cosciente, che ci sono anche sogni a occhi aperti inconsci. Tali sogni diurni inconsci sono dunque la fonte tanto dei sogni notturni quanto dei sintomi
nevrotici.

Vi renderete conto dell'importanza della fantasia per la formazione dei sintomi grazie alla comunicazione seguente. Abbiamo detto che in caso di frustrazione la libido investe regressivamente le posizioni da essa abbandonate, alle quali tuttavia rimasta attaccata con certi contingenti. Non ritratteremo nrettificheremo questa asserzione nella quale va perinserito un elemento. Come trova la libido la strada verso questi punti di fissazione? Ebbene, tutti gli oggetti e gli orientamenti
abbandonati dalla libido non sono stati ancora definitivamente abbandonati in ogni senso. Essi o i loro derivati vengono ancora trattenuti con una certa intensitnelle rappresentazioni della fantasia. Basta quindi che la libido si ritiri nelle
fantasie, percha partire da esse trovi via libera a tutte le fissazioni rimosse. Queste fantasie hanno goduto di una certa tolleranza; tra esse e l'Io, per quanto acuti potessero essere i contrasti, non si giunti a un conflitto fintantochvenne
rispettata una certa condizione. Una condizione di natura quantitativa, che ora viene turbata dal riflusso della libido sulle fantasie. A causa di questo sovrappi l'investimento energetico delle fantasie aumenta al punto che esse diventano
esigenti, sviluppano una spinta in direzione della realizzazione.

Questo rende perinevitabile il conflitto tra esse e l'Io.

Preconsce o consce che fossero precedentemente, esse soggiacciono ora alla rimozione dell'Io e sono lasciate in balia dell'attrazione esercitata dall'inconscio. Dalle fantasie ora diventate inconsce, la libido ritorna alle loro origini
nell'inconscio, ossia ai suoi stessi punti di fissazione.

La retrocessione della libido sulla fantasia una tappa intermedia nella via verso la formazione dei sintomi, che ben merita una particolare denominazione. C. G. Jung ha coniato per essa il termine appropriatissimo di "introversione", ma lo ha
inopportunamente usato anche con altro significato. Noi ci atterremo all'accezione secondo cui introversione designa sia il distacco della libido dalle possibilitdi soddisfacimento reale, sia il sovrainvestimento di fantasie fino ad allora
tollerate come innocue. Un introverso non ancora un nevrotico, ma si trova in una situazione labile; al prossimo spostamento di forze, se non trova altri sbocchi per la sua libido ingorgata, sviluppercertamente dei sintomi. Il carattere irreale
del soddisfacimento nevrotico, e la trascuranza della differenza tra fantasia e realt sono invece gideterminati dal fatto che ci si sofferma nello stadio dell'introversione.

Avete certamente notato che nelle ultime discussioni ho introdotto un nuovo fattore nella compagine della concatenazione etiologica, ossia la quantit la grandezza delle energie che entrano in gioco. E' nostro dovere tener conto, in tutte le
occasioni, di questo fattore. Un'analisi puramente qualitativa delle condizioni etiologiche non ci basta. O, per dirla altrimenti, una concezione puramente DINAMICA di questi processi psichici insufficiente:

occorre anche il punto di vista ECONOMICO. Dobbiamo dirci che il conflitto tra due tendenze non scoppia, per quanto le condizioni relative al contenuto siano presenti da lungo tempo, se non sono raggiunte certe intensitd'investimento.
Analogamente, l'importanza patogena dei fattori costituzionali varia a seconda che nella disposizione sia MAGGIORMENTE presente una data pulsione parziale piuttosto che un'altra. Si puaddirittura immaginare che le disposizioni di tutti gli uomini
siano qualitativamente affini e si distinguano solo per questi rapporti quantitativi. Non meno decisivo il fattore quantitativo per quanto riguarda la capacitdi resistenza alla malattia nevrotica. Ciche conta QUALE IMPORTO di libido
inutilizzata una persona capace di tenere in sospeso e QUANTO GRANDE E' LA FRAZIONE della sua libido che essa in grado di convogliare dalla sessualitverso le mete della sublimazione. La meta ultima dell'attivitpsichica, meta che
qualitativamente puessere descritta come tendenza a conseguire piacere e a evitare dispiacere, considerata dal punto di vista economico si prospetta invece come il compito di dominare le quantitdi eccitamento (la massa di stimoli) operanti
nell'apparato psichico e di impedirne l'ingorgo che genera dispiacere.

Questo dunque quanto intendevo dirvi sulla formazione dei sintomi nelle nevrosi. Non devo pertrascurare di sottolineare espressamente, ancora una volta, che tutte quanto stato detto qui si riferisce solo alla formazione dei sintomi
nell'isteria.

Ginella nevrosi ossessiva - pur restando fermo l'essenziale si possono riscontrare molte cose diverse. I controinvestimenti che agiscono in senso contrario alle esigenze pulsionali (di essi abbiamo parlato anche in relazione all'isteria) erompono
nella nevrosi ossessiva e dominano il quadro clinico con le cosiddette ''formazioni reattive". Divergenze analoghe e ancora piprofonde si scoprono nelle altre nevrosi, ove le indagini sui meccanismi della formazione dei sintomi non sono ancora, in
alcun punto, giunte a conclusione.

Prima di congedarvi per oggi, vorrei per un istante richiamare la vostra attenzione su un aspetto della vita fantastica che degno dell'interesse pigenerale. C'un modo di ritornare dalla fantasia alla realt e questo modo l'arte. Anche
l'artista in germe un introverso, non molto distante dalla nevrosi. Incalzato da fortissimi bisogni pulsionali, vorrebbe conquistare onore, potenza, ricchezza, gloria e amore da parte delle donne; gli mancano peri mezzi per raggiungere queste
soddisfazioni. Perci come un qualsiasi altro insoddisfatto, egli si distacca dalla realte trasferisce tutto il suo interesse, nonchla sua libido, sulle formazioni di desiderio della vita fantastica, dalle quali potrebbe essere condotto alla
nevrosi. Anzi, necessario il concorso di parecchi fattori affinchquesto non diventi l'esito del suo sviluppo; tutti sappiamo quanto spesso proprio gli artisti soffrano, per nevrosi, di una parziale inibizione della loro capacitdi produrre.
Probabilmente la loro costituzione possiede una forte capacitdi sublimazione e una certa labilitquanto a rimozioni che determinano il conflitto. L'artista, tuttavia, trova la via di ritorno alla realtnel modo seguente. Egli non certo l'unico
a condurre una vita di fantasia. Il regno intermedio della fantasia accessibile a tutti per generale consenso, e chiunque soffra di privazioni se ne aspetta sollievo e conforto. Ma per coloro che non sono artisti la messe di piacere che possono
ricavare dalle fonti della fantasia molto limitata.

L'inesorabilitdelle loro rimozioni li costringe ad accontentarsi di quei magri sogni a occhi aperti che ancora riescono a diventare coscienti. Se uno un vero artista dispone di qualcosa in pi In primo luogo, sa elaborare i propri sogni a occhi
aperti in modo che essi perdano gli elementi troppo personali e diventino godibili anche per gli altri. Sa inoltre mitigarli al punto che essi non tradiscano facilmente la loro origine dalle fonti proibite. Possiede altresil misterioso potere di
modellare un certo materiale fino a renderlo la fedele immagine della sua rappresentazione fantastica, e sa poi congiungere a questa descrizione della sua fantasia inconscia un tale conseguimento di piacere che le rimozioni ne vengono, almeno
temporaneamente, sopraffatte e abolite. Se in grado di fare tutto ci egli offre agli altri la possibilitdi attingere nuovamente conforto e sollievo dalle fonti di piacere ormai inaccessibili del loro inconscio; si guadagna la loro riconoscenza
e ammirazione, e ottiene ora, per mezzo della sua fantasia, ciche prima aveva ottenuto solo nella sua fantasia: onore, potenza e amore.







Lezione 24 - IL NERVOSISMO COMUNE

Signore e Signori, ora che nelle ultime lezioni siamo venuti a capo di una parte cosdifficile del nostro assunto, ho deciso di abbandonare per un po' l'argomento e di rivolgermi a voi.

So infatti che siete scontenti. Vi eravate raffigurati in modo diverso una "Introduzione alla psicoanalisi". Vi aspettavate di ascoltare esempi vivi, non teoria. Vorreste dirmi che quella volta, quando vi raccontai la parabola di "Al pianterreno e
al primo piano", avevate afferrato qualcosa delle cause delle nevrosi, anche se avreste voluto che fossero osservazioni reali e non storie inventate. Oppure, quando all'inizio vi descrissi due sintomi - non inventati, questi, si spera - e ne
sviluppai la soluzione e il rapporto con la vita delle malate, vi si chiaril "senso" dei sintomi. Speravate che proseguissi in questo modo.

Invece vi ho offerto teorie prolisse, difficili da abbracciare mentalmente, che non erano mai complete, alle quali si aggiungeva sempre qualcosa di nuovo; ho lavorato con concetti che non vi avevo ancora presentato; sono passato da un'esposizione
descrittiva a una concezione dinamica, da questa a una concezione cosiddetta "economica"; vi ho reso difficile comprendere quanti, dei termini tecnici impiegati, significhino la stessa cosa e si alternino a vicenda solo per ragioni di eufonia; vi ho
presentato concezioni grandiose quali i princ髹i di piacere e di realte il patrimonio ereditato filogeneticamente; e, invece di introdurvi a qualcosa, vi ho fatto sfilare davanti agli occhi qualcosa che si allontana sempre pida voi.

Perchnon ho iniziato l'introduzione alla dottrina delle nevrosi con quello che voi gisapete sul nervosismo e che ha suscitato da tempo il vostro interesse? Con l'indole peculiare dei nervosi, le loro incomprensibili reazioni di fronte ai
rapporti umani e alle influenze esterne, la loro irritabilit la loro imprevedibilite inettitudine? Perchnon vi ho condotto passo passo dalla comprensione delle forme quotidiane pisemplici del nervosismo fino ai problemi delle sue
manifestazioni estreme ed enigmatiche?

Ebbene, Signori, non posso assolutamente darvi torto. Non sono infatuato della mia abilitespositiva al punto da spacciare ogni suo difetto per un'attrattiva particolare. Credo anch'io che si sarebbe potuto fare altrimenti, con maggior profitto da
parte vostra, ed era nelle mie intenzioni farlo. Ma non sempre si possono mettere in atto le proprie savie intenzioni. Spesso c'nella materia stessa qualcosa che ci comanda e ci distoglie dai nostri primi intenti. Perfino un'operazione cos modesta come il disporre secondo un certo ordine un materiale ben noto non interamente soggetta all'arbitrio dell'autore; riesce come vuole e solo retrospettivamente ci si puchiedere perchle cose siano andate cose non altrimenti.

Una delle ragioni di ciche probabilmente il titolo "Introduzione alla psicoanalisi" non piadatto per questa sezione, che deve trattare delle nevrosi. L'introduzione alla psicoanalisi data dallo studio degli atti mancati e del sogno; la
teoria delle nevrosi la psicoanalisi stessa. Non credo che in un tempo tanto breve avrei potuto rendervi edotti sul contenuto della teoria delle nevrosi altrimenti che in forma cosconcentrata. Si trattava percidi esporvi, mettendoli tra loro
in relazione, il senso e l'importanza dei sintomi, le condizioni esterne e interne che li determinano, e il meccanismo con cui si fondano. Questo quanto ho tentato di fare, ed pio meno il nocciolo di ciche la psicoanalisi ha da insegnare
oggi. A questo proposito c'era molto da dire sulla libido e sul suo sviluppo, e qualcosa anche sullo sviluppo dell'Io. Alle premesse della nostra tecnica, ai grandi temi dell'inconscio e della rimozione (o della resistenza) eravate gipreparati
dalla sezione introduttiva. In una delle prossime lezioni apprenderete da dove il lavoro psicoanalitico prenda le mosse per proseguire in modo organico.

Fin dall'inizio non vi ho tenuto nascosto che tutte le nostre scoperte derivano dallo studio di un unico gruppo di affezioni nervose, le cosiddette nevrosi di traslazione. Ho addirittura segu鮅o il meccanismo della formazione dei sintomi solo per la
nevrosi isterica. Anche se non avete potuto acquistare una solida conoscenza e tenere a mente ogni particolare, spero tuttavia che avrete ricavato un quadro dei mezzi con i quali la psicoanalisi lavora, dei problemi che affronta e dei risultati che
ha conseguito.

Vi ho attribuito il desiderio che la mia esposizione delle nevrosi iniziasse con il comportamento delle persone nervose, con la descrizione del modo in cui soffrono per la loro nevrosi, del modo in cui se ne difendono e ci si adattano. Certamente
questa una materia interessante, degna di essere studiata e anche non molto difficile da trattare, ma iniziare con essa implica dei problemi.

Si corre il rischio di non scoprire l'inconscio, trascurando nel contempo la grande importanza della libido e giudicando ogni cosa secondo come essa appare all'Io dei nervosi. Che questo Io non sia un'istanza attendibile e imparziale, ovvio. L'Io
infatti la potenza che rinnega l'inconscio e l'ha degradato a rimosso: come si dovrebbe crederlo capace di rendere giustizia all'inconscio?

Tra quanto stato rimosso ci sono in prima linea le pretese respinte della sessualit del tutto evidente che non potremo mai indovinare l'entite l'importanza di queste pretese basandoci sulle concezioni che ne ha l'Io. A partire dal momento in
cui cominciamo a intravedere il punto di vista della rimozione, veniamo ammoniti anche noi a non eleggere a giudice della controversia una delle due parti in causa, tantomeno quella vittoriosa. Siamo preparati al fatto che le dichiarazioni dell'Io
ci portano fuori strada. A volergli credere, l'Io stato attivo dappertutto, ha voluto e prodotto da si suoi sintomi. Noi sappiamo invece che ha dovuto subire una buona dose di passivit che poi vuole occultare e mascherare a sstesso. Invero,
non sempre si arrischia a fare questo tentativo; nei sintomi della nevrosi ossessiva, deve ammettere a sstesso che c'qualcosa di estraneo che gli si fa contro, da cui si difende solo a fatica.

Chi, nonostante questi ammonimenti, non rinuncia a prendere per moneta sonante le mistificazioni dell'Io, ha poi indubbiamente il gioco facile e riuscira sottrarsi alle resistenze che si oppongono all'accentuazione psicoanalitica dell'inconscio,
della sessualite della passivitdell'Io. Costui affermer come ha fatto Alfred Adler, che il "carattere nervoso'' la causa prima della nevrosi, anzichla sua conseguenza; non sarcomunque in grado di chiarire un solo dettaglio della
formazione dei sintomi o di spiegare un solo sogno.

Domanderete: "Non possibile riconoscere all'Io la parte che gli spetta nel nervosismo e nella formazione dei sintomi, senza con questo trascurare grossolanamente i fattori scoperti dalla psicoanalisi?" Rispondo: "Certo che dev'essere possibile, e
prima o poi, succeder ma non nell'indirizzo di lavoro della psicoanalisi cominciare proprio di qui". E' comunque possibile prevedere quando questo compito si presenteralla psicoanalisi.

Ci sono nevrosi alle quali l'Io prende parte in modo assai piintenso che non a quelle finora studiate; sono le cosiddette nevrosi "narcisistiche". Lo studio analitico di queste affezioni ci metterin grado di giudicare in modo imparziale e
attendibile la parte che ha l'Io nel manifestarsi della malattia nevrotica.

Tuttavia, una delle relazioni dell'Io con la sua nevrosi dtalmente nell'occhio che ha potuto essere presa in considerazione fin dall'inizio. Si direbbe che non manca mai; la si riconosce percon maggior chiarezza in un'affezione dalla cui
comprensione siamo oggi ancora lontani, ossia nella NEVROSI TRAUMATICA. Dovete sapere, infatti, che nell'etiologia e nel meccanismo di tutte le forme possibili di nevrosi entrano in azione sempre gli stessi fattori, solo che il significato
fondamentale per la formazione dei sintomi tocca ora all'uno ora all'altro di questi fattori.

Succede come con gli attori di una compagnia teatrale nella quale ognuno ha una parte fissa: eroe, confidente, intrigante eccetera; ciascuno persceglierun pezzo diverso per il suo spettacolo di beneficenza. Allo stesso modo: le fantasie che si
convertono in sintomi in nessun'altra nevrosi sono evidenti come nell'isteria; i controinvestimenti o formazioni reattive dell'Io dominano il quadro della nevrosi ossessiva; ciche nel caso del sogno abbiamo chiamato "elaborazione secondaria" sta
in primo piano sotto forma di delirio nella paranoia, e via dicendo.

Allo stesso modo nelle nevrosi traumatiche, particolarmente in quelle originate dagli orrori della guerra, si impone inequivocabilmente un motivo dell'Io di tipo egocentrico, motivo volto a ottenere protezione e vantaggio e che forse non pudi per
screare la malattia, ma le dil suo consenso e la sostiene una volta sorta. Questo motivo vuole preservare l'Io dai pericoli che, minacciandolo, furono la causa occasionale della malattia, e non permetterla guarigione se prima non sembrer escluso il ripetersi di essi, oppure solo dopo che sarottenuta una compensazione per lo scampato pericolo.

Ma l'Io ha un interesse analogo all'insorgere e al permanere della nevrosi in tutti gli altri casi. Abbiamo gidetto che i sintomi trovano sostegno anche nell'Io, perchun loro aspetto offre soddisfazione alla tendenza rimovente dell'Io stesso.
Inoltre, la risoluzione di un conflitto mediante la formazione di sintomi la via d'uscita picomoda e pigradita al principio di piacere; indubbiamente essa risparmia all'Io un grande e tormentoso lavoro interiore. Ci sono anzi casi nei quali il
medico stesso deve ammettere che lo sfociare di un conflitto nella nevrosi rappresenta la soluzione piinnocua e socialmente pitollerabile. Non stupitevi di udire che perfino il medico, talvolta, prende le parti della malattia contro cui
combatte. Non gli si addice rinserrarsi nella parte del fanatico della salute, di fronte a tutte le situazioni della vita; egli sa che al mondo non c'solo miseria nevrotica, ma anche sofferenza reale, irrimediabile, e che la necessitpuanche
esigere da un uomo il sacrificio della sua salute; e impara che attraverso tale sacrificio di un individuo singolo viene spesso impedita l'infelicitincommensurabile di molti altri. Se dunque si pudire che il nevrotico davanti a un conflitto
effettua sempre la "fuga nella malattia", bisogna anche concedere che in taluni casi questa fuga pienamente giustificata, e il medico che ha riconosciuto questo stato di cose si ritirersilenziosamente e con delicatezza in disparte.

Ma prescindiamo da questi casi eccezionali e procediamo nella discussione. In circostanze normali, riconosciamo che dall'evasione nella nevrosi deriva all'Io un certo interiore tornaconto della malattia. A questo si associa, in talune situazioni
dell'esistenza, un tangibile vantaggio esterno, cui va dato nella realtun valore pio meno alto. Considerate il caso pifrequente di questo tipo. Una donna, trattata brutalmente e sfruttata senza riguardi dal marito, trova assai spesso una via
di scampo nella nevrosi, se la sua predisposizione glielo consente, se troppo codarda o troppo scrupolosa per consolarsi segretamente con un altro uomo, se non abbastanza forte per separarsi dal marito sfidando gli impedimenti esterni, se non ha
la prospettiva di mantenersi da sola o di conquistarsi un uomo migliore, e inoltre se ancora legata sessualmente a quest'uomo brutale. La malattia diventa ora, nella lotta contro il marito prepotente, la sua arma, un'arma che puusare per
difendersi e di cui puabusare per vendicarsi. Essa pulamentarsi della sua malattia, mentre probabilmente non potrebbe lamentarsi del suo matrimonio. Trova un soccorritore nel medico, costringe il marito, solitamente privo di considerazione, a
usarle dei riguardi, a fare delle spese per lei, a concederle il tempo di assentarsi da casa e quindi di liberarsi dall'oppressione coniugale. Nel caso che un tale tornaconto esterno o accidentale della malattia sia molto rilevante e non possa
trovare alcun sostituto reale, non fate molto assegnamento sulla possibilitdi influire sulla nevrosi mediante la vostra terapia.

Mi farete osservare che quello che vi ho raccontato sul tornaconto della malattia parla interamente a favore della concezione da me respinta, che sia l'Io stesso a volere e a creare la nevrosi.

Adagio, Signori, forse cisignifica soltanto che l'Io tollera la nevrosi, la quale d'altronde non puessere impedita, e che ne trae il meglio, ammesso che se ne possa trarre qualcosa. Questo solo un lato della questione, e per la veritquello
gradevole.

Finchla nevrosi presenta vantaggi, l'Io senz'altro d'accordo con essa, ma essa non presenta soltanto vantaggi. Di solito diviene ben presto evidente che l'Io ha fatto un cattivo affare a mettersi con la nevrosi. Ha comprato a troppo caro prezzo
un alleviamento del conflitto, e le sofferenze legate ai sintomi sono forse un sostituto che equivale ai tormenti del conflitto, ma probabilmente con un sovrappidi dispiacere. L'Io vorrebbe liberarsi da questo dispiacere dei sintomi, ma non
rinunciare al tornaconto della malattia, ed appunto questo che non gli riesce.

Cidimostra che non era cosinteramente attivo come credeva di essere; e questo lo terremo bene a mente.

Signori, se in qualitdi medici avrete a che fare con nevrotici, abbandonerete presto la speranza che coloro che gemono e piangono piforte sulla loro malattia vengano pivolenterosamente incontro all'aiuto loro prestato e offrano le minori
resistenze.

Avviene piuttosto il contrario. D'altronde vi sarfacile capire che tutto ciche contribuisce al tornaconto della malattia rafforza la resistenza della rimozione e aumenta la difficoltterapeutica. Alla parte di tornaconto della malattia che
nasce, per cosdire, col sintomo, dobbiamo peraggiungerne un'altra, che sorge pitardi. Quando un'organizzazione psichica come la malattia perdura per parecchio tempo, finisce per comportarsi come un essere indipendente; manifesta una sorta di
pulsione di autoconservazione, una specie di "modus vivendi", si stabilisce tra essa e le altre componenti della vita psichica, perfino quelle che le sono fondamentalmente ostili, e difficilmente le mancano le occasioni per tornare a dimostrarsi
utile e sfruttabile, per acquisire, direi quasi, una FUNZIONE SECONDARIA, che ne rafforza nuovamente la stabilit Invece di un esempio tratto dalla patologia, prendiamo un caso crudamente illustrativo traendolo dalla vita quotidiana. Un bravo
lavoratore che si guadagna la vita viene storpiato da un infortunio sul lavoro; con il lavoro finita, per il poveretto, che percol tempo riceve una piccola pensione di invalidite impara a sfruttare come mendicante la sua mutilazione. La sua
nuova esistenza, per quanto peggiorata, si basa ora proprio su ciche lo ha privato dell'esistenza precedente. Se voi poteste togliergli la deformazione, lo rendereste nell'immediato privo di mezzi di sussistenza e sorgerebbe il problema se sia
ancora capace di riprendere il lavoro di prima. Ciche nel caso della nevrosi corrisponde a un simile sfruttamento secondario della malattia possiamo contrapporlo al tornaconto primario, dandogli il nome di tornaconto SECONDARIO della malattia.

In generale, vorrei dirvi di non sottovalutare l'importanza pratica del tornaconto della malattia e, al tempo stesso, di non lasciarvi impressionare da esso sotto l'aspetto teorico. Anche a prescindere dai casi eccezionali di cui abbiamo
precedentemente riconosciuto l'esistenza, esso richiama alla mente gli esempi di " saggezza degli animali ", che Oberl鄚der ha illustrato nei "Fliegende Bl酹ter''. Un arabo percorre sul suo cammello uno stretto sentiero scavato in una ripida parete
rocciosa. A una svolta del cammino, si vede improvvisamente di fronte un leone, che si prepara a spiccare il salto. Non vede alcuna via di scampo:

da una parte la parete verticale, dall'altra l'abisso; voltarsi e fuggire impossibile; si dper spacciato. Ma non cosl'animale.

Esso fa, con il suo cavaliere, un balzo nell'abisso... e al leone non resta che guardare. Anche gli aiuti prestati dalla nevrosi non hanno, di solito, un esito migliore per l'ammalato. Cipudipendere dal fatto che la risoluzione di un conflitto
mediante la formazione di sintomi un processo automatico che non in grado di mostrarsi all'altezza delle esigenze della vita e nel quale l'uomo ha rinunciato all'impiego delle sue migliori e pielevate energie. Se ci fosse possibilitdi
scelta, si dovrebbe preferire soccombere lottando lealmente con il destino.

Signori, vi sono ancora debitore delle ragioni per cui nella mia esposizione della teoria delle nevrosi non sono partito dal nervosismo comune. Forse supponete che l'abbia fatto perchin questo caso dimostrare l'origine sessuale delle nevrosi mi
sarebbe stato assai pidifficile. Ma qui sbagliereste, perchse nelle nevrosi di traslazione ci si deve far strada attraverso l'interpretazione dei sintomi prima di arrivare a questa conclusione, nelle forme comuni delle cosiddette NEVROSI ATTUALI
l'importanza etiologica della vita sessuale un dato di fatto evidente che si impone all'osservazione. Io mi sono imbattuto in esso pidi venti anni fa allorchun giorno mi domandai perchmai nell'esame dei nervosi si trascurasse tanto
ostinatamente di prendere in considerazione le loro attivitsessuali. A queste ricerche sacrificai allora la mia popolaritpresso gli ammalati, ma gidopo breve fatica potei formulare la tesi che "con una vita sessuale normale, la nevrosi impossibile": intendevo la nevrosi attuale. Certamente la tesi trascura troppo le differenze individuali degli uomini e soffre anche dell'indeterminatezza che non puandare disgiunta dal giudizio di "normale"; tuttavia, ai fini di un orientamento
approssimativo, essa ha conservato ancora oggi il suo valore. A quel tempo ero giunto al punto di postulare relazioni specifiche tra determinate forme di nervosismo e particolari pratiche sessuali nocive, e non dubito che oggi potrei ripetere le
stesse osservazioni, se avessi a disposizione un analogo materiale patologico. Riscontrai abbastanza spesso che un uomo che si accontentava di un certo genere di soddisfacimento sessuale incompleto, per esempio l'onanismo manuale, era affetto da una
determinata forma di nevrosi attuale, e che questa nevrosi cedeva prontamente il posto a un'altra nevrosi quando egli introduceva un altro regime sessuale, altrettanto poco irreprensibile. Ero allora in grado di indovinare dal mutamento dello stato
dell'ammalato il cambiamento avvenuto nel suo tipo di vita sessuale. A quel tempo imparai anche a perseverare ostinatamente nelle mie supposizioni, finchnon avessi superato l'insinceritdei pazienti e li avessi costretti alla conferma. E' vero
anche che essi preferivano poi andare da altri medici, i quali non si informavano tanto zelantemente sulla loro vita sessuale.

Anche allora non poteva sfuggirmi il fatto che le cause della malattia non rimandavano sempre alla vita sessuale. L'uno, vero, si era ammalato direttamente per una pratica sessuale nociva, ma l'altro perchaveva perso il suo patrimonio o aveva
avuto una malattia organica che l'aveva estenuato. La spiegazione di questa varietl'ebbi pitardi, allorchvenni a conoscenza delle relazioni reciproche e da me sospettate tra l'Io e la libido, e la spiegazione divenne tanto pisoddisfacente
quanto piin profonditgiungeva la mia conoscenza. Una persona si ammala di nevrosi solo nel caso in cui il suo Io abbia perso la capacitdi collocare in qualche modo la sua libido. Quanto piforte l'Io, tanto pifacile gli diventa la
soluzione di questo compito; ogni indebolimento dell'Io - qualsiasi ne sia la causa - destinato ad accrescere smisuratamente le pretese della libido, e rende quindi possibile la malattia nevrotica. Ci sono anche altre e piintime relazioni tra
l'Io e la libido, le quali pernon sono ancora apparse al nostro orizzonte, e che percinon mi accingo a spiegare qui. Resta per noi essenziale e istruttivo il fatto che, in ogni caso e indipendentemente dal modo in cui si instaurla malattia, i
sintomi della nevrosi sono sorretti dalla libido e attestano cosun impiego abnorme della stessa.

Ora, tuttavia, devo richiamare la vostra attenzione sulla differenza decisiva che c'tra i sintomi delle nevrosi attuali e quelli delle psiconevrosi, il primo gruppo delle quali, le nevrosi di traslazione, ci ha tenuti tanto occupati finora. In
entrambi i casi, i sintomi hanno origine dalla libido, sono quindi impieghi abnormi di questa, sostituti del soddisfacimento. Ma i sintomi delle nevrosi attuali - senso di pressione alla testa, percezioni dolorose, stato di irritazione di un organo,
indebolimento o inibizione di una funzione - non hanno alcun "senso", alcun significato psichico. Non solo si manifestano prevalentemente sul corpo (come, ad esempio, anche i sintomi isterici), ma sono essi stessi processi interamente somatici, alla
cui genesi non concorre nessuno dei complicati meccanismi psichici di cui siamo venuti a conoscenza. Dunque questi, e non i sintomi psiconevrotici, rispondono alle caratteristiche per coslungo tempo ascritte ai secondi. Ma come possono allora
corrispondere a impieghi della libido, che abbiamo conosciuto come una forza operante nella psiche? Ebbene, Signori, molto semplice. Permettetemi di riesumare una delle primissime obiezioni che sono state sollevate contro la psicoanalisi. Si disse
allora che essa tentava di costruire una teoria puramente psicologica dei fenomeni nevrotici, e che ciera completamente privo di prospettive giacchmai le teorie psicologiche avrebbero potuto spiegare una malattia. Si preferiva dimenticare che la
funzione sessuale non affatto qualcosa di puramente psichico, coscome non qualcosa di meramente somatico. Essa influisce sulla vita somatica non meno che su quella psichica. Visto che nei sintomi delle psiconevrosi abbiamo imparato a
riconoscere le manifestazioni dei disturbi nei loro effetti psichici, non ci stupiremo di trovare nelle nevrosi attuali le dirette conseguenze somatiche dei disturbi sessuali.

Per la concezione di questi ultimi disturbi, la clinica medica ci duna preziosa indicazione, tenuta presente da diversi ricercatori. Le nevrosi attuali, nei particolari della loro sintomatologia ma anche nella loro peculiaritdi influenzare tutti
i sistemi organici e tutte le funzioni, rivelano un'inconfondibile somiglianza con gli stati morbosi che insorgono per l'influsso cronico di sostanze tossiche esterne e per l'improvvisa sottrazione delle medesime: con le intossicazioni e con gli
stati di astinenza. I due gruppi di affezioni vengono ancora pistrettamente avvicinati per l'interporsi di quegli stati che, come il morbo di Basedow, vanno notoriamente fatti risalire all'azione di sostanze tossiche: non di tossine che vengono
introdotte nel corpo dall'esterno, bensdi tossine che traggono origine dal metabolismo stesso del soggetto. Secondo me, conformemente a queste analogie, non possiamo fare a meno di considerare le nevrosi quali conseguenze di disturbi del
metabolismo sessuale, sia che queste tossine sessuali vengano prodotte in quantitmaggiore a quella cui l'individuo pufar fronte, sia che condizioni interne e persino psichiche pregiudichino il giusto impiego di queste sostanze. L'anima popolare
ha reso omaggio fin dai tempi piremoti a ipotesi consimili sulla natura del desiderio sessuale: essa chiama l'amore una "ebbrezza" e fa nascere l'innamoramento per opera di filtri amorosi, spostandone in certo qual modo verso l'esterno la sostanza
agente. Quanto a noi, questa potrebbe esser l'occasione di rammentarci delle zone erogene e dell'affermazione che l'eccitamento sessuale pusorgere nei pidiversi organi. Per il resto per l'espressione ''metabolismo sessuale" o "chimismo della
sessualit priva di contenuto; non sappiamo nulla in proposito e non possiamo nemmeno decidere se dobbiamo supporre due sostanze sessuali, che si chiamerebbero "maschile" e ''femminile'', oppure se il caso di accontentarsi di una sola tossina
sessuale nella quale ravvisare il veicolo di tutti gli effetti stimolanti della libido. L'edificio dottrinale della psicoanalisi che abbiamo creato in realtuna sovrastruttura, che prima o poi ha da essere collocata sul suo fondamento organico;
ma questo non ci ancora noto.

La psicoanalisi come scienza caratterizzata non dalla materia che tratta, ma dalla tecnica con la quale opera. La si puapplicare tanto alla storia della civilt alla scienza delle religioni e alla mitologia quanto alla teoria delle nevrosi,
senza fare violenza alla sua natura. Cicui essa mira e che raggiunge non altro che la scoperta dell'inconscio nella vita psichica. I problemi delle nevrosi attuali, i cui sintomi sorgono probabilmente per un intervento nocivo diretto di natura
tossica, non offrono alla psicoanalisi alcun punto d'approccio; essa pufare ben poco per chiarirli e deve lasciare questo compito all'indagine medico-biologica. Forse ora comprendete meglio perchnon abbia scelto un'altra disposizione per la mia
materia. Se vi avessi promesso una "Introduzione alla teoria delle nevrosi", la via giusta sarebbe stata indubbiamente quella che va dalle semplici manifestazioni che caratterizzano le nevrosi attuali alle malattie psichiche picomplicate dovute a
disturbo della libido.

In relazione alle prime avrei dovuto raccogliere tutto ciche abbiamo appreso o crediamo di sapere da diverse fonti, e, in relazione alle psiconevrosi, sarebbe poi intervenuta la psicoanalisi, come il piimportante ausilio tecnico per far luce su
questi stati. Mi ero perproposto, e avevo annunciato, una "Introduzione alla psicoanalisi"; per me era piimportante che voi acquisiste un'idea della psicoanalisi che non qualche nozione sulle nevrosi, e dunque non potevo pimettere in primo
piano le nevrosi attuali, che per la psicoanalisi sono sterili. Credo anche di aver fatto la scelta pivantaggiosa per voi, poich per la portata delle sue premesse e per la vastitdei suoi nessi, la psicoanalisi merita un posto nell'interesse di
ogni persona colta; la teoria delle nevrosi invece un capitolo della medicina come un altro.

Vi aspetterete nondimeno, e giustamente, che dedichiamo un po' di attenzione anche alle nevrosi attuali. Gila loro intima connessione clinica con le psiconevrosi ci costringe a farlo. Vi comunicherquindi che noi distinguiamo tre forme pure di
nevrosi attuale: la nevrastenia, la nevrosi d'angoscia e l'ipocondria.

Anche questa ripartizione non andata esente da confutazioni. I nomi, vero, sono tutti in uso, ma il loro contenuto indeterminato e oscillante. Ci sono anche medici che si oppongono a ogni distinzione nel caotico mondo dei fenomeni nevrotici, a
ogni rilevazione di unitcliniche o malattie singole, e che non riconoscono nemmeno la divisione tra nevrosi attuali e psiconevrosi. Secondo me vanno troppo oltre e non hanno imboccato la via che conduce al progresso.

Le forme di nevrosi menzionate compaiono occasionalmente in forma pura; pispesso, a dire il vero, si mescolano l'una con l'altra e con un'affezione psiconevrotica. Questo fatto non deve necessariamente indurci a rinunciare alla loro distinzione.

Pensate alla differenza tra lo studio dei minerali e quello delle rocce, nella mineralogia. Certamente i minerali vengono descritti come individui in base al fatto che spesso si presentano sotto forma di cristalli, nettamente delimitati da ciche
li circonda.

Le rocce consistono in aggregati di minerali, che sicuramente non si sono combinati per caso, ma conformemente alle condizioni che hanno determinato la loro origine. Nella teoria delle nevrosi noi comprendiamo ancora troppo poco del loro processo di
sviluppo per creare qualcosa di simile alla petrografia. Siamo percertamente nel giusto isolando dapprima dalla massa le individualitcliniche da noi riconoscibili, che sono paragonabili ai minerali.

Una interessante relazione tra i sintomi delle nevrosi attuali e quelli delle psiconevrosi ci reca un ulteriore e significativo contributo alla conoscenza della formazione dei sintomi in queste ultime; il sintomo della nevrosi attuale costituisce
infatti spesso il nucleo e il primo stadio del sintomo psiconevrotico.

Tale rapporto si osserva con maggior chiarezza tra la nevrastenia e quella nevrosi di traslazione che detta "isteria di conversione", tra la nevrosi d'angoscia e l'isteria d'angoscia, ma anche tra l'ipocondria e le forme che saranno menzionate pi tardi con il termine di parafrenia (dementia praecox e paranoia).

Prendiamo come esempio il caso di un isterico mal di testa o di reni. L'analisi ci mostra che, mediante condensazione e spostamento, esso diventato il soddisfacimento sostitutivo di un'intera serie di fantasie o di ricordi libidici. Un tempo per questo dolore era reale, e si trattava di un sintomo tossico- sessuale diretto, espressione corporea di un eccitamento libidico.

Non vogliamo in alcun modo affermare che tutti i sintomi isterici contengono un nucleo di questo tipo, ma un fatto che cisi verifica con particolare frequenza e che tutti gli influssi - normali o patologici esercitati sul corpo dall'eccitamento
libidico vengono privilegiati ai fini della formazione di sintomi isterici. In questo caso essi svolgono la funzione del granello di sabbia che il mollusco avvolge con strati di sostanza madreperlacea. Parimenti i segni passeggeri dell'eccitamento
sessuale che accompagnano l'atto sessuale vengono impiegati dalla psiconevrosi come il materiale piopportuno e appropriato per la formazione dei sintomi.

Un simile processo offre un particolare interesse diagnostico e terapeutico. Non di rado, in persone che sono predisposte alla nevrosi, pur senza soffrire di una nevrosi conclamata, accade che un'alterazione corporea morbosa - per esempio per
infiammazione o ferita - metta in moto l'attivitdi formazione del sintomo, cosche questa, in modo rapidissimo, fa del sintomo offertogli dalla realtil rappresentante di tutte quelle fantasie inconsce che attendevano soltanto l'opportunitdi
impadronirsi di un mezzo d'espressione. In tal caso il medico seguir nella terapia, ora l'una ora l'altra strada; o si proporrdi eliminare la base organica, senza curarsi della sua chiassosa rielaborazione nevrotica, oppure vorrcombattere la
nevrosi sorta in quell'occasione tenendo in poco conto il suo occasionale motivo organico. Il risultato darragione o torto ora a questo ora a quel tipo di cura: per simili casi misti difficile stabilire precetti generali.







Lezione 25 - L'ANGOSCIA

Signore e Signori, in ciche vi ho detto nell'ultima lezione sul nervosismo generale avrete certamente ravvisato la piincompleta e insufficiente delle mie esposizioni. So che questo vero e penso che niente vi avrmeravigliato di pidel fatto
che in essa non si facesse menzione dell'angoscia di cui pure si lamenta la maggior parte dei nervosi, i quali la definiscono come la loro piterribile sofferenza; tale angoscia realmente puraggiungere in essi la massima intensite indurli a
fare le cose pifolli. Ma su questo punto almeno non volevo apparirvi troppo stringato, dato che il mio proposito era, al contrario, di mettere a fuoco con particolare cura il problema dell'angoscia nei nervosi e di illustrarvelo esaurientemente.

Non occorre che vi rappresenti l'angoscia in quanto tale; a ognuno di noi successo di provare personalmente questa sensazione o, per meglio dire, questo stato affettivo. Ma penso che non ci si sia mai posti abbastanza sul serio la domanda perch proprio i nervosi provino angoscia tanto pisovente e tanto pifortemente degli altri. Forse lo si riteneva cosa ovvia; comunemente infatti le parole "nervoso" e "ansioso" vengono usate l'una per l'altra, come se significassero la stessa cosa; ma
cinon giusto: ci sono persone angosciate che per il resto non sono affatto nervose, e nervosi che soffrono di molti sintomi, tra i quali pernon si riscontra la tendenza all'angoscia.

Comunque stiano le cose, resta fermo che il problema dell'angoscia un punto nodale, nel quale convergono tutti i pisvariati e importanti interrogativi, un enigma la cui soluzione destinata a gettare un fascio di luce su tutta la nostra vita
psichica. Io non sostengo di essere in grado di darvi questa soluzione completa; ma vi aspetterete certamente che la psicoanalisi affronti anche questo tema in modo del tutto diverso dalla medicina scolastica.

Lsembra che ci si interessi soprattutto delle vie anatomiche per le quali s'instaura lo stato d'angoscia. Si dice che stimolato il midollo allungato, e l'ammalato apprende di soffrire di una nevrosi del nervo vago. Il midollo allungato un
argomento molto serio e affascinante. Mi ricordo benissimo quanto tempo e fatica ho dedicato anni fa al suo studio. Oggi perdevo dire che per me non c'nulla di piindifferente, per la comprensione della psicologia dell'angoscia, della
conoscenza della via nervosa lungo la quale corrono i suoi eccitamenti.

Si pudapprima trattare per un bel pezzo dell'angoscia senza pensare affatto al nervosismo. Capite senz'altro che cosa voglio dire se designo questa angoscia come angoscia "reale", in contrapposizione all'angoscia "nevrotica". L'angoscia reale ci
appare dunque come qualcosa di assai razionale e comprensibile. Di essa affermeremo che la reazione alla percezione di un pericolo esterno, ciodi un danno atteso, previsto; che collegata al riflesso della "fuga", e che puessere considerata
un'espressione della pulsione di autoconservazione. In quali occasioni compaia l'angoscia, ossia di fronte a quali oggetti e in quali situazioni, dipendernaturalmente in gran parte dalla quantitdi cose che il soggetto conosce e dal senso che
egli ha del proprio potere nei confronti del mondo esterno. Troviamo del tutto comprensibile che il selvaggio abbia paura di un cannone e sia terrorizzato da un'eclissi solare, mentre il bianco, che sa maneggiare quello strumento e prevedere
quell'evento, in tali circostanze, non si angoscia affatto. Altre volte proprio il maggior sapere a favorire l'angoscia, perchpermette di riconoscere tempestivamente il pericolo. Cosil selvaggio si spaventerdavanti a una traccia, nella
foresta, che non dice nulla all'inesperto ma che a lui rivela la vicinanza di una bestia feroce; e l'esperto navigante osservercon terrore una nuvoletta in cielo, che al passeggero pare insignificante mentre a lui annuncia l'approssimarsi
dell'uragano.

Dopo ulteriore riflessione, si deve dire che il giudizio secondo cui l'angoscia reale razionale e appropriata ha bisogno di essere radicalmente rivisto. In caso di pericolo incombente l'unico comportamento appropriato sarebbe infatti la fredda
valutazione delle proprie forze rapportata all'entitdella minaccia, e in base a cila decisione se offra maggiori prospettive di buon esito la fuga o la difesa, o eventualmente anche l'attacco. In questo contesto non c'perposto per
l'angoscia: tutto ciche viene fatto sarebbe fatto altrettanto bene, e forse meglio se non sopravvenisse alcuno sviluppo d'angoscia. E' anche chiarissimo che, se l'angoscia raggiunge un'intensiteccessiva, si dimostra assai inappropriata,
paralizza ogni azione, compresa quella della fuga. Abitualmente la reazione al pericolo consiste in un miscuglio di affetto d'angoscia e di azione di difesa. L'animale spaventato ha paura e fugge; ma ciche qui appropriato la "fuga", non
l'"aver paura".

Ci sentiamo dunque tentati di affermare che lo sviluppo d'angoscia non mai confacente allo scopo. A meglio comprendere, forse ci sard'aiuto scomporre piaccuratamente la situazione d'angoscia.

Il primo dato in essa la PREPARAZIONE di fronte al pericolo, che si esprime in un aumento dell'attenzione sensoriale e della tensione motoria. Questa attesa preparatoria va riconosciuta senza esitazione come vantaggiosa; anzi, la sua mancanza
comporterebbe serie conseguenze. Da essa hanno origine, da una parte, l'azione motoria - in primo luogo la fuga, e a uno stadio pielevato la difesa attiva - e, dall'altra, ciche percepiamo come stato d'angoscia. Quanto pilo sviluppo d'angoscia
si limita a un puro accenno, a un segnale, tanto piindisturbata si compie la conversione in azione di questa preparazione all'angoscia, e tanto piappropriatamente si struttura l'intero processo. In ciche noi chiamiamo angoscia, la PREPARAZIONE
all'angoscia mi sembra dunque essere l'elemento appropriato, e lo SVILUPPO d'angoscia quello non appropriato.

Evito di addentrarmi pia fondo nel quesito se il nostro uso linguistico intenda designare con "angoscia", "paura", "spavento" la stessa cosa o cose chiaramente differenti. Penso solo che "angoscia" si riferisce allo stato e prescinde dall'oggetto,
mentre "paura" richiama l'attenzione proprio sull'oggetto.

"Spavento" sembra invece avere un senso particolare, ossia mettere in risalto l'effetto di un pericolo che non viene accolto in uno stato di preparazione all'angoscia. Cosicchsi potrebbe dire che l'uomo si protegge dallo spavento con l'angoscia.

Non vi sarsfuggita una certa ambiguite indeterminatezza nell'uso della parola "angoscia". Perlopicon "angoscia" intendiamo lo stato soggettivo in cui ci si viene a trovare con la percezione dello "sviluppo d'angoscia", e chiamiamo questo stato
un affetto. E che cos'in senso dinamico un affetto? In ogni caso, qualcosa di molto composito. Un affetto comprende in primo luogo certe innervazioni, o scariche motorie, e in secondo luogo certe sensazioni; queste ultime sono di natura duplice:
le percezioni delle azioni motorie che si sono verificate e le sensazioni dirette di piacere e dispiacere, che danno all'affetto, come si dice, la nota fondamentale. Non credo perche con questa enumerazione si sia colta l'essenza dell'affetto. Nel
caso di alcuni affetti crediamo di vedere piin profondite di riconoscere che il nucleo che tiene unito l'insieme sovradescritto sia la ripetizione di una determinata esperienza significativa.

Questa esperienza potrebbe essere solo un'impressione assai primordiale, di natura generalissima, da situarsi nella preistoria non dell'individuo, bensdella specie. Per farmi comprendere meglio, lo stato affettivo sarebbe costruito allo stesso
modo di un attacco isterico, sarebbe come questo il sedimento di una reminiscenza. L'attacco isterico sarebbe dunque paragonabile a un affetto individuale di nuova formazione, l'affetto normale all'espressione di un'isteria generale divenuta
retaggio.

Non dovete supporre che ciche io vi ho detto qui sugli affetti sia patrimonio riconosciuto della psicologia normale. Si tratta, al contrario, di concezioni che sono nate sul terreno della psicoanalisi e che solo lsono di casa. Ciche nella
psicologia potete apprendere intorno agli affetti, per esempio la teoria di James-Lange, per noi psicoanalisti addirittura incomprensibile e tale da non poter essere discussa. Non riteniamo permolto sicura nemmeno la nostra conoscenza in materia
di affetti; il nostro un primo tentativo di orientarci in questo territorio oscuro. Andiamo avanti. Per quanto riguarda l'affetto d'angoscia, crediamo di sapere di quale impressione primordiale sia la ripetizione:

riproduce l'atto della nascita, nel quale ha luogo quel misto di sentimenti spiacevoli, di impulsi di scarica e di sensazioni corporee che divenuto il prototipo dell'effetto prodotto da un pericolo mortale e che da allora viene da noi ripetuto
come stato d'angoscia. L'enorme incremento di stimoli, dovuto all'interruzione del ricambio del sangue (ossia della respirazione interna), fu allora la causa dell'esperienza d'angoscia: la prima angoscia fu dunque un'angoscia tossica. Il termine
"angoscia" - "angustiae", Enge" sottolinea il carattere del restringimento del respiro, che allora fu presente come conseguenza della situazione reale e che oggi viene quasi sempre riprodotto nell'affetto.

Riconosciamo anche come ricco di implicazioni il fatto che quel primo stato d'angoscia ebbe origine dalla separazione dalla madre.

Naturalmente siamo persuasi che la disposizione a ripetere il primo stato d'angoscia si sia incorporata cosprofondamente, attraverso una serie incalcolabile di generazioni, nell'organismo, che un singolo individuo non pusfuggire all'affetto
d'angoscia anche se come il leggendario Macduff, "fu tratto innanzi tempo, con un taglio dal grembo di sua madre" ["Macbeth"] e quindi non sperimentegli stesso l'atto della nascita. Quale sia stato per gli animali non mammiferi il prototipo dello
stato d'angoscia, non possiamo dirlo. D'altro canto, non sappiamo nemmeno quale sia il complesso di sensazioni che in queste creature equivale alla nostra angoscia.

Vi interesserforse sapere come si possa giungere a un'idea come quella che l'atto della nascita sia la fonte e il prototipo dell'affetto dell'angoscia. Qui la speculazione quasi non c'entra; mi sono avvalso piuttosto dell'ingenuo pensiero del
popolo. Molti anni fa, mentre noi giovani medici ospedalieri eravamo a pranzo in una trattoria, un assistente della clinica ostetrica ci raccontun divertente episodio occorso nell'ultimo esame per levatrici. A una candidata venne chiesto che cosa
significa, al momento della nascita, la presenza di meconio (escrementi del feto) nell'acqua che esce, ed essa rispose prontamente: "Che il bambino ha paura".

Venne derisa e bocciata. Io perpresi in silenzio le sue parti e cominciai a sospettare che quella povera donna del popolo avesse candidamente messo il dito su un'importante correlazione.

Se passiamo ora all'angoscia nevrotica, quali nuove forme e situazioni l'angoscia manifesta nei nervosi? Qui occorre una lunga descrizione. Troviamo in primo luogo un generale stato di ansiet un'angoscia per cosdire liberamente fluttuante, che pronta ad agganciarsi a ogni contenuto rappresentativo in qualche modo adatto, che influisce sul giudizio, seleziona le aspettative, spia ogni opportunitper trovare una giustificazione. Noi chiamiamo questo stato "angoscia d'attesa" o "attesa
angosciosa". Le persone che sono tormentate da questo genere di angoscia prevedono fra tutte le possibilitsempre la piterribile, interpretano ogni avvenimento casuale come un segno premonitore di sventura, sfruttano ogni incertezza nel senso
peggiore. L'inclinazione a tale attesa di sventura si riscontra come tratto di carattere in molti uomini che quanto al resto non possono essere definiti malati, ma sono chiamati iperansiosi o pessimisti; per altro verso, l'angoscia d'attesa entra
regolarmente in misura considerevole in un'affezione nervosa che ho denominato "nevrosi d'angoscia" e che annovero tra le nevrosi attuali.

Una seconda forma di angoscia, al contrario di quella or ora descritta, psichicamente legata e connessa a certi oggetti o situazioni. E' l'angoscia delle "fobie", estremamente varie e spesso singolarissime. Stanley Hall, lo stimato psicologo
americano, si dato recentemente la pena di presentarci l'intera gamma di queste fobie con sfarzosa nomenclatura greca: sembrerebbe l'enumerazione delle dieci piaghe d'Egitto, se non fosse che il loro numero di gran lunga superiore a dieci.
Sentite quante cose possono diventare oggetto o contenuto di una fobia: oscurit aria libera, spiazzi aperti, gatti, ragni, bruchi, serpenti, topi, temporali, punte acuminate, sangue, ambienti chiusi, ressa umana, solitudine, traversata di ponti,
viaggi per mare e ferrovia eccetera. A un primo tentativo di orientarsi in questo brulichio viene spontaneo distinguere tre gruppi. Alcuni degli oggetti e delle situazioni temute hanno anche per noi persone normali qualcosa di inquietante, hanno un
nesso con un pericolo; e queste fobie, per conseguenza, non ci sembrano incomprensibili, benchsiano esagerate quanto a intensit Cosla maggior parte di noi prova una sensazione di ripugnanza imbattendosi in un serpente. Si pudire che quella
dei serpenti una fobia universalmente umana, e Charles Darwin ha descritto in modo molto suggestivo come non potsottrarsi alla paura davanti a un serpente che gli si stava avventando contro, benchsi sapesse protetto da una spessa lastra di
vetro. In un secondo gruppo collochiamo i casi in cui sussiste ancora la relazione con un pericolo, quantunque siamo abituati a non tenerlo in gran conto e a non metterlo in rilievo. Rientra in questa categoria la maggior parte delle fobie di
situazione.

Sappiamo che in un viaggio per ferrovia c'una probabilitin pidi avere un incidente che non restando a casa, e cioquella dello scontro ferroviario; sappiamo anche che una nave puandare a fondo, nel qual caso di regola si affoga; ma non
pensiamo a questi pericoli e viaggiamo senza timore per ferrovia e per nave. Non possiamo nemmeno negare che, se il ponte crollasse nel momento in cui lo attraversiamo, precipiteremmo nel fiume, ma si tratta di un'eventualittalmente rara che non
la prendiamo affatto in considerazione come un pericolo. Anche la solitudine ha i suoi pericoli, e noi li evitiamo in determinate circostanze; ma cinon vuol dire che non possiamo mai sopportarla a nessuna condizione, neanche per un momento. Lo
stesso vale per la ressa umana, per l'ambiente chiuso, per il temporale, e via dicendo. Ciche ci sconcerta in queste fobie dei nevrotici non tanto, in genere, il loro contenuto quanto la loro intensit L'angoscia delle fobie senza appello! E
talvolta abbiamo l'impressione che i nevrotici non si angoscino affatto per le stesse cose e situazioni che in certe circostanze possono provocare angoscia anche in noi e che pure essi definiscono con gli stessi nomi.

Ci rimane un terzo gruppo di fobie, che la nostra intelligenza non riesce pia seguire affatto. Quando un uomo adulto, forte, incapace per via dell'angoscia di attraversare una strada o una piazza della cittnatale, a lui ben nota; quando una
donna sana, ben sviluppata, cade in preda a un'irragionevole angoscia perchun gatto le ha sfiorato l'orlo del vestito o un topolino sgusciato attraverso la stanza, come possiamo stabilire un collegamento col pericolo che tuttavia, evidentemente,
esiste per questi soggetti fobici? Nel caso delle zoofobie che appartengono a questo gruppo non putrattarsi di un'accentuazione di universali antipatie umane, poich come a dimostrare il contrario, numerose sono le persone che non possono passare
accanto a un gatto senza chiamarlo a so accarezzarlo. Il "topolino", tanto temuto dalle donne, contemporaneamente un vezzeggiativo affettuoso di prim'ordine; eppure pidi una ragazza, che molto contenta di sentirsi chiamare cosdal suo
innamorato, si mette a strillare atterrita quando scorge la graziosa bestiola che ha questo nome.

Nel caso dell'uomo che ha terrore delle strade o delle piazze, l'unica spiegazione che ci si impone che egli si comporta come un bambino piccolo: l'educazione prescrive ai bambini di evitare situazioni del genere in quanto pericolose; e in effetti
il nostro agor趒obo protetto dall'angoscia se qualcuno lo accompagna mentre attraversa la piazza .

Le due forme di angoscia qui descritte, l'angoscia d'attesa liberamente fluttuante e quella legata a fobie, sono indipendenti l'una dall'altra L'una non ad esempio, un grado superiore dell'altra; e compaiono insieme solo eccezionalmente, e in tal
caso come per accidente. Uno stato di generale ansiet per intenso che sia, non necessariamente si esprime in fobie. Individui, la cui intera vita limitata a causa di un'agorafobia, possono essere completamente esenti dalla pessimistica angoscia
d'attesa. E' dimostrabile che alcune fobie, per esempio la fobia delle piazze e della ferrovia, vengono acquisite solo in etabbastanza matura; altre, come la paura dell'oscurit del temporale, degli animali, sembrano essere esistite sin
dall'inizio. Quelle del primo tipo hanno il significato di gravi malattie; le seconde appaiono piuttosto come stranezze, capricci. In chi esibisce una di queste ultime di regola si pusupporre anche l'esistenza di altre fobie simili.

Devo aggiungere che raggruppiamo complessivamente queste fobie nell'ISTERIA D'ANGOSCIA; le consideriamo cioun'affezione strettamente imparentata alla nota isteria di conversione.

La terza delle forme di angoscia nevrotica ci pone dinanzi al fatto misterioso che perdiamo totalmente di vista la connessione tra angoscia e pericolo incombente. Questa angoscia, per esempio, compare nell'isteria in concomitanza coi sintomi
isterici o in qualsivoglia stato di eccitazione in cui ci aspetteremmo suna manifestazione affettiva, ma meno che mai quella d'angoscia; oppure, in forma svincolata da ogni condizione e ugualmente incomprensibile a noi e all'ammalato, come libero
attacco d'angoscia. In questi casi assolutamente da escludersi la presenza di un pericolo o di un frangente occasionale che, esagerato, possa essere fatto assurgere a tale. Da questi attacchi spontanei apprendiamo inoltre che il complesso da noi
designato come stato d'angoscia passibile di una frammentazione. L'intero attacco puessere rappresentato da un unico sintomo, intensamente sviluppato, da un tremito, una vertigine, una palpitazione cardiaca, un affanno; e la sensazione generale
dalla quale riconosciamo l'angoscia pumancare o essere diventata indistinta.

Eppure questi stati, che noi descriviamo come "equivalenti d'angoscia", vanno equiparati all'angoscia sotto tutti i riguardi clinici ed etiologici.

Sorgono ora due quesiti. E' possibile mettere l'angoscia nevrotica, nella quale il pericolo non ha parte alcuna, o quasi, in connessione con l'angoscia reale, la quale invariabilmente una reazione al pericolo? E come va intesa l'angoscia nevrotica?

Ci verrnaturale attenerci inizialmente all'aspettativa che, dove c'angoscia, debba anche essere presente qualcosa per cui ci si angoscia.

Per la comprensione dell'angoscia nevrotica, si possono ricavare dall'osservazione clinica parecchie indicazioni di cui intendo illustrarvi il senso:

a) Non difficile costatare che l'angoscia d'attesa o lo stato di ansietgenerale si pone in stretta dipendenza da determinati processi della vita sessuale o, per meglio dire, da determinati impieghi della libido. Il caso pisemplice e istruttivo
di questo genere si ha in persone che si espongono al cosiddetto eccitamento "frustraneo", nelle quali cio violenti eccitamenti sessuali non trovano una scarica sufficiente, non vengono condotti a un esito soddisfacente. Quindi, per esempio, in
uomini durante il periodo del fidanzamento e in donne i cui mariti sono insufficientemente potenti o che, per precauzione, eseguono l'atto sessuale in modo abbreviato o incompiuto. In queste circostanze l'eccitamento libidico si dilegua e al suo
posto compare l'angoscia, tanto in forma di angoscia d'attesa quanto in forma di attacchi ed equivalenti d'angoscia. L'interruzione precauzionale dell'atto sessuale, se esercitata come regime sessuale, diviene normalmente causa di nevrosi d'angoscia
negli uomini, ma in particolare nelle donne, al punto che nella prassi medica, in casi di questo genere, raccomandabile cominciare la ricerca in direzione di questa etiologia. Si potranno ottenere con cinumerosissime verifiche del fatto che la
nevrosi d'angoscia viene meno non appena ci si astiene da tale abuso sessuale.

L'esistenza di un nesso tra restrizioni sessuali e stati d'angoscia non viene picontestata, che io sappia, nemmeno dai medici pilontani dalla psicoanalisi. Tuttavia, posso facilmente immaginare che permanga il tentativo di invertire il rapporto,
sostenendo che le persone di cui si tratta sono sin dall'inizio inclini all'ansiete percisi sottopongono a restrizioni anche nelle faccende sessuali. Questo perdecisamente contraddetto dal comportamento delle donne, la cui attivitsessuale
essenzialmente passiva, ossia viene determinata dal modo in cui sono trattate dagli uomini. Quanto piuna donna passionale, quindi quanto pipropensa ai rapporti sessuali e suscettibile di essere soddisfatta, tanto pisicuramente reagir all'impotenza dell'uomo o al "coitus interruptus" con manifestazioni di angoscia, mentre su donne anestetiche o scarsamente dotate di libido tale sopruso ha un peso di gran lunga minore.

La stessa importanza per l'insorgere di stati d'angoscia spetta all'astinenza sessuale (ora tanto caldamente raccomandata dai medici) naturalmente solo quando la libido cui non viene concessa una scarica soddisfacente relativamente intensa e non stata per la maggior parte liquidata grazie alla sublimazione. Certo sono sempre i fattori quantitativi a decidere se l'esito sarpatologico o meno. Anche quando non questione di malattia, bensdi conformazione del carattere, si riconosce
facilmente che la limitazione sessuale va a braccetto con una certa ansiete titubanza, mentre l'intrepidezza e l'audacia impudente implicano che si dia libero sfogo alle proprie esigenze sessuali. Per quanto queste relazioni possano essere
modificate e complicate da molti e svariati influssi culturali, resta tuttavia il fatto che per la media degli uomini l'angoscia intimamente connessa con la limitazione sessuale.

Sono ben lungi dall'avervi comunicato tutte le osservazioni che depongono a favore dell'asserita relazione genetica tra libido e angoscia. Fra esse, ad esempio, c'l'influsso sulle affezioni d'angoscia di certe fasi della vita, alle quali, come
alla puberte al periodo della menopausa, si puattribuire un rilevante incremento della produzione di libido. In taluni stati di eccitazione si puanche osservare direttamente la commistione di libido e di angoscia e la sostituzione finale della
libido da parte dell'angoscia. L'impressione che si riceve da tutti questi fatti duplice: in primo luogo, che si tratta di un accumulo di libido, la quale viene trattenuta dal suo normale impiego; in secondo luogo, che ci troviamo qui totalmente
nel campo dei processi somatici. Non possibile discernere a tutta prima come dalla libido sorga l'angoscia; sappiamo solo che la libido assente e che al suo posto si osserva l'angoscia.

b) Dall'analisi delle psiconevrosi, specialmente dell'isteria, attingiamo un secondo indizio. Abbiamo visto che in questa affezione compare spesso angoscia in concomitanza coi sintomi, ma anche angoscia slegata, che si manifesta in forma di attacco
o come stato permanente. I pazienti non sanno dire da che cosa sono angosciati e, attraverso una inconfondibile elaborazione secondaria, collegano quest'angoscia alle fobie piovvie e piprossime, come quella di morire, di impazzire, di avere un
colpo.

Se sottoponiamo ad analisi la situazione dalla quale scaturita l'angoscia o i sintomi accompagnati da angoscia, possiamo quasi sempre indicare quale sia il decorso psichico normale che non ha avuto luogo ed stato sostituito dal fenomeno
dell'angoscia.

Esprimendoci in altri termini: ricostruiamo il processo inconscio coscome se non avesse sub鮅o alcuna rimozione e avesse proseguito indisturbato fino alla coscienza. Questo processo sarebbe stato, in tal caso, accompagnato da un determinato
affetto, e ora noi apprendiamo con nostra sorpresa che, in seguito alla rimozione, questo affetto congiunto al normale decorso viene sempre sostituito dall'angoscia, indipendentemente dalla qualitche gli era propria. Quando dunque abbiamo davanti
a noi uno stato isterico d'angoscia, il suo correlato inconscio puessere tanto un impulso avente carattere simile - quindi di angoscia, di vergogna, di smarrimento - quanto un'eccitazione libidica positiva o un'eccitazione ostilmente aggressiva,
come furore e rabbia.

L'angoscia dunque la moneta valida universalmente con la quale vengono o possono venire scambiati tutti i moti affettivi, quando il contenuto rappresentativo ad essi legato stato assoggettato alla rimozione.

c) Una terza esperienza la facciamo coi malati che compiono azioni ossessive, ai quali stranamente l'angoscia sembra essere risparmiata. Se tentiamo di impedire l'esecuzione della loro azione ossessiva - dei loro lavaggi, del loro cerimoniale - o se
essi stessi si arrischiano ad abbandonare una delle loro costrizioni, una terribile angoscia li obbliga a rinunciare al tentativo. Comprendiamo che l'angoscia era coperta dall'azione ossessiva e che questa veniva eseguita solo per risparmiarsi
l'angoscia. Dunque, nella nevrosi ossessiva, l'angoscia, destinata altrimenti a insediarsi, viene sostituita dalla formazione dei sintomi; e se ci volgiamo all'isteria troviamo una relazione simile: come risultato del processo di rimozione si ha o
puro sviluppo d'angoscia, o angoscia con formazione di sintomi, oppure picompiuta formazione di sintomi senza angoscia. In senso astratto, non parrebbe inesatto affermare che i sintomi in genere vengono formati solo per sottrarsi allo sviluppo
d'angoscia, altrimenti inevitabile. Questa concezione pone, per cosdire, l'angoscia al centro del nostro interesse per i problemi delle nevrosi.

Dalle nostre osservazioni sulla nevrosi d'angoscia avevamo concluso che la deviazione della libido dal suo impiego normale, la quale fa sorgere l'angoscia, avviene sul terreno dei processi somatici. Dalle analisi dell'isteria e della nevrosi
ossessiva deriva l'aggiunta che la medesima deviazione, con lo stesso risultato, puessere anche l'effetto di un rifiuto a opera delle istanze psichiche. Questo dunque quanto sappiamo sulla genesi dell'angoscia nevrotica; ancora abbastanza
indefinito, ma per il momento non vedo come potremmo andare oltre. Il secondo problema che ci siamo posti, quello di stabilire un collegamento tra l'angoscia nevrotica, che libido impiegata in modo abnorme, e l'angoscia reale, che corrisponde a
una reazione al pericolo, sembra ancora pidifficile da risolvere. Vorremmo credere che si tratti di cose del tutto disparate, e tuttavia non abbiamo alcun mezzo per distinguere, nella sensazione, l'angoscia reale dall'angoscia nevrotica.

Riusciamo a stabilire il collegamento cercato se assumiamo come punto di partenza l'antitesi, di cui cosfrequentemente abbiamo affermato l'esistenza, tra l'Io e la libido. Come sappiamo, lo sviluppo d'angoscia la reazione dell'Io al pericolo e
il segnale di inizio della fuga; ci viene allora spontaneo pensare che nell'angoscia nevrotica l'Io intraprenda un analogo tentativo di fuga davanti alle pretese della sua libido, cioche tratti questo pericolo interno come se fosse esterno. Ci risponderebbe all'aspettativa che, dove si manifesta l'angoscia, presente anche qualcosa da cui ci si sente angosciati. Ma l'analogia potrebbe essere condotta oltre. Come il tentativo di fuga davanti al pericolo esterno viene sostituito
dall'affrontarlo e da opportuni provvedimenti difensivi, cosanche lo sviluppo d'angoscia nevrotica cede il posto alla formazione di sintomi, col risultato che l'angoscia viene legata.

La difficoltsi sposta ora in un'altra direzione. L'angoscia, che significa la fuga dell'Io di fronte alla sua libido, deve pur essere scaturita da questa stessa libido. E' un fatto oscuro, che ci ammonisce a non dimenticare che la libido di una
persona, in fondo, appartiene a questa e non pua essa contrapporsi come qualcosa di esterno. E' la dinamica topica dello sviluppo d'angoscia che ci ancora oscura: che specie di energie psichiche vengano prodotte in quel processo e da quale
sistema psichico esse provengano. Non posso assumermi l'impegno di rispondere anche a questa domanda; tuttavia non tralasceremo di seguire altre due tracce, servendoci ancora una volta, per venire in aiuto alla nostra speculazione, dell'osservazione
diretta e dell'indagine analitica. Rivolgeremo la nostra attenzione alla genesi dell'angoscia nel bambino e all'origine di quell'angoscia nevrotica che legata alle fobie.

L'ansietdei bambini qualcosa di molto comune, e sembra davvero difficile distinguere se si tratti di angoscia nevrotica o reale, tanto piche il valore stesso di questa distinzione viene messo in dubbio dal comportamento dei bambini. Infatti,
da una parte noi non ci meravigliamo se il bambino ha paura di tutte le persone estranee, le nuove situazioni e i nuovi oggetti, e ci spieghiamo molto facilmente la sua reazione ascrivendola a debolezza e insipienza. Attribuiamo quindi al bambino
una forte inclinazione all'angoscia reale e ci parrebbe perfettamente logico che in lui questa paviditfosse un innato retaggio. In ciil bambino non farebbe che ripetere il comportamento dell'uomo preistorico e dell'odierno primitivo che, vittima
della propria ignoranza e impotenza, ha paura di ogni novite di tante cose familiari, che a noi oggi non incutono pipaura. Corrisponderebbe anche perfettamente alla nostra attesa se le fobie del bambino, almeno in parte, fossero ancora le stesse
che possiamo attribuire ai tempi piremoti dell'evoluzione umana.

D'altro canto non possiamo trascurare il fatto che non tutti i bambini sono paurosi in ugual misura e che proprio i bambini che manifestano un particolare timore per ogni sorta di oggetti e situazioni si rivelano pitardi dei nevrotici. La
disposizione alla nevrosi si tradisce, dunque, anche attraverso una pronunciata inclinazione all'angoscia reale; l'ansietappare come il fatto primario, e giungiamo alla conclusione che il bambino e pitardi l'adolescente, hanno paura
dell'intensitdella loro libido appunto perchhanno paura di tutto. Sarebbe cosconfutata la genesi dell'angoscia dalla libido, e se si andasse a cercare quali sono le condizioni dell'angoscia reale, si giungerebbe in modo conseguente alla
concezione che la consapevolezza della propria debolezza e impotenza inferiorit nella terminologia di Afred Adler - anche la ragione ultima della nevrosi, sempre che tale consapevolezza possa protrarsi dall'infanzia fino all'etmatura.

Cisembra talmente semplice e seducente che ha diritto alla nostra attenzione. Per la veritimplicherebbe che l'enigma del nervosismo si spostasse. Il permanere del senso d'inferiorite quindi della condizione che determina l'angoscia e la
formazione dei sintomi - ci sembra cosbene accertato, che sarebbe piuttosto necessaria una spiegazione nel caso in cui, eccezionalmente, dovesse verificarsi ciche ci noto come salute. Ma che cosa emerge da un'accurata osservazione dell'ansiet dei bambini? Il bambino piccolo ha paura anzitutto delle persone estranee; le situazioni diventano importanti solo nella misura in cui contengono persone; gli oggetti entrano in considerazione comunque solo pitardi. Di questi estranei il bambino,
per non ha paura perchattribuisce loro cattive intenzioni e perchrapporta la propria debolezza alla loro forza decidendo insomma che costituiscono un pericolo per la sua esistenza, sicurezza e libertdal dolore. Un bambino cosdiffidente,
spaventato dalla pulsione aggressiva che domina il mondo, una costruzione teorica, per di pimal riuscita. La veritche il bambino si spaventa davanti alla figura del estraneo perchabituato soltanto alla vista della persona familiare e
amata, alla vista, in ultima istanza, della madre. La sua delusione e nostalgia si trasformano in angoscia: si tratta della sua libido che divenuta inutilizzabile e che, non potendo piessere tenuta in sospeso, si scarica infine sotto forma di
angoscia. Npuessere un caso che in questa situazione, esemplare dell'angoscia infantile, si riproduca la condizione del primo stato d'angoscia, durante l'atto della nascita, ossia la separazione dalla madre.

Le prime fobie dei bambini connesse con determinate situazioni sono quelle dell'oscurite della solitudine. La prima sussiste spesso per tutta la vita: a entrambe comune il fatto che viene sentita la mancanza della persona amata che si cura del
bambino, quindi della madre. Udii un bambino, che aveva paura al buio, gridare dalla stanza vicina: "Zia, parlami, ho paura". "Ma a che ti serve? Non mi vedi mica"; e il bambino: "Se qualcuno parla, diventa pichiaro''. La NOSTALGIA provata
nell'oscuritviene quindi trasformata in PAURA dell'oscurit L'angoscia nevrotica ben lungi dall'essere meramente secondaria, nun caso particolare dell'angoscia reale; al contrario, noi vediamo che nel bambino piccolo si atteggia ad angoscia
reale qualcosa che ha in comune con l'angoscia nevrotica il tratto essenziale di sorgere da libido inutilizzata. Di angoscia reale vera e propria il bambino sembra portarne in sben poca. In tutte le situazioni che pitardi possono diventare
condizioni di fobie (luoghi alti, ponticelli sull'acqua, ferrovia e nave) il bambino non mostra alcun timore; anzi quanto piignora la situazione, tanto meno la teme. Sarebbe oltremodo desiderabile che avesse ricevuto in ereditun maggior numero
di tali istinti miranti a proteggere la vita; il compito della sorveglianza, che deve impedirgli di esporsi a un pericolo dopo l'altro, ne sarebbe molto alleggerito.

In realt il bambino inizialmente sopravvaluta le sue forze e si comporta senza paura perchnon conosce i pericoli. Corre sull'orlo dell'acqua, sale sul davanzale della finestra, gioca con oggetti acuminati e con il fuoco, insomma fa tutto ciche
destinato ad arrecargli danno e a procurare preoccupazioni a chi lo accudisce. Se alla fine l'angoscia reale si risveglia in lui, ciinteramente opera dell'educazione, poichnon gli si pupermettere di fare da squelle esperienze che
potrebbero istruirlo.

Orbene, se ci sono bambini che in certa misura facilitano questa educazione all'angoscia, e che trovano perfino da soli i pericoli dai quali non sono stati messi in guardia, cisignifica che essi hanno insita nella loro costituzione una maggior
quantitdi bisogni libidici, o che sono stati viziati precocemente dal soddisfacimento libidico. Nessuna meraviglia se fra questi bambini si trovano anche i futuri nervosi; sappiamo bene che la maggiore facilitazione all'insorgere di una nevrosi costituita dall'incapacitdi sopportare un ingorgo considerevole di libido per un periodo di tempo piuttosto lungo. Noterete che qui si fa valere anche il fattore costituzionale, il quale ha diritti che non abbiamo mai inteso contestare. Ci
guardiamo solo da chi, in favore di tali pretese, trascura tutte le altre e introduce il fattore costituzionale anche ldove, secondo i risultati congiunti dell'osservazione e dell'analisi, esso non c'entra affatto o va collocato all'ultimo posto.

Permetteteci di tirare le somme dalle osservazioni sull'ansietdei bambini. L'angoscia infantile ha ben poco a che fare con l'angoscia reale, ed al contrario strettamente imparentata all'angoscia nevrotica degli adulti. Come questa, essa sorge da
libido inutilizzata e rimpiazza l'oggetto amoroso venuto a mancare con un oggetto esterno o con una situazione.

Apprenderete con soddisfazione che l'analisi delle fobie non ci riserva pimolte novit In esse si verifica infatti lo stesso processo che nell'angoscia infantile: la libido inutilizzabile viene trasformata ininterrottamente in un'angoscia
apparentemente reale, introducendo cos al posto delle esigenze della libido, un trascurabile pericolo esterno. Non c'nulla di strano che fobie e angoscia infantile concordino, poichle fobie dei bambini non sono soltanto il modello di quelle
successive - che noi classifichiamo nella "isteria d'angoscia" bensla loro diretta condizione preliminare e il loro preludio. Ogni fobia isterica risale a un'angoscia infantile e ne la continuazione, anche quando ha un altro contenuto e deve
quindi essere diversamente denominata. La differenza fra le due affezioni sta nel meccanismo.

Nel caso dell'adulto non pisufficiente per la trasformazione della libido in angoscia, che la libido, assunta la forma di nostalgia, sia divenuta momentaneamente inutilizzabile. Egli ha imparato da molto tempo a tenere in sospeso tale libido o a
impiegarla altrimenti. Ma se la libido appartiene a un impulso psichico che incorso nella rimozione, si ristabiliscono condizioni simili a quelle in cui si trova il bambino, ove non c'ancora separazione tra coscienza e inconscio, e tale
regressione alla fobia infantile permette, diremo cos che si apra il passaggio attraverso il quale la trasformazione della libido in angoscia si effettua senza difficolt

Come ricorderete, abbiamo trattato a lungo della rimozione, ma seguendo esclusivamente le vicissitudini della rappresentazione da rimuovere, ovviamente percherano pifacili da riconoscere a da illustrare. Abbiamo sempre lasciato da parte la
questione di che cosa accada all'affetto che era stato congiunto alla rappresentazione rimossa; ebbene, soltanto ora apprendiamo che la sua sorte immediata di essere trasformato in angoscia, indipendentemente dalla qualitche puaverlo
caratterizzato nel suo decorso normale. Questa trasformazione dell'affetto tuttavia la parte di gran lunga piimportante del processo di rimozione.

Non tanto facile parlarne, perchnon possiamo asserire che esistano affetti inconsci nello stesso senso in cui esistono rappresentazioni inconsce. Una rappresentazione resta la stessa, tranne che per un'unica differenza, quella che c'tra essere
cosciente ed essere inconscia; siamo in grado di indicare che cosa corrisponde a una rappresentazione inconscia. Un affetto, invece, un processo di scarica che va valutato in tutt'altro modo da una rappresentazione; non si pudire, senza una pi approfondita riflessione e senza aver chiarito le nostre premesse relative ai processi psichici, che cosa gli corrisponda nell'inconscio. E non possiamo procedere qui a tale riflessione e chiarimento. Teniamo perbene a mente l'impressione che
abbiamo ora ricavato, e cioche lo sviluppo d'angoscia intimamente legato col sistema dell'inconscio.

Dicevo che la trasformazione in angoscia - o, meglio, la scarica sotto forma di angoscia - la sorte immediata che spetta alla libido colpita da rimozione. Devo aggiungere: non l'unica nquella definitiva. Nelle nevrosi sono in atto processi che
si sforzano di vincolare questo sviluppo d'angoscia e che qualche volta ci riescono in diversi modi. Nelle fobie, per esempio, si possono distinguere chiaramente due fasi del processo nevrotico.

La prima provvede alla rimozione e alla conversione della libido in angoscia, la quale viene legata a un pericolo esterno. La seconda consiste nella strutturazione delle misure cautelative e di sicurezza mediante le quali dev'essere evitato ogni
contatto con questo pericolo, trattato come un fatto esterno. La rimozione corrisponde a un tentativo di fuga dell'Io di fronte alla libido percepita come pericolo. La fobia puparagonarsi a un trinceramento contro il pericolo esterno, che ora fa
le veci della temuta libido. La debolezza del sistema difensivo delle fobie sta, naturalmente, nel fatto che la fortezza, che si cosben premunita verso l'esterno, rimasta attaccabile dall'interno. La proiezione verso l'esterno del pericolo
libidico non pumai riuscire bene. Nelle altre nevrosi sono perciin uso altri sistemi di difesa contro l'eventualitche si generi angoscia. E' questo un capitolo molto interessante della psicologia delle nevrosi; ma sfortunatamente ci conduce
troppo lontano e presuppone conoscenze specifiche piapprofondite. Aggiungerancora una sola cosa. Vi ho giparlato del "controinvestimento" che, in caso di rimozione, l'Io impiega e deve continuamente sostenere affinchla rimozione perduri. A
questo "controinvestimento" spetta il compito di attuare le diverse forme di difesa contro l'eventualitche si sviluppi angoscia in seguito alla rimozione.

Ritorniamo alle fobie. Non sbaglierdicendo che a questo punto vi renderete conto dell'insufficienza di una spiegazione che si occupi soltanto del loro contenuto, che non si interessi ad altro se non a come avvenga che questa o quella cosa o una
qualsivoglia situazione possa diventare oggetto di una fobia. Il contenuto di una fobia ha per quest'ultima pressappoco la medesima importanza della facciata onirica manifesta per il sogno. Si deve ammettere, con le necessarie restrizioni, che tra
questi contenuti delle fobie se ne trovano alcuni i quali, come rileva Stanley Hall, sono idonei a diventare oggetti d'angoscia per ereditfilogenetica.

Con ciconcorda d'altronde il fatto che molti di questi oggetti d'angoscia possono stabilire il loro collegamento con il pericolo solo attraverso una relazione simbolica.

Siamo cosgiunti alla convinzione che il problema dell'angoscia assume fra le questioni della psicologia delle nevrosi una posizione che dobbiamo propriamente definire centrale. Siamo stati fortemente impressionati dal modo in cui lo sviluppo
d'angoscia legato alle sorti della libido e al sistema dell'inconscio. Un solo punto rimasto a sstante, quasi una lacuna nella nostra concezione: il fatto, unico ma difficilmente contestabile, che l'angoscia reale deve essere considerata come
una manifestazione delle pulsioni di autoconservazione dell'Io.







Lezione 26 - LA TEORIA DELLA LIBIDO E IL NARCISISMO

Signore e Signori, ripetutamente (e ancora poco tempo fa) ci siamo occupati della distinzione tra pulsioni dell'Io e pulsioni sessuali. Dapprima la rimozione ci ha mostrato che queste possono entrare in contrasto tra loro, nel qual caso le pulsioni
sessuali soccombono formalmente e sono costrette a procurarsi soddisfacimento per vie indirette e regressive trovando cosnella propria indomabilitun compenso per la disfatta sub鮅a.

Successivamente abbiamo appreso che i due tipi di pulsioni hanno fin dall'inizio un diverso rapporto con la Necessitdell'educazione, per cui non compiono la stessa evoluzione e non vengono a trovarsi nella medesima relazione col principio di
realt Infine, crediamo di poter dire che le pulsioni sessuali sono legate allo stato affettivo di angoscia con vincoli di gran lunga pidiretti che non le pulsioni dell'Io: risultato, questo, che appare incompleto soltanto in un punto essenziale.
Per rafforzarlo, intendiamo quindi addurre un fatto notevolissimo, e cioche il mancato soddisfacimento della fame e della sete, le due pielementari pulsioni di autoconservazione, non ha mai come conseguenza il loro mutarsi in angoscia, mentre,
come abbiamo visto, la conversione della libido insoddisfatta in angoscia fa parte dei fenomeni meglio conosciuti e pifrequentemente osservati.

Il nostro buon diritto di separare le pulsioni dell'Io da quelle sessuali non pucomunque essere messo in questione. Esso implicito nell'esistenza stessa della vita sessuale come attivitseparata dell'individuo. Ci si pusolo chiedere quale
significato annettiamo a questa distinzione, quale incisivitvogliamo attribuirle. La risposta a questa domanda sardeterminata dalla nostra capacitdi appurare la diversitdi comportamento delle pulsioni sessuali, nelle loro manifestazioni
somatiche e psichiche, rispetto alle pulsioni che contrapponiamo loro, e dall'importanza degli esiti di queste differenze. Naturalmente, ci manca qualsiasi motivo per affermare una diversitessenziale - peraltro difficilmente afferrabile -tra i due
gruppi di pulsioni.

Entrambi i gruppi ci forniscono solo denominazioni delle fonti energetiche dell'individuo,e la discussione se siano fondamentalmente una sola cosa o essenzialmente diversi - e, nel caso che siano una sola cosa, quando si siano separati l'uno
dall'altro - non puessere condotta in base a definizioni concettuali, ma deve attenersi ai fatti biologici che stanno dietro a quelle definizioni. Per il momento sappiamo troppo poco a tale riguardo e, anche se ne sapessimo di pi non avrebbe
importanza per il nostro compito analitico.

E' evidente, poi, che c'ben poco da guadagnare accentuando, secondo il modo di procedere di Jung, l'unitoriginaria di tutte le pulsioni e chiamando "libido" l'energia che in tutte si manifesta. Dal momento che non c'artificio che riesca a
eliminare la funzione sessuale dalla vita psichica, ci vediamo costretti a parlare di libido sessuale e di libido asessuale. Il nome libido va pertanto impiegato per designare esclusivamente le forze pulsionali della vita sessuale, come finora
abbiamo fatto.

Penso quindi che la questione fino a che punto si debba proseguire nella distinzione, indubbiamente giustificata, tra pulsioni sessuali e pulsioni dell'Io, non abbia molta rilevanza per la psicoanalisi; nessa ha la competenza di risolverla. La
biologia, per offre diversi appigli per sostenere che tale distinzione significa qualcosa di importante. La sessualitinfatti l'unica funzione dell'organismo vivente che trascende l'individuo singolo e provvede a congiungerlo con la specie. E'
innegabile che non sempre l'esercizio della sessualitgiova al singolo come le altre sue funzioni, e che al contrario, in cambio di un piacere insolitamente elevato, lo espone a pericoli che ne minacciano la vita e abbastanza spesso la distruggono.
E' probabile, inoltre, che siano necessari processi metabolici particolarissimi, divergenti da tutti gli altri, per mantenere una porzione della vita individuale disponibile per la progenie. E infine l'organismo singolo, che considera sstesso la
cosa principale e la propria sessualitun mezzo fra gli altri per il proprio soddisfacimento, dal punto di vista biologico solo un episodio in una successione di generazioni, un'effimera appendice di un plasma germinale dotato di virtuale
immortalit quasi il detentore temporaneo di un fidecommesso destinato a sopravvivergli.

Tuttavia, per la spiegazione psicoanalitica delle nevrosi non occorrono considerazioni di cosvasta portata. Con l'aiuto dello studio separato delle pulsioni sessuali e di quelle dell'Io abbiamo ottenuto la chiave per la comprensione delle nevrosi
di traslazione. Abbiamo potuto ricondurle alla situazione fondamentale, in cui le pulsioni sessuali entrano in conflitto con le pulsioni di conservazione, oppure, per esprimerci in termini biologici (sebbene in modo meno preciso), a una situazione
in cui un aspetto dell'Io, in quanto creatura singola indipendente, entra in contrasto con l'altro suo aspetto, in quanto membro di una successione di generazioni. Questo dissidio si verifica probabilmente soltanto nell'uomo e percila nevrosi pu grosso modo dirsi la prerogativa dell'uomo rispetto agli animali. E' come se l'eccessivo sviluppo della sua libido e il configurarsi di una vita psichica riccamente articolata (resa possibile forse proprio da quello sviluppo) avessero creato le
condizioni per il sorgere di un tale conflitto. E' senz'altro evidente che questi sono anche i presupposti dei grandi passi avanti che l'uomo ha fatto rispetto a ciche lo accomuna agli animali; talchla sua attitudine alla nevrosi sarebbe
soltanto il rovescio di ciche per altro verso una dote. Anche queste persono soltanto speculazioni, che ci portano lontano dal nostro compito piimmediato.

Presupposto del nostro lavoro stato finora di riuscire a distinguere le pulsioni dell'Io dalle pulsioni sessuali in base alle loro manifestazioni. Nel caso delle nevrosi di traslazione questo ci stato possibile senza difficolt Chiamammo
"libido" gli investimenti energetici che l'Io dirige sugli oggetti dei suoi impulsi sessuali, e "interesse" tutti gli altri investimenti, i quali provengono dalle pulsioni di autoconservazione; seguendo gli investimenti libidici, le loro
trasformazioni e il loro destino finale, potemmo gettare un primo sguardo nel congegno delle forze psichiche. A questo scopo il materiale pipropizio ci fu offerto dalle nevrosi di traslazione. Ma l'Io, con la sua composizione risultante da diverse
organizzazioni, e la struttura e il funzionamento di queste, ci rimasero nascosti, e avemmo motivo di supporre che solo l'analisi di altri disturbi nevrotici avrebbe potuto fornirci la desiderata comprensione.

Cominciammo presto a estendere le vedute psicoanalitiche a queste altre affezioni. Ginel 1908 Karl Abraham, dopo uno scambio di opinioni con me, formulla tesi che il carattere principale della "dementia praecox" (annoverata fra le psicosi)
consiste nel fatto che IN ESSA MANCA L'INVESTIMENTO LIBIDICO DEGLI OGGETTI (1). Ma allora si sollevl'interrogativo: che cosa avviene della libido dei dementi distolta dagli oggetti? Abraham non esita dare la risposta: essa viene fatta
riconvergere sull'Io e questa RICONVERSIONE RIFLESSIVA E' LA FONTE DEL DELIRIO DI GRANDEZZA della dementia praecox. Il delirio di grandezza si puparagonare benissimo alla nota sopravvalutazione sessuale dell'oggetto nella vita erotica [normale].
Imparammo cosper la prima volta a comprendere un tratto di un'affezione psicotica mediante il riferimento alla vita amorosa normale.

Vi dico subito che queste prime concezioni di Abraham si sono conservate nella psicoanalisi e sono diventate la base della posizione da noi assunta riguardo alle psicosi. Ci familiarizzammo lentamente con l'idea che la libido, che sappiamo ancorata
agli oggetti e che esprime l'aspirazione a ottenere un soddisfacimento in relazione a essi, puanche abbandonare questi oggetti e mettere al loro posto l'Io del soggetto; e a poco a poco questa idea fu strutturata in modo sempre piconseguente. Il
nome che distingue questa collocazione della libido, NARCISISMO, fu da noi preso a prestito da una perversione descritta da Paul N踄ke, nella quale un individuo adulto tratta il proprio corpo con tutte le blandizie che di solito vengono rivolte a un
oggetto sessuale esterno.

Viene subito spontaneo il pensiero che, se esiste una fissazione siffatta della libido sul proprio corpo e sulla propria persona anzichsu un oggetto, cinon puessere un avvenimento eccezionale o irrilevante. E' semmai probabile che questo
narcisismo sia lo stato generale e originario, dal quale solo pitardi si sviluppato l'amore oggettuale, senza che ciimplicasse necessariamente la sparizione del narcisismo. A questo proposito era impossibile non ricordare, rifacendoci alla
storia evolutiva della libido oggettuale, che molte pulsioni sessuali inizialmente si soddisfano sul corpo del soggetto AUTOEROTICAMENTE, come noi diciamo - e che questa attitudine all'autoerotismo la vera ragione per cui, nel corso
dell'educazione al principio di realt la sessualitrimane indietro. Cosdunque l'autoerotismo andava inteso come l'attivitsessuale che caratterizza lo stadio narcisistico della collocazione libidica.

Per dirla in breve, ci siamo rappresentati il rapporto tra libido dell'Io e libido oggettuale in un modo che posso illustrarvi con una similitudine tratta dalla zoologia. Pensate a quegli esseri viventi semplicissimi [le amebe], che sono composti da
un grumo scarsamente differenziato di sostanza protoplasmatica. Essi emettono dei prolungamenti, chiamati pseudopodi, nei quali fanno affluire la sostanza del loro corpo. Possono peranche ritirare questi prolungamenti e raccogliersi di nuovo a
forma di grumo. Noi paragoniamo l'emissione di questi prolungamenti all'invio di libido sugli oggetti, mentre la massa principale della libido purimanere nell'Io; e supponiamo che in condizioni normali la libido dell'Io possa venire trasformata
senza impedimenti in libido oggettuale, e che quest'ultima possa nuovamente essere assunta all'interno dell'Io.

Con l'aiuto di queste rappresentazioni possiamo ora spiegare o, per esprimerci pimodestamente, descrivere nel linguaggio della teoria della libido, tutta una serie di stati psichici che sono da attribuire alla vita normale, come il comportamento
psichico in caso di innamoramento, di malattia organica, di sonno. Per quanto riguarda lo stato di sonno, abbiamo formulato l'ipotesi che esso sia basato sul distacco dal mondo esterno e su un disporsi al desiderio di dormire. Trovammo che
l'attivitpsichica notturna che si esprime nel sogno al servizio di un desiderio di dormire e, oltre a ci dominata da motivi assolutamente egoistici. In conformitalla teoria della libido, precisiamo ora che il sonno uno stato nel quale si
abbandonano tutti gli investimenti oggettuali, quelli libidici come quelli egoistici, che vengono ritirati nell'Io. Questo non getta forse una nuova luce sul ristoro che proviene dal sonno e sulla natura dell'affaticamento in generale? L'immagine
del beato isolamento della vita intrauterina, che il dormiente rievoca per noi ogni notte, coscompiuta anche sotto il profilo psichico. Nel dormiente si ristabilito lo stato primario di distribuzione della libido, il pieno narcisismo, nel
quale libido e interesse dell'Io, ancora congiunti e indistinguibili, coabitano nell'Io bastante a sstesso.

E' il momento per due osservazioni. Primo: come si distinguono concettualmente narcisismo ed egoismo? Ebbene, io credo che il narcisismo sia il complemento libidico dell'egoismo. Quando si parla di egoismo si ha di mira solo il vantaggio
dell'individuo; quando si dice narcisismo, si prende in considerazione anche il suo soddisfacimento libidico. In quanto motivi pratici, i due si possono seguire per un buon tratto separatamente. Si puessere assolutamente egoisti e mantenere
tuttavia forti investimenti libidici oggettuali, nella misura in cui il soddisfacimento libidico sull'oggetto rientra nei bisogni dell'Io; l'egoismo baderallora che l'aspirazione all'oggetto non rechi alcun danno all'Io. Ma si puessere egoisti e
nel contempo straordinariamente narcisisti, cioavere un bisogno scarsissimo di oggetti e ci a sua volta, o in relazione al soddisfacimento sessuale diretto o anche a quelle aspirazioni pielevate, derivate dal bisogno sessuale, che talora siamo
soliti contrapporre alla "sensualit col nome di "amore". L'egoismo in tutti questi casi l'elemento ovvio, costante, mentre il narcisismo quello variabile. Il contrario dell'egoismo, l'ALTRUISMO, non coincide concettualmente con gli
investimenti libidici oggettuali, ma se ne differenzia per l'assenza delle aspirazioni al soddisfacimento sessuale. Nel caso del pieno innamoramento, per l'altruismo coincide con l'investimento libidico oggettuale: l'oggetto sessuale attira
solitamente su di suna parte del narcisismo dell'Io, il che diventa visibile nella cosiddetta "sopravvalutazione sessuale" dell'oggetto; se a questo si aggiunge ancora la trasposizione altruistica dell'egoismo sull'oggetto sessuale, quest'ultimo
diventa strapotente; esso ha, per cosdire, assorbito l'Io.

Penso che dopo il linguaggio figurato, ma pur sempre arido, della scienza, vi farpiacere un'esposizione poetica del contrasto economico fra narcisismo e innamoramento. La attingo dal "Divano occidentale-orientale" di Goethe:

Suleika:

Popolo e sudditi e potenti Dichiarano tutti a ogni passo:

Che sulla terra unico sommo Bene la personalit

Che a ogni vita puadattarsi Chi di sstesso non privo; Che tutto perdere puun uomo, Purchrimanga quel che

Hatem:

Cossi crede e puben darsi, Ma io son su un'altra pista:

Tutti in Suleika radunati Io trovo i beni della terra.

Finchmi prodiga di s Sono per me quest'Io prezioso; Se in altro luogo si volgesse, Me stesso perderei all'istante.

Hatem sarebbe ormai finito; Ma giho mutato la mia sorte; S'ella accarezza un nuovo amante, In lui son pronto a incarnarmi.

La seconda osservazione un'aggiunta alla teoria del sogno. Non possiamo spiegarci la genesi del sogno se non introduciamo l'ipotesi che l'inconscio rimosso abbia acquistato una certa indipendenza dall'Io, talchnon consente al desiderio di
dormire e mantiene i propri investimenti anche quando vengono ritirati in favore del sonno tutti gli investimenti oggettuali dipendenti dall'Io. Solo cossi pucapire come questo inconscio possa approfittare della abolizione o attenuazione
notturna della censura, e sappia impadronirsi dei residui diurni per formare col loro materiale un desiderio onirico proibito. D'altra parte possibile che la resistenza dei residui diurni contro il ritiro della libido - ritiro disposto dal
desiderio di dormire - risalga a un collegamento giesistente con questo inconscio rimosso.

Vogliamo quindi aggiungere questo tratto dinamicamente importante alla nostra concezione della formazione del sogno.

La malattia organica, la stimolazione dolorosa, l'infiammazione di organi, creano uno stato che ha chiaramente come conseguenza un distacco della libido dai suoi oggetti: la libido rifluisce nell'Io sotto forma di investimento intensificato della
parte malata del corpo. Si pu anzi, azzardare l'affermazione che in queste condizioni il ritrarsi della libido dai suoi oggetti piappariscente che non lo storno dell'interesse egoistico dal mondo esterno. Sembra qui dischiudersi una via per la
comprensione dell'ipocondria, nella quale, allo stesso modo, un organo polarizza su di sl'Io, senza che questo organo sia malato, per quanto risulta alla nostra percezione.

Resisto alla tentazione di proseguire oltre su questo punto, o di discutere altre situazioni che diventano comprensibili o descrivibili mediante l'ipotesi di una migrazione della libido oggettuale nell'Io, perchmi preme affrontare due obiezioni
che, lo so bene, avete adesso in mente. Per prima cosa volete che vi spieghi percha proposito del sonno, della malattia e di situazioni simili io intenda assolutamente distinguere tra libido e interesse, tra pulsioni sessuali e pulsioni dell'Io,
quando a spiegare questi fatti empirici basterebbe l'ipotesi di un'energia unica e uniforme, liberamente mobile, che si concentra ora sull'oggetto ora sull'Io, ponendosi al servizio sia di una pulsione sia dell'altra. E, in secondo luogo, come io
possa essere sicuro che il distacco della libido dall'oggetto provochi uno stato patologico, quando tale conversione della libido oggettuale in libido dell'Io - o, pigeneralmente, in energia dell'Io - fa parte dei processi normali della dinamica
psichica che si ripetono ogni giorno e ogni notte.

La mia replica che la vostra prima obiezione suona bene.

Considerando soltanto gli stati di sonno, di malattia e di innamoramento, probabilmente non saremmo mai giunti a distinguere una libido dell'Io da una libido oggettuale, o la libido dall'interesse. Ma in questo modo voi trascurate le indagini da cui
abbiamo preso l'avvio e alla cui luce consideriamo ora le situazioni psichiche in questione. Da un lato la distinzione tra libido e interesse, e quindi tra pulsioni sessuali e pulsioni di autoconservazione, ci stata imposta dall'esame del
conflitto dal quale scaturiscono le nevrosi di traslazione: da allora non possiamo pirinunciarvi. Dall'altro lato l'ipotesi che la libido oggettuale possa trasformarsi in libido dell'Io, che si debba quindi fare i conti con una libido dell'Io, ci
parsa l'unica in grado di risolvere l'enigma delle cosiddette nevrosi narcisistiche, per esempio della dementia praecox, e di rendere ragione delle loro affinite diversitrispetto all'isteria e all'ossessione. A questo punto applichiamo alla
malattia, al sonno e all'innamoramento ciche abbiamo irrefutabilmente stabilito altrove. Potremmo proseguire in tali applicazioni e vedere dove ci portano. L'unica affermazione che non sia il diretto risultato della nostra esperienza analitica che la libido rimane libido, sia che venga rivolta a oggetti, sia al proprio Io, e non si trasforma mai in interesse egoistico, e viceversa. Questa affermazione perequivalente alla distinzione tra pulsioni sessuali e pulsioni dell'Io,
distinzione che abbiamo givagliato criticamente e alla quale, per ragioni euristiche, vogliamo attenerci fino al suo eventuale crollo.

Anche la vostra seconda obiezione coglie un problema che giusto porsi, ma mira in una direzione sbagliata. Certamente il ritrarsi della libido oggettuale nell'Io non direttamente patogeno; vediamo infatti che viene sempre intrapreso prima di
dormire, per essere riannullato al risveglio. L'animaletto protoplasmatico ritira i suoi prolungamenti, per emetterli nuovamente alla prossima occasione. Ma tutt'altra cosa quando un determinato processo, dotato di forte energia, impone a forza il
ritiro della libido dagli oggetti. La libido divenuta narcisistica puallora non trovare la via di ritorno agli oggetti e questo impedimento alla mobilitdella libido diventa effettivamente patogeno. Sembra che l'accumulo di libido narcisistica
non venga sopportato oltre una certa misura. Possiamo anche immaginare che si sia giunti all'investimento oggettuale appunto perchl'Io dovette sprigionare la sua libido per non ammalarsi a causa del suo ingorgo. Se rientrasse nei nostri piani
occuparci pia fondo della dementia praecox, vi mostrerei che quel processo che stacca la libido dagli oggetti e le sbarra la via di ritorno a essi molto vicino al processo di rimozione e va inteso come un corrispettivo di quest'ultimo.
Soprattutto pervi sentireste su un terreno conosciuto apprendendo che le condizioni determinanti questo processo sono quasi identiche - per quanto ci consta finora - a quelle della rimozione. Il conflitto sembra essere il medesimo e svolgersi tra
le stesse forze. Se l'esito cosdiverso da quello, per esempio, dell'isteria, la ragione purisiedere solo in una diversitdella disposizione. In questi malati lo sviluppo libidico ha il suo punto debole in un'altra fase; la fissazione decisiva
che, come ricorderete, permette l'irruzione che conduce alla formazione dei sintomi, situata altrove, probabilmente nello stadio del narcisismo primitivo, al quale la dementia praecox fa ritorno nel suo esito finale. E' assai degno di nota che per
tutte le nevrosi narcisistiche dobbiamo supporre punti di fissazione della libido che risalgono a fasi dello sviluppo di gran lunga piremote che nell'isteria o nella nevrosi ossessiva.

Avete visto perche i concetti che abbiamo acquisito nello studio delle nevrosi di traslazione sono sufficienti anche per orientarci nelle nevrosi narcisistiche, tanto pigravi sul piano pratico.

Ciche hanno in comune moltissimo; si tratta, in fondo, dello stesso ambito di fenomeni. Non difficile immaginare quanto si delinei priva di prospettive la spiegazione di queste affezioni (che gisono di competenza della psichiatria) per chi sprovvisto di una conoscenza analitica delle nevrosi di traslazione.

Il quadro sintomatico della dementia praecox, che del resto molto variabile, non determinato esclusivamente dai sintomi che hanno origine dal distacco violento della libido dagli oggetti e dal suo accumularsi nell'Io come libido narcisistica. Un
posto piampio spetta, piuttosto ad altri fenomeni che nascono dagli sforzi della libido di pervenire nuovamente agli oggetti, e che corrispondono quindi a un tentativo di ristabilimento o di guarigione. Questi sintomi sono anzi i piappariscenti
e clamorosi; mostrano un'indubbia affinitcon quelli dell'isteria o, piraramente, con quelli della nevrosi ossessiva, pur essendo diversi da questi punto per punto. Sembra che nella dementia praecox la libido, sforzandosi di tornare a raggiungere
gli oggetti (ossia le rappresentazioni degli oggetti), ne colga effettivamente qualcosa, ma, per cosdire, solo l'ombra, e ciole rappresentazioni verbali che a essi sono connesse. Non posso qui dilungarmi, ma penso che questo comportamento della
libido, che cerca la via del ritorno, ci abbia permesso di comprendere in che cosa consista effettivamente la differenza tra le rappresentazioni consce e quelle inconsce.

Vi ho condotto, ora, nel territorio dove dobbiamo aspettarci i prossimi progressi del lavoro analitico. Da quando abbiamo il coraggio di avvalerci del concetto di libido dell'Io, le nevrosi narcisistiche ci sono diventate accessibili; ne derivato
il compito di giungere a una spiegazione dinamica di queste affezioni e contemporaneamente di perfezionare la nostra conoscenza della vita psichica mediante la comprensione dell'Io. La psicologia dell'Io, alla quale aspiriamo, non deve essere
fondata sui dati della nostra autopercezione, ma, come per la libido, sull'analisi dei disturbi e delle devastazioni dell'Io. E' verosimile che quando quel maggior lavoro sarcompiuto, non terremo in gran conto la nostra attuale conoscenza dei
destini della libido, attinta dallo studio delle nevrosi di traslazione. Ma non abbiamo ancora fatto molti progressi in questa direzione. Le nevrosi narcisistiche non sono praticamente aggredibili con la tecnica di cui ci siamo serviti nelle nevrosi
di traslazione. Apprenderete presto il perch Con esse, ci succede sempre che dopo un breve passo innanzi veniamo a trovarci di fronte a un muro che ci intima l'alt. Anche nelle nevrosi di traslazione, come sapete, ci siamo imbattuti in tali
barriere di resistenza, ma siamo riusciti a smantellarle pezzo per pezzo. Nel caso delle nevrosi narcisistiche la resistenza insuperabile; possiamo tutt'al pigettare uno sguardo curioso al di sopra del muro per spiare cosa avvenga al di l I
nostri metodi tecnici devono quindi essere sostituiti con altri; non sappiamo ancora se una simile sostituzione ci riuscir

Per la verit anche nel caso di questi malati il materiale non ci fa difetto. Essi fanno ogni sorta di dichiarazioni, anche se non in risposta a nostre domande, e noi non abbiamo provvisoriamente altra risorsa che interpretare tali dichiarazioni
con l'aiuto della comprensione che ci viene dai sintomi delle nevrosi di traslazione. La concordanza sufficiente per assicurarci un vantaggio iniziale. Resta da vedere fino a che punto giungerquesta tecnica.

A trattenere il nostro progresso si aggiungono altre difficolt

Le affezioni narcisistiche e le psicosi che a esse si riconnettono possono essere decifrate solo da osservatori che si siano addestrati analiticamente con lo studio delle nevrosi di traslazione. Ma i nostri psichiatri non studiano la psicoanalisi e
noi psicoanalisti vediamo troppo pochi casi psichiatrici. Dovrprima maturare una generazione di psichiatri che sia passata attraverso la scuola della psicoanalisi come scienza propedeutica.

E' quel che si comincia oggi a fare in America, dove moltissimi eminenti psichiatri espongono agli studenti le dottrine psicoanalitiche e dove proprietari di istituti e direttori di manicomi si sforzano di osservare i loro malati in conformita
queste dottrine. Tuttavia, anche qui da noi, siamo riusciti alcune volte a gettare uno sguardo al di sopra del muro narcisistico, e in ciche segue vi riferirqualcosa di quello che crediamo di aver colto.

La forma di malattia detta paranoia, la pazzia cronica sistematica, occupa una posizione oscillante nei tentativi di classificazione dell'odierna psichiatria. Sulla sua stretta parentela con la dementia praecox non c'tuttavia alcun dubbio.

Mi sono permesso una volta di avanzare la proposta di riunire la paranoia e la dementia praecox sotto la comune denominazione di "parafrenia". A seconda del loro contenuto, le forme di paranoia vengono descritte come: delirio di grandezza, delirio
di persecuzione, delirio erotico (erotomania), delirio di gelosia eccetera. Non ci aspetteremo tentativi di spiegazione da parte della psichiatria. Come esempio di un simile tentativo, esempio per la veritantiquato e non del tutto valido, vi
menziono quello di far derivare un sintomo da un altro per mezzo di una razionalizzazione intellettuale: l'ammalato che per inclinazione primaria, si crede perseguitato, dedurrda questa persecuzione di dover essere una personalitdi particolare
importanza e svilupperquindi il delirio di grandezza. Secondo la nostra concezione analitica, il delirio di grandezza la conseguenza immediata dell'espansione dell'Io causata dal ritiro degli investimenti libidici oggettuali, un narcisismo
secondario che un ritorno dell'originario narcisismo infantile. Nei casi di delirio di persecuzione abbiamo tuttavia osservato qualcosa che ci ha indotti a seguire una certa traccia. Ci colpprima di tutto il fatto che nella grande maggioranza
dei casi il persecutore era dello stesso sesso del perseguitato. Cisi prestava anche a una spiegazione innocua, ma in alcuni casi, studiati a fondo, si evidenzicome la persona dello stesso sesso che in tempi normali il paziente aveva amato di
pisi era tramutata, dopo l'inizio della malattia, nel suo persecutore. Un ulteriore passo fu reso possibile dal fatto che la persona amata veniva sostituita da un'altra persona in base a ben note affinit(per esempio il padre dall'insegnante, o
dal superiore). Di tali esperienze, che vanno sempre pimoltiplicandosi, traemmo la conclusione che la "paranoia persecutoria" la forma morbosa con cui l'individuo si difende da un impulso omosessuale divenuto troppo intenso. Il mutarsi della
tenerezza in odio, che punotoriamente diventare una seria minaccia per la vita dell'oggetto amato e odiato, corrisponde in questi casi alla conversione di impulsi libidici in angoscia, il che costituisce un esito immancabile del processo di
rimozione. Sentite, per esempio, l'ultima delle mie osservazioni a questo riguardo.

Un giovane medico dovette essere cacciato dalla sua cittnatale perchaveva minacciato di morte il figlio di un professore universitario del luogo che fino allora era stato il suo migliore amico. A questo suo amico di un tempo egli attribuiva
reali intenzioni diaboliche e un potere demoniaco: era lui il colpevole di ogni disgrazia che negli ultimi anni aveva colpito la famiglia dell'ammalato, di ogni suo insuccesso familiare e sociale. Ma non basta: l'amico malvagio insieme a suo padre,
il professore, aveva anche provocato la guerra, aveva chiamato i Russi nel paese. Si era meritato mille volte la morte, e il nostro malato era convinto che con la fine del malfattore si sarebbe posto termine ad ogni sciagura. E tuttavia il suo
antico amore per lui era ancora cosforte da paralizzargli la mano quando gli si offrl'occasione di ucciderlo sparandogli da brevissima distanza. Nelle brevi conversazioni che ebbi con l'ammalato, venne alla luce che la relazione amichevole tra i
due risaliva ai lontani anni del ginnasio. Una volta almeno essa aveva oltrepassato i limiti dell'amicizia: una notte trascorsa insieme era diventata per essi l'occasione di un completo commercio sessuale. Il nostro paziente non aveva mai raggiunto
con le donne quel rapporto emotivo che sarebbe stato adeguato alla sua ete alla sua attraente personalit Una volta era stato fidanzato con una bella e nobile fanciulla, ma questa aveva rotto il fidanzamento perchnon trovava il suo futuro sposo
abbastanza affettuoso. Alcuni anni pitardi, la sua malattia scoppiproprio nel momento in cui riuscper la prima volta a soddisfare pienamente una donna. Allorchcostei lo abbracciriconoscente e piena di dedizione, gli venne improvvisamente
un misterioso dolore, che gli girava intorno alla calotta cranica come un taglio netto. Pitardi egli si spiegquesta sensazione come se gli venisse eseguito il taglio con il quale in un'autopsia si mette a nudo il cervello e, poichil suo amico
era diventato anatomopatologo, scoprlentamente che solo lui poteva avergli mandato quell'ultima donna per tentarlo. Da quel momento gli si aprirono anche gli occhi sulle altre persecuzioni, di cui secondo lui era vittima per le macchinazioni
dell'amico di un tempo.

Ma che ne dei casi nei quali il persecutore non dello stesso sesso del perseguitato, casi che apparentemente contraddicono la nostra spiegazione che si tratta di una difesa contro la libido omosessuale? Qualche tempo fa ho avuto occasione di
esaminare un caso del genere e, dall'apparente contraddizione, ho potuto trarre una conferma. La giovanetta, che si credeva perseguitata dall'uomo al quale aveva concesso due teneri incontri, in un primo tempo, in effetti, aveva avuto un delirio
riferito a una donna, che possiamo considerare un sostituto di sua madre. Solo dopo il secondo convegno compil passo successivo di distogliere il delirio dalla donna per trasferirlo sull'uomo. La condizione che il persecutore sia dello stesso
sesso era stata dunque originariamente rispettata anche in questo caso. Nel rivolgersi a un avvocato e a un medico, la paziente non aveva menzionato questo stadio preliminare del suo delirio e aveva cossuscitato l'impressione che la nostra
dottrina della paranoia potesse essere contraddetta.

La scelta oggettuale omosessuale ha col narcisismo connessioni pistrette della scelta eterosessuale. Quando poi si tratta di respingere un impulso omosessuale di indesiderata intensit la via del ritorno al narcisismo diventa particolarmente
agevole.

Finora ho avuto pochissime occasioni di parlarvi dei fondamenti della vita amorosa, coscome li conosciamo; nposso porvi rimedio ora. Rileversoltanto che la scelta oggettuale, il passo che nello sviluppo della libido succede allo stadio
narcisistico, puattuarsi in corrispondenza a due tipi diversi: al TIPO NARCISISTICO di scelta oggettuale, allorchal posto del proprio Io subentra un oggetto il pipossibile simile a esso, oppure al TIPO PER APPOGGIO, allorchpersone diventate
preziose perchdanno soddisfazione agli altri bisogni vitali vengono scelte come oggetti anche dalla libido. Una forte fissazione della libido al tipo narcisistico di scelta oggettuale fa anche parte, secondo noi, della disposizione
all'omosessualitmanifesta.

Vi ricorderete che nella prima lezione di questo anno accademico vi ho parlato di un caso di delirio di gelosia in una donna. Ora che siamo prossimi alla fine, desidererete certamente sapere come ci spieghiamo psicoanaliticamente un'idea delirante.
Ma a questo proposito ho da dirvi meno di quanto vi aspettiate.

L'inafferrabilitdell'idea delirante mediante argomentazioni logiche ed esperienze reali si spiega, come per l'ossessione, con la sua relazione con l'inconscio, il quale rappresentato e tenuto a freno dall'idea delirante o ossessiva. La
differenza tra queste basata sulla diversa topica e dinamica delle due affezioni.

Come nella paranoia, anche nella melanconia (della quale, del resto, si descrivono forme cliniche molto diverse) abbiamo trovato un punto da cui diventa possibile gettare uno sguardo nella struttura interna dell'affezione. Abbiamo scoperto che gli
autorimproveri con cui questi melanconici si tormentano nel modo pispietato, sono destinati in effetti a un'altra persona, all'oggetto sessuale che costoro hanno perduto o che divenuto per essi privo di valore per sua colpa. Di qui abbiamo
potuto concludere che, pur avendo il melanconico ritirato la sua libido dall'oggetto, quest'ultimo, attraverso un processo che dev'essere chiamato di "identificazione narcisistica", stato eretto nell'Io stesso, stato per cosdire proiettato
sull'Io. (In questa sede non posso far altro che abbozzarvi un quadro d'insieme, non posso fornirvi una descrizione ordinata sotto il profilo topico e dinamico). Dopodichil proprio Io viene trattato come l'oggetto abbandonato e subisce tutte le
aggressioni e le manifestazioni della sete di vendetta che erano destinate all'oggetto. Anche l'inclinazione dei melanconici al suicidio diventa picomprensibile se si considera che l'esasperazione dell'ammalato colpisce nello stesso tempo il suo
stesso Io e l'oggetto amato- odiato. Nella melanconia, come nelle altre affezioni narcisistiche, viene alla luce in modo molto marcato un tratto della vita emotiva che da Bleuler in poi siamo abituati a designare come "ambivalenza". Intendiamo con
ciil fatto per cui sentimenti opposti, affettuosi e ostili, vengono rivolti verso la stessa persona. Nel corso di queste conversazioni non mi si purtroppo presentata l'opportunitdi parlarvi pia lungo dell'ambivalenza emotiva.

Oltre all'identificazione narcisistica, ce n'una isterica, che ci nota da molto pitempo. Vorrei che mi fosse possibile illustrarvi le loro diversit facendo ricorso ad alcune chiare precisazioni.

Riguardo alle forme periodiche e cicliche della melanconia, sono in grado di comunicarvi una cosa che certamente sarete lieti di apprendere. E' possibile, cio in circostanze favorevoli - io stesso l'ho sperimentato due volte - prevenire, mediante
trattamento analitico negli intervalli liberi, il ritorno allo stesso stato d'animo o a quello opposto. Si apprende cosche anche nella melanconia e nella mania ci troviamo di fronte a una particolare maniera di liquidare un conflitto i cui
presupposti concordano perfettamente con quelli delle altre nevrosi. Potete immaginarvi quanto ci sia ancora da apprendere per la psicoanalisi in questo campo.

Vi dissi anche che attraverso l'analisi delle affezioni narcisistiche speriamo di giungere alla conoscenza di come il nostro Io composto e di come strutturato in istanze. In un punto abbiamo cominciato a farlo. Dall'analisi del delirio di essere
osservati abbiamo tratto la conclusione che nell'Io c'realmente un'istanza che osserva, critica e confronta ininterrottamente, contrapponendosi in tal guisa all'altra parte dell'Io. Riteniamo quindi che l'ammalato ci rivela una verit non ancora
da noi sufficientemente apprezzata, quando si lamenta che ognuno del suoi passi viene spiato e osservato, ognuno dei suoi pensieri riportato e criticato. Sbaglia solo nel trasportare all'esterno questo incomodo potere, quasi gli fosse estraneo. Egli
avverte nel suo Io il dominio di un'istanza che commisura il suo Io attuale e ognuna delle sue attivita un Io ideale che egli venuto creandosi nel corso del suo sviluppo. Riteniamo inoltre che tale creazione sia stata effettuata nell'intento di
ripristinare quella autosoddisfazione che era collegata al narcisismo infantile primario, ma che da allora stata cossovente turbata e mortificata. L'istanza autoosservatrice ci nota come il censore dell'Io, la coscienza morale; la stessa che
nottetempo esercita la censura onirica dalla quale hanno origine le rimozioni contro impulsi di desideri inammissibili. Quando nel delirio di essere osservati questa istanza si scinde, ci svela la propria origine negli influssi dei genitori, degli
educatori e dell'ambiente sociale, nella identificazione ciocon l'una o l'altra di queste persone assunte a modello.

Questi sono alcuni esempi dei risultati che l'applicazione della psicoanalisi alle affezioni narcisistiche ci ha sinora fornito.

Certamente sono ancora troppo pochi, e spesso mancano ancora di quella precisione che puessere ottenuta solo se si raggiunge una familiaritsicura in un nuovo campo di ricerche. Li dobbiamo tutti all'utilizzazione del concetto di libido dell'Io o
libido narcisistica, con il cui aiuto estendiamo alle nevrosi narcisistiche le concezioni che si sono dimostrate valide per le nevrosi di traslazione. Ora pervi verrspontanea una domanda: possibile riuscire a far rientrare nella teoria della
libido tutti i disturbi delle affezioni narcisistiche e delle psicosi? E' possibile riconoscere ovunque quale causa della malattia il fattore libidico della vita psichica e non doverla mai imputare a un cambiamento funzionale delle pulsioni di
autoconservazione?

Orbene, Signore e Signori, questa decisione non mi sembra urgente n soprattutto, matura. Possiamo tranquillamente affidarla al progresso del lavoro scientifico. Non mi meraviglierei se la facoltdi produrre l'effetto patogeno risultasse davvero
prerogativa delle pulsioni libidiche, di modo che la teoria della libido celebrasse un giorno il suo trionfo su tutto il fronte, dalle "nevrosi attuali" pisemplici fino alla pigrave alienazione psicotica della personalit Sappiamo giche
tratto caratteristico della libido la sua riluttanza a subordinarsi alla realtdel mondo, alla "Ananke". Ma ritengo estremamente probabile che le pulsioni dell'Io vengano trascinate in via secondaria dalle sollecitazioni patogene della libido, e
costrette a subire disturbi funzionali. D'altronde non potrei scorgere un fallimento dell'indirizzo delle nostre ricerche se per caso dovessi scoprire che nelle psicosi gravi le pulsioni dell'Io sono sviate in maniera primaria; il futuro darla
risposta, a voi, almeno.

Permettetemi, tuttavia, di ritornare ancora per un istante all'angoscia per far luce su un'ultima oscuritche vi abbiamo lasciato. Dicemmo che, secondo noi, non concordava con la relazione fra angoscia e libido (altrimenti cosben riconosciuta) il
fatto che l'angoscia reale, la paura di fronte a un pericolo debba essere l'espressione delle pulsioni di autoconservazione, il che, peraltro, difficilmente confutabile. Che cosa accadrebbe, tuttavia, se l'affetto d'angoscia non fosse provocato
dalle pulsioni egoistiche dell'Io, ma dalla libido dell'Io? Dopo tutto lo stato d'angoscia in ogni caso inappropriato, e la sua inopportunitdiventa palese quando esso raggiunge un grado piuttosto elevato. In questo caso disturba l'azione, sia di
fuga sia di difesa, che sola opportuna e si pone al servizio dell'autoconservazione. Se noi, perci attribuiamo la componente affettiva dell'angoscia reale alla libido dell'Io, e la relativa azione alla pulsione di conservazione dell'Io, abbiamo
eliminato ogni difficoltteorica. Del resto, non crederete seriamente che si fugga perchsi in preda all'angoscia! No, un comune motivo, risvegliato dalla percezione del pericolo, pugettarci in preda all'angoscia e pufarci fuggire. Uomini
che hanno superato grandi pericoli mortali raccontano di non essere stati affatto angosciati, ma di aver semplicemente agito, per esempio puntando l'arma contro l'animale feroce, e questa era sicuramente la cosa migliore da fare.





NOTE:

1. K Abraham, "Le differenze psicosessuali fra isteria e dementia praecox" (1908).






Lezione 27 - LA TRASLAZIONE

Signore e Signori, poichci stiamo avvicinando alla conclusione delle nostre conversazioni si desterin voi una particolare aspettativa che non deve andare delusa. Penserete certo che non vi ho condotto in lungo e in largo per tutta questa materia
psicoanalitica per congedarvi alla fine senza dirvi una parola sulla terapia, dalla quale dipende comunque la possibilitdi esercitare la psicoanalisi. Tanto piche il tema tale che mi impossibile tacervelo, poichciche osserverete in
relazione a esso vi permetterdi apprendere un fatto nuovo senza il quale la comprensione delle malattie da noi esaminate rimarrebbe decisamente incompleta.

So che non vi attendete un avviamento alla tecnica con la quale si deve esercitare l'analisi a scopi terapeutici. Volete solo sapere, in generale in che modo agisca la terapia psicoanalitica e quali ne siano pressappoco i risultati. Ed indubbio
che nel vostro diritto sapere tutto questo. Io pernon voglio dirvelo, e insisto che lo indoviniate da voi.

Riflettete un momento! Avete appreso tutto l'essenziale sulle condizioni che determinano la malattia, nonchtutti i fattori che fanno sentire i loro effetti dopo che il soggetto si ammalato.

Che spazio resta per un influsso terapeutico qualsivoglia?

Intanto, in primo luogo, la disposizione ereditaria: non ci succede di parlarne molto spesso perchessa viene energicamente sottolineata da altri e noi non abbiamo niente di nuovo da dire in proposito. Ma non crediate che la sottovalutiamo; proprio
in quanto terapeuti ci dato di avvertirne il potere abbastanza distintamente. Comunque, non possiamo modificarla in nulla; anche per noi essa rimane un dato che pone delle precise barriere ai nostri sforzi. C'poi l'influenza delle antiche
esperienze dell'infanzia, che nell'analisi siamo abituati a mettere in primo piano; esse appartengono al passato, non possiamo far sche non siano accadute.

Poi, tutto ciche abbiamo riassunto nel termine di "frustrazione reale": la sfortuna nella vita (dalla quale ha origine la mancanza di amore), la povert i conflitti familiari, la scelta coniugale disgraziata, le condizioni sociali sfavorevoli e
le severe pretese della morale che gravano sull'individuo. E' vero che qui ci sarebbero parecchi appigli per una terapia veramente efficace, ma dovrebbe essere una terapia come quella che secondo la tradizione popolare viennese era esercitata
dall'imperatore Giuseppe, ossia l'intervento benefico di un potente, davanti al cui volere gli uomini si piegano e le difficoltsvaniscono. Ma chi siamo noi, per poter porre a base della nostra terapia un tale atteggiamento benefico? Poveri noi
stessi e socialmente privi di potere, costretti a provvedere al nostro sostentamento con la nostra attivitmedica, non siamo nemmeno in condizione di dedicare i nostri sforzi a chi privo di mezzi, come possono fare altri medici che usano altri
metodi di trattamento; la nostra terapia richiede troppo tempo ed troppo laboriosa. Eppure voi forse vi aggrappate a uno dei fattori elencati e credete di trovare in quello il punto ove puesercitarsi la nostra influenza: se la restrizione della
morale che la societesige ha la sua parte nella privazione imposta al malato, il trattamento potrebbe dargli coraggio, o addirittura istruirlo a non curarsi di queste barriere, a ottenere soddisfazione e guarigione rinunciando all'adempimento di
un ideale tenuto in alta considerazione dalla societma, tanto spesso, da essa stessa non osservato. E' questo il modo di guarire godendosi la vita sessualmente. Per la verit un modo che getta un'ombra sul trattamento analitico, perchnon al
servizio della moralitgenerale. Quello che dal singolo, lo sottrae alla comunit

Ma Signore e Signori, chi vi ha cosmale informato? E' escluso che il consiglio di godersi la vita sessualmente abbia una funzione nella terapia analitica. Lo esclude giil solo fatto che noi abbiamo proclamato che negli ammalati esiste un
conflitto ostinato fra l'impulso libidico e la rimozione sessuale, fra l'orientamento sensuale e quello ascetico. Questo conflitto non viene soppresso aiutando uno di questi orientamenti a ottenere la vittoria su quello opposto. Vediamo che nel
nervoso l'ascesi ha il sopravvento: la conseguenza appunto che la spinta sessuale repressa si procura uno sfogo nei sintomi. Se adesso, al contrario, assicurassimo vittoria alla sensualit la rimozione sessuale da noi tolta di mezzo sarebbe
inevitabilmente sostituita da sintomi. Nessuna delle alternative metterebbe fine al conflitto interno, una delle due parti in gioco rimarrebbe ogni volta insoddisfatta. Sono pochi i casi in cui il conflitto coslabile da consentire a un fattore
come la presa di posizione del medico di diventare decisivo, e questi casi, a ben vedere, non sanno cosa farsene del trattamento analitico. Coloro che si lascerebbero influenzare cosdal medico avrebbero trovato la stessa strada anche senza di lui.
Sapete benissimo che di regola, se un giovanotto astinente si decide ad avere rapporti sessuali illeciti o se una donna insoddisfatta cerca di rifarsi con un altro uomo, costoro non hanno aspettato il permesso del medico o, magari, dell'analista. A
questo riguardo, si sorvola abitualmente sul seguente punto essenziale: che il conflitto patogeno dei nevrotici non va scambiato per una normale lotta tra impulsi psichici che si trovano sullo stesso terreno psicologico. E' un contrasto di forze,
una delle quali giunta al gradino del preconscio e del conscio, mentre l'altra stata trattenuta al gradino dell'inconscio. E' per questo che il conflitto non pugiungere a conclusione: i contendenti non hanno nulla da spartire tra di loro, come
l'orso polare e la balena. Una decisione vera e propria puaver luogo soltanto quando i due s'incontrano sullo stesso terreno. Rendere questo possibile secondo me l'unico compito della terapia. Inoltre, posso assicurarvi che siete male informati
se supponete che l'influsso dell'analisi sia espressamente diretto a consigliare e a guidare nelle faccende della vita. Al contrario, noi respingiamo per quanto ci possibile la parte di mentori, poichciche pici interessa che l'ammalato
prenda da sle sue decisioni. In questo intento gli chiediamo di rimandare per la durata del trattamento tutte le risoluzioni di vitale importanza, per quanto riguarda la scelta della professione, le operazioni commerciali, il matrimonio o la
separazione, e di metterle in pratica solo dopo la fine del trattamento. Confessate che questo totalmente diverso da come ve lo sareste immaginato. Solo nel caso di certe persone molto giovani, o sprovvedute e instabili, non riusciamo a far sche
esse si sottopongano a tale auspicabile limitazione. Nel loro caso dobbiamo combinare l'opera del medico con quella dell'educatore; allora siamo ben consci della nostra responsabilite ci comportiamo con la necessaria cautela.

Dallo zelo con cui mi difendo contro l'accusa che il nervoso nella cura analitica venga incoraggiato a godersi la vita, non dovete trarre la conclusione che agiamo su di lui in favore della moralitsociale. Questo a dir poco, altrettanto lontano
dalle nostre intenzioni. E' vero che non siamo riformatori ma semplici osservatori, tuttavia non possiamo dispensarci dall'osservare con occhio critico, e ci risultato impossibile prendere partito per la morale sessuale convenzionale o avere
un'alta considerazione del modo in cui la societcerca di regolare nella pratica i problemi della vita sessuale. Alla societpossiamo dimostrare, con un conto semplicissimo, che ciche essa chiama la sua moralitcosta pisacrifici di quanto
meriti, e che il suo modo di procedere non basato su veritnattesta saggezza. Non rinunciamo a questa critica nemmeno di fronte ai nostri pazienti, cerchiamo di abituarli a riflettere senza prevenzioni sulle faccende sessuali coscome su tutte
le altre; e se essi, raggiunta la loro indipendenza al termine della cura, si decidono in base a una propria valutazione per una posizione intermedia tra il pieno godimento della vita e l'ascesi incondizionata, non ci sentiamo alcun peso sulla
coscienza, quale che sia la loro scelta.

Ci diciamo che chi giunto con successo a educarsi alla verit protetto definitivamente dal pericolo di immoralit anche se il metro con cui giudica le cose morali diverge per qualche aspetto da quello in uso nella societ D'altronde,
guardiamoci dal sopravvalutare l'importanza dell'astinenza per quanto concerne il suo influsso sulle nevrosi. Solo in una minoranza di casi si pumettere fine alla situazione patogena della frustrazione, e al conseguente ingorgo libidico, mediante
quella specie di godimento sessuale che si riesce a ottenere con poca fatica.

L'effetto terapeutico della psicoanalisi non si spiega quindi con il fatto che essa autorizzerebbe a godersi sessualmente la vita.

Guardatevi attorno per cercare qualcos'altro. Ritengo che mentre respingevo questa vostra congettura una mia osservazione vi abbia messo sulla giusta strada. Chissche il nostro giovamento non consista nel sostituire l'inconscio con il cosciente,
nel tradurre l'inconscio nel cosciente? Esatto, cos Nel far procedere l'inconscio fino alla coscienza, noi aboliamo le rimozioni, eliminiamo le condizioni per la formazione dei sintomi, trasformiamo il conflitto patogeno in un conflitto normale
che deve trovare in qualche modo una risoluzione. Ciche provochiamo nel malato non altro che questo unico mutamento psichico: fin dove giunge questo, arriva il nostro aiuto. Dove non c'rimozione o un processo psichico analogo da far recedere,
non c'posto per la nostra terapia.

Possiamo esprimere il fine dei nostri sforzi in diverse formule:

rendere cosciente l'inconscio, abolire le rimozioni, riempire le lacune della memoria; tutto questo mette capo alla stessa cosa. Ma forse siete insoddisfatti di questa dichiarazione. Vi siete immaginati il processo di guarigione di un nervoso come
qualcosa di diverso: che, dopo essersi sottoposto al faticoso lavoro di una psicoanalisi, egli diventi un altro uomo e poi tutto il risultato sarebbe che egli ha in sun po' meno di inconscio e un po' pidi conscio rispetto a prima. Il fatto che
probabilmente voi sottovalutate l'importanza di un simile mutamento interiore. Il nervoso guarito diventato davvero un altro uomo, ma in fondo, naturalmente, rimasto lo stesso; ossia, diventato quale avrebbe potuto diventare, a dir molto,
nelle condizioni pifavorevoli. Ma questo moltissimo. Se poi aggiungete tutto quello che si deve fare e gli sforzi che sono necessari per realizzare quel mutamento apparentemente insignificante nella sua vita psichica, non potrpisfuggirvi
l'importanza di una tale differenza nel livello psichico.

Divago per un attimo, per domandarvi se sapete che cosa sia la cosiddetta "terapia causale". Cossi designa un procedimento che non si appunta sulle manifestazioni della malattia, ma si propone l'eliminazione delle sue cause. Ora, la nostra terapia
psicoanalitica una terapia causale oppure no? La risposta non semplice, ma forse ci dl'opportunitdi convincerci che non ha senso porre il problema in questo modo. Non ponendosi come primo compito l'eliminazione dei sintomi, la terapia
analitica si comporta come una terapia causale; ma, per un altro verso, potete dire che non lo Da molto tempo noi abbiamo segu鮅o la concatenazione causale oltre le rimozioni, e siamo risaliti fino alle disposizioni pulsionali, alle loro relative
intensitnella costituzione e alle deviazioni verificatesi durante il loro sviluppo. Supponete ora che ci fosse possibile intervenire, per esempio con mezzi chimici, in questo ingranaggio, che riuscissimo a elevare o ridurre la quantitdi libido
presente in un dato momento, o a rafforzare una pulsione a spese di un'altra: avremmo cosuna terapia causale nel vero senso della parola, per la quale la nostra analisi avrebbe fornito l'indispensabile lavoro preliminare di ricognizione.
Attualmente, come sapete, da escludere che si possa influire in tal modo sui processi libidici; con la nostra terapia psichica noi aggrediamo un altro punto dell'insieme, non esattamente quelle che sappiamo essere le radici dei fenomeni, ma
tuttavia abbastanza lontano dai sintomi, un punto che ci diventato accessibile in virtdi circostanze assai strane. Che cosa dobbiamo fare per sostituire nel nostro paziente l'inconscio con il conscio? Una volta credevamo che la cosa fosse
semplicissima, che occorresse solo scoprire questo inconscio e comunicarglielo. Ma sappiamo giche era un errore di miopia. La nostra conoscenza dell'inconscio non ha lo stesso valore della sua conoscenza; se noi comunichiamo al paziente la nostra
conoscenza, egli non la pone al posto del suo inconscio, ma accanto a questo; e il cambiamento che ne risulta minimo. Quel che dobbiamo fare rappresentarci questo inconscio topicamente, dobbiamo andare a cercarlo nel ricordo del paziente, l dove venuto a formarsi mediante una rimozione. Questa rimozione va eliminata, e allora la sostituzione dell'inconscio con il conscio pueffettuarsi senza difficolt Come sopprimere dunque tale rimozione? Il nostro compito entra qui in una
seconda fase. Per prima cosa, la ricerca della rimozione, poi l'eliminazione della resistenza che sostiene questa rimozione.

Come si elimina la resistenza? Nel medesimo modo: scoprendola e mostrandola al paziente. Anche la resistenza deriva infatti da una rimozione, dalla stessa rimozione che cerchiamo di risolvere, o da una che ha avuto luogo precedentemente. La
resistenza stata prodotta dal controinvestimento nato per rimuovere l'impulso sconveniente. Facciamo adesso la stessa cosa che cercavamo di fare all'inizio: interpretare, scoprire e comunicare; ma ora la facciamo nel luogo giusto. Il
controinvestimento o resistenza non appartiene all'inconscio, ma all'Io, che coopera con noi, e cianche se la resistenza non dovesse essere cosciente. Come sappiamo, questione qui del duplice significato del termine "inconscio", inteso da una
parte come fenomeno e dall'altra come sistema. Cisembra molto difficile e oscuro, ma ripete in realtcose gidette a cui siamo preparati da tempo. Ci aspettiamo dunque che questa resistenza venga abbandonata e il controinvestimento ritirato
quando ne avremo reso possibile all'Io il riconoscimento con la nostra interpretazione. Con quali forze motrici operiamo in un caso simile? In primo luogo, con l'aspirazione del paziente a guarire, aspirazione che lo ha indotto a sottomettersi al
comune lavoro con noi, e, in secondo luogo, ci avvaliamo della sua intelligenza, cui diamo un supporto con la nostra interpretazione. Non c'dubbio che all'intelligenza del malato riesce pifacile riconoscere la resistenza e trovare la traduzione
corrispondente al rimosso se gli abbiamo dato le adeguate rappresentazioni anticipatorie. Se vi dico: "Guardate in cielo, c'un pallone volante", lo trovate molto pifacilmente che se vi invito soltanto a guardare in alto per vedere se scoprite
qualcosa. Anche lo studente che guarda le prime volte attraverso il microscopio viene istruito dall'insegnante su quello che deve vedere, altrimenti non vede nulla, benchqualcosa ci sia e sia visibile.

E ora al fatto. In un gran numero di forme nervose - nelle isterie, negli stati d'angoscia e nelle nevrosi ossessive - la nostra impostazione si rivela giusta. Mediante la caccia alla rimozione, la messa a nudo delle resistenze, l'indicazione di ci che stato rimosso, riusciamo realmente a risolvere il problema, ossia a superare le resistenze, ad abolire la rimozione e a trasformare in conscio l'inconscio. Cifacendo, ricaviamo un'impressione chiarissima della lotta violenta che si svolge
nella psiche del paziente per superare ogni singola resistenza: una lotta psichica normale, su un terreno psicologico omogeneo, tra i motivi che vogliono mantenere il controinvestimento e quelli che sono pronti ad abbandonarlo. I primi sono i
vecchi motivi che a suo tempo hanno imposto la rimozione; tra i secondi si trovano quelli sopravvenuti di recente, che si spera decidano il conflitto nel senso da noi desiderato. Siamo riusciti a riaccendere il vecchio conflitto che ha portato alla
rimozione, a sottoporre a revisione il processo a suo tempo concluso. I nuovi argomenti di cui disponiamo sono, in primo luogo, l'ammonimento che la precedente decisione ha condotto alla malattia e la promessa che una decisione diversa aprirla
strada alla guarigione; in secondo luogo, l'enorme cambiamento avvenuto sotto ogni profilo dai tempi di quel primo rifiuto. Allora l'Io era debole, infantile, e aveva forse ragione di tenere lontana da scome un pericolo la richiesta della libido.
Ora si rafforzato e ha acquistato esperienza, e in piha al suo fianco l'aiuto del medico. Possiamo coslusingarci di guidare il conflitto rianimato a un esito migliore di quello della rimozione, e, come abbiamo detto, in linea di massima il
risultato ci dragione nell'isteria, nella nevrosi d'angoscia e nella nevrosi ossessiva.

Ci sono peraltre forme di malattia, nelle quali, malgrado le condizioni siano le stesse, il nostro procedimento terapeutico non ha mai successo. Anche in esse si trattato di un conflitto originario fra l'Io e la libido, che ha condotto alla
rimozione, anche se quest'ultima va caratterizzata diversamente dal punto di vista topico -; anche qui possibile rintracciare nella vita del malato i precisi momenti nei quali sono avvenute le rimozioni; adottiamo il medesimo procedimento, siamo
pronti a fare le stesse promesse, forniamo lo stesso aiuto suggerendo rappresentazioni anticipatorie, e anche qui il divario di tempo fra il presente e le rimozioni gioca a favore di un esito diverso del conflitto. E tuttavia non riusciamo ad
abolire una sola resistenza o a eliminare una sola rimozione. Questi pazienti - paranoici, melanconici, o affetti da dementia praecox - rimangono imperterriti e impenetrabili alla terapia psicoanalitica. Da che cosa pudipendere questo? Non dalla
mancanza di intelligenza; richiediamo naturalmente ai nostri pazienti un certo grado di capacitintellettuale, ma questa, tanto per fare un esempio, non fa difetto sicuramente a gente dotata di grande acutezza come i paranoici ''combinatori''. Non
possiamo neanche dire che manchino gli altri incentivi. I melanconici, per esempio, hanno in altissimo grado la consapevolezza - che assente nei paranoici - di essere ammalati e di soffrire percigravemente, ma non per questo sono pi accessibili. Ci troviamo qui davanti a un fatto che non comprendiamo e che ci fa percidubitare di avere effettivamente compreso, in tutti i suoi aspetti determinanti, il successo eventualmente conseguito nelle altre nevrosi.

Tornando ai nostri isterici e nevrotici ossessivi, ci imbattiamo presto in un secondo fatto, al quale non eravamo in alcun modo preparati. Dopo un po' non possiamo fare a meno di notare che questi malati si comportano verso di noi in maniera
particolarissima. Credevamo di esserci resi conto di tutte le forze pulsionali che entrano in gioco nella cura, di avere completamente razionalizzato la situazione esistente fra noi e il paziente, cosda poterla controllare come un'operazione
aritmetica, ed ecco che sembra insinuarsi qualcosa che non stato previsto in questo calcolo. Questa inattesa novitpresenta molteplici aspetti, e descriverdapprima le sue manifestazioni pifrequenti e pifacilmente comprensibili.

Notiamo, dunque, che il paziente, che dovrebbe cercare soltanto una via d'uscita dai suoi dolorosi conflitti, sviluppa un particolare interesse per la persona del medico. Tutto quello che si riconnette a questa persona sembra essere ai suoi occhi
piimportante delle sue stesse faccende, e tale da distoglierlo dalla sua malattia. I rapporti col paziente assumono conseguentemente per un certo tempo una forma molto piacevole; egli particolarmente cortese, cerca, quando pu di mostrarsi
riconoscente, mostra finezze e pregi della sua natura di cui forse non sospettavamo l'esistenza. Il medico, per parte sua, si fa di lui un'opinione favorevole e si compiace del caso che gli ha permesso di prestare aiuto proprio a una personalitdi
particolare valore. Se il medico ha occasione di parlare coi congiunti del paziente, apprende con piacere che questa simpatia reciproca. A casa il paziente non si stanca di lodare il medico, di decantarne sempre nuovi pregi. "E' entusiasta di Lei,
ha in Lei una fiducia cieca; tutto quello che Lei dice come una rivelazione per lui", raccontano i congiunti. Qua e luno del coro ha la vista piacuta e osserva: "Ha cominciato a essere noioso a forza di non parlare d'altro che di Lei e di non
avere che il Suo nome in bocca".

Voglio sperare che il medico sia abbastanza modesto da attribuire questa esaltazione che il paziente fa della sua personalitalle speranze che egli stesso in grado di suscitare in lui e all'ampliamento del suo orizzonte intellettuale dovuto alle
sorprendenti e liberatrici rivelazioni che la cura implica. In queste condizioni, anche l'analisi fa splendidi progressi, il paziente comprende ogni accenno, si immerge nei compiti che gli vengono posti dalla cura, il materiale dei ricordi e delle
associazioni gli affluisce copioso, sorprende il medico per la sicurezza e l'esattezza delle sue interpretazioni, e a quest'ultimo non rimane che costatare con soddisfazione con quale prontezza un malato accolga tutte le novitpsicologiche che
fuori, nel mondo dei sani, sogliono suscitare la piaccanita opposizione. Al buon accordo durante il lavoro analitico corrisponde anche un obiettivo miglioramento, che tutti sono pronti a riconoscere, dello stato del paziente.

Ma un tempo cosbello non pudurare all'infinito. E un bel giorno si offusca. Nel trattamento subentrano delle difficolt il paziente afferma che non gli viene in mente pinulla. Si ha la netta impressione che il suo interesse altrove e che
egli trascuri a cuor leggero la prescrizione impartitagli di dire tutto ciche gli passa per la mente e di non tener conto di alcuna remora critica. Egli si comporta come fa fuori della cura, come se non avesse concluso quel patto con il medico; evidentemente assorbito da qualcosa che pervuole tenere per s E' questa una situazione pericolosa per il trattamento. Ci si trova inconfondibilmente di fronte a una violenta resistenza. Ma che cosa successo?

Quando si in grado di chiarire la situazione, si riconosce quale causa del turbamento il fatto che il paziente ha trasferito sul medico intensi sentimenti di tenerezza, che nil comportamento del medico nil rapporto sorto durante la cura
giustificano. La forma in cui questa tenerezza si esprime e i fini cui mira dipendono naturalmente dalle circostanze in cui si trovano le due persone interessate. Se si tratta di una giovane donna e di un uomo piuttosto giovane, avremo l'impressione
di un normale innamoramento, troveremo comprensibile che una ragazza si innamori di un uomo con cui pustare molto tempo da sola e parlare di cose intime, un uomo che le si presenta nella vantaggiosa posizione di chi allo stesso tempo superiore e
soccorritore; e trascureremo probabilmente il fatto che da una fanciulla nevrotica ci sarebbe da aspettarsi piuttosto un disturbo della capacitdi amare.

Quanto pipoi le circostanze personali del medico e del paziente si allontanano dal caso che abbiamo supposto, tanto pici sorprenderche si stabilisca comunque e immancabilmente questa stessa relazione emotiva. Passi ancora se la giovane donna,
sfortunata nel matrimonio, sembra dominata da una seria passione per il medico, ancora libero, se pronta a cercare di ottenere lo scioglimento del proprio matrimonio per appartenergli, oppure se, in caso di impedimenti sociali, non manifesta
alcuna perplessitad allacciare una segreta relazione amorosa con lui. Cose simili accadono anche al di fuori della psicoanalisi. Ma in queste circostanze si odono con stupore da parte delle donne e delle ragazze dichiarazioni che attestano una
precisa presa di posizione di fronte al problema terapeutico: esse avevano sempre saputo di poter guarire solo attraverso l'amore, e avevano atteso fin dall'inizio della cura che tramite questo contatto umano si offrisse finalmente loro ciche la
vita fino a quel momento non aveva concesso; solo perchavevano questa speranza si erano date tanta pena durante la cura e avevano superato tutte le difficoltdi comunicazione. Aggiungeremo per nostro conto: e avevano compreso cosfacilmente cose
che altrimenti riescono tanto difficili da credere. Ma una simile confessione ci sorprende; essa manda all'aria i nostri calcoli. Possibile che abbiamo lasciato fuori dal nostro bilancio preventivo la voce piimportante?

E in effetti, quanto piprogrediamo nell'esperienza, tanto meno possiamo opporci a questa rettifica che umilia le nostre pretensioni scientifiche. Le prime volte si poteva magari credere che la cura analitica si fosse imbattuta in un intralcio
dovuto a un evento casuale, cionon rientrante nelle sue intenzioni e non da essa provocato. Ma quando un simile attaccamento affettuoso del paziente nei confronti del medico si ripete regolarmente a ogni nuovo caso, quando continua a ricomparire
nelle condizioni pisfavorevoli, con incongruitaddirittura grottesche, anche nella donna attempata, anche verso l'uomo dalla barba grigia, anche ldove a nostro giudizio non esistono allettamenti di sorta, allora non ci resta che abbandonare
l'idea di un casuale contrattempo e riconoscere che si tratta di un fenomeno che sta nella piintima connessione con la natura stessa della malattia.

Il nuovo fatto, che riconosciamo con riluttanza, da noi chiamato TRASLAZIONE. Ci riferiamo a una traslazione di sentimenti sulla persona del medico, giacchnon riteniamo che la situazione della cura possa giustificare la nascita di sentimenti
simili.

Presumiamo, al contrario, che l'intera predisposizione a tali sentimenti abbia un'altra origine, esista gipronta nella paziente e venga trasferita sulla persona del medico in occasione del trattamento analitico. La traslazione pucomparire come
appassionata richiesta d'amore o in forme pimoderate; al posto del desiderio di essere amata, puaffiorare nella giovane donna rispetto all'uomo anziano il desiderio di essere accolta come figlia prediletta; il desiderio libidico pumitigarsi
nella proposta di un'amicizia indissolubile ma idealmente non sensuale.

Alcune donne riescono a sublimare la traslazione e a modellarla finchessa acquista una sorta di compatibilit altre devono esprimerla nella sua forma grezza, originaria, perlopiimpossibile. Ma in fondo si tratta sempre della stessa cosa la cui
provenienza dalla medesima fonte non puessere equivocata.

Prima di domandarci dove vogliamo collocare il nuovo fatto della traslazione, finiamo di descriverla. Che cosa succede con i pazienti di sesso maschile? In questo caso sarebbe legittimo sperare di sfuggire alla molesta interferenza della diversit di sesso e dell'attrazione sessuale. Eppure dobbiamo rispondere che le cose non vanno molto diversamente che con le donne. Lo stesso attaccamento al medico, la stessa sopravvalutazione delle sue qualit lo stesso assorbimento nei suoi interessi, la
stessa gelosia verso tutti quelli che gli stanno vicino. Le forme sublimate della traslazione sono pifrequenti fra uomo e uomo e la richiesta sessuale diretta pirara, nella misura in cui l'omosessualitmanifesta passa in seconda linea rispetto
agli altri impieghi di questa componente pulsionale. Nei suoi pazienti maschili il medico, inoltre, osserva pispesso che nelle donne un modo di manifestare la traslazione che a prima vista sembra contraddire quanto finora descritto, la traslazione
ostile o negativa.

Mettiamo per prima cosa in chiaro che la traslazione insorge nel paziente sin dall'inizio del trattamento e rappresenta per un certo tempo il suo fattore piintensamente propulsivo.

Fintantochessa opera a favore dell'analisi condotta in comune, non la si avverte e non c'neanche bisogno di preoccuparsene. Se poi si trasforma in resistenza, necessario prestarle attenzione, e si capisce che ha mutato il suo rapporto con la
cura se si verificano due diverse e opposte condizioni: in primo luogo, quando come inclinazione affettuosa diventata talmente forte, ha tradito con tale evidenza la sua origine dal bisogno sessuale, da dover suscitare contro di sun'opposizione
interna e, in secondo luogo, quando consiste in impulsi ostili anzichaffettuosi. I sentimenti ostili fanno di solito apparizione pitardi di quelli affettuosi e al seguito di questi ultimi; nella loro presenza simultanea essi rispecchiano bene
l'ambivalenza emotiva che domina la maggior parte del nostri rapporti intimi con gli altri esseri umani. I sentimenti ostili indicano un legame emotivo quanto quelli affettuosi, coscome un atteggiamento di sfida indica dipendenza allo stesso modo
dell'obbedienza, pur essendo di segno opposto. Non puesserci dubbio per noi che i sentimenti ostili verso il medico meritano il nome di "traslazione", perchla situazione della cura non comporta assolutamente il loro sorgere; la concezione della
traslazione negativa necessaria e ci assicura che non siamo caduti in errore nel giudicare quella positiva o affettuosa.

Da dove sorga la traslazione, quali difficoltci presenti, come le superiamo e quale profitto alla fine traiamo da essa, tutto cimateria che andrebbe trattata esaurientemente in una guida tecnica all'analisi e oggi sarda me soltanto sfiorato.
Mentre ovvio che non dobbiamo cedere alle richieste del paziente che conseguono dalla traslazione, sarebbe assurdo respingerle in modo scortese o addirittura indignato; noi superiamo la traslazione dimostrando all'ammalato che i suoi sentimenti
non derivano dalla situazione presente e non sono destinati alla persona del medico, bensripetono qualcosa che in lui giaccaduto precedentemente.

In tal modo lo costringiamo a trasformare la sua ripetizione in ricordo. Allora la traslazione che sembrava costituire comunque (affettuosa o ostile che fosse) la piforte minaccia per la cura, ne diventa il migliore strumento, con il cui aiuto si
possono aprire i piimpenetrabili scomparti della vita psichica.

Vorrei aggiungere alcune parole per cancellare il vostro stupore di fronte alla comparsa di questo inatteso fenomeno. Non dimentichiamo che la malattia del paziente che prendiamo in analisi non qualcosa di concluso, di cristallizzato, ma qualcosa
che continua a crescere e a svilupparsi come un essere vivente.

L'inizio della cura non pone fine a questo sviluppo ma, appena la cura si impadronita del malato, avviene che l'intera neoproduzione della malattia si riversa su un solo punto, ossia sul rapporto col medico. La traslazione diventa cos paragonabile alla zona di cambio fra il legno e la corteccia di un albero, dalla quale deriva la formazione di nuovi tessuti e l'aumento di spessore del tronco. Non appena la traslazione assurta a questa importanza, il lavoro sui ricordi
dell'ammalato passa decisamente in secondo piano. Allora non inesatto dire che non si ha pia che fare con la precedente malattia del paziente, benscon una nevrosi di nuova formazione e profondamente trasformata, che sostituisce la prima.
Questa nuova edizione della vecchia malattia noi l'abbiamo segu鮅a fin dall'inizio, l'abbiamo vista nascere e crescere e in essa ci raccapezziamo particolarmente bene perchal suo centro, come oggetto, stiamo noi stessi. Tutti i sintomi del
paziente hanno abbandonato il loro significato originario e hanno assunto un nuovo senso, che consiste in un rapporto con la traslazione; oppure sono sopravvissuti solo quei sintomi ai quali poteva riuscire una simile trasformazione. Domare questa
nuova nevrosi artificiale significa peranche eliminare la malattia portata nella cura, significa risolvere il nostro compito terapeutico. Colui che nei rapporti con il medico ormai diventato normale e non pisoggetto a spinte pulsionali
rimosse, tale resteranche nella vita privata, quando il medico saruscito di scena.

La traslazione ha questa importanza straordinaria (che per la cura addirittura fondamentale) nelle isterie, nelle isterie d'angoscia e nelle nevrosi ossessive, le quali percivengono raggruppate, a ragione, sotto la comune denominazione di
"NEVROSI DI TRASLAZIONE". Chi ha ricavato dal lavoro analitico un quadro complessivo della traslazione, non pupidubitare di quale natura siano gli impulsi repressi che pervengono a esprimersi nei sintomi di queste nevrosi e non pretende che
vengano addotte prove piconvincenti del loro carattere libidico. Possiamo dire che soltanto con l'inserimento della traslazione il nostro convincimento sul significato dei sintomi come soddisfacimenti libidici sostitutivi si definitivamente
consolidato.

Abbiamo ora ampi motivi per migliorare la nostra precedente concezione dinamica del processo di guarigione e per farla armonizzare con le nuove vedute che abbiamo acquisito. Per imporsi nel normale conflitto con le resistenze messegli da noi a nudo
nell'analisi, al malato occorre una potente spinta che influisca sulla sua decisione nel senso da noi desiderato e sia tale da orientarlo verso la guarigione. Altrimenti potrebbe succedere che egli si decidesse per la ripetizione dello sbocco
precedente e lasciasse ripiombare nella rimozione ciche ha elevato fino alla coscienza. A questo punto la lotta decisa non dalla sua perspicacia intellettuale - che non nabbastanza forte nabbastanza libera per tale impresa - bens unicamente dal suo rapporto con il medico. Finchla sua traslazione preceduta dal segno positivo, essa riveste il medico di autorite si converte in fiducia nelle sue comunicazioni e concezioni. Senza tale traslazione, o se questa negativa,
egli non presterebbe nemmeno ascolto al medico e ai suoi argomenti. La fiducia ripete qui la storia della propria origine: un derivato dell'amore e all'inizio non ha avuto bisogno di argomenti. Solo in seguito egli ha fatto un certo spazio a
questi ultimi, sottoponendoli a verifica quando erano esposti da una persona cara. Argomenti privi di tale sostegno non hanno mai avuto valore, non valgono mai nulla nella vita della maggior parte degli uomini. Possiamo dunque dire in generale che
anche sotto il profilo intellettuale, l'uomo accessibile solo in quanto capace di investimenti libidici oggettuali, e abbiamo valide ragioni per riconoscere e temere nelle dimensioni del suo narcisismo una barriera alla sua influenzabilit
anche a petto della migliore tecnica analitica.

La capacitdi rivolgere investimenti libidici oggettuali anche su persone va evidentemente attribuita a tutte le persone normali.

L'inclinazione alla traslazione dei cosiddetti nevrotici soltanto un accrescimento straordinario di questa caratteristica universale. Ora, sarebbe davvero molto strano se un tratto della natura umana di questa diffusione e importanza non fosse mai
stato notato e apprezzato. E in effetti cistato fatto. Con sicuro acume Bernheim fondla teoria dei fenomeni ipnotici sulla tesi che tutti gli uomini sono in qualche modo suscettibili di essere influenzati, "suggestionabili". Ciche egli
chiamava suggestionabilitnon era altro che l'inclinazione alla traslazione, intesa in senso un po' troppo ristretto, talchla traslazione negativa non vi trovposto. Ma Bernheim non potmai dire che cosa sia propriamente la suggestione e come
si instauri.

Essa era per lui un dato di fatto fondamentale, della cui provenienza non poteva addurre alcuna prova. Non riconobbe la dipendenza della "suggestibilit dalla sessualit dall'attivitdella libido. Quanto a noi, dobbiamo renderci conto che nella
nostra tecnica abbiamo abbandonato l'ipnosi solo per riscoprire la suggestione nella forma della traslazione.

Ma adesso mi fermo e lascio a voi la parola. Noto che in voi si agita un'obiezione che va facendosi talmente forte da togliervi ogni capacitdi ascolto, se non le si lascia la possibilitdi esprimersi: "Dunque, finalmente Lei ha ammesso di operare
con l'ausilio della suggestione come gli ipnotizzatori. Ce l'eravamo immaginato da un pezzo. Ma allora, perchseguire il cammino indiretto attraverso i ricordi del passato, la scoperta dell'inconscio, l'interpretazione e la ritraduzione delle
deformazioni, perchquesto enorme dispendio di fatica, tempo e denaro, se l'unica cosa efficace la suggestione? Perchnon ci ddirettamente dei suggerimenti per combattere i sintomi, come fanno gli altri, gli onesti ipnotizzatori? Tanto piche
se vuole addurre la scusa di aver fatto, lungo la via indiretta da Lei segu鮅a, numerose scoperte psicologiche importanti destinate, con la suggestione diretta, a rimanere nascoste, chi ci garantisce adesso che siano sicure? Non sono, anche queste
scoperte, un risultato della suggestione, di una suggestione inintenzionale?

Non puLei forse, anche in questo campo, imporre all'ammalato ciche vuole e le sembra giusto?".

La vostra un'obiezione interessantissima a cui va data una risposta. Ma oggi questo non pipossibile: ce ne manca il tempo. A risentirci dunque la prossima volta. Per oggi devo ancora portare a termine quanto ho cominciato. Ho promesso di
rendervi comprensibile, con l'aiuto del fatto assodato della traslazione, il motivo per cui i nostri sforzi terapeutici non hanno successo nelle nevrosi narcisistiche.

Posso farlo con poche parole, e vedrete con quanta facilitl'enigma si risolve e tutto torna perfettamente. L'osservazione permette di riconoscere che chi soffre di una nevrosi narcisistica non ha la minima capacitdi traslazione o ne ha solo
residui insufficienti. Sono malati che respingono il medico, non per ostilit ma per indifferenza. Percinon possono venire influenzati da lui e ciche egli dice non fa loro ncaldo nfreddo; per conseguenza non possiamo con loro mettere in
moto il meccanismo di guarigione che riusciamo a far funzionare negli altri, cioil rinnovamento del conflitto patogeno e il superamento della resistenza dovuta alla rimozione. Restano come sono. Hanno giintrapreso, spesso di propria iniziativa,
tentativi di guarigione che hanno prodotto esiti patologici; noi non possiamo mutare questa situazione in alcun modo.

In base alle nostre impressioni cliniche, avevamo affermato che in questi malati gli investimenti oggettuali dovevano essere stati abbandonati e la libido oggettuale doveva essere stata trasformata in libido dell'Io. Per questa caratteristica li
avevamo distinti dal primo gruppo di nevrotici (affetti da isteria, nevrosi d'angoscia e nevrosi ossessiva). Il loro comportamento di fronte al tentativo terapeutico conferma ora questa supposizione. Essi non dimostrano alcuna traslazione e perci sono inaccessibili ai nostri sforzi e non possono essere da noi curati.







Lezione 28 - LA TERAPIA ANALITICA

Signore e Signori, sapete gil'argomento di cui parleremo oggi.

Mi avete chiesto perchnella terapia psicoanalitica non ci serviamo della suggestione diretta, dal momento che ammettiamo che la nostra influenza basata essenzialmente sulla traslazione, ossia sulla suggestione; e a questo avete riallacciato il
dubbio se, considerato un simile predominio della suggestione, possiamo ancora renderci garanti dell'obiettivitdelle nostre scoperte psicologiche. Ho promesso di darvi in merito una risposta esauriente.

Suggestione diretta significa suggestione rivolta contro la manifestazione dei sintomi, significa lotta tra la vostra autorite i motivi della malattia. Nella lotta non vi curate di questi motivi, ma dall'ammalato pretendete soltanto che ne reprima
la manifestazione in sintomi. In linea di principio non fa differenza alcuna se l'ammalato da voi trasposto in stato ipnotico o no.

Ancora una volta Bernheim, con l'acutezza che lo distingue, sostiene che nei fenomeni di ipnotismo la suggestione l'essenziale, che l'ipnosi stessa giun risultato della suggestione, uno stato suggerito, e ha esercitato di preferenza la
suggestione nello stato vigile, suggestione che puottenere gli stessi effetti di quella in ipnosi.

Che cosa volete anzitutto ascoltare a questo proposito: ciche dice l'esperienza o le considerazioni teoriche?

Cominciamo con la prima. Io fui allievo di Bernheim, che andai a trovare a Nancy nel 1889 e di cui tradussi in tedesco il libro sulla suggestione. Esercitai per anni il trattamento ipnotico, dapprima con suggestione inibitoria, pitardi combinata
col metodo breueriano di esplorazione del paziente. Posso quindi parlare dei risultati della terapia ipnotica o suggestiva sulla scorta di una buona esperienza. Se, stando a un antico detto medico, una terapia ideale ha da essere rapida, sicura e
non spiacevole per l'ammalato, il metodo di Bernheim rispondeva certamente a due di questi requisiti. Si poteva eseguire in modo molto pirapido, anzi infinitamente pirapido, di quello analitico e non comportava per l'ammalato nfatica n inconvenienti. Per il medico alla lunga diventava... monotono:

proibire in ogni caso e allo stesso modo, con il medesimo cerimoniale, ai pisvariati sintomi di esistere, senza poter afferrare qualcosa del loro senso e della loro importanza, era un lavoro artigianale, non un'attivitscientifica, e ricordava la
magia, l'esorcismo e l'abracadabra; ma questo naturalmente non contava di fronte all'interesse dell'ammalato. Il terzo requisito gli mancava; il procedimento non era sicuro sotto nessun profilo.

In una persona poteva essere applicato, nell'altra no; in un caso si otteneva molto, nell'altro pochissimo, e non si sapeva mai il perch Peggiore di questa precarietdel procedimento era il fatto che i risultati non duravano. Se dopo qualche
tempo si tornava ad avere notizia degli ammalati, si apprendeva che la vecchia sofferenza era ricomparsa, oppure era stata sostituita da una nuova. Si poteva riprendere l'ipnosi. Nello sfondo, c'era l'ammonimento pronunciato da fonti esperte a non
privare gli ammalati della loro indipendenza con la frequente ripetizione dell'ipnosi e a non abituarli a questa terapia come a un narcotico. E' pur vero che talvolta la cosa riusciva secondo i desideri, e dopo pochi sforzi si aveva un successo
pieno e duraturo. Ma le condizioni che avevano determinato un esito cosfavorevole rimanevano sconosciute. Una volta mi accadde che uno stato grave, che avevo eliminato del tutto grazie a un breve trattamento ipnotico, ritornimmutato dopo che la
malata se l'era presa con me senza che ne avessi colpa; dopo la riconciliazione feci sparire di nuovo il disturbo e molto piradicalmente; esso riapparve tuttavia allorchla paziente ruppe i rapporti con me per la seconda volta. Un'altra volta mi
successe che una malata, da me ripetutamente aiutata con l'ipnosi a uscire da stati nervosi, durante il trattamento di un accesso particolarmente ostinato mi gettimprovvisamente le braccia al collo. Dopodichchiunque si sarebbe sentito costretto
a occuparsi, che lo volesse o no, del problema riguardante la natura e la provenienza della propria autoritsuggestiva.

Fin qui le esperienze. Esse ci mostrano che rinunciando alla suggestione diretta non abbiamo perso nulla che sia insostituibile. Consentitemi ora di riallacciare a tutto questo alcune considerazioni. L'esercizio della terapia ipnotica implica una
prestazione irrilevante sia da parte del paziente che del medico. Questa terapia s'accorda perfettamente con la valutazione delle nevrosi che ancor oggi dla maggior parte dei medici. Il medico dice al nervoso: "Lei non ha nulla, solo un fatto
nervoso, e percisono in grado di liberarla dai suoi guai con due o tre parole in pochi minuti". Ripugna peralla nostra mentalitenergetica l'idea che sia possibile muovere con uno sforzo esiguo un grosso peso, affrontandolo direttamente e senza
l'aiuto esterno di strumenti adatti. Nella misura in cui due situazioni sono confrontabili, l'esperienza insegna che tale prodezza non puriuscire nemmeno nelle nevrosi. Ma so che questo argomento non inattaccabile; esistono anche le "reazioni a
catena".

Alla luce della conoscenza ricavata dalla psicoanalisi possiamo descrivere la differenza fra la suggestione ipnotica e quella psicoanalitica nel seguente modo: la terapia ipnotica cerca di ricoprire e mascherare qualcosa nella vita psichica, quella
analitica di mettere allo scoperto e di allontanare qualcosa. La prima opera come una cosmesi, la seconda come una chirurgia. La prima utilizza la suggestione per proibire i sintomi, rafforza le rimozioni, ma per il resto lascia immutati tutti i
processi che hanno condotto alla formazione dei sintomi. La terapia analitica penetra molto pialle radici, ldove sono i conflitti dai quali sono scaturiti i sintomi, e si serve della suggestione per modificare l'esito di questi conflitti. La
terapia ipnotica lascia il paziente inattivo e immutato e percianche, ugualmente, privo di resistenza di fronte ad ogni nuova occasione di ammalarsi. La cura analitica impone tanto al medico quanto al malato un lavoro pesante, che viene utilizzato
per abolire le resistenze interne.

Con il superamento di queste resistenze la vita psichica del malato viene mutata permanentemente, elevata a un grado superiore di sviluppo, e preservata da nuove possibilitdi malattia. Questo lavoro di superamento la funzione essenziale della
cura analitica; il malato deve compierlo e il medico glielo rende possibile con l'ausilio della suggestione, operante nel senso di una educazione. Percisi anche detto a ragione che il trattamento psicoanalitico una sorta di POST- EDUCAZIONE.

Spero di avervi reso chiaro in che cosa il nostro modo di impiegare terapeuticamente la suggestione differisce dall'unico suo impiego possibile nella terapia ipnotica. Riconducendo la suggestione alla traslazione comprendete anche l'imprevedibilit che abbiamo notato nella terapia ipnotica, mentre quella analitica resta, nei suoi limiti, qualcosa su cui si pufare affidamento.

Nell'applicare l'ipnosi dipendiamo dalla capacitdi traslazione del malato, senza poter esercitare alcuna influenza su di essa. La traslazione dell'ipnotizzando puessere negativa o, come avviene nella maggior parte dei casi, ambivalente, oppure
egli puessersi protetto dalla sua traslazione mediante particolari atteggiamenti; di cinoi non veniamo a sapere nulla. Nella psicoanalisi lavoriamo sulla traslazione stessa, sciogliamo ciche le si oppone, mettiamo a punto lo strumento con il
quale intendiamo operare. Cosci diviene possibile trarre un profitto interamente diverso dal potere della suggestione; questo potere lo teniamo in pugno. Non l'ammalato a suggerirsi da solo quello che gli piace, ma siamo noi a guidarne la
suggestione, ammesso che egli si riveli accessibile all'influsso di quest'ultima.

Ora direte che, indipendentemente dal nome che vogliamo dare alla forza motrice della nostra analisi, sia esso traslazione o suggestione, esiste il pericolo che influenzare il paziente renda dubbia la sicurezza obiettiva delle nostre scoperte. Ci che va a vantaggio della terapia, andrebbe a scapito dell'indagine. E' l'obiezione che stata pifrequentemente sollevata contro la psicoanalisi, e si deve ammettere che, pur non essendo centrata, non si purifiutarla come insensata. Tuttavia, se
tale obiezione fosse giustificata, la psicoanalisi non sarebbe altro che un tipo particolarmente ben camuffato, particolarmente efficace di trattamento suggestivo, e noi potremmo prendere alla leggera tutte le sue asserzioni sugli influssi cui siamo
soggetti nella vita, sulla dinamica psichica e sull'inconscio. Cosla pensano in effetti i nostri oppositori; in particolare, tutto quanto si riferisce all'importanza delle esperienze sessuali, se non addirittura queste esperienze stesse, sarebbe
stato da noi "dato a intendere" agli ammalati dopo che tali elucubrazioni si sono sviluppate nella nostra fantasia depravata. La confutazione di queste accuse riesce pifacile facendo appello all'esperienza che non con l'aiuto della teoria. Chi ha
eseguito personalmente delle psicoanalisi, ha potuto convincersi innumerevoli volte che impossibile suggestionare il malato in questo modo. Non che sia difficile farlo diventare seguace di una certa teoria e renderlo cospartecipe di un eventuale
errore del medico. In ciil paziente si comporta come chiunque altro, come qualsiasi allievo; ma in tal modo si influenzata solo la sua intelligenza, non la sua malattia. La soluzione dei suoi conflitti e il superamento delle sue resistenze
riesce solo se gli sono state date quelle rappresentazioni anticipatorie che concordano con la realtche in lui. Ciche era inesatto nelle supposizioni del medico viene a cadere nel corso dell'analisi, e va quindi ritirato e sostituito con
qualcosa di pigiusto. Per mezzo di una tecnica accurata si cerca di impedire che la suggestione ottenga provvisoriamente ciche vuole; ma se cisi verifica non c'da preoccuparsene, poichnessuno si accontenta del primo successo. Non riteniamo
terminata l'analisi se non sono state chiarite tutte le oscuritdel caso, colmate le lacune della memoria, scoperte le occasioni in cui sono avvenute le rimozioni. Nei successi che subentrano troppo presto scorgiamo piuttosto ostacoli che
incoraggiamenti al lavoro analitico, e distruggiamo nuovamente questi successi, dissolvendo di continuo la traslazione sulla quale sono basati. In fondo, quest'ultimo tratto che distingue il trattamento analitico da quello puramente suggestivo e
libera i risultati analitici dal sospetto di essere successi dovuti a suggestione. In ogni altro trattamento suggestivo la traslazione viene accuratamente risparmiata, lasciata intatta; in quello analitico essa stessa oggetto del trattamento, e
viene scomposta in ognuna delle sue forme. A conclusione di una cura analitica, la traslazione stessa deve essere demolita, e se a questo punto il successo subentra o si rivela duraturo, esso non basato sulla suggestione, benssul fatto
(realizzatosi con il suo aiuto) di aver superato le resistenze interne, sul cambiamento interno provocato nel paziente.

Contro l'instaurarsi di suggestioni singole agisce certamente il fatto che durante la cura dobbiamo lottare ininterrottamente contro resistenze che sono capaci di trasformarsi in traslazioni negative (ostili). C'un altro fatto che non dobbiamo
trascurare, e cioche un gran numero di singoli risultati dell'analisi che potrebbero sembrare prodotti della suggestione, trovano altrove una conferma ineccepibile. Ci sono garanti, in questo caso, i dementi e i paranoici, i quali, ovviamente, non
possono neanche lontanamente essere sospettati di subire l'influsso della suggestione. Le traduzioni di simboli e le fantasie che questi malati ci vengono a raccontare, essendosi aperte la strada fino alla loro coscienza, coincidono fedelmente con i
risultati delle nostre indagini sull'inconscio dei nevrotici di traslazione e convalidano cosl'obiettiva correttezza delle nostre interpretazioni, spesso messe in dubbio. Credo che non andate errati se concedete la vostra fiducia all'analisi su
questi punti.

Completerora il mio quadro del meccanismo della guarigione rivestendolo delle formule della teoria della libido. Il nevrotico incapace di godere e di agire; incapace di godere perchla sua libido non rivolta verso alcun oggetto reale, incapace di agire perchdeve spendere gran parte della propria energia per mantenere rimossa la libido e premunirsi contro il suo assalto.

Egli guarirebbe se il conflitto fra il suo Io e la sua libido avesse termine e il suo Io ritornasse a disporre della sua libido.

Il compito terapeutico consiste quindi nello sciogliere la libido dai suoi legami attuali sottratti all'Io e nell'asservirla di nuovo all'Io. Ma dove si cacciata la libido del nevrotico? Si fa presto a trovarla: legata ai sintomi, che le
garantiscono l'unico soddisfacimento sostitutivo possibile al momento. Si deve quindi diventare padroni dei sintomi, risolverli ed proprio quello che il malato esige da noi. Per sciogliere i sintomi diventa indispensabile risalire fino alla loro
origine, rinnovare il conflitto dal quale sono scaturiti e, con l'aiuto di quelle forze motrici che a suo tempo non erano disponibili, indirizzarlo verso uno sbocco diverso. Questa revisione del processo che ha portato alla rimozione puessere
compiuta solo in parte in base alle tracce mnestiche di quanto avvenuto nel passato. La parte decisiva del lavoro consiste nel ricreare, all'interno del rapporto con il medico, ciodella "traslazione", nuove edizioni di quei vecchi conflitti in
relazione ai quali l'ammalato vorrebbe comportarsi come si sopportato a suo tempo, mentre invece lo si costringe a decidersi altrimenti, chiamando a raccolta tutte le forze psichiche in lui disponibili. La traslazione diventa dunque il campo di
battaglia nel quale sono destinate a incontrarsi tutte le forze in lotta tra loro.

Tutta la libido, come pure ogni cosa che ad essa si oppone, viene concentrata su quest'unico rapporto con il medico, sicchinevitabile che i sintomi vengano spogliati della libido. Al posto della malattia propria del paziente subentra quella,
artificialmente prodotta, della traslazione, la malattia di traslazione; al posto dei pisvariati oggetti libidici irreali, subentra l'unico oggetto, pure fantastico, della persona del medico. Con l'aiuto della suggestione del medico, la nuova
lotta intorno a questo oggetto viene perinnalzata al pialto livello psichico, si svolge come un conflitto psichico normale. Con l'evitare una nuova rimozione si pone fine all'estraniamento tra l'Io e la libido e si ripristina l'unitpsichica
della persona.

Quando la libido torna a staccarsi dall'oggetto temporaneo, ossia dalla persona del medico, non puritornare ai suoi oggetti precedenti, ma rimane a disposizione dell'Io. Le forze contro cui si combattuto durante questo lavoro terapeutico sono,
da una parte, l'avversione dell'Io manifestatasi come tendenza alla rimozione - per determinati orientamenti libidici, e dall'altra, la caparbieto viscositdella libido, che non abbandona volentieri gli oggetti una volta che li ha investiti.

Il lavoro terapeutico si scompone quindi in due fasi: nella prima tutta quanta la libido, tolta ai sintomi, viene spinta nella traslazione e ivi concentrata, nella seconda viene condotta la lotta intorno a questo nuovo oggetto, finchla libido non
viene liberata da esso. Il mutamento che determina l'esito favorevole in questo rinnovato conflitto, l'esclusione della rimozione, per cui la libido non pupisottrarsi all'Io con la fuga nell'inconscio. Cireso possibile dall'alterazione
che nell'Io si effettua sotto l'influsso della suggestione del medico.

Attraverso il lavoro interpretativo, che trasforma in conscio ciche inconscio, l'Io viene ingrandito a spese di questo inconscio; attraverso l'insegnamento, viene reso conciliante verso la libido e incline a concederle un qualche
soddisfacimento, e il suo orrore di fronte alle richieste della libido viene ridotto dalla possibilitdi liquidarne una parte mediante la sublimazione. Quanto piciche avviene nel trattamento coincidercon questa descrizione ideale, tanto pi grande saril successo della terapia analitica. Esso trova un ostacolo nella mancanza di mobilitdella libido, che purifiutarsi di abbandonare i suoi oggetti, e nella rigiditdel narcisismo, che non permette alla traslazione oggettuale di
svilupparsi al di ldi un certo limite. Forse puservire a chiarire ulteriormente la dinamica del processo di guarigione il far notare che noi catturiamo tutta quanta la libido che stata sottratta al dominio dell'Io attirandone una parte su noi
stessi mediante la traslazione.

Non fuor di luogo avvertire che non lecito trarre alcuna conclusione diretta sulla collocazione della libido durante la malattia, da come essa si ripartita durante e in seguito al trattamento. Supposto che siamo riusciti a portare felicemente
a termine il caso, creando prima e dissolvendo poi una forte traslazione paterna sul medico, sarebbe errato dedurne che l'ammalato abbia sofferto in precedenza di un simile attaccamento inconscio al padre. La traslazione paterna solo il campo di
battaglia sul quale ci impadroniamo della libido, la libido dell'ammalato stata ivi convogliata da altre posizioni. Questo campo di battaglia non necessariamente coincide con una delle principali roccaforti del nemico coscome non occorre che la
difesa della piimportante cittnemica avvenga proprio davanti alle sue porte. Soltanto dopo che si dissolta la traslazione, si puricostruire mentalmente il modo in cui la libido era ripartita durante la malattia.

Dal punto di vista della teoria della libido possiamo ancora dire un'ultima parola sul sogno. I sogni dei nevrotici ci servono, come i loro atti mancati e le loro libere associazioni, a scoprire il senso dei sintomi e la collocazione della libido.
Essi ci mostrano, sotto forma di appagamenti di desiderio, quali impulsi di desiderio sono caduti in preda alla rimozione e a quali oggetti si legata la libido sottratta all'Io. L'interpretazione dei sogni ha percinel trattamento psicoanalitico
una grande funzione e, in alcuni casi, per lunghi periodi il mezzo piimportante d'indagine. Sappiamo giche lo stato di sonno provoca di per sun certo cedimento delle rimozioni. Grazie a questa attenuazione del peso che lo opprime, l'impulso
rimosso riesce a procurarsi nel sogno un'espressione molto pichiara di quella che il sintomo puconsentirgli durante il giorno. Lo studio del sogno diventa cosla piagevole via d'accesso alla conoscenza dell'inconscio rimosso, al quale
appartiene la libido sottratta all'Io.

I sogni dei nevrotici, per non differiscono in alcun punto essenziale da quelli delle persone normali; anzi, forse non sono distinguibili affatto da questi ultimi. Sarebbe insensato rendere conto dei sogni dei nervosi in un modo che non fosse
valido anche per i sogni delle persone normali. Dobbiamo quindi dire che la differenza fra nevrosi e salute vale solo per il giorno, non si protrae nella vita onirica. Siamo costretti a trasportare anche sulla persona sana una quantitdi ipotesi
che sorgono a proposito del nevrotico in base alla connessione tra i suoi sogni e i suoi sintomi. Non possiamo disconoscere che anche il sano possiede, nella sua vita psichica, ciche di per se soltanto rende possibile sia la formazione dei sogni
sia quella dei sintomi, e dobbiamo trarre la conclusione che anch'egli ha compiuto rimozioni, che spende una certa energia per mantenerle, che il suo sistema dell'inconscio cela impulsi rimossi e ancora investiti di energia, e che una parte della
sua libido sottratta alla disponibilitdel suo Io. Anche il sano quindi virtualmente un nevrotico, ma a quanto pare, l'unico sintomo che capace di formare il sogno; d'altronde, se si sottopone la sua vita vigile a un piacuto esame, si
scopre - ciche contraddice questa apparenza - che la sua presunta sanitpermeata di un'infinitdi formazioni sintomatiche futili e prive d'importanza nella vita pratica.

La differenza fra sanitnervosa e nevrosi si limita quindi al campo pratico e si determina a seconda del risultato, a seconda cioche alla persona sia rimasto o meno un sufficiente grado di capacitdi godere e di fare. Essa risale verosimilmente
al rapporto relativo tra gli importi di energia rimasti liberi e quelli legati da rimozione, ed di natura quantitativa, non qualitativa. Non occorre che vi faccia presente che questa scoperta giustifica teoricamente la convinzione che in linea di
principio le nevrosi sono curabili, nonostante siano basate sulla disposizione costituzionale.

Al fine di caratterizzare la sanit questo quanto possiamo inferire dalla costatata identitdei sogni nei sani e nei nevrotici. Per quanto riguarda il sogno stesso, ne consegue l'ulteriore deduzione che non possiamo scioglierlo dalle sue
relazioni con i sintomi nevrotici, che non dobbiamo credere che la sua natura si esaurisca nella formula di una traduzione di pensieri in una forma arcaica d'espressione, e che dobbiamo supporre che esso ci mostri collocazioni libidiche e
investimenti oggettuali effettivamente esistenti.

Stiamo per giungere alla fine. Forse siete delusi che sull'argomento della terapia psicoanalitica vi abbia parlato solo di teoria e non vi abbia detto nulla delle condizioni indispensabili per iniziare un trattamento, e dei risultati che si
ottengono. Ometto apposta tutto questo: le condizioni, perchnon intendo fornirvi un'istruzione pratica per l'esercizio della psicoanalisi, e i risultati, perchmolteplici motivi mi trattengono dal farlo. Ho sottolineato all'inizio delle nostre
conversazioni che in condizioni favorevoli noi otteniamo risultati di guarigione che non hanno nulla da invidiare ai pifortunati successi nel campo della terapia interna, e a questo proposito potrei ora aggiungere che tali risultati non sarebbero
stati raggiunti con alcun altro procedimento. Se dicessi di pi mi attirerei il sospetto di fare della pubblicitper sopraffare lo schiamazzo dei denigratori. Contro gli psicoanalisti stata pronunciata ripetutamente da parte di "colleghi"
medici, anche in pubblici congressi, la minaccia di aprire gli occhi al pubblico dei sofferenti sul valore nullo di questo metodo di cura, facendo ricorso a una raccolta degli insuccessi dell'analisi e dei danni da essa arrecati. Ma, a prescindere
dal carattere astioso e delatorio di questo provvedimento, una simile raccolta non servirebbe nemmeno a fornire gli elementi per un giudizio corretto sull'efficacia terapeutica dell'analisi. Come sapete, la terapia psicoanalitica giovane; c' voluto molto tempo prima che si sia potuta fissarne la tecnica e questo, inoltre, potuto avvenire solo nel corso del lavoro e per merito di un'esperienza che andava crescendo continuamente. Poichdifficile insegnarla, il medico principiante
nella psicoanalisi, in misura superiore a qualsiasi altro specialista, costretto a fare assegnamento sulla propria capacitdi perfezionarsi; e i risultati dei suoi primi anni non permetteranno mai di giudicare l'efficacia della terapia analitica.

Molti tentativi di trattamento fallirono agli albori dell'analisi perchintrapresi in relazione a casi che non si adattavano affatto al procedimento e che oggi noi escludiamo, avendo appurato quali siano le giuste indicazioni. Ma queste indicazioni
sono anch'esse il frutto di successivi tentativi. A quei tempi non sapevamo a priori che la paranoia e la dementia praecox in forme pronunciate sono inaccessibili e avevamo ancora il diritto di provare il metodo su ogni sorta di affezioni. La
maggior parte degli insuccessi di quei primi anni non si sono perverificati per colpa del medico o per scelta inadatta degli oggetti da analizzare, ma a causa di circostanze esterne sfavorevoli. Finora vi ho parlato solo delle resistenze interne,
di quelle del paziente, che sono inevitabili e superabili. Le resistenze esterne che si oppongono all'analisi, quelle che nascono dalla situazione in cui si trova l'ammalato e dal suo ambiente, hanno uno scarso interesse teorico ma la massima
importanza pratica. Il trattamento psicoanalitico da paragonarsi a un intervento chirurgico e, come questo, richiede di essere intrapreso nelle condizioni che ne garantiscano al massimo il successo. Sapete quali misure precauzionali sia solito
adottare il chirurgo: ambiente adatto, buona luce, assistenza, esclusione dei congiunti eccetera. Provate un po' a domandarvi quante di queste operazioni avrebbero buon esito se dovessero avere luogo alla presenza di tutti i membri della famiglia,
che ficcassero il naso sul tavolo operatorio e a ogni taglio di bisturi si mettessero a strillare. Nei trattamenti psicoanalitici l'intrusione dei congiunti costituisce appunto un pericolo, un pericolo di quelli a cui non si sa come far fronte.

Si armati contro le resistenze interne del paziente, che si riconoscono necessarie, ma come ci si deve difendere contro simili resistenze esterne? I congiunti del paziente sono refrattari a ogni spiegazione, non si riesce a indurli a tenersi
lontani dall'intera faccenda, e non si deve mai far causa comune con loro perchin questo caso si corre il pericolo di perdere la fiducia dell'ammalato che - del resto a ragione - esige che il suo uomo di fiducia prenda anche le sue parti. Chi ha
un'idea delle discordie da cui sono spesso lacerate le famiglie, non puessere sorpreso, nemmeno come analista, di accorgersi che i parenti piprossimi del malato talvolta rivelano scarso interesse al fatto che il loro congiunto guarisca piuttosto
che resti com' Dove, come tanto spesso avviene, la nevrosi connessa con conflitti fra membri della famiglia, il parente sano non esita a lungo nella scelta tra il suo interesse e quello di far guarire l'ammalato. Dopotutto, non c'da
meravigliarsi se il marito non vede di buon occhio un trattamento nel quale, come ha ragione di presumere, verrtirato in ballo l'elenco dei suoi peccati; non ce ne meravigliamo, ma certamente non possiamo farci alcun rimprovero se la nostra fatica
rimane senza successo e viene interrotta prematuramente perchalla resistenza della moglie ammalata venuta ad aggiungersi quella del marito. In effetti avevamo intrapreso qualcosa che, data la situazione, era inattuabile.

Invece di dilungarmi su molti casi, ve ne racconteruno solo, nel quale per ragioni di discrezione medica mi toccfare la parte di chi ha la peggio. Presi in cura analitica - molti anni fa - una giovinetta che gida vario tempo, poichsofferente
d'angoscia, non poteva andare fuori per la strada e rimanere in casa da sola.

Lentamente l'ammalata s'indusse a confessare che la sua fantasia era stata colpita da casuali osservazioni dei teneri rapporti esistenti fra sua madre e un agiato amico di famiglia. Fu percosmalaccorta - o cosraffinata - da far intuire alla
madre cidi cui si era parlato nell'analisi poichcambiil suo comportamento verso di lei, sostenendo di non voler essere protetta da nessun altro all'infuori di lei contro l'angoscia di stare sola, e sbarrandole angosciata la porta allorch voleva uscire di casa. La madre, in passato, era stata anch'essa molto nervosa, ma aveva ritrovato anni prima la salute in uno stabilimento idroterapico. Anzi in quello stabilimento aveva fatto la conoscenza dell'uomo con il quale aveva allacciato
una relazione che la soddisfaceva in ogni senso. Sbigottita dalle appassionate esigenze della ragazza, la madre improvvisamente comprese che cosa significasse l'angoscia della figlia. Costei aveva fatto in modo di ammalarsi per tenere prigioniera la
madre e toglierle la libertdi movimento necessaria a frequentare l'amante. Con rapida decisione, la madre mise fine alla dannosa cura. La ragazza fu portata in un istituto per malattie nervose e indicata per lunghi anni come una "povera vittima
della psicoanalisi". Per tutto questo tempo mi perseguitarono le calunnie a causa del cattivo esito di questo trattamento. Mantenni il silenzio, perchmi credevo legato dal dovere della discrezione medica. Molto tempo dopo seppi da un collega, che
aveva visitato quell'istituto e aveva visto la ragazza agor趒oba, che la relazione fra sua madre e il facoltoso amico di famiglia era di pubblico dominio e probabilmente aveva il consenso del marito e padre. A questo "segreto", dunque, era stato
sacrificato il trattamento.

Negli anni prima della guerra, quando l'affluenza di pazienti da molti paesi stranieri mi rendeva indipendente dal favore o sfavore della mia cittnatale, seguivo la regola di non prendere in cura alcun malato che non fosse "sui juris", cio indipendente dagli altri nelle relazioni essenziali della vita. Tuttavia questo non pupermetterselo ogni psicoanalista.

Forse dal mio ammonimento a guardarsi dai congiunti traete la conclusione che, ai fini della psicoanalisi, si debbano portar via gli ammalati dalle loro famiglie, e occorra dunque limitare questa terapia ai degenti negli istituti per malattie
nervose. In questo non posso essere d'accordo con voi: assai piconsigliabile che gli ammalati - purchnon si trovino in una fase di grave esaurimento - durante il trattamento rimangano nelle condizioni che li obbligano ad affrontare i loro
problemi via via che si presentano. Bisognerebbe che i congiunti non cancellassero questo vantaggio con il loro comportamento e non si opponessero in alcun modo, con atteggiamenti ostili, agli sforzi del medico: ma come pensate di poter influenzare
questi fattori che ci restano inaccessibili? Vi renderete conto inoltre quanto sia importante, per le prospettive di riuscita di un trattamento, l'ambiente sociale e il livello culturale della famiglia dell'ammalato.

Diciamo pure che tutto questo dun quadro fosco dell'efficacia della psicoanalisi come terapia, anche se possiamo spiegare la grande maggioranza dei nostri insuccessi tenendo conto di questi elementi di disturbo esterni. Amici della psicoanalisi ci
hanno quindi consigliato di rispondere alla raccolta degli insuccessi con una statistica dei successi, da noi redatta. Io non ho aderito a questo suggerimento. Ho messo in risalto che una statistica priva di valore se le unitallineate le une
accanto alle altre non sono sufficientemente omogenee, ed effettivamente i casi di malattia nevrotica che erano stati presi in cura erano troppo disparati sotto i pidiversi aspetti. Oltre a ci il periodo di tempo cui era possibile riferirsi era
troppo breve per giudicare la stabilitdelle guarigioni. Molti casi, per di pi non potevano essere comunicati affatto. Riguardavano persone che avevano tenuta segreta sia la loro malattia sia il loro trattamento e la cui guarigione doveva essere
tenuta ugualmente nascosta. Il piforte impedimento era costituito perdall'aver compreso che la gente, in fatto di terapia, si comporta in modo sommamente irrazionale, e quindi non si ha alcuna prospettiva di approdare a nulla con mezzi
razionali. Un'innovazione terapeutica o viene accolta con travolgente entusiasmo, come ad esempio quando Koch presental pubblico la sua prima tubercolina contro la tubercolosi, o viene trattata con abissale diffidenza, come la vaccinazione
antivaiolosa davvero provvidenziale di Jenner, che ha ancora oggi i suoi irriducibili avversari. Contro la psicoanalisi esisteva evidentemente un pregiudizio. Quando avevamo guarito un caso difficile, ci capitato di sentirci dire: "Questa non una prova, sarebbe guarito anche da solo in tutto questo tempo". Ma quando un'ammalata, che aveva attraversato giquattro cicli di depressione e di mania, in una pausa dopo la melanconia venne a sottoporsi al mio trattamento e tre settimane pi tardi si trovnuovamente all'inizio di una mania, non solo tutti i membri della famiglia, ma anche l'alta autoritmedica chiamata a consulto manifestarono la convinzione che il nuovo accesso potesse essere solo la conseguenza dell'analisi tentata
su di lei. Nulla si pucontro i pregiudizi; lo vedete di nuovo oggi nei pregiudizi che ciascun gruppo dei popoli che sono in guerra ha sviluppato contro l'altro. La cosa piragionevole aspettare, e lasciare che il tempo si incarichi di
logorarli. Un giorno i medesimi uomini la penseranno diversamente sulle medesime cose; perchnon abbiano pensato cosgiin precedenza, resta un oscuro mistero.

E' possibile che il pregiudizio contro la terapia analitica sia giadesso in declino. La costante diffusione delle teorie analitiche, il crescente numero di medici che praticano il trattamento analitico in parecchi paesi, sembrano testimoniarlo.

Quando ero un giovane medico, mi trovai in mezzo a un uragano d'indignazione identico a questo sollevato dai medici che avversavano il trattamento fondato sulla suggestione ipnotica, trattamento che oggi viene contrapposto alla psicoanalisi da parte
dei "moderati". Peraltro l'ipnotismo, come agente terapeutico, non ha mantenuto ciche prometteva all'inizio; noi psicoanalisti possiamo dichiararci suoi legittimi eredi, e non dimentichiamo di quanti incoraggiamenti e chiarimenti teorici gli siamo
debitori. I risultati dannosi attribuiti alla psicoanalisi si limitano essenzialmente a manifestazioni transitorie in cui i conflitti si fanno piintensi se l'analisi viene fatta inabilmente o viene interrotta a met Per parte vostra, avete udito
una relazione completa di ciche facciamo con l'ammalato e siete in grado di formarvi personalmente un giudizio se i nostri sforzi sono idonei a portare un danno duraturo. Abusare dell'analisi possibile in diversi modi; soprattutto la traslazione
un mezzo pericoloso nelle mani di un medico poco coscienzioso. Ma nessun mezzo o procedimento medico garantito dall'abuso: se un bisturi non taglia, non punemmeno servire a guarire.

Eccomi ora giunto alla fine, Signore e Signori. Dico di pidella solita frase di circostanza se confesso di essere dolorosamente consapevole dei molti difetti delle lezioni che vi ho tenuto. Mi dispiace soprattutto avervi cosspesso promesso di
ritornare su un tema brevemente accennato, mentre il contesto non mi ha poi consentito di mantenere la parola data. Mi sono accinto a riferirvi una tematica ancora incompiuta, ancora in corso di sviluppo, e il mio stringato sommario diventato a
sua volta incompleto. In alcuni punti ho predisposto il materiale per una conclusione che poi io stesso non ho tratto. Ma non potevo pretendere di fare di voi degli esperti: volevo soltanto esservi di chiarimento e di stimolo.







SECONDA SERIE DI LEZIONI



PREFAZIONE

Le lezioni di "Introduzione alla psicoanalisi" furono tenute nei due semestri invernali 1915-16 e 1916-17 in un'aula della Clinica psichiatrica di Vienna, dinanzi ad ascoltatori provenienti da tutte le facolt Le lezioni della prima metfurono
improvvisate e messe per iscritto immediatamente dopo, quelle della seconda metabbozzate nell'intervallo, durante il soggiorno estivo a Salisburgo, ed esposte fedelmente nell'inverno successivo. A quel tempo possedevo ancora il dono di una memoria
fonografica.

Queste nuove lezioni, a differenza di quelle, non furono mai pronunciate. L'etmi aveva dispensato, nel frattempo, dall'obbligo di manifestare h mia appartenenza (sia pure solo periferica) all'universitcol tenere lezioni, e un'operazione
chirurgica mi aveva reso impossibile ogni sforzo oratorio. Se dunque, durante le esposizioni che seguiranno, mi colloco nuovamente nell'aula, si tratta solo di un'illusione della fantasia; forse mi aiutera non farmi scordare, nell'approfondimento
del tema, le esigenze del lettore.

Queste nuove lezioni non intendono in alcun modo prendere il posto delle precedenti. , Non sono per nulla qualcosa di indipendente, che possa attendersi di trovare una propria cerchia di lettori, benssono continuazioni e aggiunte che, in rapporto
alle precedenti lezioni, si scindono in tre gruppi. Al primo appartengono rielaborazioni di temi che sono stati trattati giquindici anni fa, ma che oggi, in seguito all'approfondimento delle nostre conoscenze e al mutamento delle nostre opinioni,
esigono un'altra esposizione, vale a dire esigono revisioni critiche. Gli altri due gruppi comprendono gli ampliamenti veri e propri in quanto trattano di cose che, o non esistevano ancora nella psicoanalisi all'epoca delle prime lezioni, o non
erano allora sufficienti a giustificare uno speciale capitolo a se stante. Non si puevitare, ma nemmeno deplorare, che alcune delle nuove lezioni riuniscano in si caratteri di questo e di quel gruppo.

La dipendenza di queste nuove lezioni dalla "Introduzione" si evidenzia anche nel fatto che ne continuano la numerazione. La prima di questo volume viene designata come la ventinovesima. Come le precedenti, esse offrono poco di nuovo all'analista di
professione e si rivolgono a quella grande massa di persone colte cui vorremmo poter attribuire un benevolo, seppur cauto, interesse per le peculiarite le conquiste della giovane scienza. Anche questa volta l'intenzione che mi ha guidato stata
quella di non sacrificare nulla all'apparenza della semplicit della compiutezza e dell'unit di non dissimulare problemi, di non negare lacune e incertezze. In nessun altro settore della ricerca scientifica si porrebbe la necessitdi soffermarsi
su simili propositi di spassionata autolimitazione. Essi sono ritenuti ovunque ovvi, e il pubblico non si aspetta che sia altrimenti.

Nessun lettore di un'esposizione di astronomia si sentirdeluso e superiore alla scienza se gli si mostreranno i confini al di ldei quali la nostra conoscenza dell'universo si perde nell'indefinito. Solo nella psicologia diverso: qui
l'inidoneitcostituzionale dell'uomo alla ricerca scientifica si manifesta nelle sue intere dimensioni. Dalla psicologia sembra che non ci si aspetti progressi nel sapere, ma chi sa quali altre soddisfazioni; le si fa un rimprovero di ogni problema
insoluto, di ogni incertezza confessata.

Chi ama la scienza della vita dell'anima, dovraccettare anche queste ingiustizie.



Freud

Vienna, estate 1932







Lezione 29 - REVISIONE DELLA TEORIA DEL SOGNO

Signore e Signori, poichvi ho riconvocato, dopo un intervallo di pidi quindici anni, per discutere con voi ciche di nuovo, forse anche di meglio, questo periodo intermedio ha apportato alla psicoanalisi, giusto e conveniente da pidi un
punto di vista che rivolgiamo la nostra attenzione, in primo luogo, allo stato della teoria del sogno. Nella storia della psicoanalisi questa teoria occupa un posto particolare, indica una svolta: con essa l'analisi ha compiuto il passaggio da
procedimento psicoterapeutico a psicologia del profondo. Da allora la teoria del sogno sempre rimasta la parte picaratteristica e peculiare della giovane scienza, qualcosa di cui non c'riscontro altrove nel nostro sapere, un pezzo di terra
vergine tolto alle credenze popolari e al misticismo. La stranezza delle affermazioni che essa dovette formulare le ha conferito l'aspetto di uno "scibboleth" (1), la cui applicazione decideva chi poteva diventare un seguace della psicoanalisi e a
chi essa rimaneva definitivamente incomprensibile. Questa teoria fu per me un sostegno sicuro nei tempi difficili in cui i fatti sconosciuti delle nevrosi solevano confondere il mio inesperto giudizio. Ogni qualvolta cominciavo a dubitare
dell'esattezza delle mie malferme conoscenze, la mia fiducia di seguire la giusta traccia si rinnovava allorchmi riusciva di trasformare un sogno confuso e privo di senso in un processo psichico del sognatore che fosse corretto e comprensibile.

E' quindi per noi di particolare interesse seguire, proprio nel caso della teoria del sogno, da un lato i mutamenti che la psicoanalisi ha sub鮅o in questo intervallo, dall'altro, i progressi nel frattempo intervenuti nella comprensione e
nell'apprezzamento da parte del mondo contemporaneo. Vi dico subito che sarete delusi in entrambi i sensi.

Sfogliate con me le annate della "Internationale Zeitschrift f (酺ztliche) Psychoanalyse "[Giornale internazionale di psicoanalisi (medica)], nella quale sono riuniti, a partire dal 1913, i lavori che fanno testo nel nostro campo. Trovate nei
primi volumi una rubrica fissa "Sull'interpretazione dei sogni'', con ricchi contributi ai diversi punti della dottrina del sogno. Ma quanto piandate avanti, tanto pirari diventano tali contributi e alla fine la rubrica fissa scompare del tutto.
Gli analisti si comportano come se non avessero pinulla da dire sul sogno, come se la teoria del sogno fosse conclusa. Se perchiedete che cosa abbiano accettato, dell'interpretazione dei sogni, gli estranei, i molti psichiatri e psicoterapeuti
che cuociono la loro minestrina al nostro fuoco (senza essere del resto molto riconoscenti per l'ospitalit, le cosiddette persone colte che usano fare propri i risultati appariscenti della scienza, i letterati e il grande pubblico, la risposta poco soddisfacente. Alcune formule sono diventate universalmente note, e tra esse alcune che noi non abbiamo mai avanzato, come la tesi che tutti i sogni siano di natura sessuale; ma le cose veramente importanti, come la fondamentale distinzione tra
contenuto onirico manifesto e pensieri onirici latenti, il fatto che i sogni d'angoscia non contraddicono la funzione di appagamento di desiderio propria del sogno, l'impossibilitdi interpretare il sogno se non si dispone delle relative
associazioni del sognatore, ma soprattutto la nozione che l'essenziale nel sogno il processo del lavoro onirico, tutto cisembra essere ancora estraneo alla coscienza generale quasi come trent'anni fa. Posso dirlo, perchnel corso di questo
periodo ho ricevuto un'infinitdi lettere, in cui gli scriventi presentano i loro sogni per l'interpretazione o chiedono informazioni sulla natura del sogno; essi affermano di aver letto "L'interpretazione dei sogni" e tuttavia rivelano in ogni
frase la loro mancanza di comprensione della nostra teoria del sogno.

Questo non deve trattenerci dall'esporre ancora una volta con coerenza quello che sappiamo sul sogno. Vi ricorderete che la volta precedente abbiamo impiegato l'intera parte seconda delle lezioni per mostrare come si sia giunti alla comprensione di
questo fenomeno psichico fino allora inesplicato.

Se qualcuno, per esempio un paziente in analisi, ci riferisce un certo suo sogno, noi partiamo dal presupposto che in questo modo sta facendoci una delle comunicazioni cui era tenuto in quanto aveva iniziato il trattamento analitico. Invero, una
comunicazione eseguita con mezzi impropri, non essendo di per sil sogno un'espressione sociale, un mezzo per intendersi. E infatti non comprendiamo che cosa vuol dirci, nlo sa meglio lui stesso. Ora dobbiamo prendere rapidamente una decisione: o
il sogno come ci assicurano i medici non analisti, un indizio che il sognatore ha dormito male, che non tutte le parti del suo cervello hanno uniformemente raggiunto la quiete, che singole aree hanno cercato di continuare a lavorare sotto
l'influsso di stimoli sconosciuti e hanno potuto farlo solo in modo molto incompleto - se cos allora facciamo bene a non occuparci oltre del prodotto della perturbazione notturna, che privo di valore psichico; il suo esame stesso, che cosa mai
puriservarci di utile per i nostri intenti? - oppure... ma chiaro che sin dall'inizio ci siamo decisi altrimenti. Abbiamo ammettiamolo pure, del tutto arbitrariamente - fatto la premessa, formulato il postulato, che anche questo incomprensibile
sogno deve essere un atto psichico pienamente valido, dotato di senso e con un suo pregio, che possiamo impiegare nell'analisi al pari di un'altra comunicazione.

Solo il risultato dell'esperimento puindicare se abbiamo ragione. Se riusciremo a trasformare il sogno in una simile espressione valida, ci si apre evidentemente la prospettiva di apprendere cose nuove, di ottenere comunicazioni di un tipo che
altrimenti ci sarebbe rimasto inaccessibile.

A questo punto ci si parano innanzi le difficoltdel nostro compito e gli enigmi del nostro tema. Come facciamo a trasformare il sogno in una normale comunicazione di questo genere, e come ci spieghiamo che il modo di esprimersi del paziente abbia
in parte assunto questa forma, ugualmente incomprensibile per lui come per noi?

Come vedete, Signore e Signori, questa volta non seguo la via di un'esposizione genetica, ma quella di un'esposizione dogmatica. Il nostro primo passo di stabilire il nostro nuovo atteggiamento nei riguardi del problema del sogno, mediante
l'introduzione di due nuovi concetti e termini. Ciche stato denominato "sogno" noi lo chiamiamo "testo onirico" o "sogno MANIFESTO", e "pensieri onirici LATENTI" ciche cerchiamo, ciche, per cosdire, presumiamo ci sia dietro al sogno.
Possiamo allora formulare i nostri due compiti nel seguente modo: dobbiamo trasformare il sogno manifesto in quello latente e indicare come, nella vita psichica del sognatore, quest'ultimo sia diventato il primo. Il primo un compito pratico,
spetta all'INTERPRETAZIONE ONIRICA e necessita di una tecnica: il secondo un compito teorico, che deve spiegare il supposto processo del lavoro onirico e non puessere che una teoria. Entrambe, tecnica dell'interpretazione onirica e teoria del
lavoro onirico, devono essere create ex novo.

Da dove dobbiamo cominciare? A mio parere, con la tecnica dell'interpretazione onirica; la cosa avrmaggior rilievo e vi faruna piviva impressione.

Supponiamo quindi che il paziente abbia raccontato un sogno che noi dobbiamo interpretare. Abbiamo ascoltato tranquillamente, senza mettere in moto la nostra riflessione. Che facciamo per prima cosa? Decidiamo di curarci il meno possibile di ciche
abbiamo udito, del sogno manifesto. Naturalmente questo sogno manifesto presenta ogni sorta di caratteristiche, che non ci sono del tutto indifferenti. Esso puessere coerente, costruito con la nitidezza di una composizione poetica, oppure
incomprensibilmente ingarbugliato, quasi come un delirio; pucontenere elementi assurdi o facezie e conclusioni apparentemente spiritose; puapparire al sognatore chiaro e schietto, oppure torbido e sbiadito; le sue immagini possono presentare la
piena forza sensibile delle percezioni o essere vaghe come un soffio indistinto; nello stesso sogno possono trovarsi riuniti i pidiversi caratteri, ripartiti in diversi punti; il sogno, infine, pupresentare un tono emotivo indifferente, oppure
essere accompagnato dai piforti sentimenti di gioia o di dolore...; non crediate che non teniamo in alcun conto questa infinita varietdel sogno manifesto, ritorneremo pitardi sul di essa e vi troveremo moltissime cose utilizzabili per
l'interpretazione, ma prescindiamo da essa in un primo tempo e imbocchiamo la via principale, che conduce all'interpretazione del sogno. Cisignifica che invitiamo il sognatore a liberarsi a sua volta dell'impressione del sogno manifesto, a
distogliere la sua attenzione dall'insieme, per rivolgerla alle singole parti del contenuto onirico e a comunicarci per ordine ciche gli viene in mente a proposito di ognuno di questi frammenti, quali associazioni gli si presentano quando li
considera uno per uno.

Siamo d'accordo che questa una tecnica speciale? che non il modo consueto di trattare una comunicazione o una dichiarazione?

Voi indovinate d'altronde che dietro a questo procedimento si nascondono premesse che non sono ancora state formulate. Ma procediamo. In quale successione lasciamo che il paziente si occupi dei frammenti del suo sogno? Qui ci si schiudono molte vie.

Possiamo seguire semplicemente l'ordine cronologico, coscome risultato dal racconto del sogno. Questo per cosdire, il metodo pirigoroso, classico. Oppure possiamo indirizzare il sognatore a cercare nel sogno in primo luogo i residui
diurni; l'esperienza ci ha infatti insegnato che quasi in ogni sogno entrato un residuo mnestico o un'allusione a un avvenimento - spesso a parecchi avvenimenti - del giorno precedente, e se seguiamo questi collegamenti spesso troviamo d'un sol
colpo il passaggio da un mondo onirico apparentemente molto remoto alla vita reale del paziente. Oppure gli diciamo di iniziare con quegli elementi del contenuto onirico che lo colpiscono per la loro particolare chiarezza e forza sensibile; sappiamo
infatti che gli sarparticolarmente facile ottenere associazioni con questi elementi. Non fa alcuna differenza il modo in cui ci avviciniamo alle associazioni cercate.

Dopodichotteniamo queste associazioni. Esse recano con sle cose pidiverse: ricordi del giorno precedente (il "giorno del sogno") e di tempi da lungo trascorsi, riflessioni, discussioni con un pro e un contro, ammissioni e richieste. Alcune di
esse scaturiscono spontaneamente dal paziente, davanti ad altre egli esita un istante. La maggior parte mostra un chiaro riferimento a un elemento del sogno; nessuna meraviglia, poichesse hanno origine appunto da questi elementi. Ma avviene anche
che il paziente le introduca con le parole: "Mi sembra che questo non abbia nulla a che fare con il sogno; lo dico perchmi viene in mente".

Se si ascolta questo profluvio di associazioni, si nota ben presto che hanno in comune con il contenuto onirico qualcosa di pidel solo punto di partenza. Gettano una luce sorprendente su tutte le parti del sogno, colmano le lacune tra le parti,
rendono comprensibili i loro singolari accostamenti. Alla fine, lampante per chiunque il rapporto tra le associazioni e il contenuto del sogno. Il sogno appare come un sunto delle prime, anche se costruito secondo regole non ancora intraviste, e i
suoi elementi sono comparabili con i rappresentanti eletti di una massa. Non c'dubbio che con la nostra tecnica abbiamo ottenuto ciche viene sostituito dal sogno e in cui si putrovare il valore psichico del sogno, ma che non presenta pile
strane peculiaritdel sogno, la sua bizzarria, la sua confusione. Ma non fraintendiamo!

Le associazioni relative al sogno non sono ancora i pensieri onirici latenti. Questi sono contenuti nelle associazioni come in un'acqua madre, ma non vi sono contenuti interamente. Le associazioni, da una parte, offrono molto di pidi quanto ci
occorra per la formulazione dei pensieri onirici latenti, vale a dire tutte le argomentazioni, i passaggi, i collegamenti cui l'intelletto del paziente deve far ricorso per avvicinarsi ai pensieri onirici. D'altra parte, spesso l'associazione si arrestata proprio davanti ai pensieri onirici autentici, li ha solo avvicinati, li ha toccati solo con allusioni. In tal caso noi interveniamo di nostra iniziativa, completiamo gli accenni, traiamo conclusioni inconfutabili, enunciamo esplicitamente
ciche il paziente nelle sue associazioni ha solo sfiorato. Pusembrare che noi lasciamo giocare il nostro ingegno e il nostro arbitrio con il materiale che il sognatore ci mette a disposizione e che ne abusiamo allo scopo di leggere nelle sue
dichiarazioni ciche in esse in realtnon scritto. Non facile in un'esposizione astratta dimostrare la legittimitdel nostro procedimento. Ma fate voi stessi l'analisi anche di un solo sogno o approfondite un esempio ben descritto nella
nostra letteratura e vi convincerete fino a che punto un simile lavoro interpretativo segua una via obbligata.

Se nell'interpretazione del sogno dipendiamo in generale e in primo luogo dalle associazioni del sognatore, rispetto invece a certi elementi del contenuto onirico ci comportiamo in modo del tutto indipendente, soprattutto perchvi siamo costretti,
perchnel loro caso di regola le associazioni vengono a mancare. Abbiamo ben presto osservato che sono sempre i medesimi contenuti quelli in cui cisi verifica; essi non sono molto numerosi e l'accumularsi di esperienze ci ha insegnato che devono
venir concepiti e interpretati come simboli di qualcos'altro. In confronto agli altri elementi onirici si puattribuire loro un significato fisso, che pernon necessariamente univoco e il cui 跩bito viene determinato da regole particolari che ci
giungono nuove. Poichnoi sappiamo come tradurre questi simboli e il sognatore no, benchsia stato lui stesso a impiegarli, pusuccedere che il senso di un sogno ci diventi chiaro immediatamente, prima ancora di ogni tentativo di interpretazione
onirica, non appena abbiamo ascoltato il solo testo del sogno, mentre il sognatore stesso si trova ancora dinanzi a un enigma.

Tuttavia sul simbolismo, su ciche di esso sappiamo, sui problemi che ci pone, ho gitanto detto nelle precedenti lezioni che non ho bisogno di ripetermi oggi.

Questo dunque il nostro metodo di interpretazione dei sogni. La successiva domanda, ben giustificata, "Con il suo aiuto si possono interpretare tutti i sogni?". E la risposta "No, non tutti, ma nondimeno tanti da essere sicuri dell'idoneit e della legittimitdel procedimento". "Ma perchnon tutti?". La risposta che daremo ha qualcosa di importante da insegnarci, qualcosa che ci introduce ginelle condizioni psichiche della formazione del sogno: "Perchil lavoro di interpretazione
del sogno si compie contro una resistenza che varia da grandezze insignificanti fino a divenire - almeno per la potenza dei nostri attuali mezzi - insormontabile". E' impossibile durante il lavoro ignorare le manifestazioni di questa resistenza. In
alcuni punti le associazioni vengono date senza esitazioni e gila prima o la seconda idea che viene al paziente reca la spiegazione. In altri egli incespica e tentenna prima di esporre un'associazione, e poi si deve spesso ascoltare una lunga
catena di idee prima di ricavarne qualcosa di utile per la comprensione del sogno. Non c'dubbio che quanto pilunga e tortuosa la catena di associazioni, tanto piforte la resistenza. Anche nella dimenticanza dei sogni avvertiamo lo stesso
influsso. Avviene abbastanza spesso che il paziente, nonostante ogni sforzo, non possa pirammentarsi un suo sogno; tuttavia, dopo che con il lavoro analitico abbiamo eliminato la difficoltche aveva turbato il paziente nel suo rapporto con
l'analisi, il sogno dimenticato si ripresenta improvvisamente. Due altri risultati della nostra osservazione trovano qui il loro posto. Molto spesso capita che di un sogno manchi un pezzo, il quale successivamente viene aggiunto come appendice. Ci deve essere inteso come un tentativo di dimenticare questo pezzo. L'esperienza mostra che proprio questo pezzo il pisignificativo, e noi supponiamo che alla sua comunicazione si sia frapposta una resistenza piforte che per gli altri. Inoltre,
vediamo spesso che il sognatore pone riparo alla dimenticanza dei suoi sogni fissando per iscritto ciche ha sognato, immediatamente dopo il risveglio. Tanto vale dirgli che ciinutile, poichla resistenza, cui ha strappato la possibilitdi
conservare il testo onirico, si sposta poi sulle associazioni e rende inaccessibile all'interpretazione il sogno manifesto. In queste circostanze non dobbiamo meravigliarci se un ulteriore accrescimento della resistenza reprime del tutto le
associazioni e quindi frustra l'interpretazione del sogno.

Da tutto citraiamo la conclusione che la resistenza, che osserviamo durante il lavoro di interpretazione onirica, deve avere una funzione anche nella genesi del sogno. Si puaddirittura distinguere tra sogni che sono sorti sotto esigua o sotto
elevata pressione della resistenza. Questa pressione muta peranche all'interno dello stesso sogno da un posto all'altro; a essa si devono le lacune, le oscurite le confusioni che possono interrompere il contesto del pibel sogno.

Ma che cos'che crea la resistenza, e contro che cosa? Ebbene, la resistenza per noi l'indizio certo di un conflitto. Deve esserci una forza che vuole esprimere qualcosa e un'altra che si rifiuta di permettere questa espressione. Ciche poi
prenderforma come sogno manifesto saril frutto condensato di tutti i modi nei quali si decisa questa lotta fra le due tendenze. In un punto una delle due forze puessere riuscita a imporre ciche voleva dire, in altri l'istanza concorrente
che pervenuta a cancellare tutta la comunicazione progettata o a sostituirla con qualcosa che non ne rivela pialcuna traccia. Pifrequenti e picaratteristici per la formazione del sogno sono i casi nei quali il conflitto sfociato in un
compromesso, cosche l'istanza comunicatrice potdire quello che voleva, ma non come voleva, benssolo in forma mitigata deformata e resa irriconoscibile. Se dunque il sogno non riproduce fedelmente i pensieri onirici, se necessario un lavoro
interpretativo per gettare un ponte sull'abisso che li divide, questo un effetto dell'istanza contraria, inibente e restrittiva, che abbiamo desunta dalla percezione della resistenza nell'interpretazione del sogno. Nel periodo che studiammo il
sogno come fenomeno isolato, indipendente da formazioni psichiche a esso affini, questa istanza ebbe da noi il nome di CENSORE DEL SOGNO.

Voi sapete da molto tempo che questa censura non un'istituzione peculiare alla vita onirica; che il conflitto di due istanze psichiche - che noi designiamo, in modo impreciso, come il "rimosso inconscio" e il "conscio"- domina la nostra vita
psichica in generale, e che la resistenza contro l'interpretazione dei sogni, indizio della censura onirica, non altro che la resistenza della rimozione, la quale tiene separate queste due istanze. Sapete anche che dal conflitto di queste ultime
hanno origine, in determinate condizioni, altre strutture psichiche, che, analogamente al sogno, sono il risultato di compromessi, e non pretenderete che ripeta qui dinanzi a voi tutto quello che vi ho giesposto nella mia introduzione alla teoria
delle nevrosi a proposito delle nostre conoscenze sulle condizioni di formazione di tali compromessi. Avete compreso che il sogno un prodotto patologico, il primo membro di una serie che comprende il sintomo isterico, l'ossessione, il delirio, ma
contraddistinto dagli altri per la sua fugacite perchsorge in circostanze che appartengono alla vita normale. Infatti, teniamo ben presente che la vita onirica come giha detto Aristotele, il modo in cui la nostra psiche lavora durante lo
stato di sonno. Lo stato di sonno determina un distacco dal mondo esterno reale, e con cidata la condizione per lo sviluppo di una psicosi. Il piaccurato studio delle psicosi gravi non ci farscoprire alcun altro tratto che sia pidi questo
caratteristico del loro stato morboso. Tuttavia nella psicosi il distacco dalla realtviene determinato in duplice modo: o perchil rimosso inconscio diviene troppo forte, cosda sopraffare il conscio che aderisce alla realt oppure perchla
realtdiventata cosinsopportabilmente tormentosa che l'Io minacciato si getta in disperata ribellione nelle braccia delle forze pulsionali inconsce. L'innocua psicosi onirica la conseguenza di un ritiro dal mondo esterno solo temporaneo,
coscientemente voluto, ed essa scompare con la ripresa delle relazioni col mondo. Durante l'isolamento del dormiente si instaura anche un cambiamento nella distribuzione della sua energia psichica: una parte del dispendio per la rimozione, che
solitamente veniva utilizzata per tenere a freno l'inconscio, puessere risparmiata: infatti anche se l'inconscio approfitta della sua relativa liberazione per agire, trova tuttavia sbarrata la via della motilite aperta solo quella, innocua, del
soddisfacimento allucinatorio. Ora pudunque formarsi un sogno; il fatto che vi la censura onirica mostra perche anche durante il sonno si conservato quanto basta della resistenza della rimozione.

Qui si apre una strada per rispondere all'interrogativo se il sogno abbia anche una funzione, se sia investito di una mansione utile. Il riposo privo di stimoli, che lo stato di sonno vorrebbe stabilire, viene minacciato da tre parti: in modo pi casuale da stimoli esterni durante il sonno e da interessi diurni che non si lasciano interrompere [prime due parti], in modo inevitabile dalle spinte pulsionali inappagate e rimosse, che aspettano soltanto l'occasione per estrinsecarsi. In
conseguenza dell'allentamento notturno delle rimozioni esisterebbe il pericolo che il riposo del sonno venisse turbato ogni qualvolta una sollecitazione esterna o interna potesse pervenire a collegarsi con una delle fonti pulsionali inconsce. Il
processo onirico fa sche il prodotto di una tale cooperazione sfoci in un'innocua esperienza allucinatoria e assicura cosil perdurare del sonno. Non contraddice a questa funzione il fatto che di tanto in tanto ll sogno svegli il dormiente
sviluppando angoscia, ma piuttosto il segnale che il guardiano ritiene la situazione molto pericolosa e crede di non potere pidominarla. Non di rado allora, ancora addormentati avvertiamo un influsso acquietante che vuole impedirci il risveglio:
"Ma solo un sogno!".

Questo, Signore e Signori, quanto volevo dirvi sull'interpretazione onirica, il cui compito di condurre dal sogno manifesto ai pensieri onirici latenti. Raggiunto questo, l'interesse per il sogno, nell'analisi pratica, di solito si spegne. La
comunicazione che stata ricevuta in forma di sogno viene inserita fra le altre e si prosegue nell'analisi. Noi qui abbiamo interesse a soffermarci ancora sul sogno; siamo curiosi di studiare il processo attraverso il quale i pensieri onirici
latenti vengono trasformati nel sogno manifesto. Lo chiamiamo il lavoro onirico. Come ricorderete, l'ho descritto cosparticolareggiatamente nelle precedenti lezioni che nell'odierno giro d'orizzonte posso limitarmi a una sintesi stringatissima.

Il processo del lavoro onirico dunque qualcosa di assolutamente nuovo e strano, di cui non si conosceva prima l'uguale. Esso ci ha permesso di gettare il primo sguardo nei processi che si svolgono nel sistema inconscio, e ci ha mostrato che sono
totalmente diversi da ciche noi conosciamo dal nostro pensiero cosciente, cosda dover apparire a quest'ultimo come inauditi ed erronei.

L'importanza di questi risultati poi stata accresciuta dalla scoperta che nella formazione dei sintomi nevrotici sono attivi gli stessi meccanismi - non ci arrischiamo a dire: processi di pensiero - che hanno trasformato i pensieri onirici latenti
nel sogno manifesto.

In ciche segue non potrevitare un'esposizione di tipo schematico. Supponiamo, in un determinato caso, di poter abbracciare con lo sguardo tutti i pensieri latenti di maggiore o minore carico affettivo, che hanno sostituito il sogno manifesto
dopo che stata effettuata la sua interpretazione. Ci colpisce allora una differenza tra essi, e questa differenza ci condurrlontano. Quasi tutti questi pensieri onirici vengono riconosciuti o accettati dal sognatore; egli ammette di aver pensato
cosquesta o un'altra volta, o che avrebbe potuto pensare cos C'un unico pensiero che si rifiuta di ammettere, gli riesce estraneo, forse persino ripugnante, talora lo respinge da scon appassionata veemenza. A questo punto chiaro che i
primi pensieri sono frammenti di un pensiero cosciente o, per esprimerci picorrettamente, preconscio; avrebbero potuto venire pensati anche nella vita vigile e anzi, verosimilmente, si sono formati durante il giorno. L'unico pensiero rinnegato, o,
piesattamente, quest'unico impulso, invece figlio della notte; appartiene all'inconscio del sognatore e viene percida lui negato e respinto. Esso dovette attendere l'allentamento notturno della rimozione per giungere a una qualsiasi forma di
espressione.

Nondimeno, questa espressione attenuata, deformata, mascherata; senza il lavoro dell'interpretazione onirica non l'avremmo scoperta. Grazie al suo legame con gli altri pensieri onirici irreprensibili, questo impulso inconscio ha avuto
l'opportunitdi insinuarsi, in un travestimento che passa inosservato, attraverso le barriere della censura; d'altra parte, grazie a questo stesso legame che i pensieri onirici preconsci hanno il potere di occupare la vita psichica anche durante
il sonno. Su un punto non c'alcun dubbio: questo impulso inconscio il vero creatore del sogno, esso fornisce l'energia psichica per la sua formazione.

Come ogni altro moto pulsionale, non puaspirare ad altro che al proprio soddisfacimento e la nostra esperienza nell'interpretare i sogni ci mostra che tale il senso del sognare. In ciascun sogno deve essere rappresentato come appagato un
desiderio pulsionale.

Lo sbarramento notturno per cui la vita psichica tagliata fuori dalla realt la regressione a meccanismi primitivi resa cospossibile, consentono che questo desiderato soddisfacimento pulsionale venga vissuto in forma allucinatoria come attuale.
In conseguenza della stessa regressione, nel sogno le idee vengono trasformate in immagini visive, quindi i pensieri onirici latenti vengono drammatizzati e illustrati.

Da questo pezzo del lavoro onirico otteniamo ragguagli su alcuni dei caratteri piappariscenti e pipeculiari del sogno. Ripeto il processo di formazione del sogno. L'introduzione: il desiderio di dormire, il distacco intenzionale dal mondo
esterno. Di qui due conseguenze per l'apparato psichico: primo, la possibilitche vi emergano modi di operare piantichi e piprimitivi, la regressione; secondo, la diminuzione della resistenza dovuta alla rimozione che grava sull'inconscio.
Discende da quest'ultimo fattore la possibilitdella formazione del sogno, che viene sfruttata dalle cause occasionali, dagli stimoli interni ed esterni risvegliatisi. Il sogno, che cosha origine, giuna formazione di compromesso; esso ha una
doppia funzione: da una parte in sintonia con l'Io, per il fatto che serve al desiderio di dormire, mediante l'eliminazione degli stimoli che turbano il sonno; d'altra parte esso permette a una spinta pulsionale rimossa il soddisfacimento
possibile in queste condizioni, sotto forma di un appagamento allucinatorio di desiderio. L'intero processo della formazione del sogno, permesso dall'Io dormiente, sottostperalla condizione della censura, che viene esercitata da quel tanto di
rimozione che conservata. Non mi riesce di esporre il processo in modo pisemplice: pisemplice esso non Ma ora posso proseguire nella descrizione del lavoro onirico.

Torniamo, ancora una volta, ai pensieri onirici latenti. Il loro elemento piforte la spinta pulsionale rimossa che in essi si procurata un'espressione, sia pur mitigata e mascherata, appoggiandosi a stimoli casualmente presenti e trasferendosi
sui residui diurni. Come ogni spinta pulsionale, anche questa urge al soddisfacimento mediante l'azione, ma la via della motilitle sbarrata dai meccanismi fisiologici dello stato di sonno; essa costretta a prendere la direzione regressiva
verso la percezione e ad accontentarsi di un soddisfacimento allucinatorio. I pensieri onirici latenti vengono quindi trasformati in una somma di immagini sensorie e di scene visive. Lungo questo cammino avviene in essi ciche ci appare tanto nuovo
e sorprendente. Tutti i mezzi linguistici con i quali vengono espresse le relazioni di pensiero pisottili - le congiunzioni e le preposizioni, i modi della declinazione e della coniugazione - vengono meno mancando per essi i mezzi di descrizione;
come in un linguaggio primitivo privo di grammatica, solo il materiale grezzo del pensiero viene espresso, quello astratto viene ricondotto al concreto che ne costituisce la base. Ciche rimane pufacilmente apparire incoerente. Il fatto che venga
impiegata in ampia misura la descrizione di certi oggetti e processi mediante simboli estranei al pensiero cosciente, corrisponde sia alla regressione arcaica all'interno dell'apparato psichico sia alle esigenze della censura.

Ma altre modificazioni apportate ai singoli elementi dei pensieri onirici si spingono ancora piin l Quelli che lasciano scoprire un qualsiasi punto di contatto tra loro vengono condensati in nuove unit Nella trasposizione dei pensieri in
immagini, vengono inequivocabilmente preferiti quelli che consentono siffatta fusione o condensazione; come se agisse una forza che sottopone il materiale a una pressione, a una concentrazione. A causa della condensazione, un elemento del sogno
manifesto puquindi corrispondere a numerosi elementi dei pensieri onirici latenti; e viceversa anche un elemento dei pensieri onirici puessere presente nel sogno mediante piimmagini.

Ancora pidegno di nota l'altro processo dello spostamento o dislocazione dell'accento, che nel pensiero cosciente conosciuto solo come errore mentale o come espediente umoristico. Le singole rappresentazioni di pensieri onirici non sono
infatti equivalenti:

sono investite da importi d'affetto di grandezza diversa e, conseguentemente, sono ritenute dal giudizio come pio meno importanti, pio meno degne di interesse. Nel lavoro onirico queste rappresentazioni vengono separate dagli affetti a esse
inerenti; gli affetti vengono risolti indipendentemente, possono essere spostati su qualcos'altro, essere conservati, subire trasformazioni, non apparire affatto nel sogno. L'importanza delle rappresentazioni spogliate dell'affetto ritorna nel sogno
come forza sensoriale delle immagini oniriche, ma noi notiamo che questo accento passato da elementi importanti a elementi indifferenti, cosche nel sogno sembra messo in primo piano come cosa principale quel che nei pensieri onirici aveva solo
una parte secondaria, e, viceversa, l'essenziale dei pensieri onirici trova nel sogno solo una descrizione incidentale e poco distinta.

Nessun'altra parte del lavoro onirico contribuisce tanto a rendere il sogno bizzarro e incomprensibile al sognatore. Lo spostamento il mezzo principale della deformazione onirica che i pensieri onirici devono subire sotto l'influsso della censura.

Dopo che ha esplicato questi effetti sui pensieri onirici, il sogno quasi ultimato. Vi si aggiunge ancora un fattore abbastanza incostante, la cosiddetta elaborazione secondaria, dopo che il sogno affiorato alla coscienza come oggetto di
percezione. Da quel momento lo trattiamo come siamo abituati in genere a trattare i nostri contenuti percettivi: cerchiamo di colmare lacune, di inserire connessioni, esponendoci cosabbastanza spesso a madornali equivoci. Ma questa attivit per
cosdire razionalizzante, che nel migliore dei casi conferisce al sogno una facciata liscia, tale che non s'accorda con il suo contenuto reale, puanche venire tralasciata o manifestarsi soltanto in misura molto modesta, nel qual caso il sogno fa
apertamente mostra di tutte le sue incrinature e le sue crepe.

D'altro canto non si deve dimenticare che nemmeno il lavoro onirico procede sempre con uguale energia; abbastanza spesso si limita solo a certe parti dei pensieri onirici e altre possono apparire nel sogno immutate. Si ha allora l'impressione che
nel sogno siano state effettuate le pisottili e complicate operazioni intellettuali, si sia speculato, scherzato, si siano prese decisioni, risolti problemi, mentre invece tutto questo il risultato della nostra attivitpsichica normale, pu essere accaduto tanto il giorno precedente al sogno quanto durante la notte, non ha nulla a che fare con il lavoro onirico e non porta alla luce nulla di peculiare al sogno. Non nemmeno superfluo sottolineare ancora una volta il contrasto che
esiste nell'跩bito dei pensieri onirici stessi tra la spinta pulsionale inconscia e i residui diurni. Mentre questi ultimi presentano tutta la varietdei nostri atti psichici, la prima, che diventa il motore vero e proprio della formazione del
sogno, sfocia regolarmente in un appagamento di desiderio.

Tutto questo avrei potuto dirvelo giquindici anni fa, anzi credo di avervelo effettivamente detto allora. Facciamo ora una rassegna delle modifiche e delle nuove scoperte che nel frattempo possono esservisi aggiunte. Come vi ho gidetto, temo che
troverete che ben poco e non comprenderete perchabbia imposto, a voi di ascoltare due volte le stesse cose, e a me di dirle. Ma ci sono quindici anni in mezzo, e spero in questo modo di ristabilire pifacilmente il contatto con voi. Inoltre
sono cose tanto elementari, di tanta fondamentale importanza per la comprensione della psicoanalisi, che si puascoltarle volentieri una seconda volta, ed di per sstesso un fatto degno di essere risaputo che dopo quindici anni esse siano
rimaste a tal punto le stesse.

Nella letteratura di questo periodo trovate, naturalmente, un gran numero di conferme e di arricchimenti di dettaglio, di cui intendo darvi soltanto alcuni saggi (nello stesso tempo posso anche riprendere alcune cose ginote in precedenza). Si
riferiscono perlopial simbolismo onirico e agli altri modi descrittivi del sogno. Ora ascoltate questo: molto di recente i medici di una universitamericana si sono rifiutati di riconoscere alla psicoanalisi il carattere di scienza, con la
motivazione che essa non suscettibile di alcuna prova sperimentale. Avrebbero potuto sollevare la stessa obiezione anche contro l'astronomia; la sperimentazione sui corpi celesti infatti particolarmente difficile. Lnon si ha altra risorsa che
l'osservazione. Tuttavia proprio alcuni ricercatori viennesi hanno cominciato a convalidare sperimentalmente il nostro simbolismo onirico. Un certo dottor Schrotter ha trovato ginel 1912 che se a persone profondamente ipnotizzate si impartisce il
compito di sognare una vicenda sessuale, nel sogno cosprovocato il materiale sessuale appare sostituito dai simboli a noi noti (2). Per esempio: si ordina a una donna di sognare di compiere atti sessuali con un'amica. Nel suo sogno questa amica
appare con una borsa da viaggio su cui incollata l'etichetta "Solo per signore". Ancora pisuggestivi sono gli esperimenti di Betlheim e Hartmann, che lavoravano su ammalati affetti dalla cosiddetta psicosi confusionale di Korsakoff (3). Essi
raccontavano ai pazienti delle storie a contenuto grossolanamente sessuale e, richiestili di riprodurre il racconto, fermavano l'attenzione sulle deformazioni che ne nascevano. Tornavano qui alla luce i ben noti simboli degli organi e del rapporto
sessuale, tra l'altro il simbolo della scala, di cui gli autori giustamente dicono che non sarebbe mai stato concepito per un desiderio cosciente di deformazione.

In una serie molto interessante di esperimenti, Herbert Silberer ha dimostrato che si pu per cosdire, sorprendere in flagrante il lavoro onirico nell'atto di trasformare pensieri astratti in immagini visive. Se, in stato di stanchezza o di
sonnolenza voleva costringersi al lavoro mentale, spesso il suo pensiero si dileguava e al suo posto subentrava una visione che ne era chiaramente il surrogato.

Eccone un semplice esempio. "Sto pensando - dice Silberer - di dover correggere un passaggio zoppicante di un mio scritto".

Visione: "Mi vedo piallare un pezzo di legno". Spesso, durante questi esperimenti, accadeva che il contenuto della visione fosse non il pensiero in attesa di elaborazione, bensil suo stesso stato soggettivo durante lo sforzo, lo stato invece
dell'oggetto; il che Silberer ha definito "fenomeno funzionale". Un esempio vi mostrersubito che cosa si intenda con ci L'autore si sforza di porre in paragone tra loro le concezioni di due filosofi riguardo a un certo problema. Nella sua
sonnolenza una di esse continua pera sfuggirgli e alla fine egli ha la visione di chiedere un'informazione a un segretario scorbutico che, chino sulla scrivania, dapprima non gli fa caso e poi lo osserva sdegnato e scostante. Le condizioni stesse
dell'esperimento spiegano probabilmente perchla visione in tal modo ottenuta descrive cosspesso un frutto dell'autoosservazione.

Fermiamoci ancora ai simboli. Ce ne sono alcuni che crediamo di aver riconosciuto, e nei quali tuttavia ci disturbava di non poter indicare in che modo questo simbolo fosse assurto a quel significato. In tali casi non potevano non esserci
particolarmente gradite conferme da altre fonti, dalla linguistica, dal folklore, dalla mitologia e dal rituale. Un esempio di questo genere il simbolo del mantello. Avevamo detto che nel sogno di una donna il mantello significa un uomo. Spero ora
che vi faccia una certa impressione sentire che Theodor Reik ci riferisce (4):

"Nell'antichissimo cerimoniale di fidanzamento dei Beduini, il promesso sposo copre la fidanzata con uno speciale mantello chiamato 'aba' e pronuncia le parole rituali: 'Nessuno d'ora in avanti ti coprirtranne me'". Abbiamo scoperto anche parecchi
nuovi simboli, di cui voglio riferirvi almeno due esempi. Secondo Abraham, il ragno nel sogno un simbolo della madre, ma della madre fallica, che si teme, cosche la paura per il ragno esprime il terrore per l'incesto con la madre e l'orrore per
il genitale femminile (5). Forse sapete che una creazione della mitologia, la testa di Medusa, da ricondursi allo stesso motivo della paura dell'evirazione. L'altro simbolo, di cui voglio parlarvi, quello del ponte, che stato spiegato da
Ferenczi (6). Originariamente esso significa il membro virile, che congiunge tra loro la coppia dei genitori nell'atto sessuale, ma in seguito si evolve a ulteriori significati che derivano da quel primo. Dal momento che si deve al membro virile se
si puvenire al mondo uscendo dal liquido amniotico, il ponte diventa il passaggio dall'aldil(dal non essere ancora nati, dal grembo materno) all'aldiqua (alla vita); e, poichl'uomo si rappresenta anche la morte come ritorno nel grembo materno
(nell'acqua), il ponte assume anche il significato di trapasso nella morte; infine, allontanandosi ulteriormente dal suo senso iniziale, designa passaggio, mutamento di stato in genere. Con ciconcorda il fatto che la donna, che non ha superato il
desiderio di essere un uomo, sogna tanto spesso di ponti troppo corti per raggiungere l'altra riva. Nel contenuto manifesto dei sogni compaiono molto spesso immagini e situazioni che ricordano noti motivi di favole, leggende e miti.

L'interpretazione di tali sogni getta allora luce sugli interessi originari che hanno creato questi motivi, ma non dobbiamo naturalmente dimenticare il mutamento di significato che nel corso dei tempi questo materiale ha sub鮅o. Il nostro lavoro
interpretativo scopre, per cosdire, la materia grezza, che abbastanza spesso deve venir chiamata sessuale nel senso pilato, ma che in successive elaborazioni ha trovato il pidisparato impiego. Tali derivazioni provocano sempre l'ira di tutti
gli studiosi di indirizzo non analitico, come se volessimo negare o tenere in poco conto tutto ciche in successivi sviluppi si costruito sopra lo spunto originario. Ciononostante tali scoperte sono istruttive e interessanti. Lo stesso vale per
l'origine di certi motivi dell'arte figurativa, ad esempio quando M. J. Eisler, seguendo l'indicazione di sogni dei suoi pazienti, interpreta analiticamente l'adolescente che gioca con un bambino, rappresentato nell'Ermete di Prassitele (7). Per
finire, non posso impedirmi di menzionare la frequenza con la quale soprattutto i temi mitologici trovano spiegazione mediante l'interpretazione di sogni. Cos ad esempio, nella leggenda del Labirinto puessere ravvisata la rappresentazione di una
nascita anale: i corridoi aggrovigliati sono l'intestino, il filo di Arianna il cordone ombelicale.

I modi seguiti dal lavoro onirico nelle sue raffigurazioni, tema affascinante e quasi inesauribile, ci sono diventati sempre pifamiliari approfondendo gli studi; anche di civoglio darvi alcuni saggi. Il sogno, ad esempio, presenta la relazione
di frequenza mediante la moltiplicazione di cose uguali. Ascoltate il sogno singolare di una ragazza: essa entra in un salone e vi trova, ripetuta sei, otto e pivolte, una persona seduta su una sedia, la quale persempre suo padre. Questo si
comprende facilmente quando dalle circostanze accessorie dell'interpretazione si apprende che questa stanza rappresenta il grembo materno. Il sogno diventa allora l'equivalente della fantasia, ben nota, della fanciulla che pretende di essersi
incontrata col padre ginella vita intrauterina quando egli faceva visita al corpo della madre durante la gravidanza. Il fatto che nel sogno qualcosa sia invertito, che l'entrare sia spostato, e anzichatto del padre sia riferito alla propria
persona, non deve trarvi in errore: del resto ciha anche il suo particolare significato. La moltiplicazione della persona del padre non puche esprimere il fatto che l'evento in questione si verificato ripetute volte. In realtdobbiamo
convenire che il sogno non si prende molta libertquando esprime la frequenza ("H酳figkeit") con la molteplicit("H酳fung") [entrambe da "Haufen" = mucchio]:

solo ritornato al significato originario della parola, la quale oggi per noi designa una ripetizione nel tempo, ma derivata da un ammassamento nello spazio. In genere il lavoro onirico traspone, dove possibile, i rapporti temporali in rapporti
spaziali e li presenta come tali. Per esempio, nel sogno si vede una scena tra persone che appaiono molto piccole e molto lontane, come se le si osservasse attraverso l'estremitcapovolta di un binocolo. La piccolezza, come la lontananza nello
spazio, significano qui la stessa cosa: ciche si intende la lontananza nel tempo, si deve comprendere che si tratta di una scena di un passato molto remoto.

Inoltre, ricorderete forse che ginelle precedenti lezioni vi ho detto e mostrato con esempi che abbiamo imparato a utilizzare per l'interpretazione anche aspetti puramente formali del sogno manifesto, cioa trasformarli in contenuto proveniente
dai pensieri onirici latenti. Ora, voi sapete certo che tutti i sogni di una notte rientrano in uno stesso contesto. Tuttavia, non affatto indifferente se questi sogni appaiono al sognatore come un continuo oppure se sono articolati in piparti,
e in quante. Il numero di queste parti corrisponde spesso ad altrettanti fulcri distinti della formazione ideativa nei pensieri onirici latenti, o a correnti in lotta tra loro nella vita psichica del sognatore, ognuna delle quali trova la sua
espressione predominante, seppure mai esclusiva, in un particolare frammento onirico. Un breve sogno preliminare e un lungo sogno principale sono spesso tra loro nel rapporto di premessa e seguito con conclusione, di cui potete trovare un esempio
molto chiaro nelle lezioni precedenti. Un sogno che il sognatore definisce come in certo qual modo interpolato, corrisponde in realta una proposizione secondaria nei pensieri onirici. Franz Alexander ha dimostrato in uno studio su coppie di sogni
che non di rado due sogni di una notte si dividono l'espletamento del compito onirico in modo che, presi insieme, danno come risultato un appagamento di desiderio in due tappe, mentre ciascun sogno da solo non ci riuscirebbe (8). Se ad esempio il
desiderio onirico ha per contenuto un'azione illecita nei riguardi di una determinata persona, questa persona appare scopertamente nel primo sogno, ma l'azione viene accennata solo timidamente. Il secondo sogno rovescia quindi la situazione:

l'azione viene nominata scopertamente, ma la persona viene resa irriconoscibile o sostituita con una indifferente. Questo dveramente un'impressione di astuzia. Una seconda e analoga relazione tra le due parti di una coppia di sogni che una
rappresenta la punizione, l'altra l'appagamento del desiderio colpevole. Dunque quasi a dire: se ci si addossa il relativo castigo, ci si pupermettere la cosa proibita.

Non posso trattenermi a lungo su simili scoperte minori, e nemmeno sulle questioni che si riferiscono all'impiego dell'interpretazione onirica nel lavoro analitico. Piuttosto, sarete impazienti di ascoltare quali mutamenti si siano verificati nelle
concezioni fondamentali sulla natura e sul significato del sogno. Vi ho giavvertito che a questo proposito ho poco da riferire. Il punto pidiscusso dell'intera teoria era senza dubbio l'affermazione che tutti i sogni sono appagamenti di
desiderio. L'inevitabile e sempre ricorrente obiezione dei profani, che pure ci sono tanti sogni d'angoscia, stata da noi gismantellata, si pudire completamente, nelle precedenti lezioni. Con la suddivisione in sogni di desiderio, d'angoscia e
di punizione, abbiamo mantenuto salda la nostra teoria.

Anche i sogni di punizione sono appagamenti di desideri, non perdi quelli delle spinte pulsionali, bensdi quelli dell'istanza critica, censoria e punitrice della vita psichica. Quando abbiamo dinanzi a noi un puro sogno di punizione, una facile
operazione mentale ci permette di ricostruire il sogno di desiderio, di cui il sogno di punizione costituisce la giusta risposta e che venne sostituito come sogno manifesto, a causa di questo rifiuto.

Voi sapete, Signore e Signori, che lo studio del sogno per primo ci ha aiutato a comprendere le nevrosi. Troverete anche comprensibile che la nostra conoscenza delle nevrosi abbia potuto in seguito influenzare la nostra concezione del sogno. Come
apprenderete, ci siamo visti costretti a supporre nella vita psichica una speciale istanza che critica e proibisce, che chiamiamo il Super-io. L'aver poi riconosciuto che anche la censura onirica opera di questa istanza, ci ha spinto a considerare
piaccuratamente l'apporto del Super-io nella formazione del sogno.

Contro la teoria del sogno come appagamento di desiderio si sono sollevate soltanto due serie difficolt la cui discussione porta molto lontano e in veritnon ha ancora trovato una conclusione pienamente soddisfacente.

La prima data dal fatto che coloro i quali hanno sub鮅o uno "shock", un grave trauma psichico - com'era tanto spesso il caso in tempo di guerra, e come si riscontra alla base delle isterie traumatiche, - vengono dal sogno regolarmente ricondotti
nella situazione traumatica. Secondo le nostre ipotesi sulla funzione del sogno, cinon dovrebbe succedere. Esiste un impulso di desiderio che potrebbe venire soddisfatto da questo ritorno all'esperienza traumatica, che fu estremamente penosa? E'
difficile dirlo.

Il secondo fatto lo incontriamo quasi quotidianamente nel lavoro analitico e non implica un'obiezione cosrilevante come l'altro.

Uno dei compiti della psicoanalisi come sapete, sollevare il velo dell'amnesia che avvolge i primi anni dell'infanzia e portare al ricordo cosciente le manifestazioni della vita sessuale infantile in essi contenute. Ora, queste prime esperienze
sessuali del bambino sono congiunte a impressioni dolorose di angoscia, divieto, delusione e castigo; si comprende che siano state rimosse, ma poi non si comprende che abbiano un cosvasto accesso alla vita onirica, che costituiscano i modelli di
tante fantasie oniriche, che i sogni esibiscano tante riproduzioni di queste scene infantili e tante allusioni ad esse. Il loro carattere spiacevole e la tendenza del lavoro onirico all'appagamento di desiderio sembrano mal conciliarsi tra loro. Ma
forse in questo caso facciamo la difficolttroppo grande. Dopotutto, a queste esperienze dell'infanzia aderiscono tutti i desideri pulsionali inappagati che non vengono mai meno, i quali durante l'intera vita forniscono l'energia per la formazione
dei sogni e ai quali si puben accordare la facoltdi portare alla superficie, coinvolto nella loro spinta possente, anche il materiale sentito come penoso. E d'altra parte nella forma e nel modo in cui questo materiale viene riprodotto inconfondibile lo sforzo del lavoro onirico, che vuol negare il dispiacere con la deformazione, trasformare la delusione in esaudimento.

Nelle nevrosi traumatiche la situazione diversa: qui i sogni sfociano regolarmente in uno sviluppo d'angoscia. Nulla di male, penso, ad ammettere che in questo caso la funzione del sogno viene meno. Non voglio appellarmi al detto che l'eccezione
conferma la regola: la sua saggezza mi sembra molto dubbia. Ma certo che l'eccezione non abolisce la regola. Se dall'intero meccanismo si isola a scopo di studio una singola prestazione psichica, come il sognare, si rende possibile scoprire le
leggi che le sono proprie; quando la si reinserisce nella compagine, si deve essere preparati a trovare che questi risultati vengono oscurati e pregiudicati dallo scontro con altre forze. Noi diciamo che il sogno un appagamento di desiderio: se
volete tener conto delle ultime obiezioni, dite pure che il sogno un tentativo di appagamento di desiderio. Chiunque sia in grado di penetrare nel dinamismo psichico non ci vedralcuna differenza. In determinate circostanze il sogno puimporre
la sua intenzione solo in modo molto incompleto o deve rinunciarvi del tutto; la fissazione inconscia a un trauma sembra essere il primo fra questi impedimenti della funzione onirica. Mentre il dormiente non punon sognare, perchl'allentamento
notturno della rimozione permette alla spinta emergente della fissazione traumatica di divenire attiva, qualcosa non funziona nel suo lavoro onirico, che vorrebbe trasformare in appagamento di desiderio le tracce mnestiche dell'evento traumatico. In
queste circostanze pusopravvenire l'insonnia, si rinuncia al sonno per paura del naufragio della funzione del sogno. La nevrosi traumatica ci mostra qui un caso estremo, ma non si deve escludere che anche le esperienze dell'infanzia possano avere
carattere traumatico, e non c'bisogno di meravigliarsi se anche in altre condizioni si manifestano disturbi meno rilevanti nella prestazione del sogno.







NOTE:

1. Nella Bibbia ("Giudici"): spiga o torrente.
2. K . Schr飆ter, Zbl. Psychoan. volume 2, 638 (1912).
3. S. Betlheim e H. Hartmann, Arch. Psychiat. Nervenkr. volume 72, 278 (1924).
4. T. Reik, Int. Z. Psychoan., volume 6, 350 (1920). Reik cita R. Eisler, "Weltenmantel und Himmelszelt" (Monaco 1910) volume 2, pagine 599 seguenti.
5. K. Abraham, "Il ragno come simbolo onirico" (1992).
6. S. Ferenczi, "Il simbolismo del ponte" (1921) e "Il simbolismo del ponte e la leggenda di Don Giovanni" (1922).
7. M. J. Eisler, Int. Z. (酺ztl.) Psychoan., volume 5, 295 (1919).
8. F. Alexander, Int. Z. Psychoan., volume 11, 80 (1925).






Lezione 30 - SOGNO E OCCULTISMO

Signore e Signori, oggi percorreremo uno stretto sentiero, che pututtavia dischiuderci un'ampia prospettiva.

L'annuncio che parlersulle relazioni tra sogno e occultismo difficilmente pusorprendervi. Il sogno, infatti, stato spesso considerato la porta al mondo del misticismo e presso molti passa ancora oggi per un fenomeno occulto. Anche noi, che ne
abbiamo fatto oggetto di indagine scientifica, non contestiamo che uno o pifili lo legano a quelle cose oscure. Misticismo, occultismo:

che cosa s'intende con questi termini? Non aspettatevi da me alcun tentativo di circoscrivere con definizioni queste regioni mal delimitate. Tutti sappiamo, in modo generico e indefinito, a che cosa dobbiamo pensare. E' una specie di "aldil del
mondo luminoso, dominato da leggi inesorabili, che la scienza ha costruito per noi.

L'occultismo afferma che esistono realmente "picose in cielo e in terra di quante se ne sognano nella nostra filosofia". Ora, noi non vogliamo restare ancorati alla ristrettezza di vedute del sapere scolastico; siamo pronti a credere ciche viene
reso meritevole di fede.

Intendiamo procedere con queste cose come con ogni altro materiale della scienza: stabilire dapprima se tali processi sono realmente dimostrabili e dopo, ma solo dopo, quando la loro effettualitnon lascia dubbi, sforzarci di darne spiegazione. Ma
non si punegare che giquesta decisione ci resa difficile da fattori intellettuali, psicologici e storici, a differenza da quanto avviene quando ci accingiamo ad altre indagini.

La difficoltintellettuale, in primo luogo. Permettetemi alcune grossolane esemplificazioni concrete. Supponiamo che si tratti del problema della costituzione dell'interno della terra.

Notoriamente, su questo argomento non sappiamo nulla di certo.

Presumiamo che sia composto di metalli pesanti allo stato incandescente. Mettiamo ora che qualcuno avanzi l'affermazione che l'interno della terra consista in acqua satura di anidride carbonica, ossia in una specie di acqua di Seltz. Diremo
certamente che cimolto inverosimile, che contrasta con tutte le nostre aspettative, non tiene alcun conto di quei punti di riferimento scientifici che ci hanno condotti a formulare l'ipotesi del metallo. Cinondimeno non inconcepibile; se
qualcuno ci indica una via per provare l'ipotesi dell'acqua di Seltz, lo seguiremo senza resistenza. Ma ecco che ne arriva un altro, il quale afferma gravemente che il nucleo terrestre composto di marmellata! Di fronte a lui ci comporteremo molto
diversamente. Diremo a noi stessi che la marmellata non presente in natura, che un prodotto della nostra cucina, che inoltre l'esistenza di questa materia presuppone la presenza di alberi e dei loro frutti, che non sapremmo come collocare
vegetazione e culinaria nell'interno della terra. Il risultato di queste obiezioni intellettuali volgeril nostro interesse in un'altra direzione: invece di intraprendere un'indagine per vedere se il nucleo terrestre sia realmente composto di
marmellata, ci chiederemo che specie di uomo debba essere uno che pugiungere a una simile idea, e al massimo gli chiederemo come faccia a saperlo. L'infelice ideatore della teoria della marmellata sarprofondamente offeso e ci accuserdi
negargli una valutazione obiettiva della sua affermazione a causa di un presunto pregiudizio scientifico. Ma questo non gli servira nulla. Noi siamo convinti che i pregiudizi non sempre sono riprovevoli, che talvolta sono giustificati, opportuni,
per risparmiarci inutile fatica; non sono infatti che deduzioni tratte per analogia con altri giudizi ben fondati.

Moltissime affermazioni occultistiche hanno su di noi lo stesso effetto dell'ipotesi della marmellata, cosche ci crediamo autorizzati a respingerle a priori senza verificarle. Eppure la cosa non tanto semplice. Il paragone da me scelto non
dimostra nulla, o tanto poco quanto i paragoni in genere. Resta discutibile se calzi, ed evidente che c'era giun atteggiamento di sprezzante rifiuto che ne ha determinato la scelta. I pregiudizi sono talvolta opportuni e giustificati, ma altre
volte erronei e dannosi, e non si sa mai quando siano l'una o l'altra cosa. La stessa storia della scienza ricchissima di esempi che debbono mettere in guardia contro una condanna affrettata. Per lungo tempo fu ritenuta un'ipotesi assurda che le
pietre che oggi noi chiamiamo meteoriti siano precipitate sulla terra dallo spazio celeste, o che le rocce delle montagne che racchiudono resti di conchiglie abbiano formato una volta il fondo marino. Del resto, anche per la nostra psicoanalisi le
cose non andarono molto diversamente allorchosarguire l'esistenza dell'inconscio. Noi analisti dobbiamo quindi andare particolarmente cauti nell'avvalerci di una motivazione intellettuale per respingere nuove ipotesi, ben sapendo che questa non
ci garantisce dai nostri sentimenti di avversione, dubbio e incertezza.

Il secondo fattore [che ci crea difficolt赩, come ho detto sopra, quello psicologico. Intendo con cila generale tendenza degli uomini alla credulite alla fede nel miracoloso. Sin dai primi inizi, quando la vita ci stringe nella sua severa
disciplina, si risveglia in noi una resistenza contro l'inesorabilite la monotonia delle leggi del pensiero e contro le esigenze dell'esame di realt La ragione diventa la nemica che ci defrauda di tante possibilitdi piacere. Si scopre quale
piacere procuri il sottrarsi a essa, almeno temporaneamente, e l'abbandonarsi agli allettamenti dell'assurdo. Lo scolaro si diletta a storpiare le parole; lo specialista, finito un congresso scientifico, si fa beffe della propria attivit persino
l'uomo serio apprezza motti di spirito. C'un'ostilitpiseria contro "ragione e scienza, le supreme forze dell'uomo", che aspetta solo di avere un'occasione: si affretta a dare la preferenza al medico ciarlatano o al "guaritore" piche al
medico "laureato", favorevole alle affermazioni dell'occultismo nella misura in cui i suoi presunti dati di fatto possono essere presi come infrazioni di leggi e regole, assopisce la critica, falsa le percezioni, estorce conferme e consensi che
non possono essere giustificati.

Chi prende in considerazione questa tendenza dell'uomo, ha tutte le ragioni per far la tara a quanto afferma la letteratura occultistica.

La terza perplessitl'ho chiamata storica, volendo con questo far osservare che nel mondo dell'occultismo non avviene propriamente nulla di nuovo, ma ritornano tutti i segni, i miracoli, le profezie e le apparizioni di spiriti che ci vengono
riferiti fin da antiche epoche e in antichi libri, e che credevamo di aver liquidato da lungo tempo come parti di una fantasia sfrenata o di inganno tendenzioso, come prodotti di un'epoca in cui l'ignoranza dell'umanitera immensa e lo spirito
scientifico era ancora in fasce. Se accettiamo per vero ciche secondo gli occultisti si verificherebbe ancor oggi, dobbiamo riconoscere come degne di fede anche quelle notizie provenienti dall'antichit Le tradizioni e i libri sacri dei popoli -
riflettiamoci - riboccano di simili storie di prodigi, e le religioni basano le loro pretese di credibilitproprio su tali eventi straordinari e prodigiosi e trovano in essi le prove che sono all'opera forze soprannaturali.

Diventa pertanto difficile evitare il sospetto che l'interesse occultistico sia in effetti un interesse religioso, che rientri nei segreti motivi dei seguaci dell'occultismo venire in aiuto alla religione minacciata dal progresso del pensiero
scientifico.

E con il riconoscimento di un motivo siffatto, aumenta necessariamente la nostra diffidenza e la nostra avversione a imbarcarci nell'indagine dei presunti fenomeni occulti.

Alla fine, tuttavia, questa avversione deve pur venire superata.

Si tratta di una questione di fatto, se quello che gli occultisti raccontano vero o no. Deve pur essere possibile deciderlo mediante l'osservazione. In fondo dobbiamo essere grati agli occultisti. I racconti di miracoli dei tempi antichi sono
sottratti al nostro controllo. Anche se pensiamo che non sono dimostrabili, dobbiamo ammettere che, a rigore, non sono pienamente confutabili. Ma su ciche avviene nel presente, e a cui possiamo assistere, dobbiamo pur essere in grado di acquisire
un giudizio sicuro. Se saremo convinti che oggi tali miracoli non avvengono, l'obiezione che avrebbero potuto essersi avverati in epoche antiche non sartale da spaventarci. In tal caso sono molto piplausibili altre spiegazioni. Cos abbiamo
accantonato le nostre perplessite siamo pronti a partecipare all'osservazione dei fenomeni occulti.

Per sfortuna ci imbattiamo subito in circostanze estremamente sfavorevoli al nostro onesto intento. Le osservazioni da cui deve dipendere il nostro giudizio vengono effettuate in condizioni che rendono incerte le nostre percezioni sensorie, che
ottundono la nostra attenzione: nell'oscurito a una scarsa luce rossa, dopo lunghi periodi di attesa vuota. Ci viene detto che giil nostro atteggiamento incredulo, vale a dire critico, puimpedire l'avverarsi dei fenomeni attesi. La situazione
coscreata una vera caricatura delle circostanze nelle quali normalmente siamo soliti eseguire indagini scientifiche. Le osservazioni vengono fatte su cosiddetti medium, persone alle quali si attribuiscono speciali facolt"sensitive", che per non si contraddistinguono in alcun modo per eminenti qualitintellettuali o del carattere, non sono sostenute da un'idea o da un serio proponimento, com'erano gli antichi autori di miracoli. Al contrario, essi sono ritenuti, perfino da quelli che
credono nelle loro forze segrete, particolarmente malfidi; la maggior parte gistata smascherata come truffatori e tutto induce a credere che lo stesso succedertra poco agli altri. Ciche fanno dl'impressione di scherzi da bambini o di
trucchi da prestigiatori. Nelle sedute con questi medium non finora mai emerso qualcosa di utile, ad esempio la rivelazione di una nuova fonte di energia. A dire il vero, nemmeno dal trucco del prestigiatore che fa uscire per magia i piccioni dal
cilindro vuoto ci si aspetta un incremento dell'allevamento di piccioni. Posso facilmente mettermi nei panni di chi partito da un'esigenza di obiettivite perciha preso parte alle sedute occultistiche, finch affaticato e urtato dalle
richieste fattegli, se ne discosta, e senza averne tratto alcun lume torna ai suoi precedenti pregiudizi. Cinon toglie che nemmeno questo il giusto modo di comportarsi, perchai fenomeni che si vuole studiare non si puprescrivere come debbano
essere e in quali condizioni debbano manifestarsi. Piuttosto, bisogna insistere e non sottovalutare le misure di precauzione e di controllo con le quali di recente si cominciato a cautelarsi contro l'inattendibilitdei medium. Purtroppo questa
tecnica moderna di sicurezza mette fine a ogni possibilitdi accedere facilmente alle osservazioni occultistiche. Lo studio dell'occultismo diventa una professione particolare, difficile, un'attivitche non puessere esercitata come una tra tante
altre. E fintantochgli studiosi che se ne occupano non avranno tratto le loro conclusioni, restiamo in balia del dubbio e delle nostre supposizioni.

La piverosimile tra queste supposizioni certo quella che nel caso dell'occultismo si tratti di un nucleo reale di fatti non ancora conosciuti che l'inganno e la fantasia hanno avvolto in una coltre difficilmente penetrabile. Ma come, in qualche
modo, avvicinarci a questo nucleo? in qual punto affrontare il problema?

Qui penso che ci venga in aiuto il sogno, dandoci l'indicazione che in questo caos quello che conta il tema della telepatia.

Come sapete, "telepatia" il fatto per cui si presume che un evento occorso in un determinato istante giunga pressappoco simultaneamente alla coscienza di una persona che lontana nello spazio, senza che si possa parlare di vie di comunicazione a
noi note. Si presuppone tacitamente che questo evento riguardi una persona per la quale l'altra, quella che riceve la notizia, ha un forte interesse emotivo. Quindi, ad esempio, la persona A subisce un incidente oppure muore, e la persona B, a lei
strettamente legata - la madre, la sorella o l'amata - lo apprende supperginello stesso momento mediante una percezione visiva o uditiva. E' come se quest'ultima fosse stata informata telefonicamente, il che pernon avvenuto; in certo qual
modo, un corrispettivo psichico della telegrafia senza fili. Non c'bisogno che sottolinei con voi quanto tali processi siano inverosimili, e la maggior parte di questi racconti si purespingere con buone ragioni. Ne restano alcuni, per i quali
non riesce facile fare altrettanto.

Permettetemi ora, ai fini della mia esposizione, di omettere quel precauzionale "per cui si presume" e di proseguire come se credessi nella realtobiettiva del fenomeno telepatico. Ma tenete presente che non affatto cos io non mi sono impegnato
in alcuna convinzione.

Veramente, ho poco da comunicarvi, solo un fatterello. Inoltre, vi deludersubito dicendovi che il sogno ha in fondo poco a che fare con la telepatia. Nla telepatia getta una nuova luce sulla natura del sogno, nil sogno fornisce una
testimonianza diretta della realtdella telepatia. Il fenomeno telepatico non nemmeno legato al sogno, poichpuverificarsi anche durante lo stato di veglia. L'unica ragione di discutere la relazione tra sogno e telepatia sta nel fatto che lo
stato di sonno appare come particolarmente adatto a ricevere il messaggio telepatico. Si ha in tal caso un cosiddetto sogno telepatico e, nell'analizzarlo, ci si convince che la notizia telepatica ha avuto lo stesso ruolo di un altro residuo diurno
e che, come questo, stata modificata dal lavoro onirico e assoggettata ai suoi fini.

Nell'analisi di uno di tali sogni telepatici accadde ciche mi pare ora abbastanza interessante da sceglierlo, benchfutilissimo, come punto di partenza per questa lezione. Allorchnel 1922 feci h prima comunicazione su questo argomento,
disponevo soltanto di un'osservazione. Da allora ne ho fatte parecchie di simili, ma mi attengo al primo esempio, perchsi lascia esporre pifacilmente, e vi introdurrimmediatamente in "medias res".

Un uomo manifestamente intelligente, per sua affermazione niente affatto ''di tendenze occultistiche", mi scrive a proposito di un sogno che gli sembra singolare. Premette che sua figlia sposata, che vive lontano da lui, aspetta per la metdi
dicembre il suo primo bambino. Questa figlia gli molto cara e sa che anche lei gli molto attaccata. Ora, nella notte tra il 16 e il 17 novembre, quest'uomo sogna che sua moglie ha partorito due gemelli. Seguono alcuni particolari che possibile
qui sorvolare e che d'altronde non hanno trovato tutti spiegazione. La donna che nel sogno diventata la madre dei gemelli la sua seconda moglie, la matrigna della figlia. Egli non desidera avere figli da questa donna, alla quale non riconosce
l'attitudine e il giudizio sufficienti ad allevare bambini; inoltre, all'epoca del sogno, aveva da tempo sospeso i rapporti sessuali con lei. Ciche lo induce a scrivermi non un dubbio sulla teoria del sogno, quale potrebbe essergli giustamente
sorto dal contenuto manifesto del suo sogno; infatti perchil sogno, in pieno contrasto con i suoi desideri, fa partorire figli a questa donna? Tanto piche, a quanto egli informa, non c'era alcun motivo di temere che questo evento indesiderato
potesse avverarsi. Ciche lo spinse a riferirmi questo sogno fu la circostanza che la mattina del 18 novembre egli ricevette per telegrafo la notizia che la figlia aveva partorito due gemelli. Il telegramma era stato spedito il giorno prima, la
nascita era avvenuta nella notte tra il 16 e il 17, pressappoco nella stessa ora in cui egli sognava del parto gemellare della moglie. Il sognatore mi chiede se ritengo casuale la coincidenza tra sogno ed evento. Non osa definire telepatico il
sogno, poichil contenuto onirico e l'evento differiscono proprio nel punto che gli pare essenziale, ciola persona della partoriente. Tuttavia da una delle sue osservazioni risulta che non si sarebbe meravigliato di un vero sogno telepatico. La
figlia - ne convinto - ha di certo pensato particolarmente a lui nella sua ora difficile.

Sono sicuro, Signore e Signori, che siete in grado di spiegarvi questo sogno e che comprendete, anche, perchve l'abbia raccontato. Ecco un uomo, scontento della sua seconda moglie, che preferirebbe avere una moglie come la sua figlia di primo
letto.

Per l'inconscio, naturalmente questo "COME" cade. Ora, nottetempo gli giunge il messaggio telepatico che la figlia ha partorito due gemelli. Il lavoro onirico si impossessa di questa notizia, lascia che su di essa agisca il desiderio inconscio, il
quale vorrebbe mettere la figlia al posto della seconda moglie, e cosnasce lo strano sogno manifesto che dissimula il desiderio e deforma il messaggio. Dobbiamo dire che solo l'interpretazione onirica ci ha mostrato che un sogno telepatico: la
psicoanalisi ha scoperto un fatto telepatico, che altrimenti non avremmo riconosciuto.

Ma non lasciatevi trarre in errore! Nonostante tutto, l'interpretazione onirica non ha asserito nulla sulla veritobiettiva del fatto telepatico. Puanche trattarsi di un'apparenza che puessere spiegata in altro modo. E' possibile che i pensieri
onirici latenti dell'uomo fossero: "Oggi il giorno in cui dovrebbe avvenire il parto se mia figlia, come in effetti credo, si sbagliata di un mese nel calcolo. E giquando la vidi l'ultima volta si capiva dal suo aspetto che doveva avere due
gemelli. Chissla mia povera moglie, cui piacevano tanto i bambini, come si sarebbe rallegrata di due gemelli!" (quest'ultimo elemento da me inserito in base ad associazioni del sognatore non ancora menzionate). In questo caso, stimolo al sogno
sarebbero state supposizioni ben fondate del sognatore, non un messaggio telepatico; ma il risultato rimarrebbe il medesimo, perchvedete che anche questa interpretazione del sogno non dice nulla circa il problema se si debba concedere realt obiettiva alla telepatia.

Per arrivare a una decisione occorrerebbe un accertamento particolareggiato di tutte le circostanze del caso, il che purtroppo non fu possibile in questo esempio, coscome non fu possibile negli altri di mia esperienza. Ammettiamo pure che
l'ipotesi della telepatia dia la spiegazione di gran lunga pisemplice, e con ci La spiegazione pisemplice non sempre quella giusta; molto spesso la veritnon semplice, e prima di decidersi per un'ipotesi di cosgrande portata desiderabile osservare ogni precauzione.

Possiamo ora abbandonare il tema "sogno e telepatia" poichnon ho pinulla da dirvi al riguardo. Ma fate bene attenzione che non il sogno parso insegnarci qualcosa sulla telepatia, bensl'interpretazione del sogno, l'elaborazione
psicoanalitica. In quanto segue possiamo quindi prescindere interamente dal sogno e partire dal presupposto che l'applicazione della psicoanalisi possa gettare una certa luce su altri fenomeni cosiddetti occulti.

Per esempio, il fenomeno dell'induzione o della trasmissione del pensiero molto vicino alla telepatia e puin effetti, senza eccessiva forzatura, esser fatto coincidere con quella. Esso dper certo che processi psichici in una persona
(rappresentazioni, stati di eccitamento, impulsi di volont possono trasmettersi attraverso il libero spazio a un'altra persona, senza valersi delle vie conosciute di comunicazione fondate su parole e segni.

Sarete d'accordo che sarebbe assai singolare, e forse importante dal punto di vista pratico, se una cosa simile avvenisse realmente. Detto incidentalmente, c'da meravigliarsi che proprio di questo fenomeno si parli meno di tutti negli antichi
racconti di prodigi. Durante il trattamento psicoanalitico di pazienti, ho avuto l'impressione che il mestiere dell'indovino si presti particolarmente a effettuare osservazioni accertabili sulla trasmissione del pensiero. Si tratta di persone
insignificanti o persino inferiori, che si dedicano a maneggi vari - far le carte, studiare la calligrafia e le linee della mano, eseguire calcoli astrologici - e, cifacendo, predicono ai visitatori il futuro, dopo che hanno mostrato di essere al
corrente di certune delle loro vicende passate o presenti. I clienti si dimostrano perlopimolto contenti di queste prestazioni e non portano loro rancore se pitardi le profezie non si avverano. Ebbi modo di raccogliere parecchi di tali casi, ho
potuto studiarli analiticamente e vi racconterora il pisingolare di essi. Purtroppo la forza probante di questi esempi pregiudicata dalle numerose reticenze impostemi dall'obbligo della discrezione professionale. Ho tuttavia evitato di
proposito di alterarne il testo. Ascoltate dunque la storia di una delle mie pazienti, che ha avuto un'esperienza di questo genere con un indovino.

Costei era stata la maggiore di tutta una serie di figli ed era cresciuta dimostrando un attaccamento straordinario per il padre; si era sposata in giovane ete aveva trovato nel matrimonio piena soddisfazione. Alla sua felicitmancava solo una
cosa: era rimasta senza figli, sicchnon aveva potuto completamente mettere l'amato marito al posto del padre. Quando, dopo lunghi anni di delusioni, aveva deciso di sottoporsi a un'operazione ginecologica, il marito le fece la rivelazione che la
colpa era sua, che era diventato incapace di procreare a causa di una malattia precedente al matrimonio. Essa sopportmale questa delusione, divenne nevrotica, era palesemente angosciata dal pensiero di tradire il marito. Per rasserenarla, questi
la condusse con sin un viaggio d'affari a Parigi. Lerano seduti un giorno nell'atrio dell'albergo, quando la colpun certo affaccendarsi tra il personale. Chiese che cosa ci fosse e apprese che "Monsieur le professeur" era arrivato e riceveva
in una saletta lvicino. Espresse il desiderio di fare anche lei la prova. Il marito rifiut ma essa colse un momento di disattenzione per infilarsi nella saletta e si trovcosdavanti all'indovino. La signora aveva ventisette anni, sembrava
molto pigiovane, si era tolta l'anello nuziale. "Monsieur le professeur" le fece posare la mano su un bacile pieno di cenere, studiaccuratamente l'impronta, le narrpoi ogni sorta di cose circa difficili lotte che l'aspettavano, e concluse con
la confortante assicurazione che si sarebbe ancora sposata e a 32 anni avrebbe avuto 2 figli. Quando mi raccontquesta storia aveva quarantatranni, era gravemente ammalata e senza alcuna prospettiva di mettere al mondo un bambino. Pertanto la
profezia non si era avverata, tuttavia non ne parlava con amarezza, ma con l'inconfondibile espressione di chi ha avuto una gioia e, come se ricordasse un'esperienza piacevole. Fu facile accorgersi che non aveva il pipiccolo sospetto su che cosa
potessero significare i due numeri della profezia [32 e 2] o se addirittura significassero qualcosa.

Voi direte che questa una storia sciocca e incomprensibile e chiederete a che scopo ve l'abbia raccontata. Ora, io sarei completamente del vostro parere se - e questo il punto saliente - l'analisi non ci avesse reso possibile un'interpretazione
di quella profezia, interpretazione che appare persuasiva proprio in quanto spiega i dettagli. I due numeri trovano infatti la loro collocazione rifacendosi alla vita della madre. La madre della paziente si era sposata tardi, dopo i trent'anni, e in
famiglia ci si era spesso soffermati sulla rapiditcon cui aveva recuperato, con tanto successo, il tempo perso. I due primi figli, la nostra paziente per prima, nacquero con il pipiccolo intervallo possibile nello stesso anno di calendario, e a
32 anni essa aveva in effetti gidue bambini. Ciche "Monsieur le professeur" aveva detto alla mia paziente significava dunque: "Si consoli, Lei ancora cosgiovane. Avrlo stesso destino di sua madre, che dovette anch'essa aspettare a lungo
prima di avere bambini. Lei avrdue figli a 32 anni". Ma avere lo stesso destino di sua madre, mettersi al suo posto, prenderne il posto accanto al padre, questo era stato il piforte desiderio della sua giovinezza, il desiderio per il cui
inadempimento ora cominciava ad ammalarsi. La profezia le promise che nonostante tutto sarebbe ancora giunto a compimento; e che cosa avrebbe potuto provare nei riguardi del profeta, se non simpatia? Ma ritenete veramente possibile che "Monsieur le
professeur" fosse al corrente delle date di una storia intima e familiare, riguardante una cliente casuale? E' impossibile! Ma allora da dove gli venne la conoscenza che lo mise in grado di esprimere nella sua profezia, introducendovi i due numeri,
il piforte e pisegreto desiderio della paziente? Vedo solo due possibilitdi spiegazione: o la storia, coscome mi venne raccontata, non vera, si svolta diversamente; o si deve riconoscere che una trasmissione del pensiero esiste come
fenomeno reale. Si pu per la verit fare l'ipotesi che la paziente, dopo un intervallo di sedici anni, abbia inserito i due numeri in quel ricordo, traendoli dal suo inconscio. Io non posso suffragarla ma nemmeno escluderla, e immagino che voi
sarete disposti a credere pia una simile spiegazione che alla realtdella trasmissione del pensiero. Se vi deciderete in quest'ultimo senso, non dimenticate che solo l'analisi ha creato il dato occulto, l'ha reso palese, allorchesso era
deformato al punto da essere irriconoscibile.

Se si trattasse solo di UN caso come quello della mia paziente, ci passeremmo sopra con una scrollata di spalle. A nessuno viene in mente di costruire su un'osservazione isolata una teoria che comporta una svolta cosradicale. Ma credetemi se vi
assicuro che non l'unico caso di cui ho esperienza. Ho raccolto un gran numero di simili profezie e da tutte ho ricevuto l'impressione che l'indovino avesse solo tradotto in parole i pensieri e, piparticolarmente, i desideri segreti delle
persone che lo interpellavano, e che nulla quindi vieta di analizzare tali profezie come se fossero produzioni soggettive, fantasie o sogni della persona in questione. Naturalmente, non tutti i casi sono ugualmente probanti e non in tutti ugualmente possibile escludere spiegazioni pirazionali, ma nell'insieme le probabilita favore di un'effettiva trasmissione del pensiero sono soverchianti. L'importanza dell'argomento giustificherebbe che vi narrassi tutti i miei casi, ma non
posso farlo, sia per la lunghezza che assumerebbe l'esposizione, sia perchinevitabilmente dovrei violare la discrezione che qui d'obbligo.

Cercherdi tranquillizzare il pipossibile la mia coscienza dandovene ancora alcuni esempi.

Un giorno viene a farmi visita un giovanotto di spiccata intelligenza, uno studente agli ultimi esami di laurea, ma che non in grado di darli perch come lamenta, ha perso ogni interesse, ogni capacitdi concentrazione, perfino la possibilitdi
ricordare con ordine. I precedenti di questo stato di quasi- paralisi sono presto scoperti: si ammalato in seguito a un grande atto di autodisciplina. Ha una sorella alla quale stato sempre attaccato con intensa devozione, sempre per altro
frenata, e cosessa a lui. "Che peccato che non possiamo sposarci", si dicevano abbastanza spesso. Un uomo rispettabile si innamordi questa sorella; essa contraccambiava la simpatia, ma i genitori non acconsentivano al legame. In questa
situazione critica la coppia si rivolse al fratello, il quale non negloro il suo aiuto. Egli fece da intermediario nella corrispondenza tra loro e con la sua influenza riuscalla fine a indurre i genitori al consenso. Nel periodo del fidanzamento
si verifictuttavia un incidente il cui significato non difficile da indovinare. Egli intraprese, senza guida, una difficile escursione in montagna con il futuro cognato; i due smarrirono la strada e corsero il pericolo di non tornare pi indietro sani e salvi. Poco dopo il matrimonio della sorella, egli cadde in quello stato di esaurimento psichico.

Riacquistata la capacitdi lavorare per merito della psicoanalisi, mi lasciper fare i suoi esami, ma dopo averli felicemente portati a termine tornda me per un breve periodo, nell'autunno dello stesso anno. Mi riferallora una curiosa
esperienza che aveva avuto prima dell'estate. C'era nella sua cittuniversitaria un'indovina, che godeva di grande popolarit

Anche i pr髶cipi della casa regnante erano soliti consultarla regolarmente prima di prendere qualche importante iniziativa. Il modo in cui essa conduceva l'operazione era molto semplice. Si faceva dare la data di nascita di una determinata persona,
non richiedeva di sapere nient'altro, nemmeno il nome, poi scartabellava i suoi libri astrologici, faceva lunghi calcoli e alla fine traeva pronostici sulla persona in questione. Il mio paziente decise di avvalersi della sua arte segreta a proposito
del cognato. Anda trovarla e le comunicla data richiesta concernente il cognato. Dopo aver eseguito i suoi calcoli, la donna venne fuori con la profezia: "Quest'uomo morirnel luglio o nell'agosto di quest'anno, per un avvelenamento da gamberi
o da ostriche". Il mio paziente concluse il suo racconto con le parole:

"Davvero straordinario!".

Sin dall'inizio avevo ascoltato con un certo fastidio. Dopo questa esclamazione mi permisi la domanda: "Che cosa ci trova di cosstraordinario in questa profezia? Ora siamo in autunno inoltrato, suo cognato non morto, o me lo avrebbe raccontato
da un pezzo.

Dunque, la profezia non si avverata". E lui: "Certo che no, ma ecco il punto: mio cognato va matto per i gamberi e le ostriche e la scorsa estate - quindi prima della visita all'indovina - si procurato un avvelenamento da ostriche, di cui per
poco non morto". Che cosa dovevo rispondergli? Potei soltanto irritarmi perchquell'uomo di elevata cultura, che aveva dietro di sun'analisi riuscita, non intravedeva meglio il nesso. Da parte mia, piuttosto di credere che da tavole
astrologiche si possa calcolare quando interverrun avvelenamento da gamberi o da ostriche, preferisco supporre che il mio paziente non avesse ancora superato l'odio per il rivale, quell'odio la cui rimozione, a suo tempo, gli aveva causato la
malattia, e che l'astrologa avesse semplicemente letto l'attesa che era in lui: "Quando uno va matto per qualcosa, non ci rinuncia e un giorno finisce di rimetterci la vita". Confesso che non so dare altra spiegazione di questo caso, tranne forse
che il mio paziente si sia permesso uno scherzo con me. Ma nallora nin seguito mi dette motivo di sospettare una cosa del genere e sembrpensare seriamente ciche aveva detto.

Un altro caso. Un uomo ancora giovane e altolocato intrattiene con una mondana una relazione caratterizzata da una curiosa coazione.

Di tanto in tanto deve mortificare l'amante con discorsi canzonatori e beffardi, finchessa giunge al colmo della disperazione. Quando l'ha spinta a tanto, si sente sollevato, si riconcilia con lei e le fa dei regali. Ma adesso vorrebbe liberarsi
di lei; la coazione gli riesce inquietante; nota che da questo legame la sua reputazione viene compromessa; vuole avere una moglie, mettere su una famiglia. Poichcon le proprie forze non riesce a liberarsi della mondana, ricorre all'aiuto
dell'analisi. Dopo una di tali scene di insulti, gimentre era in analisi, si fa scrivere da lei un biglietto che sottopone a un grafologo. L'informazione che ne riceve la seguente: "Questa la calligrafia di un individuo disperato, al punto che
si uccidercertamente nei prossimi giorni". A dir vero, cinon avviene, la donna rimane in vita; ma l'analisi riesce ad allentare i suoi vincoli ed egli abbandona la donna e si volge a una fanciulla che spera possa diventare per lui una brava
moglie. Poco dopo appare un sogno che puessere riferito solo a un dubbio incipiente circa il valore della ragazza. Il nostro uomo ottiene un saggio anche della scrittura di lei, lo presenta allo stesso esperto e riceve sulla scrittura un verdetto
che conferma le sue preoccupazioni.

Abbandona quindi l'intenzione di fare della giovinetta la propria moglie.

Per apprezzare il valore dei responsi del grafologo, specialmente il primo, si deve sapere qualcosa della storia segreta del nostro uomo. Nella prima giovinezza, conformemente alla sua natura passionale, si era disperatamente innamorato di una
giovane donna, che tuttavia era pivecchia di lui. Respinto, fece un tentativo di suicidio, sulla cui serietnon si possono avanzare dubbi.

Sfuggalla morte per un pelo e si ristabilsoltanto dopo lunghe cure. Questa follia fece peruna profonda impressione sulla donna amata, che gli concesse i suoi favori; egli ne divenne l'amante e da allora le rimase segretamente legato e la serv in modo estremamente cavalleresco. Pidi due decenni dopo, quando entrambi erano invecchiati - e di pi naturalmente, la donna, - si risvegliin lui il bisogno di staccarsene, di liberarsi, di condurre una vita propria, di fondare una propria
casa e una famiglia. E contemporaneamente a questa saziet si insediin lui il bisogno a lungo represso di vendicarsi dell'amante. Se una volta aveva voluto uccidersi perchera stato disdegnato, ora voleva avere la soddisfazione che fosse lei a
cercare la morte perchlui la lasciava. Ma il suo amore era ancora troppo forte perchquesto desiderio potesse divenirgli cosciente; insomma, non era in grado di farle abbastanza male da spingerla alla morte. In questo stato d'animo, prese la
mondana in certo modo come capro espiatorio, per soddisfare in "corpore vili" la sua sete di vendetta, e su di essa si permise tutte le torture che a suo giudizio potevano avere su di lei il risultato che augurava all'amante. Il fatto che la
vendetta in realtfosse diretta a quest'ultima si tradsolo attraverso la circostanza che egli la scelse per confidente e consigliera della sua relazione amorosa, invece di nasconderle la sua defezione. La poveretta, che da tempo era decaduta
dalla parte di chi da quella di chi riceve, soffrprobabilmente per queste confidenze piche la mondana per qualsiasi brutalit La coazione nei confronti della persona sostitutiva, di cui egli si lamentava e che lo spinse all'analisi, era
naturalmente trasferita su questa ma proveniva dalla vecchia amante; era da quest'ultima che voleva liberarsi e non poteva. Io non sono un esperto di grafologia, non ho molta considerazione per l'arte di indovinare il carattere dalla scrittura e
ancora meno credo nella possibilitdi predire con questo sistema il futuro di chi scrive. Dovete perammettere, qualunque sia il vostro giudizio sul valore della grafologia, che l'esperto, quando profetizzche l'autore del saggio sottopostogli si
sarebbe ucciso nei giorni successivi, aveva portato alla luce - ancora una volta - un forte desiderio segreto della persona che lo interpellava.

Qualcosa di simile avvenne dopo, nel caso del secondo responso, solo che qui non entrin campo un desiderio inconscio ma i dubbi e le incipienti inquietudini dell'interpellante, che trovarono chiara espressione per bocca del grafologo. Per finire,
il mio paziente riusc con l'aiuto dell'analisi, a scegliersi una ragazza su cui riversare il suo amore, rompendo il cerchio magico che lo teneva incatenato.

Signore e Signori, avete ora udito qual l'apporto dell'interpretazione dei sogni e della psicoanalisi in genere all'occultismo. Mediante la loro applicazione vengono messi in evidenza fatti occulti che altrimenti sarebbero rimasti ignorati, come
avete visto dagli esempi. La psicoanalisi non purispondere direttamente al problema che certo pivi interessa se si possa credere nella realtobiettiva di queste risultanze,- benchil materiale portato alla luce con il suo aiuto dia
l'impressione che la risposta debba essere affermativa. Il vostro interesse non si arresterqui, ma vorrete sapere quali conclusioni discendano da quel materiale incomparabilmente piricco in cui la psicoanalisi non ha alcuna parte. Non posso
seguirvi per questa strada che non pila mia ma potrei fare ancora una cosa: raccontarvi alcuni episodi che abbiano quantomeno in comune con l'analisi di essere stati osservati durante il trattamento analitico, forse anche di essere stati resi
possibili dal suo influsso. Vi riferirun esempio di questo genere, che quello che mi ha fatto piimpressione. Sarmolto esauriente, richiederla vostra attenzione per una quantitdi particolari, pur dovendo nel contempo sopprimere molti
dettagli che avrebbero molto aumentato la forza persuasiva dell'aneddoto. Si tratta di un esempio in cui la situazione si presenta chiara e non ha bisogno di essere sviluppata attraverso l'analisi. Nel discuterlo, non potremo tuttavia fare a meno
dell'aiuto dell'analisi. Vi dico persubito che anche questo esempio di apparente trasmissione del pensiero avvenuta in una situazione analitica non immune da perplessit non permette alcuna presa di posizione incondizionata in favore della
realtdel fenomeno occulto.

Ascoltate dunque. Un giorno d'autunno dell'anno 1919, verso le lo e tre quarti circa del mattino, il dottor David Forsyth, appena giunto da Londra, mi fa pervenire il suo biglietto da visita mentre sto lavorando con un paziente. (Il mio egregio
collega dell'Universitdi Londra non considerersicuramente un'indiscrezione se in tal modo rivelo che egli si fece guidare da me per alcuni mesi nelle arti della tecnica psicoanalitica). Ho appena il tempo di salutarlo e di fissargli un
appuntamento per pitardi. Il dottor Forsyth ha diritto a un interesse particolare da parte mia: il primo straniero che viene da me dopo l'isolamento degli anni bellici ed augurio di tempi migliori.

Poco dopo, alle 11, arriva uno dei miei pazienti, il signor P., un uomo pieno di spirito e di cordialit tra i quaranta e cinquant'anni, che a suo tempo mi aveva consultato a causa di difficoltcon le donne. Il suo caso non prometteva alcun
successo terapeutico; da molto tempo gli avevo proposto di sospendere il trattamento, ma aveva desiderato che continuasse, evidentemente perchsi sentiva a suo agio in una "traslazione paterna" opportunamente moderata nei miei confronti. Il denaro
a quel tempo non importava essendocene troppo poco; le ore che passavo con lui servivano anche a me insieme da sollecitamento e da distensione, e cos soprassedendo alle severe regole della professione medica, il compito dell'analisi era stato
protratto fino a un termine prefissato.

Quel giorno P. ritornnel discorso sui suoi tentativi di allacciare relazioni erotiche con le donne e menzionancora una volta la bella e povera, attraente ragazza con la quale avrebbe potuto avere successo se il fatto della sua verginitnon lo
avesse scoraggiato da ogni serio tentativo. Aveva giparlato spesso di lei, ma quel giorno raccontper la prima volta che la ragazza, che naturalmente non aveva la minima idea dei veri motivi del suo ritegno, soleva chiamarlo il "signor von
Vorsicht [Precauzione] ". Questa comunicazione mi colpisce: ho a portata di mano il biglietto del dottor Forsyth e glielo mostro.

Questi i fatti. Mi attendo che vi sembrino poca cosa, ma continuate ad ascoltare, poichc'dell'altro.

P. aveva trascorso alcuni anni della sua giovinezza in Inghilterra e ne aveva conservato un interesse duraturo per la letteratura inglese. Possiede una ricca biblioteca inglese ed era solito portarmi dei libri in prestito. Devo a lui la conoscenza
di autori come Bennett e Galsworthy, dei quali fino ad allora avevo letto poco. Un giorno mi prestun romanzo di Galsworthy dal titolo "Il possidente" [1906], la cui azione si svolge nel castello di una famiglia Forsyte, inventata dallo scrittore.
Galsworthy stesso stato evidentemente preso da questa sua creazione, poichin racconti successivi si rifatto ripetutamente a persone della stessa famiglia e infine ha raccolto tutti i racconti relativi a essa sotto il nome: "La saga dei
Forsyte". Solo pochi giorni prima dell'episodio che sto raccontando, P. mi aveva portato un nuovo volume di questa serie. Il nome "Forsyte", e tutto ciche di tipico lo scrittore voleva in esso personificare, aveva anche avuto un certo rilievo
nelle mie conversazioni con P., era diventato una parte del linguaggio segreto che cosfacilmente si stabilisce tra persone che si frequentano regolarmente. Ora, il nome Forsyte di quei romanzi poco diverso da quello del mio visitatore, Forsyth,
a malapena distinguibile per la pronuncia tedesca, e c'una parola inglese dotata di senso che noi pronunceremmo proprio nello stesso modo, cio"foresight", da tradursi con "previsione" o "precauzione" (Vorsicht). Dunque P.

aveva effettivamente trascelto, frammezzo i vari aspetti del suo problema, lo stesso vocabolo che, nel medesimo momento, mi occupava in seguito a una circostanza a lui ignota.

La faccenda comincia a prospettarsi meglio, non vi pare? Ma credo che questo fenomeno sorprendente ci colpirancor pi e riusciremo persino a gettare uno sguardo sulle condizioni che lo determinano, se faremo convergere la luce dell'analisi su
altre due associazioni che P. ebbe nella stessa seduta.

Prima associazione: Un giorno della settimana precedente avevo invano aspettato il signor P. alle 11 ed ero poi uscito per far visita al dottor Anton von Freund nella sua pensione. Fui sorpreso di scoprire che il signor P. abitava in un altro piano
della casa che ospitava la pensione. Riferendomi a ci avevo successivamente raccontato a P. che gli avevo per cosdire fatto visita in casa sua; so percon precisione di non aver menzionato il nome della persona che ero andato a trovare nella
pensione. E ora egli, subito dopo aver menzionato il signor "von Vorsicht", mi domanda se la Freud-Ottorego che tiene corsi d'inglese all'Universitpopolare sia mia figlia; sennonch per la prima volta nella nostra lunga relazione, fa subire al
mio nome la deformazione cui per la veritfunzionari, impiegati e tipografi mi hanno abituato:

invece di Freud" dice ''Freund".

Seconda associazione: Alla fine della stessa seduta racconta un sogno dal quale si svegliato con angoscia, un vero e proprio incubo, a suo parere. Aggiunge che recentemente ha dimenticato la parola inglese corrispondente e che a chi gliela aveva
chiesta aveva dato l'informazione che in inglese "incubo" si dice "a mare's nest". Questa naturalmente un'assurdit dice; "a mare's nest" significa una cosa che incredibile, una panzana; la traduzione di "incubo" "night-mare". Questa
associazione sembra non avere nulla in comune con la precedente [Freud-Ottorego], tranne l'elemento "inglese"; a me pernon manca di ricordare un piccolo avvenimento di circa un mese prima. P. era seduto accanto a me nella stanza, quando entr inaspettatamente un altro caro ospite da Londra, il dottor Ernest Jones, dopo anni di separazione. Gli feci cenno di andare nell'altra stanza, finchavessi finito il colloquio con P. Questi perlo riconobbe subito dalla fotografia appesa nel
salotto d'attesa ed espresse il desiderio di essergli presentato. Ebbene, Jones l'autore di una monografia sull'incubo ("nightmare"). Non sapevo se fosse nota a P., che evitava di leggere libri analitici.

Cominciamo con l'esaminare insieme che cosa l'analisi ci permette di capire del contesto da cui sono nate le associazioni di P. e della motivazione di queste ultime. P. aveva un atteggiamento simile al mio nei confronti del nome "Forsyte"
(pronunciato come "Forsyth"): per lui aveva lo stesso significato, ed era a lui che io dovevo la conoscenza di questo nome. Il fatto singolare fu che egli introdusse nell'analisi questo nome all'improvviso, nel pibreve spazio di tempo possibile
dopo che era diventato per me significativo in un altro senso a causa di un nuovo evento:

l'arrivo del medico londinese. Ma forse non meno interessante del fatto stesso il modo in cui il nome si presentnell'ora di analisi. Egli non disse per esempio: "Adesso mi viene in mente il nome Forsyte, Lei sa, quello dei romanzi", ma senza
alcun riferimento cosciente a questa fonte lo intrecciabilmente con quanto si agitava in lui e di llo trasse alla luce, il che sarebbe potuto accadere da molto tempo e fino ad allora non era accaduto. Allora invece disse: "Anch'io sono un
Forsyth, cosalmeno mi chiama la ragazza". E' difficile non riconoscere in questa dichiarazione un miscuglio tra le pretese della gelosia e l'abbattimento di chi si sente improvvisamente triste. Non saremo molto lontani dal vero completandola
all'incirca cos "Sono umiliato che i Suoi pensieri sono tutti per il nuovo venuto.

Ritorni dunque a me, anch'io dopo tutto sono un FORSYTH... per la verit solo un prudente signor VON VORSICHT, come dice la ragazza". E ora, sul filo associativo dell'elemento "inglese", il corso dei suoi pensieri ritorna a due precedenti occasioni
che potevano risvegliare la stessa gelosia. "Alcuni giorni fa Lei ha fatto una visita nella mia casa, ma purtroppo non a me, a un signor von Freund". Questo pensiero gli fa poi alterare il nome "Freud" in "Freund" e a farne le spese la
Freud-Ottorego del programma universitario, perchcome insegnante di inglese fornisce l'associazione manifesta. Successivamente il ricordo si riallaccia a un altro visitatore di alcune settimane prima, del quale certamente fu altrettanto geloso, ma
di cui non poteva sentirsi l'uguale poichil dottor Jones era capace di scrivere una monografia sull'incubo, mentre lui al massimo l'incubo lo sognava. Anche la menzione del suo errore circa il significato di "a mare's nest" rientra nello stesso
contesto, pusolo voler dire: "In fondo io non sono un vero inglese, coscome non sono un vero Forsyth".

Ora, non posso dire che i suoi moti di gelosia fossero inopportuni o incomprensibili. P. era stato avvisato che la sua analisi, e quindi i nostri rapporti, avrebbero avuto fine non appena fossero tornati a Vienna allievi e pazienti stranieri, e cos accadde effettivamente di la poco. Tuttavia quello eseguito sopra stato un pezzo di lavoro analitico, la spiegazione di tre associazioni sopravvenute nella stessa seduta, alimentate dallo stesso motivo, e la vera questione un'altra: se queste
associazioni siano o non siano fattibili senza trasmissione del pensiero. L'interrogativo si pone per ognuna delle tre associazioni e si scompone cosin tre domande diverse: Poteva P.

sapere che il dottor Forsyth mi aveva appena fatto la sua prima visita? Poteva conoscere il nome della persona che ero andato a trovare nella sua casa? Sapeva che il dottor Jones aveva scritto una monografia sull'incubo? Oppure era solo la mia
conoscenza di queste cose che si rivelava nelle sue associazioni. Dipenderdalla risposta alle tre domande se i fatti da me osservati permetteranno di concludere in favore della trasmissione del pensiero.

Lasciamo da parte per un attimo la prima domanda, poichle altre due sono pifacili da trattare. Il caso della mia visita nella pensione sembra a prima vista particolarmente probante. Sono certo che nella mia breve, scherzosa menzione della visita
nella casa ove egli abitava non ho fatto alcun nome; ritengo molto improbabile che P. si sia informato nella pensione sul nome della persona che ero andato a trovare, credo piuttosto che la sua esistenza gli sia rimasta completamente sconosciuta.
Tuttavia, la forza dimostrativa di questo caso distrutta dalle fondamenta da un particolare fortuito. L'uomo che ero andato a trovare nella pensione non solo si chiamava "Freund", ma era anche per noi tutti un vero amico [in tedesco "Freund"]. Era
quel dottor Anton von Freund la cui elargizione aveva reso possibile la fondazione della nostra casa editrice. La sua morte prematura, come quella del nostro collega Karl Abraham alcuni anni pitardi, furono le pigravi disgrazie che abbiano
colpito lo sviluppo della psicoanalisi. Posso quindi aver detto al signor P. quella volta:

"Ho fatto visita a un amico ("Freund") abitante nella sua casa", e con questa possibilitla sua seconda associazione perde ogni interesse ai fini dell'occultismo.



Anche l'effetto che puavere su di noi la terza associazione svanisce presto. Poteva P. sapere che Jones ha pubblicato una monografia sull'incubo, dal momento che non leggeva mai la letteratura analitica? Lo poteva. Possedeva libri della nostra
casa editrice e poteva in ogni caso aver visto i titoli delle novitannunciate sulle copertine. Non lo si pudimostrare, ma nemmeno negare. Per questa via non approderemo a nulla. Devo rammaricarmi che quanto ho osservato soffra del medesimo
difetto di tante altre osservazioni: stato messo per iscritto troppo tardi e discusso in un momento in cui non vedevo piil signor P.

e non potevo interrogarlo pia fondo.

Torniamo al primo caso che, anche isolato, rende apparentemente sostenibile la trasmissione del pensiero. Poteva P. sapere che il dottor Forsyth era stato da me un quarto d'ora prima di lui?

poteva sapere in genere della sua esistenza o della sua presenza a Vienna? Anche qui, non dobbiamo affrettarci a dare una risposta negativa. Vedo una possibilitche la risposta debba essere affermativa. Potrei aver comunicato a P. che aspettavo un
medico proveniente dall'Inghilterra per istruirlo nell'analisi, come prima colomba dopo il diluvio universale. Questo poteva essere stato nell'estate del 1919, dato che il dottor Forsyth si era accordato con me per lettera alcuni mesi prima del suo
arrivo.

Posso addirittura aver menzionato il suo nome, benchquesto mi sembri molto improbabile. Dato l'ulteriore significato che questo nome aveva per entrambi, alla sua menzione avrebbe dovuto allacciarsi una conversazione di cui qualcosa mi sarebbe
rimasto nella memoria. Nondimeno, cipuessere accaduto e io posso poi averlo totalmente dimenticato, cosche la comparsa del "signor von Vorsicht" nell'ora di analisi potcolpirmi come un prodigio.

Se ci si ritiene scettici, bene dubitare all'occorrenza anche del proprio scetticismo. C'forse anche in me la segreta inclinazione al prodigioso che tanto favorisce la creazione dei fatti occulti.

Tolto cosdi mezzo l'elemento prodigioso per un verso, esso ci aspetta da un altro verso, il pidifficile di tutti. Supponendo che il signor P. avesse saputo che esiste un dottor Forsyth e che era atteso a Vienna per l'autunno, come si spiega che
divenisse recettivo nei suoi confronti proprio il giorno del suo arrivo e immediatamente dopo la sua prima visita? Si potrebbe dire che si tratta di un caso, ciolo si lascia inspiegato; ma proprio per escludere il caso, che ho discusso quelle
altre due associazioni di P. per mostrarvi che egli era veramente occupato da pensieri di gelosia verso le persone che venivano a farmi visita e che andavo a trovare. Oppure, per non trascurare un'estrema possibilit si puprendere in
considerazione l'ipotesi che P. avesse notato in me una particolare agitazione (di cui per la veritnon so nulla) e ne avesse tratto le sue conclusioni. Oppure il signor P., che dopotutto arrivsolo un quarto d'ora dopo l'inglese, potrebbe essersi
incontrato con lui nel breve tratto di strada comune a entrambi, averlo riconosciuto dal suo caratteristico aspetto inglese, e sempre sul chi vive per la gelosia aver pensato:

"Questo dunque il dottor Forsyth, il cui arrivo segna la fine della mia analisi. E probabilmente sta uscendo dallo studio del professore". Non posso procedere oltre con queste congetture razionalistiche. Siamo di nuovo a un "non liquet" [la cosa
non chiara]; ma devo ammettere di avere la sensazione che anche qui la bilancia penda a favore della trasmissione del pensiero.

D'altronde non sono certo l'unico che, in situazione analitica, si trovato coinvolto in simili fenomeni di "occultismo". Helene Deutsch ha reso note osservazioni analoghe e ha studiato la loro dipendenza dal rapporto di traslazione tra paziente e
analista (1).

Sono convinto che non siete molto soddisfatti del mio atteggiamento di fronte a questo problema: l'atteggiamento di chi non completamente persuaso e tuttavia pronto alla persuasione.

Forse dite entro di voi: "Ecco un altro caso di un uomo che nella sua vita ha lavorato onestamente a indagare scientificamente la natura e che, invecchiando, diventato debole di mente, devoto, credulone". So che alcuni grandi nomi rientrano in
questa categoria, ma non crediate di annoverarmi tra costoro. Devoto, perlomeno, non lo sono diventato e, spero, neanche credulone. E' pervero che chi si tenuto chino tutta la vita per schivare uno scontro doloroso con i fatti anche nella
vecchiaia pronto a curvare la schiena di fronte a nuove realt Sicuramente voi preferireste che mi attenessi a un teismo moderato e che mi mostrassi inesorabile nel rifiutare tutto ciche occulto. Ma sono incapace di sollecitare favori e
insisto a suggerirvi di non escludere a priori la possibilitobiettiva della trasmissione del pensiero e quindi anche della telepatia.

Non dimenticate che qui ho trattato questi problemi solo per quanto possibile avvicinarli tramite la psicoanalisi. Quando, pidi dieci anni fa, si presentarono per la prima volta al mio orizzonte, anch'io temetti che fosse minacciata la nostra
concezione scientifica del mondo, ebbi timore che, nel caso in cui alcuni aspetti dell'occultismo si mostrassero validi, essa dovesse cedere il posto allo spiritismo o al misticismo. Oggi penso diversamente; credo che non sia segno di grande fiducia
nella scienza il non stimarla capace di accogliere e rielaborare anche ciche risultasse esserci di vero nelle affermazioni occultistiche. E per quanto concerne in particolare la trasmissione del pensiero, essa sembra anzi favorire l'estensione
della mentalitscientifica - gli avversari dicono: meccanicistica - al campo spirituale, cosdifficile da imprigionare. Il processo telepatico consisterebbe nel fatto che un atto mentale di una persona suscita il medesimo atto mentale in un'altra
persona. Ciche sta tra i due atti mentali pufacilmente essere un processo fisico, ove lo psichico a un'estremitsi trasforma appunto in questo processo fisico e quest'ultimo, all'altra estremit si ritrasforma nel medesimo psichico. L'analogia
con altre trasformazioni, come quella di parlare e di ascoltare al telefono, sarebbe allora evidente. E pensate un po' se riuscissimo a controllare questo equivalente fisico dell'atto psichico! Si pudire che, con l'inserimento dell'inconscio tra
ciche fisico e ciche finora veniva chiamato "psichico", la psicoanalisi ha reso accettabili processi come la telepatia. Purchci si abitui all'idea della telepatia, si dischiudono traguardi ambiziosi (benchsolo nella fantasia, per il
momento). E' noto che rimane un mistero come venga a formarsi la volontcollettiva in grandi comunitdi insetti. E' possibile che avvenga per mezzo di questa trasmissione psichica diretta. Nulla vieta di supporre che questo sia il mezzo
originario, arcaico, di comunicazione tra gli individui, e che nel corso dell'evoluzione filogenetica sia stato sopraffatto dal metodo migliore di comunicare con l'aiuto di segni, captati dagli organi sensori. Ma chissche il metodo piantico non
sia sussistito nel fondo e si affermi ancora in certe condizioni, per esempio nel caso di una folla eccitata dalle passioni. Tutto ciancora incerto e pieno di enigmi insoluti, ma non c'ragione di temere.

Se esiste la telepatia come processo reale, si pusupporre, benchsia difficile dimostrarlo, che si tratti di un fenomeno assai frequente. Corrisponderebbe alla nostra impostazione di poterlo mettere in evidenza soprattutto nella vita psichica del
bambino. Vien fatto di ricordare a questo proposito la rappresentazione angosciosa, frequente nei bambini, che i genitori conoscano tutti i loro pensieri senza bisogno di sentirseli dire; e questo il pieno corrispettivo e forse la fonte della fede
degli adulti nell'onniscienza di Dio. Di recente una studiosa meritevole di ogni fiducia, Dorothy Burlingham, ha scritto un saggio su osservazioni da lei fatte che, se confermate, porrebbero fine ai restanti dubbi sulla realtdella trasmissione del
pensiero (2). Essa si avvalse della situazione, non pirara, in cui madre e figlio si trovano contemporaneamente in analisi, e ne riferisce cose sorprendenti come la seguente. Un giorno, nella sua ora di analisi, la madre racconta di una moneta
d'oro che svolge un determinato ruolo in una delle scene della sua infanzia. Appena giunta a casa, il figlioletto di circa dieci anni entra in camera sua e le porta una moneta d'oro, perchgliela conservi. Lei gli domanda stupita dove l'abbia
presa. L'ha ricevuta per il suo compleanno, ma il compleanno risale a parecchi mesi prima e non c'alcun motivo perchil fanciullo debba essersi ricordato ora della moneta d'oro. La madre mette al corrente della coincidenza l'analista del figlio e
la prega di cercar di sapere da lui i motivi di quell'azione. Tuttavia l'analisi del piccolo non reca alcun chiarimento; l'azione si era intrusa quel giorno nella vita del fanciullo come un corpo estraneo. Alcune settimane pitardi la madre seduta alla scrivania, perchle era stato raccomandato di prendere un appunto a questo proposito, quando entra suo figlio e vuole indietro la moneta d'oro: vorrebbe portarla con snella seduta di analisi, per mostrarla. Per la seconda volta
l'analisi del fanciullo non in grado di fornire alcuna spiegazione per questo desiderio.

E con cirieccoci alla psicoanalisi, dalla quale eravamo partiti.







NOTE:

1. H. Deutsch, Imago, volume 12, 418 (1926).
2. D. Burlingham, "Kinderanalyse und Mutter", Psychoan. P輐., volume 6, 269 (1932).






Lezione 31 - LA SCOMPOSIZIONE DELLA PERSONALITA' PSICHICA

Signore e Signori, so che conoscete l'importanza che nelle vostre relazioni, sia con le persone che con le cose, ha il punto di partenza. Cosstato anche per la psicoanalisi: per lo sviluppo che essa ha assunto e per l'accoglienza che ha trovato,
non stato indifferente che abbia iniziato il suo lavoro sulla cosa piestranea all'Io che vi nella psiche, il sintomo. Il sintomo deriva dal rimosso, ne per cosdire, il rappresentante dinanzi all'Io; il rimosso, per contro, per l'Io
territorio straniero, territorio straniero interno, coscome la realt- consentite l'espressione insolita - territorio straniero esterno. Dal sintomo la nostra strada ci condusse all'inconscio, alla vita pulsionale, alla sessualit e fu allora
che alla psicoanalisi toccudire la geniale obiezione che l'uomo non semplicemente un essere sessuale, ma conosce anche impulsi pinobili ed elevati.

Si sarebbe dovuto aggiungere che, esaltato dalla consapevolezza di questi impulsi pielevati, egli spesso si arroga il diritto di sragionare e di trascurare i fatti.

Sapete anche di pi Noi abbiamo detto fin dal principio che l'uomo si ammala per il conflitto fra le esigenze della sua vita pulsionale e la resistenza che contro di esse si solleva in lui, e mai un istante abbiamo dimenticato questa istanza che si
oppone, respinge, rimuove, che pensavamo dotata di sue particolari forze, le pulsioni dell'Io, e che coincide appunto con l'Io della psicologia popolare. Per altro verso, poichproprio del lavoro scientifico progredire faticosamente, anche alla
psicoanalisi non fu possibile studiare simultaneamente tutti i campi e pronunciarsi d'un sol colpo su tutti i problemi. Alla fine il progresso fu tale che l'attenzione potconvergere dal rimosso al rimovente, e ci si trovdi fronte a questo Io (il
quale sembrava essere cosovvio) con l'aspettativa certa di trovare anche qui cose alle quali non si poteva essere preparati; ma non fu facile dapprima trovare il modo di avvicinarlo. E' di questo che voglio parlarvi oggi.

Non posso tuttavia nascondere il mio sospetto che questa esposizione della psicologia dell'Io vi farun effetto diverso dall'introduzione nel mondo psichico sotterraneo che l'ha preceduta. Perchdebba essere cos non so dirlo con certezza.

Dapprima credevo che avreste rilevato che, mentre in precedenza vi avevo riferito principalmente fatti - seppure insoliti e strani, - questa volta vi sarebbe toccato sentire prevalentemente concetti teorici, ossia speculazioni. Ma la ragione non pu essere questa.

Riflettendoci meglio, bisogna pur affermare che nella nostra psicologia dell'Io la parte di rielaborazione intellettuale dei dati di fatto non molto pigrande di quanto fosse nella psicologia delle nevrosi. Sono altrettanto da respingere anche
altre ragioni. Ora ritengo che la cosa dipenda in qualche modo dal carattere della materia stessa e dal fatto che non siamo abituati a trattarla. In ogni caso, non sarsorpreso se vi mostrerete ancora piriservati e prudenti nel vostro giudizio di
quanto lo siate stati finora.

Sarla situazione, in cui ci troviamo all'inizio della nostra indagine, a indicarci il cammino. Nostro desiderio fare oggetto di questa indagine l'Io, il nostro Io piautentico; ma possibile? L'Io il soggetto pa eccellenza, come pu diventare oggetto? Ora, non c'alcun dubbio che questo possibile: l'Io puprendere come oggetto sstesso, trattarsi come altri oggetti, osservarsi, criticarsi e fare di sstesso Dio sa quante altre cose ancora. Cosfacendo, una parte dell'Io
si contrappone alla restante. L'Io dunque scindibile; si scompone nel corso di parecchie sue funzioni, almeno transitoriamente. Le parti possono successivamente riunirsi. Questa non esattamente una novit forse un'accentuazione insolita di
cose generalmente note.

D'altro canto siamo avvezzi all'idea che la patologia possa rendere evidenti, ingrandendole e rendendole pivistose, condizioni normali che altrimenti ci sarebbero sfuggite. Dove essa ci mostra una frattura o uno strappo, normalmente puesistere
una articolazione. Se gettiamo per terra un cristallo, questo si frantuma, ma non in modo arbitrario; si spacca secondo le sue linee di sfaldatura in pezzi i cui contorni, benchinvisibili, erano tuttavia determinati in precedenza dalla struttura
del cristallo. Strutture simili, piene di strappi e fenditure, sono anche i malati mentali. Neanche noi possiamo negare loro un po' del reverenziale timore che gli antichi dimostravano per i pazzi.

Si sono staccati dalla realtesterna ma, appunto per questo, sanno moltissimo della realtinterna, psichica, e possono rivelarci pidi una cosa che ci sarebbe altrimenti inaccessibile.

Di un gruppo di questi malati noi diciamo che soffrono di delirio di attenzione. Essi si lamentano di essere molestati incessantemente, e fin nelle loro piintime azioni, da forze ignote, probabilmente persone, che li osservano, e odono in forma
allucinatoria queste persone proclamare i risultati della loro osservazione, "adesso sta per dire questo, adesso si veste per uscire" eccetera. Questa attenzione non ancora una persecuzione, ma non ne molto lontana; essa presuppone che la gente
diffidi di loro, che aspetti di sorprenderli nel compiere azioni proibite, per le quali dovrebbero essere puniti. E se questi pazzi avessero ragione, se nell'Io di tutti noi ci fosse una simile istanza che osserva e minaccia castighi e che in loro
si soltanto separata nettamente dall'Io ed stata erroneamente spostata nella realtesterna?

Non so se anche a voi accadrlo stesso che a me. Da quando, sotto il forte influsso di questo quadro clinico, ho concepito l'idea che la separazione di un'istanza osservatrice dal resto dell'Io potrebbe essere un tratto regolare nella struttura
dell'Io, essa non mi ha piabbandonato e mi ha spinto a indagare gli ulteriori caratteri e relazioni di questa istanza che cosveniva separata.

Il passo successivo immediato. Giil contenuto del delirio di attenzione suggerisce che l'osservare solo una preparazione al giudicare e al punire, e noi indoviniamo cosche un'altra funzione di questa istanza dev'essere ciche chiamiamo la
nostra coscienza morale. Non c'forse null'altro in noi che separiamo tanto regolarmente dal nostro Io e gli contrapponiamo con tanta facilitcome, appunto, la coscienza morale. Io avverto l'inclinazione a fare qualcosa da cui mi riprometto
piacere, ma ometto di farlo perchla mia coscienza non me lo permette. Oppure mi sono lasciato indurre da un'eccessiva speranza di trarne piacere a fare qualcosa contro cui la voce della coscienza sollevava obiezioni e, dopo averlo fatto, la mia
coscienza mi punisce con penosi rimproveri, mi fa provare rimorso per l'azione.

Potremmo dire semplicemente che la particolare istanza che comincia a distinguersi nell'Io la coscienza morale, ma piprudente mantenere a questa istanza la sua autonomia e supporre che la coscienza morale sia una delle sue funzioni e che
l'autoosservazione preliminare, indispensabile all'attivitgiudicatrice della coscienza, ne sia un'altra. E poichil riconoscimento di un'esistenza separata implica che si dia alla cosa un nome, d'ora in poi designerquesta istanza dell'Io come
il "SUPER-IO".

Mi pare di sentire arrivare la vostra domanda ironica, se la nostra psicologia dell'Io non miri ad altro che a prendere alla lettera e rendere pigrossolane certe astrazioni usuali, a trasformarle da concetti in cose, con il che avremmo fatto un
bel guadagno! Vi rispondo che non facile evitare nella psicologia dell'Io ciche universalmente noto: piche di nuove scoperte si tratterdi nuovi modi di concepire e di raggruppare. Per intanto, attenetevi pure alle vostre critiche e
aspettate gli ulteriori sviluppi. I dati della patologia creano ai nostri sforzi uno sfondo che voi cerchereste invano nella psicologia popolare.

Pertanto proseguo.

Non appena ci siamo familiarizzati con l'idea di un Super-io che gode di una certa autonomia, che persegue i propri intenti ed indipendente dall'Io per quanto riguarda il suo patrimonio energetico, la nostra attenzione particolarmente attirata
da un quadro clinico che illustra con evidenza la severite persino la crudeltdi questa istanza e le sue mutevoli relazioni con l'Io.

Mi riferisco allo stato di melanconia o, piprecisamente, dell'accesso melanconico, di cui anche voi, anche se non siete psichiatri, avete certo avuto modo di sentir parlare. La caratteristica piappariscente in questo male, sulle cui cause e sul
cui meccanismo sappiamo ben poco, il modo in cui il Super-io - ditevi tra voi: la coscienza morale tratta l'Io. Mentre in periodi sani il melanconico puessere pio meno severo con sstesso, come chiunque altro, nell'accesso melanconico il
Super-io diventa esageratamente severo, insulta, umilia, maltratta il povero Io, gli prospetta i piseveri castighi, gli muove rimproveri per azioni da molto tempo trascorse e prese, allora, alla leggera, come se durante l'intero intervallo non
avesse fatto altro che raccogliere accuse e aspettare il suo presente rafforzamento per farsi avanti, e forte di esse pronunciare la sua condanna. Il Super-io impone all'Io inerme, che in sua bal駮, i piseveri criteri morali; in generale il
sostenitore delle esigenze della moralit e improvvisamente ci rendiamo conto che il nostro senso morale di colpa l'espressione della tensione fra l'Io e il Super-io. E' un'esperienza assai curiosa vedere la moralit che si presume ci sia stata
conferita da Dio e sia radicata in noi tanto profondamente, manifestarsi come un fenomeno periodico. Infatti, dopo un certo numero di mesi tutto il trambusto morale passato, la critica del Super-io tace, l'Io riabilitato e gode nuovamente di
tutti i diritti dell'uomo fino al prossimo accesso. Anzi, in talune forme della malattia, ha luogo nell'intervallo tutto l'opposto: l'Io si trova in uno stato di beata ebbrezza, trionfa, come se il Super-io avesse perso ogni forza o si fosse fuso
con l'Io; e questo Io maniaco, divenuto libero, si permette realmente senza inibizioni il soddisfacimento di tutti i suoi appetiti. Siamo di fronte a processi carichi di enigmi insoluti!

All'annuncio che abbiamo appreso le cose piimpensate sulla formazione del Super-io, e quindi sull'origine della coscienza morale, voi non vi accontenterete di certo di parole vaghe.

Seguendo il noto detto di Kant, che accosta la coscienza morale dentro di noi al cielo stellato, un essere pio potrebbe volgersi a venerare queste due cose come i capolavori della creazione. Le stelle sono magnifiche, ma, per quanto riguarda la
coscienza morale, Dio ha compiuto un lavoro disuguale e trascurato, poichla grande maggioranza degli uomini ne ha ricevuto soltanto una quantitmodesta o addirittura talmente piccola che non vale la pena di parlarne. Noi non disconosciamo affatto
la parte di veritpsicologica che contenuta nell'affermazione che la coscienza morale di origine divina, ma la tesi ha bisogno di un'interpretazione. Anche se tale coscienza qualcosa "in noi", non lo fin dall'inizio. Essa si pone in diretto
contrasto con la vita sessuale, la quale esiste realmente fin dall'inizio della vita e non sopravviene solo pitardi. Per contro il bambino piccolo notoriamente amorale, non possiede inibizioni interiori contro i propri impulsi che desiderano il
piacere. La funzione che pitardi assume il Super-io viene dapprima svolta da un potere esterno, dall'autoritdei genitori. I genitori esercitano il loro influsso e governano il bambino mediante la concessione di prove d'amore e la minaccia di
castighi, i quali ultimi dimostrano al bambino la perdita d'amore e di per sstessi sono quindi temuti.

Questa angoscia reale la precorritrice della futura angoscia morale; finchessa domina, non c'bisogno di parlare di Super-io e di coscienza morale. Solo in seguito si sviluppa la situazione secondaria - che noi siamo troppo facilmente disposti
a ritenere quella normale - in cui l'impedimento esterno viene interiorizzato e al posto dell'istanza parentale subentra il Super-io, il quale ora osserva, guida e minaccia l'Io, esattamente come facevano prima i genitori col bambino.

Il Super-io, che in tal modo assume il potere, la funzione e persino i metodi dell'istanza parentale, non ne persoltanto il successore legale, ma realmente il legittimo erede naturale. Esso ne deriva direttamente, e apprenderemo presto
attraverso quale processo. Dapprima, tuttavia, dobbiamo soffermarci su una differenza fra i due. Il Super-io sembra aver preso, con una scelta unilaterale, solo il rigore e la severitdei genitori, la loro funzione proibitrice e punitiva, mentre la
loro sollecitudine e il loro amore non vengono ripresi e continuati. Se i genitori hanno applicato realmente un regime di severit diventa facilmente comprensibile che anche nel bambino si sviluppi un Super-io severo; tuttavia l'esperienza mostra,
contrariamente alle nostre aspettative, che il Super-io puacquistare lo stesso carattere di inesorabile rigore anche se l'educazione era stata indulgente e benevola e aveva evitato il pipossibile minacce e castighi. Ritorneremo piavanti su
questa contraddizione, quando tratteremo le trasformazioni pulsionali durante la formazione del Super-io.

Sulla metamorfosi della relazione parentale in Super-io non posso dirvi tutto quello che vorrei, in parte perchquesto processo cosintricato che la sua esposizione non rientra nell'ambito di un'introduzione quale si propone di essere questa, in
parte perchnoi stessi non siamo sicuri di averlo pienamente compreso.

Accontentatevi dunque dei seguenti accenni.

Fondamento di tale processo la cosiddetta "identificazione", ciol'assimilazione di un Io a un Io estraneo, in conseguenza della quale il primo Io si comporta sotto determinati riguardi come l'altro, lo imita, lo accoglie in certo qual modo in
s Non inopportunamente l'identificazione stata paragonata all'incorporazione orale, cannibalistica della persona estranea.

L'identificazione una forma molto importante di legame con un'altra persona, verosimilmente la piprimitiva, e non la stessa cosa di una scelta oggettuale. La differenza puessere espressa all'incirca cos se il fanciullo si identifica col
padre, egli vuole essere come il padre; se lo fa oggetto della sua scelta, lo vuole avere, possedere; nel primo caso il suo Io viene modificato secondo il modello del padre, nel secondo caso cinon necessario. Identificazione e scelta oggettuale
sono in larga misura indipendenti l'una dall'altra; ci si pututtavia identificare anche con una persona che, ad esempio, si presa come oggetto sessuale, e modificare secondo essa il proprio Io. E' opinione comune che l'influenza dell'oggetto
sessuale sull'Io abbia luogo con particolare frequenza nelle donne e sia caratteristico della femminilit Di tutte le relazioni fra identificazione e scelta oggettuale, ce n'una che di gran lunga la piistintiva e di cui devo avervi gi parlato una volta nelle precedenti lezioni. Puessere osservata facilmente in bambini e in adulti, in persone normali e in malati. Quando si perso l'oggetto o si dovuto abbandonarlo, se ne trova abbastanza spesso il compenso identificandosi con
lui, erigendolo nuovamente nel proprio Io, cosche in questo caso la scelta oggettuale regredisce, per cosdire, all'identificazione.

Io stesso non sono completamente soddisfatto di questi accenni al problema dell'identificazione, ma non saranno stati vani se siete disposti a concedermi che l'insediamento del Super-io puessere descritto come un caso ben riuscito di
identificazione con l'istanza parentale. Il fatto che decide in favore di tale interpretazione che questa neocreazione di un'istanza superiore nell'Io strettamente vincolata alla sorte del complesso edipico, cosche il Super-io appare come
l'erede di questo legame emotivo tanto importante per l'infanzia. Con l'abbandono del complesso edipico, il bambino ha dovuto ovviamente rinunciare alle intense cariche oggettuali che aveva concentrato sui genitori, e a compenso di questa perdita
oggettuale vengono ora oltremodo rafforzatele identificazioni con i genitori. Queste identificazioni probabilmente giesistevano nel suo Io, ed esse, come sedimenti di cariche oggettuali abbandonate, si ripeteranno pitardi abbastanza spesso nella
vita del bambino, ma pienamente conforme al valore emotivo di questo primo caso di tale trasformazione che al suo risultato venga riservata nell'Io una posizione speciale. L'indagine approfondita ci mostra anche che il Super-io languisce e si
atrofizza se il superamento del complesso edipico riesce solo in parte. Nel corso dello sviluppo, il Super- io accoglie anche gli influssi di quelle persone che sono subentrate al posto dei genitori, ossia educatori, insegnanti e modelli ideali.
Normalmente esso si allontana sempre pidalle individualitoriginarie dei genitori, diventa per cosdire piimpersonale. Non bisogna neanche dimenticare che il bambino stima diversamente i suoi genitori in periodi diversi della vita.

All'epoca in cui il complesso edipico cede il posto al Super-io, essi sono una cosa meravigliosa; pitardi scadono. Anche dopo i bambini si identificano con questi genitori che non sono piquelli di prima, e queste identificazioni forniscono
persino, di norma, importanti contributi alla formazione del carattere, ma in tal caso riguardano solo l'Io, non influiscono pisul Super-io, il quale stato determinato dalle primissime imago dei genitori.

Spero che sin d'ora vi siate fatti l'idea che il concetto da noi introdotto di Super-io descrive realmente un rapporto strutturale e non incarna semplicemente un'astrazione come quella della coscienza morale. Ci resta da menzionare ancora
un'importante funzione che attribuiamo a questo Super-io. Esso anche l'esponente dell'ideale dell'Io, al quale l'Io si commisura, che emula, e la cui esigenza di una sempre piampia perfezione si sforza di adempiere. Non c'dubbio che questo
ideale dell'Io il sedimento dell'antica immagine dei genitori, l'espressione dell'ammirazione del bambino, che li considerava allora esseri perfetti.

So che avete udito molto parlare del senso d'inferioritche contraddistinguerebbe i nevrotici. Esso imperversa particolarmente nelle pagine dei letterati. Uno scrittore che adopera il termine "complesso d'inferiorit crede con questo di dimostrare
la sua dimestichezza con la psicoanalisi e di mantenere la sua descrizione su un piano psicologico assai elevato. In realt il termine tecnico "complesso d'inferiorit non viene quasi impiegato dalla psicoanalisi. Non un termine che abbia per
noi un significato semplice, e tantomeno quindi indica qualcosa di elementare. Ricondurlo all'autopercezione di eventuali minorazioni organiche, come ama fare la scuola della cosiddetta "psicologia individuale", ci sembra un errore di miopia. Il
senso d'inferioritha forti radici erotiche. Il bambino si sente inferiore se nota che non amato, e altrettanto fa l'adulto.

L'unico organo che venga realmente considerato inferiore il pene atrofizzato, la clitoride della bambina. La parte principale del complesso d'inferioritproviene tuttavia dalla relazione dell'Io con il suo Super-io; come il senso di colpa, un'espressione della tensione tra i due. Senso d'inferiorite senso di colpa sono in genere difficilmente separabili. Forse sarebbe opportuno vedere nel primo il complemento erotico del "senso morale d'inferiorit [o senso di colpa]. La
psicoanalisi ha prestato poca attenzione a questo problema della delimitazione dei concetti.

Proprio perchil complesso d'inferioritdiventato cospopolare, consentitemi di fare una piccola digressione. C'una personalitstorica del nostro tempo (che vive ancora anche se attualmente si ritirata fra le quinte) che in seguito a una
lesione occorsa durante la nascita soffre di menomazione a un arto. Un notissimo scrittore dei nostri giorni, specialista in biografie di persone eminenti, si occupato tra l'altro della vita di quest'uomo. Ora, rinunciare al desiderio di
approfondimento psicologico scrivendo una biografia tutt'altro che facile. Il nostro autore si percibuttato nel tentativo di costruire l'intero sviluppo del carattere del protagonista sul senso d'inferioritche quel difetto fisico aveva
dovuto suscitare. Nel far questo, ha trascurato un piccolo particolare, che ha la sua importanza. Comunemente avviene che le madri cui toccato in sorte un figlio malato o altrimenti svantaggiato cercano di compensarlo di questa ingiustizia con un
eccesso di amore. Nel caso in questione, la madre, donna orgogliosa, si comportdiversamente, privando il figlio del proprio amore a causa della sua imperfezione. Quando questi divenne un uomo potente, dimostrcon le sue azioni in modo
inequivocabile di non aver mai perdonato alla madre. Basta che riflettiate sull'importanza dell'amore materno per la vita psichica infantile, perchcorreggiate entro di voi la teoria dell'inferioritavanzata dal biografo.

Torniamo al Super-io. Gli abbiamo attribuito l'autoosservazione, la coscienza morale e la funzione di ideale. Da quanto abbiamo esposto sulla sua origine consegue che esso ha, come premesse, un fatto biologico indicibilmente importante e un fatto
psicologico denso di vicende, ciola lunga dipendenza del figlio dell'uomo dai suoi genitori e il complesso edipico, i quali sono a loro volta intimamente collegati fra loro. Il Super-io per noi il rappresentante di tutte le limitazioni morali,
l'avvocato dell'aspirazione alla perfezione; in breve, quanto ci divenuto comprensibile in termini psicologici di tutto quello che ''superiore" nella vita umana. Poichrisale essenzialmente all'influsso dei genitori, degli educatori e cos via, il suo significato risulterancora pichiaro se ci rivolgiamo a queste sue radici. Di solito i genitori e le autoritanaloghe seguono, nell'educazione del bambino, i precetti del proprio Super-io.

Qualunque sia l'accomodamento a cui il loro Io giunto nei confronti del loro Super-io, essi sono severi ed esigenti nell'educazione del bambino. Hanno dimenticato le difficoltdella propria infanzia e sono contenti di potersi ora identificare
pienamente con i propri genitori, che a suo tempo hanno imposto loro tante gravi limitazioni. Cos in realt il Super-io del bambino non viene costruito secondo il modello dei genitori, ma del loro Super-io; si riempie dello stesso contenuto,
diventa il veicolo della tradizione, di tutti i giudizi di valore imperituri che per questa via si sono propagati per generazioni. E' facile indovinare di quanto aiuto sia la considerazione del Super-io per comprendere il comportamento sociale
dell'uomo - per esempio quello dell'infanzia trascurata - e forse anche per trarne suggerimenti pratici per l'educazione. Le cosiddette concezioni materialistiche della storia peccano probabilmente proprio nel sottovalutare questo fattore. Lo
ignorano osservando che le "ideologie" degli uomini non sono altro che il risultato e la sovrastruttura delle condizioni economiche attuali. In questo c'del vero ma molto probabilmente non tutta la verit L'umanitnon vive interamente nel
presente: il passato, la tradizione della razza e del popolo, che solo lentamente cede alle influenze del presente, a nuovi cambiamenti, sopravvive nelle ideologie dei Super-io e, finchagisce attraverso il Super-io, ha nella vita umana una parte
possente che non dipende dalle condizioni economiche.

Nel 1921 ho tentato di applicare la differenziazione tra Io e Super-io in uno studio sulla psicologia delle masse. Giunsi a una formula del genere: dal punto di vista psicologico, la massa un'unione di singoli che hanno inserito nel loro Super-io
la medesima persona e si sono identificati fra loro nel proprio Io in base a questo elemento comune. Naturalmente, essa vale solo per le masse che hanno un capo. Se possedessimo piesempi pratici di questo tipo, l'ipotesi del Super-io cesserebbe di
apparirci sorprendente e ci libereremmo interamente di quell'imbarazzo che pure ci assale ancora quando, abituati all'atmosfera del mondo sotterraneo, ci muoviamo negli strati pisuperficiali, pielevati dell'apparato psichico. Ovviamente,
separando il Super-io non crediamo di aver detto l'ultima parola sulla psicologia dell'Io. Si tratta piuttosto di un primo inizio, ma, in questo caso, difficile non solo l'inizio.

Ora ci aspetta un altro problema, all'estremitopposta, per cosdire, dell'Io. Esso viene posto da un'osservazione fatta durante il lavoro analitico. E' un'osservazione che in realtmolto vecchia ma, come accade pidi una volta, c'voluto
molto tempo prima che ci si decidesse a riconoscerne il valore. Come sapete, l'intera teoria psicoanalitica fondata in effetti sulla percezione della resistenza che il paziente ci oppone quando tentiamo di rendergli cosciente il suo inconscio.
Segno obiettivo della resistenza che le associazioni vengono a mancare o si allontanano decisamente dal tema trattato. Il malato puanche riconoscere soggettivamente la resistenza dal fatto che prova sentimenti penosi allorchsi avvicina al
tema. Ma quest'ultimo segno puanche essere assente. Se allora diciamo al paziente che il suo comportamento prova che in stato di resistenza, risponde di non saperne nulla, di notare soltanto una maggiore difficoltnelle associazioni. Risulta
che avevamo ragione; ma risulta anche che la sua resistenza era inconscia, altrettanto inconscia quanto il rimosso, al cui ricupero noi lavoriamo. Avremmo dovuto da tempo domandarci da quale parte della sua vita psichica scaturisca una simile
resistenza inconscia. Un principiante in psicoanalisi si affretterebbe a rispondere che appunto la resistenza dell'inconscio. Risposta ambigua e inservibile! Se con questo si intende che la resistenza scaturisce dal rimosso, replicheremo a nostra
volta: certamente no! Al rimosso dobbiamo attribuire piuttosto una forte spinta ascensionale, un'urgenza di farsi strada fino alla coscienza. La resistenza puessere solo una manifestazione dell'Io, il quale a suo tempo ha eseguito la rimozione e
adesso vuole mantenerla. Questa stata sempre la nostra opinione, anche prima; ma da quando supponiamo che ci sia nell'Io una particolare istanza volta a limitare e respingere, il Super-io, possiamo dire che la rimozione opera di questo Super-
io, che l'effettua egli stesso oppure mediante l'Io che sta ai suoi ordini. Se dunque si verifica che nell'analisi la resistenza non diviene cosciente al paziente, cisignifica o che il Super-io e l'Io in situazioni molto importanti possono operare
inconsciamente, oppure - ciche sarebbe ancora pirilevante - che l'Io e il Super-io stessi sono in qualche loro parte inconsci.

In entrambi i casi non resta che prendere atto della spiacevole scoperta che (Super)-io e conscio da un lato, rimosso e inconscio dall'altro, non coincidono affatto.

A questo punto, Signore e Signori, ho bisogno di tirare il fiato- e anche voi vi sentirete sollevati - e di scusarmi prima di continuare. Mio intendimento di fornirvi alcune nozioni supplementari a un'introduzione alla psicoanalisi che ho iniziato
quindici anni fa, ma sono costretto a comportarmi come se nel frattempo anche voi non vi foste occupati d'altro che di psicoanalisi. So che questa una pretesa fuori luogo; ma non ho altra scelta, non posso fare diversamente. Cidipende dal fatto
che cosdifficile, in genere, far capire la psicoanalisi a chi non psicoanalista. Potete credermi quando dico che non ci fa piacere suscitare l'impressione di essere membri di un'associazione segreta e di esercitare una scienza occulta.

Eppure abbiamo dovuto convincerci, e proclamare ben alto, che nessuno ha il diritto di interloquire a proposito della psicoanalisi se non ha fatto determinate esperienze che si possono acquisire solo mediante un'analisi condotta sulla propria
persona.

Allorch quindici anni fa, vi tenni le mie lezioni, cercai di risparmiarvi certi lati speculativi della nostra dottrina, ma appunto a questi lati che si riallacciano le nuove acquisizioni teoriche di cui intendo parlarvi oggi.

Ritorno in argomento. Nel dubbio se l'Io e il Super-io possano essere essi stessi inconsci o soltanto esplicare effetti inconsci, ci siamo decisi per buoni motivi a favore della prima possibilit

S grandi zone dell'Io e del Super-io possono rimanere inconsce, e normalmente sono inconsce. Questo significa che la persona non sa nulla dei loro contenuti e occorre un dispendio di fatica per renderglieli coscienti. E' un fatto che Io e conscio,
rimosso e inconscio non coincidono. Sentiamo il bisogno di rivedere radicalmente la nostra posizione riguardo al problema conscio- inconscio. A tutta prima saremmo inclini a ridurre di molto il valore del criterio di consapevolezza, essendosi
dimostrato cosinfido. Ma avremmo torto. E' come la nostra vita: non vale molto, ma tutto quello che abbiamo. Senza il lume della qualitdi consapevolezza noi saremmo perduti nell'oscuritdella psicologia del profondo; ma dobbiamo cercare di
trovare di nuovo l'orientamento.

Su ciche si deve chiamare conscio non abbiamo bisogno di discutere, poichnon c'motivo di dubbio. Il piantico e il migliore significato del termine "inconscio" quello descrittivo; chiamiamo inconscio un processo psichico di cui dobbiamo
supporre l'esistenza - per esempio, perchla deduciamo dai suoi effetti - ma del quale non sappiamo nulla. La nostra relazione con questo processo la stessa che abbiamo con un processo psichico che ha luogo in un altro uomo, salvo che appunto,
nostro. Volendo esprimerci ancora picorrettamente, modificheremo la proposizione nel senso che chiamiamo inconscio un processo quando dobbiamo supporre che al presente sia in atto bench al presente, non ne sappiamo nulla. Questa precisazione ci
fa pensare che la maggior parte dei processi consci siano consci solo per breve tempo; ben presto diventano latenti, ma possono facilmente ridiventare coscienti. Potremmo anche dire che sono diventati inconsci, se fosse del tutto certo che allo
stato di latenza essi sono ancora qualcosa di psichico.

Fin qui non avremmo appreso nulla di nuovo, navremmo acquistato il diritto di introdurre nella psicologia il concetto di inconscio. Ma poi sopraggiunge la nuova esperienza, di cui un primo esempio sono gli atti mancati. Per spiegare, per esempio,
un lapsus verbale, ci vediamo costretti a supporre che quella data persona avesse avuto l'intenzione di dire una certa cosa. Lo indoviniamo con certezza dall'avvenuta perturbazione nel discorso; ma l'intenzione non si era fatta valere, dunque era
inconscia. Se in seguito la dimostriamo all'autore del lapsus, egli puriconoscerla come cosa familiare (nel qual caso essa era inconscia solo temporaneamente) oppure negarla come estranea (nel qual caso essa era permanentemente inconscia).
Rifacendoci a questa esperienza, ci arroghiamo il diritto di dichiarare inconscio anche quel che abbiamo designato come latente.

La considerazione di questi rapporti dinamici ci permette adesso di distinguere due specie di inconscio: uno, che si trasforma facilmente in conscio, in condizioni spesso ricorrenti, e un altro, per il quale questa conversione avviene difficilmente,
solo a patto di un notevole dispendio di forze, e forse non avviene mai. Per sfuggire all'ambiguit- se intendiamo, cio riferirci all'uno o all'altro inconscio, se usiamo il termine nel senso descrittivo o in quello dinamico - noi adottiamo un
espediente che insieme semplice e lecito. Chiamiamo "preconscio" quell'inconscio che solo latente, e quindi diventa facilmente conscio, e riserviamo all'altro la designazione di "inconscio".

Abbiamo ora tre termini: "conscio", "preconscio" e "inconscio", con i quali possiamo destreggiarci nella descrizione dei fenomeni psichici. Ripetiamolo ancora una volta: in senso puramente descrittivo anche il preconscio inconscio, ma noi non lo
designiamo cos tranne che in un'esposizione non rigorosa o quando dobbiamo difendere l'esistenza di processi inconsci in genere nella vita psichica.

Mi concederete, spero, che finora tutto fila e ci dil modo di muoverci comodamente. S ma purtroppo il lavoro psicoanalitico ci costrinse in passato a impiegare la parola "inconscio" in un altro senso ancora, che era il terzo, e senza dubbio
questo puavere creato confusione. Quando in noi era nuova e forte l'impressione che un ampio e importante campo della vita psichica normalmente sottratto alla conoscenza dell'Io, cosche i processi ivi svolgentisi devono essere considerati
inconsci nel vero senso dinamico, intendemmo il termine "inconscio" anche in un senso topico o sistematico; parlammo di un "sistema" del preconscio e di un "sistema" dell'inconscio, di un conflitto dell'Io con il sistema INC, facemmo sche la
parola denotasse sempre piuna provincia psichica piuttosto che una qualitdello psichico. A questo punto la scoperta, in effetti scomoda, che anche zone dell'Io e del Super-io sono inconsce nel senso dinamico, costituisce per noi un'agevolazione,
ci permette di sbarazzarci di una complicazione. Ci accorgiamo che non abbiamo il diritto di chiamare "sistema Inc" il territorio psichico estraneo all'Io, poichil carattere di essere inconscio non esclusivo a esso.

Sta bene, allora non useremo piil termine "inconscio" nel senso sistematico, ma daremo a quanto finora abbiamo cosdesignato un nome migliore, che non si presti pia malintesi. Adeguandoci all'uso linguistico di Nietzsche e seguendo un
suggerimento di Georg Groddeck, lo chiameremo d'ora in poi "Es". Questo pronome impersonale sembra particolarmente adatto a esprimere il carattere precipuo di questa provincia psichica, la sua estraneitall'Io.

Super-io, Io ed Es sono dunque i tre regni, territori, province, in cui noi scomponiamo l'apparato psichico della persona e delle cui reciproche relazioni ci occuperemo in quanto segue.

Prima, soltanto una breve parentesi. Suppongo che siate scontenti del fatto che le tre qualitdella consapevolezza e le tre province dell'apparato psichico non si siano combinate in tre pacifiche coppie e che vediate in ciqualcosa che offusca in
certo modo i nostri risultati. A mio parere, per non dovremmo rammaricarcene, ma dirci che non avevamo allora diritto a procedere a una ripartizione cosnetta. Consentitemi di addurre un paragone (vero che i paragoni non risolvono nulla, ma
possono far sche ci si senta pia proprio agio). Immagino un paese con una conformazione del suolo varia terreno collinoso, pianura e una catena di laghi - e con popolazione mista: ci abitano tedeschi, magiari e slovacchi, i quali per di pi svolgono attivitdiverse.

Ora, la ripartizione potrebbe essere tale che i tedeschi, che sono allevatori di bestiame, abitino nel territorio collinoso, i magiari, che coltivano i cereali e la vite, nel territorio di pianura, e gli slovacchi, che praticano la pesca e
intrecciano vimini, sui laghi. Se questa ripartizione corrispondesse a un taglio netto, un Wilson ne sarebbe deliziato, e pensate come sarebbe comodo a scuola per l'ora di geografia. E' verosimile perche, se vi mettete in viaggio per la regione,
troviate meno ordine e pimescolanza. Tedeschi, magiari e slovacchi vivono sparsi ovunque; nel territorio collinoso ci sono pure campi coltivati e anche in pianura viene allevato bestiame. Alcune cose, naturalmente, sono tali e quali ve le siete
aspettate, giacchsui monti non si pupigliare pesci e nell'acqua non cresce vino. In conclusione, l'immagine del paese che vi siete portata appresso pucorrispondere nell'insieme; nei dettagli dovrete tollerare alcune divergenze.

A parte il nuovo nome, non aspettatevi che abbia da comunicarvi molto di nuovo sull'Es. E' la parte oscura, inaccessibile della nostra personalit il poco che ne sappiamo, l'abbiamo appreso dallo studio del lavoro onirico e della formazione dei
sintomi nevrotici; di questo poco, la maggior parte ha carattere negativo, si lascia descrivere solo per contrapposizione all'Io. All'Es ci avviciniamo con paragoni: lo chiamiamo un caos, un calderone di eccitamenti ribollenti. Ce lo rappresentiamo
come aperto all'estremitverso il somatico, e che ivi accolga in si bisogni pulsionali, i quali trovano cosla loro espressione psichica, senza che sappiamo dire in quale substrato. Attingendo alle pulsioni, esso si riempie di energia, ma non ha
un'organizzazione, non produce una volontcollettiva, ma solo lo sforzo per procurare soddisfacimento ai bisogni pulsionali rispettando il principio di piacere. Le leggi del pensiero logico non valgono per i processi dell'Es, soprattutto non il
principio di contraddizione. Impulsi contrari sussistono uno accanto all'altro, senza annullarsi o diminuirsi a vicenda; tutt'al pi sotto la dominante costrizione economica di scaricare l'energia, confluiscono in formazioni di compromesso. Non c' nulla nell'Es che si possa paragonare alla negazione, e si osserva pure con sorpresa un'eccezione all'assioma dei filosofi, secondo cui spazio e tempo sarebbero forme necessarie dei nostri atti mentali. Nulla si trova nell'Es che corrisponda
all'idea di tempo, nessun riconoscimento di uno scorrere temporale e - cosa notevolissima e che attende un'esatta valutazione filosofica - nessuna alterazione del processo psichico ad opera dello scorrere del tempo. Impulsi di desiderio che non
hanno mai varcato l'Es, ma anche impressioni che sono state sprofondate nell'Es dalla rimozione, sono virtualmente immortali, si comportano dopo decenni come se fossero appena accaduti. Solo quando sono divenuti coscienti mediante il lavoro
analitico, essi possono venir riconosciuti come passato, venire svalutati e privati della loro carica energetica, e su cisi fonda, e non in minima parte, l'effetto terapeutico del trattamento analitico.

Ho costantemente l'impressione che da questo fatto accertato al di ldi ogni dubbio, dall'inalterabilitdel rimosso ad opera del tempo, noi abbiamo tratto troppo poco profitto per la nostra teoria. Eppure qui sembra aprirsi un varco per penetrare
in profondit Purtroppo nemmeno io sono andato oltre su questo punto.

E' ovvio che l'Es non conosce ngiudizi di valore, nil bene e il male, nla moralit Il fattore economico o, se volete, quantitativo, strettamente connesso al principio di piacere, domina tutti i processi. Cariche pulsionali che esigono la
scarica: ecco tutto ciche, a parer nostro, c'nell'Es. Sembra persino che l'energia di queste spinte pulsionali si trovi in uno stato diverso che nelle altre sfere psichiche, che sia assai pimobile e capace di scaricarsi; altrimenti, infatti,
non avrebbero luogo quegli spostamenti e quelle condensazioni che sono caratteristici dell'Es e che prescindono costotalmente dalla qualitdi ciche investito (di ciche nell'Io chiameremmo una rappresentazione). Quanto vorremmo poter
comprendere maggiormente queste cose! Vedete, del resto, che siamo in grado di indicare anche altre proprietdell'Es oltre a quella di essere inconscio, e che possibile che parti dell'Io e del Super-io siano inconsce senza condividere i caratteri
primitivi e irrazionali dell'Es.

Giungiamo pirapidamente a una caratterizzazione dell'Io vero e proprio - per quanto esso si lascia distinguere dall'Es e dal Super-io - esaminando la sua relazione con la parte piesterna, superficiale, dell'apparato psichico, che noi designiamo
come sistema P-C [percettivo-cosciente]. Questo sistema rivolto verso il mondo esterno, fa da intermediario alle percezioni che ne provengono, e in esso sorge, nel corso del suo funzionamento, il fenomeno della coscienza. E' l'organo sensorio
dell'intero apparato, ricettivo del resto non solo a eccitamenti provenienti dall'esterno, ma anche a quelli che provengono dall'interno della vita psichica. La concezione secondo cui l'Io quella parte dell'Es che stata modificata dalla
vicinanza e dall'influsso del mondo esterno, non ha quasi bisogno di essere giustificata: questa la parte predisposta per la ricezione degli stimoli e per la protezione dagli stessi, paragonabile allo strato corticale di cui si circonda il grumo
di materia vivente. Il rapporto con il mondo esterno diventato decisivo per l'Io, il quale si assunto il compito di rappresentarlo presso l'Es; fortunatamente per l'Es, il quale, incurante di questa preponderante forza esterna, nel suo cieco
tendere al soddisfacimento pulsionale non sfuggirebbe all'annientamento. Nell'adempiere tale funzione, l'Io deve osservare il mondo esterno, depositarne una fedele riproduzione nelle tracce mnestiche delle sue percezioni, tenere lontano, mediante
l'esercizio dell'"esame di realt, ciche in questa immagine del mondo esterno un'aggiunta proveniente da fonti interne di eccitamento. Per incarico dell'Es, l'Io domina gli accessi alla motilit ma ha inserito tra bisogno e azione la dilazione
dell'attivitdi pensiero, durante la quale utilizza i residui mnestici dell'esperienza. In tal modo ha detronizzato il principio di piacere, che domina illimitatamente il decorso dei processi dell'Es, e l'ha sostituito con il principio di realt
che promette pisicurezza e maggior successo.

Anche il rapporto con il tempo, cosdifficile da descrivere, reso possibile all'Io tramite il sistema percettivo; quasi fuori dubbio che il modo di operare di questo sistema diede origine all'idea del tempo. Ciche percaratterizza l'Io in
modo del tutto particolare, differenziandolo dall'Es, una tendenza a sintetizzare i suoi contenuti, a riassumere e unificare i suoi processi psichici, la quale manca completamente all'Es. Quando prossimamente tratteremo delle pulsioni nella vita
psichica, riusciremo, almeno spero, a ricondurre alla sua fonte questo carattere essenziale dell'Io. Questo carattere soltanto produce quell'alto grado di organizzazione di cui l'Io ha bisogno nelle sue migliori prestazioni. L'Io evolve dalla
percezione delle pulsioni alla loro padronanza, ma quest'ultima viene raggiunta solo se la rappresentanza [psichica] delle pulsioni viene inquadrata in un'unitpiampia, inclusa in un contesto coerente.

Per dirla alla buona, l'Io rappresenta nella vita psichica la ragione e l'avvedutezza, l'Es invece le passioni sfrenate.

Finora siamo stati colpiti dai molti meriti e dalle facoltdell'Io, ma tempo di guardare anche al rovescio della medaglia.

L'Io, in fin dei conti, soltanto una parte dell'Es, una parte opportunamente modificata dalla vicinanza del minaccioso mondo esterno. Sotto l'aspetto dinamico debole, avendo preso a prestito le sue energie dall'Es, e non ci sfuggono i metodi - i
"trucchi ', si potrebbe dire - con i quali sottrae all'Es ulteriori importi di energia. Uno di tali metodi per esempio, l'identificazione con oggetti, siano essi presenti o abbandonati.

Gli investimenti oggettuali scaturiscono dalle richieste pulsionali dell'Es. L'Io deve in primo luogo registrarle. Ma, nell'identificarsi con l'oggetto, si raccomanda all'Es al posto suo, vuole attirare su di sla libido dell'Es. Abbiamo givisto
che nel corso della vita l'Io accoglie in sun gran numero di tali sedimenti di passati investimenti oggettuali. Insomma l'Io deve eseguire le intenzioni dell'Es, e assolve il suo compito andando alla ricerca delle circostanze che gli permettono di
meglio eseguire tali intenzioni. Il rapporto dell'Io con l'Es potrebbe essere paragonato a quello del cavaliere con il suo cavallo. Il cavallo dl'energia per la locomozione, il cavaliere ha il privilegio di determinare la meta, di dirigere il
movimento del poderoso animale. Ma tra l'Io e l'Es si verifica troppo spesso il caso, per nulla ideale, che il cavaliere si limiti a guidare il destriero ldove questo ha scelto di andare.

C'una parte dell'Es da cui l'Io si separato quando agiscono le resistenze che provocano la rimozione. Ma la rimozione non penetra nell'Es: il rimosso confluisce con il resto dell'Es.

Un proverbio ammonisce di non servire contemporaneamente due padroni. Il povero Io ha la vita ancora pidura: serve tre padroni, severi, e si dda fare per mettere d'accordo le loro esigenze piene di pretese. Queste sono sempre divergenti e spesso
sembrano essere inconciliabili; nessuna meraviglia se l'Io fallisce tanto spesso nel suo compito. I tre tiranni sono: il mondo esterno, il Super-io e l'Es. Se si seguono gli sforzi cui costretto l'Io per soddisfarli contemporaneamente o, per
meglio dire, per ubbidire loro contemporaneamente, non ci parrfuori posto di avere personificato questo Io, di averlo presentato come un ente a sstante. Il poveretto si sente stretto da tre parti, minacciato da tre specie di pericoli, ai quali
reagisce, in caso estremo, sviluppando angoscia. L'Io, data la sua origine dalle esperienze del sistema percettivo, destinato a rappresentare le richieste del mondo esterno, ma vuole anche essere il fedele servitore dell'Es, rimanere con lui in
buona armonia, raccomandarglisi quale oggetto e attirarne su di sla libido. Nel suo sforzo di fare da intermediario fra l'Es e la realt spesso costretto a rivestire i comandi INC dell'Es con le proprie razionalizzazioni PREC, a occultare i
conflitti dell'Es con la realt a far credere, con diplomatica insincerit di aver preso in considerazione la realtanche quando l'Es rimasto rigido e inflessibile. Dall'altro canto, viene osservato passo per passo dal severo Super-io, che
esige determinate norme di comportamento, senza tener conto delle difficoltprovenienti dall'Es e dal mondo esterno, e lo punisce, in caso di inadempienza, con i sentimenti spasmodici dell'inferiorite del senso di colpa. Spinto cosdall'Es,
stretto dal Super-io, respinto dalla realt l'Io lotta per venire a capo del suo compito economico di stabilire l'armonia tra le forze e gli influssi che agiscono in lui e su di lui; e noi comprendiamo perchtanto spesso non ci possibile
reprimere l'esclamazione: "La vita non facile!". Se deve ammettere le sue debolezze, l'Io prorompe in angoscia: angoscia reale dinanzi al mondo esterno, angoscia morale dinanzi al Super-io, angoscia nevrotica dinanzi alla forza delle passioni
dell'Es.

Desidero esporvi i rapporti strutturali della personalitpsichica, vi ho sviluppato, in uno schizzo senza pretese che vi sottopongo.

[...] Come vedete, il Super-io affonda nell'Es; quale erede del complesso edipico ha infatti intime connessioni con lui; pidistante dal sistema percettivo di quanto lo sia l'Io. L'Es ha contatti con il mondo esterno solo attraverso l'Io,
perlomeno in questo schema. Oggi certamente difficile dire fino a che punto il disegno sia esatto. In un punto non lo di certo: lo spazio che occupa l'Es inconscio dovrebbe essere incomparabilmente pigrande di quello dell'Io o del preconscio.
Vi prego di correggerlo voi mentalmente.

E ora, per concludere questa esposizione certamente faticosa e forse poco illuminante, ancora un avvertimento! In questa divisione della personalitin Io, Super-io ed Es, non dovete certo pensare a confini netti come quelli tracciati
artificialmente nella geografia politica. I contorni lineari, come nel nostro disegno o nella pittura primitiva, non sono in grado di rendere la natura dello psichico, ma servirebbero aree cromatiche sfumanti l'una nell'altra, come nei pittori
moderni. Dopo aver distinto dobbiamo lasciar confluire di nuovo assieme quanto stato separato. Non siate troppo severi nel giudicare un primo tentativo di illustrare intuitivamente qualcosa di cosdifficilmente afferrabile com'lo psichico. E'
molto probabile che sviluppando queste distinzioni in persone diverse si vada incontro a grandi variazioni; possibile che durante ii funzionamento stesso gli individui subiscano modificazioni e temporanee involuzioni. In particolare per quella che
filogeneticamente l'ultima e la pidelicata, la differenziazione fra l'Io e il Super-io, sembra valere qualcosa del genere. E' indubbio che lo stesso effetto puessere provocato da malattia psichica. Ci anche facile immaginare che certe
pratiche mistiche possano riuscire a rovesciare i normali rapporti fra le singole regioni mentali, cosche, per esempio, la percezione sia in grado di cogliere eventi nel profondo dell'Io o nell'Es, che le sarebbero stati altrimenti inaccessibili.
Che per questa via si possa giungere m possesso della sapienza suprema, da cui ci si aspetta la salvezza, lecito dubitare. Tuttavia bisogna ammettere che gli sforzi terapeutici della psicoanalisi seguono una linea in parte simile. La loro
intenzione in definitiva di rafforzare l'Io, di renderlo piindipendente dal Super-io, di ampliare il suo campo percettivo e perfezionare la sua organizzazione, cosche possa annettersi nuove zone dell'Es. Dove era l'Es, deve diventare l'Io. Si
tratta di un'opera di bonifica come, ad esempio, il prosciugamento dello Zuiderzee.







Lezione 32 - ANGOSCIA E VITA PULSIONALE

Signore e Signori, non vi stupirete che abbia parecchie novitda comunicarvi a proposito della nostra concezione dell'angoscia e delle pulsioni fondamentali della vita psichica, e nemmeno di apprendere che nessuna di esse pretende di passare per la
soluzione definitiva di problemi che sono ancora m sospeso. E' con un preciso intento che parlo qui di "concezioni". Si tratta dei problemi piardui che a noi si pongono, ma la difficoltnon risiede in una qualche insufficienza delle osservazioni
(tali enigmi ci vengono proposti dai fenomeni pifrequenti e familiari) e neppure nella profonditdelle speculazioni alle quali inducono, poichl'elaborazione speculativa ha poca importanza in questo campo. Al contrario, si tratta realmente di
concezioni, ossia di introdurre le giuste rappresentazioni astratte, la cui applicazione al materiale greggio dell'osservazione faccia ivi sorgere ordine ed evidenza.

All'angoscia ho gidedicato una lezione, la venticinquesima della serie precedente. Ne ripeto in succinto il contenuto. Abbiamo detto che l'angoscia uno stato affettivo, ossia una combinazione tra determinate sensazioni della serie
piacere-dispiacere e le corrispondenti innervazioni di scarica e la loro percezione; ma che probabilmente anche il sedimento di un evento particolarmente importante, assimilato per eredit e quindi paragonabile all'attacco isterico che ci
colpisce individualmente.

Come evento che ha lasciato una simile traccia affettiva abbiamo chiamato in causa il processo della nascita, nel quale compaiono quegli effetti sull'attivitcardiaca e sulla respirazione che sono caratteristici dell'angoscia. La primissima
angoscia sarebbe dunque stata un'angoscia tossica. Siamo partiti quindi dalla distinzione fra angoscia reale e angoscia nevrotica: la prima una reazione, che ci sembra comprensibile, al pericolo, ossia a un danno atteso dall'esterno; assolutamente
enigmatica, quasi fosse senza scopo, l'altra. In un'analisi dell'angoscia reale, abbiamo ricondotto quest'ultima a uno stato di accresciuta attenzione sensoriale e tensione motoria, la cosiddetta "disposizione all'angoscia". E' da questa che si
sviluppa la reazione d'angoscia. A questo punto due sono gli esiti possibili: o lo "sviluppo d'angoscia" - la ripetizione dell'antica esperienza traumatica - si limita a un segnale, e allora il resto della reazione puadeguarsi alla nuova
situazione di pericolo, risolversi in fuga o in difesa; oppure il passato mantiene il sopravvento, l'intera reazione si esaurisce nello sviluppo d'angoscia, e allora lo stato affettivo diviene paralizzante e inappropriato nei riguardi del presente.

Ci siamo poi rivolti all'angoscia nevrotica e abbiamo detto che assume tre forme diverse. La prima, quella di ansietgenerale liberamente fluttuante, la cosiddetta "angoscia d'attesa", pronta ad agganciarsi transitoriamente a qualsiasi nuova
possibilitsi presenti, come avviene ad esempio nella tipica nevrosi d'angoscia.

La seconda forma quella dell'angoscia strettamente legata a determinati contenuti rappresentativi caratteristica delle cosiddette "fobie", nelle quali possiamo ravvisare ancora un rapporto con il pericolo esterno, ma dobbiamo ritenere
smisuratamente esagerata la paura di fronte a esso. E infine, in terzo luogo, troviamo l'angoscia nell'isteria e in altre forme di nevrosi gravi, la quale o accompagna certi sintomi o compare indipendentemente sotto forma di attacco o di stato pi persistente, tuttavia senza aver mai un fondamento evidente in un pericolo esterno. Ci siamo posti in seguito due interrogativi: di che cosa si ha paura nell'angoscia nevrotica? e: come si pumetterla in rapporto con l'angoscia reale di fronte a
pericoli esterni?

Le nostre ricerche non sono rimaste infruttuose, anzi abbiamo acquisito alcuni importanti punti fermi. Per quanto riguarda l'angoscia d'attesa, l'esperienza clinica ci ha insegnato a riconoscere una connessione costante col bilancio libidico della
vita sessuale. La causa picomune della nevrosi d'angoscia l'eccitamento frustraneo. Un eccitamento libidico, cio viene suscitato ma non soddisfatto, non utilizzato; al posto di questa libido, distolta dal suo impiego, compare l'ansiet
Ritenni addirittura di poter dire che questa libido insoddisfatta si trasforma direttamente in angoscia. Tale concezione trovun appoggio in certe fobie regolarmente ricorrenti nei bambini piccoli. Molte di queste fobie ci riescono assolutamente
enigmatiche, ma di altre, come la paura di rimanere soli o la paura davanti a persone estranee, possiamo dare una spiegazione sicura. La solitudine, come pure il viso estraneo, risvegliano la nostalgia per la presenza familiare della madre; il
bambino non pudominare questo eccitamento libidico, non putenerlo in sospeso, e lo trasforma in angoscia. Questa angoscia infantile non va quindi annoverata tra le angosce reali, benstra quelle nevrotiche. Le fobie infantili e l'angoscia
d'attesa della nevrosi d'angoscia ci offrono due esempi di uno dei modi in cui sorge l'angoscia nevrotica: mediante trasformazione diretta della libido. Vedremo immediatamente un secondo meccanismo, che si dimostrernon molto diverso dal primo.

Il meccanismo responsabile dell'angoscia nell'isteria e nelle altre nevrosi il processo della rimozione. Riteniamo possibile descriverlo in modo picompleto che in precedenza, tenendo separata mentre ne seguiamo le vicende la rappresentazione da
rimuovere dall'importo libidico che vi aderisce. E' la rappresentazione che subisce la rimozione e pueventualmente venir deformata fino a diventare irriconoscibile, il suo importo d'affetto invece trasformato regolarmente in angoscia, e ci indipendentemente dalla sua natura, sia essa aggressivito amore.

Concludendo, essenzialmente indifferente la ragione per cui un importo di libido divenuto inutilizzabile: se per debolezza infantile dell'Io, come nelle fobie dei bambini, o in seguito a processi somatici nella vita sessuale, come nella nevrosi
d'angoscia, oppure a causa della rimozione, come nell'isteria. In effetti, dunque, i due meccanismi di origine dell'angoscia nevrotica coincidono.

Nel corso di queste ricerche abbiamo fissato la nostra attenzione su una relazione estremamente importante fra lo sviluppo d'angoscia e la formazione di sintomi, e ciosul fatto che l'uno pustare per l'altro e sostituirlo. Le sofferenze
dell'agorafobo, ad esempio, cominciano con un attacco d'angoscia per la strada. A ogni sua nuova uscita l'attacco si ripeterebbe. Il poveretto forma a questo punto il sintomo dell'agorafobia, che si puanche chiamare un'inibizione, una limitazione
funzionale dell'Io, e si risparmia cosl'attacco d'angoscia. Si osserva il fenomeno inverso quando si interferisce nella formazione dei sintomi, come si pufare ad esempio nel caso delle ossessioni. Se si impedisce all'ammalato di eseguire il suo
cerimoniale di lavacri, egli cade in uno stato d'angoscia duro da sopportare, contro il quale il suo sintomo lo aveva manifestamente protetto. Sembra, cio che lo sviluppo d'angoscia sia l'antecedente, e la formazione del sintomo il conseguente,
come se i sintomi venissero creati per evitare che scoppi lo stato d'angoscia. Cianche confermato dal fatto che le prime nevrosi dell'etinfantile sono fobie, ossia stati in cui chiaramente si riconosce come un iniziale sviluppo d'angoscia
viene sostituito dalla successiva formazione di un sintomo; abbiamo la netta sensazione che queste interrelazioni ci facilitino la comprensione dell'angoscia nevrotica. E nello stesso tempo siamo riusciti a dare una risposta al quesito relativo a
cidi cui si abbia paura nell'angoscia nevrotica e a stabilire cosil collegamento fra angoscia nevrotica e angoscia reale. Quel che si teme evidentemente la propria libido. La differenza rispetto alla situazione dell'angoscia reale risiede in
due punti: che il pericolo interno invece che esterno e che non viene riconosciuto consciamente.

Nel caso delle fobie possibile scorgere con molta chiarezza come questo pericolo interno viene convertito in esterno, e quindi come l'angoscia nevrotica viene trasformata in apparente angoscia reale. Supponiamo, per semplificare uno stato di cose
spesso assai complicato, che l'agor趒obo viva costantemente nel timore che gli incontri fatti per strada risveglino in lui delle tentazioni.

Nella sua fobia egli opera uno spostamento e dopo di allora si angustia per una situazione esterna. Il suo tornaconto sta, evidentemente, nel ritenere di poter proteggersi meglio: da un pericolo esterno possibile salvarsi con la fuga, tentare di
fuggire dinanzi a un pericolo interno un'impresa difficile.

A conclusione della mia lezione d'allora sull'angoscia, espressi io stesso il giudizio che questi diversi risultati della nostra indagine, pur non contraddicendosi fra loro, in certo qual modo non concordano. L'angoscia, in quanto stato affettivo, la riproduzione di un antico evento minaccioso; l'angoscia al servizio dell'autoconservazione ed un segnale di nuovo pericolo; sorge sia da libido divenuta in qualche modo non utilizzabile, sia nel processo di rimozione; viene sostituita e, per
cosdire, legata psichicamente dalla formazione di sintomi... si ha la sensazione che manchi qui un qualcosa che dai vari pezzi tragga un tutto unitario .

Signore e Signori, quella scomposizione della personalitpsichica in un Super-io, un Io e un Es, di cui vi ho parlato nell'ultima lezione, ci obbliga altresa un nuovo orientamento nel problema dell'angoscia. Con la tesi che l'Io l'unica sede di
angoscia, che soltanto l'Io puprodurre e provare angoscia, abbiamo conquistato una nuova e salda posizione, viste dalla quale varie circostanze assumono un altro aspetto. E invero non sapremmo che senso avrebbe parlare di un"'angoscia dell'Es" o
attribuire al Super-io la facoltdi impaurirsi. Per contro, abbiamo accolto come un'auspicata corrispondenza il fatto che le tre principali forme di angoscia - l'angoscia reale, quella nevrotica e quella morale - possono essere senza sforzo messe
in relazione con le tre forme di dipendenza dell'Io: dal mondo esterno, dall'Es e dal Super-io. Con questa nuova concezione, inoltre, balza in primo piano la funzione dell'angoscia come segnale, annunciante una situazione di pericolo (nozione che
non ci era estranea in precedenza) mentre ha perso d'interesse il problema di che materiale sia fatta l'angoscia, e i rapporti fra angoscia reale e angoscia nevrotica si sono chiariti e semplificati in maniera sorprendente. Va infine rilevato che
adesso comprendiamo i casi apparentemente complicati di formazione d'angoscia meglio di quelli ritenuti semplici.

Recentemente abbiamo infatti ricercato come sorga l'angoscia in certe fobie che classifichiamo nell'isteria d'angoscia, scegliendo casi in cui era presente la tipica rimozione degli impulsi di desiderio derivanti dal complesso edipico. In base alle
nostre aspettative, avremmo dovuto trovare che l'investimento libidico della madre in quanto oggetto si trasformasse in angoscia per effetto della rimozione e comparisse quindi, sotto forma sintomatica, riferito a un sostituto del padre. Non posso
descrivervi i singoli passi di una ricerca di questo tipo; basterdire che il risultato sorprendente, fu l'opposto di quanto ci aspettavamo. Non era la rimozione a creare l'angoscia, bensl'angoscia esisteva sin da prima; l'angoscia produceva la
rimozione! Ma di che specie di angoscia poteva trattarsi? Solo della paura per un minaccioso pericolo esterno, ossia di un'angoscia reale. E' vero che il fanciullo provava angoscia di fronte a una richiesta postagli dalla sua libido - in questo caso
di fronte all'amore per la propria madre, - cosche effettivamente era un caso di angoscia nevrotica; ma tale innamoramento gli appariva come un pericolo interno (al quale doveva sottrarsi rinunciando a quell'oggetto) solo perchesso evocava una
situazione di pericolo esterno. E in tutti i casi esaminati abbiamo ottenuto lo stesso risultato. Confessiamo pure che non ci aspettavamo che un pericolo pulsionale interno condizionasse e preparasse una situazione reale di pericolo esterno.

Non abbiamo ancora detto, tuttavia, quale sia il pericolo reale che il bambino teme come conseguenza del suo innamoramento per la madre. E' il castigo dell'evirazione, la perdita del membro.

Naturalmente obietterete che questo non un pericolo reale. I nostri maschietti non vengono evirati per il fatto di essere innamorati della madre nella fase del complesso edipico. Ma le cose non sono cossemplici. Innanzitutto, non questione che
l'evirazione venga realmente praticata; il punto che si tratta di un pericolo minacciante dall'esterno e che il bambino ci crede.

Ha qualche motivo per comportarsi cos poichdurante la sua fase fallica, all'epoca del suo primo onanismo, lo si minaccia abbastanza spesso di tagliargli il membro e qualsiasi accenno a questo castigo destinato a trovare in lui un rafforzamento
filogenetico. La nostra ipotesi che nei primordi della famiglia umana l'evirazione venisse realmente eseguita sul maschio in fase di sviluppo dal padre geloso e crudele, e che la circoncisione, la quale presso i primitivi tanto spesso una
componente del rito della pubert ne sia un residuo ben riconoscibile. Sappiamo quanto ci scostiamo con cidall'opinione generale, ma non per questo rinunciamo a tenere per fermo che la paura dell'evirazione uno dei motori pifrequenti e pi forti della rimozione e quindi della formazione delle nevrosi. Il nostro convincimento si tramutato in certezza dopo che abbiamo analizzato alcuni casi di ragazzi ai quali era stata praticata, per terapia o come castigo per la masturbazione, non
certo l'evirazione, bensla circoncisione (casi non del tutto infrequenti nella societanglo- americana). A questo punto, verrebbe la tentazione di addentrarci pia fondo nel complesso di evirazione, ma preferiamo attenerci al nostro tema.

La paura dell'evirazione non naturalmente, l'unico motivo della rimozione; intanto, ovvio che non trova posto presso le donne, le quali hanno anch'esse un complesso di evirazione, ma non possono avere alcuna paura di venire evirate. In suo
luogo subentra, nell'altro sesso, la paura della perdita d'amore, che visibilmente una prosecuzione dell'angoscia del lattante allorchsente la mancanza della madre. E' facile capire quale reale situazione di pericolo sia indicata da questa
angoscia. Se la madre assente o ha tolto al bambino il suo amore, questi non pisicuro del soddisfacimento dei suoi bisogni e si trova eventualmente esposto alle pipenose sensazioni di tensione. Non affatto da respingere l'idea che questi
fattori determinanti l'angoscia ripetano alle radici la situazione dell'angoscia originaria della nascita, la quale significpure, ovviamente, una separazione dalla madre. Anzi, se seguite il ragionamento di Ferenczi, potete aggiungere anche la
paura dell'evirazione, poichla perdita del membro maschile ha come conseguenza l'impossibilitdi un ricongiungimento con la madre, o col suo sostituto, nell'atto sessuale. Vi accenno, per inciso, che la tanto frequente fantasia del ritorno nel
grembo materno il sostituto di questo desiderio di coito. Ci sarebbero qui tante cose interessanti e tanti nessi sorprendenti da porre in risalto, ma non posso esorbitare dall'ambito di un'introduzione alla psicoanalisi, mi limitera farvi notare
che qui le ricerche psicologiche si spingono fino ai fatti biologici.

A Otto Rank, cui la psicoanalisi debitrice di molti ottimi contributi, spetta anche il merito di avere accentuato vigorosamente l'importanza dell'atto della nascita e della separazione dalla madre. Noi tutti per altro, trovammo impossibile
accettare le estreme illazioni che egli ha tratto da questo fattore per la teoria delle nevrosi e persino per la terapia analitica. Il nucleo della sua teoria - che l'esperienza angosciosa della nascita il modello di tutte le successive situazioni
di pericolo, - egli l'aveva trovato gipronto.

Soffermiamoci un momento su tali situazioni di pericolo: possiamo dire che ogni etdello sviluppo comporta in effetti una determinata condizione d'angoscia a essa adeguata, ossia una data situazione di pericolo. Allo stadio della primitiva
immaturitdell'Io corrisponde il pericolo dell'inermitpsichica, alla mancanza di autosufficienza dei primi anni dell'infanzia il pericolo della perdita dell'oggetto (ossia dell'amore), alla fase fallica il pericolo dell'evirazione e, infine, al
periodo di latenza la paura del Super-io, la quale occupa una posizione particolare. Col progredire dello sviluppo le vecchie condizioni dell'angoscia dovrebbero venire a cadere, poichle situazioni di pericolo corrispondenti perdono importanza a
causa del rafforzamento dell'Io. Ma questo avviene soltanto in maniera assai imperfetta. Molte persone non sanno superare la paura della perdita d'amore, non diventano mai abbastanza indipendenti dall'amore degli altri e, sotto questo aspetto
continuano a comportarsi in modo infantile. La paura del Super-io non dovrebbe normalmente aver fine, poichindispensabile nei rapporti sociali come angoscia morale, e solo in rarissimi casi il singolo pudiventare indipendente dalla comunit umana. Anche alcune delle vecchie situazioni di pericolo riescono a sussistere in epoche successive modificando tempestivamente le condizioni d'angoscia. Cos ad esempio, il pericolo dell'evirazione persiste sotto la maschera di fobia della
sifilide. E' vero che quando uno adulto sa che l'evirazione per aver accondisceso ai desideri sessuali non piun castigo usato, ma ha appreso d'altro canto che tale libertpulsionale minacciata da gravi malattie. Non c'alcun dubbio che
coloro che definiamo nevrotici restano infantili nel loro comportamento di fronte al pericolo e non hanno superato condizioni d'angoscia ormai non pivalide. Vi prego di considerare questo un contributo effettivo alla caratterizzazione dei
nevrotici; quanto a dire perchle cose stiano cos non un discorso facile.

Spero che non abbiate perso il filo e vi ricordiate ancora che siamo intenti a indagare le relazioni fra angoscia e rimozione. A questo proposito abbiamo appreso due cose nuove: primo, che l'angoscia produce la rimozione, e non viceversa, come
ritenevamo; e secondo, che una situazione pulsionale temuta risale, in ultima istanza, a una situazione esterna di pericolo. La domanda che si pone subito dopo sar come ci rappresentiamo ora il processo di rimozione sotto l'influenza
dell'angoscia? A mio avviso cos l'Io s'accorge che il soddisfacimento di una richiesta pulsionale che sta destandosi rievocherebbe una delle situazioni di pericolo che ben ricorda. Questa carica pulsionale deve quindi venire in qualche modo
repressa, revocata, neutralizzata. Sappiamo che l'Io ci riesce se forte e ha incluso la spinta pulsionale nella sua organizzazione. Nel caso contrario (che sfocernella rimozione) la spinta pulsionale appartiene ancora all'Es e l'Io si sente
debole. L'Io ricorre allora a una tecnica che in fondo identica a quella del pensiero normale. Pensare un agire a mo' di esperimento con piccole quantitdi energia, un po' come gli spostamenti delle bandierine sulla carta geografica che il
comandante fa prima di mettere in moto le sue truppe. L'Io anticipa dunque il soddisfacimento della spinta pulsionale sospetta e le dmodo di riprodurre le sensazioni spiacevoli che accompagnano l'inizio della temuta situazione di pericolo. Con ci scatta l'automatismo del principio di piacere-dispiacere, il quale ora effettua la rimozione della spinta pulsionale pericolosa.

"Altol non riusciamo pia seguirla", mi gridate. Avete ragione, ci manca qualcosa perchil ragionamento fili. Innanzitutto, vero che ho tentato di tradurre nel linguaggio del nostro pensiero normale ciche in realtdev'essere un processo che
non nconscio npreconscio, che ha luogo fra importi energetici in un substrato non rappresentabile. Ma questa non una forte obiezione, giacchnon si pufare diversamente. Importa soprattutto distinguere chiaramente, nel caso della
rimozione, tra quello che avviene nell'Io e quello che avviene nell'Es. Quello che fa l'Io, l'abbiamo appena detto: compie un investimento sperimentale e ridesta l'automatismo di piacere-dispiacere mediante il segnale d'angoscia. Successivamente
sono possibili parecchie reazioni o un loro misto variamente combinato. O l'attacco d'angoscia si sviluppa in pieno e l'Io si ritira completamente di fronte all'eccitamento sconveniente; oppure, al posto dell'investimento sperimentale, oppone
all'eccitamento un controinvestimento, il quale si congiunge all'energia dell'impulso rimosso per formare il sintomo; ovvero il controinvestimento viene accolto nell'Io come formazione reattiva, come rinforzo di determinate disposizioni, come
alterazione permanente. Quanto pilo sviluppo d'angoscia puvenir limitato a un mero segnale, tanto pil'Io puimpegnarsi nelle reazioni di difesa, le quali equivalgono a un vincolo psichico del rimosso e tanto maggiormente, anche, il processo
si avvicina a una rielaborazione normale, pur senza raggiungerla.

C'qui un punto su cui vogliamo aprire una breve parentesi. Voi stessi vi siete certamente gifatti l'idea che quella cosa difficile a definirsi chiamata "carattere" sia da ascriversi totalmente all'Io. Su ciche crea il carattere, abbiamo gi scoperto insieme qualcosa. Innanzitutto l'incorporazione della prima istanza parentale come Super-io, ed questo il tratto senz'altro piimportante, decisivo; quindi le identificazioni dell'epoca successiva con entrambi i genitori e con altre
persone influenti, e le medesime identificazioni come sedimenti di relazioni oggettuali abbandonate. Aggiungiamo adesso, quali immancabili contributi alla formazione del carattere, le formazioni reattive che l'Io acquisisce, dapprima, nelle sue
rimozioni, e pitardi, con mezzi pinormali, respingendo spinte pulsionali indesiderate.

Torniamo ora indietro e occupiamoci dell'Es. Non tanto facile indovinare che cosa avvenga della spinta pulsionale combattuta nel corso della rimozione. Il nostro interesse, ovviamente, volto al problema dello sbocco dell'energia o carico
libidico di questo eccitamento: come viene impiegato? Ricorderete che la precedente ipotesi era che proprio esso venisse trasformato in angoscia ad opera della rimozione. Oggi non ci sentiamo pidi dirlo, e la nostra modesta risposta sarpiuttosto
che probabilmente il suo destino non sempre uguale. Probabilmente, fra il processo svoltosi a un certo momento nell'Io e quello avvenuto nell'Es relativamente all'impulso rimosso, esiste una intima corrispondenza, che dovrebbe essere possibile
scoprire. Da quando infatti abbiamo fatto intervenire nella rimozione il principio di piacere-dispiacere, destato dal segnale d'angoscia, le nostre previsioni non possono piessere le stesse. Questo principio domina incondizionatamente i processi
dell'Es. Possiamo essere certi che produrrmutamenti radicali nella spinta pulsionale qui coinvolta.

Non costituirper noi una sorpresa che la rimozione abbia conseguenze molto differenti, pio meno estese. In taluni casi la spinta pulsionale rimossa pumantenere la sua carica libidica, pucontinuare a sussistere immutata nell'Es, seppure sotto
la costante pressione dell'Io; altre volte sembra subire una completa distruzione, mentre la sua libido viene convogliata definitivamente su altri binari. Ero d'avviso che cosavviene nel caso della risoluzione normale del complesso edipico, il
quale, in questo caso auspicabile, non viene dunque semplicemente rimosso bensdistrutto nell'Es. L'esperienza clinica ci ha ulteriormente mostrato che in molti casi, invece dell'esito consueto della rimozione, ha luogo una degradazione della
libido, una regressione dell'organizzazione libidica a uno stadio precedente. Naturalmente questo puavvenire solo nell'Es e, se accade, solo sotto l'influsso dello stesso conflitto che viene introdotto dal segnale d'angoscia. L'esempio pi evidente di questo genere dato dalla nevrosi ossessiva, nella quale regressione libidica e rimozione agiscono congiuntamente.

Signore e Signori, temo che il mio discorso vi sembrerdifficile e che non vi sfuggirquanto poco esauriente esso sia. Mi rincresce dover suscitare il vostro scontento, ma non posso pormi altro scopo che quello di darvi un'impressione generale
circa la natura dei nostri risultati e le difficoltdella loro elaborazione. Quanto piprofondamente ci addentriamo nello studio dei processi psichici, tanto pine riconosciamo l'abbondanza e la complessit Pidi una formula che all'inizio ci
sembrava adeguata, si rivelata pitardi insufficiente. Per parte nostra, non ci stanchiamo di modificarle e di migliorarle. Nella lezione sulla teoria del sogno, vi ho condotti in un campo nel quale in quindici anni non aveva avuto luogo quasi
alcuna nuova scoperta; qui, in materia di angoscia, vedete tutto in fase di evoluzione e di trasformazione. Finora queste novitnon sono nemmeno state studiate a fondo e forse anche per questo la loro esposizione presenta difficolt Persistete!
presto potremo abbandonare il tema dell'angoscia; non affermo che allora esso saresaurito con nostra piena soddisfazione, ma sperabile che saremo giunti un po' piavanti e che, strada facendo, avremo acquisito ogni sorta di nuove conoscenze.
Adesso, per esempio, lo studio dell'angoscia ci dlo spunto per aggiungere una nuova pennellata alla nostra descrizione dell'Io. Abbiamo detto che l'Io debole rispetto all'Es, che ne il fedele servitore, intento a eseguirne gli ordini e a
soddisfarne le richieste. Non intendiamo ritrattare questa frase. Ma d'altra parte, questo Io pur sempre la parte dell'Es meglio organizzata, orientata verso la realt Non dobbiamo esagerare troppo la distinzione fra i due, nessere sorpresi se
l'Io, da parte sua, influisce sui processi dell'Es.

Ritengo che l'Io esplichi questo influsso mettendo in azione il quasi onnipotente principio di piacere-dispiacere per mezzo del segnale d'angoscia. Per la verit immediatamente dopo, esso mostra di nuovo la sua debolezza, poichrinuncia, con
l'atto della rimozione, a una parte della sua organizzazione e deve permettere che la spinta pulsionale rimossa rimanga permanentemente sottratta al suo influsso.

E adesso un'ultima osservazione riguardo al problema dell'angoscia. L'angoscia nevrotica si trasformata nelle nostre mani in angoscia reale, in angoscia di fronte a determinate situazioni esterne di pericolo. Ma non possiamo fermarci qui; dobbiamo
ancora fare un passo, che sarperun passo indietro. Ci chiediamo che cosa sia propriamente ciche pericoloso, temuto in tali situazioni di pericolo. Evidentemente non il danno alla persona valutabile in senso oggettivo, che potrebbe non avere
rilevanza sul piano psicologico, bensciche da esso deriva alla vita psichica. La nascita, ad esempio, il nostro modello dello stato d'angoscia, difficilmente puessere considerata di per sun danno, benchil pericolo di danneggiamenti non sia
da escludere. Nella nascita, come in ogni situazione di pericolo, l'essenziale che essa provoca nell'esperienza psichica uno stato di tesa eccitazione, che viene avvertito come dispiacere e che non puessere dominato mediante discarico. Chiamiamo
un tale stato, di fronte al quale gli sforzi del principio di piacere falliscono, momento TRAUMATICO. Siamo cosgiunti, attraverso la sequenza "angoscia nevrotica - angoscia reale - situazione di pericolo", alla semplice proposizione: ciche temuto, l'oggetto dell'angoscia, ogni volta la comparsa di un momento traumatico, che non puvenir eliminato come richiederebbe il principio di piacere.

Comprendiamo subito che l'essere dotati del principio di piacere non basta ad assicurarci contro danneggiamenti oggettivi, benssolo contro una determinata offesa alla nostra economia psichica.

Dal principio di piacere alla pulsione di autoconservazione il cammino ancora lungo; le intenzioni di entrambi sono lungi dal coincidere sin dall'inizio. Vediamo peranche qualcos'altro, e forse questa la soluzione che cerchiamo, ossia che qui
si tratta, ovunque, di un problema di quantitrelative. Solo la grandezza della somma di eccitamento trasforma un'impressione in fattore traumatico, paralizza la funzione del principio di piacere, conferisce il suo significato alla situazione di
pericolo. E se cosstanno le cose, se la soluzione di questi enigmi cosprosaica, perchnon dovrebbe essere possibile che siffatti momenti traumatici si verifichino nella vita psichica senza riferimento alle situazioni di pericolo da noi
ipotizzate, che in essi, quindi, l'angoscia non venga destata come segnale, ma sorga ex novo con una nuova motivazione? L'esperienza clinica asserisce con certezza che le cose stanno realmente cos Solo le rimozioni successive mostrano il
meccanismo da noi descritto, nel quale l'angoscia viene risvegliata come segnale di una precedente situazione di pericolo; le prime e originarie rimozioni sorgono direttamente da fattori traumatici nell'incontro dell'Io con una richiesta libidica
eccessiva, formano ex novo la loro angoscia, seppure secondo il modello della nascita. La stessa cosa puvalere per lo sviluppo d'angoscia nella nevrosi d'angoscia a causa di un'offesa somatica recata alla funzione sessuale. Non affermeremo piche
in questo caso sia la libido stessa a venir trasformata in angoscia. Ma non vedo alcuna obiezione contro una duplice origine dell'angoscia: una volta come diretta conseguenza del momento traumatico, un'altra come segnale che minaccia il ripetersi di
un simile fattore.

Signore e Signori, non c'altro che dobbiate ascoltare sull'angoscia e certamente ne sarete lieti. Ma non illudetevi:

quel che segue saraltrettanto ostico. Ho intenzione di condurvi oggi stesso sul terreno della teoria della libido o dottrina delle pulsioni, che ci riserba parimenti parecchie novit Non crediate che qui abbiamo fatto grandi progressi, di cui
dobbiate assolutamente prendere atto anche a costo di fatiche da parte vostra. No, in questo campo lottiamo faticosamente per acquisire orientamenti e conoscenze, e vi chiedo soltanto di essere testimoni del nostro sforzo. Anche qui devo rifarmi a
parecchie cose che vi ho riferito in precedenza.

La dottrina delle pulsioni per cosdire, la nostra mitologia.

Le pulsioni sono entitmitiche, grandiose nella loro indeterminatezza. Non possiamo prescinderne, nel nostro lavoro, un solo istante e nel contempo non siamo mai sicuri di coglierle chiaramente. Voi sapete come il pensiero popolare le consideri:

suppone che esistano tante pulsioni diverse quante occorrono in quel dato momento: una pulsione di autoaffermazione, una di imitazione, una di gioco, una di socialite molte altre simili; esso, per cosdire, le assume, fa fare a ognuna il suo
particolare lavoro e poi le congeda nuovamente. Avevamo sempre avuto il sospetto che dietro a queste molte piccole pulsioni prese a prestito si nascondesse qualcosa di serio e di potente, cui fosse opportuno avvicinarci con cautela. Il nostro primo
passo fu piuttosto modesto. Ci dicemmo che probabilmente non sbagliavamo cominciando col distinguere due pulsioni principali, o specie di pulsioni o gruppi di pulsioni, secondo i due grandi bisogni: la fame e l'amore. Benchdi solito noi difendiamo
gelosamente l'indipendenza della psicoanalisi da ogni altra scienza, qui ci troviamo tuttavia a cozzare con l'irrefutabile fatto biologico secondo cui il singolo essere vivente serve due intenti, l'autoconservazione e la conservazione della specie,
che sembrano indipendenti l'uno dall'altro e che, per quanto ne sappiamo, non hanno ancora trovato una derivazione comune, e i cui interessi sono spesso fra loro in contrasto nella vita animale. Questo significa, in realt fare della psicologia
biologica, studiare i fenomeni psichici in concomitanza con processi biologici.

Rappresentanti di questa concezione sono le "pulsioni dell'Io" e le "pulsioni sessuali", che furono da noi introdotte in psicoanalisi. Fra le prime annoverammo tutto ciche ha attinenza con la conservazione, l'affermazione e l'espansione della
persona.

Alle seconde ci venne spontaneo attribuire la varietche scaturisce dalla vita sessuale infantile e da quella perversa. Man mano che investigando le nevrosi riconoscemmo nell'Io il potere che limita e rimuove e nelle tendenze sessuali ciche viene
limitato e rimosso, credemmo di toccare con mano non solo la diversit ma anche il conflitto fra i due gruppi di pulsioni.

Oggetto del nostro studio furono dapprima le pulsioni sessuali, la cui energia chiamammo "libido". In relazione a esse cercammo di chiarirci le idee intorno al problema di che cosa sia una pulsione e che cosa le si possa attribuire. E' qui che si
colloca la teoria della libido.

Una pulsione si differenzia dunque da uno stimolo per il fatto che trae origine da fonti di stimolazione interne al corpo, agisce come una forza costante e la persona non le si pusottrarre con la fuga, come possibile di fronte allo stimolo
esterno. Nella pulsione si possono distinguere: fonte, oggetto e meta. La fonte uno stato di eccitamento nel corpo, la meta l'eliminazione di tale eccitamento; lungo il percorso dalla fonte alla meta la pulsione diviene psichicamente attiva. Noi
ce la rappresentiamo come un certo ammontare di energia, che preme verso una determinata direzione. Da questo premere gli deriva il nome di "pulsione". Si parla di pulsioni "attive" e "passive", ma si dovrebbe dire piesattamente: mete pulsionali
attive e passive, poichanche per raggiungere una meta passiva occorre un certo dispendio di attivit La meta puessere raggiunta nel proprio corpo; di regola persi inserisce un oggetto esterno, ove la pulsione raggiunge la sua meta esterna; la
meta interna rimane sempre la stessa, cioil cambiamento corporeo percepito come soddisfacimento. Non siamo riusciti a chiarire se la relazione con la fonte somatica conferisca alla pulsione una specificit e quale. Secondo quanto attesta
l'esperienza analitica, un fatto indubbio che spinte pulsionali originate da una fonte si associano a quelle derivanti da altre fonti e ne condividono l'ulteriore destino, e che in genere un soddisfacimento pulsionale puvenir sostituito da un
altro. Confessiamo tuttavia di saperne ben poco.

Anche la relazione della pulsione con la meta e con l'oggetto ammette variazioni: entrambi possono essere scambiati con altri, pur essendo pifacilmente allentabile la relazione con l'oggetto.

Un certo tipo di modificazione della meta e di scambio dell'oggetto, in cui entrano in considerazione i nostri valori sociali, da noi designata come "sublimazione". Oltre a ci abbiamo anche motivo di distinguere pulsioni che sono "inibite nella
meta", ossia spinte pulsionali, provenienti da fonti ben note e con meta inequivocabile, che persi arrestano lungo il cammino verso il soddisfacimento, cosche viene a formarsi un investimento oggettuale duraturo e una persistente tendenza
affettiva. Di questo genere per esempio, la tenerezza nei confronti di altri, che muove indubbiamente dalle fonti del bisogno sessuale e invariabilmente rinuncia a soddisfarlo.

Vedete in che misura gli attributi e le vicissitudini delle pulsioni sfuggano ancora alla nostra comprensione. Vedete per esempio un'ulteriore differenza fra pulsioni sessuali e pulsioni di autoconservazione, che sarebbe della massima importanza
teorica se riguardasse i due gruppi nel loro insieme Le pulsioni sessuali ci colpiscono per la loro plasticit per la capacitdi cambiare le proprie mete, per la loro intercambiabilit secondo cui un certo soddisfacimento pulsionale puessere
sostituito da un altro, nonchper la loro differibilit della quale le pulsioni inibite nella meta costituiscono un buon esempio. Ci farebbe comodo negare alle pulsioni di autoconservazione queste qualite dire di esse che sono inflessibili,
indifferibili, imperative in un modo del tutto diverso e che hanno un rapporto affatto differente con la rimozione e con l'angoscia. Ma un attimo di riflessione ci dice che sarebbe un errore attribuire questa posizione eccezionale a tutte le
pulsioni dell'Io, poichspetta solo alla fame e alla sete ed evidentemente fondata su una peculiaritdelle fonti di tali pulsioni. In buona parte questa impressione fuorviante deriva dal fatto che non abbiamo considerato separatamente quali
modificazioni subiscano le spinte pulsionali originariamente appartenenti all'Es sotto l'influsso dell'Io organizzato.

Un terreno pisolido ci offre l'esame del modo in cui la vita pulsionale al servizio della funzione sessuale. Qui le cognizioni acquisite sono assolutamente probanti e d'altronde non costituiscono una novitper voi. Non esiste una pulsione
sessuale che sia fin dall'inizio portatrice di una tendenza verso la meta della funzione sessuale, cioil congiungimento delle due cellule sessuali. Riscontriamo, invece, un gran numero di pulsioni parziali, provenienti da diversi punti e regioni
del corpo, che tendono al soddisfacimento in modo abbastanza indipendente l'una dall'altra e che trovano tale soddisfacimento in qualcosa che possiamo chiamare "piacere d'organo". I genitali rappresentano l'ultima fra queste "zone erogene", e al
loro piacere d'organo spetta incontestabilmente il nome di piacere "sessuale". Non tutti questi impulsi tendenti al piacere vengono accolti nell'organizzazione definitiva della funzione sessuale. Alcuni di essi vengono eliminati come inutilizzabili,
mediante rimozione o in qualche altro modo; altri vengono deviati dalla loro meta nella singolare maniera precedentemente menzionata e impiegati per rafforzare altri impulsi; altri ancora vengono mantenuti in ruoli secondari e servono all'esecuzione
di atti introduttivi, alla produzione di piacere preliminare. Avete gisentito come in questa evoluzione che si protrae a lungo si possano riconoscere parecchie fasi di organizzazione provvisoria, e come la storia della funzione sessuale ne spieghi
le aberrazioni e le atrofie.

Noi chiamiamo ORALE la prima di queste fasi "pregenitali", perch in conformital modo in cui il lattante viene nutrito, la zona erogena orale domina tutto ciche si puchiamare l'attivitsessuale di questo periodo della vita. In un secondo
stadio si fanno innanzi gli impulsi SADICI E ANALI, certamente in connessione con la comparsa dei denti, l'irrobustirsi della muscolatura e il controllo delle funzioni sfinteriche. Su questo appariscente stadio dello sviluppo abbiamo appreso molti
particolari interessanti. Come terza appare la fase FALLICA, nella quale il membro maschile - e ciche gli corrisponde nella bambina - acquista in entrambi i sessi un'importanza che non sarpipossibile trascurare. Abbiamo riservato il nome di
fase GENITALE all'organizzazione sessuale definitiva, che si stabilisce dopo la pubert e dove finalmente il genitale femminile trova il riconoscimento che quello maschile aveva gida lungo tempo ottenuto.

Tutto questo solo una scialba ripetizione, e non crediate che, se c'qualcosa che non ho pimenzionato, non sia pivalido: la ripetizione mi era necessaria per riallacciare a essa il resoconto dei progressi successivi. Questi ci sono stati,
eccome!, proprio intorno alle prime organizzazioni della libido, ed stata colta con maggior chiarezza l'importanza di cose girisapute; e di tutto civi darqualche saggio. Abraham ha dimostrato che nella fase sadico-anale si possono
distinguere due stadi. Nel primo di essi prevalgono tendenze distruttive: annientare, perdere; nel successivo tendenze favorevoli agli oggetti: conservare e possedere. A metdella fase sadico-anale compare dunque per la prima volta il riguardo per
l'oggetto, che prelude a un successivo investimento amoroso. Altrettanto giustificata ci appare una simile suddivisione per la prima fase, quella orale. Nel primo stadio di essa si tratta soltanto dell'incorporazione orale e manca ogni ambivalenza
nella relazione con l'oggetto, che il seno materno. Il secondo stadio, contraddistinto dalla comparsa dell'attivitdel mordere, puessere definito "sadico-orale"; esso presenta per la prima volta i fenomeni dell'ambivalenza, che diventano poi
tanto pievidenti nella successiva fase sadico - anale. Il valore di queste nuove distinzioni appare particolarmente quando si ricercano nello sviluppo della libido i punti di predisposizione per certe nevrosi, come la nevrosi ossessiva o la
melanconia. Riandate con la memoria, a questo proposito, a ciche abbiamo appreso circa la connessione fra fissazione della libido, predisposizione e regressione.

Il nostro atteggiamento riguardo alle fasi dell'organizzazione della libido ha sub鮅o qualche variazione. Se prima accentuavamo soprattutto come ognuna di esse venga a cessare prima che subentri la seguente, adesso la nostra attenzione va ai fatti
che ci mostrano quanto di ciascuna fase precedente permanga accanto e dietro le strutturazioni successive acquistando un suo posto durevole nell'economia della libido e nel carattere della persona.

Ancora pisignificativi e importanti sono gli studi che ci hanno mostrato con quale frequenza, in condizioni patologiche, avvengano regressioni a fasi anteriori, e come determinate regressioni siano caratteristiche di determinate forme di malattia.
Ma su questo non posso dilungarmi, poichdi pertinenza di una psicologia specifica delle nevrosi.

Abbiamo potuto studiare le trasformazioni delle pulsioni e i processi analoghi, particolarmente nell'erotismo anale, ovvero negli eccitamenti provenienti dalle fonti della zona erogena anale, e ci ha sorpreso la molteplicitdegli impieghi cui
approdano tali spinte pulsionali. Forse sbarazzarsi del disprezzo che nel corso dell'evoluzione ha colpito questa zona non riesce facile. Bene ha fatto, quindi, Abraham a ricordarci che embriologicamente l'ano corrisponde alla bocca primitiva, la
quale emigrata in basso, fino all'estremitdell'intestino. Secondo quanto abbiamo appreso, dopo che le feci, gli escrementi, hanno perso il loro valore, questo interesse pulsionale derivante dalla fonte anale passa su oggetti che possono essere
offerti in dono. E a ragione, perchle feci furono il primo dono che il lattante potfare, sono cidi cui egli si privper amore verso la persona che aveva cura di lui. Dopodich in modo completamente analogo al cambiamento di significato
nell'evoluzione linguistica, questo antico interesse per le feci si converte nella stima per l'oro e per il denaro, ma dparimenti il suo contributo all'investimento affettivo del bambino e del pene. Secondo la convinzione comune a tutti i bambini,
i quali persistono a lungo nella teoria cloacale, il bambino viene partorito dall'intestino come un escremento; la defecazione il modello dell'atto della nascita. Anche il pene ha peril suo precursore nella colonna delle feci, che riempie e
stimola il tubo mucoso dell'intestino.

Quando il bambino, abbastanza malvolentieri, ha preso atto che ci sono esseri umani che non possiedono il pene, questo membro gli appare come qualcosa di staccabile dal corpo e acquista un'inconfondibile analogia con l'escremento, che fu il primo
pezzo di materia corporea al quale fu necessario rinunciare. Una grande porzione dell'erotismo anale viene costrasferita in un investimento del pene, ma l'interesse per questa parte del corpo ha, oltre a quella erotico-anale, una radice orale
forse ancora pipotente: infatti, dopo la cessazione dell'allattamento, il pene diventa anche l'erede del capezzolo materno.

E' impossibile raccapezzarsi nelle fantasie, nelle associazioni influenzate dall'inconscio, nel linguaggio sintomatico degli uomini, se non si conoscono queste relazioni profonde. Feci- denaro dono bambino - pene vengono qui trattati come se
avessero lo stesso significato e anche adombrati in simboli comuni. Non dimenticate, inoltre, che ho potuto darvi soltanto ragguagli molto incompleti. Posso forse aggiungere, in fretta, che anche l'interesse per la vagina, il quale si desta pi tardi, essenzialmente di origine erotico - anale. Non c'da meravigliarsene, essendo la vagina stessa, secondo una felice espressione di Lou Andreas-Salom "tolta a nolo" alla parte terminale dell'intestino; nella vita degli omosessuali, i quali
non hanno compiuto un certo tratto dello sviluppo sessuale, essa nuovamente rappresentata dal retto. Nei sogni appare spesso un locale che prima era un vano unico e ora diviso in due da una parete, o anche viceversa. Con ciinteso sempre il
rapporto della vagina con l'intestino. Possiamo anche seguire agevolmente come avvenga che nella fanciulla il desiderio, per nulla femminile, di possedere un pene, si muti normalmente nel desiderio di un bambino e poi di un uomo quale portatore del
pene e donatore del bambino, cosche anche qui diviene evidente come una parte di ciche in origine era un interesse erotico - anale trova accoglienza nella organizzazione genitale successiva.

Nel corso di questi studi sulle fasi pregenitali della libido sono emerse alcune nuove cognizioni sulla formazione del carattere.

Abbiamo notato una triade di qualitche assai spesso ricorrono congiunte: amore dell'ordine, parsimonia e ostinazione; e dall'analisi di individui di questo tipo abbiamo dedotto che si foggiano tali qualitperchil loro erotismo anale stato
assorbito e utilizzato in modo diverso. Parliamo percidi un "carattere anale", ove fiorisce questa singolare combinazione, e lo poniamo fino a un certo punto in contrasto con l'erotismo anale immodificato. Un rapporto analogo, ma forse ancora pi fondato, abbiamo trovato fra l'ambizione e l'erotismo uretrale. A questo nesso, curiosamente si allude nella leggenda secondo cui Alessandro Magno nacque nella stessa notte in cui un Erostrato qualunque incendiper pura vanagloria l'ammiratissimo
tempio di Artemide in Efeso. Quasi che agli antichi non fosse sfuggita la connessione! Sapete infatti quanto l'urinare abbia a che fare con il fuoco e con lo spegnere il fuoco. Naturalmente, ci aspettiamo che anche altre qualitdel carattere
risultino essere in modo analogo sedimenti o formazioni reattive di determinate strutture libidiche pregenitali, benchnon possiamo ancora dimostrarlo.

E' giunto il momento di riprendere l'ordine storico e il nostro tema cominciando dai problemi pigenerali della vita pulsionale.

Alla base della nostra teoria della libido c'era innanzitutto l'antitesi fra pulsioni dell'Io e pulsioni sessuali. Allorch pitardi, cominciammo a studiare l'Io pida vicino e giungemmo alla concezione del narcisismo, a questa distinzione venne
a mancare il terreno. In alcuni rari casi, infatti, possibile osservare che l'Io prende sstesso come oggetto, comportandosi come se fosse innamorato di smedesimo (di qui il termine "narcisismo", attinto alla leggenda greca), ma questa solo
l'estrema esagerazione di uno stato di cose normale: si perviene a comprendere che l'Io sempre il principale serbatoio di libido, dal quale scaturiscono gli investimenti libidici degli oggetti e nel quale gli stessi ritornano, mentre la parte
maggiore di questa libido rimane costantemente nell'Io. Si ha dunque una continua conversione di libido dell'Io in libido oggettuale e di libido oggettuale in libido dell'Io. Ma allora le due non possono differire quanto a natura, allora non ha
senso distinguere fra l'energia dell'una e quella dell'altra, e si purinunciare al termine "libido" o usarlo come sinonimo di energia psichica in genere.

Non siamo rimasti a lungo su questa posizione. Il nostro presentimento iniziale, che esista un'antitesi entro la vita pulsionale, presto riuscito a precisarsi meglio e diversamente.

E' questa una novitnella teoria delle pulsioni, sulla cui origine preferisco non soffermarmi; dirsolo che anch'essa si basa essenzialmente su considerazioni biologiche. Ve la esporrsotto forma di prodotto finito. Noi supponiamo che ci siano
due specie essenzialmente diverse di pulsioni: quelle sessuali, intese nel senso piampio - l'Eros, se preferite questa denominazione, - e quelle aggressive, la cui meta la distruzione. A sentirvelo dire cos stenterete a ravvisarvi una novit
sembra un tentativo di trasfigurare teoricamente la banale antitesi fra amore e odio, che forse coincide con quell'altra polaritdi attrazione- repulsione che la fisica suppone per il mondo inorganico. Eppure, stranamente, questa affermazione viene
percepita da molti come un'innovazione; meglio ancora, come un'innovazione affatto indesiderata, che dovrebbe essere eliminata il pipresto possibile. Suppongo che in questo rifiuto si faccia sentire un forte momento affettivo. Perchanche noi
abbiamo impiegato tanto tempo prima di deciderci a riconoscere una pulsione aggressiva?

perchper la nostra teoria non abbiamo utilizzato senza esitare fatti che stanno alla luce del sole e sono noti a tutti?

Probabilmente avremmo incontrato scarsa resistenza se avessimo attribuito una pulsione simile agli animali, ma includerla nella costituzione umana sembra un sacrilegio, contrasta con molti presupposti religiosi e con molte convenzioni sociali. No,
l'uomo dev'essere per natura buono o quanto meno bonario. Se, all'occasione, si mostra brutale, violento, crudele, si tratta di turbamenti transitori della sua vita emotiva, in maggior parte provocati, forse solo conseguenza degli ordinamenti
sociali inadeguati che egli si dato fino a quel momento.

Purtroppo ciche la storia ci tramanda e che noi stessi abbiamo sperimentato non depone in questo senso, ma giustifica piuttosto il giudizio che la fede nella "bont dell'umana natura una di quelle tristi illusioni da cui gli uomini si aspettano
che la loro vita risulti abbellita e alleviata, mentre in realtnon provocano che danni. Inutile, per noi continuare questa polemica, poichnon abbiamo arguito la presenza nell'uomo di una speciale pulsione aggressiva e distruttiva in seguito agli
insegnamenti della storia e all'esperienza della vita, ma questo avvenuto sulla base di considerazioni generali, alle quali ci ha condotto l'esame dei fenomeni del sadismo e del masochismo. Come sapete, parliamo di sadismo quando il
soddisfacimento sessuale legato alla condizione che l'oggetto sessuale soffra dolori, maltrattamenti e umiliazioni; di masochismo quando si sente il bisogno di essere questo stesso oggetto maltrattato. Sapete anche che un certo pizzico di queste
due tendenze contenuto nel normale rapporto sessuale, e che le definiamo perversioni quando respingono le altre mete sessuali in secondo piano e mettono al loro posto le proprie mete. Non vi sarsfuggito nemmeno che il sadismo da porsi in pi stretta relazione con la virilite il masochismo con la femminilit come se esistesse qui una segreta affinit benchdebba dirvi subito che su questa strada non siamo andati oltre.

Sadismo e masochismo sono entrambi, per la teoria della libido, fenomeni enigmatici, il masochismo in modo del tutto particolare; e rientra assolutamente nella norma che ciche per una teoria costituisce la pietra dello scandalo risulti poi la
pietra angolare di quella che la sostituisce.

Crediamo dunque che il sadismo e il masochismo ci offrano due eccellenti esempi di mescolanza delle due specie di pulsioni, l'Eros e l'aggressivit e avanziamo l'ulteriore ipotesi che questo rapporto sia tipico, che tutte le spinte pulsionali che
possiamo studiare siano composte di tali miscugli o leghe delle due specie di pulsioni. Naturalmente, miscugli nelle proporzioni pivarie. Le pulsioni erotiche apporterebbero nel composto la varietdelle loro mete sessuali, mentre le altre
ammetterebbero solo attenuazioni e gradazioni della loro tendenza monotona. Con questa ipotesi ci dischiudiamo la prospettiva di indagini che assumeranno un giorno grande importanza per la comprensione di certi processi patologici. Ciperchi
miscugli possono anche disgregarsi e a tali scomposizioni pulsionali possono essere attribuite le pigravi conseguenze per la funzione. Ma questi punti di vista sono ancora troppo nuovi perchqualcuno abbia finora tentato di utilizzarli nel lavoro.

Ritorniamo, in particolare, al problema postoci dal masochismo. Se prescindiamo per il momento dalla sua componente erotica, esso ci conferma che esiste una tendenza avente come meta l'autodistruzione. (Ne deriva che, se anche per la pulsione
distruttiva vero che l'Io - ma qui intendiamo piuttosto l'Es, l'intera persona - originariamente racchiude in stutte le spinte pulsionali, il masochismo piantico del sadismo e il sadismo la pulsione distruttiva rivolta verso l'esterno, la
quale acquista cosil carattere di aggressivit. Un certo che dell'originaria pulsione distruttiva purimanere ancora all'interno; sembra che la nostra percezione lo possa afferrare solo a queste due condizioni: quando si collega con le pulsioni
erotiche a formare il masochismo, o quando si rivolge contro il mondo esterno in forma di aggressivit con una pio meno grande aggiunta di erotismo. Ci si presenta subito la possibilitche l'aggressivitnon trovi soddisfacimento nel mondo
esterno, perchsi imbatte in ostacoli reali, e ci domandiamo che cosa accadrebbe. In tal caso forse si ritirer andrad accrescere l'autodistruttivitpredominante all'interno. Vedremo che avviene realmente cose quanto sia importante questo
processo. Aggressivitimpedita sembra significare una grave offesa. E' realmente come se dovessimo distruggere qualche altra cosa o persona per non distruggere noi stessi, per preservarci dalla tendenza all'autodistruzione. Una triste rivelazione,
certo, per il moralista!

Ma il moralista si consoler per molto tempo ancora, con l'inverosimiglianza delle nostre speculazioni. Una strana pulsione, questa, che rivolta alla distruzione della propria dimora organica! I poeti, vero, parlano di simili cose, ma i poeti
sono irresponsabili, godono del privilegio della licenza poetica. Indubbiamente idee simili non sono estranee neppure alla fisiologia, per esempio quella relativa alla mucosa dello stomaco che si digerisce da s Si deve perammettere che questa
nostra pulsione autodistruttiva ha bisogno di un piampio sostegno. Non si pucerto azzardare un'ipotesi di tale portata semplicemente perchalcuni poveri pazzi hanno vincolato il loro soddisfacimento sessuale a una strana condizione. Per parte
mia, ritengo che uno studio approfondito delle pulsioni ci darquello che ci occorre.

Le pulsioni non governano soltanto la vita psichica, ma anche quella vegetativa, e queste pulsioni organiche si distinguono per un tratto caratteristico che merita il nostro pivivo interesse (soltanto pitardi potremo giudicare se questo sia un
carattere generale delle pulsioni): esse rivelano, cio una tendenza che si adopera a ristabilire uno stato precedente. E' lecito supporre che, iniziando dal momento in cui tale stato, giraggiunto, viene turbato, sorga una pulsione tendente a
ricostituirlo, la quale provoca fenomeni che possiamo designare come coazione a ripetere.

Costutta l'embriologia non che un esempio di coazione a ripetere. La facoltdi formare di nuovo organi perduti si estende molto in alto nella scala animale, e la pulsione a risanare, alla quale, accanto agli ausili terapeutici, dobbiamo le
nostre guarigioni, potrebbe essere il residuo di questa capacittanto sviluppata negli animali inferiori. Le migrazioni dei pesci nella stagione della fregola, forse i voli degli uccelli, ed eventualmente tutto ciche designiamo come
manifestazione dell'istinto negli animali, avviene sotto l'imperativo della coazione a ripetere, la quale esprime la NATURA CONSERVATIVA delle pulsioni. Anche nel campo psichico non abbiamo bisogno di cercarne a lungo le manifestazioni. Ci ha
colpito il fatto che durante il lavoro analitico le esperienze dimenticate e rimosse dell'infanzia si riproducono in sogni e in reazioni, in particolar modo durante la traslazione, benchla loro rievocazione sia in contrasto con l'interesse del
principio di piacere; e noi ce lo siamo spiegati supponendo che in questi casi vi sia una coazione a ripetere superiore, perfino, al principio di piacere. Qualcosa di analogo si puosservare anche fuori dell'analisi. Ci sono persone che nella loro
vita ripetono sempre, senza correggersi, le medesime reazioni a loro danno, o che sembrano addirittura perseguitate da un destino inesorabile, mentre un piattento esame rivela che sono esse, a propria insaputa, che si creano questo destino. In tal
caso attribuiamo alla coazione a ripetere un carattere "demoniaco".

Ma in che modo questo tratto conservativo delle pulsioni pucontribuire alla comprensione della nostra autodistruttivit

Quale stato precedente vorrebbe ristabilire una simile pulsione?

Per cercare la risposta non dobbiamo andare lontano e ci si dischiudono nuovi orizzonti. Ammesso che una volta - in tempi immemorabili e in un modo che non si purappresentare - la vita abbia avuto origine da materia inanimata, allora, stando al
nostro presupposto, deve essere sorta una pulsione che vuole abolire la vita, ristabilire lo stato inorganico. Se in questa pulsione ravvisiamo l'autodistruttivitdella nostra ipotesi, dobbiamo concepire questa distruttivitcome espressione di una
pulsione di morte, che non pumancare in alcun processo vitale. E ora le pulsioni nelle quali crediamo si dividono in due gruppi: quelle erotiche, che vogliono sempre piconglobare la sostanza vivente in maggiori unit e quelle di morte, che si
oppongono a questa aspirazione e riconducono ciche vivente allo stato inorganico.

Dall'azione congiunta e opposta di entrambe scaturiscono i fenomeni della vita, ai quali mette fine la morte.

Forse scrollerete le spalle: "Questa non scienza della natura, filosofia, la filosofia di Schopenhauer". E perchmai, Signore e Signori, un audace pensatore non dovrebbe aver indovinato ciche una spassionata e faticosa ricerca di dettaglio
conferma? E d'altronde, tutto gistato detto una volta, e molti prima di Schopenhauer hanno detto una cosa simile. E infine, quel che diciamo non neanche l'autentico Schopenhauer. Noi non affermiamo che la morte sia l'unico obiettivo della
vita, non trascuriamo la vita, accanto alla morte. Riconosciamo due pulsioni fondamentali e lasciamo a ognuna la propria meta. Come entrambe si intreccino nel processo vitale, come la pulsione di morte serva agli intenti dell'Eros, specialmente nel
suo volgersi all'esterno in forma di aggressivit sono compiti che restano affidati all'indagine futura. Noi non andiamo oltre il punto in cui una simile prospettiva rimane aperta. La questione altresse il carattere conservativo sia proprio di
tutte le pulsioni indistintamente, se anche le pulsioni erotiche mirino a ripristinare uno stato anteriore quando aspirano a comporre il vivente in pivaste unit anche questo un interrogativo che dovressere da noi lasciato senza risposta.

Ci siamo allontanati un po' dal nostro punto di partenza. Intendo comunicarvi posticipatamente da dove abbiamo preso le mosse per questa riflessione sulla teoria delle pulsioni. E' stato lo stesso movente che ci ha indotti a rivedere la relazione
tra l'Io e l'inconscio, ossia stata l'impressione, riportata nel lavoro analitico, che il paziente il quale oppone resistenza molto spesso non ne sappia nulla. Ma non solo gli inconscio il fatto della resistenza, lo sono anche i motivi della
resistenza. Noi abbiamo dovuto ricercare questi motivi, o questo motivo, e con nostra sorpresa lo abbiamo trovato in un forte bisogno di punizione, che abbiamo potuto classificare solo fra i desideri masochistici.

L'importanza pratica di questa scoperta non inferiore a quella teorica, poichil bisogno di punizione il peggior nemico dei nostri sforzi terapeutici. Esso viene soddisfatto dalla sofferenza collegata alla nevrosi e per questo si tiene
aggrappato alla malattia. Sembra che questo fattore, il bisogno inconscio di punizione, sia implicato in ogni affezione nevrotica. Pienamente convincenti appaiono, a questo proposito, quei casi in cui la sofferenza nevrotica si fa sostituire da una
sofferenza d'altro genere. Vi riferirun aneddoto di questo tipo.

Una volta mi riuscdi liberare una signorina piuttosto anziana dal complesso di sintomi che per circa quindici anni l'aveva condannata a un esistenza tormentosa ed esclusa dalla partecipazione alla vita. Si sentguarita e si gettcon entusiasmo a
sviluppare i talenti di cui era non scarsamente dotata, col desiderio di acquistarsi ancora un po' di considerazione, di gioia e di successo. Purtroppo ognuno dei suoi tentativi finquando le si fece sapere, o lei stessa si rese conto, che era
ormai troppo vecchia per ottenere dei risultati.

Ogni volta, dopo simile conclusione, la cosa piovvia sarebbe stata la ricaduta nella malattia, ma di questo essa non era picapace; le accadevano invece incidenti che per un certo periodo le impedivano qualunque attivite la facevano soffrire.
Cadeva e si slogava un piede o si feriva un ginocchio, si faceva male a una mano durante una qualsiasi occupazione. Dopo che le fu fatto notare che non era improbabile che lei stessa avesse una parte in questi casi apparentemente fortuiti, essa
cambiper cosdire tecnica. Invece degli incidenti comparvero nelle stesse occasioni leggere indisposizioni (catarri, angine stati influenzali, gonfiori reumatici),finchfinalmente si decise alla rassegnazione e tutti questi fenomeni vennero a
cessare.

Sulla provenienza di questo inconscio bisogno di punizione non possibile avere dubbi. E' un bisogno che si comporta come un pezzo della nostra coscienza morale, come la continuazione di essa nell'inconscio; ha necessariamente la stessa origine
della coscienza morale, quindi corrispondera una porzione di aggressivitche stata interiorizzata e assunta nel Super-io. Se soltanto non ci fosse una certa contraddizione di termini, sarebbe senz'altro giustificato a tutti gli effetti pratici
chiamarlo "inconscio senso di colpa". Teoreticamente siamo in dubbio se supporre che tutta l'aggressivitrifluita dal mondo esterno venga vincolata dal Super-io e quindi rivolta contro l'Io, oppure che una parte di essa svolga la sua muta e
inquietante attivitnell'Io e nell'Es come libera pulsione distruttiva. Una distribuzione di questo tipo piprobabile, tuttavia su questo argomento non ne sappiamo di pi Al momento dell'istituzione del Super-io, quella porzione di aggressivit contro i genitori alla quale il bambino non poteva trovare uno sfogo verso l'esterno, a causa sia della sua fissazione amorosa, sia delle difficoltesterne, ha certo trovato impiego al fine di dotare questa istanza; ed per questo che non indispensabile che la severitdel Super-io corrisponda semplicemente alla rigorositdell'educazione. E' possibilissimo che, in successive occasioni ove occorra reprimere l'aggressivit la pulsione prenda la stessa via che le era stata aperta in
quel momento decisivo.

Gli individui in cui questo inconscio senso di colpa strapotente si rivelano nel trattamento analitico essere quelli con reazione terapeutica negativa, cosa tanto fastidiosa per la prognosi.

Quando si comunica loro la soluzione di un sintomo, alla quale normalmente dovrebbe seguire la sua scomparsa almeno temporanea, essi rispondono con una momentanea intensificazione del sintomo e della sofferenza. Spesso basta lodarli per il loro
comportamento nella cura, esprimere alcune parole di speranza sul progresso dell'analisi, perchinconfondibilmente si sentano subito peggio.

Chi non analista direbbe che manca loro la "volontdi guarire"; seguendo il modo di pensare analitico, vedremo in questo comportamento l'espressione dell'inconscio senso di colpa, ove la malattia, con le sue sofferenze e i suoi impedimenti, appunto desiderata. I problemi sollevati dall'inconscio senso di colpa, le sue relazioni con la morale, con la pedagogia, con la criminalite con l'infanzia trascurata sono attualmente il campo di lavoro preferito degli psicoanalisti.

Qui, in un punto inaspettato, dal mondo psichico sotterraneo irrompiamo in piazza. Non posso condurvi oltre, ma prima di congedarmi, per oggi da voi devo intrattenervi ancora con alcune considerazioni. Abbiamo preso l'abitudine di dire che la nostra
civiltcostruita a spese di tendenze sessuali inibite dalla societ che vengono in parte rimosse, ma in parte sono rese utilizzabili per nuove mete. Siamo ormai d'accordo che nonostante tutto il nostro orgoglio per le nostre conquiste culturali,
non ci riesce facile assolvere le richieste di questa civilt sentirci a nostro agio in essa, perchle limitazioni pulsionali imposteci significano per noi un grave onere psichico. Ebbene, ciche abbiamo riconosciuto valido per le pulsioni
sessuali vale in uguale e forse maggior misura per le altre pulsioni, quelle aggressive. Sono queste soprattutto che rendono difficile la convivenza degli uomini e che ne minacciano la continuit la limitazione della propria aggressivitil primo
e forse pidifficile sacrificio che la societdeve esigere dal singolo.

Abbiamo appreso in quale ingegnosa maniera sono state domate le impennate. L'istituzione del Super-io, che attira su di si pericolosi impulsi aggressivi, introduce in certo qual modo un presidio nei luoghi ove bolle la sommossa. Per contro, da un
punto di vista puramente psicologico, si deve riconoscere che l'Io non si sente a suo agio quando viene cossacrificato ai bisogni della societ quando deve sottostare alle tendenze distruttive dell'aggressivitche avrebbe volentieri esercitato
contro altri.

E' come una continuazione sul terreno della psiche di quel dilemma, "mangiare o essere mangiato" che domina il mondo della vita organica. Per fortuna le pulsioni aggressive non sono mai sole, sono sempre combinate con quelle erotiche. A queste
ultime spetta in larga misura di mitigare e di prevenire, nell'跩bito della civiltcreata dall'uomo.







Lezione 33 - LA FEMMINILITA'

Signore e Signori, quando mi preparo a parlare di fronte a voi lotto incessantemente con una difficoltinterna. Non mi sento sicuro, per cosdire, di esserne autorizzato. E' vero che in quindici anni di lavoro la psicoanalisi si mutata e
arricchita, ma ciononostante un'introduzione alla psicoanalisi potrebbe non richiedere correzioni e integrazioni. Mi viene continuamente il dubbio che manchi a queste conversazioni una ragion d'essere. Agli analisti dico troppo poco e, nel
complesso, nulla di nuovo; a voi invece dico troppo, e troppe cose che non siete preparati a comprendere, perchnon sono di vostra pertinenza. Mi sono preoccupato di cercare delle scuse e sono giunto a una giustificazione differente per ogni
lezione. La prima, sulla teoria del sogno, doveva prefiggersi di riportarvi di colpo in piena atmosfera analitica e dimostrare la soliditdelle nostre vedute. La seconda, la quale segue il cammino che va dal sogno al cosiddetto occultismo, scaturita dall'opportunitdi dire una libera parola su di un settore di lavoro in cui aspettative cariche di pregiudizi lottano oggi contro resistenze appassionate; cinella speranza che il vostro giudizio, educato alla tolleranza sull'esempio
della psicoanalisi, non si sarebbe rifiutato di accompagnarmi in quella escursione. La terza conferenza, sulla scomposizione della personalit stata certamente l'osso piduro, tanto era insolito il suo contenuto, ma mi era impossibile
prescindere da questo primo rudimento di una psicologia dell'Io e, se fosse stato disponibile quindici anni fa, avrei dovuto menzionarlo giallora. L'ultima lezione, infine, che probabilmente avrete seguito solo con grande sforzo, ha apportato le
rettifiche resesi necessarie e nuovi tentativi di soluzione dei piimportanti interrogativi, e la mia introduzione vi avrebbe portato fuori strada se li avessi taciuti. Come vedete, quando si comincia con lo scusarsi, la conclusione che tutto era
inevitabile, tutto fatale. Non resta che assoggettarsi; vi prego, fatelo anche voi.

Nemmeno l'odierna lezione dovrebbe trovare posto in un corso introduttivo, ma pudarvi un saggio di lavoro analitico condotto nei dettagli e posso dire due cose per raccomandarvela. Non presenta che fatti osservati, quasi senza aggiunte
speculative, e si occupa di un tema che ha diritto come pochi altri al vostro interesse.

Sull'enigma della femminilitgli uomini si sono lambiccati in ogni epoca il cervello:

"Teste in berretti geroglifici, Teste in turbante e berretta nera, Teste imparruccate e mille altre Povere, sudanti teste umane..." (1)

Neanche voi, in quanto uomini, vi sarete sottratti a questo rompicapo; dalle signore qui presenti non ci aspettiamo questo:

esse stesse sono questo enigma. "Maschile o femminile" la prima distinzione che fate allorchincontrate un altro essere umano, e siete abituati a fare questa distinzione con assoluta sicurezza.

La scienza anatomica condivide la vostra sicurezza in un punto e non molto piin l Maschile il prodotto sessuale maschile, lo spermatozoo e il suo portatore; femminile l'uovo e l'organismo che lo ospita. In entrambi i sessi si sono formati
organi che servono esclusivamente alle funzioni sessuali e che si sono verosimilmente sviluppati dalla stessa disposizione, assumendo due diverse conformazioni. In entrambi, inoltre, gli altri organi, le forme del corpo e i tessuti mostrano un
influsso da parte del sesso, ma l'influsso incostante e la sua entitvariabile: si tratta dei cosiddetti caratteri secondari del sesso. A questo punto la scienza vi dice qualcosa che contrasta con quanto vi aspettate e che probabilmente fatta
per confondere i vostri sentimenti. Vi fa osservare che parti dell'apparato sessuale maschile si riscontrano anche nel corpo della donna, benchin stato atrofizzato, e viceversa. In questa presenza essa vede un indizio di bisessualit come se
l'individuo non fosse uomo o donna, ma sempre l'uno e l'altra, e solo un po' pil'uno o l'altra. C'qui un invito a familiarizzarvi con l'idea che la proporzione in cui il maschile e il femminile s'intrecciano nell'individuo soggetta a
oscillazioni assai rilevanti. Tuttavia, poichin una persona, a prescindere da casi rarissimi, sono presenti prodotti sessuali di una sola specie - uova o cellule seminali, - non potete anche fare a meno di mettere in dubbio il significato
fondamentale di questi elementi [maschile e femminile] e trarre la conclusione che ciche costituisce la mascolinito la femminilitsia un carattere sconosciuto, che l'anatomia non puafferrare.

Puforse farlo la psicologia? Siamo avvezzi a impiegare "maschile" e "femminile" anche come qualitpsichiche, e abbiamo parimenti trasferito nella vita psichica la nozione di bisessualit Di una persona, sia essa maschio o femmina, diciamo che in
una certa situazione si comporta in modo maschile, in quell'altra in modo femminile. Ma vi renderete conto ben presto che cisignifica semplicemente arrendersi all'anatomia e alla convenzione. Non potete dare alcun nuovo contenuto ai concetti di
"maschile" e "femminile". La distinzione non psicologica; quando dite "maschile" di regola intendete "attivo", e quando dite "femminile" intendete "passivo". Ora, vero che una relazione di questo tipo esiste. La cellula sessuale maschile attivamente mobile, cerca quella femminile, e questa, l'uovo, immobile, attende passivamente. Questo comportamento degli organismi sessuali elementari esemplare per la condotta degli individui nel rapporto sessuale. Il maschio insegue la femmina
allo scopo dell'unione sessuale, la assale, penetra in lei. Ma con questo avete per l'appunto ricondotto, per quanto concerne la psicologia, il carattere della mascolinital momento aggressivo. Il dubbio di non aver colto in tal modo nulla di
essenziale sarinevitabile, se considererete che in alcune classi di animali le femmine sono piforti e aggressive, mentre i maschi sono attivi unicamente nell'atto dell'unione sessuale. E' il caso, per esempio, dei ragni. Anche le funzioni di
covare e di allevare, le quali ci paiono cossquisitamente femminili, non sono negli animali regolarmente connesse col sesso femminile. In specie molto elevate, si osserva che i sessi si dividono il compito di covare o, perfino, che vi si dedica
soltanto il maschio. Persino nel campo della vita sessuale umana vi accorgete presto quanto sia inadeguato far coincidere il comportamento maschile con l'attivite quello femminile con la passivit La madre attiva in ogni senso nei riguardi del
suo bambino; ciononostante l'atto stesso dell'allattamento si puindifferentemente concepire tanto in modo attivo come allattare, quanto in modo passivo come farsi succhiare il latte. Quanto pivi allontanate poi dallo stretto campo sessuale,
tanto pichiaro diventa l"'errore di sovrapposizione".

Le donne possono esplicare una grande attivitin diverse direzioni, gli uomini non possono convivere con i loro simili se non sviluppano un alto grado di passiva arrendevolezza. Se adesso mi dite che questi fatti contengono precisamente la prova
che tanto gli uomini quanto le donne sono bisessuali in senso psicologico, ne deduco che dentro di voi siete decisi a far coincidere "attivo" con "maschile" e "passivo" con "femminile". Ma ve lo sconsiglio. A mio parere non risponde al nostro scopo
ed certo che non ci insegna niente di nuovo.

Si potrebbe pensare di caratterizzare psicologicamente la femminilitcon la preferenza per mete passive, il che, naturalmente, non la stessa cosa della passivit per realizzare una meta passiva puessere necessaria una grande dose di attivit
Forse succede che nella donna una preferenza per il comportamento passivo e per aspirazioni passive, proveniente dalla parte che le riservata nella funzione sessuale, si protenda nella vita pio meno ampiamente, secondo i limiti, circoscritti o
estesi, in cui la vita sessuale funge da modello. Dobbiamo perbadare a non sottovalutare l'influsso degli ordinamenti sociali, che parimenti sospingono la donna in situazioni passive. Tutto questo ancora molto oscuro. C'una relazione
particolarmente costante, tra femminilite vita pulsionale che non vogliamo trascurare. Nella donna la repressione dell'aggressivitprescrittale dalla sua costituzione e impostale dalla societ favorisce lo sviluppo di forti impulsi masochistici,
i quali, come sappiamo, riescono a legare eroticamente le tendenze distruttive rivolte all'interno. Il masochismo dunque, come si suol dire, schiettamente femminile. Se per come tanto spesso avviene, riscontrate il masochismo negli uomini, che
altro vi resta da dire se non che questi uomini mostrano tratti femminili molto evidenti?

Avete ormai capito che neppure la psicologia in grado di sciogliere l'enigma della femminilit La spiegazione deve venire da qualche altra parte e non puvenire se prima non abbiamo appreso come abbia avuto origine, in genere, la
differenziazione degli esseri viventi in due sessi. Nulla sappiamo in proposito, eppure l'esistenza dei due sessi un carattere assai appariscente della vita organica, mediante il quale essa si distingue nettamente dalla natura inanimata.
Frattanto, contentiamoci di studiare quei caratteristici individui umani che, per il fatto di possedere genitali femminili, sono manifestamente o prevalentemente femminili. E' conforme alla natura della psicoanalisi proporsi non di descrivere ci che la donna - il che sarebbe un compito forse superiore alle sue forze - ma di indagare il modo in cui diventa tale, il modo in cui dalla bambina, che ha disposizione bisessuale, si sviluppa la donna.

Negli ultimi tempi abbiamo appreso qualcosa su questo argomento, grazie alla circostanza che parecchie nostre esimie colleghe in analisi hanno cominciato a lavorare attorno al problema. La discussione stata particolarmente stimolante a causa della
diversitdei sessi, poichogniqualvolta un confronto sembrava andare a scapito del loro sesso, le nostre analiste potevano esprimere il sospetto che noi analisti non avessimo superato certi pregiudizi profondamente radicati contro la femminilite
li scontassimo quindi con la parzialitdella nostra ricerca. A noi per contro era facile evitare, invocando la bisessualit ogni scortesia. Non avevamo che da dire: "Questo non vale per voi. Voi siete l'eccezione, su questo punto siete pi maschili che femminili".

Affrontiamo l'indagine dello sviluppo sessuale della donna con una duplice attesa. La prima che anche qui la costituzione non si adatti alla funzione senza riluttanza. L'altra che le svolte decisive siano avviate o compiute giprima della
pubert

Entrambe sono presto confermate. Inoltre, il confronto con quanto avviene nel maschietto ci dice che il passaggio dalla bambina alla donna normale pidifficile e complicato, poichcomprende due compiti in pi per i quali lo sviluppo dell'uomo
non presenta alcun corrispondente. Seguiamo il parallelo a partire dall'inizio.

Giil materiale senza dubbio diverso nel maschietto e nella bambina; per stabilirlo non c'bisogno della psicoanalisi. La differenza nella conformazione dei genitali si accompagna ad altre diversitsomatiche, che sono troppo note perchoccorra
menzionarle. Anche nella disposizione pulsionale compaiono differenze che lasciano presagire la futura indole della donna. La bambina di regola meno aggressiva, meno ostinata e autosufficiente, sembra avere maggior bisogno che le si dimostri
tenerezza ed essere pertanto pidipendente e docile. Il fatto che si lasci educare pifacilmente e pipresto al controllo delle escrezioni molto probabilmente solo una conseguenza di questa docilit urina e feci sono i primi regali che il
bambino fa alle persone che hanno cura di lui, il loro controllo la prima concessione che la vita pulsionale infantile si lascia strappare.

Si ha anche l'impressione che la femminuccia sia piintelligente, pivivace del maschietto suo coetaneo e maggiormente rivolta verso il mondo esterno, fa alla stessa epoca investimenti oggettuali piforti. Non so se questo anticipo nello sviluppo
sia stato confermato da osservazioni precise; in ogni caso, accertato che la bambina non puessere definita intellettualmente inferiore. Queste differenze fra i sessi non vanno, tuttavia, tenute in molta considerazione: possono venir
controbilanciate da variazioni individuali. Per i nostri intenti immediati possiamo trascurarle.

Entrambi i sessi sembrano attraversare allo stesso modo le prime fasi dello sviluppo libidico. Sarebbe stato logico che nella bambina si manifestasse un rallentamento dell'aggressivitginella fase sadico - anale, ma non cos L'analisi del
gioco infantile ha mostrato alle nostre analiste che gli impulsi aggressivi delle femmine non lasciano nulla a desiderare quanto a ricchezza e violenza. Con l'ingresso nella fase fallica, le differenze fra i sessi passano in seconda linea rispetto
alle concordanze. Dobbiamo ora riconoscere che la bambina un ometto.

Nel maschio questa fase notoriamente caratterizzata dal fatto che egli sa procurarsi sensazioni piacevoli col suo piccolo pene, il cui stato eccitato da lui posto in relazione con le proprie idee circa il rapporto sessuale. Lo stesso fa la
bambina con la sua ancor pipiccola clitoride. Sembra che in lei tutti gli atti onanistici si esplichino su questo equivalente del pene, e che la vagina, che propriamente femminile, sia ancora da scoprire per entrambi i sessi. E' vero che voci
sporadiche riferiscono di precoci sensazioni vaginali, ma mi pare difficile distinguere tali sensazioni da quelle anali o vestibolari; in ogni caso, esse non possono avere una parte rilevante. Possiamo percitenere per certo che nella fase fallica
della bambina la clitoride la zona erogena dominante. Ma non durera lungo; con la svolta verso la femminilitla clitoride deve cedere in tutto o in parte la sua sensibilit e quindi la sua importanza, alla vagina. E' questo uno dei due compiti
che devono essere risolti dallo sviluppo della donna, mentre l'uomo, pifortunato, all'epoca della maturitsessuale non ha che da continuare ciin cui si era preliminarmente esercitato nel periodo del primo sbocciare della sessualit

Sul ruolo della clitoride torneremo ancora; rivolgiamoci ora al secondo compito che grava sullo sviluppo della bambina. Il primo oggetto amoroso e maschio la madre, che tale rimane anche nella formazione del complesso edipico e, in fondo, per
tutta la vita.

Anche per la bambina il primo oggetto dev'essere la madre (e le figure della balia e della bambinaia che con lei si confondono), poichovvio che i primi investimenti oggettuali avvengono mediante appoggio al soddisfacimento dei grandi e semplici
bisogni vitali e le modalitdel governo dei bambini sono le stesse per entrambi i sessi. Nella situazione edipica, invece, il padre che diventa per la bambina l'oggetto amoroso, e ci aspettiamo che nel normale corso dello sviluppo essa trovi, a
partire dall'oggetto paterno, la via verso la scelta oggettuale definitiva. Col volgere del tempo la bambina deve dunque cambiare zona erogena e oggetto, mentre il maschio li mantiene entrambi. Sorge allora la domanda:

come avviene questo? e in particolare: come passa la bambina, dalla madre, all'attaccamento per il padre o, in altri termini, dalla sua fase maschile a quella femminile, a lei biologicamente destinata?

Sarebbe una soluzione di una semplicitideale se potessimo supporre che, a partire da una certa et si faccia sentire l'influsso elementare dell'attrazione eterosessuale, la quale spingerebbe la piccola donna verso l'uomo, mentre la stessa legge
permetterebbe al maschio di rimanere attaccato alla madre. Anzi, si potrebbe aggiungere che i bambini seguano in cil'indicazione che proviene loro dalla preferenza sessuale dei genitori. Ma non ce la caveremo cosfacilmente; non sappiamo, quasi,
se dobbiamo credere sul serio in quel potere misterioso, non ulteriormente scomponibile mediante l'analisi, del quale i poeti parlano con tanto entusiasmo. Dalle nostre laboriose ricerche - per le quali fu perfacile procurarci il materiale abbiamo
ricavato un'informazione di tutt'altro genere. Dovete sapere che il numero delle donne le quali fino a etavanzata rimangono in tenera dipendenza dall'oggetto paterno, o addirittura dal padre reale, molto grande. Su queste donne con attaccamento
intenso e persistente al padre abbiamo fatto sorprendenti constatazioni.

Sapevamo, naturalmente, che c'era stato uno stadio preliminare di attaccamento alla madre, ma non sapevamo che potesse essere cosricco di contenuto, perdurare cosa lungo, lasciarsi dietro tanti spunti a fissazioni e predisposizioni. Durante
questo periodo il padre solo un modesto rivale, in alcuni casi l'attaccamento alla madre persiste fin oltre il quarto anno. Quasi tutto quello che pitardi troviamo nel rapporto con il padre era gipresente in tale attaccamento ed stato
trasferito successivamente sul padre.

Ci formiamo, in breve, la convinzione che non si pucomprendere la donna se non si valuta questa fase dell'ATTACCAMENTO PREEDIPICO ALLA MADRE.

Ci piacerebbe ora sapere quali sono le relazioni libidiche della bambina con la madre. La risposta che sono molto varie. Poichpassano attraverso tutte e tre le fasi della sessualitinfantile, esse assumono anche tutti i caratteri delle singole
fasi, si esprimono in desideri orali, sadico - anali e fallici. Questi desideri rappresentano impulsi sia attivi che passivi; se li mettiamo in rapporto - benchsia il pipossibile da evitare- con la differenziazione dei sessi che compare pi tardi, possiamo chiamarli maschili e femminili. Oltre a ci essi sono del tutto ambivalenti, tanto di natura affettuosa quanto di natura ostile- aggressiva. Questi ultimi spesso vengono alla luce solo dopo essere stati trasformati in
rappresentazioni d'angoscia. Non ci sempre facile riuscire a formulare in che cosa consistano questi precoci desideri sessuali; quello che pichiaramente si esprime il desiderio di dare alla madre un bambino - e quello corrispondente di
partorirle un bambino entrambi appartenenti alla fase fallica e abbastanza sconcertanti, ma accertati al di ldi ogni dubbio dall'osservazione analitica. Il fascino di queste ricerche risiede in ognuna delle sorprendenti scoperte che ci apportano.
Cos ad esempio, si trova riferita alla madre, giin questo periodo preedipico, la paura di essere uccise o avvelenate, che pitardi pucostituire il nucleo di una malattia paranoica.

Oppure un altro caso: Vi ricorderete un interessante episodio della storia della ricerca analitica, che mi ha causato molte ore penose; nel periodo in cui il maggior interesse era rivolto a scoprire traumi sessuali infantili, quasi tutte le mie
pazienti mi raccontavano di essere state sedotte dal padre, ma alla fine dovetti convenire che questi racconti non erano veri e imparai cosa comprendere che i sintomi isterici derivano da fantasie e non da avvenimenti reali; solo pitardi potei
riconoscere in questa fantasia di seduzione da parte del padre l'espressione del tipico complesso edipico nella donna. E ora ritroviamo la stessa fantasia della seduzione nella storia preedipica della bambina, ma la seduttrice invariabilmente la
madre. Qui perla fantasia tocca il terreno della realt poichfu realmente la madre che, nei maneggiamenti inerenti all'igiene del corpo, dovette provocare, e fors'anche risvegliare per la prima volta, sensazioni piacevoli nei genitali.

Prevedo che subito vi verril sospetto che questa descrizione della ricchezza e dell'intensitdelle relazioni sessuali della bambina piccola con la madre sia parecchio esagerata. Insomma, si ha occasione di vederle, queste bambine, e in esse non
si nota nulla di simile. Ma l'obiezione non coglie nel segno; sapendo osservare, nei bambini si vede piche a sufficienza. Considerate inoltre quanto poco dei loro desideri sessuali abbiano modo di far giungere a espressione preconscia, o
addirittura di comunicare, sicchnon facciamo che avvalerci di un nostro diritto se studiamo retrospettivamente i residui e le conseguenze di questo mondo di sensazioni presso coloro in cui questi processi di sviluppo raggiunsero un grado
particolarmente perspicuo o perfino eccessivo. La patologia ci ha sempre reso il servizio di farci distinguere, isolandole ed esagerandole, condizioni che nella normalitsarebbero rimaste nascoste. E poichgli individui su cui sono state svolte le
nostre ricerche non erano affatto casi gravemente anormali, ritengo che possiamo considerare degni di fede i risultati delle nostre ricerche.

Volgeremo ora il nostro interesse al problema specifico di che cosa metta fine a questo potente attaccamento della bambina alla madre. Sappiamo che abitualmente ciinevitabile: l'attaccamento destinato a cedere il posto a un sentimento simile
per il padre.

Qui ci imbattiamo in un fatto che ci indica la strada. In questo nodo dello sviluppo non si tratta semplicemente di un cambio d'oggetto. Il distacco dalla madre avviene all'insegna dell'ostilit l'attaccamento alla madre finisce in odio. Un odio
che pudiventare molto evidente e perdurare tutta la vita, e pitardi puessere accuratamente sovraccompensato; di regola, una parte di esso viene superato mentre un'altra parte persiste. Su cihanno naturalmente una forte influenza gli
avvenimenti degli anni successivi. Da parte nostra, ci limitiamo a studiarlo all'epoca in cui la bambina si volge al padre e a indagarne i motivi. Sentiamo allora una lunga lista di accuse e di lamentele contro la madre, intese a giustificare i
sentimenti ostili della bambina e di valore assai diverso, che non tralasceremo di esaminare. Alcune sono palesi razionalizzazioni e le vere sorgenti dell'inimicizia restano da trovare. Ho intenzione, questa volta, di condurvi attraverso tutti i
particolari di un'indagine psicoanalitica, e spero che parteciperete con interesse.



Il rimprovero alla madre che risale piindietro nel tempo di aver dato alla bambina troppo poco latte, il che le viene imputato come mancanza di amore. Ora, nelle nostre famiglie, questo rimprovero ha una certa giustificazione. Le madri spesso
non hanno sufficiente nutrimento per i loro bambini e si accontentano di allattarli per alcuni mesi, per sei o nove mesi. Presso i popoli primitivi i piccoli vengono nutriti al seno materno fino a due o tre anni. La figura della balia che allatta
viene di regola fusa con la madre; quando cinon accaduto, il rimprovero si trasforma nell'altro di aver mandato via troppo presto la balia che nutriva cospremurosamente la bambina. In ogni caso, qualunque possa essere stata la situazione
reale, impossibile che il rimprovero della bambina sia giustificato tanto spesso quanto lo si incontra. Sembra, piuttosto, che la sua aviditper il primo nutrimento sia assolutamente insaziabile, che essa non si consoli mai della perdita del seno
materno. Non sarei affatto sorpreso se l'analisi di una piccola primitiva, la quale ha avuto modo di succhiare al seno materno quando gisapeva camminare e parlare, mettesse in luce lo stesso rimprovero. Alla privazione del seno connessa
probabilmente anche la paura di essere avvelenata. Veleno il cibo che fa ammalare una persona. Forse la bambina fa risalire anche le sue prime malattie a questa frustrazione. Per credere al caso fortuito, occorre giuna buona dose di
addestramento intellettuale; i primitivi, gli incolti, e sicuramente anche i bambini, sanno indicare una ragione per tutto quello che accade. Forse originariamente si trattava di un motivo inteso nel senso dell'animismo. Ancora oggi, presso alcuni
strati della nostra popolazione non pumorire nessuno che non sia stato ucciso da un altro, di preferenza dal dottore. E la consueta reazione del nevrotico alla morte di una persona a lui prossima di incolpare sstesso di aver causato tale morte.

La seconda accusa contro la madre prorompe quando in famiglia appare il figlio successivo. Se possibile, qui mantenuto il legame con la frustrazione orale. La madre non potrebbe o non vorrebbe pidare il latte alla figlia perchle occorre il
nutrimento per il nuovo arrivato. Nel caso che i due bambini siano cosvicini fra loro che l'allattamento venga compromesso dalla seconda gravidanza, questo rimprovero acquista un fondamento reale e stranamente la piccina, anche con una differenza
d'etdi solo undici mesi, non troppo piccola per prendere conoscenza di come stanno le cose. Ma essa non invidia soltanto il latte all'indesiderato intruso e rivale, bensanche tutti gli altri segni della sollecitudine materna. Si sente
detronizzata, defraudata, lesa nei suoi diritti, riversa sul fratellino un odio geloso e sviluppa per la madre infedele un rancore che molto spesso si manifesta in uno spiacevole cambiamento del suo comportamento. Ad esempio, diventa "cattiva",
irritabile, disobbediente e regredisce invece di progredire nel controllo delle escrezioni. Tutto questo noto da molto tempo e viene accettato come naturale, ma raramente noi ci facciamo un'idea esatta dell'intensitdi questi impulsi di gelosia,
della tenacia con cui persistono, nonchdella vastitdella loro influenza sullo sviluppo futuro. In particolare, ciavviene percha questa gelosia viene dato sempre nuovo alimento negli anni successivi dell'infanzia e perchla scossa si ripete,
tutta, all'arrivo di ogni nuovo fratellino. Non fa molta differenza che la bambina rimanga la prediletta della madre; le sue pretese in fatto d'amore sono smisurate, esigono l'esclusivit non ammettono spartizioni.

Una fonte abbondante di ostilitverso la madre sono, nella bambina, i molteplici desideri sessuali che variano secondo la fase libidica, i quali non possono perlopivenire soddisfatti. La piforte di queste frustrazioni ha luogo nel periodo
fallico, quando la madre proibisce - spesso con dure minacce e con tutti i segni dell'indignazione - quel voluttuoso affacendarsi col genitale cui, in fin dei conti, lei stessa l'aveva iniziata.

Si dovrebbe pensare che questi motivi siano sufficienti a giustificare il distacco della bambina dalla madre. Pertanto viene da credere che questa rottura consegua inevitabilmente dalla natura della sessualitinfantile, dall'eccessivitdelle
pretese d'amore e dall'inappagabilitdei desideri sessuali. Anzi, chissse questa relazione amorosa della bambina non sia condannata a naufragare appunto perchla prima, dato che questi investimenti oggettuali prematuri sono di regola in alto
grado ambivalenti; accanto al forte amore sempre presente una forte tendenza aggressiva, e quanto piappassionatamente la bambina ama il suo oggetto, tanto pisensibile diviene di fronte a delusioni e frustrazioni da parte di questo. Alla fine,
l'amore deve soccombere all'ostilitaccumulata. Oppure si punegare una tale ambivalenza originaria degli investimenti amorosi e far rilevare che la particolare natura del rapporto madre - figlia a portare, con la stessa inevitabilit al
turbamento dell'amore infantile:

anche la pimite educazione, infatti, non punon esercitare la costrizione e introdurre limitazioni, e ogni simile intervento nella libertdella bambina deve provocare in lei, come reazione, la tendenza alla ribellione e all'aggressivit Credo
che la discussione di queste possibilitpotrebbe essere molto interessante; ma ecco che all'improvviso si presenta un'obiezione che ci obbliga a cercare in un'altra direzione. Tutti questi fattori - l'essere messi in secondo piano, le delusioni
amorose, la gelosia, la seduzione con successivo divieto - operano alla fin fine anche nel rapporto del maschietto con la madre, eppure non sono in grado di estraniarlo dall'oggetto materno. Finchnon avremo trovato qualcosa che sia specifico della
bambina e che non sia presente, o non in tal modo, nel maschio, non avremo chiarito perchvenga a cessare l'attaccamento della bambina verso la madre.

Riteniamo di aver trovato questo fattore specifico, e precisamente ldove ce l'aspettavamo, seppure in una forma sorprendente. Dico dove ce l'aspettavamo, perchsi trova nel complesso di evirazione. La diversitanatomica non punon manifestarsi
mediante conseguenze psichiche. E' stata peruna sorpresa apprendere dalle analisi che la bambina ritiene la madre responsabile della sua mancanza del pene e non le perdona questo svantaggio.

Come vedete, noi attribuiamo anche alla donna un complesso di evirazione. E con buone ragioni, ma esso non puavere lo stesso contenuto che nel maschietto. In quest'ultimo il complesso di evirazione sorge dopo che ha appreso, dalla vista di un
genitale femminile, che il membro da lui tanto stimato non deve necessariamente accompagnare ogni corpo. Rammenta allora le minacce che si attirato occupandosi del membro, incomincia a prestar loro fede e da quel momento cade sotto l'influsso
della paura dell'evirazione, che diviene la pipotente molla del suo successivo sviluppo. Anche il complesso di evirazione della bambina messo in moto dalla vista dell'altro genitale. Essa nota subito la differenza e - lo si deve ammettere -
anche il suo significato. Si sente gravemente danneggiata, dichiara spesso che anche lei "vorrebbe avere qualcosa di simile" e cade quindi in balia dell'invidia del pene, che lascertracce incancellabili nel suo sviluppo e nella formazione del suo
carattere e che, anche nel pifavorevole dei casi, non sarsuperata senza un grave dispendio psichico. Se la bambina riconosce di fatto la mancanza del pene, questo non vuol dire che vi si sottometta alla leggera.

Al contrario, ancora a lungo essa mantiene il desiderio di riuscire ad avere qualcosa di simile, ha fede in tale possibilitfino a un'etincredibilmente avanzata, e l'analisi pudimostrare che anche in epoche in cui la conoscenza della realtha
scartato, in quanto irraggiungibile, l'appagamento di questo desiderio, esso si mantiene ancora nell'inconscio e conserva una notevole carica di energia. Il desiderio di ottenere ugualmente il sospirato pene puancora essere uno dei motivi che
spingono la donna matura all'analisi, e in ciche essa puragionevolmente aspettarsi dall'analisi - la capacit per esempio, di esercitare una professione intellettuale - si puspesso ravvisare una modificazione sublimata di questo desiderio
rimosso.

Sull'importanza dell'invidia del pene non si possono avere dubbi.

Prendete pure come esempio di ingiustizia maschile la mia asserzione che l'invidia e la gelosia hanno nella vita psichica delle donne una parte ancora maggiore che in quella degli uomini.

Non che agli uomini queste qualitfacciano difetto o che nelle donne non abbiano altra radice all'infuori dell'invidia del pene, ma noi siamo propensi ad ascrivere il di pipresente nelle donne a quest'ultimo influsso. Alcuni analisti hanno
mostrato l'inclinazione a sminuire l'importanza della prima ondata di invidia del pene nella fase fallica. Essi ritengono che quanto, di questo atteggiamento, si riscontra nella donna sia in sostanza una formazione secondaria, sorta in occasione di
conflitti successivi mediante regressione a quell'impulso della prima infanzia. Ora, questo un problema generale della psicologia del profondo. A proposito di molti atteggiamenti pulsionali patologici, o anche soltanto insoliti ad esempio, a
proposito di tutte le perversioni sessuali, - ci si chiede quanta della loro forza vada attribuita alle fissazioni della prima infanzia e quanta all'influsso di esperienze e di sviluppi successivi. Si tratta quasi sempre di serie complementari, come
quelle da noi supposte nella discussione dell'etiologia delle nevrosi. Entrambi i momenti concorrono all'etiologia in proporzioni variabili; un meno da una parte viene bilanciato da un pidall'altra. Il fattore infantile in tutti i casi quello
che dl'orientamento, ma non sempre determinante, anche se lo spesso. Appunto nel caso dell'invidia del pene, sono decisamente dell'opinione che la prevalenza spetti al fattore infantile.

La scoperta della propria evirazione un punto di svolta nello sviluppo della bambina. Da essa si dipartono tre indirizzi di sviluppo: uno porta all'inibizione sessuale o alla nevrosi; il secondo a un cambiamento del carattere nel senso di un
complesso di mascolinit l'ultimo, infine, alla femminilitnormale. Su tutti e tre abbiamo appreso parecchie cose, anche se non tutto. Il contenuto essenziale del primo che la bambina piccola - la quale fino allora aveva vissuto in modo
maschile, sapeva procurarsi piacere eccitando la propria clitoride e metteva questa attivitin relazione con i suoi desideri sessuali spesso attivi, rivolti alla madre - si lascia guastare il godimento della propria sessualitfallica dall'influsso
dell'invidia del pene.

Mortificata nel suo amor proprio dal confronto col maschio, molto meglio fornito, essa rinuncia al soddisfacimento masturbatorio clitorideo, respinge il proprio amore per la madre e insieme, non di rado, rimuove buona parte delle sue tendenze
sessuali in genere. Il distacco dalla madre non avviene certo tutt'a un tratto, poichdapprima la bambina ritiene la propria evirazione una disgrazia individuale e solo a poco a poco la estende ad altri esseri femminili, e per finire anche alla
madre. Il suo amore era diretto alla madre fallica [dotata di fallo]; con la scoperta che la madre evirata, diventa possibile abbandonarla come oggetto d'amore, cosche i motivi di ostilita lungo accumulati prendono il sopravvento. Ci significa pertanto che, con la scoperta della mancanza del pene, la donna perde di valore agli occhi della bambina coscome del bambino e forse pitardi dell'uomo.

Tutti voi sapete quale determinante importanza etiologica i nostri nevrotici attribuiscono al loro onanismo. Lo ritengono responsabile di tutti i loro malanni e noi duriamo grande fatica a convincerli che sono in errore. In realt tuttavia,
dovremmo concedere loro che hanno ragione, poichl'onanismo la pratica in cui si esplica la sessualitinfantile, ed essi soffrono in effetti per il mancato sviluppo di questa sessualit Ora, i nevrotici incolpano perlopil'onanismo del periodo
puberale; hanno per la maggior parte dimenticato quello dell'infanzia, che quello che in realtimporta. Desidererei mi si presentasse una volta l'occasione di dilungarmi esaurientemente sull'importanza per la futura nevrosi o per il carattere
dell'individuo di tutte le particolaritche hanno effettivamente accompagnato il primitivo onanismo: se stato scoperto o no, come i genitori hanno combattuto o ammesso, se il bambino riuscito a reprimerlo da s Tutto ciha lasciato tracce
indelebili nel suo sviluppo.

Ma sono d'altro canto lieto di non doverlo fare; sarebbe un compito difficile e noioso, e alla fine mi mettereste in imbarazzo perchmi chiedereste sicuramente consigli pratici sul modo in cui ci si deve comportare, come genitore o educatore, di
fronte all'onanismo dei bambini. Lo sviluppo femminile, che vi vado esponendo, mi fornisce ora l'esempio di come la bambina si sforzi di liberarsi da sdall'onanismo, ma non sempre ci riesca. Nel caso che l'invidia del pene abbia suscitato un forte
impulso contro l'onanismo clitorideo ma questo non voglia cedere, si accende una lotta violenta per liberarsene, ove la bambina assume, per cosdire, la parte della madre ora deposta ed esprime tutta la propria delusione per l'inferioritdella
clitoride opponendosi in tutti i modi al soddisfacimento che putrarne. Molti anni pitardi, allorchl'attivitonanistica stata da lungo tempo repressa, continua ancora il suo interesse per essa, che va interpretato come difesa contro una
tentazione tuttora temuta.

L'interesse si manifesta nell'affiorare di una simpatia nei riguardi di coloro che si presume abbiano difficoltsimili, entra come motivo al momento di contrarre il matrimonio, puaddirittura determinare la scelta del coniuge o dell'innamorato.

L'eliminazione dell'onanismo dell'infanzia non invero nsemplice nindifferente.

Con l'abbandono della masturbazione clitoridea si rinuncia parzialmente all'attivit La passivitha ora il sopravvento e la svolta verso il padre viene compiuta prevalentemente con l'aiuto di spinte pulsionali passive. Capirete che, nello
sviluppo, una simile ondata che toglie di mezzo l'attivitfallica spiana il terreno alla femminilit Se cinon implica che troppe cose vanno perdute in seguito a rimozione, questa femminilitpuriuscire normale. Il desiderio con cui la bambina
si volge verso il padre indubbiamente, all'origine, il desiderio del pene che la madre le ha negato e che essa ora si aspetta dal padre. La situazione femminile peraffermata solo quando il desiderio del pene viene sostituito da quello del
bambino, ossia quando il bambino prende, secondo un'antica equivalenza simbolica, il posto del pene.

Sappiamo per altro che la bambina aveva desiderato un bambino giprima, nella fase fallica indisturbata: era questo, ovviamente, il significato del gioco con le bambole. Ma questo gioco non era propriamente l'espressione della sua femminilit
serviva a identificarsi con la madre nell'intento di sostituire la passivitcon l'attivit La figlioletta faceva la parte della madre e la bambola era lei stessa: ora poteva fare al bambino tutto ciche la madre soleva fare con lei. Solo con la
comparsa del desiderio del pene il bambino-bambola diventa un bambino avuto dal padre e la meta, da quel momento, del piforte desiderio femminile. La felicitgrande se questo desiderio infantile trova pitardi il suo appagamento reale, ma in
modo del tutto particolare se il bambino un maschio che porta con sl'agognato pene. Nella locuzione "un bambino avuto dal padre", che congiunge i due termini, l'accento posto abbastanza spesso sul bambino, mentre al padre non dato risalto.
Cosl'antico desiderio maschile di possedere il pene traspare appena nella femminilitcompiuta. Ma noi faremmo forse meglio a riconoscere che questo desiderio del pene un desiderio squisitamente femminile.

Trasferendo sul padre il desiderio del pene-bambino, la bambina entrata nella situazione del complesso edipico. L'ostilitverso la madre, che non ha avuto bisogno di essere creata ex novo, subisce ora un grande rafforzamento, poichessa diventa
la rivale che ottiene dal padre tutto quello che la bambina ambisce da lui.

Il complesso edipico della bambina ha celato al nostro sguardo il suo attaccamento preedipico alla madre, il quale invece importantissimo e lascia dietro di sfissazioni oltremodo persistenti. La situazione edipica per la bambina l'esito di un
lungo e difficile sviluppo, una sorta di soluzione provvisoria, una posizione di riposo, che non viene abbandonata tanto in fretta, specialmente perchl'inizio del periodo di latenza non lontano. E ora, nel rapporto fra il complesso edipico e il
complesso di evirazione, ci colpisce una differenza fra i sessi che probabilmente gravida di conseguenze. Il complesso edipico del maschio, in cui questi desidera la madre e vorrebbe eliminare il proprio padre in quanto rivale, si sviluppa
naturalmente nella fase della sua sessualitfallica. La minaccia dell'evirazione lo costringe perad abbandonare questo atteggiamento. Sotto l'impressione del pericolo di perdere il pene, il complesso edipico viene abbandonato, rimosso e, nel pi normale dei casi, radicalmente distrutto, e come suo erede viene istituito un severo Super-io. Quello che accade nella bambina pressappoco il contrario. Il complesso di evirazione prepara il complesso edipico, invece di distruggerlo; sotto
l'influsso dell'invidia del pene, la bambina viene distolta dall'attaccamento alla madre e si precipita nella situazione edipica come in un rifugio. La paura dell'evirazione era il motivo principale nella cui assenza il maschio non era spinto a
superare il complesso edipico. La bambina rimane in questo complesso per un tempo indeterminato, lo demolisce solo tardi e incompletamente. La formazione del suo Super-io deve risentire di queste condizioni, esso non puraggiungere la forza e
l'indipendenza che gli conferiscono importanza culturale e... i femministi non amano sentir accennare agli effetti di questa debolezza sul carattere femminile medio.

Rifacciamoci ora un po' indietro. Quale seconda possibile reazione alla scoperta dell'evirazione femminile abbiamo menzionato lo sviluppo di un forte complesso di mascolinit Intendiamo con ciche la bambina si rifiuta, in certo qual modo, di
riconoscere quel fatto spiacevole, e con caparbia ribellione esagera ancora la sua precedente mascolinit persiste nella sua attivitclitoridea e si rifugia nell'identificazione con la madre fallica o con il padre. Ma che cos'che determina
questo esito? Non possiamo immaginare niente altro se non un fattore costituzionale, una maggior abbondanza di attivit come quella che solitamente caratterizza il maschio. L'essenza del processo tuttavia, che a questo punto dello sviluppo viene
evitata l'ondata di passivitche inaugura la svolta verso la femminilit Il risultato estremo di questo complesso di mascolinitsembra essere l'influsso esercitato sulla scelta oggettuale, nel senso di una omosessualitmanifesta. L'esperienza
analitica ci insegna, per altro, che l'omosessualitfemminile raramente o mai la continuazione diretta della mascolinitinfantile. Sembra necessario che anche le bambine di questo tipo prendano per qualche tempo come oggetto il padre e accedano
alla situazione edipica. Dopo, per a causa delle immancabili delusioni ricevute dal padre, sono indotte a regredire al loro precedente complesso di mascolinit

L'importanza di queste delusioni non deve essere sopravvalutata; non sono risparmiate neppure alla bambina destinata alla femminilit senza avere lo stesso effetto. La predominanza del fattore costituzionale sembra indiscutibile, ma le due fasi
dello sviluppo dell'omosessualitfemminile si rispecchiano molto bene nelle pratiche delle omosessuali, le quali fanno tra loro la parte di madre e bambino altrettanto spesso e chiaramente quanto quella di uomo e donna.

Ciche vi ho ora riferito per cosdire, la preistoria della donna. Si tratta di un'acquisizione di questi ultimi anni e puavervi interessato come saggio di lavoro analitico dettagliato.

Poichil tema la donna, mi permetto in questa occasione di citare per nome alcune donne alle quali questa indagine deve importanti contributi. La dottoressa Ruth Mack Brunswick ha descritto per la prima volta un caso di nevrosi che risaliva a una
fissazione allo stadio preedipico e che non aveva mai raggiunto la situazione edipica; aveva la forma di paranoia di gelosia e si dimostraccessibile alla terapia. La dottoressa Jeanne Lampl-de Groot ha assodato, mediante sicure osservazioni, la
tanto inverosimile attivitfallica della bambina nei confronti della madre. La dottoressa Helene Deutsch ha dimostrato che gli atti erotici delle donne omosessuali riproducono i rapporti madre- bambino.

Non mia intenzione seguire l'ulteriore comportamento femminile attraverso la pubertfino all'epoca della maturit nle nostre conoscenze sarebbero sufficienti a questo scopo. In ciche segue ne delineeralcuni tratti.

Riallacciandomi alla preistoria, voglio qui soltanto mettere in rilievo che il dispiegamento della femminilitrischia di essere perturbato dai fenomeni residui del primitivo periodo mascolino.

Regredire alle fissazioni delle fasi preedipiche tutt'altro che raro; nel corso della loro vita, alcune donne sono soggette a un ripetuto alternarsi di periodi in cui prende il sopravvento ora la mascolinitora la femminilit Quello che noi
uomini chiamiamo l'"enigma della donna" deriva parzialmente forse, da questa espressione della bisessualitnella vita femminile.

Ma c'perun altro problema che nel corso di queste indagini sembra essere diventato maturo per una decisione. Noi abbiamo chiamato libido la forza motrice della vita sessuale. La vita sessuale dominata dalla polaritmaschile-femminile; viene
quindi spontaneo esaminare il rapporto della libido con questa antitesi. Non sarebbe sorprendente se risultasse che a ciascuna sessualitassegnata la sua particolare libido, cosche un genere di libido perseguirebbe le mete della vita sessuale
maschile e un altro le mete di quella femminile. Ma non avviene nulla di simile. C'una sola libido, la quale viene messa al servizio tanto della funzione sessuale maschile quanto di quella femminile. Alla libido in snon possiamo attribuire alcun
sesso; se, seguendo la convenzionale equiparazione fra attivite mascolinit preferiamo chiamarla "maschile", non dobbiamo dimenticare che essa rappresenta anche tendenze con mete passive.

Qualificare tuttavia la libido come "femminile" mancherebbe di qualsiasi giustificazione. E' nostra impressione che alla libido sia stata fatta maggior violenza allorchla si costretta al servizio della funzione femminile e che teleologicamente
parlando - la natura tenga meno conto delle esigenze di questa funzione che di quelle della virilit E cipuavere il suo motivo - sempre ragionando teleologicamente nel fatto che la realizzazione della meta biologica stata affidata
all'aggressivitdell'uomo e resa entro certi limiti indipendente dal consenso della donna.

La frigiditsessuale della donna, la cui frequenza sembra confermare questa posizione di secondo piano, un fenomeno tuttora insufficientemente compreso. Talvolta essa psicogena, e quindi accessibile a trattamento; in altri casi suggerisce
l'ipotesi di essere condizionata costituzionalmente e perfino che vi contribuisca un fattore anatomico.

Ho promesso di esporvi alcune altre peculiaritpsichiche della femminilitmatura, quali si presentano all'osservazione analitica. Per queste affermazioni non pretendiamo nulla di pidi un valore medio di verit inoltre non sempre facile
distinguere che cosa sia da ascriversi all'influsso della funzione sessuale e che cosa alla regolamentazione sociale .

Noi attribuiamo il narcisismo in maggiore misura alla femminilit ed esso influisce tra l'altro sulla scelta oggettuale della donna, cosche essere amata per lei un bisogno piforte di quello di amare. Nella vanitfisica della donna ha la sua
parte anche l'effetto dell'invidia del pene, dal momento che essa deve tanto maggiormente stimare le sue attrattive in quanto tardivo risarcimento per l'originaria inferioritsessuale. Al pudore, che ritenuto una qualitsquisitamente femminile
ma assai piconvenzionale di quanto si potrebbe pensare, noi attribuiamo l'originaria intenzione di nascondere il difetto del genitale. Non dimentichiamo che esso ha assunto in seguito altre funzioni. Si dice che le donne abbiano fornito pochi
contributi alle scoperte e alle invenzioni della storia della civilt eppure c'forse una tecnica che esse hanno inventato: quella dell'intrecciare e del tessere. Se cosfosse, viene spontaneo tentare di indovinare il motivo inconscio di questa
riuscita. La natura stessa sembra avere offerto il modello da imitare, facendo crescere, con la maturitsessuale, il pelo pubico che ricopre il genitale. Il passo successivo consistette nel far aderire l'una all'altra le fibre che sul corpo erano
conficcate nella pelle ed erano soltanto ingarbugliate fra loro. Se respingete come fantastico questo accostamento e ritenete che l'influenza della mancanza del pene sul configurarsi della femminilitsia una mia idea fissa, mi cogliete,
naturalmente, privo di possibilitdi difesa.

Le cause determinanti la scelta oggettuale della donna sono rese abbastanza spesso irriconoscibili da condizioni sociali. Ldove tale scelta pumostrarsi liberamente, fatta spesso secondo un ideale narcisistico, ove l'ideale quel particolare
uomo che la bambina aveva desiderato diventare. Se la bambina rimasta ferma all'attaccamento al padre, e quindi al complesso edipico, sceglie secondo il tipo paterno. Dato che nel suo volgersi dalla madre al padre l'ostilitdel rapporto emotivo
ambivalente rimasta sulla madre, una scelta di tal genere dovrebbe assicurare un matrimonio felice. Ma molto spesso l'esito tale da minacciare l'intera risoluzione del conflitto di ambivalenza. L'ostilitlasciata indietro raggiunge
l'attaccamento positivo e si estende al nuovo oggetto. Il marito che dapprima aveva ereditato dal padre, assume col tempo anche l'ereditmaterna. Pertanto pufacilmente succedere che la seconda metdella vita di una donna sia riempita dalla lotta
contro il marito, coscome la prima, pibreve, lo stata dalla ribellione contro la madre. Dopo che la reazione stata vissuta a fondo, un secondo matrimonio pufacilmente riuscire molto pisoddisfacente. Un altro mutamento nella natura della
donna, al quale gli innamorati non sono preparati, pusopravvenire nel matrimonio dopo che nato il primo figlio. Sotto l'influenza della propria maternit puriaccendersi nella donna un'identificazione con la propria madre, contro la quale
aveva lottato fino al matrimonio, e tale identificazione putirare a stutta la libido disponibile, cosche la coazione a ripetere riproduce un matrimonio infelice dei genitori. Che l'antico influsso della mancanza del pene non abbia ancora
perduto la sua forza, appare evidente nella diversa reazione della madre alla nascita di un figlio o di una figlia. Solo il rapporto con il figlio dalla madre una soddisfazione illimitata; di tutte le relazioni umane questa in genere la pi perfetta, la pilibera da ambivalenza. Sul figlio la madre putrasferire l'ambizione che dovette reprimere in sstessa, da lui puattendersi la soddisfazione di tutto quello che le rimasto del proprio complesso di mascolinit Il matrimonio
stesso non sicuro se non quando la moglie sia riuscita a fare del proprio marito anche il proprio bambino e ad agire da madre nei suoi confronti.

Nell'identificazione della donna con sua madre possibile distinguere due strati: quello preedipico, che basato sul tenero attaccamento alla madre e che prende quest'ultima come modello, e quello successivo risultante dal complesso edipico, che
vuole eliminare la madre e sostituirla presso il padre. E' certo che rimangono molte tracce di entrambi gli strati nella vita futura e che nessuno dei due viene superato in misura adeguata nel corso dello sviluppo. Ma la fase del tenero attaccamento
preedipico quella decisiva per il futuro della donna; qui che si prepara la lenta maturazione di quelle qualitche le consentiranno pitardi di essere all'altezza del suo ruolo nella funzione sessuale e di far fronte ai suoi preziosi compiti
sociali. E' in questa identificazione, inoltre, che acquista le sue doti di attrazione nei confronti dell'uomo, il cui attaccamento edipico alla madre divampa in una nuova passione. Peccato che poi, molto spesso, solo il figlio ottenga ciche
l'uomo aveva aspirato per s Si ha l'impressione che tra l'amore dell'uomo e quello della donna rimanga un distacco dovuto a una differenza di fase psicologica.

C'un nesso tra lo scarso senso di giustizia della donna e il prevalere dell'invidia nella sua vita psichica; infatti, l'esigenza di giustizia una metamorfosi dell'invidia, costituisce la condizione in base alla quale possibile rinunciarvi.
Diciamo anche delle donne che i loro interessi sociali sono pideboli e la loro capacitdi sublimazione delle pulsioni piridotta che negli uomini. Il primo aspetto deriva senza dubbio dal carattere asociale che indubbiamente proprio di tutti i
rapporti sessuali: gli innamorati bastano l'uno all'altro e anche la famiglia rest駮 all'inserimento in associazioni pivaste. L'attitudine alla sublimazione soggetta alle pigrandi oscillazioni individuali. Ma a proposito delle oscillazioni
non posso tralasciare di menzionare un'impressione che si ha continuamente nell'attivitanalitica. Un uomo sui trent'anni appare come un individuo giovanile, non del tutto formato, che ci aspettiamo saprsfruttare energicamente le possibilitdi
sviluppo apertegli dall'analisi. Una donna della stessa etinvece ci spaventa di frequente per la sua rigidite immutabilitpsichiche. La sua libido ha occupato posizioni definitive e sembra incapace di lasciarle per altre. Non ci sono vie verso
un ulteriore sviluppo; come se l'intero processo avesse gifatto il suo corso e rimanesse d'ora in avanti inaccessibile a ogni influenza, o meglio, come se il difficile sviluppo verso la femminilitavesse esaurito le possibilitdella persona.
Come terapeuti questo stato di cose ci appare deprecabile, persino quando riusciamo a porre fine alla sofferenza risolvendo il conflitto nevrotico.

Questo tutto quanto avevo da dirvi sulla femminilit E' certo incompleto e frammentario e non sempre suona gentile. Non dimenticate perche abbiamo descritto la donna solo in quanto la sua natura determinata dalla funzione sessuale. Questo
influsso, per la verit giunge molto lontano, ma teniamo presente che ogni donna anche un essere umano che puavere aspetti diversi. Se volete saperne di pisulla femminilit interrogate la vostra esperienza, o rivolgetevi ai poeti, oppure
attendete che la scienza possa darvi ragguagli meglio approfonditi e picoerenti.







Lezione 34 - SCHIARIMENTI, APPLICAZIONI, ORIENTAMENTI

Signore e Signori, mi consentite per una volta, sazio di questo tono arido, di parlarvi di cose che hanno pochissima importanza teorica, ma che vi riguardano da vicino, posto che siate favorevolmente disposti verso la psicoanalisi? Mettiamo il caso,
ad esempio, che nelle vostre ore libere prendiate in mano un romanzo tedesco, inglese o americano, in cui vi aspettate di trovare una descrizione degli uomini e delle condizioni di oggi.

Dopo qualche pagina vi imbattete in un primo commento a proposito della psicoanalisi e subito dopo in altri ancora, benchil contesto non sembri richiederli. Non penserete davvero che si sia inteso applicare la psicologia del profondo alla migliore
comprensione dei personaggi del testo o delle loro azioni, per quanto ci siano anche opere piserie in cui lo si tenta realmente! No, si tratta perlopidi notazioni beffarde, con le quali l'autore del romanzo vuole dimostrare le proprie vaste
letture o la propria superioritintellettuale. E non sempre dl'impressione di conoscere realmente cisu cui si pronuncia.

Oppure vi recate per svago a una riunione mondana, e non necessario che sia a Vienna. Dopo un po' la conversazione cade sulla psicoanalisi, sentite le persone pidisparate esprimere il loro giudizio, perlopiin tono d'infallibilit Questo
giudizio di solito spregiativo, spesso ingiurioso o, quantomeno, come si detto, beffardo. Se siete tanto incauti da rivelare che vi intendete un po' dell'argomento, tutti si precipiteranno su di voi, esigeranno informazioni e chiarimenti: in
breve, sarete presto convinti che tutti quei severi giudizi sono stati formulati senza una qualsiasi informazione, che quasi nessuno di quegli oppositori ha mai preso in mano un libro analitico o se lo ha fatto, non ha saputo andare oltre la prima
resistenza sorta dall'incontro con la nuova materia.

Da un'introduzione alla psicoanalisi forse vi attendete anche un'indicazione sugli argomenti da impiegare per correggere gli errori evidenti a proposito dell'analisi, qualche indicazione sui libri da raccomandare per una migliore informazione, o
addirittura sugli esempi, traibili dalle vostre letture o dalla vostra esperienza, ai quali appellarvi nella discussione, per modificare l'atteggiamento degli altri. Vi prego di non farne nulla, perchsarebbe inutile; la miglior cosa che
nascondiate completamente di conoscerla. Se non vi pipossibile, limitatevi a dire che, per quanto ne siete informati, ritenete che la psicoanalisi sia un particolare ramo dello scibile, assai difficile da comprendere e da giudicare, il quale si
occupa di cose molto serie, sicchnon ci si accosta a essa con un paio di battute di spirito, e che si farebbe meglio a scegliersi un altro passatempo per conversazioni di societ Naturalmente, non prenderete nemmeno parte a tentativi di
interpretazione se qualche incauto racconteri suoi sogni, e resisterete anche alla tentazione di attirare favori alla psicoanalisi con resoconti di guarigioni.

Viene perfatto di domandarsi perchqueste persone, tanto quelle che scrivono libri quanto quelle che conversano, si comportano in modo cosscorretto, e vi verril dubbio che questo non dipenda solo dalle persone, ma anche dalla psicoanalisi.
Questa precisamente la mia opinione. Quel che nella letteratura e nella societvi appare come pregiudizio l'effetto ritardato di un precedente giudizio, del giudizio cioche i rappresentanti della scienza ufficiale avevano espresso nei
confronti della giovane psicoanalisi. Giuna volta mi sono lamentato in un'esposizione storica di quanto era avvenuto e non lo farmai pi- forse quell'unica volta fu gitroppo, - ma davvero non c'offesa alla logica, nonchalla creanza e al
buon gusto, che gli avversari scientifici della psicoanalisi non si permisero in quei tempi. Era una situazione come quella che si verificava nel Medioevo allorchun malfattore o anche solo un avversario politico veniva messo alla gogna e lasciato
in balia dei maltrattamenti della plebe. Non avete idea del livello cui pugiungere nella nostra societla volgarit e di quali eccessi si permettano gli uomini quando si sentono parte di una massa e dispensati dalla responsabilitpersonale.
All'inizio di quel periodo ero quasi solo e ben presto mi resi conto che il polemizzare non offriva prospettive, ma che anche il lamentarsi e l'invocare spiriti migliori non aveva senso, giacchnon c'erano istanze davanti alle quali presentare
lagnanza. Seguii perciun'altra strada: applicai per la prima volta la psicoanalisi in questo campo, spiegandomi il comportamento della massa come una manifestazione della stessa resistenza che dovevo combattere nei pazienti individuali;
personalmente mi astenni dalla polemica e nel medesimo senso influenzai i miei seguaci, a mano a mano che si presentarono. Il sistema era buono. Il bando da cui a quel tempo era stata colpita l'analisi stato da allora abolito; tuttavia, come una
fede abbandonata sopravvive sotto forma di superstizione, come una teoria lasciata cadere dalla scienza persiste sotto forma di credenza popolare, cosquell'originario ostracismo dato alla psicoanalisi dai circoli scientifici continua oggi a
sussistere nell'ironico disprezzo dei profani che scrivono libri o fanno conversazione. Non state percia meravigliarvi se questo accade.

Non crediate ora di ascoltare il lieto annuncio che la battaglia intorno all'analisi sia terminata e che si sia conclusa con il suo riconoscimento a scienza e la sua ammissione come materia di insegnamento all'universit Nemmeno per sogno; essa
continua, sia pure in forme picivili. Nuovo il fatto che nella comunitscientifica si formato una specie di cuscinetto fra l'analisi e i suoi avversari: formato di gente che riconosce validi alcuni aspetti dell'analisi e lo ammette con
spassose riserve, e per contro ne respinge altri, proclamandolo ai quattro venti. Non facile indovinare che cosa li induca a questa scelta. Sembrano essere simpatie personali. L'uno si scandalizza per la sessualit l'altro per l'inconscio;
particolarmente inviso sembra essere il simbolismo. Questi eclettici non sembrano tener conto che l'edificio della psicoanalisi, benchincompiuto, costituisce tuttavia gioggi un'unitda cui nessuno pustaccare elementi singoli a suo arbitrio.
Nessuno di questi mezzi seguaci, o quarti di seguaci, mi ha mai dato l'impressione che il loro rifiuto fosse basato su una verifica dei fatti. In questa categoria rientrano anche parecchi uomini eminenti. Essi, a dire il vero, sono scusati dal fatto
che il loro tempo e il loro interesse appartengono ad altre cose, a quei campi cio in cui hanno raggiunto la padronanza con risultati tanto felici. Ma perch allora, non sospendono il loro giudizio, anzichprendere cosdecisamente partito? Una
volta con uno di questi grandi uomini mi riuscdi avere una repentina conversione. Era un famosissimo critico, che aveva seguito le correnti spirituali del tempo con benevola comprensione e acume profetico. Lo conobbi solo quando aveva gi oltrepassato gli ottant'anni, ma aveva sempre una conversazione affascinante. Indovinate facilmente a chi mi riferisco. Non fui io che cominciai a parlare della psicoanalisi. Lo fece lui, misurandosi con me nel pimodesto dei modi. "Io non sono che
un letterato, - mi disse, - Lei invece un naturalista e uno scopritore. Ma devo dirle una cosa: non ho mai provato sentimenti sessuali per mia madre". "Ma non affatto necessario che l'abbia saputo, - fu la mia replica, - per l'adulto questi
processi sono inconsci". "Ah! E' cosche Lei intende" disse sollevato, e mi strinse la mano. Discorremmo ancora per alcune ore in perfetto accordo. Appresi pitardi che nel breve tempo che gli fu concesso ancora di vivere egli si espresse
ripetutamente in termini amichevoli sull'analisi e impiegvolentieri la parola per lui nuova di "rimozione

Un noto proverbio ammonisce che bisogna imparare dai propri nemici. Confesso che questo non mi mai riuscito, ma pensavo in un primo tempo che avrebbe potuto essere istruttivo passare in rivista insieme a voi tutti i rimproveri e le obiezioni
sollevate contro la psicoanalisi dai suoi oppositori, additandovi le ingiustizie e le contraddizioni logiche tanto facili lda scoprire. Ma, "on second thoughts" [in inglese: ripensandoci], mi sono detto che non sarebbe stato per niente
interessante, bensfaticoso e sgradevole, e sarebbe stato proprio quello che in tutti questi anni ho accuratamente evitato. Scusatemi dunque se non proseguo per questa strada e vi risparmio i giudizi dei nostri cosiddetti avversari scientifici. In
fin dei conti, si tratta quasi sempre di persone il cui unico punto di merito l'imparzialit conservato tenendosi lontani dalle esperienze della psicoanalisi. Ma per quanto riguarda altri casi, so che non mi consentirete di cavarmela a cosbuon
mercato. Mi sembra di sentirvi: "Eppure sono tanti coloro per i quali la sua ultima osservazione non valida. Tanti che non hanno evitato l'esperienza analitica, hanno fatto analisi, forse anche sono stati analizzati, sono stati addirittura per
qualche tempo suoi collaboratori, e tuttavia sono giunti ad altre concezioni e teorie, in base alle quali si sono staccati da lei e hanno fondato scuole psicoanalitiche indipendenti. Lei dovrebbe darci una spiegazione in merito alla possibilite
all'importanza di questi movimenti secessionisti, cosfrequenti nella storia dell'analisi". Sta bene, tenter ma in modo succinto, perchservono meno, per capire l'analisi, di quanto possiate aspettarvi.

So che pensate in primo luogo alla "psicologia individuale" di Adler, la quale in America, per esempio, considerata un indirizzo collaterale della nostra psicoanalisi a paritdi diritti con essa, insieme alla quale viene regolarmente menzionata.
In realtha ben poco a che fare con la psicoanalisi, ma, in seguito a certe circostanze storiche, conduce una specie di esistenza parassitaria a sue spese. Le condizioni che abbiamo supposto valere per gli antagonisti di questo genere valgono solo
in scarsa misura per il fondatore della "psicologia individuale".

Il nome stesso inadatto, sembra un prodotto dell'imbarazzo, e pulegittimamente essere usato soltanto per indicare il contrario della "psicologia di gruppo"; anche noi ci occupiamo soprattutto e prevalentemente della psicologia dell'individuo
umano. Non mi addentreroggi in una critica oggettiva della psicologia individuale adleriana, che non rientra nel programma di questa introduzione, tanto piche giuna volta ho tentato di farla e ho scarso motivo per apportarvi qualche modifica.
Mi limitera illustrare l'impressione che essa suscita con un piccolo episodio accaduto negli anni precedenti all'analisi .

Nei pressi della cittadina morava in cui sono nato e che ho lasciato all'etdi tre anni, si trova una modesta stazione termale, in bella posizione fra il verde. Negli anni del ginnasio vi andai varie volte in vacanza. All'incirca due decenni dopo,
la malattia di una mia parente prossima mi offrl'occasione di rivedere quel luogo. In una conversazione col medico dello stabilimento, il quale aveva assistito la mia parente, mi informai tra l'altro sui suoi rapporti con i contadini slovacchi -
almeno coscredo - che d'inverno costituivano la sua unica clientela.

Egli raccontche l'attivitmedica si svolgeva nel modo seguente.

Nelle ore di consultazione i pazienti entravano nella sua stanza e si disponevano in fila. Uno dopo l'altro si facevano avanti e lamentavano i loro disturbi: chi aveva dolori lombari, chi crampi allo stomaco, oppure stanchezza alle gambe eccetera.
Poi egli li visitava e dopo essersi reso conto della situazione pronunciava la diagnosi, la stessa in tutti i casi. Mi tradusse la parola, significava pressappoco "stregato". Chiesi stupito se i contadini non protestassero che il verdetto fosse
uguale per tutti i malati.

"Oh no, - repliclui, - sono contenti: proprio quello che si aspettavano. Ognuno, ritornando nella fila, fa capire agli altri con l'espressione e con i gesti: 'Questo sche se ne intende!'".

Non presentivo allora in quali circostanze mi sarei nuovamente imbattuto in una situazione analoga.

Infatti, che il malato sia omosessuale o necrofilo, isterico sofferente d'angoscia, bloccato dalla nevrosi ossessiva oppure pazzo furioso, lo psicologo individuale di indirizzo adleriano dichiarerimperturbabile che motivo che preme alla base del
suo stato che egli vuole affermarsi, sovraccompensare la sua inferiorit sovrastare, procedere dal piano femminile a quello maschile. Quasi lo stesso discorso sentivamo in clinica quando ero giovane studente e ci veniva presentato un caso di
isteria: gli isterici producono i loro sintomi per rendersi interessanti, per attirare su di sl'attenzione. Sempre le antiche massime che ritornano! Ma giallora questa psicologia in pillole ci sembrava insufficiente a rendere ragione dell'enigma
dell'isteria; lasciava inspiegato, ad esempio, perchi malati non si servissero di un altro mezzo per raggiungere il loro intento. Naturalmente qualcosa di giusto dev'esserci, in questa teoria degli psicologi individuali, ma un pezzettino preso
per il tutto. La pulsione autoconservativa tenterdi approfittare di ogni situazione; l'Io cercherdi volgere a vantaggio anche la sua malattia. In psicoanalisi cichiamato il "tornaconto secondario della malattia". Per se si pensa ai fatti
del masochismo, del bisogno inconscio di punizione e dell'autolesionismo nevrotico, che suggeriscono l'ipotesi di spinte pulsionali in contrasto con l'autoconservazione, non si sa piche pensare nemmeno della validitgenerale di quella banale
veritsulla quale eretto l'edificio teorico della psicologia individuale. Ma al grosso pubblico non punon essere assai bene accetta una teoria simile, che non ammette complicazioni, non introduce concetti nuovi e difficili da afferrare, ignora
l'inconscio, elimina di un sol colpo il pesante problema della sessualit si limita a scoprire i mezzucci con i quali si vuol rendere comoda la vita. Giacchla massa della gente comoda, non richiede che una spiegazione alla volta, non grata
alla scienza per le sue lungaggini, vuole avere soluzioni semplici e sapere che i problemi sono risolti. Se si considera come la psicologia individuale va incontro a queste richieste, non si pufare a meno di ricordare una massima del "Wallenstein":

"Se l'idea non fosse cosmaledettamente furba, Si sarebbe francamente tentati di chiamarla sciocca" [Schiller].

In generale la critica dei circoli specializzati, cosinesorabile nei riguardi della psicoanalisi, ha trattato la psicologia individuale con guanti di velluto. E' vero che in America accaduto che uno dei pistimati psichiatri ha pubblicato un
articolo contro Adler, intitolato "Enough!" [Basta!], in cui il suo fastidio per la "coazione a ripetere" degli psicologi individuali ha trovato energica espressione. Se altri si sono comportati in modo assai pigentile, perchvi ha molto
contribuito l'ostilitnei confronti della psicoanalisi.

Non occorre che dica grancha proposito di altre scuole che si sono diramate dalla nostra psicoanalisi. Il fatto che questo sia avvenuto, non puessere utilizzato npro ncontro il contenuto di veritdella psicoanalisi. Pensate ai forti fattori
affettivi che rendono difficile a molti allinearsi con altri o subordinarsi, e alla difficoltancora maggiore che a ragione il detto "quot capita tot sensus" [tante teste tanti pareri] sottolinea. Quando le divergenze d'opinione ebbero oltrepassato
un certo limite, la cosa piopportuna fu separarsi e procedere da quel momento per strade diverse, specialmente quando il dissenso teorico portcome conseguenza un cambiamento nel procedimento pratico. Supponete, per esempio, che un analista tenga
in poco conto l'influsso del passato del paziente e ricerchi le cause della nevrosi esclusivamente in motivi attuali e in ciche egli si attende dal futuro. Egli trascurerin tal caso anche l'analisi dell'infanzia, adotteruna tecnica interamente
diversa e dovrcompensare la mancanza dei risultati derivanti dall'analisi dell'infanzia intensificando il proprio influsso didattico e indicando direttamente determinate mete vitali. A noialtri non resta che dire: "Questa saruna scuola di
saggezza, ma non piun'analisi". Oppure un altro pugiungere alla convinzione che l'esperienza d'angoscia della nascita getti il seme di tutti i disturbi nevrotici successivi; di conseguenza, pusembrargli legittimo limitare l'analisi agli
effetti di questa sola impressione e promettere un successo terapeutico con un trattamento di tre o quattro mesi. Come noterete, ho scelto due esempi che muovono da premesse diametralmente opposte. E' una caratteristica quasi generale di questi
"movimenti secessionisti" che ognuno di essi si appropria di una fetta della dovizia di temi della psicoanalisi e, forte di questa presa di possesso, si rende indipendente: penso, per esempio, alla pulsione di potenza, al conflitto etico, alla
madre, alla genitaliteccetera. Se vi sembra che tali secessioni siano gioggi pifrequenti nella storia della psicoanalisi che in altri movimenti intellettuali, non sono convinto di dovervi dare ragione. Se cos si deve attribuirne la
responsabilitagli intimi nessi esistenti nella psicoanalisi fra vedute teoriche e procedimento terapeutico. Le sole divergenze d'opinione sarebbero di gran lunga pitollerabili.

Si soliti rimproverarci, noi psicoanalisti, di intolleranza.

L'unica manifestazione di questa brutta qualitfu appunto quella di separarci da coloro che la pensavano diversamente. Quanto al resto, non ne venne loro alcun male; al contrario, hanno avuto fortuna, da allora stanno meglio di prima, giacchcon
la loro separazione si sono per consueto liberati di uno dei pesi che gravano su di noi - per esempio, dall'odio verso la sessualitinfantile o dalla ridicolezza del simbolismo - e adesso passano nel loro ambiente per abbastanza onesti, vantaggio
di cui noi, i superstiti, non godiamo ancora. Inoltre, a parte una notevole eccezione - si sono separati di loro iniziativa.

Che cosa pretendete d'altro in nome della tolleranza?

Probabilmente che, se qualcuno ha espresso un'opinione che noi riteniamo fondamentalmente errata, gli diciamo: "Grazie per averci contraddetto. Lei ci preserva dal pericolo dell'autocompiacimento e ci dl'occasione di dimostrare agli americani che
siamo realmente cos'broad-minded' [di mentalitaperta] come essi sempre desiderano che sia la gente. E' vero che non crediamo una sola parola di ciche Lei dice, ma questo non ha importanza Probabilmente Lei ha ragione quanto noi. Chi pumai
sapere, infatti, di chi la ragione? Ci permetta, nonostante l'antagonismo, di ospitare il suo punto di vista nelle nostre pubblicazioni. Speriamo in compenso che Lei avrla gentilezza di adoperarsi in favore del nostro, che respinge". Sar questa, evidentemente, l'usanza del futuro, quando l'abuso della relativiteinsteiniana si sardefinitivamente imposto. Vero che per il momento non siamo ancora giunti a tanto. Ci limitiamo, secondo la vecchia maniera, a sostenere soltanto le
nostre convinzioni, ci esponiamo al pericolo dell'errore perchda esso non ci si pusalvaguardare, e respingiamo quanto in contraddizione con noi. Abbiamo fatto largo uso, nella psicoanalisi, del diritto di modificare le nostre opinioni, quando
abbiamo creduto di aver trovato qualcosa di meglio.

Una delle prime applicazioni della psicoanalisi fu di insegnarci a comprendere questa ostilitche il mondo contemporaneo ci dimostrava proprio perchci occupavamo di psicoanalisi. Altre applicazioni, di natura obiettiva, possono rivendicare un
interesse pigenerale.

Il nostro primo intento fu ovviamente quello di comprendere i disturbi della vita psichica umana, perchuna singolare esperienza ci aveva mostrato che in questo campo comprensione e guarigione pressochcoincidono, che il passaggio dall'una
all'altra aperto. E fu questo per molto tempo il nostro unico intento. Poi perdiscernemmo le strette relazioni, anzi l'intrinseca identit fra i processi patologici e i cosiddetti processi normali: la psicoanalisi divenne psicologia del
profondo e, dal momento che nulla di ciche gli uomini creano o fanno comprensibile senza l'aiuto della psicologia, le applicazioni della psicoanalisi in numerosi campi del sapere, specialmente in quelli delle scienze morali, vennero da s si
imposero, richiesero di essere elaborate. Purtroppo questo compito si imbattin ostacoli che hanno un fondamento reale e che non sono stati a tutt'oggi superati. Un'applicazione del genere presuppone conoscenze specifiche che l'analisi non
possiede, mentre coloro che le possiedono, gli specialisti, non sanno nulla di psicoanalisi, e forse non vogliono saperne nulla. Ne risultato che gli analisti, come dilettanti dalla preparazione pio meno sufficiente, spesso imbastita in tutta
fretta, hanno fatto incursioni in campi del sapere quali la mitologia, la storia della civilt l'etnologia, la scienza delle religioni eccetera. Il trattamento loro riservato dagli studiosi che lerano di casa non fu migliore di quello destinato
in genere agli intrusi; i loro metodi e i loro risultati nei casi in cui fu prestata loro attenzione, furono a tutta prima respinti. Ma questa situazione in via di costante miglioramento; in tutti i campi si accresce il numero delle persone che
studiano la psicoanalisi per utilizzarla nella loro specialit per dare il cambio, come colonizzatori, ai pionieri. Qui c'da aspettarsi una ricca messe di nuove scoperte.

Le applicazioni della psicoanalisi sono anche sempre sue conferme.

Ldove il lavoro scientifico pilontano dall'attivitpratica, anche gli inevitabili contrasti d'opinione assumono una forma meno esasperata.

La tentazione di condurvi attraverso tutte le applicazioni della psicoanalisi alle scienze morali forte. Si tratta di cose degne di essere conosciute da ogni persona che abbia interessi spirituali, e non sentir parlare per qualche tempo di
anormalite di malattia sarebbe un meritato sollievo. Ma devo rinunciarvi:

anche questa volta la cosa ci porterebbe al di ldei limiti di queste lezioni e, devo ammetterlo in tutta onest non sarei nemmeno all'altezza del compito. In alcuni di questi campi feci il primo passo io stesso, ma oggi non riesco piad averne
una visione globale e mi toccherebbe studiare moltissimo per venire a capo di tutto quello che si aggiunto dopo i miei inizi. Chi di voi deluso dal mio rifiuto pregato di rifarsi leggendo la nostra rivista "Imago", destinata alle applicazioni
non mediche dell'analisi.

Su un tema soltanto non posso sorvolare cosfacilmente, e non perchme ne intenda in modo particolare o vi abbia molto contribuito personalmente - al contrario, non me ne sono pressochmai occupato - ma perchesso estremamente importante,
ricchissimo di promesse per il futuro, forse il piimportante dei compiti dell'analisi. Mi riferisco all'applicazione della psicoanalisi alla pedagogia, all'educazione della prossima generazione. Ho la soddisfazione, almeno, di potervi comunicare
che mia figlia Anna Freud ha fatto di questo lavoro lo scopo della sua vita, riparando in tal modo alla mia negligenza.

La strada che ha portato a questa applicazione presto detta.

Allorch nel trattamento di un nevrotico adulto, ricercavamo ciche aveva determinato i suoi sintomi, venivamo regolarmente ricondotti fino alla sua infanzia. La conoscenza dei fattori etiologici successivi non era sufficiente nper la
comprensione nper l'azione terapeutica. Fummo coscostretti a prendere dimestichezza con le particolaritpsichiche dell'etinfantile, e venimmo a conoscere una quantitdi cose che non era possibile conoscere se non con l'analisi e potemmo
anche rettificare molte opinioni generalmente invalse sull'infanzia. Riconoscemmo che ai primi anni di vita (all'incirca fino al quinto) spetta, per varie ragioni, una particolare importanza. In primo luogo, perchcomprendono il primo germogliare
della sessualit il quale lascia dietro di ssollecitazioni decisive per la vita sessuale della maturit In secondo luogo, perchle impressioni di questo periodo colpiscono un Io incompiuto e debole, sul quale agiscono come traumi; l'Io non pu difendersi altrimenti che con la rimozione dalle tempeste affettive che esse scatenano, e in tal modo acquista nell'etinfantile tutte le disposizioni a future malattie e a disturbi funzionali. Abbiamo coscapito che la difficoltdell'infanzia
consiste nel fatto che il bambino deve far propri, in un breve spazio di tempo, i risultati di un'evoluzione culturale che si estende per migliaia di anni, ossia il dominio delle pulsioni e l'adattamento sociale o perlomeno l'inizio di entrambi. Il
bambino giunge a modificarsi soltanto in parte per sviluppo autonomo; molto gli deve essere imposto dall'educazione. Nessuna meraviglia che spesso egli riesca a realizzare solo imperfettamente questo compito. In questo primo periodo molti bambini -
e certamente tutti quelli che pitardi palesemente si ammalano attraversano stati che si possono equiparare a nevrosi. In alcuni la malattia nevrotica non aspetta l'epoca della maturit ma scoppia ginell'infanzia e dmolto filo da torcere a
genitori e a medici.

Noi non esitammo a impiegare la terapia analitica con i bambini che presentavano inequivocabili sintomi nevrotici o erano avviati verso uno sfavorevole sviluppo del carattere. La preoccupazione, manifestata da avversari dell'analisi, che con essa si
possa nuocere al bambino, si dimostrinfondata. L'utilitche ne ricavammo fu di confermare sul soggetto vivente quanto nell'adulto avevamo per cosdire dedotto da documenti storici. Ma fu molto soddisfacente anche il vantaggio che ne ricavarono i
bambini, i quali si rivelarono un soggetto adattissimo per la terapia analitica; i risultati furono radicali e durevoli.

Naturalmente per il bambino si deve modificare ampiamente la tecnica di trattamento elaborata per gli adulti. Il bambino un soggetto psicologico diverso dall'adulto: egli non possiede ancora un Super-io, il metodo dell'associazione libera non
conduce lontano e la traslazione, esistendo ancora i genitori reali, ha una funzione diversa. Le resistenze interne, che combattiamo nell'adulto, nel bambino sono perlopisostituite da difficoltesterne. Se i genitori diventano sostegno della
resistenza, lo scopo dell'analisi o l'analisi stessa sovente messa in pericolo; percispesso necessario unire all'analisi del bambino un certo influenzamento analitico dei genitori. D'altro canto, le inevitabili differenze dell'analisi dei
bambini da quella degli adulti si riducono in quanto alcuni di questi ultimi hanno conservato numerosi tratti infantili di carattere, cosche l'analista - sempre per adeguarsi al soggetto - non pufare a meno di servirsi con loro di certe tecniche
dell'analisi infantile. Automaticamente, l'analisi infantile diventata un dominio riservato alle analiste, e cossenza dubbio rimarr

La scoperta che la maggior parte dei nostri bambini attraversano nel loro sviluppo una fase nevrotica contiene in germe un'esigenza igienica. Ci si pudomandare se non sarebbe opportuno venire in aiuto al bambino sottoponendolo ad analisi anche se
non presenta alcun segno di disturbo, come misura preventiva per la sua salute, coscome oggi si vaccinano contro la difterite i bambini sani, senza aspettare di vedere se si ammalano di difterite. La discussione di questo problema ha oggi soltanto
un interesse accademico, ma con voi posso permettermi di accennarne; alla grande massa dei nostri contemporanei giil solo progetto apparirebbe un orrendo oltraggio e, dato l'atteggiamento della maggior parte dei genitori nei riguardi dell'analisi,
si deve abbandonare per il momento ogni speranza di realizzarlo. Una simile profilassi delle malattie nervose, che sarebbe verosimilmente molto efficace, presuppone anche una costituzione del tutto diversa della societ

Il criterio per l'applicazione della psicoanalisi all'educazione va oggi cercato altrove. Tentiamo di mettere in chiaro quale sia il compito piimmediato dell'educazione. Il bambino deve imparare a padroneggiare le pulsioni. Dargli la libertdi
seguire senza limiti i suoi impulsi impossibile. Sarebbe un esperimento molto istruttivo per gli psicologi dell'infanzia, ma i genitori non potrebbero vivere in tali condizioni e i bambini stessi ne trarrebbero gran danno, che in parte si vedrebbe
subito e in parte negli anni successivi. L'educazione deve quindi inibire, proibire, reprimere; e ha anche abbondantemente provveduto a farlo in tutti i tempi. Ma dall'analisi abbiamo appreso che proprio questa repressione delle pulsioni comporta il
pericolo della malattia nevrotica. Come ricorderete, abbiamo esaminato minuziosamente come ciavvenga. L'educazione deve quindi cercare una via fra Scilla del lasciar fare e Cariddi del divieto frustrante. Se il compito non assolutamente
insolubile, dev'essere trovato un optimum per l'educazione, in modo che essa possa ottenere il massimo e nuocere il minimo. Si tratterpercidi decidere quanto si puproibire, in quali periodi e con quali mezzi. E si deve poi tenere conto anche
del fatto che coloro che sono sottoposti alla nostra influenza educativa sono dotati di disposizioni costituzionali molto diverse, cosche impossibile che lo stesso procedimento educativo sia ugualmente valido per tutti i bambini. Una rapida
riflessione conferma che l'educazione finora ha assolto malissimo il suo compito e ha arrecato grave danno ai bambini. Essa, qualora trovi l'optimum e risolva il suo compito in modo ideale, pusperare di cancellare uno dei fattori dell'etiologia
della malattia: l'influsso dei traumi accidentali dell'infanzia; ma in nessun caso pueliminare l'altro: la forza di una costituzione pulsionale che non si lascia subordinare. Se si considerano ora i difficili problemi che si presentano
all'educatore - riconoscere la costituzionalitspecifica del bambino, indovinare da piccoli indizi che cosa si svolga nella sua vita mentale incompiuta, accordargli tutto l'amore che gli spetta pur mantenendo un sufficiente grado di autorit- si
conclude che l'unica preparazione adeguata alla professione di educatore un addestramento psicoanalitico approfondito. Meglio di tutto sarebbe che fosse analizzato egli stesso, poichtutto sommato non possibile impadronirsi dell'analisi senza
averla sperimentata sulla propria persona. L'analisi degli insegnanti e degli educatori sarebbe una misura profilattica piefficace che quella degli stessi bambini e inoltre le difficoltche si oppongono alla sua realizzazione sono minori.

Va menzionata, se non altro per inciso, un'azione promotrice indiretta che l'analisi ha sui metodi educativi, la quale col tempo potracquistare una maggior influenza. I genitori che hanno provato personalmente un'analisi e le sono in larga misura
debitori - tra l'altro della conoscenza degli errori della propria educazione - tratteranno i loro figli con maggior discernimento e risparmieranno a questi ultimi molte cose sbagliate che a loro stessi non erano state risparmiate.

Parallelamente agli sforzi degli analisti per influire sull'educazione procedono altre indagini sulla genesi e la prevenzione dell'infanzia abbandonata e della criminalit Anche qui mi limito a socchiudervi una porta e a mostrarvi che cosa c'al
di ldi essa, ma senza procedere oltre. E' certo che, se continuerete a mantenere vivo il vostro interesse per la psicoanalisi, avrete modo di apprendere a questo proposito molte cose nuove e preziose.

Non vorrei per altro abbandonare il tema dell'educazione senza menzionarne un particolare aspetto. E' stato detto, senza dubbio giustamente, che ogni educazione ha un indirizzo di parte, tende a inserire il bambino nell'ordine sociale vigente, senza
considerare quanto questo sia valido o stabile di per se stesso; mentre, se siamo convinti delle deficienze delle nostre attuali istituzioni sociali, non ammissibile che l'educazione a orientamento psicoanalitico venga messa ancora al loro
servizio; dobbiamo porle un altro scopo, pielevato, che si sia svincolato dalle esigenze sociali dominanti. A parer mio, tuttavia, questo argomento qui fuori luogo. La richiesta esorbita dalla legittima funzione dell'analisi. Anche il medico,
chiamato per curare una polmonite, non ha bisogno di preoccuparsi se l'ammalato sia un brav'uomo, un suicida o un criminale, se meriti di rimanere in vita e se si debba augurarglielo o no. Quest'altro scopo che si vuole imporre all'educazione sar esso pure partigiano, e non sta all'analista decidere fra i partiti. Prescindo completamente dal fatto che alla psicoanalisi verrebbe rifiutata la possibilitdi influire sull'educazione se professasse intendimenti incompatibili con l'ordine sociale
vigente. Cinon toglie che l'educazione psicoanalitica si addosserebbe una responsabilitnon richiesta se si proponesse di plasmare il suo discepolo in un ribelle. Avrassolto il suo compito se al momento del congedo egli sardivenuto quanto pi possibile sano e capace. Nella psicoanalisi sono contenuti sufficienti momenti rivoluzionari per garantire che chi stato da essa educato non si porr piavanti nella vita, dalla parte della reazione e dell'oppressione. Ritengo persino che i
bambini rivoluzionari non siano desiderabili sotto alcun punto di vista.

Signore e Signori, ho intenzione di dirvi ancora poche parole sulla psicoanalisi in quanto terapia. Dell'aspetto teorico della questione ho gidiscusso quindici anni fa e non posso oggi formularlo diversamente; rimane da parlare dell'esperienza
fatta in questo frattempo. Come sapete, la psicoanalisi sorta come terapia, si poi estesa molto oltre questo limite, ma non ha abbandonato il terreno d'origine e il suo approfondimento e il suo ulteriore sviluppo sono tuttora legati alla pratica
con i malati.

L'accumularsi di impressioni dalle quali sviluppare le nostre teorie non puessere ottenuto in altro modo. Gli insuccessi ai quali andiamo incontro come terapeuti ci pongono compiti sempre nuovi e le esigenze della vita reale sono una protezione
efficace contro l'ipertrofia speculativa, di cui d'altronde non possiamo fare a meno nel nostro lavoro. Gida tempo abbiamo discusso con quali mezzi la psicoanalisi aiuti i malati (se li aiuta) e con quali metodi; oggi ci domanderemo quali
risultati consegua.

Come forse sapete, io non sono mai stato un entusiasta della terapia; non c'pericolo che abusi di questa lezione per farne gli elogi. Preferisco dire troppo poco piuttosto che troppo.

All'epoca in cui ero l'unico analista, ero solito sentir dire da persone che pretendevano di essere favorevoli alla mia causa:

"Tutto cimolto bello e intelligente, ma mi mostri un caso da Lei guarito con la psicoanalisi". Era una delle molte formule, alternatesi nel corso del tempo, per scongiurare la scomoda novit Oggi questa formula superata, al pari di molte
altre:

anche l'analista conserva tra le sue carte il fascio di lettere di ringraziamento scritte dai pazienti guariti. L'analogia non si arresta qui, perchla psicoanalisi realmente una terapia come varie altre: ha i suoi trionfi e le sue disfatte, le
sue difficolt i suoi limiti e le sue indicazioni. Un'accusa rivolta all'analisi a un certo punto sosteneva che essa non doveva essere presa sul serio come terapia perchnon si azzardava a pubblicare una statistica dei suoi successi. Da allora
l'Istituto psicoanalitico di Berlino, fondato dal dottor Max Eitigon, ha pubblicato [nel 1930] un resoconto relativo al primo decennio, ove i successi terapeutici non danno motivo ndi vantarsi ndi vergognarsi. Ma tali statistiche non sono
affatto istruttive, il materiale elaborato coseterogeneo che soltanto cifre molto grandi potrebbero significare qualcosa. E' meglio interrogare le proprie esperienze. A questo proposito vorrei dire che non credo che i nostri successi terapeutici
possano competere con quelli di Lourdes; ci sono molte pipersone che credono ai miracoli della Santa Vergine che all'esistenza dell'inconscio. Se ci volgiamo a considerare la concorrenza terrena, dobbiamo collocare la terapia analitica accanto
agli altri metodi di psicoterapia, dato che oggi ci sono ben pochi trattamenti fisico-organici di stati nevrotici che meritino di essere menzionati. Come procedimento terapeutico l'analisi non in contrasto con gli altri metodi di questo speciale
ramo della medicina; essa non sminuisce il loro valore nli esclude. In teoria sarebbe perfettamente compatibile che un medico, che vuol definirsi psicoterapeuta, impieghi per i suoi malati l'analisi accanto a tutti gli altri metodi di cura, a
seconda della particolare natura del caso e delle favorevoli o avverse circostanze esterne. In realt la tecnica che rende necessaria la specializzazione dell'attivitmedica. E' cosche dovettero separarsi anche la chirurgia e l'ortopedia.
L'attivitpsicoanalitica difficile ed esigente, non si lascia maneggiare come un paio di occhiali che si mettono quando si legge e si tolgono quando si va a passeggio. Di regola la psicoanalisi o impegna il medico interamente o non lo impegna
affatto. Gli psicoterapeuti che occasionalmente si servono anche dell'analisi non poggiano, per quanto ne so, su un sicuro terreno analitico; non hanno accettato tutta l'analisi, ma l'hanno annacquata, forse "svelenita"; non possono essere
annoverati fra gli analisti.

Ritengo che questo sia deplorevole; ma una collaborazione nell'attivitmedica fra un analista e uno psicoterapeuta il quale si limiti agli altri metodi della specialitsarebbe assai opportuna.

Paragonata agli altri procedimenti di psicoterapia, la psicoanalisi senz'alcun dubbio il pipotente. Ed piche giusto che lo sia, perchanche il pifaticoso e quello che richiede pitempo; percinon la si applicherin casi lievi; ma in
casi idonei si possono con essa eliminare disturbi, provocare mutamenti che non si sarebbe osato sperare in epoca preanalitica.

Essa ha peranche i suoi limiti ben tangibili. L'ambizione terapeutica di taluni miei seguaci ha fatto il massimo sforzo per scavalcare questi ostacoli, cosche tutti i disturbi nevrotici divenissero guaribili con la psicoanalisi. Essi hanno
cercato di comprimere il lavoro analitico entro un periodo di tempo pibreve, di intensificare la traslazione in modo che sia in grado di superare ogni resistenza, di combinarla con altri tipi di influsso per strappare a forza la guarigione. Questi
sforzi sono certamente lodevoli, ma li ritengo vani. Comportano inoltre il pericolo che l'analista stesso sconfini dall'analisi e cada in uno sperimentalismo senza fine. La convinzione di poter guarire ogni forma nevrotica secondo me deriva dalla
credenza del profano che le nevrosi siano qualcosa di completamente superfluo, che non ha assolutamente diritto di esistere. In realt esse sono affezioni gravi, costituzionalmente fissate, che raramente si limitano ad alcune crisi e perlopi persistono per lunghi periodi della vita o per tutta la vita. L'esperienza analitica secondo cui su di esse si puinfluire se si riesce a rendersi ragione delle cause storiche della malattia e dei fattori accessori accidentali, ci ha indotto a
trascurare nella pratica terapeutica il fattore costituzionale; per questo non si pufar nulla, ovviamente, ma in teoria dovremmo sempre tenerlo presente. La stessa totale inaccessibilitdelle psicosi da parte della terapia analitica dovrebbe
ammonirci, data la loro stretta parentela con le nevrosi, che non possiamo pretendere troppo durante la cura di queste ultime. L'efficacia terapeutica della psicoanalisi rimane limitata da una serie di fattori importanti e pressochinattaccabili.
Nel caso del bambino, dove si potrebbe contare sui risultati maggiori, le difficoltmigliori sono quelle esterne della situazione dei suoi genitori, sebbene tali difficoltformino parte integrante della condizione di essere bambino. Nel caso
dell'adulto sono in primo piano due fattori: il grado di rigiditpsichica e la forma della malattia con tutte le determinazioni piprofonde che essa copre.

Il primo fattore viene spesso ingiustamente trascurato. Per grande che sia la plasticitdella vita psichica e la possibilitdi ravvivare antiche situazioni, non si pufar rivivere tutto.

Alcuni cambiamenti sembrano definitivi, corrispondono a cicatrici che si sono formate dopo la conclusione di un processo. Altre volte si ha l'impressione di un generale irrigidimento della vita psichica; i processi psichici, suscettibili di essere
indirizzati verso altre strade, sembrano incapaci di abbandonare le vecchie vie. Ma forse si tratta della stessa cosa di prima, soltanto vista diversamente. Ci pare sin troppo spesso di avvertire che alla terapia manca solo la forza propulsiva
necessaria per attuare il cambiamento. Una determinata relazione di dipendenza, una certa componente pulsionale troppo forte in confronto alle forze contrarie che noi possiamo mobilitare. E' il caso costante delle psicosi. Noi le comprendiamo al
punto che sapremmo benissimo dove inserire le leve, ma queste non sarebbero ugualmente in grado di smuovere il peso. A questo proposito chissche in futuro la conoscenza dell'azione degli ormoni (sapete che cosa sono) ci fornisca i mezzi per
lottare con successo contro i fattori quantitativi delle malattie, ma oggi siamo ben lungi da ci

Capisco che l'incertezza che qui prevale sia un continuo incentivo a perfezionare la tecnica dell'analisi e in particolare della traslazione. Specialmente l'analista principiante rimane in dubbio, nel caso di un fallimento, se attribuire la colpa
alle peculiaritdel caso o al proprio uso maldestro del procedimento terapeutico. Ma non credo, come ho gidetto, che gli sforzi fatti in questa direzione ci porteranno molto lontano.

L'altra limitazione ai successi analitici data dalla forma della malattia. Come gisapete, il campo d'applicazione della teoria analitica costituito dalle nevrosi di traslazione fobie, isterie, nevrosi ossessive - e inoltre dalle anormalitdi
carattere che si sono sviluppate al posto di tali affezioni. Tutto quello che differisce - stati narcisistici, psicotici - pio meno inadatto. Sarebbe dunque assolutamente legittimo salvaguardarsi dal pericolo di insuccessi mediante un'accurata
esclusione di tali casi. Con questa precauzione le statistiche dell'analisi subirebbero un grande miglioramento. Gi ma c'un inconveniente. Le nostre diagnosi hanno luogo assai spesso solo posticipatamente, sono simili alla "prova della strega"
del re scozzese, di cui ho letto in Victor Hugo. Questo re asseriva di essere in possesso di un metodo infallibile per riconoscere una strega. La faceva immergere in un calderone d'acqua bollente e quindi assaggiava il brodo. Dopodichera in grado
di dire: "Era una strega", oppure: "No, non lo era". Il nostro caso analogo, solo che i danneggiati siamo noi. Non possiamo giudicare il paziente che viene a farsi curare - o, allo stesso modo, il candidato che viene per perfezionarsi - prima di
averlo studiato analiticamente per alcune settimane o mesi. Noi compriamo effettivamente la gatta nel sacco. Il paziente presenta malanni generici e indefiniti, che non consentono una diagnosi sicura.

Dopo questo periodo di prova purisultare che il caso inadatto.

Allora rimandiamo il candidato; nel caso del paziente proviamo ancora per qualche tempo per vedere se possibile considerarlo sotto una luce pifavorevole. Il paziente si vendica di ciaumentando la lista dei nostri insuccessi; il candidato
respinto, se un paranoico, scrivendo magari egli stesso libri psicoanalitici. Come vedete, la nostra precauzione non ci avrgiovato.

Temo che questo dilungarsi in particolari esorbiti dal vostro interesse. Ma ancor pimi spiacerebbe se doveste pensare che il mio intento sia di sminuire la vostra considerazione per la psicoanalisi come terapia. Forse ho veramente cominciato male;
intendevo infatti il contrario, scusare le limitazioni terapeutiche dell'analisi mettendone in risalto l'inevitabilit

Con lo stesso intento affronto un altro punto: il rimprovero che il trattamento analitico richiede periodi di tempo sproporzionatamente lunghi. A questo proposito va detto che i mutamenti psichici si effettuano solo lentamente; se subentrano in modo
rapido, improvviso, cattivo segno. E' vero che il trattamento di una nevrosi piuttosto grave si protrae facilmente per parecchi anni, ma, in caso di successo, ponetevi la domanda di quanto tempo sarebbe durata la sofferenza. Probabilmente un
decennio per ogni anno di cura; la malattia cio come vediamo tanto spesso in malati non curati, non sarebbe assolutamente mai cessata. In alcuni casi ci sono buone ragioni per riprendere un'analisi dopo molti anni, avendo la vita sviluppato nuove
reazioni morbose a nuovi motivi occasionali ed essendo nel frattempo il paziente rimasto sano. Vorrdire che la prima analisi non aveva messo in luce tutte le sue predisposizioni patologiche ed era venuto naturale sospendere l'analisi una volta
raggiunto il successo. Ci sono inoltre individui gravemente svantaggiati, che vengono tenuti tutta la vita sotto osservazione analitica e di tanto in tanto vengono ripresi in analisi, ma costoro, altrimenti, non sarebbero nemmeno capaci di
affrontare l'esistenza, e dobbiamo rallegrarci che riusciamo a mantenerli in piedi con questo trattamento frazionato e ricorrente. Anche l'analisi di disturbi del carattere richiede lunghi periodi di cura, ma spesso coronata da successo, e
conoscete un'altra terapia che possa anche solo proporsi di affrontare questo compito? L'ambizione terapeutica pusentirsi insoddisfatta di queste mie dichiarazioni, tuttavia noi abbiamo imparato, sull'esempio della tubercolosi e del lupus, che si
puavere successo solo se si adegua la terapia alle caratteristiche del male.

Vi ho detto che la psicoanalisi iniziata come terapia, ma non questa la ragione per cui ho inteso raccomandarla al vostro interesse, bensper il suo contenuto di verit per quanto ci insegna su ciche riguarda pida vicino l'uomo - sulla
nostra essenza - e per le connessioni che mette in luce fra le pidiverse attivitdell'uomo. Come terapia, una fra le tante, senza dubbio "prima inter pares". Se non avesse il valore terapeutico che ha, non sarebbe stata scoperta sugli ammalati
e perfezionata per oltre trent'anni.







Lezione 35 - UNA "CONCEZIONE DEL MONDO"

Signore e Signori, durante il nostro ultimo incontro ci siamo occupati di piccole preoccupazioni quotidiane, in un certo senso abbiamo modestamente riordinato la nostra casa. Oggi vogliamo prendere arditamente la rincorsa e arrischiare di rispondere
a una domanda postaci pivolte in varie sedi: se la psicoanalisi conduca a una determinata concezione del mondo ("Weltanschauung") e a quale.

"Weltanschauung" temo, una parola specificamente tedesca, la cui traduzione in altre lingue potrebbe creare difficolt

Qualsiasi definizione io possa tentare di questo concetto, vi apparirsicuramente goffa. Ritengo che una Weltanschauung sia una costruzione intellettuale che, partendo da un determinato presupposto, risolve unitariamente tutti i problemi della
nostra esistenza e nella quale, di conseguenza, nessun problema rimane aperto e tutto ciche ci interessa trova il suo posto preciso. E' facile comprendere che il possedere una tale Weltanschauung rientra negli ideali desideri degli uomini. Avendo
fede in essa si pusentirsi sicuri nella vita, si pusapere a che cosa aspirare e come collocare nel modo piopportuno i propri affetti e i propri interessi.

Se questo il carattere di una Weltanschauung, la risposta per quanto concerne la psicoanalisi diventa facile. Come scienza particolare, come ramo della psicologia - psicologia del profondo o psicologia dell'inconscio - essa totalmente inadatta a
crearsi una propria Weltanschauung: deve accettare quella della scienza.

La Weltanschauung scientifica, tuttavia, si scosta notevolmente dalla definizione da noi data sopra. Accetta anch'essa l'unitarietdella spiegazione dell'universo, ma solo come un programma il cui adempimento differito nel futuro. Quanto al
resto, contraddistinta da caratteristiche negative, dalla limitazione a quanto oggi conoscibile e dal netto rifiuto di certi elementi a lei estranei. Essa afferma che non c'altra fonte di conoscenza dell'universo all'infuori dell'elaborazione
intellettuale di osservazioni accuratamente vagliate - quindi all'infuori di ciche noi chiamiamo ricerca e che, oltre a questa, non vi alcuna conoscenza proveniente da rivelazione, da intuizione o da divinazione. Pareva che negli ultimi secoli
questa concezione fosse molto vicina a ottenere il riconoscimento generale, ma nel nostro secolo spunt piena di presunzione, l'obiezione che una simile Weltanschauung insieme misera e sconfortante, ignora le esigenze dello spirito umano e le
necessitdella mente umana.

Non si potrmai respingere abbastanza energicamente questa obiezione. Essa del tutto priva di fondamento, poichlo spirito e la mente sono oggetti della ricerca scientifica esattamente allo stesso modo di qualsiasi altra cosa estranea all'uomo.
La psicoanalisi ha uno speciale diritto di farsi qui portavoce della concezione scientifica, giacchnon le si pumuovere il rimprovero di aver trascurato l'elemento mentale nella sua immagine del mondo. Il suo contributo alla scienza consiste
proprio nell'aver esteso la ricerca al campo mentale. Senza una simile psicologia, la scienza sarebbe sicuramente molto incompleta. Includendo pernella scienza l'esplorazione delle funzioni intellettuali ed emozionali dell'uomo (e degli animali),
nell'atteggiamento globale della scienza stessa non cambia nulla, non ne risultano nuove fonti di sapere o nuovi metodi di ricerca.

Tali sarebbero, se esistessero, l'intuizione e la divinazione, ma si putranquillamente considerarle illusioni, appagamenti di impulsi di desiderio. E' facile anche riconoscere che simili esigenze nei confronti di una concezione del mondo hanno
soltanto un fondamento affettivo. La scienza prende nota del fatto che l'anima umana produce tali esigenze, pronta a esaminarne le fonti, ma non ha il benchminimo motivo di ritenerle giustificate. Al contrario, si sente esortata a separare
accuratamente dal sapere tutto ciche illusione, risultato di tale esigenza affettiva.

Cinon significa affatto gettare da parte con disprezzo questi desideri o sottovalutarne il valore per la vita umana. Restiamo pronti a esaminare come si siano appagati nelle creazioni dell'arte, nei sistemi della religione e della filosofia, senza
cinondimeno ignorare che sarebbe ingiusto ed estremamente inopportuno consentire il trasporto di queste esigenze nel campo della conoscenza. Infatti in tal modo si aprirebbero le vie che portano nel regno della psicosi, sia di quella individuale
che di quella di massa, e si sottrarrebbero preziose energie a quegli sforzi che si rivolgono alla realtper trovare in essa, per quanto possibile, la soddisfazione dei propri desideri e bisogni.

Dal punto di vista della scienza inevitabile, in questo campo, esercitare la critica e procedere con negazioni e rifiuti. E' inammissibile concepire la scienza come una sfera di attivitdello spirito umano, e la religione e la filosofia come
altre sfere, almeno equivalenti, nelle quali la scienza non deve interferire; dire che tutti questi campi hanno uguale pretesa di verite ogni uomo libero di scegliere quello da cui attingere le proprie convinzioni e in cui riporre la propria
fede. Si ritiene che una simile visione sia particolarmente elevata, tollerante, vasta, scevra da gretti pregiudizi. Purtroppo essa non sostenibile, condivide tutti i lati perniciosi di una Weltanschauung antiscientifica e praticamente le
equivale. E' un fatto che la veritnon puessere tollerante, non ammette compromessi nlimitazioni; che la ricerca considera come propri tutti i campi dell'attivitumana e ha il dovere di diventare inesorabilmente critica se un altro potere
vuole confiscarne una parte per s

Dei tre poteri che possono contestare alla scienza ogni fondamento, solo la religione un nemico serio. L'arte quasi sempre innocua e benefica, non vuol essere nient'altro che illusione. Essa non si azzarda a fare incursioni nel regno della
realt tranne che in poche persone, le quali sono come si suol dire "possedute" dall'arte. La filosofia non antitetica alla scienza, si atteggia a scienza essa stessa e opera in parte con gli stessi metodi, ma se ne scosta col tener ferma
l'illusione che sia possibile dare un quadro dell'universo coerente e privo di lacune, il quale peraltro crolla a ogni nuovo progresso del nostro sapere. Metodologicamente sbaglia nel sopravvalutare il valore conoscitivo delle nostre operazioni
logiche e nel riconoscere fino a un certo punto altre fonti di conoscenza, come l'intuizione. E abbastanza spesso non appare ingiustificata la canzonatura del Poeta allorchdice del Filosofo:

Con le sue pezze e le sue toppe Tura le lacune nella struttura dell'universo (1).

Ma la filosofia non ha un influsso diretto sulla grande massa degli uomini, forma l'interesse di un esiguo numero di persone persino fra lo strato pielevato degli intellettuali; per tutti gli altri pressochinafferrabile. La religione, per
contro, un immenso potere che ha a sua disposizione le piforti emozioni degli uomini. E' noto che una volta essa comprendeva tutti i fatti spirituali che hanno una parte nella vita umana, che teneva il posto della scienza quando una scienza
quasi non esisteva, e che ha creato una visione del mondo di incomparabile coerenza e organicit la quale, per quanto scossa, sussiste tutt'oggi.

Se ci si vuol render conto della natura grandiosa della religione, si deve tener presente ciche tenta di offrire agli uomini.

Fornisce loro nozioni sulla provenienza e sulla genesi dell'universo, assicura protezione e felicitfinale nelle alterne vicende della vita, e guida i pensieri e le azioni con precetti che hanno la forza della sua grande autorit Assolve quindi
tre funzioni. Con la prima soddisfa la sete umana di conoscenza, fa quello che la scienza tenta di fare con i propri mezzi e su questo punto entra in rivalitcon essa. Alla sua seconda funzione va il merito della maggior parte della sua influenza.
Quando placa l'angoscia degli uomini di fronte ai pericoli e alle alterne vicende della vita, quando assicura loro una felice conclusione e offre conforto nella sventura, la scienza non pucompetere con essa. La scienza, pur insegnando come si
possono evitare certi pericoli, combattere con successo alcune sofferenze - sarebbe ingiusto negare che sia un potente aiuto per gli uomini, - in molte situazioni deve lasciare l'uomo nella sua sofferenza e non sa far altro che consigliarlo di
assoggettarsi. Nella sua terza funzione, nel dare precetti e nell'emanare divieti e limitazioni, la religione si allontana maggiormente dalla scienza. Quest'ultima infatti si accontenta di indagare e di registrare, benchdalle sue applicazioni
derivino norme e consigli per la condotta nella vita, che possono eventualmente essere gli stessi che vengono offerti dalla religione ma, in tal caso, con una diversa motivazione.

Il confluire di questi tre contenuti della religione non del tutto evidente. Che cosa puavere in comune la spiegazione della genesi dell'universo con l'imposizione di determinati precetti etici? Pistrettamente connesse con le esigenze etiche
sono le assicurazioni di protezione e di felicit Esse sono la ricompensa per l'adempimento di tali comandamenti; solo chi vi si adegua pucontare su questi benefici, sui disubbidienti incombono castighi.

Del resto, nella scienza c'qualcosa di analogo: essa convinta che chi ignora le sue applicazioni si espone a patire danni.

La singolare compresenza nella religione di ammaestramenti, consolazioni, e richieste, si pucomprendere solo se si sottopone la religione a un'analisi genetica. L'avvio possibile dal punto pisaliente dell'insieme, dall'insegnamento circa
l'origine dell'universo: perchmai, infatti, una cosmogonia dovrebbe essere una componente regolare di ogni sistema religioso? La Dottrina, dunque, che l'universo stato creato da un essere simile all'uomo, ma ingigantito sotto tutti gli aspetti
- potenza, saggezza, intensitdelle passioni, - da un superuomo idealizzato.

Se i creatori dell'universo sono degli animali, essi denunciano l'influsso del totemismo, che piavanti sfioreremo almeno con un'osservazione. E' interessante rilevare che questo creatore dell'universo sempre uno, anche ldove c'la credenza in
molti d鋱. E' anche interessante che perlopiegli un uomo, benchnon manchino affatto accenni a divinitfemminili e talune mitologie facciano iniziare la creazione dell'universo con l'eliminazione, da parte di un dio maschile, di una divinit femminile, la quale viene abbassata al rango di mostro. A cisi riallacciano curiosissimi problemi particolari, ma noi dobbiamo affrettarci. Il passo successivo ci reso facile dal fatto che questo dio- creatore viene chiamato senza ambagi
"padre". La psicoanalisi ne desume che si tratta realmente del padre, un padre magnifico quale appariva una volta al bambino. L'uomo religioso si raffigura la creazione del mondo come la propria origine.

Si spiega allora facilmente come le consolanti assicurazioni e le severe esigenze etiche si combinino con la cosmogonia. Infatti, la stessa persona alla quale il bambino deve la propria esistenza, il padre (o, piesattamente, l'istanza parentale
composta dal padre e dalla madre), lo ha anche protetto e sorvegliato quando era debole, inerme, esposto a tutti i pericoli che erano in agguato nel mondo esterno; sotto la sua tutela egli si sentito sicuro.

Divenuto adulto, l'uomo sa, vero, di essere in possesso di forze maggiori, ma anche la sua comprensione dei pericoli della vita si accresciuta ed egli ne trae giustamente la conclusione di essere rimasto, in fondo, ancora cosinerme e indifeso
come lo era nell'infanzia, di essere ancora un bambino di fronte al mondo.

Neanche adesso vuole rinunciare alla protezione di cui ha goduto da piccolo. Da molto tempo ha pure riconosciuto che il padre un essere strettamente limitato nel suo potere, che non dispone di vantaggi illimitati. Ricorre perciall'immagine
mnestica del padre, da lui tanto sopravvalutato nella sua infanzia, lo innalza a divinite lo trasporta nel presente e nella realt La forza affettiva di questa immagine mnestica e il perdurare del suo bisogno di protezione, congiuntamente,
sostengono la sua fede in Dio.

Anche il terzo punto fondamentale del programma religioso, l'esigenza etica, si inserisce senza sforzo in questa situazione infantile. Vi ricordo la famosa sentenza di Kant, che nomina, l'uno di seguito all'altro, il cielo stellato e la legge morale
entro di noi. Per quanto strano possa sembrare questo accostamento - che cosa possono avere a che fare i corpi celesti con il problema se una creatura umana ne ama o ne ammazza un'altra? - esso sfiora tuttavia una grande veritpsicologica. Lo
stesso padre (l'istanza parentale) che ha dato al bambino la vita e lo ha protetto dai suoi pericoli, gli ha anche insegnato che cosa gli lecito fare e da che cosa si deve astenere, lo ha istruito ad accettare determinate limitazioni dei suoi
desideri pulsionali, gli ha fatto capire che, se vuol diventare un membro tollerato e ben accetto della cerchia familiare e pitardi di associazioni piampie, deve corrispondere all'attesa dei genitori e dei fratelli che vogliono essere
rispettati. Mediante un sistema di premi dati con amore e di punizioni, il bambino viene educato alla conoscenza dei suoi doveri sociali, gli viene insegnato che la sua sicurezza nella vita dipende dal fatto che i genitori, e poi anche gli altri, lo
amino e possano credere nel suo amore per loro.

L'uomo introduce in seguito tutti questi rapporti, inalterati, nella religione. I divieti e le richieste dei genitori continuano a vivere nel suo intimo sotto forma di coscienza morale; con l'aiuto dello stesso sistema di ricompensa e di punizione,
Dio regge il mondo degli uomini; dall'adempimento delle esigenze etiche dipende il grado di protezione e di felicitche assegnato al singolo; nell'amore verso Dio e nella coscienza di essere da lui amato fondata quella sicurezza che costituisce
l'arma contro i pericoli del mondo esterno e del proprio ambiente umano. Infine, nella preghiera, l'uomo si assicurato un'influenza diretta sulla volontdivina e quindi una partecipazione all'onnipotenza divina.

Immagino che mentre mi ascoltavate vi siate venuti ponendo numerosi interrogativi, ai quali vi farebbe piacere sentir rispondere. Non questo il momento e la sede per farlo, ma sono sicuro che nessuna disamina di dettaglio del genere da voi
richiesto scuoterebbe la nostra tesi che la Weltanschauung religiosa determinata dalla situazione tipica dell'infanzia.

Tanto pidegno di nota, quindi, che questa situazione, nonostante il suo carattere infantile, sia stata indubbiamente preceduta da un tempo senza religione, senza d鋱, il cosiddetto periodo animistico. Anche in questo stadio il mondo era pieno di
esseri spirituali simili all'uomo (i "d鋗oni"); tutti gli oggetti del mondo esterno fungevano da sede di questi esseri o forse si identificavano con loro, ma non c'era un potere superiore che li avesse creati e continuasse a dominarli e al quale ci
si potesse rivolgere per chiedere protezione e aiuto. I d鋗oni dell'animismo erano perlopidi sentimenti ostili agli uomini, ma l'uomo dimostrava allora maggior fiducia nelle proprie forze di quanto non facesse in seguito. Egli era certamente
afflitto di continuo da una gran paura di questi spiriti maligni, ma si difendeva mediante determinate azioni, alle quali attribuiva il potere di scacciarli. Non si riteneva impotente nemmeno sotto altri riguardi. Quando desiderava qualche cosa
dalla natura, per esempio che piovesse, non rivolgeva una preghiera al dio delle stagioni, ma praticava una magia, dalla quale si aspettava un influsso diretto sulla natura, e che consisteva nell'eseguire qualcosa di simile alla pioggia. Nella lotta
contro le forze del mondo circostante, la sua prima arma fu dunque la magia, prima precorritrice della tecnica dei giorni nostri. Presumiamo che la fiducia nella magia derivasse dalla sopravvalutazione delle proprie operazioni intellettuali, dalla
fede nella "onnipotenza dei pensieri", che ritroviamo, del resto, nei nostri nevrotici ossessivi. Viene da pensare che gli uomini di quel tempo fossero particolarmente fieri delle loro acquisizioni in fatto di linguaggio, con le quali doveva
accompagnarsi una grande facilitazione del pensare, sicchconferivano potere magico alla parola. Pitardi questo tratto fu adottato dalla religione "E Dio disse: 'Sia la luce!' e la luce fu". L'esistenza delle azioni magiche mostra d'altronde che
l'uomo animistico non faceva affidamento semplicemente sulla forza dei propri desideri: si aspettava piuttosto il successo dall'esecuzione di un atto che avrebbe dovuto indurre la natura a imitarlo. Se voleva la pioggia, versava egli stesso
dell'acqua; se voleva incitare il terreno alla fecondit gli dava lo spettacolo di un rapporto sessuale tra i campi.

Voi sapete quanto sia difficile che una cosa svanisca dopo che pervenuta ad espressione psichica. Percinon vi meraviglierche molte manifestazioni dell'animismo si sono conservate fino ad oggi, perlopinella forma della cosiddetta
superstizione, che accompagna e precede la religione. Dirdi pi non potete assolutamente negare che la nostra filosofia ha conservato tratti essenziali della mentalitanimistica: la sopravvalutazione della magia della parola, la credenza che gli
eventi reali del mondo seguano il corso che il nostro pensiero vuol loro assegnare.

Insomma, siamo in presenza di un animismo senza pratiche magiche.

Infine, possiamo supporre che giin quegli antichi tempi ci fosse una qualche specie di etica, ossia dei precetti sui rapporti intercorrenti fra gli uomini, ma nulla lascia credere che vi fosse un intimo nesso tra essa e le credenze animistiche.
Probabilmente era l'espressione immediata dei rapporti di forza e dei bisogni pratici.

Meriterebbe la pena di sapere che cosa abbia imposto il passaggio dall'animismo alla religione, ma potete immaginarvi quale oscuritavvolga ancor oggi quei primordi dell'evoluzione dello spirito umano. Sembra certo che la prima forma in cui si manifestata la religione sia stata quella, assai singolare, del totemismo, il culto degli animali, al cui seguito comparvero anche i primi comandamenti etici, i tab In un libro, "Totem e tab (1912-13), ho elaborato uno spunto che fa risalire
questa trasformazione a un sovvertimento nei rapporti della famiglia umana. L'opera principale della religione, nei confronti dell'animismo, sta nell'avere psichicamente impastoiato la paura dei d鋗oni.

Ciononostante a un vestigio dell'epoca primitiva, lo Spirito Maligno, rimasto un posto nel sistema della religione.

Se questa la preistoria della concezione religiosa del mondo, rivolgiamoci, adesso, a quel che accadde in seguito e che ancora sta succedendo sotto i nostri occhi. Lo spirito scientifico, corroborato dall'osservazione dei processi naturali,
comincinel corso del tempo a trattare la religione come una faccenda umana e a sottoporla a esame critico. A questo la religione non ha potuto reggere. Dapprima furono i suoi racconti di miracoli a suscitare incredulite sconcerto, percherano
in contraddizione con tutto quello che l'osservazione spassionata aveva insegnato e tradivano troppo chiaramente l'influenza dell'attivitfantastica dell'uomo.

Poi furono respinte le sue dottrine miranti a spiegare l'esistenza del mondo, poichattestavano un'ignoranza che recava l'impronta dei tempi antichi, ignoranza cui ormai, grazie a un'accresciuta familiaritcon le leggi della natura, ci sentivamo
superiori.

L'ipotesi che il mondo fosse sorto mediante atti di generazione o di creazione, in modo analogo all'origine del singolo uomo, non apparve picome la piovvia ed evidente, da quando s'impresse nel pensiero la distinzione fra esseri animati
mentalmente dotati e natura inanimata, per cui diventimpossibile persistere nell'originario animismo. Non vanno trascurate, inoltre, l'influenza dello studio comparato di differenti sistemi religiosi e la conseguente impressione del loro reciproco
escludersi e della loro intolleranza.

Irrobustito da questi assaggi, lo spirito scientifico trovfinalmente il coraggio di affrontare l'esame degli elementi piimportanti e di maggior valore affettivo della Weltanschauung religiosa. Da sempre avrebbe dovuto essere chiaro - ma soltanto
pitardi ci si arrischia esprimerlo - che anche le affermazioni della religione che promette all'uomo protezione e felicit a patto che egli adempia a determinate richieste etiche, si dimostrano inattendibili. Non corrisponde al vero che
nell'universo ci sia un potere che vegli con paterna sollecitudine sul benessere del singolo e che porti a buon fine tutto quanto lo riguarda. Al contrario, i destini degli uomini non sono conciliabili ncon l'ipotesi della bontuniversale ncon
quella, che in parte la contraddice, di una giustizia universale.

Terremoti, mareggiate, incendi non fanno alcuna distinzione fra il buono e il pio e il malvagio o l'infedele. Anche dove la natura inanimata non c'entra e il destino del singolo dipende dai suoi rapporti con gli altri uomini, la regola non che la
virtvenga ricompensata e il malvagio abbia il suo castigo, bensil violento, l'astuto, la persona senza scrupoli che abbastanza spesso si accaparra i beni invidiati del mondo mentre il pio resta a bocca asciutta. Potenze oscure, insensibili e
spietate determinano il destino umano; il sistema di ricompense e di castighi che secondo la religione regge il mondo apparentemente non esiste. Abbiamo qui ancora un'altra ragione per lasciar cadere quel po' di pan-psichismo che si era rifugiato
dall'animismo nella religione.

L'ultimo contributo alla critica della concezione religiosa del mondo stato fornito dalla psicoanalisi, avendo essa indicato l'origine della religione nello stato indifeso del bambino e fatto derivare i suoi contenuti dai desideri e dai bisogni
dell'infanzia, protrattisi sino nella maturit Cinon va propriamente inteso come una confutazione della religione, nondimeno stato un necessario perfezionamento della sua conoscenza e, se non altro in un punto, un contraddirla, colpendola nella
sua pretesa di avere origine divina. Benchin questo la religione non abbia torto, se si accetta la nostra spiegazione di Dio.

Il giudizio riassuntivo della scienza sulla concezione religiosa dunque questo: mentre le singole religioni contendono fra loro su quale di esse sia in possesso della verit noi riteniamo che il contenuto di veritdella religione possa essere
del tutto trascurato. La religione un tentativo di dominare il mondo dei sensi, nel quale siamo posti, per mezzo del mondo dei desideri, che abbiamo sviluppato in noi in seguito a necessitbiologiche e psicologiche. Ma essa non pufarlo. Le sue
dottrine recano l'impronta dei tempi in cui sono sorte, tempi di ignoranza, appartenenti all'infanzia dell'umanit Le sue consolazioni non meritano fiducia. L'esperienza ci insegna che il mondo non un giardino d'infanzia. Le esigenze etiche, che
la religione vuole accentuare, richiedono piuttosto altri fondamenti, in quanto esse sono indispensabili alla societumana ed pericoloso connetterne l'osservanza con la fede religiosa. Se si cerca di inquadrare la religione nel percorso evolutivo
dell'umanit essa non appare come una conquista permanente, ma trova un riscontro nella nevrosi attraverso cui ogni uomo civilizzato deve passare nel suo cammino dall'infanzia alla maturit

Siete naturalmente liberi di criticare questa mia esposizione, e vi faciliterio stesso il compito. Ciche vi ho detto sul graduale sgretolarsi della Weltanschauung religiosa stato certamente incompleto nella sua brevit L'ordine di successione
dei singoli stadi non stato indicato in modo del tutto esatto; non stata posta in luce la convergenza delle diverse forze che hanno destato lo spirito scientifico. Ho tralasciato anche i mutamenti che si sono verificati nella stessa concezione
religiosa durante il periodo del suo indiscusso dominio e, poi, sotto l'influsso della critica che andava destandosi. Infine, ho limitato la mia discussione, a rigor di termini, a un'unica forma assunta dalla religione, cioa quella dei popoli
occidentali. Mi sono creato, per cosdire, un modello anatomico ai fini di una dimostrazione veloce, che fosse il pipossibile efficace.

Lasciamo da parte la questione se la mia preparazione sarebbe comunque stata sufficiente a farlo meglio e in modo picompleto.

So che tutto quello che vi ho detto potete trovarlo altrove, meglio espresso, poichnon vi era nulla di nuovo. Lasciatemi tuttavia esprimere la convinzione che il piaccurato scavo in materia di problemi religiosi non scuoterebbe il nostro
risultato.

Sapete benissimo che la lotta dello spirito scientifico contro la Weltanschauung religiosa non giunta alla fine, ma sta ancora svolgendosi sotto i nostri occhi. Per quanto la psicoanalisi di solito faccia poco uso dell'arma della polemica, diamo
pure uno sguardo agli argomenti di questa disputa. Forse ne otterremo un ulteriore chiarimento della nostra posizione nei confronti delle varie concezioni del mondo. Vedrete con quanta facilitpotranno essere respinti alcuni degli argomenti addotti
dai sostenitori della religione, anche se dobbiamo riconoscere che altri argomenti si sottraggono alla confutazione.

La prima obiezione che ci dato sentire afferma che da parte della scienza una presunzione fare oggetto delle sue indagini la religione, poichquesta qualcosa di sovrano, di superiore a qualsiasi attivitdell'intelletto umano, qualcosa cui
non consentito avvicinarsi con una critica cavillosa. La scienza, in altri termini, non competente a giudicare la religione, e quanto al resto del tutto utile e apprezzabile fintantochsi limita al suo campo; ma questo campo non la
religione e qui essa non ha niente a che fare. Se non ci lasciamo scoraggiare da questa brusca presa di posizione e proseguiamo ponendo la domanda su che cosa si fondi questa pretesa di una posizione eccezionale fra tutte le cose umane, otteniamo in
risposta ammesso che siamo ritenuti degni di una risposta - che la religione non puessere misurata col metro umano, poichdi origine divina, ci fu data mediante rivelazione da uno Spirito che la mente umana non in grado di comprendere. Mi
pare che non ci sia nulla di pifacile da controbattere di questo argomento, trattandosi di una palese "petitio principii", di un "begging the question" (in tedesco non conosco una buona espressione equivalente). Si sta giusto mettendo in
discussione se ci sia uno spirito divino e una sua rivelazione, e cosstando le cose non si decide sicuramente nulla dicendo che questo problema improponibile, giacchla divinitnon puessere messa in discussione. Si ha qui la stessa
situazione che si verificava talvolta nel lavoro analitico. Se un paziente, solitamente ragionevole, respinge un determinato suggerimento con un pretesto particolarmente sciocco, questo punto debole nella sua logica garantisce l'esistenza di un
motivo di opposizione particolarmente forte, il quale puessere solo di natura affettiva, un legame emotivo.

Si puanche ottenere un'altra risposta, nella quale un simile motivo viene apertamente confessato. La religione non puessere sottoposta a esame critico, perchquanto di pielevato, di piprezioso, di pisublime lo spirito umano abbia
prodotto, perchdespressione ai sentimenti piprofondi, perchsola rende sopportabile il mondo e degna di essere vissuta la vita. Non necessario rispondere contestando tale apprezzamento della religione, ma basterrivolgere l'attenzione a un
altro ordine di fatti. Faremo rilevare che non si tratta affatto di un'invasione dello spirito scientifico nel dominio della religione ma, al contrario di un'invasione della religione nella sfera del pensiero scientifico. Quali che possano essere il
valore e il significato della religione, essa non ha alcun diritto di limitare in qualche modo il pensiero e non ha quindi nemmeno il diritto di escludere sstessa dall'applicazione del pensiero.

Il pensiero scientifico non diverso, nella sua essenza, dall'attivitmentale che noi tutti, credenti e miscredenti, impieghiamo nel disbrigo delle nostre faccende nella vita. Ha solo sviluppato alcuni tratti particolari: si interessa anche di
cose che non hanno un utile immediato, tangibile; si sforza di tenere lontani fattori individuali e influenze affettive; esamina pirigorosamente l'attendibilitdelle percezioni sensorie sulle quali fonda le sue conclusioni; si procura nuove
percezioni, che non possono essere ottenute con i mezzi ordinari; e isola le condizioni di queste nuove esperienze in esperimenti intenzionalmente variati. La sua aspirazione di raggiungere la concordanza con la realt ossia con ciche esiste al
di fuori e indipendentemente da noi e che, come l'esperienza ci ha insegnato, decisivo per l'appagamento o la vanificazione dei nostri desideri. Questa concordanza con il mondo esterno viene da noi chiamata "verit. Essa la meta costante del
lavoro scientifico anche se prescindiamo dal suo valore pratico. Se quindi la religione afferma che pusostituire la scienza e che, per il fatto di essere benefica ed edificante, deve anche essere vera, questo in effetti uno sconfinamento che
tutti hanno interesse a respingere. Nessuno pupretendere che l'uomo - il quale ha imparato a sbrigare i suoi affari consueti regolandosi sull'esperienza e tenendo conto della realt- affidi la cura dei suoi veri e piintimi interessi a
un'istanza che considera suo privilegio l'essere esentata dalle norme del pensiero razionale. E per quanto riguarda la protezione che la religione promette ai suoi fedeli, io credo che nessuno di noi vorrebbe salire su un'automobile il cui guidatore
dichiarasse non solo di infischiarsene delle regole del traffico, ma anche di seguire i capricci della sua fantasia esaltata.

La proibizione di pensare, sancita dalla religione in funzione della propria autoconservazione, tutt'altro che priva di pericoli sia per il singolo che per la collettivitumana.

L'esperienza analitica ci ha insegnato che tale proibizione, seppure originariamente ristretta a un determinato campo, ha la tendenza a estendersi e diviene quindi causa di gravi inibizioni nella condotta della persona. Questo effetto putra
l'altro essere osservato nel sesso femminile come conseguenza del divieto di occuparsi, anche solo col pensiero, della propria sessualit

Il danno provocato dall'inibizione religiosa del pensiero risulta dalle biografie di quasi tutti gli individui illustri dei tempi passati. Non dimentichiamo che l'intelletto o, per chiamarlo col nome che ci familiare, la ragione - uno dei poteri
dai quali lecito attendersi un influsso unificatore sugli uomini: su questi uomini cosdifficili da tenere uniti e quindi cosmal governabili. Immaginate che cosa diventerebbe la societumana se ognuno avesse una propria tavola pitagorica e una
speciale unitdi peso e di misura. La nostra piviva speranza per il futuro che l'intelletto (lo spirito scientifico, la ragione) col tempo ottenga una preminenza dittatoriale sulla vita psichica dell'uomo.

La natura della ragione garantisce che in seguito essa non mancherdi concedere al lato emotivo dell'anima umana e a quanto ne discende il posto che gli spetta. Ma la coartazione collettiva imposta da un simile dominio della ragione si riveler come il piforte vincolo d'unione tra gli uomini fra loro e aprirla strada a unioni ulteriori. Ciche si oppone a un tale sviluppo, come la proibizione di pensare della religione, un pericolo per il futuro dell'umanit

Ci si puchiedere perchla religione non ponga fine a questa controversia che non ha per lei prospettive dichiarando apertamente: "D'accordo che io non posso darvi ciche comunemente vien chiamato 'verit; per questa rivolgetevi alla scienza. Ma
quello che ho da darvi incomparabilmente pibello, piconsolante, piedificante di qualsiasi cosa potrete mai ottenere dalla scienza. E percivi dico che esso vero in un altro senso, pielevato". E' facile trovare la risposta. La religione
non pufare questa ammissione perchin tal modo verrebbe a perdere la sua influenza sulla massa. L'uomo comune conosce una sola verit nel senso comune della parola. Non sa immaginare che cosa possa essere una veritsuperiore o suprema. La
veritnon gli sembra capace di accrescimento pidi quanto lo sia la morte ed egli non riesce a partecipare a questo salto dal bello al vero. Forse siamo tutti d'accordo che in questo ha ragione.

Cosla lotta non terminata. I seguaci della Weltanschauung religiosa si muovono secondo l'antica massima: la miglior difesa l'attacco. E insistono: "Ma che cos'questa scienza che ha la presunzione di screditare la nostra religione
dispensatrice a milioni di uomini per interi millenni di consolazione e salvezza?

Che cosa ha realizzato finora dal canto suo? Che cos'altro possiamo aspettarci da essa? Per sua stessa ammissione, incapace di recare conforto e di elevarci spiritualmente. Prescindiamo pure da questo, benchnon sia una rinuncia facile. Ma che ne
delle sue teorie? Pudirci come ha avuto origine il mondo e a quale destino questo va incontro? E' in grado almeno di tracciarci un quadro coerente del mondo, mostrarci quale posto occupino i fenomeni inspiegati della vita, come le forze
spirituali possano agire sulla materia inerte? Se lo potesse fare, non le negheremmo la nostra stima. Ma non ha ancora risolto nulla di tutto ci nessun problema di tal genere. Ci dframmenti di presunta conoscenza che non riesce ad armonizzare
tra loro, raccoglie osservazioni su un certo numero di regolaritnello svolgersi degli eventi, che contraddistingue col nome di leggi e sottopone alle sue azzardate interpretazioni. E quale scarso grado di certezza attribuisce ai suoi risultati!
Tutto quello che insegna vale solo provvisoriamente; ciche oggi decantato come suprema sapienza, domani viene ripudiato e sostituito con qualcos'altro, e sempre solo a titolo di prova. Poi l'ultimo errore si chiama verit E a questa veritnoi
dovremmo sacrificare il nostro sommo bene!".

Signore e Signori, la mia opinione che se aderite alla concezione scientifica del mondo che viene qui attaccata, questa critica vi lascerabbastanza indifferenti. Nell'Austria imperiale un tempo circolava una storiella che vorrei ricordare a
questo proposito. Il Vecchio Signore griduna volta alla delegazione di un partito che gli dava fastidio: "Questa non piun'opposizione normale, un'opposizione faziosa!". Analogamente, ammetterete che i rimproveri mossi alla scienza per non
aver ancora risolto l'enigma dell'universo sono esagerati in una maniera che insieme ingiusta e astiosa; davvero, non c'stato neanche il tempo perchla scienza raggiungesse simili traguardi. La scienza molto giovane, un'attivitumana
sviluppatasi tardi. Teniamo presente, per scegliere solo alcune date, che sono trascorsi circa trecento anni da quando Keplero trovle leggi del moto planetario; che Newton, che scompose la luce nei suoi colori e idela teoria della forza di
gravit si spense nel 1727, quindi poco pidi duecento anni fa; e che Lavoisier scoprl'ossigeno poco prima della Rivoluzione francese. L'esistenza umana molto breve in confronto ai tempi dell'evoluzione umana; benchio sia oggi un uomo molto
vecchio, cinondimeno ero gial mondo quando Darwin dette alle stampe la sua opera sull'origine delle specie. Nello stesso anno 1859 nacque lo scopritore del radio, Pierre Curie. E se risalite ancora piindietro, agli albori delle scienze esatte
presso i Greci, ad Archimede, ad Aristarco di Samo (intorno al 250 avanti Cristo), che fu il precursore di Copernico, o addirittura ai primi inizi dell'astronomia presso i Babilonesi, avrete coperto solo una piccola frazione dello spazio di tempo
che secondo l'antropologia richiesto per l'evoluzione dell'uomo dalla sua forma primitiva simile a quella della scimmia, e che abbraccia sicuramente pidi un migliaio di secoli. E non dimentichiamo che l'ultimo secolo ha portato una tal quantit di nuove scoperte, una tale accelerazione del progresso scientifico, che abbiamo tutte le basi per guardare con fiducia al futuro della scienza.

Alle altre critiche, dobbiamo in una certa misura dare ragione. E' vero che il cammino della scienza lento, faticoso e incerto.

Inutile negarlo o tentare di cambiare le cose. Non c'da meravigliarsi che i signori dell'altro fronte ne siano insoddisfatti, dato che sono viziati, avendo la Rivelazione reso loro tutto pifacile. Il progresso del lavoro scientifico si compie in
modo del tutto simile a quello dell'analisi. Si comincia il lavoro aspettandosi determinati risultati, ma guai se ci si lascia prendere dalla precipitazione. Mediante l'osservazione si impara, un po' qui un po' l qualcosa di nuovo, ma a tutta
prima i pezzi non combaciano. Si procede a congetture, ci si aiuta con costruzioni accessorie, che vengono ritrattate qualora non trovino conferma, si fa uso di molta pazienza, si pronti a ogni eventualit si rinuncia a convinzioni precedenti per
non trascurare, sotto il loro peso, nuovi e inattesi fattori; e alla fine tutta la fatica viene ripagata, le scoperte sparse trovano il loro luogo d'incastro, si acquista la visione di tutto un settore dell'accadere psichico, si portato a termine
un compito e si liberi per il seguente. Si noti che nell'analisi si deve fare a meno dell'aiuto dato alla ricerca dall'esperimento.

Nella critica mossa alla scienza a quest'ultimo proposito c'anche una buona dose di esagerazione. Non vero che essa brancoli ciecamente da un esperimento all'altro, scambi un errore con un altro. Normalmente lavora come l'artista sul modello
d'argilla, il quale modifica instancabilmente l'abbozzo greggio, aggiungendo e togliendo finchnon raggiunge un grado soddisfacente di somiglianza con l'oggetto veduto o immaginato. Gioggi inoltre, perlomeno nelle scienze piantiche e mature,
c'un fondamento solido che viene solo modificato e affinato, ma non pidemolito.

Non va tutto male, nell'attivitscientifica.

E in definitiva, a che cosa mirano queste appassionate denigrazioni della scienza? Malgrado la sua odierna incompiutezza e le difficoltinsite in essa, rimane indispensabile per noi e nulla la pusostituire. E' suscettibile di insospettati
perfezionamenti, mentre la Weltanschauung religiosa non lo

Quest'ultima compiuta sotto tutti gli aspetti essenziali; se fu un errore, deve rimanerlo per sempre. Nessun deprezzamento della scienza puminimamente alterare il fatto che essa non prescinde dalla nostra dipendenza dal mondo esterno reale,
mentre la religione illusione e trae la sua forza dalla condiscendenza ai moti pulsionali di desiderio.

Mi vedo obbligato a menzionare anche altre concezioni del mondo che si trovano in contrasto con quella scientifica; tuttavia lo faccio malvolentieri, perchso che mi manca la dovuta competenza per giudicarle. Accogliete pertanto le osservazioni
seguenti tenendo presente quest'avvertenza e se risveglieril vostro interesse cercate di istruirvi meglio altrove.

In primo luogo andrebbe qui fatto un cenno ai diversi sistemi filosofici che hanno osato tracciare l'immagine dell'universo coscome essa si rispecchia nella mente del pensatore, che perlopiestraniato dal mondo. Ma ho gitentato di dare una
caratterizzazione generale della filosofia e dei suoi metodi e sono senz'altro inadatto, quanto forse nessun altro, a valutare i singoli sistemi. Vi invito quindi a considerare con me altre due manifestazioni tipiche della nostra epoca, sulle quali
non si pusorvolare.

La prima di queste concezioni del mondo fa in certo qual modo riscontro all'anarchismo politico, forse ne un'emanazione.

Nichilisti intellettuali erano certo esistiti giin precedenza, ma si direbbe che attualmente la teoria della relativitdella fisica moderna abbia dato loro alla testa. Essi partono dalla scienza, ma intenderebbero costringerla
all'autorinnegazione, al suicidio; le conferiscono il compito di togliersi di mezzo da snel momento che confuta essa stessa le proprie pretese. Spesso si ha l'impressione che questo nichilismo sia solo un atteggiamento temporaneo che verr mantenuto finchil compito sopra accennato sarstato portato a termine. Dopo che sarstata eliminata la scienza, nel posto rimasto libero potrtrionfare un qualsiasi misticismo, oppure ancora la vecchia Weltanschauung religiosa.

Secondo la dottrina anarchica, non vi alcuna verit alcuna conoscenza accertata del mondo esterno. Ciche noi spacciamo per veritscientifica solo il prodotto dei nostri bisogni, coscome sono spinti a manifestarsi dal variare delle
condizioni esterne, ed quindi a sua volta illusione. In fondo, noi troviamo solo cidi cui abbiamo bisogno e vediamo solo ciche vogliamo vedere. Non possiamo fare altrimenti. Dal momento che il criterio della verit- la concordanza con il
mondo esterno - viene a mancare, del tutto indifferente a quali opinioni aderiamo. Tutte sono ugualmente vere e ugualmente false. E nessuno ha il diritto di accusare l'altro di errore.

Chi portato per la gnoseologia potrmagari indagare per quali vie e con quali sofismi gli anarchici riescano ad arrivare a tali conclusioni partendo dalla scienza. E' probabile che s'imbatta in situazioni simili a quelle che derivano dal noto
paradosso: "Un Cretese dice: tutti i Cretesi sono bugiardi" eccetera. A me permancano la voglia e la capacitdi andare pia fondo su questo punto. Posso soltanto dire che la dottrina anarchica sembra tanto meravigliosa finchsi riferisce a
opinioni su cose astratte; nella vita pratica crolla al primo passo. Ora, le azioni degli uomini sono guidate dalle loro opinioni, dalle loro conoscenze, e lo stesso spirito scientifico specula sulla struttura degli atomi e sulla provenienza
dell'uomo e progetta la costruzione di un ponte capace di portare un carico; se fosse realmente indifferente credere in una cosa o nell'altra, se fra le nostre opinioni non ci fossero conoscenze contraddistinte dalla loro concordanza con la realt
potremmo costruire ponti tanto di cartone quanto di pietra, iniettare al malato un decigrammo di morfina invece di un centigrammo, impiegare per la narcosi gas lacrimogeno al posto dell'etere. Ma anche gli intellettuali anarchici respingerebbero
energicamente simili applicazioni pratiche della loro teoria.

L'altra opposizione va presa assai piseriamente, e in questo caso rimpiango piche mai l'insufficienza della mia informazione.

Presumo che su questo argomento ne sappiate pidi me e che da tempo abbiate preso posizione pro o contro il marxismo. Le indagini di Karl Marx sulla struttura economica della societe sull'influsso delle diverse forme di produzione su tutti i
campi della vita umana hanno acquistato nelnostrotempo un'incontestabile autorit Fino a che punto, nel dettaglio, corrispondano al vero o siano errate, non posso naturalmente saperlo. Ho inteso che non riesce facile nemmeno ad altri, meglio
informati. Nella teoria marxista mi hanno reso perplesso certe tesi, come quella che l'evoluzione delle forme sociali un processo entro l'ambito della storia naturale, o che i mutamenti nella stratificazione sociale scaturiscono l'uno dall'altro
allo stesso modo di un processo dialettico. Non sono sicuro di comprendere esattamente queste affermazioni, che non mi sembrano nemmeno "materialistiche", ma piuttosto un rimasuglio di quell'oscura filosofia hegeliana attraverso la cui scuola era
passato anche Marx. Non so in che modo liberarmi dalla mia mentalitprofana, che abituata a far risalire la formazione delle classi sociali alle lotte che si svolsero, fin dall'inizio della storia, fra le orde umane dissimili sia pur lievemente
tra loro. Le differenze sociali, a mio parere, furono originariamente differenze di stirpe o di razza. Decisero della vittoria fattori psicologici quali il grado di aggressivitcostituzionale, ma altresla soliditdell'organizzazione all'interno
dell'orda, e fattori materiali come il possesso delle armi migliori. Nella convivenza sullo stesso territorio i vincitori diventarono i padroni, i vinti gli schiavi. Non c'qui alcuna legge naturale o metamorfosi concettuale da scoprire. Per
contro, inconfondibile l'influenza che il progressivo dominio delle forze naturali esercita sui rapporti sociali degli uomini, dal momento che questi pongono sempre i nuovi mezzi di potenza che acquisiscono al servizio della loro aggressivite li
usano gli uni contro gli altri. L'introduzione del metallo, del bronzo e del ferro ha segnato la fine di intere civilte delle loro istituzioni sociali. Io credo realmente che sia stata la polvere da sparo, l'arma da fuoco, ad abolire la cavalleria
e il dominio aristocratico e che il dispotismo russo fosse gicondannato prima che perdesse la guerra, poichnessun incrocio fra le famiglie regnanti in Europa avrebbe potuto generare una stirpe di zar capace di resistere alla forza esplosiva
della dinamite.

Chiss forse con la presente crisi economica, seguita alla guerra mondiale, non facciamo che pagare lo scotto per l'ultima grandiosa vittoria sulla natura, la conquista dello spazio aereo. Cinon sembra molto convincente, ma si possono se non
altro riconoscere chiaramente i primi anelli della catena. La politica dell'Inghilterra si fondava sulla sicurezza garantitale dal mare che lambisce le sue coste. Dal momento in cui Bleriot ebbe sorvolato in aeroplano la Manica, questo isolamento
protettivo fu infranto, e la notte in cui, in tempo di pace e a scopo di esercitazione, uno Zeppelin tedesco volteggisopra Londra, la guerra contro la Germania divenne praticamente cosa decisa (2).

Non va neppure dimenticata, a questo riguardo, la minaccia costituita dal sommergibile.

Quasi mi vergogno di trattare un tema di tale importanza e complessitaccompagnandolo con cospochi e insufficienti commenti; so anche di non avervi detto nulla che vi giunga nuovo.

Quello che mi preme solo farvi rilevare che tra l'uomo e il suo dominio della natura, da cui egli trae le armi per lottare contro i propri simili, si stabilisce un rapporto che deve necessariamente influire anche sulle istituzioni economiche. Pu sembrarvi che ci siamo molto allontanati dai problemi della "concezione del mondo", ma vi ritorneremo subito. La forza del marxismo non risiede evidentemente nella sua concezione della storia e nella predizione del futuro che su di essa si basa,
bensnell'aver acutamente dimostrato l'influenza coattiva che le condizioni economiche degli uomini hanno sui loro atteggiamenti intellettuali, etici e artistici. E' stata cosscoperta una serie di nessi e di implicazioni, fino allora quasi
completamente ignorati. Ma non si puipotizzare che i motivi economici siano i soli a determinare il comportamento dell'uomo nella societ Gil'indubbio dato di fatto che persone, razze e popoli diversi si comportano differentemente nelle
medesime condizioni economiche, esclude il dominio assoluto dei fattori economici. Quando si tratta delle reazioni di esseri umani viventi, non si comprende come possano essere ignorati i fattori psicologici, poichnon solo tali fattori avevano gi avuto parte nell'instaurazione di quei rapporti economici, ma anche sotto il dominio di questi rapporti gli uomini non possono che esplicare le loro originarie spinte pulsionali: la loro pulsione di autoconservazione, la loro aggressivit il loro
bisogno di amore, il loro anelito a ottenere piacere e a evitare dispiacere. Giin precedenza abbiamo fatto valere le importanti esigenze del Super-io, che rappresenta la tradizione e gli ideali del passato e che, per un certo tempo, opporr resistenza alle sollecitazioni derivanti da una nuova situazione economica. Non dimentichiamo, infine, che sulla massa degli uomini, soggetti alle necessiteconomiche, in atto anche il processo dell'incivilimento (civilizzazione, dicono altri),
che viene certo influenzato da tutti gli altri fattori, ma che sicuramente indipendente da essi per quanto riguarda la sua origine, essendo comparabile a un processo organico, ed perfettamente in grado di agire per parte sua sugli altri fattori.

Esso sposta le mete pulsionali e fa sche gli uomini si oppongano a quanto fino a quel momento avevano tollerato. Sembra inoltre che il progressivo rafforzamento dello spirito scientifico ne sia parte essenziale. Se qualcuno fosse in grado di
dimostrare nei dettagli il modo in cui questi diversi fattori - la generale predisposizione pulsionale umana, le sue varianti razziali e le sue trasformazioni culturali - si comportano nelle varie condizioni in cui vengono a trovarsi classe sociale,
attivitprofessionale e possibilitdi guadagno inibendosi e promuovendosi a vicenda, se qualcuno potesse fare questo, darebbe al marxismo l'integrazione necessaria per farne una vera scienza sociale. Infatti anche la sociologia, che tratta del
comportamento dell'uomo nella societ non puessere altro che psicologia applicata. A rigor di termini ci sono solo due scienze: la psicologia, pura e applicata, e la scienza naturale.

Con la scoperta ricca di implicazioni dell'importanza delle condizioni economiche, affiorla tentazione di non lasciare i mutamenti di queste ultime allo sviluppo storico, ma di imporli mediante un intervento rivoluzionario. Ora, nella sua
attuazione nel bolscevismo russo, il marxismo teorico ha acquisito l'energia, la compiutezza, il carattere esclusivo di una concezione del mondo, ma nel contempo anche una terribile somiglianza con ciche esso combatte. Benchoriginariamente esso
stesso parte della scienza, e costruito, nella sua attuazione, sulla scienza e sulla tecnica, ha tuttavia dato luogo a un vietamento del pensare che tanto implacabile quanto, a suo tempo, quello della religione. Un esame critico della teoria
marxista vietato, i dubbi sulla sua esattezza vengono puniti coscome una volta l'eresia dalla chiesa cattolica. Le opere di Marx hanno preso, come fonte di rivelazione, il posto della Bibbia e del Corano, benchnon sembrino piesenti da
contraddizioni e da oscuritdi questi piantichi libri sacri.

E benchil marxismo pratico abbia fatto inesorabilmente piazza pulita di tutti i sistemi idealistici e di tutte le illusioni, ha generato a sua volta illusioni che non sono meno discutibili e gratuite delle precedenti. Esso spera di cambiare, nel
corso di poche generazioni, la natura umana in modo tale che nel nuovo ordine sociale risulti una convivenza quasi esente da attriti e che gli uomini si assumano senza costrizione i compiti del lavoro.

Intanto trasporta altrove le restrizioni pulsionali indispensabili in ogni societe devia verso l'esterno le tendenze aggressive che minacciano ogni collettivitumana, mentre trova sostegno nell'ostilitdei poveri verso i ricchi, di coloro che
prima non contavano nulla contro i precedenti detentori del potere. Ma una simile trasformazione della natura umana molto inverosimile.

L'entusiasmo con il quale le masse seguono attualmente l'incitamento bolscevico, fin tanto che il nuovo ordine incompiuto e minacciato dall'esterno, non da alcuna sicurezza per un futuro nel quale esso sarcondotto a compimento e fuori pericolo.
Anche il bolscevismo, in modo del tutto analogo alla religione, deve compensare i suoi fedeli per le sofferenze e le privazioni della vita presente con la promessa di un aldilmigliore, nel quale non si darpialcun bisogno insoddisfatto.

Questo paradiso, tuttavia, deve essere nell'aldiqua, deve venir istituito sulla terra e inaugurato entro un periodo prevedibile di tempo. Ma rammentiamoci che anche gli Ebrei, la cui religione non conosce una vita nell'aldil hanno aspettato
l'arrivo sulla terra del Messia, e che il Medioevo cristiano ha creduto varie volte che il regno di Dio fosse imminente.

Non ci sono dubbi sulla risposta che il bolscevismo dara queste obiezioni. Esso dirche finchgli uomini non saranno cambiati nella loro natura, dobbiamo servirci dei mezzi che oggi hanno effetto su di loro; nell'educarli, impossibile fare a
meno della costrizione, della proibizione di pensare, dell'impiego della violenza fino allo spargimento di sangue, e se non destassimo in loro quelle illusioni, non li indurremmo nemmeno a piegarsi a questa costrizione. E potrebbe chiederci,
gentilmente, che gli si dica pure come si potrebbe fare altrimenti. In tal modo saremmo messi con le spalle al muro. Io non saprei dare alcun consiglio.

Confesserei che le condizioni di questo esperimento avrebbero scoraggiato me e la gente come me dall'intraprenderlo; ma non siamo gli unici ad avere voce in capitolo. Ci sono anche uomini d'azione, irremovibili nelle loro convinzioni, inaccessibili
al dubbio, insensibili alle sofferenze degli altri qualora si frappongano alle loro intenzioni. Dobbiamo a tali uomini se il grandioso esperimento di un ordine nuovo attualmente in corso in Russia. In un'epoca in cui grandi nazioni annunciano di
aspettarsi la salvezza dal mantenimento della fede cristiana, la rivoluzione in Russia malgrado tutti i particolari sgradevoli - appare il messaggio di un futuro migliore. Purtroppo ndal nostro dubbio ndalla fede fanatica degli altri scaturisce
un'indicazione su quello che sarl'esito dell'esperimento. Il futuro lo insegner forse mostrerche l'esperimento fu intrapreso prematuramente, che un cambiamento radicale dell'ordine sociale ha poche prospettive di successo, finchnuove
scoperte non avranno accresciuto il nostro dominio delle forze naturali e quindi facilitato il soddisfacimento dei nostri bisogni. Solo allora, forse, diverrpossibile che un nuovo ordine sociale non solo scongiuri il bisogno materiale delle masse,
ma esaudisca anche le esigenze culturali dell'individuo. Invero, anche allora avremo da lottare per un periodo lunghissimo di tempo con le difficoltche l'indomabile natura umana procura a ogni genere di comunitsociale.

Signore e Signori, consentitemi, per concludere, di riassumere quanto ebbi a dire sulla relazione che la psicoanalisi ha con il problema della "concezione del mondo". La psicoanalisi, a mio parere, incapace di crearsi una sua particolare
Weltanschauung.

Essa non ne ha bisogno, parte della scienza e puaderire alla Weltanschauung scientifica. Questa, tuttavia, quasi non merita tale nome altisonante, perchnon abbraccia ogni cosa, troppo frammentaria, non ha alcuna pretesa di essere un tutto in
scompiuto e di costituire un sistema. Il pensiero scientifico ancora molto giovane, non ancora potuto venire a capo di moltissimi dei sommi problemi. Una concezione del mondo eretta sulla scienza ha, tranne l'accentuazione del mondo esterno
reale, tratti essenzialmente negativi, come quello di accettare la verit di rifiutare le illusioni. Chi fra di noi mortali insoddisfatto di questa situazione, chi pretende qualcosa di piper trovare una momentanea consolazione, cerchi questo
qualcosa dove potrtrovarlo. Noi non ce ne avremo a male: non possiamo aiutarlo, ma nemmeno, per riguardo a lui, pensare diversamente.







NOTE:

1. Heine, "Il libro dei canti", "Il ritorno", N. 58.
2. Cosmi fu riferita nel primo anno di guerra da fonte fidata.






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