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ENZO BIAGI

LUBJANKA

Quando, nel 1917, la Rivoluzione d'ot-
tobre innalz la stella rossa sulle cupo-
le del Cremlino, nel cuore di milioni e mi-
lioni di persone, in tutto il mondo, si ac-
cese la speranza di poter finalmente co-
struire un mondo migliore, dove a tutti
sarebbe stato dato in rapporto alle pro-
prie necessit. Ma poi, implacabili e an-
nunciati da sinistri presagi, ecco so-
praggiungere quegli anni tragici e di-
sperati in cui lo stalinismo stermin mi-
lioni di persone e la rivoluzione bolsce-
vica distrusse se stessa e le speranze
che aveva suscitate. Una storia terribile
che si svolse nelle stanze dell'Hotel Lux
dove i funzionari del Comintern viveva-
no nell'angoscia di poter essere arre-
stati da un momento all'altro, nei Lager
dell'Arcipelago Gulag, dove venivano
deportati oppositori politici, delinquenti
comuni, comunisti colpiti da accuse ine-
sistenti, donne e bambini; nelle carceri,
dove migliaia e migliaia di detenuti furo-
no eliminati con un colpo alla nuca do-
po processi farsa. Enzo Biagi ci raccon-
ta questi anni di ferro e la tragedia di
una generazione di rivoluzionari che fu
tradita dopo aver consultato un vastissi-
mo materiale documentario di fonte so-
vietica e con le vive parole di chi ha vis-
suto personalmente questo tragico pe-
riodo o di quanti sono stati loro accan-
to: mogli, figli, parenti, amici...
E cos incontriamo Togliatti, Bucharin,
Pasternk, l'ambiguo Erenburg, Ma-
kovski Jagoda, i due premi Nobel
Brodskie Solienicyn, e tutta una serie
di personaggi piccoli e grandi accomu-
nati in una tragedia che suscita solo pie-
t, le fosse di Katyn.
Una ricostruzione storica amara e ap-
passionante, una ricerca profonda ne-
gli anni della paura e della vertigine
che si conclude con un'amara riflessio-
ne: o stalinismo non ha avuto la sua
Norimberga. Nessuno ha mai confes-
sato di essere responsabile o complice
di quell'orrore, nessuno si pentito

A VITA E DIVENTATA PIU' LIETA,
COMPAGNI
Per accogliere i nuovi arrivati all'Hotel Lux hanno
aggiunto due piani. E, a Mosca, il recapito della ri-
voluzione mondiale, l'alloggio dei membri del Co-
mintern. I lientiarrivano da tutta l'Europa, inse-
guiti dalle polizie segrete. Il primo piano destinato
alle personalit, e la camera 1 tocca a Palmiro To-
gliatti, conosciuto come Ercole Ercoli. Ha con s la
moglie Rita e il figlio Aldo.

L'ultimo, sotto i tetti, alloggia in stanzoni gli
impiegati e le dattilografe dell'organizzazione. Il di-
rettore ha un titolo e un ruolo inconsueto: lo chiama-
no omandante

La numero 19 assegnata a un giovanotto tede-
sco che zoppica, il dottor Richard Sorge. La madre
mssa, il padre, ingegnere, lavorava nelle raffinerie di
petrolio di Baku

Sorge stato ferito in guerra - che ha combattuto
da volontario - poi ha scoperto il suo destino: quello
che accade nel 1917 a Pietroburgo gli indica a stra-
da che il movimento operaio deve seguire.

Come tutti quegli stranieri, ha un nome di batta-
glia o di copertura: ka

Si fa notare per l'eleganza del guardaroba, e per il
successo che ha con le donne: comincia con una
bionda Fraulein, Christina Gerlach, conclude la vita
con una cameriera giapponese, Ishii Hanako.

Ufficialmente, si presenta come giornalista: la-
vora per la Frankfurter Atlgemeine Zeitun$ manda cor-
rispondenze dall'Estremo Oriente. E considerato
un enio della cospirazione da Tokyo rivela al
Cremlino il giorno dell'attacco della Wehrmacht.
Non creduto. Sale sul patibolo il 7 novembre 1944,
ventisettesimo anniversario della vittoria degli ope-
rai e dei soldati.

Tra i rifugiati c' anche Tito, che ha scelto come
pseudonimo alter Scomparsa Polka, la ragazza
conosciuta nei giorni delle barricate, da cui ha avuto
un bambino, e che ha trovato un altro uomo, vive da
scapolo, si arrangia e provvede da solo alle sue neces-
sit. Si rende conto del rischio: pochi rapporti. Per
sfuggire alla morsa, niente amicizie, ma letture e
riflessioni. Annota nei suoi ricordi: pprendevamo
ogni giorno che il Tale o il Talaltro erano stati arre-
stati. Anche lui ha paura di entire il fatale bussare
alla porta

Tutti tacciono: Walter Ulbricht, Georgi Dimi-
trov, Mtys Rkosi, Erno Gero, sistemato di fronte
alle cucine, perch 'Unione sovietica ha sempre
ragione. Del resto Lenin lo aveva detto ad Angerica
Balabanoff: uello che si fa per la causa del proleta-
riato sempre onesto.

Alla 175 vivono Heinz e Margarethe Buber Neu-
mann: Heinz rappresenta il Kommunistpartei del-
la Germania. Lei piccola, vivace, allegra: ma ogni
giorno cade qualche illusione. Gi quando parto-
no da Berlino l'hanno avvertita: manca tutto, op-
portuno portarsi dietro anche la carta igienica. Ma
ha scoperto che la difficolt maggiore soprawive-
re. Mentre lo portano via, Heinz dice alla moglie:
on piangere. Poi la bacia, e si allontana mormo-
rando: uoi piangere ora. Ce ne abbastanza per
farlo

Togliatti eletto membro del Presidium: e anti-
cipa qualche rublo ai compagni, che sono in bolletta,
per i festeggiamenti. Ogni tanto parte per qualche
missione. E colto: parla francese, tedesco, russo e
spagnolo, e ha una memoria formidabile.

Vede quello che accade, ma non si compromette;
scrive Renato Mieli: si stava dalla parte dei perse-
cutori, o si finiva da quella dei perseguitati. Ed Erco-
li pprov ed esalt, a nome del Pci, tutti gli eccidi
legalizzati dal regime staliniano

Il Lux un vecchio albergo; apparteneva una
volta a un famoso pasticciere, Filipov. Ma un domi-
clho comodo: sulla via Gor'kij, e poco distante dalla
piazza Mokovaja, dove sono sistemati gli uffici del
movimento comunista.

Dispone di pi di trecento camere, di un ristoran-
te, di un grande panificio, che produce anche dolciu-
mi, e a ogni piano sono sistemate due cucine.

Davanti all'ingresso stazionano di continuo guar-
die della pollzia che controllano i documenti a chi
chiede di entrare. Occorre un permesso speciale
Dentro a quell'edificio decadente, infestato dai topi
e, nella stagione calda, dagli scarafaggi, ha scritto
Ruth von Mayenburg, che vi alloggi, i faceva e si
subiva la storia

Oggi ha cambiato nome: si chiama Central, ap-
partiene all'Intourist, ma assai declassato. I gradini
dell'entrata sono consumati dal tempo, l'ascensore
ancora allo stesso posto, anche l'arredamento mo-
desto, e gli ospiti non devono avere troppe pretese.

Sono entrato una sera nella hall: c'erano le solite
elegacija una squadra di giocatori di pallavolo
cubani, dei silenziosi cecoslovacchi con scarpe color
gelato alla crema, un po' di negri.

Guardavo i bagagli abbandonati, ascoltavo quelle
voci,, e pensavo ai frequentatori di un tempo: Ercoli
che fra libri accatastati, valigie polverose e lavandini
sgocciolanti, prepara discorsi per la radio, e studia
relazioni politiche; Wilhelm Pieck che gioca in pan-
taloncini a pallavolo; l'irascibile Andr Marty che
protesta per ogni rumore; e poi l'astuto Walter Ul-
bricht, di cui Arthur Koestler dice: a sete di potere
l'unico indizio del fatto che in lui le passioni umane
non si sono spente del tutto.

Le autorit sovietiche fanno il possibile per ren-
dere gradevole il soggiorno dei delegati o degli esuli
che arrivano da ogni parte: all'ammezzato c' una
stanza da bagno con sei vasche, e le docce, e una bella
e robusta ragazza ucraina, a chi presenta l'apposi-
to buono, lava la schiena, e anche qualcos'altro; c'
l'asilo infantile, c' un parrucchiere, al quale ogni
tanto arriva a dare una mano Giovanni Germanetto,
barbiere di professione, che con le sue Memorie si
conquistato le simpatie letterarie di Ercoli, e qualche
volta, al ristorante, suona una orchestra di tzigani.

Fuori c' tanta fame, tanta miseria. Migliaia di
ragazzini abbandonati, i esprizorniki invadono le
strade: ladruncoli macilenti e cenciosi, chiedono la
carit: aj, tjotja, daj chleba! Daj papirosi - Zietta,
dacci del pane! Delle sigarette.

Pullulano le prostitute; lo ammette anche Trotz-
kij: 'uomo non vive di sola politica e c' qualcuno
che a tavola confessa esultante: ggi con una scatola
di latte condensato mi sono fatto una granduchessa

Il compagno Wilhelm Pieck, dietro a un pannel-
lo che ha fatto allestire dai falegnami dell'hotel, ha
attaccato molte riproduzioni lascive di donne nude.

E vedovo, spiegano, e anche il grande Vladimir
Il'ic soffr per la morte di Inessa Armand, uccisa dal
colera nel Caucaso. L'aveva conosciuta in Svizzera: si
incontravano in un caff, Inessa era separata dal ma-
rito. Ai funerali, racconta Aleksandra Kollontaj,
enin era irriconoscibile. Barcollava, pareva non
reggersi in piedi.

Molte nuove coppie vivono nell'hotel: li chiama-
no atrimoni alla Luxperch facile trovare una
compagna sovietica, e le formalit sono semplici.
Nessuno chiede se in giro ci sono altre mogli o altri
figli. E anche il divorzio senza complicazioni. Per
venticinque anni il Lux la casa di una collettivit
internazionale: l'affitto che si paga bassissimo, e
comprende il cambio della biancheria e le pulizie.
Sono rappresentati trenta, quaranta paesi: ma tutti i
bambini imparano e parlano il russo.

Nelle stanze i panni pendono dalle corde, e nelle
cucine comuni bollono i pentoloni del bucato e le
padelle di uova e patate. Dalle finestre si vedono le
torri del Cremlino, la Piazza Rossa, le cupole di San
Basilio.

C' anche, per i malati, l'ambulatorio, ma utto
di cattivo gusto secondo la descrizione di un testi-
mone, a facciata, i mobili, i salotti inutilizzati cari-

chi di ori.

Ogni tanto, organizzano qualche cena di gala, e
le cameriere servono a tavola, con la crestina candida
e le unghie laccate, caviale e anche piatti preparati
da una cuoca austriaca. Imperversa la musica degli
tzigani e la cantante, che ha un seno procace e un
temperamento ardente, scende tra i commensali, e
legge la mano a chi crede nei segni del destino. Dice
davvero che cosa nasconde e prepara il futuro?

I dolori profondi cominciano dopo il 1934, con
1 uccisione di Kirov, segretario a Leningrado, assas-
sinato da un allucinato Leonid Nikolaev, allo
Smol'nyj, l'antico collegio delle fanciulle nobili, con
un colpo di aganalla schiena.

L'omicida un giovane nevrotico che ha preso
parte alla guerra civile. Odia la burocrazia che secon-
do lui difende i trotzkisti. Non riesce ad accettare il
sistema. A sparare lo hanno incoraggiato gli amici
della polizia segreta, che cercano qualcuno per elimi-
nare Kirov; Jagoda, il capo, ha ricevuto istruzioni da
chi comanda al Cremlino: Iosif Dzugasvili

Chiedono a Nikolaev: erch avete ucciso un

uomo cos buono?. Risposta: on ho sparato a lui,
ma al partito.

E il 1dicembre; comincia o stalinismo.

Butyrka, Taganka, Lubjanka sono nomi che cor-
rono su tutte le bocche. L'Hotel Lux diventa una
specie di posto di passaggio: da l alla cella. Comm-
ciano i grandi processi, le urghe(urgasignifi-
ca tempesta di neve). Su 142 membri del Politbjuro
e del Comitato centrale, 104 ci lasciano la pelle. Dice
Nikolaj Bucharin, direttore prima della Pravda (a
verit poi delle Izvestija (e notizie: iente fer-
mer Stalin. Togliatti, al VII Congresso, saluta in-
vece in lui l capo, il maestro, l'amico del proletaria-
to e degli oppressi.

Si scatenano intrighi, vendette, onfessioni strappate con l'inganno e la tortura, oppure facendo
leva su un ingenuo idealismo. Lo sgomento avvolge
la torpida giornata dei russi. La legge cancellata.
Gi Lenin ha ammesso: iviamo in un mare di
illegalit. Majakovskij indirizza a Esenin un verso
ammonitore: facile morire ai nostri tempi; pi
duro vivere.

Fra il 1936 e il 1938, secondo calcoli prudenti,
perdono la vita tra i sette e gli otto milioni di perso-
ne, delle quali un terzo sono membri effettivi del
partito. Ricorda Erenburg: n seguito soffi vento
pi del necessario, vento a tramontana. Fu un vero
miracolo se non volai via.

Dei settecento scrittori che hanno partecipato al
primo congresso nel 1934, solo cinquanta soprawivo-
no per intervenire al secondo, venti anni dopo. Tra le
vittime Babel', Pil'njak, Mandel'stam; Stalin impre-
vedibile: pare preferisca salvare quelli non troppo
coinvolti nelle vicende politiche, gli indifferenti.

Andai a trovare Il'ja Erenburg: era il solo super-
stite della generazione di Pasternk, un sopravvvissu-
to, non amato nella sua patria, e insultato fuori.

Raymond Cartier lo ha descritto come n tipo
orgoglioso, vanitoso, servile coi potenti, sprezzante
con gli altri.

Certo, la sua storia piena di ombre: nel 1907, a
sedici anni, incarcerato come bolscevico, e dopo
alcuni mesi di prigione i genitori, assai ricchi, lo
tirano fuori e lo fanno emigrare. Esce dal partito
perch non gli piacciono i dogmi di Trotzkij, ed un
oppositore della rivoluzione.

Poi si adegua: e Bucharin lo aiuta a pubblicare la
sua prima opera famosa:JulioJurenito. Passa parecchio
tempo tra Mosca, Berlino, Parigi, come corrisponden-
te delle Izvestija. Si mette al servizio del despota, al
quale ende dei servizi, alcuni dei quali vergognosi.

Ma, dice Robert Conquest, l'autore di The great
Terror (l grande terrore, il pi documentato stu-
dio su quegli anni terribili, uesto non significa una
totale disonest. Ha spiegato Evtusenko: i inse-
gn a soprawivere. Anche Erenburg aveva una sua
opinione sul clamoroso poeta, non del tutto entusia-
sta: i pente spesso,mi disse on ha un gran talen-
to, ma molto battagliero. Vorrebbe essere Maja-
kovskiJ, per senza fare la stessa fine.

Condivido la prudenza di Conquest: hi non ha
attraversato una esperienza sovietica non in buona
posizione per dare dei giudizi.

Del resto, Erenburg lo ha ammesso: he cosa
non si adatta a fare un uomo soprattutto nelle epoche
definite storie che?... Hanno criticato tanto i miei libri,
quanto la mia vita. Non intendevo ammaestrare nes-
suno, non mi propongo come esempio. Raccontava:
o visto gente che commetteva atti disonorevoli
per vantaggio personale, tradiva compagni e amici; le
mogli rinnegavano i mariti, i figli intraprendenti co-
privano di ingiurie i padri sfortunati.

Tutti vivevano nell'incubo, ed Erenburg confes-
sava: a paura non l'ho provata sui vari fronti, non

in Spagna, non sotto i bombardamenti, ma in tempo
di pace, nell'attesa di una scampanellata o di un colpo
alla porta.

Aveva un barboncino che aveva imparato a chiu-
dere l'uscio della sala da pranzo quando gli invitati
cominciavano a parlare in modo guardingo. Premia-
to con un pezzo di salsiccia, divent espertissimo.

Andando in redazione alle Izvestija, not che ave-
vano tolto le targhette coi nomi fuori degli uffici.
Mormor l'usciere: ggi sono qui e domani non ci
sono pi.

Conobbi Erenburg a un congresso di scrittori eu-
ropei, a Leningrado, nel 1963. Polemizz anche con
i suoi compagni: i sono membri di questa Unione
che non sanno scrivere. Non abbiamo mai detto che
intendevamo eliminare gli imbecilli ma soltanto gli
sfruttatori.

Difese l'arte impegnata; il poeta, affermava, non
pu isolarsi: nella Commedia Dante esprime le passio-
ni del suo tempo, Stendhal respira l'aria dei suoi
contemporanei. Non neg che tra i sovietici vi fosse-
ro contraddizioni ed errori. Ma li giustific: oi
viviamo nel primo secolo del comunismo. Non ab-
biamo una lunga esperienza alle spalle.

L'ho visto poi nell'appartamento di Mosca, tra i
Picasso, e a Novo Ierusasimsky in campagna. Poco
lontano c' Istra, il capoluogo: un tempo il medico
condotto era il dottor Anton Cechov, che vide il
bosco nel quale ancora tremano e care, modeste
betulle ed entr in una villa, tra i campi, sotto gli
alberi rossi d'autunno, dove vivevano tre sorelle che
gli suggerirono la storia e il dolore di Masa, di Irina
e di Ol'ga.

Parlammo per quattro, cinque ore, cos, senz'ordi-
ne: Stalin ed Esenin, gli ebrei e Pasternk, Chruscev
e la guerra di Spagna.

La parola di Erenburg era lucida, ironica, ma an-


che quando raccontava un fatto paradossale, un fatto
che sembrava divertente, sentivi che su quelle vicen-
de pesava un'ombra di tristezza.

Diceva che c'era una statua di Gogol', su una
piazza, ma Gogol' aveva la faccia depressa, e stava
seduto, e quell'aria afflitta non piacque a Stalin, che
lo voleva allegro e in piedi, e cos ora Nikolaj Va-
sil'evic Gogol' sembra un giovane danzatore.

Diceva di sperare che Kosygin e Breznev non si
occupassero delle faccende dell'arte. ggi,ammet-
teva 'intellettuale pi tranquillo. Ma io so poco,
e anche di quello che so non capisco tutto
Si illudeva. Aveva sempre difeso il diritto della
scelta; non gli erano mai piaciuti i romanzi sui colco-
siani o sui trattoristi. on bisognainsisteva
iprodurre, come in fotografia, la realt.
Mi mostr un disegno che era attaccato sopra il
suo letto; era il ritratto di una ragazza, ne peti-
te russe fatto da uno sconosciuto pittore italiano che
la conobbe tanti anni fa, a Parigi; lui si chiamava Mo-
digliam, spiegava compiaciuto, lei Anna Achmatova.

Mi fece vedere un bozzetto di Picasso, aveva fre-
quentato lo studio di Matisse, e capiva perch i giova-
ni si elettrizzano alla visione di una brutta copia di
Guernica. Si sentiva sulle spalle stanche le esperienze
politiche e morali di mezzo secolo di Europa: il tem-
po in cui l destino dei libri era altrettanto incerto di
quello degli uominiaveva lasciato un segno nella
sua avventura.

Cerc una istantanea che lo ritraeva con Aleksej
Tolstoj. i tutti gli scrittori che conobbi prima del-
la rivoluzionedisse con freddezza on rimasto
nessuno.
Tacque per un attimo, poi sorrise: ajakovskij,
a guardarlo di fuori, sembrava violento, sembrava
sicuro, pareva proprio un gigante, ma aveva un carat-
tere debole. Era perseguitato dalle ossessioni: quella


dei microbi e del contagio, ad esempio. Portava sem-
pre in tasca sapone e salvietta, e appena stringeva la
mano a qualcuno correva a lavarsi. Se si sedeva al
caff, usava una cannuccia di paglia per bere, non
voleva toccare i bicchieri.

senincontinuava Erenburg ra un contadino
sconvolto dalla Duncan, dai viaggi all'estero, dal be-
re. Questo un male della Russia e dell'America: la
met degli artisti sono alcolizzati.

egli ultimi tempi non vedevo Pasternk, ma
credo che sia morto contento, perch, almeno al-
l'estero, avevano pubblicato n dottor Zivago, perch
pensava di avere ragione. Dopo Blok, io lo considero
il pi grande poeta del nostro secolo.
Ogni tanto, fra noi cadeva il silenzio, ma erano
pause che non creavano imbarazzo. Lo sguardo cor-
reva nei prati, c'era un garzone che sorvegliava un
branco di capre bianche, cadeva sui frutti di Armenia
che luccicavano in un vassoio, sulle violecciocche
che si consumavano in un vaso, ultimo segno della
breve estate nordica.

uesta casadiceva Erenburg u distrutta pri-
ma dai tedeschi, poi dalle fiamme. Io l'ho ricostruita
coi diritti dei miei libri. I tedeschi arrivarono a di-
ciotto chilometri da Mosca, stavano gi puntando i
cannoni sulla Piazza Rossa e anche la cattedrale di
Istra, laggi, mezzo diroccata. L'aveva disegnata
Rastrelli, un architetto italiano. Una volta la visitava-
no turbe di pellegrini, il viaggio dalla capitale durava
tre giorni; anche la moglie di Lev Tolstoj veniva qui
a implorare la protezione divina.
La guerra ritornava nei suoi ricordi, la Wehr-
macht che dilagava nell'immensa pianura, e anche le
trincee della Catalogna; mi mostr una raccolta di
fotografie ingiallite, macerie e bambini affamati, mi-
liziani e squadriglie con la croce uncinata in picchia-
ta. camicie nere e comizi della asionaria.

Poi il pensiero correva ancora indietro, alla sua
infanzia di bambino ebreo a Kiev. Suo padre era diret-
tore di una fabbrica di birra. ap e mammadiceva
con tenerezza arlavano l'ydish solo per non farsi
capire da me, quando l'argomento era scabroso per
andare all'universit bisognava che i giovani israeliti
fossero molto bravi, c'era il numero chiuso, erano am-
messi solo i f gli dei mercanti di prima categoria, o di
militari di carriera promossi sottufficiali.

Lui aveva i voti pi alti (la sola volta che nella sua
voce echeggiava un qualche orgoglio), e cos pot
studiare. tedeschidiceva anno ucciso la met
degli ebrei dell'Urss, e quelli che erano fuggiti non
sono pi rientrati nelle loro citt, non ne hanno avu-
to il coraggio, si sono dispersi.
Era ebreo, si sentiva ebreo: o appartengo a colo-
ro che per consuetudine vengono insultatidiceva.

Insegna un proverbio russo: duro vivere per
chi ricorda tutto e il passato lo inseguiva, quasi lo
ossessionava, coi suoi tanti perch: olti dei miei
coetanei sono finiti sotto le ruote del tempo. Io sono
soprawissuto non perch fossi pi forte o pi accor-
to, ma perch vi sono giorni in cui la sorte dell'uomo
fa venire in mente non una partita a scacchi, giocata
con tutte le regole, ma una lotteria.

Ricordava gli altri, i caduti davanti ai plotoni
della Gpu (Gosudarstvennoe politiceskoe upravle-
nie, Direzione politica di Stato, le vittime di Stalin:
un amico, il grande attore Solomon Michoels, ucciso
in una strada della periferia di Minsk dagli agenti di
BeriJa, misteriosamente. Lo misero in una bara, lo
truccarono: sembrava vittima di una disgrazia. La
sventura che perseguita gli ebrei, dai ogromdegli
zar alle stragi delle SS, all'antisemitismo che sempre
serpeggia nelle coscienze di tanta gente dell'Est.

Che colpe hanno, si chiedevano, Chaplin e il
filosofo Bertson, Kafka e Modigliani. Milhaud e
Soutine, e Einstein che, quando rivel la teoria della
relativit, venne accusato di avere escogitato n
trucco da israelita

Non nominava mai i suoi nemici, diceva che non
voleva ricordarli, non voleva nemmeno polemizzare.
Rammentava una lettera di Cechov alla sorella: e
mi sparassi darei una grande soddisfazione ai nove
decimi dei miei amici e ammiratori. Tra le molte
definizioni che lo riguardano ci sono cettico
ardonico ichilista e anche l trasandato Il'ja.

Era stato testimone e protagonista di tanti dram-
mi, e talvolta aveva dovuto accettare un molo poco
onorevole di propagandista, o di difensore di cause
sbagliate; ma pensava che la storia non si fa su ordina-
zione, e si era rassegnato. Cercava di evitare il peg-
gio: poco a poco feci il callo ad accuse di ogni
genere. E poi diceva, forse per consolarsi: essuno
pu mai scegliere la sua epoca.

Ebbe, anche lui, la sua esperienza alla Lubjanka,
nei giorni duri della rivoluzione, accusato di essere
un agente di Vrangel'. La sede della Societ di assicu-
razioni Russia era stata da poco adibita a quartier
generale della Ceka (Crezvycajnaja komissija, Com-
missione straordinaria per la lotta contro la controri-
voluzione). Dovette spiegare, tra l'altro, all'inquisi-
tore che cosa vuol dire cubismo.

Penso che nell'intimo fosse in disaccordo col
tempo che gli era toccato di vivere. Lenin si inteneri-
va ascoltando l'Appassionata, credeva non ci fosse
nulla di pi bello, la considerava un prodigio. a confid a Gor'kij on posso sentire spesso la musica,
mi innerVosisce, fa venire voglia di dire tenere scioc-
chezze, di accarezzare le teste degli uomini. Per
oggi non puoi farlo, ti mordono la mano, e bisogna
picchiare sulle teste anche se noi, sul piano ideale,
siamo contrari alla violenza.Picchiarono. Erenburg
aveva assistito, a Pietroburgo, ai comizi al Circo Ci-
niselli, aveva visto, al Palazzo d'Inverno, le stanze
degli zar arredate senza gusto, colme di cianfrusaglie
da borghesucci, e guardava a ci che accadeva da
semplice osservatore: per i ricchi c'erano ancora ne-
gozi che vendevano vasi di Svres e sigari Avana; nei
caff servivano il t addolcito col miele, perch man-
cava lo zucchero, e, invece dei pasticcini, fette di
pane bianco spalmate di marmellata di uva spina, di
ampone, di ribes nero: i profumi e i sapori della
lontana adolescenza.

La Grande Rivoluzione non da tutti considerata
con impeto epico: Iosif Brodskij, Nobel per la poesia,
racconta che non fu in realt che un semplice golpe,
e incruento per giunta.

Al colpo sparato a salve dall'incrociatore Aurora,
oggi trasformato in museo, un plotone delle appena
nate Guardie rosse entr nel Palazzo d'Inverno, sen-
za incontrare alcuna resistenza, e stupr met del
reparto femminile che sorvegliava l'edificio. Due ri-
voltosi furono abbattuti a fucilate, uno anneg nel
vino delle cantine imperiali. Qualche ministro del
governo provvisorio venne arrestato.

Robert Conquest ricorda che il regime degli zar,
l pi dispotico d'Europa secondo una ricostruzio-
ne di Solzenicyn dal 1826 al 1906 fece impiccare 894
oppositori. Dopo le sommosse del 1905, ci furono
2200 esecuzioni.

In otto mesi, nelle province centrali, Lenin fece
andare all'altro mondo 16.000 reazionari. Durante le
urghedi Stalin, pi di un milione di sospettati
finirono dentro, e 600.000 vennero abbattuti, e al-
trettanti mandati nei campi di lavoro. Tra carestie,
torture, plotone e Gulag, dieci o quindici o forse
venti mi ioni di cittadini e compagni ebbero a che
fare con l'Nkvd (Narodnyj komissariat vnutrennych
del, Commissariato del popolo per gli affari interni).
La ghigliottina, sulle piazze di Parigi, tagliava le
teste dei nobili; nelle cantine di Mosca non si fanno
distinzioni: c' un plotone per tutti.

Poi Erenburg aveva visto impiccare dai comuni-
sti, quando il temporale sembrava placato, un compa-
gno come il ministro cecoslovacco Vlado Clementis,
che non aveva mai tradito, incontrava gli amici della
giovinezza costretti a tacere, imparava che li avevano
deportati, per tante notti aveva temuto con una vali-
getta sempre pronta, accanto al letto, che qualcuno
arrivasse con un'automobile nera.

La sua colpa pi grave era di avere vissuto. Anni
della Parigi del Fronte popolare, anni della Berlino
di Grosz e del cantastorie Brecht, anni delle guerre e
delle crisi. un tratto,diceva o sentito quanto
lunga la vita. Forse la vecchiaia prende tutti alla
sprovvista. Non si esauriscono le passioni, ma soltan-
to le forze.Era stupito dal fatto che l'ja il trasanda-
to come lo chiamavano, fosse passato attraverso
l'uragano, senza capire perch.

Ebbe come un sussulto: n quel periodo non era
facile commuovere la gente perch tutti ormai si
erano abituati alla morte.

Uscimmo a passeggiare tra i piccoli tigli che
Erenburg aveva piantato: sotto scrosciavano le acque
dell'Istra. ra poco,mi disse ar tutto bianco.
Millenovecentotrentasei. Stalin lancia uno slogan
pieno di ottimismo: a vita migliorata, la vita
diventata pi lieta, compagni. Si festeggiano prima-
ti: gli aviatori Ckalov, Bajdukov e Beljakov, su un
aereo sovietico, volano senza scalo da Mosca al-
l'Estremo Oriente.

Hanno costmito il primo aeroplano gigante, il
aksim Gor'kij decolla nel 1930, sostenuto da
otto motori, e trasporta 72 passeggeri, e nella carlin-
ga funzionano anche una infermeria e un piccolo

cinematografo.

Poi ci sono le straordinarie intuizioni di Konstan-
tin Eduardovic Ciolkovskij, maestro elementare nel
distretto di Kaluga, dove trascorre tutta la vita: un
giovanotto sordo per una malattia dell'infanzia che
passa gli anni della giovinezza campando a t e a
patate per poter studiare.

E l'uomo che pensa in termini tecnici a un veico-
lo adatto al volo nello spazio, e nel 1933, all'aero-
dromo della capitale, un razzo si alza per la pri-
ma volta nel cielo. Ciolkovskij muore poco dopo.
Nel monumento che gli hanno dedicato incisa
una frase: 'umanit non rester eternamente sulla
Terra.

Secondo i russi Popov ha inventato tutto: dalla
lampada a incandescenza alla radio. Non stato
Roentgen - dicono - a scoprire i raggi X, ma Lomo-
nosov: col suo nome hanno battezzato l'Universit di
Mosca, un cratere lunare e un minerale scoperto di
recente.

Ricordano, con orgoglio, che si deve a Dmitrij
Mendeleev la tavola completa di tutti gli elementi
chimlci: raccontano che in sogno vide chiaramente
quello schema, si svegli all'improvviso e corse al
suo tavolo ad annotare la scoperta.

E a Ivan Pavlov, il primo msso insignito del Pre-
mio Nobel (proclamato, senza che ne fosse entusia-
sta, reatore della scienza materialista, che va rico-
nosciuta la prova dell'esistenza degli enzimi e dei
succhi gastrici e gli appartengono gli studi fonda-
mentali sui riflessi nervosi.

Nel 1724, Pietro il Grande fonda un'accademia
che deve raccogliere i sapienti di tutto il Paese perch
si dedichino alle ricerche, e perch prowedano anche,
nelle circostanze ufficiali, nascite e matrimoni, a com-
porre odi in onore dello zar e dei suoi cari congiunti.
Sono, fin da allora, pagati lautamente. Alcuni vengono
pure incaricati di tracciare gli oroscopi per la famiglia
imperiale. Emditi e cortigiani: ogni tanto succede.

Da allora, molto cammino stato compiuto, e in
particolare dal 1917: cambiato il soggetto degli
inni, ma nomi come Petr Kapica, Il'ja Frank, Lev
Landau, Nikolaj Bazov sono scritti nel gran libro del
progresso.

Nessuno dimentica la profonda emozione del bip-
bip trasmesso dallo sputnik, e Jurij Gagarin si chiama
l'astronauta che inizia la corsa verso i pianeti. Un quar-
to delle scoperte scientifiche di tutto il mondo spetta
all'Unione sovietica. La prima centrale atomica e il
primo satellite artificiale, il primo trapianto su animali
e il primo supersonico di linea appartengono all'Urss.

Ci sono per da tener presenti i danni provocati
dai dogmi degli stalinisti e dalle perdite dell'ultima
guerra. Basta ricordare l'emblematica figura di Tro-
fim Denisovic Lysenko, un botanico ucraino. Ha ca-
povolto le teorie del monaco agostiniano Gregor
Mendel, che nel convento di Brno, un centinaio di
anni fa, osservando una volpe addomesticata, un ric-
cio, degli uccellini e delle api, studiando le piante
dell'orto, scopre le leggi dell'ereditariet: si accorto
che innestando piselli dai chicchi mgosi con altri
lisci, a primavera raccoglieva piselli lisci. Se ricevia-
mo un gene cchio bluda nostra madre e un gene
cchio neroda nostro padre, avremo occhi neri,
perch il gene occhio nero dominante.

Lysenko sostiene invece che le particolarit acqui-
site durante l'esistenza possono essere trasmesse: ha
fatto nutrire le giovenche con panna, pensando cos di
accrescere, quando fossero diventate mucche, la per-
centuale di materie grasse del loro latte. Chi non
d'accordo con lui e col partito, che vuole liberare la
scienza proletaria dai pregiudizi borghesi, finisce den-
tro. Cos il primo numero della rivista Genetika del
1965, e la psicoanalisi non ancora considerata del
tutto una cosa seria. Il mais ibrido stato introdotto in
Russia con venti anni di ritardo.

Hanno organizzato per i dissidenti, o per coloro
che erano considerati oppositori delle teorie del
Cremlino, una prigione speciale, la numero 4 di
Mosca.

Le celle sono ben riscaldate, i letti comodi, l'ali-
mentazione adeguata, i detenuti indossano abiti civi-
li. E dotata di laboratori, uffici, sale di convegno: ma
i discorsi, le conversazioni dei sospetti devono avere
per tema soltanto argomenti di lavoro. Anche i se-
condini non portano divise e sono assai istruiti. Ogni
due mesi viene concesso un incontro coi parenti, ma
m un carcere normale: non ammesso far sapere il
vero luogo della detenzione.

E in questi locali, nati da una trovata quasi ro-
manzesca, che nel 1930 Leonid Ramzin inventa un
apparecchio essenziale per il funzionamento delle
centrali termoelettriche: una caldaia a combustione
unica.

Nelle stesse circostanze nato il motore a reazio-
ne di Sergej Korolev, e Andrej Nikolaevic Tupolev,
il grande animatore dell'aeronautica dell'Urss, che
ha disegnato 124 modelli, come Berija gli comanda,
progetta un bombardiere rapido, leggero, 3000 chi-
lometri di raggio di azione, tre tonnellate di bombe
a bordo: il TU 103.

E stato arrestato al ritorno da un viaggio all'este-
ro, e accusato ingiustamente di aver venduto infor-
mazioni a Messerschmitt, l'industriale aeronautico di
Hitler. Per evitare le torture si riconosciuto colpe-
vole. Poi Berija, soddisfatto dell'impresa, lo fa libera-
re, come aveva promesso.

E anche il momento di gloria di Aleksej Stacha-
nov, minatore, che il 30 agosto 1935, nel giro di
cinque ore e tre quarti, estrae 102 tonnellate di antra-
cite superando la norma di oltre quattordici volte, e
guadagnando in un sol colpo pi del salario medio
mensile di un suo collega.
L'avventura del Cetivskin, il rompighiaccio che
cerca di aprire una via nell'Oceano polare artico, e sta
per essere stritolato dagli iceberg, tiene il mondo col
ato sospeso: i cento marinai vengono prodigiosamen-
te salvati dal Krasin e dall'aviazione polare. Viene isti-
tuita la decorazione di Eroe dell'Unione sovietica.

Un Antonov 25 conquista il record mondiale di
distanza. Le condizioni dell'Urss sono i relativa
calma e persino di una moderata prosperit. Si dice
orgogliosamente: uesto il primo Stato degli ope-
rai e dei contadini del mondo.

Cambia il piatto del giorno nei diversi periodi:
c' il momento del salame cotto, dei fagiani o dei
piccioni congelati, ma dura poco; regge pi a lungo
quello del merluzzo.

C' l'angoscioso problema della coabitazione,
quello della uperficie abitabile che d luogo a
nsse e a denunce, e provoca situazioni tragiche, e
anche lugubremente comiche.

gnunoricorda Iosif Aleksandrovic Brodskij
onosce a memoria le mutande dei propri vicini.
Dalla sonorit del peto puoi indovinare chi occupa il
gabinetto, sai che cosa lui/lei ha mangiato a cena e a
colazione. Distingui i rumori che combinano a letto
e quando le donne hanno i loro periodi.I ragazzi,
mentre i genitori fanno l'amore, fingono di dormire.

Per progettare nuovi quartieri si invitano anche
alcuni architetti celebri: Le Corbusier, Gropius,
May, ma il problema, anche mezzo secolo dopo, ri-
mane.

L'economia dell'Urss sta vivendo un momento
difficile: il sistema delle fattorie collettive non inco-
raggia la speranza, l'industrializzazione riuscita so-
lo parzialmente. gni parola detta all'opinione
pub licaspiega Conquest on corrisponde alla
realt.

uando la carestia colpisce il Paese, agli abitan-
ti delle zone miserabili proibito raccontare se vedo-
no qualcuno che cade sfinito, che morto di fame.
L'Unione sovietica pullula di presunti "nemici del
popolo".

' un clima da Medio Evo, di isteria collettiva:
quando si diceva che le streghe, o gli ebrei, tentavano
di avvelenare il mondo. Ma bisogna fingere che i
tempi siano buoni.

n un libro di testo sovietico per la decima classe
si legge che il numero dei perseguitati nell'epoca di
Stalin fu di quaranta milioni. Non so se queste cifre
sono veritiere, ma credo si avvicinino molto a ci che
accadde laggi.
Ancora tanti anni dopo, la spia Kim Philby, an-
dando a visitare la terra dei suoi ideali in compagnia
del capitano Viktor Maljavin del Kgb, si lasci an-
dare. iktor, come potete vivere in queste condi-
zioni?.

Anche il resto del mondo ha dei problemi. In
Italia Benito Mussolini vive il momento di maggiore
splendore. Piace. Anche fuori. Secondo l'Herald Tri-
bune, di New York, a pi potente figura dell'Eu-
ropa moderna. L'esploratore polare Amundsen
sbigottito: avora ventidue ore al giorno, solo Na-
poleone pu paragonarsi a lui. Un po' esagera, ma
l'orario d'ufficio dalle 9 alle 14, poi dalle 16 alle 21,
con una breve interruzione per i pasti. l Duce leg-
ge tuttoinforma n Corriere decla Sera. Webb Miller,
dell'United Press, che lo incontra, svela il segreto di
questa frenetica attivit: non beve liquori forti, non
fuma, appena un sorso di vino mangiando.

Dedica dai trenta ai quarantacinque minuti agli
esercizi fisici, nuoto, sci, equitazione, bicicletta,
scherma, anche se non fa pi duelli. Dorme dalle
undici di sera alle sette del mattino, e si addormenta
rapidamente. Legge una settantina di libri all'anno,
anche in francese, tedesco, inglese, compresi i ro-

manzi di cui si discute. Non gli dispiace il jazz: o-
me ballabiledice o trovo divertente.

Edda, la figlia, rivela altri aspetti inconsueti della
personalit del Capo: non sopporta che la gente tos-
sisca, spacca gli aghi perch non tollera le punture,
considera la donna oltanto uno sfogo per gli istinti
sessuali. Pensa che le guerre i tanto in tanto sono
necessarie, perch temprano la volont degli uomi-
ni ma, obietta il genero, Galeazzo Ciano, i ucci-
dono anche.

Ha appena conquistato un impero, e ha messo in
crisi anche gli antifascisti. Nel 1934 si vota: dieci
milioni di schede a suo favore, soltanto 15.000 con-
trarie. Quando ai professori universitari viene chiesto
l'impegno di ormare cittadini operosi e devoti alla
patria e al regime fascistasu 1225 soltanto 13 ri-
spondono no. Alla Mostra del decennale della rivolu-
zione delle camicie nere montano la guardia anche
Marconi e Mascagni.

In sette mesi le truppe del Duce conquistano
l'Etiopia. La Societ del re nazioni decide un blocco
economico dell'Italia, ma niente paura. L'Unione so-
vietica continua i suoi rifornimenti con larghezza, e
la marina mercantile degli Stati Uniti non si conside-
ra per niente vincolata, e sbarca merci nei porti italia-
ni. Ma nel 1937 ogni cittadino dell'Impero consuma
16,3 chili di carne contro 63,7 dell'inglese, 51,10 del
tedesco, 40,8 del belga, 31 del francese.

a guerra di Spagnascrive Georges Bernanos
un cimitero. E il cimitero dei princpi veri e falsi,
delle buone intenzioni e delle malvagie. Se c' uno
spettacolo compassionevole quello di tanti disgra-
ziati, accovacciati da tanti mesi attorno alla marmitta
stregata, che assaggiano con la forchetta, ognuno
vantando il proprio pezzo: repubblicani, democrati-
ci, fascisti e antifascisti, clericali e anticlericali, pove-
ra gente, poveri diavoli.
Scrive il poeta Neruda: nelle strade il sangue
dei bimbi scorreva semplicemente come il sangue dei
bimbi.

Dalla parte dei repubblicani sono Togliatti, Nen-
ni, Pacciardi e gli scrittori Malraux, Hemingway,
Saint-Exupry, Spender, Dos Passos.

Da Radio Barcellona parla Nenni e dice: alud
lavoratori italiani. E Carlo Rosselli: a rivoluzione
spagnola la nostra rivoluzione.

C' una grande confusione. Randolfo Pacciardi
ricorda: assai da Barcellona e feci visita alla colon-
na Rosselli, organizzata con criteri anarchici: nessu-
na gerarchia, nessuna distinzione tra comandante,
ufficiali e truppa. Rosselli faceva anche lui la coda per
consumare il rancio.

Tutto cominciato col pronunciamiento, nel Ma-
rocco spagnolo, del generale Francisco Franco y Ba-
hamonde che vuol abbattere la Repubblica. L'Italia
lo appoggia subito: decollano dalla Sardegna 12 tri-
motori da bombardamento S.81 al comando del co-
lonnello Ruggero Bonomi. Poi, partono 50.000 uo-
mini, in buona parte volontari, reclutati tra i disoccu-
pati con la promessa di una buona paga. Il loro co-
mandante il generale Bergonzoli, detto Barba Elet-

trica.

A Guadalajara gli italiani in camicia nera e i rossi
si scontrano. Il comunista Longo si rivolge a quelli
della divisione Littorio, alle Fiamme, alle Frecce Ne-
re e dice: ratelli, perch siete venuti in un paese
straniero a uccidere dei lavoratori?. Dispongono di
250 carri armati, e di 70 cannoni; si combatte nei
boschi, con 10 gradi sotto zero, ed escono sconfitti
dallo scontro. Cantano quelli delle Brigate interna-
zionali: a patria lontana, ma pronti noi siamo,
lottiam, vinceremo, per te libert.

Il generale Astray grida: bajo la inteligencia
ma gli risponde Miguel de Unamuno: oi vincerete

perch avete la forza bruta. Ma non convincerete.
Perch per convincere bisogna persuadere. E per per-
suadere occorre quello che a voi manca: ragione e
diritto alla lotta.

Nel Times del 28 dicembre 1937, c' una corri-
spondenza su Guernica: uned a Guernica giorno
di mercato per la gente delle campagne. Alle 16.30,
quando la piazza era affollata, e molti contadini sta-
vano ancora arrivando, la campana della chiesa diede
l'allarme. Cinque minuti dopo un bombardiere tede-
sco volteggi sulla citt a bassa quota, quindi lanci
sei bombe pesanti mirando alla stazione. Cinque mi-
nuti dopo ne comparve un secondo che lanci sul
centro un ugual numero di esplosivi. Dopo un quarto
d'ora treJunker continuarono l'opera di demolizione
e il bombardamento si intensific ed ebbe termine
solo alle 19.45, con l'approssimarsi dell'oscurit.
L'intera cittadina, con settemila abitanti e oltre tre-
mila profughi, venne ridotta sistematicamente in
pezzi. Per un raggio di otto chilometri, tutt'intorno,
gli incursori adottarono la tecnica di colpire fattorie
isolate. Durante la notte ardevano come candele ac-
cese sulle colline.

Milletrecento ribelli al governo repubblicano si
ritirano nella fortezza dell'Alcazar di Toledo, con
550 donne, 50 bambini e un certo numero di ostaggi.
Li comanda il colonnello Moscard Lo avvertono
che, se entro dieci minuti non si arrende, ammazzano
suo figlio Lu, che han catturato. Li fanno parlare al
telefono; Moscarddice al ragazzo: e vero, racco-
manda la tua anima a Dio, grida viva la Spagna, e
muori da eroe. Lu cade, e l'Alcazar viene liberato
dai franchisti dopo due mesi.

I dolori degli Usa cominciano nel tragico ottobre
del 1929, un gioved. Tutti giocano in borsa. Il presi-
dente degli Stati Uniti tranquillo: iamo ormai vici-
ni alla vittoria sulla povert. Anche i agazzidi Al
Capone trafficano in azioni. Crolla Wall Street, e scat-
ta una catena di suicidi. Gli ex milionari vendono mele
sui marciapiedi della Fifth Avenue.

Comincia la Great Depression, e una triste canzone
echeggia ovunque: i dicevo che costruivo un so-
gno, / e cos ho seguito la folla. / Quando bisognava
lavorare la terra e imbracciare il fucile / io l, solo l
a giocare la tombola.

Sulla scena politica si fa strada il governatore del-
lo Stato di New York, Franklin Delano Roosevelt.
Walter Lippmann, il pi prestigioso commentatore,
lo descrive con eccessivo distacco come n uomo
simpatico, sprovvisto delle qualit necessarie, ma che
vorrebbe tanto diventare presidente.

Ce la fa. Crede nelle virt del sistema capitalisti-
co, ma ritiene che tocchi allo Stato frenare gli eccessi.
Quando riesce a battere clamorosamente l'altro can-
didato, Hoover (8 novembre 1932), gli Stati Uniti
sono devastati dalla crisi. Meno investimenti e meno
soldi da spendere. Le fabbriche chiudono, gli operai
perdono il lavoro, e, non potendo comperare, contri-
buiscono a diminuire la domanda di servizi e di mer-
ci. Gli agricoltori non hanno pi acquirenti per i loro
prodotti. E la depressione, e i negri, giustamente, si
considerano i pi sfortunati: i primi a essere buttati
fuori, gli ultimi a essere assunti. I disoccupati, che nel
1930 sono tre milioni, arrivano, tre anni dopo, anche
a quindici. Trecentomila persone cercano rifugio in
California, braccate dalla polizia e inseguite dai pro-
prietari terrieri che temono quell'invasione.

Dice Will Rogers, un famoso comico: iamo la
prima nazione della storia del mondo ad andare
in automobile all'ospizio. Un manifesto esorta:
uando comperi un'auto di tre mesi di lavoro a
qualcuno. E questo gli permette di acquistare altri
generi. Una Pontiac coup costa 585 dollari, una
Crysler 995, una Packard 2150. ome possono
aspettarsi che ci facciamo la macchina,commenta
un lattoniere e non abbiamo da prendere da man-

giare?
Anche le lotte operaie diventano selvagge: e gli
agenti bastonano duramente i capi dei sindacati, gli
scioperanti, le commissioni dei lavoratori.

Il comunismo non attecchisce: ha come leader
una strana vecchietta, otherBloor; le sue inizia-
tive fanno ridere, e la Russia lontana. Vanno a
Mosca Theodore Dreiser, John Dos Passos, Edmund
Wilson: ma tornano dal decantato paradiso poco
convinti. C' scarso spazio per l'ideologia e per i
programmi sconvolgenti. E ci che pensa anche
Roosevelt, che confida a un collaboratore: ettigli
qualche dollaro in tasca, e l'americano disposto a
giurare di non avere mai sentito parlare di Marx, di
Hitler, di Mussolini e nemmeno di Ges Cristo;
semmai, lo prega la domenica. Gli altri non li ricorda

proprio.

Nelle fotografie di Brassai, c' la Parigi segreta,
quella attivadel peccato, dei mauvais garcons, dei
ragazzacci, e delle filles de joie, le fanciulle un po'
disfatte, coi riccioletti in fronte, e il irabaci che
indossano divise da marinai, che alloggiano nelle
maisons depasse, dei cartomanti e dei vagabondi, barba
bianca e tuba, di stradette che odorano di piscio di
gatto e di sigarette Gitanes. Dice Cline: un leta-
maio, di carogne e di latrine.

Le donne nude hanno culi forti, mani sui fianchi,
in gesto di sfida, capelli corti. I suonatori del bal
musette, fisarmonica e chitarra, sono in camicia e golf;
al e monoclele lesbiche danzano tra di loro vesti-
te da uomo.

Il flic, il poliziotto, corre in bicicletta, col chep e
la mantellina che arriva alle ginocchia. Gli operai
portano il berretto di pezza, come Jean Gabin inAlba
tragtca.

Nei salotti c' tanto entusiasmo per il istici-
smo slavo per 'esperimento russo. A un congres-
so di scrittori Malraux grida: e scoppier la guerra,
il nostro posto sar nelle file dell'Armata rossa. Col-
labora all'Humanit, come Gide, Chamson, Giono, i
registi teatrali Dullin e Jouvet, il pittore Vlaminck.
Per le strade sfilano i fascisti in camicia azzurra, quel-
li di olidarit francaise della roix de feu della
eunesse politique.

Si moltiplicano gli scandali: uno, soprattutto,
colpisce per la sua gravit. Il truffatore Staviski, che
i giornalisti chiamano acha il bello ruba in poco
tempo quaranta milioni di franchi. Distribuisce ai
parlamentari assegni come rose, e il deputato Bon-
naurt, uno dei pi beneficati, urla nei comizi: asta
coi princpi politici. L'onest prima di tutto. Temo-
no le rivelazioni dell'imbroglione e un agente gli
spara. Altri sostengono, invece, il suicidio. Madame
Hanau, spregiudicata finanziera, si ammazza in
carcere.

Chiudono le fabbriche e i bottegai vanno in rovi-
na. La classe dei lavoratori, vittima della deflazione
vive male. I sindacati propongono come rimedio la
settimana di quaranta ore. La Citroen per tre giorni
non apre i cancelli, le officine metallurgiche, durante
l'estate, mandano i dipendenti a casa per lunghi pe-
riodi. Duecento famiglie, che diventano il simbolo
della ricchezza e del prestigio, hanno rendite che
consentono loro domestici, varie residenze e parec-
chie automobi!i, la caccia, i cavalli, lo yacht, e lo
chauffeur in divisa.

Anche l'operaio ha la sua uniforme: camicia aper-
ta, pullover di lana, berretto; l'impiegato sfoggia il
colletto bianco, la cravatta, il gilet. Il tout Paris va a
spasso per l'Avenue Foch, e si d appuntamento alle
corse di Longchamp. Una rivista, racconta Morvan
Lebesque, lancia un'ingegnosa trovata: un distintivo
con la scritta: on parlatemi della crisi. Ma nel
1935 i disoccupati sono 700.000, e peggio di tutti
stanno i braccianti, che dormono sulla paglia, che
hanno come uniche risorse il grano e il vino, e sono
vittime della speculazione.

E a questo punto che Maurice Thorez d inizio
alla politica della ano tesa il Partito comunista
propone a socialisti, radicali e cattolici un patto di
unit d'azione. E nel maggio 1936 il Rassemblement
populaire ottiene la maggioranza: e cominciano i
leggendari ille giorni quelli che portano le va-
canze pagate e la settimana di lavoro ridotta a qua-
ranta ore. Lo slogan : ane, pace, libert. Capo del
governo un intellettuale: Lon Blum. Ma il Fronte
fallisce: l'economia sabotata. C' quello che Blum
definisce o sciopero del capitale. La pigrizia, o
l'indifferenza, invadono gli stabilimenti e si estendo-
no alle campagne. l futuro che canta cos lo ave-
vano chiamato, finisce presto.

Millenovecentotrentadue. E appena uscito in
Germania un romanzo che ha molto successo: E ades-
so, pover'uomo?. L'autore si chiama Hans Fallada; ha
capito il dramma che i tedeschi stanno vivendo. Pro-
tagonista della sua storia Johann Pinneberg, impie-
gato senza lavoro, con moglie e un bambino, che
vive male, col sussidio dei disoccupati, e parla sempre
di marchi e di pfennig.

Uno dei sei milioni di disperati: il kteiner Mann,
l'ometto senza volto che si perde nella folla; aveva
aspirazioni e abitudini borghesi - il risparmio, la
correttezza - e ora non sa neppure se voter per i
comunisti, o per quelli di Hitler.

Adolf Hitler ha ormai il suo posto: nel 1925,
quando usc Mein Kampf (a mia battaglia, ne tira-
rono poco pi di 9000 copie, e 2000 rimasero in
magazzino, ma la sua idea ha fatto molta strada.

E contro i bolscevichi, gli ebrei, bisogna essere
orgogliosi di appartenere al popolo dei signori: la
Disziplin, il rispetto assoluto per l'autorit, va ripri-
stinata. Parla di Lebensraum, di spazio vitale, sostiene
che non sono i partiti che possono salvare la Germa-
nia, ma solo un uomo. Ed sulla piazza proprio per
questo. Comincia con l'incantare undici persone, poi
se ne porta dietro parecchi milioni. Ha un program-
ma preciso: distruggere la democrazia con le armi
che essa stessa offre. ch habe alles einkalkuliert afferma; tutto previsto. E vero.

Le fotografie lo ritraggono con un impermeabili-
no bianco, o in calzoni di cuoio e camicetta alla
bavarese, o un composto abito scuro mentre, nella
sala da t dell'Hotel Carlton, a Monaco, mangia vo-
racemente torte di fragole alla panna.

Klaus Mann, che lo sta osservando, lo descrive:
baffetti, il riccio in fronte, lo sguardo sornione, la
bocca piagnucolosa e rozza, la fronte cocciuta, quel
naso ripugnante.

E un oratore straordinario: non per la ricchezza
della lingua, ma perch riesce a trasferire la sua ecci-
tazione alle masse. on ha n scrupoli n inibizio-
ni,dice Allan Bullock uno senza radici, senza
casa e senza famiglia.Qualcuno ricorda: e sue
parole erano come sferzate di uno scudiscio.

A tavola, mi ha raccontato il suo cameriere perso-
nale, Heinz Linge, si accontenta di poco: una zuppa
di cavolfiori, una razione di pane, venti grammi di
burro e un po' di formaggio fresco. Non fuma.

Le donne non gli dispiacciono, e ama circondarsi
di belle signore: si fanno chiacchiere su qualche rapi-
da relazione con due attrici, Olga Tschechowa, e
Renata Muller, che finisce suicida, o con la regista
Leni Riefenstahl, che con i suoi documentari esalta la
forza del nazismo, ma lui dichiara: o sposato la

Germama.

La battuta fa ridere anche Mussolini. Ha una


amante fissa, ma non incombente, una certa Eva
Braun, impiegata dal fotografo ufficiale del partito,
Hoffmann. olto simpatica:assicura Linge on
inventava complotti, affabile, neanche eccessiva-
mente intelligente, ma tanto carina.
La Germania un po' quella dei disegni di Geor-
ge Grosz, interni di case dove si vede un impiccato,
due che si baciano, due che litigano furiosamente,
strade con mutilati, borghesi dalle nuche rotonde,
come Eric von Stroheim, baldracche dalle occhiaie
profonde, o la calca sul marciapiede come la racconta
Henry Miller: endicanti, trafficanti al mercato
nero, prostitute, ruffiani, ubriachi, ghiottoni, vaga-
bondi, morti di fame, seduttori e sedotti, tutti indaf-
farati a uccidere, bere, godere, fornicare, in una nau-
sea perenne.

Berlino definita a grande puttana Babilonia.
Sulla Kurfurstendamm si prostituiscono Madchen di
sedici anni; alla Scala gli spettacoli si basano soprat-
tutto su balletti di fanciulle vestite di niente. Sono
caduti tutti gli scrupoli morali e le barriere del sesso:
la cocaina assai diffusa.

Gli scrittori non si rendono conto fino in fondo
di quello che sta accadendo: il tollerante Stefan
Zweig parla di na rivolta della giovent il filo-
sofo Martin Heidegger si rivolge agli studenti del-
l'Universit di Friburgo per invitarli a non regolare
l'esistenza su assiomi o su idee, ma sul Fuhrer
soltanto su di lui.

Lion Feuchtwanger, Bertolt Brecht, Heinrich
Mann si comperano un appartamento a Berlino. Solo
Grosz capisce tutto, e parlando con Thomas Mann gli
spiega che Hitler non sar il padrone per sei mesi ma
per dieci anni, e i liberali che lo hanno votato se lo
meritano, e un giorno le croci uncinate e il comuni-
smo, ue regimi fondati sul terrore e l'asservimento
si alleeranno. Lo considerano troppo pessimista

La fotografia ritrae un uomo che ha un cartello
legato alla schiena. La scritta dice: onosco 3 me-
stieri, parlo 3 lingue, ho combattuto 3 anni, ho 3
figli, non prendo la paga da 3 mesi, voglio un la-
voro.

Nel gennaio del 1933 l'Inghilterra conta tre mi-
lioni di disoccupati, due nel 1935, e poco meno all'i-
nizio della guerra. Le paghe sono basse: un autista, da
4 a 5 sterline per settimana, il costo di una stanza al
Savoy per una notte; uno scaricatore del porto, da 3
a 4; il bracciante agricolo, oltre all'alloggio, ne riceve
una e qualche spicciolo.

Molte case di Londra sono quelle degli slums, i
quartieri della miseria, descritti tante volte nelle pel-
licole e nei ricordi di Charlie Chaplin: grigie, sordi-
de, con la biancheria stesa attraverso la strada, e i
ragazzetti sporchi col berrettuccio di pezza che gio-
cano sul marciapiede.

Esistono due societ ben distinte: quella dei ric-
chi, che ha per status symbot l'automobile, e quella dei
poveri. Che protestano, secondo lo stile britannico,
con compostezza, in fila, ordinati.

uy Britishesortano alcuni manifesti, compera
inglese, ma con i 39 scellini al giorno dell'assistenza,
come se la cavano padre, madre e quattro bambini? In
cucina si mangia e si dorme e si vive, e sul tavolo,
oltre a una bottiglia di latte, c' soltanto una pentola
di zuppa. Anche le ferrovie tedesche fanno pubblicit
sulle riviste londinesi, e presentano la Germania co-
me a terra dell'ospitalit. Oswald Mosley ha appe-
na fondato la sua Union of Fascists, e in un cabaret un
professore di storia, John Hoyszadt, fa con molto
successo l'imitazione di Mussolini.

Gli aristocratici e i benestanti se la spassano: utto
va ben, madama la marchesa precisa un motivetto di
moda. Ma c' nell'aria un sentore di tragedia, che
scuote l'Impero. I pacifisti fondano 725 circoli, il pic-
colo Gandhi precisa il suo programma: a mia ambi-
zione va molto al di l dell'indipendenza. Attraverso la
liberazione dell'India, io cerco quella dei popoli cosid-
detti pi deboli di tutta la terra dallo sfruttamento
occidentale. Il mio uno scopo per il quale vale la
pena di vivere e di morire.

E in pi c' anche una crisi costituzionale. Il re si
innamorato della signora Wallis Simpson, america-
na di nascita, discendente addirittura della principes-
sa pellerossa Pocahontas, che qualcuno trova iva e
spirituale mentre Cecil Beaton la giudica iutto-
sto muscolosa e fortemente squadrata e in pi con
una fastidiosa voce nasale. Ha gi divorziato un paio
di volte. Il re vuole sposare l'amata, ma ha contro il
Times e l'arcivescovo di Canterbury che condanna i
due peccatori. Sono invece con lui Churchill e i
giornali popolari.

Il 10 dicembre 1936 nel castello di Windsor fir-
ma l'atto di abdicazione, e fa un discorsetto ai sudditi
via radio: non se la sente di sedere sul trono senza
avere accanto Wally.

Il primo ministro Baldwin, congedandosi, si con-
gratura con l'ex sovrano, e gli d qualche consiglio
per ripiantare il bordo d'erba.

Lina Misiano, storica e giornalista, figlia di
Francesco, uno dei fondatori del Partito comunista
italiano. Arriva a Mosca che ancora bambina. Suo
padre perseguitato dai fascisti, e ha trovato rifugio
in Unione sovietica, che anche la patria dell'Ideale.

L'onorevole Misiano stato in Germania, nel
1919, con gli spartachisti, con Rosa Luxemburg e
Karl Liebknecht, ed finito in carcere. Poi si trova-
to a combattere contro le camicie brune, che tre o
quattro volte hanno cercato di ammazzarlo: lo odia-
no, anche perch un disertore. Con la moglie e due
figlie piccole, costretto a scappare nell'Urss; cos,
pensa, saremo al sicuro.

Si occupa del Soccorso operaio internazionale c'
molta fame nella terra dei Soviet, e ci sono nel mon-
do tanti rivoluzionari nei guai.

ra un periodo difficile,racconta la professo-
ressa Lina ancavano i prodotti e infuriavano le
lotte politiche, ma noi eravamo pieni di entusiasmo.
Io ero nei pionieri, e vivevamo come i russi, con le
stesse difficolt.

l Lux c'erano tutti i nostri emigrati, Togliatti,
Longo, Dozza; quando doveva arrivare Dimitrov,
andai con mio padre e mia madre alla stazione.
Aspettammo pi di un'ora, ma lui aveva rinviato,
non so perch, la partenza.

'era Togliatti con Rita Montagnana, una don-
na molto attiva e intelligente: cucinava nei corridoi
degli spaghetti buonissimi. E ho conosciuto anche
suo cognato Paolo Robotti; non suscitava molta sim-
patia. Era un carattere contraddittorio. Fin alla Lu-
bjanka, ma noi non pensavamo che fosse colpevole.

nche un mio amico giovanissimo stato arre-
stato, ma tre mesi dopo ricomparso. Questo mi ha
aiutato molto perch pensavo: "Se non sono colpevo-
li, ritornano".

oi ho capito che questa speranza era vana.

io padre morto nel 1936, e questo lo ha
salvato, perch lo avevano dimesso dal lavoro Stalin
aveva dato ordine di sciogliere il Soccorso. Era gi
sospettato. Quando se ne andato, per colpa del
cancro, abbiamo sofferto molto: poi abbiamo capito
che forse era meglio cos.
Al posto di Jagoda, l'inventore di veleni, primo
capo dell'Nkvd, c' adesso Ezov, l nano sanguina-
no. E alto poco pi di un metro e mezzo, sta nel
partito dal 1917. Ha denunciato il suo predecessore
come ex spia della polizia zarista, ladro e malversatore.

Zoppica, e c' chi lo trova odesto e abbastanza
simpatico e chi. al contrario, lo considera na per-

sonalit repellente. La stampa lo presenta come e-
niamino del popolo.

Ha, come spesso i delinquenti, anche atteggia-
menti gentili, o addirittura patetici: in vacanza, si
alza prima di tutti per andare a raccogliere un mazzo
di rose destinate a una giovane studiosa di letteratura.

Ci sono scrittori sovietici che lo dipingono come
un semplice pparatcik uno che, senza la carriera
nella polizia, non avrebbe fatto nulla di male. Non
era intimo di Stalin, non veniva invitato alle cene e
si comportava da burattino. Quando arriv a Kiev,
nel 1938, fece fucilare secondo le ultime rivelazio-
ni 30.000 persone. Un bel numero. E quando ven-
ne arrestato, nel tentativo di difendersi, denunci
tutti.

Nessun boia, nella storia russa, si salva dal destino
delle sue vittime; Ezov viene ucciso, nel manicomio
criminale dove lo hanno relegato per il suo squilibrio
mentale, con un colpo di pistola, e lo trovano impic-
cato a un albero con un cartello scritto da diverse
mani: o sono una merda.

Bilancio di una vita. Usando per le missioni pi
delicate i suoi agenti scelti e un perfetto apparato, ha
fatto arrestare sette milioni di cittadini: due milioni
sono finiti nei campi di lavoro, uno fucilato.

Gli intellettuali non si salvano, sono i pi sospet-
tati; confida Isaak Babel': desso uno parla aperta-
mente soltanto con la moglie, di notte, e con la testa
sotto le coperte.

Ha scritto Iosif Brodskij: l regime negli anni
Trenta e Quaranta sfornava vedove di scrittori con
una tale efficienza che verso la met dei Sessanta ce
n'era in circolazione un numero sufficiente per orga-
nizzare un sindacato.

Anna Achmatova, citata ad esempio, perse addi-
rittura due mariti: il primo, il poeta Nikolaj Gu-
milev, eliminato dalla Ceka, l nome da ragazza del
Kgb il secondo, lo storico dell'arte Nikolaj Punin,
fin invece in un campo di concentramento.

L'esistenza sconvolta dall'angoscia: dell'ascen-
sore che sale nella notte, delle visite improvvise, di
un motore che si ferma davanti a casa. Una donna
finisce nel Lager per dieci anni solo perch ha detto
che il maresciallo Tuchacevskij, un traditore, un
bell'uomo.

Racconta Andrej Gromyko, l'eterno ministro de-
gli Esteri: n ogni parte del Paese c'era una epidemia
di spionaggio. Ricordo l'atmosfera opprimente di
Mosca nel periodo che va dal 1934 a 1939. Ogni
notte l'Nkvd era impegnata a "prendere la gente". La
prendevano in citt e in campagna, per strada e nelle
loro case. Quelli che venivano "presi" semplicemen-
te sparivano e, di regola, non si sentiva pi nulla di
loro.

Famosa la storia di un piccolo roe il ragazzo
Pavlik Morozov, di quattordici anni, pioniere del
Komsomol, l'Unione comunista della giovent, che
denuncia il padre per le simpatie che ha per i
ulaki i contadini cosiddetti ricchi, che non accet-
tano la collettivizzazione e vengono sterminati. Il
babbo fucilato, ma i compaesani e uno zio fanno
fuori il giovanottino, poi affrontano - il loro turno
- il plotone di esecuzione. A Pavlik vengono dedica-
ti monumenti, e il suo gesto esaltato dai libri di
scuola. Molti guardano i figli con sospetto: se poi
ti denunciano? Lo sappiamo come sono i giovani
Oggi.

Traggo qualche appunto dal Diario di Nina Ko-
sterina, un candido virgulto del regime, morta corag-
giosamente da partigiana durante una missione nelle
retrovie tedesche. E una vicenda abbastanza comune,
e l'innocenza delle annotazioni (l'ultima del 14
novembre 1941) rende ancora pi evidente l'aspetto
sinistro di quei giorni.
25 gennaio 1937: in corso il secondo processo
dei trotzkisti. Si scoprono cose orribili. Probabilmen-
te li fucilano tutti.

7 febbraio: aturalmente, fucilazione. Come
potuto accadere che dei vecchi rivoluzionari, che per
decine di anni hanno lottato per il potere del popolo,
siano diventati dei nemici?.

25 marzo: successa una cosa spaventosa e in-
comprensibile: hanno arrestato zio Misa, il fratello di
pap, sua moglie, zia Anja, e Irina, la nostra cuginet-
ta, l'hanno affidata a un orfanotrofio. Hanno detto
che lui, zio Misa, era immischiato in una di queste
organizzazioni controrivoluzionarie.

22 agosto: o pensato a lungo e sono giunta a
una conclusione: se anche mio padre dovesse risulta-
re trotzkista e nemico della sua patria, non avr piet
di lui.

15 dicembre: o ricevuto una lettera dal babbo:
"Cara Nina, scusami se non ti scrivo... Mi hanno
espulso dal partito e, di conseguenza, mi hanno al-
lontanato dal lavoro. Ma anche nel caso peggiore tu
puoi essere sicura che tuo padre non mai stato un
vile, un doppiogiochista, e non ha mai macchiato il
suo nome con cose poco pulite".

5 settembre 1938: uando sono arrivata a casa
ho ricevuto una mazzata: il babbo stato arrestato.

Ma la vita di Nina Kosterina, adolescente che
scopre i primi innamoramenti, le delusioni, le letture
che lasceranno un segno, i complessi, le inimicizie,
va avanti. Ama i concerti, impara a suonare la chitar-
ra, visita la Galleria Tret'jakov, sconvolta per la
morte di un gattino, soffre per i rifiuti e le difficolt
che devono affrontare i parenti dei raditorie per
qualche disinganno amoroso. Ma c' anche qualche
abbandono alla breve felicit: la vita, nonostante
tutto, maledettamente bella! Ho diciotto anni, sono
amata e amo!.

23 agosto: la fine. Mi hanno respinto come
elemento indesiderabile. Sonja, invece, sebbene aves-
se solo 28 punti, stata ammessa. Perch? Mio pa-
dre.

5 dicembre: amma ha scritto una lettera a Sta-
lin. Ha scritto tutto e molto seccamente: "Su quale
base violano il principio da voi stesso proclamato: il
figlio non risponde delle colpe del padre?". Inaspet-
tatamente (per me) la mamma viene chiamata al Co-
mitato e torna a casa con l'ammissione all'Istituto.
Sar geologo, come sognavo.

Dopo ventisei mesi di prigione, il padre di Nina
condannato a cinque anni di reclusione come
lemento socialmente pericoloso.

Ha conosciuto Bucharin, Radek e altri emici
del popolo. Lo mandano a rieducarsi nella ajg
caposquadra nei lavori di costruzione di una strada.
In una lettera riporta i versi di una canzone dei dete-
nuti: o vivo presso il mare d'Ochotsk, / dove fini-
sce l'Estremo Oriente / vivo senza bisogno e senza
dolore.

Il 23 giugno 1941 la guerra: Nina Kosterina,
giovane comunista di Mosca, chiede di andare al
fronte perch a Patria chiama. orsescrive l
mio atto potr servire al babbo?
Padri e figli. La figlia di Nikita Chruscev si chia-
ma Rada. Ha sposato Aleksej Adzubej che era una
volta direttore delle Izvestija. Abita in una casa assai
dignitosa, con qualche bel mobile, un avallodi
De Chirico, delle maioliche di Picasso

E una signora dal sorriso mite, dagli occhi chiari
e dal linguaggio franco. Credo fosse la prediletta di
Nikita Sergeevic; la mand in visita dal Papa, e Rada
disse che le erano piaciute le mani di Giovanni XXIII
perch erano come quelle di suo padre, mani di con-
tadino.

Chruscev rivela, con un discorso di ventimila pa-
role, i delitti di colui che gli fu guida e maestro. Dice
al XX Congresso: talin era un uomo diffidente e
morbosamente sospettoso. Lo sappiamo noi che ab-
biamo lavorato con lui. A un tratto poteva fissare uno
e dirgli: "Perch i tuoi occhi sono cos ambigui og-
gi?". Oppure: "Perch sei cos agitato e cerchi di non
guardarmi negli occhi?".

Chruscev vuole addirittura far erigere un monu-
mento alle vittime dell'inflessibile georgiano; poi
confida: uando morto ho pianto.

Nikita Sergeevic un personaggio, come ricono-
scono anche i suoi familiari, controverso; diceva
Isaak Deutscher: talin era il campione della men-
zogna integrale, Chruscev delle mezze verit.

Qualche compagno lo odia, ad esempio, Vja-
ceslav Michajlovic Molotov: ui era un vero e pro-
prio ciabattino in tutti i problemi di teoria, e soprat-
tutto era un nemico della rivoluzione, un nemico
furbo e poco evidente, molto mimetizzato. Non si
pu sostenere che fosse un cretino, perch se un cre-
tino riceve un cos grande appoggio, allora signifi-
ca che anche tutti quelli c e lo sostengono sono
cretini.

Ma con Chruscev finito il terrore come metodo
di governo. Erenburg scrive un romanzo che esprime
il nuovo clima: Il disgelo. Comincia la distensione,
l'Urss riprende i rapporti con Tito, Chruscev incon-
tra a Vienna Kennedy, l'economista Liberman riva-
luta la regola del profitto. Nikita spiega, con una
espressione realistica, che per lui comunismo vuol
dire a pancia piena e i piedi caldi. Conversando
con un parlamentare danese ammette anche che
'opposizione necessaria e che la critica fa bene a

tutti.

La tolleranza che ha instaurato gli ha permesso di
godere di un sofferto ma non drammatico congedo,
senza che si ricorresse alla sopraffazione; l'ultimo che
ha pagato con la vita i suoi errori stato Berija. Agli
altri, Lenin e Stalin, ha provveduto la paralisi.

Lo mandano in pensione, nella sua dacia, con 300
rubli al mese. Pu usufruire anche di una macchina
con l'autista. Va a pesca, si dedica al giardinaggio,
legge. Riceve anche qualche visita, e rievoca i mo-
menti pi tesi della sua avventurosa esistenza, quan-
do i abbattevano gli alberi sani con quelli fradici e
le schegge volavano.

Ogni tanto si domanda: erch sono sfuggito al
destino che aveva colpito gli altri?. Attribuisce la
buona sorte alla simpatia di Nadezda Allilueva, la
seconda moglie di Stalin, la madre di Svetlana, che lo
proteggeva.

Quando cade, spariscono i suoi ritratti dal nego-
zietto dell'Arbat dove si vendono i manifesti della
rivoluzione e le effigi dei grandi dirigenti. Nell'ope-
ra Boris Godunov c' un ricco boiardo che ha nome
Chruscev. Viene eliminato dalle locandine. Suo ge-
nero, il giornalista Adzubej, trasferito alla redazio-
ne di Soviet Union: un mensile senza importanza. Sua
figlia Rada, che lo ha accompagnato in molti viaggi,
continua a lavorare nella rivista Scienza e vita; oggi

in pensione.

Lo liquidano con un comunicato. Dicono che si
dimesso causa dell'et avanzata. Non gli danno
modo di spiegarsi o di difendersi. Certo, ha fatto
degli errori. Incontra un giorno Evtusenko che aveva
aspramente criticato, parla dei suoi tumultuosi inter-
venti nel campo culturale e vuole giustificarsi- a-
pitemi, lo dovevo fare. Poi congedandosi dice. a-
gazzi, qualche volta venite a trovarmi.

Aveva confidato all'ambasciatore tedesco Kroll:
oglio passare alla storia come colui che ha assi-
curato la pace e dato il benessere alla gente russa
Gli rimproverano certi gesti volgari, come quella
battuta di scarpe sul banco delle Nazioni Unite, o
arbitrari, come il dono che ha fatto a Elisabetta d'In-
ghilterra dello scrigno dei Romanov o al primo mi-
nistro svedese Erlander di un anello di Caterina II.

Le persone pi colte sono imbarazzate dalla sua
ignoranza e cattiva educazione, e spesso si sgomenta-
no per le sue stravaganze.

Chiama magari iccioncinala matura moglie
d'un diplomatico occidentale; presentando Mikojan
a degli stranieri avverte: ttenti all'orologio, lo sa-
pete che gli armeni sono svelti di mano. I suoi inter-
venti, i suoi dialoghi con i gerarchi, sono spesso umi-
lianti e offensivi.

Chruscev non stato ammesso all'onore delle
mura del Cremlino; riposa nel cimitero di Novode-
vici, e un busto in bronzo riproduce la larga faccia del
vecchio minatore che ora, iabilitato considerato
il precursore della perestrojka. Nell'aria tersa, tra
faggi, acacie, betulle e lucide piante di meli, volano
colombe.

Con Rada abbiamo parlato del passato, di come lo
ha vissuto suo padre, di come lo ricorda lei, e poi del
giudizio che pu dare sulle vicende di oggi: on
credo che avrebbe accettato l'aspra critica al movi-
mento e agli ideali comunisti, anzi: era un uomo del
suo tempo, formatosi in quell'epoca.

uando Stalin mor, e cio all'inizio del 1953,
io non ero pi una ragazza, avevo ventitr anni, ma
se valuto la mia percezione del mondo di allora,
trovo che era molto infantile, non capivo tutto.

ono stata educata nella tradizione, come tutti
quelli della mia generazione, e credevo di cuore che
tutto ci che veniva fatto, tutto ci che veniva impo-
sto dall'alto, fosse giusto.

- C'era una qualche sensazione di quello che
accadeva agli altri?

nche questo uno stato d'animo complesso.
Era come ci fossero due correnti parallele: da un lato
noi vivevamo normalmente, lietamente, provavamo
i normali affetti umani della vita; dall'altro, in qual-
che misura, m modo latente, c'era un sentimento non
di critica, no, nella nostra famiglia non c'era affatto,
forse di ansia interiore, ma difficile spiegare; ecco,
la sensazione che da qualche parte accadesse una tra-
gedia non l'avevamo, di questo non sapevamo nulla.

ei ha parlato con Sergo Mikojan [v. p. 53]: la
mia migliore amica ai tempi dell'adolescenza era la
sua prima moglie che morta giovanissima, a nean-
che ventisei anni. E suo padre, Kuznecov, a quei
tempi era il segretario del Comitato centrale; forse
avete sentito questo nome, pass tutto l'assedio con
Zdanov a Leningrado.

oi fu segretario del Comitato centrale a Mosca,
aveva un posto molto importante, improvvisamente
fu sollevato da tutti gli incarichi e poi arrestato, e
questo accadde nel 1948 o 1949, ed ecco tutto ci
che avvenne sotto i miei occhi.

aUn uomo che conoscevo bene spar, anche la
mamma della mia amica fu arrestata e rimase una
famiglia di cinque figli, lei era la maggiore, e la
nonna paralitica. Ci nonostante, e qui il parados-
so, non feci alcuna domanda anche se non volevo
credere che Kuznecov potesse essere accusato di
qualcosa. Ecco una assurdit della nostra esistenza di
allora.
- Suo padre una volta disse: e Stalin batteva le
mani, noi ballavamo il "gopak".

on so se questa frase stata pronunciata, ma mi
pare che non contenga nulla di politicamente serio.
La situazione era tale che, io penso, noi tutti eravamo
purtroppo partecipi, in maggiore o minore misura, di
questa atroce farsa.
- Nel 1956, al XX Congresso, Chruscev lesse un
rapporto che illumin un lungo e terribile capitolo
della storia russa: di quei fatti lei ne sapeva nulla?

io figlio mi dice spesso: "Possibile che non
sapevate niente delle repressioni? E impossibile".

desso sono apparsi tanti documenti, memorie
di personaggi capaci di valutare quelle storie e di
raccontarle pi chiaramente di me. Per esempio, le
memorie di Erenburg pubblicate quando lui non era
pi vivo. C'era una situazione stranissima; che anche
ora, dopo gli anni vissuti, difficile poter valutare.

ella mia famiglia non c' mai stata una conver-
sazione in proposito, e neppure celebravamo il culto
della personalit di Stalin. Per quando morto, co-
me per milioni e milioni di sovietici, fu una specie di
crollo. Non si sapeva cosa ci aspettasse nel futuro.

ecentemente ho letto che la stessa impressione
aveva avuto Korolev, il costruttore dei razzi che ave-
va fatto anni di campo di concentramento e molto
sofferto. Nelle sue lettere alla moglie scriveva di
questa sensazione di sgomento. Io provavo lo stesso
sconforto. "Come vivremo?" chiedevo. Non posso
dire che Stalin fosse autore di repressioni sanguina-
rie. Anzitutto non lo sapevo, bench fossi gi adulta
e davanti ai miei occhi si compissero tragici destini.
- Nikita Chruscev si pent mai delle rivelazioni
fatte con quello storico discorso?

ai, mai. Anzi, anch'io penso che sia stato uno
dei passi pi importanti della sua vita. Riteneva che
quella decisione fosse giusta e continuava a ripetere:
"Cosa diremo ai nostri figli? Cosa diremo ai nostri
nipoti? Dobbiamo pur rispondere davanti al popolo",
perci nessun rammarico.

nzi allora, quando si sono sviluppati gli avve-
nimenti, mi sembrava una cosa naturale; invece ades-
so, dopo tanti anni, giudicando, posso dire che mio
padre era un uomo coraggiosissimo. Da parte sua
stato un atto di temerariet senza pari.
- Agli occhi della gente Chruscev appariva una
persona molto umana. In un libro che gli attribuito
si rimprovera di avere trascurato la morale per esi-
genze di potere.

o. Con me non ha mai fatto discorsi del gene-
re. Indirettamente parlava delle persone con cui ave-
va lavorato in qualit di dirigente dell'organizzazio-
ne del partito di Mosca, perch quasi tutti erano stati
arrestati, spariti, morti fucilati. Erano suoi amici Li
ricordava spesso, diceva che non poteva supporre che
fossero colpevoli. Ci nonostante non aveva potuto

farci niente.
- Allora furono arrestati la moglie di Molotov, la
nuora ebrea di Stalin, i figli di Mikojan. La famiglia
Chruscev aveva paura?

ra noi ragazzi, eravamo in molti, non c'erano
timore e angoscia. In casa non si facevano discussioni
sugli arresti, non si conversava di queste cose e non
Si ponevano domande.

desso spesso mi chiedono: che cosa raccontava
suo padre? Ma soprattutto fino alla morte di Stalin
non c'era l'abitudine di chiacchierare su certi argo-
menti e non si facevano discorsi inutili. Questa era
l'educazione.

a nel contempo fu arrestata una nostra parente
molto stretta, la moglie di mio fratello maggiore.
Egli mor nel 1943, era pilota. Tra l'altro era amico
dei pi grandi dei fratelli Mikojan, anch'essi aviatori.
E morto vicino a Smolensk. Lui caduto, lei stata
arrestata per contatti con gli stranieri.

ass lunghi anni al confino, non in prigio-
ne, come Si chiar in seguito. Mi pare che oggi par-
ta da Mosca per andare a Kiev, dove vive. Perci
anche se vicende come queste esistevano, si riteneva
che in qualche modo dovesse esserci dietro un moti-
vo, e insomma che fosse giusto. In ogni caso non
c'era un rapporto critico e non si chiedevano spiega-

zioni.
- Nei discorsi in famiglia che cosa raccontava suo

padre dei vecchi bolscevichi che venivano processati
e condannati a morte?

opo la morte di Stalin, e quando cominciarono
a cambiare le cose, ci fu il primo colloquio su questo
argomento, e io decisi di chiedere se fosse vivo Kuz-
necov, il padre di Alla Kuznecova, ed egli tacque.

asseggiavamo su di un sentiero e io domandai
semplicemente: "E Aleksej Aleksandrovic?", ma non
rispose nulla.

opo alcuni giorni mi disse: "Riferisci, per pia-
cere, ad Alla che Aleksej Aleksandrovic non pi
vivo, ma non era colpevole di nulla".

u insomma la prima notizia su qualcuno caduto
in questo inesorabile tritacarne.

oi ci furono racconti su altri compagni e alcuni
ricomparvero anche a casa nostra. Per esempio, Ol'ga
Grigor'evna Satonovskaja, un vecchio membro del
partito, fu ospite da noi, nella nostra dacia, dopo
essere tornata dalla deportazione. Lavorava nella
commissione per la riabilitazione, parlavano fra loro,
era molto amica di Mikojan, di Anastas Ivanovic,
discutevano insieme. Ma con mio padre non c'erano
serate di ricordi: era un uomo riservato.
- Dicono che l'anima nera di Stalin fu Berija.
L'ha mai visto? E che cosa sa di lui?

e so parecchio, adesso. Forse non tanto dai
miei ricordi personali quanto da varie testimonianze
di altri, scritte o orali. Sa, io l'ho visto, certo non da
vicino, non esistevano relazioni personali, non fui
mai a casa loro.

' un episodio che ricordo. Avevo diciotto an-
ni, studiavo all'Universit di Mosca, i miei a quel
tempo vivevano a Kiev. C'era un palazzo in via Gra-
novskij, l vivevano molti membri del governo: Ma-
lenkov, l abitarono Budennyj e Voznesenkij.

d ecco che un giorno tornando dalle lezioni
presi l'ascensore ed entr insieme a me un uomo che
non riconobbi di primo acchito come Berija, ma era
lui. Salimmo insieme, andava al quarto piano da Ma-
lenkov e io al quinto, a casa mia. E devo dirle che,
bench a quel tempo non avessi altro che venerazio-
ne per lui, ricordo ancora il suo sguardo sinistro. Be',
un'immagine proprio incancellabile.
- E che cosa sa della sua fine?

rmai stato scritto tanto, e temo di non poter
aggiungere nulla. Veramente quegli anni mi interes-
savano molto e furono una sorpresa per me tutti i
documenti che mi diedero allora da leggere, che mio
padre mi diede. Documenti che si mandavano alle
organizzazioni di partito, nulla pi. E uno dei mem-
bri del tribunale che lo giudic era un mio buon
conoscente, l'ex segretario del Comitato centrale:
Nikolaj Aleksandrovic Michajlov. E ricordo quando
di sera - eravamo vicini in campagna - raccontava
del processo, be' certo quello che era lecito. Onesta-
mente, alcuni particolari non li ricordo e volevo
chiedergli delle precisazioni, ma purtroppo mor al-
l' improvviso, e io non potei farlo.
- Oggi tutti raccontano: la moglie di Bucharin,
la sorella del maresciallo Tuchacevskij, la figlia di
Radek, la nipote di Mejerchol'd. C' qualcosa che
potrebbe dire il nipote di Trotzkij?

enso che avrebbe molto da dire. Io, come di
tanti altri, sapevo poco di Trotzkij, soltanto quel-
le verit ordinarie che circolavano nella nostra so-
ciet. In tutta lealt, quando adesso ho letto alcuni
libri che sono usciti da noi - le riviste hanno pub-
blicato molti testi -, sa che cosa mi ha colpito?
Tutto considerato Trotzkij stato espulso dal Paese,
ma non credo che la sua posizione politica fosse
poi diversa da quella di Stalin. Ecco, se avesse vinto
Trotzkij sarebbe stato ancora peggio. Ci non di
meno era un uomo istruito, scriveva, era uno che
chiamava alla lotta, ma nel contempo l'opinione
pubblica mondiale progressista stava dalla parte di
Stalin.
- Come si concilia una figura come quella di suo
padre con un personaggio come Stalin?

io padre fu un uomo che condivise quella con-
cezione marxista, in qualunque modo la si voglia
oggi valutare, che era alla base della rivoluzione del
1917, e la scelse onestamente e fino in fondo, cio
pensava che doveva aver luogo una successione delle
forze sociali, che il comunismo doveva subentrare al
capitalismo e che non c'era un cammino preciso e
ben disegnato.

on aveva compiuto studi superiori e manca-
va di cultura filosofica, e, bench io lo ritenga un
autodidatta, era dotato di una intelligenza straordi-
naria, e c' veramente da meravigliarsi che in quei
tempi tremendi abbia conservato la sua anima, il
suo cuore, e come questo l'abbia aiutato a trovare le
posizioni giuste. Lui ha scritto che era proprio inna-
morato di Stalin in quel periodo in cui si pose il pro-
blema di scegliere con chi stare, Stalin o Trotzkij: ora
ritengo che si trattava pi o meno della stessa cosa.

ra una concezione che condivideva e difendeva
fino in fondo. Ancora adesso mi chiedo, alle volte,
come abbia avuto la forza di rompere con tutto.

ra noi vediamo come difficile, e lui ha avuto
la coscienza che si poteva trovare un altro cammino
rinunciando a Stalin; andare sulla stessa via, ma senza
gli errori che sono stati commessi. In ci consiste il
grande atto di coraggio della sua vita.
Raccontano che Puskin dopo avere ascoltato Go-
gol' che gli leggeva i primi capitoli de Le anime morte
sospir: io, come triste la nostra Russia. Imma-
gino il giudizio che darebbe adesso seguendo la stam-
pa e la televisione che rievocano, con ritmo quasi
ossessivo, le vicende, fino a oggi nascoste, degli anni
Trenta.

La gente per consolarsi diceva: os non pu
andare avanti. Litvinov, commissario del popolo,
teneva sempre la rivoltella a portata di mano, nel caso
suonasse il campanello.

Marina Cvetaeva, la poetessa, annotava in un
quaderno: asso per una coraggiosa. Ho paura di
tutto e di tutti... Nessuno sa che sto cercando con gli
occhi qualche uncino, ma non ve ne sono pi, ovun-
que l'elettricit. Poi lo trov.

Ho ripescato, tra i miei libri, un volumetto in-
giallito: Mosca 1937. E di Lion Feuchtwanger, l'au-
tore di Suss, l'ebreo, e ha per sottotitolo: iario di
viaggio per i miei amici. Confessa: artito in veste
di simpatizzante. Torn entusiasta, nonostante fos-
se n periodo molto movimentato e lo portarono
anche ad assistere a un processo politico.

Ma lui - polemizz - non era come Andr Gide,
fuorviato da iccolezze lui aveva scoperto i
luce che ombra.

Non vero, dunque, neppure quello che si vede.
Andr Gide , all'inizio, estasiato come Edmund
Wilson e George Bernard Shaw, che non si accorge
neppure della carestia, e proclama: orrei urlare
molto forte la mia simpatia per l'Urss, e che il mio
grido fosse inteso.

Non vedono nulla i turisti, e pazienza, ma neppu-
re i giornalisti, i sociologi e Shaw ancora cos con-
fuso che ammette: o trovo altrettanto difficile cre-
dere che Stalin sia un volgare bandito, quanto che
Trotzkij sia un assassino.

Ai troppo curiosi mostrano le prigioni modello,
quelle che i detenuti chiamano le arceri dell'In-
tourist.

Ma l'entusiasmo degli intellettuali dilaga, ed
Erenburg non si astiene dal declamare la sua felicit-
aul Claudel approdato alla Chiesa, Paul Valry
all'Accademia, Andr Clide alla vita.
Quando finalmente arriva, lo accolgono con ogni
riguardo: stampano perfino trecentomila cartoline
con la sua fotografia, distribuiscono tante bandierine
per fargli festa, lo accompagnano in una piscina gre-
mita di begli atleti, soldati dell'Armata rossa, e gli

organizzano anche un'avventura.
Ma lui continua a rimproverare ai sovietici la
severit con cui puniscono gli omosessuali. Scopre
che di quella terra promessa non gli piace nulla, n
l'indolenza degli operai, n le file davanti ai negozi,
n l'arte sottomessa allo Stato, addirittura il melone
che gli servono cattivo, e come dice il proverbio
persiano: e donne per il dovere, i ragazzi per il
piacere, il melone per l'estasi.
L'onest gli impone di raccontare quello che ha
osservato, e di cambiare nel caso parere, e un piccolo
libro intitolato Retour de l'Urss liquida l'equivoco.
Erenburg, ovviamente, si adegua all'imprevisto
voltafaccia, e lo definisce n vecchio rinnegato
astioso e spiega che a rivoluzione ha causato sof-
ferenze, ma non c' nascita senza dolore.
Che ne sanno di quelle pene e di ci che accade
nel mondo che li circonda i figli dei vecchi bolscevi-
chi che crescono nei cortili del Cremlino?
Le strade e le piazze, dentro la grande fortezza,
sono sempre deserte; si sente soltanto il passo delle
guardie. Le domestiche cercano di evitare l'incontro
coi personaggi del potere: si pu vedere anche Stalin;
pi piccolo di come appare nei monumenti, e cam-
mina con passo lento.
Ci sono tante famiglie che alloggiano negli ap-
partamenti destinati alla omenklatura gli Zda-
nov e i Vorosilov, i Kaganovic e gli Andropov, mili-
tari, sindacalisti e politici; alcuni vivono semplice-
mente, altri si comportano con superbia.
La figlia di Molotov va a scuola in Packard, e
l'autista e la guardia del corpo si precipitavano a

spalancarle la porta. Modesti i Mikojan, che sono
cinque fratelli, e i due maggiori passano i vestiti
dimessi agli altri: lo stipendio del padre di 800
rubli, pi casa, dacia e vettura. Privilegi, certo, ma

Ho parlato di quei giorni cupi con Sergo Mi-
kojan, figlio di Anastas Ivanovic, che fu allievo di un
seminario di Tiflis, come il compagno Stalin, e
membro del partito dal 1915. Una grande carriera,
fino a raggiungere la poltrona di presidente del-
l'Unione delle repubbliche socialiste sovietiche.

Era un astuto negoziatore, e sapeva destreggiarsi
tra i sospetti, le congiure e le denunce che comporta-
va il ulto della personalit. Qualcuno lo conside-
rava un liberale, ma non capeggi mai gruppi, non
volle primeggiare.

Il rischio pi grosso lo corse alla fine del 1952.
Stalin lo attacc accusandolo di essere una spia dei
turchi. Pensava di suicidarsi, fu salvato dalla morte
del ozd' del capo.

La sua responsabilit nella distruzione del partito
armeno pass sotto silenzio, anzi la colpa venne ad-
dossata a Malenkov; e Sergo dice: redo sia stato
costretto a compiere azioni senza princpi. Elogi,
ad esempio, Ezov, n intelligente e fedele allievo di
Stalin poi quando Stalin mor, e tornarono quelli
dei Lager, ascoltava i loro racconti, i aiutava e si
vedeva che era pieno di rimorsi.

Anastas Ivanovic Mikojan il solo compagno del
tempo di Lenin, tra ventisei commissari del popolo,
che se ne andato con cerimonie, medaglie e una
adeguata pensione. l grande sopravvissutocome
lo chiamano, il figlio del falegname di Sanain ha
saputo sempre misurare la forza dell'onda; intelli-
gente, equilibrato, furbo.

Come l'amico georgiano, scopre Karl Marx e re-
spinge il Vangelo, getta la tonaca e va a predicare

la rivolta. Resta ferito, quando scoppia la rivoluzio-
ne, nella difesa di Baku. Ventisei prigionieri, con-
siderati pi importanti di lui, vengono fucilati.
Impara la discrezione: anche durante le cerimonie se
ne sta un poco in disparte, perch l'esperienza gli
ha insegnato che non mai bene figurare tra i pi

grandi.

Sfugge alle iste neredel generalissimo, vici-
no a Chruscev quando si tratta di eliminare Molotov,
con la maggioranza quando c' bisogno di mandar
via Chruscev. Si salva dalle urghe da Berija, e dal
disgelo; perch critica e non denuncia, perch mo-
derato nel giudicare tanto le illegalit e le prepotenze
del dittatore come le contraddizioni di Nikita. E sta-
to il miglior uomo d'affari che l'Unione sovietica ha
avuto, il pi abile imprenditore socialista. Se fosse
emigrato in America, dicono, sarebbe diventato mi-
liardario.

Sergo A. Mikojan dirige la Revista Amrica Latina.
E una persona aperta e garbata, e anche uno spirito
critico: era adolescente quando pass alcuni mesi in
una prigione, colpevole di qualche parola, o di qual-
che gesto, che non erano piaciuti al Kgb.

Dico:

- I russi stanno riscoprendo il passato. Come
giudica quel tempo, che non poi tanto lontano?

urtroppo da noi c' la sensazione di aver perso
decine di anni inutilmente. Un danno enorme per il
nostro popolo e il nostro Paese, per le sue risorse
morali e per la sua fede nel futuro.
- Come lo ha vissuto un adolescente di nome
Sergo Mikojan?

urante la mia infanzia sono stato formato co-
me tutti i giovani sovietici; vale a dire con una fiducia
illimitata nel governo, nel partito, in Stalin. A casa ci
trattavano in modo severo: pap e mamma ripete-
vano continuamente che dovevamo comportarci in
modo pi modesto degli altri. Ci stata cio imparti-
ta un'educazione che definirei spartana.

ono debitore a mio padre del fatto che non ci
ha mai tolto la possibilit di avere una nostra opinio-
ne. Discutevamo molto, e lui ci stimolava, e questo
Ci ha aiutato ad aprire gli occhi su quello che stava
accadendo.
- La moglie di Bucharin, Anna Larina, racconta
nel suo libro di memorie che Nikolaj Ivanovic regal
a voi figli di Mikojan un gufo che aveva catturato nei
boschi. Ricorda questo episodio? Chi era Bucharin?

ah, devo dire che non lo ricordo bene. Quan-
do lo hanno arrestato avevo otto anni, ma poi ho
sentito raccontare molte cose di lui e sempre soltanto
buone.

orrei dire che in quel mondo di illusioni, nel
quale viveva il ragazzo Mikojan, in maniera del tutto
inattesa e incomprensibile si inserito Stalin in per-
sona perch, per sua diretta indicazione, io e mio
fratello (aveva quattordici anni) siamo stati accusati
di agltazione antisovietica e arrestati.

opo un certo periodo, quando studiavo al pri-
mo corso dell'Institut, e mio fratello, che era stato
arrestato con me, all'Accademia, Stalin chiese a pap:
"E che cosa fanno i tuoi figli, che erano stati accusati
di complottare?".

ap rispose: "Studiano, uno all'Institut, l'altro
all'Accademia". E Stalin disse minacciosamente: "Ma
hanno meritato il diritto di frequentare una universi-
t dell'Urss?".

a domanda era molto ostile. Mio padre, tornato
a casa, raccont l'episodio alla mamma e lei ne fu
sconvolta, e temeva che la cosa avesse un seguito. Ma
evidentemente il vecchio aveva gi l'arteriosclerosi, e
se ne dimentic.
- Come ha affrontato l'esperienza di carcerato?

na settimana prima arrestarono mio fratello.
Era estate, vivevamo nella dacia, correvamo, io gio-
cavo col cane, non avevo ancora tredici anni.

ll'improvviso mio fratello scomparve. La sera,
quando tornai a casa per cena, la mamma mi chiese:
"E Vanja dov'?". Io risposi: "Non lo so".

ei si preoccupa, si agita, chiama la milizia, lo
cerca; nessuno la informa di quello che successo.
Ma poi pap, il giorno dopo, spiega che cosa acca-
duto.

o passeggiavo per la strada, di corsa si avvicina
uno di quelli che proteggevano la nostra villetta;
allora le guardie del corpo e quelli del Kgb non ci
perdevano di vista. Il capo addetto a mio padre lo
seguiva anche quando andava a passeggio con la
mamma attorno alla casa di campagna, gli stava die-
tro, a cinque metri di distanza. Io credo che non fosse
per difenderlo, ma per sentire che cosa dicevano: per
non essere capiti loro parlavano in armeno.

cos uno di quelli che ci sorvegliavano si avvi-
cin e disse: "Sai, sono venuti, e hanno chiesto che tu
salga in macchina e vada al Kgb per alcune questioni
che riguardano tuo fratello. Sar per una mezz'ora".

o andai e questa mezz'ora divenne mezzo anno,
ma non mi ritengo una vittima, perch non mi pic-
chiavano, non cercavano di ottenere niente da me
con la violenza; mi fecero domande stupide e io,
ancora evidentemente tanto ingenuo, presi questi in-
terrogaton come una specie di passatempo.

i ricordavano i romanzi gialli e quelli di Ro-
cambole, e all'inizio non mi sembr una cosa seria.
Solo pi tardi capii che questa vicenda era senza via
d'uscita.

i rifiutai di passeggiare, smisi di mangiare; io
non so come fecero gli altri, perch l c'erano anche
altri otto ragazzi della mia et.

i chiamarono nell'ufficio dell'inquirente e ci
avvertirono che, se avessimo firmato, ce ne saremmo
potuti andare subito; mi dissero che nella stanza ac-
canto mi aspettava la mamma. Io, al pensiero che
sarei potuto andare subito da lei, firmai immediata-
mente, non prestai nemmeno attenzione a quello che
c'era scritto.

a la cosa pi strana che, anche dopo, conti-
nuammo a venerare Stalin: io ritenni responsabile di
questa storia non lui, ma Berija, o qualcun altro.
- Suo padre le parl mai dei processi e dei con-

dannati?

oltanto dopo la morte di Stalin. Vivo Stalin, a
casa egli non disse nulla, perch sapeva che tutto
veniva ascoltato. Ricord Bucharin e gli altri, e li
giudic molto bene, ma io ero ancora cos imbevuto
nell'animo di stalinismo che molte cose non le capi-
vo, e c'era in me una sensazione strana, mentre ascol-
tavo quei nomi che, dall'infanzia, mi si erano fissati
nella memoria come quelli di nemici del popolo.

i Bucharin, in particolare, diceva cose molto
buone, raccontava che erano amici, si chiamavano
con diminutivi.
- Lei certamente ha conosciuto Stalin.

talin l'ho visto, ma non da vicino perch, dopo
la morte della moglie, se ne and dalla dacia che si
trovava a due chilometri dalla nostra; e io ero molto
piccolo.

oi si isol dalle famiglie di altri membri del
Politbjuro. Lo vedevo quando entrava al Cremlino
per visionare un film, perch era sempre lui a giudi-
care se una certa pellicola poteva essere diffusa oppu-
re no; era il tempo in cui da noi ne circolavano non
pi di otto, dieci all'anno.

a sala di proiezione era situata in quell'ingresso
del vecchio Cremlino, dove hanno costruito la Sala
dei congressi. Noi vivevamo l, e quando sapevamo
che Stalin doveva arrivare, aprivamo una fessura del-
la porta e guardavamo. Era molto piccolo, butterato,

e non suscitava quella maestosa impressione di po-
tenza che si avvertiva nelle fotografie al Mausoleo di
Lenin, e durante le cerimonie ufficiali.
- Che cosa pensa degli uomini che gli stavano
accanto?

a maggior parte delle persone che lo circonda-
vano erano fanatici. La principale malattia del nostro
partito, addirittura fino agli anni Settanta, stata il
fanatismo. Ed evidente che Stalin ha utilizzato que-
sta esaltazione. Gli era attorno gente che si divideva
in vari gruppi, a seconda del carattere, della coscienza
e della morale, degli scopi, dell'ideologia.

'era chi lo sosteneva in modo totale e volentie-
ri: Molotov e Kaganovic primi fra tutti. E natural-
mente Berija. Non esistevano molte alternative: o
lavorare con Stalin, o spararsi un colpo alla tempia, o
passare per nemico del popolo, o cercare di fare il
bene del Paese.

on ho nominato Malenkov che fu un esecuto-
re molto diligente della volont del capo; gli altri si
sono adattati, dovevano obbedire e cercare di fare
tutto il possibile, nonostante questa incombente pre-
senza, per combinare qualcosa di buono.
Personaggio fondamentale dello stalinismo Be-
rija: chi era? Un mostro o un esecutore?

on sono d'accordo con chi dice che stato il
personaggio principale dello stalinismo; il personag-
gio principale dello stalinismo stato lo stesso Stalin,
perch stato lui che cominci a creare quel sistema
ancora negli ultimi mesi della vita di Lenin, come
minimo tredici anni prima della comparsa a Mosca di
Berija.

uando ha trasferito Berija al Kgb, Stalin aveva
gi organizzato l'apparato repressivo, che funzionava
a pieno ritmo. Per cui non si deve esagerare l'impor-
tanza di Berija. E stato uno strumento, quello di
turno dopo Jagoda ed Ezov e altri; e dopo Berija e
contemporaneamente a Berija ci furono Abakumov e
Merkulov e cos via.

a questo ruolo calzava al suo carattere. Da una
parte, in qualche modo, egli era abbastanza ragione-
vole; quando giunse nel 1938 da Tiflis disse a Stalin,
davanti a tutti 1 dirigenti: "Si spostata tanta gente
che presto non ci sar pi nessuno da mettere in
prigione. Forse bisogna fermarsi".

si sa che questa proposta stata accolta favore-
volmente, e ha garantito a Berija un certo rispetto da
parte degli altri dirigenti. Poi Berija pot vendicarsi
con molta crudelt dei suoi nemici personali; si dice
che prese molto spesso parte alle torture e alle fucila-
zloni per cui, in un certo qual modo, fu anche un
mostro.
- Si sa che fine ha fatto? Su di lui circolano tante
storie. Dicono che per i suoi svaghi faceva sequestra-
re le donne per strada.

finita tristemente per lui, perch nel giugno
1953, per iniziativa di Chruscev, fu rimosso da tutte
le cariche e immediatamente arrestato.

o chiusero in una caserma militare perch non
si fidavano del Kgb, e non volevano correre rischi; e
l'inchiesta continu fino al dicembre e nello stesso
mese lo fucilarono.

penso che le indagini e il processo siano stati
condotti secondo il vecchio stile, senza pubblicit,
senza popolo; io credo che si siano un po' affrettati,
perch lui sapeva una quantit di cose che oggi noi
vorremmo conoscere. Ma, purtroppo, allora era an-
cora troppo viva l'eredit dello stalinismo.

er quanto riguarda le ragazze sequestrate sulla
strada, un fatto indubbio, ma direi che per questa
caccia Si serviva dei suoi stessi occhi.

icordo che camminavo per la via Gor'kij, an-
davo verso l'ufficio telegrafico, e all'improvviso, con
stupore, vidi una grossa macchina (con quella vettura
allora viaggiavano solo i nostri dirigenti, era, mi pa-
re, un'auto americana, poi le hanno cambiate con le
nostre, ma venivano blindate con vetri spessi, per cui
non era possibile sbagliarsi), ed ecco dunque una di
queste limousine, e dietro ce n'era un'altra, con la
guardia del corpo, che procedeva lentamente, quasi
attaccata al marciapiede.

i avvicino e scorgo Berija col pince-nez, che
guarda con attenzione i passanti. Non capivo, perch
di queste voci che circolano adesso non sapevo nulla.
L'ho raccontato in famiglia: mio padre era assente,
ma c'era mio zio materno che cominci a ridere e
disse: "Eh, cercava i nemici del popolo".

oi ho cominciato a poco a poco a rendermi
conto di che cosa si trattava e i fratelli maggiori mi
hanno spiegato perch in occasione di queste passeg-
giate osservava cos diligentemente i pedoni.

uando una donna gli piaceva, diceva qualcosa
al suo aiutante, quello si avvicinava e le fissava un
appuntamento.

a casa di Berija non era al Cremlino, come
quella di tutti gli altri esponenti del partito o del
governo, ma da un'altra parte: io andavo a scuola
nelle vicinanze, e una volta lo vidi mentre era impe-
gnato in tale occupazione. Allora mi sono ricordato
quello che mi raccontavano delle ragazze che accet-
tavano l'invito, e poi venivano l. Lui le annotava sul
suo elenco (e c'erano pi di cento nomi) e, di regola,
le colmava di regali.

o conosciuto una di queste conquiste negli
anni Sessanta, ero a sciare e nel mio stesso albergo
alloggiava una signora che era stata l'amante di Be-
rija: era la sua preferita. Se con le altre l'avventura
durava una notte o una settimana, a lei invece presta-
va molte attenzioni; c'era di mezzo un bambino, e la
donna mi confid che aveva di lui solo buoni ricordi.
Ma altre li avevano invece cattivi, perch si erano
rifiutate e, come si dice in questi casi, andarono a
finir male.
- Suo padre aveva paura?

enso di s. Io stesso mi sono posto questa do-
manda. Lui raccontava. Con Bucharin andava in giro
a cavallo, andavano in montagna e insieme volavano
su un piccolo aereo, nonostante i divieti di Stalin.
Ricordava che lo chiamava Bucharcik [piccolo Bu-
charin] e l'altro lo chiamava Mikojaska.

dopo questi racconti, all'improvviso ho potuto
vedere pubblicato il discorso che mio padre fece in
qualit di testimone contro Bucharin, accusato di
essere un nemico del popolo. Questa contraddizione
mi ha indotto a pensare che l'unica spiegazione pos-
sibile era il terrore, lo sgomento. Certamente aveva
paura.

a devo dire che evidentemente in una persona
perbene la continua sensazione di angoscia fa sorgere
un sentimento di protesta, e ci sono stati casi in cui
egli passava dal timore al coraggio. Io ne sono testi-
mone.

orrei parlare di un episodio che per me molto
importante.

uando stavo per sposarmi con la figlia del-
l'eroe dell'assedio di Leningrado, Kuznecov, qualche
settimana prima del matrimonio i membri del Po-
litbjuro gi sapevano che Stalin aveva intenzione di
rimuoverlo da ogni incarico. Tutti conoscevano le
sue abitudini e previdero che, subito dopo, Kuznecov
sarebbe stato arrestato ed eliminato.

d ecco che Kaganovic disse a Mikojan: "E vero
che Sergo sta per sposare la figlia di Kuznecov?".
"Certo", rispose. "Sei diventato matto? Lo permette-
rai davvero?" Egli disse: "Non lo so; questa ragazza
mi piace molto, ma la cosa pi importante che si
amano, e lei non colpevole di niente, per questo io
non voglio impedire le nozze".

l giorno fissato per il mio matrimonio, Kuzne-
cov, temendo di compromettere la casa di mio padre
con la sua presenza, rifiut di venire alla cerimonia.
Allora sono andato da mio padre e gli ho detto: "Ma
cos' questa storia? Io mi sposo e il padre della ragaz-
za non ci sar?"

io padre sollev il ricevitore, lo chiam, discus-
sero a lungo, e lo convinse. In quei giorni, con quel
diavolo di Stalin, questo era un atto di coraggio.
- Si mai chiesto perch i protagonisti, gli impu-
tati dei grandi processi confessavano?

una domanda che interessava molto tutti noi.
Sapevamo che venivano usate le torture, le percosse,
ma capivamo che non era solo quello che li faceva
parlare, e adesso sappiamo molte cose. Ho parlato
con tante persone che hanno sopportato supplizi e
botte e hanno passato anche diciotto anni e pi in
prigione. Io so che sono state impiegate anche sevizie
di ordine morale; per esempio si us il fanatismo.

icevano: "S, noi sappiamo che non sei colpe-
vole, ma cos vuole il partito, ci sar il processo e tu
ti riconoscerai responsabile. Se cominci a parlare con
delle riserve, recherai danno ai nostri ideali, al po-
polo, al Paese".

i furono detenuti ai quali dissero: "Tu sei per-
duto ugualmente. Tu sei morto, di qui non esci. Ma
hai una figlia, un figlio, una mogrie. Se vuoi che
rimangano vivi, allora fai come devi".

anche casi pi crudeli, quando durante l'inter-
rogatorio arrestarono la moglie, oppure il figlio del-
l'imputato e li maltrattarono in sua presenza. E lui,
per fare cessare quelle pene, sottoscriveva tutte le
fantasie immaginabili.
- Come mai i maggiori responsabili del terrore,
Jagoda, Ezov, Berija, sono finiti davanti al plotone di
esecuzione?

ome ho detto, tutti loro erano strumenti. An-
che Berija, sebbene fosse forse il pi autorevole. Era-
no semplici pedine. Non appena Stalin riteneva che
avessero svolto il loro ruolo e sbrigato i suoi affari (e
perci sapevano troppo) era conveniente allontanar-
li. Gli si poteva addebitare molti delitti, e Stalin face-
va finta di non sapere. Quando era informato, rime-
diava subito.
- A pi di settant'anni dalla Rivoluzione d'Otto-
bre, qual il suo bilancio?

eludente, perch dispiace sprecare la vita. Io
adesso ne ho sessanta e sono contento di essere arriva-
to a questo momento: gli ultimi cinque anni rappre-
sentano un'esistenza del tutto nuova. Ma questo si-
gnifica che molti giorni sono andati perduti per tutti,
per molti uomini di talento, che avrebbero potuto
rivelare il loro aspetto migliore nella politica, nella
scienza, nell'arte.

'altra parte, non posso credere che tutto sia
passato inutilmente, se non altro perch siamo matu-
rati fino al punto da avere la perestrojka.
- E l'ora delle riabilitazioni: che cosa ne pensa del
caso Trotzkij?

del tutto evidente che Trotzkij era un nemico
personale di Stalin, e che questo stato il suo unico
delitto. Ma un altro fatto che le sue concezioni e
quelle di Stalin erano, purtroppo, molto vicine; cre-
do per che non sarebbe stato talmente crudele e cos
portato alle repressioni.
- Quanto pesa il passato nella vita del popolo

sovietico?

<(Per noi ha un'enorme importanza. Sembra che
lo rivanghiamo troppo. Ci siamo un po' indugiati
nella storia, ma la storia necessaria per sapere da che
cosa dobbiamo allontanarci.
Ci sono simboli che paiono quasi associarsi a una
idea della cattiva e tenebrosa letteratura: Ceka, Gpu,
Nkvd, Kgb. Ci sono personaggi che appartengono
alla fosca saga del potere. Comincia Feliks Dzer-
zinskij: l ferreo Feliks l cavaliere della rivolu-
zione. Polacco, nasce in una famiglia nobile, ma di
modeste risorse; da giovanetto manifesta slanci mi-
stici, vuole diventare prete cattolico, poi si vota al
comunismo: vent'anni di lotta con l'Ochrana. Ro-
nald Hingley dice che la sua figura scetica, mona-
cale, fredda e incorruttibile evoca sempre quella del
"grande inquisitore". Conquest lo trova na perso-
na leggermente isterica che si dedica con totale abne-
gazione a tutto ci che il partito gli impone di fare.
In un certo senso un idealista.

All'inizio, ha a sua disposizione 120 funzionari,
ma i militanti sono appena 250.000. I suoi uomini
portano giacconi di pelle lucida, sono armati di Mau-
ser, e quando c' da eliminare gli avversari, gli anar-
chici della Gerarchia nera, i ianchi gli zaristi,
fanno andare i motori dei camion, per coprire il ru-
more degli spari, e si gonfiano di alcool, per darsi
coraggio. Li sistema nella sede di una compagnia di
assicurazione: la Lubjanka. Dice Dzerzinskij: iamo
per il terrore organizzato. La Ceka obbligata a
difendere la rivoluzione, anche se la sua spada talvol-
ta si abbatte su teste incolpevoli. Del resto, spiega il
compagno Kaganovic, uando si taglia la foresta
anche i trucioli volano.

Ogni tanto, passano anche all'Hotel Lux. Quan-
do hanno prelevato l'imputato, mettono un sigillo
alla porta della stanza. ggiprecisano acciamo
solo i numeri pari.Un proverbio russo dice che a
prigione e l'ospizio sono aperti a tutti.

L'imputazione quasi sempre la stessa: articolo
58, ovvero: ualsiasi atto diretto a rovesciare, scal-
zare o indebolire l'autorit dei Soviet.

Ci si organizza per il distacco: Zinov'ev lascia la
casa portando con s la maschera mortuaria, non con-
traffatta, di Lenin; Karl Radek si propone di vendere
i suoi libri, perch non ha un rublo in tasca, e grida
a Victor Serge: he razza di idioti siamo stati, con
la nostra celebre onest rivoluzionaria. Avremmo po-
tuto mettere da parte un bottino di guerra, e adesso
crepiamo perch non abbiamo denaro.

Vanno ad arrestare il comico Bim Bom che, sotto
il tendone di un circo, sfotte i nuovi padroni e le
conquiste proletarie, invadono la pista e lo inseguono
a rivoltellate, fra il divertimento del pubblico che,
abituato alle torte in faccia, crede sia una nuova tro-
vata del clown. La crudelt non ha colore: ci sono da
tutte le parti banditi che si proteggono e si giustifica-
no con 1 idealismo.

Il 5 settembre 1918 una data storica: il Consi-
glio dei commissari del popolo decide che i nemici di
classe devono essere isolati nei campi di concentra-
mento.

Dice sempre Hingley nel suo saggio The Russian
secret Police: isogna insistere sul fatto che il vero
inventore del sistema poliziesco sovietico non fu Sta-
lin, ma Lenin.

Quando se ne va Dzerzinskij, arriva un altro po-
lacco, Vjaceslav Menzinskij, mansueto, studioso di
lingue straniere; poi l'inventore di veleni Jagoda; e,
dopo Ezov, ecco l'architetto Lavrentij Berija, il pi
forte, torbido e potente dei grandi bolscevichi cel-
1 pparato.

Forse gli attribuiscono anche pi colpe di quante
effettivamente gli competono: gi accaduto con
Ezov. E dotato di notevole intelligenza e dimostra,
come organizzatore, eccellenti qualit. Stalin lo
apprezza perch pu parlare con lui in georgiano,
e perch Lavrentij regge benissimo al vino e alla
vodka, senza mai perdere il controllo.

Non si sa come lo hanno fatto fuori: Chruscev,
ogni tanto, cambiava versione. Una volta dice che
l'ha ammazzato lui, un'altra passa il merito a Mi-
kojan, eccellente tiratore, un'altra al generale Mo-
skalenko. Per il Cremlino, colui che Stalin amava
definire l mio Himmler arrestato come traditore
e spia nel 1953, finito, dopo la condanna, davanti
a un plotone.

Hanno cercato di spiegare la sua crudelt con la
psicoanalisi: infanzia povera, orfano di padre, madre
cuoca, complesso di essere brutto. Per rifarsi, voleva
soprattutto comandare. Era un sadico, con una predi-
lezione feticistica per le scolarette, che si divertiva,
secondo un minuzioso biografo, a frustare sul sedere.
Aveva sposato Nina, una contadina di sedici anni che
egli fece rapire, ma per le sue frenesie sessuali convo-
cava le pi esperte prostitute di Mosca, e fanciulle
illibate che aspettava all'uscita dalle lezioni.

Dieci milioni di persone finiscono al lavoro coat-
to, nella ajgsiberiana. Tra loro, Isaak Babel',
Boris Pil'njak, Osip Mandel'stam. olo la morte
pu raddrizzare la gobba un detto popolare. Be-
rija lo applicava.

Cosa ha fatto Mandel'stam? Ha scritto due versi:
i sente soltanto il montanaro del Cremlino, / l'as-
sassino, lo sbaragliamugiki. a noiricorda Na-
dezda, la moglie ennero nella notte fra il 13 e il 14
marzo 1934.

Qualcuno confessa, qualcuno cerca inutilmente
di riparare: anche la Achmatova (la ricattano in nome
del figlio incarcerato), anche Mandel'stam scrivono
poesie per esaltare la costruzione di canali o di cen-
trali elettriche. Altri compongono liriche di circo-
stanza in occasione di grandi processi. I titoli: ien-
te grazia iente piet.

Il Terrore della Rivoluzione francese non pa-
ragonabile a quello staliniano: che tanto, tanto pi
crudele. Ma tutti tacciono: anche Trotzkij, anche
Bucharin. Del resto, diceva Brecht, i innocen-
ti sono, pi meritano di morire. In Russia spari-
sce anche una attrice tedesca, una sua amante E
spesso le uniche prove sono le confessioni degli ;m-

putati.

Stalin si diverte a raccontare l'allegra vicenda di
quel professore che litiga col vicino di casa, incolto,
ma ufficiale dell'Nkvd. Un giorno l'insegnante, di-
sperato, grida: a stia zitto, lei, che non sa neppure
chi ha scritto l'Eugenio Onegin .

L'altro, che su Puskin non ha alcun sospetto, ar-
resta il coinquilino, e poi si vanta: ono riuscito a
fargli confessare che stato lui.

Berija e i Suoi non si preoccupavano affatto della
ricerca delle prove e del rispetto della egalit socia-
lista. Quando operante il patto Ribbentrop-Molo-
tov, consegnano alla Gestapo cittadini della Germa-
nia, anche comunisti ed ebrei, tra cui Margarethe
Buber Neumann che passa dall'Nkvd alle SS.

N i giudici sono da meno. Leggetevi qualche
battuta dell'interrogatorio del compagno Lev Kame-
nev, chi pone le domande il procuratore generale

VysinsklJ:

- Vysinskij: ome valuta gli articoli da lei scritti
nel 1933 nei quali professa devozione al partito?
Menzogne?.

- Kamenev: o, peggio della menzogna.
- Vysinskij: erfidia?.
- Kamenev: eggio.

- Vysinskij: eggio della menzogna, peggio della
perfidia, cerchiamo la parola. Tradimento?.
- Kamenev: ei l'ha detta.

- Vysinskij radimento, perfidia, doppiezza.
- Kamenev: .

Andrej Vysinskij, procuratore generale dell'Urss,
istruito, acuto, codardo e servile: lo chiamano opo
di fogna. La sua carriera fondata sulle falsificazioni
e sulla calunnia. Alla fine di una requisitoria grida:
hiedo che tutti questi cani impazziti siano fucilati,

tuttl.

Il suo linguaggio volgare e spietato: porchi
traditori del comunismo, sarete puniti e i vostri cada-
veri marciranno.

Andrej Gromyko, quando lo incontra dopo la
guerra, resta colpito dal garbo e dalla capacit di
esprimersi del vecchio procuratore generale. Lo vede
spesso, immerso nei suoi pensieri, non sa quali idee
gli passano per la testa, ma Stalin conosceva bene la
biografia di Vysinskij, e questo doveva indurlo a pro-
fonde riflessiom.

Lo ricorda come una figura sinistra, un carrierista
privo di onore e di coscienza. Il suo compito era
quello di annegare la verit in un mare di menzogne,
ricorrendo a mezzi sordidi per sottomettere le vitti-
me. Ma quando sentiva la voce di Berija scattava in

piedi.

Quando invece trattava coi collaboratori, partiva
sempre con un atto di accusa, e con delle minacce.
o credo che la gente vada presa in punta di spada
diceva.

I processi sono una farsa tragica, ma ben prepara-
ta. Vengono invitati ad assistervi i corrispondenti dei
giornali occidentali e i diplomatici. Molti credono
alla correttezza del dibattimento: tra i pi convinti,
l'ambasciatore americano Davies.

Lev Kamenev, finito l'interrogatorio, dichiara:
on importa quale sar la mia condanna, io la con-
sidero giusta in anticipo. Quando ascolta la senten-
za, rimane sbigottito: forse si illudeva. Fa i capelli
bianchi in una notte. Gli spara un giovane tenente
dell'Nkvd, che prende a calci il corpo, poi scarica
ancora la pistola sul cadavere.

Si parla di tre milioni di esecuzioni (ma le cifre,
quando si tratta di Unione sovietica, hanno sempre
un valore relativo: quanti sono i caduti nell'ultima
guerra? Venti milioni, trenta, trentaquattro: la revi-

sione continua).

A Leningrado, c' la fila davanti all'ascensore che
porta ai sotterranei. Ogni uccisione viene sbrigata in
due minuti e mezzo. Tutto calcolato. C' una tela
incerata che copre il pavimento: una donna, ogni
tanto, provvede a ripulirla.

Il condannato Litvinij, mentre lo conducono alle
cantine, grida: che scopo? David Bergelson, uno
scrittore ebreo, declama un salmo: erra, oh terra,
non coprire il mio sangue.

C' anche da rispettare una specie di cerimoniale:
alla Lubjanka i condannati consegnano i loro indu-
menti, e restano con un camiciotto bianco. Una cella
adibita al ervizio e l'arma usata una T automatica, con otto colpi. Un medico certifica il
decesso.

pessomi ha detto Robert Conquest rano
necessari due o tre colpi, perch i proiettili di piccolo
calibro non uccidono molto velocemente.

oi c'erano le esecuzioni che venivano svolte in
prossimit delle fosse comuni, in aperta campagna,
come nel caso dei polacchi di Katyn. Nell'Urss ci
sono parecchi luoghi, come quello famoso di Kuru-
pati, vicino a Minsk, dove centinaia di persone veni-
vano colpite alla testa con i fucili, e seppellite nelle
fosse comuni che loro stessi avevano scavate.

nche i capi della polizia segreta seguirono lo
stesso destino: Jagoda perch non aveva ucciso abba-
stanza, Ezov perch aveva ucciso troppo, Berija per-
ch aveva creato problemi ad alti personaggi politici.
E sempre stato un mestiere pericoloso fare il boia in
un regime dispotico.
Non esistendo prove della colpevolezza, tocca
alla vittima inventarsi la propria confessione: utto
l'interrogatoriodice Conquest i basa sulla menzo-
gna. Talvolta viene distorto persino il credo politico
dell'accusato. Cos capita che un nazionalista bor-
ghese condannato come trotzkista.

' un manualetto scritto da alcuni addetti agli
interrogatori, che ancora inedito. I carcerieri dico-
no alla vittima: "Sei colpevole. E adesso raccontaci
cosa hai fatto".

oi si passa alle torture e alle sottili sevizie: alle
percosse seTvagge, giorni e notti senza dormire, op-
pure alla "stojka": il detenuto deve stare in piedi fino
allo sfinimento.

i politici dicono: "Devi parlare per servire il
partito, o morire in disgrazia. Fallo, se vuoi salvare
tua moglie e i tuoi figli".

os fu per Kamenev, o per Aleksandr Petrovic
Smirnov, bolscevico dal 1903, considerato un oppo-
sitore. Cadde nell'agosto del 1936. Di solito, basta-
vano due o tre mesi per ottenere l'ammissione del
delitto, ma ci fu chi non cedette.
Quasi sempre l'interrogatorio avviene di notte.
Le guardie che accompagnano il prigioniero dalla
cella all'ufficio, dove lo aspetta l'inquirente, fanno
schioccare la lingua, o tintinnare le fibbie della cintu-
ra: il segnale. I corridoi debbono essere sgombri,
nessuno deve riconoscere il detenuto.

Prima domanda, con avvertimento: apete dove
vi trovate? Siete nel cuore del servizio segreto sovie-
tico. Perch credete di essere arrivato qui?.

Ci sono molte risorse per indurre l'imputato alla
loquacit: oltre alla tojka c' il occoni un ge-
sto umiliante e doloroso: rovesciargli in testa, ad
esempio, una sputacchiera, dargli botte sui genitali;
oppure c' la inghia un dialogo incalzante, senza
soste; dopo una settimana di questo trattamento crol-
lano anche i pi forti.

Lubjanka, Lefortovo e Butyrki sono i tre punti di
raccolta dei politici; a Lefortovo sono specialisti in
punizioni. Appena arriva, l'arrestato sottoposto a
una perquisizione fisica, e a un accurato esame degli
indumenti: gli tolgono non solo i lacci, ma anche i
bottoni.

Alla Lubjanka, che si affaccia sulla piazza Dzer-
zinsklJ, poco lontano dal Bol'soj, arrivano tanti bei
nomi. Le celle sono, di solito, molto affollate; in
alcuni reclusori si arriva anche a trenta persone per
metro quadrato. Le finestre sono bloccate con impo-
ste che lasciano intravedere un pezzo di cielo. Dalle
undici di sera alle sei di mattina, riposo: obbligo di
non nascondere le mani sotto la coperta. Chiamano
la razione giornaliera zovscina da Ezov l'inven-
tore: cinquecento-seicento grammi di pane nero,
venti di zucchero, due razioni di zuppa di cavoli,
acqua calda tre volte.

Alla Butyrki c' anche una minestra di fiocchi
d'avena, o di pesce: alla Lubjanka funziona una bi-
blioteca con volumi di storia, scientifici, o di autori
classici.

L'aria odora di acido fenico, alla sveglia c' il
tempo per un rapido lavaggio e per altre necessit;
ogni dieci giorni, a Mosca, c' il turno dei bagni. Gli
abiti vengono disinfettati.

Ogni cento sentenze, dieci sono di condanna a
morte. L'affollamento, che costringe il detenuto a
dormire sul pavimento, facendo anche il turno per
sdraiarsi, favorisce il contagio; cos si diffondono le
malattie della pelle. Tutti soffrono alle gengive, e
molti di cardiopatie.

Il primato della durezza spetta a Fortrable, desti-
nato ai militari: i supplizi sono ordinaria amministra-
zione. Penso che il termine sia appropriato Petr
Jakir, figlio di un comandante dell'esercito giustizia-
to, finisce dentro a quattordici anni, e con una tecni-
ca gi in uso nel Medio Evo gli legano le braccia
dietro la schiena, lo sollevano con una fune, e lo
lasciano dondolare.

A qualcuno perforano i timpani, a un capo comu-
nista ucraino violentano la figlia davanti agli occhi.
Picchiare a sangue il prigioniero un uso assai diffuso.

Ma ci sono, per chi ne ha voglia, anche gli svaghi:
si pu giocare a scacchi con pedine fatte col pane,
permesso fumare, e tra le donne c' chi riesce a predi-
re la sorte coi fiammiferi.

I parenti degli incarcerati alla Lubjanka vanno,
ogni mese, in Kuznecskij Most, numero 24, a versare
50 rubli per il congiunto in attesa del giudizio, che
affidato alla rojka un rappresentante dell'Nkvd,
uno del partito e un procuratore.

Perch parlano, perch confessano? L'ho chiesto
ad Artur London, un superstite. L'ho incontrato tanti
anni fa nella sua casa di Parigi, un grigio appartamen-
to piccolo borghese, ed era gi molto malato. Tutto
gli costava fatica: mangiare, leggere, parlare, forse
anche sorridere. Ti trovavi davanti a un signore stan-
co e buono, che incuteva rispetto.

Artur London se ne andato portandosi dietro
una storia crudele: quella di un comunista che per
amore di partito fu indotto a confessare colpe mai
commesse, e per questo venne condannato all'erga-
stolo, mentre i suoi compagni, Vlado Clementis e
Rudolf Slnsky, anche loro innocenti, finirono sulla
forca. Artur London, detto Grard, ha scritto un li-
bro di ricordi, La confessione, dal quale stato tratto
un film con Yves Montand: nel novembre del 1952
fu processato a Praga; quattordici imputati, undici
impiccagioni.

L'arrestarono la prima volta a sedici anni: era un
rivoluzionario; combatt con le Brigate internazio-
nali sul fronte spagnolo, poi la resistenza in Francia
col aquis poi Mauthausen: e la tubercolosi gli
aveva distrutto i polmoni. Era il tempo della glorifi-
cazione di Stalin; e a legalit socialistamand sul
banco degli imputati devoti militanti, dipingendoli
come traditori, agenti degli americani e servi del

capitalismo.

Erano tempi difficili. Sulle rive della Moldava
venivano organizzate per Stalin le pi toccanti mani-
festazioni di affetto; tra i monti Tatra c'era una vetta
che lo ricordava, un francobollo ne portava in giro
1 ironica effigie, un monumento di cui non si vide
mai l'eguale si specchiava nelle placide acque del
fiume. Ci sono voluti molti martelli pneumatici per
demolire quella colossale testimonianza di devozio-
ne al adre dei popoli.

London non parlava, parl Lise Ricol, la moglie,
una francese, anche lei credente nel marxismo-leni-
nismo. Un volto regolare, dalle linee forti, gli occhi
VlVi, e, in qualche momento, dolcissimi. Deve essere
stata molto bella. Ha sempre dovuto lottare; i tede-
schi la condannarono a morte; era incinta, cos si
limitarono a metterla dentro.

i siamo conosciuti a Mosca, nel 1934. Ero an-
data laggi per lavorare come dattilografa - avevo
diciotto anni - ed ero gi sposata. Qualche giorno
dopo il mio arrivo, alla mensa del Comintern, men-
tre facevo la coda per prendere il pasto, girandomi
scorgo un giovane biondo, alto, fermo in mezzo alla
sala; mi osservava, ed era come paralizzato, stava
rovesciandosi sulla manica il t che teneva in mano,
e quando ci siamo incontrati con lo sguardo diven-
tato scarlatto. E il nostro primo incontro.

oi ci siamo rivisti, e devo dire che io parlavo
molto male il russo, mentre Grard se la cavava con
disinvoltura, aveva una straordinaria facilit per im-
parare le lingue, e allora avevamo il mio russo, che
nessuno avrebbe capito, ma che divent il nostro
russo, il nostro primo linguaggio d'amore.

hi mi ha dato in un certo senso la forza
per tener testa a tutte le pressioni che mi venivano
fatte dagli amici, dai compagni, dalla famiglia per-
ch non rompessi il mio matrimonio, fu Palmiro
Togliatti.

i preparava il VII Congresso dell'Internaziona-
le, e lui doveva elaborare la relazione pi importante,
e io dovevo batterla a macchina.

ogliatti aveva l'abitudine di dettare passeg-
giando; qualche volta il flusso delle parole era molto
rapido, in altri momenti si fermava e rifletteva, e io
restavo in attesa, e i miei pensieri erano ben lontani
da quei problemi. A un certo punto mi sono messa a
piangere, e lui si accorto che avevo la faccia piena
di lacrime, e mi ha detto: "Ma non possibile, Lise,
perch fai cos? Che cosa ti succede?".

li spiegai la mia angoscia, e mi consol:
"Ascolta, Lise, se gli vuoi proprio bene, allora riusci-
rai a superare tutti gli ostacoli".

ur avendo vissuto in paesi diversi, il nostro
cammino era straordinariamente simile. L'infanzia
trascorsa in una citt del carbone, mio padre minato-
re a Saint-tienne, Grard cresciuto a Ostrava. I no-
stri genitori, comunisti, ci avevano insegnato fin da
quando eravamo piccoli che quella era l'unica strada
che poteva condurre alla salvezza dell'umanit.

uando conobbi Grard era affascinante - an-
che questo conta per una donna -, era molto tenero,
garbato, e poi aveva l'aureola di chi, per la causa, ha
gi conosciuto la galera.

io marito stato arrestato nel gennaio del
1951. Non l'ho rivisto fino a sei mesi dopo la senten-
za. Il solo contatto che esisteva fra noi erano le lettere
che gli mandavo, e nelle quali mi esprimevo secondo
quelle che erano le mie idee e i miei sentimenti di
allora, perch cos ero stata educata; una fede incrol-
labile nel partito, nella sua giustizia.

i accorgo che erano tanto ingenue, ma di una
assoluta sincerit, che non pu non commuovere
perch gli dicevo: "Grard, forse hai commesso degli
errori, forse sarai obbligato a pagare, ma sappi che
sar al tuo fianco. Stalin ci ha insegnato che l'uomo
il capitale pi prezioso, che bisogna aiutarlo, biso-
gna, quando rischia di annegare, dargli un palo per
farlo uscire dall'acqua. Io sar la tavola alla quale ti
aggrapperai".

omunque, pensavo, dovr saldare il conto, per-
ch la nostra morale esige che ogni sbaglio sia punito.

l giorno in cui si apriva il dibattimento, noi, i
parenti, non eravamo stati avvertiti. Ignoravo anche
quali erano le imputazioni. Ho saputo che figurava
tra gli accusati mentre andavo al lavoro, alle cinque
del mattino; sul tram, c'erano delle persone che leg-
gevano i giornali, spiccavano dei grossi titoli, si par-
lava della "banda dei traditori": nell'elenco figurava
anche il suo nome.

rasmisero le udienze per radio. Io pensavo:
"C' qualcosa che non mi spiego, qualcosa di indeci-
frabile, ma quando sar il turno di Grard, respinger
ogni imputazione, si difender".

on accettavo che in un regime che si diceva
socialista potessero essere applicati metodi capaci di
portare un innocente a dichiararsi reo, a confessare di
essere un criminale. Ma quando sentii le prime frasi
di mio marito che confermava ogni addebito, tutte le
denunce, stato il crollo.

o conoscevo il suo coraggio; anche di fronte ai
nazisti aveva resistito con dignit. A quel punto ho
espresso il mio dolore di madre, di moglie, il mio
terribile dolore di sapere che l'uomo che amavo, il
padre dei miei figli, era un traditore, un traditore
della Patria, un traditore del comunismo. E non po-
tevo non approvare il fatto che un governo socialista
Si difendesse dai suoi nemici, anche all'interno.

he cosa ha potuto piegare non solo Artur Lon-
don, ma le vittime dei processi di Mosca, o di Buda-
pest? C'erano degli interrogatori che duravano senza
interruzione, senza che potesse mai dormire, per
quasi una settimana. Arrivava un'ora in cui per lui
non c'era pi n realt n immaginazione, tutto si
confondeva, sconvolto dalle allucinazioni, anche da
sveglio. Poi, le percosse, le torture psicologiche. I
referenti gli dicevano: "Se non ammetti quello che
vogliamo, tua moglie sar messa in carcere: stranie-
ra, e quindi ci sar facile dire che una spia; chiude-
ranno i tuoi bambini in un istituto di correzione, e
anche i tuoi vecchi saranno imprigionati".

oi c'era un altro tipo di costrizione, che pi
difficile da capire, ma che riusciva immancabilmen-
te; consisteva nel portare il detenuto, un comunista
di vecchia data, ad accettare questo concetto: "Se ti si
chiede di fare questo perch il partito ne ha biso-
gno, e tu devi obbedire".

io marito rimasto assolutamente solo per due
anni e mezzo, in un isolamento totale, e in queste
condizioni il cervello non funziona pi come quello
degli altri, il mondo alla rovescia, le convinzioni, i
fatti di un'esistenza sono alterati, in disordine, qual-
cosa scoppia. Non c' pi niente, solo un fantasma
che cerca ancora, alla fine di tutto, di essere utile alla
propria causa.

opo il processo ho chiesto il divorzio. Il giudi-
ce aveva domandato se si potevano far vedere i bam-
bini al padre, qualora lo chiedesse, e io avevo detto di
s, ma mi domandavo: "Come far adesso, io comu-
nista, a spiegargli che cos' un traditore? Perch lo
conosceranno, gli vorranno bene, e in loro nascer
un dilemma, un'incomprensione".

u allora che gli scrissi una lettera spaventosa,
veramente crudele, anche se una fortuna che gliela
abbia spedita, perch ho avuto poi la possibilit di
rivederlo.

li chiarivo le mie ragioni: "Devi considerare
come parte della tua pena la rinuncia ai tuoi figlioli;
per non complicare il mio compito, devi aiutarmi a
arne dei veri comunisti, rifiuta, quindi, d'incon-

trarli .

er lui fu uno scritto sconvolgente. Il referente
che lo capiva, e cominciava ad avere qualche sospet-
to, quando vide il dramma di Grard gli promise che
avrebbe fatto ll possibile perch ci rivedessimo, per-
ch lo non avevo alcun diritto, diceva, di impedirgli
di riabbracciare i tre piccoli.

uccesse quello che era inevitabile; alla prima
visita avevo riacquistato tutta la fiducia in Grard.
Appena uscita dal parlatorio, ho ritirato la domanda
di divorzio.

uando Artur London fu arrestato, ero impie-
gata alla radio, alla sezione francese. Mi fecero sapere
che non potevo pi continuare, che dovevo entrare
in uno stabilimento. Dissi al funzionario che non
avevo alcuna esperienza e gli domandai il perch.
Rispose: "Nell'Unione sovietica si fa cos. Quando
uno arrestato, la moglie deve andare in fabbrica".

o osservai: "Ma uno strano modo di conside-
rare il lavoro fisico. Allora vuol dire che, secondo
VOi, la classe operaia sconta una colpa".

ia dall'ufficio, dall'appartamento, non un solo
tegame, un po' di biancheria, neppure un soldo. Ho
faticato a trovare un alloggio, ma con le mie mani
sono riuscita a sfamare cinque persone.

nche Artur era cambiato. Le sue qualit uma-
ne, che mi avevano fatto innamorare, erano diventate
ancora pi grandi. L'ideale era rimasto intatto. Non
avevano colpito l'aspirazione generosa del socialismo
che vuole l'uomo felice. E tornato con la pi profon-
da saggezza.

u proprio Karl Marx che, quando gli domanda-
rono qual era la qualit che apprezzava maggiormen-
te, rispose: "Il dubbio". Ecco la sua, la nostra con-
quista. GLI INGEGNERI DELLE ANIME

Al tempo degli zar certe cose, rispetto all'Europa,
accadevano con ritardo; altre, rispetto all'Urss, avve-
nivano con anticipo. L'arte della stampa, ad esempio,
arriv cento anni dopo la prima Bibbia pubblicata da
Gutenberg; la prima commedia messa in scena su un
vero palcoscenico, in un vero teatro, fu rappresentata
mezzo secolo dopo la morte di Shakespeare, ed ebbe
un unico spettatore: lo zar Alessio. Invece la censura,
la polizia segreta, l'esilio e i lavori forzati sono passati
in eredit dai Romanov ai Soviet, senza alcuna inter-

ruzione.

Gi prima dell'attuale lavit che decide che
cosa pu essere letto dai cittadini e che cosa va proibi-
to, esisteva un ufficio della cancelleria privata del so-
vrano, la Sezione III, che falcidiava i manoscritti. Da
un libro di fisica per le scuole fu tolta l'espressione
orze della materiaperch considerata una prova di
ateismo; da un ricettario venne eliminata la frase 'aria
libera necessaria per cucinareperch pareva nascon-
desse intenzioni sovversive; un poeta severamente
redarguito perch dichiarava di adorare una donna
opra ogni cosa al mondo sentimento che doveva
essere riservato soltanto a Dio e al Trono.

C'era gi anche il amizdat circolava la lettera-
tura vietata: gli scrittori o i musicisti, non disponen-
do ancora del ciclostile e delle fotocopie, leggevano
o eseguivano le loro opere in privato.

Credo che la libert di pensiero e il diritto di

critica non abbiano fatto enormi progressi. Nel poe-
ma di Evtusenko, La centrale idroelettrica di Bratsk, si
legge: l controllo delle coscienze pi importante
di quello dei corpi e anche se la rigida opinione
attribuita alle guardie dei faraoni, onesto ammette-
re che neppure quelli del Kgb hanno, in materia,
concezioni molto diverse.

Nel racconto di Viktor Skavin, L'operazione, si
narra di un poeta che, per contribuire alla campagna
per l'economia della carta, scrive i suoi versi sulla
propria pelle, ma la censura interviene, e i tagli, si
capisce, sono quanto mai dolorosi.

La condizione dell'intellettuale ha sempre com-
portato i suoi rischi; il delitto ideologico conduceva,
una volta, alla Fortezza di Pietro e Paolo, o in Siberia;
in seguito la Lubjanka e i campi di concentramento
accolsero gli eretici.

Dostoevskij fu condannato a morte per avere let-
to pubblicamente un testo ritenuto sovversivo: all'ul-
timo momento, i soldati abbassarono i fucili, e la
sentenza venne tramutata in una condanna alla de-
portazione. Diceva di lui Lenin: ripugnante. E
Stalin, a Milovan Gilas: un grande romanziere e
un grande reazionario. Guasta la giovent.

Turgenev, inventore della parola e della figura
del nichilista, costretto a espatriare. Puskin muore
in un duello provocato per ordine del despota: nei
suoi versi ha esaltato anche la libert. Scompare, sem-
pre in duello, anche Michail Lermontov, autore del-
l'allusivo Un eroe del nostro tempo. Cechov attraversa
tutta la Russia per andare a scrivere la cronaca della
vita degli esiliati nella ajg. Tolstoj predica una
forma di anarchismo cristiano universale, si batte
contro i metodi del governo, respinge i vantaggi e i
pregiudizi della sua classe.

Poi, la rivoluzione. Sergej Esenin, figlio di un
ugikdi Rjazan', anche lui pastore. Nella sua
poesia Compagno, Ges scende sulla terra per aiutare
il popolo russo, ma la pallottola di un poliziotto lo
ucci er.

Sergej beve, si droga, cambia di continuo donne
(Isadora Duncan, la danzatrice americana, la grande
passione, ha il doppio dei suoi anni). Vuole annullar-
Si Scrive: on sono un "uomo nuovo". Con un
piede nel passato, tento con l'altro di tenere il passo
con l'esercito di acciaio, ma inciampo e cado. Il 27
dicembre 1925 si impicca in una camera d'albergo.
Vladimir MaJakovskij, l migliore e pi delicato del-
la nostra epoca sovietica come diceva Stalin, si tira
una rivoltellata. erch?hanno chiesto a Lili Brik.
erch era troppo felice.
Neppure Marsim Gor'kij, considerato il fonda-
tore de ealismo sovietico se l' cavata senza dolo-
re. l suo socialismodice Nina Gourfinkel on
supera mai una fase primitiva: amore dell'uomo, fi-
ducia nell'uomo.Non poteva piacere agli ideologi.
Confessava: i e meglio che nei libri, ho imparato
il marxismo da Semenov, fornaio a Kazan'. Vedeva
in Ges e in Prometeo l'idea della misericordia e la
rivolta contro il destino, i simboli che esprimono le
aspirazioni dell'umanit.

Zoscenko, l'umorista, ridotto in miseria dai
funzionari perch il Comitato centrale lo ha classifi-
cato pirito triviale e disgustoso. Anna Achmatova
ha un marito, anche lui poeta, che la fa molto soffri-
re, stravagante, adultero, capriccioso: Nikolaj Gumi-
lev. Nel 1921 lo fucilano come cospiratore reaziona-
rio. Stalin fa arrestare Lev, il figlio. Per diciassette
mesi Anna si mette in fila davanti alle carceri per
avere qualche notizia, per lasciare un pacco. Poi il
giovane mandato in un campo, dove resta fino alla
morte del dittatore. I libri di Anna Achmatova ven-
gono messi al bando. L'accusano di essere et mo-
naca, met sgualdrina.
Nella sua vicenda ci sono parecchi incontri ma,
confid a Curzia Ferrari: odigliani era l'unico che
mi capiva. E io vicina a lui mi sentivo felice. Felice
di riscoprirmi nei suoi quadri, la frangetta nera, il
collo sottile, i grandi occhi smarriti.

Quando morta, hanno trovato sul comodino i
Canti di Leopardi. Dice una sua lirica:

Vorresti vedere che ne stato della tua vita?
In fondo a una coda di trecento persone,
te ne stai davanti alla prigione Kreskij,
e le tue lacrime cocenti bucano il ghiaccio di
[Capodanno!

Mandel'stam, quando lo prelevano la prima vol-
ta, grida picchiando i pugni contro la porta: ovete
rilasciarmi, non sono fatto per la cella. E allucinato,
e sconvolto dalle ossessioni, tanto che Nadezda, la
moglie innamorata e coraggiosa che manda a memo-
ria i suoi scritti perch non vadano dispersi, gli dice
con durezza: aranno bene a fucilarti, cos ti salve-
ranno dal suicidio.

Prima lo condannano a tre anni di esilio per co-
spirazione, poi a cinque di lavori forzati in Estremo
Oriente passando, ovviamente, per la Lubjanka. Non
ha colpe; piccolo, mingherlino, col ciuffetto, n
uomo aperto, incapace di qualsiasi astuzla.

Ha compiuto solo un gravissimo errore: ha scritto
alcuni versi sferzanti sul compagno Stalin, che ha
ita grasse come i vermi affi da scarafaggioe si
diletta ei servizi dei semi-uomini.

C' gi stato chi ha avuto molti guai, come
Dem'jan Bednyj, poeta propagandista assai amato da
Lenin, perch ha scritto nel suo diario che non presta
volentieri libri a Stalin perch lascia sulle pagine di-
tate di unto. Il suo segretario ha provveduto a man-
darne copia al Cremlino.

Dice Mandel'stam: er la vita rinuncer a tutto
(ho tanto bisogno di affetto); perfino un fiammifero
potrebbe riscaldarmi. E chiede al giudice istruttore:
li innocenti li fate uscire oppure no?.

Quando si affaccia con insistenza allo spioncino
della Lubjanka, le guardie, esasperate, gli spruzzano
un liquido abrasivo negli occhi. ono rossigiustifi-
ca, poi, il giudice istruttore erch legge troppo.
Gli danno cibo salato, e mai da bere; se protesta,
camicia di forza e cella di rigore. Eppure Stalin ha
promesso a Pasternk: on Mandel'stam andr tut-
to bene.

Si ritrova, dice un suo verso, olo su tutte le
stradee indifeso. Non ha mai soldi e, quando lo
invitano, sanno anche che devono pagare il tassista,
e la scusa candida sempre la stessa: cusatemi, ho
lasciato a casa il portafoglio.

Aspetta il astigo finale come dice Nadezda, e
il soldato che va a prenderlo, il 1maggio 1938, deve
spingerlo da dietro; ha scritto: o imparato la scien-
za degli addii.

Se ne va portando con s una piccola edizione
della Commedia: deve scontare cinque anni di lavori
forzati. Accusa: cospirazione. In cambio di un po' di
cibo, racconta ai forzati le avventure dei Tre mo-
schettieri, e ne inventa delle nuove; i criminali lo
derubano, lo percuotono, lo cacciano dalla baracca.
Vive in modo animalesco, raccogliendo rifiuti, lui
che ha disgusto se deve bere acqua non bollita. La sua
mente vacilla. Raccontano che, malato, recita i so-
netti del Petrarca vicino a un fal. E il tifo che lo

uccide.

Di Boris Pasternk si detto che era ngenuo e
coraggioso. Difende la causa di Mandel'stam, e non
rinnega Bucharin, ma gli esprime, nelle ore buie, la
sua solidariet. La moglie lo incita, lo scongiura, ma
rifiuta di firmare il documento degli intellettuali che
approvano la esecuzione dei generali. borrivo tut-
to questo sangue,dice on potevo pi sopportare
quelle cose. Ero convinto che sarei stato arrestato,
che il mio turno era venuto. Vi ero preparato.
Nadezda Mandel'stam lo aveva ammonito: a-
date che non vi adottino ma l'unica persona che va
a trovarla, quando sa della morte di Osip, Boris
Pasternk. Ricorda Erenburg: ra i tanti poeti che
ho conosciuto era il pi affascinante e il pi insop-
portabile. Un individuo complicato e oscuro, inespli-
cabile e misterioso.

Ma qualcuno ha spiegato: iveva di s, con s e
di s. Sentiva pulsare il cuore e crescere l'erba, ma
non riusc mai a cogliere il passo dell'epoca.

Non ebbe, nel suo paese, un solo premio, una sola
decorazione in tutta la vita; solo Malraux, al congres-
so degli scrittori del 1935, disse: vete davanti a voi
uno dei pi grandi poeti del nostro tempo.

Sono andato a trovare Ol'ga Ivinskaja, la donna
che ha ispirato la figura di Lara, una creatura che
aveva, si legge ne Il dottor Zivago, na intelligenza
limpida, un carattere mite. Ed era molto preziosa.

Quando si conoscono Ol'ga bionda, tenera,
spregiudicata e sincera: ha vissuto tante infamie e le
confessa. Il suo primo marito si impicca perch Ol'ga
lo tradisce con un suo avversario; il secondo, che
muore tra le sue braccia, forse ha denunciato sua
madre, colpevole di una battuta irriguardosa su Sta-
lin, e l'ha fatta spedire al Gulag. poidice Ol'ga
'erano state tante esaltazioni e morti dolori.
Ma Pasternk ascolta quelle spietate confessioni
senza pronunciare condanne; il suo Jurij Zivago dice:
o non amo la gente perfetta, quelli che non sono
mai caduti, e non hanno mai inciampato. La loro
una virt spenta, di poco valore. A loro non svelata
la bellezza della vita.

E sconvolto e segnato dalla miracolosa presenza
di Ol'ga. ei il mio regalo di primavera, anima mia sospira Borja. E Ol'ga, Lailjusa, Olecka, Oljusa,
quanti vezzeggiativi inventano gli innamorati, che
forse gli ricorda il primo amore, quello dell'adole-
scenza, una certa Mademoiselle V. alla quale dava
ripetizioni; nelle sue memorie Ol'ga annota: a
quanta felicit, quanti orrori e quanto scompiglio mi
porto quell'uomo.

Ora vive a Mosca, nel modesto appartamento di
un caseggiato popolare: cucina e salotto che fa da
camera da letto, con due divani coperti da drappi
sfilacciati, e pochi mobili. Solo qualche fotografia
documenta il passato: un dolore senza fine, dei morti,
due volte il campo di concentramento e, unica con-
solazione, la parte che lei ha avuto accanto a Boris
olui che ha inventato parole elementari per la pas-
sione dell'uomo e per le debolezze della donna.

L'Unione degli scrittori l'aveva definita mante
senza scrupoli. L'hanno riabilitata. Adesso vec-
chia, e non pu pi uscire di casa: la vita la sta abban-
donando. Racconta: l Dottor Zivago tragicamente
legato alla mia vita. Alla fine del 1946 ho conosciuto
Boris Leonidovic. A quell'epoca esisteva solamente
qualche abbozzo in prosa, che poi sarebbe diventato
il romanzo e non aveva ancora quel titolo. Erano le
descrizioni delle vicende del nostro secolo che dove-
vano esprimere le sue idee, la sua filosofla Il suo
credo poetico, sociale e politico, e lo considerava la
cosa pi importante della sua vita.

ivedendo adesso la donna che ero, posso dire
che fui crudelmente legata a quel libro. Boris Leoni-
dovlc scriveva i primi capitoli. Io partecipavo alle
letture, riunendo gli amici e cercando di farlo in
modo discreto perch sapevamo che uno su tre era un
informatore. Il fatto suscitava la curiosit e i sospetti
del potere. Sospettavano persino che lui fosse una
spia; l'abbiamo saputo quando venni arrestata.

ono entrata alla Lubjanka la stessa notte del
mio arresto, nell'ottobre del 1949.

oris Leonidovic e io ci conoscevamo da tre
anni. Evidentemente pensavano che, per colpire lui,
dovevano punire me.

e ne sono resa conto perch durante la perqui-
sizione hanno confiscato soltanto m lui cne genero-
samente autografava per me, le sue fotografie, i suoi
manoscritti. Dopo di che mi hanno portato proprio
nel cuore del Kgb. Ho trascorso un certo periodo di
isolamento, poi fui trasferita in una cella con alcune
donne.

ra di loro ce n'era una giovane e bella con
sopracciglia scure ben disegnate. Il suo viso mi im-
pression. Mi chiese subito:

Le ricordo qualcuno?" Le risposi: "S, lei mi
ricorda Lev Davidovic Trotzkij". Fu cos che co-
nobbi Sasenka Trotzkij. Ora non pi tra noi, pur-
troppo.

enne arrestata perch era parente di un nemico
del popolo, senza nessuna altra colpa: articolo 7-35.
Il suo destino fu spaventoso. Assieme alla sua matri-
gna era stata mandata al confino, l ha preso fred-
do, stata a lungo ammalata, poi morta. E morta
dopo l'incontro con suo fratello che era venuto a
cercarla non appena aveva saputo del suo arresto. E
l'aveva saputo dal mio libro di memorie. Per questo,
durante la sua breve permanenza a Mosca, ha voluto
incontrarmi. Mi era grato.

rappresentanti del potere, che avevano gi
cambiato rotta, sono venuti a salutarlo. Il fratello e la
sorella sono stati poco insieme. Presto lui ripartito
e poco tempo dopo lei se ne andata in seguito alla
malattia contratta durante la prigionia. Aveva una
lesione al midollo spinale.

opo quattordici giorni di permanenza alla Lu-
bjanka in cella con noi c'era un'altra persona molto
interessante: Nikolaeva, la sorella dell'assassino di
Kirov), abbiamo cominciato a pensare che mi avreb-
bero rilasciato. Generalmente comunicavano l'accusa
entro il termine di due settimane. Ma proprio quella
notte sono venuti a prendermi.

i hanno accompagnata per i lunghi corridoi
deserti, mi hanno fatta entrare in una specie di arma-
dio girevole che dava su una stanza piena di militari.
Passando attraverso un'altra porta siamo entrati in
una camera tappezzata di panno grigio insonoriz-
zante.

lla scrivania stava seduto un uomo di circa qua-
rantacinque anni, bello, con capelli scuri, che portava
una camicia di stile caucasico. Era il ministro [della
Sicurezza dello Stato] Abakumov. Solo pi tardi ho
saputo di chi si trattava.

bakumov entr subito nel vivo, chiedendomi
se Boris era antisovietico. Sulla scrivania erano posati
tutti i libri di Pasternk requisiti in casa mia. Tra le
poche domande che mi furono rivolte ce ne era una
significativa che riguardava il Dottor Zivago. Mi chie-
se: "Ditemi, per favore, quale romanzo antisovietico
sta diffondendo Pasternk in giro per Mosca e col
vostro aiuto?".

isposi che non c'era nulla di eretico nel raccon-
to, che secondo me era un'opera lirica. Abakumov mi
rispose: "Avremo tempo per parlarne".

l giorno dopo fui accompagnata da uno dei
giudici istruttori che mi chiese di raccontargli i primi

capitoli.

i trattavano in maniera umana. Il magistrato
che doveva passare con me un certo numero di ore le
impiegava recitando poesie. Ma ho vissuto anche
momenti atroci, quando mi hanno condotta nel cor-
ridoio col pretesto di un appuntamento, e poi nella
camera mortuaria perch volevano mettermi paura.

n seguito mi hanno trasferita a Pocmark: era un
Lager. Boris mi scriveva fingendo di essere mia ma-
dre, ma riconoscevo la sua grafia. Mi hanno conse-
gnato anche una sua lettera che conteneva molti ver-
S; oggi fanno parte del patrimonio letterario na-

zionale.

on avevano ancora un'opinione ben definita
su Pasternk e non sapevano come comportarsi con
lui. Boris intanto continuava a scrivere delle suppli-
che al ministero, li pregava di prendere lui, e di
liberare me, perch aveva gi intuito il motivo per
cui ero stata arrestata.

robabilmente il giudice istruttore doveva far
passare il tempo. Allora alla Lubjanka andavano di
moda gli interrogatori notturni. Erano conversazioni
interminabili e io dovevo riassumere il contenuto del
romanzo. Non erano mai soddisfatti delle mie ri-
sposte.

ono arrivata in prigione in un periodo molto
delicato per una donna: ero incinta. E per questo mi
davano un cibo speciale, migliore. C' stato un mo-
mento terribile quando mi hanno comunicato che mi
avrebbero accompagnata a un confronto con Paster-
nk che, secondo loro, aveva confessato di essere un
informatore degli inglesi.

ager e prigione sono brutti in modo diverso. In
carcere ci che pesa di pi l'attesa. Quando uno sa
di essere innocente aspetta di essere liberato. Invece
i tre del Consiglio speciale mi hanno condannato a

.

cinque anm perch ero amica Cl persone sospettate Cl
spionaggio. Fui pervasa da un sentimento di tristezza
senza speranza.

a senz'altro nel Lager si stava meglio, si respi-
rava e si poteva uscire nel cortile a veder crescere
l'erba. In prigione per un anno intero non ho visto
altro che muri, ho perso il mio bambino, il nostro
bambino, ho vissuto le notti interminabili degli in-
terrogatori.

oris Leonidovic aveva la sua linea di condotta:
aiutare tutti quelli che avevano bisogno. Diceva che
gli era pi facile essere generoso e gentile che non
esserlo; "Quindi" spiegava "lo faccio per egoismo."

era un numero enorme di gente che gli scrive-
va per chiedere aiuto e lui non lo rifiutava a nessuno.
Tutti i soldi che si potevano sottrarre alla famiglia
venivano spesi per aiutare la gente caduta in disgra-
zia. I miei figli e i miei genitori sono sopravvissuti
solo grazie a lui. Rispondeva a ogni richiesta di aiuto.

era, per esempio, uno scrittore molto valido,
Bogatyrev. E stato assassinato dal Kgb. Ora posso
dirlo: prima non avrei osato. Era figlio di un suo
amico. Senza temere le conseguenze, Pasternk spe-
diva a Bogatyrev i libri appena usciti, lo aiutava fi-
nanziariamente. C' chi ha potuto restare in vita
grazie al suo intervento.

osso raccontarvi l'episodio che leg Pasternk
a Bucharin. Durante il primo congresso degli scritto-
ri, Bucharin - era una persona molto colta - defin
la poesia di Pasternk unica nel suo genere. Bucharin
era incaricato ufficialmente di leggere la relazione
che riguardava la letteratura (era ancora vivo Maksim
Gor kiJ).

isse che era vergognoso leggere le poesie di
Surkov e del suoi accoliti che scrivevano su ordina-
zione, mentre esistevano quelle di Boris Leonidovic
che erano meravigliosamente raffinate. Rispondeva-
no al suo gusto e lui lo fece sapere. Boris Leonidovic
gli fu riconoscente.

uando cadde in disgrazia, Pasternk non pot
non esprimergli tutta la sua simpatia. Disse che non
credeva che avesse tradito.

anche vero che Boris Leonidovic ha scritto
liriche dove le figure di Lenin e di Stalin vengono
conslderate come vere e proprie epoche, e non come
semplici creature umane. Le sue parole di lode erano
sincere. Non sapeva ancora chi era quello che stava
seduto al Cremlino. Molti, d'altronde, hanno subito
il fascino di Stalin.

oi, quando cominciata l'ondata degli arresti
di notte, quando per le strade passavano e ripassavano
i "corvi", i furgoncini della polizia, quando la gente
Si sentiva sollevata per aver a scampata, senza per
sapere cosa sarebbe successo l'indomani, Boris Leoni-
dovic voleva parlare col capo, spiegargli quali crimi-
ni pazzeschi Si compivano in suo nome. Questa as-
surdit del suo comportamento comprensibile per
chi lo conosceva bene.

roprio in questo periodo successo un fatto
straordinario: Stalin gli ha telefonato. Circolano
parecchie versioni di questa conversazione perch
Pasternk l'ha riferita a parecchia gente, a me, al-
l'Achmatova, e probabilmente con accenti diversi.

talin lo chiam per chiedere che opinione aves-
se di Mandel'stam. Boris Leonidovic gli rispose che
Mandel'stam era certamente un maestro, un ottimo
poeta. Non voleva per limitare la conversazione a
questo unico argomento, voleva parlare a Stalin del-
l'ingiustizia; gli propose di scambiare due parole sul-
la vita e sulla morte.

er tutta risposta Stalin gli rimprover di non
aver saputo difendere un suo compagno, un amico.
Butt gi il ricevitore.

asternk ci rimase malissimo, continuava a
rimproverarsi per essersi comportato in modo sba-
gliato. Tent di richiamare Stalin, ma la comunica-
zione gli fu negata.

oi vennero i tempi di Chruscev che ha permes-
so che si scatenasse una campagna denigratoria nei
confronti di Pasternk perch "Dio mio, che orrore,
ha consegnato il suo romanzo agli italiani".

al punto di vista della nostra psicologia di
schiavi era incomprensibile che uno scrittore potesse
desiderare di essere letto da tutti senza avere altri
scopi reconditi.

apendo che ero vicina a Pasternk, hanno co-
minciato a chiamarmi e a chiedermi di recuperare il

manoscritto.

ominciai a scrivere a Giangiacomo Feltrinelli
che decise, per, di stamparlo perch non credeva
che in Unione sovietica l'avrebbero pubblicato. E
aveva ragione.

asternk mi chiamava il suo braccio destro per-
ch mi occupavo della corrispondenza e di tutte le
altre cose pratiche per lasciarlo libero di lavorare, di
tradurre. Lo spiavano, lo perseguitavano, lo chiama-
vano giuda, mascalzone.

o conservavo tutte le lettere che Pasternk rice-
veva dall'estero, per esempio da Steinbeck, da Nehru,
da Hemingway che gli offrivano asilo. Avevo anche il
manoscritto del Dottor Zivago che Pasternk ha scritto
per me. C' un capitolo che non fu mai pubblicato,
perch il manoscritto non mi stato mai restituito
- La Lubjanka era cambiata?

rima, durante gli interrogatori, dalle altre stan-
ze Si sentiva urlare, la gente veniva picchiata. Allora
non era pi cos. Il mio processo doveva essere pub-
blico, ma nessuno ha potuto assistervi.

osa si pu dire di me e del Dottor Zivago ? Pa-
sternk diceva che la Lara della sua vecchiaia era
Ol'ga Ivinskaja, conosciuta nel 1946 ed entrata nella
sua esistenza con tutta la sua forza vitale e tutto il suo
amore. Tutti, parlando di Lara, si riferivano a me. I
personaggi letterari non sono mai dei calchi, ma un
insieme di tante persone. Lara l'amore di Zivago
con il quale Pasternk si identificava, che accompa-
gna il personaggio attraverso i momenti pi difficili
della sua esistenza. Anche se non sono esattamente
io, lui desiderava che lo fossi.
L'ntelligencijarussa da sempre contraria al

dispotismo, per la libert di pensiero: lottano, nel-
l'epoca di Stalin, scienziati come il fisico Lev Landau,
che ha condotto ricerche fondamentali sulla teoria
dei solidi ed considerato l'erede di Einstein. A quat-
tordici anni entra all'universit, a diciotto si laurea, a
ventiquattro titolare di cattedra a Char'kov.

Parla perfettamente francese, inglese, tedesco e
danese. Ha parecchi guai con la Gpu. Rimane vittima
di un pauroso incidente d'auto quando, confida,
acevo collezione di premi scientifici e di donne.
Per quattro volte lo riportano in vita.

Il genetista Vaslov fa l'esperienza dei campi di
lavoro, per concludere l'esistenza in carcere. Ma sono
gli scrittori che pagano il prezzo pi alto alle esigen-
ze del regime e alla teoria del realismo socialista, che
lascia stretti spazi alla creativit.

Il poeta Aleksandr Blok, dopo un breve entusia-
smo per la Guardia rossa, muore per anemia da denu-

trizione.

Sergej Aleksandrovic Esenin chiude una vita dis-
soluta con la nostalgia del suo villaggio contadino,
perch non sa reggere alla delusione e all'amarezza.

Marina Cvetaeva ha voluto ritornare in patria.
Non regge il peso dell'emigrazione, e nel 1939 lascia
Parigi per Mosca. Il marito e il figlio l'hanno prece-
duta. Vengono arrestati, spariscono. Lei rimane sola,

smarrita.

Una domenica d'estate del 1941, mentre i tede-
schi avanzano, si impicca nella camera che ha affitta-
to nella casetta di due pensionati, a Elabuga, una
piccola citt tartara sul fiume Kama. Il marito mor-
to in prigione, il figlio combattendo.

Nessuno sa dove stata sepolta. Sotto un pino c'
una croce di metallo e una scritta: n questa parte del
cimitero riposa Marina Cvetaeva 1892-1941. Pa-
sternk le dedica una poesia: el silenzio della tua
dipartita c' un rimprovero non detto.

Boris Pil'njak non sa niente di politica, ma ha
scritto una storia, Racconto della luna non spenta, che
sembra ispirato dalla morte di Michail Frunze, il
comandante che sconfisse Kolcak e Vrangel': Stalin
convoca il comandante dell'Armata rossa, e gli ordi-
na di sottoporsi a una operazione di ulcera. Il cloro-
formio lo addormenta per sempre. C' chi parla di
veleno.

Accusano Pil'njak di essere una spia del Giappo-
ne, di vedere la rivoluzione solo da un punto di vista
formale, e nel 1940 o nel 1941 - le date in queste
vicende sono quasi sempre incerte - lo fucilano. Per
salvarsi, ha tentato anche di riparare con un romanzo
conformlsta: ma non basta.

Lenin non sopporta l'enfasi e non apprezza
MaJakovskij, lo considera n buffone dice: on
riesco a capire questo sconfinato amore definisce la
sua poesia n tara-bum-bum Stalin lo proclama
l pi grande poeta dell'ra sovietica.

E stato il antore dell'Ottobre milioni di copie
delle sue opere, in pi di cinquanta lingue, circolano
m Unione sovietica. C' chi ricorda ancora la sua
voce rombante, i suoi abiti vistosi, il suo gusto per la
provocazione: a Guardia bianca stata consegnata
al plotone di esecuzione, perch non dargli anche
Puskin?. Gridava: l comunismo trionfer perch
la giovinezza del mondo ma una sua poesia dice:

Anch'io sono stufo
dell'agit-prop.
Anch'io potrei comporre ballate su di te
pi piacevole e rende di pi
ma mi sono costretto
puntando il piede sulla gola del mio stesso canto.

Quel tempo ritorna. Lili Brik, la vecchia signora,
parla con distacco: sono storie tanto lontane. E un
pomeriggio d'inverno, e il vento spazza le strade di
Mosca. La calma luce del paralume illumina i qua-
dri di Pirosmanasvili: montagne aspre della Geor-
gia, piccoli uomini neri, isbe e mercati. ladimir dice nato laggi: suo padre era una guardia fore-
stale.
Nel samovar d'argento bolle il t, e noi parliamo
di Pietroburgo, dello zar e di Lenin, di una giovane
donna di nome Lili, e di un giovane poeta, Vladimir
Majakovskij.

Sfoglia un pacco di lettere, uno scialle le copre le
spalle, e nella sua voce non c' malinconia.

uardispiega uesti disegni: lui si firmava
"Cucciolo" e mi chiamava "Gatto".Legge: ara,
amata, brutalmente dolce Lilina, prima di tutto al
mondo desidero venire da te. Ti amo, mio piccolo e
caldo sole. ia cara, incantevole e meravigliosa
Lilina, non ci pu essere nulla di cos penoso come
una giornata senza di te. Non dimenticarmi: se non
mi scrivi diventer matto.
E poi: cara Lilik, cara Licika, cara Lisik, cara Li-
siok, cara Liliocek: un'orgia di diminutivi.

uando vidi per la prima volta Vladimir Vladi-
mirovic,racconta vevo ventitr anni, e lui venti-
due. Era amico di Elsa Triolet, mia sorella. Apparve
in un bosco: portava una blusa gialla, una berretta da
proletario e un fazzoletto rosso intorno al collo. En-
tr nella nostra dacia e grid: "Elsa, vieni a passeggia-
re" e io andai con loro. Vladimir Vladimirovic cam-
minava tra le betulle e leggeva dei versi, e alla fine mi
domand: "Posso dedicarvi questo poema?", e io ca-
pii subito che lo amavo.

a ero sposata con Osip Maksimovic Brik, il
suo compagno pi devoto. Osip Maksimovic lo ave-
vo conosciuto da bambina, al ginnasio. Mi incantava-
no la sua intelligenza, il suo entusiasmo. Un amore
da adolescente. Gli dissi che Majakovskij e io ci vole-
vamo bene, e lui comprese. Tutti e tre decidemmo di
non lasciarci mai, di rimanere insieme anche nel
tempo. "Non posso permettermi di essere geloso"
diceva Vladimir Vladimirovic.

o so, non facile accettare questo discorso, ma
era un legame molto puro, e fu cos che noi vivemmo
la nostra vita spiritualmente uniti, e anche nella stes-
sa casa. Quanti fatti sono accaduti da allora, che or-
mai sembrano dimenticati: gente, avvenimenti, cir-
costanze. Molti sono scomparsi, e io ho vissuto.
Cerca un album: lei con quegli occhi vivi, che
anche adesso conservano l'antico bagliore, il volto
perfetto, la camicetta che lascia intravedere le spalle;
lui con la sigaretta fra le labbra, chiuso, sdegnato, e
gli amici Mejerchol'd, Babel', Sostakovic, Pasternk.

Boris Pasternk incontr Majakovskij in un caff
dell'Arbat, il quartiere dei personaggi di Tolstoj, con
le case di legno e le palazzine barocche. Era appena
scoppiata la guerra, e cos lo descrive: avanti a me
sedeva un bel giovanotto dall'aria cupa, con una voce
grave, da protodiacono, e con un pugno da pugile,
micidiale nella sua arguzia, una via di mezzo fra un
eroe mitico di Aleksandr Grin e un torero spagnolo.

e non avesse esasperato tuttospiega Lili Brik
on sarebbe stato un poeta. Sentiva e viveva con
forza iperbolica: amore, devozione, amicizia. Non si
apriva facilmente, ma era calmo e tenero. Era infeli-
ce. Solo nei primi anni della rivoluzione visse con
furore e lietamente, ma non sapeva accettare il decli-
no, non sapeva rassegnarsi all'idea che la giovinezza
un attimo, e che il futuro spesso mediocre.

er quindici anni gli sono stata vicina, pi vicina
di tutti. Io l'ho in mente nei giorni dello splendore,
quando declamava i suoi versi ermetici nei cabaret e
scandalizzava i benpensanti. "Come deliziosa la
coscia arrostita di una ragazza" urlava, e alla "Stalla
di Pegso", Budennyj, il duro comandante dell'Ar-

mata a cavallo, piangeva ascoltando una ballata di
Esenin su un piccolo puledro che voleva fare la corsa
con una potente locomotiva.

'erano le battaglie per un'arte nuova, c'era la
fame, la Kollontaj predicava che l'amore andava pre-
so come un bicchiere d'acqua, Vladimir Vladimiro-
vic scriveva copioni per il circo e sceneggiature cine-
matografiche, recitava anche davanti alla macchina
da presa, e anch'io accanto a lui, dipingeva manifesti
per il partito, componeva rime per annunci commer-
ciali, ranci pi di tremila slogan, parlava di tutto: del
sapone che scarseggiava, del prezzo del grano, della
Cassa di risparmio sovietica; prendeva in giro Pil-
sudski, Lloyd George, Clemenceau, il capitalismo
americano, la mediocrit dei tedeschi, la grettezza
francese, sognava un'altra umanit, migliore. "Noi
siamo" dice un suo verso "coloro che la notte tisica
ha vomitato." Si faceva anche molti nemici e pativa
molte amarezze. "In ogni goccia di lacrima che scor-
re" ha scritto "ho crocifisso me stesso."

giovani lo adoravano, ma aveva tanti avversari:
alcuni trovavano che la sua poesia era troppo diffici-
le, e non poteva essere capita dai colcosiani e dagli
operai metallurgici, e c'erano poi i conservatori che
non accettavano quell'innovatore aggressivo.
on comprendevo il suo zelo propagandistico, scrive Pasternk 'integrazione forzata di se stesso
nella coscienza sociale, la mania associativa, la sotto-
missione alle esigenze dell'attualit.
Majakovskij, intanto, viveva la sua incomparabile
avventura nella Russia anarchica del 1920, degli
scrittori socialisti e degli operai d'assalto, quando la
satira era ancora ammessa, e l'epica dell'Ottobre Ros-
so ispirava gli spettacoli e i libri, e manteneva viva la
speranza.

Dal 1915, da uella giornata pi radiosa di tutte
le datein cui l'aveva incontrata sotto gli alberi di

Lubjanka

Pietroburgo, Lili Jur'evna Brik era diventata la sua
donna. Non ci fu mai per Vladimir passione pi
grande, e l'immagine di Lili ella, leggera, femmi-
nile, CapriCciosa, futile, incostante, amorosa e intelli-
gente- come la presenta un testimone di quei mo-
menti di lotta e di gloria - lo accompagner fino
all'ultimo. C'erano stati altri incontri prima, e altri
ce ne saranno in seguito, perch - come dice Claude
Frioux - Majakovskij fu n ragazzo terribile del-
1 amore.

C'era stata, ad esempio, la studentessa di buona
famiglia conosciuta a Odessa, ma che non poteva
accettare quel temperamento tumultuoso e incostan-
te; c'era stata Tat'jana che era fuggita all'estero e che
non rispondeva ai suoi appelli disperati, e gli aveva
anzi preferlto un nobile della Mitteleuropa e poi un
fabbricante di cappelli americano; venne per ultima
Veronika Polonskaja, attrice di Stanislavskij e dello
schermo, splendida e forte, ma anche lei legata a un
altro uomo che non ha il coraggio di lasciare per
sempre, come Vladimir vorrebbe, come Vladimir la
implora. E a lei che, alla vigilia del suicidio, indirizza
una lettera di addio.

Ma Lili Brik che influenza la sua opera e lascia
un segno profondo nella sua breve esistenza; Lili
che gli fa sentire, durante le separazioni, un vuoto
che non riesce a colmare.

na volta, quando venivo scacciato da te,le
scrive dopo uno dei tanti contrasti vevo fiducia in
un nuovo incontro. Ora sento che sono stato com-
pletamente staccato dalla vita, che non ci sar mai pi
nulla. Non c' domani senza di te. Questo lo dicevo
e lo sapevo da sempre. Tutto ci a cui pensavo con
piacere ora ripugnante. Ma non minaccio, e non
imploro il perdono. Nulla, e non faccio nulla contro
di me. Ho troppa paura per mamma e Ljudmila.
Sono seduto in un caff e piango. Le cameriere rido-

no di me. Mi sgomenta pensare che tutta la mia vita
futura sar cos.
Vladimir Majakovskij ormai isolato, stanco, i
nervi non lo sorreggono, la polemica lo estenua, la
sua vicenda personale gonfia di tristezza.

Ha davanti agli occhi Esenin, impiccato a una
tenda in una stanza di albergo; anche lui ha gi tenta-
to due volte di farla finita. Una volta la pallottola
non partita, una volta Gor'kij gli ha strappato la
rivoltella di mano.

arlava sempre di suicidioracconta Lili Brik.
veva paura di invecchiare. Il sentimento della ca-
ducit pu spingere uno a usare violenza a se stesso.
Ma ha conservato per trentasei anni la sua giovinez-
za, non diventato un piccolo borghese, non ha
avuto paura di niente. Temeva di diventare troppo
ragionevole, non voleva lasciarsi andare alla banalit,
alla rassegnazione quotidiana. Vladimir non ha do-
vuto affrontare neppure il peggio.
Colui che aveva scritto un giorno a Lilina: utte
le donne mi amano, tutti gli uomini mi stimanonon
sa vincere la sua solitudine. Gli sono contro, come
dismio.dip
ce Elsa Triolet, reazionari, i settari e gli invi-
dlosi.

Li disprezza e dice a un critico che lo infastidisce,
con tono insolente: i vada a cercare le sigarette
ma poi si lamenta: oglio essere capito dalla mia
terra.

Il 14 aprile 1930 una tiepida mattina di prima-
vera, Vladimir Majakovskij si chiude nella camera
che ha affittato, al terzo piano di un grigio edificio di
passaggio Lubianskij. Una stanza, un divano, poche
cose, in un appartamento abitato da altra gente. Lili
lontana, a Berlino. Scrive ancora una lettera: ha
ormai deciso di asciarsi imbiancare le guance dal
gesso mortale. Aspetta una visita: Veronika Polon-
skaja, l'ultima donna, l'ultimo amore. Lei ha ventun
anni, bellissima, gli vuol bene. Lo incontra e con-
fessa: i piacemmo subito moltissimo.

Lui va a prenderla con l'automobile, fanno pas-
seggiate insieme, vanno al ristorante, al cinema, e
ogni giorno lei corre a trovarlo nel suo studio, dove
c' sempre champagne, frutta, caramelle, mentre
fuori imperversa la carestia.

Con tutto questo Majakovskij, che pu fare lun-
ghi viaggi all'estero, a Parigi e a Berlino, dice che
non apprezza comfort e le comodit pi o meno
banali.

Veronika si sposata a diciassette anni con l'atto-
reJansin - che pare non sospetti nulla, neanche dopo
un aborto -, ma conquistata da quel poeta schifilto-
so, ipocondriaco, che non si appoggia mai a una
barriera, che non tocca mai una maniglia se non la
copre col fazzoletto, perch teme il contagio, e ha
paura del raffreddore, e che la costringe a mentire,
senza mai affrontare un discorso sul loro futuro Ma
Vladimir un mito, ed capace anche di insospetta-
bili tenerezze. L'hanno avvertita: tremendo, rozzo,
cinico, eppista e mascalzone con le donne in-
vece lei lo scopre romantico. Un giorno le dice-
isogner scrivere l'amoree la chiama Nora, Nor
doska, ma lei ha soggezione, rispetto: e si danno del

VOl.

Vladimir Majakovskij sta vivendo un momento
difficile: alla inaugurazione di una sua mostra non c'
neppure uno scrittore; i suoi rapporti con la Rapp
(Associazione degli scrittori proletari) sono pessimi;
la rappresentazione di un lavoro teatrale, It bagno,
non suscita alcuna eco: si sente oppresso da una soli-
tudine spirituale che non riesce a combattere. Qual-
cuno ha detto: on si accorgeva delle rose, andava
a cercare le spine.

Veronika Polonskaja ha scritto, otto anni dopo, il
diario dell ultimo incontro di quel mattino fatale:

i venne vicino, mi baci, calmissimo, e mi disse
con molta dolcezza: "Bambina, vai da sola. Stai tran-
quilla per me. Ti telefoner. Hai i soldi per il taxi?".

i dette venti rubli. Uscii, feci qualche passo
verso la porta d'ingresso. Echeggi uno sparo. Vladi-
mir Vladimirovic giaceva sul tappeto con le braccia
allargate. Sul petto aveva una minuscola macchia di
sangue. Gli occhi erano aperti, mi fissava diritto in
volto, sforzandosi di sollevare la testa. Sembrava vo-
lesse dire qualcosa, ma era gi senza vita.

Nessuno sa cosa passa nella mente di una creatura
che si sente estranea a tutti, che ha perso ogni interes-
se e rotto ogni legame.

Sulla scrivania c' un foglio dalla grafia disordi-
nata che raccoglie i suoi ultimi pensieri: tutti.
Non incolpate nessuno della mia morte e, per favore,
non fate chiacchiere. Il defunto non poteva sopporta-
re il pettegolezzo. Mamma, sorelle e amici, perdona-
te: non il sistema (agli altri non lo consiglio), ma
non ho via di uscita. Lilina: amami. Compagno go-
verno, la mia famiglia Lili Brik, la mamma, le
sorelle, e Veronika Vitol'dovna Polonskaja. Se darai
loro una vita sopportabile, grazie. Come si suol dire,
"l'incidente chiuso", la barca dell'amore si infran-
ta sulla riva della vita. Con la vita sono alla pari, e
inutile l'elenco dei dolori reciproci, delle pene e
delle offese. Buona permanenza. Poi, un'ultima no-
ta: el cassetto ho duemila rubli. Pagate le tasse.

Dice Pasternk: econdo la mia impressione,
Majakovskij si sparato per orgoglio, per aver con-
dannato qualcosa in s o intorno a s, qualcosa con
cui il suo amor proprio non poteva conciliarsi. Lo
hanno imposto come le patate al tempo di Caterina.
E questa fu la sua seconda morte. Ma di questo egli
non ha colpa.

Majakovskij l'agitatore, l bardo della ribellio-
ne il capo popolo, non aveva neppure la tessera del
partito. vrebbe dovuto far balenare davanti agli
occhi della gente, avvilita dalla durezza dei tempi, dice Veronika a visione di un futuro radioso.Non
lo fece.

Nel 1985, la signora Polonskaja, ai grandi oc-
chi verdie dal portamento che ancora testimoniava
na antica, sfo-gorante bellezza ha rievocato col
giornalista italiano Ferdinando Mezzetti quella lon-
tana passione, e si anche chiesta quale destino gli
sarebbe toccato, senza quel gesto: ra un sincero
poeta della rivoluzione e accettava il sistema sovieti-
co, sicuro e franco nei suoi rapporti col potere. Ma,
certo, vedeva che ci che gli stava attorno non era
quello che aveva sperato. Non ne parlava, ma era
troppo intelligente, non poteva non vederlo. Forse
sarebbe finito in un Lager, come vi finirono tanti
altri. Ma il suicidio era quasi un evento segnato in lui.
Era un uomo che si affidava al destino, un giocatore.

Della casa dove visse con Lili e con Osip Maksi-
movic Brik, alla Taganka, hanno fatto un museo. Ci
sono i suoi manifesti, un disco gracchiante ripete la
sua voce potente, il sof di pelle nera rimasto al suo
posto, la tavola attorno a cui si raccoglievano gli
amici apparecchiata con le tazze del caff e la teiera
elettrica. Il telefono a cornetta sempre quello, col
numero che Mejerchol'd e Pasternk e Babel' chia-
marono tante volte: 2-35-79. All'attaccapanni ap-
pesa la sua giacca foderata d'agnello e un cappellac-
cio gualcito. Fra i libri, l'ultimo che lesse. E di
Cernysevskij, e s'intitola Che fare?.

Nella storia di Lili ci sono stati poi altri nomi: un
ufficiale scomparso nelle urghedel 1937, uno
sceneggiatore cinematografico, Vasilij Katanjan,
l'ultimo marito, col quale ha convissuto fino alla
morte e che stato il pi attento e minuzioso biogra-
fo di Majakovskij: ancora un trio, ma ideale.

Osip Brik se ne andato nel 1945, e una signora
gli ha fatto compagnia al tramonto. Veronika Po-
lonskaja si risposata e ha avuto tre figli. Tat'jana
Jakovleva, l'altra donna citata nel testamento, diven-
t la moglie di Alexandre Liberman, direttore edito-
riale del gruppo Vogue. Quando lo conobbe, era
l'indossatrice preferita di Coco Chanel. Majakovskij
voleva raggiungerla a Parigi: ma non lo lasciarono
andare. Lili Brik, ffesigente e dispotica capiva che
stava per perderlo; che forse non sarebbe tornato.
Aveva buone conoscenze nella polizia, e fece in mo-
do che non gli venisse concesso il visto di uscita.

Non dimenticher mai Ol'ga Berggol'c, i suoi
occhi rossi di pianto, la faccia esangue. Non firm
una denuncia e fu perseguitata. Aveva scritto dei ver-
si e un libro di memorie, forse per ritrovarsi, per-
ch i ricordi l'aiutassero a vivere. Ogni pomeriggio
Ol'ga Berggol'c assorta, barcollante, si aggrappava al
braccio di un amico per chiedere attenzione, per reg-
gersi. Quando le sembrava di affogare nella tristezza,
cercava un po' di forza nella bottiglia del cognac.

Mentre imperversava il ffculto della personalit dovette affrontare un interrogatorio che si protrasse
per lunghe ore; e in carcere partor un bimbo morto.
Al colmo della disperazione, la ritrovarono mentre
trangugiava una bottiglia di vodka in una bettola.
Dice un proverbio russo: ffI piccoli ruscelli fanno i
grandi fiumi, e i piccoli bicchieri i grandi alcoliz-

zati.

Nella sua storia c'erano gli anni favolosi della
rivoluzione e quelli terribili dell'assalto nazista: i
giorni bui del sospetto e quelli riscaldati dalla speran-
za. Era la vicenda di una ragazza borghese convertita
al marxismo. ffEdificavo la societ nuovaraccontava
ffe non credevo pi in Dio.
Durante l'assedio di Leningrado parlava alla ra-
dio, per rincuorare la gente e i soldati. Si teneva in
piedi con una fetta di pane e un bicchiere di acqua
calda. Un giorno aiut una donna che trascinava una
slitta sulla neve: sopra c'era un bambino morto. Lo
seppellirono insieme scavando la terra dura e ghiac-
ciata.

Sui muri sbiadiva il paradossale manifesto di una
commedia musicale, l'ultimo spettacolo prima delle
cannonate. Il titolo: Anton Ivanovic in collera. Fra le
macerie era rimasto in piedi qualche edificio; si mori-
va di fame, ma si tenevano ancora i concerti.

La marxista Ol'ga Berggol'c aveva perduto tutto,
l'uomo che amava e i figli, ma non il coraggio, il
senso del dovere e della giustizia. Rimprovera il pa-
dre medico che, in uno scantinato, accende la cande-
la: ffBabbo, perch consumi la luce dello Stato?
Sul lago ghiacciato passavano colonne di autocar-
ri che trasportavano farina e carne, e ripartivano por-
tando via vecchi, donne e bambini. Ol'ga Berggol'c
rimase al suo posto; qui, nei canali di Leningrado,
nelle foreste che circondano la citt, sono sepolti
coloro che am e anche le sue illusioni. Sul tavolino
teneva una raccolta di versi. Due erano segnati col
lapis: iovinezza mia! Non ti richiamo indietro. /
Tu eri per me un carico e un fardello.

I dati li ha forniti il Kgb: nel periodo che va dal
1930 al 1953 sono state condannate egalmente 3.778.234 persone, delle quali 786.098 hanno dovu-
to affrontare il plotone di esecuzione. Pi o meno,
quattro milioni di innocenti, ma queste cifre non
contengono tutta la verit.

Tra loro molti intellettuali con mogli, figli, pa-
renti anche lontani, e conoscenti vari.

Nello stesso tempo quasi duemila letterati hanno
ricevuto una visita degli agenti della polizia segreta:
millecinquecento sono finiti nei Lager, o in carcere,
per non pi ritornare, centocinquanta risultano di-

spersi.

L'atmosfera che si respira soffocante: scrive Ese-
nin: orire non nuovo sotto il sole, ma pi nuovo
non nemmeno vivere e Blok lamenta: utti i
suoni si sono interrotti, non c' pi nessun suono e
Majakovskij ha ormai preso la decisione fatale: o
non ho altra scelta, non c' niente da fare, davvero.

Volevo parlare con qualcuno di allora, un testi-
mone o un superstite. Non ci si arriva coi ministeri,
o con l'Agenzia Novosti; non ci sono intermediari
fficiali una amica mi ha aiutato. E una casa di
legno, costruita negli anni della Nep (Novaja ekono-
miceskaja politika), la Nuova politica economica di
Lenin. Attorno c' qualche albero giallo, e la terra
umida odora di foglie marce.

Isaak Babel' abitava qui; penso che una giornata
come questa gli sarebbe piaciuta. Gli avrebbe ricorda-
to, forse, l'infanzia a Odessa, le corse degli scolari
lungo le strade tortuose, i piccoli mercanti ebrei ad-
dormentati nell'ultimo sole. O l'autunno nei villaggi
della Polonia, coi folli cosacchi di Budennyj e le
vicende crudeli dei suoi racconti dell'Armata a caval-
lo; storie di guerrieri e di donne, i morti abbandonati
nelle stoppie, i mattini gocciolanti e il cielo rosso del
tramonto, gli spari tra gli stucchi dei palazzi, o al-
l'ombra delle betulle, gli amori osceni nelle osterie
fumose, o nelle chiese abbandonate, sotto gli sguardi
smarriti di madonne bizantine, i massacri delle trup-
pe e le tenerezze dei combattenti. on pu fare a
meno di spararediceva Babel, erch essa la rivo-
luzione.
Antonina Nikolaevna Pirozkova ha gli occhi gri-
gi e il sorriso mesto; era ingegnere, capo costruttore
della Metropolitana, ha insegnato anche all'universi-
t ed la vedova di Isaak Emmanuilovic Babel'.

Stiamo sfogliando un pacco di fotografie; ecco
Isaak ragazzo, vestito da collegiale, accanto al padre,
che ha l'aria severa dei vecchi rabbini; eccolo sotto un
albero, vicino ad Antonina: lui calvo, con gli oc-
chiali, ha un po' di pancia, ride; lei sottile, graziosa,
e tiene Lidija, la bambina, tra le braccia. ra gentile
e umanodice la signora.

Un'altra immagine lo ritrae con in testa la berret-
ta degli operai: seduto su una panchina, guarda assor-
to davanti a s; sul retro ha scritto una breve frase,
che la sua confessione: n lotta con me stesso,
passo tutta la vita.

Ascolto le parole di Antonina Nikolaevna, che
mi narra la vicenda misteriosa dello scrittore che
seppe evocare, col ritmo delle antiche ballate, l'epo-
pea dei soldati di Lenin che lottavano contro il prin-
cipe Radziwill e contro il pope, contro gli strozzini
e i signori di campagna, e uccidevano, e violentava-
no, e ricevevano in premio vodka e l'Ordine della
Bandiera rossa, e piangevano per il compagno caduto
e per il cavallo morto: perch, alla fine, li uomini
sono buoni,come dice una sgualdrina in una pagi-
na di Babel' a gli hanno fatto credere che sono
cattivi.

Nella breve storia di Isaak Babel' - il reatore
del romanticismo rivoluzionario come lo chiam
Gor'kij; l'autore di n'opera volgare e diffamato-
ria come lo defin il suo comandante, il grosso
Budennyj, carico di baffi e di medaglie, un allegrone
che scherzava e fucilava - ci sono state tre donne, e
Antonina Nikolaevna l'ultima, la Pi giovane,
quella che lo vide uscire da questa casa di legno dove
non mai pi ritornato.

Guardo la stanza, il letto nell'angolo, il pianofor-
te, l'armadio d'abete, il quadro che rappresenta il
tenero bosco verde, le doppie finestre che proteggo-
no dal gelo; poi gli occhi lucidi di Antonina Niko-
laevna che, mentre parla, si riempiono di lacrime.

Lo conobbe a una cena, nella lontana estate del
1932; arriv in ritardo, perch era stato al Cremlino
a chiedere una autorizzazione: voleva raggiungere la

famiglia in Francia. Parl di Natasa, la sua bambina
di tre anni: voleva portarla in Russia, perch temeva
che ne facessero una scimmietta.

Dopo qualche giorno, Isaak Emmanuilovic si rif
vivo: la invita a cena, e le promette dei ravioli dolci
alla ciliegia. Ha delle manie, delle curiosit irrefrena-
bili: i interessa terribilmentele confessa l con-
tenuto delle borsette femminili.

Quella di Antonina Nikolaevna contiene anche
una lettera: senza ritegno, se non le cara er qual-
che particolare motivo le chiede di leggerla. E le
promette un rublo per ogni eventuale successiva con-

cessione.

Si rivedono spesso: e lei si lascia conquistare da
quello tranopersonaggio che, ad esempio, non pu
sopportare il mondo dei letterati, mentre ha una vera
passione per quello dei cavalli. ntervenire a una riu-
nione di scrittoridice per me come essere obbliga-
to a degustare del miele mescolato con olio di ricino.
Vanno in giro, a vedere allevamenti, e lui le de-
scrive il carattere delle fattrici, che hanno molti
aspetti umani: quella una isterica, quella una Put-
tana, ma fa puledri di gran classe anche con stalloni
poco buoni. Va alle corse, ma non punta mai. Anche
quando si batte per la rivoluzione vede il mondo
ome un prato di maggio, un prato sul quale passeg-
giano donne e cavalli.

Ha sempre bisogno di soldi, e invidia un po'
Erenburg perch ricco: per l'ennesima volta gli
americani gli han comperato il romanzoJeanne Ney
per farne un film. oconfessa on possiedo soltan-
to una casa, ma neppure un miserabile tavolo.
Nella stanza dove lavora e dorme c' un'ottoma-
na, un armadio, due sedie, un divanetto, una piccola
scrivania, alcuni scaffali per i libri. I taccuini con gli
appunti e i diari li tiene sotto chiave in una scatola di
metallo pesante.

Si racconta quasi per apologhi: qual il suo idea-
le? Risponde alla filosofia di un vecchio cenciaiolo
ebreo: io voglio l'Internazionale della brava gen-
te, voglio che ogni anima sia presa in considerazione,
che Cl venga data una razione alimentare di prima
categoria). E ancora: 'uomo vive per il suo piacere,
per dormire con una donna, per mangiare un buon
gelato in un giorno di caldo.

Come devono essere i rapporti tra i coniugi. C'e-
ra una volta un certo Ivan, che si era appena sposato,
e se ne andava a casa portando sulla serla la giovane
moglie. D un ordine al cavallo, lo avverte: se non mi
dai retta, al tre, vedrai che cosa ti faccio. Conta uno
due, tre, il cavallo non obbedisce e lui lo ammazza.
La sposa rimase cos impressionata che bastava lui
dicesse: no.

Babel' ama burlarsi del prossimo: quando non
vuole essere disturbato, risponde al telefono con voce
femminile. Scherza perfino conJagoda, che incontra
m casa di amici: enrich Grigor'evic, ditemi, co-
me Cl si deve comportare se si capita nelle vostre
grinfie?.

E Jagoda gli risponde allegramente: egare tut-
to, qualsiasi accusa vi muovano, dire no, solo no:
allora noi siamo impotenti.

Vuol conquistare Antonina Nikolaevna: quando
sa che andata a trovare un altro uomo le scrive: a
lama della gelosia si rigirata nel cuore e poi un
invito che quasi un ultimatum: ono superstizio-
so, e voglio assolutamente passare il capodanno con

VOl.

Lei accetta, e diventa sua moglie, e lui, forse ec-
cessivo, un giorno le dice: ono pronto a bere l'ac-
qua con cui vi lavate i piedi.

Ma cosa aveva di particolare Isaak Emmanuilo-
vic? er me tuttodice la vedova. a difficile
parlare di questo. Era colto, sapeva otto lingue, affascinante, argu-
to, una speranza della letteratura russa e, come diceva
Gor'kij, era un fucile carico. Aveva tante idee, tanti
progetti.

ppena lo conobbi, non mi fece nessuna impres-
sione. Ma con Isaak tutto era straordinariamente in-
teressante, cos interessante che i miei giovani amici
con i quali fino ad allora andavo a teatro, al cinema
o a passeggio non reggevano al paragone. E la vita
con lui era meravigliosa. Perch, anzitutto, vi poneva
sempre su di un piedestallo. Lo sapete, ci sono fami-
glie in cui moglie e marito cercano di sminuirsi l'una
l'altro. Con Isaak era molto facile vivere perch gli si
poteva raccontare tutto.
E molto generoso: e mi piace avere certe cose
solo per poterle regalare.

E in quei giorni grami fa dono dell'orologio, del-
la camicia, delle cravatte. Una bont, ricorda Antoni-
na, che confina con la catastrofe.

Ha pochi amici: uno Solomon Michajlovic Mi-
choels, il grande attore del teatro ebraico: Babel' lo
ama molto. Michoels perde la moglie e non riesce a
dimenticarla: allora bacia i suoi vestiti.

Un altro Sergej Ejzenstejn, il regista dell'Alek-
sandr Nevskij: lavora con lui a una sceneggiatura, e
mentre discutono Ejzenstejn disegna continuamente
figure fantastiche di argomento erotico.

Maksim Gor'kij ha molta stima di Babel', ed
colpito dalla sua perspicacia. oi siete una vera spia gli disse ridendo. i ha paura a farvi entrare in casa.
La sua fama arrivata anche oltre i confini del-
l'Unione sovietica, e nel 1935, quando a Parigi orga-
nizzano il congresso in difesa della cultura e della
pace, i francesi chiedono di lui e di Pasternk, che
non fanno parte della delegazione ufficiale.

Pasternk non vorrebbe muoversi, e si lamenta:
dice che malato. e che non crede che problemi cos
importanti si risolvano con le chiacchiere di un con-
vegno.

Babel' ed Erenburg, per aiutarlo, gli preparano
una traccia di discorso, e cercano di convincerlo a
intervenire. Pasternk prende la parola, e con aria
innocente, smarrita, attacca: a poesia... la cercano
dappertutto... e la trovano nell'erba.

Non la lezione di un propagandista e suscita
molto entusiasmo.

Isaak Babel' assai critico del suo lavoro, e va alla
ricerca della semplicit. Ha bisogno di storie da nar-
rare, ha una sfrenata curiosit per la vita e gli uomini
Non si rif a modelli illustri. roustdice un
grande scrittore, per annoia... Chiss che non si
tediasse anche lui a scrivere tutte quelle cose.
Babel' vive di esperienze, di incontri tra la gente:
ascolta e annota. E stato soldato, sul fronte romeno
poi in servizio nella Ceka, ha partecipato alle requisi-
zioni del 1918, e ha combattuto con la I Armata a
cavallo, ha fatto il tipografo a Odessa e il cronista a
Tiflis. Conosce i suoi limiti: ev Nikolaevic Tolstoj
aveva temperamento per narrare ventiquattro ore su
ventiquattro: io so scrivere solo dei cinque minuti
pi interessanti.

Quando Andr Malraux arriva a Mosca, va ad assi-
stere con Babel' e con Antonina Nikolaevna al saggio
ginnico sulla Piazza Rossa, o a mangiare alla trattoria
dei georgiani. ngozzati Andrjuskainsiste Isaak per
prendere in giro quel signore molto alto, elegante, dai
grandi occhi sempre seri, come lo ricorda Antonina,
che dice: ssere scrittore non una professione.

E quando Antonina gli chiede cosa lo ha colpito
di Mosca, risponde ironico: n peu trop de mtro
Arriva anche Lion Feuchtwanger, tutt'altro tipo
basso, capelli rossi, che respira quella strana atmosfe-
ra; e, quando parla dell'Urss e di Stalin, si lascia
sfuggire olte amare verit.
Accadono fatti che impressionano e allarmano Ba-
bel'. Incontra Erenburg di ritorno dalla Spagna, ed
triste ed angosciato: gli racconta di orfanotrofi dove
finiscono i bambini di genitori vivi. Scrive ad Antoni-
na: ggi ho saputo della morte di F. Che orrore!.

Era un compagno della rivoluzione, Veniamin
Furer; famoso perch si era battuto per migliorare la
condizione dei minatori, protetto da Kaganovic, e
all'improvviso si ucciso, provocando anche lo sde-
gno di Stalin: n ragazzino! Si sparato senza dire
una parola.

Mentre Isaak e Antonina stanno andando a Gagra
per assistere alle riprese di un film, incrociano una
macchina con l'inferriata al finestrino. Quando arri-
vano, trovano la troupe sgomenta. Hanno appena
portato via Nikolaj Erdman, sceneggiatore, autore di
versi satirici e di racconti. Circolavano alcuni suoi
epigrammi sul potenti, Stalin compreso. Passera pa-
recchi giorni in prigione, ma e fortunato; comincia
bene e non finisce male: gli agenti dell'Nkvd che lo
accompagnano a Mosca gli offrono caviale nero, sal-
mone, prosciutto e perfino cognac.

Babel' capisce che le cose si mettono male. Ogni
tanto riceve ra visita di qualcuno che gli chiede aiuto,
che lo prega di intercedere: qualche amico - Mejer-
chol'd, il regista, Kol'cov, il giornalista - gi finito
alla Lubjanka.

Primi giorni del maggio 1939: parte per Pere-
delkino. Deve lavorare a un soggetto su Gor'kij e a
un nuovo libro. Nel congedarsi dice ad Antonina:
ffOrmai non torner molto spesso in questa casa.

Gli piace rifugiarsi nella sua dacia; scrive in una
lettera ai parenti: ffMi sento felice l, sul bosco cade
la pioggerella, tira vento, in casa accesa una lampa-
da da tavolo, io giro in calde pantofole.

Vanno a prenderlo il 15 maggio, alle 5 del mat-
tino.

Racconta Antonina Nikolaevna: ffQuando aprii,
entrarono due uomini in uniforme militare dicendo
che dovevano ispezionare la soffitta perch cercava-
no qualcuno. Babel' avrebbe potuto dire dove si tro-
vava. Io dovevo andare con loro a Peredelkino. Mi
vestii e partimmo. L'autista conosceva benissimo la
strada e non mi domand nulla
ffBussai alla porta e udii la voce di Babel': "Chi
?". "Io." Allora si vest e apr.
ffMi spinsero via, e si avvicinarono subito a Isaak-
"Mani in alto" intim uno, poi gli frug nelle tasche
e gli palpeggi il corpo per controllare se era armato.
ffBabel' taceva. Ci fecero andare in un'altra stan-
za, la mia; ci sedemmo l'uno accanto all'altra e re-
stammo con la mano nella mano. Non riuscivamo a
parlare. Perquisirono la casa, raccolsero tutti i mano-
scritti in alcune cartelle, poi dissero che dovevamo
prepararci per andare in citt.
ffPortano via Isaak Babel', un essere che in vita
suaha scritto Nadezda Mandel'stam ffprobabilmen-
te non ha mai fatto uso di una pistola, il miglior
scrittore di racconti della Russia.Durante il viaggio
Isaak e Antonina sono seduti sul sedile posteriore, ma
la conversazione breve.
ffNon mi hanno lasciato finiredice Babel', e si
riferisce al libro. E poi, sottovoce: itelo ad Andrej e allude ad Andr Malraux. Poi aggiunge: a cosa
pi orribile che mia madre non ricever pi le mie
iettere.
C' un lungo silenzio. Poi parla Antonina: i
aspetter, far come se foste andato a Odessa....
Isaak: ffVi prego solo di una cosa: prendetevi cura
della bambina; altrimenti vivr in miseria.
Antonina: ffMa io non so quale sar la mia sorte.
Interviene un agente: ffVoi non siete accusata di

niente.

Racconta ancora Antonina: ffArrivammo alla Lu-
bjanka ed entrammo dal cancello. La macchina si
ferm davanti a una massiccia porta chiusa sorveglia-
ta da due guardie. Babel' mi diede un grosso bacio e
disse: "Un giorno ci rivedremo", e uscito dall'auto,
senza voltarsi, varc quella porta.

ffIn gennaio o in dicembre, non ricordo, andai
alla prigione, ma la guardia mi disse che lui non c'era
pi; era gi stato giudicato e condannato: articolo 58,
che significa tradimento della Patria, o complotto, o
spionaggio, dieci anni di carcere, senza diritto di cor-
rispondenza con la famiglia, e confisca dei beni.

ffOgni anno,dice Antonina Nikolaevna ffave-
vamo il diritto di sapere, si andava alla Lubjanka, e
uno chiedeva: "Come sta?", e loro rispondevano:
"Sta bene".

i dissero: "Sta bene" nel 1944, nel 1945, nel
1946 e nel 1947 mi promisero anche che dopo pochi
mesi lo avrebbero liberato. Ma nel 1948 c'erano di
nuovo le repressioni, e i dialoghi divennero ancora
pi difficili.

ndai dal procuratore e lo pregai: "Spiegatemi
quello che successo; sono una donna forte" e lui
rispose: "Io ho detto la verit". Nel 1953 ho saputo
che lo avrebbero riabilitato, ma solo il 23 dicembre
dell'anno dopo ho ricevuto questo foglio.
Leggo: ati i nuovi elementi il caso di Isaak Em-
manuilovic Babel' stato revisionato 1'8.12.1954, e
poich non risulta alcun reato, la causa chiusa. Fir-
mato: il generale del tribunale militare Ceprov.

Ecco la copia della sentenza. Vi scritto: ato:
13 luglio 1894. Morto: 17 marzo 1941. Luogo della
morte...Causa....

Sono tornato a trovare la moglie di Babel', l'inge-
gnere in pensione Antonina Nikolaevna Pirozkova,
nella nuova casa: un appartamentino moderno, arre-
dato con decoro, dove vive con la figlia, una bella
signora.

La perestrojka ha reso un po' di giustizia anche al
riabilitato Babel': si stampano tutte le sue opere, si
potuta ricostruire la sua storia di carcerato. L'ha fatto
la rivista Ogonek, che ha avuto tra le mani il fascicolo
giudiziario, e Antonina ha potuto finalmente raccon-
tare tutto quello che voleva, senza ffpuntini senza
che venisse eliminato il materiale riminale
Non mai entrata, ricorda, nel grande edificio di
piazza Dzerzinskij.

o fatto soltanto una consegna: 75 mbli. E li ho
affidati a uno sportello. Li hanno presi, non mi han-
no rilasciato alcuna ricevuta; dissi il nome, loro li
incassarono e questo tutto. Poi, dopo la condanna,
andavo ogni anno con la richiesta di conoscere la sua
sorte, e ogni volta ricevevo questa risposta- il detenu-
to vive nei Lager.
- Le hanno mai restituito le lettere d'amore che
avevano sequestrato?

on mi hanno restituito nulla, nulla. La prima
volta hanno detto semplicemente che non le avevano
trovate, poi le ha richieste anche l'Unione degli scrit-
tori: hanno risposto che i fascicoli con i documenti che
avevano confiscato non erano stati trovati. Poi ho pen-
sato che forse erano stati bruciati perch si erano veri-
ficati casi di questo genere; al fratello di Michail
Kol'cov avevano detto cos. Il pacco con i manoscritti
andato in fiamme: il numero dell'atto il tale

oi ha fatto la stessa richiesta l'Istituto di lettera-
tura mondiale e anche a loro hanno risposto: niente.
La risposta arrivata molto in fretta, fatto da cui
risulta chiaro che non avevano fatto ricerche, perch
sapevano perfettamente che non c'erano pi

on molto tempo fa, sono venuti da me due
uomini. Prima mi hanno telefonato e mi hanno det-
to: "Abbiamo intenzione di venire da lei a proposito
della sua lettera". "Quanti siete?" ho chiesto. "Siamo
m due."
i rallegrai molto. Mi convinsi che me li avreb-
bero portati. A un solo individuo questo sarebbe riu-
scito molto difficile. Vennero. Mi spiegarono che gli
scritti di Babel' non c'erano, che non esistono cantine
polverose in cui sono conservati atti di questo tipo,
che tutto era stato inventariato e quello che avevano
trovato era stato consegnato alle famiglie o a qualche
archivio, ma comunque di Babel' non c'era molto. Se
ci fosse stato un documento riguardante lo status
personale di Babel' sarebbe stato allegato al dossier
processuale; testi d'altro tipo venivano bruciati.

hiesi allora: "Siete venuti da me per non dare
una risposta scritta alla mia richiesta?". Risposero:
"Ma che cosa dice! Noi siamo venuti per esprimerle la
nostra partecipazione, perch sappiamo quanto siano
preziosi i manoscritti di Babel"'. E questo tutto.
- Si mai saputo qualcosa di preciso sulla sua
fine?

olo ora, perch la comunicazione che mi diede
l'anagrafe diceva che era morto per arresto cardiaco
il 17 marzo 1941. Poich sapevo che il suo processo
aveva avuto luogo il 26 gennaio, capii che a quella
data non poteva ancora figurare nei registri. E non
l'ho creduto. Ma nel 1984 uscito un calendario. Lo
pubblicava il Politizdat, cio una casa editrice re-
sponsabile. E l, per caso, sul foglio del 13 luglio era
scritto: 90anniversario della nascita di Babel', e poi
1894-1940. Allora ho telefonato al Politizdat per
sapere da dove avessero tratto quella data: non si
scomposero, non dissero che si erano sbagliati, ma mi
spiegarono di averla avuta da fonti ufficiali. L'aveva-
no saputo dal Kgb.
- Dal carcere si fece mai vivo con lei?

iente. Solo prima del 7 novembre, il giorno
della festa della Rivoluzione, venne un uomo e chie-
se pantaloni e fazzoletti. Profumai i fazzoletti col
mio profumo; avevo un grande desiderio di mandare
a Babel' i saluti da casa, che ritrovasse qualcosa di
mio. Noi pensammo che quella visita fosse un ottimo
segno.

o lavoravo al progetto della Metropolitana. An-
che il giorno in cui arrestarono Babel'. Chiesi che mi
lasciassero andare per non arrivare in ritardo in uffi-
Cio. Tornai a casa la sera e finalmente piansi.

u questo piano tutto mi and bene, perch nes-
suno mi chiese niente, molti non sapevano, io ho un
altro cognome. E chi sapeva, subito evit di parlare
con me di quello che era successo.

u quello pratico fu tutto normale, partecipavo
al disegno della stazione Paveleckaja e fui presto libe-
ra, mi inviarono nel Caucaso, e vi giunsi due giorni
prima che scoppiasse la guerra, forse un giorno pri-
ma; ho sentito l'annuncio sul treno.

ll'inizio ero incerta se partire perch dovevo
prendere in affitto una dacia per l'estate per mia figlia
e mia mamma, ma mi dissero che potevo portarle con
me perch avrei avuto una stanza singora.

l posto dove dovevo andare era sul mar Nero a
Novyj Afon, l si costruivano dei tunnel ed era neces-
sario che il personale vivesse sul posto. Vi trascorsi
tre anm, perch il collegamento con Mosca era inter-
rotto e non potevo tornare indietro. Quando mi pre-
sentai a Mosca, ebbi nuovamente un impiego; ero a
capo di un gruppo e responsabile d'un progetto e
continuai a lavorare come sempre.
- Che cosa ha significato la riabilitazione di
Babel ?

a possibilit di pubblicare le sue opere. E tutta-
via questo non accadde subito. Mi hanno restituito i
soldi dei beni confiscati, non so in base a quale crite-
no li abbiano valutati. Ma comunque questo per me
non aveva alcun significato.

l primo libro uscito nel 1957. Ora le sue opere
vengono ristampate continuamente. Le pubblicano
in quasi tutte le citt. Tranne che a Odessa, la sua
citt. A Odessa niente.

a non tutto poteva accadere subito. Tuttavia la
riabilitazione allora voleva dire molto. Perch si smet-
teva di essere la famiglia di un nemico del popolo.
- Quanto sopravvisse Babel' e dove fin?

opo l'arresto, condannato alla fucilazione, do-
veva sopravvivere ancora un giorno.
Si pu ricostruire la sequenza giudiziaria di
Babel' da quando le porte della Lubjanka si chiudono
dietro di lui con fragore e hanno inizio i primi inter-
rogatori e 1 primi verbali.

Si comincia: o, giudice istruttore capo della Se-
zione investigativa dell'Nkvd dell'Unione sovietica,
tenente Serikov, dopo aver esaminato i materiali ri-
guardanti il cittadino Babel' I. E. ho trovato che
stato partecipante attivo il organizzazioni antisovie-
tiche tra gli scrittori.

Poi, il tenente Serikov cerca le prove. C' l'ex
direttore del Quotidiano dei contadini Semen Borisovic
Urickij, condannato a morte come terribile trotzkista,
che testimonia: ro solito incontrarmi con Babel'
nell'appartamento di Evgenija Solomonovna Ezova.
Babel' mi disse: "Lo scrittore dovrebbe esprimersi sin-
ceramente, e quello che vi in lui di pi autentico non
pu essere pubblicato perch non consono alla linea
del partito. Il suo silenzio stava diventando una aperta
espressione di antisovietismo".

E cosa dice la signora Ezova? Che il marito era
molto geloso di Babel', le aveva anche fatto una
scenata rovistando nel suo armadio, perch cercava le
lettere di Isaak Emmanuilovic che le stavano un po'
troppo a cuore. Anche lei si accorse che Babel' era di

convinzioni trotzkiste.

Lo conferma il suo primo marito, un ex diploma-
tico gi destinato a un colpo di pistola alla nuca:
l'eretico Babel' era particolarmente indignato per la
politica letteraria. Si lamentava: tampano qualsiasi
sciocchezza, ma non quello che scrivo io.

Secondo gli informatori, avrebbe anche detto: l
potere sovietico si regge solo sull'ideologia; altri-
menti tutto sarebbe finito dieci anni fa.

Perch Babel' frequenta casa Ezov? E un vecchio
conoscente di Evgenija, e invitano anche gente del
teatro, come Michoels. L'interesse di Babel' pura-
mente professionale: cerca di capire che cosa accade
al vertice; scopre che dietro a Jagoda e a Ezov c' la
volont di Stalin.

Evgenija Solomonovna Ezova si avvelena, atter-
rita per l'arresto di una persona che le cara; e Babel'
commenta: er Stalin incomprensibile questa
morte; lui ha i nervi di ferro e non riesce a capire che
a qualcuno possono invece saltare.

Al numero 2 di piazza Dzerziskij c' il carcere
interno della polizia segreta; per tre giorni di seguito
- 29, 30 e 31 maggio - Barel' sottoposto all'in-
terrogatorio. All'inizio resiste e non si riconosce col-
pevole, ma a un tratto cede.

E responsabile di prolungati rapporti coi trotzki-
sti, ha calunniato i dirigenti, ha dipinto a tinte fosche
la situazione del Paese, ha fatto il nome di altri intel-
lettuali caduti negli stessi peccati: Boris Pil'njak, ro-
manziere, Lidija Sejfullina, Sergej Esenin, poeti.

Una volta Ci fu una lettura di versi, arriv Trotz-
kij, bevvero un t, e Lev Davidovic chiese agli artisti
che progetti avevano per il futuro. Poi pi nulla.

Seguono le ammissioni pi compromettenti, le
eresie pi attuali: discorsi proibiti con gli scrittori
Olesa e Kataev, con l'attore Michoels, con i registi
Aleksandrov e Ejzenstejn. Erenburg addirittura il
tramite di una congiura spionistica; Babel' passa in-
formazioni ad Andr Malraux non solo sugli umori
dell'ntelligencija ma sull'Aeronautica e sull'Ar-
mata rossa, e perfino sugli arresti in corso.
Ma al processo la trama cade: Babel' tormentato
dalle menzogne pronunciate, dal rimorso per quello
che ha detto.

Sa che cosa lo attende, tanto che ha chiesto a
Berija di poter riordinare i manoscritti che gli hanno
sequestrato, ma la risposta negativa.

Il 10 ottobre Isaak Emmanuilovic rinnega le sue
deposizioni: rego il giudice istruttore di tener con-
to che, trovandomi in prigione, ho commesso un
crimine: ho calunniato alcune persone.

Non sa darsi pace, e il 21 novembre manda un
altro messaggio, scritto con una grafia insicura: ei
miei verbali vi sono affermazioni sbagliate e inventa-
te che attribuiscono attivit antisovietiche a persone
che lavorano con onore e abnegazione per il bene
dell'Urss. Ritengo mio primo dovere cancellare que-
sta macchia dalla mia coscienza.

In dicembre, ancora un appello; ha nascosto la
verit, ha indotto chi svolge l'inchiesta in errore ma,
insiste, la calunnia stata motivata al mio compor-
tamento vile nel corso dell'indagine.

Il 26 gennaio 1940, finalmente, si presentano i
giudici: presiede l'esperto giurista V. V. Ulrich, gli
altri due membri della rojkasono i militari Kan-
dybin e Dmitriev.

Ogni raticaviene sbrigata in venti minuti.

Parla Babel': on sono colpevole. Non ero una
spia. Non ho mai compiuto alcun atto contro l'Unio-
ne sovietica. In sede di deposizione mi sono autoac-
cusato. Sotto coercizione ho denigrato me e altri
innocenti.

La condanna viene eseguita il giorno dopo, a Mo-
sca. Non si sa nulla del luogo dove stato sepolto. Il
dossier n. 419 chiuso. Ha scritto Solzenicyn che
quel pezzo di cielo che si stende sopra la Lubjanka

nfe ice.

Gli uomini dell'Armata a cavallo sono scomparsi,
uccisi dal tempo e dai tumulti di quel mondo che
avevano voluto e, come certi suoi compagni, dispersi
tra le nebbie e gli acquitrini di una palude durante la
ritirata dalla Polonia, cos sparito anche il combat-
tente della rivoluzione Isaak Emmanuilovic Babel', e
nessuno potr mettere una sella, o un paio di stivali
lucidi, o una bracciata di fiori di campo sulla fossa
dove l'hanno sepolto.

Come sono lontani gli anni delle folli illusioni,
quando da Mosca partivano le Nuove Idee, le espe-
rienze pi ardite, favole inedite, immagini e suoni

irripetibili.

Babel' scrive all'amico Lifsits da Parigi: al
punto di vista della libert individuale magnifico
vivere qui, ma noi arrivati dalla Russia sentiamo no-
stalgia per il turbine delle grandi idee e delle grandi

passioni.

E Lon Bakst, grandioso, sensuale - na enorme
cocorita diceva, aspro, Cocteau - che determina le
regole dell'Art Dco, veste le ballerine di Sergej Dja-
gi ev e la marchesa Casati, amante, nel 1912, di Ga-
briele D'Annunzio, disegna i costumi di Tamara
Karsavina, impegnata a danzare in un balletto l'Uccel-
lo diSuoco, scritto da un giovane compositore, Igor'
Stravinskij, che proclama: o sono un inventore di
musica e di Ida Rubinstein, un san Sebastiano che
va al martirio mostrando il seno scoperto. Ricordava
Stravinskij: akst, come altri dandies, era sensibile e
intimamente misterioso.

L'avanguardia russa: Kazimir Malevic e Vasilij
Kandinskij sono i pionieri dell'astrattismo. ipin-
gerescrive Kandinskij ar per me una liberazione
dai miei timori.Malevic si scaglia contro la Venere
di Milo, contro le ianfrusaglie dell'arte accademi-
ca. Cercano le pure forme e il puro colore, odiano
la figurazione. C' nella loro filosofia qualcosa di
mistico: vogliono dipingere le icone dell'anarchia. Il
ianco su biancodi Malevic l'ultima, insuperabile
espressione del non oggettivismo.

A Vitebsk, un ragazzo ebreo, Marc Chagall,
riempie le tele di barbuti suonatori di violino, nei
cieli volano capre e angeli, i cortili delle isbe sono
gremiti dagli animali della sua infanzia. C' sempre,
accanto a una palma, o a un candelabro dai sette
bracci, un po' di posto per due innamorati o per una
fanciulla nuda.

Intanto Stanislavskij rivoluziona il teatro, Pro-
kof'ev e Stravinskij sconvolgono le sale dei concerti,
e arriva finalmente l'ottobre del 1917. Gli intrepidi
bolscevichi si dividono in gruppi, e polemizzano
aspramente tra di loro: ci sono quelli der Costruttivi-
smo, del Produttivismo, del Suprematismo; c' il Lef,
il Fronte di sinistra delle arti, di cui i conservatori
dicono: ono a sinistra del buonsenso.

Majakovskij uno degli esponenti: propone di
buttar via tutto quello che stato fatto, da Adamo
fino a lui. Escluso.

Vogliono, racconta Bruce Chatwin, tirar su ase
come macchine da abitare nascondono le facciate
dei vecchi palazzi con enormi manifesti, impacchet-
tano i monumenti zaristi con pezze di tessuto rosso:
nel 1974, Christo Jawacheff, artista orientale, copr
Porta Pinciana, e i bravi romani lo presero chi per un
originale chi per un innovatore, e invece modesta-
mente scopiazzava e cercava un po' di fracasso. Gri-
dava una volta Majakovskij: e strade sono i nostri
pennelli, le piazze le nostre tavolozze.

Su tutti veglia l'intelligente e tollerante Anatolij
Lunacarskij, primo commissario dell'Educazione,
che protegge non soltanto le opere d'arte del passato,
ma anche gli artisti del futuro. Gli disse una volta
Chagall: on chiedetemi perch ho usato il blu o il
grigio o perch nel pendaglio di una mucca si vede il
profilo di un vitello. In ogni caso, andatelo a doman-
dare a Marx, ammesso sia cos sapiente da potervelo

spiegare.

Dopo, cominciano i giorni difficili. A ventisei
anni Sergej Ejzenstejn gira La corazzata Potemkin, un
capolavoro, una lezione per il cinema di tutto il mon-
do. Ma in seguito, come Pudovkin, l'autore de La
madre, il grande teorico del montaggio, duramente
attaccato. L'accusa di aver fatto di Ivan il Terribile
n Amleto indeciso e velleitario.

Aleksandr Dovzenko ha appena terminato La vita
infiore. o fecero vedere al Grande Caporicorda
l pi grande di tutti i mortali finora apparsi da
quando fu creato l'universo. E il pi grande fra tutti
respinse la mia fatica.
Berija lo fa chiamare al Politbjuro. Lo avvertono-
i raddrizzeremo noi il cervello. Amico, hai con
cesso a stento a Stalin dieci metri di pellicola, a dir
tanto. Non gli hai dedicato nemmeno una sequenza
dei tuoi film. La superbia ti ha roso, e adesso vai in
malora. E il tuo talento? Ci sputo sopra, io. Regolati
come vuoi, ma quando fai un film sparpagliagli den-
tro tutto quello che piace in giro: una falcetta qua, un
martelletto l, e qui una stella rossa....

Quando Berija firma con la matita blu significa
fucilazione. Cos ha fatto sulla copertina della pratica
Vsevolod Emil'evic Mejerchol'd, e ha aggiunto una
sola parola: onfermo. Un altro destino sta per

compiersl.

E il 20 giugno 1939, una chiara giornata d'esta-
te, a Leningrado. Sono le 9 di mattina, e Vsevolod
Emil'evic ancora nella sua casa sul lungofiume Kor-
poska. A un brutto numero: 13. Entrano alcuni agen-
ti del III Reparto inquirenti dell'Nkvd, e lo pregano
di seguirli. Lo portano alla prigione interna della

Direzione.

Intanto a Mosca stanno rovistando nell'apparta-
mento di vicolo Brjusovskij, alla presenza del portie-
re, che deve fare da testimone. C' la moglie Zinaida
Nikolaevna Rajch, col figlio Konstantin Esenin. E
gi stata sposata col poeta. E agitatissima, e protesta:
on avete diritto di fare una perquisizione senza
mio marito. Siete scorretti. E poi frugate tra le cose
mie, fra i miei documenti. Non giusto che abbiate
preso il mio libretto di risparmio. Bisogna fare un
inventario per ogni cartelletta che portate via.

Uno dei poliziotti, un certo Vlasov, particolar-
mente rozzo e insolente e la signora lo fa scrivere nel
verbale.

Alle 2 di notte, con una scorta speciale, Mejer-
chol'd viene fatto salire sul treno numero 59, che lo
trasferisce a Mosca. Lo sistemano subito in una cella
della Lubjanka, visita medica e disinfezione degli
indumenti e alla persona; accertato che on pre-
senta n infezioni n pediculosi.

Vsevolod Emil'evic Mejerchol'd un grande re-
gista e un carattere difficile. Buono ma irascibile, lo
dipingono gli amici, di una diffidenza morbosa: ge-
loso di chi lavora con lui, si angoscia per intrighi
inesistenti.

Ama vestire con eleganza, ricorda Sostakovic, e
circondarsi di belle cose preziose: quadri, porcellane,
cristalli. Ma nulla a paragone dell'amore per il lusso
di Zinaida Nikolaevna: ellissima donna, magari
un tantino grassa, aspetto che risulta particolarmente
in scena, dove si muove con sorprendente goffaggi-
ne, attentissima alla cura del proprio fascino.

Dmitrij Dmitrievic Sostakovic, mentre rispetta
Mejerchol'd il suo benefattore, non sopporta la
Rajch, che considera la ragione dei suoi cattivi rap-
porti con Vsevolod Emil'evic: la paragona a una pe-
scivendola, anche se nobile e di ceppo luterano, la
giudica avida, capace di speculare sulle dame decadu-
te che vendono i resti del loro passato.

Anche con Mejerchol'd, al quale riconosce il me-
rito di non avere mai intrecciato rapporti di stretta
amicizia coi potenti e di non essersi mai abbassato al
ruolo di lacch di Stalin, impietoso: lo rivede inse-
guire correndo, fino a cadere sfinito, Kaganovic che
insoddisfatto, se ne andato a met di una rappresen-

tazione.

Ma la sua personalit e il suo insegnamento la-
sciano un segno. Dice: e piace a tutti, vuol dire che
lo spettacolo un totale fallimento. D'altro canto, se
tutti criticano il tuo lavoro, vuol dire che forse c'
qualcosa di buono. Il vero successo quando la gente
ne discute.

Adora l'Amleto che ritiene la miglior tragedia di
ogni tempo e luogo. Forse lo colpisce il dialogo del
principe di Danimarca con Rosenkrantz e Guilde-
stern: quando il pallido giovane dice che lui non un
piffero e non vuol essere suonato.

Mejerchol'd sbigottiva gi le platee a San Pietro-
burgo, al tempo dello zar, per la stravaganza dei suoi
spettacoli, nei quali utilizzava ogni genere, dal circo
alla rivista, al cinema, e per le sue teorie che non tutti
condividevano, e suscitavano furibonde polemiche.
Ad esempio, considerava gli attori marionette, che
dovevano abbandonarsi alle sue idee e alle sue mani

E, dicono, una ersonalit paradossale e male s;
adatta alle regole dell'estetica del regime: (Il teatro
del realismo socialistaafferma on ha niente in
comune con l'arte.

E per questo lo accusano di formalismo Ma un
critico onesto scrive: a posto le radici del teatro
del futuro.

Lo hanno mascheratocome trotzkista, spia,
organizzatore di ribellioni contro il potere sovietico

Hanno, naturalmente, le prove. Anche Michaii
Kol'cov, il giornalista che ha raccontato la guerra di
Spagna, ha fatto il suo nome, denunciandolo come
informatore. Intelligentissimo, Kol'cov un uomo
senza illusioni. Dice che anche un articolo una
forma d'arte, ma non ci crede. Ha poca fiducia negli
altri e anche in se stesso. he cosa rester di me?si
chiede.

Alla Pravda ha uno studio lussuoso. Riceve Eren-
burg, che appena arrivato dall'estero. erch siete
tornato?gli chiede.

Lo conduce nel bagno, e sottovoce gli racconta
l'ultima barzelletta. no dice: "Hanno preso Te-
ruel". E l'altro domanda: "Anche la mogrie?"; buf-
fo, no?
Non tanto; Michail Kol'cov finisce dentro, dico-
no perfino che un agente di Lord Beaverbrook, il
conservatore sovrano della stampa inglese.

Poi contro Mejerchol'd c' la deposizione di un
comunista giapponese, il regista Iosida Iosimasu, ri-
fugiatosi a Mosca con la sua compagna, l'attrice del
cinema Akada Iosiko, che lo condanna; Iosimasu non
un malvagio, e racconta: rano molte notti che
non dormivo, mi costringevano a stare sempre in
piedi, ed ero sul punto di svenire.

Prima della condanna a morte, umiliato dal ri-
morso, pentito per aver compromesso il suo maestro,
fa mettere a verbale: i pu temere la fucilazione,
ma dire ci che non vero peggio dello spionaggio,
e io mi ritengo colpevole di avere coinvolto Mejer-
chol'd.

Qualche giorno dopo l'arresto, il giudice Kobu-
lov costringe l'imputato, il grande teatrante, a scrive-
re di suo pugno la confessione. Ha fatto di tutto:
deviazioni di sinistra e di destra, sabotaggio con le
sue messinscene, attivit spionistica con Fred Gray,
un inglese. o informavoammette ull'attivit
dei teatri sovietici.
Insistono perch coinvolga il maggior numero di
persone, e lo forniscono di carta, perch possa scrive-
re le sue note. Racconta della sua attivit: quando
Stalin si siede in un palco per assistere alle rappresen-
tazioni satiriche dei testi di Majakovskij, o quando
Bucharin gli suggerisce di cambiare un finale, ma lui
non d accordo.

Una mattina il giudice Voronin lo chiama per un
interrogatorio che, senza soste, dura diciotto ore; le
domande incalzano: er anni avete fatto il doppio-
gioco: cos? E nota la vostra predilezione per il
traditore Trotzkij: parlate, invece, dei rapporti con
certi compagni. Perch nascondete i vostri contatti di
spia?.

Ammette, perch non ce la fa pi; e coinvolge
Erenburg presentandolo come il corruttore di Pa-
sternk e di Olesa, complici nelle trame contro il
Cremlino.

Ma in una lettera indirizzata a Molotov, commis-
sario del popolo, racconta le sevizie che ha subito:
i hanno picchiato, hanno picchiato un vecchio
malato di sessantacinque anni, mi hanno buttato a
terra e percosso con una sferza di gomma sui talloni
e sulla schiena. Mentre ero seduto su una seggiola,
con la stessa frusta mi hanno bastonato sulle gambe,
e con grande violenza sulle ginocchia. Nei giorni
successivi, quando Si erano formate delle ecchimosi
rosse, blu e gialle, tornarono a battermi.

Il 13 dicembre, dalla Butyrki, Mejerchol'd scrive
al procuratore dell'Urss: e mie deposizioni sono
false. Ho calunniato me stesso. Ho mentito, e il giu-
dice istruttore ha sottolineato questa bugia, e altre le
ha dettate alla stenografa e io ho firmato tutto.

Non sa che il giorno prima, nella sua abitazione
di Mosca, accaduta una tragedia. Zinaida, la moglie
amata, stata uccisa. Poco tempo prima Vsevolod le
scriveva da un luogo di villeggiatura: uando con-
templavo il mondo fiabesco dell'autunno dorato, tut-
h questa meraviglia, balbettavo: "Zina, Zinocka,
guarda quanti prodigi, e non abbandonare me che ti

amo, che amo te, moglie, sorella, mamma, amica,
innamorata, tutta d'oro come questa natura veramen-
te prodigiosa. Zina, non abbandonarmi! Al mondo
non c' niente di pi terribile della solitudine".

Zinaida non ha i soldi per comperare da mangia-
re. E seduta alla scrivania della sua camera, toglie da
una scatola delle obbligazioni, calcola di quante do-
vr disfarsi.

Due figure maschili irrompono, di corsa, nella
stanza, e le saltano addosso: uno le afferra le mani,
l'altro, con un coltello, la ferisce al petto. Otto colpi.

Un urlo richiama la cameriera, ma con qualcosa
di affilato la percuotono sulla testa. Perde i sensi e
cade.

Uno degli assalitori salta dal balcone, l'altro,
aperta la porta d'ingresso, fugge dalle scale. C' una
lunga macchina nera che li aspetta e che sparisce
verso via Gor'kij.

Le grida richiamano il portiere, che chiama il
pronto soccorso. Il medico cerca di far qualcosa per
Zinaida Nikolaevna, ma lei lo prega: on toccate-
mi, dottore, sto morendo.

Al funerale, che per ordine arrivato dall'alto non
deve destare attenzione, l'attore Medkvin dice al pa-
dre della morta: a societ si rifiuta di seppellire
vostra figlia.

Subito dopo, i giovanotti dell'Nkvd cominciano
a svuotare l'appartamento: libri, mobili, stoviglie.
Prelevano anche la domestica, che guarita dalla
ferita non grave, e le chiedono se in grado di rico-
noscere gli assassini; per prudenza, la spediscono in
un Lager. Le cinque stanze che Mejerchol'd aveva
comperato con una cooperativa sono divise, dopo gli
opportuni restauri, in due alloggi: nel pi grande
entra una donna giovane e bella, nell'altro l'autista
di Berija.

Perch questa persecuzione? Kol'cov viene elimi-

nato perch sa tante cose dell'avventura antifranchi-
sta, delle Brigate rosse; Babel', si suppone, per i rap-
porti con Ezov; ma in che modo Vsevolod Emil'evic
ha provocato l'ira di Stalin, al quale dedica perfino
gli applausi che gli vengono tributati?

Perch lo considerano ontanodalle masse,
perch crede in una cultura progressista, ma libera,
perch rimpiange la discrezione di Lenin, che non
interveniva nelle questioni dello spirito, e quando si
rivolgevano a lui - ricorda Mejerchol'd - risponde-
va: o non ne capisco niente; parlatene a Lu-
nacarskij, lui uno specialista di questi problemi.

Il 28 gennaio 1940, il giorno del suo complean-
no, nella prigione Butyrki Vsevolod Emil'evic rice-
ve, per conoscenza, l'atto d'accusa. Il 1febbraio
discussione della causa, a porte chiuse, e la sentenza
efinitiva e inappellabile.

Gli consentono l'ultima parola. Non colpevole
di nulla e non mai stato un traditore. Ha una figlia
comunista che lui stesso ha educato. Pensa che la
corte capir che innocente. Ha sbagliato in campo
artistico, ma, sebbene abbia sessantasei anni, possiede
sufficiente forza e pu riparare agli errori che ha
commesso e alle scorrettezze che ha tollerato. Crede
nella verit e non in Dio, e crede perch la verit
vincer.

Lo uccidono, il 2 febbraio, in una cantina, e nello
stesso momento sparano alla nuca di Kol'cov; lo ria-
bilitano il 26 novembre 1955.

Della sua salma non si sa nulla, mentre quella di
Ulrich, il giudice di quel processo, sepolta con tutti
gli onori a Novodevici; nei paraggi ci sono anche le
tombe di Cechov e di Chruscev.

Ho ascoltato questo racconto:

ono la nipote di Mejerchol'd, figlia di sua figlia
TatJana, nata dal primo matrimonio. Mi chiamo
Marija Vallentej. Vsevolod Emil'evic fu acctlca

essere un sovversivo, articolo 58-1, e un controrivo-
luzionario, articolo 81.

on era ebreo, ma di nazionalit tedesca, lo
testimoniano tutti i documenti. Fu perseguitato co-
me intellettuale, perch aveva del talento, perch
usciva dagli stretti limiti politico-culturali presta-
biliti.

fficialmente non ci venne comunicato che
Mejerchol'd era stato condannato alla pena capitale,
ma a dieci anni di reclusione. La mamma e io abbia-
mo cercato di mantenere la corrispondenza, di scri-
vergli. Dopo un po', probabilmente stufi di ricevere
le nostre lettere, ci hanno detto che era deceduto il
17 marzo 1942. Una menzogna: era stato giustiziato
due anni prima: il 2 febbraio 1940.

ull'assassinio di Zinaida Nikolaevna non esi-
stono documenti, non si trovano. Rimangono le ipo-
tesi. Aveva numerose ferite vicino al cuore. Spir
durante il tragitto all'ospedale, mor dissanguata.

opo i funerali, alla famiglia fu intimato di
sgombrare l'appartamento entro quarantotto ore.
Venne diviso in due: nella parte dove si trova la
"stanza gialla", dove Kandinskij dipingeva il ritratto
notissimo di Mejerchol'd, e dove sono passati
Sostakovic, Erenburg, Nemirovic-Dancenko, abita
la segretaria particolare di Berija, che arriv a Mosca
nel 1939. Dice che non sapeva a chi apparteneva la
casa, cos continua a starci nonostante una sentenza
che la invita a sloggiare e malgrado la disponibilit
del Kgb di assegnarle un'altra abitazione. Non vuole
muoversi.

li altri, i suoi amici, quelli dell'elenco, si sono
salvati. Prima c' stato il patto con la Germania, poi
la guerra di Finlandia, poi l'invasione. Forse avevano
altre preoccupazioni.

Aleksandr Isaevic Solzenicyn ha sfidato lo Stato
sovietico e le sue leggi di cui non riconosce neppure
la validit. Lo hanno giudicato in vari modi: o-
scienza del popolo russo raditore. La prima mo-
glie, Natal'ja Resetovskaja, dalla quale si diviso nel
1971, ha definito il suo carattere omplicato, con-
traddittorio e incostantee Arcipelago Gulag una e-
scrizione folcloristica dei campi di concentramento.
Ma non una testimone serena. uando l'ho vista
l'ultima volta nella sua dacia di Mosca,ha detto
Zores Medvedev veva costruito una finta tomba di
Aleksandr Isaevic nel giardino, e la mostrava come
l'ultimo riposo che sognava per lui. Arcipelago Gulag
spietatamente vero.
Per screditarlo, sono andati a ripescare in un vil-
laggio del Caucaso un suo vecchio amico, Nikolaj
Vitkevic. Lo hanno fatto parlare col corrispondente
del Christian Science Monitor.

Erano compagni d'armi, quando Solzenicyn co-
mandava un reparto di artiglieria dell'Armata rossa.
Nella corrispondenza che si scambiavano la censura
lesse alcuni apprezzamenti ironici su Stalin. Il tribu-
nale condann il futuro scrittore a otto anni di lavori
forzati e all'esilio perpetuo; e Vitkevic a dieci, senza
altre pene accessorie.

Spiega Solzenicyn: miei undici anni trascorsi
in prigionia li ho assimilati dentro di me non come
qualche cosa di vergognoso e neppure come un incu-
bo da dimenticare. Sono quasi arrivato ad amare
quell'universo deformato e distorto. Non forse qui,
nelle nostre carceri, che si pu ritrovare la grande
fede?.

Nikolaj Vitkevic ha detto che Solzenicyn si
macchiato delle stesse colpe di cui, nel suo ultimo
libro, accusa gli altri: stato, anche lui, una spia. La
veridicit di quanto afferma Vitkevic dubbia: gli
esperti hanno trovato parecchie lacune nella sua ver-
sione; Solzenicyn si limitato a rispondere: er
ventinove anni non mi ha mai rimproverato nulla,

ma ora ha trovato conveniente unirsi al coro ge-
nerale.

Sono cose che accadono. Spiegava un ufficiale
delle guardie di custodia di un Lager del Kazakistan,
nel 1944: e necessario ucciderti, anche se sei
assolutamente innocente, sarai ammazzato, non im-
porta perch. Se c' invece una qualsiasi ragione per
arti passare per puro, anche se sel colpevole, sarai
rilasciato o riabilitato.

Solzenicyn stato espulso er avere sistemati-
camente condotto azioni incompatibili con la con-
dizione di cittadino dell'Urss. Una sola volta nel-
l'Unione sovietica era stato deciso un provvedimento
cos drastico: nel 1929. Fu allora che Stalin cacci il
suo rivale Lev Trotzkij. Quando usc Una giornata di
Ivan Denisovic la Pravda lo giudic n capolavoro
poi Solzenicyn diventato un utore maledetto. Il
cerchio si chiude. Il Cremlino si liberato di una
grossa spina; non poteva ricorrere agli antichi meto-
di, non aveva risposte n pratiche n ideali da oppor-
re alla polemica.

Cos un pomeriggio due auto Volga si fermano al
numero 12 di corso Kozickij. Sette poliziotti, di cui
due in borghese, salgono di corsa le scale che portano
all'appartamento 169. Solzenicyn sta nel suo piccolo
studio, due metri per cinque, nel quale rimasto
spesso anche per dodici ore ogni giorno. I due figli
pi grandi, Ermolaj e Ignat, giocano davanti a casa,
tra la neve sporca, il piccolo Stepan dorme.

Gli dicono che in arresto, prende una borsa con
poche cose, indossa un vecchio cappotto foderato di
pelliccia, si mette in testa il colbacco, bacia Natal'ja
e i bambini ed esce. Lo portano alla prigione di Le-
fortovo, lo privano degli abiti e di ogni effetto perso-
nale. Poi gli comunicano il decreto del Soviet supre-
mo che lo priva della cittadinanza e lo imbarcano sul
primo jet in partenza per Francoforte. Quando scen-

de dalla scaletta, una hostess tedesca gli va incontro
e gli porge una rosa.

'esiliodice Heinrich Boll, che lo accoglie nel-
la sua casa la cosa peggiore che possa capitare a uno
scrittore...Uno dei personaggi di Solzenicyn lo pa-
ragona alla astrazione spirituale ma adesso Alek-
sandr Isaevic si consola: on una cosa disperante
Anche i vecchi alberi, quando vengono trapiantati;
mettono radici nel nuovo posto
Con Arcipelago Gulag (Gulag la sigla dell'Am-
ministrazione centrale dei campi di internamento)
Solzenicyn ha narrato vicende di fronte alle quali le
rivelazioni di Chruscev al XX Congresso impallidi-
scono.

Rivaluta lo zarismo, che trova pi umano e illu-
minato del Partito comunista, d una spiegazione
con la crudelt del regime, alla formazione dell'ar-
mata del generale Vlasov, che si batte accanto a Hi-
tler, calcola in quaranta milioni le vittime delle re-
pressioni, e sostiene che nessuna tragedia del passato
pu essere paragonata a queste stragi, afferma che
nessun popolo ha mai dovuto affrontare tanti dolori
per colpa dei suoi capi.

Anche il mitico Lenin ne esce malconcio: lui il
primo tiranno. Solzenicyn ricorda l'ammonimen-
to di un bolscevico che fu accanto a Vladimir Il'ic e
che lo esort: u sei un matematico. Non dimenti-
care Cartesio. Dubita di tutti, di tutto. Ha tenuto
presente il consiglio, mettendo in discussione affer-
mazioni che ormai parevano dogmi: la sua anali-
Si indaga le passioni della giovinezza (lloraspie-
ga i bastava il marxismo per capire la rivolu-
zione, gli ordini del governo, l'andamento della
guerra.

Asserisce che i combattenti sono stati traditi tre
volte: dalla strategia di Stalin, che si dimostr impre-
parato allo scontro, e permise alla Wehrmacht di


catturare un numero enorme di soldati, che poi furo-
no abbandonati e morirono nei campi di concentra-
mento nazisti, e i superstiti, al ritorno, vennero con-
dannati a dieci anni di lavori forzati. ffLa guerra conclude i ha dimostrato che la peggiore cosa del
mondo nascere russo.
Anche l'esilio, come la deportazione, un'altra
penosa tradizione russa, da Aleksandr Herzen, a
Bakunin, a Lenin, a Bunin, a Berdjaev, a Zamjatin:
colpisce, soprattutto, gli intellettuali, coloro che non
sono d'accordo. Li utorizzanoa uscire; acquistano
una maggiore libert, perdono la patria.

Hanno cacciato il matematico Esenin-Volpin, fi-
glio del poeta, non hanno concesso il visto di rientro
al biologo Zores Medvedev, espatriato col permesso
di un anno per andare a lavorare in un centro scienti-
fico di Londra, poi stato il turno di Andrej Si-
njavskij, scrittore e critico, che con lo pseudonimo di
Abram Terz, un bandito ebreo di Odessa, ha pubbli-
cato all'estero romanzi fuori dalla regola, sgradevoli
per il sistema. Sinjavskij cita spesso, per spiegare la
sua morale, una frase dei Karamazov: i pu costrui-
re un palazzo di cristallo sul cadavere di un fanciul-
lo?. Era tra coloro che portarono la bara di Paster-
nk; per questo motivo aveva perso la cattedra al-
l'Istituto di filologia di Mosca.

Nel febbraio del 1966 lo processano con un ami-
co, Julij Daniel', colpevole degli stessi reati. Passa sei
anni nel campo di lavoro di Pot'ma, in Mordovia. I
suol compagni sono, per la maggior parte, persone
anziane, condannate per aver praticato culti religiosi
non ufficialmente riconosciuti: pentecostali, testi-
moni di Geova, avventisti del settimo giorno.

Una volta un recluso chiese a un vecchio: a
quanto tempo vi trovate qui dentro, nonnino?.

uesto il quarantasettesimo annorispose
l'uomo dai capelli bianchi.

llora non avete visto molto del regime sovieti-
co, vero?
ddio mi ha mostrato la sua misericordia in que--
sto luogo.
Nelle due lettere al mese che gli era concesso di
spedire alla moglie, Sinjavskij non parlava delle sue
giornate di prigioniero, ma scriveva riflessioni, sto-
ne, raccoglieva canzoni e proverbi, guardava con di-
stacco intellettuale il mondo che lo circondava: met-
teva se stesso a confronto con quella inesplorata real-
t. Da quei fogli densi di annotazioni, uscito un
romanzo: Una voce dal coro.

Adesso Andrej Sinjavskij professore di slavistica
alla Sorbona. Ogni volta che va a fare lezione Masa,
la compagna devota, resta ad attenderlo. Parla di
Blok, di Mandel'stam, della Achmatova: uesti
poeti dell'inizio del secolo che nell'Urss non si cita-
no che come esempi negativi.

Julij Daniel' non ha voluto seguirlo. A Igor' Go-
lomostok, un altro dissidente che lo incitava ad acco-
gliere l'lnvito di alcuni parenti, pronti a ospitarlo in
Israele, ha risposto: o, sono troppo legato alla
Russia. Non sar mai capace di scrivere in un'altra
lingua. E morto a Mosca.

Pasternk scongiur le autorit di lasciargli con-
cludere la sua esistenza a Peredelkino; Marina Cve-
taeva - come avevano fatto Aleksej Tolstoj, il princi-
pe MirskiJ, autore di una apprezzata Storia della lette-
ratura russa, Kuprin, il narratore de Lafossa - come
Erenburg non sopport il peso dell'emigrazione. nel
1939 lasci Parigi e ritorn.

Sinjavskij, invece, se ne andato per sempre. E
tornato per i funerali di Julij Daniel', ma subito
ripartito: gni uomoha detto eve scegliere il
proprio esilio.

Sono andato a trovarlo due volte nella tranquilla
casa alla periferia di Parigi, col giardinetto incolto, la
vaschetta di cemento armato dalla quale sono scom-
parsi i pesci rossi; i mobili sgangherati, pile di libri in
carattere cirillico, pareti coperte di icone contadine:
sembra che il tempo si sia fermato.

Sinjavskij un bel vecchio, che cammina con
fatica, i capelli e la barba bianca, come un patriarca di
villaggio, che in francese sa dire soltanto onjoure
erci e che ai nipotini, spiega, racconter soltanto
favole in russo. Dice spesso: uello che conta per
uno scrittore non dove si trova il suo corpo ma la
sua anima.

a gentesostiene ancora appassionata al pas-
sato, ci sono tanti misteri legati a Stalin. Uccise
Gor'kij? Uccise la vedova di Lenin? Come uccise
Kirov? Ne fece sparire talmente tanti che il tema
resta sempre interessante.
uando assassinarono Kirovricorda vevo
nove anni, e ho in mente i processi che cominciarono
da l a poco. Fu un episodio analogo all'incendio del
Reichstag, una geniale invenzione di Stalin per eli-
minare il compagno e insieme con lui molti altri,
falsamente accusati del delitto.

uesto per allora non lo capivo, cominciai a
comprenderlo molto pi tardi, nel 1948, quando
riuscii a procurarmi e a leggere il libro di Trotz-
kij I crimini di Stalin in una traduzione francese. L
imparai per la prima volta che con tutta proba-
bilit l'uccisione di Kirov fu eseguita per ordine
di Stalin, ed effettivamente ogni fatto riceveva,
alla luce di questa ipotesi, una spiegazione convin-
cente.

ove siano morti Babel' e Mejerchol'd non lo sa
nessuno; la cosa pi probabile che non siano mai
arrivati nei Lager.

i sono molte voci: ad esempio, si dice che
Mejerchol'd spirato sotto le sevizie; pu darsi che
siano stati uccisi in carcere, in ogni caso non abbiamo
una sola testimonianza di qualcuno che li abbia in-
contrati nei luoghi di prigionia.

uanto a me, io sono stato rinchiuso in un cam-
po della Mordovia, una istituzione piuttosto antica,
organizzato prima del 1917 per i prigionieri di guer-
ra austriaci, e poi rapidamente adattato alle esigenze
della rivoluzione. Insomma in uno dei tradizionali
Lager sovietici, ma ai tempi di Babel' e di Mejer-
chol'd non erano quelli principali. Bench gi allora
in funzione, non reggevano il confronto con gli altri
quelli colossali del Nord, dell'Asia centrale e della

Siberia.

a un punto di vista formale, giuridico, io sono
stato condannato per propaganda e agitazione antiso-
vietica; di fatto, perch scrivevo oPere letterarie e le
spedivo clandestinamente in Occidente, e questi testi
erano considerati antiregime.

er questo motivo mi fu applicato il cosiddetto
articolo 70, quello che ha colpito poi molti altri
dissidenti, che punisce i "crimini contro lo Stato par-
ticolarmente pericolosi". Non mi riconobbi colpevo-
le per il semplice fatto che non ritenevo e non riten-
go che la letteratura possa essere considerata una for-
ma di lotta politica.

nch'io sono capitato nel carcere della Lubjanka
- Lubjanka una parola fatale per un cittadino sovie-
tico -, ma di passaggio, perch il Kgb, volendo ap-
parire pi indulgente, pi clemente agli occhi della
popolazione, aveva destinato ai politici quello di Le-
portovo.

uando capiti la prima volta in carcere rimani
sconvolto: tutto ti sembra una specie di sogno, di
insulto, perch tutto organizzato in modo da
schiacciare l'individuo.

a prigione sovietica , esteriormente, perfino
teatrale, ti immerge in uno spettacolo cupo: sono
terribilmente arcigni i capi, le guardie non conversa-
no mai e, quando urlano, abbaiano frasi spezzettate,
e poi il regolamento: braccia dietro la schiena, e co-
si via.

o sono stato arrestato dalla milizia, per la strada,
in pieno giorno, mentre me ne andavo a fare lezione:
non c'era nessuno attorno, in una frazione di secondo
mi hanno spinto in una macchina, nessuno si accor-
to di quello che accadeva, un lavoro di polizia di
prima classe.
Nel suo ultimo libro Good night.l, firmato ancora
Abram Terz, ricostruisce un suo dialogo con l'inqui-
sitore.

o: - Non picchiate pi la gente. Lo facevate
prima, lo sa. E non picchiavate solamente, c'erano le
torture...

ui: - Lo facevamo quando?

o: - Be', sotto Stalin.

ui: - Che Stalin era?
Ma l'esperienza che ha segnato l'esistenza di
Sinjavskij il campo di lavoro.

'ambiente era molto interessante ed eteroge-
neo. I Lager della Mordovia erano destinati a "po-
litici" di ogni tipo, cosicch il mondo che vi era
racchiuso, per me sotto molti aspetti surreale e fiabe-
sco, esprimeva non solo l'intero Paese ma anche, in
una certa misura, l'intera nostra epoca, nei suoi vari
momenti storici.

d esempio, con me erano reclusi, ancora da-
gli anni della guerra, partigiani anticomunisti del-
l'Ucraina e degli stati baltici, e insieme giovani dissi-
denti arrivati quando fui deportato o negli anni suc-
cessivi, poi c'erano dei criminali di guerra autentici,
come i Polizei, responsabili di veri e propri massacri,
per i quali la pena era di venticinque anni, e che
quindi feci in tempo a vedere, e poi c'erano molti
qualificati come politici ma in realt imprigionati a
causa della loro fede religiosa: rappresentanti di varie
sette e di piccole chiese, talvolta incredibili, esistenti
illegalmente ancor prima di Pietro I, e poi c'erano
anche ladri e banditi comuni condannati per reati
ideologici .

uindi l'ambiente era il pi interessante che
potessi desiderare e gli anni in cui incontrai tutte
queste persone fuori del comune furono il periodo
pi ricco della mia vita.

a mla giornata, laggi, abbastanza noiosa e
uniforme, non cos appassionante come quella di
Ivan Denisovic.

lzata alle sei, gli altoparlanti trasmettono l'in-
no dell Unione sovietica, battono su un pezzo di
rotaia la sveglia, bisogna saltare in piedi e hanno
inizio le varie procedure, diverse a seconda dei Lager:
Si pu cominciare coi controlli oppure con la colazio-
ne; in genere il cibo molto scadente; tanto per
essere concreto, dir che la carne, un pezzetto picco-
lissimo, viene distribuita solo una volta all'anno, in
occasione del 1gennaio; per il resto tutto si riduce
sostanzialmente alla cosiddetta "sbobba", una mine-
stra cattiva e indigesta; poi i detenuti vengono con-
dotti nella zona del lavoro, che molto faticoso, non
tanto da farti crollare a terra, ma comunque este-
nuante.

o sono sempre stato adibito a opere di manova-
lanza; poi a met giornata il pranzo, ancora la stessa
sbobba del mattino; la sera finalmente riconducono i
prigionieri nella zona "abitativa" (il campo diviso
m due zone: di lavoro e di abitazione) e queste sono
indubbiamente le ore pi felici: un po' di tempo tutto
per te, puoi leggere qualcosa, parlare con qualcuno.

'altra parte devo dire che vivevo in uno stato
di permanente tensione, non fisica, ma psicologica, e
questo rendeva il giorno doppiamente faticoso, ma

assai stimolante.

ercavo sempre di ritagliarmi qualche fram-
mento di tempo tra un lavoro e l'altro per scambiare
due parole o addirittura, se non c'erano guardiani
nelle vicinanze, annotarmi qualche frase udita o pen-
sata che ero riuscito a ritenere a mente; questo, spe-
cialmente nel primo periodo, mi colmava le ore. Di
sera mi sembrava che la testa dovesse scoppiarmi per
la gran quantit di impressioni che avevo avuto e che
tentavo di fissare nella memoria; ma provavo anche
una profonda tristezza che nasceva dalla considera-
zione che tutte quelle ricchezze che vedevo e cono-
scevo sarebbero scomparse con me. Dio mio, mi di-
cevo, pu mai essere? Che peccato.
Vasilij Aksenov ha quasi sessant'anni. Insegna in
una universit americana. Assomiglia, per i grossi
baffi, a Gunter Grass. E stato costretto a partire per
l'Occidente: lo ha accompagnato Maja, la moglie. E
brutto scrivere con qualcuno alla nuca, dice, scrivere
per il cassetto.

Quando in un giorno di gennaio del 1981, dopo
avere attraversato il deserto della California, arriva
finalmente a Pacific Palisade, un amico gli dice:
tutto il giorno che ti cercano i giornalisti. Con un
decreto del Soviet supremo sei stato privato della
cittadinanza.

Vasilij Aksenov figlio di Evgenija Semenova
Ginzburg. Sua madre ci ha lasciato la pi impressio-
nante testimonianza dell'Arcipelago Gulag su quel
aledetto 1937, anno fatale per milioni di perso-
ne. Si intitola: Viaggio nella vertigine, ed il resocon-
to di incontri umani, nelle prigioni e nei Lager, di usi
e costumi, di solitudini disperate e di eroiche gene-
rosit.

Gli inquirenti pi duri sono alla Lubjanka, si dan-
no il cambio: interrogatorio per sette giorni, senza
dormire e senza mangiare. Nel gergo, il provvedi-
mento si chiama ettere al tappeto. Qualche volta
l'accusatore ha un abbandono umano: erdonatemi,
Zenja, mi appena nata una bambina. Non posso
rovinarmi.

ai miei figli non avete pensato, Volodja? E ai
figli di tutti coloro che avete rovinato?
orvo nero chiamata la vettura che trasporta
i prigionieri. E una macchina chiusa, di colore blu
scuro, suddivisa in tante piccole cabine, uno per abi-
tacolo, e manca l'aria.

Le detenute indossano una uniforme grigio-az-
zurra, inventata da Ezov, e quando il caldo imperver-
sa, sporche e sudate, si spogliano, e restano in reggi-
petto e in mutandine. Molte sono colcosiane o im-
piegate, definite hiacchieroneo ingue lunghe
anno parlato, e si sono prese dai tre ai cincue anni
di campo di lavoro, in base al paragrafo 10 cell'arti-
colo 58: attivit antisovietica.

C' chi si compromesso raccontando due barzel-
lette: tre anni e mezzo di pena per ogni storiella. Ma
una fanatica avventista, Lida Georgievna Mentzinger,
ricorda le parole del paziente Giobbe: uel che teme-
vo mi accaduto, ci che mi atterriva mi toccato.

Il processo a Evgenija Ginzburg dura sette minuti
esatti: nel nome delle Repubbliche socialiste sovieti-
che dieci anni di detenzione in rigoroso isolamento
e interdizione dai diritti civili per altri cinque. Non
ha rispettato la inea generale.

Nemmeno uno specchio per vedersi decadere,
consumare dalla fatica, dalle privazioni: con una lisca
di pesce si fa un ago, con i capelli il filo. Si ripetono
tre vocaboli che cominciano con la T: trotzkizm,
terrorizm, tjazelyj trud, che vuol dire lavori forzati;
le ragazze tedesche ne imparavano altrettante che
iniziavano con la K: Kirche, Kuche, Kindern, chiesa,
cucina, bambini. Coi cinquanta rubli che si ricevono
da casa, si pu acquistare allo spaccio sapone, denti-
fricio, e un numero limitato di quaderni e matite, e
perfino zucchero.
C' chi punito con l'isolamento: aJaroslavl' una
detenuta ha taciuto per 730 giorni, e in due anni ha
udito solo queste parole: sveglia, acqua calda, passeg-
giata, pulizia, pranzo, silenzio.

Le donne sopravvivono piu degli uomini, e con-
servano gli stimoli sessuali. Nei campi misti, c' chi
si vende per un po' di pane: ma le passioni sono quasi
sempre platoniche. Robert Conquest spiega questo
maggior bisogno d'amore con la minor fatica: le de-
tenute non vengono mandate a tagliar alberi, anche
col gelo, nella foresta. Evgenija Ginzburg annota:
bbiamo perduto i nostri cuori, le nostre famiglie,
la libert e adesso abbiamo perduto il nostro sesso.

Evgenija Ginzburg una comunista convinta, e
insegna marxismo-leninismo; il marito sindaco, una
autorit. Tra le compagne di detenzione ce ne qual-
cuna che conserva per Stalin un culto religioso, e gli
dedica addirittura dei versi: talin, mio sole d'oro.

Il pensiero di Evgenija va spesso, con tormento, a
suo figlio Vasja, che gi a tre anni canticchiava:
cco viene una dama / di Vasja la mamma. Sar
smarrito, in qualche orfanotrofio, e forse gli avranno
cambiato anche il nome. Come far a dormire senza
le nenie della balia Fima che gli cantava: ove lo
trover / l lo addormenter

Quando la arrestano ha poco pi di trent'anni.
Passa da Kolyma, Kamcatka, Pecori, Solovki: e sem-
pre la stessa giornata. Sveglia alle 5, ed un martello
che batte su una rotaia. Servono la razione: dieci
minuti per la prima colazione, cinque di intervallo a
mezzogiorno, cinque per la cena. Dodici ore di lavo-
ro, nelle cave e nei boschi. La domenica riposo: si
dorme pi che si pu. Ogni due settimane un bagno.
Indumenti che non proteggono: c' anche chi porta
scarpe di scorza di betulla e le malattie esaurimenti,
scorbuto, diarrea distrofica, avitaminosi - mietono
vittime.

Vasilij Aksenov, Vasja, si porta dietro anche la
storia della sua famiglia: i suoi genitori vengono arre-
stati quando ha cinque anni. Si vergogna di loro: e ci
sono due milioni di bambini nelle sue condizioni. Il
maestro crudele gli dice: l frutto non cade lontano
dall'albero.

E quando cresce, e comincia a scrivere, la diffe-
renza dagli altri non lo abbandona, e lo attaccano
erch Aksenov crea una letteratura che ci guasta E chiaro, compagni: vuole vendicare suo padre e sua
madre che sono stati nei Lager.

Quando ritrova Evgenija Ginzburg, Vasja un
giovinetto di sedici anni: lei ha appena passato i qua-
ranta, e gli pare tanto giovane. Non toccato da
quanto accaduto. Crede che il sistema sovietico sia
il migliore, non dubita di Stalin: i suoi hanno pagato
per un errore.

Magadan, la citt nella quale vive e dove la mam-
ma deve risiedere, un posto incredibile e straordina-
rio: Vi Si agita una folla curiosa, vecchi detenuti e
gente del Kgb, che allora si chiama Mgb, che indos-
sa, in genere, abiti di un tessuto ordinario, pesanti e
pelosi, ma anche vestiti all'europea, gran dame con
magnifici mantelli di pelliccia, o che sfoggiano volpi
argentate; persone trasferite per punizione al mare di
Ochotsk, e volontari che si sono spinti a lavorare a
Kolyma.

La madre ha un nuovo marito, un medico, che
un uomo di chiesa, e tutti e due lo spingono a studia-
re medicina, perch eventualmente nei campi ci sono
magglori probabilit di sopravvivere.

Evgenija ha una memoria formidabile: come fa-
ceva anche da prigioniera, gli recita i grandi poeti,
quelli del ecolo d'argento Vasilij li annota.

Poi l'universit, diventa specialista in malattie
polmonari, ma scrivere la sua vocazione. Dopo il
XX Congresso, e il discorso di Chruscev, i letterati
a Mosca si amano: niente concorrenza, niente invi-
dia. Mentre nell'emigrazione si detestano.

Una prova. Marija Sinjavskaja, moglie di Andrej,
dice a un giornalista: ' un proverbio da noi che
afferma: chi intelligente ama imparare, colui che
stupido ama insegnare. Il problema di Solzenicyn
che lui vuole sempre impartire lezioni al mondo oc-
cidentale. Il nostro Paese si trova in una situazione
cos catastrofica che i russi dovrebbero fare una cosa:
venire qui a imparare.

Nel suo primo romanzo, Biglietti per le stelle,
Aksenov racconta le vicende dei giovani, di anime
fiorate dal fuoco dell'esistenza. E un successo
mondiale, che per fa di lui un uomo celebre e uno
scrittore emarginato.

Ha imparato da piccolo a sentirsi iverso. Pri-
ma il Kgb va a prendere sua madre, sei mesi dopo
tocca al compagno Aksenov che sparisce nello stesso
modo. Fino a quando vanno ad arrestare anche Vasi-
lij, che ha cinque anni.

rrivaronoracconta on una macchina dalle
grandi portiere. La squadra era costituita da due
cekisti e da una donna, sempre della compagnia. Mi
presero, allontanandomi dalia nonna. E quanto ricor-
do vivamente di quella notte.

i portarono in un orfanotrofio speciale, per i
figli dei nemici del popolo, dove rimasi sei mesi,
finch arriv mio zio e riusc a ottenere un permesso
per portarmi via.

c'erano bambini provenienti da diverse fami-
glie, giocavamo con giocattoli normalissimi, ho in
mente il giorno di San Silvestro, con l'albero di Na-
tale, anche se loro non lo chiamano cos, perch
nessuno ci aveva mai raccontato niente della nascita
di Cristo, c'erano i doni elargiti dalla direzione. Io
non mangiavo molto, era una specie di sciopero della
fame.

ono stato fortunato: dopo cominciarono a cir-
colare voci; ai ragazzi allevati in questi istituti veni-
vano cambiati i nomi, poi trasferiti, cos non poteva-
no pi ricercare i genitori, n sapere chi erano.

vevo un fratellastro, Aleksej, che mia madre
aveva avuto dal suo primo matrimonio con un medi-
co di Leningrado. Mor di fame durante l'assedio.

miei parenti mi raccontavano che il pap e la
mamma erano stati trasferiti, per lunghi periodi di
tempo, nell'Estremo Oriente, poi nell'Estremo Nord,
ma che sarebbero tornati. Io per avevo intuito che
c'era in loro qualcosa che non andava, e per questo ne
soffrivo: avevo capito che non erano come gli altri
genitori. "Io" pensavo "sono un individuo di serie B,
sono un cittadino di serie B, sono un figlio di serie B."
Il perch, ossia perch facevano parte dei riottosi, e
non eravamo gente regolare, lo scoprii solo in seguito.

onobbi mia madre a Magadan, quando sapevo
tutta la storia, e non provavo il minimo senso di
turbamento. Lei aveva passato dieci anni nei campi di
Kolyma e, quando fu rilasciata, le fu concesso il per-
messo di insediamento.

veva una cosiddetta "limitazione dei diritti":
per esempio, non poteva votare per il grande Partito
comunista, e viaggiare. Era una ex detenuta, ecco la
sua collocazione sociale.

iuscii a ottenere un permesso per poterla rag-
giungere e cos Cl incontrammo dopo dodici anni di

separazione.

ominciammo a vivere insieme in un edificio in
rovina alla periferia della citt: io ho frequentato le
scuole normali, giocavo a pallacanestro, mi piaceva
ballare, proprio come gli altri ragazzi.

i nonostante, il nostro mondo era suddiviso
da varie classificazioni: i figli degli ufficiali del Kgb,
di ingegneri, di medici regolari, e il gruppo dei ra-
gazzi degli ex detenuti.
llora non sapevo molto di mia madre: sapevo
solo che era stata arrestata nel 1936, e poi rinchiusa
nel Lager, e non nutrivo il minimo dubbio sulla
grandezza di Stalin e del potere socialista. Sapevo
solo che si era trattato di un grave errore commesso
nei confronti dei miei, che erano innocenti, ma tutti
gli altri erano stati messi dentro giustamente.

ll'inizio, lei era piuttosto riluttante a raccon-
tarmi la verit. Pensava che sarebbe stato troppo peri-
coloso dire tutto a un adolescente inesperto. Poi, un
po' alla volta, si lasci andare. Io vedevo passare per
le strade colonne di prigionieri e le chiedevo: "Chi
sono? Perch cos silenziosi?" e piano piano seppi
come aveva vissuto nel lungo tempo che eravamo
stati lontani.

uando venne chiamata al banco dei testimoni,
trov il coraggio di non sottoscrivere l'atto di accusa.
La picchiarono, le fecero mancare l'acqua e il cibo, la
sottoposero a lunghissimi interrogatori, la cosiddetta
"catena di montaggio".

a in quel periodo non avevano ancora applica-
to i ventidue metodi di quello "etico". Mio padre lo
speriment di persona, e disse che nessuno avrebbe
mai potuto resistervi. Firm.

Magadan, mia madre e io abbiamo trascorso
insieme notti tremende, con il vento che soffiava,
lampi paurosi, e noi dentro a parlare e parlare.

ra diventata molto religiosa. Questa fede ar-
dente fu in gran parte la conseguenza di una rivela-
zione che lei ebbe grazie all'incontro col suo futuro
marito, il medico tedesco Anton Weital, un cattolico
convinto e praticante.

suoi genitori non andavano mai in sinagoga,
avevano una concezione positivista. Gran parte del-
l"'intelligencija" russa era materialista anche prima
della rivoluzione bolscevica.

a sua -amlg_la aveva qulncl una impostazione
atea: ma dopo aver conosciuto i campi di deportazio-
ne lei si era resa conto che la religione forza, un
aiuto a sopravvivere in condizioni cos difficili, e si
trasformata in una fedele cristiana.

o trascorso con lei due anni a Kolyma. E stato
in questo periodo che mi sono diplomato. Durante
questa permanenza l'hanno arrestata di nuovo: era il
1949. Si trattava del procedimento definito "secondo
grado". Molti detenuti, gi rilasciati, vennero ripresi
nuovamente, con le stesse accuse per le quali avevano
gi scontato la loro pena.

imase dentro solo un mese, ma dovette firma-
re che accettava l'esilio perpetuo nella zona di Ma-
gadan.

ra una citt unica nell'Unione sovietica, la pi
libera della nazione, perch l vivevano persone che
non avevano nulla da perdere ed esprimevano senza
reticenza i loro sentimenti.

ontribuirono veramente alla mia formazione,
perch a cena, o durante gli incontri, discutevano
delle loro diverse opinioni, della letteratura proibita,
di argomenti assolutamente banditi o dimenticati.

io padre venne condannato a morte, e trascor-
se un mese in una cella speciale, in attesa dell'esecu-
zione. Poi, all'improvviso, la sentenza fu modificata:
quindici anni di lavori forzati, pi tre al bando, al
confino. Li pass nel campo di Vorkuta.

rascorsero otto anni senza che mia madre ri-
cevesse sue notizie, nemmeno una riga. Si rividero
nel 1952; forse allora avevano intenzione di riunire
la famiglia, poi il proposito svan nel nulla. Si separa-
rono, e lui spos una donna con la quale visse a
lungo. Successivamente riusc a ottenere una pensio-
ne dal partito, persino l'Ordine di Lenin e l'apparta-
mento.

a allora ha sempre vissuto da pensionato nella
citt di Kazan' di cui una volta era stato sindaco_ F.d
ancora l questo galantuomo di novantadue anni di
cui diciannove passati in esilio. Mia madre morta
nel 1977.
Iosif Aleksandrovic Brodskij, poeta, nato nel 1940
a Leningrado, una volta Petersburg, Peter per la gente,
Premio Nobel per la letteratura, apprezzato anche da
Anna Achmatova, ha sulle spalle una condanna a cin-
que anni per arassitismo ne ha scontato uno.

Adesso vive in America, dove insegna, e viaggia
spesso in Europa. Non pensa di ritornare a Mosca
perch, mi ha detto, on si ritorna mai dalla prima
moglie. La spiegazione nei suoi scritti: essun
paese arrivato al virtuosismo della Russia nell'arte
di distruggere le anime dei suoi sudditi.

Suo padre era un ebreo senza tessera, un fotore-
porter che scriveva anche articoli; la madre, che par-
lava tedesco, aveva passato l'infanzia in Lettonia.

I suoi ricordi sono raccontati con ironia, con spre-
giudicatezza, con gusto provocatorio: e nel mio
passato c' qualche motivo di orgoglio, che sono
diventato un detenuto, non un soldato.

Rievoca la giovinezza invasa dalla immagine di
Lenin sui libri, sulle pareti, sui francobolli, sulle mo-
nete, con quella arbetta da cane mentre parla da
un autoblindo o da un podio, sempre col braccio
ammonitore alzato, e loro, i virgulti del regime, sen-
za una stanza in cui attirare le ragazze, rassegnati ad
avventure amorose che sono per lo pi camminate o
chiacchiere senza fine.

Eppure scrive, l domani meno attraente dello
ieri, fa galera meglio dell'esercitoperch man-
canza di spazio controbilanciata da eccesso di tem-
po e bisogna accettare il proprio ruolo, anche se la
commedia atroce, perch i sono dei luoghi in cui
la storia inevitabile, come un incidente automobili-
stico. La conversazione, con lui, corre sul filo del
paradosso, o dell'assoluto distacco.

- Perch stato arrestato nel 1973?

accaduto molto tempo fa, sono quasi vent'an-
ni; non ha pi importanza.
- Lei ha detto che la prigione meglio dell'eser-
CitO: perch?

'esercito insegna a odiare gli stranieri, la pri-
gione i propri compagni, non gli estranei.
- Qual il momento del processo che si pi
fissato nella sua mente?

i ricordo tutti, ma non ci penso spesso; acca-
duto nella mia incarnazione precedente.
- Com'era la sua vita in quel periodo

bbastanza normale: un po' dura, un po' diffici-
le, certo dovevo lavorare per lo Stato, quello che voi
dite "lavorare in agricoltura", ero semplicemente un
uomo forte, un lavoratore stagionale, e la stagione
era troppo lunga.
- Che significa essere cittadino sovietico, ma
ebreo?

li ebrei, nell'Urss, rappresentano una sorta di
capro espiatorio: c' insicurezza in quelle societ.
Ogni essere umano ha una certa capacit di colpire,
una riserva d odio, di emozione negativa.

a cosa pi normale sarebbe concentrare questi
sentimenti contro il governo, o su altre persone di-
sponibili, ma in Russia la tradizione vuole che si
condensmo sugli ebrei.

uesto vecchio odio, che ha causato le grandi
tragedie razziali, essenzialmente un modo con cui
l'individuo esprime l'insoddisfazione per le proprie

condizioni.
- Che cosa accadde quando lasci il suo Paese?

i alzai pi presto del solito, verso le sette
Salutai I miei genitori e i vicini, andai all'aeroporto
dove mi perquisirono, la solita routine.

resi poi un aereo per l'Ungheria, e all'aeropor-
to di Budapest aspettai quattro, cinque ore il volo per

Vienna; dur due ore. E tutto. Non c' molto da
ricordare, a parte le emozioni.
- Che cosa le manca del suo vecchio mondo,
adesso?

i manca il paesaggio, mi mancano alcune per-
sone, mi manca l'idea di essere sulla stessa barca degli
altri; mi manca un certo spirito egalitario di una
societ dove tutto quello che si compera uguale per
tutti, e dove c' poca variet, e tutti mangiano le
stesse cose. Mi manca tutto questo, che fa nascere
quello spirito di cameratismo nella sventura.

on mi interessa tornare: forse in futuro, ma
non ora; non ritorno sui miei passi come un boome-
rang, non si pu attraversare due volte lo stesso fiu-
me, neanche se il fiume di casa propria: come
ritornare al passato. Ma della mia terra ho la parte
migliore: la sua lingua, la sua letteratura.
Dice un verso di Anna Achmatova: hiotta,
ghiotta di vivo sangue la terra russa.

C' l'ordine di uccidere Trotzkij, e porta la sua firma:
Iosif Vissarionovic Stalin. E poi, per consenso, quella
di altri tre membri del Politbjuro: Vorosilov, Molo-
tov e Ordzonikidze. Lo ha scoperto negli archivi
sovietici il generale Volkonogov, direttore dell'Isti-
tuto di storia militare dell'Unione sovietica.

Lev Davidovic Trotzkij, dopo un lungo e trava-
gliato pellegrinaggio, si rifugiato in Messico, in
una villa che come una fortezza, e con una fedele
e vigile guardia del corpo: ma l'Nkvd lo insegue. E
in una calda giornata d'agosto del 1940 la morte lo
raggiunge. Con un colpo di piccozza in testa, l'agen-
te spagnolo Ram Mercader gli spacca il cranio.
Trotzkij, moribondo, ha ancora il fiato per sussurra-
re: on uccidetelo; bisogna farlo parlare.

Ma Ram Mercader passa vent'anni in carcere,
tacendo: i russi gli procurano un bravo avvocato,
proteggono la sua famiglia, fanno il possibile per
rendere meno penosa la condizione di detenuto. Ka-
linin, presidente dell'Urss, onora sua madre con
l'Ordine di Lenin, e Berija, con squisito pensiero, per
festeggiare l'evento, le manda in omaggio una cassa
di vino del Caucaso, riserva imperiale 1907, con tan-
to di stemma dello zar sull'etichetta.

Le ceneri di chi ha ucciso in nome dell'ideale
sono sepolte a Mosca, nel cimitero di Kuntjevo: ac-
canto a lui riposa un celebre spione, l'inglese Kim
Philby. Sul monumento funebre scolpita una dedi-

ca: ll'eroe dell'Unione sovietica Ram Ivanovic
Lopez il suo nome di battaglia.

Chi Iosif Dzugasvili detto Stalin? Trotzkij lo
definisce a mediocrit di maggior spicco del nostro

partito.

Fisicamente non come appare nelle fotografie:
rasecondo la descrizione di Erenburg che lo vede
negli ultimi tempi n vecchio piuttosto piccolo, con
il viso come sforacchiato dagli anni; aveva la fronte
bassa, gli occhi vivi, acuti.

E moralmente? na persona di grande intelli-
genza e di ancora maggiore perfidia.
Ci sono tante altre interpretazioni del personag-
gio. Hopkins, il consigliere di Roosevelt, sbrigati-
vo: lto 1,67, deve pesare 80 chili De Gaulle gli
riconosce na specie di fascino tenebroso Gilas lo
trova iccolo e malcostruito con il torace breve e
stretto, fianchi larghi, braccia e gambe troppo lun-
ghe, il compagno Barmine lo dipinge anche peggio:
a faccia butterata [...], la sua espressione non rivela
mai il suo sentimento.

Impietoso il giudizio di Sostakovic, il composito-
re che molto ha sofferto per le critiche del ozd'
talin era un ragno, e chiunque si fosse avvicinato
alle sue tele doveva morire.

Molotov, che ha visto sua moglie Polina partire
per il Lager, ma che gli stato devotamente vicino
fino all'ultimo, lo difende: o stesso avrei potuto
morire, se lui fosse vissuto ancora. E dico chiaramen-
te che, nonostante questo, l'ho considerato e lo con-
sidero ancora un grande uomo capace di adempiere a
compiti giganteschi e difficilissimi che nessuno di
noi avrebbe potuto affrontare.

Anche Stalin ha piccole manie: durante le riunio-
ni, mentre ascolta, scarabocchia con una matita rossa
tante figurette di lupi, indossa sempre, per fedelt a
una immagine, una giacca militare, e calza stivaloni
di cuoio, con tacchi che lo alzano di almeno un paio
di centimetri, fuma una pipa Dunhil, ama le canzoni
popolari georgiane e un disco tedesco: rinkst
trinkst, Bruderlein, trinkst! Lassest die Sorgen zu
Haus - Bevi, bevi, fratellino! E lascia a casa le preoc-
cupazioni ha delle fobie: la paura della morte e
dello spazio; permette, compiaciuto, che ritocchino
le sue fotografie per alzargli la fronte.

Lenin lo chiama l Gengis Khan che ha letto il
Capitate Hitler ne ha invece una grande conside-
razione: talin e io siamo i soli che guardano al
futuro. Stima del resto ricambiata: interrompe il
compagno Neumann che, con ragione, critica il
Fuhrer: asciate perdere; secondo me un vero dia-
volo!.

Per Svetlana, il padre na grandiosa combina-
zione di luci e di ombre. Quando la ragazza, che
Iosif chiama olombella io passero gli raccon-
ta del dolore di una compagna di scuola il cui padre
stato prelevato dalla polizia segreta, il eneralissi-
morisponde brusco: 'Nkvd non sbaglia mai.

Chiama 1 suoi collaboratori attini ciechi. Non
ha riguardo per nessuno. Dicono perfino che, alla
Krupskaja che lo disapprova, fa sapere: e non la
smette, il partito proclamer la vecchia bolscevica
Elena Stasova vedova di Lenin.

Deporta le piccole nazionalit: i treni militari
trasportano in Oriente migliaia di ceceni, di urgusci,
di tartari della Crimea, di calmucchi, di tedeschi del
Volga. Secondo il demografo Maksutov, per fame o
per repressione, sono morte pi persone di quante ne
hanno perse tutti i paesi del mondo nelle due guerre
mondiali.

Ha paura di volare e non sale mai su un aereo; gli
piace curare le rose e i meli piantati sulla riva di uno
stagno, coltiva una piccola limonaia e semina angu-
rie. In giardino ha sistemato nidi per gli uccelli e per

gli scoiattoli. Ascolta musica su un grammofono che
gli hanno regalato gli americani.

Durante uno spettacolo al Bol'soj Churchill lo ve-
de turbato. Il baritono Razumovskij canta ballate po-
polari che narrano le tristi vicende degli esiliati in
Siberia; anche Stalin forse preso dalla malinconia e
dai ricordi, perch stato deportato nella ajg. Tira
fuori di tasca un gran fazzoletto e si asciuga le lacrime.

Ride alle comiche di Chaplin. E uno spettatore
dai gusti semplici: gli piacciono film come Viva Vil-
la! o Nostro pane quotidiano di Murnau, e anche le
pellicole che raccontano storie di gangster, proibite
al pubblico, lo entusiasmano, e fra i divi degli anni
Trenta i preferiti sono Clark Gable e Spencer Tracy.
Tra le letture predilette Gogol', Cechov, Hugo, Bal-
zac e Thackeray.

Per Stalin non c' niente di meglio - e Trotzkij
ne d conferma - che dentificare l'avversario, pre-
disporre ogni cosa, vendicarsi per bene, mangiare
carne alla griglia, bere una bottiglia di "Mukuzani",
una buona fumata e poi andarsene a dormire.

Ma, confida a Svetlana, ualche volta sei costret-
to ad andare contro coloro a cui vuoi bene. Per,
insegna un proverbio di queste parti: uando de-
vi combattere non perdere tempo a scegliere i ba-
stoni.
Spiega a Jagoda la sua filosofia: preferisce che la
gente lo appoggi per timore anzich per convinzio-
ne, perch le idee possono anche cambiare. Ha letto,
e la ricorda, una massima di Cosimo de' Medici: n
nessuna parte ci viene ordinato di perdonare i nostri
amici. Del resto Lenin, che lo ammira per la fer-
mezza e la mente risoluta, lo ha previsto: piatti di
questo cuoco saranno troppo pepati.
Romain Rolland, che lo incontra, lo trova
traordinariamente umano. I fatti non lo dimostra-
no. Quando Aleksandr Svanidze, un cognato, non

ammette l'errore e viene spedito in un campo per
essere eliminato, si indigna: uardatelo questo tipo
altero; morto, ma non ha chiesto perdono.
Il padrone, come lo chiamano, non risparmia nes-
suno. Pochi gli danno del tu, Vorosilov, Ordzo-
nikidze, e il gentile e umano Avel' Enukidze, per il
quale sempre oba come ai tempi della rivolu-
zione, o il familiare oso.
Molto diversi, fisicamente e anche nei comporta-
menti: Avel' alto e biondo, di modi cortesi, genero-
so. Gli piace dedicarsi agli altri, soccorrerli: anche i
parenti degli arrestati si rivolgono a lui per chiedere
aiuto, e non rifiuta mai.
E scapolo, e lo rallegrano i figli di chi gli sta
attorno, che ricopre di regali. I ragazzi di Stalin ama-
no molto io Avel' che racconta le favole degli
spiriti della montagna, che insegna loro a nuotare e
ad andare sui pattini, che fa da paciere quando Na-
dezda, la seconda moglie, e Iosif litigano.
Forse ha sbagliato esasperando, sulla stampa, il
suo molo nel movimento clandestino a Baku, ma ha
subito cercato di porre riparo, con un articolo che
esalta invece la supremazia di Stalin.
Ma, accusato, Enukidze non vuole umiliarsi. Lo
sfrattano dall'appartamento che ha al Cremlino.

Cade in disgrazia.

Punto primo: asciare a piedi che significa via
la macchina e l'autista personale.

Punto secondo: orpire alla pancia niente men-
sa dei capi, niente negozi privilegiati, dove c' di tutto.

Cos, quando va a Mosca, Enukidze deve accon-
tentarsi di una stanza al Metropol, che ospita anche
modesti funzionari e turisti di passaggio.

Tra i peccati che gli rimproverano c' anche un
eccesso di attenzione per le ballerine del Bol'soj, che
per la verit fanno il possibile per incoraggiare quel
giovanotto garbato e potente.

Stalin con le donne non si mai sprecato: gli
sempre bastata la moglie, e negli ultimi tempi, dico-
no, una paffuta governante col naso all'ins. Si la-
menta Nadezda, la sposa che finisce suicida: al
terzo giorno che sta zitto, non parla con nessuno, e
non risponde quando Ci Si rivolge a lui.

Ma buttano io Avel'fuori dal partito er cor-
ruzione politica e morale. Jagoda, dietro suggeri-
mento di Stalin, inventa una storia romanzesca.

C', in servizio al Cremlino, una dama composta,
colta, intelligente e innocua, che conosce le regole
del bel mondo, perch ha servito anche al tempo
dello zar, e organizza i ricevimenti ufficiali, e inse-
gna alle consorti dei proletari vincitori come ci si
comporta a un pranzo di gala.

Le attribuiscono il non meritato rango di princi-
pessa, e raccontano che stato Enukidze a far entra-
re quell'aristocratica tra le mura della fortezza so-
vietica.

Avvertono il compagno reprobo (anche il nome
innocente: Abele) che sar accusato di spionaggio e
di tradimento della patria. Scoppia in un pianto irre-
frenabile.

Confessa ai giudici, fiducioso delle sue buone ra-
gioni, che ha tentato di dissuadere Stalin dal mettere
in piedi il processo contro Zinov'ev e Kamenev. Gli
dice: oso [ il vezzeggiativo georgiano], non c'
dubbio che ti hanno danneggiato, ma hanno gi sof-
ferto abbastanza: sono in carcere, fuori dal partito, i
loro bambini non hanno da mangiare. Soso, sono

.

vecchi bolscevichi come te e come me; non verserai
il loro sangue. Pensa che direbbe di noi il mondo.

Lo sguardo di Stalin carico di odio: icordati,
Avel', chi non con me contro di me.

Il 19 dicembre 1937 sui giornali appare una breve
notizia: il tribunale militare ha condannato Enukidze
a morte con altri sei terroristi e delatori. La sentenza
stata subito eseguita. Il commento, sussurrato,
acre: ncora una volta Caino ha ucciso Abele
Ho conosciuto Gula Dzugasvili, figlia diJakov e
nipote di Stalin, e con lei ho visitato il paese del
nonno.

Suo padre stato fucilato dai tedeschi in un cam-
po di concentramento; la madre morta di cancro. Si
chiamava Julija Isaakovna Meltzer, era ebrea, e per
due anni Berija la fece imprigionare. Stalin non volle
mai riceverla. Gula, adesso, sola.

E bruna, dalle fattezze minute, piccola; quando il
nonno la vide la prima volta disse: a questo il
ritratto di Jasa. Del primogenito del eneralis-
simonon sono rimaste che poche istantanee- anche
Gula lo ricorda vagamente, nella dacia, su un'auto-
mobile, prima della partenza per il fronte.

Guloska, Gula, come la chiamano tutti, non ha
fratelli. E laureata in francese. Ha una mentalit aper-
ta, e una conversazione garbata. Vive con la pensione
che le compete, come figlia di un ufficiale caduto, e
coi proventi del suo lavoro all'Istituto di letteratura
mondiale.

Il ritratto che Gula fa del nonno , ovviamente,
pi appassionato e benevolo; lei gli voleva bene, e lui
la chiamava adroncina appellativo concesso solo
alla prediletta Svetka, alla figlia.

luidice Gula on piaceva rivolgersi alle
persone di casa chiamandole per nome. Era buono,
mi prendeva in braccio, mi accarezzava. Quando si
toglieva il cappotto militare, mi sembrava pi picco-
lo, minuto, e questo mi pareva molto strano, e quan-
do se lo rimetteva, diventava quello delle fotografie
e delle statue, e mi incuteva un po' di paura.

'era qualcosa che ci separava, non riuscivo ad
avvicinarlo e a fargli capire ir mio affetto. Una volta
mi ha fissato, e ha detto a Svetlana: "Guarda come mi
osserva quella l".

llora Svetka mi ha spiegato che bisognava esse-
re pi gentili con lui, andargli incontro e baciarlo, e
queste parole mi hanno rattristata, e ho cominciato a

piangere.
Gula ha vissuto con Svetlana e il cugino Iosif
Morozov al Cremlino; il nonno non gradiva, invece,
le visite degli altri nipoti, figli di Vasilij, col quale
aveva apporti confusi.

ro piccola, ma capii che c'era la guerraraccon-
ta Gula erch andavamo spesso nel rifugio, e fin-
ch non fu finita non lo vedemmo pi. Era molto
premuroso con noi bambini, guai se piangevamo.
Non ci faceva regali, ma tutto quello che io possede-
vo lo dovevo a lui. Quando sono stata pi grande, mi
dava ogni mese del denaro, per le spese straordinarie,
per le lezioni private di francese. Aveva conservato
certe abitudini georgiane, offriva il vino anche ai pi
piccini, a me e a Iosif.

'erano sul suo tavolo molte bottiglie, e tanti
piatti, e gli faceva piacere vedere gli ospiti mangiare.
Lui assaggiava un po' di tutto: caviale, salmone, trota
affumicata, cetrioli freschi, melanzane in salamoia,
pasticci di carne, formaggi piccanti, torte e tanti tipi
di frutta. Non vero che fosse ingordo; era, invece,
piuttosto goloso.

n quei giorni,racconta Gula erija ha calun-
niato mia madre davanti al nonno. L'ha accusata di
spionaggio, senza precisare neppure a favore di chi.
Mio padre era gi caduto prigioniero, non sapevamo
nulla di lui. E stata in cella due anni, aspettando il
processo. Nessuno l'ha mai giudicata. A me non di-
cevano niente, e io mi sono abituata a vivere senza di
lei, l'ho dimenticata. Prima era detenuta a Mosca,
pOi, quando i nazisti avanzavano, l'hanno trasferita a
Engels, sul Volga, poi l'hanno riportata ancora nella
vecchia prigione.

n carcere non lavorava, era isolata, poteva leg-
gere; una sola volta ha avuto una compagna. Non
doveva avere contatti: non si doveva sapere chi era

uando l'hanno messa fuori, nessuna scusa, nes
sun chiarimento, soltanto una parola: libera.

ppena l'ho rivista, non la riconoscevo; avevo
paura a avvicinarla. Mia madre non ha mai pi in-
contrato il nonno, non venne neppure ai funerali
Non lo criticava, non diceva nulla, ma capisco il suo
silenzio. Io posso dire che lo amo, e penso che certa-
mente stato un grande uomo.

o una cosa: che Berija ha avuto un ruolo terribile
nella sua vita, come nella vita di tutti in Russia. Del
resto, quando spariva qualcuno della famiglia ero pic-
cola. Di Tuchacevskij, di Bucharin, dei bolscevichi di
Ottobre e dei generali non so nulla; sono fatti accaduti
prima della mia nascita. Ma non posso essere un giudi-
ce obiettivo; si tratta di una persona a me cara.
Stalin non tenero neppure in famiglia. Chiama
Jakov, davanti ai segretari, l mio sciocco perch
deplora le sue infatuazioni sentimentali; disprezza
Vasilij, che percuote le mogli, le caccia dalla sua casa
e ogni tanto le cambia; ammonisce l'insofferente
Svetlana, sempre alla ricerca del compagno ideale,
con considerazioni che escludono gli slanci del cuore
e mettono invece in rilievo il predominio dei sensi e
gli influssi delle stagioni. E rimasto vedovo due vol-
te: e Ekaterina Svanidze, mi ha detto un medico di
Tiflis, fu colpita probabilmente dal tifo, ma la dia-
gnosi della malattia rimase incerta.

Nadja fu vittima dei nervi, e pi triste,
pi arido, pi solo. Aveva cinquantadue anni. Ogni
giorno, sulla tomba di Nadezda, qualcuno deponeva
due rose; i custodi dicevano che era lui che le man-
dava.

Quando gli danno la notizia che Jakov morto in
un campo di concentramento tedesco, si chiude in
una stanza e passa la notte da solo. Al mattino si
accorgono che ha i capelli bianchi.

Ho conversato con Aleksandr Burdonskij, figlio
di Vasilij, quindi nipote ignorato dal signore del
Cremlino: Vasilij a ventitr anni generale d'avia-
zione, non ne ha neppure quaranta quando muore
dopo un'epica sbronza.

E stato un pilota eroico e un pessimo cittadino:
riconosce soltanto l'autorit del padre che lo schiaf-
feggia, lo offende, lo manda in esilio. Gli piacciono
le donne e i festini. Corre su automobili americane,
possiede una Mercedes rossa. Si comporta come se
fosse l'erede del potere. Nonostante l'aspetto trascu-
rabile, un grande seduttore: ha quattro figli da tre
mogli che lo adorano. Stalin si rifiuta di riceverlo e
non vuole vedere neppure questo erede.

Aleksandr Burdonskij, detto Josa, regista, lavo-
ra per il teatro e la tv, e mi spiega che n campo
artistico, il cognome della mamma meglio di quel-
lo di Stalin. Vive in un modesto appartamento non
molto lontano dal Gum, il grande magazzino, ha
modi cortesi ed eccessivamente affettati.

l nonnoracconta o non lo ricordo, e non so
se mi ha visto.
Quando, durante la guerra, il fronte si avvicin,
con gli altri parenti del capo fu sfollato a Kulbysev,
e c'erano le bambinaie, le janja che accudivano ai
ragazzi, e tra gli sfollati anche i figli di Chruscev:
uno, Juresa, malato alla spina dorsale, non prendeva
parte ai giochi.

miei ricordidice Aleksandr ono molto po-
chi e si ricollegano a cose indirette. Avevo paura del
suo nome e paura di lui. Si pu capire; tutti attorno
ripetono: il padrone, il padrone, il padrone, il padro-
ne, una parola che si usava molto a quei tempi, e che
mette paura quando si piccoli.

io padre era un uomo molto buono, allegro,
generoso, ma stato guastato dall'ambiente. Appro-
fittavano di lui, e forse si era convinto che tutto gli
era consentito. Penso sia stato una figura molto tragi-
ca, perch non era semplice vivere in quei giorni, e
su i lui pesava un'ombra troppo forte.

ono andato, dopo la morte del nonno, nella sua
dacia di Ussava, e mi ha impressionato l'enorme
quantit di libri, e com'era piccola la sua stanza: un
mobilio modesto, sembrava una cella di prigione

'ho visto, l'ultima volta, dalle tribune, e da
vicino, ai funerali, nella Sala delle colonne. Ero allie-
vo della scuola militare e mi portarono l. Guardavo
lui, e la gente che passava.

on posso dire che il mio cuore senta il richia-
mo di una persona amata. Non voglio entrare in un
discorso storico perch sono un profano. Probabil-
mente aveva un'intelligenza straordinaria, era un po-
litico eccezionale, con una volont di ferro e una
enorme fede nei suoi ideali, cos come lui li senti-
va. Mi richiama Shakespeare: ci vorr molto tempo
per capirlo in tutti i suoi aspetti, che erano incredibil-
mente infantili, e anche mostruosi. Come padre,
come marito e come nonno fu invece un grande
fallito.

vetlana, quando ritornata, veniva quasi ogni
giorno da me. E una donna molto spirituale- se ne
andata via per Ol'ga, la figlia, e poi perch non
c'era pi nulla del suo passato. Ricordo una sua frase:
"Io vado per i vecchi luoghi e trovo solo croci. Sento
che il mio viaggio stato inutile: non si ritorna nella

giovinezza '. Secondo la testimonianza di Boris Bazanov, che
per cinque anni, dal 1923 al 1928, lavora al Cremli-
no, nella stanza accanto a quella del capo, Stalin non
per niente spiritoso, e concede poco al colloquio.
Quando suona il campanello, pronuncia un unica pa-
rola: oppure: iammiferi e ricorda una sola
battuta, rivolta a un segretario, che il eneralissimo ritiene arguta: ovstucha, mia madre aveva un ca-
gnone che ti assomigliava tanto, solo che lui non
portava il pincenez. Tovstucha rise.

Aleksandr Orlov, ex generale dell'Nkvd, per
quasi vent'anni fa parte dei pi alti organi di sicurez-
za sovietica. Nel 1938, mentre in missione in Spa-
gna, sparisce con la moglie e con la figlia. E membro
del partito, e sa tante cose: attraverso il Canada arriva
in America. E dopo la morte di Stalin racconta. An-
che alla corte del ozd' come a quella del Duca di
Mantova, c' un buffone. Che rallegra il suo signore
e che pu concedersi qualche confidenza.

Si chiama Pauker, ungherese, e ha un istinto da
grande istrione.

A Budapest, prima di andare in guerra e di farsi
catturare dai russi, fa il parrucchiere al Teatro del-
l'Operetta, e, stando con gli artisti, si lascia andare e
rivela spiccate doti da attore comico. E insuperabile
nelle imitazioni.

Quando lo fanno prigioniero, sta per scoppiare la
rivoluzione: e lui, che in patria non ha famiglia, n
prospettive di un felice futuro, si arruola coi bolsce-
vichi.

Non che politicamente sia granch, non nep-
pure istruito, ma si affida alle risorse del teatrante e
all'istinto di sopravvivenza. Entra nella Ceka dove
viene adibito alle pratiche ordinarie: arresti e perqui-

sizioni.

Ma il nostro Pauker sa muoversi: conosce poco la
lingua e l'ideologia, ma molto l'animo umano. Di-

venta attendente del vicecapo della polizia politica, il
compagno Vjaceslav Menzinskij.

E un servitore pronto, che anticipa anche i desi-
deri, tanto che dopo la morte di Lenin diventa re-
sponsabile della sicurezza di Stalin e degli altri mem-
bri del Politbjuro.

Quando si accorge che Iosif Dzugasvili ha una
spiccata predilezione per le sardine, che bene si ac-
compagnano a qualche bicchierino di vodka, ne fa
arrivare di molto buone dall'estero. E in due si beve
meglio, cos Pauker brinda col quasi irraggiungibile
superiore, e lo rallegra con storielle scurrili e con
barzellette antisemite. Stalin, sempre cupo, con Pau-
ker si abbandona a irresistibili risate.

Pauker anche un osservatore acuto: ha visto
come Stalin si guarda attentamente negli specchi, si
aggiusta i capelli, si pettina i baffi. E allora pensa lui
alla toletta, insapona la faccia dell'idolo del popolo,
e col rasoio fa ra barba anche attorno alla gola del
diffidente georgiano, gli cura il guardaroba, gli in-
venta degli stivali speciali, e quando le truppe sfilano
davanti al Mausoleo, fa in modo che sotto i piedi del
padrone ci sia un sostegno di legno. E Pauker che
regola anche l'afflusso degli ospiti nell'appartamento
privato o nella dacia fuori di citt.

E poich anche i personaggi storici, come si
ViStO, anno qualche umana fragilit, o qualche gu-
sto particolare, ecco che Pauker fa raccogliere, per
rallegrare la solitudine del suo padrone, preziose col-
lezioni di disegni pornografici.

Egli lo ama sinceramente. Qualcuno dice: pi
vicino a Stalin di un amico, pi vicino di un fratelro.

E la sua devozione ricambiata: riceve in dono
due automobili, una limousine Cadillac e una Lin-
coln scoperta; ed decorato di sei ordini, quello di
Lenin compreso.

Pauker instancabile, e per la sceltissima platea
del Cremlino inventa una insolita rappresentazione.
Sostenuto da due guardie nella parte dei carcerieri,
l'istrione recita la scena di Zinov'ev che viene con-
dotto al sotterraneo per la fucilazione.

L'interpretazione realistica: Zinov'ev pallido,
ha gli occhi stralunati, si fa trascinare, si butta a terra
disperato, e si aggrappa a un agente: i prego, com-
pagno, per carit,implora hiamate Iosif Vissario-

novic.

Stalin sussulta dall'ilarit, e i suoi ospiti, ovvia-
mente, anche e chiedono il bis. Che viene subito
concesso: ma con l'aggiunta di qualche variazione.

Invece di cadere, stavolta Zinov'ev si erge, quasi
minaccioso, terribile, e grida, alzando le braccia ver-
so il cielo: scoltami, Israele, il nostro Dio l'unico
Dio. Stalin fa cenno di interrompere lo spettacolo:
l'allegria bisogna saperla misurare.

Nel 1938, a Mosca si processa anche Jagoda. Un
anno e mezzo prima era con Ezov in un sotterraneo
a controllare che la fucilazione di Kamenev e di Zi-
nov'ev si svolgesse regolarmente.

ouch come qualcuno lo chiama, non sa reg-
gere all'arresto e al cerimoniale dei processi. Misura
a passi frenetici la cella, non mangia, non dorme, e
parla tra s.

Al compagno giudice che lo interroga dice: o
non merito nulla da Stalin se non la gratitudine per
il devoto servizio; da Dio ho dovuto ricevere il pi
severo castigo, perch ho trasgredito ai suoi coman-
damenti. Di un'occhiata a dove mi trovo e giudica
tu stesso: c' Dio o no?.

Genrich Jagoda confessa anche che Pauker, pro-
prio il comandante della guarnigione del Cremlino,
una spia dei tedeschi. Si sa che cosa accade in que-
Sti casi.

Durante un discorso, l'imprudente Michail Pavlo-
vic Tomskij, leader dei sindacati e membro del Comi-
tato centrale, si abbandona a qualche considerazione
fuori dalla inea generale. Dice: ll'estero ci rim-
proverano di avere un regime monopartitico. Questo
non vero. Da noi ce ne sono molti. Ma, a differenza
che da loro, da noi uno al potere e gli altri in galera.
Alcuni anni dopo Si uccide per non essere arrestato.

Pericoloso parlare, e difficile anche pensare. Sta-
lin guarda e giudica, e trova tanti interpreti del suo
volere. E la vigliaccheria mette tutti contro tutti.

Nelle riunioni dei drammaturghi, registi e attori,
vengono accusati Tairov e, soprattutto, Mejerchol'd,
la cui autocritica considerata ebulosa e insincera
poi si chiude il suo teatro. I cineasti se la prendono
con Ejzenstejn e Dovzenko. I critici letterari comin-
ciano con Pasternk e Olesa, ma poi anche Kataev
Babel', Erenburg e Bulgakov sono accusati di or-
tuosit formalistiche. Sulla Krasnaja nov' esce un
articolo che incita a battersi er le rime classiche,
per i ritmi classici e armoniosi, per uno svolgimento
normale, classico del soggetto. Tra i pi perseguita-
ti, c' Michail Bulgakov, l'autore de I_ maestro e Mar-
gherita.

Certe sue opere teatrali vengono ritirate dal car-
tellone dopo duecento rappresentazioni, proibiscono
le riedizioni di alcuni racconti satirici, interrompono
la pubblicazione del romanzo La guardia bianca sulla
rivista Rossija.

Su di lui, in dieci anni, escono trecento articoli:
solo tre di elogi, tutti gli altri ingiuriosi. Confessa:
e mie forze sono esauste.

Si accusa del peggiore dei peccati, la vilt, la pau-
ra, ma non rinuncia ai suoi princpi: ottare contro
la censura,dice ualunque sia il potere in nome del
quale viene esercitata, il mio dovere di scrittore.

E considerato un ompagno di strada perch
ha creduto m un comunismo libertario, ma si ramen-
ta: on ho pi una speranza in cuore.
Decide di rivolgersi al compagno Stalin, l-
l'umanit del potere sovietico. Confessa: 'im-
possibilit di scrivere per me come essere segregato

VlVO.

E ancora: offro dalla fine del 1930 di una grave
forma di nevrosi, con accessi di angoscia, di crisi di
angina pectoris che fanno di me una specie di morto

vivente.

Konstantin Paustovskij lo ricorda triste e solita-
rio. Nell'impossibilit di pubblicare, inventa trame
strane e malinconiche e le racconta agli amici davanti
a una tazza di t.

Sul tavolo di Stalin ci sono quattro telefoni: uno
per ascoltare quello che si dicono il centinaio di col-
legati col citofono interno. L'ha installato un tecnico
cecoslovacco, comunista e riservato; ma, appena ha
terminato l'impianto, Jagoda lo fa sparire.

Nell'aprile del 1930, il giorno dopo il suicidio di
Majakovskij, morto all'inizio della Settimana santa,
Bulgakov sente squillare il suo apparecchio: ichail
Afanas'evic Bulgakov?.

.
i parla il compagno Stalin.)>

hi? Stalin? Stalin?
. Buongiorno, compagno Bulgakov.
uongiorno, Iosif Vissarionovic.
bbiamo ricevuto la vostra lettera e l'abbiamo
letta con alcuni compagni. Riceverete una risposta
positiva. E forse... Volete andare all'estero, no? Ne
avete veramente abbastanza di noi?
egli ultimi tempi ho lungamente dibattuto
questo problema: pu uno scrittore russo vivere fuori
dalla sua patria? Mi sembra di no.
vete ragione. E anche il nostro parere. Dove
volete lavorare? Al Teatro dell'Arte?
, mi piacerebbe, ma non ho avuto che rifiuti.
ate una domanda. Ritengo che questa volta
accetteranno. Bisognerebbe che ci incontrassimo per

discuterne.
h, s, Iosif Vissarionovic, ho grande bisogno di
incontrarmi con voi.
, dovremo assolutamente trovare un momen-
to. E intanto arrivederci e i migliori auguri.
Quel momento non fu mai trovato

Poco allegro il trattamento riservato a Michail
Zoscenko, drammaturgo e umorista. Gode di una
grande popolarit, ma cade sotto gli attacchi delle
organizzazioni di partito. Lo definiscono na scon-
cia, abominevole bestia n figuro marcio e deca-
dente n teppista privo di coscienza. Deve essere
cancellato dalla letteratura sovietica, e cos .

Il dittatore d il via alla campagna contro il o-
smopolitismoe il ervilismo verso l'Occidente Tocca al pi originale compositore russo, Dmitrij
Sostakovic. La Pravda del 28 gennaio 1936 pubblica
in terza pagina un articolo: onfusione invece che
musica. Ricorda il maestro: on dimenticher mai
quel giorno, probabilmente il pi memorabile della
mia vita. C' nello scritto lo stile di Stalin; contiene
anche un avvertimento: a faccenda potrebbe finire
molto male.

Poco dopo, l'affare Tuchacevskij. Racconta So-
stakovic: u un colpo terribile per me quando lo
fucilarono. Dopo avere letto la notizia, persi i sensi.

Michail Nikolaevic Tuchacevskij il solo amico
che il musicista ha tra i grandi del Paese. Lo descrive
come no degli uomini pi interessanti che ho co-
nosciuto: pareva baciato in fronte dalla fortuna a
fama, onori, gradi.

E molto bello e lo sa; si atteggia a protettore delle
arti, ma se ne intende davvero. Ama vestirsi in bor-
ghese, con abiti vistosi, e va nei piccoli cinema senza
scorta, e con l'autore della Sinfonia di Leningrado a
visitare l'Ermitage.
La guida assai sprovveduta, e lui rintuzza, a ogni
sproposito, il cicerone che si irrita. Ma quando la
guida chiede indispettita: a cosa vuole questo qui?
Chi ? e sente il nome, impallidisce. tudi, giova-
notto,lo esorta sereno Tuchacevskij on mai
troppo tardi.
Poco prima che lo arrestino, confida: ome mi
sarebbe piaciuto da ragazzo imparare a suonare il
violino. Ma mio padre non me ne ha mai comperato
uno. Non aveva il denaro per farlo. Penso che come
violinista me la sarei cavata meglio.

E lo stesso rimpianto di Mejerchol'd: quest'o-
ra me ne starei in orchestra a strimpellare il mio
strumento, senza alcuna preoccupazione.

Michail Nikolaevic Tuchacevskij soprannomi-
nato il Napoleone rosso. A quarant'anni marescial-
lo dell'Unione sovietica, ed considerato il massimo
teorico militare. Quando chiede con insistenza che si
aumentino gli aerei e i carri armati, Stalin lo accusa
di insensatezza.

Pensa a un esercito di lite, che si stacchi dalla
massa che troppo grande e lenta per essere mano-
vrata.

E stato ufficiale dello zar, e in sei mesi si guada-
gnato sei onorificenze, ma nel 1918 si arruola nelle
file bolsceviche che lo mandano con Vorosilov a
soffocare la rivolta di Kronstadt.

Sedicimila marinai chiedono quelle libert demo-
cratiche promesse da Lenin e da Trotzkij - di parola,
di stampa, di riunione -, vogliono che siano aperte le
carceri per i detenuti politici che appartengono ai
partiti socialisti. Trotzkij li avverte: i abbatteremo
a fucilate come lepri e cos accade.

Nel distretto di Tambov, i contadini, capeggiati
da un maestro di scuola, un tale Antonov, tentano
una insurrezione: Tuchacevskij spedito a domarla:
ubbidisce.

Poi diventa comandante dell'Accademia militare,
deputato del popolo, vicecommissario alla Difesa.

Gli piace far gite in macchina, andare in campa-
gna, e non trascura le avventure amorose. Oltretutto
gode di una invidiabile salute: riesce a sollevare con
un braccio una persona seduta su una seggiola. Nel
suo ufficio c' una palestra con tutti gli attrezzi per
la ginnastica.

Non ha amici, ma duri avversari come Budennyj,
quello che odia anche Babel' e Vorosilov, i ecchi
cavalleggeri. Non apprezzano, e non capiscono, le
sue intuizioni: sostiene che la prossima, inevitabile
guerra, sar vinta dall'aviazione e dai reparti coraz-

zati.

Il 1maggio del 1937 lo vedono per l'ultima
volta che attraversa la Piazza Rossa. E un uomo stan-
co, cammina a passo lento, coi pollici infilati nel
cinturone. Sta rigido e solo nella tribuna riservata
agli alti gradi, a destra del Mausoleo di Lenin. Viene
mandato a comandare il distretto militare del Volga-
appena arrivato a Saratov lo arrestano e lo riportano
a Mosca in un carro cellulare.

I servizi di spionaggio tedeschi hanno giocato un
ruolo fondamentale nel processo al maresciallo: Hi-
tler d una mano a Stalin. Forniscono i documenti
falsi per poterlo incriminare, ma anche senza quelle
denunce, ricorda Sostakovic, l capo e maestro sa-
rebbe riuscito a liberarsene in qualche altro modo
Elizaveta Nikolaevna Tuchacevskaja la sorella
del maresciallo; vive in una abitazione popolare col
secondo marito, pensionato. Tutta la sua storia rac-
colta in un album di famiglia: in alcune immagini
rivive una lontana felicit. Per quel suo legame ha
pagato un conto durissimo; adesso non le rimangono
che i ricordi.

Racconta: ra molto attraente, molto caro, mol-
to buono, una persona a modo. Capace, intelligente,
aveva ricevuto una adeguata istruzione militare. Al-
l'epoca della guerra civile i nostri ufficiali e generali
non passarono subito dalla parte dei "rossi". Michail
Nikolaevic fu uno dei primi, e gli diedero il coman-
do di una armata. Da quel momento ebbe inizio la
sua carriera.

a aveva gi fatto le sue esperienze. Nel primo
conflitto, fu preso prigioniero. Visse nel Lager-for-
tezza di Ingolstadt, con un tenente francese, Charles
De Gaulle.

uando poi il generale De Gaulle visit Mosca,
molti anni dopo, volle incontrare i parenti di quel
lontano compagno di prigionia. Lo vedemmo. Pro-
babilmente gli dissero che si trattava di uno spione,
ma lui non lo credette.

a nostra famiglia apparteneva alla piccola nobil-
t, nostro padre era un proprietario terriero, aveva due
fondi, ma spos una contadina di un villaggio vicino,
e per questo fu molto criticato, perch non era decoro-
so, e anche lui mut, in qualche modo, ne sub l'in-
fluenza, perch lei non era del suo ambiente. La mam-
ma lo am e lo rispett per tutta la vita, e io pure.

- Come fece il nobile Tuchacevskij a diventare il
compagno Tuchacevskij?

a risposta semplice. Tanto per cominciare, la
nostra famiglia visse in campagna, poi quando i ra-
gazzi hanno cominciato a studiare siamo andati tutti
a Mosca, ma tornavamo spesso nella nostra propriet.
E con la gente ebbe sempre un ottimo rapporto.
Il passaggio avvenne facilmente.
- Sostakovic ricorda la loro amicizia: da che cosa
nasceva?

alla comune passione per la musica. Tutti i
nostri familiari amavano la musica. La nonna sapeva
suonare molto bene il pianoforte e anche il pap.

l generale era un uomo dotato di grande talen-
to, disegnava, suonava il piano, si distingueva in tutte
le arti. Due nostri fratelli hanno studiato al conserva-
torio. Avevamo a casa due pianoforti a coda e una
biblioteca molto ricca, e si ascoltava musica da matti-
na a sera. Noi bambini, quando era l'ora di andare a
letto, chiedevamo di non chiudere le porte e di farci
ascoltare.
- Da che cosa fu provocato il rancore di Stalin
per lui e per gli alti gradi militari?

on chiaro, davvero non si sa. Uno dei nostri
pi famosi patologi un giorno disse che Stalin era
schizofrenico, vedeva in tutti un traditore, prese a
diffidare di Michail Nikolaevic. Stalin inoltre non
amava gli aristocratici, ma perch volle accanirsi pro-
prio contro di lui tra tutti quelli che si erano arruolati
nell Armata rossa, non lo so. Nemmeno adesso saprei

spiegarlo.
- Che parte ebbero i tedeschi nel processo?

itler invi segretamente una lettera che com-
prometteva Michail Nikolaevic, firmata di suo pu-
gno. Questo sicuramente non pu essere vero: Mi-
chail Nikolaevic era un uomo molto onesto.
- Ma aveva dei nemici?

redo di s. In apparenza non ve ne furono, ma
sicuramente qualcuno lo invidiava.
- Si rese conto che stava arrivando la tempesta?

apeva sopportare molto bene le contrariet e
celava abilmente le emozioni. E questo fin da quando
era un giovanotto. E nell'anno 1937, ricordo, mi
accompagn in macchina da qualche parte. E si mise
a pensare a lungo, e poi mi chiese: "Quante volte ho
chiesto a pap di comperarmi un violino, per diven-
tare un giorno un artista?". Forse aveva dei rimpianti.
Io non seppi trovare la risposta. Il 1937 fu un anno
cos duro che ci si poteva aspettare di tutto. Ma quan-
to accadde era proprio inatteso.

icordo bene l'ultimo incontro, nella dacia di
Petrovskol, dove "Misa" si era ritirato per qualche
giorno con la famiglia. Arrivai all'improvviso con
mio marito e mio fratello Nikolaj.

uando lo vidi, capii che stava accadendo qual-
cosa. Fino a quel momento non lo avevo mai visto
cos avvilito e depresso. Anche il pranzo, di solito
ricco di vita e di animazione, sembrava soffocato da
una oscura preoccupazione.

a cosa pi sorprendente era che le donne che
servivano in quella casa, prima affabili, divennero
arroganti e apertamente ostili. Sentivano qualcosa o
sapevano gi dei cambiamenti. Non lo vidi pi.
- Si sa dove l'arrestarono e dove fu portato?

li venne ordinato di raggiungere una destina-
zione dove avrebbe avuto un comando, e fu l che lo
imprigionarono. Lo presero con l'inganno.
- Confess o respinse le accuse?

a quel momento non si seppe pi nulla. Il
processo si svolse a porte chiuse. Quello che avvenne
l dentro, e cosa fu detto, non si pu proprio sapere.
Scrissero che tutti gli imputati avevano confessato la
loro colpa. Eppure erano uomini cos forti e integri...
Non so cosa dire.
- Qualcuno di voi poteva essergli vicino in quei

momenti?

oi non potemmo far niente. Sua moglie venne
a trovarci e ci disse: "Hanno arrestato Misa". Sapeva-
mo che alla Lubjanka non ci si poteva nemmeno

avvicinare.
- Cosa si sa della sua fine?

iente.
- Dove lo hanno sepolto?

ul n. 9 del giornale Druzba narodov apparso un
articolo dello storico Michail Geller. Ha scritto che
tutti quei sei, tra cui si trovava anche Michail Niko-
laevic, erano stati trasportati nel campo Chodinskoe;
li buttarono in una fossa e la colmarono di calce. Io
ho incontrato questo studioso, ma anche lui non po-
teva dirmi niente di pi, anche perch non gli aveva-
no lasciato libero accesso ai documenti che riguarda-
vano l'esecuzione di quella condanna.
- E stato riabilitato?

, nel 1957.
- E cosa successo alla vostra famiglia?

ll'inizio furono deportate ad Astrachan' la
mamma e la moglie di Michail. Dopodich venne
arrestato il fratello maggiore Nikolaj, e poi, in lu-
glio, lo e mio manto, pilota militare, eroe della guer-
ra civile, accusato di appropriazione indebita di ono-
rificenze e di spionaggio. Io, poi, ero legata a due
sple: lo sposo e il maresciallo.

i tardi scelsero per me una formuletta che,
sebbene fosse pi severa, era anche pi "veritiera":
Csir, e significava "membro di una famiglia di un
traditore della Patria".

opo ci fu il turno del terzo fratello, e poi delle
sorelle e dei pi giovani di noi. In seguito la moglie
di Michail Nikolaevic fu internata in un Lager, e dal
Lager trasferita a Mosca, dove venne fucilata nel
1941. E tutti noi eravamo nel Gulag.

unque: subito uccisero Misa, i fratelli Nikolaj
e Aleksandr, e mio marito Jurij Ignat'evic Arvatov.
Noi sorelle e le cognate ci trovavamo nei sotterranei
della Lubjanka. I nostri figli erano stati divisi tra i
parenti e gli orfanotrofi. La mia Marina visse con i
genitori del padre.

on voglio ricordare la loro miseria forzata: i
deboli erano senza diritti, mancavano anche dei ge-
neri alimentari indispensabili. Marina si ammal di
tubercolosi.
- Che cosa succedeva negli scantinati della Lu-
bjanka?

i ho trascorso dieci lunghi giorni, e poi sono
stata nuovamente mandata alla prigione di Butyrki, e
l fu terribile. Era estate, le finestre erano aperte, gli

uomini urlavano, soprattutto gli uomini, dalle undici
di sera fin verso le cinque del mattino. Quando mi
interrogarono la prima volta, io risposi la verit, ma
poi ammisi ci che non avevo commesso, perch la
vita l dentro era impossibile.
- Chi ha conosciuto in carcere?

olta gente, molte donne nella prigione e nel
Lager. Una era rimasta in piedi ininterrottamente per
ventidue giorni per rispondere alle domande. Quan-
do la vidi, aveva le gambe gonfie, enormi: non ag-
giungo altro.

n'altra voleva regalarmi i suoi gioielli perch
era assolutamente sicura che suo marito sarebbe stato
liberato al pi presto. Invece sono stati fucilati tutti
e due. Ovviamente non so dove. Io, invece, fui por-
tata via poco dopo.
- Chi emise la sentenza, un tribunale regolare?

n tribunale straordinario. Si chiamava "Troj-
ka", era un tribunale speciale.
- In che campo fu condotta?

d Akmolensk. E dopo nel Lager Korgandin-
skij.
- I carcerieri si comportavano umanamente?

o, molto male. Forse loro erano convinti che
noi fossimo davvero dei nemici. No, molto male.
- Qual era il cibo che distribuivano giornalmente?

n prigione davano molto da mangiare: del pa-
ne, delle zollette di zucchero, distribuivano il pran-
zo, il bollito, e anche qualcosa per cena. Ma nel Lager
ci nutrivano male.
- C'era, per caso, un momento di festa?

o, solo quando venne mia figlia vi fu un atti-
mo di gioia. Ma purtroppo potevo vederla molto
raramente.

aceva soffrire l'incertezza, il non sapere niente
dei propri cari. Mi tormentavo, pativo pensando a lei.
Chiesi se era possibile ottenere di soggiornare insie-
me, ma non ci fu risposta. Non si pu spiegare, non
si pu raccontare l'anima a pezzi: ci vuol poco a
impazzire. E impazzivano.

oi cucinavamo, lavavamo e pulivamo. Io, ad
esempio, effettuavo il servizio carcerario. Ero came-
riera in mensa. Servivo sul vassoio scodelle conte-
nenti cavoli congelati, e in quantit da dieta. A poco
a poco si cadeva nell'abbrutimento; ci stavamo abi-
tuando al buio profondo e al terrore.

osa fare di noi? Eravamo a conoscenza del fatto
che Molotov era a favore della fucilazione, perch
sapevamo molto. Evidentemente a qualcuno sembra-
va troppo comodo. Cos nel 1939 decisero di utiliz-
zarci come forza lavoro nei campi, o per un altro
impiego poco qualificato. Io ebbi fortuna e risultai
computista nella squadra dei trattoristi. Il livello cul-
turale, grazie a Dio, bastava: fosse bastato il pane! E
la sua quantit dipendeva dalla norma. Se volevi un
po' di razione in pi, dovevi realizzare il cento per
cento in pi. Ci riuscivo.

on la guerra, per quanto strano, tutto divent
pi sopportabile. La guerra una disgrazia comune,
le avversit eguagliano. La speranza nella vittoria era
un diritto per tutti, e i detenuti ci credevano non
meno degli altri, anzi molto di pi. Doveva portare,
pensavamo, anche la nostra assoluzione.

in cos il "decennio". Mia figlia e io ci trasfe-
rimmo appena fuori Mosca, ad Aleksandrov, ma non
per molto.

alt fuori che qualcuno aveva scritto qualcosa
su di me, e nel 1948 facevo di nuovo la mia appari-
zione alla Lubjanka

uando mi comunicarono la nuova sentenza,
dissi che non avrei resistito e che mi sarei uccisa. Il
superiore del carcere interno della Lubjanka ribad:
"Coraggio, Elisaveta Nikolaevna, l vi troverete be-
ne, lavorerete...".
o una memoria sorprendentemente viva, l'in-
tonazione di queste parole, da allora, mi risuona nelle
orecchie. E quel "l" risult essere Kolyma.

mpiegammo un anno intero per arrivarci. Ci
fermavamo a ogni stazione e dal promesso "bene"
eravamo ancora lontani. Tuttavia evidentemente
qualcosa stava cambiando. I capi del carcere davano
abiti, da bere, scodelle, senza arroganza. Questo era
un progresso significativo.

a doveva passare il 5 marzo 1953, quando
Stalin mor. Finalmente arriv il 3 gennaio 1956, la
mia data personale, il mio obiettivo, la mia libert.
Alle spalle c'erano diciotto anni e mezzo perduti.

arina non era sopravvissuta, mor la figlia di
Michail Nikolaevic, Svetlana. C' sua figlia Nina.

e Tuchacevskij non si incontrano spesso, ma
immancabilmente il 16 febbraio, il compleanno di
Michail Nicolaevic.

i prepara la tavola, e c' sempre l'anatra arrosto.
Gli piaceva. Non versiamo lacrime, non ne sono
rimaste. Non una commemorazione, ma, come si
usa, una festa slava, allegra.
- Che ricordi conserva di suo fratello?

migliori, certo. Nella nostra famiglia vi era una
grande amicizia. Ci si amava gli uni con gli altri, ma
lui forse era il prediletto perch era buono con noi
che eravamo ancora ragazzine. Faceva chiasso, gioca-
va persino, sebbene fosse gi adulto.

tare con lui era sempre interessante e piacevole:
leggeva, dipingeva e si esercitava col violino. Il violi-
no se lo era costruito con le proprie mani. Mio padre
cadde in rovina nel 1914. E cos non gli compr lo
strumento e Misa se lo costru da solo. E poi, anche
quando poteva permettersene uno nuovo, spesso uti-
lizzava il suo. E costru anche il violoncello di suo
fratello.

poi si interessava dei segreti delle maioliche
italiane e pubblic alcuni scritti sull'argomento,
inoltre parlava due lingue straniere: il francese e il
tedesco, e quando lessi i suoi lavori vidi che aveva
fatto anche la versione italiana e quella inglese.

ormiva cinque ore per notte e diceva che gli
bastavano, lavorava molto alacremente e portava
sempre a termine ogni iniziativa. Sedeva nello studio
e nulla lo disturbava: noi potevamo ballare e far suo-
nare il grammofono, i bambini giocavano e la sua
porta rimaneva aperta.
Hanno scritto Il'f e Petrov, due famosi umoristi:
on basta amare il potere sovietico. E lui che deve
amare te. E la crudelt spesso si accompagna alla

mistificazione.

Julien Benda, l'umanista che ha scritto La trahison
des clercs (l tradimento dei chierici, un saggio sul-
la fragilit morale di certi intellettuali, va a Mosca ed
e profondamente turbato dall'atmosfera che si respi-
ra. Si confida con Erenburg: he cosa successo a
Babel' e a Kol'cov? Domando e non rispondono. E
perch dobbiamo applaudire ogni volta che viene
pronunciato il nome di Stalin? Ho settantotto anni
ed un po' tardi per frequentare le elementari.

Paul Robeson, il famoso cantante negro, viene
accolto in Unione sovietica con grandi feste: balli,
concerti, banchetti. Ha un amico, un poeta ebreo,
Isaak Fefer, e gli piacerebbe rivederlo.

lielo manderdecide Stalin.

Li fa incontrare nella saletta riservata di un risto-
rante, dove allestita una cena ricchissima. Fefer
pallido e smagrito, e ha con s alcuni strani commen-
sali, che ascoltano distrattamente i discorsi. Robeson
e molto allegro, Isaak Fefer distratto.

Dopo la cena, il poeta viene ricondotto in carce-
re, dove muore, e Robeson racconta agli americani
che lo ha visto, e hanno brindato assieme, e che
circolano troppe calunnie antisovietiche.

La menzogna fa parte della natura di Stalin. Dice
a Kamenev e a Zinov'ev: oi chiedete il sangue di
Bucharin? Noi non ve lo daremo. E poi, durante un
brindisi: utti conosciamo e amiamo il nostro com-
pagno Bucharin, il nostro piccolo Bucharin. E lungi
da noi chi vuol rivangare il passato. Ma il compagno
Koba prepara la sua fine.

Anna Larina divent la moglie di Nikolaj Ivano-
vic Bucharin quando aveva diciannove anni. La de-
scrivono come na bella e giovane donna mentre
lo sposo non pareva proprio un seduttore: l suo
aspettoscrive nelle sue memorie M. D. Bajtalskij
ra quello tipico dell'intellettuale bolscevico di una
volta: una barbetta rada a punta, una giacchettina
sempre sgualcita, un modo vivace di muoversi.

Nikolaj Ivanovic ha passato da un bel pezzo i
quaranta e affronta la terza festa coniugale. Ventisei
anni lo separano da Anna. Vanno ad abitare in un
appartamento del Cremlino, dove ha alloggiato fino
al suicidio di Nadezda Allilueva la famiglia di Stalin.
Il quale, incontrando Nikolaj Ivanovic in un cortile
del rosso e misterioso edificio, esprime calorosamen-
te la sua ammirazione per la giovane signora:
ikolaj, mi hai battuto anche in questo.

Bucharin stato uno dei principali organizzatori
della Rivoluzione di Ottobre, e per vent'anni mem-
bro del Comitato centrale, per dieci del Politbjuro, e
per dodici ha diretto la Pravda; poi lo hanno retroces-
so alle Izvestija.

Lenin spesso polemizza con lui, ma lo considera-
va l maggiore e il pi valido teorico del partitoe
anche l prediletto tocca a Bucharin elaborare la
inea generale.

Anna lo conosce fin da quando era bambina, per-
ch Nikolaj Ivanovic frequenta i suoi genitori: e for-
se rimasta affascinata dagli occhi azzurri e pene-
tranti di quel piccolo uomo tanto robusto che sfida
scherzosamente Iosif Dzugasvili alla lotta, e lo in-
chioda per terra. E spiritoso e pungente, porta abiti
dimessi, e vive in maniera quasi monacale. Di carat-
tere schivo e distaccato, divora libri stampati in varie
lingue, e si diletta di pittura.

Racconta Anna Larina: i tutti i numerosi amici
dei miei genitori, quello che preferivo era Bucharin.
Durante l'infanzia mi attraevano la sua gioia di vive-
re, la vivacit, l'amore per la natura.

na volta entr nell'ufficio di mio padre Lenin,
io ero piccola e lo ricordo vagamente, c'era tanta
gente, e non voglio dire, come molti fanno adesso,
che aveva la erre moscia, che socchiudeva un occhio,
e che parlava con tono grave; ma una frase mi
rimasta impressa: "Bucharin il bambino d'oro della
rivoluzione".

o protestai: "Non vero, non fatto d'oro: lui
vivo". "Ma certo che vivo," rispose Lenin "ho
detto cos perch ha i capelli rossi."

el 1925, con uno slancio di tenerezza da bam-
bina, gli mandai un messaggio: "Voglio vederti. Sen-
za di te sono sempre triste".

tavo portandoglielo, quando per le scale incon-
trai Stalin che andava da lui. Gli chiesi di consegnar-
gli la lettera e lui acconsent.

el 1930 e dopo cercavamo di passare il tempo
insieme. Andavamo a teatro, alle mostre. Amavo le
ore che trascorrevo nel suo studio, al Cremlino. Alle
pareti c'erano tanti quadri. Sopra il divano il mio
acquerello preferito: "El' brus al tramonto".

poi molti uccelli impagliati, i trofei di caccia
di Nikolaj Ivanovic: aquile enormi con le ali spiega-
te, cornacchie grigio-blu, un codirosso dalle piume
rosso-nere, un falco smeriglio grigio-azzurro e una
collezione con tantissime farfalle. Nikolaj Ivanovic
mi leggeva ad alta voce pagine di Salambo di Flau-
bert.
volte, di sera, passeggiavamo a lungo a Sokol-
niki che a quel tempo era ancora periferia. Andava-
mo in tram, e i passeggeri che lo riconoscevano lo
salutavano, e qualcuno gli stringeva con affetto la
mano. E Nikolaj Ivanovic si confondeva, ed era co-
stretto a togliersi continuamente il cappello.

na volta ci sedemmo su una panchina dietro al
monumento a Puskin, e si decise al discorso serio. Mi
disse che i nostri rapporti finivano in un vicolo cieco
e che lui poteva scegliere solo tra due possibilit: o
unire le nostre vite, o ritirarsi, per lasciarmi libera.
Ce n'era una terza, disse ironico, impazzire, ma la

rifiutava.

coppiai a piangere di gioia e di incertezza: che
dirgli? Nikolaj Ivanovic mi guard sconcertato. Ero
tutta intirizzita, lui con le sue mani calde riscald le
mie.

nostri incontri continuarono, e una volta lui
volle leggermi qualche pagina del romanzo Vittoria
di Knut Hamsun. Aveva scelto i brani: "Che cos'
l'amore? Questo fruscio del vento tra i cespugli di
rose, questa fiamma che divampa nel sangue... L'a-
more la prima parola del Creatore. Quando Lui
disse: 'E sia il mondo', nato l'amore. Ma su tutto il
suo cammino fiori e sangue".

Ma perch sangue?" domandai.

Tu vorresti che fossero solo fiori? Ma non
cos nella vita."
Bucharin sente l'imbarazzo della situazione, il vec-
chio e l'adolescente, e le chiede: otresti amare un
lebbroso?. E lei capisce: hi, tu?e risponde di s.

Il padre commenta: pi interessante vivere
dieci anni con Nikolaj Ivanovic che dieci anni con un
altro.

Lenin lo considera n comunista marxista, dota-
to di eccezionale cultura; una diabolica mente instan-
cabile in politica Trotzkij ha qualche riserva: i
comporta alla sua solita maniera, mezzo isterica mez-
zo infantile.

Bucharin pensa che si deve arrivare al socialismo
mediante ragionevoli riforme; contrario alla collet-
tivizzazione forzata e allo sterminio dei ulaki i
cosiddetti contadini ricchi. Per questo viene conside-
rato apo dell'opposizione di destra.

Dopo Lenin il dirigente pi popolare. Figlio di
un maestro di scuola, ha frequentato lo stesso ginna-
sio di Il'ja Erenburg con lodevoli risultati, e alcuni
corsi all'Universit di Mosca, ma cresciuto coi
agazzi di strada.

Ama la letteratura ed ospite assiduo dello scrit-
tore Maksim Gor'kij, il aladino dei poveri e degli
umiliati alla cui mensa, anche in quel tempo di
carestia, si servono ottimi pranzi. Protegge fin che
pu il poeta Osip Mandel'stam che ha offeso il ditta-
tore. Quando cade in disgrazia e non ha alcun potere
per aiutare il povero Osip, sospira: on ho pi
cinghie di trasmissione. Gli aveva procurato un ap-
partamento, speciali razioni alimentari, e un editore
per le sue poesie.

Ha morta stima di Majakovskij, anche se si scaglia
contro i giovani, autori di liriche poco impegnate.
Bucharin pi conciliante:

n fin dei conti, Vladimir Vladimirovic, cosa
volete da loro? Hanno i coglioni.
erto,acconsente Majakovskij l male quan-
do li hanno pi grandi della testa.
Non c' in lui, raccontano, n grammo di va-
nit.

Parla a un congresso di scrittori, e alla fine
salutato da una ovazione. Roj A. Medvedev racconta
che subito dopo confida con tristezza ad alcuni amici:
i rendete conto di quello che avete fatto? Avete
firmato la mia condanna a morte.

Stalin, nelle feste, lo chiamava con un vezzeggia-
tivo affettuoso: ucharcik ma preparava la sua
vendetta per eliminare quel concorrente rispettato e
pericoloso. Accusa: cospirazione controrivoluzio-
naria. Nelle udienze del loro processo, Zinov'ev
e Kamenev, imputati di avere ucciso Kirov, il ca-
po del partito a Leningrado, hanno tirato in bal-
io anche lui, e compromesso anche Tomskij, lea-
der dei sindacati, e il tollerante Rykov, alleato di
Stalin contro Trotzkij, gi commissario agli Inter-
ni, presentato al popolo come eviazionista di de-
stra.

Tomskij si spara una rivoltellata e Bucharin dice
a Rykov: stato il pi intelligente di tutti noi.
Ci prova anche lui varie volte, ma gli manca la forza
di premere il grilletto: alla fine cadeva esausto.

Tutti lo attaccavano, e pi pesantemente Radek,
ma lui promette: on mentir contro me stesso.
Durante una riunione, Molotov grida: e non con-
fesserete, dimostrerete ancora che siete al soldo dei
fascisti, perch scriveranno nei loro giornali che ci
che accade nei nostri tribunali una montatura. Se vi
arrestiamo, confessate.

Molotov non lo stima, e ha lasciato scritto: ta-
lin spesso rideva di lui apertamente. In realt, mentre
Trotzkij non aveva piet dei contadini, e pensava che
questa gente non avrebbe mai sostenuto il socialismo,
Bucharin diceva che bastavano le misure economi-
che per farla finita con i "kulaki". E, poi, si compor-
tava come al solito: criticava aspramente la linea del
partito e tutto il resto.

Spiega Anna Michajlovna: ikolaj Ivanovic
aveva un carattere difficile; non si poteva mai dire
cosa ci si poteva aspettare da lui. La delicatezza d'ani-
mo e la spiccata emotivit lo portavano non di rado
a uno stato d'isteria. Piangeva con facilit.

Cos, per consiglio di Stalin, chiede perdono al
Plenum per avere condotto uno sciopero della fame
come protesta contro le accuse ingiuste che gli ven-
gono mosse, e mostra il suo lato debole.

Nel periodo della collettivizzazione va in Ucrai-
na e nelle piccole stazioni gli vanno incontro folle di
bambim affamati, con il ventre gonfio, e lui gli d
tutto quello che possiede

Quando vlene a sapere che a Mosca, durante la
Rivoluzione di Ottobre, ci sono stati a differenza che
a Pietroburgo molti morti, scoppia in un pianto irre-
frenabile.

E onesto: qualche volta deve chiedere prestiti al-
l'autista, perch ha rinunciato ai diritti dei suoi lavori
e alla paga di redattore. Riceve solo uno stipendio
dall'Accademia delle scienze.

Una volta che deve andare a Parigi, Stalin gli
dice: ai un vestito liso, Nikolaj Ivanovic; andare in
giro cos sconveniente, si deve essere ben vestiti
Nei momenti difficili e pericolosi riceve un tele
gramma di congratulazioni di Romain Rolland, che lo
stima, e pOl una lettera di Pasternk: essuna forza
mi costringer a credere nel vostro tradimento.

Bucharin scrive un testamento e vuole che Anna
lo impari a memoria. Quando vanno a prenderlo,
bacia JuriJ, il suo bambino di nove mesi, e dice alla
moglie di educarlo da comunista; poi le si inginoc-
chia davanti, e ripete: ono innocente. Siamo vitti-
me di uno dei drammi della storia.

Lo portano alla Lubjanka. Gli concedono la mac-
china per scrivere, e comincia un libro, suppon-
go pessimista, sulla natura umana. Chiedono anche
a lui, come a Rubacov - il protagonista di Buio a
mezzogiorno, il romanzo di Arthur Koestler - 'ul-
timo servizio. Le sue aspirazioni di un mondo pi
liberale, con fi democrazia, meno terrore, me-
no rigidit de partito sono ggettivamente perni-
ciose e quindi, nella loro essenza, controrivoluzio-
nane.

Nell'estate del 1937 Anna Larina viene arrestata
e mandata al confino ad Astrachan'. Poi sei mesi alla
Lubjanka, poi diciotto anni nei Lager.

Il figlio, allevato da una sua sorella, per vent'anni
non sa chi sono i suoi genitori.

Nell'aula, presenti anche gli inviati stranieri, Bu-
charin si riconosce colpevole: dice che aspira alla
restaurazione del capitalismo, ma respinge ogni re-
sponsabilit negli attentati. Non si sa se stato tortu-
rato: forse no; invece minacciarono di uccidere Anna
e il suo bambino. La rivista Oktjabr' nei resoconti lo
presenta come n maledetto incrocio tra un maiale
e una volpe. Uno scassinatore sotto le spoglie di un
dirigente politico.

L'accusatore il solito Vysinskij: chiede la massi-
ma pena Come per Jagoda, il capo della Gpu, che
invoca plet: ompagno Stalin, compagni cekisti,
risparmiatemi se potete.

Dopo sei ore di camera di consiglio, all'alba del
13 marzo 1938, la sentenza: viene ucciso nella notte
tra il 14 e il 15. Prima, scrive una breve lettera a
Stalin. Comincia: oba, a che ti serviva la mia mor-
te?. Non si sa dove sia sepolto.

Anna Larina una signora che conserva ancora i
segni dell'antica bellezza. Vive in un caseggiato mo-
derno, il figlio di Bucharin pittore, lei racconta le
sue vicende con voce ferma. Solo in certi momenti
gli occhi, dietro le lenti, brillano.

- Oggi Bucharin onorato e viene presentato
come un precursore della perestrojka. E vera questa
interpretazione?

, credo che sia giusta, ma adesso si pu ricorda-
re non solo lui, ma anche l'iniziatore della Nep,
Lenin. Bucharin stato il suo continuatore: ha intui-
to tutto ci a cui noi adesso aspiriamo, ma che per ora
non si riesce di realizzare molto bene; comunque io
penso e spero che riusciremo a riproporre questa eco-
nomia mista che avevano sognato i bolscevichi nel
1921, e che crollata nel 1929, quando Stalin l'ha
schiacciata.
- Suo figlio porta il cognome Bucharin?

o, non l'ha assunto. E un pittore, e ha quello
di suo nonno, mio padre. Sia pure con fatica, ha preso
unicamente il suo vero patronimico, mentre prima
portava quello del marito della zia che lo ha allevato
era Borisovic, adesso Jurij Nikolaevic Larin.
- Che uomo era Berija?

o ricordo come un individuo molto scaltro,
ma, dopo quello che avevo passato all'inizio (chiusa
in una cantina, nell'acqua, in condizioni tremende,
mi gridavano e mi urlavano contro, mi facevano assi-
stere alle fucilazioni), mi sembrava di essere capitata
in un palazzo e mi pareva che con me parlassero -
non sempre, ma in qualche modo - umanamente
Ma si trattava solo di astuzia.
- Qual il gesto pi nobile di cui fu oggetto nel
Lager, e il pi crudele?

e ne furono tre. Terribili. Quando arrivammo
al campo, ci misero sulla strada, al gelo, e ci fecero
circondare dai detenuti, e il comandante gridava:
"Sapete chi sono queste donne? Sono le mogli dei
peggiori nemici del popolo". Spaventoso.

oi quando strapparono la fotografia del mio
unico figlio, e ancora quando ho sopportato il pro-
cesso - ero gi detenuta - mentre condannavano
Nikolaj Ivanovic.
- Adesso si celebra il centenario di Pasternk. Fu
l'unico che scrisse a Bucharin parole di solidariet.
Cosa li legava?

a cultura. Penso che Pasternk sapesse che Ni-
kolaj Ivanovic amava la sua poesia.
- Perch adesso la gente desidera tanto conoscere
il passato? C' forse ancora qualcosa che non stato
rivelato.
on so. Forse che non stato detto tutto com-
pletamente. Ma si scritto a sufficienza per conside-
rare Stalin un criminale. Bisogna dire che, purtrop-
po, ci sono ancora da noi di quelli che, come prima,
continuano a idolatrarlo.
- Lei spesso adopera frasi come ivoluzionario
di professione. Perch?

erch? Perch chi apparteneva a quell'ambien-
te si occupava solo dell'attivit sovversiva, nonostan-
te molti di loro avessero competenze professionali in
altri campi. Mia madre, ad esempio, era medico, ma
non si mai dedicata a questa pratica. Lo fece poi nel
Lager, quando l'arrestarono, e nella stessa situazione
si trovava mio padre.

rano carcerazioni senza fine, deportazioni, e lo
stesso valeva per Nikolaj Ivanovic Bucharin. Pensa-
vano solo a preparare la rivolta, e per questo il loro
mestiere era la rivoluzione.
- Lei viveva nella casa che era stata di Stalin.
Come ricorda il cosiddetto adrone

h, io lo ricordo non perch ho vissuto nello
stesso appartamento, perch a quei tempi, quando
ero gi moglie di Nikolaj Ivanovic, Stalin non anda-
va da Bucharin e Bucharin non andava da Stalin.

loro rapporti personali si erano interrotti, di-
ciamo, a cominciare dal 1928-29. Io vidi Stalin solo
da bambina. Cos io ricordo anche Nikolaj Ivanovic
dalla prima infanzia, quando non abitavamo ancora
al Cremlino.

lloggiavamo all'Hotel Metropol. Allora era la
seconda casa dei Soviet. Vedevo Stalin spesso. Ma ero
piccola e riconoscerlo era abbastanza difficile, e
quando ci siamo trasferiti al Cremlino non l'ho pi
incontrato.
- Bucharin le ha chiesto di educare il figlio da
bolscevico. Suo padre sepolto nelle mura del Crem-
lino. Cosa rimasto di quegli ideali?

urtroppo resistono in poche persone, e le cause
sono molto fondate. Prima di tutto il tempo ha mo-
strato che siamo rimasti molto indietro rispetto ai
paesi capitalisti dal punto di vista economico, e ades-
so cominciato lo scontro fra le nazionalit, e tutto
questo porta la giovent a considerare criticamente
ci che stato.

nvece ai miei tempi, quando ero giovane, tutto
appariva diverso, c era un entusiasmo sincero, un au-

tentico internazionalismo.
- Cosa significa per lei la parola Lubjanka? Che
giorni, che vita ha vissuto l dentro?

ono stata reclusa nella Lubjanka nel 1939 e nel
1940. Erano momenti duri. Mi succede sempre, ogni
volta che passo per quella piazza, di guardare di sfug-
gita quell'edificio con un senso di oppressione, e mi
rallegro di non essere pi l.
- Da dove nasceva l'odio di Stalin verso i compa-
gni di un tempo?

talin non aveva interesse per la loro posizio-
ne politica. Gli premeva solo ii potere assoluto. E
perch dovevano essergli inferiori? Non erano cos
furbi e cos falsi, ma lo superavano intellettualmente,
e questo lo rendeva invidioso. Erano pi colti di lui.
La sua aspirazione a dominare l'ha costretto a di-

struggerli.
- Alcuni dicono che Arthur Koestler si ispirato
a Bucharin. Cosa pu averlo costretto a riconoscersi
colpevole? La stanchezza, le percosse o un estremo
attaccamento al partito?

una domanda cos difficile non si pu dare una
risposta a senso unico. C'erano troppe forze che pre-
mevano sul cervello degli accusati, e non solo su
Bucharin, e che costringevano a confessare.

io non credo che in primo piano ci fosse l'a-
more per il partito. Ora, quando si sono rivisti gli atti
del processo, si chiarito che nel loro insieme sono


inverosimili; venivano usati farmaci per indebolire la
volont.

n fatto molto convincente era l'abitudine di
prendere ostaggi: i figli o le mogli. Questo ebbe come
conseguenza che molti inquirenti finirono nella stessa
trappola per topi: solo entrarono dall'altra porta.

olti dei nostri cosiddetti cekisti, e poi agenti
dell'Nkvd, si ritrovarono in quella situazione, e parec-
chi vennero arrestati e fucilati, ma la causa era unica.

er quanto riguarda Koestler, non posso dire se
si ispirato a Bucharin, ma riconosco che una delle
cause fondamentali era che tutto accadeva nel nome
di quel Paese che egli aveva collaborato a costruire
con le proprie mani, e sceglieva quello che sembrava
il minore dei mali. Gli sembrava che fosse meglio
compromettere se stesso, piuttosto che coinvolgere e
danneggiare quello Stato che in fin dei conti, pur con
tutte le deformazioni di Stalin, era stato edificato.
- Ha mai saputo come fu ucciso e dove stato
sepolto?

on l'ho saputo e non lo voglio n lo vorr mai
sapere; naturale che non abbia una tomba.

el Lager le mogli di quelli che avevano colla-
borato con l'Nkvd, e che in seguito furono arrestati,
mi hanno raccontato che di notte, dopo le esecuzio-
ni, i corpi dei condannati venivano trasportati su un
camion nel crematorio e bruciati, per cui non esisto-
no i resti, ed irragionevole fare ricerche e richieste.
- Lei ha scritto che Ezov, uno dei predecessori di
Berija, era una persona rispettabile. Perch all'im-
provviso cambiato cos profondamente?

on mi chiaro perch sia mutato; non solo
una mia opinione che fosse un uomo veramente mol-
to sensibiie e molto generoso: non sappiamo in che
modo Stalin l'abbia piegato.

a certamente era un fanatico, e un pauroso;
certamente si era adattato all'apparato e indubbia-
mente si trasformato. Ma io so, persino attraverso
i ricordi di Nadezda Mandel'stam - che l'aveva visto
in qualche posto, a Sukumi, credo -, che non faceva
questa impressione; e persino secondo i racconti di
un cosacco esiliato, che io ricordo, e che pure si
meravigliava. Comunque Ezov aveva indubbiamente
ceduto e si era imbestialito in quell'attivit pazzesca.
- Avevate la sensazione che l'arresto o il processo
o l'esilio sarebbero stati un sollievo. Era cos pesante
l'aspettare?

o non mi aspettavo quelli del Kgb. Sono stata
portata via dopo.

ui visse drammaticamente l'attesa. Telefon a
Stalin, e gli rispose una voce sconosciuta: "Iosif Vis-
sarionovic a Soci." Sedette per giorni e giorni nel
suo studio, in attesa di uno squillo.

entava di non restare inoperoso: leggeva, face-
va ordinazioni di libri tedeschi, lavorava a un impor-
tante articolo sull'ideologia del fascismo. Si aggirava
per la casa come una belva in gabbia.

nd ad assistere alla sfilata del 7 novembre
Stalin lo not e lo mand a chiamare da un soldato
volle che salisse sul Mausoleo, come gli competeva );

Prende parte anche al Plenum del Comitato cen-
trale, ed Ezov lo accusa di cospirazione e dell'assassi-
nio di Kirov. aci! Taci!grida Bucharin.

Poi, tornato a casa, dice alla moglie: uoi essere
contenta! Il tuo servitore devotissimo un traditore,
terrorista e cospiratore.

Passa gli ultimi tre mesi nella piccola stanza del
suo appartamento, quella che era stata la camera di
Stalin. E gli scrive delle lettere che cominciano sem-
pre con un: Caro Koba. Dimagrisce, invecchia, la
barba rossa diventa grigia.

Suonano alla porta. Lo sfrattano dal Cremlino
Telefonata di Stalin: os'hai, Nikolaj?. ono
venuti a buttarmi fuori. tu mandali all'inferno. Continua a sperare: a se mi mandano in capo
al mondo verrai con me, Anjuta?chiede alla moglie.

Anna Michajlovna esce per una breve passeggia-
ta. Incontra Grigorij Ordzonikidze. La guarda negli
occhi, le stringe la mano, e dice solo tre parole:
isogna essere forti. Si infila nell'automobile e se
ne va. Anche lui ha i giorni contati.

Ecco il 27 febbraio 1937. E il momento di sepa-
rarsi: ikolaj Ivanovicricorda Anna Larina on le
lacrime agli occhi mi domand scusa per la mia vita
rovinata. Voleva che suo figlio diventasse un bolsce-
vico: "Assolutamente bolscevico" ripete. "La situa-
zione cambier" disse "e tu sei giovane e vivrai abba-
stanza. Giura che saprai tenere a mente la mia lettera-
testamento."

o giurai. Lui mi baci e disse con voce treman-
te: "Non ti arrabbiare, Anjuta; nella storia ci sono
incresciosi errori di stampa, ma la verit trionfer".

ndoss la giacca di pelle, il cappello, e si diresse
verso la porta. "Guarda di non calunniarti, Nikolaj"
riuscii solo a dirgli.

entivo che ero diventata una persona maledet-
ta. Lui era gi in prigione e io sono stata mandata via
da Mosca 1'11 giugno. Nel Lager mi sentivo tra
uguali, l stavo meglio, non mi capitava di avvertire
il disprezzo e vedere che un conoscente che mi in-
contrava per caso scappava dall'altra parte della stra-
da. Era spaventoso.

- Una chiromante tedesca disse a Bucharin: ei
sar ucciso nel suo stesso Paese. Bucharin credeva ai

presagi?

o, non ci credeva. Lo ricord quando stava
per soccombere. Non mi aveva mai parlato prima di
questo episodio. Proprio alla vigilia dell'arresto gli
venne in mente la profezia dell'indovina, alla quale
chiese: "Ma allora sar il potere sovietico a soccom-
bere?".

n una situazione diversa non immaginava di
poter essere arrestato, ma lei gli rispose: "Questo io
non glielo dir, ma lei morr nella sua terra. Avr
una ferita al collo e morr".

bbene, in quei giorni cominci a crederle.
Nel breve romanzo La scheggia, Vladimir Zazubrin
racconta la scena di una esecuzione. Sono cinque i
cekisti adulti all'opera, e cinque i condannati di tur-
no che aspettano nel sotterraneo il colpo alla nuca.
L'ambiente invaso dal fumo degli spari, e l'aria sa
di sangue fresco, di feci non trattenute, di sudore.

Una specie di catena di montaggio; via una cin-
quina, subito sotto l'altra. Il primo ordine : po-
gliarsi le mani tremano e i bottoni non cedono, ma
il poliziotto cortese nasconde il revolver e comincia
a slacciare la giubba del detenuto: iente paura,
bello mio.

Poi gli accarezza la testa con gentilezza, senza
emozione. Racconta che faceva cos anche al paese,
quando c'era da ammazzare il bestiame. Si avvicinava
alla vacca, erma, Burenka, ferma con dolcezza, e
quella non muoveva pi nemmeno un orecchio. E
convinto che uccidere le Guardie bianche necessa-
rio quanto scannare gli animali da macello.

Cosa dicono i prigionieri? Dicono: uoio inno-
cente i imploro urlano, sputano, si lamentano.
Guai a sbagliare. Tempo e proiettili sprecati, e nello
stanzone Si fa fatica a respirare.

Tutte le et sono buone per finire in cantina, per
andare a morire.

Susanna Pecuro, una donna grassa, sorridente e
serena, ora pensionata, mi racconta la sua storia:

nd cos. Nel 1950 Sluzki, di diciassette anni,

Furman, diciotto, e io, stessa et, compagni di scuola,
e membri del Komsomol, la giovent comunista,
abbiamo detto: la situazione non corrisponde agli
ideali leninisti nei quali credevamo, bisogna fare
qualcosa, altrimenti saremmo dei disonesti. Fondia-
mo un gruppo e spieghiamo alla gente l'inganno.

uesto il nostro scopo, ma era anche un crimi-
ne. Siamo stati imprudenti, e il direttore e il presi-
dente del circolo letterario hanno riferito tutto al
Kgb.

i hanno tenuti d'occhio, poi ci hanno portati
alla Lubjanka, non in quella grande, nella piccola. Da
l ci hanno trasferiti alla prigione militare di Leforto-
vo. Fui interrogata anche dal ministro della Sicurez-
za dello Stato Abakumov e dal suo vice, il generale
Komarov, fucilato pi tardi da Berija.

l processo dur sette giorni, a porte chiuse, da-
vanti al Collegio militare della Corte suprema. Non
avevamo avvocati difensori. Non c'erano neppure i
testimoni.

ue furono condannati alla fucilazione. Gli altri
imputati piangevano e gridavano: "Ragazzi appella-
tevi, Vi grazieranno, non possono uccidervi; ma loro
non vollero ricorrere.

o fui condannata a ventisei anni di reclusione,
prigioni e Lager, e a cinque di privazione dei diritti.
Mi sono salvata per pura fortuna, la giovinezza mi ha
protetta.

el 1951, alla Lubjanka, torturavano, puntava-
no la luce in faccia, picchiavano. Dopo il XX Con-
gresso, con il famoso discorso di Chruscev, diventa-
rono pi gentili, permettevano di ricevere pacchi,
davano libri, mi chiesero addirittura se avevo bisogno
di un ferro da stiro.

Se il dolore comune, le vicende cambiano. Di-
pende dalle circostanze, e anche dal carattere. La
detenuta Nina Gagen-Torn, bella, colta, intelligente
e coraggiosa, studiosa di etnografia e amante dell'av-
ventura, non Si lascia umiliare, ma aggredisce.

Nel Lager l'hanno utilizzata come avallocon
altre donne anziane l'attaccano al carro d'estate, o
alla slitta d'inverno, per trasportare il barile dell'ac-
qua o il carico di legna

La conducono dal giudice istruttore. E un mag-
giore tronfio, sudato e riccioluto.

Comincia: arlatemi delle vostre attivit antiso-
vietiche.

on ne ho svolte.
allora vi hanno tenuta nel campo per nulla?
stato un errore.
no sbaglio? E questo non vi rende ostile al
potere sovietico?
ono cose che capitano; non il primo caso.
Urla il grassone: e lo faccio vedere io il caso,
puttana, prostituta politica.

Si sfiata.

Nina: stato un numero mediocre. Lo so fare
molto meglio.

E via col turpiloquio, assai diffuso nel Gulag
coinvolgendo Dio, tutti gli organi e gli sfinteri dei
corpo umano, tutti i defunti.

Quando lo sbruffone si riprende dalla sorpresa,
strilla: me? Ingiurie a me?
Chiama un superiore: cco, compagno, la pri-

gioniera bestemmia.

li sto semplicemente insegnando. Se si vuole
imprecare, bisogna farlo bene.
Un altro giudice vuole indurla a sottoscrivere un
verbale di accusa. Rifiuta.

Lui, esasperato, la insulta: i ammazzo, caro-
gna. Adesso ti faccio a pezzi, firma.
Lei lo fissa negli occhi: i mordo il naso. E poi
ribatte: uanto vi pagano per un interrogatorio? Il

doppio, o di pi?.
uesto non vi riguardaurla lui esasperato.
oi dovete rispondere, non fare domande.
E che accade dei figli, dei bambini?

Lo spiega Hella Fisher, detenuta in un Lager,
dove addetta a un allucinante iardino d'infanzia.

'asilo situato all'interno della zona. Non
recintato. E vicino all'ospedale Marevskij.

el mio gruppo ci sono circa duecento piccoli,
dai due ai quattro anni. Parlano poco e male. Eviden-
temente qui non riescono a svilupparsi intellettual-
mente. Giocano svogliatamente e si stancano in fret-
ta di ascoltare anche le filastrocche pi brevi.

i sono tre bambine di nome Verocka. Una ha
la mamma russa e il pap coreano. Mi sembra un
fiorellino delicato che sta per cadere dallo stelo.
Quando nel silenzio della notte si sentono i passettini
di Verocka che a piedi nudi si avvia fuori dalla porta
verso il suo vasino, ti verrebbe voglia di gridare: s,
proprio di lanciare un urlo.

n quelle ore la stanza dei bimbi illuminata
debolmente da una pallida lampadina, e sembra bella
e accogliente e tu stessa non sei pi la maestra d'in-
fanzia, ma una fatina di Andersen...

gni tanto vengono le madri, quelle poche che
sono rimaste a fare i lavori agricoli. I bambini le
riconoscono, ma non dimostrano particolare curiosi-
t o gioia. Non sono abituati alle visite, e reagiscono
in modi diversi: molti guardano le donne con insi-
stenza, perfino con bramosia. Altri cominciano im-
provvisamente a fare i capricci, in modo da attirare
l'attenzione.

l piccolo Petja disse una volta con orgoglio: "La
mia mamma sta al Nord, fa la detenuta in un Lager!".

Ninocka-gambette-storte gli dice in un orec-
chio: "La mia mamma la pi bella di tutte e 'ieri'
viene a prendermi".

bambini non capiscono la differenza tra "ieri"
e "oggi" e non possono sapere che la mamma non
verr domani, ma solo dopo il rilascio.
Asja Petrovna Krjukina figlia di un eminente
funzionario del partito, Petr Ivanovic Struppe. La
famiglia abita a Mosca, in un appartamento che si
trova in una casa privilegiata, su_ Lungofiume.

Pap legge la cronaca dei processi e commenta:
e si fruga un po', anch'io sono colpevole di qual-
cosa.

E, infatti, avviene cos, e le sue due bambine,
educate al culto tanto celebrato del piccolo delatore
Pavllk Morozov, che denunci il genitore, pensano
che il babbo se lo merita, che di sicuro ha peccato
contro l'Ideale.

Poi arrestano anche la madre, ma le piccole anco-
ra non hanno dubbi sulla perfidia del sistema.

Ricorda Asja Petrovna: ortarono via la mam-
ma. Con noi rest un collaboratore dell'Nkvd. Or-
din di raccogliere le nostre cose. A me interessava
sapere una risposta sola: sarei potuta andare a scuola
con mia sorella? E in quella scuola nella quale aveva-
mo studiato fino ad allora?

opo due ore arrivammo al monastero Danilov,
dove c'era un orfanotrofio. Presero le impronte digi-
tali, ci fotografarono di fronte e di profilo. Non tor-
nammo COi nostri compagni.

oi Ci ordinarono di dividere tra noi le nostre
cose.

"Perch? Noi siamo insieme, noi siamo sorelle"
dissi.

E una questione d'ordine."

tazione Paveleckij. La terribile banchina. Alcu-
ni minuti prima della partenza del convoglio afferra-
no Nina e la sua valigia. Non posso far niente, non
posso aiutarla in alcun modo. Il treno si mette in
moto e la vedo singhiozzare. Io vengo mandata in un
orfanotrofio a Val'sk. Nina finisce a Balakov.
crissi lettere di supplica a Stalin, a Kalinin, a
Ezov, alla Krupskaja: rimettetemi con mia sorella. E
ci riuscii: mi portarono Nina, magra, pidocchiosa,
malata di tubercolosi, paurosa di tutto. Per lungo
tempo non pot liberarsi di una abitudine: cercava
sempre di fare in modo di appoggiare la schiena alla
parete perch nessuno la colpisse, l'aggredisse alle
spalle. Nel nostro orfanotrofio di solito sedeva in
biblioteca, dietro la libreria. Poi ci trasferirono nel-
l'istituto di Saratov. Nel 1939 ci accettarono nel
Komsomol.

Pi tardi, quando gi un'adolescente, anche
Asja Petrovna viene arrestata nel convitto dove vive.
Due articoli del codice le hanno aperto la strada del
carcere: ttivit antisovietica e divulgazione di se-
greti di Stato. Eppure lei adorava i berretti blu dei
cekisti. Ma c' la prova. Processo. Parla l'accusa, la
difesa non esiste: oi affermavate che vostra madre
era stata arrestata senza motivo?.

'ho detto.
a noi non mettono in prigione per niente.
Prende nel Lager il posto della mamma che ha
scontato la pena e viene liberata.

Nel 1937, tra le domande che si fanno alle scola-
resche c' anche: i che colore il corvo? non
l'uccello, ma la lugubre auto della polizia: e tutti gli
alunni rispondono in coro.

Il paragone con gli animali, come nelle favole,
entra nei discorsi di ogni giorno. Chiedono al reduce
di un campo di lavoro: ome vi siete sentito?.
ome una volpe in un negozio di pellicce.
Spesso i ragazzi vengono coinvolti nelle inchieste.
E il caso di Lida, figliastra del professor Dmitriev,
che insegna filosofia all'Accademia militare. La madre
lo ha sposato quando Lida ha soltanto quattro anni, e
da lui ha altre tre figlie. Lida vive il ruolo di Ceneren-
tola: lava, spazza, cucina, bada ai pi piccoli. A sette
anni non sa ancora leggere. Chi la tratta umanamente,
e la porta talvolta a un concerto o allo stadio, il
patrigno.

Che una persona aperta e spiritosa, anche troppo.
Quando rientra dalle lezioni fa, con disgusto, l'imita-
zione di se stesso: denigra e schernisce davanti alla
famiglia tutto quello che ha esaltato un'ora prima.

Durante le indagini, lo mettono a confronto con
Lida, e la esorta: evi dire tutta la verit. Io sono
colpevole e sar punito, ma tu devi vivere.

Lida non si rende conto che il professor Dmitriev
costretto a farle quell'invito, a incitarla a parlare. E
senza rendersene conto racconta tutto e aggrava le
accuse. La madre esasperata la disprezza: raditrice,
su di te ricadr il sangue di tuo padre.

E possibile, attraverso i memoriali, le confessioni,
i tardivi, ma onesti resoconti, ricostruire se non le
emozioni e il dolore, il rituale del carcere

Alla porta della cella, sopra lo spioncino, affisso
un carte lo che riassume le regole.

l detenuto deve: a) mantenere la pulizia; b) ese-
guire tutte le legittime richieste dell'amministrazione;
c) alzarsi durante l'ispezione da parte del direttore; d)
svuotare e lavare quotidianamente il bugliolo

vietato: a) violare il silenzio; b) avvicinarsi alla
finestra e posare oggetti sull'inferriata e sul davanza-
le; c) entrare in comunicazione con le celle vicine,
battere alle pareti e sulle condutture; d) conversare ad
alta voce, cantare e gridare alla finestra; e) scrivere
sulle pareti.

l detenuto consentito: a) una passeggiata
quotidiana di minuti 16; b) tenere: dentifricio, spaz-
zolino da denti e sapone; c) tenere i prodotti alimen-
tari autorizzati; d) ricevere pacchi una volta ogni
dieci giorni previa autorizzazione del giudice istrut-
tore; e) avere un colloquio al mese con i parenti
previa autorizzazione del magistrato.

l detenuto ha diritto: a) di presentare lagnanze
e dichiarazioni attraverso il direttore una volta ogni
dieci giorni durante l'ispezione del direttore stesso;
b) in caso di necessit chiamare l'infermiere di turno
dell'ala o il medico.
Tat'jana Lescenko-Suchomolina, attrice e can-
tante, ha vissuto per molti anni in America e in Euro-
pa, ed tornata a Mosca nel 1935 col marito, lo
scultore Caplinij, e un figlioletto. Nel 1947 la arre-
stano.

Ricorda gli interrogatori del tenente colonnello
Poljanskij, n topo piccolo, cattivo, fulvo e folle, un
sadico e un erotomane. Impreca, urla e, in una spe-
cie di delirio, le strappa la camicetta e la minaccia:
ome mi piacerebbe scoparvi, e poi prendervi per le
gambe e buttarvi m un angolo.

Ma non la tocca, la manda in isolamento. Un
minuscolo vano semibuio, dove non pu fare nulla,
e il tempo non passa mai. Anche il cibo sempre lo
stesso: minestra e asa una polentina, con un po' di
burro e t. C' la chiamata per la lettura della senten-
za: una a una le detenute vengono condotte in un
ufficio dove n uomo dal volto di pietralegge
qualcosa da un foglio.

Tat'jana non capisce: er favore, leggetemelo
un'altra volta.

Lui ripete: tto anni nei campi di correzione e
lavoro per attivit antisovietica.

er attivit antisovietica?chiede di nuovo.

Annuisce irritato: vete capito quello che vi ho
detto?.

La compagnia tra i detenuti quanto mai etero-
genea: un campionario di varia umanit.

Finisce alla Lubjanka la contessa polacca Anna
Branicka: l'anticamera di un soggiorno in Russia
che durer tre anni.

La guerra appena finita, e i nobili vengono
rinchiusi nel lugubre carcere di via Cyryla a Metode-
go, a Varsavia.

C' anche Janusz Radziwill, uno dei grandi si-
gnori che possedeva terre e boschi, e anche quel
palazzo dalle linee neoclassiche dove adesso vengono
ricevute le delegazioni straniere. Dalla balconata do-
ve suonavano i violini scende la musica troppo mar-
ziale di una banda. Ora tutto propriet dello Stato.

Il vecchio conte Branick molto malato, e sente
che si sta avvicinando l'ultima ora, e d alle figlie
- non ci sono eredi maschi - le disposizioni per il
funerale: con lui finisce la casata. Bisogna spezzare il
blasone, la arabela quella spada ricurva che un
simbolo cavalleresco.

Ma tutto si svolge in modo meno solenne, anzi
miserabile. Fanno indossare al defunto un abito di
carta, come per i cittadini pi indigenti, e i suoi eredi,
senza un rifugio e senza amici, dormono sul pavi-
mento del retrobottega di una farmacia.

Dopo i tedeschi arriva l'Armata rossa. Rastrellano
i Radziwill, i Zamoyski, i Krasicki, tanti bei nomi: la
pi piccola una bimba di cinque anni, il pi anziano
ha superato i settanta. Anna Branicka ne ha diciotto.
Racconta: uando ci portavano via, i nostri cinque
cani volevano saltare sul camion sul quale ci avevano
caricati per venire da noi. Sentivano che stava succe-
dendo qualcosa. Il pi piccolo guaiva con disperazio-
ne. Era un pechinese, un soldato si divert e lo prese e
lo butt sull'autocarro. Da quel momento stato sem-
pre con noi: era l'unico prigioniero del suo genere.

lla Lubjanka la vita era molto dura e triste, le
celle sono illuminate da una luce molto forte, che
colpisce gli occhi giorno e notte, mentre le finestre
sono interamente mascherate da lamiere verdi.

na volta ci si guast l'orologio - e ne avevamo
uno solo in quattro, i miei genitori e mia sorella
maggiore - e allora non sapevamo se era giorno o

notte, e non riuscivamo a capire come passava il
tempo. La nostra colpa? "Pomesciki", latifondisti.

opo ci condussero a Krasnogorsk, e l ci siste-
marono nella prigione dell'Nkvd. Per due anni non
abbiamo avuto n libri n giornali n radio: niente.
L'unico modo per distrarci era raccontare la trama di
qualche romanzo, o i nostri ricordi.

Nadezda Vital'evna Surovceva una donna mol-
to colta: si laureata a Vienna in filosofia, ha tradot-
to in tedesco alcuni classici e le fiabe popolari ucrai-
ne. Ha visto il mondo: la Francia, gli Stati Uniti, il
Canada. Poi rientrata in patria, e ha insegnato al-
l'Universit di Char'kov. L'arrestano, e finisce al
Gulag. Scrive qualche pagina di quel soggiorno. La-
vora nell infermeria: nelle baracche Cl sono molti
stranieri, tutti comunisti, la maggior parte emigrati

politici.

icordo che una volta mi chiamarono per un
italiano moribondo. Si rendeva conto che stava per
morire, non nutriva alcuna speranza. Nessuno attor-
no a lui capiva cosa diceva. Mi teneva la mano, era
molto giovane; cercando affannosamente di farsi
comprendere, frammischiando la sua lingua con vo-
caboli francesi, mi disse: "Se un giorno... forse... dite
ai compagni che stata tutta una menzogna, io sono
comunista, non sono mai stato un traditore".

ominciava l'agonia. Glielo promisi. Non ri-
cordo il nome n il cognome, il tempo li ha cancella-
ti dalla mia memoria, ma mantengo ora la mia pro-
messa.
Zaira Vesilaja divide lo stanzone con un gruppo
di prostitute che non vogliono riconoscersi nella loro
vecchia professione; raccontano la storia di passioni
struggenti per qualche Fred o qualche Otto: col co-
munismo non ci possono essere abiette meretrici.

Stanno fra loro, parlano in un loro gergo, scher-
zano con una salvietta sulla quale ha rica-
mato, con fili colorati, una promessa: chi amer
la regaler.

Il rito pi umiliante, forse, il viaggio, due volte
al giorno, per la latrina: non ci sono cabine separate,
c' la fila, e accanto al bugliolo c' un tavolo dove
sono posate le razioni alimentari. Ogni dieci giorni il
bagno. Vera Sulc lo rivede come n oscuro inferno:
dalle nuvole di vapore emergevano le pareti nere,
rivestite di umidit, che si slanciavano chi sa dove
verso l'alto. Nel vapore tremolavano corpi nudi, le
anime dei peccatori.

Bisogna inventare i passatempi: e, con la mollica
verdastra del pane malcotto - una vera e propria
argilla immangiabile -, i detenuti, anche se proibi-
to, modellano vasetti, animaletti, portacenere. Ma lo
svago preferito sono i racconti: la fantasia aiuta a
dimenticare la realt. Il repertorio molto vario: da
Cechov a Maupassant, ma tra i pi richiesti c' il
romanzoJane Eyre di Charlotte Bronte.

E qualche volta nei penitenziari di provincia arri-
va la voce della vita di fuori. A Konopol', oltre le
mura si scatena un mercato ucraino: urla, muggiti
belati, il rumore degli autocarri dei kolchoz che sca-
ricano bestie o verdure. I semplici e irraggiungibili
giorni della gente comune.

Non pi delicato il trattamento che Stalin riser-
va ai compagni stranieri che hanno chiesto rifugio e
protezione all'ombra del Cremlino. Diminuiscono
gli ospiti del Lux, il plotone d'esecuzione elimina
interi gruppi, completi pparati cadono cos i diri-
genti polacchi.

Tra I rifugiati c' anche l'ungherese Bla Kun. E
il principale superstite di un grande fallimento:
cento giorni di primaveradi Budapest, la breve e
cruenta stagione della seconda Repubblica dei Soviet.
Bela Kun ne il dittatore.

Arthur Koestler, che allora aveva quattordici an-
ni, rievoca quello storico momento, visto con gli
occhi di un ragazzo.

Ricorda i cartelloni cubisti e futuristi che addob-
bano le strade, e celebrano i contadini, gli operai, i
soldati; i cortei funebri dei compagni caduti, con le
corone verdi e gli stendardi vermigli, e la banda dei
ferrovieri che suona l'Internaznale, cantato nella
versione magiara: pezza via il passato per sem-
pre, / o esercito di schiavi, seguici. / Solleveremo il
mondo dal suo asse. / Siamo nulla, tutto saremo.

La Gazzetta rossa spiega che pi del 30 per cento
della terra coltivabile propriet dei latifondisti, che
rappresentano appena il 2 per cento della popolazio-
ne. Su mille cittadini, uno enormemente ricco, gli
altri 999 sono dei miserabili. l comunismodice
Koestler ra un vocabolo nuovo nel 1919, e aveva
il suono di una parola buona, giusta e ricca di pro-
messe.
La Repubblica dei Soviet, cos la chiamano, na-
zionalizza le fabbriche, le banche, le miniere, le fer-
rovie e le propriet agricole che superano i 57 ettari.
Ma Kun e il governo sbagliano: invece che distribuir-
le ai contadini, le assegnano alle cooperative. Errore
fatale.

La popolazione ridotta alla fame: nessuno vuole
scambiare i prodotti della campagna con una moneta
insicura. Si barattano polli, uova e burro, con orologi
a cuc, abiti usati, ricami; mentre in Urss i ulaki perseguitati scambiano icone d'oro con sacchi di pa-
tate e filoni di pane nero.

Con le carte annonarie si comperano cavoli, rape
secche e gelato perch si scoperta una scorta di

vaniglia nei magazzini.

La Repubblica impietosa coi nemici: c' un di-
staccamento speciale del ministero degli Interni, so-
prannominato giovanotti di Lenin che appoggia
Te riforme col terrore.

Un attore comico del music-hall compare sul pal-
coscenico con una strana fisarmonica che, aperta, si
allunga smisuratamente: on finisce maicom-
menta.

Bla Kun tra gli spettatori, e aggiunge: arete
sorpresi: non finir pi. Ma gli eserciti cecoslovacco
e romeno, e le motovedette dell'ammiraglio Horthy
che risalgono il Danubio, stanno per entrare in azione.

Chi Bla Kun che, forse ingiustamente, stato
battezzato l despota sanguinario Figlio di un no-
taio di villaggio, dimostra subito un'inconsueta per-
sonalit, tanto che il direttore del ginnasio d un
avvertimento al padre: e non sapr farlo recedere
dalle idee che manifesta, possibile che diventi un
grande uomo, ma anche che finisca impiccato.

Purtroppo vera la seconda ipotesi, che non can-
cella le straordinarie intuizioni e i meriti di Bla;
aveva avvertito, ad esempio, i dirigenti del Cremli-
no: repariamoci: prima o poi Hitler ci attaccher.

Era arrivato, dopo molte peripezie, a Mosca, come
ribelle sconfitto e come profugo, ma sempre pieno di
ardore, tanto che Lenin diceva di lui: l mio caro Bla
ritiene suo dovere stare a sinistra della sinistra.

A Molotov piaceva poco: on un nome cos
esplosivodiceva il duro burocrate on pu essere
nominato capo della Sezione politica dell'Armata
rossa. E ancor meno era gradito a Stalin, che prima
di farlo passare dalla Lubjanka, lo costrinse anche a
una tragica sceneggiata. Gli telefon: giornali stra-
nieri scrivono che siete stato arrestato dalle autorit
sovietiche. Per favore, chiamate un giornalista fran-
cese e smentite.

Qualche giorno dopo, il 29 giugno 1937, due
agenti dell'Nkvd si presentano a prelevarlo. Da quel
momento nessuno della famiglia lo ha pi visto.

Ho incontrato il figlio di Bla Kun, il professor
Mikls, docente universitario e stimato chirurgo.

Mentre suo padre era in carcere a Vienna, lui nasceva
a Bologna, alla Maternit, nell'ormai lontano 1920:
sua madre era ospite dei socialisti della citt, che
inneggiarono all'evento, presentandosi davanti al
portone con le bandiere e gridando: vviva Nicoli-
no. Lo chiamavano cos.

E cresciuto nell'Urss della carestia e delle ur-
ghe la madre, Iren Gal, raccontava dei treni che
viaggiando da Pietrogrado a Mosca si fermavano
ogni tanto vicino ai boschi a raccogliere legna per far
marciare la locomotiva, degli orfani abbandonati, av-
volti negli stracci, che chiedevano pane e cantavano
una canzoncina che diceva: uoio, muoio, e allora
mi seppelliranno, ma nessuno sapr mai dove sono

finito.

Iren Gal rievocava anche i rari momenti felici:
a mia esistenzadiceva sempre stata fatta di
attese ma era bello quando andava col marito e i
bambini a passeggiare nei boschi e Bla, uno che
on aveva paura di niente e di nessuno elencava i
nomi in latino delle erbe, dei fiori e degli alberi.

Si conged da lei con un saluto che voleva essere
un commiato: on ti preoccupare,disse i tratta
certamente di un equivoco. Fra mezz'ora sar di nuo-
vo a casa.

Otto mesi dopo tocca a Iren: la rilasciano nell'au-
tunno del 1946. Sono passati nove anni. Poi, come si
usa, li hanno riabilitati tutti e due.

- Qual l'ultimo ricordo di suo padre?

el 1936 ero allievo dell'Accademia militare.
In Spagna c'era la guerra civile e io volevo andare a
combattere. In aprile, o forse in maggio, mi venne a
trovare. Era di pessimo umore. Cominciavano gli
arresti, e mi raccont che il segretario generale dei
sindacati dei metalmeccanici, un prediletto di Lenin,
era stato portato via. Mi disse che, con quello che
stava accadendo, il clima era impossibile, e lui non
credeva nemmeno a una parola delle accuse lanciate
contro quella persona che stimava.

io padre non venne pi ricevuto dal segretario
del partito della citt che si nascose per non doverlo
incontrare, e gi si intuiva quello che poi sarebbe
accaduto.
- Come viveva la sua famiglia in Russia?

ia madre lavorava all'Istituto Marx-Engels
mia sorella studiava alla facolt di Storia e filosofia
io frequentavo l'accademia per diventare ufficiale di
cavalleria. Abitavamo in un appartamento di quattro
stanze.
- Ricorda la cameriera russa che vi rimase fedele?

aturalmente. Si chiamava Mar'jusa. Una sem
plice contadina; quando venne a stare con noi, era
ancora analfabeta e su suggerimento di mio padre
studi in una scuola serale.

n principio non beveva caff, non mangiava i
cibi ungheresi; ma poi si abitu: senza la tazzina di
moka non poteva pi vivere e cucinava benissimo i
nostri piatti. Era diventata un membro della famiglia
e visse pi di trent'anni con noi. Quando poi andai
via da Mosca, lei segu mia sorella e suo marito.
- Che cosa le diceva sua madre di quei tempi.

on molto, perch avevo diciassette anni quan-
do venne arrestato mio padre e quando cominciarono
1 processi. Quindi lo ricordo questo periodo chiara-
mente. Lei mi parl piuttosto dei fatti pi remoti.
Molto della Repubblica dei Soviet e mi disse una cosa
che mi sorprese.

uando vinsero, mio padre era molto preoccu-
pato. Lei gli chiese perch fosse cos cupo, che cosa
gli succedeva. Portavano i bambini poveri in villeg-
giatura, era cambiata la vita dei lavoratori. E allora
perch quella tensione? Lui rispose: "S, ma questo
ci che a gente sognava da secoli. Si star veramente
bene solo quando non ci sar pi lo Stato, quando si
arriver all'anarchia assoluta. Ma noi, allora, non sa-
remo pi vivi".
- Con quale accusa venne arrestato suo padre?
Quando e dove?

u preso la notte tra il 28 e il 29 giugno 1937,
a Mosca, nella sua abitazione. Io non ero in casa,
facevo il servizio militare. Lo portarono via, egli
salut mia madre e le disse che certamente sarebbe
tornato subito, perch ci doveva essere un malinteso,
e da allora non lo vide pi nessuno.

erch? Non lo spiegarono mai. Sappiamo sol-
tanto che l'imputazione era di attivit controrivolu-
zionaria, ma informazioni pi precise non ne abbia-
mo avute.
- Sa qualcosa della sua vita di detenuto?

e', di questa gente nessuno seppe mai nulla. Ci
furono moltissime leggende: lo avevano visto qua, lo
avevano visto l. Anzi, anche dopo la sua morte lo
incontrarono in molti posti diversi. Poi videro anche
la sua tomba, ma erano tutte frottole. Raccontarono,
ma non so se sia vero, che sarebbe stato in ospedale
perch gli era venuta una grave forma di asma e
soffriva anche di diabete.
- Era passato anche per la Lubjanka, come tanti
altri. Venne condannato come tante altre vittime da
quei tribunali speciali che si chiamavano rojka.
Sa qualche cosa su come mor suo padre?

i diceva che era stato in una tremenda prigione
di Mosca, a Lefortovo, dove ai detenuti veniva riser-
vato il trattamento pi duro. Fu condannato da una
corte marziale, nel 1938, e venne fucilato lo stesso
giorno in cui emisero la sentenza.
- Cosa accadde dopo alla sua famiglia? Il marito
di sua sorella, il poeta Antal Hidas, ha avuto a che
fare con l'Nkvd. Come si salv?

ia madre venne licenziata dal suo impiego; io
fui allontanato dall'Accademia militare. Per un pez-
zo non riuscimmo a trovare lavoro, poi pi tardi la
mamma venne espulsa dal partito, ma grazie all'aiuto
del segretario di cellula riusc a sistemarsi in una
fabbrica di spazzolini da denti.

o divenni allievo tornitore e pi tardi mi ammi-
sero all'universit, facolt di medicina.

ia sorella fu costretta ad abbandonare gli studi
suo marito, il 9 gennaio 1938, venne fermato e se-
questrarono la sua casa. Fu obbligata a venire a stare
da noi.

ia madre fu arrestata il 23 febbraio 1938. Mio
cognato ha avuto otto anni di reclusione: era stato
condannato da uno di quei tribunali speciali. Non
scont tutta la pena perch gli scrittori russi, i pi noti,
chiesero che venisse liberato. Nel frattempo scoppi la
seconda guerra mondiale. Lo deportarono in Siberia
dove rimase fino al termine del conflitto. Dopo sei
anni e mezzo lo liberarono, ma non lo riabilitarono.

ure mia madre fu condannata a otto anni dalla
"Trojka", e anche lei, come gli altri emigrati unghe-
resi, era accusata di aver fatto parte dell'organizza-
zione controrivoluzionaria di Bla Kun.

u interrogata una volta, e disse all'inquirente
che si sentiva molto tranquilla perch quell'imputa-
zione voleva dire che nemmeno suo marito poteva
aver fatto nulla. La mandarono in un campo, a Maga-
dan, lontano, nel Nord-est.
- Anche sua sorella venne arrestata?

ia sorella fu arrestata nel 1941, dopo lo scop-
pio della guerra. Gli ungheresi e i tedeschi, uno dopo
l'altro, finivano dentro, se erano ancora liberi. Con
un treno merci la portarono nel _Kirghizistan. Il viag-
giO dur quaranta giorni in un vagone bestiame. Do-
po poco tempo la liberarono. Ho avuto fortuna per-
ch, per un caso, ero evacuato laggi per poter prose-
guire i miei studi.
una questione molto difficile, perch mio pa-
dre non parlava mai a casa di queste cose. Le questio-
ni di partito non erano argomento di conversazione,
nemmeno con mia madre.

a bambino ho sentito spesso giudicare negati-
vamente il culto della personalit, di cui erano ogget-
to Stalin e altri membri Politbjuro. Non lo stimava
troppo come teorico. So che mio padre dopo la morte
di Lenin fu incaricato di curare l'edizione delle sue
opere nelle diverse lingue straniere. Allora Stalin gli
chiese di fargli propaganda all'estero, ma lui rifiut.
Stalin non perdon mai affronti di questo genere a
nessuno.

ggrav la situazione: ancor prima della morte di
Lenin, e poi pi tardi, propose che il Comintern fosse
spostato come sede da Mosca a Berlino, dato che le
peculiarit del movimento operaio internazionale sono
del tutto diverse da quelle dell'Urss. E naturalmente
ci non piacque a Stalin che lo disapprov.
- Come divenne comunista Bla Kun e che ruolo
ha avuto nella rivoluzione bolscevica?

u socialdemocratico fino a sedici, diciassette
anni, se ricordo bene, e partecip al movimento tran-

silvano.

uando si trov come prigioniero di guerra in
Russia, nel 1916, cerc contatti con l'organizzazione
di Tomsk. Prima ader al Partito socialdemocratico
russo, e poi si mise coi bolscevichi.

er quanto riguarda la Repubblica dei Soviet
ungherese, penso che il suo ruolo sia noto. Fu uno
dei fondatori del Partito comunista e uno dei diri-
genti della Repubblica. Il suo incarico ufficiale era
quello di commissario per gli Esteri, ma effettiva-
mente venne coinvolto in tutte le questioni. Fu il
numero uno di quella rivoluzione.
- Negli anni Venti sua madre emigr a Bologna?

, dopo la caduta del governo proletario le fa-
miglie dei commissari del popolo si rifugiarono in
Austria Allora a Vienna erano al potere i socialde-
mocratici che gli assicurarono l'asilo politico.

inirono a Karlstein, in un campo, e mia madre
era gi incinta. Cibo ce n'era poco, si pativa pi o
meno la fame, per cui le sue condizioni erano abba-
stanza precarie.

io padre, e mi pare altri due uomini, furono
portati a Steinhof, i parenti vennero lasciati liberi, e
i socialisti italiani invitarono mia madre ad andare in
Italia per rimettersi in salute. Si chiamava Bucco il
socialista che venne a prendere a Vienna mia madre,
mia zia, mia sorella e me, nella pancia della mamma,
e finimmo a Bologna.
- Come fu la vostra vita dopo la morte di suo
padre?

ome le ho detto fui espulso dall'Accademia mi-
litare. Nemmeno il comandante seppe spiegare perch
aveva ricevuto un telegramma che mi trasferiva a Mo-
sca. Arrivai a casa e la governante mi apr la porta con
gli occhi rossi di pianto, e, siccome erano i tempi che
sappiamo, capii subito che cosa era accaduto.

a met dell'appartamento fu immediatamente
chiusa, sigillarono la porta, tutta la famiglia era ri-
stretta in una stanza. Soldi non ne avevamo. Possede-
vamo ancora duecento rubli, e ci si arrangiava ven-
dendo i tappeti e gli indumenti. Pi tardi, quando
comlnciammo a lavorare, si riusciva a tirare avanti

er tutti gli anni dell'universit, mia sorella fa
ceva traduzioni: suo marito era in carcere e bisognava
mandargli pacchi. E anche a mia madre. Si poteva
vivere, non avevamo problemi troppo grandi. Erava-
mo giovani e a quell'et uno sopporta bene tutto:
Anzi si rideva e si era anche allegri, nonostante il
fatto che si passavano giorni oscuri.

er diciassette anni ho vissuto aspettando ogni
mattina che mi venissero a prendere, ma non ero n

depresso, n triste. Molti altri che vivevano nei Lager
raccontavano vicende tragiche. Mia madre, invece,
quando ritorn dal campo, ci narrava ridendo storiel-
le comiche e buffe, ma mai i fatti tremendi che aveva
vissuto. Quelle vicende incisero sui nervi della gente,
ma solo pi tardi. Vivevamo normalmente: eravamo
solo pi cauti e non si chiacchierava. Era pericoloso.
- Nel corso dei suoi studi universitari ebbe pro-
blemi?

on avevo la minima intenzione di frequentare
la facolt di medicina. Da bambino studiavo i testi
della rivoluzione e fin da piccolo sognavo sempre di
diventare un sovversivo.

i tardi, quando ci fu la guerra civile in Spagna,
volevo andare a combattere per la Repubblica, e per
questo scelsi la carriera militare. A me interessano
pi di tutto la storia e la letteratura. Ma alla facolt di
storia non mi potevano ammettere perch aveva una
base ideologica. Il politecnico non mi piaceva, ma
nemmeno l potevo entrare. Rimase quindi solo me-
dicina.

'altronde per me andava bene, e per due moti-
vi: l'attivit del medico umanistica, e io collegavo
sempre la rivoluzione con l'umanesimo. Sapevo an-
che che se mi arrestavano e se finivo in un campo, ed
ero sicuro che prima o poi sarebbe accaduto, avrei
potuto indossare il camice bianco; sempre meglio che
fare il taglialegna o lo sterratore.

medicina potei accedere solo con i massimi
voti, perch se non li avessi raggiunti in tutte le
materie, sicuramente mi avrebbero respinto.
- Ricorda qualcuno dei comunisti che abitavano
all'Hotel Lux? Qualche italiano?

e ricordo tanti: tra gli italiani Terracini ed
Ercoli, che in realt si chiamava Togliatti. Con Ter-
racini mi sembra che mio padre avesse avuto rapporti
migliori, mentre con Ercoli lavorava per preparare il
VII Congresso del Comintern. Si tratta delle tesi
relative al fronte popolare. Ma non che fossero in
rapporti particolari. Io l'avevo visto anche a casa no-
stra, mentre discutevano di quegli argomenti.
- Come vi trattarono quando tornaste in Un-

gheria?

el 1955, quando mio padre fu riabilitato, il
potere di Rkosi cominciava gi a vacillare. Allora,
probabilmente per rafforzare la sua posizione, ci sol-
lecit a rimpatriare. Mia madre rifiut questa offerta
e noi eravamo d'accordo. Allora Rkosi ha provato a
fare il prepotente. L'ambasciatore a Mosca venne a
trovarci e ci minacci dicendo che, se non fossimo
tornati di buon grado, avrebbe detto ai russi di sbat-
terci fuori. Dicemmo di no.

rispondemmo cos anche a Erno Gero. Dopo
i fatti del 1956, quando si form il Governo Kdr,
Cl invitarono per una visita: per due mesi soggior-
nammo a Budapest e dopo ripartimmo per Mosca

l 15 ottobre 1959 rientrammo definitivamente
in patria. Ci diedero una casa e un lavoro, quindi non
avemmo nessun problema. Mia madre morta e an-
che la zia che era con noi scomparsa. E anche il
marito di mia sorella.
- Suo padre sepolto accanto agli eroi del comu-
nismo. E solo una lapide o ci sono anche le spoglie?

o, solo una lapide. Non sappiamo dove sono
le ceneri. Lo abbiamo chiesto anche per iscritto alle
autorit sovietiche, ma non abbiamo mai ricevuto
una risposta. Temo che non lo sappiano neppure

- Quando riabilitarono suo padre?

Fu riabilitato il 15 luglio 1955. E stata la procura
militare a occuparsi del caso perch fu condannato
dalla corte marziale.

econdo quanto abbiamo saputo, Bla Kun fu
accusato di essere il capo dell'organizzazione contro-

rivoluzionaria del Comintern che avrebbe contato
diecimila membri, compresi moltissimi ungheresi.

i anche parlato del perch non ci fu nessun
processo pubblico come per tanti altri. La risposta
che ci diedero era che non si poteva farlo a un uomo
di grande notoriet che non era nemmeno disposto a
confessare. Nei giornali russi non venne mai pubbli-
cata nemmeno la notizia del suo arresto. Anni dopo,
la Pravda stamp un grande articolo per elogiarne
l'opera.
sopportare con maggior forza le pene della vita. Dice-
va in Liliom, una commedia di Molnr, la servetta
Juki: i pu essere picchiati e non sentir dolore.
Lengyel non spiegava le ragioni del suo arresto:
erano le stesse che hanno portato Bla Kun, e gli altri
grandi comunisti, davanti ai fucili della Ceka.

Nella cella dove lo rinchiudono, prima di depor-
tarlo in Siberia, ricorda, ci sono venticinque letti di
ferro per 275 prigionieri. Il viaggio verso il campo
- Nel 1949 impiccarono Rajk. Il comunismo
dura molti mesi.
La maggiore occupazione dei dete-
nuti seppellire i morti. La terra dura come la

continuava a divorare i suoi figli. Ricorda quegli
avvenimenti?
aturalmente. Il fatto che il comunismo divori
i suoi figli mi sembra derivi dal detto che la rivolu-
zione che lo fa. Ma io non sono d'accordo, perch in
generale, nella storia, non stata mai la rivoluzione
a divorare i suoi figli, ma la controrivoluzione.
icordo bene quel periodo. E sebbene sia stato
difficile, tuttavia mi sembra positivo sapere che, se
uno non cieco e non ha voglia di passare per fesso
- chiedo scusa per l'espressione -, si rende conto
della realt. A Mosca ascoltammo per radio la crona-
ca del processo a Rajk. Ma non vi trovammo nulla di
nuovo, perch le stesse cose le avevamo gi vissute in
Urss. Ho conosciuto lo scrittore Jozsef Lengyel. Era un
vecchietto dall'espressione assorta, gli occhi malin-
conici. Stava con Bla Kun nel 1919, e fu tra i fonda-
tori del Partito comunista. Poi fugg a Berlino. Len-
gyel faceva il giornalista e se la cavava, ma il compa-
gno Kun lo chiam a Mosca, e cos cominci la sua
avventura: sedici anni e mezzo nei campi di Stalin.
L'ha narrata in un racconto che si intitola Dall'ini-
zio allafine, e la vicenda di Giorgio Nekeresdi la sua.
Quell'esperienza non sembrava avere lasciato un segno
nel cuore di Lengyel; forse gli ungheresi riescono a

pietra. 11 termometro segna 45 gradi sotto zero: per
scavare una fossa sono necessari due giorni e bisogna
alimentare di continuo i fuochi.

I carri scaricano senza sosta cadaveri, e i morti
indossano solo una leggera camicia. ulle gambe
sottili come paliracconta Lengyel legata con uno
spago una tavoletta di legno, come quelle che i ma-
gazzinieri attaccano alle chiavi per sapere quale porta
aprono. C' scritto sopra, con la matita copiativa, il
nome del defunto, e il numero della sua pratica.
Molti prigionieri hanno le mani e i piedi congela-
ti, gli invalidi ricevono una razione ridotta. Per un
pezzo di pane scoppiano risse selvagge: chi sorpreso
a rubare viene picchiato a sangue dai compagni, e le
guardie lasciano fare. E la legge del campo.

Lo scrittore non accusa n i secondini n i ladri-
la disperazione che spinge gli uomini a tante bas
sezze. Ci sono anche, fra i violenti e gli egoisti,
creature generose come il vecchio bolscevico Ivan
Timofeevic e il mite cristiano Kondrad Ivanovic
L'incrollabile Ivan Timofeevic confida a un giovane
deportato le sue ragioni ideali, che sono anche quelle
di Jozsef Lengyel, e spiega la sua regola.

van Timofeevic, voi siete ancora comunista? domanda il giovane.
che altro dovrei essere, ragazzo?
a quelli dicono che voi siete nemico della cau-
sa, e che sono loro i veri, i fedeli interpreti della
dottrina.
edeli, s, ma al proprio cadreghino. Io sono
devoto al partito e al popolo. Forse non lo sai?
o lo so, Ivan Timofeevic, ma loro sono creduti.
Lo vediamo... dicono delle belle parole.
on basta solo dire. Devono anche fare. C'era
una volta un traditore nel partito, e si era ancora ai
tempi dell'illegalit. Ha fatto cadere molta gente nel-
le mani del boia. Disse di lui Lenin: "Ha sbrigato un
lavoro da carnefice, ma per farlo stato costretto ad
attirare centinaia di persone nel partito".
d cos anche adesso?
ulla si ripete nella stessa maniera. Ma quando
devono parlare contro di noi, sono ancora costretti a
richiamarsi al comunismo e al popolo.
on capisco, Ivan Timofeevic.
o capirai.
on capisco come possiate restare comunista.
a cosa credi? Dovrei forse cambiare per colpa
di quelli l? Per loro non dovrei restare comunista?
molto difficile comprendervi.
on facile, certo. Ma tu, ragazzo, capirai, per-
ch vedrai.
C' la guerra, e la fame aumenta. Nelle cucine
bollono, dentro grossi paioli, bucce di patate, erbe,
pezzi di pane. La pellagra imperversa. Lengyel si
salva perch e chiamato a fare l'infermiere. L'ordine
di metterlo in libert arriva ventisei mesi dopo la
scadenza della condanna: ormai non si combatte pi
da un anno. Gli danno il pane per una settimana e i
soldi per comprare il biglietto del viaggio. Non ci
sono treni; passa undici giornate ad attendere in sta-

zione.

Arriva finalmente un convoglio di criminali re-
duci dai campi e un vecchio galeotto gli permette di
salire. Dopo tre settimane raggiunge una citt della
Russia europea. Non ha nessuno, non sa dove finita
la moglie. Trova lavoro con l'aiuto di un compaesa-
no. Ma dopo un anno e mezzo lo arrestano di nuovo,
e lo rimandano confinato nel villaggio siberiano da
dove appena tornato.

Ci resta ancora cinque anni, fa il carbonaio in un
kolchoz, poi il guardaboschi. I contadini sono scon-
tenti, soffrono la miseria, la loro giornata faticosa e
mal compensata. Torna finalmente in patria. Perch
qualcosa cambiato: i vecchi bolscevichi come Ivan
- i uoni e forti- hanno vinto. Adesso nche i
volti di quelli che si alzano all'alba non sono pi
angosciati; il balsamo della giustizia ha medicato e
sta medicando le ferite.

Jozsef Lengyel ha dimenticato tutte le offese, le
degenerazioni che sono state compiute in nome della
morale proletarla. Dimenticare, stato scritto, una
legge della vita, una prova generale della morte. Gli
danno il Premio Kossuth, pi per ci che ha vissuto,
penso, che per meriti letterari. Ma i critici lo accusano
di alunnie contro l'Unione sovietica di avere de-
scritto n rigido paesaggio lunare pieno di orrori.

E un passaggio dalla Lubjanka tocca pure a Paolo
Robotti, comunista di ferro, e cognato di Togliatti
perch ha sposato Elena, sorella di Rita Montagnana.

E un operaio meccanico torinese, e si rifugiato,
con la moglie e un bambino molto malato, nell'Urss,
che gi nel 1932 gli sembra la terra dei sogni: alla
mensa del Club degli emigrati politici servono zuppa
di cavoli con poca carne, pesce con contorno di grano
saraceno, pane nero, e un bicchiere di frutta cotta.
Ma le officine sono riscaldate, e per lavarsi c' acqua
calda e sapone e poi, in nome dell'uguaglianza, i capi
mangiano allo stesso tavolo dei lavoratori.

Gli sembra che il regime stia facendo prodigiose
conquiste: entrano in funzione la gigantesca centrale
elettrica del Dnepr e il complesso siderurgico di Ma-
gnitogorsk; in giro si vedono pi autocarri e pi
macchine sovietiche; hanno aperto alla navigazione
il canale che va dal Baltico al mar Bianco: lo hanno
scavato i condannati.

Ma arriva anche il funesto 1937: e Paolo Robot-
ti viene condotto nel cupo edificio di piazza
Dzerzinskij, palazzina della direzione dell'Nkvd.

Il trattamento che gli riserbano energico: gli
rompono i denti e gli causano lesioni alla spina dorsa-
le. Confessa: vrei anche scritto di avere assassinato
mia moglie e mio figlio che sono ancora vivi.

Per incoraggiarlo a parlare, lo insultano e lo ten-
gono in piedi per due giorni di seguito: all'alba
del terzo, sviene. Gli spiegano che tocca a lui dimo-
strare che innocente, e che la polizia non sbaglia mai.

Tra i compagni di cella ci sono un russo che
racconta l'ultima sera passata con Majakovskij, un
tedesco, un ungherese, un coreano, e un bulgaro che
non si lamenta, anzi: on mi pento di essere venuto
qui,dice o visto la costruzione del socialismo.
Un tale piange, perch ha ricevuto dalla moglie la
notifica el divorzio.

Quando lo rilasciano, la scena, almeno secondo la
sua descrizione, ha un piglio quasi epico. Un ufficiale
lo accoglie in posizione di attenti e proclama: om-
pagno Robotti, non odiate il regime sovietico; dove-
te comprendere che anche da noi sono successe tante
brutte cose.

Sono passati diciotto mesi. Firma, e si impegna di
non parlare di quanto ha visto e sentito. Per un bel
po' mantiene la promessa.

Ritorna Togliatti dalla Spagna, e una sera Robotti
va a salutare il congiunto all'Hotel Lux. Palmiro
Togliatti lo accoglie con una battuta impropria: ai
passato una bella avventura.

Cerca anche di giustificarsi: er quanto ho potu-
to, certe faccende le ho arginate e impedite, pur es-
sendo lontano. E molto turbato; dice: ovr venire
il giorno in cui di tutto quello che avvenuto si
parler, e allora capiremo bene, forse, quello che
successo in questi anni.

La mano di Stalin arriva lontano: in tutte le re-
pubbliche socialiste dell'Est, ad esempio. Dopo qua-
rant'anni di silenzio, i cecoslovacchi parlano. Rievo-
cano i momenti pi difficili della loro storia.

Sono andato a trovare a Bratislava una signora
anziana, ma lucida: Bozena Kristova, la sorella di
Vladimir Clementis, detto Vlado, vecchio compa-
gno dell'esilio e della guerra di Spagna, finito con
altri undici gloriosi militanti sulla forca come eretico
azionalista borghese.

Prese il posto di Jan Masaryk al ministero degli
Esteri, a Palazzo Czernin. Il governo era presieduto
da Klement Gottwald, e alla segreteria del partito
stava Rudolf Slnsky. Un tenace marxista-leninista
che affermava: 'atteggiamento nei confronti del-
l'Urss la pietra di paragone per ogni comunista.

Slnsky servi fino all'ultimo la causa: accett il
ruolo del traditore.

L'esecuzione avvenne fra le 3 e le 6 del mattino;
uno dopo l'altro; uno di loro disse: o ci che ho
meritato un altro: on sono una spia.

Le salme vennero cremate e le ceneri raccolte in
sacchetti di carta: poi furono sparse in un campo, non
lontano dalla citt.

--Di che cosa stato accusato suo fratello?

i attivit sovversiva contro lo Stato, di tentata
fuga all'estero, di rapporti con Tito. C'erano tante

imputazioni.
--E vero che aveva tentato di fuggire?

o. Ogni giorno andava a passeggiare con il suo
cane. Quando quella volta usc di casa, i suoi suoceri

lo stavano guardando dalla finestra e hanno notato
che c'era una macchina ferma. Appena lui si avvia-
to, si mossa per seguirlo. Poi non lo abbiamo pi
visto. Il cane lo hanno riportato quando tutto era

finito.
- Suo fratello si aspettava di essere arrestato?

on lo so, ma si vedeva che non era tranquillo.
Era un ottimista, un uomo onesto, e pensava che tutti
fossero come lui. Al suo ritorno dall'America gli
dicevano: "Perch sei tornato? Non dovevi, in Un-
gheria gi cominciata...". E lui ribatteva: "Che di-
scorsi...". Non ha voluto darci retta.
- Era tutto organizzato a Mosca?

redo di s. Naturalmente c'era di mezzo anche
Berija, con i suoi assistenti: erano loro che lo interro-
gavano con l'aiuto dei nostri.
- Perch ha ammesso colpe inesistenti?

a prima ragione che li hanno drogati, e co-
stretti a imparare a memoria quello che dovevano
dichiarare. Hanno confessato senza sapere quello che
dicevano. Io me lo sono spiegato cos: ha fatto tutto
per la famiglia. Voleva che non ci facessero del male,
che non soffrissimo per causa sua, soprattutto Lida, la
moglie che adorava.
- Raccontano che prima di morire ha detto: "Le
mie deposizioni davanti al tribunale erano il risultato
delle pressioni che ho subito". Sa nulla di queste
torture?

osso solo tirare a indovinare. In una lettera
indirizzata a Lida - non sapeva che anche lei era in
prigione - le diceva che era stato dal dentista perch
aveva dei problemi. Cosa voleva dire? Che i denti
glieli avevano spezzati.
- Tra le accuse c'era quella di avere criticato il
patto russo-tedesco. E vero?

, ma non pubblicamente, soltanto con gli ami-
ci. Qualcuno di loro lo ha denunciato a Mosca, e cos
lo hanno espulso dal partito. Tutti dovevano ripetere
quello che si diceva in alto.
- Si dice che prima della condanna afferm che
avrebbe considerato giusta anche la sentenza pi se-
vera.

on so perch lo abbia detto.
- Slnsky al momento dell'esecuzione piangeva.
Come si congedato Vlado da voi? Vi ha scritto?

lcune lettere a Lida, e una a me e a mia sorella
Molto belle. Parla della sua infanzia, di tutto. Ce le
hanno consegnate solo dopo dieci anni: delle copie.
- Pare che Slnsky abbia mormorato: o ci
che ho meritato mentre Clementis ha esclamato:
razie. Grazie a chi?

on lo so. So che quando Vlado stato arrestato
c'era ancora Slnsky, e forse lo ha fatto arrestare
proprio lui. Poi sono stati impiccati insieme. Lo stes-
so giorno, alla stessa ora. Il 3 dicembre 1952, al-
l' alba.
Dicono che il padre un eroe del proletariato, ma
lui non lo ha conosciuto. Adesso porta il suo vero
nome: Rajosz Rajk, ma per tanto tempo si chiamato
Istvan Kovcs, come a dire Smith, Rossi, Muller o
Dupont: niente.

Per tanto tempo non ha saputo chi era. Un gior-
no del 1953, una limousine nera con le tendine ab-
bassate si ferma in una strada isolata di Budapest,
dove c' una donna in attesa. Si apre la portiera e
depositano un bambino sul marciapiede. La donna lo
accarezza, gli parla sottovoce, dolcemente.

uel ragazzinoracconta Rajosz Rajk, quaran-
t'anm, architetto ro io. Ascoltavo, ma non rispon-
devo a quello che mi diceva. Ero come un cagnolino
randagio che le si strusciava contro le gambe.
Cos, per un po', ha creduto che sua zia fosse sua
madre. Che invece era in carcere.

Quando l traditoreRajk venne riabilitato e il

corpo sepolto pi degnamente, il piccolo Rajosz ave-
va sei anni e gett smarrito una manciata di terra sulla
bara: era il 23 ottobre 1956. Dietro al corteo avanza-
va la rivolta.

LszlRajk, comunista disciplinato fin dall'ado-
lescenza, durante un processo, nel settembre del
1949 aveva ammesso di essere trotzkista, spia del-
l'Occidente, titoista, borghese nazionalista.

Era ministro degli Esteri, e prima era stato agli
Interni: n uomo duro, molto duro,dice il figlio
il vero interrogativo perch avesse accettato quei
metodi per arrivare al potere.

Ma la sua memoria non pu basarsi su una testi-
monianza diretta: uando venne arrestato,raccon-
ta vevo tre mesi. Tutto quello che so nasce dai
racconti di mia madre, da libri, giornali, telegiornali.
Gli successo quello che in quell'epoca era abbastan-
za abituale. Hanno detto che era un agente della Cia,
un traditore della patria. Gli hanno fatto un processo
che si inquadrava nei sistemi imposti da Stalin per
costruire il suo impero nell'Europa centrale.

on credo avesse troppe simpatie titoiste perch
subito dopo la guerra Tito era pi stalinista di Stalin.
Semmai apprezzava i suoi sforzi per rimanere indi-
pendente.

erch confess? Ci sono tante leggende, ver-
sioni, ipotesi. Nessuna stata provata. Secondo alcu-
ni c'erano delle promesse, ma per mia madre non era
possibile piegarlo con delle lusinghe.

anno parlato anche di torture ma, sempre se-
condo mia madre, nemmeno cos avrebbero potuto
ottenere qualcosa. E pi probabile che, come militan-
te, abbia subordinato fondamentali valori umani al-
l'interesse del partito.

ia madre stata in carcere cinque anni e mez-
zo. Processo segreto, a porte chiuse. La famiglia non
sapeva nulla di lei, se era viva o morta. Le prime
notizie le abbiamo avute solo quando venne liberata,
nel 1953.

o finii in un orfanotrofio, in un mondo surreale
che voleva fare scomparire il mio nome. Per lungo
tempo rimasi all'oscuro di tutto. Appena uscito dal-
l'istituto venni adottato da degli zii. Cos ebbi un
terzo cognome. Avr avuto sei anni quando mi disse-
ro chi ero, e come era morto mio padre.

on ha chiesto la grazia per sfuggire all'impicca-
gione. Non ha scritto l'ultima lettera. Ecco, queste sue
due azioni contano molto pi del fatto che abbia potu-
to gridare "Viva il partito, viva Stalin" - come qualcu-
no sostiene - nel cortile dove lo hanno impiccato.

E per concludere questa lunga vicenda di amori
infelici, di trame malvagie, di ordini disumani, una
strage di innocenti.

Padre Andrzei Peskowski un bell'uomo di set-
tant'anni che vive a Detroit, negli Stati Uniti, dove
esercita il suo magistero. Parla inglese, ma con un
forte accento polacco. E uno dei due superstiti di
Katyn. L'altro il vecchio conte Joseph Czapski, che
allora era capitano.

Padre Andrzei ha raccontato la sua storia a papa
Giovanni Paolo II. E andato in Vaticano ed stato
ricevuto in udienza privata. Ha lasciato a Karol Woj-
tyla una Madonna scolpita nel legno di un albero
della foresta di Katyn. Tra i 5000 internati, fatti
inginocchiare e abbattuti a colpi di revolver alla nu-
ca, ci sono, oltre agli ufficiali di carriera, tra cui
quattro generali, venti professori universitari, diverse
centinaia di giuristi, ingegneri, insegnanti, medici,
scrittori e sacerdoti che fanno parte della riserva.

Il 13 aprile 1943 Radio Berlino annuncia che
vicino a Smolensk, in otto fosse comuni, sono state
rinvenute dalla Wehrmacht le salme di migliaia di
graduati polacchi. La responsabilit dell'eccidio vie-
ne attribuita all'Nkvd sovietica.
Durante l'esumazione, vengono rinvenute tesse-
re d'identit, medaglie e decorazioni, giornali russi
dell'aprile 1940, diari con note scritte anche durante
il trasferimento a Katyn. Nel 1949, una commissio-
ne di Mosca attribuisce lo sterminio alle truppe di

Hitler.

Di quegli uomini non rimasta alcuna traccia. Le
lettere indirizzate ai deportati sono state distinte
dalla polizia politica di Stalin, e cos le loro pratiche
personali. Non c' traccia della loro prigionia. Cin-
quemila fantasmi. A Varsavia, nella tomba del Solda-
to Ignoto, qualche urna che contiene un po' di terra
raccolta nei boschi della strage.

- Come s trovato a Katyn quel giorno?

el 1939 cademmo prigionieri e dal monastero
di Kozielsk fummo tradotti alla localit Cniazdowo,
che altro non che Kozie Gorki, cio il luogo che
passato alla storia col nome di Katyn. Mi ci trovai da
prigioniero di guerra, chiuso come le belve in gabbia,
con tanti altri, in un vagone bestiame. Fu cos che ci
portarono laggi a quella stazione che - oggi lo
sappiamo - divenuta l'ultima per cinquemila per-
sone. Io ero uno di loro. E solo 225 sono riuscite a
salvarsi.
- Che cosa successo e cosa ha visto?

i sono due momenti che mi rimangono im-
pressi nella mente. Uno il posto dove ci condussero
e Cl tennero tutta una notte e dove, per un puro caso,
perch le finestre erano tutte impiastricciate con una
specie di colla ed era difficile scorgere qualcosa, uno
dei miei compagni accese un fiammifero e scorse che
eravamo bloccati a una fermata prima di Smolensk.

oi il nostro treno, dopo una notte di attesa e un
temporale terribile che si era abbattuto su di noi,
riprese a muoversi. Il fatto di andare avanti significa-
va che, in quel momento, non eravamo condannati,
per ordine di Stalin, all'esecuzione, bens a essere
trasferiti in un altro Gulag che si chiamava Pavloscev
Bor. Avremmo saputo dopo che di tutta quella mol-
titudine solo noi, un gruppetto sparuto, ci eravamo

salvati.
- Quanti sono sopravvissuti?

i tutti quei cinquemila - cio dei tre Lager:
Otalkov, Starobel'ck e Kogel'sk, dove mi trovavo
io - solo 432.
- Che cosa l'ha aiutata a scamparla?

n semplice motivo: per ordine dell'Nkvd, il
nostro convoglio, anche se aveva raggiunto il punto
dove tutti gli altri venivano radunati per essere assas-
sinati, prosegu oltre.

uale fu e perch la ragione di quella decisione
nessuno di noi lo sa, e fino a oggi non siamo in
nessun modo riusciti a scoprire la chiave di quel-
l'enigma, di capire insomma perch fummo rispar-
miati mentre tutti gli altri vennero uccisi con un solo
colpo alla nuca.
- Da quel giorno qualcosa cambiato in lei?

, e tanto, perch da quel momento cominci
l'infinito tempo dell'attesa: "Che cosa ne di loro?
Dove sono?".

n continuo silenzio ricopriva qualsiasi nome,
qualsiasi persona che era stata con noi o in uno dei tre
Lager.
- Perch la verit ha penato tanto a emergere?

erch era taciuta dall'Unione sovietica che si
adoperava con ogni mezzo a non sollevare mai questa
vicenda e ad addossarne la responsabilit ad altri, ai
tedeschi innanzi tutto.
- Che cosa le fa pensare che stato Stalin a
ordinare quello sterminio?

ggi ne siamo assolutamente certi. Gli storici
russi ormai si sono messi a parlare e - quel che pi
conta - dicono che stato il suo modo di vendicarsi
per il 1920, l'anno in cui il bolscevismo dilagava per

imporre la rivoluzione rossa, e i polacchi, che da
pochi mesi avevano riconquistato la libert - perch
era dal 1918 che l'avevano recuperata -, inflissero a
quel nugolo di locuste in marcia una dura sconfitta
che Stalin non seppe perdonare fino alla sua morte.
- E i tedeschi hanno avuto la loro parte in questa
sporca faccenda?

anno scoperto quelle fosse, e il mondo fu mes-
so di fronte a una situazione in cui due mali, due
condensati del male, si sono affrontati: un boia, d'un
tratto, accusa l'altro carnefice, un criminale incolpa
l'altro delinquente.

, mentre ne parlo, mi rimane impresso nella
mente il ricordo di quando, ormai tornato libero e
soldato, mentre ci trasferivamo a Sud, incrociammo
un treno carico di prigionieri di guerra italiani che
invece venivano portati in Siberia.

ra il 1942. Dal nostro vagone ci era possibile
intravedere dei corpi totalmente congelati. Sono cose
che mi rimangono tuttora sotto le palpebre: l'uomo
in Russia non significa mai niente, e chiunque vi sia
finito da prigioniero finiva sempre e solo come schia-
vo e sapeva che non ne sarebbe mai uscito vivo.

entivamo le loro voci e gli gettammo quello
che riuscimmo a rimediare: un po' di pane e qualche
borraccia d'acqua.
Lo stalinismo non ha avuto la sua Norimberga.
Nessuno ha mai confessato di essere responsabile o
complice di quell'orrore, nessuno si pentito.

RINGRAZIAMENTI

Questo racconto si basa, in parte, sulla lettura di
molti libri di memorie di protagonisti della vita so-
vietica al tempo del rande terrore pubblicati in
Urss e all'estero, ma soprattutto su testimonianze di
superstiti e di parenti delle vittime da me raccolte nel
corso di tanti anni, anche in Polonia, Cecoslovacchia
e Ungheria.

Debbo particolare gratitudine al professor Robert
Conquest, il pi autorevole studioso dei crimini stali-
niani, che mi ha concesso un lungo colloquio; alla
signora Svetlana Karlanova, che a Mosca ha condotto
indispensabili e utili ricerche di materiale, ora che
stagione di rivelazioni, e alla signorina Ornella Di-
scacciati che ha selezionato e tradotto, con molta
abilit, i testi russi.
Fine






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