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Fernando Pessoa.
UNA CENA MOLTO ORIGINALE.



A cura di Amina Di Munno.
Copyright 1995 Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., Milano.
Titolo originale dell'opera: "A Very OriginalDinner".
Prima edizione Oscar Piccoli classici giugno 1995.
Su concessione Arnoldo Mondadori Editore.












INDICE.

Una cena molto originale: pagina 3.
Il furto della Villa delle Vigne: pagina 38.

Nota critica, di Amina Di Munno: pagina 54.
Note: pagina 67.















Una cena molto originale.


"Dimmi cosa mangi, ti dir• chi sei".
Qualcuno.

1.
Fu durante la quindicesima sessione annuale della Societ… di
Gastronomia di Berlino che il Presidente, Herr Prosit, fece il famoso
invito ai suoi membri. La sessione era naturalmente un banchetto.
Durante il dessert nacque un'accesa discussione sull'originalit…
dell'arte culinaria. Era un cattivo momento per tutte le arti.
L'originalit… era in declino. Anche nella gastronomia c'erano un
declino e un indebolimento. Tutti i prodotti della cucina che si
definivano "nuovi" non erano altro che varianti di piatti gi… noti.
Una salsa diversa, un modo lievemente diverso di condire o insaporire
- in questo differiva il piatto nuovo da quello tradizionale. Non vi
erano vere e proprie novit…, ma solo innovazioni. Tutte queste cose
furono deplorate unanimemente al banchetto, con una variet… di toni e
diversi gradi di veemenza.
Mentre si discuteva con calore e convinzione vi era tra noi un uomo
che, sebbene non fosse l'unico a tacere, era tuttavia l'uomo il cui
silenzio maggiormente si notava, perch‚ da lui pi— che da ogni altro
ci si poteva aspettare un intervento. Quest'uomo era naturalmente Herr
Prosit, presidente della Societ… e anche di questa riunione. Herr
Prosit era l'unico uomo che non partecipasse alla discussione - egli
stava in silenzio pi— che disattento. Si sentiva la mancanza
dell'autorit… della sua voce. Era pensieroso - lui, Prosit, stava in
silenzio - lui, Prosit; appariva serio - lui, Wilhelm Prosit,
presidente della Societ… di Gastronomia.
Il silenzio di Herr Prosit era per la maggior parte degli uomini una
cosa rara. Egli somigliava (mi si conceda il paragone) a un uragano.
Il silenzio non gli era congeniale. Lo stare cheto non era una
prerogativa del suo temperamento. E come una tempesta (per seguire la
similitudine), se qualche volta si manteneva silenzioso questo
avveniva solo come una pausa e un preludio alla pi— grande delle
esplosioni. Questa era l'opinione che si aveva di lui.
Il Presidente era un uomo per molti aspetti eccezionale. Era un uomo
allegro e affabile, ma lo era con una vivacit… eccessiva, con una
esuberanza nel comportamento che rivelava una costante artificiosit…
di attitudine. La sua socievolezza sembrava patologica; la sua facezia
e i suoi scherzi, pur non essendo in alcun modo forzati, sembravano
imposti dall'interno da una facolt… dello spirito che non Š quella
dell'arguzia. Il suo umore sembrava manierato, la sua irrequietudine
naturalmente posticcia.
In compagnia dei suoi amici - e ne aveva molti - manteneva una
corrente continua di ilarit…, era tutto gioia e riso. Eppure Š
sorprendente come questo strano uomo non mostrasse, nella sua
espressione abituale, una manifestazione di allegria o di gioia.
Quando smetteva di ridere, quando dimenticava di sorridere, per il
contrasto che il suo viso tradiva, sembrava cadere in una seriet…
innaturale, come qualcosa di simile al dolore.
Se questo fosse dovuto alla fondamentale tristezza del suo carattere,
o alle pene della sua vita passata, o a qualsiasi altro male del suo
spirito - io che riferisco questo, difficilmente potrei presumere di
affermarlo. Inoltre, questa contraddizione del suo carattere o almeno
delle sue manifestazioni era notata solo da chi l'osservasse, gli
altri non la vedevano, n‚ vi era alcuna necessit… che lo facessero.
Come in una notte di bufere in cui si susseguono le une alle altre, ma
a intervalli, colui che ne Š testimone considera l'intera notte una
notte di tempesta, dimenticando gli intervalli tra i momenti pi—
violenti e attribuendo alla notte la caratteristica che lo ha colpito
di pi—; cos seguendo un'inclinazione dell'animo umano, si diceva che
Prosit fosse un uomo allegro, perch‚ ci• che pi— colpiva in lui era la
sua allegria fragorosa, la sua gioia rumorosa. Nella tempesta il
testimone dimenticava il profondo silenzio degli intervalli. Di
quest'uomo dimenticavamo facilmente, per il suo riso selvaggio, il
silenzio triste, la cupa pesantezza degli intervalli della sua natura
sociale.
Il volto del Presidente, ripeto, aveva questa contraddizione e la
tradiva. Quel viso sorridente mancava di animazione. Il suo eterno
sorriso sembrava la smorfia grottesca di coloro nei cui visi picchia
il sole; "l…" una naturale contrazione dei muscoli dinanzi a una luce
forte; "qui" una espressione estremamente innaturale e grottesca.
Era voce comune (tra coloro che lo conoscevano) che si fosse dato a
una vita spensierata per sfuggire a una specie di malattia nervosa
ereditaria o, tutt'al pi— a uno stato patologico, poich‚ era figlio di
un epilettico e aveva avuto tra gli antenati, per non menzionare molti
dei casi pi— stravaganti, parecchi di inequivocabili nevrotici. Egli
stesso avrebbe potuto essere affetto da malattia nervosa. Ma non posso
parlarne con assoluta certezza.
Quello che posso dare come verit… inconfutabile Š che Prosit era stato
introdotto nella societ… di cui parlo da un giovane ufficiale, anche
lui amico mio, un tipo allegro che lo aveva conosciuto chiss… dove e
aveva trovato irresistibili i suoi scherzi.
Questa societ… - quella di cui Prosit entr• a far parte - era, a dire
il vero, una di quelle dubbie e non rare societ… eccentriche che sono
formate da elementi di alto rango e di basso rango in una curiosa
sintesi, simile a una trasformazione chimica, per cui i componenti
vengono ad acquisire una nuova peculiare caratteristica, diversa dalla
loro natura originaria. Questa era una societ… le cui arti - perch‚
arti devono chiamarsi - erano quelle di mangiare, bere e fare
all'amore. Era artistica indubbiamente. Era volgare, ancor pi—
indubbiamente. E coniugava questi elementi senza disarmonia.
Di questo gruppo di persone, socialmente inutili, umanamente corrotte,
Prosit era il capo, perch‚ era il pi— volgare di tutti. Non posso
ovviamente penetrare nella psicologia semplice e insieme intricata di
questo caso. Non so spiegare, qui, la ragione per cui il capo di una
simile societ… fosse stato scelto tra gli iscritti di rango pi— basso.
In tutta la letteratura molto acume, molto intuito sono stati spesi in
enigmi di questo tipo. Si tratta di casi che hanno un'origine
indubbiamente patologica. Poe ha dato ai complessi sentimenti che li
ispirano, credendoli uno solo, il nome generico di "perversit…", ma
per non divagare vorrei limitarmi al caso in questione. L'elemento
femminile della societ… Š venuto, convenzionalmente parlando, dal
basso, l'elemento maschile dall'alto. Il pilastro di questa intesa, il
tratto d'unione di questo composto - anzi, meglio, l'agente catalitico
di questa trasformazione chimica - era il mio amico Prosit. I centri,
i luoghi d'incontro della societ… erano due: un certo ristorante o il
rispettabile hotel X, a seconda che la festa fosse una gozzoviglia
spensierata, o una sobria, virile, artistica sessione della Societ… di
Gastronomia di Berlino. Per quanto riguarda la prima, Š impossibile
pronunciarsi, non Š possibile neppure un accenno senza rasentare
l'indecenza, poich‚ Prosit non era volgare in modo discreto, ma in un
modo abnorme e la sua influenza poteva rendere ancora pi— basso il
livello dei pi— bassi desideri dei suoi amici. Quanto alla Societ… di
Gastronomia, era migliore; diciamo che rappresentava il lato
spirituale delle concrete aspirazioni del gruppo.
Ho appena detto che Prosit era volgare. E' vero, era cos. La sua
esuberanza era volgare, i suoi stati d'animo si manifestavano in modo
triviale. Riferisco tutto ci• con obiettivit…; il mio fine non Š
scrivere encomi n‚ calunnie, ma disegnare un personaggio nel modo pi—
chiaro possibile e riferire con la verit… che mi consente la mia pi—
intima convinzione.
Ma Prosit era triviale, senza dubbio, perch‚ persino nella societ…
dove, essendo a contatto con elementi della sfera sociale elevata, era
a volte costretto a vivere, non aveva perso molto della sua innata
brutalit…. Vi indulgeva quasi consciamente. I suoi scherzi non erano
sempre inoffensivi o graditi; erano quasi tutti di cattivo gusto, per
quanto a coloro che sapevano apprezzare "il punto" di tali esibizioni,
essi potessero sembrare abbastanza divertenti, spiritosi, ben
congegnati.
Il migliore aspetto di questa trivialit… era la sua impulsivit…, il
suo fervore; perch‚ il Presidente si impegnava con ardore in tutte le
cose che intraprendeva, specialmente nelle imprese culinarie e nelle
relazioni amorose; riguardo alle prime era un poeta del gusto, ogni
giorno acquisiva ispirazione; quanto alle ultime, la sua bassezza
d'animo era di infimo livello. Tuttavia il suo ardore e l'impulsivit…
della sua allegria non si potevano mettere in dubbio. Trascinava gli
altri con s‚ per la foga della sua energia, trasmetteva loro calore,
rinvigoriva i loro impulsi senza rendersene conto. Eppure la sua foga
era dedicata a lui stesso, era fine a se stessa, era una necessit…
organica: e non intesa a stabilire un rapporto con il mondo esteriore.
Questo fervore, in realt…, non poteva reggere a lungo; ma, finch‚
durava, la sua influenza sugli altri, anche se inconscia, era enorme.
Ma, si noti che, per quanto il Presidente fosse impetuoso, impulsivo e
in definitiva volgare e villano, non conosceva l'ira. Nessuno riusciva
a irritarlo. Inoltre era sempre pronto a rendersi gradevole, sempre
pronto a evitare una discussione. Sembrava desiderare sempre che tutti
andassero d accordo con lui. Era curioso osservare come dominasse la
sua ira, come la reprimesse con una fermezza che nessuno gli avrebbe
sospettato, tanto meno coloro che lo conoscevano come uomo impetuoso e
impulsivo.
Era soprattutto grazie a ci•, suppongo, che Prosit godeva di tanta
predilezione. Infatti anche se era volgare, brutale, impulsivo, ma
visto che non si comportava mai in modo scorretto con manifestazioni
di collera e di aggressivit…, vi deponevamo le basi della nostra
amicizia. Inoltre, c'era il fatto che era sempre disposto a rendersi
gradevole e a essere affabile. Che fosse rozzo, tra uomini contava
poco, perch‚ il Presidente era una brava persona.
E' ovvio, dunque, che il fascino (chiamiamolo cos) di Prosit
consisteva in questo: nella sua capacit… di non adirarsi, nel suo zelo
per rendersi piacevole, nel peculiare fascino esercitato dalla sua
grossolana esuberanza, forse persino, in definitiva, nella intuizione
inconscia del lieve enigma che la sua personalit… presentava.
Ma basta. La mia analisi della personalit… di Prosit, forse esagerata
nei dettagli, Š tuttavia lacunosa, perch‚, come credo, ha omesso o
tralasciato gli elementi che portano a una sintesi conclusiva. Mi sono
avventurato al di l… delle mie capacit…. La mia comprensione non pu•
accompagnarsi con la chiarezza che desidero. Non aggiunger• altro.
Nondimeno da ci• che ho detto una cosa almeno Š chiara: l'aspetto
esteriore del Presidente. E per il resto, a tutti gli effetti, Herr
Prosit era un uomo allegro, uno strano individuo, Š vero, ma di solito
contento, che stupiva per la sua allegria, un personaggio in vista
nella sua societ…, un uomo che aveva molti amici. Le sue
caratteristiche volgari, se da una parte caratterizzavano la societ…
nella quale viveva; se, voglio dire, creavano un ambiente, da un'altra
parte passavano inosservate per eccesso di evidenza, scivolavano
gradualmente nel dominio del non avvertibile, diventavano
impercettibili, finivano con lo scomparire.

La cena stava per finire. La conversazione cresceva, il numero dei
conversatori aumentava; e aumentava il rumore delle voci che si
intrecciavano, che discutevano, che si contraddicevano. Prosit
manteneva il silenzio. Il pi— acceso conversatore, il capitano Greiwe,
teneva un tono lirico, direi. Il suo discorso verteva sulla mancanza
di immaginazione (cos la chiamava) che rendeva insipida la cucina
moderna. Il suo entusiasmo aumentava. Nell'arte della gastronomia,
osserv•, erano sempre necessari nuovi piatti. Il suo modo di vedere
era ovviamente limitato all'arte che conosceva. Egli sosteneva
erroneamente, dava a intendere che solo nella gastronomia
l'innovazione fosse di fondamentale importanza. E questo pu• essere
stato un modo sottile per dire che la gastronomia era l'unica scienza
e l'unica arte. ®Arte benedetta,¯ url• il capitano ®dove l'idea
conservatrice Š un eterna rivoluzione!¯ ®Di questa potrei dire¯
continu• ®ci• che Schopenhauer dice del mondo: che si preserva
attraverso la sua distruzione.¯
®Perch‚, Prosit¯ chiese un membro dall'estremo capo della tavola,
notando il silenzio del Presidente. ®Perch‚, Prosit, non avete ancora
espresso la vostra opinione! Dite qualcosa, perbacco, siete forse
distratto; o malinconico? Non vi sentite bene?¯
Tutti gli occhi si posarono sul Presidente Il Presidente sorrise nel
suo modo abituale, col suo solito sorriso malizioso, misterioso, mezzo
corrucciato. Eppure "il suo" sorriso aveva un significato;
preannunciava in qualche modo la stranezza delle sue parole.
Prosit ruppe il silenzio che si era fatto in attesa della sua
risposta.
®Ho una proposta da farvi, un invito¯ disse. ®Ho la vostra attenzione?
Posso parlare?¯
Appena ebbe detto queste parole, il silenzio sembr• farsi pi—
profondo. Tutti gli sguardi si concentrarono su di lui. Ogni
movimento, ogni gesto si ferm• a quel punto, perch‚ tutti furono presi
dalla pi— grande attenzione.
®Signori,¯ cominci• Herr Prosit ®nell'invitarvi a questa cena oso
sostenere che nessuno di voi ha mai partecipato a nulla di simile. Il
mio invito Š al medesimo tempo una sfida. Pi— tardi vi spiegher•.¯
Ci fu una breve pausa. Nessuno si mosse, tranne Prosit, che gustava un
bicchiere di vino.
®Signori,¯ egli ripet‚, in modo eloquentemente diretto ®la mia sfida a
tutti i presenti consiste nel fatto che fra dieci giorni offrir• una
nuova sorta di cena, "una cena molto originale". Consideratevi
invitati.¯
Mormorii di spiegazione e domande si levarono da ogni parte. Perch‚
quel tipo di invito? Che cosa voleva dire? Cosa significava? Perch‚
quell'oscurit… di espressione? Qual era, in altri termini, la sfida
che lanciava?
®A casa mia,¯ disse Prosit ®nella piazza.¯
®Bene.¯
®Voi trasferirete a casa vostra il luogo di riunione della nostra
societ…?¯ chiese qualcuno.
®No, sar… solo per quest'occasione.¯
®E sar… una cosa davvero cos originale, Prosit?¯ indag• ostinatamente
un altro con curiosit….
®Molto originale. Una assoluta novit….¯
®Bravo! ¯
®L'originalit… della cena,¯ disse il Presidente, parlando come se
avesse riflettuto ®non consiste in quello che vi appare, ma in quello
che significa, in quello che contiene. Io sfido chiunque qui presente
(e vorrei dire chiunque in ogni luogo), a dire, dopo aver finito, in
che cosa essa Š originale. Nessuno, ve lo assicuro, indoviner…. Questa
Š la mia sfida. Forse avrete pensato che si tratti di qualcosa per cui
nessuno potrebbe offrire un banchetto pi— originale. Ma no, non Š
cos. E' molto pi— originale. E' originale al di l… delle vostre
aspettative.¯
®Possiamo sapere¯ chiese un membro ®il motivo del vostro invito?¯
®Sono spinto a questo¯ spieg• Prosit, e lo sguardo fisso gli dava
un'espressione sarcastica ®da una disputa che ho avuto prima di cena.
Alcuni dei miei amici qui presenti avranno sentito la discussione.
Possono spargere la voce. Il mio invito Š fatto. Accettate?¯
®Certo! Certo! giunsero grida da ogni parte della tavola.¯
Il Presidente assent e sorrise. E palesando una soddisfazione che
forse gli veniva da una sua visione interiore fin il suo discorso.
Quando Herr Prosit ebbe fatto il suo stupefacente invito, la
conversazione cadde sul motivo reale di quanto egli aveva detto.
Alcuni erano dell'opinione che si trattasse di un altro scherzo del
Presidente; altri che Prosit volesse dare un'altra prova delle sue
capacit… culinarie, il che era del tutto gratuito, poich‚ (dicevano
questi) nessuno le aveva messe in dubbio, egli voleva forse solo
soddisfare la sua vanit… in quest'arte. Altri ancora erano sicuri che
il motivo dell'invito fossero certi giovani di Francoforte tra i quali
e il Presidente esisteva una rivalit… in fatto di gastronomia. Risult•
subito, come vedranno i lettori, che il motivo della sfida era
effettivamente il terzo - lo scopo immediato, intendo dire, poich‚
essendo il Presidente un essere umano e, soprattutto molto originale,
il suo invito, recava psicologicamente le tracce delle tre intenzioni
che gli erano imputate.
Il motivo per cui non si credette subito che la vera ragione
dell'invito di Prosit fosse la disputa (come egli stesso aveva
affermato), era che la sfida era troppo vaga, troppo misteriosa per
apparire come una risposta a una provocazione, come nulla pi— che una
vendetta. Alla fine, comunque, gli si dovette credere.
La discussione menzionata dal Presidente era avvenuta tra lui e cinque
giovani di Francoforte. Questi giovanotti non avevano di particolare
che il fatto di essere gastronomi; penso che quello fosse l'unico
titolo degno della nostra attenzione. La loro contesa era stata, per
quanto si ricordi, sul fatto che un qualche piatto inventato da uno di
loro, o una cena da loro offerta, fosse superiore alle imprese
gastronomiche del Presidente. Su questo era sorta la disputa; attorno
a questo centro il ragno della discordia aveva ingegnosamente tessuto
la sua tela.
I ragazzi avevano preso parte alla discussione con una certa foga;
Prosit aveva controbattuto in modo sommesso e moderato. Era sua
abitudine, come ho detto, non cedere mai all'ira. In questa occasione,
tuttavia, si era quasi irritato per la foga delle risposte dei suoi
contendenti. Si credette, ora che si sapeva, che il Presidente avrebbe
giocato uno dei suoi giganteschi tiri ai cinque ragazzi per vendicarsi
a modo suo di quella disputa. Perci• l'aspettativa presto divenne
grande; cominciarono a circolare voci circa un brutto scherzo, storie
su una vendetta straordinariamente originale. Dato il caso e l'uomo,
queste voci si giustificavano da sole; erano goffamente costruite
sulla verit…. Prima o poi furono tutte riferite a Prosit; ma
ascoltandole egli scuoteva la testa e mentre sembrava fare giustizia
alla loro intenzione, deplorava la loro banalit…. Nessuno, diceva, ha
indovinato. Era impossibile che qualcuno indovinasse. Doveva essere
una sorpresa. Congetture, supposizioni, ipotesi erano ridicole e
inutili.
Queste dicerie, naturalmente, circolarono pi— tardi. Torniamo alla
cena durante la quale era stato fatto l'invito. Si era appena finito.
Stavamo andando verso il "fumoir" quando ci imbattemmo in cinque
giovanotti dall'aspetto raffinato che salutarono Prosit piuttosto
freddamente.
®Ah! amici miei,¯ il Presidente spieg• voltandosi a noi ®questi sono
cinque giovani gentiluomini di Francoforte che io una volta ho battuto
a un concorso di gastronomia...¯
®Sapete, veramente non credo che voi ci abbiate battuti¯ replic• uno
dei ragazzi, con un sorriso.
®Allora, lasciamo le cose come stanno o come stavano. In realt…, amici
miei, la sfida che ho appena fatto alla Societ… di Gastronomia (con un
ampio gesto della mano indicava noi) Š di un'importanza molto maggiore
e di natura molto pi— artistica.¯ Lo spieg• ai cinque. Essi
ascoltarono il pi— scortesemente possibile.
®Quando ho lanciato questa sfida, proprio ora, signori, ho pensato a
voi!¯
®Ah! s, davvero? E noi cosa c'entriamo?¯
®Ah! lo vedrete presto! La cena Š fra due settimane, il diciassette.¯
®Non vogliamo sapere la data, non ne abbiamo bisogno.¯
®No, avete ragione!¯ ridacchi• il Presidente. ®Non occorre. Non sar…
necessario. Tuttavia,¯ aggiunse ®sarete presenti alla cena.¯
®Cosa?¯ grid• uno dei tre ragazzi. Degli altri due, uno fece una
smorfia e l'altro sgran• gli occhi. Il Presidente sogghign• in
risposta. ®S, e vi contribuirete nella maniera pi— concreta.¯
I cinque ragazzi manifestarono apertamente il loro dubbio e il loro
scarso interesse per la questione.
®Venite, venite!¯ disse il Presidente mentre se ne andavano. ®Quando
mi propongo una cosa la faccio sul serio e io vi dico che sarete
presenti alla cena e che contribuirete alla sua buona riuscita.¯
Questo fu detto in un tono di cos ovvia e acuta canzonatura che i
giovanotti andarono su tutte le furie e si precipitarono gi— per le
scale.
L'ultimo si volt•.
®Forse saremo presenti con lo spirito,¯ disse ®pensando al vostro
insuccesso.¯
®No, no; voi sarete realmente l. Sarete fisicamente con i vostri
corpi, ve lo assicuro. Non preoccupatevi. Lasciate ogni cosa a me.¯
Un quarto d'ora pi— tardi, quando tutto era finito, seguii Prosit gi—
per le scale.
®Credete che riuscirete a farli venire, Prosit?¯ gli chiesi mentre si
metteva il cappotto.
®Certamente,¯ disse ®ne sono sicuro.¯
Uscimmo insieme e ci salutammo sulla porta dell'albergo.


2.
Arrivo cos il giorno della cena di Prosit. La cena ebbe luogo a casa
di Prosit alle sei e mezzo del pomeriggio.
La casa - quella che Prosit aveva indicato si trovava nella piazza -
non era, in realt…, la sua casa, ma quella di un suo vecchio amico che
viveva fuori Berlino e che la prestava a Prosit quando questi ne
avesse bisogno. Era sempre a sua disposizione, anche se egli la
utilizzava raramente. Alcuni dei primi festini della Societ… di
Gastronomia si erano tenuti l, fino a quando non ci si era accorti
che per comodit…, signorilit… e localizzazione, l'albergo offriva
maggiori vantaggi. Nell'albergo Prosit era molto conosciuto e i piatti
erano eseguiti secondo le sue direttive. La sua capacit… inventiva
aveva tanto sfogo l… quanto a casa sua, con cuochi sia suoi che degli
altri membri o di qualche ristorante; e non solo la sua abilit… aveva
un vasto campo d'azione, ma anche l'esecuzione dei suoi piani era pi—
rapida, migliore; essi erano eseguiti pi— precisamente e
accuratamente.
Quanto alla casa di Prosit, nessuno sapeva dove fosse, n‚ si
preoccupava di saperlo. Per alcuni banchetti veniva usata la casa di
cui ho appena parlato, per gli appuntamenti amorosi egli aveva un
piccolo appartamento. Era infine iscritto a un club - forse a due - ed
era spesso visto nell'hotel.
Come dicevo nessuno conosceva la casa di Prosit: che pero ne avesse
una, oltre ai luoghi menzionati, da lui frequentati, era un fatto
certo. Non conoscevamo neppure le persone che abitavano con lui.
Prosit non ci aveva mai fatto sapere chi fossero i compagni del suo
ritiro; non ci aveva mai detto neppure che esistevano. Si trattava
semplicemente di una nostra congettura. Prosit aveva vissuto (e questo
noi lo sapevamo, anche se non mi ricordo per mezzo di chi) nelle
Colonie - in Africa, o in India o in qualche altro luogo - dove aveva
accumulato un patrimonio del quale ora viveva. Diciamo che, sapendone
abbastanza, avevamo ritenuto ozioso indagare sul resto.
Il lettore conosce ora sufficientemente il quadro della situazione da
poter fare a meno di mie ulteriori informazioni circa il Presidente e
la casa in questione. Veniamo dunque alla famosa cena.
La stanza dove era stata imbandita la tavola per il banchetto era
lunga e larga, ma non imponente. Sulle pareti non vi erano finestre,
ma solo porte che davano su diverse stanze. A una estremit…, dalla
parte della strada, si stagliava una finestra alta e larga, splendida,
che sembrava respirare tutta per s‚ l'aria che lasciava entrare.
Suddivisa in tre parti dagli stessi scomparti del battente, occupava
esattamente lo spazio di tre comuni, ampie finestre. Bench‚ la stanza
fosse grande, questa sola finestra era pi— che sufficiente, dava luce
e aria a tutto l'insieme.
Al centro della sala era stata imbandita una lunga tavola per il
banchetto, a capo della quale sedeva il Presidente, di spalle alla
finestra. Il sottoscritto, in qualit… di membro pi— anziano, sedeva
alla sua destra. Altri dettagli sono superflui. Eravamo cinquantadue
partecipanti. La stanza era illuminata da tre lampadari che
sovrastavano la tavola. Attraverso un'abile disposizione dei loro
ornamenti, le luci erano singolarmente concentrate sulla tavola, in
modo da lasciare piuttosto oscuri gli spazi tra questa e i muri.
L'accorgimento ricordava la sistemazione delle luci sui tavoli da
biliardo. Tuttavia, poich‚ qui tale effetto non era ottenuto come in
quelli, attraverso un espediente il cui fine era ovvio, ci• che si
notava era tutt'al pi— una sensazione di stranezza. Se ci fossero
state altre tavole, l'oscurit… fra l'una e l'altra sarebbe risultata
alquanto molesta; ma poich‚ vi era una sola tavola, ci• non si notava.
Io stesso lo notai solo pi— tardi, come il lettore potr… constatare.
Sebbene anch'io, come tutti i presenti, nell'entrare mi guardassi
intorno in cerca di qualcosa di strano, non notai nulla di
particolare.
In quale modo la tavola fosse orientata, apparecchiata e decorata, non
ricordo esattamente e ci• non mi pare essenziale. Rispetto ad altre
tavole da pranzo non c'era nessuna differenza sostanziale, nessuna
originalit…. In tal caso qualsiasi descrizione sarebbe sterile e
inutile.
I membri della Societ… di Gastronomia (cinquantadue, come ho detto)
cominciarono ad arrivare alle sei meno un quarto. Tre, se ben ricordo,
arrivarono solo un minuto prima dell'ora della cena. L'ultimo arriv•
nel momento in cui ci sedevamo a tavola. In queste cose, come era
proprio degli artisti, non si faceva molta cerimonia. Nessuno ebbe a
ridire per il ritardo.
Ci sedemmo a tavola, in uno stato di contenuta aspettativa, di dubbio
e sospetti. Questa doveva essere, ognuno di noi lo ricordava, "una
cena molto originale". Tutti eravamo stati sfidati a scoprire in che
cosa consistesse la sua originalit…. E questo era il difficile.
L'originalit… stava in qualcosa di non apparente o in qualcosa di
ovvio? Stava in qualche piatto, in qualche salsa o in qualche addobbo?
Consisteva in qualche particolare triviale della cena? O, magari,
stava nel carattere generale del banchetto?
Poich‚ ogni cosa era possibile, ogni cosa vagamente probabile, ogni
cosa ragionevolmente improbabile, impossibile; tutto ci• forniva un
motivo di sospetto, di dubbio, di disorientamento. Era l
l'originalit…? Era quello lo scherzo?
Cosicch‚ non appena ci fummo tutti seduti per cenare, cominciammo a
scrutare minutamente, curiosamente le decorazioni e i fiori sul tavolo
e non solo questi, ma anche i disegni dei piatti, la disposizione dei
coltelli e delle forchette, i bicchieri, le bottiglie di vino. Molti
di noi avevano gi… esaminato le sedie. Non pochi, con fare
indifferente, girarono intorno al tavolo, intorno alla stanza. Uno
aveva guardato sotto il tavolo, un altro lo aveva tastato rapidamente
e accuratamente nella parte inferiore. Un altro ancora fece cadere il
tovagliolo e si pieg• per raccoglierlo, cosa che fece con alquanto
goffa difficolt…. Voleva vedere, mi disse poi, se non ci tosse una
trappola che a un certo punto del banchetto avrebbe inghiottito il
tavolo o noi e il tavolo insieme.
Non riesco a ricordare ora con precisione quali fossero le mie
supposizioni o congetture. Tuttavia ricordo distintamente che erano
abbastanza ridicole, dello stesso tipo di quelle che vi ho descritto
parlando degli altri. Nella mia mente si susseguivano fantastici e
straordinari pensieri attraverso una associazione di idee puramente
meccanica. Era tutto suggestivo e insoddisfacente allo stesso tempo.
Considerandole bene, tutte le cose avevano una loro singolarit… (Š
cos di ogni cosa, d'altronde), ma nulla presentava chiaramente,
nitidamente un segno tale che risultasse essere la chiave del
problema, la parola nascosta dell'enigma.
Il Presidente ci aveva sfidati tutti a indovinare l'originalit… della
cena. Data la sfida, data l'abilit… di Prosit per gli scherzi, nessuno
avrebbe potuto dire se l'originalit… fosse ridicolmente insignificante
a bella posta, se si nascondesse in una indiscrezione stravagante,
oppure, dal momento che una simile cosa era possibile, consistesse nel
fatto di non avere assolutamente niente di originale. Questo era lo
stato d'animo col quale tutti gli ospiti - lo dico senza esagerazione
- presero posto per consumare "una cena molto originale".
La nostra attenzione era concentrata su ogni cosa.
E la prima cosa da osservare fu che il servizio era composto da cinque
camerieri negri. I loro visi non si potevano vedere bene, non solo per
via dei costumi alquanto stravaganti che indossavano (compreso uno
strano turbante), ma anche per la singolarit… delle luci per cui, come
nelle sale da biliardo, sebbene non con lo stesso artificio, la luce
era diretta verso il tavolo e lasciava tutto il resto nell'oscurit….
I cinque camerieri negri erano ben addestrati, forse non
perfettamente, ma bene. Lo rivelavano molti particolari, avvertibili
da uomini come noi, a contatto quotidianamente con camerieri in
occasioni importanti. Apparentemente sembravano istruiti molto bene,
per una cena in cui servivano per la prima volta. Questa l'impressione
che il loro servizio aveva fatto ai miei occhi esperti; ma la scartai
momentaneamente, non vedendoci niente di straordinario. Non si
trovavano camerieri da nessuna parte. Forse, pensai in quel momento,
Prosit li ha portati dall'estero, da un suo viaggio. Il fatto che io
non li conoscessi non era una ragione per non crederlo, perch‚, come
ho detto, la vita privata di Prosit, cos come la sua dimora, non ci
erano conosciute: Prosit le teneva segrete per ragioni tutte sue e
sulle quali non sarebbe stato delicato indagare o fare apprezzamenti.
Le mie riflessioni sui camerieri negri furono semplicemente queste.
La cena era dunque cominciata. E la nostra perplessit… aumentava. Le
peculiarit… che essa presentava erano, a ben riflettere, cos
insignificanti che se ne rendeva inutile qualsiasi interpretazione.
Sono eloquenti in proposito le osservazioni fatte scherzosamente da
uno degli ospiti verso la fine della cena: ®L'unica cosa che la mia
mente attenta e perspicace riesca a vedere di originale¯ disse con
voluta pomposit… un membro titolato ®Š, innanzi tutto, che i nostri
camerieri sono scuri e che per di pi— si muovono nel buio, ma in
realt… al buio ci siamo noi. In secondo luogo, che se tutto ci• ha un
significato, il suo significato Š che non significa un bel nulla. Non
sento odore di tranelli: l'unico odore che sento, del resto squisito,
Š quello del pesce¯. (1)
Queste banali osservazioni furono ben accolte dai commensali, anche se
non si possono definire spiritose. Tutti, comunque, avevano notato le
stesse cose; ma nessuno credeva che lo scherzo di Prosit non
significasse altro che questo. Guardarono il Presidente per verificare
se l'espressione del suo sorriso tradisse uno stato d'animo, qualche
segno di un'attitudine particolare; ma il suo sorriso era normale e
inespressivo. Forse era leggermente pi— largo, forse aveva ammiccato
quando l'ospite titolato fece quelle osservazioni, forse era diventato
pi— malizioso; ma non potrei affermarlo con sicurezza.
®Dalle sue parole¯ disse infine Prosit a colui che aveva parlato ®sono
contento di constatare un inconsapevole riconoscimento della mia
abilit… nel dissimulare, nel far apparire una cosa diversa da quel che
Š. Vedo infatti che Š stato ingannato dalle apparenze. Vedo che Š
ancora lontano dalla verit…, dalla burla. E' ben lontano
dall'indovinare in cosa consiste l'originalit… della cena; e devo
aggiungere che se c'Š qualcosa di ingannevole, cosa che non nego, non
Š certamente il pesce. Tuttavia la ringrazio per il suo elogio. E il
Presidente si inchin• in modo canzonatorio.¯
®Il mio elogio?¯
®Il suo elogio, perch‚ lei non ha indovinato e, cos facendo, ha
proclamato la mia abilit…. Io la ringrazio!¯
Una risata mise fine a quest'episodio.
Nel frattempo io, che avevo riflettuto durante tutto questo tempo,
arrivai improvvisamente a una strana conclusione: riandando con la
memoria alle parole dell'invito e al giorno in cui era stato fatto,
ricordai a un tratto che la cena era il risultato di una discussione
del Presidente con i cinque gastronomi di Francoforte. Ricordai
l'espressione di Prosit in quel momento. Egli aveva detto ai cinque
giovanotti che essi sarebbero stati presenti alla cena, che vi
avrebbero contribuito "materialmente". Aveva usato proprio questo
termine.
Ora questi ragazzi non erano ospiti... Subito la vista di uno dei
camerieri negri mi fece notare la loro assenza; e anche il fatto che
erano cinque. La scoperta mi fece trasalire. Guardai i camerieri, per
vedere se i loro visi tradissero qualcosa, ma le loro facce nere erano
nell'ombra. E in quell'istante notai l'estrema abilit… con cui la
disposizione delle luci concentrava tutta l'illuminazione sulla
tavola, lasciando parzialmente all'oscuro il resto della stanza,
soprattutto all'altezza delle teste dei cinque servitori. Per quanto
fosse strano e sconcertante non mi rimanevano dubbi. Ero assolutamente
sicuro che i cinque gentiluomini di Francoforte fossero diventati, per
l'occasione, i cinque camerieri negri. L'assoluta incredibilit… della
cosa mi trattenne per un attimo, ma le mie conclusioni erano molto ben
tratte, erano pi— che logiche. Non poteva essere diversamente.
Ricordai immediatamente che, circa cinque minuti prima, nello stesso
banchetto, avendo i camerieri negri naturalmente attirato
l'attenzione, uno dei membri, Herr Kleist, un antropologo, aveva
chiesto a Prosit di quale razza fossero (poich‚ gli era assolutamente
impossibile vedere i loro volti) e da dove li avesse fatti venire. Il
disappunto che il Presidente aveva manifestato sarebbe potuto passare
del tutto inosservato; se non che io notai chiaramente, perfettamente
l'imbarazzo di Prosit e ne rimasi meravigliato. Poco dopo - come ebbi
a notare senza rendermene conto - mentre uno dei camerieri teneva il
piatto vicino a Prosit, questi gli disse qualcosa a bassa voce; e il
risultato fu che i cinque "negri" si allontanarono nell'ombra,
esagerando forse la distanza, per chi stesse attento alla manovra.
Il timore del Presidente era certamente del tutto naturale. Un
antropologo come Herr Kleist un esperto delle razze umane, dei loro
tipi e delle loro caratteristiche somatiche, avrebbe inevitabilmente
scoperto l'inganno se avesse visto le loro facce. Da qui l'estrema
irrequietudine di Prosit alla domanda, da qui la sua richiesta che i
camerieri si tenessero prudentemente nel buio. In che modo avesse
eluso la domanda, non ricordo; mi pare che affermasse che i camerieri
non erano i suoi, che ignorava la loro razza e il modo in cui erano
giunti in Europa. Ad ogni modo nel dare questa risposta egli parve
abbastanza a disagio, forse per il timore che Herr Kleist, proprio per
conoscere la loro razza, chiedesse di esaminare i negri. Ma Š chiaro
che, avendo dichiarato che i domestici non gli appartenevano, non
avrebbe potuto dire a quale razza appartenessero, poich‚ essendo
ignorante in fatto di razze, e sapendo di esserlo, avrebbe dovuto
cercare di indovinare un tipo, le cui caratteristiche pi— elementari
ed evidenti, come per esempio la statura, avrebbero potuto essere in
aperta contraddizione con quella dei cinque camerieri. Ricordo
vagamente che dopo questa risposta, Prosit devi• la conversazione con
un pretesto qualsiasi, cercando di far convergere l'attenzione sulla
cena o sulla gastronomia e distogliendola dai camerieri.
L'elaborato condimento dei piatti, la bizzarra novit… della loro
presentazione (particolari non insignificanti che, oltre alla cena
speciale dipendevano dall'abilit… culinaria del Presidente) mi
sembrarono quisquilie, escogitate di proposito per deviare
l'attenzione, tanto evidente mi parve la loro assurdit…, la grettezza,
l'ostentato anticonformismo. Devo aggiungere che nessuno, dopo averle
esaminate, le ritenne importanti.
Il fatto in s‚, in realt…, era incredibilmente, indicibilmente strano;
una ragione di pi—, allora, dissi tra me, per avvalorare l'originalit…
di Prosit. Era infatti sconcertante che avesse potuto avverarsi. Come?
Come avevano potuto cinque giovani assolutamente ostili al Presidente
essere convinti, preparati e obbligati a rappresentare la parte dei
camerieri a una cena, una cosa sgradita a ogni uomo di una certa
condizione sociale? Era una cosa che aveva del grottesco, come un
corpo di donna con la coda di pesce. Si aveva la sensazione che il
mondo andasse alla rovescia.
Il fatto che sembrassero negri era facilmente spiegabile. Prosit non
poteva certo presentare i cinque giovani ai membri della societ… nella
loro vera apparenza. Era naturale che si avvalesse della vaga
conoscenza che avevamo delle sue permanenze nelle Colonie per
realizzare il suo scherzo facendoli sembrare negri. L'angosciosa
domanda era come avesse fatto; e QUESTO solo Prosit poteva rivelarlo.
Potevo capire che qualcuno si prestasse a fare la parte del cameriere
per un grande amico o per scherzo, e come un grande favore. Ma in
codesto caso!
Pi— riflettevo e pi— la cosa mi sembrava straordinaria, ma, allo
stesso tempo, considerate tutte le prove che offriva, dato il
carattere del Presidente era pi— probabile, pi— certo che la burla di
Prosit fosse proprio l. Poteva ben sfidarci a trovare l'originalit…
del banchetto! L'originalit…, cos come avevo intuito, non stava
propriamente nella cena, ma in qualcosa connesso con la cena: nei
camerieri. Quasi mi stupii di non averlo capito prima: che il
banchetto essendo offerto per i cinque giovani non poteva non avere
attinenza con loro come una vendetta, e poich‚ riguardava loro, Š
chiaro che non poteva in nessun modo essere pi— direttamente connesso
con la cena che attraverso i camerieri.
Queste argomentazioni, questi ragionamenti che ho qui esposto in
alcuni paragrafi passarono nella mia mente in pochi minuti. Io ne ero
convinto, sconcertato, soddisfatto. La chiarezza razionale del caso
dissip• la sua straordinaria natura dalla mia mente. Colsi chiaramente
e accuratamente nel segno. Avevo vinto la sfida di Prosit.
La cena era quasi alla fine, eravamo vicini al dessert.
Decisi che la mia abilit… doveva essere riconosciuta e parlai a Prosit
della mia scoperta. Riconsiderai che non dovevo fare errori,
manchevolezze; la stranezza del problema, cos come lo concepivo, lo
tramutava in certezza. Infine mi chinai verso Prosit e a bassa voce
gli dissi:
®Prosit, amico mio, ho capito il trucco. Questi cinque "negri" e i
cinque ragazzi di Francoforte...¯
®Ah! Lei ha indovinato che c'Š una connessione tra di loro!¯ Lo disse
tra il canzonatorio e il dubbioso, tuttavia mi accorsi che era seccato
e irritato dall'acutezza del mio ragionamento, che certo non si
aspettava. Sembr• a disagio e mi guard• con attenzione. Pensai di
avere ragione.
®Naturalmente, replicai; essi SONO i cinque. Non ho dubbi. Ma come
diamine ha fatto?¯
®Forza bruta, mio caro. Ma non dica niente agli altri.¯
®Certamente; ma come, con la forza bruta, mio caro Prosit?¯
®Be', Š un segreto che non si pu• svelare. E' segreto quanto la
morte.¯
®Ma come possono essere cos rassegnati. Ne sono stupito. Non scappano
n‚ si rivoltano?¯
Il Presidente fu scosso da una risata repressa. ®Non c'Š da temere¯
disse con una smorfia pi— che significativa. ®Non possono scappare -
non loro. E' assolutamente impossibile.¯ E mi guard• in silenzio, con
fare malizioso, misterioso.
Infine eravamo alla fine della cena - no non alla fine della cena -
un'altra singolarit…, apparentemente ideata ad effetto - quando Prosit
propose un brindisi. Eravamo tutti attenti per questo brindisi proprio
dopo l'ultimo piatto e prima del dessert. Tutti si meravigliarono,
tranne me che vedevo in ci• un'altra stravaganza senza senso per
stornare l'attenzione. Comunque i bicchieri erano tutti colmi. E
mentre questi si riempivano, il comportamento del Presidente si
alterava visibilmente. Egli si agitava nella sedia tutto eccitato, con
il fervore di un uomo che voglia parlare, di qualcuno che abbia da
rivelare un grande segreto, che debba fare un'importante rivelazione.
Questa condotta fu notata all'improvviso. ®Prosit ha qualcosa da
rivelarci - LO scherzo. E' Prosit, proprio lui! Avanti, Prosit,
veniamo al punto!¯
Mano a mano che si avvicinava il momento del brindisi, il Presidente
sembrava impazzire di eccitazione; si agitava nella sedia, si
contorceva, sogghignava, sorrideva, faceva smorfie, ridacchiava senza
motivo e senza fine.
I bicchieri erano tutti colmi. Tutti erano pronti. Si fece un profondo
silenzio. Nella tensione del momento, ricordo di aver udito due passi
per strada e d'essermi irritato al suono di due voci - una di un uomo,
l'altra di una donna - che conversavano nella piazza l sotto. Non ci
feci pi— caso. Prosit si alz•, anzi balz• in piedi, facendo quasi
cadere la sedia.
®Signori,¯ disse ®vi riveler• il mio segreto, lo scherzo, la sfida. E'
molto divertente. Voi sapete che avevo detto ai cinque ragazzi di
Francoforte che essi sarebbero stati presenti a questo banchetto, che
vi avrebbero collaborato nel pi— materiale dei modi? Il segreto Š
tutto qui, in questo, voglio dire.¯ Il Presidente parlava in fretta,
incoerentemente nella foga di arrivare al punto.
®Signori questo Š TUTTO ci• che ho da dire. Ora il primo brindisi, il
grande brindisi. Esso riguarda i miei cinque poveri rivali... Perch‚
nessuno ha indovinato la verit…, neppure Meyer (si riferiva a me);
neppure lui.¯
Il Presidente esit•; poi, alzando la voce fino a gridare, disse: ®Io
bevo ALLA MEMORIA dei cinque ragazzi di Francoforte, CHE SONO STATI
PRESENTI FISICAMENTE A QUESTA CENA E VI HANNO CONTRIBUITO NEL MODO
PIU' MATERIALE POSSIBILE¯. E stravolto, selvaggio, COMPLETAMENTE
infuriato, indic• con eccitazione i RESTI DI CARNE IN UN PIATTO che
aveva fatto in modo fossero lasciati sul tavolo.
Appena furono pronunciate queste parole, un orrore che supera ogni
immaginazione cadde con strana freddezza su tutti noi. Rimanemmo
sopraffatti dall'inimmaginabile rivelazione. Nell'intensit… di
quell'orrore, nel suo silenzio, sembrava che nessuno avesse sentito,
che nessuno avesse capito. La pazzia al di l… di ogni immaginazione
era orribile nella sfera della realt…. Un silenzio che dur• un attimo
e che tuttavia sembr•, per l'emozione e per l'orrore, durare secoli,
un silenzio di cui nulla di simile Š mai stato sognato o pensato. Non
riesco a immaginare l'espressione che avesse ciascuno di noi, che
avessimo tutti noi. Ma quei visi devono aver avuto un aspetto che
nessuno ha mai ancora visto.
Tutto ci• per un momento breve, logorante, profondo.
Il mio proprio orrore, la mia propria emozione sono impensabili. Tutte
le bizzarre immaginazioni e le supposizioni che avevo con naturalezza
e con innocenza connesso alla mia ipotesi sui cinque camerieri negri,
assumevano ora il loro pi— profondo e orribile significato. Tutto il
malizioso tono sommesso, il carattere allusivo della voce di Prosit -
tutto ci• che ora mi si rivelava nella sua vera luce mi scosse e mi
fece rabbrividire di una paura indicibile. L'intensit… stessa del mio
terrore sembr• impedirmi di svenire. Per un momento io, al pari degli
altri, ma con pi— paura e a maggior ragione, ricaddi sulla mia sedia e
fissai Prosit con un orrore che le parole non riuscirebbero ad
esprimere.
Questo per un attimo, non pi— che per un attimo. Poi, tranne alcuni di
noi, i pi— deboli che erano svenuti, tutti gli ospiti fuori di s‚, con
una furia giusta e incontrollabile, ci precipitammo selvaggiamente sul
cannibale, sul folle autore di quest'impresa pi— che orrenda. Sarebbe
stata, per un ignaro spettatore, una scena orribile vedere quegli
uomini colti, ben vestiti, raffinati, animati da una furia pi— che
bestiale. Prosit era furibondo, ma in quel momento lo eravamo anche
noi. Egli non aveva alcuna possibilit… contro di noi - assolutamente
nessuna. Infatti in quel momento eravamo pi— inferociti di lui. Anche
uno solo di noi, nello stato di esaltazione in cui eravamo, sarebbe
bastato per punire orribilmente il Presidente.
Io stesso, primo fra tutti, colpii l'assassino con una collera cos
terribile da farmi sembrare quella di un altro, e mi pare tuttora
cos, perch‚ il ricordo che ho di essa Š quello di una percezione
indistinta. Afferrai la caraffa di vino che era vicino a me e la
scagliai, con un violento scatto d'ira, sul capo di Prosit. Lo colpii
in pieno e sul suo viso si mescolarono sangue e vino. Io sono mite,
sensibile e il sangue mi ripugna. Pensandoci ora, non riesco a capire
come abbia potuto eseguire un atto che, per il mio temperamento, era
tremendamente crudele, bench‚ giusto, perch‚ specialmente per la
collera che lo ha ispirato, Š stato crudele, crudelissimo. Quale sar…
stata dunque la mia furia e la mia follia! E quale quella degli altri!
®Fuori dalla finestra!¯ grid• una voce terribile. ®Fuori dalla
finestra!¯ url• un formidabile coro. Il tumulto degli animi era tale
che il solo modo per aprire la finestra sembr• quello di fracassarla.
Qualcuno vi dette una forte spallata scagliando l'asse centrale nella
piazza sottostante.
Pi— di una dozzina di mani animalesche ghermirono avidamente Prosit la
cui follia era eccitata dalla indicibile paura. Con un movimento
brusco egli fu scagliato contro la finestra, ma non l'attravers•
perch‚ riusc ad afferrarsi a uno dei battenti.
Di nuovo le mani lo ghermivano, pi— nervosamente, pi— brutalmente, pi—
selvaggiamente ancora. E con un'erculea congiunzione di forze, con un
ordine, con un accordo perfettamente diabolico, in un simile momento,
facevano dondolare il Presidente nell'aria e lo spingevano con
incalcolabile violenza. Con un colpo che avrebbe abbattuto i pi—
forti, ma che rasserenava i nostri animi ansiosi e impetuosi, il
Presidente cadde sulla piazza a circa un metro e mezzo di l… del
marciapiede.
Dopo, senza una parola scambiata n‚ un cenno, tutti chiusi nel proprio
orrore, ognuno di noi usc da quella casa. Una volta fuori, passata la
collera e l'orrore che facevano sembrare il tutto un sogno, provammo
l'inenarrabile terrore di imbatterci di nuovo nella normalit…. Tutti
senza eccezione ci sentimmo male e molti, prima o poi, svennero. Io
svenni proprio sulla soglia di casa.
I cinque camerieri negri di Prosit (erano davvero negri, vecchi pirati
di una trib— feroce e abominevole costoro) fiutato il pericolo erano
scappati durante la zuffa, ma furono presi - tutti ad eccezione di
uno. Sembra che Prosit per poter effettuare il suo straordinario
scherzo avesse, con un'abilit… perfettamente diabolica, poco a poco,
svegliato in loro gli istinti brutali assopiti dalla civilt…. Essi
erano stati in ogni... (2) i coadiutori del Presidente. Era stato
ordinato loro di rimanere il pi— lontano possibile dalla tavola, in
zone oscure, in considerazione della paura, dettata dall'ignoranza e
dalla malvagit…, che Prosit aveva di Herr Kleist, l'antropologo che
(per tutto quel che Prosit sapeva circa la sua scienza) avrebbe potuto
vedere nelle sembianze dei negri le stimmate della patologica
predisposizione alla criminalit…. I quattro furono puniti a dovere.


NOTE.

Nota 1. Gioco di parole intraducibile tra "fishy" che in inglese vuol
dire "dubbio, equivoco, sospetto, incredibile" e "fish", "pesce".
Nota 2. Parola illeggibile nel manoscritto.











Il furto della Villa delle Vigne.

[Per una pi— immediata comprensione dei frammenti di questo testo Š
parso opportuno farli precedere da una breve nota che situasse
l'azione e unirli dove era necessario con interpolazioni esplicative.
L'azione si svolge, una sera di settembre del 1905, nella Villa delle
Vigne, dove sono presenti: il proprietario Jos‚ Mendes Borba, suo
figlio Jos‚ Alves Borba, Donna Adelaide, sorella del padrone di casa;
Maria Adelaide, figlia di Donna Adelaide; Manuel Barata, allievo
ufficiale, cugino dei Borba e un'amica di Maria Adelaide, Elisa. Il
racconto, in prima persona, Š fatto da Augusto Claro, un ingegnere
amico del proprietario della Villa, che vi era stato invitato. I
precedenti del racconto di Augusto Claro sono i seguenti. Una sera,
intorno alla mezzanotte, si Š sentita un'esplosione. Accorsi sul luogo
dove era avvenuta, si Š trovata aperta la cassaforte di casa con la
serratura sfondata. Erano scomparsi cento titoli in valuta estera. E
qualche giorno pi— tardi i titoli erano rientrati nella circolazione
bancaria senza che l'autore dell'operazione fosse stato sorpreso
durante i rispettivi passaggi bancari.
Avviate le indagini, i sospetti del questore Lima cadono sul figlio
del padrone della Villa, non solo perch‚ costui si trova in una
travagliata situazione economica, ma anche - e questo era gi… noto
alla polizia - perch‚ una volta aveva sottratto al padre una somma
rilevante. Col procedere delle indagini si viene inoltre a sapere che
Jos‚ Alves Borba Š socio di un certo Manoel, spacciatore di moneta
falsa Altro elemento a carico del sospettato, perch‚ il furto subito
dal padre non avrebbe potuto avere luogo senza la complicit… di un
abitante della casa. Inoltre, durante le indagini, la polizia accerta
che la sera del furto erano presenti a cena tutte le persone che
dimoravano nella Villa, e che alle ventitr‚, tranne il padrone di casa
e l'ingegnere Claro, tutti si erano ritirati nelle proprie stanze.
All'investigatore risultano particolarmente strane due circostanze:
che l'ingegner Augusto Claro fosse andato a cercare le sigarette al
primo piano (dove si trovava la cassaforte), poco prima della
detonazione; e che gli assalitori avessero scelto un'ora tanto
pericolosa e un'esecuzione cos allarmante, con il rischio di essere
sorpresi. Confortato nella sua idea che il furto sarebbe stato
possibile solo grazie all'aiuto interno, il questore fa arrestare il
giardiniere, Jos‚ Algarvio, che ha l'alibi pi— debole di tutti, pur
mantenendo i suoi sospetti sul figlio del padrone di casa.
Stando cos le cose, l'ingegner Augusto Claro cerca il dottor Quaresma
perch‚ gli chiarisca il mistero e aiuti il giardiniere, convinto com'Š
della sua innocenza. La narrazione Š condotta dall'ingegner Claro in
prima persona.]

Sebbene, detto fra noi, mi seccasse abbastanza l'idea di andare a
raccontare al dottor Quaresma tutta la storia del furto, non potevo
certamente evitare di farlo. Perci•, rassegnatomi con serenit…, gli
esposi, riassumendoli il pi— possibile, tutti i fatti che esporr• nel
corso di questo racconto. Ritenni opportuno fare alcune omissioni: non
parlai dei precedenti penali di Jos‚ Alves, della questione dei
cinquecento scudi, e tanto meno dei discorsi che il questore Lima
aveva fatto a questo proposito Non potei comunque evitare di parlare
dell'ipotesi della polizia su di una fantomatica banda aiutata da un
complice della Villa. Se non lo avessi detto, l'arresto di Jos‚
Algarvio sarebbe stato incomprensibile. E del resto il dottor Quaresma
lo avrebbe appreso direttamente alla polizia.
Il dottor Quaresma mi ascolt• con molta attenzione, ma, se cos posso
dire, con una attenzione divisa. Sembrava che, mentre mi ascoltava con
gli occhi, ascoltasse con gli orecchi una voce che non era la mia. Mi
rendo conto dell'assurdit… del mio modo di esprimermi, ma mi limito ad
annotare l'impressione che ne ebbi. In realt…, pur seguendomi con
attenzione, pareva che Quaresma seguisse un suo suggerimento
interiore, un ragionamento e una congettura insieme che erano in
diretta relazione con quanto gli stavo raccontando.
Concluso il mio racconto mi sentii pi— leggero. Ma il dottor Quaresma,
che non aveva mai detto una parola fino a quel momento, incominci• a
farmi domande. Mi chiese una descrizione particolareggiata delle
persone che erano in casa al momento del furto. La mia descrizione
diretta era stata sommaria. Di ciascuno volle sapere et…, professione,
condizioni economiche e tutto il resto. Cominciai a sentirmi meno a
mio agio, specialmente quando Jos‚ Alves era l'oggetto
dell'interrogatorio. Io non potevo dire tutta la verit… su Jos‚ Alves,
ma non potevo neppure, per giustizia nei confronti di colui che era in
carcere, nascondere completamente i fatti. E poi non ero molto sicuro
che il dottor Quaresma, parlando con la polizia, non si sarebbe
accorto che l'ipotesi del questore Lima aveva un certo fondamento.
Decisi di parlare di certe difficolt… finanziarie di Jos‚ Alves, senza
spiegare il gioco che aveva addotto come motivazione, n‚ fare
riferimento al furto precedente.
A un certo punto per• cominciai a confondermi perch‚ Quaresma poneva
le domande di sbieco, per vie traverse. Mi chiese se i rapporti tra
padre e figlio erano stati sempre buoni, al che risposi che mi
sembrava di s. Ma lo stesso verbo "sembrare" mi suon• troppo prudente
e temetti che fornisse al dottor Quaresma un'informazione superiore a
quella che non volessi dargli. Con queste ed altre domande mi
intrattenne, senza che in verit… ci trovassi molto gusto, per circa un
ora e mezzo.

[Si pu• desumere che il narratore chieda al dottor Quaresma se pu•
salvare dalla prigione il giardiniere Jos‚ Algarvio.]

®Posso farlo solo prendendo il vero criminale.¯
®Allora lo faccia, dottor Quaresma.¯
Quaresma spieg• le mani, allung• la destra e mi tocc• la spalla.
Infine, si alz• dalla sedia e si diresse verso un attaccapanni dove
aveva il cappello.
®Non le dispiace uscire?¯ chiese. ®Vorrei concludere un mio
ragionamento facendo una piccola passeggiata.¯
®Non mi dispiace per niente.¯ E uscimmo.
Scendemmo per la Rua dos Fanqueiros. Era un bel pomeriggio d'autunno.
Camminavamo fianco a fianco, entrambi in silenzio e, in fondo alla
strada, seguendo l'indicazione di Quaresma, girammo a destra, verso il
Terreiro do Pa‡o. Il dottor Quaresma avanz• lentamente, a capo chino,
le mani sempre incrociate dietro la schiena, fino al muricciolo di
sinistra. L si ferm•, e io assieme a lui, e contempl• vagamente il
fiume. Stette cos un momento. Poi mi guard• con l'espressione grave e
diretta di quei suoi occhi sempre un po' febbrili.
®Lo salvo Jos‚ Algarvio¯ disse. ®Ma prima devo studiare molto
attentamente come procedere. E' un elemento favorevole che mi abbia
cercato proprio lei, Se¤or Claro, perch‚ Š con lei che devo studiare
seriamente la soluzione del problema. Mi dica una cosa: ha mai pensato
che Jos‚ Alves potesse essere incolpato?¯
®Se ci ho pensato? No. Ma lei come sa che egli Š o potrebbe essere
incolpato?¯
®L'ho concluso dalle parole che lei non mi ha detto, egregio
Ingegnere.¯ Fece una pausa. ®Mi sarebbe dispiaciuto che lei avesse
pensato che Jos‚ Alves potesse venire incolpato. E' un suo amico, non
Š vero?¯

[L'ingegner Claro era, effettivamente, molto amico di Jos‚ Alves
Borba. Era stato lui a invitarlo nella Villa delle Vigne.]

®Ma se io faccio rilasciare Jos‚ Algarvio, Jos‚ Alves sar…
inevitabilmente arrestato.¯
®Forse no¯ gli dissi.
®Lo sar… certamente. Sar… arrestato e condannato E' facile dimostrare
l'innocenza di Jos‚ Algarvio, il mio aiuto non Š affatto rilevante; ma
Jos‚ Alves non ne viene fuori. Peccato, o meglio, non ne viene fuori
se il caso segue il suo corso nelle mani della polizia. C'Š solo una
maniera per salvarlo: scoprire il vero ladro. Ma la polizia non Š
capace di farlo perch‚ fin dal principio Š incorsa in un errore
fondamentale, quello stesso errore nel quale il ladro voleva che
cadesse.¯
®E lei sa chi Š il criminale?¯
®Lo so. Vuole che io salvi Jos‚ Alves?¯
®S¯ risposi incerto, senza immaginare quello che sarebbe successo.

[Si arriva cos al ragionamento conclusivo del dottor Quaresma, che
conduce alla logica soluzione del caso.
Ora l'Io narrante Š il dottor Quaresma, non pi— l'ingegner Claro.]

Il criterio di investigazione che adotto, poich‚ lo trovo il pi—
razionale di tutti, consiste nel suddividere l'indagine preliminare in
tre tempi. Il primo tempo consiste nel determinare quali sono i fatti
incontestabili, assolutamente incontestabili, scartando tutti gli
elementi che non lo siano, o perch‚ non se ne ha la certezza assoluta
o perch‚ sono conclusioni - logiche, forse inevitabili - tratte da
questi fatti, ma comunque solo conclusioni e non fatti. Far• un
esempio per chiarire meglio ci• che voglio dire. Supponiamo che sia un
giorno di pioggia e che io mi trovi in casa. Mi si presenta un
individuo con l'abito tutto inzuppato. Sarebbe naturale pensare:
"Quest'uomo ha camminato sotto la pioggia e si Š bagnato". Ma pu•
benissimo darsi che non camminasse sotto l'acqua, semplicemente
potrebbero avergli rovesciato dell'acqua addosso qui dentro casa. La
maggior parte delle persone penserebbe che abbia camminato sotto la
pioggia. Š una conclusione logica, ma solo una conclusione, o una
deduzione. Se io fossi stato alla finestra e avessi visto l'individuo
in questione aggirarsi per strada sotto una pioggia fitta, anche se io
avessi pensato che costui era inzuppato per un motivo che non
dipendeva dalla pioggia, Š sicuro che un po' di pioggia lo avrebbe
comunque bagnato, e io avrei potuto, in ogni caso, affermare che
quell'uomo era stato sotto la pioggia. Questo sarebbe un fatto.
Ora, nel caso del furto della Villa delle Vigne, ci sono alcuni fatti
che sembrano incontestabili (dico "sembrano", perch‚ essi si fondano
su testimonianze che potrebbero essere volontariamente o
involontariamente false).
Questi fatti sono: che verso la mezzanotte di un certo giorno di
settembre si Š verificata un'esplosione di dinamite nella serratura
della cassaforte dello studio della Villa delle Vigne; che questo
studio e il salotto attiguo erano chiusi dall'interno; che la finestra
del salotto era aperta e che due cani erano stati avvelenati; che
venne constatata la scomparsa dalla cassaforte di alcuni titoli in
valuta estera, prima serie; che non furono trovati individui sospetti
durante le ricerche organizzate immediatamente nelle vicinanze della
casa; che tutti i titoli rubati, di cui fu fatta la verifica dei
numeri grazie a una lista in possesso del proprietario, furono immessi
nella circolazione bancaria senza riuscire a bloccarli durante le
operazioni di passaggio. Fatti, semplicemente fatti, questi sono i
fatti. Tutto il resto Š soltanto congettura.
Stabiliti i fatti incontestabili, veniamo al secondo tempo
dell'indagine. Esso consiste nello scoprire qual Š l'ipotesi che pi—
perfettamente unisce e spiega i fatti incontestabili. Ma, trovata
questa ipotesi, si possono trovare anche altre ipotesi le quali, pur
con minore apparente probabilit…, potrebbero unire i fatti di cui
sopra. E tali ipotesi sono formulabili grazie a un procedimento molto
semplice: formulata l'ipotesi pi— probabile, le si oppone l'ipotesi
contraria e si prende in esame il grado di probabilit… di
quest'ultima. Fatto questo sar… possibile esaminare le altre ipotesi,
cioŠ quelle intermedie tra l'ipotesi pi— probabile e quella pi—
improbabile; e verificare, volta per volta, le probabilit… di
ciascuna. Nel nostro caso l'ipotesi apparentemente pi— probabile Š
quella che tutti hanno subito accettato istintivamente, ritenendola
tanto probabile da prenderla, addirittura, come fatto e non come
ipotesi o conclusione. Questa ipotesi Š che il furto sia opera di un
individuo o di individui estranei alla Villa delle Vigne, che costoro
abbiano avvelenato i cani, siano entrati furtivamente in casa, abbiano
messo la dinamite, abbiano rubato i titoli e infine siano fuggiti
tanto in fretta da non essere visti. Considerata questa ipotesi,
stabiliremo quella contraria.
Ora, che probabilit… si pu• attribuire a tale ipotesi contraria?
Poich‚ l'ipotesi pi— probabile, la pi— immediata per tutti Š che il
furto sia opera di estranei, e nelle circostanze che sappiamo,
l'ipotesi contraria sar… realmente probabile solo in un caso se c'Š
stata l'intenzione di simulare il furto da parte di estranei. In
questo caso l'ipotesi contraria Š probabile quanto la prima.
Ci troviamo, dunque, di fronte a due ipotesi probabili e tra di loro
opposte. Quale delle due Š pi— probabile? Dobbiamo prendere in esame
le circostanze dirette del furto, e cioŠ considerando: primo il luogo
del furto; secondo l'ora in cui Š avvenuto; terzo la natura
dell'oggetto rubato. Questi sono i tre elementi materiali diretti
dell'accaduto.
Si pu• considerare il luogo del furto sotto due aspetti - il luogo in
se stesso e la scelta di questo luogo per il furto; cioŠ il fatto che
il furto sia avvenuto nello studio della Villa delle Vigne e che
questa villa sia stata scelta quale luogo per il furto. Per quanto
concerne la circostanza che il furto sia avvenuto nello studio della
Villa, non c'Š niente di straordinario, poich‚ la cassaforte Š l e il
furto doveva avvenire necessariamente l. Ma in quanto alla scelta
della Villa delle Vigne come luogo dove andare a rubare, il caso Š
diverso. Cosa faceva presumere che la cassaforte della Villa delle
Vigne fosse pi— proficua di qualsiasi altra cassaforte? Quale
probabilit… di questo tipo esisteva per degli estranei? Chi era dotato
di abilit… e di metodi per rubare quali sono stati dimostrati in
questo caso, perch‚ avrebbe proprio scelto la Villa delle Vigne,
quando, senza sperpero di abilit…, n‚ rischi maggiori, avrebbe
ottenuto migliori vantaggi attaccando un'altra cassaforte? La
probabilit… in questo caso depone, dunque, contro una persona non
estranea alla casa; capace di forzare questa cassaforte, poich‚ non ne
ha un'altra a portata di mano - motivo abbastanza valido e chiaro -
che si sente nella necessit… di simulare un furto compiuto da estranei
per sviare l'attenzione dagli abitanti della casa, compreso se stesso.
E ora veniamo all'ora del furto. Proprio in considerazione dell'ora, Š
pi— strano ritenere che il furto sia stato opera di estranei che di
qualcuno della casa. Quando un ladro penetra in una casa lascia
passare il tempo necessario per essere certo o avere la massima
probabilit… che tutti dormano. Perch‚ agire subito, sapendo che
qualcuno potrebbe ancora essere a pianterreno? Per un estraneo Š l'ora
pi— errata che si possa immaginare. Ma per qualcuno della casa che
volesse simulare un furto compiuto da estranei, sarebbe esattamente
l'ora prescelta. Erano quasi tutti a letto, ma qualcuno era ancora in
piedi. Non c'erano abbastanza persone in piedi da correre il rischio
di incontrare qualcuno; e tuttavia c'era il numero sufficiente di
persone per segnare l'ora - in questo caso l'ora convenuta - del furto
e per segnalare che il furto era stato commesso.
E ora, la natura dell'oggetto rubato. Se il furto fosse stato commesso
da estranei, essi avrebbero rubato solo i titoli oppure avrebbero
preso tutto quanto avessero trovato. Contro l'ipotesi che andassero
alla cieca Š di sostegno la stessa natura del furto; infine, il modo
in cui Š stato utilizzato l'oggetto rubato denota una preparazione
previa della sua futura utilizzazione.

Nell'indagine di un fatto di cui si ignora la natura e la si vuol
conoscere o di cui si ignora l'autore e lo si vuole scoprire, ci• che
conta, innanzitutto, Š mettere in evidenza qualche elemento che,
essendo assolutamente certo sia, contemporaneamente, inaspettato o
strano. Questo furto contiene due elementi inaspettati e strani - le
circostanze del furto e il fatto che gli autori siano riusciti a
mettere in circolazione i titoli senza imbattersi in ostacoli. E'
dunque opportuno iniziare l'indagine da almeno uno di questi fatti.
Ma, una volta isolati i fatti strani e la cui esistenza Š indubitabile
(ritenendo, beninteso, che ce ne sia pi— di uno), sceglieremo, come
vero inizio dell'indagine, il fatto che sia meno suscettibile di
interpretazioni, cioŠ quello pi— misterioso. Ora il deposito dei
titoli Š suscettibile di varie interpretazioni: pu• esistere una
qualche complicit… con la persona di una banca o della borsa; pu•
esserci un errore nell'elenco dei titoli; pu• esserci stato uno
scambio inavvertito dei titoli e quindi una mancata verifica dei
numeri. Ma sulle circostanze del furto in s‚ non ci sono molte ipotesi
plausibili. E' soltanto strano.
S. Il furto Š avvenuto, per quanto si sa, in maniera rumorosa, e a
un'ora della sera non sufficientemente tarda per cui il ladro fosse
sicuro che gli abitanti della casa fossero tutti a letto (e difatti
non lo erano). Sebbene la cassaforte avesse potuto essere forzata
anche in modo che non facesse rumore, si scelse proprio un metodo
rumoroso; e, per giunta, un metodo non comune. Insomma: si scelse un
metodo non comune perch‚ non necessario e perch‚ creava il panico -
esattamente per le ragioni contrarie a quelle che avrebbero indotto a
scegliere una maniera non comune. Che l'intenzione fosse quella di
rubare i titoli era evidente, primo perch‚ il modo misterioso in cui
si sono impiegati i titoli deve essere stato, comunque, oggetto di
premeditazione; secondo perch‚, avvenuto il furto con persone dentro
casa, non ci sarebbe stato il tempo di rubare niente altro che i
titoli.
Queste circostanze ci portano a una conclusione: che il procedimento
adottato per il furto ebbe il preciso scopo di provocare paura. Ora
non si crea confusione se non per un fine: per indurre in errore
sull'ora del furto. E se consideriamo che la dinamica del furto - una
carica esplosiva - pu• essere predisposta da qualcuno in modo da
avvenire quando questo qualcuno non sia presente, arriviamo a
un'ulteriore conclusione: che il furto non avvenne in seguito alla
carica esplosiva. Se cos fu, si usarono delle chiavi false e, in tal
caso, chi rub• era una persona della casa, che, con la carica
esplosiva, ha voluto far credere che il ladro venisse da fuori. Ma se
questa persona voleva far credere di non essere il ladro, avrebbe
dovuto completare la sua messa in scena facendo in modo che lo
vedessero dov'era nel momento della deflagrazione e cos assicurarsi
un "alibi" credibile. Al momento dello scoppio tutti gli abitanti
della casa erano coricati tranne due: Borba padre e Lei. E poich‚
Borba Š il proprietario dei titoli, il primo sospetto ricade su di
Lei.
Per avere una conferma del sospetto, o una ulteriore conferma, bisogna
innanzitutto verificare se un po' prima dello scoppio Lei non sia
uscito dalla stanza da pranzo con un pretesto e non si sia attardato
per predisporre la messa in scena - una questione di pochi minuti per
chi, avendo calcolato tutto, pu• lavorare rapidamente.

[La narrazione torna ora ad essere condotta dall'ingegner Claro, sul
quale cadono i sospetti di Quaresma.]

Il dottor Quaresma, che procedeva con le mani dietro la schiena, mi
gett• un'occhiata rapida e inespressiva e, stendendo all'improvviso la
mano destra, mi tocc• la spalla. Poi riprese la posizione di prima, le
mani di nuovo dietro la schiena, strette, e lo sguardo perduto sul
Tago.
Come una bolla di sapone, senza rumore, il mio animo si frantum•.
Rimasi sospeso in un vuoto interiore, senza ragione, senza parola,
senza gesti. Se il dottor Quaresma avesse detto qualcosa, avrei
risposto qualcosa; avrei avuto un riferimento al quale adattare la mia
ragione e la mia voce. Al suo silenzio non potei rispondere niente. Il
suo gesto era agghiacciante. Nel lungo spazio di pochi secondi cercai
disperatamente di assumere un atteggiamento, di formulare una parola,
un cenno, qualsiasi cosa... Non mi riusc... e allora mi resi conto
quasi con violenza del potere che esercita su di noi, se stimolata, la
coscienza della colpevolezza. Se fossi stato innocente, avrei detto
qualcosa, qualcosa sarebbe successo. A ogni frazione di secondo del
mio silenzio la mia colpevolezza riempiva lo spazio. A ogni frazione
della mia colpevolezza del mio silenzio aumentava la mia incapacit… di
parlare, di agire, di difendermi. La mia sconfitta era totale.
Dovevano essere passati solo pochi secondi e me ne rendevo
perfettamente conto.
Il dottor Quaresma distolse lo sguardo dal Tago, ma non mi guard•. Si
gir• di spalle verso il fiume e mi disse, con il tono di chi non ha
detto niente di importante: ®E se ce ne andassimo?¯. E visto che si
avviava verso l'Arco della Rua Augusta, mi avviai silenzioso al suo
fianco, schiacciato dall'accusa incontrobattibile che non era stata
proferita.
In mezzo alla piazza il dottor Quaresma gir• il viso verso di me, non
lo sguardo e disse: ®Cosa pensa di fare?¯.
Ebbi una gran voglia di piangere, di chiedergli perdono, a lui a cui
non avevo fatto niente. Per un attimo non potei parlare. Poi,
ritrovando la mia voce gli dissi: ®Non so.¯ E aggiunsi: ®Lei dir…
quello che vorr…¯.
Il dottor Quaresma mi guard• allora dritto negli occhi e mi disse con
gran semplicit…: ®Io non ho niente da dire. Come ha gi… capito, ho
decifrato - e posso dire con molta facilit… - il suo caso. Il resto
dipende da Lei¯.





Nota critica.

Lettura di un racconto "fantastico" di Alexander Search.

Nel lascito di Pessoa sono compresi gli inediti in lingua inglese,
custoditi in tre buste catalogate rispettivamente: "Env. 79", "Env.
79-1-"; "Env. 79A". Ad Alexander Search, primo eteronimo di Fernando
Pessoa, se si esclude quel Chevalier de Pas dell'infanzia attraverso
il quale, secondo le sue stesse parole "scriveva lettere a se stesso"
(1) (ma che, in realt…, non ha lasciato alcun segno tangibile del suo
passaggio), si devono varie poesie giovanili scritte tra il 1903 e il
1909 che, se da una parte possono considerarsi il pilastro dell'opera
inglese fino alla maturit…, (2) dall'altra costituiscono anche una
sorta di apprendistato dell'eteronimia, una sua pratica o
progettazione. A Search si deve anche una attraente produzione in
prosa ove spicca un racconto, "A Very Original Dinner", datato giugno
1907 (3) che per la sua compiutezza merita un'attenzione speciale. Che
significato pu• avere, nel contesto della produzione pessoana, un
racconto che, con spirito classificatorio - anche se necessariamente
approssimativo - potremmo definire di un genere tra il fantastico e il
"giallo"? L'affinit… tematica, l'atmosfera cupa e ambigua e
soprattutto la volont… dell'originalit… a tutti i costi,
suggerirebbero un plausibile accostamento, anche se indubbiamente
arbitrario, con un personaggio "minore" della letteratura portoghese
di poco precedente, Alvaro de Carvalhal (1844-1868). (4) Se non altro
perch‚, scritti a distanza di circa quarant'anni l'uno dall'altro, "A
Very Original Dinner" e "Os Canibais", l'ultimo racconto dei "Contos"
di Carvalhal, pare siano gli unici esempi di "cannibalismo" nella
storia della letteratura portoghese. (5) E tuttavia, sia pure non
potendo escludere categoricamente che Pessoa conoscesse l'esigua opera
di Carvalhal, alla luce delle dichiarazioni di Pessoa, che misura lo
splendore dei periodi letterari attraverso i suoi massimi
rappresentanti (6) e che, ancora adolescente orienta le sue letture
secondo una scelta ben definita e a un livello costantemente elevato,
ci sembra improbabile che i "Contos" possano costituire una fonte
diretta. Tale fonte potr… ricercarsi semmai in un contesto letterario
pi— ampio a cui peraltro, come gi… Carvalhal, sembra attingere anche
il giovane Pessoa: i romantici di lingua inglese (in particolare Poe)
e il grande Shakespeare il cui modello poetico e drammatico ha
accompagnato, com'Š noto, tutta l'opera pessoana.
A risolvere il problema che ci presenta l'interpretazione della
tematica di questa "Cena molto originale", pu• forse giovare la
rilettura di quanto lo stesso Pessoa dichiara in diversi momenti delle
sue pagine di estetica: ®A obra de arte ‚ uma produ‡ao do instinto¯;
®A obra de arte procede de uma impressao ou emo‡ao do artista que a
constr¢¯. (7) L'opera d'arte, cioŠ, Š una produzione dell'istinto e
procede da una emozione o impressione dell'artista che la costruisce.
Il suo merito Š quindi quello di rendere tale impressione
obiettivamente comprensibile perch‚ ciascun individuo traduca in modo
personale, secondo le proprie connotazioni, la sensazione che ha
ricevuto.
Nello stesso anno della composizione del suo racconto, Alexander
Search scriveva che: ®The aim of art is not to please...¯. ®How do we
explain the taste of so many authors for subjects which are coarse,
unpleasant, repugnant? How are we to explain the Black Cat of Edgar
Allan Poe? One reason for this taste is, I believe, to be found in the
scientific and analytic spirit of the author. Another consists in the
originality of the subject¯. (8)
Nel racconto qui presentato, il cui tema Š preannunciato da una
sibillina epigrafe di sapore proverbiale, (9) l'originalit… perseguita
da Search Š forse ravvisabile pi— che nella presenza di contenuti
nuovi, nell'assenza di strumenti consueti, come, per esempio, quello
di un abusato clich‚: il binomio amore-morte che correda grande parte
del filone letterario in cui, per convenzione, abbiamo inserito il
"Very Original Dinner". L'autore ne ha espunto l'elemento femminile;
all'amore qui si fa allusione solo molto fugacemente, e nei termini di
un incontro mercenario e occasionale (®For some banquets the house was
used of which I have just spoken, for love affairs he had a small
suite of rooms...¯). (10)
Fernando Pessoa riconosce a Edgar Allan Poe una straordinaria
genialit…, ammira sia il misticismo e la melodiosit… del poeta come la
metafisica del prosatore, tanto da farne il corifeo della sua
iniziazione letteraria. Sul Search di "A Very Original Dinner" il
credito del poeta americano Š certamente notevole. Il problema dei
rapporti che legano i due autori Š gi… stato affrontato e sul piano
stilistico tassonomico e su quello della tematica. (11) Per quanto
concerne questo racconto in particolare, alle varie affinit… rilevate
sarebbe opportuno aggiungere quella della sproporzione fra la
punizione assegnata al colpevole e la sua colpa. "A Very Original
Dinner", infatti si chiude con la crudele e paradossale punizione di
cinque giovanotti che diventano pasto umano alla festa del folle
presidente di una dubbia e quanto meno equivoca Societ… di
Gastronomia, per una "colpa" assolutamente ridicola: hanno osato
sfidare il presidente in fatto di arte culinaria. La medesima
sproporzione Š alla base della novella "Hop-Frog" di Poe, in cui un
sovrano e i suoi sette ministri, rei di aver fatto schiavi Hop-Frog e
Trippetta, sono condannati a una morte efferata. Questa considerazione
induce la mente speculativa di Pessoa, attento lettore delle teorie
psichiatriche dell'epoca, (12) a formulare il postulato secondo il
quale ®la sproporzione fra lo stimolo e la reazione criminale e
caratteristica del criminale folle, ossia del folle che diventa
criminale, o del criminale in cui esiste una componente di follia¯.
(13) E nel racconto in questione, la descrizione puntigliosa del
comportamento del protagonista lascia ben presto intravedere i segni
di una mente patologica.
Se dunque l'esempio offerto da Poe nutre le prime esperienze del
precoce scrittore alloglotta, indipendentemente dalla problematica
delle fonti, alcune immagini abbozzate in "A Very Original Dinner"
rappresentano un potenziale significativo, poich‚ sopravviveranno in
modo reiterato nel Pessoa maturo e nei suoi eteronimi maggiori, fino
ad assumere contorni metaforici, attribuibili peraltro a un nucleo
tematico divenuto consueto nella lirica pessoana. quello della
finestra intesa paradigmaticamente come metafora spaziale e temporale,
come simbolo della ineluttabile solitudine dell'uomo. (14) Solitudine
che per l'uomo Pessoa, lungi dall'essere una figura retorica, Š una
condizione reale e immutabile. Privo di legami affettivi, attraverso
un volontario isolamento mentale, egli trova rifugio nel mondo
dell'immaginazione, cercando di colmare il vuoto con un mondo fittizio
che, proprio perch‚ tale, non pu• che rivelare la misura della sua
vacuit….
La finestra, dunque, "apertura" verso l'esterno, evoca simbolicamente
l'incontro di due realt… in conflitto tra di loro: quella intrinseca e
quella estrinseca all'Io. Meno astrattamente, ma con una implicita
polisemia, nell'opera giovanile inglese, nel luogo stesso del fatidico
banchetto, un'unica, enorme finestra, funzionalmente deputata a
illuminare la sala, rappresenta pure un mezzo punitivo, lo strumento
attraverso il quale viene fatta giusta vendetta del brutale misfatto
di Prosit: ®"out of the window!" cried a terrible voice. "Out of the
window!" shrieked a formidable chorus¯. (15) L'escursione nel pensiero
autointerpretativo del Poeta si arresta di fronte a una dichiarazione
alquanto sconcertante: ®Non ho scritto una storia o delle storie e
perci• non adopero personaggi, se non la variet… delle persone che io
sono stato¯. (16)
Chi Š dunque il protagonista di questa storia che per il suo materiale
narrativo presenta tutte le tinte dell'orrido, del mostruoso e del
diabolico volgarizzate dai romanzi "neri" del secolo scorso? Chi la
vittima? In diverso grado tutti sono vittime, Prosit lo Š della sua
truculenta follia, vittime sono gli uccisi e, in definitiva, gli
ignari ospiti del banchetto che, loro malgrado, consumano il macabro
pasto
Il giovane Pessoa/Search, fautore dell'arte per l'arte, a cui Š
estraneo ogni fine morale o sociale sulle orme del "maestro" Poe e di
un languido Decadentismo "fin-de-siŠcle", accede a un mondo irreale
dove ogni cosa Š possibile e ammissibile, dove, in nome della Bellezza
e dell'Arte, la follia e il peccato perdono ogni negativit… e
l'anormalit… rientra nei limiti del normale. Per Search come per Poe:
®The world is a world in which abnormality has become normal, and this
in the name of the beauty and art¯ (17) Il poeta in una nota del 1906
rende esplicita la sua attrazione per le "ghost-story", cedendo a quel
"fascino del terrore" esercitato dalla letteratura tardo-romantica:
®The earliest literary food of my childhood was in the numerous novels
of mystery and of horrible adventure¯. (18)
Con il breve racconto "A Very Original Dinner", che precede il genere
di "novela polici ria", cui Pessoa si dedicher… pi— tardi, Search si
cimenta dunque in un campo di cui era grande estimatore e ci introduce
nell'inesplicabile mondo del fantastico. I fenomeni da lui descritti
non appartengono alla sfera dell'irreale, del soprannaturale, pur
tuttavia si tratta di avvenimenti che contravvenendo alle leggi della
natura producono lo strano e il meraviglioso: e che trovano una loro
ben precisa collocazione nella grammatica del fantastico compilata da
Todorov. (19)
Il banco di prova Š costituito dall'equilibrio tra gli avvenimenti che
concorrono a creare la tensione e il culmine dell'azione, attraverso
un climax ascendente, anche se qui ci imbattiamo nell'ingenuit…
narrativa del giovane Search: descrizioni troppo minuziose,
anticipazioni e indizi che finiscono per ridurre l'elemento d'effetto,
l'agghiacciante sorpresa finale, di modo che il lettore assiste con
una certa noncuranza all'orrore che sconvolge gli invitati al momento
della rivelazione del "mistero". Per contro tutto il racconto Š
permeato da una sottile quanto pungente ironia, quell'"essenza
dell'ironia" che Joao Gaspar Simoes definisce humour britannico e che
introduce quell'elemento di ambiguit…, costante in tutta l'opera di
Pessoa, che suggerisce sempre una certa cautela esegetica al critico
avvertito, anche quando Pessoa d… l'impressione di giocare
scopertamente. Un'interpretazione di derivazione psicoanalitica, per
esempio, coglierebbe facilmente nel fantastico di questa cena
originale la necessit… dell'autore di nascondere, di autocensurare
alcuni tab— dietro l'allegoria e il simbolo. (20)
La scelta artistica di Alexander Search deriverebbe pertanto, oltre
che dal gusto per un genere molto in voga all'inizio del secolo, dalla
necessit… di liberarsi delle sue frustrazioni e dalle idee altrimenti
inesprimibili attraverso il processo narrativo. In termini freudiani,
cioŠ, la letteratura come "ritorno del rimosso". E' noto d'altronde
come Pessoa, nel 1930, riferendosi ai poemetti erotici, "Antinous"
(1915) ed "Epithalamium" (1913), in una lettera indirizzata all'amico
Joao Gaspar Simoes, sentisse la necessit… di spiegare le ragioni di
una tematica tanto cruda e inconsueta nella sua poesia. ®C'Š in
ciascuno di noi, che si pu• manifestare istintivamente nell'oscenit…,
una certa componente di quest'ordine, la cui quantit…, ovviamente,
varia da persona a persona. Poich‚ questi elementi, per piccolo che
sia il loro grado, sono un ostacolo ad alcuni processi mentali
superiori, ho deciso, per due volte, di eliminarli attraverso il
semplice procedimento di esprimerli intensamente. Su ci• si fonda ci•
che lei potrebbe interpretare come violenza assolutamente inaspettata
che si rivela in quelle due poesie¯. (21)
Ora, se tralasciamo il postulato romantico secondo cui l'opera d'arte
non necessita di giustificazione, al contenuto stravagante e grottesco
di "A Very Original Dinner" non sembra azzardato trasporre la stessa
anticipazione, intesa appunto come giustificazione di un processo
liberatorio tendente a manifestarsi attraverso il meccanismo
narrativo. E a questo punto un riferimento biografico, seppure
"facile", pare indispensabile. Non bisogna dimenticare che il periodo
in cui Pessoa elabora in quanto Alexander Search il "Very Original
Dinner" corrisponde a uno dei pi— difficili della sua esistenza.
Ritornato definitivamente a Lisbona da Durban nell'agosto del 1905, la
presa di coscienza della sua condizione di "rimpatriato" gli evidenzia
dei problemi di difficile soluzione. Il diciassettenne Pessoa, per
temperamento timido, introverso, tendenzialmente depresso, a contatto
con un ambiente in tutto e per tutto diverso da quello in cui si era
lasciato "britannizzare", si chiude ulteriormente in se stesso e nella
propria vita intellettuale. "A Very Original Dinner", scritto in
inglese e da un autore "altro da s‚" potrebbe pertanto sembrare, alla
luce di questo contesto biografico, un mascherato grido di denuncia,
l'espressione esacerbata delle proprie frustrazioni. La scheda
anagrafica di Alexander Search non Š, al pari di quella degli altri
eteronimi, redatta con tenace puntigliosit…, con esasperata
pignoleria. Il suo apprendistato poetico inizia in Sudafrica nel 1903
(a tale data risalgono i primi manoscritti) e si prolunga fecondo fino
al 1909 quando Search improvvisamente tace. Di lui non sappiamo se non
quello che ci dicono le sue poesie, e si Š espressa l'ipotesi che
Search non sia un eteronimo, ma pi— propriamente uno pseudonimo di
Fernando Pessoa uno pseudonimo ®com um nome simbolicamente adequado …
sua condi‡ao de aprendiz de poesia¯, (22) con un nome simbolicamente
adeguato alla sua condizione di apprendista poeta.
E proprio attraverso questo apprendistato, attraverso le note
ricorrenti del Pessoa ripiegato su se stesso, svincolato dal mondo
esteriore, emerge un primo inventario delle sue apprensioni, delle sue
paure, del suo sentirsi incompreso e isolato dalla societ…. Un isolato
e un genio (Pessoa ha sempre ben presente la propria genialit…) che
intrattiene un rapporto speciale con la "follia". Non a caso
l'"Entartung" di Max Nordau, che Pessoa lesse nella versione francese,
ebbe su di lui notevole influenza. Egli riscopriva in s‚, nella
propria personalit…, le relazioni esistenti tra genio e follia,
peraltro gi… stabilite dalle teorie di Lombroso, che Pessoa aveva
precocemente lette a Durban e che probabilmente lo avevano
suggestionato. Come afferma un autorevole studioso di Pessoa, (23)
l'ossessione della follia si manifesta con la massima intensit… negli
anni 1907-1908, e non poche delle composizioni poetiche di quell'epoca
stanno a dimostrare quanto Search fosse angustiato dalla paura della
pazzia. Significativa a questo proposito Š la poesia del 16 ottobre
del 1907, (24) in cui il mistero, i simboli, la follia, l'amara
antitesi fra "normalit…" e demenza indicano in modo emblematico che
alcuni temi dell'opera poetica di Search e quelli del "Very Original
Dinner" si basano su principi pressoch‚ comuni fondati sul "mistero
del mondo" e su un'estetica decadente filtrata dal "t‚dio" iberico di
un giovane poeta cresciuto alla cultura anglosassone.


Dal fantastico al poliziesco.

All'interno della strabiliante molteplicit… dell'Io narrante ed
esistenziale di Fernando Pessoa si rivela una continuit… tematica,
oltre che formale e strutturale, tra le varie personalit… letterarie
degli eteronimi e il Pessoa ortonimo. Nella raccolta di opere in prosa
di Pessoa curate da Cleonice Berardinelli (F. Pessoa, "Obras em
Prosa", Editora Nova Aguilar, Rio de Janeiro 1976) figurano tutti i
racconti, anzi i frammenti di racconti, poich‚ nessuno Š completo, e i
titoli, progetti di lavoro del genere poliziesco - definiti da Pessoa
come "novelas polici rias" - che in un certo qual modo si avvicinano
al "Very Original Dinner" di Alexander Search, per il senso di mistero
e di suspense che li caratterizza Esemplificativo a tale riguardo Š il
racconto "Il furto della Villa delle Vigne", scritto in portoghese e
firmato Fernando Pessoa. Si tratta di un testo non datato, ma
presumibilmente di molto posteriore all'opera giovanile di Search, se,
ancora nel 1935, nella famosa lettera-confessione all'amico Adolfo
Casais Monteiro, a proposito del suo dubbio sul criterio di
pubblicazione delle proprie opere, Pessoa affermava di non sapere se
cominciare dalle poesie o da un racconto poliziesco che non era
riuscito ancora a completare.
Lo schema, la tecnica di queste "detective-novels" sono quelli
classici: si giunge alla scoperta del colpevole grazie a una serie di
sottili supposizioni, di argomentazioni e di deduzioni, attraverso un
processo insieme empirico e estremamente razionalista che pertanto
richiede da parte dell'investigatore una notevole capacit… di
raziocinio.
Nelle note personali di Pessoa (F. Pessoa, "P ginas Intimas e de Auto-
interpreta‡ao", Atica, Lisboa s.d.) sono ampiamente esposte le sue
teorie sull'intelligenza, che egli suddivide in tre tipi:
l'intelligenza scientifica, l'intelligenza filosofica e l'intelligenza
critica. Risiede in questi tre tipi d'intelligenza la chiave del
sillogismo che conduce alla soluzione dell'enigma, alla rivelazione
del mistero. Ed ecco perch‚, come osserva Louis Vax, il
"soprannaturale" nelle narrazioni poliziesche Š immesso solo per
essere soppresso; appare cioŠ all'inizio dell'azione come elemento
catalizzatore, ma piano piano si dilegua per poi scomparire con la
spiegazione del mistero. Nel racconto fantastico l'impostazione Š
diametralmente opposta: il soprannaturale, assente all'inizio,
raggiunge il suo climax gradualmente, provocando nel lettore una
confidenza col meraviglioso. Il soprannaturale si insinua di
soppiatto, velatamente, per assopire la ragione piuttosto che
stimolarla.
Fernando Pessoa, convinto com'era della "doppia esistenza della
verit…", ha saputo assolvere perfettamente alla struttura di due
racconti che presuppongono una visione del reale diametralmente
opposta.
Amina Di Munno.
NOTE.

Nota 1. Come si apprende dalla "Lettera a Adolfo Casais Monteiro" del
13-1-1935.
Nota 2. A tale riguardo Š interessante l'articolo di Anne Terlinden,
"Fernando Pessoa e a sua obra em ingles", in ®Persona 2¯, Centro dŠ
Estudos Pessoanos, Porto 1978, pp. 66-68, che fornisce l'elenco
completo delle poesie in inglese, integralmente o parzialmente
pubblicate, e una lista, compilata dallo stesso Pessoa, di poesie
scritte fino all'et… di sedici anni.
Nota 3. La pubblicazione del manoscritto di "A Very Original Dinner",
accompagnato dalla traduzione portoghese e da uno studio critico, si
deve a Maria Leonor Machado de Sousa, "Fernando Pessoa e a Literatura
de Fic‡ao", Novaera, Lisboa 1978.
Nota 4. Alvaro de Carvalhal, "Contos" da uno studio biografico di J.
Simoes Dias, Coimbra 1868. (Per una ristampa moderna confronta
l'edizione della Arc dia Editore, Lisboa 1978.)
Nota 5. Giacoma Di Munno, "Nota su un'opera dimenticata del tardo
romanticismo portoghese: 'I Contos' di Alvaro do Carvalhal", in ®Studi
filosofici e letterari¯ dell'Istituto di filologia romanza e
ispanistica dell'Universit… di Genova, Bozzi, Genova 1978, pagine 103-
110.
Nota 6. Confronta l'opera critica recentemente raccolta in volume di
Georg Rudolf Lind, "Estudos sobre Fernando Pessoa", Imprensa Nacional
"Casa da Moeda", Lisboa 1981, pagine 30-31.
Nota 7. Fernando Pessoa, "P ginas de Est‚tica e de Teoria e Critica
Liter rias", Edi‡oes Atica, Lisboa 1973, pagina 7.
Nota 8. Ibidem, pagine 25-26.
Nota 9. "Tell me what thou eatest and I'll / tell thee what thou art /
Somebody". E' la concisa sentenza che, sulla falsariga di un antico
proverbio, si legge nel manoscritto di Pessoa pubblicato da Maria
Leonor Machado de Sousa, (opera citata, pagina 25.
Nota 10. Ibidem, pagine 55-56.
Nota 11. Confronta Maria Leonor Machado de Sousa, opera citata, pagine
124-125.
Nota 12. Come testimonia Joao Gaspar Simoes, "Vida e Obra de Fernando
Pessoa. Hist¢ria de uma gera‡ao", seconda edizione rivista e corredata
di una nuova prefazione, Livraria Bertrand, Lisboa 1970, pagina 253.
Nota 13. Fernando Luso Soares, "A novela Pilicial-Dedutiva em Fernando
Pessoa", Lisboa 1976, pagina 105.
Nota 14. Stephen Reckert, "Fortuna e metamorfosi di un 'topos' nella
poesia di Pessoa", in ®Quaderni portoghesi¯, numero 1, primavera 1977,
pagine 60 e seguenti.
Nota 15. Maria Leonor Machado de Sousa, opera citata, pagina 41.
Nota 16. Dichiarazione attribuita ad Alvaro de Campos e riportata da
Joao Gaspar Simoes, opera citata, pagina 663.
Nota 17. Badiaa Bourennane Baker, "Fernando Pessoa and Edgar Allan Poe
/ Fernando Pessoa and Walt Whitman", Autori Vari, in "Arquivos do
Centro Cultural Portugu‚s", volume 15, Funda‡ao Calouste Gulbenkian,
Paris 1980, pagina 271.
Nota 18. Fernando Pessoa, "P ginas Intimas e de Auto-Interpreta‡ao",
Edi‡oes Atica, Lisboa s.d., pagina 11.
Nota 19. Confronta Tzvetan Todorov, "La letteratura fantastica", cito
dalla traduzione italiana di Elina Klersy Imberciadori, Garzanti,
Milano 1977, pagina 48: ®Nelle opere che appartengono allo strano
puro, si narrano avvenimenti che si possono spiegare mediante le leggi
della ragione, ma che in un modo o nell'altro sono incredibili,
straordinari impressionanti, singolari, inquietanti, insoliti¯.
Nota 20. Confronta Peter Penzoldt in una citazione riportata da
Tzvetan Todorov, opera citata, pagina 161: ®Per molti autori, il
soprannaturale non era che un pretesto per descrivere cose che non
avrebbero mai osato menzionare in termini realistici¯.
Nota 21. "Obras Completas de Fernando Pessoa, Poemas Ingleses",
edizione bilingue a cura di Jorge de Sena, Atica, Lisboa 1974, pagina
23. Confronta "Cartas a Joao Gaspar Simoes", Lisboa 1957, pagina 67.
Nota 22. Georg Rudolf Lind, opera citata, pagina 350.
Nota 23. Ibidem, pagina 462.
Nota 24. La poesia Š riportata da Georg Rudolf Lind, opera citata,
pagine 466-467: ®Never have I so deeply felt my exclusion from
mankind, / To one side the sane, to the other side the lame and the
halt and the blind; / To one side the healthy, the good, the strong
those in life's prime, / To the other side the slaves of genius, of
madness, of crime. / Build prisons and hospitals and Bedlams. To one
side the glad, / To the other side the sicklu, the stupid, the ill and
the mad. / At no time have I felt so deep the gulf between me and men.
/ Is it idiocy, madness or crime, or genius - or what is this pain? /
I have felt it today with full truth and have felt to remember it
well: / I am one thrown aside - a torturer and tortured in my being's
hell / Yet I asked not to live, nor had choise of my living's rotten
worth, / I had no power on my life, nor am I guilty of my birth. / So
I shall sing my song without hope, cheerless and forlorn, / That men
may learn - at least they may laugh - to what some hearts are born; /
Song all mystery, all symbols, contradictions in ignoble dance, / But
that this is madness complete not the smallest ignorance; / Song all
of tortures of soul, of a being's human abysm / And never a doubt that
this is but raying egotism; / Song of evil, song of hate, song of
revolt, song of love / Of Nature, of Mother Nature, the earth at my
feet and the sky above; / Song of the hatred of customs, of creeds, of
conventions, of institutions, / Song of madness unpondering to human
prostitutions; / Song of one that better were dead, song of one set
aside, / Song of one that hell and earth conspired and combined to
deride. / Peace! Let the sane be set on that side and the ill (mad) on
this side¯.






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