Fernando Pessoa.
    UNA CENA MOLTO ORIGINALE.
    A cura di Amina Di Munno.
    Copyright 1995 Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., Milano.
    Titolo originale dell'opera: "A Very OriginalDinner".
    Prima edizione Oscar Piccoli classici giugno 1995.
    Su concessione Arnoldo Mondadori Editore.
    INDICE.
    Una cena molto originale: pagina 3.
    Il furto della Villa delle Vigne: pagina 38.
    Nota critica, di Amina Di Munno: pagina 54.
    Note: pagina 67.
    Una cena molto originale.
    "Dimmi cosa mangi, ti dir chi sei".
    Qualcuno.
    1.
    Fu  durante  la  quindicesima  sessione  annuale  della   Societ
   di
    Gastronomia di Berlino che il Presidente,  Herr Prosit, fece il famoso
    invito ai suoi membri.  La sessione  era  naturalmente  un  banchetto.
    Durante  il  dessert  nacque  un'accesa  discussione  sull'originalit
    dell'arte culinaria.  Era  un  cattivo  momento  per  tutte  le  arti.
    L'originalit
  era  in  declino.  Anche  nella  gastronomia c'erano un
    declino e un indebolimento.  Tutti i  prodotti  della  cucina  che  si
    definivano  "nuovi"  non  erano altro che varianti di piatti gi
 noti.
    Una salsa diversa,  un modo lievemente diverso di condire o insaporire
    -  in questo differiva il piatto nuovo da quello tradizionale.  Non vi
    erano vere e proprie novit
,  ma solo innovazioni.  Tutte queste  cose
    furono deplorate unanimemente al banchetto,  con una variet
 di toni e
    diversi gradi di veemenza.
    Mentre si discuteva con calore e convinzione vi era tra  noi  un  uomo
    che,  sebbene  non fosse l'unico a tacere,  era tuttavia l'uomo il cui
    silenzio maggiormente si notava,  perch da lui pi che da ogni  altro
    ci si poteva aspettare un intervento. Quest'uomo era naturalmente Herr
    Prosit,  presidente  della  Societ
  e anche di questa riunione.  Herr
    Prosit era l'unico uomo che non partecipasse alla discussione  -  egli
    stava  in  silenzio  pi  che  disattento.   Si  sentiva  la  mancanza
    dell'autorit
 della sua voce. Era pensieroso - lui,  Prosit,  stava in
    silenzio  -  lui,  Prosit;  appariva  serio  -  lui,  Wilhelm  Prosit,
    presidente della Societ
 di Gastronomia.
    Il silenzio di Herr Prosit era per la maggior parte degli  uomini  una
    cosa  rara.  Egli somigliava (mi si conceda il paragone) a un uragano.
    Il silenzio non gli  era  congeniale.  Lo  stare  cheto  non  era  una
    prerogativa del suo temperamento.  E come una tempesta (per seguire la
    similitudine),   se  qualche  volta  si  manteneva  silenzioso  questo
    avveniva  solo  come  una  pausa  e  un preludio alla pi grande delle
    esplosioni. Questa era l'opinione che si aveva di lui.
    Il Presidente era un uomo per molti aspetti eccezionale.  Era un  uomo
    allegro  e  affabile,  ma  lo era con una vivacit
 eccessiva,  con una
    esuberanza nel comportamento che rivelava una  costante  artificiosit
    di attitudine. La sua socievolezza sembrava patologica; la sua facezia
    e  i suoi scherzi,  pur non essendo in alcun modo forzati,  sembravano
    imposti dall'interno da una facolt
 dello spirito  che  non    quella
    dell'arguzia.  Il suo umore sembrava manierato,  la sua irrequietudine
    naturalmente posticcia.
    In compagnia dei suoi amici  -  e  ne  aveva  molti  -  manteneva  una
    corrente  continua  di  ilarit
,  era  tutto  gioia  e riso.  Eppure 
    sorprendente  come  questo  strano  uomo  non  mostrasse,   nella  sua
    espressione  abituale,  una  manifestazione  di  allegria  o di gioia.
    Quando smetteva di ridere,  quando dimenticava di  sorridere,  per  il
    contrasto  che  il  suo  viso tradiva,  sembrava cadere in una seriet
    innaturale, come qualcosa di simile al dolore.
    Se questo fosse dovuto alla fondamentale tristezza del suo  carattere,
    o  alle pene della sua vita passata,  o a qualsiasi altro male del suo
    spirito - io che riferisco questo,  difficilmente potrei presumere  di
    affermarlo.  Inoltre, questa contraddizione del suo carattere o almeno
    delle sue manifestazioni era notata  solo  da  chi  l'osservasse,  gli
    altri non la vedevano, n vi era alcuna necessit
 che lo facessero.
    Come in una notte di bufere in cui si susseguono le une alle altre, ma
    a  intervalli,  colui  che ne  testimone considera l'intera notte una
    notte di tempesta,  dimenticando gli  intervalli  tra  i  momenti  pi
    violenti  e attribuendo alla notte la caratteristica che lo ha colpito
    di pi; cos seguendo un'inclinazione dell'animo umano,  si diceva che
    Prosit fosse un uomo allegro, perch ci che pi colpiva in lui era la
    sua  allegria  fragorosa,  la  sua  gioia rumorosa.  Nella tempesta il
    testimone  dimenticava  il  profondo  silenzio  degli  intervalli.  Di
    quest'uomo  dimenticavamo  facilmente,  per il suo riso selvaggio,  il
    silenzio triste,  la cupa pesantezza degli intervalli della sua natura
    sociale.
    Il  volto  del  Presidente,  ripeto,  aveva questa contraddizione e la
    tradiva.  Quel viso sorridente mancava di animazione.  Il  suo  eterno
    sorriso  sembrava  la smorfia grottesca di coloro nei cui visi picchia
    il sole;  "l
" una naturale contrazione dei muscoli dinanzi a una luce
    forte; "qui" una espressione estremamente innaturale e grottesca.
    Era  voce  comune  (tra coloro che lo conoscevano) che si fosse dato a
    una vita spensierata per sfuggire a una  specie  di  malattia  nervosa
    ereditaria o, tutt'al pi a uno stato patologico, poich era figlio di
    un epilettico e aveva avuto tra gli antenati, per non menzionare molti
    dei casi pi stravaganti,  parecchi di inequivocabili nevrotici.  Egli
    stesso avrebbe potuto essere affetto da malattia nervosa. Ma non posso
    parlarne con assoluta certezza.
    Quello che posso dare come verit
 inconfutabile  che Prosit era stato
    introdotto nella societ
 di cui parlo da un giovane  ufficiale,  anche
    lui  amico mio,  un tipo allegro che lo aveva conosciuto chiss
 dove e
    aveva trovato irresistibili i suoi scherzi.
    Questa societ
 - quella di cui Prosit entr a far parte - era,  a dire
    il vero,  una di quelle dubbie e non rare societ
 eccentriche che sono
    formate da elementi di alto rango e di  basso  rango  in  una  curiosa
    sintesi,  simile  a  una trasformazione chimica,  per cui i componenti
    vengono ad acquisire una nuova peculiare caratteristica, diversa dalla
    loro natura originaria.  Questa era una societ
 le cui arti  -  perch
    arti  devono  chiamarsi  -  erano  quelle  di  mangiare,  bere  e fare
    all'amore.  Era  artistica  indubbiamente.  Era  volgare,   ancor  pi
    indubbiamente. E coniugava questi elementi senza disarmonia.
    Di questo gruppo di persone, socialmente inutili, umanamente corrotte,
    Prosit  era  il  capo,  perch era il pi volgare di tutti.  Non posso
    ovviamente penetrare nella psicologia semplice e insieme intricata  di
    questo caso.  Non so spiegare,  qui, la ragione per cui il capo di una
    simile societ
 fosse stato scelto tra gli iscritti di rango pi basso.
    In tutta la letteratura molto acume, molto intuito sono stati spesi in
    enigmi di  questo  tipo.  Si  tratta  di  casi  che  hanno  un'origine
    indubbiamente  patologica.  Poe ha dato ai complessi sentimenti che li
    ispirano,  credendoli uno solo,  il nome generico di "perversit
",  ma
    per  non  divagare  vorrei limitarmi al caso in questione.  L'elemento
    femminile della societ
    venuto,  convenzionalmente  parlando,  dal
    basso, l'elemento maschile dall'alto. Il pilastro di questa intesa, il
    tratto d'unione di questo composto - anzi, meglio, l'agente catalitico
    di questa trasformazione chimica - era il mio amico Prosit.  I centri,
    i luoghi d'incontro della societ
 erano due: un certo ristorante o  il
    rispettabile  hotel  X,  a  seconda che la festa fosse una gozzoviglia
    spensierata, o una sobria, virile, artistica sessione della Societ
 di
    Gastronomia di Berlino.  Per quanto riguarda la prima,    impossibile
    pronunciarsi,  non    possibile  neppure  un  accenno senza rasentare
    l'indecenza, poich Prosit non era volgare in modo discreto,  ma in un
    modo  abnorme  e  la  sua influenza poteva rendere ancora pi basso il
    livello dei pi bassi desideri dei suoi amici.  Quanto alla Societ
 di
    Gastronomia,   era   migliore;   diciamo  che  rappresentava  il  lato
    spirituale delle concrete aspirazioni del gruppo.
    Ho appena detto che Prosit era volgare.  E' vero,  era  cos.  La  sua
    esuberanza era volgare,  i suoi stati d'animo si manifestavano in modo
    triviale.  Riferisco tutto ci con obiettivit
;  il  mio  fine  non  
    scrivere encomi n calunnie,  ma disegnare un personaggio nel modo pi
    chiaro possibile e riferire con la verit
 che mi consente la  mia  pi
    intima convinzione.
    Ma  Prosit  era triviale,  senza dubbio,  perch persino nella societ
    dove, essendo a contatto con elementi della sfera sociale elevata, era
    a volte costretto a vivere,  non aveva perso molto  della  sua  innata
    brutalit
.  Vi indulgeva quasi consciamente.  I suoi scherzi non erano
    sempre inoffensivi o graditi; erano quasi tutti di cattivo gusto,  per
    quanto a coloro che sapevano apprezzare "il punto" di tali esibizioni,
    essi   potessero  sembrare  abbastanza  divertenti,   spiritosi,   ben
    congegnati.
    Il migliore aspetto di questa trivialit
 era la  sua  impulsivit
,  il
    suo fervore;  perch il Presidente si impegnava con ardore in tutte le
    cose che intraprendeva,  specialmente nelle imprese culinarie e  nelle
    relazioni  amorose;  riguardo alle prime era un poeta del gusto,  ogni
    giorno acquisiva ispirazione;  quanto alle  ultime,  la  sua  bassezza
    d'animo era di infimo livello.  Tuttavia il suo ardore e l'impulsivit
    della sua allegria non si potevano mettere in dubbio.  Trascinava  gli
    altri  con s per la foga della sua energia,  trasmetteva loro calore,
    rinvigoriva i loro impulsi senza rendersene conto.  Eppure la sua foga
    era  dedicata  a lui stesso,  era fine a se stessa,  era una necessit
    organica: e non intesa a stabilire un rapporto con il mondo esteriore.
    Questo fervore,  in realt
,  non poteva reggere a  lungo;  ma,  finch
    durava, la sua influenza sugli altri, anche se inconscia, era enorme.
    Ma, si noti che, per quanto il Presidente fosse impetuoso, impulsivo e
    in definitiva volgare e villano, non conosceva l'ira. Nessuno riusciva
    a  irritarlo.  Inoltre era sempre pronto a rendersi gradevole,  sempre
    pronto a evitare una discussione. Sembrava desiderare sempre che tutti
    andassero d accordo con lui.  Era curioso osservare come dominasse  la
    sua  ira,  come la reprimesse con una fermezza che nessuno gli avrebbe
    sospettato, tanto meno coloro che lo conoscevano come uomo impetuoso e
    impulsivo.
    Era soprattutto grazie a ci,  suppongo,  che Prosit godeva  di  tanta
    predilezione.  Infatti anche se era volgare,  brutale,  impulsivo,  ma
    visto che non si comportava mai in modo scorretto  con  manifestazioni
    di  collera  e  di  aggressivit
,  vi  deponevamo le basi della nostra
    amicizia.  Inoltre,  c'era il fatto che era sempre disposto a rendersi
    gradevole  e  a essere affabile.  Che fosse rozzo,  tra uomini contava
    poco, perch il Presidente era una brava persona.
    E'  ovvio,  dunque,  che  il  fascino  (chiamiamolo  cos)  di  Prosit
    consisteva in questo: nella sua capacit
 di non adirarsi, nel suo zelo
    per  rendersi  piacevole,  nel  peculiare fascino esercitato dalla sua
    grossolana esuberanza, forse persino, in definitiva,  nella intuizione
    inconscia del lieve enigma che la sua personalit
 presentava.
    Ma basta.  La mia analisi della personalit
 di Prosit, forse esagerata
    nei dettagli,   tuttavia lacunosa,  perch,  come credo,  ha omesso o
    tralasciato gli elementi che portano a una sintesi conclusiva. Mi sono
    avventurato  al di l
 delle mie capacit
.  La mia comprensione non pu
    accompagnarsi con la chiarezza che desidero. Non aggiunger altro.
    Nondimeno da ci che ho detto una  cosa  almeno    chiara:  l'aspetto
    esteriore del Presidente.  E per il resto,  a tutti gli effetti,  Herr
    Prosit era un uomo allegro, uno strano individuo,  vero, ma di solito
    contento,  che stupiva per la sua allegria,  un personaggio  in  vista
    nella   sua   societ
,   un  uomo  che  aveva  molti  amici.   Le  sue
    caratteristiche volgari,  se da una parte caratterizzavano la  societ
    nella quale viveva; se, voglio dire, creavano un ambiente, da un'altra
    parte  passavano  inosservate  per  eccesso  di evidenza,  scivolavano
    gradualmente   nel   dominio   del   non   avvertibile,    diventavano
    impercettibili, finivano con lo scomparire.
    La  cena  stava per finire.  La conversazione cresceva,  il numero dei
    conversatori aumentava;  e aumentava  il  rumore  delle  voci  che  si
    intrecciavano,   che  discutevano,   che  si  contraddicevano.  Prosit
    manteneva il silenzio. Il pi acceso conversatore, il capitano Greiwe,
    teneva un tono lirico,  direi.  Il suo discorso verteva sulla mancanza
    di  immaginazione  (cos  la  chiamava) che rendeva insipida la cucina
    moderna.  Il suo entusiasmo aumentava.  Nell'arte  della  gastronomia,
    osserv,  erano  sempre necessari nuovi piatti.  Il suo modo di vedere
    era  ovviamente  limitato  all'arte  che  conosceva.   Egli  sosteneva
    erroneamente,   dava   a   intendere   che   solo   nella  gastronomia
    l'innovazione fosse di fondamentale importanza.  E questo  pu  essere
    stato  un modo sottile per dire che la gastronomia era l'unica scienza
    e l'unica arte.  ®Arte  benedetta,¯  url  il  capitano  ®dove  l'idea
    conservatrice    un  eterna  rivoluzione!¯  ®Di  questa  potrei dire¯
    continu ®ci  che  Schopenhauer  dice  del  mondo:  che  si  preserva
    attraverso la sua distruzione.¯
    ®Perch,  Prosit¯  chiese  un  membro  dall'estremo capo della tavola,
    notando il silenzio del Presidente. ®Perch, Prosit,  non avete ancora
    espresso  la  vostra opinione!  Dite qualcosa,  perbacco,  siete forse
    distratto; o malinconico? Non vi sentite bene?¯
    Tutti gli occhi si posarono sul Presidente Il Presidente  sorrise  nel
    suo modo abituale, col suo solito sorriso malizioso, misterioso, mezzo
    corrucciato.   Eppure   "il   suo"   sorriso   aveva  un  significato;
    preannunciava in qualche modo la stranezza delle sue parole.
    Prosit ruppe il  silenzio  che  si  era  fatto  in  attesa  della  sua
    risposta.
    ®Ho una proposta da farvi, un invito¯ disse. ®Ho la vostra attenzione?
    Posso parlare?¯
    Appena  ebbe  detto  queste  parole,  il  silenzio  sembr  farsi  pi
    profondo.  Tutti  gli  sguardi  si  concentrarono  su  di  lui.   Ogni
    movimento, ogni gesto si ferm a quel punto, perch tutti furono presi
    dalla pi grande attenzione.
    ®Signori,¯  cominci  Herr  Prosit  ®nell'invitarvi  a questa cena oso
    sostenere che nessuno di voi ha mai partecipato a nulla di simile.  Il
    mio invito  al medesimo tempo una sfida. Pi tardi vi spiegher.¯
    Ci fu una breve pausa. Nessuno si mosse, tranne Prosit, che gustava un
    bicchiere di vino.
    ®Signori,¯ egli ripet, in modo eloquentemente diretto ®la mia sfida a
    tutti  i  presenti consiste nel fatto che fra dieci giorni offrir una
    nuova  sorta  di  cena,  "una  cena  molto  originale".  Consideratevi
    invitati.¯
    Mormorii  di  spiegazione e domande si levarono da ogni parte.  Perch
    quel tipo di invito?  Che cosa voleva dire?  Cosa significava?  Perch
    quell'oscurit
 di espressione?  Qual era,  in altri termini,  la sfida
    che lanciava?
    ®A casa mia,¯ disse Prosit ®nella piazza.¯
    ®Bene.¯
    ®Voi trasferirete a casa vostra il  luogo  di  riunione  della  nostra
    societ
?¯ chiese qualcuno.
    ®No, sar
 solo per quest'occasione.¯
    ®E sar
 una cosa davvero cos originale, Prosit?¯ indag ostinatamente
    un altro con curiosit
.
    ®Molto originale. Una assoluta novit
.¯
    ®Bravo! ¯
    ®L'originalit
  della  cena,¯  disse  il Presidente,  parlando come se
    avesse riflettuto ®non consiste in quello che vi appare,  ma in quello
    che significa,  in quello che contiene. Io sfido chiunque qui presente
    (e vorrei dire chiunque in ogni luogo), a dire,  dopo aver finito,  in
    che cosa essa  originale. Nessuno, ve lo assicuro, indoviner
. Questa
     la mia sfida. Forse avrete pensato che si tratti di qualcosa per cui
    nessuno  potrebbe  offrire  un banchetto pi originale.  Ma no,  non 
    cos.  E' molto pi originale.  E' originale al  di  l
  delle  vostre
    aspettative.¯
    ®Possiamo sapere¯ chiese un membro ®il motivo del vostro invito?¯
    ®Sono  spinto  a  questo¯  spieg Prosit,  e lo sguardo fisso gli dava
    un'espressione sarcastica ®da una disputa che ho avuto prima di  cena.
    Alcuni  dei  miei  amici  qui presenti avranno sentito la discussione.
    Possono spargere la voce. Il mio invito  fatto. Accettate?¯
    ®Certo! Certo! giunsero grida da ogni parte della tavola.¯
    Il Presidente assent e sorrise.  E palesando  una  soddisfazione  che
    forse gli veniva da una sua visione interiore fin il suo discorso.
    Quando  Herr  Prosit  ebbe  fatto  il  suo  stupefacente  invito,   la
    conversazione cadde sul motivo  reale  di  quanto  egli  aveva  detto.
    Alcuni  erano  dell'opinione  che si trattasse di un altro scherzo del
    Presidente;  altri che Prosit volesse dare un'altra  prova  delle  sue
    capacit
  culinarie,  il che era del tutto gratuito,  poich (dicevano
    questi) nessuno le aveva messe  in  dubbio,  egli  voleva  forse  solo
    soddisfare la sua vanit
 in quest'arte.  Altri ancora erano sicuri che
    il motivo dell'invito fossero certi giovani di Francoforte tra i quali
    e il Presidente esisteva una rivalit
 in fatto di gastronomia. Risult
    subito,  come vedranno i  lettori,  che  il  motivo  della  sfida  era
    effettivamente  il  terzo - lo scopo immediato,  intendo dire,  poich
    essendo il Presidente un essere umano e,  soprattutto molto originale,
    il suo invito,  recava psicologicamente le tracce delle tre intenzioni
    che gli erano imputate.
    Il motivo  per  cui  non  si  credette  subito  che  la  vera  ragione
    dell'invito  di  Prosit  fosse  la  disputa  (come  egli  stesso aveva
    affermato),  era che la sfida era troppo vaga,  troppo misteriosa  per
    apparire come una risposta a una provocazione,  come nulla pi che una
    vendetta. Alla fine, comunque, gli si dovette credere.
    La discussione menzionata dal Presidente era avvenuta tra lui e cinque
    giovani di Francoforte.  Questi giovanotti non avevano di  particolare
    che  il  fatto  di  essere gastronomi;  penso che quello fosse l'unico
    titolo degno della nostra attenzione.  La loro contesa era stata,  per
    quanto si ricordi, sul fatto che un qualche piatto inventato da uno di
    loro,  o  una  cena  da  loro  offerta,  fosse  superiore alle imprese
    gastronomiche del Presidente. Su questo era sorta la disputa;  attorno
    a  questo centro il ragno della discordia aveva ingegnosamente tessuto
    la sua tela.
    I ragazzi avevano preso parte alla discussione  con  una  certa  foga;
    Prosit  aveva  controbattuto  in  modo  sommesso  e moderato.  Era sua
    abitudine, come ho detto, non cedere mai all'ira. In questa occasione,
    tuttavia,  si era quasi irritato per la foga delle risposte  dei  suoi
    contendenti. Si credette, ora che si sapeva, che il Presidente avrebbe
    giocato uno dei suoi giganteschi tiri ai cinque ragazzi per vendicarsi
    a  modo  suo  di  quella disputa.  Perci l'aspettativa presto divenne
    grande; cominciarono a circolare voci circa un brutto scherzo,  storie
    su  una vendetta straordinariamente originale.  Dato il caso e l'uomo,
    queste voci si giustificavano  da  sole;  erano  goffamente  costruite
    sulla  verit
.  Prima  o  poi  furono  tutte  riferite  a  Prosit;  ma
    ascoltandole egli scuoteva la testa e mentre sembrava  fare  giustizia
    alla loro intenzione,  deplorava la loro banalit
. Nessuno, diceva, ha
    indovinato.  Era impossibile che qualcuno indovinasse.  Doveva  essere
    una  sorpresa.  Congetture,  supposizioni,  ipotesi  erano  ridicole e
    inutili.
    Queste dicerie,  naturalmente,  circolarono pi tardi.  Torniamo  alla
    cena durante la quale era stato fatto l'invito.  Si era appena finito.
    Stavamo andando verso il  "fumoir"  quando  ci  imbattemmo  in  cinque
    giovanotti  dall'aspetto  raffinato  che  salutarono  Prosit piuttosto
    freddamente.
    ®Ah!  amici miei,¯ il Presidente spieg voltandosi a noi ®questi  sono
    cinque giovani gentiluomini di Francoforte che io una volta ho battuto
    a un concorso di gastronomia...¯
    ®Sapete,  veramente  non credo che voi ci abbiate battuti¯ replic uno
    dei ragazzi, con un sorriso.
    ®Allora, lasciamo le cose come stanno o come stavano. In realt
, amici
    miei, la sfida che ho appena fatto alla Societ
 di Gastronomia (con un
    ampio gesto della mano indicava noi)  di un'importanza molto maggiore
    e  di  natura  molto  pi  artistica.¯  Lo  spieg  ai  cinque.   Essi
    ascoltarono il pi scortesemente possibile.
    ®Quando ho lanciato questa sfida,  proprio ora,  signori, ho pensato a
    voi!¯
    ®Ah! s, davvero? E noi cosa c'entriamo?¯
    ®Ah! lo vedrete presto! La cena  fra due settimane, il diciassette.¯
    ®Non vogliamo sapere la data, non ne abbiamo bisogno.¯
    ®No, avete ragione!¯ ridacchi il Presidente.  ®Non occorre.  Non sar
    necessario. Tuttavia,¯ aggiunse ®sarete presenti alla cena.¯
    ®Cosa?¯  grid  uno  dei  tre ragazzi.  Degli altri due,  uno fece una
    smorfia e  l'altro  sgran  gli  occhi.  Il  Presidente  sogghign  in
    risposta. ®S, e vi contribuirete nella maniera pi concreta.¯
    I  cinque  ragazzi  manifestarono apertamente il loro dubbio e il loro
    scarso interesse per la questione.
    ®Venite,  venite!¯ disse il Presidente mentre se ne andavano.  ®Quando
    mi  propongo  una  cosa  la  faccio  sul serio e io vi dico che sarete
    presenti alla cena e che contribuirete alla sua buona riuscita.¯
    Questo fu detto in un tono di cos ovvia e  acuta  canzonatura  che  i
    giovanotti  andarono  su  tutte le furie e si precipitarono gi per le
    scale.
    L'ultimo si volt.
    ®Forse saremo presenti con lo  spirito,¯  disse  ®pensando  al  vostro
    insuccesso.¯
    ®No,  no;  voi  sarete  realmente l.  Sarete fisicamente con i vostri
    corpi, ve lo assicuro. Non preoccupatevi. Lasciate ogni cosa a me.¯
    Un quarto d'ora pi tardi, quando tutto era finito,  seguii Prosit gi
    per le scale.
    ®Credete che riuscirete a farli venire,  Prosit?¯ gli chiesi mentre si
    metteva il cappotto.
    ®Certamente,¯ disse ®ne sono sicuro.¯
    Uscimmo insieme e ci salutammo sulla porta dell'albergo.
    2.
    Arrivo cos il giorno della cena di Prosit.  La cena ebbe luogo a casa
    di Prosit alle sei e mezzo del pomeriggio.
    La  casa  - quella che Prosit aveva indicato si trovava nella piazza -
    non era, in realt
, la sua casa, ma quella di un suo vecchio amico che
    viveva fuori Berlino e che la  prestava  a  Prosit  quando  questi  ne
    avesse  bisogno.  Era  sempre  a  sua  disposizione,  anche se egli la
    utilizzava raramente.  Alcuni  dei  primi  festini  della  Societ
  di
    Gastronomia  si  erano tenuti l,  fino a quando non ci si era accorti
    che per comodit
,  signorilit
  e  localizzazione,  l'albergo  offriva
    maggiori vantaggi. Nell'albergo Prosit era molto conosciuto e i piatti
    erano  eseguiti  secondo  le sue direttive.  La sua capacit
 inventiva
    aveva tanto sfogo l
 quanto a casa sua,  con cuochi sia suoi che degli
    altri membri o di qualche ristorante;  e non solo la sua abilit
 aveva
    un vasto campo d'azione,  ma anche l'esecuzione dei suoi piani era pi
    rapida,   migliore;   essi   erano   eseguiti   pi   precisamente   e
    accuratamente.
    Quanto  alla  casa  di  Prosit,  nessuno  sapeva  dove  fosse,  n  si
    preoccupava  di saperlo.  Per alcuni banchetti veniva usata la casa di
    cui ho appena parlato,  per gli appuntamenti  amorosi  egli  aveva  un
    piccolo appartamento. Era infine iscritto a un club - forse a due - ed
    era spesso visto nell'hotel.
    Come  dicevo  nessuno  conosceva la casa di Prosit: che pero ne avesse
    una,  oltre ai luoghi menzionati,  da lui frequentati,  era  un  fatto
    certo.  Non  conoscevamo  neppure  le  persone  che abitavano con lui.
    Prosit non ci aveva mai fatto sapere chi fossero i  compagni  del  suo
    ritiro;  non  ci  aveva mai detto neppure che esistevano.  Si trattava
    semplicemente di una nostra congettura. Prosit aveva vissuto (e questo
    noi lo sapevamo,  anche se non mi ricordo  per  mezzo  di  chi)  nelle
    Colonie - in Africa,  o in India o in qualche altro luogo - dove aveva
    accumulato un patrimonio del quale ora viveva. Diciamo che,  sapendone
    abbastanza, avevamo ritenuto ozioso indagare sul resto.
    Il  lettore conosce ora sufficientemente il quadro della situazione da
    poter fare a meno di mie ulteriori informazioni circa il Presidente  e
    la casa in questione. Veniamo dunque alla famosa cena.
    La  stanza  dove  era  stata  imbandita la tavola per il banchetto era
    lunga e larga,  ma non imponente.  Sulle pareti non vi erano finestre,
    ma  solo  porte che davano su diverse stanze.  A una estremit
,  dalla
    parte della strada, si stagliava una finestra alta e larga, splendida,
    che sembrava respirare tutta  per  s  l'aria  che  lasciava  entrare.
    Suddivisa  in tre parti dagli stessi scomparti del battente,  occupava
    esattamente lo spazio di tre comuni, ampie finestre.  Bench la stanza
    fosse grande,  questa sola finestra era pi che sufficiente, dava luce
    e aria a tutto l'insieme.
    Al centro della sala era stata  imbandita  una  lunga  tavola  per  il
    banchetto,  a  capo  della quale sedeva il Presidente,  di spalle alla
    finestra.  Il sottoscritto,  in qualit
 di membro pi anziano,  sedeva
    alla sua destra.  Altri dettagli sono superflui.  Eravamo cinquantadue
    partecipanti.   La  stanza  era  illuminata  da  tre   lampadari   che
    sovrastavano  la  tavola.  Attraverso  un'abile  disposizione dei loro
    ornamenti,  le luci erano singolarmente concentrate sulla  tavola,  in
    modo  da  lasciare  piuttosto  oscuri  gli  spazi tra questa e i muri.
    L'accorgimento ricordava la sistemazione  delle  luci  sui  tavoli  da
    biliardo.  Tuttavia,  poich qui tale effetto non era ottenuto come in
    quelli,  attraverso un espediente il cui fine era ovvio,  ci  che  si
    notava  era  tutt'al  pi  una sensazione di stranezza.  Se ci fossero
    state altre tavole,  l'oscurit
 fra l'una e l'altra sarebbe  risultata
    alquanto molesta; ma poich vi era una sola tavola, ci non si notava.
    Io  stesso lo notai solo pi tardi,  come il lettore potr
 constatare.
    Sebbene anch'io,  come tutti i  presenti,  nell'entrare  mi  guardassi
    intorno   in  cerca  di  qualcosa  di  strano,   non  notai  nulla  di
    particolare.
    In quale modo la tavola fosse orientata, apparecchiata e decorata, non
    ricordo esattamente e ci non mi pare essenziale.  Rispetto  ad  altre
    tavole  da  pranzo  non c'era nessuna differenza sostanziale,  nessuna
    originalit
.  In tal caso  qualsiasi  descrizione  sarebbe  sterile  e
    inutile.
    I  membri  della Societ
 di Gastronomia (cinquantadue,  come ho detto)
    cominciarono ad arrivare alle sei meno un quarto. Tre, se ben ricordo,
    arrivarono solo un minuto prima dell'ora della cena.  L'ultimo  arriv
    nel  momento  in  cui ci sedevamo a tavola.  In queste cose,  come era
    proprio degli artisti,  non si faceva molta cerimonia.  Nessuno ebbe a
    ridire per il ritardo.
    Ci sedemmo a tavola,  in uno stato di contenuta aspettativa, di dubbio
    e sospetti.  Questa doveva essere,  ognuno di noi lo  ricordava,  "una
    cena  molto originale".  Tutti eravamo stati sfidati a scoprire in che
    cosa consistesse la  sua  originalit
.  E  questo  era  il  difficile.
    L'originalit
  stava  in  qualcosa  di  non apparente o in qualcosa di
    ovvio? Stava in qualche piatto, in qualche salsa o in qualche addobbo?
    Consisteva in qualche particolare  triviale  della  cena?  O,  magari,
    stava nel carattere generale del banchetto?
    Poich  ogni cosa era possibile,  ogni cosa vagamente probabile,  ogni
    cosa ragionevolmente improbabile,  impossibile;  tutto ci forniva  un
    motivo   di   sospetto,   di  dubbio,   di  disorientamento.   Era  l
    l'originalit
? Era quello lo scherzo?
    Cosicch non appena ci fummo tutti seduti per  cenare,  cominciammo  a
    scrutare minutamente, curiosamente le decorazioni e i fiori sul tavolo
    e non solo questi,  ma anche i disegni dei piatti, la disposizione dei
    coltelli e delle forchette, i bicchieri,  le bottiglie di vino.  Molti
    di  noi  avevano  gi
  esaminato  le  sedie.   Non  pochi,   con  fare
    indifferente,  girarono intorno al tavolo,  intorno alla  stanza.  Uno
    aveva guardato sotto il tavolo,  un altro lo aveva tastato rapidamente
    e accuratamente nella parte inferiore.  Un altro ancora fece cadere il
    tovagliolo  e  si  pieg per raccoglierlo,  cosa che fece con alquanto
    goffa difficolt
.  Voleva vedere,  mi disse poi,  se non ci tosse  una
    trappola  che  a  un  certo punto del banchetto avrebbe inghiottito il
    tavolo o noi e il tavolo insieme.
    Non riesco a  ricordare  ora  con  precisione  quali  fossero  le  mie
    supposizioni  o  congetture.  Tuttavia ricordo distintamente che erano
    abbastanza ridicole,  dello stesso tipo di quelle che vi ho  descritto
    parlando  degli  altri.  Nella  mia mente si susseguivano fantastici e
    straordinari pensieri attraverso una associazione  di  idee  puramente
    meccanica.  Era  tutto suggestivo e insoddisfacente allo stesso tempo.
    Considerandole bene,  tutte le cose avevano una  loro  singolarit
  (
    cos  di  ogni  cosa,  d'altronde),  ma  nulla presentava chiaramente,
    nitidamente  un  segno  tale  che  risultasse  essere  la  chiave  del
    problema, la parola nascosta dell'enigma.
    Il  Presidente ci aveva sfidati tutti a indovinare l'originalit
 della
    cena. Data la sfida, data l'abilit
 di Prosit per gli scherzi, nessuno
    avrebbe potuto dire se l'originalit
 fosse ridicolmente insignificante
    a bella posta,  se si nascondesse in  una  indiscrezione  stravagante,
    oppure, dal momento che una simile cosa era possibile, consistesse nel
    fatto  di  non avere assolutamente niente di originale.  Questo era lo
    stato d'animo col quale tutti gli ospiti - lo dico senza  esagerazione
    - presero posto per consumare "una cena molto originale".
    La nostra attenzione era concentrata su ogni cosa.
    E la prima cosa da osservare fu che il servizio era composto da cinque
    camerieri negri. I loro visi non si potevano vedere bene, non solo per
    via  dei  costumi  alquanto  stravaganti che indossavano (compreso uno
    strano turbante), ma anche per la singolarit
 delle luci per cui, come
    nelle sale da biliardo,  sebbene non con lo stesso artificio,  la luce
    era diretta verso il tavolo e lasciava tutto il resto nell'oscurit
.
    I   cinque   camerieri   negri   erano   ben  addestrati,   forse  non
    perfettamente, ma bene.  Lo rivelavano molti particolari,  avvertibili
    da  uomini  come  noi,  a  contatto  quotidianamente  con camerieri in
    occasioni importanti.  Apparentemente sembravano istruiti molto  bene,
    per una cena in cui servivano per la prima volta. Questa l'impressione
    che il loro servizio aveva fatto ai miei occhi esperti;  ma la scartai
    momentaneamente,  non  vedendoci  niente  di  straordinario.   Non  si
    trovavano camerieri da nessuna parte.  Forse,  pensai in quel momento,
    Prosit li ha portati dall'estero,  da un suo viaggio.  Il fatto che io
    non li conoscessi non era una ragione per non crederlo,  perch,  come
    ho detto, la vita privata di Prosit,  cos come la sua dimora,  non ci
    erano  conosciute:  Prosit  le  teneva segrete per ragioni tutte sue e
    sulle quali non sarebbe stato delicato indagare o fare  apprezzamenti.
    Le mie riflessioni sui camerieri negri furono semplicemente queste.
    La cena era dunque cominciata.  E la nostra perplessit
 aumentava.  Le
    peculiarit
  che  essa  presentava  erano,  a  ben  riflettere,   cos
    insignificanti  che  se  ne rendeva inutile qualsiasi interpretazione.
    Sono eloquenti in proposito le osservazioni  fatte  scherzosamente  da
    uno  degli  ospiti  verso la fine della cena: ®L'unica cosa che la mia
    mente attenta e perspicace riesca a vedere  di  originale¯  disse  con
    voluta  pomposit
 un membro titolato ®,  innanzi tutto,  che i nostri
    camerieri sono scuri e che per di pi  si  muovono  nel  buio,  ma  in
    realt
 al buio ci siamo noi.  In secondo luogo, che se tutto ci ha un
    significato, il suo significato  che non significa un bel nulla.  Non
    sento odore di tranelli: l'unico odore che sento,  del resto squisito,
     quello del pesce¯. (1)
    Queste banali osservazioni furono ben accolte dai commensali, anche se
    non si possono definire spiritose. Tutti, comunque,  avevano notato le
    stesse  cose;  ma  nessuno  credeva  che  lo  scherzo  di  Prosit  non
    significasse altro che questo. Guardarono il Presidente per verificare
    se l'espressione del suo sorriso tradisse uno stato  d'animo,  qualche
    segno  di  un'attitudine particolare;  ma il suo sorriso era normale e
    inespressivo.  Forse era leggermente pi largo,  forse aveva ammiccato
    quando l'ospite titolato fece quelle osservazioni, forse era diventato
    pi malizioso; ma non potrei affermarlo con sicurezza.
    ®Dalle sue parole¯ disse infine Prosit a colui che aveva parlato ®sono
    contento  di  constatare  un  inconsapevole  riconoscimento  della mia
    abilit
 nel dissimulare, nel far apparire una cosa diversa da quel che
    .  Vedo infatti che  stato ingannato dalle  apparenze.  Vedo  che  
    ancora   lontano   dalla   verit
,   dalla   burla.   E'  ben  lontano
    dall'indovinare in cosa consiste  l'originalit
  della  cena;  e  devo
    aggiungere che se c' qualcosa di ingannevole,  cosa che non nego, non
     certamente il pesce.  Tuttavia la ringrazio per il suo elogio.  E il
    Presidente si inchin in modo canzonatorio.¯
    ®Il mio elogio?¯
    ®Il  suo  elogio,  perch  lei non ha indovinato e,  cos facendo,  ha
    proclamato la mia abilit
. Io la ringrazio!¯
    Una risata mise fine a quest'episodio.
    Nel frattempo io,  che avevo riflettuto durante  tutto  questo  tempo,
    arrivai  improvvisamente  a  una  strana conclusione: riandando con la
    memoria alle parole dell'invito e al giorno in cui  era  stato  fatto,
    ricordai  a  un tratto che la cena era il risultato di una discussione
    del Presidente  con  i  cinque  gastronomi  di  Francoforte.  Ricordai
    l'espressione  di  Prosit in quel momento.  Egli aveva detto ai cinque
    giovanotti che  essi  sarebbero  stati  presenti  alla  cena,  che  vi
    avrebbero  contribuito  "materialmente".  Aveva  usato  proprio questo
    termine.
    Ora questi ragazzi non erano ospiti...  Subito la  vista  di  uno  dei
    camerieri  negri mi fece notare la loro assenza;  e anche il fatto che
    erano cinque. La scoperta mi fece trasalire. Guardai i camerieri,  per
    vedere se i loro visi tradissero qualcosa, ma le loro facce nere erano
    nell'ombra.  E  in  quell'istante  notai  l'estrema abilit
 con cui la
    disposizione  delle  luci  concentrava  tutta  l'illuminazione   sulla
    tavola,  lasciando  parzialmente  all'oscuro  il  resto  della stanza,
    soprattutto all'altezza delle teste dei cinque servitori.  Per  quanto
    fosse strano e sconcertante non mi rimanevano dubbi. Ero assolutamente
    sicuro che i cinque gentiluomini di Francoforte fossero diventati, per
    l'occasione,  i cinque camerieri negri. L'assoluta incredibilit
 della
    cosa mi trattenne per un attimo, ma le mie conclusioni erano molto ben
    tratte, erano pi che logiche. Non poteva essere diversamente.
    Ricordai immediatamente che,  circa cinque minuti prima,  nello stesso
    banchetto,    avendo   i   camerieri   negri   naturalmente   attirato
    l'attenzione,  uno dei membri,  Herr  Kleist,  un  antropologo,  aveva
    chiesto  a Prosit di quale razza fossero (poich gli era assolutamente
    impossibile vedere i loro volti) e da dove li avesse fatti venire.  Il
    disappunto  che il Presidente aveva manifestato sarebbe potuto passare
    del tutto inosservato; se non che io notai chiaramente,  perfettamente
    l'imbarazzo di Prosit e ne rimasi meravigliato.  Poco dopo - come ebbi
    a notare senza rendermene conto - mentre uno dei camerieri  teneva  il
    piatto vicino a Prosit,  questi gli disse qualcosa a bassa voce;  e il
    risultato  fu  che  i  cinque  "negri"  si  allontanarono  nell'ombra,
    esagerando forse la distanza, per chi stesse attento alla manovra.
    Il  timore  del  Presidente  era  certamente  del  tutto naturale.  Un
    antropologo come Herr Kleist un esperto delle razze  umane,  dei  loro
    tipi  e delle loro caratteristiche somatiche,  avrebbe inevitabilmente
    scoperto l'inganno se avesse visto le loro  facce.  Da  qui  l'estrema
    irrequietudine  di Prosit alla domanda,  da qui la sua richiesta che i
    camerieri si tenessero prudentemente nel  buio.  In  che  modo  avesse
    eluso la domanda,  non ricordo; mi pare che affermasse che i camerieri
    non erano i suoi,  che ignorava la loro razza e il modo in  cui  erano
    giunti  in  Europa.  Ad  ogni modo nel dare questa risposta egli parve
    abbastanza a disagio, forse per il timore che Herr Kleist, proprio per
    conoscere la loro razza,  chiedesse di esaminare i negri.  Ma  chiaro
    che,  avendo  dichiarato  che  i domestici non gli appartenevano,  non
    avrebbe potuto dire  a  quale  razza  appartenessero,  poich  essendo
    ignorante  in  fatto  di razze,  e sapendo di esserlo,  avrebbe dovuto
    cercare di indovinare un tipo,  le cui caratteristiche pi  elementari
    ed evidenti,  come per esempio la statura,  avrebbero potuto essere in
    aperta  contraddizione  con  quella  dei  cinque  camerieri.   Ricordo
    vagamente che dopo questa risposta,  Prosit devi la conversazione con
    un pretesto qualsiasi,  cercando di far convergere l'attenzione  sulla
    cena o sulla gastronomia e distogliendola dai camerieri.
    L'elaborato  condimento  dei  piatti,  la  bizzarra  novit
 della loro
    presentazione (particolari non insignificanti  che,  oltre  alla  cena
    speciale   dipendevano   dall'abilit
  culinaria  del  Presidente)  mi
    sembrarono   quisquilie,   escogitate   di   proposito   per   deviare
    l'attenzione, tanto evidente mi parve la loro assurdit
, la grettezza,
    l'ostentato anticonformismo.  Devo aggiungere che nessuno, dopo averle
    esaminate, le ritenne importanti.
    Il fatto in s, in realt
, era incredibilmente, indicibilmente strano;
    una ragione di pi, allora, dissi tra me, per avvalorare l'originalit
    di Prosit. Era infatti sconcertante che avesse potuto avverarsi. Come?
    Come avevano potuto cinque giovani assolutamente ostili al  Presidente
    essere  convinti,  preparati  e obbligati a rappresentare la parte dei
    camerieri a una cena,  una cosa sgradita a  ogni  uomo  di  una  certa
    condizione  sociale?  Era  una  cosa che aveva del grottesco,  come un
    corpo di donna con la coda di pesce.  Si aveva la  sensazione  che  il
    mondo andasse alla rovescia.
    Il  fatto che sembrassero negri era facilmente spiegabile.  Prosit non
    poteva certo presentare i cinque giovani ai membri della societ
 nella
    loro  vera  apparenza.  Era  naturale  che  si  avvalesse  della  vaga
    conoscenza   che  avevamo  delle  sue  permanenze  nelle  Colonie  per
    realizzare il  suo  scherzo  facendoli  sembrare  negri.  L'angosciosa
    domanda era come avesse fatto;  e QUESTO solo Prosit poteva rivelarlo.
    Potevo capire che qualcuno si prestasse a fare la parte del  cameriere
    per  un  grande  amico o per scherzo,  e come un grande favore.  Ma in
    codesto caso!
    Pi riflettevo e pi la  cosa  mi  sembrava  straordinaria,  ma,  allo
    stesso  tempo,  considerate  tutte  le  prove  che  offriva,  dato  il
    carattere del Presidente era pi probabile,  pi certo che la burla di
    Prosit  fosse proprio l.  Poteva ben sfidarci a trovare l'originalit
    del banchetto!  L'originalit
,  cos come  avevo  intuito,  non  stava
    propriamente  nella  cena,  ma  in  qualcosa connesso con la cena: nei
    camerieri.  Quasi mi  stupii  di  non  averlo  capito  prima:  che  il
    banchetto  essendo  offerto  per i cinque giovani non poteva non avere
    attinenza con loro come una vendetta,  e  poich  riguardava  loro,  
    chiaro  che non poteva in nessun modo essere pi direttamente connesso
    con la cena che attraverso i camerieri.
    Queste argomentazioni,  questi ragionamenti  che  ho  qui  esposto  in
    alcuni paragrafi passarono nella mia mente in pochi minuti.  Io ne ero
    convinto,  sconcertato,  soddisfatto.  La chiarezza razionale del caso
    dissip la sua straordinaria natura dalla mia mente. Colsi chiaramente
    e accuratamente nel segno. Avevo vinto la sfida di Prosit.
    La cena era quasi alla fine, eravamo vicini al dessert.
    Decisi che la mia abilit
 doveva essere riconosciuta e parlai a Prosit
    della   mia  scoperta.   Riconsiderai  che  non  dovevo  fare  errori,
    manchevolezze; la stranezza del problema,  cos come lo concepivo,  lo
    tramutava  in  certezza.  Infine mi chinai verso Prosit e a bassa voce
    gli dissi:
    ®Prosit,  amico mio,  ho capito il trucco.  Questi cinque "negri" e  i
    cinque ragazzi di Francoforte...¯
    ®Ah!  Lei ha indovinato che c' una connessione tra di loro!¯ Lo disse
    tra il canzonatorio e il dubbioso, tuttavia mi accorsi che era seccato
    e irritato dall'acutezza  del  mio  ragionamento,  che  certo  non  si
    aspettava.  Sembr  a  disagio  e mi guard con attenzione.  Pensai di
    avere ragione.
    ®Naturalmente,  replicai;  essi SONO i cinque.  Non ho dubbi.  Ma come
    diamine ha fatto?¯
    ®Forza bruta, mio caro. Ma non dica niente agli altri.¯
    ®Certamente; ma come, con la forza bruta, mio caro Prosit?¯
    ®Be',    un  segreto  che  non  si pu svelare.  E' segreto quanto la
    morte.¯
    ®Ma come possono essere cos rassegnati. Ne sono stupito. Non scappano
    n si rivoltano?¯
    Il Presidente fu scosso da una risata repressa.  ®Non c'  da  temere¯
    disse  con una smorfia pi che significativa.  ®Non possono scappare -
    non loro. E' assolutamente impossibile.¯ E mi guard in silenzio,  con
    fare malizioso, misterioso.
    Infine  eravamo  alla  fine della cena - no non alla fine della cena -
    un'altra singolarit
, apparentemente ideata ad effetto - quando Prosit
    propose un brindisi. Eravamo tutti attenti per questo brindisi proprio
    dopo l'ultimo piatto e prima del  dessert.  Tutti  si  meravigliarono,
    tranne  me  che  vedevo  in  ci  un'altra stravaganza senza senso per
    stornare l'attenzione.  Comunque i  bicchieri  erano  tutti  colmi.  E
    mentre  questi  si  riempivano,  il  comportamento  del  Presidente si
    alterava visibilmente. Egli si agitava nella sedia tutto eccitato, con
    il fervore di un uomo che voglia parlare,  di qualcuno  che  abbia  da
    rivelare un grande segreto, che debba fare un'importante rivelazione.
    Questa  condotta  fu  notata  all'improvviso.  ®Prosit  ha qualcosa da
    rivelarci - LO  scherzo.  E'  Prosit,  proprio  lui!  Avanti,  Prosit,
    veniamo al punto!¯
    Mano  a mano che si avvicinava il momento del brindisi,  il Presidente
    sembrava  impazzire  di  eccitazione;  si  agitava  nella  sedia,   si
    contorceva,  sogghignava, sorrideva, faceva smorfie, ridacchiava senza
    motivo e senza fine.
    I bicchieri erano tutti colmi. Tutti erano pronti. Si fece un profondo
    silenzio. Nella tensione del momento,  ricordo di aver udito due passi
    per strada e d'essermi irritato al suono di due voci - una di un uomo,
    l'altra di una donna - che conversavano nella piazza l sotto.  Non ci
    feci pi caso.  Prosit si alz,  anzi balz in  piedi,  facendo  quasi
    cadere la sedia.
    ®Signori,¯ disse ®vi riveler il mio segreto, lo scherzo, la sfida. E'
    molto  divertente.  Voi  sapete  che  avevo detto ai cinque ragazzi di
    Francoforte che essi sarebbero stati presenti a questo banchetto,  che
    vi  avrebbero  collaborato  nel  pi materiale dei modi?  Il segreto 
    tutto qui,  in questo,  voglio dire.¯ Il Presidente parlava in fretta,
    incoerentemente nella foga di arrivare al punto.
    ®Signori questo  TUTTO ci che ho da dire.  Ora il primo brindisi, il
    grande brindisi.  Esso riguarda i miei cinque poveri rivali...  Perch
    nessuno  ha  indovinato  la verit
,  neppure Meyer (si riferiva a me);
    neppure lui.¯
    Il Presidente esit; poi,  alzando la voce fino a gridare,  disse: ®Io
    bevo  ALLA  MEMORIA dei cinque ragazzi di Francoforte,  CHE SONO STATI
    PRESENTI FISICAMENTE A QUESTA CENA E VI  HANNO  CONTRIBUITO  NEL  MODO
    PIU'  MATERIALE  POSSIBILE¯.  E  stravolto,  selvaggio,  COMPLETAMENTE
    infuriato,  indic con eccitazione i RESTI DI CARNE IN UN  PIATTO  che
    aveva fatto in modo fossero lasciati sul tavolo.
    Appena  furono  pronunciate  queste parole,  un orrore che supera ogni
    immaginazione cadde con  strana  freddezza  su  tutti  noi.  Rimanemmo
    sopraffatti   dall'inimmaginabile   rivelazione.   Nell'intensit
   di
    quell'orrore,  nel suo silenzio,  sembrava che nessuno avesse sentito,
    che  nessuno  avesse capito.  La pazzia al di l
 di ogni immaginazione
    era orribile nella sfera della realt
.  Un silenzio che dur un attimo
    e che tuttavia sembr,  per l'emozione e per l'orrore,  durare secoli,
    un silenzio di cui nulla di simile  mai stato sognato o pensato.  Non
    riesco  a  immaginare  l'espressione  che avesse ciascuno di noi,  che
    avessimo tutti noi.  Ma quei visi devono aver  avuto  un  aspetto  che
    nessuno ha mai ancora visto.
    Tutto ci per un momento breve, logorante, profondo.
    Il mio proprio orrore, la mia propria emozione sono impensabili. Tutte
    le  bizzarre immaginazioni e le supposizioni che avevo con naturalezza
    e con innocenza connesso alla mia ipotesi sui cinque camerieri  negri,
    assumevano  ora il loro pi profondo e orribile significato.  Tutto il
    malizioso tono sommesso,  il carattere allusivo della voce di Prosit -
    tutto  ci  che  ora mi si rivelava nella sua vera luce mi scosse e mi
    fece rabbrividire di una paura indicibile.  L'intensit
 stessa del mio
    terrore sembr impedirmi di svenire.  Per un momento io, al pari degli
    altri, ma con pi paura e a maggior ragione, ricaddi sulla mia sedia e
    fissai Prosit con  un  orrore  che  le  parole  non  riuscirebbero  ad
    esprimere.
    Questo per un attimo, non pi che per un attimo. Poi, tranne alcuni di
    noi, i pi deboli che erano svenuti, tutti gli ospiti fuori di s, con
    una furia giusta e incontrollabile, ci precipitammo selvaggiamente sul
    cannibale,  sul folle autore di quest'impresa pi che orrenda. Sarebbe
    stata,  per un ignaro spettatore,  una scena  orribile  vedere  quegli
    uomini  colti,  ben vestiti,  raffinati,  animati da una furia pi che
    bestiale.  Prosit era furibondo,  ma in quel momento lo eravamo  anche
    noi.  Egli  non aveva alcuna possibilit
 contro di noi - assolutamente
    nessuna. Infatti in quel momento eravamo pi inferociti di lui.  Anche
    uno  solo di noi,  nello stato di esaltazione in cui eravamo,  sarebbe
    bastato per punire orribilmente il Presidente.
    Io stesso,  primo fra tutti,  colpii l'assassino con una collera  cos
    terribile  da  farmi  sembrare  quella di un altro,  e mi pare tuttora
    cos,  perch il ricordo che ho di essa   quello  di  una  percezione
    indistinta.  Afferrai  la  caraffa  di  vino  che era vicino a me e la
    scagliai, con un violento scatto d'ira, sul capo di Prosit.  Lo colpii
    in  pieno  e sul suo viso si mescolarono sangue e vino.  Io sono mite,
    sensibile e il sangue mi ripugna. Pensandoci ora,  non riesco a capire
    come abbia potuto eseguire un atto che,  per il mio temperamento,  era
    tremendamente crudele,  bench  giusto,  perch  specialmente  per  la
    collera che lo ha ispirato,   stato crudele, crudelissimo. Quale sar
    stata dunque la mia furia e la mia follia! E quale quella degli altri!
    ®Fuori  dalla  finestra!¯  grid  una  voce  terribile.  ®Fuori  dalla
    finestra!¯  url un formidabile coro.  Il tumulto degli animi era tale
    che il solo modo per aprire la finestra sembr quello di  fracassarla.
    Qualcuno  vi dette una forte spallata scagliando l'asse centrale nella
    piazza sottostante.
    Pi di una dozzina di mani animalesche ghermirono avidamente Prosit la
    cui follia era eccitata  dalla  indicibile  paura.  Con  un  movimento
    brusco  egli  fu  scagliato  contro  la finestra,  ma non l'attravers
    perch riusc ad afferrarsi a uno dei battenti.
    Di nuovo le mani lo ghermivano, pi nervosamente, pi brutalmente, pi
    selvaggiamente ancora. E con un'erculea congiunzione di forze,  con un
    ordine,  con un accordo perfettamente diabolico, in un simile momento,
    facevano  dondolare  il  Presidente  nell'aria  e  lo  spingevano  con
    incalcolabile  violenza.  Con  un  colpo  che  avrebbe abbattuto i pi
    forti,  ma che rasserenava i nostri  animi  ansiosi  e  impetuosi,  il
    Presidente  cadde  sulla  piazza  a  circa  un metro e mezzo di l
 del
    marciapiede.
    Dopo, senza una parola scambiata n un cenno, tutti chiusi nel proprio
    orrore, ognuno di noi usc da quella casa. Una volta fuori, passata la
    collera e l'orrore che facevano sembrare il tutto un  sogno,  provammo
    l'inenarrabile  terrore di imbatterci di nuovo nella normalit
.  Tutti
    senza eccezione ci sentimmo male e molti,  prima o poi,  svennero.  Io
    svenni proprio sulla soglia di casa.
    I cinque camerieri negri di Prosit (erano davvero negri, vecchi pirati
    di  una  trib feroce e abominevole costoro) fiutato il pericolo erano
    scappati durante la zuffa,  ma furono presi - tutti  ad  eccezione  di
    uno.  Sembra  che  Prosit  per  poter  effettuare il suo straordinario
    scherzo avesse,  con un'abilit
 perfettamente diabolica,  poco a poco,
    svegliato  in  loro  gli istinti brutali assopiti dalla civilt
.  Essi
    erano stati in ogni...  (2) i coadiutori  del  Presidente.  Era  stato
    ordinato  loro  di rimanere il pi lontano possibile dalla tavola,  in
    zone oscure,  in considerazione della paura,  dettata dall'ignoranza e
    dalla  malvagit
,  che Prosit aveva di Herr Kleist,  l'antropologo che
    (per tutto quel che Prosit sapeva circa la sua scienza) avrebbe potuto
    vedere  nelle  sembianze  dei  negri  le  stimmate  della   patologica
    predisposizione alla criminalit
. I quattro furono puniti a dovere.
    NOTE.
    Nota 1.  Gioco di parole intraducibile tra "fishy" che in inglese vuol
    dire "dubbio, equivoco, sospetto, incredibile" e "fish", "pesce".
    Nota 2. Parola illeggibile nel manoscritto.
    Il furto della Villa delle Vigne.
    [Per una pi immediata comprensione dei frammenti di  questo  testo  
    parso  opportuno  farli  precedere  da  una  breve  nota  che situasse
    l'azione e unirli dove era necessario con interpolazioni esplicative.
    L'azione si svolge, una sera di settembre del 1905,  nella Villa delle
    Vigne,  dove  sono  presenti:  il proprietario Jos Mendes Borba,  suo
    figlio Jos Alves Borba, Donna Adelaide,  sorella del padrone di casa;
    Maria  Adelaide,  figlia  di  Donna Adelaide;  Manuel Barata,  allievo
    ufficiale,  cugino dei Borba e un'amica di Maria Adelaide,  Elisa.  Il
    racconto,  in  prima persona,   fatto da Augusto Claro,  un ingegnere
    amico del proprietario della Villa,  che  vi  era  stato  invitato.  I
    precedenti  del  racconto di Augusto Claro sono i seguenti.  Una sera,
    intorno alla mezzanotte, si  sentita un'esplosione. Accorsi sul luogo
    dove era avvenuta,  si  trovata aperta la cassaforte di casa  con  la
    serratura sfondata.  Erano scomparsi cento titoli in valuta estera.  E
    qualche giorno pi tardi i titoli erano rientrati  nella  circolazione
    bancaria  senza  che  l'autore  dell'operazione  fosse  stato sorpreso
    durante i rispettivi passaggi bancari.
    Avviate le indagini,  i sospetti del questore Lima cadono  sul  figlio
    del  padrone  della  Villa,  non  solo  perch  costui si trova in una
    travagliata situazione economica,  ma anche - e questo  era  gi
  noto
    alla  polizia  -  perch  una volta aveva sottratto al padre una somma
    rilevante.  Col procedere delle indagini si viene inoltre a sapere che
    Jos  Alves  Borba   socio di un certo Manoel,  spacciatore di moneta
    falsa Altro elemento a carico del sospettato,  perch il furto  subito
    dal  padre  non  avrebbe  potuto avere luogo senza la complicit
 di un
    abitante della casa. Inoltre, durante le indagini,  la polizia accerta
    che  la  sera  del  furto  erano  presenti a cena tutte le persone che
    dimoravano nella Villa, e che alle ventitr, tranne il padrone di casa
    e l'ingegnere Claro, tutti si erano ritirati nelle proprie stanze.
    All'investigatore risultano particolarmente  strane  due  circostanze:
    che  l'ingegner  Augusto  Claro fosse andato a cercare le sigarette al
    primo  piano  (dove  si  trovava  la  cassaforte),  poco  prima  della
    detonazione;  e  che  gli  assalitori  avessero  scelto  un'ora  tanto
    pericolosa e un'esecuzione cos allarmante,  con il rischio di  essere
    sorpresi.  Confortato  nella  sua  idea  che  il  furto  sarebbe stato
    possibile solo grazie all'aiuto interno,  il questore fa arrestare  il
    giardiniere,  Jos Algarvio,  che ha l'alibi pi debole di tutti,  pur
    mantenendo i suoi sospetti sul figlio del padrone di casa.
    Stando cos le cose, l'ingegner Augusto Claro cerca il dottor Quaresma
    perch gli chiarisca il mistero e aiuti il giardiniere, convinto com'
    della sua innocenza.  La narrazione  condotta dall'ingegner Claro  in
    prima persona.]
    Sebbene,  detto  fra  noi,  mi  seccasse abbastanza l'idea di andare a
    raccontare al dottor Quaresma tutta la storia del  furto,  non  potevo
    certamente evitare di farlo.  Perci,  rassegnatomi con serenit
,  gli
    esposi, riassumendoli il pi possibile,  tutti i fatti che esporr nel
    corso di questo racconto. Ritenni opportuno fare alcune omissioni: non
    parlai  dei  precedenti  penali  di  Jos  Alves,  della questione dei
    cinquecento scudi,  e tanto meno dei discorsi  che  il  questore  Lima
    aveva  fatto  a questo proposito Non potei comunque evitare di parlare
    dell'ipotesi della polizia su di una fantomatica banda aiutata  da  un
    complice  della  Villa.  Se  non  lo  avessi detto,  l'arresto di Jos
    Algarvio sarebbe stato incomprensibile. E del resto il dottor Quaresma
    lo avrebbe appreso direttamente alla polizia.
    Il dottor Quaresma mi ascolt con molta attenzione, ma,  se cos posso
    dire, con una attenzione divisa. Sembrava che, mentre mi ascoltava con
    gli occhi,  ascoltasse con gli orecchi una voce che non era la mia. Mi
    rendo conto dell'assurdit
 del mio modo di esprimermi, ma mi limito ad
    annotare l'impressione che ne ebbi.  In  realt
,  pur  seguendomi  con
    attenzione,   pareva   che   Quaresma  seguisse  un  suo  suggerimento
    interiore,  un ragionamento e una  congettura  insieme  che  erano  in
    diretta relazione con quanto gli stavo raccontando.
    Concluso il mio racconto mi sentii pi leggero. Ma il dottor Quaresma,
    che  non aveva mai detto una parola fino a quel momento,  incominci a
    farmi domande.  Mi  chiese  una  descrizione  particolareggiata  delle
    persone  che  erano  in casa al momento del furto.  La mia descrizione
    diretta era stata sommaria. Di ciascuno volle sapere et
, professione,
    condizioni economiche e tutto il resto.  Cominciai a sentirmi  meno  a
    mio    agio,    specialmente   quando   Jos   Alves   era   l'oggetto
    dell'interrogatorio. Io non potevo dire tutta la verit
 su Jos Alves,
    ma non potevo neppure, per giustizia nei confronti di colui che era in
    carcere, nascondere completamente i fatti.  E poi non ero molto sicuro
    che  il  dottor  Quaresma,  parlando  con  la polizia,  non si sarebbe
    accorto che l'ipotesi del questore Lima  aveva  un  certo  fondamento.
    Decisi di parlare di certe difficolt
 finanziarie di Jos Alves, senza
    spiegare  il  gioco  che  aveva  addotto  come  motivazione,  n  fare
    riferimento al furto precedente.
    A un certo punto per cominciai a confondermi perch  Quaresma  poneva
    le  domande di sbieco,  per vie traverse.  Mi chiese se i rapporti tra
    padre e figlio erano  stati  sempre  buoni,  al  che  risposi  che  mi
    sembrava di s. Ma lo stesso verbo "sembrare" mi suon troppo prudente
    e  temetti che fornisse al dottor Quaresma un'informazione superiore a
    quella che  non  volessi  dargli.  Con  queste  ed  altre  domande  mi
    intrattenne, senza che in verit
 ci trovassi molto gusto, per circa un
    ora e mezzo.
    [Si  pu  desumere  che  il narratore chieda al dottor Quaresma se pu
    salvare dalla prigione il giardiniere Jos Algarvio.]
    ®Posso farlo solo prendendo il vero criminale.¯
    ®Allora lo faccia, dottor Quaresma.¯
    Quaresma spieg le mani,  allung la destra  e  mi  tocc  la  spalla.
    Infine,  si  alz  dalla sedia e si diresse verso un attaccapanni dove
    aveva il cappello.
    ®Non  le  dispiace  uscire?¯  chiese.   ®Vorrei  concludere   un   mio
    ragionamento facendo una piccola passeggiata.¯
    ®Non mi dispiace per niente.¯ E uscimmo.
    Scendemmo per la Rua dos Fanqueiros.  Era un bel pomeriggio d'autunno.
    Camminavamo fianco a fianco,  entrambi in silenzio e,  in  fondo  alla
    strada, seguendo l'indicazione di Quaresma, girammo a destra, verso il
    Terreiro do Pao.  Il dottor Quaresma avanz lentamente, a capo chino,
    le mani sempre incrociate dietro la schiena,  fino  al  muricciolo  di
    sinistra.  L si ferm,  e io assieme a lui,  e contempl vagamente il
    fiume. Stette cos un momento. Poi mi guard con l'espressione grave e
    diretta di quei suoi occhi sempre un po' febbrili.
    ®Lo  salvo  Jos  Algarvio¯  disse.  ®Ma  prima  devo  studiare  molto
    attentamente  come  procedere.  E' un elemento favorevole che mi abbia
    cercato proprio lei,  Se¤or Claro,  perch  con lei che devo studiare
    seriamente la soluzione del problema. Mi dica una cosa: ha mai pensato
    che Jos Alves potesse essere incolpato?¯
    ®Se  ci  ho pensato?  No.  Ma lei come sa che egli  o potrebbe essere
    incolpato?¯
    ®L'ho  concluso  dalle  parole  che  lei  non  mi  ha  detto,  egregio
    Ingegnere.¯  Fece  una  pausa.  ®Mi sarebbe dispiaciuto che lei avesse
    pensato che Jos Alves potesse venire incolpato. E' un suo amico,  non
     vero?¯
    [L'ingegner  Claro  era,  effettivamente,  molto  amico  di Jos Alves
    Borba. Era stato lui a invitarlo nella Villa delle Vigne.]
    ®Ma  se  io  faccio  rilasciare  Jos  Algarvio,   Jos   Alves   sar
    inevitabilmente arrestato.¯
    ®Forse no¯ gli dissi.
    ®Lo sar
 certamente.  Sar
 arrestato e condannato E' facile dimostrare
    l'innocenza di Jos Algarvio, il mio aiuto non  affatto rilevante; ma
    Jos Alves non ne viene fuori. Peccato,  o meglio,  non ne viene fuori
    se  il caso segue il suo corso nelle mani della polizia.  C' solo una
    maniera per salvarlo: scoprire il vero ladro.  Ma  la  polizia  non  
    capace  di  farlo  perch  fin  dal  principio   incorsa in un errore
    fondamentale,  quello stesso errore nel  quale  il  ladro  voleva  che
    cadesse.¯
    ®E lei sa chi  il criminale?¯
    ®Lo so. Vuole che io salvi Jos Alves?¯
    ®S¯ risposi incerto, senza immaginare quello che sarebbe successo.
    [Si  arriva  cos al ragionamento conclusivo del dottor Quaresma,  che
    conduce alla logica soluzione del caso.
    Ora l'Io narrante  il dottor Quaresma, non pi l'ingegner Claro.]
    Il criterio di investigazione che  adotto,  poich  lo  trovo  il  pi
    razionale di tutti, consiste nel suddividere l'indagine preliminare in
    tre tempi.  Il primo tempo consiste nel determinare quali sono i fatti
    incontestabili,  assolutamente  incontestabili,  scartando  tutti  gli
    elementi che non lo siano,  o perch non se ne ha la certezza assoluta
    o perch sono conclusioni - logiche,  forse inevitabili  -  tratte  da
    questi  fatti,  ma  comunque  solo  conclusioni  e non fatti.  Far un
    esempio per chiarire meglio ci che voglio dire. Supponiamo che sia un
    giorno di pioggia e che io  mi  trovi  in  casa.  Mi  si  presenta  un
    individuo  con  l'abito  tutto  inzuppato.  Sarebbe  naturale pensare:
    "Quest'uomo ha camminato sotto la pioggia e  si    bagnato".  Ma  pu
    benissimo  darsi  che  non  camminasse  sotto  l'acqua,  semplicemente
    potrebbero avergli rovesciato dell'acqua addosso qui dentro  casa.  La
    maggior  parte  delle  persone penserebbe che abbia camminato sotto la
    pioggia.   una conclusione logica,  ma solo una  conclusione,  o  una
    deduzione.  Se io fossi stato alla finestra e avessi visto l'individuo
    in questione aggirarsi per strada sotto una pioggia fitta, anche se io
    avessi pensato  che  costui  era  inzuppato  per  un  motivo  che  non
    dipendeva  dalla  pioggia,    sicuro che un po' di pioggia lo avrebbe
    comunque bagnato,  e io avrei potuto,  in  ogni  caso,  affermare  che
    quell'uomo era stato sotto la pioggia. Questo sarebbe un fatto.
    Ora,  nel caso del furto della Villa delle Vigne, ci sono alcuni fatti
    che sembrano incontestabili (dico "sembrano",  perch essi si  fondano
    su    testimonianze    che   potrebbero   essere   volontariamente   o
    involontariamente false).
    Questi fatti sono: che verso la  mezzanotte  di  un  certo  giorno  di
    settembre  si    verificata un'esplosione di dinamite nella serratura
    della cassaforte dello studio della  Villa  delle  Vigne;  che  questo
    studio e il salotto attiguo erano chiusi dall'interno; che la finestra
    del  salotto  era  aperta  e che due cani erano stati avvelenati;  che
    venne constatata la scomparsa dalla cassaforte  di  alcuni  titoli  in
    valuta estera,  prima serie; che non furono trovati individui sospetti
    durante le ricerche organizzate immediatamente nelle  vicinanze  della
    casa;  che  tutti  i  titoli  rubati,  di cui fu fatta la verifica dei
    numeri grazie a una lista in possesso del proprietario, furono immessi
    nella circolazione bancaria senza  riuscire  a  bloccarli  durante  le
    operazioni  di passaggio.  Fatti,  semplicemente fatti,  questi sono i
    fatti. Tutto il resto  soltanto congettura.
    Stabiliti  i  fatti   incontestabili,   veniamo   al   secondo   tempo
    dell'indagine.  Esso  consiste nello scoprire qual  l'ipotesi che pi
    perfettamente unisce e spiega  i  fatti  incontestabili.  Ma,  trovata
    questa ipotesi,  si possono trovare anche altre ipotesi le quali,  pur
    con minore apparente probabilit
,  potrebbero unire  i  fatti  di  cui
    sopra.  E tali ipotesi sono formulabili grazie a un procedimento molto
    semplice: formulata l'ipotesi pi probabile,  le si  oppone  l'ipotesi
    contraria   e   si   prende  in  esame  il  grado  di  probabilit
  di
    quest'ultima.  Fatto questo sar
 possibile esaminare le altre ipotesi,
    cio  quelle  intermedie  tra  l'ipotesi  pi  probabile  e quella pi
    improbabile;  e  verificare,  volta  per  volta,   le  probabilit
  di
    ciascuna.  Nel  nostro  caso  l'ipotesi apparentemente pi probabile 
    quella che tutti hanno subito  accettato  istintivamente,  ritenendola
    tanto  probabile  da  prenderla,  addirittura,  come  fatto e non come
    ipotesi o conclusione.  Questa ipotesi  che il furto sia opera di  un
    individuo o di individui estranei alla Villa delle Vigne,  che costoro
    abbiano avvelenato i cani, siano entrati furtivamente in casa, abbiano
    messo la dinamite,  abbiano rubato i titoli  e  infine  siano  fuggiti
    tanto  in  fretta  da  non  essere visti.  Considerata questa ipotesi,
    stabiliremo quella contraria.
    Ora,  che probabilit
 si pu  attribuire  a  tale  ipotesi  contraria?
    Poich  l'ipotesi  pi probabile,  la pi immediata per tutti  che il
    furto sia  opera  di  estranei,  e  nelle  circostanze  che  sappiamo,
    l'ipotesi  contraria  sar
  realmente probabile solo in un caso se c'
    stata l'intenzione di simulare il  furto  da  parte  di  estranei.  In
    questo caso l'ipotesi contraria  probabile quanto la prima.
    Ci troviamo,  dunque,  di fronte a due ipotesi probabili e tra di loro
    opposte.  Quale delle due  pi probabile?  Dobbiamo prendere in esame
    le circostanze dirette del furto,  e cio considerando: primo il luogo
    del  furto;  secondo  l'ora  in  cui    avvenuto;   terzo  la  natura
    dell'oggetto  rubato.  Questi  sono  i  tre elementi materiali diretti
    dell'accaduto.
    Si pu considerare il luogo del furto sotto due aspetti - il luogo  in
    se stesso e la scelta di questo luogo per il furto;  cio il fatto che
    il furto sia avvenuto nello studio  della  Villa  delle  Vigne  e  che
    questa  villa  sia  stata scelta quale luogo per il furto.  Per quanto
    concerne la circostanza che il furto sia avvenuto nello  studio  della
    Villa, non c' niente di straordinario, poich la cassaforte  l e il
    furto  doveva  avvenire  necessariamente l.  Ma in quanto alla scelta
    della Villa delle Vigne come luogo dove andare a  rubare,  il  caso  
    diverso.  Cosa  faceva  presumere  che la cassaforte della Villa delle
    Vigne  fosse  pi  proficua  di  qualsiasi  altra  cassaforte?   Quale
    probabilit
 di questo tipo esisteva per degli estranei? Chi era dotato
    di  abilit
  e  di  metodi  per  rubare quali sono stati dimostrati in
    questo caso,  perch avrebbe proprio  scelto  la  Villa  delle  Vigne,
    quando,  senza  sperpero  di  abilit
,  n  rischi  maggiori,  avrebbe
    ottenuto  migliori  vantaggi  attaccando   un'altra   cassaforte?   La
    probabilit
  in  questo  caso depone,  dunque,  contro una persona non
    estranea alla casa; capace di forzare questa cassaforte, poich non ne
    ha un'altra a portata di mano - motivo abbastanza valido  e  chiaro  -
    che si sente nella necessit
 di simulare un furto compiuto da estranei
    per sviare l'attenzione dagli abitanti della casa, compreso se stesso.
    E ora veniamo all'ora del furto. Proprio in considerazione dell'ora, 
    pi  strano  ritenere  che il furto sia stato opera di estranei che di
    qualcuno della casa.  Quando un  ladro  penetra  in  una  casa  lascia
    passare  il  tempo  necessario  per  essere  certo  o avere la massima
    probabilit
 che  tutti  dormano.  Perch  agire  subito,  sapendo  che
    qualcuno potrebbe ancora essere a pianterreno? Per un estraneo  l'ora
    pi  errata  che  si possa immaginare.  Ma per qualcuno della casa che
    volesse simulare un furto compiuto da  estranei,  sarebbe  esattamente
    l'ora prescelta.  Erano quasi tutti a letto, ma qualcuno era ancora in
    piedi.  Non c'erano abbastanza persone in piedi da correre il  rischio
    di  incontrare  qualcuno;  e  tuttavia  c'era il numero sufficiente di
    persone per segnare l'ora - in questo caso l'ora convenuta - del furto
    e per segnalare che il furto era stato commesso.
    E ora, la natura dell'oggetto rubato. Se il furto fosse stato commesso
    da estranei,  essi avrebbero rubato solo  i  titoli  oppure  avrebbero
    preso  tutto  quanto avessero trovato.  Contro l'ipotesi che andassero
    alla cieca  di sostegno la stessa natura del furto;  infine,  il modo
    in  cui    stato  utilizzato l'oggetto rubato denota una preparazione
    previa della sua futura utilizzazione.
    Nell'indagine di un fatto di cui si ignora la  natura  e  la  si  vuol
    conoscere o di cui si ignora l'autore e lo si vuole scoprire,  ci che
    conta,  innanzitutto,   mettere in  evidenza  qualche  elemento  che,
    essendo  assolutamente  certo sia,  contemporaneamente,  inaspettato o
    strano.  Questo furto contiene due elementi inaspettati e strani -  le
    circostanze  del  furto  e  il  fatto  che gli autori siano riusciti a
    mettere in circolazione i titoli  senza  imbattersi  in  ostacoli.  E'
    dunque opportuno iniziare l'indagine da almeno uno di questi fatti.
    Ma, una volta isolati i fatti strani e la cui esistenza  indubitabile
    (ritenendo,  beninteso,  che ce ne sia pi di uno),  sceglieremo, come
    vero inizio dell'indagine,  il fatto  che  sia  meno  suscettibile  di
    interpretazioni,  cio  quello  pi  misterioso.  Ora  il deposito dei
    titoli  suscettibile  di  varie  interpretazioni:  pu  esistere  una
    qualche  complicit
  con  la  persona di una banca o della borsa;  pu
    esserci un errore  nell'elenco  dei  titoli;  pu  esserci  stato  uno
    scambio  inavvertito  dei  titoli  e  quindi  una mancata verifica dei
    numeri. Ma sulle circostanze del furto in s non ci sono molte ipotesi
    plausibili. E' soltanto strano.
    S. Il furto  avvenuto,  per quanto si sa,  in maniera rumorosa,  e a
    un'ora  della  sera  non sufficientemente tarda per cui il ladro fosse
    sicuro che gli abitanti della casa fossero tutti a  letto  (e  difatti
    non  lo  erano).  Sebbene  la  cassaforte avesse potuto essere forzata
    anche in modo che non facesse rumore,  si  scelse  proprio  un  metodo
    rumoroso;  e,  per giunta, un metodo non comune. Insomma: si scelse un
    metodo non comune perch non necessario e perch creava  il  panico  -
    esattamente  per le ragioni contrarie a quelle che avrebbero indotto a
    scegliere una maniera non comune.  Che l'intenzione  fosse  quella  di
    rubare  i titoli era evidente,  primo perch il modo misterioso in cui
    si sono impiegati i titoli deve essere  stato,  comunque,  oggetto  di
    premeditazione;  secondo perch,  avvenuto il furto con persone dentro
    casa,  non ci sarebbe stato il tempo di  rubare  niente  altro  che  i
    titoli.
    Queste  circostanze  ci portano a una conclusione: che il procedimento
    adottato per il furto ebbe il preciso scopo di  provocare  paura.  Ora
    non  si  crea  confusione  se  non  per un fine: per indurre in errore
    sull'ora del furto.  E se consideriamo che la dinamica del furto - una
    carica  esplosiva  -  pu  essere  predisposta  da qualcuno in modo da
    avvenire  quando  questo  qualcuno  non  sia  presente,   arriviamo  a
    un'ulteriore  conclusione:  che  il  furto non avvenne in seguito alla
    carica esplosiva. Se cos fu, si usarono delle chiavi false e,  in tal
    caso,  chi  rub  era  una  persona  della  casa,  che,  con la carica
    esplosiva, ha voluto far credere che il ladro venisse da fuori.  Ma se
    questa  persona  voleva  far  credere di non essere il ladro,  avrebbe
    dovuto completare la sua  messa  in  scena  facendo  in  modo  che  lo
    vedessero  dov'era  nel momento della deflagrazione e cos assicurarsi
    un "alibi" credibile.  Al momento dello  scoppio  tutti  gli  abitanti
    della  casa  erano  coricati  tranne due: Borba padre e Lei.  E poich
    Borba  il proprietario dei titoli,  il primo sospetto  ricade  su  di
    Lei.
    Per avere una conferma del sospetto, o una ulteriore conferma, bisogna
    innanzitutto  verificare  se  un  po'  prima dello scoppio Lei non sia
    uscito dalla stanza da pranzo con un pretesto e non si  sia  attardato
    per  predisporre la messa in scena - una questione di pochi minuti per
    chi, avendo calcolato tutto, pu lavorare rapidamente.
    [La narrazione torna ora ad essere condotta dall'ingegner  Claro,  sul
    quale cadono i sospetti di Quaresma.]
    Il  dottor Quaresma,  che procedeva con le mani dietro la schiena,  mi
    gett un'occhiata rapida e inespressiva e, stendendo all'improvviso la
    mano destra, mi tocc la spalla. Poi riprese la posizione di prima, le
    mani di nuovo dietro la schiena,  strette,  e lo sguardo  perduto  sul
    Tago.
    Come  una  bolla  di sapone,  senza rumore,  il mio animo si frantum.
    Rimasi sospeso in un vuoto interiore,  senza  ragione,  senza  parola,
    senza  gesti.  Se  il  dottor  Quaresma  avesse detto qualcosa,  avrei
    risposto qualcosa; avrei avuto un riferimento al quale adattare la mia
    ragione e la mia voce. Al suo silenzio non potei rispondere niente. Il
    suo gesto era agghiacciante.  Nel lungo spazio di pochi secondi cercai
    disperatamente di assumere un atteggiamento,  di formulare una parola,
    un cenno,  qualsiasi cosa...  Non mi riusc...  e allora mi resi conto
    quasi con violenza del potere che esercita su di noi, se stimolata, la
    coscienza  della colpevolezza.  Se fossi stato innocente,  avrei detto
    qualcosa,  qualcosa sarebbe successo.  A ogni frazione di secondo  del
    mio  silenzio la mia colpevolezza riempiva lo spazio.  A ogni frazione
    della mia colpevolezza del mio silenzio aumentava la mia incapacit
 di
    parlare,  di agire,  di  difendermi.  La  mia  sconfitta  era  totale.
    Dovevano   essere   passati   solo  pochi  secondi  e  me  ne  rendevo
    perfettamente conto.
    Il dottor Quaresma distolse lo sguardo dal Tago, ma non mi guard.  Si
    gir  di  spalle verso il fiume e mi disse,  con il tono di chi non ha
    detto niente di importante: ®E se ce ne andassimo?¯.  E visto  che  si
    avviava  verso  l'Arco della Rua Augusta,  mi avviai silenzioso al suo
    fianco,  schiacciato dall'accusa incontrobattibile che non  era  stata
    proferita.
    In mezzo alla piazza il dottor Quaresma gir il viso verso di me,  non
    lo sguardo e disse: ®Cosa pensa di fare?¯.
    Ebbi una gran voglia di piangere,  di chiedergli perdono,  a lui a cui
    non  avevo  fatto  niente.  Per  un  attimo  non  potei parlare.  Poi,
    ritrovando la mia voce gli dissi: ®Non  so.¯  E  aggiunsi:  ®Lei  dir
    quello che vorr
¯.
    Il  dottor Quaresma mi guard allora dritto negli occhi e mi disse con
    gran semplicit
: ®Io non ho niente da dire.  Come ha  gi
  capito,  ho
    decifrato  -  e posso dire con molta facilit
 - il suo caso.  Il resto
    dipende da Lei¯.
    Nota critica.
    Lettura di un racconto "fantastico" di Alexander Search.
    Nel lascito di Pessoa sono compresi gli  inediti  in  lingua  inglese,
    custoditi  in tre buste catalogate rispettivamente: "Env.  79",  "Env.
    79-1-"; "Env. 79A".  Ad Alexander Search,  primo eteronimo di Fernando
    Pessoa,  se  si esclude quel Chevalier de Pas dell'infanzia attraverso
    il quale,  secondo le sue stesse parole "scriveva lettere a se stesso"
    (1) (ma che,  in realt
, non ha lasciato alcun segno tangibile del suo
    passaggio),  si devono varie poesie giovanili scritte tra il 1903 e il
    1909 che,  se da una parte possono considerarsi il pilastro dell'opera
    inglese fino alla maturit
,  (2) dall'altra  costituiscono  anche  una
    sorta   di   apprendistato   dell'eteronimia,   una   sua   pratica  o
    progettazione.  A Search si deve anche  una  attraente  produzione  in
    prosa ove spicca un racconto,  "A Very Original Dinner", datato giugno
    1907 (3) che per la sua compiutezza merita un'attenzione speciale. Che
    significato pu avere,  nel contesto  della  produzione  pessoana,  un
    racconto  che,  con spirito classificatorio - anche se necessariamente
    approssimativo - potremmo definire di un genere tra il fantastico e il
    "giallo"?   L'affinit
  tematica,   l'atmosfera  cupa  e   ambigua   e
    soprattutto   la   volont
   dell'originalit
   a   tutti   i   costi,
    suggerirebbero un  plausibile  accostamento,  anche  se  indubbiamente
    arbitrario,  con  un personaggio "minore" della letteratura portoghese
    di poco precedente, Alvaro de Carvalhal (1844-1868).  (4) Se non altro
    perch,  scritti a distanza di circa quarant'anni l'uno dall'altro, "A
    Very Original Dinner" e "Os Canibais",  l'ultimo racconto dei "Contos"
    di  Carvalhal,  pare  siano  gli  unici esempi di "cannibalismo" nella
    storia della letteratura portoghese.  (5) E  tuttavia,  sia  pure  non
    potendo escludere categoricamente che Pessoa conoscesse l'esigua opera
    di Carvalhal,  alla luce delle dichiarazioni di Pessoa,  che misura lo
    splendore  dei   periodi   letterari   attraverso   i   suoi   massimi
    rappresentanti  (6)  e che,  ancora adolescente orienta le sue letture
    secondo una scelta ben definita e a un livello costantemente  elevato,
    ci  sembra  improbabile  che  i  "Contos" possano costituire una fonte
    diretta.  Tale fonte potr
 ricercarsi semmai in un contesto letterario
    pi ampio a cui peraltro,  come gi
 Carvalhal,  sembra attingere anche
    il giovane Pessoa: i romantici di lingua inglese (in particolare  Poe)
    e  il  grande  Shakespeare  il  cui  modello  poetico  e drammatico ha
    accompagnato, com' noto, tutta l'opera pessoana.
    A risolvere  il  problema  che  ci  presenta  l'interpretazione  della
    tematica  di  questa  "Cena  molto  originale",  pu  forse giovare la
    rilettura di quanto lo stesso Pessoa dichiara in diversi momenti delle
    sue pagine di estetica: ®A obra de arte  uma produao  do  instinto¯;
    ®A  obra  de  arte procede de uma impressao ou emoao do artista que a
    constr¢¯. (7) L'opera d'arte,  cio,   una produzione dell'istinto e
    procede  da una emozione o impressione dell'artista che la costruisce.
    Il  suo  merito    quindi  quello   di   rendere   tale   impressione
    obiettivamente  comprensibile perch ciascun individuo traduca in modo
    personale,  secondo le proprie  connotazioni,  la  sensazione  che  ha
    ricevuto.
    Nello  stesso  anno  della  composizione  del suo racconto,  Alexander
    Search scriveva che: ®The aim of art is not to please...¯.  ®How do we
    explain  the  taste  of so many authors for subjects which are coarse,
    unpleasant,  repugnant?  How are we to explain the Black Cat of  Edgar
    Allan Poe? One reason for this taste is, I believe, to be found in the
    scientific and analytic spirit of the author.  Another consists in the
    originality of the subject¯. (8)
    Nel racconto qui presentato,  il  cui  tema    preannunciato  da  una
    sibillina epigrafe di sapore proverbiale, (9) l'originalit
 perseguita
    da  Search    forse  ravvisabile  pi che nella presenza di contenuti
    nuovi, nell'assenza di strumenti consueti, come,  per esempio,  quello
    di  un abusato clich: il binomio amore-morte che correda grande parte
    del filone letterario in cui,  per convenzione,  abbiamo  inserito  il
    "Very  Original Dinner".  L'autore ne ha espunto l'elemento femminile;
    all'amore qui si fa allusione solo molto fugacemente, e nei termini di
    un incontro mercenario e occasionale (®For some banquets the house was
    used of which I have just spoken,  for love affairs  he  had  a  small
    suite of rooms...¯). (10)
    Fernando   Pessoa  riconosce  a  Edgar  Allan  Poe  una  straordinaria
    genialit
, ammira sia il misticismo e la melodiosit
 del poeta come la
    metafisica  del  prosatore,  tanto  da  farne  il  corifeo  della  sua
    iniziazione  letteraria.  Sul  Search  di  "A Very Original Dinner" il
    credito del poeta americano  certamente  notevole.  Il  problema  dei
    rapporti  che  legano  i due autori  gi
 stato affrontato e sul piano
    stilistico tassonomico e su quello della  tematica.  (11)  Per  quanto
    concerne questo racconto in particolare,  alle varie affinit
 rilevate
    sarebbe  opportuno  aggiungere  quella  della  sproporzione   fra   la
    punizione  assegnata  al  colpevole  e la sua colpa.  "A Very Original
    Dinner",  infatti si chiude con la crudele e paradossale punizione  di
    cinque  giovanotti  che  diventano  pasto  umano  alla festa del folle
    presidente  di  una  dubbia  e  quanto  meno   equivoca   Societ
   di
    Gastronomia,  per  una  "colpa"  assolutamente  ridicola:  hanno osato
    sfidare  il  presidente  in  fatto  di  arte  culinaria.  La  medesima
    sproporzione    alla base della novella "Hop-Frog" di Poe,  in cui un
    sovrano e i suoi sette ministri,  rei di aver fatto schiavi Hop-Frog e
    Trippetta, sono condannati a una morte efferata. Questa considerazione
    induce  la  mente speculativa di Pessoa,  attento lettore delle teorie
    psichiatriche dell'epoca,  (12) a formulare il  postulato  secondo  il
    quale  ®la  sproporzione  fra  lo  stimolo  e  la reazione criminale e
    caratteristica del  criminale  folle,  ossia  del  folle  che  diventa
    criminale,  o  del  criminale in cui esiste una componente di follia¯.
    (13) E nel racconto  in  questione,  la  descrizione  puntigliosa  del
    comportamento  del  protagonista lascia ben presto intravedere i segni
    di una mente patologica.
    Se dunque l'esempio offerto da  Poe  nutre  le  prime  esperienze  del
    precoce  scrittore  alloglotta,  indipendentemente  dalla problematica
    delle fonti,  alcune immagini abbozzate in "A  Very  Original  Dinner"
    rappresentano  un potenziale significativo,  poich sopravviveranno in
    modo reiterato nel Pessoa maturo e nei suoi eteronimi  maggiori,  fino
    ad  assumere  contorni  metaforici,  attribuibili peraltro a un nucleo
    tematico  divenuto  consueto  nella  lirica  pessoana.   quello  della
    finestra intesa paradigmaticamente come metafora spaziale e temporale,
    come simbolo della ineluttabile solitudine dell'uomo.  (14) Solitudine
    che per l'uomo Pessoa,  lungi dall'essere una figura retorica,    una
    condizione reale e immutabile.  Privo di legami affettivi,  attraverso
    un  volontario  isolamento  mentale,  egli  trova  rifugio  nel  mondo
    dell'immaginazione, cercando di colmare il vuoto con un mondo fittizio
    che,  proprio  perch  tale,  non pu che rivelare la misura della sua
    vacuit
.
    La finestra, dunque, "apertura" verso l'esterno,  evoca simbolicamente
    l'incontro di due realt
 in conflitto tra di loro: quella intrinseca e
    quella  estrinseca  all'Io.  Meno astrattamente,  ma con una implicita
    polisemia, nell'opera giovanile inglese, nel luogo stesso del fatidico
    banchetto,  un'unica,  enorme  finestra,   funzionalmente  deputata  a
    illuminare la sala,  rappresenta pure un mezzo punitivo,  lo strumento
    attraverso il quale viene fatta giusta vendetta del  brutale  misfatto
    di  Prosit: ®"out of the window!" cried a terrible voice.  "Out of the
    window!" shrieked a formidable chorus¯. (15) L'escursione nel pensiero
    autointerpretativo del Poeta si arresta di fronte a una  dichiarazione
    alquanto  sconcertante:  ®Non  ho  scritto una storia o delle storie e
    perci non adopero personaggi,  se non la variet
 delle persone che io
    sono stato¯. (16)
    Chi  dunque il protagonista di questa storia che per il suo materiale
    narrativo  presenta  tutte  le tinte dell'orrido,  del mostruoso e del
    diabolico volgarizzate dai romanzi "neri" del secolo  scorso?  Chi  la
    vittima?  In  diverso grado tutti sono vittime,  Prosit lo  della sua
    truculenta follia,  vittime sono gli  uccisi  e,  in  definitiva,  gli
    ignari ospiti del banchetto che,  loro malgrado,  consumano il macabro
    pasto
    Il giovane Pessoa/Search,  fautore  dell'arte  per  l'arte,  a  cui  
    estraneo  ogni fine morale o sociale sulle orme del "maestro" Poe e di
    un languido Decadentismo "fin-de-sicle",  accede a un  mondo  irreale
    dove ogni cosa  possibile e ammissibile, dove, in nome della Bellezza
    e  dell'Arte,  la  follia  e  il  peccato  perdono  ogni  negativit
 e
    l'anormalit
 rientra nei limiti del normale.  Per Search come per Poe:
    ®The world is a world in which abnormality has become normal, and this
    in  the name of the beauty and art¯ (17) Il poeta in una nota del 1906
    rende esplicita la sua attrazione per le "ghost-story", cedendo a quel
    "fascino del terrore" esercitato  dalla  letteratura  tardo-romantica:
    ®The earliest literary food of my childhood was in the numerous novels
    of mystery and of horrible adventure¯. (18)
    Con il breve racconto "A Very Original Dinner",  che precede il genere
    di "novela polici ria",  cui Pessoa si dedicher
 pi tardi,  Search si
    cimenta dunque in un campo di cui era grande estimatore e ci introduce
    nell'inesplicabile  mondo del fantastico.  I fenomeni da lui descritti
    non appartengono alla  sfera  dell'irreale,  del  soprannaturale,  pur
    tuttavia  si tratta di avvenimenti che contravvenendo alle leggi della
    natura producono lo strano e il meraviglioso: e che trovano  una  loro
    ben  precisa collocazione nella grammatica del fantastico compilata da
    Todorov. (19)
    Il banco di prova  costituito dall'equilibrio tra gli avvenimenti che
    concorrono a creare la tensione e il culmine  dell'azione,  attraverso
    un  climax  ascendente,  anche  se  qui  ci  imbattiamo nell'ingenuit
    narrativa  del   giovane   Search:   descrizioni   troppo   minuziose,
    anticipazioni e indizi che finiscono per ridurre l'elemento d'effetto,
    l'agghiacciante  sorpresa  finale,  di modo che il lettore assiste con
    una certa noncuranza all'orrore che sconvolge gli invitati al  momento
    della  rivelazione  del  "mistero".  Per  contro  tutto  il racconto 
    permeato  da  una  sottile  quanto  pungente  ironia,   quell'"essenza
    dell'ironia"  che Joao Gaspar Simoes definisce humour britannico e che
    introduce quell'elemento di ambiguit
,  costante in tutta  l'opera  di
    Pessoa,  che  suggerisce sempre una certa cautela esegetica al critico
    avvertito,   anche  quando  Pessoa   d
   l'impressione   di   giocare
    scopertamente.  Un'interpretazione di derivazione psicoanalitica,  per
    esempio,   coglierebbe  facilmente  nel  fantastico  di  questa   cena
    originale  la  necessit
  dell'autore di nascondere,  di autocensurare
    alcuni tab dietro l'allegoria e il simbolo. (20)
    La scelta artistica di Alexander Search  deriverebbe  pertanto,  oltre
    che dal gusto per un genere molto in voga all'inizio del secolo, dalla
    necessit
  di liberarsi delle sue frustrazioni e dalle idee altrimenti
    inesprimibili attraverso il processo narrativo.  In termini freudiani,
    cio,  la  letteratura come "ritorno del rimosso".  E' noto d'altronde
    come Pessoa,  nel 1930,  riferendosi ai poemetti  erotici,  "Antinous"
    (1915) ed "Epithalamium" (1913),  in una lettera indirizzata all'amico
    Joao Gaspar Simoes,  sentisse la necessit
 di spiegare le  ragioni  di
    una  tematica  tanto  cruda  e  inconsueta  nella sua poesia.  ®C' in
    ciascuno di noi,  che si pu manifestare istintivamente nell'oscenit
,
    una  certa  componente di quest'ordine,  la cui quantit
,  ovviamente,
    varia da persona a persona.  Poich questi elementi,  per piccolo  che
    sia  il  loro  grado,  sono  un  ostacolo  ad  alcuni processi mentali
    superiori,  ho deciso,  per due volte,  di  eliminarli  attraverso  il
    semplice procedimento di esprimerli intensamente.  Su ci si fonda ci
    che lei potrebbe interpretare come violenza assolutamente  inaspettata
    che si rivela in quelle due poesie¯. (21)
    Ora,  se tralasciamo il postulato romantico secondo cui l'opera d'arte
    non necessita di giustificazione, al contenuto stravagante e grottesco
    di "A Very Original Dinner" non sembra azzardato trasporre  la  stessa
    anticipazione,  intesa  appunto  come  giustificazione  di un processo
    liberatorio  tendente  a   manifestarsi   attraverso   il   meccanismo
    narrativo.  E  a  questo  punto  un  riferimento  biografico,  seppure
    "facile", pare indispensabile.  Non bisogna dimenticare che il periodo
    in  cui  Pessoa  elabora  in quanto Alexander Search il "Very Original
    Dinner" corrisponde a uno  dei  pi  difficili  della  sua  esistenza.
    Ritornato definitivamente a Lisbona da Durban nell'agosto del 1905, la
    presa di coscienza della sua condizione di "rimpatriato" gli evidenzia
    dei  problemi  di difficile soluzione.  Il diciassettenne Pessoa,  per
    temperamento timido, introverso, tendenzialmente depresso,  a contatto
    con  un  ambiente in tutto e per tutto diverso da quello in cui si era
    lasciato "britannizzare", si chiude ulteriormente in se stesso e nella
    propria vita intellettuale.  "A  Very  Original  Dinner",  scritto  in
    inglese e da un autore "altro da s" potrebbe pertanto sembrare,  alla
    luce di questo contesto biografico,  un mascherato grido di  denuncia,
    l'espressione   esacerbata  delle  proprie  frustrazioni.   La  scheda
    anagrafica di Alexander Search non ,  al pari di quella  degli  altri
    eteronimi,   redatta   con   tenace   puntigliosit
,   con  esasperata
    pignoleria.  Il suo apprendistato poetico inizia in Sudafrica nel 1903
    (a tale data risalgono i primi manoscritti) e si prolunga fecondo fino
    al 1909 quando Search improvvisamente tace. Di lui non sappiamo se non
    quello  che  ci  dicono  le sue poesie,  e si  espressa l'ipotesi che
    Search non sia un eteronimo,  ma pi propriamente  uno  pseudonimo  di
    Fernando  Pessoa uno pseudonimo ®com um nome simbolicamente adequado 
    sua condiao de aprendiz de poesia¯,  (22) con un nome  simbolicamente
    adeguato alla sua condizione di apprendista poeta.
    E   proprio  attraverso  questo  apprendistato,   attraverso  le  note
    ricorrenti del Pessoa ripiegato su se  stesso,  svincolato  dal  mondo
    esteriore, emerge un primo inventario delle sue apprensioni, delle sue
    paure, del suo sentirsi incompreso e isolato dalla societ
. Un isolato
    e  un  genio  (Pessoa ha sempre ben presente la propria genialit
) che
    intrattiene  un  rapporto  speciale  con  la  "follia".   Non  a  caso
    l'"Entartung" di Max Nordau, che Pessoa lesse nella versione francese,
    ebbe  su  di  lui  notevole  influenza.  Egli riscopriva in s,  nella
    propria personalit
,  le  relazioni  esistenti  tra  genio  e  follia,
    peraltro  gi
  stabilite  dalle  teorie di Lombroso,  che Pessoa aveva
    precocemente  lette  a  Durban  e   che   probabilmente   lo   avevano
    suggestionato.  Come  afferma  un autorevole studioso di Pessoa,  (23)
    l'ossessione della follia si manifesta con la massima intensit
  negli
    anni 1907-1908, e non poche delle composizioni poetiche di quell'epoca
    stanno  a  dimostrare quanto Search fosse angustiato dalla paura della
    pazzia.  Significativa a questo proposito  la poesia del  16  ottobre
    del  1907,  (24)  in  cui il mistero,  i simboli,  la follia,  l'amara
    antitesi fra "normalit
" e demenza indicano in  modo  emblematico  che
    alcuni  temi  dell'opera poetica di Search e quelli del "Very Original
    Dinner" si basano su principi pressoch comuni  fondati  sul  "mistero
    del  mondo" e su un'estetica decadente filtrata dal "tdio" iberico di
    un giovane poeta cresciuto alla cultura anglosassone.
    Dal fantastico al poliziesco.
    All'interno  della  strabiliante  molteplicit
  dell'Io  narrante   ed
    esistenziale  di  Fernando  Pessoa  si rivela una continuit
 tematica,
    oltre che formale e strutturale,  tra le varie personalit
  letterarie
    degli eteronimi e il Pessoa ortonimo. Nella raccolta di opere in prosa
    di  Pessoa  curate  da  Cleonice  Berardinelli (F.  Pessoa,  "Obras em
    Prosa",  Editora Nova Aguilar,  Rio de Janeiro 1976) figurano tutti  i
    racconti, anzi i frammenti di racconti, poich nessuno  completo, e i
    titoli,  progetti di lavoro del genere poliziesco - definiti da Pessoa
    come "novelas polici rias" - che in un certo qual modo  si  avvicinano
    al "Very Original Dinner" di Alexander Search, per il senso di mistero
    e di suspense che li caratterizza Esemplificativo a tale riguardo  il
    racconto  "Il furto della Villa delle Vigne",  scritto in portoghese e
    firmato Fernando  Pessoa.  Si  tratta  di  un  testo  non  datato,  ma
    presumibilmente di molto posteriore all'opera giovanile di Search, se,
    ancora  nel  1935,  nella  famosa lettera-confessione all'amico Adolfo
    Casais  Monteiro,   a  proposito  del  suo  dubbio  sul  criterio   di
    pubblicazione  delle proprie opere,  Pessoa affermava di non sapere se
    cominciare dalle poesie o  da  un  racconto  poliziesco  che  non  era
    riuscito ancora a completare.
    Lo  schema,  la  tecnica  di  queste  "detective-novels"  sono  quelli
    classici: si giunge alla scoperta del colpevole grazie a una serie  di
    sottili supposizioni,  di argomentazioni e di deduzioni, attraverso un
    processo insieme empirico e  estremamente  razionalista  che  pertanto
    richiede   da   parte  dell'investigatore  una  notevole  capacit
  di
    raziocinio.
    Nelle note personali di Pessoa (F. Pessoa, "P ginas Intimas e de Auto-
    interpretaao",  Atica,  Lisboa s.d.) sono ampiamente esposte  le  sue
    teorie   sull'intelligenza,   che   egli   suddivide   in   tre  tipi:
    l'intelligenza scientifica, l'intelligenza filosofica e l'intelligenza
    critica.  Risiede in questi tre  tipi  d'intelligenza  la  chiave  del
    sillogismo  che  conduce alla soluzione dell'enigma,  alla rivelazione
    del  mistero.   Ed  ecco  perch,   come   osserva   Louis   Vax,   il
    "soprannaturale"  nelle  narrazioni  poliziesche    immesso  solo per
    essere soppresso;  appare cio all'inizio  dell'azione  come  elemento
    catalizzatore,  ma  piano  piano  si dilegua per poi scomparire con la
    spiegazione del mistero.  Nel  racconto  fantastico  l'impostazione  
    diametralmente   opposta:   il  soprannaturale,   assente  all'inizio,
    raggiunge il suo  climax  gradualmente,  provocando  nel  lettore  una
    confidenza   col   meraviglioso.   Il  soprannaturale  si  insinua  di
    soppiatto,   velatamente,   per  assopire  la  ragione  piuttosto  che
    stimolarla.
    Fernando  Pessoa,  convinto  com'era  della  "doppia  esistenza  della
    verit
",  ha saputo assolvere  perfettamente  alla  struttura  di  due
    racconti  che  presuppongono  una  visione  del  reale  diametralmente
    opposta.
    Amina Di Munno.
    NOTE.
    Nota 1.  Come si apprende dalla "Lettera a Adolfo Casais Monteiro" del
    13-1-1935.
    Nota  2.  A tale riguardo  interessante l'articolo di Anne Terlinden,
    "Fernando Pessoa e a sua obra em ingles",  in ®Persona 2¯,  Centro  d
    Estudos  Pessoanos,  Porto  1978,  pp.  66-68,  che  fornisce l'elenco
    completo  delle  poesie  in  inglese,   integralmente  o  parzialmente
    pubblicate,  e  una  lista,  compilata dallo stesso Pessoa,  di poesie
    scritte fino all'et
 di sedici anni.
    Nota 3.  La pubblicazione del manoscritto di "A Very Original Dinner",
    accompagnato  dalla traduzione portoghese e da uno studio critico,  si
    deve a Maria Leonor Machado de Sousa,  "Fernando Pessoa e a Literatura
    de Ficao", Novaera, Lisboa 1978.
    Nota 4.  Alvaro de Carvalhal,  "Contos" da uno studio biografico di J.
    Simoes  Dias,  Coimbra  1868.  (Per  una  ristampa  moderna  confronta
    l'edizione della Arc dia Editore, Lisboa 1978.)
    Nota  5.  Giacoma  Di  Munno,  "Nota su un'opera dimenticata del tardo
    romanticismo portoghese: 'I Contos' di Alvaro do Carvalhal", in ®Studi
    filosofici  e  letterari¯  dell'Istituto  di   filologia   romanza   e
    ispanistica dell'Universit
 di Genova, Bozzi, Genova 1978, pagine 103-
    110.
    Nota  6.  Confronta l'opera critica recentemente raccolta in volume di
    Georg Rudolf Lind, "Estudos sobre Fernando Pessoa",  Imprensa Nacional
    "Casa da Moeda", Lisboa 1981, pagine 30-31.
    Nota  7.  Fernando Pessoa,  "P ginas de Esttica e de Teoria e Critica
    Liter rias", Edioes Atica, Lisboa 1973, pagina 7.
    Nota 8. Ibidem, pagine 25-26.
    Nota 9. "Tell me what thou eatest and I'll / tell thee what thou art /
    Somebody".  E' la concisa sentenza che,  sulla falsariga di un  antico
    proverbio,  si  legge  nel  manoscritto  di Pessoa pubblicato da Maria
    Leonor Machado de Sousa, (opera citata, pagina 25.
    Nota 10. Ibidem, pagine 55-56.
    Nota 11. Confronta Maria Leonor Machado de Sousa, opera citata, pagine
    124-125.
    Nota 12. Come testimonia Joao Gaspar Simoes,  "Vida e Obra de Fernando
    Pessoa. Hist¢ria de uma geraao", seconda edizione rivista e corredata
    di una nuova prefazione, Livraria Bertrand, Lisboa 1970, pagina 253.
    Nota 13. Fernando Luso Soares, "A novela Pilicial-Dedutiva em Fernando
    Pessoa", Lisboa 1976, pagina 105.
    Nota 14.  Stephen Reckert,  "Fortuna e metamorfosi di un 'topos' nella
    poesia di Pessoa", in ®Quaderni portoghesi¯, numero 1, primavera 1977,
    pagine 60 e seguenti.
    Nota 15. Maria Leonor Machado de Sousa, opera citata, pagina 41.
    Nota 16.  Dichiarazione attribuita ad Alvaro de Campos e riportata  da
    Joao Gaspar Simoes, opera citata, pagina 663.
    Nota 17. Badiaa Bourennane Baker, "Fernando Pessoa and Edgar Allan Poe
    /  Fernando  Pessoa  and Walt Whitman",  Autori Vari,  in "Arquivos do
    Centro Cultural Portugus",  volume 15,  Fundaao Calouste Gulbenkian,
    Paris 1980, pagina 271.
    Nota 18.  Fernando Pessoa,  "P ginas Intimas e de Auto-Interpretaao",
    Edioes Atica, Lisboa s.d., pagina 11.
    Nota 19. Confronta Tzvetan Todorov, "La letteratura fantastica",  cito
    dalla  traduzione  italiana  di  Elina Klersy Imberciadori,  Garzanti,
    Milano 1977,  pagina 48: ®Nelle opere  che  appartengono  allo  strano
    puro, si narrano avvenimenti che si possono spiegare mediante le leggi
    della  ragione,  ma  che  in  un  modo  o nell'altro sono incredibili,
    straordinari impressionanti, singolari, inquietanti, insoliti¯.
    Nota 20.  Confronta Peter  Penzoldt  in  una  citazione  riportata  da
    Tzvetan  Todorov,  opera  citata,  pagina  161: ®Per molti autori,  il
    soprannaturale non era che un pretesto per  descrivere  cose  che  non
    avrebbero mai osato menzionare in termini realistici¯.
    Nota  21.  "Obras  Completas  de  Fernando  Pessoa,  Poemas Ingleses",
    edizione bilingue a cura di Jorge de Sena, Atica, Lisboa 1974,  pagina
    23. Confronta "Cartas a Joao Gaspar Simoes", Lisboa 1957, pagina 67.
    Nota 22. Georg Rudolf Lind, opera citata, pagina 350.
    Nota 23. Ibidem, pagina 462.
    Nota  24.  La  poesia  riportata da Georg Rudolf Lind,  opera citata,
    pagine 466-467: ®Never  have  I  so  deeply  felt  my  exclusion  from
    mankind,  /  To one side the sane,  to the other side the lame and the
    halt and the blind;  / To one side the healthy,  the good,  the strong
    those  in life's prime,  / To the other side the slaves of genius,  of
    madness, of crime.  / Build prisons and hospitals and Bedlams.  To one
    side the glad, / To the other side the sicklu, the stupid, the ill and
    the mad. / At no time have I felt so deep the gulf between me and men.
    / Is it idiocy,  madness or crime, or genius - or what is this pain? /
    I have felt it today with full truth and  have  felt  to  remember  it
    well:  / I am one thrown aside - a torturer and tortured in my being's
    hell / Yet I asked not to live,  nor had choise of my living's  rotten
    worth,  / I had no power on my life, nor am I guilty of my birth. / So
    I shall sing my song without hope,  cheerless and forlorn,  / That men
    may learn - at least they may laugh - to what some hearts are born;  /
    Song all mystery, all symbols, contradictions in ignoble dance,  / But
    that  this is madness complete not the smallest ignorance;  / Song all
    of tortures of soul, of a being's human abysm / And never a doubt that
    this is but raying egotism;  / Song of evil,  song of  hate,  song  of
    revolt,  song of love / Of Nature,  of Mother Nature,  the earth at my
    feet and the sky above; / Song of the hatred of customs, of creeds, of
    conventions,  of institutions,  / Song of madness unpondering to human
    prostitutions;  /  Song of one that better were dead,  song of one set
    aside,  / Song of one that hell and earth conspired  and  combined  to
    deride. / Peace! Let the sane be set on that side and the ill (mad) on
    this side¯.
| 		 |