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Il pane a lievitazione naturale o meglio
Il Pane naturale
Il Pane è una meravigliosa combinazione di farina, acqua e sale (a cui si può aggiungere olio e altri ingredienti) in cui il risultato è molto più della somma dei costituenti. Vediamo prima di tutto cosa serve:
TEMPO! La fretta di alcuni panettieri è uno dei motivi per cui il pane che vendono non si può certo definire un cibo salutare. Bisogna aver pazienza ed aspettare i tempi della natura!
FARINA: integrale di grano biologico e possibilmente macinata fresca (poche ore).
ACQUA: a basso residuo fisso.
SALE: marino integrale.
OLIO: extravergine di oliva (magari di provenienza biologica).

A questo punto bisogna produrre l'ingrediente più importante per la riuscita del pane: il lievito! Nella panificazione industriale il pane viene gonfiato utilizzando il rapido metabolismo di un fungo, il Saccaromyces cerevisiae, detto anche lievito di birra (in quanto utilizzato anche per la produzione di quella bevanda). L'uso di questo lievito "selezionato" per agire rapidamente porta inesorabilmente a squilibri nella composizione del pane che non risulta fermentato ma solamente "gonfiato" dal gas prodotto dal lievito.
Per restare fedeli al nostro titolo (pane naturale) dobbiamo trovare un modo per rendere il pane soffice e per arricchirlo in composti nutritivi (proteine e vitamine innanzi tutto). Come fare? Usando il lievito naturale o pasta acida!


Come si fa la pasta acida

Si fa una pastella piuttosto liquida con 50 gr di farina e acqua quanto basta. Si copre con uno straccio umido e si lascia riposare in un luogo con temperatura costante (intorno ai 20°) senza correnti d'aria per un paio di giorni. Il tempo varia in base a molti fattori. Comunque diciamo che la pastella è pronta quando inizia a fare qualche bollicina e ad avere un profumo leggermente acidulo (non bisogna aspettare troppo altrimenti comincerà a sapere di aceto e le cose saranno più difficili...). Ora bisogna rinforzare la nostra pastella aggiungendo acqua e farina (100 gr) fino a ottenere una pagnotta piuttosto consistente. Si lascerà riposare tutto per 24 ore sempre sotto lo straccio umido (altrimenti si secca troppo). E' il momento del secondo rinforzo (200 gr di farina) e acqua. La nostra pasta può ora riposare per 12 ore ore prima di finire nell'impasto del pane.

Le dosi sono indicative per fare circa un Kg di pane. Modificarle non influenza la buona riuscita, anzi, l'occhio aiuta più della bilancia. L'importante è il profumo della pasta acida (impareremo presto a riconoscere quando va bene).


Come si fa il pane

La pasta acida che abbiamo fatto va sciolta in acqua (accuratamente, in modo che l'impasto successivo sia omogeneo). Si aggiunge quindi la farina (600 gr) e un po' di sale. Volendo si può mettere un filo d'olio d'oliva. Invece dell'acqua si può provare ad usare il latte di soia per avere un pane più soffice. Ogni aggiunta è concessa, purché suggerita dal buon senso... Il pane va impastato a lungo con movimenti regolari, dolci ma decisi. In questo modo il glutine si dispone nella maniera giusta per formare la rete che intrappolerà le bolle di gas. Dopo aver lavorato la pasta (anche per 20-30 minuti) bisogna ricordarsi di metterne da parte un pezzetto (un pugnetto) da utilizzare come lievito la prossima volta. Si conserva in frigorifero in un vasetto (grande almeno il doppio della pasta) chiuso fino a una settimana. In previsione sarebbe meglio impastare prima solo la farina, la pasta acida e l'acqua, toglierne un pezzetto, aggiungere sale e olio e quant'altro. In questo modo il lievito per la volta dopo sarà più pulito.

Al termine dell'impastatura il pane va posto a riposare per alcune ore (da 4 a 8) in un posto tranquillo, senza correnti e a temperatura intorno ai 20°. Io lo appoggio su un tagliere di legno infarinato, lo copro con uno straccio e lo avvolgo in un vecchio maglione. La pasta deve scaldarsi leggermente, indice che la fermentazione sta avvenendo. Le pagnotte possono essere formate come si vuole. Secondo me è meglio farne una piuttosto voluminosa in modo che non si secchi in superficie. Sulla parte superiore bisogna fare una o più incisioni che con la lievitazione si apriranno (dicono che farci su una croce porti sfortuna...). Alla fine della lievitazione (anche qui serve occhio, lasciandolo troppo il pane inizia a rammollirsi, lasciandolo poco non lievita...) Il pane va infornato. A questo proposito si dovrebbe usare l'ottimo forno a legna. In mancanza va bene anche quello a gas. Sconsigliato (ma meglio di niente se non si ha altro) è il forno elettrico (come tutte le cose che creano campi elettromagnetici... non vanno d'accordo con la Natura). In ogni modo il forno va regolato sui 220° e acceso almeno 15 minuti prima di infornare. In questo modo il pane entra nel forno già ben caldo. Dopo una decina di minuti si può abbassare la temperatura sui 180° e lasciar proseguire la cottura per altri 40, 50 minuti. Usando il forno a gas, dopo 30 minuti di cottura conviene girare il pane. Il calore, infatti, salendo dalla placca rischia di far bruciare la parte inferiore e lasciare quasi cruda quella superiore. Il pane è cotto quando battendolo sul fondo suona "vuoto". In alternativa si può usare il metodo dello stecchino (infiggendolo nella forma e ritirandolo deve essere perfettamente asciutto).

Il pane sfornato deve essere posto a raffreddare su di un graticcio o dentro un cestino o avvolto in un telo, in modo che l'umidità possa uscire. Il pane va consumato quando è freddo, meglio ancora se il giorno dopo. Il pane lievitato naturalmente, inoltre, dura molti giorni e quando è diventato troppo duro si può utilizzare per fare una ottima zuppa (oppure si può grattuggiarlo). Bisogna però dire che non è assolutamente comparabile con il pane bianco che si compra (e nemmeno con quello integrale). Soprattutto è un alimento completo, ricco di vitamine e di proteine. E privo di additivi, emulsionanti (beh, a dire il vero la lecitina di soia contenuta nel latte è un emulsionante... naturale, però), conservanti, ecc.


Una raccomandazione: quando lo si mangia bisognerebbe masticare ogni boccone molte volte (una cinquantina sarebbe l'ideale), prendendosi il tempo di gustare il sapore straordinario (e inusuale) che la nostra pazienza ci ha regalato.








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