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Parte seconda,
La sposa del principe.




6.

Igraine non Š soddisfatta del
mio racconto. Vuole sapere della giovent— di Art— e vuole
conoscere la storia della spada nella roccia. Mi ha detto che
Art— Š figlio di una principessa e di uno spirito venuto dal
mondo degli dŠi, e che la notte della sua nascita il cielo era
pieno di tuoni.
- Forse hai ragione, regina - le ho risposto. - Pu• darsi
che i tuoni ci fossero, ma chi era presente non se n'Š accorto
perch‚ quella notte ha dormito dal tramonto all'alba. Quan-
to alla spada e alla roccia, queste c'erano davvero.
- Allora perch‚ non ne hai parlato?
- Perch‚ ne parler• in seguito; il loro momento non Š an-
cora giunto.
La spada si chiamava Caledfwylch, che nella nostra lingua
vuol dire "folgore possente", ma Igraine preferisce chiamar-
la Excalibur, e dunque la chiamer• cos, perch‚ Art— non ha
mai badato al nome della spada che usava. E non ha mai da-
to molta importanza alla sua infanzia, perch‚ non l'ha mai
descritta a nessuno. Una volta gli ho chiesto della sua gio-
vent— e lui ha evitato di rispondermi.
- Che importa dell'uovo all'aquila? - mi ha domandato.
E ha aggiunto: - Sono nato, sono cresciuto e sono diventato
un guerriero; non c'Š bisogno di sapere altro.
Ma a beneficio della mia graziosa e generosa protettrice, la
regina Igraine, racconter• quel poco che so.
Art— era davvero il figlio del grande re, anche se Uther
l'aveva ripudiato di fronte al Gran Consiglio di Glevum.
Non che ci fosse molto da guadagnare in quella paternit….
poich‚ Uther generava i suoi bastardi con la stessa indiffe-
renza di un gatto.
La madre di Art— si chiamava Igraine, esattamente come la
mia graziosa regina. Veniva dalla Rocca di Gei nella terra di
Gwynedd, ed effettivamente si diceva fosse figlia di Cunedda,
sovrano di quel regno e grande re di Britannia prima di Uther.
Per• non era una principessa, perch‚ la madre non era sposa-
ta con il grande re Cunedda, ma con un capitano del luogo.
Quando parlava di Igraine di Gwynedd, che mor quando
lui non era ancora adulto, Art— la descriveva come la madre
pi— meravigliosa, affettuosa e intelligente che si potesse desi-
derare, anche se a detta di Cei, che l'aveva conosciuta bene,
la sua bellezza era un po' inacidita da uno spirito facilmente
irritabile.
Oltre a essere uno dei cavalieri di Art—, Cei era figlio di Ec-
tor, il capitano che accolse nella sua casa Igraine e i suoi
quattro bastardi quando Uther li cacci•. E poich‚ li aveva
cacciati poco dopo la nascita di Art—, la donna non aveva
mai perdonato al figlio di essere venuto al mondo.
Igraine diceva di lui: - Art— Š il mio figlio di troppo. Se
non fosse nato, sarei ancora oggi l'amante ufficiale di Uther.
Art— era il suo quarto figlio. Le altreerano bambine, e
Uther, evidentemente, preferiva che i suoi bastardi fossero
femmine perch‚ avrebbero avanzato meno richieste sul suo
patrimonio, una volta adulte. e
Cei e Art— erano cresciuti insieme e Cei non aveva diffi-
colt… a parlare della loro infanzia. Beninteso, quando Art—
non lo poteva sentire.
Tutt'e due avevamo una folle paura di Igraine - mi
raccont•. - Art— era un ragazzino obbediente, che si dava
molto da fare e si sforzava sempre di essere il primo in tutto,
sia nella lettura sia nella scherma, ma la madre non era mai
soddisfatta di lui. Tuttavia, Art— la adorava, la difendeva
sempre e ha pianto inconsolabilmente quando Š morta di
febbre.
Art— aveva allora tredici anni, ed Ector, il suo protettore, si
era rivolto a Uther perch‚ aiutasse i quattro orfani di Igraine
che erano ridotti all'indigenza. Uther li chiam• alla Rocca di
Cadarn, probabilmente perch‚ pensava che le tre figlie potes-
sero tornargli utili nel gioco dei matrimoni dinastici. E anche
se quello di Morgana con un principe di Kernow fini presto a
causa del fuoco, Morgause spos• re Lot del Lothian, una terra
a nord del Vallo di Adriano, e Anna and• in moglie a re Budic,
nelle Gallie.
- Gli ultimi due non furono matrimoni importanti -
commentava Cei - perch‚ nessuno di quei regni era abba-
stanza vicino da poter mandare rinforzi in caso di guerra,
ma entrambi servirono ai loro scopi limitati.
Art—, essendo un maschio, non poteva essere accasato pro-
ficuamente come le sorelle, e perci• rimase alla corte di
Uther dove impar• a usare la spada e la lancia. Laggi— co-
nobbe Merlino, anche se nessuno dei due mi parl• mai di
quel che era successo tra loro in quel breve periodo.
Alla fine, Art—, vedendo che Uther non intendeva accor-
dargli il suo favore, segui la sorella Anna in Bretagna. Lag-
gi—, nelle continue lotte che agitavano quella regione, diven-
ne un grande condottiero, e Anna, ben conscia del fatto che
un famoso guerriero potesse risultare un parente prezioso,
inform• regolarmente Uther delle sue imprese. Ecco perch‚ il
grande re l'aveva fatto ritornare in Britannia nel corso della
guerra che era poi terminata con la morte del principe della
corona. Il resto l'ho gi… narrato.
Cos, anche Igraine adesso Š al corrente di tutto quel che
so sulla giovent— di Art—, e non dubito che abbellir… la storia
con le leggende che si raccontano tra la gente comune. La
mia regina ritira queste pergamene una a una, man mano
che le termino, e se le fa tradurre in britannico da Dafydd ap
Gruffud, il cancelliere del tribunale del re, che parla la lingua
dei sassoni; sono convinto che n‚ lui n‚ Igraine resistano alla
tentazione di cambiare le mie parole come detta loro la fan-
tasia.
A volte rimpiango di non avere il coraggio di scrivere in
britannico, ma il vescovo Sansum, che Dio l'abbia in gloria,
continua ad avere sospetti. Gi… diverse volte ha cercato di
fermare il mio lavoro, o ha ordinato ai diavoli di Satana di
farlo. Un giorno, tutte le mie penne sono sparite, e un'altra
volta ho trovato orina nel calamaio al posto dell'inchiostro.
Ma Igraine ha sostituito il tutto e Sansum, a meno che non im-
pari la lingua dei sassoni. non pu• avere conferma dei suoi
sospetti.
- Devi scrivere pi— dettagliatamente, e pi— in fretta - mi
sprona Igraine. - E devi dire la verit… su Art—. - Poi viene
a lamentarsi quando la verit… non corrisponde alle favole
che si raccontano nella cucina del suo castello e nella stanza
dove lei e le sue ancelle si dedicano al ricamo. Vuole che le
parli di persone trasformate in animali e di bestie che rivol-
gono enigmi ai viaggiatori, ma io non posso inventare quello
che non ho visto.
E' vero per•, e Dio mi perdoni, che ho cambiato qualcosa,
ma nulla d'importante. Ad esempio, quando ci ha salvati da-
vanti alla Rocca di Cadarn, mi aspettavo gi… che Art— arri-
vasse, perch‚ Owain ci aveva riferito che lui e i suoi cavalie-
ri, giunti dalle Gallie, erano nascosti nei boschi a nord della
Rocca. Inoltre, Owain e Art— sapevano che le truppe del re
di Siluria si stavano avvicinando.
- L'errore di re Gundleus - comment• quel giorno
Owain - Š stato quello di dare fuoco al castello di Merlino.
Il fumo ha avvertito l'intero Sud del paese, e i nostri esplora-
tori tenevano d'occhio i fanti di Siluria fin dal mattino.
, Dopo aver aiutato il generale Agricola a sconfiggere gli in-
vasori di re Gorfyddyd di Powys, Owain era corso a sud per
accogliere Art—, non per amicizia verso di lui, ma per meglio
controllare quel pericoloso rivale, e questa era stata la nostra
fortuna.
Comunque, la battaglia non avrebbe potuto svolgersi nel
modo in cui l'ho descritta. Infatti, quando pi— tardi chiesi a
Owain che cosa avrebbe fatto se non avesse saputo della pre-
senza di Art—, lui mi rispose: - Avrei affidato il piccolo
Mordred al pi— veloce dei miei cavalieri. Cos sarebbe stato
in salvo in qualsiasi caso, anche se fossimo morti tutti sotto
le lance di Gundleus.
Naturalmente. in questa mia narrazione avrei potuto rac-
contare il vero, ma i bardi mi hanno insegnato come confe-
zionare una storia in modo da far crescere progressivamente
l'attesa degli ascoltatori per la parte che vogliono sentire:
credo che la storia sia migliore se fino all'ultimo momento
non si parla dell'arrivo di Art—. Del resto, una simile modifi-
ca Š solo un peccato veniale.
Qui a Dinnewrac Š iniziato l'inverno e il freddo Š intenso,
ma il re ha ordinato a Sansum di accendere i nostri fuochi,
dopo che fratello Aron Š stato trovato morto assiderato nella
sua cella. Il santo, comunque, si Š rifiutato di obbedire finch‚
il re non ci ha mandato alcuni carri di legna dal suo castello,
e cos adesso abbiamo i fuochi, ma non molti, e neppure
grandi.
Tuttavia, anche un piccolo fuoco facilita la scrittura, e ulti-
mamente il santo Š meno portato a interessarsi di me. Due
novizi si sono uniti al nostro piccolo gregge, due imberbi
giovinetti dalla voce ancora acuta, e Sansum si Š assunto il
compito di insegnare loro le vie del nostro Redentore. La cu-
ra della loro anima immortale lo preoccupa a tal punto che-
ha insistito perch‚ i due giovani dividessero con lui la cella, e
la loro compagnia pare averlo reso pi— felice. Dio sia lodato
per questo, e per il dono del fuoco, e per la forza di prosegui-
re la storia di Art—, il re che non fu mai re, il nemico di Dio e
il principe delle battaglie.
Non star• a tediare i miei lettori con i particolari di quella
scaramuccia davanti alla Rocca di Cadarn. Fu una rotta,
non una battaglia, e solo pochi nemici riuscirono a fuggire.
Ligessac il traditore fu tra questi, ma la maggior parte degli
uomini di Gundleus vennero catturati. Sul campo rimasero
una ventina di avversari, compresi i due guerrieri nudi che
caddero sotto la lancia di Owain. Re Gundleus, la sua aman-
te Ladwys e il druido Tanaburs vennero fatti prigionieri. Io
non uccisi nessuno. Non usai neppure la spada.
Non ricordo molto dei modo in cui il nemico venne messo
in fuga, perch‚ avevo occhi soltanto per Art—.
Era in sella a Llamrei, la sua giumenta, un'enorme bestia
nera con i garretti pelosi e dei ferri piatti legati agli zoccoli
mediante corregge di cuoio. Tutti gli uomini di Art— cavalca-
vano bestie grosse come quella, con le frogie tagliate per re-
spirare meglio. Gli animali erano ancora pi— spaventosi a
causa degli straordinari scudi di cuoio che proteggevano il
loro petto dalle lance. Erano scudi cos spessi e ingombranti
che i cavalli, alla fine della battaglia, non riuscivano ad ab-
bassare la testa per brucare l'erba e Art— fu costretto a chia-
mare uno dei suoi stallieri perch‚ togliesse quella protezione
a Llamrei e la giumenta potesse nutrirsi. Ciascun cavallo
aveva bisogno di due stallieri, uno per occuparsi di scudo,
gualdrappa e sella, l'altro per tenere la briglia, mentre un ter-
zo servitore portava lo scudo e la lancia del guerriero.
Art— aveva una lancia lunga e pesante che si chiamava Rhongo-
myniad; il suo scudo, Wynebgwyrthucher, era di salict coper-
to da una lamina d'argento battuto lucidata a specchio. Al
fianco, gli pendevano la daga Carnwenhau e la famosa spada
Excalibur nel suo fodero nero con fili d'oro incrociati.
Di primo acchito, non riuscii a vedere la faccia del principe
perch‚ portava un elmo con ampi guanciali che nascondeva i
,suoi lineamenti; aveva due tagli per gli occhi e un foro per la
bocca, era di ferro lucido, decorato con spirali di filo d'ar-
gento e con un alto cimiero di penne bianche. C'era qualcosa
d'inquietante in quell'elmo chiaro; aveva un aspetto terribi-
le, che ricordava un teschio e faceva credere di trovarsi da-
vanti a un morto uscito dalla tomba.
Anche il mantello di Art—, come le piume del cimiero, era
bianchissimo. Art— faceva molta attenzione a non sporcarlo.
Ora gli scendeva dalle spalle in modo da coprire la sua ar-
matura, una lunga cotta a piastre.
Non avevo mai visto un'armatura a piastre prima di allo-
ra, anche se Hywel me l'aveva descritta, e nel vedere quella
di Art— provai un intenso desiderio di possederne una. Era
un'armatura alla romana, fatta di centinaia di lamelle di fer-
ro, poco pi— grosse del mio dito pollice, cucite in file sovrap-
poste su una cotta di cuoio lunga fino al ginocchio.
- Le lamelle - mi spieg• uno degli scudieri - sono qua-
drate nella parte alta, dove ci sono due fori per fissarle alla
cotta, e appuntite alla base. Si sovrappongono in modo che
una lancia ne incontri sempre due strati prima di giungere al
cuoio.
L'armatura tintinnava quando Art— si muoveva e il rumore
non era solo quello del ferro perch‚ i fabbri, oltre ad aggiun-
gere una fila di lamelle d'oro attorno al collo, ne avevano cu-
cite molte d'argento in mezzo a quelle d'acciaio, e ora l'ar-
matura luccicava al sole come una superficie liquida.
- Ogni giorno occorre lucidare per ore quelle lamelle per
impedire che si arrugginiscano - mi raccont• lo scudiero -
e dopo ogni battaglia ne manca sempre qualcuna e occorre
fabbricarne di nuove. Pochi fabbri sono capaci di fare una
cotta simile, e pochi uomini sono in grado di comprarne
una, ma Art— l'ha tolta a un capitano dei franchi da lui ucci-
so nelle Gallie.
Oltre all'elmo, al mantello e all'armatura a piastre, Art—
portava stivali, guanti e una cintura di cuoio; quanto al fode-
ro della spada Excalibur, la sua decorazione serviva a pro-
teggere dal male chi lo portava.
A me, abbagliato dalla sua presenza, Art— era apparso co-
me l'avevo sempre sognato: un dio bianco e splendente sceso
sulla terra. Non riuscivo a staccare lo sguardo da lui.
Art— abbracci• Owain e sentii i due uomini ridere. Il cam-
pione era un uomo molto alto, ma Art— riusciva a guardarlo
negli occhi, anche se non era massiccio come lui. Owain era
tutto muscoli, mentre Art— era sottile e non aveva un'oncia di
grasso. Owain gli batt‚ la mano sulla spalla, Art— gli ricambi•
il gesto, ed entrambi si diressero verso la nutrice Ralla che te-
neva in braccio Mordred.
Art— si inginocchi• davanti al suo re e, con una delicatezza
straordinaria per un uomo in armatura, alz• la mano per af-
ferrare il bordo della coperta del bambino. Apri i guanciali
dell'elmo, poi accost• le labbra alla coperta. Per tutta rispo-
sta, Mordred cominci• a piangere e ad agitarsi.
Poi Art— si alz• e tese le braccia verso Morgana. La donna
era pi— vecchia del fratello, che a quell'epoca aveva venticin-
que anni o poco pi—, ma quando il principe l'abbracci•,
Morgana cominci• a piangere dietro la maschera d'oro.
Art— la strinse a s‚ e le batt‚ la mano sulla schiena. - Cara
Morgana - le disse. - Dolce Morgana.
Non avevo mai capito quanto si sentisse sola Morgana fin-
ch‚ non la vidi piangere tra le braccia del Sratello.
Art— si stacc• da lei e si sfil• dalla testa l'elmo. - Ho un
dono per te - le disse. - Almeno, credo di averlo, a meno
che Hygwydd non se lo sia rubato. Dove sei, Hygwydd?
Il servitore di Art— arriv• di corsa, prese l'elmo e gli"conse-
gn• una collana di denti d'orso e d'oro. Art— la allacci• al
collo della donna.
- Un bell'oggetto per la mia amata sorella - disse, poi vol-
le sapere chi fosse Ralla. Quando gli raccontarono della mor-
te del figlio della nutrice, il suo dolore fu cos sincero che la
donna scoppi• a piangere e Art— l'abbracci• d'impulso, ri-
schiando di schiacciare il piccolo re contro il suo petto coper-
to dall'armatura. Poi gli venne presentato il marito di Ralla,
Gwylyddyn il falegname, e questi gli parl• di me, spiegando-
gli che avevo ucciso un nemico per difendere Mordred. Art— si
volse dalla mia parte per ringraziarmi.
E per la prima volta, vidi da vicino il suo viso.
Era un viso gentile. Questa fu la mia prima impressione.
No, questa Š la descrizione che Igraine vuole leggere. In
realt…, la prima impressione che ebbi fu di sudore, una faccia
coperta di sudore per la fatica di portare l'armatura in un
giorno d'estate, ma dopo il sudore notai la sua espressione
gentile. Art— era una persona di cui ci si fidava a prima vista.
Per questo piaceva sempre alle donne: non per la sua bellez-
za, perch‚ i suoi lineamenti non erano niente d'eccezionale,
ma perch‚ guardava la gente con sincero interesse e con
grande benevolenza.
Aveva una faccia quadrata, un'espressione piena d'entusia-
smo, i capelli castano scuro, gli occhi castani, il naso lungo,
ma la sua caratteristica pi— notevole era la bocca. Era straor-
dinariamente larga, con denti bianchi e robusti. Art— era or-
goglioso dei suoi denti e li puliva tutti i giorni con il sale,
quando ne aveva a disposizione, altrimenti con la sola acqua.
Era una faccia quadrata, ma ci• che mi colpi maggiormen-
te fu la sua aria gentile e il suo sguardo divertito. Art— dava
sempre un senso di gioia a chi stava con lui, c'era qualcosa
nel suo viso che irradiava felicit…. Notai allora, per la prima
volta, che la gente sorrideva di pi— quando Art— era presen-
te. Non che Art— fosse un grande conversatore o facesse bat-
tute particolarmente brillanti. Era semplicemente Art—, sicu-
ro di s‚ e capace di trascinare gli altri; aveva le idee chiare e
una volont… ferrea. A tutta prima, quella durezza non si no-
tava e lo stesso Art— negava la sua esistenza, ma c'era. Ne
erano una dimostrazione le tante tombe scavate nelle vici-
nanze dei precedenti campi di battaglia.
- Gwylyddyn mi ha detto che sei un sassone! - disse per
prendermi in giro.
- Signore... - mormorai cadendo in ginocchio.
Mi prese per le spalle e mi sollev•. Il suo braccio era
straordinariamente fermo.
- Non sono un re, Derfel. Non devi inginocchiarti davan-
ti a me. Sono io che dovrei inginocchiarmi piuttosto, perch‚
hai salvato la vita del nostro re. - Sorrise. - Ti ringrazio
per quello che hai fatto.
Art— aveva il dono di farti sentire importante. Inoltre, io ero
perso d'ammirazione per lui. - Quanti anni hai? - mi chiese.
- Quindici, penso.
- Ma sei abbastanza robusto per averne venti. - Mi sor-
rise di nuovo. - Chi ti ha insegnato a combattere?
- Hywel, l'intendente di Merlino.
- Ahy il migliore degli insegnanti! Ha insegnato anche a
me. E come sta il buon Hywel?
Era veramente ansioso di avere sue notizie, e io non ebbi il
coraggio di rispondere.
- E morto - lo inform• Morgana. - Ucciso da Gund-
leus. - E sput• in direzione del re di Siluria che era a pochi
passi da noi.
- Hywel Š morto? - ripet‚ Art— guardando me, e io an-
nuii, con le lacrime agli occhi. Il principe mi abbracci•. - Sei
una brava persona, Derfel - mi disse -. e ti voglio dare un
premio per aver salvato la vita al nostro re. Che cosa desideri?
- Essere un guerriero, signore.
Sorrise e fece un passo indietro. - Allora sei un uomo for-
tunato, Derfel, perch‚ sei gi… quello che vuoi essere. Lord
Owain? - chiese girandosi verso il campione. - Pu• esserti
utile questo bravo guerriero sassone?
- Pu• essermi utile - acconsent Owain.
- Allora Š tuo - disse Art—, poi si accorse della mia delu-
sione e mi pos• la mano sulla spalla. - Per il momento,
Derfel - aggiunse, piano - io impiego cavalieri, non fanti.
Va' al servizio di Owain, perch‚ nessuno pu• insegnarti me-
glio di lui il mestiere del soldato.
Mi strinse la spalla, poi fece segno alle due guardie che
trattenevano Gundleus di allontanarsi.
Una piccola folla si era radunata intorno al sovrano cattu-
rato, fermo sotto la bandiera del vincitore che raffigurava un
orso nero in campo bianco. I cavalieri di Art—, con l'elmo di
metallo ancora in testa, l'armatura di cuoio e ferro e i man-
telli di lino o di lana, si mescolavano ai fanti di Owain e ai
fuggiaschi dell'Isola di Cristallo.
Gundleus raddrizz• la schiena. Anche se non aveva armi,
non intendeva rinunciare al suo orgoglio; non batt‚ ciglio
quando Art— si avvicin•.
Il principe si ferm• davanti al prigioniero e la folla tratten-
ne il respiro. Gundleus era sotto lo stendardo di Art—, che
sventolava tra quello di Owain con il cinghiale e quello dei
drago di Mordred, riconquistato al nemico; ai piedi del re di
Siluria, invece, la bandiera della volpe, calpestata e coperta
di sputi dai vincitori. Art— estrasse Excalibur dal fodero e
Gundleus non abbass• lo sguardo. L'acciaio della lama ave-
va una sfumatura azzurra ed era lucido come lo scudo e la
corazza di Art—.
Aspettavamo tutti il colpo mortale, ma il principe si ingi-
nocchi• e porse a Gundleus l'impugnatura della spada. -
Maest… - disse umilmente, e la folla, pronta ad assistere al-
la morte del sovrano sconfitto, rimase a bocca aperta.
Il re di Siluria esit• per qualche istante, poi tocc• il pomo
della spada. Non pronunci• una sola parola. Forse era trop-
po stupito.
Art— si alz• e rinfoder• la spada. - Ho giurato di difende-
re il mio sovrano, non di uccidere re. Quello che ti succe-
der…, Gundleus ap Meilyr, non dipende da me, ma sarai te-
nuto prigioniero finch‚ non verr… presa una decisione.
- E chi sar… a decidere? - chiese Gundleus. Art— esit•,
incerto sulla risposta. Molti dei nostri guerrieri gridavano di
ucciderlo, Morgana spingeva il fratello a vendicare Norwen-
na, Nimue strillava perch‚ il re prigioniero venisse consegna-
to a lei.
Molto pi— tardi, Art— mi spieg• che Gundleus di Siluria
era cugino del re di Powys, e perci• la sua morte era una
questione di stato e non poteva dipendere da una semplice
vendetta. Art— voleva la pace, ed Š raro che la pace nasca
dalla vendetta. Forse avrebbe fatto meglio a ucciderlo, lo
ammise lui stesso, ma le cose non sarebbero andate diversa-
mente.
In quel momento, per•, davanti alla Rocca di Cadarn, dis-
se solo che il destino di Gundleus era nelle mani del consiglio
del regno.
- E Ladwys? - domand• il re di Siluria indicando la don-
na alta e pallida che stava dietro di lui, terrorizzata. - Chiedo
che le sia concesso di rimanere con me.
- La puttana Š mia - intervenne Owain. Ladwys scosse
la testa e si avvicin• a Gundleus.
- E' mia moglie! - protest• il re di Siluria, confermando
cos le voci di un matrimonio tra lui e la sua amante. Con
quelle stesse parole rivelava di aver mentito a Norwenna,
quando l'aveva sposata: un peccato che, rispetto a quel che
le aveva fatto poi, era davvero poca cosa.
- Moglie o non moglie - insistette Owain - adesso Š
mia. - Not• l'esitazione di Art— e aggiunse: - Finch‚ il
consiglio non decider… altrimenti.
Art— era preoccupato per la richiesta di Owain. La sua po-
sizione era ancora incerta: anche se aveva preso in mano
l'iniziativa, il suo rango era di difensore di Mordred e di
condottiero del regno, e perci• pari a quello di Owain. Cos,
il principe sacrific• Ladwys per mantenere l'unit… della Bri-
tannia.
Hai sentito Owain: ha deciso che cosa fare di lei, - dis-
se Art— a Gundleus, poi si allontan• per non dover aggiunge-
re altro. Ladwys fece per protestare, ma uno degli uomini di
Owain la port• via.
Nel vedere il dolore della donna, Tanaburs rise. Era un
druido, e quindi nessuno gli avrebbe fatto del male. Non es-
sendo un prigioniero, era libero di andarsene, ma doveva la-
sciare il campo senza cibo n‚ compagnia.
Io, per•, imbaldanzito dagli avvenimenti della giornata,
non volevo lasciarlo partire senza parlargli; cos lo seguii nei
pascoli, in mezzo ai corpi dei guerrieri di Siluria che erano
stati uccisi.
- Tanaburs! - gridai.
Il druido si gir• e mi vide estrarre la spada.
- Attento, ragazzo - mi ammon, alzando il bastone sor-
montato dalla mezzaluna.
Pensava di farmi paura, ma ero pieno di un nuovo spirito
guerriero. Mi avvicinai a lui e gli puntai la spada al collo.
Quando il vecchio tir• indietro la testa, sentii battere tra lo-
ro gli ossicini legati ai suoi capelli. Aveva la faccia scura e ru-
gosa, coperta di macchie, gli occhi rossi e il naso storto.
- Dovrei ucciderti - gli dissi.
Lui rise. - E la maledizione della Britannia non ti dareb-
be pi— pace. La tua anima non raggiungerebbe mai l'Oltre-
tomba e dovrebbe subire innumerevoli tormenti per mano
mia.
Sput• verso di me, poi cerc• di allontanare la punta della
mia spada. Io irrigidii i muscoli e lui si accorse della mia for-
za e cominci• ad allarmarsi.
Alcuni curiosi mi avevano seguito e ora cercarono di met-
termi in guardia sui tormenti a cui era destinato l'uccisore di
un druido, ma io non avevo intenzione di ammazzare il vec-
chio. Io volevo soltanto spaventarlo.
- Dieci e pi— anni fa - gli dissi - arrivasti con Gundleus
al villaggio di Madog per saccheggiarlo. - Madog era il no-
me dell'uomo che teneva in schiavit— mia madre.
Tanaburs annui come se ricordasse bene l'incursione. -
Proprio cos. Gran giornata, quella! Abbiamo preso molto
oro - disse. - E molti schiavi.
- Hai fatto un pozzo della morte.
- E allora? - Si strinse nelle spalle, poi scoppi• a ridere.
- Bisogna ringraziare gli dŠi della buona sorte.
Sorrisi anch'io e, con la punta della spada, gli graffiai la
gola. - E allora, druido, io sono vissuto.
A Tanaburs occorsero alcuni istanti per capire le mie paro-
le, poi impallid e trem•, perch‚ sapeva che soltanto io, in
tutta la Britannia, avevo il potere di ucciderlo.
- Mi hai sacrificato agli dŠi, druido - lo schernii - ma
per la tua sbadataggine nel compiere il sacrificio gli dŠi si so-
no offesi con te e hanno messo la tua vita nelle mie mani.
Tanaburs url• per il terrore, convinto che gli avrei pianta-
to la lama nella gola, ma invece di colpirlo abbassai la spada
e scoppiai a ridere. Subito il vecchio druido corse via. Era di-
speratamente ansioso di allontanarsi, ma poco prima di rag-
giungere i boschi in cui si erano rifugiati i suoi pochi compa-
gni superstiti, si gir• e punt• verso di me la mano ossuta.
- Tua madre Š ancora viva, ragazzo! - grid•. - E' anco_
ra viva! - e spar.
Io rimasi a bocca aperta, con la spada che mi ciondolava nel-
la mano. Non provavo alcuna emozione in particolare perch‚
non ricordavo quasi nulla di mia madre e non avevo memoria
di grandi testimonianze d'affetto tra noi, ma la sola idea che
vivesse ancora sconvolgeva tutto il mio mondo, esattamente
come era successo con la distruzione del castello di Merlino.
Poi scossi la testa. Impossibile che Tanaburs si rammentas-
se di una schiava fra tante. La sua affermazione era certa-
mente falsa e mirava a confondermi. Perci• rinfoderai la spa-
da e feci ritorno alla fortezza.
Gundleus fu chiuso in una camera della Rocca, accanto al-
la sala dei banchetti. Quella sera ci fu una sorta di festino,
anche se il cibo era scarso e cotto male perch‚ c'erano troppe
bocche da sfamare.
Gran parte della notte fu dedicata allo scambio di informa-
zioni su quanto accadeva in Britannia e nelle Gallie, perch‚
molti seguaci di Art— venivano dal nostro regno o da quelli vi-
cini. I nomi dei compagni di Art— continuavano a confondersi
nella mia mente, perch‚ erano pi— di settanta, oltre a stallieri,
servitori, donne e a una trib— di bambini. Con il tempo quei
nomi mi sarebbero divenuti familiari, ma quella sera li dimenti-
cai presto. Notai solo Morfans, perch‚ era il pi— brutto indivi-
duo che avessi mai visto, talmente brutto da vantarsi dei suoi
occhi storti, del gozzo, del labbro leporino e del mento spor-
gente. Mi ricordo anche Sagramor, perch‚ era nero di pelle e io
non avevo mai visto uomini come lui; anzi, avevo sempre dubi-
tato della loro esistenza. Alto, sottile e laconico, era tuttavia in
grado di incantare un'intera sala con le sue parole, se si riusciva
a convincerlo a raccontare una storia nella bizzarra lingua bri-
tannica piena di termini stranieri in cui si esprimeva.
E, naturalmente, notai Ailleann. Era una donna snella dai
capelli neri, poco pi— vecchia di Art—, con un viso serio e
gentile che le dava un'aria di grande saggezza. Quella sera
vestiva come una regina, con un lungo abito rosso, una cate-
na d'argento alla cintura e larghissime maniche bordate di
pelliccia. Al collo aveva una grossa torque d'oro, ai polsi lar-
ghi bracciali e sul petto una fibula di smalto con la figura
dell'orso, lo stemma di Art—.
Ailleann si muoveva con eleganza, parlava poco e guarda-
va Art— con aria protettiva. Pensai che fosse una regina, o
come minimo una principessa, ma vidi che ci portava i piatti
di carne e i boccali di birra come una qualsiasi ancella.
- Ailleann Š una schiava, ragazzo - mi disse Morfans il
Brutto. Era seduto davanti a me sul pavimento della sala e
s'era accorto di come guardavo la donna.
- Schiava di chi? - domandai.
- Indovina - rispose. S'infil• in bocca una costina di
maiale e poi la tir• fuori lentamente, usando gli incisivi come
raschietto per staccarne la carne. - Di Art— - continu•,
dopo aver gettato l'osso a uno dei numerosi cani che si aggi-
ravano nella sala. - E naturalmente Š anche la sua amante,
oltre che la sua schiava.
Rutt•, bevve un sorso da un bicchiere di corno e prosegu-
- Gliel'ha data suo cognato, il re Budic, molto tempo fa.
Ha qualche anno pi— di lui, e Budic pensava che non la te-
nesse a lungo, ma quando Art— si affeziona a qualcuno non
lo lascia pi—. E quelli sono i suoi gemelli. - Con il mento in-
dic• due ragazzotti dall'aria imbronciata, di circa nove anni,
seduti in terra e intenti a mangiare.
- Sono figli di Art—? - domandai.
- Suoi e di nessun altro - rispose Morfans con derisione.
- Si chiamano Amhar e Loholt, e il padre li adora. Non c'Š
mai niente che sia abbastanza buono per quei piccoli bastar-
di, e ti assicuro, ragazzo, che quei due sono esattamente que-
sto: dei bastardi.
Lo disse come se li odiasse di cuore. - Ascolta le mie pa-
role - continu•. - Art— ap Uther Š un grand'uomo. E' il mi-
glior soldato che abbia conosciuto, l'uomo pi— generoso e il
signore pi— onesto, ma quando si tratta di mettere al mondo
figli, io riuscirei ad averne dei migliori utilizzando come ma-
dre una scrofa.
- Sono sposati? - gli chiesi, guardando Ailleann.
Morfans rise. - Naturalmente no! Ma lei lo ha tenuto
tranquillo in questi dieci anni. Arriver… il giorno in cui il
principe la caccer… via, proprio come Uther ha cacciato via
sua madre. Art— sposer… qualche figlia di re, e la moglie non
varr… neppure la met… di Ailleann, ma Š quello chŠ devono
fare gli uomini come lui. Devono sposare una donna impor-
tante. Non sono come noi due, ragazzo. Noi possiamo spo-
sarci con chi vogliamo, purch‚ non sia di sangue reale. Senti
quella! - Sorrise nell'udire le grida di una donna provenien-
ti dall'estŠrno della sala.
Owain era uscito: evidentemente si trattava di Ladwys che
stava imparando i suoi nuovi doveri. A quelle urla, Art— tra-
sal e Ailleann sollev• la testa e aggrott• la fronte, ma l'unica
persona nella sala che, oltre a loro, reag alle proteste di
Ladwys fu Nimue. Aveva la faccia bendata e l'espressione
triste, ma le grida la fecero sorridere malignamente perch‚
Gundleus ne avrebbe sofferto.
Nimue non sapeva che cosa fosse il perdono. Aveva gi…
chiesto ad Art— e Owain il permesso di uccidere Gundleus con
le proprie mani, e quel permesso le era stato negato, ma finch‚
lei era viva, Gundleus non avrebbe dormito tranquillo.
L'indomani, il principe Art— parti con una squadra di ca-
valieri per recarsi all'Isola di Cristallo. Ritorn• quella sera
stessa con la notizia che il castello di Merlino era bruciato fi-
no alle fondamenta. Con i cavalieri fecero ritorno anche il
povero Pellinore e un indignatissimo Druidan che aveva tro-
vato rifugio in un pozzo appartenente ai monaci del Sacro
Rovo.
Art— ci comunic• la sua intenzione di ricostruire il castel-
lo, anche se non era chiaro come potesse farlo senza denaro
e senza una squadra di operai. Il falegname Gwylyddyn ven-
ne ufficialmente nominato costruttore reale di Mordred e fu
incaricato di procurarsi la legna per le nuove case dell'Isola.
Pellinore venne chiuso in un magazzino vuoto accanto alla
villa romana di Lindinis, che era l'insediamento pi— vicino
alla Rocca di Cadarn e che adesso ospitava le donne, i bam-
bini e gli schiavi venuti con Art—.
Il principe tendeva a organizzare ogni cosa. Era sempre
stato un uomo irrequieto, nemico dell'ozio, e in quei primi
giorni dopo la cattura di Gundleus cominciava a lavorare
all'alba e finiva quando ormai era buio da tempo. La mag-
gior parte dei suoi sforzi erano volti a migliorare le condizio-
ni di vita dei suoi seguaci: occorreva assegnare loro un ap-
pezzamento delle terre reali, allargare le case dei loro fami-
gliari, il tutto senza dare fastidio alle persone che gi… abita-
vano a Lindinis. La villa era appartenuta a Uther, e adesso
Art— l'aveva presa per s‚. Nessun lavoro era troppo umile
per lui, e una volta lo trovai intento a recuperare una grossa
lastra di piombo.
- Dammi una mano, Derfel! - mi chiam•. Io mi sentii
onorato dal fatto che ricordasse il mio nome e mi affrettai a
raggiungerlo.
- Materiale raro, questo! - disse allegramente. Si era tol-
to la tunica ed era sporco di terra. - Lo voglio tagliare a
strisce per foderare il condotto che porta l'acqua all'interno
della villa. I romani - mi spieg• - hanno portato via tutto
il piombo quando si sono allontanati ed Š per questo che le
condutture non funzionano. Dovremmo riaprire le vecchie
miniere.
Lasci• cadere la lastra e si asciug• la fronte. - Far funzio-
nare le miniere, ricostruire i ponti, lastricare i passaggi,
svuotare i pozzi e convincere i sassoni a tornarsene a casa.
C'Š abbastanza lavoro per la vita di un uomo, non ti pare?
- Si, signore - dissi, un po' perplesso, e mi chiesi perch‚
un generale perdesse tempo a riparare le tubature dell'acqua.
Quel giorno c'era una riunione del consiglio; Art— avrebbe
fatto meglio a prepararsi per l'incontro, ma pareva attribuire
pi— importanza al piombo che alle questioni di stato.
- Chiss… se il piombo si sega o si taglia con il coltello - si
domandava Art— inarcando le sopracciglia. - Devo infor-
marmi. Lo chieder• a Gwylyddyn che sa sempre tutto.
Si rivolse a me. - Sapevi che se vuoi usare i tronchi d'al-
bero come colonne per sostenere il tetto devi piantarli in ter-
ra al contrario?
- No, signore.
- Impedisce all'umidit… di risalire e di far marcire il legno.
Me l'ha detto Gwylyddyn. Amo questo genere di informa-
zioni. Sono utili conoscenze pratiche che fanno funzionare il
mondo. - Mi sorrise. - Come va con il tuo capitano?
- E' buono con me - gli risposi, un po' imbarazzato.
Guardavo ancora con diffidenza Owain, anche se non mi
aveva mai trattato male.
- Certo - rispose Art—. - Per diventare famoso, ogni
condottiero deve trattare bene i suoi bravi guerrieri.
- Ma io preferirei servire te.
Art— sorrise. - E mi servirai, Derfel. Col tempo, e se supere-
rai la prova di Owain combattendo con lui. - Cos dicendo,
torn• a sollevare la lastra di piombo, poi si blocc• nell'udire
un grido. Era Pellinore che protestava perch‚ l'avevano impri-
gionato.
- Owain sostiene che dovremmo mandare Pellinore
all'Isola dei Morti - disse Art—, riferendosi al luogo dove
venivano esiliati i pazzi pericolosi. - Tu che ne dici?
Ero stupito della domanda, e a tutta prima non seppi cosa
rispondere. Poi balbettai: - Pellinore Š utile a Merlino, e
Merlino l'ha sempre voluto con s‚. Penso che sia meglio ri-
spettare la sua volont….
Art— mi ascolt• e mi parve grato del consiglio. Non ne
aveva bisogno, naturalmente, ma voleva farmi capire che da-
va importanza al mio giudizio. - Allora terremo qui Pelli-
nore - disse. - Adesso afferra la lastra e solleva!
L'indomani, Lindinis si svuot•. Morgana e Nimue ritorna-
rono all'Isola di Cristallo per occuparsi della ricostruzione
del castello. Quando feci per salutarla, Nimue alz• le spalle;
l'occhio le faceva male, era amareggiata e la sola cosa che
desiderasse dalla vita era la vendetta. Art— parti per il Nord
con i suoi cavalieri, per rafforzare le squadre di re Tewdric di
Gwent, mentre io rimasi con Owain che si era fermato alla
Rocca di Cadarn.
Io ero un guerriero, ma quell'estate era pi— importante
mietere il raccolto che montare la guardia sugli spalti, e per
parecchi giorni rinunciai alla spada e all'elmo, allo scudo e
alla corazza di cuoio che avevo ereditato da un guerriero di
Siluria morto nella battaglia e, invece di combattere, mi recai
nei campi del re per aiutare i servi che tagliavano l'avena,
l'orzo e il grano.
Quello del mietitore era un lavoro duro, da eseguire con
un falcetto che doveva essere continuamente affilato sul suo
legno: un bastone che era stato immerso prima nel grasso di
maiale e poi nella sabbia fine. La sabbia era sufficientemente
abrasiva, ma il falcetto non era mai abbastanza tagliente, e a
causa della posizione curva avevo sempre la schiena indolen-
zita. Non mi era mai capitato di lavorare tanto quando ero
al castello, ma adesso avevo lasciato il mondo privilegiato di
Merlino ed ero un soldato di Owain.
Trebbiavamo il grano sul campo e portavamo grandi
quantit… di paglia alla Rocca e a Lindinis, dove veniva usata
per riparare i tetti e per rifare i pagliericci; per alcuni giorni i
nostri giacigli furono privi di insetti, anche se quella benedi-
zione non dur• a lungo. Fu a quell'epoca che mi lasciai cre-
scere la barba, un ciuffetto biondo sul mento di cui andavo
molto orgoglioso.
Inoltre, dopo aver passato la giornata a spaccarmi la schie-
na nei campi, la sera dovevo fare due ore di addestramento
militare con il bastone corto. Hywel mi aveva insegnato mol-
te cose, ma per Owain non era abbastanza.
- Quel guerriero che hai ucciso - mi disse una sera mentre
mi allenavo con un uomo chiamato Mapon - scommetto un
mese di paga contro un topo morto che l'hai colpito di taglio.
Io non accettai la scommessa, ma gli confermai di avere usa-
to la spada come se fosse una scure.
Owain rise, poi fece segno a Mapon di allontanarsi.
- Hywel ha sempre insegnato a combattere con il taglio
della lama - comment• Owain. - Osserva Art—, la prossi-
ma volta che lo vedi combattere: colpisce come se dovesse
tagliare il grano prima che arrivi la pioggia.
Estrasse la spada. - Usa la punta, ragazzo - mi disse.
- Con la punta si uccide pi— in fretta.
Cos dicendo, fece un affondo contro di me, costringendo-
mi a parare disperatamente.
- Se usi il taglio della lama - continu• - significa che ti
trovi in campo aperto. Il muro di scudi si Š spezzato, e se quel
muro era il tuo, allora sei un uomo morto, anche se sei il mi-
gliore spadaccino che esista. Ma se il muro di scudi resiste, sei
gomito a gomito con i tuoi vicini e non hai lo spazio per bran-
dire la spada, ma solo per colpire di punta.
Cerc• nuovamente di affondare, e dovetti parare. - Se-
condo te, perch‚ i romani usavano la daga, che Š una spada
corta? - mi chiese.
- Non so, signore.
- Perch‚ con la spada corta si colpisce bene di punta, me-
glio che con una spada lunga - mi spieg•. - So benissimo
che non riuscir• mai a farti cambiare il tipo di spada che usi,
ma ricordati di colpire di punta. La punta vince sempre. -
Si gir• dall'altra parte, poi, voltandosi di scatto, cerc• una
terza volta di colpirmi. Io riuscii in qualche modo ad allonta-
nare la sua spada con il goffo bastone.
Owain sorrise. - Sei veloce - disse - e questo Š bene. Ce
la farai, ragazzo, se riuscirai a non bere.
Owain infil• la spada nel fodero e guard• verso est. Cerca-
va i lontani pennacchi di fumo che rivelavano la presenza di
guerrieri nemici, ma era tempo di raccolto anche per i sasso-
ni e i loro soldati avevano cose migliori da fare che non at-
traversare la frontiera.
- Che cosa pensi di Art—, ragazzo? - mi chiese all'im-
provviso.
- Mi piace - gli risposi, ed ero imbarazzato, esattamente
come quando Art— mi aveva domandato di lui.
- Oh, piace sempre a tutti. Io voglio bene ad Art—, tutti
vogliono bene ad Art—, ma solo gli dŠi riescono a capire
quello che ha in testa. Gli dŠi e Merlino, forse. Credi che
Merlino sia vivo?
- Oh, ne sono- certo - asserii, anche se non ne sapevo
nulla.
- Bene - disse Owain. Poich‚ venivo dall'Isola di Cri-
stallo, il campione del re credeva che avessi conoscenze ma-
giche che gli altri non possedevano. Tra i guerrieri era anche
circolata la storia del pozzo della morte di Tanaburs, e tutti
pensavano che la mia presenza fosse di buon auspicio.
- Merlino mi piace - continu• Owain - anche se Š sta-
to lui a dare ad Art— la spada.
- Caledfwylch? - chiesi io, pronunciando il vero nome
di Excalibur.
- Non lo sapevi? - Owain aveva notato il mio tono sor-
preso. Merlino non aveva mai citato quel dono in mia pre-
senza. Quando accennava ad Art—, ne parlava come di un
caro allievo, un po' tardo ma volenteroso. Se per• gli aveva
dato la spada, evidentemente aveva un'alta opinione di lui.
- Caledfwylch - mi spieg• Owain - Š stata forgiata nel
mondo dell'Oltretomba da Gofannon, il dio dei fabbri. Mer-
lino l'ha trovata in Irlanda, dove era chiamata Cadalcholg, e
l'ha vinta a un altro druido con una gara d'interpretazione
dei sogni. I druidi irlandesi dicono che quando il proprieta-
rio di Cadalcholg si trova in una situazione disperata, per
salvarsi basta che pianti la spada nel terreno. Allora il dio
Gofannon lascer… l'Oltretomba per venire in suo aiuto. -
Scosse la testa. - Ora, non riesco a capire perch‚ Merlino
abbia donato quell'arma proprio ad Art—.
- Perch‚, c'Š qualche motivo per cui non avrebbe dovuto
dargliela? - domandai io.
- Art— non crede negli dei - rispose Owain. - Ecco il
motivo. Non crede neppure in quello smidollato dio che
adorano i cristiani. A quanto ne so io, non crede in niente,
tolti i suoi grandi cavalli, e solo gli dŠi sanno a cosa servano
quegli animali.
- Fanno paura - dissi io,, che non volevo tradire Art—.
- Fanno paura, certo - ammise Owain - ma solo se
non ne hai mai visto uno. Sono lenti, mangiano tre o quattro
volte quello che mangiano gli altri cavalli, hanno bisogno di
due stallieri, i loro zoccoli si spaccano come noci se non li
rinforzi con delle piastre di ferro, e soprattutto non assali-
ranno mai un muro di scudi.
- Davvero?
- Nessun cavallo si lancer… mai contro un muro di scudi
- conferm• Owain, sprezzante. - Resta ben saldo al tuo
posto, e qualsiasi cavallo girer… alla larga se vedr… una fila di
lance. I cavalli sono inutili in battaglia, ragazzo, tranne che
per portare gli esploratori da una parte all'altra del campo.
- Allora, perch‚...
- Perch‚ - mi spieg• Owain senza bisogno che terminas-
si la domanda - l'unico scopo di una battaglia consiste nel-
lo spezzare il muro di scudi nemico. Tutto il resto Š facile. I
cavalli di Art— spaventano i guerrieri e li fanno fuggire, ma
un giorno trover… degli avversari che resteranno fermi, e che
gli dŠi aiutino i suoi cavalli, quel giorno. E che gli dŠi aiutino
Art—, se mai dovesse cascare a terra dalla sua montagna di
carne equina e cercasse di combattere a piedi con addosso la
sua cotta a scaglie di pesce. Il solo metallo che occorre a un
guerriero Š la sua spada, e il pezzo di ferro in cima alla lan-
cia. Il resto, ragazzo, Š peso morto.
Guard• in direzione di Ladwys, che si teneva alle sbarre del-
la prigione di Gundleus. - Qui in Britannia - disse abbas-
sando la voce - Art— durer… poco. Alla prima sconfitta ritor-
ner… di corsa nelle Gallie, dove si lasciano impressionare dai
grandi cavalli, dalle cotte da pesce e dalle spade fantastiche.
Owain sput• in terra. Cominciavo a capire che sotto le sue
professioni d'amicizia per Art— si nascondeva qualcosa di
pi— profondo della gelosia. Owain sapeva di avere un avver-
sario, ma aspettava di vedere i futuri sviluppi, esattamente
come Art—, e la rivalit… tra i due mi dava fastidio perch‚
ammiravo entrambi.
Owain sorrise nel contemplare il dolore di Ladwys. -
una puttanella fedele, devo ammetterlo - disse il guerriero
- ma prima o poi ceder…. E' la tua donna? - mi chiese quin-
di indicando Lunete che arrivava con un otre d'acqua.
- S - risposi arrossendo. Lunete, come la mia nuova
barba, era un simbolo di maturit…, e li portavo entrambi in
maniera molto impacciata. Aveva scelto di restare con me in-
vece di tornare all'Isola di Cristallo con Nimue. Era stata
una sua decisione e io non ero ancora molto sicuro della no-
stra relazione, anche se lei pareva non avere dubbi. Si era im-
possessata di una parte della mia capanna, l'aveva spazzata,
aveva messo un paravento di canne e faceva piani per il no-
stro futuro. Io avevo creduto che volesse rimanere con la sua
amica, ma Ninue, da quando l'avevano violentata, si era chiu-
sa in se stessa.
Anzi, Nimue pareva offesa con tutto il mondo e parlava
solo per bloccare ogni tentativo di conversazione con lei.
Morgana le curava la ferita all'occhio e il fabbro che aveva
fatto la maschera per Morgana si era offerto di prepararle
una sfera d'oro da mettere nell'orbita vuota. Lunete, come
tutti noi, era leggermente impaurita dalla nuova Nimue, aci-
da e graffiante.
- E' una bella ragazza - comment• adesso Owain, guar-
dando la mia donna - ma le ragazze vivono con i guerrieri
per una sola ragione: arricchirsi. Perci•, cerca di farla felice,
altrimenti ti render… la vita insopportabile. - Si frug• nelle
tasche e trov• un anellino d'oro. - Regalaglielo - mi disse.
Io balbettai qualche parola di ringraziamento. Non c'era
niente di strano nel fatto che un capo facesse un dono a un
suo guerriero, ma quell'anello era un dono molto generoso,
e io non avevo ancora combattuto agli ordini di Owain.
Lunete fu felice di quell'anello che, insieme al filo d'argen-
to tolto dal pomo della spada di Hywel, costituiva l'inizio
del suo tesoro. Vi incise una croce sulla superficie, non per-
ch‚ fosse cristiana, ma perch‚ cos diventava un anello di fi-
danzamento e dimostrava che era una donna e non una ra-
gazzina.
Molti soldati portavano anelli di fidanzamento, ma a me
interessavano solo i semplici anelli di ferro che i guerrieri ri-
cavavano dalle lance dei nemici sconfitti in battaglia. Owain
ne aveva a decine nella barba e altri alle dita. Art—, invece,
non ne portava nessuno.
Terminata la mietitura, partimmo per andare a raccogliere
le tasse. Facemmo visita a vassalli e capitrib—, accompagnati
dallo scrivano della tesoreria che teneva il conto delle entra-
te. Era strano pensare che Mordred era adesso il re e che in-
cassavamo i tributi per lui, ma anche un re di pochi mesi
aveva bisogno di fondi per pagare i soldati di Art— e, tutti gli
altri comandanti che sorvegliavano le frontiere.
Cos, una parte degli uomini di Owain andarono a raffor-
zare l'armata del principe Gereint, il custode del Cerchio di
Pietre che difendeva la frontiera dai sassoni, mentre gli altri,
per qualche tempo, divennero esattori.
A tutta prima mi stupii che Owain, famoso per il suo desi-
derio di battaglie, non andasse a tenere compagnia al gene-
rale Agricola nel Nord, o al principe Gereint nella sua fortez-
za di Durocobrivis, e preferisse assumersi un compito banale
come quello di pattuire gli importi dovuti. Mi pareva un la-
voro da scribacchino o da intendente, nient'affatto degno di
un guerriero, ma io ero solo un giovane con un ciuffetto di
barba e non capivo nulla. -
Le tasse, per Owain, erano pi— importanti di qualsiasi sas-
sone.
Come capii in seguito, le tasse sono il miglior sistema per
arricchirsi senza lavorare, e questa, adesso che Uther era
morto, era l'occasione che Owain aspettava da tempo.
Villaggio dopo villaggio, Owain faceva annotare sui regi-
stri che il raccolto era stato cattivo e che quindi i tributi ver-
sati erano bassi, intanto, si riempiva la borsa con il denaro
che gli pagavano per accettare le dichiarazioni fasulle. Non
provava alcuna vergogna per quegli imbrogli.
- Uther non me l'avrebbe mai permesso - mi spieg•,
mentre camminavamo lungo la costa meridionale, in direzio-
ne della citt… romana di Isca. Parlava sempre con affetto del
re che era morto. - Uther era un gran furbacchione e aveva
un'idea ben precisa di quel che gli era dovuto, ma cosa vuoi
che sappia Mordred?
Fiss• un punto lontano. In quel momento eravamo in cima
a una collina brulla; a sud si scorgeva il mare, a est sorgeva
un'isola, unita alla riva da un lungo terrapieno coperto di
pietre.
- Sai che cos'Š? - mi chiese indicando l'isola.
- No, signore.
- L'isola dei Morti - disse, e sput• in terra per proteg-
gersi dal malocchio, mentre io mi fermavo a guardare quel
luogo orribile, centro di tutti gli incubi della Britannia. Era
l'isola dei pazzi pericolosi, dove Owain avrebbe voluto man-
dare Pellinore.
L'isola si chiamava in quel modo perch‚ coloro che vi ve-
nivano esiliati erano considerati morti quando oltrepassava-
no il posto di guardia che custodiva la sua via d'accesso.
Quel luogo era sotto la protezione di Crom Dubhim, il dio
zoppo, e alcuni dicevano che la caverna di Cruachan, l'im-
boccatura dell'Oltretomba, si aprisse all'estremit… opposta
dell'Isola. Io continuai a fissarla con timore finch‚ Owain
non mi tocc• sulla spalla.
- Non devi preoccuparti per l'Isola dei Morti, ragazzo.
Tu hai la testa ben salda sulle spalle. - Si avvi• nella dire-
zione opposta. - Dove ci fermiamo questa notte? - chiese
a Lwellwyn, il tesoriere che ci accompagnava.
- Dal principe Cadwy di Isca - rispose l'uomo.
- Ah, Cadwy! Quell'uomo mi piace. Quanto ci siamo fat-
ti dare da quel briccone lo scorso anno?
Il tesoriere Lwellwyn non ebbe bisogno di controllare i re-
gistri per elencare le pelli, la lana, gli schiavi, i lingotti di sta-
gno, il pesce secco e il grano pagati l'anno prima. - Per• -
soggiunse - la maggior parte del tributo l'ha versata in oro.
- Quell'uomo mi piace ancora di pi—' - esclam• Owain.
- E che cifra stabiliamo quest'anno?
Lwellwyn accenn• a un ammontare che era pressoch‚ la
met… di quello dell'anno precedente, e su quello si accorda-
rono quella sera nella villa del principe Cadwy. Era un posto
lussuoso, costruito dai romani, con un portico a colonne af-
facciato su una valle alberata.
Cadwy era il principe dei dumnonii, la trib— da cui prende-
va nome il nostro regno, e dunque apparteneva alla nobilt…
di secondo grado. Il primo grado era quello dei re; poi veni-
vano i principi come Gereint del Cerchio di Pietre, o Cadwy
di Isca, e i re vassalli come Melwas dei belgi; al terzo grado
appartenevano i capitrib— o capitani come Merlino, anche se
Merlino, essendo un druido, era fuori della gerarchia.
Cadwy - mi raccont• Owain - Š un principe e un ca-
potrib— e comanda tutti coloro che abitano nel territorio tra
Isca e il Kernow, il regno del principe Tristano.
Nei tempi antichi, le varie trib— della Britannia erano sepa-
rate tra loro e ciascuna aveva il suo modo caratteristico di
tatuarsi la pelle; per esempio, a quell'epoca l'aspetto di un
uomo dei catuvellani era molto diverso da quello di uno dei
belgi, ma l'invasione dei romani ci aveva resi tutti simili. So-
lo alcune trib— come quella di Cadwy conservavano le loro
antiche peculiarit…. e
- La trib— di Cadwy - prosegui Owain - si ritiene supe-
riore a tutte le altre, e perci• si tatua sulla faccia il simbolo
della trib— e della setta d'appartenenza. Ogni valle ha la sua
setta, costituita di solito da una decina di famiglie. La rivalit…
tra le sette Š enorme, ma non Š niente al confronto di quella
che c'Š tra la trib— del principe Cadwy e gli altri britanni.
La capitale, Isca, era stata costruita dai romani e vantava
mura di pietra ed edifici che non avevano nulla da invidiare a
quelli di Glevum che tanto mi avevano impressionato pochi
mesi prima, ma Cadwy preferiva abitare all'esterno della
citt…, nella propria villa. La gente di citt… seguiva gli usi roma-
ni e non si tatuava pi—, ma in campagna, dove i romani non
erano mai arrivati, ogni uomo, donna e bambino aveva sulle
guance i tatuaggi violacei. Era un territorio ricco, e il principe
Cadwy aveva intenzione di renderlo ancora pi— ricco.
- Siete gi… stati nella brughiera quest'anno? - chiese il
principe a Owain quella notte. Faceva caldo e la cena ci era
stata servita all'esterno della villa, sotto il portico.
- A dire il vero, non ci siamo mai andati.
Cadwy annu. L'avevo visto a Glevum, al Gran Consiglio,
ma era la prima volta che incontravo da vicino l'uomo che
custodiva i confini del nostro regno dagli attacchi provenien-
ti da Kernow o dall'Irlanda. Il principe era un uomo di statu-
ra media, calvo e di mezz'et…, massiccio e con i tatuaggi tri-
bali sulle guance, sulle braccia e sulle gambe. Si vestiva come
noi britanni, ma amava la sua villa romana con i pavimenti
di marmo, le colonne e l'acqua corrente nel cortile e sotto il
portico, dove formava, prima di scendere a valle, una picco-
la pozza per lavarsi i piedi.
Quella di Cadwy, pensai, era una bella vita. Il suo raccolto
era abbondante, le mucche e le pecore erano grasse, le sue
donne erano contente. Non doveva neanche preoccuparsi
della minaccia dei sassoni, eppure non mi parve soddisfatto.
- Nella brughiera c'Š tanto denaro - disse. - Sotto for-
ma di stagno.
- Stagno? - gli fece eco Owain, in tono sprezzante.
Cadwy annu con grande seriet…. Era un po' ubriaco, come
la maggior parte degli uomini che sedevano attorno al basso
tavolo su cui veniva servito il pasto. Erano quasi tutti guerrie-
ri, o di Cadwy o di Owain, ma io, essendo il pi— giovane, do-
vevo stare dietro al sedile di Owain, al posto dello scudiero.
- Stagno - ripet‚ Cadwy - e forse oro, per qualcuno
che sapesse tacere.
Era una conversazione privata, perch‚ la cena era quasi
terminata e Cadwy aveva gi… fatto venire alcune schiave per
i guerrieri. Nessuno badava ai due capi, tolti me e lo scudie-
ro di Cadwy, un ragazzetto sonnolento che guardava a bocca
aperta le moine delle schiave.
Io ascoltavo tutto quello che si dicevano, ma ero cos silen-
zioso e immobile che si erano dimenticati della mia presenza.
- A te forse lo stagno non interessa - continu• Cadwy
- ma c'Š molta gente che lo cerca. Non possono fare il
bronzo se non hanno lo stagno, e in giro lo pagano bene, sia
nelle Gallie sia lass—. - Con un gesto della mano, indic• va-
gamente la direzione della Britannia.
- Raccontami tutto - lo invit• Owain. Non guardava il
nostro ospite, ma uno dei suoi guerrieri che aveva spogliato
una schiava e adesso le spalmava del burro sulla schiena.
- Non Š mio, quello stagno - precis• Cadwy con una
punta d'irritazione.
- Di qualcuno deve essere - comment• Owain. - Vuoi
che lo chieda a Lwellwyn? Quel bastardo sa sempre tutto
quando ci sono di mezzo i soldi e le propriet….
Intanto, davanti al tavolo, il nostro guerriero cominci• a
battere grandi manate sul sedere della ragazza. Il burro
schizz• dappertutto e gli altri guerrieri scoppiarono a ridere.
La ragazza si lament•, ma l'uomo le disse di stare zitta e
continu• a spargerle burro su tutto il corpo.
Il fatto Š - disse Cadwy seccamente, per richiamare l'at-
tenzione di Owain - che Uther ha lasciato entrare nelle no-
stre terre un gruppo di uomini del Kernow. Sono venuti a la-
vorare nelle vecchie miniere romane perch‚ nessuno di noi
aveva le conoscenze necessarie per farlo. Dovrebbero, nota
bene "dovrebbero", inviare il profitto al vostro tesoro, ma
quei ladri mandano il loro stagno nel Kernow. Lo so per certo.
Adesso Owain aveva rizzato le orecchie. - Kernow?
- Si arricchiscono sulla nostra terra! - disse Cadwy, in-
dignato.
Il Kernow, il paese del principe Tristano, era un regno che
non pagava tributi al nostro, un luogo misterioso all'estremo
occidente della Britannia che non era mai stato sotto il domi-
nio romano. In genere c'era pace tra noi e loro, ma di tanto
in tanto re Mark si stancava dell'ultima moglie e organizza-
va un'incursione nelle nostre terre.
- Che ci fanno qui tra noi gli uomini del Kernow?- chie-
se Owain, indignato almeno quanto il nostro ospite.
- Te l'ho detto. Ci rubano le ricchezze della terra. E non
solo quelle. Ho perso molte buone mucche, pecore, e anche
schiavi. Quei minatori si sono montati la testa, e non vi pa-
gano come dovrebbero. Ma tu non riuscirai mai a dimo-
strarlo. Neanche il tuo astutissimo amico Lwellwyn pu•
guardare un buco nella brughiera e stabilire quanto stagno
produce in un anno.
Cadwy cacci• via una farfalla, poi scosse la testa. - Cre-
dono di essere al di sopra della legge, solo perch‚ Uther ave-
va accordato loro i suoi favori.
Owain si strinse nelle spalle. Si era rimesso a guardare la
ragazza spalmata di burro, che adesso correva sulla terrazza
inseguita da una mezza dozzina di guerrieri ubriachi. La pel-
le unta impediva agli uomini di afferrarla e coloro che assi-
stevano alla scena erano scoppiati a ridere. Io stesso faticavo
a trattenermi. Poi il nostro campione torn• a guardare
Cadwy.
- Allora, va' nella brughiera e ammazza qualcuno di quei
bastardi, principe - sugger, come se fosse la cos… pi— facile
al mondo.
- Non posso - rispose Cadwy.
- Perch‚?
- Uther ha assicurato loro la sua protezione. Se li attac-
cassi, andrebbero a lamentarsi presso il nostro consiglio e
presso re Mark, e dovrei pagare il prezzo del sangue.
Era l'indennizzo versato da chi uccideva un uomo e il suo
ammontare era fissato dalla legge. Quello per un re era asso-
lutamente inavvicinabile, quello per uno schiavo era basso,
ma un buon minatore aveva un prezzo abbastanza alto da
far esitare anche un ricco principe come Cadwy.
- Ma come potrebbero sapere che sei stato tu? - ribatt‚
Owain alzando le spalle.
Cadwy si tocc• la guancia, come per dire che i tatuaggi
avrebbero permesso ai minatori di riconoscere i suoi uomini.
Owain annu. La ragazza imburrata era stata finalmente
presa; adesso era circondata dai guerrieri che l'avevano inse-
guita. - E allora?
- E allora - rispose Cadwy con aria astuta - se potessi
trovare un gruppo di persone disposte a sfoltire un po' il nu-
mero di quei bastardi, i superstiti verrebbero da me a chiede-
re protezione. E in cambio mi farei dare lo stagno che man-
dano a re Mark. Quanto a te - fiss• Owain per accertarsi
che la proposta non lo offendesse - il tuo guadagno sarebbe
la met… del valore del metallo.
- Quanto? - chiese subito Owain. I due uomini parlava-
no a bassa voce; dovevo tendere l'orecchio per udire le loro
parole in mezzo alle risate dei guerrieri.
- Cinquanta pezzi d'oro l'anno. Come questo. - Cadwy
prese dalla sua borsa un lingotto grosso come l'impugnatura
di una spada e lo pos• sul tavolo.
- Cos tanto? - chiese Owain sorpreso.
- Te l'ho detto. La brughiera Š ricca - sorrise Cadwy.
Owain fece correre lo sguardo sulla valle, dove il chiarore
della luna si rifletteva sulle acque del fiume. - E quanti mi-
natori ci sono? - chiese.
- Nel villaggio pi— vicino, sessanta o settanta uomini -
rispose Cadwy. - Oltre alle donne e agli schiavi.
E quanti sono i villaggi?
- Tre, ma gli altri sono lontani. A me interessa quello pi—
vicino.
- Noi siamo soltanto venti - riflett‚ Owain.
- Di notte? - sugger Cadwy. - Non sono mai stati as-
saliti, e perci• non hanno sentinelle.
Owain bevve un sorso di vino. - Settanta pezzi d'oro -
disse. - Non cinquanta.
Il principe Cadwy riflett‚ per un attimo, poi annu.
Owain sorrise. - Perch‚ no? - disse. Soppes• il lingotto
d'oro, poi si volse all'improvviso a guardarmi, veloce come
un serpente. Io non mi mossi; continuai a fissare una ragazza
che si era spogliata e abbracciava uno dei guerrieri tatuati di
Cadwy.
- Sei sveglio, Derfel? - mi domand• il mio capitano.
Io sobbalzai. - Signore? - dissi, fingendo di non aver pi—
badato a lui.
- Bravo, ragazzo - comment• Owain soddisfatto. -
Vorresti una di quelle schiave, eh?
Io arrossii. - No, signore.
Owain rise e spieg• a Cadwy: - S'Š appena trovato una
bella ragazzina irlandese e vuole rimanerle fedele. Ma impa-
rer… anche lui. Quando arriverai nell'Oltretomba, ragazzo
- continu• girandosi verso di me - non rimpiangerai i
guerrieri che non hai ucciso, ma le donne che ti sei lasciato
scappare.
Me lo disse con affetto. Nei primi giorni al suo servizio.
avevo avuto paura di Owain, ma per qualche motivo mi ave-
va preso in simpatia e mi trattava bene. Ora torn• a guarda-
re Cadwy.
Domani sera - gli disse piano.
Io avevo lasciato l'isola di Cristallo per andare tra i guer-
rieri di Owain, ed era stato come cambiare mondo. Pensai
agli uomini di Gundleus che avevano massacrato gli abitanti
del castello e al fatto che l'indomani sarei passato dalla parte
.della vittima a quella dell'assassino. Avrei dovuto cercare di
fermarli, ma non potevo fare nulla.
- Il destino Š inesorabile; la vita Š una beffa degli dŠi, e la
giustizia non esiste - diceva sempre Merlino. E una volta mi
aveva suggerito: - Devi imparare a riderne, altrimenti mori-
rai per il troppo piangere.
Avevamo coperto di pece gli scudi come facevano i guer-
rieri irlandesi che attaccavano le nostre coste. Una guida lo-
cale dalle guance tatuate ci aveva accompagnati per tutto il
pomeriggio lungo le valli profonde che portavano alla nostra
meta. Era una terra ricca di alberi e di cervi, con molti ru-
scelli che sfociavano direttamente nel mare.
Al tramonto giungemmo ai margini della brughiera, e con
il buio seguimmo una pista delle capre che saliva sui monti.
Era un luogo misterioso. L'Antico Popolo era vissuto l… e
aveva lasciato nelle valli i suoi cerchi di pietre sacre; le vette
erano costituite da masse di rocce grigie e i bassifondi erano
pieni di paludi che la nostra guida evitava infallibilmente.
Owain ci aveva spiegato che gli abitanti della brughiera si
erano ribellati contro re Mordred e che a causa di una loro
superstizione avevano paura degli scudi neri. Era una buona
spiegazione, e io non avrei dubitato delle parole del nostro
capo se non avessi origliato la sua conversazione con il prin-
cipe Cadwy.
Ci aveva promesso una ricompensa in oro se avessimo
svolto bene il nostro compito, poi ci aveva avvertiti che la
missione di quella notte doveva rimanere segreta, perch‚ il
consiglio reale non aveva autorizzato l'attacco.
Nel pomeriggio, dopo aver lasciato la villa di Cadwy, ci
eravamo fermati presso un antico tempio-in mezzo alle quer-
ce e Owain, davanti ai sacri teschi coperti di muschio, ci ave-
va fatto giurare di mantenere il silenzio, pena la morte. La
Britannia era piena di tempietti nascosti simili a quello, testi-
monianza di quanto fosse diffusa la religione dei druidi pri-
ma dell'arrivo dei romani, dove la gente di campagna veniva
ancora a chiedere aiuto agli dŠi. Dopo aver baciato la spada
di Owain e aver prestato giuramento, benedetti dagli dŠi e
votati al massacro avevamo proseguito il cammino.
La nostra meta era un luogo orribile a vedersi. Dai grandi
fuochi per bruciare il minerale e dalle carbonaie uscivano fu-
mo e scintille che salivano al cielo. Tra i fuochi e il grande fo-
ro dello scavo si scorgevano numerose capanne, circondate
da enormi masse di carbone di legna che sembravano colline
nere; la valle puzzava di fumo e di metallo come nessun altro
posto al mondo. Anzi, nella mia immaginazione, quel villag-
gio di minatori pareva il regno di Annawyn, l'Oltretomba, e
non un villaggio abitato da uomini.
Quando fummo vicini, alcuni cani presero ad abbaiare,
ma nessuno dei minatori usci a controllare. Non c'era la pa-
lizzata, e neppure un fosso che proteggesse l'insediamento.
Scorgemmo alcuni carri, e una decina di piccoli cavalli che
cominciarono a nitrire quando passammo accanto a loro,
ma anche questa volta nessuno usc dalle abitazioni. Queste
ultime erano circolari, con le pareti di pietra e il tetto di zolle
erbose, ma nel centro del villaggio c'erano un paio di edifici
romani, alti, quadrati e robusti.
- Due ciascuno, forse di pi— - ci sussurr• Owain, ricor-
dandoci quanti uomini dovevamo uccidere. - E non conto
gli schiavi e le donne. Passate in fretta attraverso il villaggio,
uccidete in fretta e guardatevi alle spalle,, E rimanete uniti!
Ci dividemmo in due gruppi. Io ero con Owain, la cui bar-
ba scintillava per il riflesso dei fuochi sui suoi anelli di ferro :
I cani abbaiavano, i cavalli nitrivano, infine anche un gallo si
mise a cantare e un uomo usci da una capanna per"scoprire
che cosa fosse successo, ma ormai era troppo tardi. La strage
era iniziata.
Nella mia vita ho visto molti massacri come quello. Nei
villaggi sassoni, prima di iniziare a uccidere bruciavamo le
capanne, ma quelle dei minatori erano di pietra e cos fum-
mo costretti a entrarvi con spada e lancia.
Prendevamo una torcia da qualche focolare e la gettavamo
all'interno, in modo che la luce fosse sufficiente per uccidere;
a volte le fiamme bastavano a far uscire gli occupanti, che
cos finivano direttamente sotto le nostre spade. Se il fuoco
non faceva uscire tutti, Owain ordinava a due di noi di en-
trare, mentre gli altri stavano di guardia all'esterno.
Io attendevo con timore il mio turno, ma sapevo che non
avrei potuto disobbedire all'ordine. Avevo giurato di com-
piere quella sporca missione di sangue, e se mi fossi tirato in-
dietro sarei stato ucciso.
Poi cominciarono a urlare. Le prime capanne erano state
facili perch‚ tutti dormivano, ma penetrando nel villaggio la
resistenza divenne pi— feroce. Due uomini che ci attaccarono
con la scure vennero uccisi senza difficolt… dai nostri guerrie-
ri. Le donne scappavano con i bambini in braccio. Un cane
attacc• Owain e mori con la schiena spezzata.
Quando vidi una donna che correva con un bambino al
collo e un altro sporco di sangue per mano, mi tornarono in
mente le ultime parole di Tanaburs il druido mentre fuggiva
dal campo di battaglia: "Tua madre Š viva." Rabbrividii nel
pensare che il vecchio aveva certamente gettato una maledi-
zione sulla mia vita, e anche se la mia buona sorte era riusci-
ta ad annullarne gli effetti, la sentivo aleggiare intorno a me.
Toccai la cicatrice sulla mia mano sinistra e pregai il grande
dio Bel di annullare quella maledizione.
- Derfel! Licat! Laggi—! - ci grid• Owain, e da buon sol-
dato obbedii all'ordine. Posai lo scudo,,gettai una torcia
all'interno della capanna, poi piegai la schiena per entrare.
Sentii gridare alcuni bambini, e un uomo seminudo balz•
contro di me con un coltello. Mi spostai bruscamente e, in-
ciampai in una bambina; colpii l'uomo, ma la mia lancia sci-
vol• sulle sue costole. Mi avrebbe tagliato la gola se Licat
non lo avesse ucciso.
Mentre il mio compagno rimaneva nella capanna per am-
mazzare i bambini, io uscii con la lancia sporca di sangue, e
riferii a Owain che nella capanna c'era soltanto un uomo.
- Avanti! - grid• Owain. - Demetia! Demetia! - Era il
nostro grido di battaglia di quella notte: il nome del regno ir-
landese a nord delle nostre terre da cui venivano le incursio-
ni dei guerrieri di Oengus Mac Airem, gli "Scudi Neri" che
avevo sentito citare al Gran Consiglio. Adesso le capanne
erano vuote e cominciammo a dare la caccia ai fuggitivi.
Molti abitanti del villaggio erano scappati il pi— lontano
possibile, ma alcuni erano rimasti e cercavano di respingerci.
Un gruppo di coraggiosi form• un'approssimativa linea di
battaglia e attacc• con lance e scuri, ma gli uomini di Owain
li affrontarono con spaventosa efficienza, parando con gli
scudi neri i colpi e abbattendo con spade e lance gli assalito-
ri. Io fui uno di quegli uomini efficienti.
Dio mi perdoni, ma quella notte uccisi il mio secondo uomo
e forse anche il terzo: uno colpendolo di lancia alla gola, e l'al-
tro alla pancia. Non usai la spada perch‚ non volevo sporcare
la lama di Hywel con un massacro cos poco onorevole.
L'incursione, comunque, fini presto. Nel villaggio rimasero
soltanto i morti, i feriti e qualcuno che cercava di nasconder-
si. Colpimmo tutti coloro che si muovevano. Uccidemmo gli
animali, bruciammo i carri con cui portavano la legna dalla
valle, sfondammo i tetti di zolle delle capanne, calpestammo
gli orti e, infine, saccheggiammo il villaggio. Qualche freccia
arrivava di tanto in tanto dal buio, ma nessuno di noi fu col-
pito.
Nella capanna del capo trovammo un mastello pieno di
monete romane, lingotti d'oro e barre d'argento. Era la ca-
panna pi— grande, e aveva un diametro di almeno sei iarde.
Al suo interno giaceva il capo, ucciso da un colpo di lancia
allo stomaco, e accanto a lui c'erano i corpi di una donna e
di due bimbi. Una bambina era stesa sotto una coperta mac-
,chiata di sangue; quando uno dei nostri inciamp• su di lei,
mi parve di vederla muoversi, ma finsi che fosse morta e non
la toccai. Un altro bambino pianse quando venne scoperto, e
il suo grido fu spento da un colpo di spada.
Dio mi perdoni, ma l'unica persona a cui ho confessato i
miei peccati di quella notte non era un prete e non poteva
darmi l'assoluzione in nome di Cristo. So che in purgatorio,
o forse all'inferno, rivedr• tutti quei bambini che sono mor-
ti; i loro genitori tormenteranno la mia anima, e sar… una
punizione ben meritata.
Ma che cosa potevo fare? Ero giovane, volevo vivere, ave-
vo giurato e dovevo seguire il mio capo. Uccisi soltanto gli
uomini che mi attaccavano, ma che giustificazione ci pu• es-
sere per il mio peccato? Per i miei compagni non era un pec-
cato: uccidevano persone di un'altra trib—, di un'altra nazio-
ne, e questa era una giustificazione sufficiente. Ma io ero
cresciuto all'Isola di Cristallo, insieme ad amici di tutte le
razze e di tutte le trib—, e Merlino, anche se era un feudatario
e amava moltissimo la Britannia, non ci aveva mai insegnato
a odiare chi era diverso da noi.
Eppure, nonostante gli insegnamenti di Merlino, io uccisi
quegli uomini, e quel che Š fatto non si pu• disfare.
Partimmo prima dell'alba. La valle bruciava ed era sporca
di sangue, puzzava di morte ed echeggiava del pianto di ve-
dove e orfani. Owain mi diede un lingotto d'oro, due barre
d'argento e una manciata di monete, e- io, Dio mi perdoni,
fui lieto di accettarli.






7.

L'autunno port• la guerra.
Per tutta la primavera e l'estate, le navi avevano scaricato
nuovi sassoni sulla nostra costa orientale, e d'autunno i nuo-
vi venuti cercarono di procurarsi la terra dove vivere. L'au-
tunno era la loro ultima occasione per combattere prima
dell'arrivo del gelo.
E nell'autunno di quell'anno affrontai per la prima volta i
sassoni perch‚, non appena terminato il nostro viaggio per la
raccolta delle tasse, ci giunse notizia che stavano attaccando.
Owain ci mise sotto il comando del suo capitano Griffid, un
uomo alto e smunto che ci inform• della nostra missione.
- Andremo ad aiutare Melwas, re dei belgi e nostro vas-
sallo, il quale deve difendere la costa meridionale dai sassoni
che, venuti a conoscenza della morte di Uther, hanno trovato
il coraggio di attaccare.
Quanto a Owain, rimase alla Rocca di Cadarn perch‚ i va-
ri consiglieri litigavano tra loro sul modo migliore per alle-
vare il piccolo Mordred. Il vescovo Bedwin voleva educare il
re nella propria casa, ma i seguaci degli antichi dŠi, che costi-
tuivano la maggioranza del consiglio, esigevano che Mor-
dred non crescesse nella religione cristiana.
Owain aveva proposto un compromesso.
- Dato che io rispetto in egual modo tutti gli dŠi - aveva
suggerito - mi occuper• io stesso della sua istruzione.
Poi, prima che ci mettessimo in marcia, era venuto a ispe-
zionarci e aveva commentato: - Non che abbia importanza
il dio in cui crede il re. Un re deve imparare a combattere,
non a pregare.
E mentre Owain continuava a perorare la propria causa
davanti al consiglio, noi partimmo per la guerra.
Fu Griffid, il nostro capitano, a spiegarci la ragione di
quell'interesse di Owain per l'educazione del piccolo sovrano.
- In realt…, vuole impedire che Mordred venga affidato
ad Art—. Non che il nostro comandante abbia qualcosa con-
tro di lui - si affrett• ad aggiungere - ma se Art— riuscisse
ad avere in mano il re, finirebbe per avere in mano tutto il
regno.
- E sarebbe una cosa grave? - domandai io.
Il capitano mi fiss• con severit…. - Ragazzo, per noi due Š
meglio che la terra appartenga a Owain.
Cos dicendo, si tocc• una delle torque che portava al col-
lo. Tutti mi chiamavano "ragazzo", ma solo perch‚ ero il pi—
giovane e non avevo ancora preso parte a un vero combatti-
mento contro altri guerrieri. Per• erano contenti di avermi
con loro: pensavano che portassi fortuna.
Tutti i guerrieri di Owain, come del resto i soldati di qual-
siasi terra, erano tremendamente superstiziosi. Ogni auspicio
veniva preso in considerazione e discusso, ogni uomo portava
una zampa di lepre o una pietra focaia, ogni gesto veniva
compiuto secondo un rituale ben preciso. Ad esempio, nessu-
no dei miei compagni si sarebbe mai tolto la scarpa destra pri-
ma della sinistra o avrebbe affilato la lancia all'ombra del
proprio corpo. Nelle nostre fila c'erano anche alcuni cristiani,
e io pensavo che non avessero paura di dŠi, spiriti e fantasmi,
ma in realt… si dimostrarono superstiziosi come tutti gli altri.
Venta, la capitale del re dei belgi, era una povera citt… di
frontiera. Le botteghe si erano ormai trasferite tutte altrove e
sulle pareti dei suoi edifici romani c'era ancora il fumo degli
incendi appiccati dai sassoni nelle loro incursioni. Re
Melwas temeva che intendessero attaccarlo.
- I sassoni hanno un nuovo capo, affamato di terra e tre-
mendo in battaglia - ci inform•. - Perch‚ non Š venuto
Owain? - chiese con irritazione. - Vogliono eliminarmi,
vero?
Era un uomo grasso e sospettoso dall'alito pestilenziale. Re
di una trib— e non di un paese, apparteneva dunque alla no-
bilt… di secondo grado, anche se a guardarlo lo si sarebbe pre-
so per un servo, e un servo alquanto lamentoso per giunta.
- Siete davvero pochini, vedo - si lagn• con Griffid. -
Ho fatto bene a chiamare i volontari.
i "Volontari" erano la, leva cittadina; ogni uomo capace di
portare le armi avrebbe dovuto partecipare, ma alcuni non
s'erano fatti trovare, e i ricchi si erano fatti sostituire dagli
schiavi. Comunque, Melwas era riuscito a radunare pi— di
trecento uomini, ciascuno dei quali aveva le proprie scorte di
cibo e le proprie armi.
Alcuni dei volontari avevano gi… esperienza di guerra ed
erano equipaggiati con ottime lance e scudi ben conservati,
ma la maggior parte non avevano armature, e alcuni posse-
devano solo dei bastoni o delle zappe come armi. Ai volonta-
ri si accompagnavano poi donne e bambini che non voleva-
no rimanere soli nelle case sotto la minaccia dei sassoni.
Melwas insistette perch‚ i suoi guerrieri difendessero le
mura di Venta, e questo significava che Griffid avrebbe do-
vuto guidare i volontari all'attacco del nemico. Il re dei belgi
non sapeva dove si trovassero i sassoni, e perci• il nostro ca-
pitano fu costretto a perlustrare i boschi a est della citt….
Eravamo una banda indisciplinata, non un vero esercito, e
quando compariva un cervo si scatenava un inseguimento
folle, con un tale schiamazzo da avvertire della nostra pre-
senza ogni nemico nel raggio di una dozzina di miglia. I vo-
lontari finivano per sparpagliarsi nel bosco e in quella ma-
niera perdemmo una cinquantina di uomini, o perch‚ nel
corso dell'inseguimento erano incappati in qualche banda di
sassoni, o semplicemente perch‚ si erano perduti e avevano
deciso di ritornare a casa.
C'erano moltissimi sassoni in quei boschi, anche se all'ini-
zio non riuscimmo a vederne nessuno. A volte trovavamo i
loro fuochi, ancora caldi, e c'imbattemmo anche in un picco-
lo insediamento belga assalito e bruciato. Gli uomini e i vec-
chi erano ancora li, tutti morti, ma i giovani e le donne erano
stati portati via come schiavi. Il puzzo dei morti raffredd•
l'eccitazione dei volontari, e li fece rimanere uniti a noi
quando Griffid decise di spingersi ancora pi— a est.
Incontrammo la nostra prima squadra di guerrieri sassoni
nella valle di un fiume, dove un gruppo di invasori stava co-
struendo un villaggio. Avevano gi… innalzato una parte della
palizzata e stavano piantando i pali per la sala dei banchetti,
ma alla nostra comparsa al margine del bosco lasciarono ca-
dere gli arnesi e presero le lance. Li superavamo nella pro-
porzione di tre a uno, ma nonostante la superiorit… numerica
Griffid non riusc a convincerci ad attaccare la loro linea di
scudi. -
Noi giovani non vedevamo l'ora di combattere e alcuni di
noi si misero a ballare come stupidi davanti agli avversari,
ma non eravamo in numero sufficiente per lanciarci contro il
loro muro di scudi e i sassoni non badarono alla nostra sfi-
da; intanto i nostri compagni bevevano birra e imprecavano
contro il nemico.
Per me, che ero ansioso di guadagnarmi un anello ricavato
dal ferro dei sassoni, era una follia non attaccare, ma non
avevo mai partecipato al massacro di due muri di scudi che
si scontrano, e non sapevo quanto fosse difficile convincere i
guerrieri a offrire il proprio corpo a una strage cos orrenda.
Griffid, senza troppa convinzione, fece qualche tentativo per
spingerci all'assalto; poi si accontent• di bere birra e di lan-
ciare insulti. Cosi rimanemmo di fronte al nemico per pi— di
tre ore, avvicinandoci solo di qualche passo.
L'esitazione di Griffid mi diede per• l'occasione di esamina-
re i sassoni, che a dire il vero non mi parvero molto diversi da
noi. Avevano i capelli pi— chiari dei nostri, gli occhi azzurri, la
pelle un po' pi— rossa, e amavano indossare un mucchio di
pellicce sugli abiti, ma per il resto erano vestiti come noi e la
sola differenza d'armamento consisteva nel fatto che molti di
loro avevano una grossa daga, molto pericolosa nel combatti-
mento ravvicinato, e un'ascia dalla lama larga che con un solo
colpo poteva spaccare uno scudo. Alcuni dei nostri uomini
erano rimasti cos impressionati da quelle asce da procurarse-
le, ma Owain e Art— le ritenevano poco maneggevoli.
- Non si pu• parare con una scure - ci diceva Owain -
e un'arma che non ti difende Š inutile.
Anche i sacerdoti dei sassoni erano diversi dai nostri per-
ch‚ portavano pelli di animali e si cospargevano i capelli di
sterco di mucca in modo che stessero ritti sulla testa come
lunghe spine. Quel giorno, vicino al fiume, uno di loro sacri-
fic• una capra per capire se dovessero combattere contro di
noi. Prima spezz• una delle zampe posteriori della bestia,
poi le tagli• la gola e la lasci• fuggire. L'animale corse lungo
la fila dei guerrieri trascinando dietro di s‚ la zampa rotta,
poi si volt• verso di noi e cadde sull'erba.
Doveva trattarsi di un infausto presagio perch‚ i sassoni
persero la loro baldanza e indietreggiarono in fretta, prima
dietro la palizzata, poi dall'altra parte di un torrente e infine
nella foresta. Portarono via le donne, i bambini, gli schiavi, i
maiali e il bestiame. Noi proclamammo la nostra vittoria,
mangiammo la capra e distruggemmo la palizzata. Non ci fu
bottino.
I nostri volontari, per•, erano ormai affamati perch‚, co-
me tutti i volontari, avevano consumato nei primi giorni le
razioni di cui disponevano e adesso non avevano pi— nulla
da mangiare, a parte le nocciole che trovavano sugli alberi.
La mancanza di cibo ci costrinse a ritornare indietro.
I volontari, affamati e ansiosi di arrivare a casa, ci prece-
dettero, mentre noi guerrieri li seguivamo pi— lentamente.
Griffid era scuro in volto perch‚ ritornava senza oro n‚
schiavi, anche se in realt… la maggior parte delle bande che si
aggiravano nelle terre di nessuno erano nella nostra stessa si-
tuazione. Poi, gi… in vista delle nostre terre, incontrammo
una squadra di sassoni che rientravano in senso contrario al
nostro. Dovevano essersi imbattuti in alcuni dei nostri vo-
lontari perch‚ avevano con s‚ molte armi e molte donne.
L'incontro fu una sorpresa per tutt'e due. i gruppi. Io ero in
fondo alla colonna di Griffid e non potei assistere all'inizio
del combattimento, quando la nostra avanguardia usc dal
bosco e trov• una mezza dozzina di sassoni intenti ad attra-
versare un fiume. I nostri attaccarono, e da entrambe le parti
accorsero uomini armati di lancia.
Non riuscimmo a formare un muro di scudi, e lo scontro si
ridusse a una sanguinosa rissa attorno a un piccolo fiume;
anche quella volta, come il giorno in cui avevo ucciso il mio
primo nemico nei boschi a sud dell'Isola di Cristallo, provai
la gioia della battaglia. Era la stessa sensazione che avvertiva
Nimue quando gli dŠi entravano in lei.
- E' come avere due ali - mi aveva detto la mia amica -
che ti portano in alto, verso lo splendore. - E cos mi sentii
io in quel giorno d'autunno.
Corsi verso il mio primo sassone puntando la lancia, e vidi
la paura nei suoi occhi. L'arma gli affond• nello stomaco; io
estrassi la spada di Hywel e lo finii con un.fendente, poi en-
trai nell'acqua del ruscello e uccisi altri due nemici. Gridavo
come uno spirito dannato, insultavo i sassoni nella loro lin-
gua sfidandoli a venire ad assaggiare la morte, e alla fine un
grosso guerriero accett• il mio invito e mi assal con una di
quelle loro enormi asce che sembravano tanto spaventose.
Ma un'ascia ha un peso morto eccessivo e, una volta sferrato
il colpo, non pu• pi— cambiare traiettoria; uccisi il grosso sas
sone con un preciso affondo di spada che avrebbe rallegrato il
cuore di Owain. A quel solo nemico presi tre torque d'oro,
quattro fibule e un coltello con una gemma per pomo, e tenni
la lama della sua ascia per farmi i primi anelli da guerriero.
I sassoni fuggirono, lasciando sul terreno otto morti e al-
trettanti feriti. Io ne avevo uccisi ben quattro, prodezza che
non pass• inosservata agli occhi dei miei compagni. Il loro
rispetto per me aument• notevolmente, anche se in seguito,
quando fui pi— vecchio ed esperto, attribuii quella grande
vittoria alla mia giovanile stupidit…. Spesso i giovani si lan-
ciano di corsa all'attacco dove i pi— saggi procedono con
maggiore calma.
Perdemmo tre uomini, e uno di loro era Licat, colui che mi
aveva salvato la vita nella brughiera. Recuperai la mia lan-
cia, raccolsi due torque d'argento dai sassoni che avevo am-
mazzato nel ruscello, poi aspettai che gli altri uccidessero i
feriti e li mandassero nell'Oltretomba, dove sarebbero dive-
nuti gli schiavi dei nostri compagni morti.
Tra gli alberi trovammo sei prigionieri britanni: erano
donne che avevano seguito i nostri volontari e che erano sta-
te catturate dai nemici. Fu una di loro a scoprire un sassone
nascosto in mezzo alle piante accanto al ruscello. La donna
grid• contro di lui e cerc• di colpirlo con un coltello, ma il
sassone si gett• nell'acqua e io lo catturai. Era solo un ragaz-
zo,, ancora privo di barba, e tremava di paura.
- Come ti chiami? - gli chiesi nella sua lingua puntando-
gli alla gola la mia lancia sporca di sangue.
Era caduto sulla schiena, nell'acqua. - Wlenca - mi ri-
spose, e poi mi spieg• che era in Britannia da poche settima-
ne, ma quando gli domandai da dove venisse seppe solo dir-
mi che era arrivato da "casa". La lingua che parlava era leg
germente diversa da quella che conoscevo, ma riuscivo a ca-
pirlo abbastanza bene.
- Il re del mio popolo - raccont• - Š un grande condot-
tiero chiamato Cerdic, che si Š stabilito sulla costa meridio-
nale della Britannia. Per fondare la sua nuova colonia, ha
dovuto combattere contro Aesc, un sovrano sassone che
adesso regge le terre del Kent.
Era la prima volta che venivo a sapere che anche i sassoni
combattevano tra loro, esattamente come noi britanni. A
quanto pareva, Cerdic aveva vinto la guerra contro Aesc e
adesso cercava di entrare nel nostro regno.
La donna che aveva scoperto Wlenca si era piegata verso
di lui e lo minacciava, ma un'altra donna dichiar• che il ra-
gazzo non aveva preso parte allo stupro che aveva fatto se-
guito alla loro cattura. Griffid, felice del bottino. decise che
Wlenca poteva vivere; il sassone venne spogliato, messo sot-
to la custodia di una delle donne e ci segu come schiavo.
La nostra fu l'ultima spedizione dell'anno e, bench‚ ci pa-
resse una grande vittoria, non era nulla al cospetto dei suc-
cessi di Art—, che non soltanto aveva cacciato i sassoni di
Aelle dal regno di Gwent nostro alleato, ma aveva anche
sconfitto le forze del regno di Powys, nostro tradizionale ne-
mico. Nella battaglia, re Gorfyddyd aveva perso il braccio
sinistro ed era poi riuscito a fuggire, ma era stata una grande
vittoria e in tutta la Britannia echeggiavano le lodi per Art—.
Owain era scuro in volto.
Lunete, invece, era al settimo cielo. Le avevo portato oro e
argento in quantit… sufficiente a permetterle di indossare una
pelliccia d'orso e di avere una propria schiava, una ragazzina
del Kernow cornprata da Owain. La ragazzina lavorava dall'al-
ba al tramonto e di notte piangeva nel suo angolo della capan-
na. Se piangeva troppo, Lunete la prendeva a schiaffi,e quan-
do io tentavo di difenderla, Lunete prendeva a schiaffi me.
Gli uomini di Owain avevano lasciato la Rocca di Cadarn
e si erano trasferiti a Lindinis, dove io e Lunete ci sistemam-
mo in una capanna nei pressi delle mura di terra costruite
dai romani. La Rocca di Cadarn era a poche miglia di di-
stanza, ma in genere era disabitata e utilizzata solo quando
un nemico si avvicinava eccessivamente alla nostra regione o
per le grandi celebrazioni in onore del re.
E una di tali celebrazioni ebbe luogo qualche mese pi— tar-
di, allorch‚ Mordred comp un anno e il caso volle che tutti i
nodi del regno venissero al pettine. O forse non fu affatto il
caso, perch‚ Mordred era nato sotto una cattiva stella e la
sua incoronazione non poteva che finire in tragedia.
La cerimonia si svolse poco dopo il solstizio d'inverno.
Mordred doveva essere nominato re, e tutti i grandi uomini
del nostro paese si riunirono alla Rocca di Cadarn per l'oc-
casione. Nimue arriv• il giorno prima e venne a trovarci nel-
la nostra capanna che Lunete aveva decorato d'agrifoglio.
Scavalc• la soglia, coperta di disegni per tenere lontani gli
spiriti maligni, poi sedette accanto al fuoco e si sfil• il cap-
puccio.
Io sorrisi perch‚ vidi che aveva l'occhio d'oro. - Mi pia-
ce - le dissi.
- E' cavo - rispose lei, e vi batt‚ sopra un'unghia, gesto
che mi fece una strana impressione. Lunete stava sgridando
la schiava perch‚ aveva fatto bruciare la minestra, e Nimue
inarc• le sopracciglia davanti a quell'esibizione di collera.
- Tu non sei felice - osserv• la mia amica d'infanzia.
- Oh, no, sto benissimo - replicai, perch‚, come tutti i
giovani, non volevo ammettere i miei errori.
Nimue si guard• attorno; il pavimento della capanna era
sporco e le pareti nere di fumo.
- Lunete non Š adatta a te - disse, mentre raccoglieva dal
pavimento sudicio un guscio d'uovo e lo faceva a pezzi perch‚
non vi si potesse nascondere uno spirito maligno. - Tu hai la
testa fra le nuvole, Derfel - continu• gettando nel fuoco i
frammenti - mentre Lunete Š legata alla terra. Lei vuole la
ricchezza e tu l'onore. Le due cose non possono mescolarsi.
Si strinse nelle spalle, come se la cosa non avesse impor-
tanza, poi mi parl• dell'Isola di Cristallo. Merlino non era
ancora tornato e nessuno sapeva dove fosse, ma Art— aveva
inviato del denaro che aveva preso al re di Powys e aveva or-
dinato di usarlo per il castello. Il falegnarne Gwylvddyn ave-
va la direzione dei lavori e stava costruendo un edificio pi—
grande di quello che era bruciato. Oltre a Pellinore e a Drui-
dan, anche Gudovan lo scrivano era rientrato all'Isola. La
povera Norwenna era stata sepolta nella chiesa del Sacro
Rovo, dove era venerata come una santa.
- Che cos'Š un santo? - chiesi io.
- Un cristiano morto. Pare che siano tutti santi.
- E tu? - le chiesi.
- Io sono viva - rispose senza alcuna inflessione partico-
lare.
- E sei felice?
- Fai sempre domande idiote. Se volessi essere felice, Derfel,
sarei qui con te, a infornarti il pane e a tenerti pulito il pavimento.
- Allora perch‚ non lo fai?
Nimue sput• nel fuoco per proteggersi dalla mia stupidit….
- Gundleus Š vivo - disse cambiando argomento.
- Imprigionato a Corinium - commentai, come se non
lo sapesse.
- Ho ' sepolto una pietra con il suo nome - mi disse,
guardandomi con l'occhio d'oro. - Quando mi ha violenta-
ta, sono rimasta incinta, ma ho ucciso il nascituro con la se-
gale cornuta.
Le donne la usavano per abortire. Anche Merlino la utiliz-
zava per entrare nel mondo dei sogni e parlare con gli dŠi. Io
l'avevo provata, una volta, ed ero stato male per giorni.
Lunete insistette per mostrare a Nimue i suoi tesori: il
treppiede, la pentola e il setaccio, i gioielli e il mantello, la
bella veste di lino e un vaso d'argento piuttosto ammaccato
con la figura di un romano nudo a cavallo che inseguiva un
cervo.
Nimue finse ammirazione, ma senza molto successo; poi mi
chiese di accompagnarla alla Rocca di Cadarn, dove avrebbe
trascorso la notte.
- Lunete Š una stupida - disse. Mi pareva pi— irritata del
solito, e perci•, ai miei occhi, era ancora pi— bella. La trage-
dia le donava: lei lo sapeva e cos la cercava.
- Ti stai conquistando la fama di grande guerriero - con-
tinu• Nimue guardando i semplici anelli di ferro che portavo
alla sinistra; alla destra non ne avevo nessuno perch‚ volevo
essere in grado di impugnare bene la lancia e la spada.
- Fortuna - risposi.
- No, non Š solo fortuna. - Alz• la palma per farmi ve-
dere la cicatrice. - Quando combatti, Derfel, io combatto al
tuo fianco. Diventerai un grande guerriero, e ci sar… bisogno
di te.
- Davvero?
Nimue rabbrivid. Il cielo era grigio, gli alberi erano scuri e
una pesante cappa di fumo gravava sopra al villaggio. Accan-
to alla nostra strada scorreva un torrente coperto di nebbia.
- Sai perch‚ Merlino ha lasciato l'Isola di Cristallo? - mi
chiese.
- Per cercare le Conoscenze della Britannia - le risposi,
ripetendo le parole da lei pronunciate al Gran Consiglio di
Glevum.
- Ma perch‚ l'ha fatto ora? Perch‚ non l'ha fatto dieci
anni fa?
Non lo sapevo, e Nimue prosegu. - E' andato ora, Derfel,
perch‚ si stanno avvicinando gli anni neri. Tutto ci• che va
bene andr… male, e tutto ci• che va male andr… peggio. In
Britannia, tutti stanno raccogliendo le proprie forze perch‚
sanno che la grande lotta Š ormai prossima.
Mi fiss• negli occhi. - A volte penso che gli dei giochino
con noi. Stanno gettando tutti i dadi sul tavolo perch‚ vo-
gliono vedere in fretta come finir… la partita. I sassoni si
stanno organizzando e presto ci attaccheranno a orde, non
pi— a bande. I cristiani - e qui Nimue sput• nell'acqua cor-
rente per allontanare il male - dicono che sta per arrivare il
cinquecentesimo anno dalla nascita del loro dio e che sar…
l'anno del loro definitivo trionfo.
Sput• di nuovo nell'acqua. - E noi britanni, invece? Lot-
tiamo tra noi, ci derubiamo reciprocamente, costruiamo
nuove sale per i banchetti invece di forgiare spade e lance.
Saremo messi alla prova, Derfel, e per questo Merlino racco-
glie le sue forze: se non saranno i nostri re a salvarci, allora
lui cercher… di convincere gli dŠi ad aiutarlo.
Si ferm• a osservare la superficie di un piccolo stagno. Sul-
la riva, le impronte delle mucche apparivano gelate.
- E Art—? - chiesi io. - Non pu• salvarci?
Mi rivolse un debole sorriso. - Art— Š per Merlino quello
che tu sei per me. Art— Š la spada di Merlino, ma noi non
possiamo controllarvi. Vi diamo il potere - disse toccando
il pomo della mia spada con la sinistra- e poi vi lasciamo l-
beri di agire. Dobbiamo sperare che facciate la cosa giusta.
- Puoi fidarti di me - le assicurai.
Lei sospir•, come ogni volta che mi lanciavo in simili af-
fermazioni. Poi scosse la testa. - Quando giunger… la Prova
della Britannia, Derfel, noi non sapremo quanto sono robu-
ste le nostre spade.
Fiss• le mura della Rocca di Cadarn, dove sventolavano le
bandiere di tutti i signori venuti ad assistere all'incoronazio-
ne di Mordred. - Sciocchi - disse con amarezza, e scosse
di nuovo la testa.
Art— arriv• il giorno seguente, poco dopo l'alba; veniva
dall'Isola di Cristallo dove era andato a prendere Morgana.
Era accompagnato da due dei suoi guerrieri, ma non portava
lo scudo e l'armatura, e neppure la sua bandiera. Era molto
tranquillo, come se la cerimonia non lo interessasse.
Agricola, il generale romano di re Tewdric, era venuto al
posto del suo signore che aveva le febbri, e anche lui pareva
indifferente alla cerimonia, ma tutti gli altri erano preoccu-
pati perch‚ temevano i cattivi presagi. Il cielo era coperto,
ma poi si alz• un leggero vento che spazz• via le nuvole, e
quando Owain port• nella sala delle riunioni il piccolo re, il
sole illuminava la Rocca.
A scegliere l'ora dell'incoronazione era stata Morgana, la
quale si era servita di divinazioni del fuoco, dell'acqua e del-
la terra. Il rito, naturalmente, doveva svolgersi prima di mez-
zogiorno, perch‚ dalle imprese iniziate quando il sole Š in de-
clino non pu• venire niente di buono, ma la folla dovette
attendere che Morgana si fosse assicurata dell'esattezza
dell'ora prima che si potesse iniziare la cerimonia, nel cer-
chio di pietre in cima alla Rocca di Cadarn.
Le pietre del cerchio non erano grandi, e nel centro, dove
Morgana controllava l'allineamento del pallido sole, si tro-
vava la pietra reale. Era una grossa roccia grigia dalla super-
ficie piatta, uguale a mille altre, ma era su quella pietra che il
grande dio Bel aveva consacrato il suo figlio umano Beli
Mawyr, che era il progenitore dei re di Dumnonia.
Quando Morgana fu sicura dei suoi calcoli, al centro del
cerchio venne accompagnato Balise, un vecchissimo druido
che abitava nei boschi della Rocca di Cadarn; dato che l'as-
senza di Merlino si protraeva, era stato convinto a recarsi al-
la Rocca per invocare la benedizione degli dŠi. Balise era cur-
vo e pieno di pidocchi, vestito di stracci e di pelli caprine,
talmente sudicio che non si capiva dove finisse la barba e do-
ve iniziasse il pelo di capra, ma era stato lui, a quanto sape-
vo, a insegnare a Merlino gran parte delle sue conoscŠnze.
Il vecchio sollev• il bastone verso il sole, mormor• alcune
invocazioni, sput• tutt'intorno a s‚, per poi venire brusca-
mente colto da un terribile accesso di tosse. Raggiunse una
sedia e cominci• ad ansimare, mentre la sua compagna, una
vecchia pressoch‚ indistinguibile da lui, gli massaggiava de-
bolmente la schiena.
Il vescovo Bedwin rivolse una preghiera al dio dei cristiani,
poi il piccolo re venne fatto girare all'esterno del cerchio di
pietre. Mordred era stato messo a giacere su uno scudo da
guerra, avvolto in pellicce, e fu cos che venne mostrato ai
guerrieri, ai capi e ai principi, i quali si inginocchiarono al
suo passaggio per rendergli omaggio.
Un re adulto avrebbe fatto a piedi il giro della circonferen-
za; Mordred venne portato da due guerrieri, mentre dietro di
lui, con la spada in pugno, veniva Owain, il campione del re.
Mordred fu fatto girare in senso opposto al sole, e cos, per
la prima e unica volta nella sua vita, si sarebbe mosso in sen-
so contrario all'ordine naturale, ma la direzione infausta era
stata scelta appositamente per dimostrare che un re, il quale
discendeva dagli dŠi, era al di sopra di certe piccole regole
come quella di percorrere un cerchio nel verso giusto.
Il sovrano e lo scudo vennero quindi adagiati sulla pietra
centrale e furono portati i doni. Un bambino pos• davanti a
lui una pagnotta come simbolo del suo dovere di nutrire i
sudditi, un secondo bambino gli port• una frusta a significa-
re che doveva rendere giustizia, e infine gli fu offerta una
spada per ricordargli il suo ruolo di difensore del regno.
Per tutto il tempo Mordred continu• a piangere e a scal-
ciare cos di gusto che per poco non cadde dallo scudo. Scal-
ciando, il suo piede zoppo usc dalle coperte, e questo, a pa-
rer mio, non fu un buon auspicio, ma tutti i grandi del regno
fecero finta di non vederlo, mentre a uno a uno si avvicina-
vano a offrirgli i loro doni.
Portarono oro e argento, pietre preziose, 4nonete e ambra.
Art— diede al bambino una statua d'oro che rappresentava
un falco e tutti rimasero a bocca aperta per la sua bellezza,
ma Agricola port• il dono pi— prezioso, perch‚ pos• ai piedi
del piccolo sovrano l'armatura di re Gorfyddyd di Powys.
Era stato Art— a prendere la dorata armatura dopo aver as-
salito Gorfyddyd nel suo accampamento e avergli tagliato il
braccio; in seguito l'aveva donata a re Tewdric che ora, tra-
mite il suo generale, la restituiva a noi.
Alla fine, il bambino venne tolto dallo scudo sulla pietra e
affidato alla sua nuova nutrice, una schiava della casa di
Owain. Giunse il momento atteso dal campione del re. Tutti
erano venuti con pesanti pellicce e mantelli per proteggersi
dal freddo, ma Owain si fece avanti con indosso soltanto i
calzoni e gli stivali. Il petto e le braccia, coperti di tatuaggi,
erano nudi come la lama che, seguendo il rito, pos• adesso
sulla pietra reale.
Poi, deliberatamente, con espressione sprezzante, gir• at-
torno al cerchio di pietre e sput• in direzione di tutti i pre-
senti.
Era una sfida: se qualcuno pensava che Mordred non do-
vesse essere re, bastava che si facesse avanti e prendesse la
spada. Poi avrebbe dovuto combattere contro Owain. Il
campione fece due volte il giro del cerchio di pietre prima di
riprendersi la sua arma.
A quel punto, tutti applaudirono perch‚ il nostro regno
aveva di nuovo un re. Sugli spalti, i guerrieri presero a batte-
re contro gli scudi le aste delle lance.
Mancava soltanto l'ultimo rituale. Il vescovo Bedwin aveva
cercato di proibirlo, ma i membri del consiglio l'avevano im-
posto. Art— si allontan•, ma tutti gli altri rimasero, anche il
vescovo. Un prigioniero, nudo e atterrito, venne condotto fi-
no alla pietra reale. Era Wlenca, il sassone che avevo preso
prigioniero. Non credo che sapesse quello che stava per succe-
dere, ma penso si aspettasse il peggio.
Morgana cerc• di scuotere Balise, ma il vecchio druido era
troppo debole e fu lei ad andare verso il prigioniero treman-
te. Il sassone era stato slegato e, anche se circondato da uo-
mini armati, avrebbe potuto cercare di fuggire; tuttavia non
si mosse, quando Morgana si avvicin•. Forse era la sua ma-
schera d'oro a immobilizzarlo; non si mosse neanche quando
Morgana, dopo aver immerso la mano sinistra in un piatto,
lo tocc• sul ventre. Il piatto conteneva sangue di capra e la
profetessa lasci• una macchia rossa sulla pelle chiara del gio-
vane.
Poi Morgana si allontan•. La folla era immobile, silenzio-
sa e inquieta perch‚ era un terribile momento di verit…. Gli
dŠi stavano per parlare al regno.
Owain entr• nel cerchio di pietre. Aveva posato la spada e
impugnava la lancia. Continu• a fissare l'atterrito sassone
che pregava i suoi dŠi; ma quegli dŠi non avevano potere alla
Rocca di Cadarn.
Il campione del re si mosse lentamente. Stacc• lo sguardo
dagli occhi del sassone soltanto per un istante, per puntare la
lancia verso il segno tracciato sul suo ventre. Entrambi erano
assolutamente immobili. Wlenca aveva le lacrime agli occhi
e mosse leggermente la testa per chiedere piet…, ma Owain
non accolse la supplica. Attese che Wlenca fosse di nuovo
immobile, poi colp.
Con uno scatto del braccio, affond• la lama nel ventre del
ragazzo. poi estrasse la lancia e indietreggi• immediatamen-
te, in modo che il ferito rimanesse solo nel cerchio di pietre.
Wlenca url•. Era una ferita terribile, inflitta in modo da
farlo morire lentamente, tra sofferenze atroci, ma dai suoi
sussulti di morte un indovino esperto, come Balise o Morga-
na, sarebbe stato in grado di prevedere il futuro del regno.
Balise, destatosi dal suo torpore, osserv• il sassone che
barcollava con una mano premuta sul ventre e il corpo pie-
gato su se stesso per resistere al tremendo dolore. Anche Ni-
mue si sporgeva ansiosamente in avanti perch‚ assisteva per
la prima volta a quella potentissima divinazione e voleva im-
pararne i segreti.
Confesso di avere fatto una smorfia, non perch‚ la cerimo-
nia mi inorridisse, ma perch‚ avevo provato simpatia per
Wlenca. Mi consolai pensando che con il sacrificio avrebbe
ottenuto un posto da guerriero nell'Oltretomba, e che laggi—
ci saremmo rivisti, un giorno.
Wlenca aveva smesso di gridare e ora ansimava disperata-
mente. Tremava, ma in qualche modo riusciva a stare in pie-
di, mentre avanzava in direzione del sole. Arriv• al cerchio
di pietre e per un momento ci parve di vederlo crollare a ter-
ra, poi inarc• la schiena in uno spasmo di dolore e si pieg•
di nuovo in avanti. Gir• su se stesso, schizzando sangue dap-
pertutto, e fece alcuni passi verso nord. Infine cadde a terra,
continuando a sussultare nell'agonia, e Balise e Morgana
tennero debitamente conto di ciascuno di quegli spasmi.
Morgana si avvicin• a lui per osservarlo pi— attentamente;
per qualche istante, il ragazzo scosse le gambe, poi gli si rila-
sciarono le budella, la testa gli si rovesci• all'indietro e, con
un rantolo, un fiotto di sangue gli usci dalla bocca. Qualche
goccia arriv• fino alla profetessa. Il sassone era morto.
Qualcosa nell'atteggiamento di Morgana faceva pensare
che il presagio non fosse buono, e l'inquietudine si diffuse
tra la folla che attendeva l'annuncio. Morgana ritorn• ac-
canto al vecchio druido che ridacchi• in modo irriverente.
Nimue, intenta a osservare la scia di sangue e il corpo, rag-
giunse Morgana e Balise. La folla continu• ad aspettare.
Morgana infine ritorn• vicino al corpo. Si rivolse a
Owain, il campione del re che stava vicino al piccolo Mor-
dred, ma tutti tesero l'orecchio per sentirla parlare.
- Re Mordred godr… di una lunga vita - disse. - Con-
durr… i guerrieri in battaglia e conoscer… la vittoria.
La folla trasse finalmente il respiro. Il vaticinio poteva es-
sere interpretato come favorevole, anche se tutti sapevano
che molti particolari erano stati taciuti; se ne accorsero so-
prattutto coloro che ricordavano la proclamazione di Uther,
allorch‚ la scia di sangue e i sussulti del moribondo avevano
previsto correttamente un regno lungo e glorioso. Comun-
que, il pronostico scaturito dalla morte di Wlenca permette-
va di nutrire qualche speranza.
Con la morte del prigioniero, la proclamazione di Mor-
dred era terminata. La povera Norwenna, sepolta accanto al
Sacro Rovo dell'Isola di Cristallo, avrebbe voluto un rito
completamente diverso, ma anche se mille vescovi e una le-
gione di santi fossero venuti ad acclamare Mordred che sali-
va sul trono, i presagi sarebbero stati infausti lo stesso.
Perch‚ Mordred, il nostro re, era storpio, e non c'era bar-
ba di druido o di vescovo che potesse cambiare questo stato
di cose.
Il principe Tristano di Kernow giunse quel pomeriggio.
Eravamo nella grande sala e festeggiavamo Mordred, ma a
celebrazione mancava di allegria. L'arrivo di Tristano la rese
ancor meno allegra.
Nessuno lo vide finch‚ il principe non si avvicin• al fuoco
centrale e le fiamme non luccicarono sulla sua corazza di
cuoio e sul suo elmo di ferro. Tristano aveva sempre dimo-
strato amicizia verso il nostro regno e il vescovo Bedwin lo
accolse con simpatia, ma per tutta risposta il principe
sguain• la spada.
Quel gesto richiam• immediatamente l'attenzione di tutti,
perch‚ nessuno portava un'arma in una sala dei banchetti,
tanto meno ai festeggiamenti per l'incoronazione di un re.
Alcuni erano gi… ubriachi, ma tacquero nel vedere il giovane
dai capelli neri.
Bedwin cerc• di ignorare la spada. - Sei venuto per l'in-
coronazione, principe? Peccato che tu sia arrivato in ritardo.
Ma d'inverno, si sa, Š difficile viaggiare. Ti siedi con noi? Ac-
canto al generale Agricola? Faccio portare qualcosa da man-
giare.
- Sono venuto a difendere con le armi il mio diritto - dis-
se Tristano a voce alta. Aveva lasciato fuori della porta le sei
guardie che lo accompagnavano. Erano uomini dall'aria tru-
ce, con l'armatura e il mantello; i loro scudi erano imbracciati
nel giusto verso e le loro lance erano lucide e affilate.
- Armi! - esclam• Bedwin. - Non in una giornata cos
fausta, principe!
Alcuni dei guerrieri cominciarono a irridere Tristano. Era-
no sufficientemente ubriachi da trovare divertente l'idea di
un duello, ma il giovane non li ascolt•. - Chi parla per il
vostro regno? - chiese.
Per qualche istante, nessuno seppe che cosa rispondere. Pa-
r‚cchi dei presenti - Owain, Art—, Gereint e Bedwin - aveva-
no l'autorit… per farlo, ma nessuno era superiore agli altri. Il
principe Gereint scosse la testa, Owain fiss• Tristano con aria
minacciosa, mentre Art— indic• rispettosamente Bedwin.
Infine, il vescovo intervenne, esitante: - Come capo dei
consiglieri del regno, s, posso parlare in nome di re Mordred.
- Allora riferisci a re Mordred -. disse Tristano - che
scorrer… il sangue tra le nostre nazioni se non ricever• giu-
stizia.
Bedwin si allarm• nell'udire quelle parole e alz• le mani
per tranquillizzare il principe di Kernow, mentre pensava a
una risposta. Ma non gli venne in mente nulla.
Fu Owain a parlare. - DI' quello che devi dire.
Un gruppo di sudditi di mio padre - rispose Tristano
ha ottenuto la protezione del grande re Uther. Sono venu-
_ti nel vostro paese dietro richiesta di Uther per lavorare co-
me minatori e vivere in pace con i loro vicini, ma la scorsa
estate alcuni di quei vicini si sono recati alla miniera e hanno
messo il villaggio a ferro e fuoco.
Il principe s'interruppe per un istante, poi prosegu. - Cin-
quantotto morti, di' al tuo re, e il loro prezzo del sangue sar…
il valore delle loro vite pi— la vita di colui che ha ordinato la
strage, altrimenti verremo con le armi.
Owain lo schern. - Uno staterello come Kernow? Che
paura!
I guerrieri vicino a me scoppiarono a ridere. Il Kernow era
un piccolo regno, incapace di tener testa alle forze della
Dumnonia. Il vescovo Bedwin cerc• di far tacere i soldati,
ma la sala era piena di gente ubriaca che rifiut• di calmarsi
finch‚ lo stesso Owain non impose il silenzio.
- Ho sentito dire, principe - osserv• il campione del re
- che ad attaccare nella brughiera sono stati gli Scudi Neri
irlandesi.
Tristano sput• in terra. - Se sono stati loro, devono esse-
re arrivati volando, perch‚ nessuno li ha visti passare e in
Dumnonia non hanno rubato neppure un uovo.
- Questo perch‚ hanno paura della Dumnonia e non del
Kernow - disse Owain, e tutti scoppiarono di nuovo a ri-
dere.
Art— attese che smettessero, poi intervenne. - Conosci
qualcuno - domand• cortesemente a Tristano - oltre agli
Scudi Neri, che potrebbe aver avuto interesse ad attaccare
quei minatori? - >.:
Tristano si guard• attorno per osservare gli uomini seduti
nella sala. Scorse la testa pelata del principe Cadwy di Isca e
lo indic• con la propria spada.
- Chiedi a lui - disse. - O meglio - continu• alzando
la voce - interroga il testimone che ho portato con me.
Cadwy era gi… in piedi e gridava di portargli la spada; i
suoi guerrieri tatuati minacciavano di massacrare l'intero
Kernow.
Art— batt‚ la mano sul tavolo per fare silenzio. Agricola,
che sedeva accanto a lui, teneva gli occhi bassi perch‚ la lite
non lo riguardava, ma senza dubbio non perdeva una sillaba.
- Se qualcuno versa del sangue questa notte - minacci•
Art— - Š mio nemico.
Attese che Cadwy e i suoi uomini si fossero calmati, poi
guard• di nuovo Tristano. - Fa' venire il testimone.
- Si, fallo venire - conferm• il vescovo Bedwin, deside-
roso di risolvere l'increscioso episodio.
Gli uomini che erano in fondo alla sala' si avvicinarono,
ma si misero a ridere quando comparve il testimone di Tri-
stano: una bambina di otto o nove anni, che venne avanti ri-
gidamente e si ferm• accanto al suo principe.
Tristano le pos• la mano sulla spalla. - Sarlinna figlia di
Edain - la present•. - Di' quello che devi dire.
Sarlinna si lecc• le labbra, poi si rivolse ad Art—, forse per-
ch‚ non aveva riso. - Mio padre Š stato ucciso, mia madre Š
stata uccisa, i miei fratelli e le mie sorelle sono stati uccisi...
Parlava come se ripetesse un discorso imparato a memo-
ria, ma nessuno dubit• della verit… di quelle parole. - An-
che la mia sorellina piccola Š stata uccisa - prosegu la bam-
bina - e il mio gattino Š stato ucciso. - Le spunt• una
lacrima. - E io li ho visti mentre li uccidevano.
Art— annu. Agricola si pass• una mano nei capelli corti e
grigi, poi guard• di lato. Owain beveva; il vescovo Bedwin
era preoccupato.
- Hai davvero visto gli uccisori? - chiese Bedwin.
- S, signore.
- Ma era notte, bambina - comment• il vescovo. -
Non sono stati attaccati di notte, principe? - domand• a
Tristano. In Dumnonia tutti avevano saputo del massacro
nella brughiera, ma avevano creduto all'asserzione di Owain
che fosse stato commesso dagli irlandesi. - Come hai potu-
to vedere, se era notte? - chiese ancora Bedwin.
Tristano tocc• la spalla della bambina in segno d'incorag-
giamento. - Di' a sua signoria il vescovo com'Š successo.
- Gli uomini hanno gettato delle torce nella nostra ca-
panna - spieg• Sarlinna con un filo di voce.
- Non ne hanno gettate abbastanza - comment• un sol-
dato. Tutti risero.
- Come ti sei salvata, Sarlinna? - le domand• gentil-
mente Art—.
- Mi sono nascosta. Sotto una pelle.
Art— sorrise. - Hai fatto molto bene. Ma hai visto l'uomo
che ha ucciso tuo padre e tua madre? - E dopo un istante
aggiunse: - E il tuo gattino?
La bambina annu. Aveva gli occhi pieni di lacrime. - Si.
L'ho visto.
- Allora parlaci di lui.
Sarlnna indossava un pesante mantello di lana e, sotto, una
veste grigia. Ora sollev• il mantello e si rimbocc• la manica.
- Signore, l'uomo aveva qui sul braccio il disegno di un dra-
go. E sull'altro - e di nuovo indic• il punto - un cinghiale.
Fiss• Owain. - E portava anelli di ferro nella barba.
La bambina non aggiunse altro, ma non ce n'era bisogno.
C'era soltanto un uomo che portava anelli da guerriero nella
barba, e tutti avevano visto i tatuaggi sulle braccia di Owain,
quel pomeriggio.
Scese il silenzio. Dal fuoco giunse uno scoppiettio, dal tet-
to uno scroscio di pioggia. Agricola guardava il suo bicchie-
re come se non l'avesse mai visto in precedenza. Infine,
Owain si gir• verso la bambina.
- Ha mentito - disse con severit… - e i bambini che
mentono devono essere puniti con la frusta.
Sarlinna cominci• a piangere e nascose la faccia nel man-
tello di Tristano. Il vescovo Bedwn aggrott• la fronte.
- E' vero Owain - chiese - che sei stato in visita dal
principe Cadwy alla fine dell'estate?
- Certo - rispose Owain indignato. - Perch‚?
Lo disse in tono di sfida. - Qui ci sono i miei guerrieri
continu• indicando il nostro gruppo che sedeva a poca di-
stanza. - Chiedi a loro. Sulla mia parola, la bambina mente.
Nella sala tutti si misero a urlare e a insultare Tristano.
Sarlinna piangeva cos forte che il principe si chin• e la prese
in braccio, mentre il vescovo Bedwin cercava di ristabilire il
silenzio.
- Se Owain d… la sua parola - disse il vescovo - allora
la bambina mente.
I guerrieri gridarono che Bedwin aveva ragione. Mi accor-
si che Art— mi guardava, e finsi di cercare qualcosa nel mio
piatto.
Il vescovo Bedwin cominciava a pentirsi di aver invitato la
bambina a testimoniare. Si pass• le dita nella barba, poi
scosse la testa. In tono di scusa disse: - La parola di una
bambina non ha peso, legalmente. Una bambina non rientra
fra coloro che "hanno la lingua".
Coloro che "avevano la lingua" erano le nove categorie di
testimoni la cui deposizione, per legge, era sempre ritenuta
veritiera: un feudatario, un druido, un prete, un padre che
parlava dei figli, un magistrato, un donatore che parlava del
dono, una fanciulla che parlava della sua verginit…, un pa-
store che parlava dei suoi animali e un condannato che pro-
nunciava le sue ultime parole. La lista non comprendeva le
bambine che parlavano del massacro dei famigliari.
Il vescovo si rivolse a Tristano. - Invece, come feudatario,
Owain ha la lingua.
Tristano era impallidito, ma non era disposto a tirarsi in-
dietro. - Io credo alla bambina - ribatt‚. - Domani, al le-
var del sole, verr• a ricevere la risposta della Dumnonia, e se
quella risposta non dar… giustizia a Ke-rnow, mio padre verr…
a farsi giustizia da solo.
- che succede a tuo padre? - lo scherni Owain. - S'Š
gi… stancato della sua nuova moglie? Tanto per cambiare
vuole prenderle in battaglia?
Tristano si allontan• in mezzo alle risate, risate che diven-
nero sempre pi— forti perch‚ i soldati cercavano di immagi-
nare il piccolo regno di Kernow che dichiarava guerra alla
Dumnonia.
Io non risi con gli altri, e finii di mangiare la mia razione
perch‚ volevo mettermi qualcosa di caldo in corpo prima del
mio turno di guardia sulle mura che cominciava alla conclu-
sione del festino. Non avevo bevuto, e perci• ero perfetta-
mente lucido quando andai a prendere mantello, lancia, spa-
da ed elmo e raggiunsi il mio posto di guardia. Aveva smesso
di piovere e il vento aveva spazzato via le nuvole. La luna era
al quarto e illuminava la Rocca, ma da ovest, nella direzione
del Mare di Severn, stavano arrivando altre nubi scure. Presi
a camminare avanti e indietro sul mio tratto di mura.
E lass— mi raggiunse Art—.
In un certo senso, sapevo che sarebbe venuto a cercarmi.
Dapprima non disse nulla; si limit• ad appoggiarsi ai pali di
legno che uscivano dall'alto muro di pietre e terra e a fissare
le lontane luci dell'Isola di Cristallo. Indossava il mantello
bianco e l'aveva sollevato per non sporcarlo di fango, legan-
dosene le falde sul petto.
- Non intendo farti domande sul massacro della brughie-
ra - disse infine - perch‚ non voglio spingere nessuno a in-
frangere un giuramento di morte, tanto meno una persona
che mi Š simpatica.
- Certo, signore - risposi io, chiedendomi come avesse
fatto a capire che si trattava proprio di quel tipo di giura-
mento.
- Perci•, facciamo una passeggiata - mi propose indi-
cando le mura. - Una sentinella che cammina si scalda. Mi
hanno detto che sei un buon soldato.
- Cerco di esserlo.
- E ci riesci, mi hanno detto. - S'interruppe perch‚ pas-
savamo davanti a uno dei miei compagni. L'uomo mi guard•
con sospetto: temeva che potessi tradire Owain. Art— si sfil•
il cappuccio. - Secondo te-, Derfel - domand• - qual Š il
compito di un soldato?
Combattere le battaglie, signore.
Lui scosse la testa e mi corresse. - Combattere le battaglie
per coloro che non sono in grado di farlo. L'ho imparato nel-
le Gallie. Questo mondo Š pieno di gente che non pu• com-
battere, ed Š facile deridere i deboli, soprattutto se sei un sol-
dato. Sei un guerriero e vuoi la figlia di un uomo? La prendi.
Vuoi la sua terra? Lo uccidi. Tu hai la spada e lui Š solo un
pover'uomo con la mucca malata; chi ti pu• fermare?
Non s'aspettava una risposta. Camminando lungo le mura
eravamo arrivati alla porta principale. - Ma la verit… - ri-
prese Art— - Š che noi siamo soldati perch‚ quel pover'uo-
mo ce lo permette. E' lui a coltivare il grano che mangiamo,
a conciare il cuoio che ci protegge, a piantare gli alberi da
cui ricaviamo le aste per le nostre lance. Noi dobbiamo ser-
virlo.
- S, signore. - Pensavo che la notte in cui era nato Mor-
dred faceva ancora pi— freddo, ma che quella sera almeno
non c'era il vento.
- Tutto ha uno scopo dunque - continu• Art—. - Anche
essere un soldato. Mi sorrise. Io avevo sempre voluto fare
il soldato perch‚ i soldati godevano di un'elevata considera-
zione, e non ero mai andato al di l… di queste ambizioni egoi-
stiche. Ma Art— aveva riflettuto a lungo su quell'argomento,
e ora mi esponeva le sue conclusioni.
- Abbiamo la possibilit… di creare un regno in cui potre-
mo servire il nostro popolo. Non possiamo dargli la felicit…,
ma possiamo farlo vivere al sicuro, e un uomo che si sente al
sicuro, che non teme che i suoi figli diventino schiavi o che il
prezzo nuziale della figlia sia annullato perch‚ un guerriero
l'ha violentata, Š pi— felice di un uomo che vive sotto la con-
tinua minaccia di una guerra. Non ti pare?
- Certo, signore.
Si soffreg• le mani per riscaldarle. Dalla sala ci giunse uno
scoppio di risate. Il cibo era pessimo, come sempre durante
l'inverno, ma c'era molto vino, anche se n‚ io n‚ Art— aveva-
mo bevuto. - Odio la guerra - disse all'improvviso.
- Davvero? - chiesi, sorpreso.
- Certo. - Mi sorrise. - Si d… il caso che io sia bravo a
far la guerra, e probabilmente lo sei anche tu, ma questo si-
gnifica che dobbiamo usarla saggiamente. Sai che cosa Š suc-
cesso nel Gwent quest'autunno?
- Hai ferito il re di Powys - risposi. - Gli hai staccato
un braccio.
- S, Š vero - mi raccont•. - I miei cavalli non sono
molto utili sui monti, e neppure nei boschi; cos li ho portati
a nord, nelle pianure del Powys. Gorfyddyd cercava di ab-
battere le mura di Tewdric, e allora ho cominciato a bruciare
fienili e depositi di grano nel suo regno. Abbiamo bruciato,
abbiamo ucciso. L'abbiamo fatto bene, e Gorfyddyd Š stato
costretto a ritornare nelle proprie pianure dove i miei cavalli
potevano vincerlo. E cos Š stato. Poi il massacro Š finito: vo-
levamo solamente far capire loro che Š meglio essere in pace
con noi. E adesso faremo la pace.
- Durer…? - chiesi io, dubbioso. Molti di noi credevano
che con la primavera sarebbe giunto un altro attacco da par-
te del re di Powys.
- Il figlio di re Gorfyddyd Š un uomo sensato - mi
spieg• Art—. - Si chiama Cuneglas e vuole la pace. Dobbia-
mo solo dargli il tempo di convincere il padre, e quando ci
sar… riuscito, Gorfyddyd convocher… un consiglio e io spo-
ser• sua figlia, Ceinwyn.
Mi guard• con aria leggermente imbarazzata. - La chiama-
no "Seren", la stella! La stella di Powys. Dicono sia bellissima.
L'idea pareva attrarlo e questo mi sorprese, ma non avevo
ancora conosciuto la sua vanit….
- Speriamo che sia davvero bella - concluse. - Ma bel-
la o no, la sposer• e faremo anche la pace con la Siluria. Co-
s i sassoni si troveranno ad affrontare Powys, Gwent, Dum-
nonia e Siluria, in pace e alleate tra loro.
Rise, e io risi con lui.
- Come fai a essere cos certo che tutto questo si avve-
rer…? - gli chiesi.
- Perch‚ queste condizioni di pace mi -sono state offerte
da Cuneglas, e tu non devi parlarne con nessuno, altrimenti
potrebbero sorgere ostacoli. Neppure re Gorfyddyd le cono-
sce, e perci• Š un segreto fra te e me.
- Certo, signore - risposi, lieto di condividere un segreto
cos importante. Ma, come ho gi… detto, Art— era sempre sta-
to molto abile nel manipolare le persone, e in particolar modo
i giovani idealisti.
- Ma a che serve la pace - continu• Art— - se lottiamo
tra noi? Dobbiamo dare a Mordred un regno ricco e pacifi-
co, e perch‚ sia pacifico deve essere giusto. - Mi fiss•. -
Non possiamo avere la pace se violiamo i nostri trattati, e il
trattato con quei minatori del Kernow era onesto. Probabil-
mente ci ingannavano, tutti gli uomini ingannano i re quan-
do si tratta di pagare le tasse, ma era una ragione sufficiente
per uccidere loro, i loro figli e i gatti dei loro figli?
Poi prosegu. - Cos, in primavera, a meno che non si
chiuda adesso questa faccenda, avremo la guerra invece della
pace. Re Mark ci attaccher…. Non vincer…, ma i suoi uomini
uccideranno molti dei nostri contadini, e noi dovremo man-
dare nel Kernow una squadra di guerrieri. E' un pessimo po-
sto per combattere, ma alla fine vinceremo. A che prezzo,
per•? Trecento contadini morti? E se Gorfyddyd ci vedr… im-
pegnati a occidente, tenter… di approfittare della nostra de-
bolezza attaccandoci da settentrione. Possiamo portare la
pace, Derfel, ma solo se saremo abbastanza forti per portare
la guerra. Se appariremo deboli, i nostri nemici piomberan-
no su di noi come falchi. E quanti sassoni dovremo affronta-
re il prossimo anno? Possiamo davvero mandare degli uomi-
ni al di l… del fiume Tamar per uccidere dei contadini nel
Kernow?
- Signore... - dissi, e stavo quasi per confessare tutto,
ma Art— mi fece segno di tacere.
- Non devi parlare di quello che Š successo nella brughie-
ra. I giuramenti sono sacri, anche per chi dubita degli dŠi.
Ma facciamo un'ipotesi, Derfel: supponiamo che la bambina
portata da Tristano abbia detto la verit…. Che cosa significa?
Io guardai lontano, nella notte. - La guerra con il regno
di Kernow - risposi.
- No - disse Art—. - Significa che domattina, quando Tri-
stano ritorner…, qualcuno dovr… lanciare la sfida. Gli dŠi, a
quanto si dice, favoriscono gli onesti in questo genere di scontri.
Scossi la testa. - Tristano non sfider… Owain - osservai.
- No, se ha un po' di buon senso - convenne Art—. - An-
che gli dŠi troverebbero difficile far vincere Tristano contro
Owain. Perci•, se vogliamo la pace e tutto ci• che ne nascer…,,
qualcuno dovr… fare da campione a Tristano. Vero?
Lo guardai inorridito. - Tu? - gli chiesi.
Art— si strinse nelle spalle. - Non so chi altri - rispose.
- Ma puoi fare una cosa per me.
- Qualsiasi cosa - gli assicurai. - Qualsiasi cosa. - In
quel momento avrei persino affrontato Owain al posto suo.
- Un uomo che scende in campo - disse Art— lentamente
- dovrebbe sapere che combatte per una giusta causa. Ma
forse gli Scudi Neri irlandesi hanno davvero attraversato il
paese senza essere visti, o forse i loro druidi li hanno fatti vo-
lare. Gli dŠi, domani, penseranno che la mia sia una giusta
causa? Tu che ne pensi?
Me lo aveva chiesto senza alcun tono di voce particolare,
come se mi domandasse che tempo faceva. Io lo fissai; vole-
vo disperatamente evitargli quel duello contro il miglior
guerriero della Dumnonia.
- Allora? - insistette.
- Gli dŠi... - iniziai. ma avevo difficolt… a parlare, per-
ch‚ Owain era stato gentile con me. Il campione del regno
mi era sempre piaciuto, nonostante i suoi imbrogli. Eppure,
l'onest… di Art— mi piaceva ancora di pi—. Per un momento
mi domandai come rispondere senza infrangere il giuramen-
to, poi dissi: - Gli dŠi ti aiuteranno.
- Grazie, Derfel.
- Ma perch‚ correre un simile rischio?
Art— si gir• a guardare la luna, e per qualche tempo non
rispose. Poi disse: - Alla morte di Uther, il regno Š piomba-
to nel caos. Non abbiamo un re. Mordred Š un bambino, e
qualcuno deve esercitare il potere finch‚ lui non avr… l'et…
per farlo. E il potere deve essere in mano a un solo uomo,
Derfel, non a tre o quattro o dieci: a uno solo.
Mi fiss•. - Anch'io preferirei che non fosse cos, credimi.
Preferirei invecchiare al fianco del mio amico Owain, ma
non Š possibile. Occorre conservare il potere per Mordred, e
usarlo bene e secondo giustizia per mantenerlo intatto. Que-
sto significa che non possiamo permetterci quest'infinita se-
rie di lotte tra uomini che vogliono il potere. Il potere dovr…
essere nelle mani di un uomo solo che non sia re, e quell'uo-
mo dovr… poi rinunciarvi per darlo a Mordred. Ma Š quello
che fanno i soldati, ricordi? Combattono le battaglie per le
persone troppo deboli per combatterle personalmente. Per-
ci•, domani combatter• per Mordred e per quella bambina.
E tu - e mi premette il dito contro il petto - le troverai un
gattino.
Si volse a guardare verso occidente, poi domand•: - Se-
condo te, che cosa porteranno quelle nuvole? Neve o pioggia?
- Pioggia, probabilmente - risposi. - Come oggi.
- Speriamo. Mi hanno detto che hai parlato con quel po-
vero sassone che Š stato ucciso per conoscere il futuro. Che
cosa ti ha detto? Pi— informazioni abbiamo sui nostri nemici,
meglio Š.
Mi accompagn• per un tratto di mura, ascoltando la sto-
ria di Cerdic, il nuovo capo dei sassoni, poi mi salut• e and•
a dormire. Io, per il resto della notte, riuscii a pensare soltan-
to a Owain, che aveva tenuto a bada senza difficolt… i due
migliori guerrieri di re Tewdric.
La notte fu lunga e molto fredda. Ma io mi auguravo che
l'alba non giungesse mai.
La mia previsione si avver• perch‚ all'alba cominci• a pio-
vere. Tristano, che aveva passato la notte in un piccolo vil-
laggio nelle vicinanze della Rocca di Cadarn, sal sotto la
pioggia battente la rampa che portava alla nostra porta. Era
accompagnato dalle sue sei guardie e dalla bambina, e cerca-
vano di passare sull'erba secca ai lati della rampa per non
scivolare sul fango. La porta era aperta e nessuna sentinella
blocc• il principe di Kernow, quando arriv• in cima alla sali-
ta e attravers• il cortile fino alla grande sala.
Laggi— non trov• nessuno ad aspettarlo. La sala era piena
di ubriachi, di avanzi di cibo e di cani. Tristano assest• qual-
che calcio a uno dei guerrieri, per svegliarlo e mandarlo a
chiamare il vescovo Bedwin o un'altra persona autorevole.
- Se qualcuno conserva ancora un po' di autorit…, in questo
paese - aggiunse.
Dal cortile arriv• Bedwin, con un pesante mantello per
proteggersi dalla pioggia. - Principe - ansim•. - Accetta
le mie scuse. Non ti aspettavo cos presto. Che brutto tempo,
vero? - Scosse il mantello per asciugarlo. - Comunque,,
meglio la pioggia che la neve.
Tristano non disse nulla.
- Possiamo offrirti qualcosa? - prosegu il vescovo. -
Pane? Vino caldo? La minestra dovrebbe gi… essere sul fuo-
co. - Si guard• intorno per cercare qualcuno da mandare
in cucina, ma gli uomini dormivano come sassi. - E tu,
bambina? - chiese a Sarlinna, chinandosi verso di lei. - Avrai
fame.
- Veniamo per avere giustizia, non cibo - disse Tristano
con severit….
- Ah, certo, certo. - Bedwin si gratt• la barba. - La
giustizia - disse vagamente, poi annu. - Ho pensato alla
questione, principe, certo, e ho pensato che una guerra non Š
affatto auspicabile. Sei d'accordo, vero?
Si attendeva una risposta, ma Tristano continu• a tacere.
- Un tale spreco di vite e di beni! - continu• il vescovo.
- E anche se non posso trovare colpa in Owain, ammetto
che sarebbe stato nostro dovere proteggere i tuoi compatrio-
ti nella nostra brughiera. Non abbiamo fatto il nostro dove-
re, purtroppo. Perci•, principe, se tuo padre accetter…, natu-
ralmente, pagheremo il prezzo del sangue per quegli uomini,
anche se non - e' qui Bedwin rise a disagio - per il gatto.
Tristano lo guard• con ira. - E l'uomo che li ha uccisi?
Bedwin si strinse nelle spalle. - Che uomo? Non sappia-
mo chi sia.
- Owain - disse Tristano - che quasi certamente Š stato
pagato da Cadwy.
Bedwin scosse subito la testa. - No, no, non pu• essere,
principe. - Guard• Tristano con aria implorante. - Princi-
pe, mi addolorerebbe una guerra tra i nostri due regni. Ho
offerto quello che potevo offrire, e far• dire preghiere per i
vostri morti, ma non posso smentire un uomo che giura sulla
sua innocenza.
- Io posso farlo - disse Art—.
Era rimasto in fondo alla sala, dove era stata allestita la
cucina, e aveva ascoltato il discorso tra i due; adesso aveva
aperto la tenda che separava gli ambienti. Anch'io mi trova-
vo laggi—, e lo seguii.
Bedwin lo guard• senza capire. - Principe Art—?
Art— si fece avanti, passando tra i corpi addormentati.
- Se l'uomo che ha ucciso quei minatori non sar… pu-
nito, Bedwin, potrebbe assalire altri villaggi. Non sei d'ac-
cordo?
Il vescovo si strinse nelle spalle e allarg• le braccia. Trista-
no aveva aggrottato la fronte perch‚ non capiva dove Art—
volesse arrivare.
Art— si ferm• accanto a uno dei pali che reggevano il sof-
fitto. - E perch‚ dovrebbe essere il regno a pagare il prezzo
del sangue, se non Š stato il regno a uccidere?
Bedwin protest•. - Non sappiamo chi sia stato!
- Allora dobbiamo provare la sua identit….
- Non possiamo - spieg• Bedwin. - La bambina non
pu• testimoniare, e Owain, se Š di lui che stai parlando, ha
giurato la propria innocenza; perch‚ perdere tempo in un
processo? La sua parola Š sufficiente.
- In un tribunale di parole, s - rispose Art— - ma c'Š an-
che il tribunale delle spade, e sulla mia spada, Beduin - s'in-
terruppe per estrarre Excalibur - io affermo che Owain, cam-
pione della Dumnonia, ha danneggiato i nostri cugini di
Kernow e che lui, e nessun altro, deve pagare il prezzo.
Piant• la spada nel terreno e fece un passo indietro. Per
un momento, mi domandai se gli dŠi dell'Oltretomba sareb-
bero comparsi ad aiutare Art—, ma vidi muoversi solo i guer-
rieri destati dai discorsi di quei tre uomini.
Bedwin rimase a bocca aperta. Per qualche istante non
seppe che cosa rispondere. - Tu... - inizi• e non prosegu.
Tristano era impallidito. Ora scosse la testa. - Se qualcuno
deve impugnare la spada - disse ad Art— - quello sono io.
Art— gli sorrise. - Io l'ho chiesto per primo.
- No? - esclam• Bedwin che aveva finalmente ritrovato
la voce. - Non pu• essere?
Art— indic• la spada. - Puoi raccoglierla tu, Bedwin.
- No! - Bedwin era desolato. Vedeva gi… morire la prin-
cipale speranza della Dumnonia, ma, prima che potesse par-
lare, Owain entr• nella sala. Aveva i capelli e la barba ba-
gnati. il petto nudo scintillava di pioggia.
Guard• Bedwin, poi Tristano e Art— e la spada. Aveva
un'aria perplessa. - Sei impazzito? - chiese ad Art—.
- La mia spada - disse Art— - proclama che sei colpe-
vole della contesa tra noi e Kernow.
Owain si rivolse ai suoi guerrieri che gi… si affollavano alle
sue spalle. - E' pazzo - ripet‚. Il campione aveva gli occhi
rossi e la faccia tirata. Aveva continuato a bere per gran par-
te della notte, poi aveva dormito male, ma la sfida sembr•
infondergli nuova energia. Sput• in direzione di Art—.
- Adesso ritorno nel letto di quella cagna di Ladwyn. Al
risveglio, mi accorger• che era solo un sogno.
- Sei un vile, un assassino e un bugiardo - disse Art—
con calma, mentre Owain si allontanava. A quelle parole,
tutti rimasero senza fiato.
Owain torn• indietro. - Poppante! - esclam•. Si avvi-
cin• a Excalibur e la gett• a terra: il gesto ufficiale per indi-
care che accettava la sfida. - La tua morte, Poppante, sar…
parte del sogno. Usciamo.
Con un cenno della testa, indic• il cortile. Il duello non si
poteva svolgere nella sala, per non attirare su quell'ambiente
la cattiva sorte. Perci• gli uomini dovevano combattere
all'esterno, sotto la pioggia.
L'intera fortezza era ormai sveglia. Molti abitanti di Lindi-
nis avevano dormito alla Rocca di Cadarn quella notte, e ora
volevano vedere il duello. C'erano Lunete, Nimue e Morga-
na. Tutti corsero al cerchio delle pietre, dove la tradizione
voleva che si svolgesse l'incontro.
Il generale Agricola, con un mantello rosso sulla sua splen-
dida armatura romana, stava accanto a Bedwin e al principe
Gereint, mentre re Melwas era tra le sue guardie. Tristano si
trovava dall'altra parte del cerchio, e anch'io ero da quella
parte. Owain mi vide laggi— e pens• che lo avessi tradito.
- La tua anima finir… nell'Oltretomba immediatamente
dopo quella di Art—! - mi minacci•, ma Art— proclam• che
ero sotto la sua protezione.
- Ha infranto un giuramento - grid• Owain indicandomi.
- Sulla mia parola - rispose Art— - non ha infranto
nessun giuramento.
Si tolse il mantello e lo pieg• accuratamente prima di po-
sarlo su una delle pietre. Indossava un paio di calzoni, gli sti-
vali, una sottile giubba di cuoio senza maniche, e la tunica di
lana. Owain era invece a torso nudo e portava dei calzoni
stretti da fasce di cuoio incrociate e dei pesanti scarponi
chiodati. Art— si sedette sulla pietra e si sfil• gli stivali: prefe-
riva combattere a piedi nudi.
- Non Š necessario - gli disse Tristano.
- Purtroppo lo Š - rispose Art—. Si alz• ed estrasse Exca-
libur dal fodero.
- Usi la tua spada magica, Art—? - lo derise Owain. - Hai
paura di combattere con una spada normale?
Art— rinfoder• Excalibur e la pos• sul mantello. Si gir•
verso di me.
- Derfel, quella Š la spada di Hywel?
- Si, signore.
- Me la presteresti? Prometto di restituirtela.
- Cerca di vivere per mantenere la promessa - gli dissi,
estraendo la spada dal fodero e porgendogliela dalla parte
dell'impugnatura. Lui la prese, poi mi domand• di andare a
procurargli una manciata di cenere. Io corsi a prenderla nel-
la sala e Art— la vers• sul cuoio dell'impugnatura, per riusci-
re a stringerla meglio.
Si gir• verso Owain. - Se preferisci combattere dopo es-
serti riposato, posso aspettare.
- Poppante! - esclam• Owain. - Sei sicuro di non vo-
lerti mettere la tua armatura di scaglie di pesce?
- Con la pioggia si arrugginisce.
- Ah, un guerriero per il bel tempo - rise Owain vibran-
do alcuni colpi di spada nell'aria. Dietro al muro di scudi,
preferiva combattere con una lama corta, ma era temibile
con ogni lunghezza di spada. - Sono pronto, poppante.
Il vescovo Bedwin fece un ultimo sforzo per fermare il
duello. Nessuno dubitava dell'esito di quella lotta: Art— era
alto, ma alquanto sottile se paragonato alla massa di musco-
li di Owain, e questi non era mai stato sconfitto in battaglia.
Tuttavia, Art— pareva abbastanza sicuro di s‚ quando prese
posto nel cerchio di pietre.
- Vi sottomettete al giudizio delle spade> - chiese
Bedwin, e tutt'e due annuirono.
- Allora, che Dio vi benedica e che dia la vittoria alla ve-
rit… - disse Bedwin. Si fece il segno della croce e usc dal
cerchio.
Come ci eravamo aspettati, Owain si lanci• subito all'as-
salto, ma a met… del cerchio, vicino alla pietra reale, il piede
gli scivol•, e fu Art— ad attaccare.
Pensavo che combattesse con calma, sfruttando gli inse-
gnamenti di Hywel, ma quella mattina, sotto la pioggia, vidi
come Art— cambiava in battaglia. Diventava un demone
dell'inferno. Tutta la sua energia si era riversata su un unico
scopo, la morte dell'avversario, e sferr• a Owain un colpo
dietro l'altro, obbligandolo a indietreggiare. Art— gli sputava
contro, lo insultava, continuava a colpire e costringeva il
campione del re a stare sempre sulla difensiva.
Owain lott• bene. Nessun altro sarebbe riuscito a resistere
a quell'attacco. I suoi stivali scivolavano nel fango, e pi— volte
lo vedemmo cadere in ginocchio, ma riusci sempre a rialzarsi.
Nel vedere Owain in difficolt…, capii in parte la sicurezza
di Art—. Aveva confidato nella pioggia per rendere scivoloso
il terreno, e contava anche sulla stanchezza di Owain dopo
una notte di baldoria. Eppure non riusciva a spezzare la
guardia dell'avversario, anche se continuava a ricacciarlo
verso il punto del cerchio delle pietre dove si scorgeva anco-
ra il sangue di Wlenca, sotto forma di una macchia scura nel
fango.
E laggi—, accanto al sangue del sassone, la sorte di Owain
cambi•. Art— scivol• nel fango, e anche se si riprese subito,
quella piccola apertura fu sufficiente al campione. Fece un
affondo, veloce come il lampo. Art— par•, ma la spada di
Owain s'infil• nella giubba di cuoio e lo fer sul fianco. Art—
par• di nuovo, indietreggiando sotto i colpi. Gli uomini di
Owain acclamarono il loro capo, che si lanci• sull'avversa-
rio per schiacciarlo con il proprio peso, ma Art—, pronto,
balz• di lato, saltando sulla pietra reale, e con un rovescio
colp Owain sulla nuca. La ferita al cuoio capelluto, come
tutte le ferite di quel genere, cominci• a sanguinare copiosa-
mente, e il sangue gli scese sulla schiena. I suoi uomini smise-
ro di acclamarlo.
Art— scese dalla pietra e torn• all'attacco, e anche questa
volta Owain fu costretto alla difensiva. Tutt'e due ansima-
vano, tutt'e due erano coperti di fango e di sangue, ed en-
trambi, per risparmiare il fiato, avevano smesso di insultar-
si. Con i capelli che grondavano, Art— continuava a colpire
a destra e a sinistra, con lo stesso ritmo con cui aveva inizia-
to la lotta. Era talmente veloce che l'avversario aveva sol-
tanto il tempo di parare. Mi tornarono in mente le parole di
Owain, quando aveva preso in giro la scherma di Art—.
L'aveva paragonato a un falciatore con la fretta di finire il
campo. Una sola volta Art— oltrepass• la guardia di Owain,
ma il campione riusc a parare, e la spada fin contro gli
anelli di ferro che portava nella barba. Owain cerc• allora
di attaccare, e Art— scivol• un'altra volta, e grid• per l'irri-
tazione; il campione grid• a sua volta, trionfalmente, e alz•
la spada per assestargli il colpo mortale. Solo allora si ac-
corse che Art— non era affatto scivolato, che era stata una
finta per indurlo ad aprire la guardia, e fu Art— a compiere
l'affondo.
In quel momento, Owain mi girava le spalle; io ero a boc-
ca aperta perch‚ credevo che Art— sarebbe morto, ma vidi la
punta della spada uscire dalla schiena del campione. L'affon-
do di Art— lo aveva trapassato da parte a parte.
Owain s'immobilizz• e la spada gli cadde di mano. Un
istante pi— tardi, con un grido fortissimo, Art— estrasse la
spada e, mentre Owain, con un'espressione d'incredulit… sul-
la faccia, cadeva in avanti, la cal• un'ultima volta sul collo
del moribondo.
Sulla Rocca di Cadarn scese il silenzio.
Art— si allontan• dal corpo e gir• lentamente su se stesso
per guardare in faccia tutti coloro che lo circondavano. La
sua espressione era dura come pietra, non c'era la minima
gentilezza nel suo sguardo, e le sue labbra erano atteggiate in
una smorfia orribile. Tutti coloro che lo conoscevano e lo
giudicavano un uomo profondamente riflessivo rimasero
sconvolti da quel cambiamento.
- Qualcuno si oppone a questo giudizio? - chiese a voce
alta.
Nessuno si opponeva. Art— si volt• verso i guerrieri del
suo avversario. - E' questa l'occasione di vendicare il vostro
signore - disse loro in tono sprezzante - altrimenti sarete
miei.
Tutti abbassarono gli occhi. Art— si rivolse a Tristano. - Il
regno di Kernow accetta il giudizio, principe?
Tristano era pallidissimo. - S - rispose.
- Il prezzo del sangue - stabil Art— - verr… pagato da-
gli eredi di Owain. - Si volse nuovamente verso i guerrieri.
- Chi vi comanda, adesso?
Griffid fece un passo avanti. - Io, signore.
- Ti presenterai da me tra un'ora, per ricevere i miei ordi-
ni. E se qualcuno di voi tocca il mio compagno Derfel, finire-
te tutti nel pozzo di fuoco. - I soldati abbassarono nuova-
mente gli occhi.
Con una manciata di fango, Art— ripuri dal sangue la spa-
da, poi me la porse. - Asciugala bene, Derfel.
- Certo, signore.
- E grazie d'avermela prestata. Una buona spada. - Chiu-
se improvvisamente gli occhi. - Dio mi perdoni - disse -
ma ho provato piacere a uccidere. Ora - aggiunse aprendo
gli occhi - io ho fatto la mia parte, e tu hai fatto la tua?
- La mia? - Lo guardai esterrefatto.
- Un gattino per Sarlinna.
- Ne ho uno, signore.
- Allora vallo a prendere - disse - e ritorna qui per fare
colazione. Hai una donna?
- Si, signore.
- Riferiscile che domani partiremo, quando il consiglio
avr… finito di deliberare.
Lo fissai con stupore. - Intendi dire...
- Intendo ' dire - mi interruppe con irritazione - che
adesso servirai me.
- Certo, signore! - esclamai. - Certo!
Raccolse la spada, il mantello e gli stivali, prese per mano
Sarlinna e si allontan• dal corpo del rivale che aveva ucciso.
Avevo trovato il mio signore.






8.

Lunete non voleva andare a
orinium, la citt… del Nord dove Art— svernava con i suoi uo-
mini. Non voleva lasciare le amiche e inoltre, aggiunse, era in-
cinta. Io rimasi a bocca aperta nell'apprenderlo.
- Mi hai sentito - disse. - Incinta. Non posso andare. E
che motivo hai per partire? Qui stavamo bene. Owain era un
buon padrone, poi tu hai rovinato tutto. Perch‚ non ci vai da
solo?
Era seduta davanti al fuoco per riscaldarsi. - Ti odio -
aggiunse e fece per sfilarsi l'anello dal dito.
- Incinta? - domandai io.
- Potrei anche non esserlo di te! - grid• Lunete, poi lasci•
stare l'anello e mi gett• un pezzo di legno in fiamme. La no-
stra schiava piangeva in fondo alla capanna e Lunete gett• un
pezzo di legno anche contro di lei.
- Ma Io devo partire - le spiegai. - Devo andare con
Art—.
- E abbandonarmi? - grid•. - Vuoi che vada a fare la
puttana? E' cos? - Gett• un altro pezzo di legno e io rinun-
ciai alla lotta.
Era l'indomani del duello con Owain ed eravamo ritornati
a Lindinis, dove il consiglio si riuniva nella villa di Art— il cui
ingresso era circondato da molte persone venute a chiedere
favori. Dall'altra parte della villa, dove un tempo c'erano
stati i giardini, sorgevano adesso i magazzini. le stalle e le
nostre capanne. I vecchi guerrieri di Owain mi aspettavano
laggi—, in un punto nascosto dagli alberi. Quando imboccai
il sentiero, Lunete mi stava ancora insultando e mi chiamava
traditore e codardo.
- Ti ha definito bene, sassone - disse Griffid, e sput•
verso di me.
I suoi uomini bloccavano il sentiero. Erano una decina,
tutti vecchi commilitoni, ma adesso mi guardavano con osti-
lit…. Art— mi aveva messo sotto la sua protezione, ma laggi—
nessuno li avrebbe visti mentre mi uccidevano.
- Hai infranto il giuramento - mi accus• Griffid.
- Non Š vero - risposi.
Minac, un vecchio guerriero con i polsi carichi dell'oro che
Owain gli aveva donato, punt• la lancia contro di me. - Non
preoccuparti della tua ragazza - disse. - Qui siamo tutti in
grado di prenderci cura di una giovane vedova.
Io impugnai la mia spada. Dietro di me, le donne erano
uscite dalle capanne per assistere alla vendetta dei loro uomi-
ni. Nel gruppo c'era anche Lunete, che mi insultava come tut-
te le altre.
- Noi abbiamo fatto un altro giuramento - continu•
Minac - e diversamente da te sappiamo mantenerli.
Lui e Griffid mi si fecero incontro, seguiti dagli altri guer-
rieri, mentre alle mie spalle le donne avevano posato il fuso e
s'erano messe a gettare pietre. Io alzai la spada, ancora am-
maccata dai colpi di Owain, e pregai gli dŠi perch‚ mi desse-
ro una buona morte.
- Sassone - disse Griffid, usando il peggiore insulto che
conoscesse. Veniva avanti molto lentamente, perch‚ sapeva
che ero svelto con la spada. - Sassone traditore - ripet‚, poi
si blocc• perch‚ una grossa pietra era caduta nel fango del sen-
tiero, in mezzo a noi. Alz• gli occhi e apri la bocca impaurito.
- I vostri nomi - disse Nimue, dietro di me - sono su
quella pietra. Griffid ap Annan, Mapon ap Ellchyd, Minac
ap Caddan...
Recit• tutti i nomi dei guerrieri e dei loro padri, e ogni vol-
ta che pronunciava un nome sputava sulla pietra che aveva
scagliato sul loro cammino. Tutti abbassarono la lancia. Io
mi scostai per lasciarla passare. Aveva la testa coperta dal
cappuccio e si scorgeva solo il bagliore del suo occhio d'oro.
Si volse di scatto verso le donne che avevano scagliato le pie-
tre e punt• contro di loro il bastone decorato di vischio.
- Volete partorire topi, invece che figli? - le minacci•.
- Volete che il vostro latte si prosciughi e che la vostra ori-
na bruci come fuoco? Via tutte!
Le donne afferrarono i bambini e corsero a nascondersi
nelle capanne.
Griffid sapeva che Nimue era l'amante di Merlino e posse-
deva le conoscenze dei druidi. Ora tremava di paura per la
sua maledizione. - Ti prego... - la supplic•, quando Ni-
mue si volt• verso di lui.
La mia amica si avvicin• e lo colp forte sulla guancia con
il bastone. - Gi—! - ordin•. - Gi— tutti! Pancia a terra! -
Colp Minac. - Gi— a terra! -
I guerrieri si stesero nel fango, e Nimue pass• sulla loro
schiena. Il suo passo era leggero, ma la sua maledizione era
pesantissima.
- La vostra morte Š in mano mia - disse. - La vostra vi-
ta Š mia. User• le vostre anime per giocare ai dadi. Ogni
nuova alba che vedrete sar… per mia concessione, e ogni sera
pregherete che non mi ricordi in sogno delle vostre orribili
facce. Griffid ap Annan, giura fedelt… a Derfel. Bacia la sua
spada. In ginocchio, cani.
Io protestai che quegli uomini non mi dovevano fedelt…, ma
Nimue mi guard• con collera e mi ordin• di porgere la spada.
Poi, a uno a uno, con le facce sporche di fango e un'espressio-
ne atterrita, i miei vecchi compagni baciarono la punta della
mia lama.
Il giuramento non mi dava alcuna autorit… su di loro, ma
impediva a quei guerrieri di attaccarmi, perch‚ Nimue disse
che, se avessero infranto quel vincolo, le loro anime si sareb-
bero perse nel buio dell'Oltretomba e non avrebbero mai pi—
trovato un corpo in cui rinascere.
Uno dei soldati, un cristiano, la sfid• affermando che quella
minaccia non valeva niente per lui, ma tutto il suo coraggio si
dilegu• bruscamente quando lei si tolse dall'orbita l'occhio
d'oro e glielo punt• contro mormorando una maledizione;
terrorizzato, il cristiano baci• la mia spada come gli altri.
Quando tutti ebbero giurato, Nimue ordin• loro di sten-
dersi nuovamente nel fango, poi si infil• l'occhio posticcio e
si allontan• con me. Griffid e i suoi guerrieri rimasero nel
fango.
Non appena fummo sufficientemente lontani, Nimue
scoppi• a ridere. - Come mi sono divertita! - disse, con
l'espressione che aveva qualche anno prima quando riusciva
a giocare una burla a qualcuno. - Sapessi come odio gli uo-
mini, Derfel.
- Tutti?
- Gli uomini con la corazza di cuoio e la lancia. - Rab-
brivid. - tu, no; ma tutti gli altri.,- Si gir• a sputare in di-
rezione dei guerrieri. - Come devono ridere, gli dŠi, di quei
piccoli uomini cos vanitosi e impettiti'
Abbass• il cappuccio e mi guard•. - Vuoi che Lunete
venga a Corinium con te?
- Ho giurato di proteggerla - spiegai. - E adesso mi ha
anche detto che Š incinta.
- Questo significa che vuoi la sua compagnia?
- S - risposi. Avrei voluto dire di no. -
- Secondo me, sei uno sciocco - afferm• Nimue - ma
Lunete far… quello che le dico. Comunque, ti avverto, Derfel:
se non sarai tu a lasciarla, ti lascer… lei, una volta o l'altra.
Stavo per rispondere, ma lei mi pos• la mano sul braccio
per farmi tacere. Eravamo ormai vicini all'ingresso della villa.
- Lo sapevi che Art— sta pensando di liberare Gundleus? -
mi chiese a bassa voce.
- No. - La notizia mi lasci• di sasso.
- Intende farlo. Pensa che sia disposto a fare la pace, e
che sia l'uomo pi— adatto per governare il suo regno. Per li-
berarlo, per•, aspetta il consenso di re Tewdric, perci• passer…
qualche tempo; ma quando lo liberer…, Derfel, io uccider•
Gundleus.
Lo disse con la semplicit… tremenda della verit…, e io pen-
sai che l'ira e la ferocia le davano quella bellezza che non la
natura le aveva negato. Ora fissava la lontana Rocca di Ca-
darn. - Art— - comment• - sogna la pace, ma la pace non
ci sar… mai. La Britannia Š come un calderone, Derfel, e Art—
finir… per rimescolarlo fino al punto del massimo orrore.
- No, ti sbagli - ribattei io, fedele al mio signore.
Nimue fece una smorfia, come per farmi capire che ero
uno sciocco, e senza parlare si gir• e ritorn• alle capanne dei
guerrieri.
Io mi feci largo in mezzo ai postulanti ed entrai nella villa.
Art— alz• la testa al mio arrivo, mi rivolse un cenno di saluto
e torn• ad ascoltare un uomo che accusava il vicino di avere
spostato le pietre di confine. Accanto al mio signore sedeva-
no Bedwin e Gereint, mentre Agricola e Tristano assistevano
in piedi, come se fossero due guardie. Alcuni consiglieri e
magistrati stavano sul pavimento, stranamente caldo grazie
all'abitudine romana di lasciare un'intercapedine in cui pas-
sava il fumo di una fornace sotto le sue lastre. Una di queste
era rotta e si levava un filo di fumo.
A uno a uno i postulanti vennero ascoltati e fu fatta giusti-
zia. Quasi tutti i casi sarebbero stati di pertinenza dei magi-
strati locali, e si sarebbero potuti discutere nel tribunale che
distava poche centinaia di passi dalla villa, ma molte perso-
ne, perlopi— provenienti dalle campagne, pensavano che una
decisione del consiglio reale fosse pi— autorevole di quella
data da un tribunale istituito dai romani.
Art— ascoltava pazientemente tutti,, in rappresentanza di re
Mordred, ma trasse un sospiro di sollievo quando il consi-
glio pass• a occuparsi del vero argomento del giorno, ossia
riannodare tutti i fili lasciati pendenti dalla lotta del giorno
precedente.
I guerrieri di Owain vennero assegnati al principe Gereint,
con il suggerimento di suddividerli tra varie squadre. Uno
dei capitani di Gereint, chiamato Llywarch, prese il posto di
Owain al comando della guardia reale, e a un magistrato fu
assegnato il compito di fare l'inventario dei beni di Owain e
di mandare al Kernow il prezzo del sangue.
Rilevai che Art— prendeva in fretta le decisioni, anche se
dava a tutti la possibilit… di parlare in propria difesa., Aveva
la capacit… di trovare sempre compromessi soddisfacenti per
tutti.
Notai anche come Gereint e Bedwin preferissero che a par-
lare fosse Art—. Bedwin affidava tutte le proprie speranze al-
la sua spada e Gereint, pur essendo nipote di Uther, era ben
felice di lasciare a lui la responsabilit… di governare. Il regno
aveva un nuovo campione, Art— figlio di Uther, e il sollievo
di tutti era tangibile.
Il principe Cadwy di Isca fu condannato a pagare un quar-
to del prezzo del sangue dovuto al Kernow. Protest• per que-
sta decisione, ma quando vide la collera di Art— prefer cede-
re. Il mio signore avrebbe voluto punirlo pi— severamente,
ma io avevo giurato di non rivelare la sua parte nel massa-
cro, e dunque non aveva prove della sua complicit…. Tristano
accett• con un cenno del capo la decisione di Art—.
Dopo la questione del prezzo del sangue veniva quella del
futuro del re. Mordred era vissuto presso Owain e adesso
aveva bisogno di un'altra casa. Bedwin propose un uomo
chiamato Nabur, che era il primo magistrato della citt… di
Durnovaria. Un altro consigliere si oppose immediatamente,
accusando Nabur di essere cristiano.
Art— batt‚ sul tavolo per fermare una discussione che ri-
schiava di diventare interminabile.
- Nabur Š presente? - chiese.
- Sono io - rispose un uomo alto, dal fondo della sala.
Aveva le guance rasate e portava la toga alla maniera dei ro-
mani. - Nabur figlio di Lwyd - si present•. Era un giova-
ne dalla faccia lunga e magra e l'incipiente calvizie gli confe-
riva l'aspetto di un vescovo o di un druido.
- Hai figli, Nabur? - chiese Art—.
- Tre, signore. Due maschi e una femmina. La femmina
ha l'et… di re Mordred.
- E a Durnovaria c'Š un druido o un bardo?
Nabur annu. - Il bardo Derella, signore.
Art— parl• a bassa voce con Bedwin che annu. Poi si ri-
volse di nuovo a Nabur. - Saresti disposto a prenderti cura
del re?
- Ne sarei lusingato, signore.
- Potrai insegnargli la tua religione, Nabur figlio di Lwyd,
ma solo in presenza di Derella, e il bardo dovr… diventare il suo
tutore quando avr… cinque anni. Riceverai dal tesoro met…
dell'appannaggio del re e dovrai tenere sempre venti guardie.
Il prezzo della sua vita sono la tua anima e quelle di tutti i
membri della tua famiglia. Accetti?
Nabur impallid quando gli dissero che la moglie e i figli
sarebbero stati uccisi se Mordred fosse stato assassinato, ma
accett•. Nessuno ne dubitava, del resto. Come guardiano del
re, Nabur sarebbe stato al centro del potere del regno.
L'ultima decisione da prendere riguardava Ladwys, la mo-
glie di Gundleus, ora schiava di Owain. Venne condotta nel-
la sala e guard• Art— con aria di sfida.
- Oggi stesso - le disse Art— - parto per Corinium, do-
ve tuo marito Š prigioniero. Vuoi venire con me?
Perch‚ mi possiate umiliare ancora di pi—? - domand•
Ladwys. Owain, nonostante le sue maniere forti, non era
riuscito a piegarla.
Art— inarc• le sopracciglia nell'udire il tono ostile. - Per
poter essere con lui - le disse gentilmente. - La prigionia
di tuo marito non Š dura; ha una casa come questa, anche se,
naturalmente, Š piantonata. Ma puoi stare con lui in tutta
tranquillit…, se lo desideri.
A Ladwys spunt• una lacrima. - Pu• darsi che non mi
voglia pi—. Sono stata insudiciata.
Art— si strinse nelle spalle. - Io non posso parlare per
Gundleus; voglio solo conoscere la tua decisione. Se preferi-
sci rimanere qui, puoi farlo. Con la morte di Owain sei li-
bera.
La donna, stupita per la generosit… di Art—, annu. - Verr•
con te - disse.
- Bene! - Art— si alz• e porse la propria sedia a Ladwys,
invitandola a sedere. Poi si rivolse ai consiglieri, ai guerrieri e
ai capi.
- Ho ancora una cosa da dire, una sola, ma tutti dovete
capirla e ripeterla ai vostri uomini. Il nostro re Š Mordred,
soltanto Mordred, ed Š a Mordred che dobbiamo obbedien-
za. Ma nei prossimi anni, come succede a tutti i regni, dovre-
mo affrontare dei nemici e ci sar… bisogno, come sempre, di
decisioni rapide. Quando queste decisioni verranno prese,
alcuni diranno che voglio usurpare il potere del re. Perci•,
davanti a voi tutti, e davanti ai nostri alleati del Gwent e del
Kernow - e qui Art— indic• Agricola e Tristano - vi giuro
su quel che ho di pi— sacro che user• il potere che mi date
per un unico scopo: quello di consegnare il regno a Mordred
quando avr… l'et… per riceverlo. Questo io giuro.
Nella sala si lev• un leggero brusio. Fino a quel momento,
nessuno si era reso conto che Art— aveva preso il potere. Il
fatto che sedesse allo stesso tavolo di Bedwin e del principe
Gereint suggeriva che i tre uomini avessero pari responsabi-
lt…, ma ora Art— dichiarava di essere al comando, e Bedwin
e Gereint, con il loro silenzio, lo confermavano.
Nessuno dei due aveva perso il potere, in realt…; semplce-
mente, lo esercitavano sotto la direzione di Art—, il quale
proclam• che Bedwin si sarebbe occupato delle dispute sorte
nel regno, e Gereint avrebbe difeso la frontiera dai sassoni.
Lui, invece, sarebbe partito per il Nord, per affrontare l'eser-
cito del Powys.
Io sapevo che Art— sperava di fare la pace con quel regno,
ma fino al raggiungimento di un accordo non si poteva ri-
nunciare a prepararsi per la guerra.
Quel pomeriggio, un gruppo assai numeroso parti per il
Nord. Art—, accompagnato dai suoi due guerrieri e dal suo
servitore, cavalcava in testa con Agricola e i suoi uomini.
Morgana, Ladwys e Lunete viaggiavano su un carro, mentre
io andai a piedi con Nimue. Lunete aveva subito la sua ira e
ora si mostrava sottomessa.
Passammo la notte all'Isola di Cristallo, dove potei con-
trollare di persona il buon lavoro del mio amico Gwylyddyn,
il falegname. La nuova palizzata era terminata e sulle rovine
della torre bruciata ne sorgeva gi… un'altra. Ralla, l'ex nutri-
ce del nostro re, era incinta. Il pazzo Pellinore non mi rico-
nobbe, intento com'era a dare ordini ai suoi invisibili guer-
rieri. Druidan osserv• con interesse le forme di Ladwys.
Gudovan, lo scrivano, mi port• alla tomba di Hywel, poi ac-
compagn• Art— alla chiesa del Sacro Rovo, dove santa
Norwenna era sepolta accanto al cespuglio miracoloso.
l'indomani mattina salutai Morgana e Nimue. Il cielo era
chiaro, il vento gelido, e io mi avviai verso il Nord con Art—.
In primavera nacque mio figlio. Mori tre giorni pi— tardi.
Per molto temp• rividi con l'occhio della mente la sua picco-
la faccia rossa e rugosa, e al ricordo tornai a piangere. Alla
nascita ci era parso godere di ottima salute, ma un mattino,
mentre era nella culla appesa al soffitto della cucina perch‚
fosse lontana da cani e maiali, lo trovammo morto. Lunete
pianse come me, ma mi accus• della sua morte, dicendo che
l'aria di Corinium era pestilenziale, anche se lei mi sembrava
abbastanza felice di stare in citt….
Lunete apprezzava le costruzioni romane e la sua. casa di
mattoni che si affacciava su una strada lastricata; aveva fatto
amicizia con Ailleann, l'amante di A-rt—, e con i suoi due ge-
melli Amhar e Loholt. Ailleann piaceva anche a me, ma i ge-
melli -erano terribili. Art— li viziava, forse perch‚ si sentiva in
colpa: infatti, come lui, non erano figli legittimi, ma bastardi
che avrebbero dovuto farsi strada nel mondo con le proprie
mani.
I gemelli non ricevettero mai punizioni, tranne una volta,
quando li trovai intenti a colpire con un coltello gli occhi di
un cagnolino, e li castiga severamente. Il cane era gi… stato
accecato e lo uccisi per non farlo pi— soffrire. Art— disse che
mi capiva, ma che non toccava a me punire i suoi figli; i suoi
guerrieri erano invece dalla mia parte, e penso lo fosse anche
Ailleann.
Era una donna triste. Capiva che la sua vita con Art— stava
per finre, perch‚ il suo uomo era divenuto virtualmente il re
del pi— forte regno della Britannia e avrebbe dovuto sposare
una principessa per rendere pi— saldo il suo potere. Io sapevo
che avrebbe sposato Celnwyn, la stella d Powys, e forse lo
sapeva anche lei. Voleva ritornare nel suo regno d'origine,
ma Art— non intendeva separarsi dai figli. Ailleann era certa
che il suo signore non l'avrebbe lasciata nell'indigenza, ma
intuiva anche che non avrebbe offeso la moglie tenendosi in
casa l'amante. Pi— la primavera si avvicinava, pi— diveniva
profonda la sua tristezza.
I sassoni ci attaccarono quella primavera, ma Art— non
ando in guerra. Re Melwas difendeva i confini meridionali e
i guerrieri del principe Gereint affrontavano i sassoni di re
Aelle. La situazione pi— critica era quella di Gereint, e Art—
gli mand• il numida Sagramor, con trenta cavalieri che fece-
ro pendere la bilancia a nostro favore.
- I sassoni di Aelle - ci venne poi riferito - credevano
che Sagramor, con la sua faccia scura, fosse un mostro uscito
dal Regno della Notte, e non disponevano di druidi o di spa-
de capaci di fermare una simile creatura.
Il numida ricacci• indietro gli uomini di Aelle e riconquist•
una vasta striscia di territorio, tanto da stabilire una nuova
frontiera a un giorno di marcia da quella precedente; la con-
trassegn• con una fila di teste tagliate ai sassoni sconfitti. Sac-
cheggi• poi le Terre Perdute, e una volta si spinse con i suoi
cavalieri fino a Londra, citt… che era stata la pi— grande della
Britannia romana, ma che adesso era in decadenza all'interno
delle sue mura crollate.
- I superstiti britanni di quei luoghi - ci rifer Sagramor
- sono povere creature impaurite che ci hanno implorato di
non turbare la fragile pace con i loro signori sassoni.
Non giunsero notizie di Merlino.
Nel regno di Gwent si attendeva un attacco di re
Gorfyddyd di Powys, ma tutto rest• tranquillo. Dalla capita-
le di Gorfyddyd, la Rocca di Swys, arriv• invece un messag-
gero, e due settimane pi— tardi Art— si diresse verso il Nord
per incontrarsi con il sovrano nemico.
Io lo accompagnai a piedi e fui uno dei dodici guerrieri che
partirono con lui armati di spada, ma senza scudo e lancia.
Eravamo in missione di pace, e Art— era eccitato dalla pro-
spettiva.
Portammo con noi Gundleus di Siluria. La prima tappa fu
la citt… di Burrium, capitale di re Tewdric: una citt… romana
cinta di mura, piena di fabbricanti di armi e dell'acre fumo
dei fabbri.
Di li procedemmo verso il Nord, insieme a Tewdric e alla
sua guardia. Agricola era impegnato contro i sassoni, e Tew-
dric, come Art—, aveva con s‚ un limitato numero di guerrie-
ri, anche se era accompagnato da tre sacerdoti tra cui San-
sum, il piccolo prete che Nimue aveva soprannominato Re
Sorcio.
Eravamo una delegazione assai pittoresca. Gli uomini di re
Tewdric portavano l'uniforme romana e il mantello rosso,
mentre Art— aveva equipaggiato i suoi guerrieri con mantelli
verdi. Viaggiavamo sotto quattro bandiere: il drago di Mor-
dred, l'orso di Art—, la volpe di Gundleus e il toro di Tewdric.
A fianco di Gundleus c'era Ladwys, unica donna del nostro
gruppo. Era di nuovo allegra e il suo uomo pareva lieto di
averla con s‚. Il re di Siluria era ancora prigioniero, ma porta-
va la spada e cavalcava al posto d'onore accanto ad Art— e
Tewdric. Quest'ultimo lo guardava ancora con sospetto, ma
Art— lo trattava come un vecchio amico. Gundleus, del resto,
era una pedina del suo piano per pacificare la Britannia, in
modo da potersi dedicare alla lotta contro i sassoni.
Ai margini del regno di Powys fummo accolti da una guar-
dia d'onore. Sulla strada vennero stese delle stuoie e un bar-
do ci cant• la storia della vittoria di Art— contro i sassoni,
nella valle del Cavallo Bianco. Re Gorfyddyd non era venuto
ad accoglierci, ma aveva inviato come proprio rappresentan-
te Leodegan, l'ex re di Henis Wyren che si era rifugiato alla
corte di Powys. Leodegan era stato scelto per il suo rango,
ma come persona era notoriamente una testa vuota. Era un
uomo straordinariamente alto, molto magro, con un collo
lunghissimo, capelli scuri e ricci. e la bocca sempre aperta.
Non riusciva a stare fermo: muoveva i piedi, alzava le brac-
cia di scatto, batteva gli occhi e si grattava la testa.
- Il re avrebbe voluto venire - ci disse - ma non poteva
viaggiare. Capite, vero? Comunque, saluti da Gorfyddyd!
Guard• con invidia l'oro che re Tewdric donava al bardo.
Leodegan era molto impoverito e passava le giornate a pian-
gere le perdite che gli erano state inflitte dagli irlandesi di re
Diwyrnach che avevano conquistato le sue terre.
- Allora, ci muoviamo? - chiese. - Vi hanno preparato
un alloggiamento a... - Qui s'interruppe. - Povero me,
l'ho dimenticato, ma il comandante delle guardie lo sa. Dove
s'Š cacciato? Eccolo. Non mi ricordo come si chiama, ma c
porter… lui.
Ai nostri stendardi si aggiunsero quello di Gorfyddyd di
Powys, con lo stemma dell'aquila, e quello di Leodegan, con
il cervo. Percorremmo una strada romana che attraversava,
dritta come una freccia, un paese ricco e fertile, lo stesso pae-
se che Art— aveva devastato l'autunno precedente, e Leode-
gan, senza il minimo buon gusto, ci ricord• la campagna mi-
litare.
- Tu sei gi… passato di qui, naturalmente - disse ad Art—.
Il sovrano spodestato non aveva un cavallo; era costretto a
camminare accanto al gruppo dei re.
Art— aggrott• la fronte e rispose diplomaticamente. - Non
sono certo di conoscere questa zona.
- Oh, la conosci, la conosci! Vedi quella fattoria brucia-
ta? Lavoro tuo! - Leodegan sorrise ad Art—. - Ti hanno
sottovalutato, vero? l'ho detto a Gorfyddyd, gliel'ho detto in
faccia. Il giovane Art— Š bravo, gli ho detto, ma Gorfyddyd
non ha mai voluto dare retta a nessuno. Un combattente, s,
ma non un pensatore. Il figlio Š meglio, penso. S, Cuneglas Š
decisamente meglio. Speravo che sposasse ' una delle mie fi-
glie, ma Gorfyddyd non ci sente da quell'orecchio. Lasciamo
perdere.
Inciamp• in una radice. La strada, come quella che passa-
va vicino all'Isola di Cristallo, era a schiena d'asino, in modo
che la pioggia defluisse nei fossi, ma con gli anni questi si
erano riempiti, la terra era salita fino a coprire le lastre di
pietra e adesso la via era coperta di erbacce.
Leodegan continu• a indicare altre costruzioni distrutte da
Art—, ma dopo qualche tempo, non ottenendo risposta, si
un a noi soldati che camminavamo dietro ai preti di Tew-
dric. Prima cerc• d parlare ad Agravain, il capo delle guar-
die di Art—, ma Agravain era irritato per motivi suoi, e Leo-
degan fini per attaccarsi a me, perch‚ evidentemente aveva
deciso che ero il pi— simpatico del gruppo. Cominci• a chie-
dermi ansiosamente informazioni sulla nobilt… della Dumno-
nia, per sapere chi era sposato e chi no.
- Il principe Gereint, allora? Lo Š o non lo Š?
- Lo Š. sire - risposi.
- E la moglie Š in buona salute?
- Credo proprio di si.
- Re Melwas? Ha una regina?
- E' morta da tempo - gli dissi.
Ah! - Leodegan s'illumin•. - Ho due figlie, sai? - mi
spieg•. - E le figlie bisogna sposarle, vero? Le figlie nubili
non servono proprio a nessuno. Per•, a essere onesto, una
delle mie figliole si deve sposare. Ginevra Š fidanzata. Deve
sposare Valerin. Conosci Valerin?
- No, sire.
- Ottima persona, ottima, ma non... - Si interruppe, cer-
cando inutilmente la parola giusta. - Non ha ricchezze.
Non ha della vera terra, capisci. Ha un po' di sassi a ponente
di qui, ma non ha del buon denaro da contare. Non ha ren-
dite, non ha oro, e senza rendite n‚ oro non si va molto
avanti. E Ginevra Š una principessa! Poi c'Š sua sorella
Gwenda, e quella non ha nessuna possibilit… di maritarsi. Vi-
ve, solo dei miei fondi, e dio sa come sono scarsi. Ma Melwas
ha il letto vuoto, dici? Ecco una buona idea. Per•, Š un vero
peccato per Cuneglas.
- Perch‚, sire?
- Perch‚ non vuole sposare nessuna delle due! - rispose
Leodegan, indignato. - l'ho suggerito a suo padre. Per rin-
saldare l'alleanza. Due regni vicini, la disposizione ideale.
Ma no. Cuneglas ha messo l'occhio su Helledd di Elmet, e
Art—, a quanto si dice, sposer… Ceinwyn.
- Non saprei - risposi, in tono innocente.
Ceinwyn Š una bella ragazza, certo. Ma lo Š anche la
mia Ginevra, solo che sposer… Valerin. Povero me. Che spre-
co. Nessuna rendita, niente oro, niente soldi, solo qualche
pascolo pieno di paludi e una manciata di vacche con la ro-
gna. A lei non piacer… di certo. Ama le comodit…, la mia Gi-
nevra, ma Valerin non sa neppure che cosa siano! Vive in
una capanna con i maiali, a quanto ho capito. Per•, Š un ca-
potrib—. Ascolta, pi— ti addentri nel Powys, pi— uomini trovi
che si definiscono capitrib—.
Sospir•.
- Eppure, lei Š una principessa! Pensavo che uno dei figli
di Cadwallon di Gwynedd potesse sposarla, ma Cadwallon Š
uno strano individuo, non gli devo piacere molto. Quando
sono arrivati gli irlandesi, non Š neppure venuto ad aiutarmi.
Tacque, arrovellandosi su quell'ingiustizia. Leodegan, pen-
sai, doveva essere stato una facile preda per gli irlandesi, la cui
crudelt… era ormai leggendaria. A quanto si raccontava, gli
uomini di re Diwyrnach dipingevano i loro scudi con il sangue
dei nemici. Era meglio combattere contro i sassoni, dicevano
tutti, che contro di loro.
Tuttavia, noi dovevamo fare la pace, non la guerra. Arri-
vammo infine alla Rocca di Swys, una piccola citt… costruita
attorno a un forte romano, in un'ampia valle presso un gua-
do del Severn.
La vera capitale del regno era la Rocca di Dolforwyn, una
collina sulla cui sommit… si trovava la pietra reale, ma nella
Rocca di Dolforwyn, come nella nostra Rocca di Cadarn.
non c'erano n‚ l'acqua n‚ lo spazio per accogliere la corte, il
tribunale, la tesoreria, le armerie, le cucine e i magazzini, e di
conseguenza, come in Dumnonia gli affari venivano trattati
a Lindinis, nel regno di Powys l'amministrazione dello stato
aveva sede a Swys. Solo in occasione delle grandi cerimonie
la corte si trasferiva a Dolforwyn.
Gli edifici romani di Swys erano scomparsi, ma la sala dei
banchetti era stata edificata sulle loro fondamenta di pietra,
e due nuovi padiglioni erano stati preparati l accanto per
Art— e Tewdric. Gorfyddyd, la cui manica sinistra era adesso
vuota a causa di Excalibur, ci incontr• nella sua sala.
Il re di Powys era un uomo di mezz'et…, di corporatura
massiccia, stizzoso e diffidente. Non mostr• alcun calore
nell'abbracciare Tewdric e nel mormorargli con riluttanza il
benvenuto. Tacque quando Art—, che non era un re, si ingi-
nocchi• davanti a lui. I suoi capi e i suoi guerrieri avevano
lunghi baffi a treccioline e pesanti mantelli, intrisi d'acqua
perch‚ era piovuto tutto il giorno. La sala puzzava di cani
bagnati.
Non era presente nessuna donna, a parte due schiave che
portavano giare di birra da cui Gorfyddyd attingeva con fre-
quenza. Pi— tardi venimmo a sapere che aveva cominciato a
bere nelle lunghe settimane seguite alla perdita del braccio:
settimane in cui era febbricitante e i suoi uomini avevano du-
bitato della sua salvezza. La birra era forte e densa, e aveva
avuto l'effetto di trasferire il governo dello stato sulle spalle
di suo figlio. Cuneglas.
L'erede dei regno era un giovane con la faccia tonda e in-
telligente e lunghi baffi neri. Rideva spesso, era allegro e cor-
diale. Lui e Art— erano due anime gemelle. Per tre giorni die-
dero la caccia ai cervi sulle montagne vicine e banchettarono
la sera ascoltando i bardi.
In quel regno c'erano pochi cristiani, ma quando Cuneglas
venne a sapere che Tewdric lo era, trasform• in chiesa un
magazzino e invit• i tre sacerdoti a pregare. Si rec• perfino
ad ascoltare uno dei sermoni, anche se poi scosse la testa e
disse che, tutto sommato, preferiva ancora i suoi dŠi. Re
Gorfyddyd defin la chiesa una sciocchezza, ma non proib al
figlio di indulgere ai gusti di Tewdric in fatto di religione; si
preoccup• soltanto di mandare il suo druido a circondare la
chiesa con un anello di talismani.
- Gorfyddyd non Š del tutto convinto della nostra inten-
zione di mantenere la pace - ci avvert Art—, la sera del se-
condo giorno - ma Cuneglas cerca di rassicurarlo. Perci•,
vi prego, non ubriacatevi, tenete la spada nel fodero e non li-
tigate con nessuno. Una sola scintilla e Gorfyddyd ci caccer…
via e si ricomincer… con la guerra.
Il quarto giorno il consiglio si riun nella grande sala. Lo
scopo era quello di fare la pace, e questa, nonostante le riser-
ve di Gorfyddyd, venne conclusa in fretta. Seduto in silenzio,
il re di Powys ascolt• le varie clausole riferite dal figlio.
- Powys, Gwent e Dumnonia - spieg• Cuneglas - sa-
ranno alleati, sangue dello stesso sangue, e attaccare uno dei
tre regni sar… come attaccarli tutti.
Gorfyddyd annu, ma con poco entusiasmo.
- Una volta celebrato il mio matrimonio con Helledd di
Elmet poi - prosegu Cuneglas - anche quel regno a est del
nostro si unir… alla coalizione e di conseguenza i sassoni sa-
ranno circondati da un fronte unito di regni britannici. Gra-
zie all'alleanza, la Dumnonia potr… dedicare i suoi sforzi alla
guerra contro i sassoni, ma non sar… la sola a trarre vantag-
gio dalla coalizione: a tutela della pace, re Gorfyddyd avr… il
comando degli eserciti congiunti.
In fondo alla sala, Agravain, l'aiutante di Art—, comment•:
- Vuole essere nominato grande re.
Gorfyddyd, per•, aveva chiesto anche la liberazione di suo
cugino, Gundleus di Siluria. Tewdric, che aveva sofferto pi—
di tutti per le sue incursioni, sarebbe stato contrario a rimet-
terlo sul trono, e la Dumnonia non aveva ancora dimentica-
to l'uccisione di Norwenna. Quanto a me, lo odiavo per
quello che aveva fatto a Nimue. Ma Art— ci aveva convinti
che la libert… di Gundleus era un piccolo prezzo in cambio
della pace. Cos, l'infido Gundleus riebbe il suo trono.
Gorfyddyd non era entusiasta dell'alleanza, ma doveva es-
sere convinto dei suoi vantaggi, perch‚ era disposto a pagare
il prezzo pi— alto affinch‚ quegli accordi andassero a buon
fine: aveva accettato di dare ad Art— sua figlia Ceinwyn, la
stella del regno. Il re di Powys era un uomo ostinato, severo
e sospettoso, ma amava teneramente la figlia diciassettenne e
riversava su di lei tutto l'affetto e la gentilezza di cui era ca-
pace.
Il fatto che la desse in sposa ad Art—, che non era un re e
neppure un principe, dimostrava quanto fosse convinto della
necessit… di far cessare le guerre tra britanni. Il fidanzamento
dimostrava inoltre che Gorfyddyd e suo figlio avevano capi-
to che era Art— a comandare in Dumnonia. Cos, alla grande
festa che si tenne dopo il consiglio, Ceinwyn e il mio signore
vennero fidanzati.
La cerimonia venne giudicata abbastanza importante per
trasferirci alla Rocca di Dolforwyn, cos chiamata perch‚
Dolforwyn era il nome del prato da cui si saliva alla collina,
un nome che, molto appropriatamente, significava "Prato
della Vergine".
Arrivammo verso sera, e la sommit… della Rocca era av-
volta nel fumo dei grandi fuochi dove cuocevano gli arrosti.
Sotto di noi si scorgevano le anse del Severn, e a nord i mon-
ti si stendevano fino al regno di Gwynedd. Ai piedi della col-
lina c'erano alcune grandi querce; da una di esse si levarono
in volo due falchi, e tutti concordammo nel dire che era un
meraviglioso auspicio per ci• che stava per succedere.
All'interno della sala dei banchetti, i bardi cantavano la
storia di Hafren, la fanciulla che aveva dato nome al prato e
che, quando la matrigna aveva cercato di gettarla nel fiume,
si era rivelata una dea. Cantarono finch‚ non fu buio.
Il fidanzamento venne celebrato di notte, in modo che la
dea lunare desse la sua benedizione alla coppia. Art— si pre-
par• per primo, lasciando la sala per un'ora intera prima di
rientrare in tutto il suo splendore. Anche i guerrieri veterani
rimasero a bocca aperta, perch‚ giunse in pieno assetto di
guerra. La corazza a piastre, con le sue lamelle d'oro e d'ar-
gento, scintillava alla luce delle fiaccole e le penne del suo el-
mo sfiorarono il soffitto quando pass• in mezzo a noi. Il suo
scudo ricoperto d'argento brillava come uno specchio e il
mantello bianco toccava il pavimento dietro di lui. Gli uomini
non avevano armi nella sala dei banchetti, ma quella sera
Art— port• Excalibur e si diresse al tavolo del re come un con-
quistatore. Persino Gorfyddyd di Powys era sbalordito. Fino
a quel momento, Art— si era limitato al suo ruolo di ambascia-
tore di pace, ma quella sera volle ricordare al futuro suocero il
proprio potere.
Ceinwyn giunse qualche momento pi— tardi. Da quando
eravamo arrivati alla Rocca di Swys, era sempre rimasta na-
scosta nelle stanze delle donne, e questo aveva fatto salire
l'attesa tra coloro che non avevano mai visto la figlia di
Gorfyddyd. Confesso che in molti temevamo di rimanere de-
lusi da quella stella di Powys, ma in realt… era cos bella da
eclissarne ogni altra. Entr• nella sala con le dame del segui-
to, e la vista della principessa tolse il fiato a tutti. A me lo
tolse.
Aveva la pelle chiara che in genere caratterizzava i sassoni.
ma in Ceinwyn quel pallore era delicato e incantevole. Era
molto giovane, con un'espressione timida e sottomessa. In-
dossava una veste di lino dorata, con ricami di stelle sul col-
lo e sull'orlo. Aveva i capelli color dell'oro e tanto lucenti da
rivaleggiare con lo scudo di Art—. Era cos sottile che Agra-
vain, seduto accanto a me sul pavimento, comment•: -
Non c'Š da aspettarsi che metta al mondo dei figli. Ogni
bambino morir…, sforzandosi di uscire daquei fianchi.
Lo disse in tono acido, ma io provai compassione per Ail-
leann e per la sua vaga speranza che Art— facesse solo un
matrimonio di convenienza dinastica.
La luna splendeva alta sulla cima della Rocca quando
Ceinwyn raggiunse timidamente Art—. La principessa aveva
in mano una cavezza da donare al futuro sposo, per simbo-
leggiare che passava dalla potest… paterna a quella del mari-
to. Art— per poco non se la lasci• sfuggire di mano, quando
la ragazza gliela consegn•, e questo fu certo un brutto presa-
gio, ma tutti risero, compreso Gorfyddyd, e lorweth, il drui-
do di Powys, fidanz• ufficialmente la coppia e uni i loro pol-
si con una catena di fili d'erba.
Il volto di Art— era nascosto dall'elmo, ma la dolce Ceinwyn
era raggiante. Il druido diede la sua benedizione, richiamando
Gwydion, dio della luce, e Aranrhod la Dorata dea dell'alba,
al loro dovere di proteggere la coppia e di donare pace alla
Britannia. Un arpista suonava, gli uomini applaudivano e
Ceinwyn piangeva e rideva di gioia. Io mi innamorai dispera-
tamente di lei, quella notte. E come me, tanti altri.
La principessa pareva infinitamente felice, e questo non
era per niente strano, perch‚ grazie ad Art— sfuggiva all'incu-
bo di tutte le principesse: il matrimonio a scopi politici e non
per amore. Una principessa poteva finire nel letto di qualun-
que vecchio caprone puzzolente, se c'era da stringere un'al-
leanza o da rendere sicura una frontiera, e Ceinwyn aveva
trovato una rassicurazione nella giovent— e nella gentilezza
di Art—.
Leodegan, il re esiliato, arriv• quando la cerimonia era al
culmine. Dopo averci accompagnato a Swys, era tornato su-
bito alla sua dimora, a nord della citt…. Ora, ansioso di par-
tecipare ai festeggiamenti, si uni agli applausi che salutavano
una distribuzione d'oro e d'argento da parte di Art—. Il mio
signore aveva anche ottenuto dal consiglio il permesso di ri-
dare a Gorfyddyd l'armatura conquistata l'anno precedente,
ma quel tesoro era gi… stato restituito in segreto, per non ri-
cordare agli uomini di Powys la sonora sconfitta.
Una volta offerti i suoi doni, Art— si sfil• l'elmo e si sedet-
te accanto a Ceinwyn. Le parl• a lungo, piegandosi verso di
lei come era sua abitudine, e indubbiamente la principessa
ne trasse la convinzione di essere la persona pi— importante
per lui: aveva tutto il diritto di sentirsi cos. Molti di noi pro-
varono una punta d'invidia per un amore che sembrava cos
perfetto, e lo stesso Gorfyddyd, bench‚ amareggiato dal fat-
to di dover dare la figlia all'uomo che l'aveva vinto e mutila-
to in battaglia, parve rallegrarsi della felicit… di Ceinwyn.
Ma proprio in quella notte di gioia, quando era infine
giunta la pace, Art— spezz• la Britannia.
Naturalmente, in quel momento, nessuno di noi poteva sa-
perlo. Alla distribuzione dei doni fece seguito un festino a
base di bevute e di canti. Vennero i giocolieri, ascoltammo il
bardo del re e cantammo le nostre canzoni. Uno dei nostri
uomini si dimentic• dell'avvertimento di Art— e attacc• rissa
con un guerriero di Powys, ma i due ubriachi vennero porta-
ti fuori e tuffati nell'acqua gelida; tornarono abbracciandosi
e giurandosi eterna amicizia. Ma proprio allora, mentre i
fuochi ardevano e le bevande scorrevano liberamente, notai
che Art— fissava un punto in fondo alla sala e, incuriosito,
guardai anch'io da quella parte.
Scorsi una giovane donna che superava di tutta la testa e le
spalle la folla che la circondava: una donna dall'espressione
provocante, di sfida.
- Se riuscirai a dominare me - pareva dire - allora po-
trai dominare qualsiasi altra cosa al mondo.
La rivedo ancora, alta in mezzo ai suoi cani da caccia che
avevano la stessa corporatura snella, lo stesso lungo naso e
lo stesso sguardo predatore della loro padrona. Aveva gli oc-
chi verdi, quella donna, e misteriosamente crudeli. Il suo non
era unvolto delicato, come non era delicato o morbido il
suo corpo. I lineamenti erano decisi, gli zigomi alti, e il volto
era affascinante, ma duro.
A renderlo affascinante erano i capelli e il portamento,
perch‚ era diritta quanto una lancia, e i riccioli rossi lŠ cade-
vano sulle spalle come una cascata. Il rosso dei capelli addol-
civa il suo aspetto, e la sua risata catturava gli uomini come
le trappole catturano i salmoni. C'erano molte donne pi—
belle di lei, ma nessuna che potesse rivaleggiare con il fascino
di Ginevra, la primogenita di Leodegan, il re esiliato.
- Sarebbe stato meglio che l'avessero affogata al momen-
to della nascita - ripeteva sempre Merlino.
L'indomani, il gruppo dei re prese parte a una caccia al
cervo. I cani di Ginevra catturarono un cerbiatto di due anni
ancora privo di corna, ma a sentire le lodi di Art— si sarebbe
detto che avessero preso addirittura il Cervo Selvaggio di
Dyfed.
I bardi cantano l'amore e uomini e donne lo sognano, ma
nessuno di loro sa cosa sia finch‚ non li colpisce, come una
lancia che arriva dal buio. Art— non riusciva a staccare gli oc-
chi da Ginevra, anche se tentava di farlo con tutte le sue forze.
Nei giorni che seguirono il fidanzamento, quando ritor-
nammo a Swys, Art— si accompagnava a Ceinwyn e parlava
con lei, ma non vedeva l'ora di incontrare Ginevra, e lei, che
sapeva benissimo come condurre il gioco, si faceva desidera-
re a lungo. li suo fidanzato, Valerin, era a corte; Ginevra
camminava sottobraccio a lui, rideva, poi lanciava ad Art—
un'occhiata piena di pudore, e questi aveva l'impressione che
il mondo si fosse fermato all'improvviso. Ardeva gi… d'amo-
re per lei.
- Le cose sarebbero andate in modo diverso - ci siamo
chiesti molte volte - se il vescovo Bedwin fosse stato pre-
sente?
Penso di no. Neppure Merlino sarebbe riuscito a fermarli.
Sarebbe stato come chiedere alla pioggia di ritornare nube o
come ordinare al fiume di rifluire nella sua sorgente.
La seconda sera dopo la festa, Ginevra raggiunse il padi-
glione di Art— dopo il tramonto, e o che ero di guardia sen-
tii le risate e il brusio della loro conversazione. Parlarono per
tutta la notte e forse fecero anche dell'altro, non saprei, ma
per parlare parlarono, e io, che montavo la guardia alla por-
ta, non potevo fare a meno di sentire.
Ascoltai Art— spiegare e lusingare, implorare e cercar di
convincere. Forse si parlarono anche dell'amore, ma quella
parte della conversazione mi sfuggi; sentii invece Art— raccon-
tare della Britannia e del sogno che lo aveva portato laggi—
dalle Gallie. Parl• dei sassoni e di come fossero un bubbone
che andava reciso, se si voleva che il paese vivesse felice. Parl•
della guerra e della terribile gioia di stare in sella a un cavallo
lanciato in battaglia. Parl• come aveva parlato a me sugli
spalti della Rocca di Cadarn, immagin• una terra pacifica in
cui la gente comune non avrebbe dovuto temere l'arrivo delle
lance nemiche.
Parl• con passione, e Ginevra lo ascolt• con piacere e gli as-
sicur• che il suo sogno era ispirato dagli dŠi. Art— descrisse un
futuro che nasceva dal suo sogno, e Ginevra era al centro di
quel futuro. La povera Ceinwyn aveva solo la giovinezza e la
bellezza, mentre Ginevra sapeva vedere la solitudine di Art— e
promettere di guarirla. Lasci• il padiglione prima dell'alba:
una figura avvolta nel buio, con una falce di luna a illuminar-
le i riccioli.
L'indomani, pieno di rimorsi, Art— and• a passeggiare con
Ceinwyn e suo fratello. Quel giorno Ginevra sfoggiava una
nuova torque d'oro massiccio e alcuni di noi provarono dolo-
re per la figlia del re di Powys, ma Ceinwyn era una bambina,
mentre Ginevra era una donna, e Art—, davanti a lei, era del
tutto indifeso.
Era un amore folle. Folle come il povero Pellinore. Tal-
mente folle da poter condannare Art— all'eslio nell'Isola dei
Morti. Per Art—, null'altro aveva importanza: la Britannia, i
sassoni, la nuova alleanza, tutto il precario equilibrio per cui
era ritornato dalle Gallie e aveva faticato tanto precipitava-
no verso la distruzione per quella principessa dai capelli ros-
si, senza denaro e senza terra.
Art— si rendeva conto di quel che faceva, ma chiedergli di
fermarsi era come chiedergli di fermare il sole dal sorgere.
Era posseduto da un demone, pensava solo a lei, parlava di
lei, sognava di lei, non poteva vivere senza di lei, ma in qual-
che modo, con uno sforzo tremendo, manteneva la finzione
del fidanzamento con Ceinwyn.
I preparativi per il matrimonio vennero puntualmente
espletati. In segno di apprezzamento per il contributo di re
Tewdric alla pace, la cerimonia si sarebbe svolta a Glevum e
Art— vi si sarebbe recato per primo, in modo da organizzare
ogni cosa. La celebrazione non avrebbe potuto aver luogo
finch‚ non fosse passato il novilunio. In quel momento, la
luna era in fase calante; di li a un paio di settimane, per•, i
presagi sarebbero stati tutti fausti, e Ceinwyn l'avrebbe rag-
giunto con i fiori nei capelli.
Ma Art— portava una collana fatta con i capelli di Gine-
vra. Una treccia rossa, nascosta sotto il colletto della tunica.
Io la vidi bene, una mattina, quando gli portai l'acqua. Era a
torso nudo e stava affilando il rasoio su una pietra. Si accor-
se che fissavo la treccia e alz• le spalle.
- Pensi che il rosso porti sfortuna? - mi chiese.
- Lo dicono tutti, signore.
- Ma hanno davvero ragione? - domand• guardandosi
nello specchio di bronzo. - Per rendere robuste le spade'
Derfel, non si temprano nell'acqua, ma nell'orina di un bam-
bino dai capelli rossi. Allora, in quel caso, il rosso porta for-
tuna, vero? - S'interruppe per affilare il rasoio. - Il nostro
compito, Derfel, Š di cambiare le cose, non di lasciarle come
sono. Perch‚ non rendere fortunati i capelli rossi?
- Tu puoi fare tutto - gli risposi, per non contraddirlo.
Lui sospir•. - Spero che sia vero, Derfel. Del resto, la pace
Š qualcosa di pi— di un matrimonio. Deve esserlo! Non fai la
guerra per una donna. Se la pace Š tanto auspicabile, non ci ri-
nunci, solo perch‚ un matrimonio si fa o non si fa, ti pare?
- Non saprei, signore.
Sapevo soltanto che Art—, in quel momento, ripeteva le
proprie ragioni per cercare di convincersi. Era pazzo d'amo-
re: talmente pazzo che il sud era il nord e il nero era bianco.
Era un Art— che non avevo mai visto, un uomo fatto di pas-
sione e di egoismo.
Era salito al potere troppo in fretta. Anche se era nato con
il sangue reale nelle vene, non aveva ereditato nulla, e perci•
riteneva che i suoi successi dipendessero soltanto da lui. Era
orgoglioso di quello che aveva ottenuto, ed era convinto di
avere sempre ragione. Fino ad allora le sue ambizioni e il suo
egoismo erano stati visti come nobili e lungimiranti perch‚ le
sue decisioni corrispondevano a quel che tutti desideravano
in.cuor loro, ma alla Rocca di Swys quelle ambizioni si scon-
trarono con una realt… diversa.
Uscii dalla stanza di Art— e trovai Agravain che, seduto al
sole, affilava una lancia. - Allora? - mi chiese.
- Non sposer… Ceinwyn - dissi. Dall'interno non pote-
vano ascoltarci, ma anche se avessimo parlato a voce pi— al-
ta, Art— non ci avrebbe udito. Cantava a squarciagola.
Agravain sput• in terra. - Sposer… chi deve sposare - af-
ferm•, poi piant• in terra l'asta della lancia e si diresse al pa-
diglione di- Tewdric.
Non saprei dire se Gorfyddyd e Cuneglas fossero al corren-
te di quel che stava succedendo, perch‚ diversamente da noi
non erano in costante contatto con Art—. Gorfyddyd, anche se
aveva dei sospetti, non dava peso alla cosa; forse credeva che
Art— si sarebbe preso Ginevra come amante e Ceinwyn come
moglie. Naturalmente, era maleducazione fare simili progetti
la settimana stessa del fidanzamento, ma cj• non preoccupa-
va Gorfyddyd di Powys. Lui si era sempre comportato come
aveva voluto, e sapeva che le mogli servono per fare le dina-
stie e le amanti per fare l'amore. Sua moglie era morta da tem-
po, ma il suo letto era stato riscaldato da una lunga successio-
ne di schiave, e ai suoi occhi una principessa impoverita come
Ginevra non era molto pi— di una schiava e non poteva costi-
tuire una minaccia per la sua adorata figliola.
Cuneglas era Pi— Perspicace, e credo che fiutasse gi… odore
di guai, ma aveva dedicato tutte le sue energie alla nuova pace
e probabilmente pensava che l'ossessione di Art— per Ginevra
sarebbe finita presto, come una di quelle piogge estive che col-
piscono furiosamente ma durano solo poche ore. O forse nes-
suno dei due nutriva sospetti, perch‚ non allontanarono Gi-
nevra da Swys, anche se Š dubbio che una tale misura potesse
rivelarsi utile. Quanto al vice di Art—, Agravain, si augurava
che la follia passasse.
- Art— Š gi… stato ossessionato un'altra volta alla stessa
maniera - mi raccont•. - Una ragazza dell'Isola di Trebes,
quando Š arrivato laggi—. Non so pi— come si chiamasse.
Mella? Messa? Un nome del genere. Carina, giovane. Art—
non capiva pi— niente, le ciondolava sempre dietro come un
cane che segue un funerale.
- E perch‚ non si sono fidanzati? - domandai.
- Ricorda che a quell'epoca era molto giovane; talmente
giovane che il padre della ragazza si Š detto: "Quello spilun-
gone non combiner… mai niente nella vita". Cos ha preso la
sua Mella, o Messa, e l'ha spedita in Broceliande a sposare un
magistrato che aveva cinquant'anni pi— di lei. La ragazza Š
poi morta di parto, ma Art—, a quell'epoca, aveva ormai supe-
rato l'infatuazione. Sono amori che passano presto. Tewdric
lo far… ragionare, vedrai.
Tewdric trascorse con Art— l'intera mattinata, e forse riusc
a farlo ragionare perch‚ Art—, per tutto il resto della giornata,
fece il suo dovere. Non diede neppure un'occhiata a Ginevra,
ma tenne compagnia a Ceinwyn, e quella sera, per far piacere
a Tewdric. ascolt• con lei la predica di Sansum nella piccola
chiesa.
Pi— tardi pensai che Art— doveva aver apprezzato le parole
del Re Sorcio, perch‚ invit• Sansum a tenergli compagnia e
rimase a parlare con lui per molto tempo.
L'indomani, quando si alz•, Art— annunci• che avrebbe la-
sciato Swys quella mattina stessa. Anzi, entro un'ora. La par-
tenza era prevista due giorni pi— tardi, e Gorfyddyd, Cuneglas
e Ceinwyn rimasero un po' sorpresi, ma Art— disse che gli oc-
correva pi— tempo per organizzare il matrimonio, e Gorfyddyd
accett• la scusa senza discutere. Cuneglas, probabilmente, pen-
s• che Art— volesse allontanarsi dalle tentazioni di Ginevra e
fece portare pane, formaggio e miele per il nostro viaggio.
Ceinwyn, la dolce Ceinwyn, ci diede l'addio, cominciando da
noi guardie. Eravamo tutti innamorati di lei, e perci• eravamo
indignati per il comportamento di Art—, ma non potevamo fa-
re nulla. La principessa diede a ognuno di noi un piccolo mo-
nile d'oro, e ognuno di noi cerc• di rifiutare il dono, ma lei insi-
stette perch‚ lo accettassimo. A me offri una fibula a forma di
nodo intrecciato e io provai a ridargliela, ma Ceinwyn sorrise e
chiuse le mie dita sul gioiello.
- Custodisci bene il tuo signore - mi disse.
- E tu, principessa, sii felice - le augurai di cuore.
Sorrise e pass• ad Art—, per donargli un bocciolo di rosa
che gli avrebbe portato fortuna durante il viaggio. Art— se lo
infil• nella cintura e baci• la mano della sua promessa spo-
sa, poi sal in groppa a Llamrei. Cuneglas voleva farci ac-
compagnare da alcune guardie, ma Art— declin• quell'onore.
- Lasciaci partire, principe - gli disse - per preparare
pi— in fretta la nostra felicit….
Ceinwyn sorrise a quelle parole. Cuneglas, sempre compi-
to, ordin• di aprire le porte e Art—, come un uomo uscito da
una prigione, lanci• al galoppo la suagiumenta lungo la
strada romana e il guado del Severn. Noi guardie, che lo se-
guivamo a piedi, trovammo sulla riva opposta un bocciolo.
Agravain lo raccolse perch‚ Ceinwyn non lo trovasse.
e
'Quando avevamo lasciato la citt… di Swys, con noi c'era
anche Sansum, bench‚ non ci avessero dato spiegazioni sulla
sua presenza.
- L'avr… mandato Tewdric - disse Agravain quando glielo
chiesi - per assicurarsi che Art— non ricada nella sua follia.
Tutti ci augurammo che fosse rinsavito, ma ci sbagliava-
mo. Per quella follia non c'erano mai state speranze di guari-
gione, fin dal primo momento in cui Art— aveva visto i capel-
li rossi di Ginevra, in fondo alla sala dei banchetti di
Gorfyddyd. Sagramor ci raccontava spesso la storia di
un'antichissima guerra in paesi lontani; l'assedio di una
grande citt…, con porte e torri, con palazzi e templi, e tutto
era iniziato a causa di una donna, e per quella donna dieci-
mila guerrieri dalla corazza di bronzo erano morti nella pol-
vere.
Quella storia non era poi cos antica.
Infatti, un paio di ore dopo aver lasciato la Rocca di Swys,
in una zona boscosa dove non c'erano fattorie, ma solo altu-
re scoscese, torrenti e grandi alberi, c'imbattemmo in re Leo-
degan che aspettava accanto alla strada. Senza fare parola, ci
port• dietro a delle querce, in una radura nei pressi di un la-
ghetto di castori.
Il prato era pieno di gigli e campanule, di primule e viole, e
l…, pi— splendida di ogni fiore, Ginevra ci attendeva. Indossa-
va una bianca veste di lino, s'era intrecciata nei capelli una
coroncina di primule e portava la torque d'oro di Art—, brac-
cialetti d'argento e un corto mantello color lilla. Era cos bel-
la da farci rimanere senza fiato. Agravain soffoc• un'impre-
cazione.
Art— balz• di sella e corse da lei. La sollev• tra le braccia e
fece un giro su se stesso. Ginevra rise ed esclam•: - I miei
poveri fiori! - portandosi la mano alla testa. Art— la pos• a
terra delicatamente e si inginocchi• per baciarle l'orlo della
veste.
Poi si alz• e si gir• verso di noi. - Sansum!
Signore?
Adesso puoi sposarci.
Sansum si rifiut•. Incroci• le braccia sulla tonaca nera e
sudicia e sollev• la faccia da topo ostinato. - Sei gi… fidan-
zato, signore - disse.
In quel momento pensai che lo facesse per sdegno, ma in
realt… era gi… tutto prestabilito. Sansum non ci aveva accom-
pagnato per volont… di Tewdric, ma perch‚ glielo aveva chie-
sto Art—, che adesso fiss• con ira il prete che non stava ai
patti.
- Eravamo d'accordo! - protest•, ma nel vedere Sansum
fare cenni di diniego, port• la mano all'impugnatura di Ex-
calibur. - Vuoi che ti stacchi la testa dal collo, prete?
- I tiranni hanno sempre fatto dei martiri, signore - re-
plic• Sansum, inginocchiandosi sull'erba e abbassando il ca-
po perch‚ Art— potesse colpirlo. - Vengo a Te, o Signore -
grid• all'erba del prato. - Il tuo servo Š con Te! Vengo nella
Tua gloria, Tu sia lodato! Vedo aprirsi per me le porte del
Cielo! Vedo gi… gli angeli che mi aspettano! Mio Signore Ge-
s—, accoglimi nel Tuo abbraccio! Sto arrivando!
- Sta' zitto e alzati - gli ordin• Art— in tono seccato.
Sansum lo guard• con la coda dell'occhio. - Signore, -
gli domand• con aria astuta - non mi vuoi dare la benedi-
zione del martirio?
- La scorsa notte - gli ricord• Art— - hai promesso di
sposarci. Perch‚ ti rifiuti di farlo, adesso?
Sansum si strinse nelle spalle. - Ho lottato con la mia co-
scienza.
Art— sospir•. - Allora, cosa vuoi, prete? -
- Il vescovado - disse subito Sansum , alzandosi.
- Non avete un papa che vi d… i vescovadi? - chiese
Art—. - Simplicio, non si chiama cos?
- Il benedetto e santo Simplicio, che possa ancora vivere
a lungo e in salute - annu Sansum. - Ma dammi una chie-
sa, signore, e un trono nella chiesa, e tutti mi chiameranno
vescovo.
- Una chiesa e una sedia - ripet‚ Art—. - Nient'altro?
- E l'incarico di cappellano di re Mordred. Devo avere
quel posto! Suo unico e personale cappellano, chiaro? Con
un appannaggio sufficiente per avere un maggiordomo,, un
portinaio, un cuoco e uno scaccino. - Si tolse dalla tonaca
qualche filo d'erba. - E una lavandaia - si affrett• ad ag-
giungere.
- Basta cos? - chiese Art— sarcastico.
- E un posto nel consiglio - concluse Sansum, come se
fosse una cosa da nulla. - Nient'altro.
- D'accordo - rispose Art— con indifferenza. - Allora,
cosa dobbiamo fare per sposarci?
Mentre si svolgevano queste contrattazioni, io osservavo
Ginevra. Aveva un'espressione di trionfo sul viso, e non me
ne stupii affatto perch‚ sposava un uomo assai al di sopra
delle speranze del padre. Il vecchio Leodegan, con il mento
che gli tremava, guardava con terrore Sansum, temendo che
non volesse pi— celebrare il matrimonio, mentre dietro di
lui c'era una ragazzina grassa che pareva avere la funzione
di custodire i quattro cani di Ginevra e i pochi bagagli della
famiglia reale. La ragazzina, seppi poi, era Gwenda o, come
lo scrivevano loro, Gwenhwyvach, la sorella di Ginevra.
C'era anche un fratello, ma da lungo tempo si era ritirato
in un monastero sulla costa selvaggia della Scozia, dove al-
cuni strani eremiti cristiani gareggiavano nel farsi crescere
la barba, mangiare solo bacche e predicare la salvezza alle
foche.
Il matrimonio venne celebrato semplicemente. Art— e Gi-
nevra si misero sotto la bandiera dell'orso, Sansum recit•
qualche preghiera in latino, Leodegan estrasse la spada,
tocc• la spalla della figlia, poi pass• l'arma ad Art— per indi-
care che Ginevra era passata dalla sua autorit… a quella del
marito. Sansum prese qualche goccia d'acqua dal laghetto e
la spruzz• sugli sposi, dicendo che cos venivano purificati
da tutti i peccati ed erano accolti nella famiglia della Santa
.Chiesa, che riconosceva la loro unione come una e indissolu-
bile, sacra dinanzi a Dio e dedicata alla procreazione dei fi-
gli. Poi ci fiss•, a uno a uno, e ci chiese di dichiarare che ave-
vamo assistito alla cerimonia. Facemmo quello che ci veniva
domandato, e Art— era cos felice da non accorgersi della no-
stra riluttanza, mentre Ginevra la not•. A Ginevra non sfug-
giva mai niente.
- Ecco - disse Sansum, quando quel rito da miserabili
ebbe termine. - Siete sposati.
Ginevra rise. Art— la baci•. Era alta come lui, forse mezzo
dito di pi—, e confesso che nel guardarli mi parvero una
splendida coppia. Pi— che splendida, perch‚ Ginevra era dav-
vero straordinaria; anche Ceinwyn era bellissima, ma Gine-
vra, con la sua presenza, faceva impallidire il sole. Noi guar-
die eravamo sconvolte. Non avremmo potuto fare nulla per
impedire che la follia del nostro signore arrivasse a tanto, ma
la fretta con cui si era proceduto ci pareva un'indecenza, ol-
tre che un inganno. Art—, lo sapevamo, era un uomo che agi-
va d'impulso, per entusiasmo, ma ci aveva tolto il fiato con
la rapidit… della sua decisione. Leodegan, comunque, era
molto felice e descriveva alla figlia minore come le finanze
della famiglia fossero destinate a rifiorire e come, quanto
prima, i guerrieri di Art— avrebbero cacciato via dal loro re-
gno l'usurpatore irlandese. Nell'udire quelle parole, Art— si
affrett• a girarsi verso di lui. - Temo non sia possibile, pa-
dre - gli disse.
- Possibile! Certo che Š possibile! - intervenne Ginevra.
- Sar… il tuo dono di nozze, mio signore. La restituzione del
regno a mio padre. -
Agravain sput• in terra per mostrare la sua disapprovazio-
ne. Ginevra prefer fingere di non essersene accorta, e pass•
davanti a noi guardie per dare a ciascuno una primula del suo
diadema.
Poi, come criminali che fuggivano dalla giustizia del re,
corremmo a sud per lasciare il regno di Powys prima di esse-
re raggiunti dall'ira di Gorfyddyd.
- Il destino Š inesorabile - ci ripeteva sempre Merlino.
Molte cose accaddero a causa di quella frettolosa cerimonia
sul prato accanto al laghetto. Molti morirono. Tanti cuori
spezzati, tanto sangue versato e tante lacrime da riempire un
fiume, ma con il tempo le correnti si esaurirono, nuovi fiumi
si aggiunsero, le lacrime si persero nel grande mare aperto e
qualcuno fini per dimenticare come tutto era iniziato. Giun-
se anche il tempo dello splendore, ma le speranze nutrite fino
a quel momento non si realizzarono, e di coloro che ebbero
a soffrire per il matrimonio sul prato, Art— fu quello che pat
pi— di tutti.
Ma Art—, almeno per quel giorno, era felice. Ci affrettam-
mo verso casa.
La notizia del matrimonio echeggi• per tutta la Britannia
come la lancia di un dio battuta sullo scudo. Dapprima il
suono ci lasci• attoniti, e in quel periodo d'immobilit…, men-
tre si cercavano di valutare le conseguenze, dal Powys giunse
un'ambasciata. Uno dei suoi membri era Valerin, il capo-
trib— che era stato promesso a Ginevra. Sfid• a duello Art—,
che si rifiut• di combattere, e quando Valerin cerc• di estrar-
re la spada, noi guardie dovemmo allontanarlo da Lindinis.
Era un uomo alto e vigoroso, con i capelli e la barba nerissi-
mi, gli occhi infossati e il setto nasale rotto. Il suo dolore era
terribile, la sua rabbia ancora peggiore e il suo tentativo di
vendicarsi era stato frustrato.
il druido Iorweth era a capo della delegazione di Powys,
partita per ordine di Cuneglas e non di Gorfyddyd. Que-
sti, infatti, era ubriaco di birra e di rabbia, mentre il figlio
sperava ancora di poter rabberciare la pace ed evitare il di-
sastro.
Il druido era un uomo serio e sensibile, e parl• a lungo con
Art—. Il matrimonio, gli disse, non era valido perch‚ era sta-
to celebrato da un prete cristiano, e gli dŠi della Britannia
non riconoscevano la nuova religione.
- Prendi Ginevra come amante e Ceinwyn come moglie -
gli sugger.
- Ginevra Š mia moglie! - grid• Art—.
Il vescovo Bedwin si uni a lorweth nel perorare la propo-
sta, ma neanche lui riusc a fargli cambiare idea. E neppure
la prospettiva di una guerra convinse Art— a cedere. Fu
lorweth a parlare di questa possibilit…, dicendo che il nostro
regno aveva insultato il suo e che occorreva lavare l'insulto
colsangue.
Tewdric di Gwent mand• il vescovo Conrad a implorare la
pace, supplicando Art— di rinunciare a Ginevra e di sposare
Ceinwyn. Il vescovo fece poi capire che Tewdric poteva
stringere una pace separata con il Powys.
- Il mio re non combatter… contro la Dumnonia - gli
udii dire a Bedwin, mentre passeggiavano davanti alla villa
di Lindinis - ma non ha alcuna intenzione di lottare per
quella puttanella dai capelli rossi.
"Puttanella"? - chiese Bedwin urtato da quella parola.
Be', forse no - ammise Conrad. - Ma ti dico una co-
sa, caro fratello. Ginevra non Š mai stata frustata. Mai!
Bedwin scosse la testa nell'apprendere una cos grave man-
canza d'autorit… paterna da parte di Leodegan, poi i due uo-
mini si allontanarono. L'indomani, sia il vescovo Conrad sia
la delegazione di Powys partirono per i loro regni e non vi
portarono buone notizie.
Ma Art— era convinto che fosse giunto il tempo della sua
felicit….
- Non ci saranno guerre - diceva -,perch‚ Gorfyddyd
ha gi… perso un braccio e non vuole perdere l'altro. Con il
suo buon senso, il principe Cuneglas assicurer… la pace. Per
qualche tempo ci saranno proteste e sfiducia da parte loro,
ma tutto passer….
Art— pensava che la sua felicit… potesse abbracciare tutto il
mondo.
Vennero presi dei lavoratori per ampliare e riparare la villa
di Lindinis in modo da farne un palazzo adatto a una princi-
pessa. Art— mand• un messaggero nel Benoic, a re Ban, chie-
dendo al suo vecchio signore di mandargli muratori e stucca-
tori capaci di restaurare gli edifici romani. Voleva un frutteto,
un giardino, una vasca con i pesci, un bagno con l'acqua ri-
scaldata, una sala dove potessero suonare gli arpisti.
Art— voleva un paradiso in terra per la sua sposa, ma altri
uomini volevano la vendetta, e nell'estate venimmo a sapere
che Tewdric di Gwent si era incontrato con Cuneglas e aveva
sottoscritto un trattato di pace; tra le clausole dell'accordo,
c'era quella di lasciar muovere liberamente l'esercito di
Powys sulle strade romane che attraversavano il Gwent.
Quelle strade portavano soltanto al nostro regno.
Eppure, con il passar dell'estate, non ci fu nessun attacco.
Sagramor continu• a bloccare l'avanzata dei sassoni di Ael-
le, mentre Art— trascorse quella stagione nell'infatuazione
amorosa. Io ero un membro della sua guardia e perci•, gior-
no dopo giorno, ero con lui. Avrei dovuto maneggiare la
spada, lo scudo e la lancia, ma per la maggior parte del tem-
po ero troppo occupato con giare di vino e vassoi di cibo:
Ginevra amava consumare il pasto in boschetti nascosti,
presso ruscelli sconosciuti, e noi guerrieri avevamo l'ordine
di portare piatti d'argento, corni, pietanze e vino nel punto
designato.
Ginevra radun• intorno a s‚ un gruppo di dame che costi-
tuivano la sua corte e, per mia disgrazia, Lunete fu invitata a
partecipare. La mia compagna aveva protestato a lungo
quando aveva dovuto abbandonare la sua bella casa in mu-
ratura di Corinium, ma le erano bastati pochi giorni per ca-
pire che stava meglio con Ginevra.
Lunete era una ragazza molto carina, e Ginevra dichiar• di
volersi circondare esclusivamente di persone belle e di oggetti
preziosi; lei e le sue dame indossavano i lini pi— fini, decorati
d'oro, d'argento e d'ambra, e lei pagava arpisti, cantanti, dan-
zatrici e poeti per divertire la sua corte. Organizzavano giochi
nei boschi in cui si rincorrevano tra loro, si nascondevano e
pagavano pegno se infrangevano una delle complicate regole
inventate da Ginevra.
Il denaro per tutti quei gi•chi, come pure quello speso per
la villa di Lindinis, veniva da Leodegan, il quale era stato no-
minato tesoriere di Art—. Il re esiliato aveva assicurato che si
trattava di affitti arretrati e pu• darsi che Art— credesse alle
parole del suocero, ma tutti noi avevamo sentito quel che si
diceva del tesoro di Mordred: veniva alleggerito d'oro e d'ar-
gento, sostituiti dalle promesse di pagamento prive di valore
sottoscritte da Leodegan. Art— non se ne curava. Quell'estate
era la sua pregustazione di una Britannia in pace, ma noi sa-
pevamo che era soltanto un'illusione.
Amhar e Loholt vennero portati a Lindinis, ma Ailleann
non fu invitata. Art— li present• a Ginevra, nella speranza
che venissero a vivere nel palazzo che stava sorgendo attor-
no alla vecchia villa. La sposa rimase in compagnia dei ge-
melli per una sola giornata, poi afferm• che la loro presenza
la sconvolgeva.
- Non sono divertenti - disse. - Non sono belli. - E se
non erano belli o divertenti non avevano posto nell'esistenza
di Ginevra. - Inoltre - continu• - appartengono alla tua
vecchia vita, e quella ormai Š morta.
Non li voleva con s‚, e lo proclam• pubblicamente, senza
preoccupazioni.
- Se vorremo dei bambini, mio principe - disse accarez-
zandolo - li faremo noi stessi.
Ginevra si rivolgeva sempre ad Art— chiamandolo princi-
pe. Le prime volte lui le fece notare che non lo era, ma lei in-
sistette che era figlio di Uther e dunque aveva sangue di re.
Art—, per farle piacere, le permise di chiamarlo con quel tito-
lo, ma presto tutti fummo costretti a usarlo. Lo ordin• Gine-
vra, e noi obbedimmo.
Art— non aveva mai permesso a nessuno di parlare male dei
suoi figli, ma Ginevra lo fece e il mio signore non mosse obie-
zioni; cos i gemelli vennero rimandati dalla madre a Cori-
nium. Quell'anno il raccolto fu misero, perch‚ la pioggia ro-
vin• le messi pronte per la mietitura e le riemp di muffa. A
quanto si venne a sapere, quello dei sassoni, invece, era stato
migliore, perch‚ la pioggia lo aveva risparmiato. Art— con-
dusse quindi una squadra di soldati nelle loro terre per impa-
dronirsi delle riserve di grano.
Era lieto di lasciare i canti e le danze della Rocca di Ca-
darn, e noi eravamo lieti di averlo di nuovo in prima linea e
di portare lance invece di abiti da festa. Fu un'incursione
molto fortunata, che riemp il nostro regno di grano, oro e
prigionieri. A Leodegan, ora membro del consiglio, venne af-
fidato il compito di distribuire gratuitamente il grano in tut-
to il regno,'ma si udirono poi storie orribili sul fatto che quel
grano era stato venduto e che i proventi erano stati investiti
nella nuova dimora che il re si stava costruendo davanti al
palazzo di Ginevra, tutto colonne e stucchi.
Ma la follia, prima o poi, finisce. Lo stabiliscono gli dŠi,
non l'uomo. Art— era impazzito d'amore per tutta l'estate, ed
era stata una buona estate, nonostante le nostre occupazioni
servili, perch‚ Art—, quando era felice, era un padrone gene-
roso e affascinante. Ma quando l'autunno spazz• la terra
con vento, pioggia e foglie secche, il mio signore parve risve-
gliarsi dal suo sogno. Era ancora innamorato, anzi, penso
che l'amore per Ginevra non lo abbia mai lasciato, ma con
l'autunno cominci• a capire il danno da lui procurato alla
Britannia. Invece della pace, c'era solo una tregua destinata a
finire presto.
Tagliammo nuovi rami per farne lance e nelle officine dei
fabbri si torn• a lavorare sull'incudine. Sagramor venne ri-
chiamato dalla frontiera sassone per essere pi— vicino al cuore
del regno. Art— invi• anche un messaggero a re Gorfyddyd, ri-
conoscendo l'offesa da lui arrecata al sovrano e alla figlia,
scusandosi, implorando di mantenere la pace fra i britanni.
Mand• a Ceinwyn una collana di perle e oro, ma Gorfyddyd
gliela restitu con la testa mozzata del messaggero. Ci venne
riferito che il re di Powys aveva smesso di bere e aveva ripreso
in mano le redini del regno, togliendole al figlio Cuneglas.
Questo conferm• che non ci sarebbe stata la pace finch‚ non
fosse stato vendicato l'insulto.
I viaggiatori portavano notizie minacciose. I Signori al di
l… del Mare trasferivano nuovi guerrieri irlandesi nei loro re-
gni costieri. i franchi ammassavano eserciti ai margini della
Bretagna. Il Powys aveva immagazzinato il raccolto invece di
venderlo ad altri, e i suoi volontari venivano addestrati a
combattere con la lancia invece di tagliare il frumento. Cu-
neglas aveva sposato Helledd di Elmet e i guerrieri di quel
regno settentrionale accorrevano a dare man forte a quelli di
Powys. Gundleus, ritornato sul trono di Siluria, forgiava
spade e lance, mentre da est giungevano altre navi di sassoni
piene di coloni.
Art— indoss• nuovamente la sua armatura a piastre, e con
una quarantina dei suoi cavalieri si rec• in visita nelle varie
parti della Dumnonia. Intendeva sfoggiare il suo potere per-
ch‚ voleva che i mercanti ne parlassero negli altri regni. Poi
ritorn• a Lindinis, dove il suo servitore Hygwydd gli tolse la
ruggine dalla corazza.
La notizia della prima sconfitta ci giunse in autunno. La
citt… di Venta era stata colpita da una pestilenza che aveva in-
debolito gli uomini di re Melwas, e il nuovocapo dei sassoni,
Cerdic, aveva sconfitto i belgi e si era impadronito di una
grande fetta di territorio. Re Melwas chiese rinforzi, ma Art—
sapeva che Cerdic era l'ultimo dei suoi problemi. In tutte le
terre Perdute conquistate dai sassoni rullavano i tamburi di
guerra, i regni del settentrione si preparavano a combattere:
aiutare Melwas sarebbe stato impossibile. Inoltre, Cerdic
sembrava pienamente occupato dai suoi nuovi possedimenti e
non pareva intenzionato a espandersi ancora; perci•, Art— de-
cise di non occuparsi dei sassoni, per il momento.
- Daremo alla pace un'occasione per mostrarsi - disse
Art— al consiglio.
Ma la pace non venne.
Alla fine dell'autunno, quando tutti pensano unicamente a
lucidare le armi e a riporle per l'inverno, l'esercito di Powys
si mise in marcia.
La Britannia era in guerra.






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