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Biblioteca elettronica "Freinet"
Agenzia educativa Tangram
Avvertenza: il seguente testo a disposizione
esclusivamente per iniziative didattiche e/o per
attivitdi sostegno per i non vedenti.





IL RICHIAMO DELLA FORESTA di Jack London.







INDICE.

1. VERSO I PRIMORDI: pagina 3.
2. LA LEGGE DEL BASTONE E DELLA CAROTA: pagina 20.
3. LA DOMINANTE BELVA PRIMITIVA: pagina 35.
4. COLUI CHE HA RAGGIUNTO IL DOMINIO: pagina 58.
5. LA FATICA DEL TIRO E DELLA PISTA: pagina 73.
6. PER L'AMORE DI UN UOMO: pagina 97.
7. SUONA IL RICHIAMO: pagina 119.













1. VERSO I PRIMORDI.


Buck, non leggendo i giornali, non poteva sapere i guai che si
preparavano non solo per lui ma per tutti i cani di grandi
dimensioni, di forte muscolatura e di lungo e caldo pelo fra lo
stretto di Puget e San Diego. Perchgli uomini scavando nelle
buie profonditdell'Artico, avevano trovato un biondo metallo, e
le compagnie di navigazione e di trasporti ne avevano diffuso la
notizia facendo accorrere migliaia di cercatori nelle regioni del
Nord. Questi uomini avevano bisogno di cani, e i cani che
cercavano dovevano essere forti, di robusta muscolatura per
sopportare le fatiche, e con folte pellicce che li proteggessero
dal freddo.
Buck viveva in una grande casa nella vallata di Santa Chiara
baciata dal sole. Era detta la "Proprietdel giudice Miller". Un
po' lontana dalla strada, era mezzo nascosta tra gli alberi,
attraverso i quali si poteva scorgere la grande e ombrosa veranda
che la circondava dai quattro lati. Si giungeva alla casa per
viali di ghiaia che andavano per vasti prati sotto i rami
intrecciati di alti pioppi. Sul dietro tutto era costruito in
dimensioni pivaste che sul davanti. Vi erano grandi stalle, a
cui accudivano una dozzina di mozzi e di stallieri, file di
casette rivestite di vite selvatica, per la servit e una distesa
ordinata e senza termine di costruzioni minori, i lunghi filari di
viti, verdi pascoli, frutteti, e cespugli.
Vi era un impianto per il pozzo artesiano, e la grande vasca di
cemento dove i ragazzi del giudice Miller facevano il bagno tutte
le mattine e prendevano il fresco al pomeriggio. Buck regnava su
questa vasta tenuta. Lera nato e lera vissuto per quattro anni
della sua vita. E' vero che vi erano altri cani: non si sarebbe
potuto fare a meno di altri cani, in una proprietcosvasta; ma
non contava. Andavano e venivano, alloggiando nei popolosi canili
o vivendo oscuramente nell'intimo della casa come Toots, il
cagnolino giapponese, o Ysabel, la messicana senza pelo, strana
creatura che raramente metteva il naso fuori dell'uscio o le zampe
a terra. Vi erano inoltre i fox-terriers, una banda che gridava
paurose minacce a Toots e a Ysabel guardandoli attraverso le
finestre e sfidando una legione di cameriere che li proteggevano
armate di scope e di strofinacci.
Buck non era nun cane casalingo nun cane da canile. Il reame
era tutto suo. Si tuffava nella vasca o andava a caccia con i
figli del giudice; scortava Mollie e Alice, le figlie del giudice,
durante lunghe passeggiate mattutine o crepuscolari; e, nelle
serate invernali, stava sdraiato ai piedi del giudice davanti al
camino scoppiettante della biblioteca. Si lasciava cavalcare dai
nipotini del giudice o li faceva rotolare sulI'erba, e sorvegliava
i loro passi nelle loro avventurose escursioni alla fontana nel
cortile delle scuderie e anche pi in l verso i prati e i
cespugli. Andava imperiosamente fra i terriers e ignorava Toots e
Ysabel nel modo piassoluto, perchera un re: un re di tutto ci
che camminava, strisciava o volava nella propriet del giudice
Miller, compresi gli uomini.
Elmo, suo padre, un grande San Bernardo, era stato il compagno
inseparabile del giudice, e Buck prometteva di seguire le orme
paterne. Non era grosso come lui: pesava solo centoquaranta
libbre, perchsua madre Shep era una cagna da pastore scozzese.
Queste centoquaranta libbre, tuttavia, a cui bisognava aggiungere
la dignitche proviene da un buon vivere e da un universale
rispetto, gli permettevano di comportarsi in un modo veramente
regale. Durante i suoi primi quattro anni di vita aveva vissuto al
modo di un aristocratico benestante; era orgogliosamente
soddisfatto di s ed era anche un tantino egoista come sono
spesso i gentiluomini di campagna per il loro stesso isolamento.
Ma si era salvato dal pericolo di diventare solo un grasso cane
casalingo. La caccia e gli altri esercizi affini all'aria aperta
gli avevano tolto il grasso e rafforzato i muscoli; e l'amore per
l'acqua era stato per lui, come per tutti quelli della sua razza,
un tonico salutare.
Questa era la condizione del cane Buck sullo scorcio del 1897,
quando la scoperta dei giacimenti del Klondike, richiamuomini da
tutte le parti del mondo nel gelato Nord. Ma Buck non leggeva i
giornali, e non sapeva che Manuel, uno degli aiutanti del
giardiniere, era una conoscenza alquanto pericolosa. Manuel aveva
una passione fatale: gli piaceva giocare alla lotteria cinese.
Inoltre, in questo gioco, aveva una debolezza ancora pifatale:
la fede in un sistema; e questo fu la sua rovina. Perch per
giocare con un sistema bisogna avere molto denaro, mentre il
salario di un aiuto giardiniere poteva bastargli solo a mantenere
una moglie e una numerosa progenie.
Nella memorabile sera del tradimento di Manuel, il giudice era a
una riunione dell'Associazione dei Viticoltori, e i ragazzi si
davano da fare per organizzare un circolo sportivo. Nessuno vide
lui e Buck attraversare il frutteto dove Buck credeva di andare a
fare una semplice passeggiata. Ad eccezione di un unico uomo,
nessuno li vide arrivare alla piccola stazione di College Park.
L'uomo parlcon Manuel e ci fu tra loro un tintinnio di monete.
- Dovete impacchettare la merce prima di consegnarla, - disse
rudemente lo straniero; e Manuel passdue volte una solida corda
attorno al collo di Buck sotto il collare.
- Torcetela e lo terrete fermo come vorrete, - disse Manuel, e lo
straniero grugnun cenno affermativo. Buck aveva accettato la
corda con tranquilla dignit certo era una cosa insolita: ma
aveva imparato ad aver fiducia negli uomini che conosceva e a far
loro credito di una saggezza superiore alla propria. Quando peri
capi della fune furono messi nelle mani dello straniero, ringhi
in modo minaccioso. Aveva semplicemente espresso il suo scontento,
pensando nel proprio orgoglio che questo equivalesse ad un
comando. Con sua sorpresa la fune gli si strinse attorno al collo
togliendogli il respiro. Furioso balzaddosso all'uomo, che lo
ferm a mezza strada, lo strinse ancor piforte alla gola e con
uno strattone se lo caricsulla schiena. La fune strinse senza
misericordia mentre Buck annaspava furiosamente con la lingua
penzoloni fuori della bocca e il grande petto anelante. Mai in
vita sua era stato trattato cosvilmente, e mai in vita sua si
era arrabbiato tanto... Ma le forze lo abbandonarono, la vista gli
si annebbi ed egli non capiva pinulla quando i due uomini lo
caricarono sul bagagliaio di un treno.
Quando riprese i sensi si accorse che la lingua gli faceva male e
che era sballottato in qualche cosa in movimento. Il fischio acuto
di una locomotiva a un passaggio a livello gli fece capire
dov'era: aveva viaggiato troppo spesso col giudice per non
conoscere la sensazione di essere in un bagagliaio. Aprgli occhi
con l'angoscia di un re rapito. L'uomo gli salt alla gola, ma
Buck fu pisvelto di lui: le sue mascelle gli afferrarono la mano
e non la lasciarono finchnon perse nuovamente i sensi.
- Maledizione, ha un attacco, - disse l'uomo nascondendo la sua
mano straziata al custode del bagagliaio che era accorso al rumore
della lotta. - Lo porto a San Francisco per incarico del padrone;
crede che un veterinario laggipossa curarlo.
Quel che era avvenuto in quella notte di viaggio, I'uomo lo
raccontcon molta eloquenza nel piccolo retrobottega di una
taverna del porto di San Francisco.
- Ci ho guadagnato in tutto cinquanta dollari, - brontolava; - se
lo avessi saputo non l'avrei fatto nemmeno per mille pagati l'uno
sull'altro.
La sua mano era avvolta in un fazzoletto insanguinato e il
pantalone destro era stracciato dal ginocchio alla caviglia.
- E quello che te l'ha venduto quanto ha preso? - domand il
padrone della taverna.
- Cento, - fu la risposta. - Neppure un soldo di meno.
- Fanno centocinquanta, - disse il taverniere facendo il conto, -
ma li vale davvero.
Il ladro si tolse la fasciatura sanguinosa e si guard la mano
lacerata. - Se non mi piglio l'idrofobia...
- Vorr dire che sei nato per essere impiccato, - disse il
taverniere ridendo. - S dammi una mano per imballare il carico,
- aggiunse.
Sbigottito, soffrendo tremendamente alla gola e alla lingua, mezzo
morto, Buck cercdi resistere ai suoi tormentatori. Ma fu domato
e abbattuto pivolte finchi due riuscirono a limare il suo
grosso collare di ottone; poi gli tolsero anche la fune e lo
spinsero in una gabbia di legno. Rimase per il resto di quella
spaventosa notte covando la sua rabbia e il suo orgoglio ferito.
Non riusciva a capire che cosa significasse tutto questo. Che cosa
volevano fare di lui quegli strani uomini? Perch lo avevano
chiuso in quella stretta gabbia? Non riusciva a capacitarsi, ma si
sentiva oppresso dal vago senso di una sciagura imminente. Pi
volte durante la notte balzin piedi nel sentire aprire la porta,
aspettandosi di vedere il giudice o almeno i ragazzi. Ogni volta
era la faccia gonfia del taverniere che lo guardava alla fioca
luce di una candela. E ogni volta il grido di gioia che gi
tremava nella gola di Buck si cambiava in un mugolio selvaggio.
Infine il taverniere lo lascisolo e al mattino quattro uomini
entrarono e presero su la gabbia. Piche aguzzini apparvero a
Buck come esseri diabolici, sudici e stracciati, ed egli si volse
furioso contro di loro di ldalle sbarre. Gli uomini si misero a
ridere e gli tesero un bastone che Buck subito addentfinch non
comprese che era proprio quello che volevano. Allora si sdrai
tristemente e lasciche la gabbia fosse issata su di un vagone.
Poi lui e la cassa in cui era rinchiuso passarono per varie mani.
Impiegati della ferrovia si presero cura di lui; fu portato in un
altro vagone, un carro lo trasport insieme a un mucchio di
scatole e di pacchi su di un traghetto, dal traghetto fu portato
in un grande magazzino ferroviario e finalmente messo su di un
treno espresso.
Per due giorni e due notti il vagone fu trascinato da fischianti
locomotive, e per due giorni e due notti Buck non manginbevve.
Nella sua angoscia si era messo a latrare al personale del treno,
che aveva risposto facendogli dispetti. Quando si gettcontro le
sbarre fremendo e con la bava alla bocca, quelli si misero a
ridere e a canzonarlo. Mugolavano e abbaiavano come vilissimi
cani, miagolavano, agitavano le braccia e strepitavano. Tutto ci
era veramente ignobile, egli lo capiva; ma appunto per questo la
sua dignit ne era maggiormente offesa e la sua rabbia cresceva
sempre di pi Non badava molto alla fame, ma la mancanza di acqua
gli dava crudeli sofferenze e portava la sua rabbia fino al
delirio. Sensibilissimo com'era, il cattivo trattamento avuto gli
aveva infatti dato un accesso di febbre alimentata
dall'infiammazione della gola arsa e tumefatta. Era contento di
una cosa: gli avevano tolto la corda. Quella corda aveva dato loro
uno sleale vantaggio, ma ora che non c'era pi avrebbe potuto
mostrare quel che sapeva fare. Non gli avrebbero certo messo
un'altra corda al collo: su questo aveva gideciso. Non, mangi
nbevve per due giorni e per due notti, e durante questo periodo
di pena accumuluna riserva di rabbia che prometteva male per il
primo che gli fosse capitato davanti. Aveva gli occhi iniettati di
sangue e si era trasformato in un demonio arrabbiato. Era cos
cambiato che lo stesso giudice non l'avrebbe riconosciuto. Gli
impiegati del treno respirarono di sollievo quando lo scaricarono
a Seattle.
Quattro uomini portarono cautamente la gabbia dal vagone in un
piccolo cortile dalle alte mura. Venne un omaccione con una maglia
rossa che gli saliva fino al collo e firmil registro del
corriere. Buck indovinche quest'uomo era un altro aguzzino e gli
abbaifuriosamente gettandosi contro le sbarre. L'uomo ebbe un
riso crudele e afferrun'ascia ed un bastone.
- Non vorrete mica farlo uscire adesso! - chiese il corriere.
- Sicuro, - rispose l'altro dando un colpo d'accetta alla gabbia
per provarla.
Immediatamente i quattro uomini che l'avevano portata balzarono
via e, mettendosi in salvo sul ciglio del muro, si prepararono a
osservare lo spettacolo.
Buck si avventsulle schegge di legno e vi affondi denti pieno
di furia; dovunque l'ascia si abbatteva dall'esterno egli si
precipitava dall'interno ringhiando e latrando freneticamente
ansioso di gettarsi sull'uomo dalla maglia rossa che continuava
tranquillo il suo lavoro.
- E adesso avanti, diavolo dagli occhi rossi, - disse l'uomo
quando ebbe fatto nella gabbia un'apertura sufficiente perchBuck
potesse passare. Nello stesso tempo lasci cadere l'ascia e
afferril bastone con la destra.
Buck era veramente un diavolo dagli occhi rossi, tutto raccolto
per scattare, col pelo irto, la bocca grondante di bava e un lampo
folle negli occhi sanguigni. Si scaglidritto contro l'uomo con
le sue centoquaranta libbre di furia aumentate da tutta la
passione accumulata in quei due giorni e in quelle due notti. A
mezz'aria, proprio quando le sue mascelle stavano per chiudersi
addentando, ricevette un colpo che lo arrestdi colpo facendogli
battere i denti dolorosamente. Fece una capriola battendo a terra
col dorso e col fianco. Non era mai stato colpito da un bastone in
vita sua, e non riusciva a capacitarsi. Con un ringhio che era in
parte un latrato ma assai piuno strido, balz in piedi e si
slanci Ancora fu colpito e gettato a terra. Questa volta
comprese cos'era un bastone, ma la sua furia non gli permetteva di
essere prudente. Caricancora una dozzina di volte, e ogni volta
il bastone arrestil suo attacco e lo stese a terra.
Dopo un colpo pi crudele, strisciai piedi dell'uomo troppo
stordito per slanciarsi. Fece qualche passo barcollando mentre il
sangue gli usciva dal naso, dalla bocca e dagli orecchi; il suo
bel pelo era sporco di bava sanguinosa. Allora l'uomo fece un
passo avanti e gli diede risolutamente un terribile colpo sul
naso. Tutte le sofferenze che aveva avuto fino allora erano nulla
in confronto del profondo spasimo che prov Con un ruggito
feroce, che sembrava quello di un leone, si slanciancora contro
l'uomo, ma questi, passando il bastone dalla destra nella
sinistra, lo afferr con tranquilla sicurezza alla mascella
inferiore e gliela torse. Buck descrisse nell'aria un giro
completo e la metdi un altro. Picchiando poi a terra con la
testa e col petto, s'avventper l'ultima volta. L'uomo gli diede
il capo di grazia che aveva accortamente serbato per ultimo, e
Buck si abbattcome un cencio, privo di sensi.
- Per domare i cani non ha l'eguale, ecco quel che dico, - grid
entusiasta uno degli uomini sul muro.
- Druther doma un cane al giorno e il sabato due - rispose il
corriere arrampicandosi sul suo carro e avviando i cavalli.
Buck riprese i sensi, ma non le forze. Rimase sdraiato ldov'era
caduto e gettuno sguardo all'uomo dalla maglia rossa.
- "Risponde al nome di Buck", - disse tra sl'uomo leggendo la
lettera del taverniere che gli annunciava la spedizione della
gabbia e del suo contenuto.- Bene, Buck, ragazzo mio,- continu
bonariamente, - abbiamo avuto una piccola conversazione, e la
miglior cosa che si possa fare adesso di non pensarci pi Tu
hai capito qual il tuo posto e io so qual il mio. Se sarai un
buon cane, tutto andrbenone, ma se sarai un cane cattivo, te ne
darquante potrai portarne, capito?
Cosparlando gli carezzava senza paura la testa che aveva colpito
cos crudelmente, e sebbene il pelo di Buck si ergesse
istintivamente al tocco di quella mano, egli sopportla carezza
senza protestare. Quando l'uomo gli port dell'acqua, bevve
avidamente e poi mangiuna generosa porzione di carne cruda, a
pezzo a pezzo, prendendola dalla mano stessa dell'uomo.
Era stato vinto, lo sapeva; ma non prostrato. Capuna volta per
tutte che contro un uomo armato di un bastone non c'era niente da
fare, imparla lezione e non la dimenticpiper tutta la vita.
Quel bastone fu una rivelazione: lo introdusse nel regno della
legge primitiva. Le vicende della vita avevano adesso un aspetto
pifiero; ed egli le affrontcon tutta la sagacia nascosta nella
sua intelligente natura. Nei giorni successivi giunsero altri
cani, in gabbie o al guinzaglio, alcuni docilmente altri
infuriando e latrando come aveva fatto lui e, ad uno ad uno, li
vide sottomettersi al dominio dell'uomo dalla maglia rossa. Ogni
volta osserv lo spettacolo brutale e si fiss in mente la
lezione: un uomo con un bastone fa legge, un padrone che deve
essere obbedito anche se non necessariamente amato. Su questo
ultimo punto, Buck non cadde mai in colpa, sebbene vedesse dei
cani che dopo essere stati picchiati facevano servilmente festa
all'uomo, scodinzolando e leccandogli la mano. Vide anche un cane
che non volle mai cedere nobbedire, e che infine fu ucciso nella
lotta.
Ogni tanto venivano uomini, degli stranieri, che parlavano ora
rudemente, ora gentilmente e in tutti i possibili modi con l'uomo
dalla maglia rossa. E quando passava fra di loro del denaro, gli
stranieri se ne andavano portando con suno o picani. Buck si
domandava dove andassero, perchnon tornavano mai indietro. La
paura del futuro era forte in lui, e ogni volta si rallegrava di
non essere stato scelto.
Venne anche il suo turno sotto forma di un ometto magro che
parlava un cattivo inglese con molte espressioni strane e insolite
che Buck non capiva.
- Sacredame! - gridscorgendo Buck. - Quello un buon forte cane!
Eh? Quanto?
- Trecento ed regalato, - fu l'immediata risposta dell'uomo in
maglia rossa. - E poich denaro del governo, non vorrete
contrattare, eh, Perrault?
Perrault rise. Considerando che i prezzi dei cani erano andati
alle stelle per la straordinaria richiesta, non era quella una
somma eccessiva per un cosbell'animale. Il governo canadese non
ci avrebbe rimesso, e le sue spedizioni non sarebbero state meno
veloci. Perrault s'intendeva di cani e guardando Buck comprese che
di cani simili se ne poteva trovare uno su mille. - Uno su
DISMILLE, - commentfra s
Buck vide passare denaro fra loro e non si meravigli quando,
insieme con Curly, una brava cagna di Terranova, fu portato via
dall'ometto magro. Fu l'ultima volta che vide l'uomo dalla maglia
rossa, e quando, insieme con Curly, dal ponte del Narwhal, guard
il porto di Seattle che si allontanava, fu l'ultima volta che vide
le calde terre del Sud. Lui e Curly furono condotti da Perrault
sotto coperta e consegnati a un gigante dalla faccia bruna
chiamato Fran蔞is.
Perrault era un franco-canadese di carnagione bruna; ma Fran蔞is
era un franco-canadese di mezzo sangue e ancor pibruno di lui.
Appartenevano ad un tipo di uomini che Buck non conosceva, ma che
in seguito avrebbe incontrato in gran numero, e sebbene non si
affezionasse a loro, li rispetttuttavia lealmente. Capsubito
che Perrault e Fran蔞is erano brave persone, calme e imparziali
nell'amministrare la giustizia, troppo esperte in fatto di cani
per poter essere ingannate. Sotto il ponte del Narwhal, Buck e
Curly incontrarono altri due cani. L'uno era un grande animale dal
pelo bianco che era stato portato dallo Spitzberg dal capitano di
una baleniera, e che aveva poi partecipato ad una spedizione
geologica alle isole Barrens. Aveva una certa cordialit
traditora, sempre in festa anche quando meditava qualche tiro,
come quando, ad esempio, rubla porzione di Buck durante il primo
pasto. Buck gisi preparava a punirlo, ma in quel momento stesso
la frusta di Fran蔞is fischinell'aria raggiungendo il colpevole;
e Buck non dovette fare altro che ricuperare il suo cibo. Concluse
che era stato quello un bel gesto da parte di Fran蔞is e il
mezzosangue salmolto nella sua stima.
L'altro cane non diede manifestazioni di amicizia nne ricevette;
e non cercdi rubare niente ai nuovi venuti. Era un tipo triste,
imbronciato, e fece capire subito a Curly che desiderava essere
lasciato solo altrimenti ci sarebbe stata baruffa. Si chiamava
Dave, mangiava, dormiva, sbadigliava nel frattempo e non si
interessava a nulla nemmeno quando il Narwhal attravers lo
stretto della Regina Carlotta, e si mise a rullare, a beccheggiare
e a scuotersi come un indemoniato. Mentre Buck e Curly,
eccitatissimi, sembravano impazziti dalla paura, egli alz la
testa con un gesto di noia, volse loro uno sguardo distratto,
sbadiglie torna dormire.
Giorno e notte la nave vibrava sotto il continuo impulso delle
eliche, e sebbene i giorni scorressero eguali, Buck si accorse che
l'aria diveniva pifredda; infine, un mattino, l'elica si ferm
e il Narwhal, fu pervaso da un'atmosfera di eccitazione. Buck se
ne accorse al pari degli altri cani, e capche stava per avvenire
un cambiamento. Fran蔞is mise loro il guinzaglio e li portsul
ponte. Al primo passo sulla superficie fredda le zampe di Buck
affondarono in qualche cosa di bianco e di morbido, molto simile
al fango. Balzindietro sbuffando. Una gran quantit di quel
fango bianco si agitava nell'aria. Si scosse; ma continuava a
venirgli addosso. Annus curiosamente quella cosa e prov a
leccarla. Sembrava fuoco e subito scompariva. Buck non capiva.
Provancora con lo stesso risultato. Intorno a lui quelli che lo
guardavano ridevano forte ed egli si sentpieno di vergogna senza
sapere perch era la prima neve che vedeva.



















2. LA LEGGE DEL BASTONE E DELLA ZANNA.

Il primo giorno che Buck trascorse sulla spiaggia di Dyea fu come
un incubo. Ad ogni momento erano scosse e sorprese. Era stato
strappato in un attimo dal cuore della civilte gettato nel vivo
di un ambiente primordiale. Non era pila vita oziosa baciata dal
sole, senza altro da fare se non andare a zonzo e annoiarsi. Qui
non c'era npace, nriposo, nun momento di tranquillit Tutto
era confusione e movimento, e ad ogni istante le membra e la vita
erano in pericolo. Bisognava stare sempre all'erta perchnon si
aveva pi a che fare con cani e uomini di citt erano tutti
selvaggi e non conoscevano altra legge se non quella del bastone e
della zanna.
Non aveva mai visto dei cani combattere come quegli esseri che
sembravano lupi, e la sua prima esperienza fu per lui una lezione
indimenticabile. E' vero che fu un'esperienza indiretta, perch
altrimenti non sarebbe sopravvissuto per trarne profitto. La
vittima fu Curly. Erano accampati presso i depositi di legname,
quando lei, coi suoi modi cordiali, cercdi fare amicizia con un
cane eschimese, grosso quanto un lupo adulto e tuttavia neppure la
metdi lei. Non ci fu preavviso, soltanto uno scatto fulmineo, un
rumore metallico di zanne, un balzo da parte ugualmente veloce e
il muso di Curly fu lacerato dall'occhio alla mascella. Era il
modo di combattere dei lupi, colpire e balzare via; ma la cosa non
finl Trenta o quaranta eschimesi accorsero e circondarono i
combattenti in un cerchio attento e silenzioso. Buck non cap
quella tacita attenzione nperchessi si leccassero avidamente
le labbra. Curly aggredl'avversario, che colpi ancora e balzda
parte. Al suo terzo attacco, il cane l'arrestcol petto in un
modo particolare e la fece rotolare a terra. Curly non ebbe il
tempo di rimettersi in piedi: gli eschimesi che stavano attorno
non aspettavano altro. Fecero massa su di lei soffiando e
ringhiando, e Curly fu sepolta, urlante di dolore, sotto i loro
corpi irsuti.
Tutto avvenne cosi rapidamente e inaspettatamente, che Buck rimase
stordito. Vide Spitz che si passava sulle labbra la lingua
scarlatta come faceva quando rideva. E poi Fran蔞is che si gettava
in mezzo ai cani brandendo un'ascia. Tre uomini armati di bastoni
vennero in suo aiuto per disperderli. Non fu cosa lunga. Due
minuti dopo che Curly era caduta, l'ultimo degli assalitori era
scacciato e bastonato. Ma la cagna giaceva esanime nella neve
sanguinosa e calpestata, fatta quasi a brandelli, mentre il
mezzosangue la guardava bestemmiando orribilmente. Quella scena
tornpivolte a turbare i sogni di Buck. Cosdunque andavano le
cose. Non era un gioco facile. Una volta a terra, era finita.
Bene, avrebbe cercato di non cadere. Spitz tirfuori la lingua e
rise ancora, e da quel momento Buck lo odidi odio profondo e
mortale.
Non si era ancora rimesso dal colpo causatogli dalla tragica fine
di Curly, che ne ricevette un altro: Fran蔞is gli mise addosso un
insieme di cinghie e di fibbie. Era una bardatura simile a quella
che, a casa sua, aveva visto mettere ai cavalli dai mozzi di
stalla. Come aveva visto lavorare i cavalli, cosdoveva adesso
lavorare lui, trascinare Fran蔞is su di una slitta attraverso la
foresta che fiancheggiava la vallata e tornare con un carico di
legna da ardere. Sebbene la sua dignitfosse profondamente offesa
nel vedersi considerare un animale da tiro, egli era troppo saggio
per ribellarsi. Si sottomise di buona volonte fece del suo
meglio sebbene fosse quella una strana novit Fran蔞is era
severo, chiedeva immediata obbedienza e la riceveva in grazia
della sua frusta; d'altra parte Dave, che era giesperto, mordeva
i quarti posteriori di Buck quando sbagliava. Spitz, anche lui gi
esperto, era la guida, e, non potendo raggiungere Buck, lo
rimproverava ringhiando furiosamente, o tirava da parte con
accortezza per far capire a Buck in che direzione doveva andare.
Buck impar facilmente e, sotto la triplice guida dei suoi due
compagni e di Fran蔞is, fece notevoli progressi. Prima che
tornassero al campo, sapeva gi fermarsi al grido di "oh", e
avanzare al grido di "mush", e girare al largo nelle voltate, e
lasciar spazio al cane di dietro quando la slitta carica, in
discesa, li incalzava alle calcagna.
- Proprio tre buoni cani, - disse Fran蔞is a Perrault. - Quel Buck
tira come un dannato. Gli insegnertutto in un momento.
Nel pomeriggio Perrault, che aveva fretta di partire col suo
carico, torn con altri due cani: Billee e Joe, fratelli e veri
eschimesi. Sebbene figli di una stessa madre, erano diversi tra
loro come il giorno e la notte. L'unica colpa di Billee era la sua
eccessiva cordialit mentre Joe era l'opposto, cupo e taciturno,
sempre pronto a mugolare e con lo sguardo maligno. Buck li accolse
cordialmente, Dave non si occup di loro, mentre Spitz volle
battersi prima con l'uno poi con l'altro. Billee agit
bonariamente la coda, giral largo quando si accorse che quelle
gentilezze erano inutili, e gemette, tuttavia mitemente, quando
l'acuta zanna di Spitz gli strinse il fianco. Ma per quanto Spitz
girasse intorno a Joe, questi ruot sui calcagni per stargli
sempre di fronte, co] pelo irto, le orecchie indietro, le labbra
contratte, le mascelle che si urtavano fra loro quanto pi
velocemente potevano, e gli occhi sinistramente lampeggianti: la
vera incarnazione della paura bellicosa. Il suo aspetto era cos
terribile, che Spitz fu costretto a trattenersi; ma per
dissimulare la sua sconfitta, si volse all'inoffensivo e gemente
Billee e lo insegufino al limite del campo. La sera Perrault
port un altro cane. Un vecchio eschimese, grande, grosso e
gagliardo, col muso pieno di cicatrici gloriose, e un occhio solo,
che perfiammeggiava cosarditamente da imporre rispetto. Si
chiamava Sol-leks, che significa rabbioso. Al pari di Dave, non
chiedeva nulla, non dava nulla, non si aspettava nulla e quando se
ne venne lentamente ma risolutamente in mezzo a loro, anche Spitz
lo lasciin pace. Aveva una particolaritche Buck scoprin modo
piuttosto disgraziato: non voleva essere avvicinato dalla parte
del suo occhio cieco.
Buck si rese involontariamente colpevole di questa offesa e se ne
accorse solo quando Sol-leks si slancisu di lui e gli lacerla
spalla fino all'osso per una lunghezza di tre pollici. Dopo di
allora Buck evit di avvicinarsi a lui da quel lato e finch
furono insieme non ebbero pimotivo di lite. Al pari di Dave,
Sol-leks aveva un unico desiderio apparente: quello di starsene
per conto suo, ma entrambi, come Buck scoprpitardi, avevano
un'altra e piprofonda ambizione.
Quella notte Buck affrontil gran problema di dormire. La tenda,
illuminata da una candela, risplendeva; tiepida in mezzo alla
bianca pianura; e quando lui vi entr nel modo pinaturale,
tanto Perrault quanto Fran蔞is lo scaraventarono fuori a forza di
improperi e a colpi di stoviglie, finch riavutosi dallo
sbigottimento, fuggignominiosamente nel gelo di fuori. Soffiava
un vento freddo che lo pungeva dolorosamente specialmente sulla
spalla ferita; si gettsulla neve e cerc di dormire, ma il
freddo lo fece subito balzare in piedi. Triste e desolato, si
aggirintorno alle tende ma dappertutto c'era lo stesso freddo.
Qua e lcani selvaggi gli ringhiarono, ma lui rizz il pelo
mugolando, come aveva imparato a fare, ed essi lo lasciarono
tranquillo.
Finalmente gli venne un'idea: sarebbe andato a vedere quello che
facevano i suoi compagni. Con suo grande stupore essi erano
scomparsi. Si aggirancora per il vasto campo cercandoli, ma
torn deluso. Erano forse nella tenda? No, non era possibile,
altrimenti non avrebbero cacciato via lui. E allora dove potevano
essere? A coda bassa e tutto intirizzito, veramente disperato,
continua girare intorno alla tenda, senza meta. Improvvisamente
la neve cedette sotto le sue zampe ed egli affond Qualche cosa
si muoveva l sotto. Fece un salto indietro mugolando e
ringhiando, pauroso di quella cosa invisibile e sconosciuta. Un
piccolo mugolio amichevole lo rassicur e lo indusse a farsi
avanti per vedere meglio. Un soffio di aria calda giunse alle sue
narici, e l arrotolato sotto la neve, come una soffice palla, vi
era Billee. Guaiva amichevolmente agitandosi per mostrare le sue
buone intenzioni e, in segno di pace, giunse a leccare il muso di
Buck con la lingua umida e calda.
Un'altra lezione. Cos dunque, facevano gli altri? Pieno di
fiducia Buck si scelse un posticino e, a forza di tentativi
disordinati, riusca scavarsi una buca. In breve il calore del
suo corpo riemp l'angusto spazio ed egli si addorment La
giornata era stata lunga e faticosa, ed egli dormprofondamente e
a suo agio, sebbene mugolasse e ringhiasse in sogno. Non aprgli
occhi finch non fu svegliato dai rumori del campo che si
ridestava, e a tutta prima non riusca capire dove si trovasse.
Durante la notte era nevicato e la neve lo aveva completamente
sepolto. Da ogni lato lo premeva una bianca copertura, e un gran
terrore lo invase: il terrore dell'animale selvaggio preso in
trappola. Certo la sua esistenza si ricollegava ora, risalendo il
tempo a quella dei suoi antenati; perchlui era un cane civile, e
non aveva mai conosciuto trappole per sua propria esperienza, n
poteva dunque temerle. Con i muscoli di tutto il corpo
spasmodicamente tesi, irto il pelo sul collo e sulla schiena, con
un ringhio feroce balzfuori nella luce accecante del giorno,
mentre la neve volava intorno a lui in una nube fulgente. Prima di
ricadere sulle quattro zampe vide il bianco accampamento dinanzi a
lui e cap dove era, ricordando tutto ciche era avvenuto da
quando era uscito a passeggio con Manuel al momento in cui si era
scavata la buca, la sera prima.
L'esclamazione di Fran蔞is salutla sua comparsa. - Che dicevo?
- gridava a Perrault il conducente. - Quel Buck imparer subito
tutto.
Perrault assentgravemente. Come corriere del governo canadese,
incaricato di portare importanti dispacci, egli voleva assicurarsi
i cani migliori, ed era molto contento di avere acquistato Buck.
Dopo un'ora, altri tre eschimesi furono aggiunti all'attacco che
arrivcosi a un totale di nove; e prima che trascorresse un altro
quarto d'ora tutti erano al loro posto e trascinavano la slitta
verso il ca隳n Dyea. Buck era contento di essere partito, e il
lavoro, sebbene faticoso, non gli dispiaceva affatto. Fu sorpreso
dello zelo che animava tutto il tiro e che si era comunicato anche
a lui, ma ancor pilo sorprese il cambiamento avvenuto in Dave e
in Sol-leks: erano diversi, completamente trasformati dalla
bardatura. Avevano perso tutta la loro passivit e la loro
indifferenza, erano attivi e solerti, pieni di zelo perchil
lavoro procedesse bene, e profondamente irritati se qualche cosa
lo ritardava per qualche ostacolo o qualche confusione. Sembrava
che la suprema espressione del loro essere fosse il fare forza
sulle tirelle, che vivessero solo per questo, e che in questo
lavoro consistesse l'unico loro piacere.
Dave era il cane di ruota, o meglio di slitta, Buck correva
davanti a lui, e piavanti ancora Sol-leks; il resto dell'attacco
era disposto in fila indiana, fino al cane di testa, che era
Spitz. Buck era stato messo apposta tra Dave e Sol-leks perch
imparasse. Era un buono scolaro, ed essi erano non meno buoni
maestri: non gli permettevano di rimanere a lungo nell'errore e
davano forza al loro insegnamento con i loro denti acuti. Dave era
buono e saggio, non mordeva mai Buck senza un motivo, ma non
dimenticava mai di farlo quando era necessario.
Poichinterveniva anche la frusta di Fran蔞is, Buck s'accorse che
costava meno correggersi che ribellarsi. Una volta, durante una
breve sosta, aggroviglile tirelle ritardando la partenza; e Dave
e Sol-leks si avventarono su di lui somministrandogli un duro
castigo. Le tirelle si aggrovigliarono ancor pi ma Buck si
preoccupdi tenerle bene in ordine, in seguito. Prima che finisse
il giorno si era cos bene impadronito del suo lavoro, che i
compagni non lo rimproverarono pi La frusta di Fran蔞is colp
con minore frequenza e Perrault gli fece l'onore di esaminargli i
piedi molto attentamente.
Fu quella una rude galoppata su per il ca隳n, attraverso il Campo
della Pecora oltre le Scale e la linea della foresta, attraverso
ghiacciai e cumuli di neve di cento piedi, fin oltre il grande
Passo di Chilcot, che sorge tra la zona marina e la fredda, e si
leva come sentinella del triste e solitario Nord.
Andarono veloci giper la catena dei laghi che riempiono i
crateri di vulcani estinti, e a notte avanzata giunsero al grande
campo sull'estremo del lago Bennett, dove migliaia di cercatori
d'oro si stavano costruendo barche in attesa della rottura dei
ghiacci a primavera. Buck si scavla sua buca nella neve e dorm
il sonno di un giusto molto stanco, ma fu risvegliato molto
presto, ancora a buio, e riattaccato alla slitta con i suoi
compagni.
Quel giorno percorsero quaranta miglia perchla pista era gi
tracciata; ma il giorno dopo, e per molti altri giorni ancora,
dovettero tracciare loro stessi la pista, lavorando di pie
facendo meno strada. Di norma Perrault camminava in testa
all'attacco comprimendo la neve con le racchette per aprire la
via. Fran蔞is guidava la slitta, e qualche volta, ma non spesso,
scambiava il suo posto con lui. Perrault aveva fretta ed era
orgoglioso della sua conoscenza dei ghiacci, indispensabile perch
il ghiaccio era molto sottile e non ve ne era affatto l dove
l'acqua correva pivelocemente. Giorno per giorno, per giorni
senza fine, Buck corse tra le tirelle. Levavano sempre il campo a
notte alta, e il primo grigiore dell'alba li trovava gia
galoppare sulla pista con molte miglia alle spalle. Sempre
piantavano il campo a notte, mangiando la loro razione di pesce e
gettandosi a dormire sulla neve. Buck era affamato. La libbra e
mezzo di salmone seccato che formava la sua razione giornaliera,
spariva in un attimo. Non era mai sazio e soffriva continuamente i
crampi della fame. Gli altri cani, che pesavano di meno ed erano
gi allenati, ricevevano solo una libbra di pesce, e questo
bastava a mantenerli in buone condizioni.
Abbandonpresto quella schifiltositche era stata caratteristica
della sua vita di un tempo; era un mangiatore difficile, e si
accorse che i suoi compagni, che finivano prima, rubavano una
parte della sua razione. Non c'era mezzo di difenderla, perch
mentre egli si azzuffava con due o tre, il cibo scompariva nelle
bocche degli altri. Per rimediare a questo, comincia mangiare in
fretta come gli altri; e la fame lo incalzava tanto che non si
fece scrupoli di prendere anche quello che non gli spettava.
Osservava e imparava. Quando vide Pike, uno dei cani ultimi
arrivati, ladro astuto e malizioso, rubare un pezzo di lardo in un
momento in cui Perrault voltava le spalle, il giorno dopo imitsu
pivasta scala quella prodezza, portandosi via tutto il pezzo. Ne
sorse un gran tafferuglio, ma egli non fu sospettato; e Dub, uno
stordito che si faceva sempre cogliere, fu punito per colpa sua.
Questo primo furto mise in evidenza che Buck era capace di
sopravvivere nell'ostile ambiente del Nord: mise in rilievo la sua
capacitdi adattamento alle mutevoli condizioni, la cui mancanza
avrebbe significato morte pronta e terribile. Nello stesso tempo
segn la decadenza o addirittura lo sfacelo delle sue qualit
morali, vano ingombro nella selvaggia lotta per l'esistenza. Nel
Sud, sotto la legge dell'amore e dell'amicizia, il rispetto della
proprietprivata e dei sentimenti personali erano buone cose; ma
nel Nord, sotto la legge del bastone e della zanna, chi avesse
dato importanza ad esse sarebbe stato un pazzo, e finchle avesse
osservate avrebbe avuto ben pochi vantaggi.
Non che Buck ragionasse cos Era adatto all'esistenza, tutto qui,
e si adattava inconsapevolmente al nuovo genere di vita. In tutta
la sua vita non aveva mai evitato un combattimento senza badare a
disparitdi condizione. Ma il bastone dell'uomo in maglia rossa
gli aveva istillato un codice pifondamentale e primitivo. Come
civile, avrebbe potuto morire per un principio morale, ad esempio,
per difendere il frustino del giudice Miller; ma l'insieme della
sua regressione era adesso messo in evidenza dalla sua abilitdi
evitare le proibizioni di ordine morale per salvare cosla pelle.
Non rubava per il piacere di rubare, ma per placare le esigenze
del suo stomaco; e non lo faceva apertamente, ma in segreto e con
astuzia, fuori del raggio d'azione del bastone e della zanna.
Insomma, faceva quello che era pifacile fare che non fare.
Il suo sviluppo, o la sua regressione, fu rapido: i suoi muscoli
divennero duri come acciaio, si abitu a tutte le sofferenze
quotidiane e riusc a formarsi un'economia interna come una
esterna. Poteva mangiare qualunque cosa anche se ripugnante e
indigeribile; e quando l'aveva mangiata, i succhi del suo stomaco
ne traevano ogni minima particella di nutrimento; e il sangue la
portava nei pireconditi angoli del suo corpo trasformandola in
forti e solidi tessuti. La vista e l'odorato divennero acutissimi,
e l'udito gli si svilupptanto, che nel sonno poteva udire i
rumori pideboli e capire se annunciavano pace o pericolo. Impar
a strapparsi coi denti il ghiaccio che gli impastava le dita; e
quando aveva sete e uno strato di ghiaccio ricopriva una pozza,
egli sapeva spezzarlo drizzandosi e colpendolo colle zampe
davanti. La sua pinotevole abilitera quella di fiutare il
vento e di prevederlo anche con una notte di anticipo. Per quanto
non tirasse un filo d'aria, quando si scavava il suo giaciglio
presso un albero o una roccia, il vento che sorgeva pitardi lo
trovava inevitabilmente al riparo, ben coperto e tranquillo. E non
solo imparper propria esperienza, ma si risvegliarono in lui gli
istinti da molto tempo sopiti. Le generazioni domestiche
scomparivano via via dal suo ricordo. In modo confuso egli
riandava con la memoria alla gioventdel mondo, ai tempi in cui i
cani selvaggi si riunivano in branchi nelle foreste primordiali e
uccidevano la loro preda facendo scorrerie. Non fu faticoso per
lui imparare a combattere lacerando e azzannando al modo dei lupi,
perchcos avevano combattuto i suoi avi dimenticati. Essi
ravvivavano in lui l'antica vita, e le antiche astuzie da loro
lasciate in ereditall'esistenza erano le sue stesse astuzie.
Apparivano in lui senza sforzo e senza meraviglia, come se fossero
sempre state sue; e quando nelle lunghe notti gelate levava il
muso alle stelle gettando lunghi ululati nello stile dei lupi,
erano i suoi antenati morti e ridotti in polvere, che levavano il
muso alle stelle e ululavano nei secoli attraverso di lui. Quel
grido modulato era il loro grido con cui avevano espresso la loro
pena e tutto ciche potevano suggerire loro la quiete, il freddo
e la notte.
Cos prova evidente di quale lieve cosa sia la vita, l'antico
canto tornava in lui, ed egli tornnel suo antico essere; e tutto
questo perchgli uomini avevano trovato un biondo metallo nel
Nord, e perchManuel era un aiuto giardiniere che non guadagnava
abbastanza per mantenere la moglie e le varie piccole copie di se
stesso.

















3. LA DOMINANTE BELVA PRIMITIVA.

La belva primitiva dominava fortemente in Buck, e in quelle fiere
condizioni di vita si svilupp sempre pi Tuttavia era uno
sviluppo segreto. La sua nuova astuzia gli ispirava un equilibrio
ed un controllo. Era troppo occupato ad adattarsi alla nuova vita
per sentirsi a suo agio, e non solo non cerccombattimenti, ma li
evitil pipossibile. Una certa ponderatezza era caratteristica
del suo atteggiamento. Non si abbandonava ad atti imprudenti o
precipitati, e nel suo profondo odio per Spitz non mostrava alcuna
impazienza e celava ogni ostilit
D'altra parte, forse perch indovinava in Buck un pericoloso
rivale, Spitz non si lasciava mai sfuggire l'occasione per
mostrargli i denti. Giunse perfino ad attraversargli la strada
cercando sempre di far sorgere una zuffa che sarebbe finita solo
con la morte dell'uno o dell'altro. Questo avrebbe potuto
succedere fin dall'inizio del viaggio, se non fosse avvenuto un
incidente inconsueto.
Una sera avevano piantato un piccolo e triste campo sulle rive del
lago Le Barge; nevicava e tirava un vento che tagliava come una
lama di coltello, e l'oscuritli aveva costretti a cercare a
tentoni un posto per accamparsi. Difficilmente avrebbero potuto
trovarne uno peggiore: alle loro spalle sorgeva una roccia a
picco, e Perrault e Fran蔞is erano stati costretti ad accendere il
fuoco e a stendere i loro lettucci sul ghiaccio del lago stesso.
Avevano lasciato la tenda a Dyea per avere meno bagagli. Furono
accesi pochi rami di legno secco, ma il fuoco cadde nell'acqua
attraverso il ghiaccio fuso e li lascia finire la cena al buio.
Buck si scavil giaciglio al piede della roccia. Se ne stava l
cos bene riparato e al caldo, che lo lascia malincuore quando
Fran蔞is distribuil pesce dopo averlo sgelato sul fuoco. Ma
quando Buck ebbe finito la sua razione e tornalla buca, la trov
occupata. Un ringhio minaccioso lo avvertche l'usurpatore era
Spitz. Fino ad ora Buck aveva evitato ogni litigio col suo nemico,
ma questo era troppo. La belva che era in lui rugg Balzsopra
Spitz con una furia che li sorprese entrambi, ma soprattutto
Spitz, perchtutta l'esperienza che aveva di Buck gli aveva
insegnato che il suo rivale era un cane molto timido, capace di
cavarsela solo in grazia del suo peso e delle sue dimensioni.
Anche Fran蔞is fu sorpreso quando balzarono fuori dalla buca in un
solo groviglio e capla causa di quella zuffa. - Ah, ah! - grid
a Buck, - dagli, perbacco! Dagli addosso a quel ladro!
Spitz era non meno furioso. Urlava pieno di rabbia correndo in su
e in gi cercando il momento opportuno di slanciarsi. Buck era
non meno attento e non meno prudente, e si aggirava anche lui in
se in gi cercando il momento pi opportuno. Proprio in
quell'istante accadde l'inaspettato, che doveva differire la loro
lotta a migliore occasione, dopo molte e molte faticose miglia di
pista e di lavoro.
Una bestemmia di Perrault, il colpo sonoro di un bastone su di un
corpo ossuto e uno strido di dolore segnarono l'inizio di un
pandemonio. Il campo apparve improvvisamente popolato di forme
irsute: una sessantina di eschimesi affamati, che avevano sentito
l'odore da qualche villaggio indiano, si erano avvicinati mentre
Buck e Spitz stavano per azzannarsi, e quando i due uomini si
scagliarono in mezzo a loro a colpi di bastone, indietreggiarono
mostrando i denti. Erano esasperati dall'odore del cibo. Perrault
ne trov uno con la testa infilata in una cassa; il suo bastone
piombpesantemente sulle costole dell'animale e la cassa si
rovesci Immediatamente il branco di bestie affamate si azzuff
contendendosi le gallette e il lardo. Le bastonate caddero su di
loro senza avere alcun effetto: mugolavano e guaivano sotto la
grandine dei colpi, ma continuavano a lottare pazzamente fra loro
finch l'ultima briciola non fu divorata. Frattanto i cani
dell'attacco, stupiti erano saltati fuori dalle loro buche e
subito furono aggrediti dai fieri invasori. Buck non aveva mai
visto cani simili: con le ossa che quasi scappavano fuori dalla
pelle, veri scheletri avvolti in sudice pellicce, con occhi
fiammeggianti e la bava alla bocca. Ma la fame li rendeva paurosi
e irresistibili. Non era possibile opporsi a loro. La muta fu
respinta contro la rupe al primo assalto. Buck fu incalzato da tre
eschimesi e in un attimo ebbe il muso e la schiena lacerati. La
mischia era paurosa. Billee guaiva come al solito. Dave e Sol-leks
grondanti sangue da molte ferite, combattevano coraggiosamente a
fianco a fianco; Joe lottava come un demonio. Una volta i suoi
denti strinsero la zampa davanti di un eschimese e schiacciarono
l'osso. Pike, balz accortamente sull'animale azzoppato
spezzandogli l'osso del collo con un morso furioso. Buck prese
alla gola un avversario e fu inzuppato di sangue quando gli recise
coi denti la vena iugulare; il caldo sapore di quel sangue lo
inferocancor pi si gettsu di un altro ma in quel momento si
sentaddentare alla gola: era Spitz che lo attaccava a tradimento
di fianco.
Perrault e Fran蔞is, dopo aver liberato una parte del campo
corsero in aiuto dei loro cani. L'onda selvaggia degli animali
affamati indietreggidavanti a loro, Buck riusca liberarsi. Fu
solo per un momento; due uomini furono costretti a tornare
indietro per salvare le riserve di viveri su cui gli eschimesi
tornavano a slanciarsi dopo aver lasciato la muta. Billee, reso
coraggioso dal terrore, balzattraverso il cerchio selvaggio e
fugg via sul ghiaccio. Pike e Dub gli si misero alle calcagna
tirandosi dietro il resto della muta. Mentre Buck si raccoglieva
per balzare dietro di loro, vide con la coda dell'occhio Spitz che
si avventava su di lui con l'evidente intenzione di rovesciarlo.
Una volta abbattuto e caduto sotto la massa degli eschimesi, non
c'era pisperanza per lui. Ma egli si prepara sostenere l'urto
di Spitz e poi fuggsul lago con altri.
Infine i nove cani dell'attacco si riunirono rifugiando nella
foresta. Sebbene non fossero stati inseguiti, si trovarono a mal
partito: nessuno di loro era ferito in meno di quattro o cinque
punti, e alcuni gravemente. Dub era malamente colpito in una gamba
posteriore; Dolly, l'ultimo eschimese aggiunto al tiro, a Dyea,
aveva una brutta ferita alla gola; Joe aveva perso un occhio,
mentre quel bonaccione di Billee, con un orecchio ridotto a
brandelli, mugole uggioltutta notte. All'alba, cautamente, si
trascinarono zoppicando all'accampamento: i predoni se n'erano
andati e i due uomini erano di pessimo umore: una buona met dei
viveri era andata persa. Gli eschimesi avevano roso le tirelle
della slitta e le coperte; in realtniente di quello che era
anche lontanamente commestibile era loro sfuggito. Avevano
divorato i mocassini di pelle di daino di Perrault, parte dei
tiranti di cuoio, e perfino il laccio di pelle lungo due piedi
all'estremitdella frusta di Fran蔞is. Egli si riscosse dalla
malinconica contemplazione di tutto ciper guardare i suoi cani
feriti.
- Ah, ah! Amici miei,- disse dolcemente,- pu darsi che tutti
questi morsi vi facciano diventare idrofobi. Tutti idrofobi,
forse, Sacredame! Che ne dite, eh, Perrault?
Il corriere scosse la testa con un gesto dubbioso; con
quattrocento miglia di pista che rimanevano ancora tra lui e
Dawson non poteva ammettere che l'idrofobia scoppiasse tra i suoi
cani. Dopo due ore di maledizioni e di lavoro, le bardature furono
rimesse a posto, e il tiro, dolente delle ferite, era ancora in
cammino e si trascinava penosamente lungo la parte pi dura che
avessero incontrato nel loro viaggio, la pidura sulla strada di
Dawson.
Il fiume delle Trenta Miglia era completamente libero dai ghiacci.
Le sue acque impetuose sfidavano il gelo, e solo nelle zone di
riflusso e in quelle picalme il ghiaccio si era potuto formare.
Sei giorni di lavoro sfibrante furono necessari per superare
quelle terribili trenta miglia. Terribili in realt perchad
ogni passo vi era un pericolo di vita per gli uomini e per i cani.
Una dozzina di volte Perrault, che faceva da battistrada,
sprofondpassando i ponti di ghiaccio e fu salvato solo dalla sua
lunga pertica che portava in modo che ogni volta si mettesse
attraverso il buco formato nel ghiaccio dal suo corpo. Il freddo
era divenuto intenso, il termometro segnava ventidue gradi sotto
zero, e ogni volta che Perrault sprofondava nel fiume attraverso
il ghiaccio era costretto ad accendere il fuoco e asciugarsi se
voleva salvare la vita.
Nulla lo domava; e appunto per questo era stato scelto come
corriere del governo. Affrontava ogni rischio, esponendo
risolutamente al gelo il suo volto rugoso e lottando dal grigiore
dell'alba al buio della notte. Costeggiava le aspre rive del fiume
sul ghiaccio che si curvava e scricchiolava sotto i piedi, cos
che non osavano fermarsi. Una volta la slitta sprofondcon Dave e
Buck, ed essi furono cavati fuori semiassiderati e quasi affogati.
Per salvarli fu necessario il solito fuoco. Si erano coperti di
una solida crosta di ghiaccio e i due uomini li fecero correre
intorno al fuoco perchsudassero e si liberassero da freddo, cos
vicino alle fiamme da averne il pelo strinato.
Un'altra volta tocca Spitz, che si trascindietro tutto il tiro
fino a Buck, il quale tirava indietro con tutte le sue forze,
puntando le zampe anteriori sul ciglio scivoloso mentre il
ghiaccio cedeva e scricchiolava tutto intorno. Dopo di lui c'era
Dave, che tirava indietro, e al di ldella slitta c'era Fran蔞is,
che tirava fino a farsi scricchiolare i tendini.
Un'altra volta il ghiaccio si ruppe davanti e dietro di loro, e
non vi era altro scampo se non su per la ripa scoscesa. Perrault
la scal per miracolo, mentre Fran蔞is pregava appunto che il
miracolo avvenisse; con ogni corda e ogni cinghia della slitta e
usando anche il pipiccolo frammento dei finimenti, intrecciarono
una lunga fune; i cani furono issati uno per uno sul ciglio della
scarpata. Fran蔞is arrivper ultimo, e infine furono tirati sla
slitta e il carico. Poi si cercun punto per scendere nuovamente,
e la discesa fu compiuta con l'aiuto della fune; la notte li trov
nuovamente sul fiume: avevano percorso un quarto di miglio in
tutta la giornata. Quando giunsero a Hootalinqua, e al ghiaccio
buono, Buck era esausto. Gli altri cani erano nelle stesse
condizioni, ma Perrault, per riprendere il tempo perduto, continu
a farli correre velocemente. Il primo giorno percorsero
trentacinque miglia fino al Grande Salmone; il giorno dopo altre
trentacinque miglia fino al Piccolo Salmone; il terzo giorno
quaranta miglia, che li portarono molto innanzi verso le Cinque
Dita.
Le zampe di Buck non erano solide e dure come quelle degli
eschimesi. Si erano ammorbidite durante molte generazioni fin dal
giorno in cui l'ultimo dei suoi antenati selvaggi era stato domato
da un uomo della caverna o del fiume. Per tutto il giorno
zoppicava dolorosamente, e quando si piantava il campo, si buttava
gicome morto. Per quanto affamato, non si sarebbe mosso per
prendere la sua razione di pesce, e Fran蔞is doveva portargliela.
Il conducente doveva strofinargli i piedi per una mezz'ora ogni
sera, dopo la cena; e sacrific gli alti gambali dei suoi
mocassini per farne quattro mocassini a Buck. Fu un grande
sollievo, e un mattino Buck costrinse a contrarsi in una smorfia
di riso perfino la faccia grinzosa di Perrault, perchFran蔞is si
era dimenticato di mettergli i mocassini e lui si sdrai sulla
schiena agitando nell'aria le quattro zampe in modo supplichevole
e rifiutandosi di muoversi senza di essi. Pitardi i suoi piedi
divennero pisolidi per la pista, e quelle calzature ormai logore
furono gettate via.
Una mattina, al Pelly, mentre stavano attaccando Dolly, che fino
allora non s'era fatta notare per nulla d'eccezionale, essa,
improvvisamente, divenne idrofoba. Avviscon un lungo ululato da
lupo che spezzava il cuore e fece rizzare il pelo a tutti cani per
il terrore; poi si slancidritta su Buck. Lui non aveva mai visto
un cane diventare idrofobo n aveva alcuna ragione per temere
l'idrofobia; tuttavia comprese che era qualche cosa di orribile e
fuggvia preso dal panico. Fuggvia deciso, con Dolly che ansava
e perdeva bava a un salto dietro di lui; ella non poteva
raggiungerlo, tanto era il suo terrore, negli poteva fuggire da
lei, tanta era la sua follia. Si slancinel grembo boscoso di un
isolotto, corse verso l'estremitpibassa, attraversun canale
irto di ghiacci, balzsu di un altro isolotto, ne raggiunse un
terzo, torn al corso principale del fiume e, nella sua
disperazione, stava per attraversarlo. Per tutto questo tempo,
sebbene non guardasse, sentiva l'ansare a un salto dietro di s
Fran蔞is lo chiamda un quarto di miglio, ed egli si volt
sempre mantenendo la distanza, ansando penosamente e riponendo in
Fran蔞is tutte le sue speranze. Il conducente afferrl'ascia, e
appena Buck gli fu passato davanti, la fece cadere sulla testa
della folle Dolly.
Buck si abbattesausto contro la slitta, senza respiro, incapace
di muoversi. Era il momento buono per Spitz; egli si slancisu
Buck e due volte i suoi denti si affondarono nella carne del suo
nemico indifeso e la lacerarono fino all'osso. Intervenne la
frusta di Fran蔞is, e Buck ebbe la soddisfazione di vedere Spitz
ricevere il pi duro castigo che fosse mai stato inflitto a
qualcuno del tiro.
- Un diavolo, quello Spitz, - disse Perrault. - Un giorno o
l'altro ammazzerBuck.
- Ma quel Buck vale due diavoli, - rispose Fran蔞is. - Pilo
osservo e pine son sicuro. Datemi retta: un qualche maledetto
giorno diventermatto peggio di un demonio, si masticherSpitz
ben bene e lo risputersulla neve. Proprio cos lo so.
Da quel momento fra i due cani vi fu guerra. Spitz guida e capo
riconosciuto del tiro, sentiva minacciata la sua supremazia da
quello strano cane del Sud. E Buck era strano davvero, perchdei
tanti cani del Sud che Spitz aveva conosciuto, nessuno si era
mostrato capace di sopportare le fatiche del campo e della pista.
Erano tutti troppo delicati e morivano di fatica, di freddo e di
fame. Buck era un'eccezione. Lui solo resisteva e prosperava,
eguagliando gli eschimesi in forza, violenza e astuzia. Era dunque
un cane dominatore, e quel che lo rendeva pericoloso era il fatto
che il bastone dell'uomo in maglia rossa aveva tolto ogni cieco
impulso, ogni avventatezza, dal suo desiderio di dominio. Era
scaltro, e poteva aspettare il suo momento con una pazienza che
era veramente primitiva.
Era inevitabile che avvenisse l'urto per il predominio. Buck ne
sentiva l'esigenza perchlo richiedeva la sua natura stessa,
perchera stato preso dall'orgoglio ineffabile e senza nome della
pista: quell'orgoglio che tiene i cani legati al loro lavoro fino
all'ultimo respiro, che li induce a morire felici sotto la
bardatura, e spezza loro il cuore se ne sono distolti.
Era questo l'orgoglio di Dave come cane di ruota, l'orgoglio di
Sol-leks quando tirava con tutte le sue forze; l'orgoglio che li
afferrava quando si toglieva il campo trasformandoli da bruti
sordi e ostinati in creature ardenti, franche, ambiziose;
I'orgoglio che li spronava tutto il giorno, e li lasciava quando,
a sera, si piantava il campo, facendoli ricadere in uno scontento
e irrequieto buio. Era l'orgoglio che animava Spitz e lo
costringeva a punire i cani della slitta che sbagliavano o
cercavano di non lavorare lungo la pista, o al mattino si
nascondevano quando dovevano essere attaccati. Ugualmente era
questo orgoglio che gli faceva temere in Buck un possibile cane
guida. Ed era appunto questo l'orgoglio di Buck. Egli minacciava
apertamente il dominio dell'altro. Cominciad intromettersi fra
lui e i cani che doveva punire, e lo fece deliberatamente. Una
notte vi fu una grande nevicata, e al mattino quel malizioso di
Pike non si fece vedere. Se ne stava al sicuro, ben nascosto nella
sua tana sotto un piede di neve. Fran蔞is lo chiam e lo cerc
invano. Spitz era furente di rabbia. Andava tutto incollerito per
il campo fiutando e scavando dappertutto, ringhiando cos
terribilmente, che Pike, udendolo, rabbrivid nel suo
nascondiglio.
Quando alla fine fu scovato e Spitz si slanci su di lui per
punirlo, Buck salt fra i due con eguale furore. Giunse cos
inatteso e si comportcosaccortamente, che Spitz fu respinto e
rovesciato. Pike, che tremava come un vigliacco, si rianima
questa aperta ribellione e si gettsul capo abbattuto. Buck, per
cui la lealt cavalleresca era una legge ormai dimenticata, si
gett a sua volta su Spitz, ma Fran蔞is, ridacchiando
dell'incidente e tuttavia inflessibile nell'amministrare la
giustizia, fece cadere a tutta forza la frusta sulla schiena di
Buck. Questo non valse ad allontanare Buck dal suo rivale
prostrato e si dovette ricorrere al manico della frusta; stordito
dal colpo, Buck indietreggie la frusta cadde pivolte su di lui
mentre Spitz puniva rudemente il pivolte colpevole Pike.
Nei giorni che seguirono, mentre Dawson si avvicinava sempre pi
Buck continua intervenire tra Spitz e i colpevoli; ma lo fece
accortamente, quando Fran蔞is non era nelle vicinanze. Con questa
chiotta ribellione di Buck, sorse e and crescendo una
insubordinazione generale. Solo Dave e Sol-leks ne rimasero
immuni, ma tutto il resto dell'attacco anddi male in peggio. Le
cose non procedevano piregolarmente, vi erano continue zuffe,
continui disordini, e alla base vi era sempre Buck. Fran蔞is
cominciava a preoccuparsi, perchil bravo conducente temeva da un
momento all'altro la lotta mortale tra i due cani, sapendo che
prima o poi sarebbe avvenuta; e pidi una notte i rumori delle
zuffe fra gli altri cani lo costrinsero a uscire nel suo
abbigliamento notturno temendo che Buck e Spitz si stessero
azzuffando.
Ma non se ne presentl'occasione, e giunsero a Dawson in un buio
pomeriggio senza che la grande lotta fosse ancora avvenuta. Vi
erano lmolti uomini e innumerevoli cani; Buck li trovtutti al
lavoro. Sembrava che nelI'ordine stabilito delle cose i cani
dovessero lavorare. Per tutto il giorno andavano in se in gi
lungo la via principale in lunghi tiri, e di notte si sentivano
ancora tintinnare i loro campanelli. Trasportavano travi da
costruzione e legna da ardere fino alle miniere, e facevano tutti
quei lavori che nella vallata di Santa Clara erano compiuti dai
cavalli. Qua e lBuck incontrdei cani del Sud ma per la maggior
parte erano eschimesi della razza dei lupi selvaggi. Ogni notte,
regolarmente, alle nove, alle dodici ed alle tre, essi alzavano il
loro canto notturno, un canto misterioso e strano a cui Buck si
univa con gioia. Quando l'aurora boreale s'illuminava fredda
nell'alto, o le stelle saltavano nella danza del gelo, e la terra
era intorbidita e assiderata sotto il suo manto di neve, il canto
degli eschimesi avrebbe potuto essere la sfida della vita, solo
che era modulato in tono minore con lunghi lamenti e singhiozzi, e
sembrava quasi la supplica della vita, la voce della fatica di
esistere. Era un antico canto, antico quanto la stessa razza, uno
dei primi canti del giovane mondo, in un periodo in cui le canzoni
erano tristi. Avvolto nel dolore di generazioni senza numero, era
un lamento che commuoveva Buck nel profondo. Quando egli si
lamentava e singhiozzava, vi era in lui la pena del vivere che era
stata l'antica pena dei suoi padri selvaggi, e insieme la paura e
il mistero del freddo e del buio che erano stati la loro paura e
il loro mistero. E il fatto che egli ne fosse coscommosso
indicava l'intensitcon cui ascoltava, attraverso la lontananza
dei secoli dei primi fuochi e dei primi tetti, i rudi inizi della
vita nell'etdei ruggiti.
Sette giorni dopo il loro ingresso in Dawson, essi discendevano la
costa scoscesa che, passando vicino alle Baracche volge alla Pista
dell'Yukon, e si dirigevano verso Dyea e Acqua Salata.
Perrault portava dispacci ancora piurgenti di quelli con cui era
venuto; inoltre si era impadronito di lui l'orgoglio del viaggio,
ed egli si proponeva di battere il record dell'anno. Varie
circostanze lo favorivano. La settimana di riposo aveva
ristabilito i cani restituendogli tutte le energie. La pista che
avevano tracciato durante l'andata era stata battuta e indurita da
altri viaggiatori. Inoltre il governo aveva disposto in due o tre
punti depositi di viveri per i cani e per gli uomini, e si poteva
dunque viaggiare pileggeri.
Il primo giorno raggiunsero Sessanta Miglia percorrendo
cinquantacinque miglia; il secondo giorno li vide andare a tutta
velocitverso lo Yukon, un bel pezzo avanti sulla strada di
Pelly. Una corsa cosbella non fu condotta a termine senza grandi
crucci e arrabbiature da parte di Fran蔞is, perchl'insidiosa
rivolta di Buck aveva distrutto la solidariet del tiro. Non
sembrava piche un unico cane corresse lungo la pista: l'appoggio
di Buck induceva i ribelli a piccole trasgressioni di ogni genere.
E Spitz non era pi un capo molto temuto: scomparve l'antico
timore, e tutti sfidarono la sua autorit Pike una notte gli rub
mezzo pesce e se lo divorsotto la protezione di Buck. Un'altra
notte Dub e Joe si avventarono contro Spitz costringendolo a
rinunziare a castigarli come si erano meritati. E anche quel
bonaccione di Billee era diventato meno bonaccione e non mugolava
pipacatamente come nei primi tempi. Buck non si avvicinava mai a
Spitz senza ringhiare e arruffare il pelo minacciosamente. In
realt si comportava come un vero provocatore e si diede a far lo
spavaldo camminando in su e in gisotto il naso di Spitz.
Quel rilassamento della disciplina influiva egualmente sui
reciproci rapporti dei cani fra di loro. Essi si azzuffavano assai
pi di prima, finch a volte il campo si trasformava in un
manicomio urlante. Dave e Sol-leks erano gli unici che non fossero
cambiati, ma erano divenuti piirritabili per quelle continue
liti. Fran蔞is lanciava strane bestemmie nel suo barbaro
linguaggio, e pestava i piedi sulla neve per sfogare la sua
inutile rabbia, e si strappava i capelli. La sua frusta fischiava
continuamente sui cani, ma serviva a poco. Appena voltava le
spalle, essi ricominciavano. Cercava di aiutare Spitz con la
frusta, ma Buck capeggiava il resto della muta. Fran蔞is sapeva
che dietro tutto quel disordine c'era Buck; e Buck sapeva che lui
lo sapeva; ma era troppo intelligente per farsi cogliere
nuovamente sul fatto. Quando era attaccato alla slitta lavorava
fedelmente perchil lavoro era divenuto per lui una gioia; ma
molto maggior diletto era il fare insorgere una zuffa tra i
compagni e imbrogliare le tirelle.
Alla foce del Tahkeena, una notte, dopo il pasto, Dub scoprun
coniglio da neve, gli saltaddosso e se lo fece sfuggire. In un
attimo tutta la muta balzsurlando. Ad un centinaio di passi vi
era un accampamento della polizia del Nord-Ovest con una
cinquantina di cani, tutti eschimesi, che si unirono alla caccia.
Il coniglio correva lungo il fiume e voltin un piccolo affluente
correndo sulla sua superficie gelata. Filava leggermente sulla
neve mentre i cani vi passavano attraverso con violenza. Buck
guidava il branco, composto di una sessantina di animali, per
tutte le anse del fiumiciattolo, ma non riusciva a raggiungere la
preda. Correva ventre terra, uggiolando di eccitazione, gettando
avanti a balzi il suo splendido corpo nella fioca e bianca luce
lunare. E il coniglio da neve, come un pallido spettro di
ghiaccio, fuggiva via a balzi.
Tutto quel sommuoversi di antichi istinti che in certi periodi
trae gli uomini fuori delle citt sonanti per spingerli nella
foresta o nella pianura a uccidere esseri animati con pallottole
di piombo lanciate da mezzi chimici, l'aviditdi sangue, la gioia
di uccidere, tutto ciera in Buck, ma infinitamente piprofondo.
Correva alla testa del branco dietro quell'essere selvaggio, quel
cibo vivente, per uccidere coi suoi denti e immergere fino agli
occhi il muso nel sangue caldo.
Vi un'estasi che segna la sommitdella vita e oltre la quale la
vita non pulevarsi. E il paradosso dell'esistenza tale, che
quest'estasi viene quando pisi vivi, e si presenta come un
completo oblio di vivere. Questa estasi, questa felice
dimenticanza, aggredisce l'artista, lo trae fuori di savvolto di
fiamma; aggredisce il soldato spingendolo folle nella lotta senza
quartiere. Ed ecco che aggredBuck mentre guidava il branco e
lanciava l'antico grido del lupo correndo dietro al cibo ancor
vivo che fuggiva dinanzi a lui nel plenilunio. Sprofondava negli
abissi della sua natura, di quella parte della sua natura che pi
era profonda, tornando indietro nel grembo del tempo. Era dominato
dal violento insorgere della vita, dalla marea dell'essere, dalla
completa gioia di ogni singolo muscolo, di ogni giuntura, di ogni
nervo in quanto essi erano tutto ciche non morte, tutto ci
che arde e che aggredisce esprimendosi nel movimento, volando
esultante sotto le stelle e sulla superficie della materia morta e
immobile.
Spitz, freddo e calcolatore anche nei suoi supremi slanci, lasci
il branco e tagliattraverso un angusto lembo di terra intorno a
cui il fiumiciattolo faceva una vasta ansa. Buck non se ne
accorse, e mentre girava la curva avendo sempre dinanzi a sil
gelido spettro del coniglio, vide un altro pigrande spettro di
ghiaccio balzare dalla ripa sovrastante sulla strada stessa del
coniglio. Era Spitz. Il coniglio non potvoltarsi, e mentre i
denti bianchi del cane gli spezzavano la schiena afferrandolo a
mezz'aria, diede uno strido alto come pu gridare un uomo
abbattuto. A questo suono, il grido della vita che precipita dalla
propria altezza nella stretta della morte, tutto il branco che
seguiva Buck levun coro di gioia infernale.
Buck non grid Non frenla sua corsa, ma si avvent contro
Spitz, spalla contro spalla, con tanta violenza che non riuscad
afferrarlo alla gola. Rotolarono pi volte sulla neve che si
alzava in polvere. Spitz si rimise in piedi cosin fretta che
sembrava non fosse stato nemmeno rovesciato, azzannla spalla di
Buck e fece subito un salto da parte. Due volte i suoi denti
urtarono insieme come le mascelle d'acciaio di una tagliola mentre
indietreggiava per prendere una migliore posizione ringhiando e
contraendo le labbra sottili.
In un lampo Buck comprese: era venuto il momento, era la lotta
mortale. Mentre si giravano attorno ringhiando, le orecchie tese
all'indietro, attenti a cogliere l'occasione propizia, la scena
apparve a Buck in un aspetto familiare. Gli sembr di ricordare
tutto, i boschi bianchi di neve, la terra, la luce lunare e il
fremito della battaglia. Una calma spettrale gravava su quel
silenzioso candore. Non vi era il minimo alito di vento, non
tremava una foglia, e il respiro dei cani si alzava lentamente
visibile, e indugiava nell'aria gelata. Quei cani che rimanevano
pur sempre lupi mal domati, avevano spacciato in fretta il
coniglio da neve, e adesso si erano raccolti in cerchio,
aspettando. Erano silenziosi, solo i loro occhi brillavano e i
loro fiati si alzavano lentamente nell'aria. Per Buck questa scena
di antichi tempi non aveva nulla di nuovo ndi strano. Sembrava
che fosse stato sempre cos nella consueta vicenda delle cose.
Spitz era un combattente esperto. Dallo Spitzberg all'Artico,
attraverso il Canade le Barrens, si era battuto con cani di ogni
genere e li aveva dominati. La sua rabbia era intensa, ma non
cieca. Nella sua ansia di lacerare e distruggere non dimenticava
mai che il suo nemico era animato dalla stessa ansia di lacerare e
distruggere. Non si slanciava se non era pronto a resistere allo
slancio dell'avversario; non attaccava prima di essersi preparato
a respingere un attacco.
Invano Buck tentava di affondare i denti nel collo del grande cane
bianco; dovunque le sue zanne cercavano la morbida carne,
incontravano le zanne di Spitz. I denti urtavano contro i denti,
le labbra erano lacerate e sanguinanti, ma Buck non riusciva a
forzare la guardia del suo avversario. Allora si riscald e
avvolse Spitz in un turbine di attacchi. Pie pivolte tentdi
raggiungere la bianca gola dove la vita pulsava alla superficie, e
ogni volta Spitz lo colp balzando poi da parte. Allora Buck
cominci a slanciarsi come se mirasse alla gola, e volgendo
improvvisamente la testa e curvandola da parte, cercava di colpire
con la spalla la spalla di Spitz come un ariete per rovesciarlo.
Ogni volta la spalla di Buck veniva azzannata e Spitz balzava via
leggermente.
Spitz era ancora illeso mentre Buck grondava sangue e ansava. La
lotta era ormai disperata e il cerchio silenzioso degli antichi
lupi attendeva per finire il vinto. Adesso che Buck sentiva che il
fiato gli mancava, Spitz cominci ad aggredirlo facendolo
barcollare. Una volta Buck fu quasi rovesciato e l'intero cerchio
dei sessanta cani balzin piedi; ma egli si riprese quasi a
mezz'aria e il cerchio tornad accovacciarsi aspettando.
Buck possedeva una qualit propria della grandezza:
l'immaginazione. Lottava per istinto, ma poteva anche combattere
col cervello. Si slancicome se volesse dare il solito colpo di
spalla, ma all'ultimo momento si appiattcontro la neve, e i suoi
denti afferrarono la zampa sinistra anteriore di Spitz. Si uduno
scricchiolio di ossa spezzate, e adesso il cane bianco lo
affrontava su tre sole zampe. Per tre volte egli tentdi
rovesciarlo. Poi ripetil colpo e gli spezz la zampa destra.
Nonostante il dolore e l'impotenza, Spitz lottava follemente per
tenersi in piedi. Vedeva il cerchio silenzioso con gli occhi
fiammeggianti e le lingue penzoloni e i fiati argentei che
salivano nell'aria, chiudersi intorno a lui, come aveva visto
altre volte quei circoli chiudersi intorno ai suoi avversari
sconfitti. Questa volta il vinto era lui. Non vi era pisperanza.
Buck era inesorabile. La pietpropria di climi pi miti. Si
prepar all'ultimo assalto. Il cerchio si era cosristretto che
egli poteva sentire il respiro degli eschimesi sui fianchi. Li
poteva vedere dietro Spitz e ai due lati, giraccolti per lo
slancio con gli occhi fissi su di lui.
Vi fu una pausa; gli animali erano immobili, come impietriti. Solo
Spitz fremeva ed ergeva il pelo brancolando avanti e indietro,
ringhiando minacciosamente come per atterrire la morte vicina.
Allora Buck balzdi fianco e finalmente la sua spalla colp bene
l'altra spalla. Il cerchio buio divenne un'unica macchia sulla
neve illuminata dalla luna e Spitz scomparve. Buck stette a
guardare, campione vittorioso, belva dominatrice dei primordi,
che aveva ucciso e aveva trovato che era buona cosa.






4. COLUI CHE HA RAGGIUNTO IL DOMINIO.

- Eh! Che vi dicevo? L'avevo indovinata quando dicevo che Buck
vale due diavoli.
Cos parl Fran蔞is la mattina dopo quando si accorse che Spitz
mancava e Buck era coperto di ferite. Lo portvicino al fuoco e a
quella luce mostrle sue piaghe.
- Quello Spitz combatte come un demonio, - disse Perrault
osservando le ferite aperte.
- E Buck come due demoni, - rispose Fran蔞is. - Ed ora andremo
tranquilli. Non piSpitz non piconfusioni, questo certo.
Mentre Perrault levava il campo e caricava la slitta, il
conducente attaccava i cani. Buck trotterellal posto che Spitz
avrebbe occupato come guida; ma Fran蔞is senza badare a lui, port
Sol-leks in quell'ambita posizione. A suo parere Sol-leks era la
miglior guida che gli restava. Buck si scaglifurioso contro Sol-
leks respingendolo e prendendo il suo posto.
- Eh, eh? - grid Fran蔞is battendosi allegramente la coscia.
Guardate Buck! Ha ammazzato Spitz e adesso vorrebbe mettersi al
suo posto.
- Via di qua, piccioncino, - grid Ma Buck non si mosse.
Allora afferr Buck per la pelle del collo, e sebbene il cane
mugolasse minacciosamente, lo mise da parte per far posto a Sol-
leks. Il vecchio cane non ne era affatto contento e mostr
chiaramente di aver paura di Buck; Fran蔞is era ostinato, ma
appena ebbe voltato le spalle, Buck scaccinuovamente Sol-lecks,
che se ne andmolto volentieri.
Questo fece infuriare Fran蔞is. - Adesso ci penso io, perbacco!-
gridavvicinandosi a lui con un randello in mano.
Buck si ricord dell'uomo dalla maglia rossa e indietreggi
lentamente; non tentpidi aggredire Sol-leks quando questi fu
riportato ancora una volta al posto di guida, ma si mise a girare
ringhiando di rabbia e di dolore fuori del raggio di azione del
randello. Frattanto teneva d'occhio il bastone per scansarlo se
mai Fran蔞is glielo avesse scagliato; perchin fatto di bastoni
era diventato prudente.
Il conducente terminil suo lavoro e quando fu pronto chiamBuck
per metterlo al suo antico posto davanti a Dave. Buck indietreggi
di due o tre passi. Fran蔞is si fece avanti verso di lui, ed egli
indietreggiancora. Dopo che la cosa si fu ripetuta qualche
volta, Fran蔞is gett a terra il bastone pensando che Buck ne
avesse paura ma Buck era in aperta rivolta. Voleva non gievitare
il bastone, ma avere il posto di comando. Gli apparteneva per
diritto; se l'era guadagnato e non si sarebbe accontentato di
qualche cosa di meno.
Perrault venne a dare una mano. Insieme lo rincorsero per quasi
un'ora. Gli lanciarono dei bastoni, ma lui li schiv Maledissero
lui, i suoi padri, le sue madri e tutta la sua razza a venire fino
alla piremota generazione, nonchogni pelo del suo corpo e ogni
goccia di sangue delle sue vene; ed egli rispose a quelle
maledizioni con ringhiate, sempre tenendosi fuori della loro
portata. Non cerc di scappare ma indietreggiava sempre pi
intorno all'accampamento, facendo capire chiaramente che se fosse
stato esaudito il suo desiderio sarebbe tornato al lavoro e
sarebbe stato buono.
Fran蔞is si mise a sedere grattandosi la testa. Perrault guardava
l'orologio e bestemmiava. Il tempo passava e loro dovevano essere
in cammino da un'ora. Fran蔞is si grattancora la testa. Poi si
scosse e sorrise stupidamente al corriere, che scrollle spalle
come per dire che dovevano considerarsi vinti. Allora Fran蔞is si
avvicina Sol-leks e chiamBuck. Buck rise al modo dei cani, ma
si tenne lontano. Fran蔞is sciolse Sol-leks e lo rimise al suo
antico posto. La muta era giattaccata alla slitta in una fila
continua pronta a partire; per Buck non vi era altro posto libero
che quello di guida. Fran蔞is lo chiamancora una volta e ancora
una volta Buck rise e rest ancora lontano. - Getta giil
bastone, - disse Perrault.
Fran蔞is obbede allora Buck arrivtrotterellando con un riso di
trionfo, e si mise al suo posto di guida. Le sue cinghie furono
allacciate, la slitta si mosse, e si spinsero lungo la pista del
fiume mentre i due uomini correvano dietro di loro.
Per quanto il conducente avesse valutato molto Buck con i suoi due
diavoli, dovette accorgersi, prima che il giorno finisse, che
valeva di pi Di colpo Buck prese su di stutti i doveri del suo
dominio, e dove si richiedeva giudizio, rapida concezione e rapida
azione, si mostrsuperiore perfino a Spitz, di cui Fran蔞is non
aveva mai visto l'eguale.
Soprattutto eccelleva nello stabilire la legge e nel costringere i
suoi compagni a rispettarla. Dave e Sol-leks non fecero caso al
cambiamento di guida. Non era affar loro. Il loro lavoro
consisteva nel tirare, e nel tirare validamente lungo la pista.
Finch non erano colpiti direttamente, non badavano a quello che
avveniva. Per quel che li riguardava anche quel bonaccione di
Billee poteva fare da guida, purchsapesse mantenere l'ordine. Il
resto della muta, per durante gli ultimi giorni di Spitz era
divenuto molto indisciplinato, e grande fu la sua sorpresa ora che
Buck si diede a riportarlo nell'ordine.
Pike, che tirava dietro Buck e che non metteva mai contro il
pettorale un'oncia pidel proprio peso, fu subito e ripetutamente
punito per la sua pigrizia; e prima che quel primo giorno
terminasse egli tirava piche non avesse mai fatto in tutta la
sua vita. La prima notte nell'accampamento, l'immusonito Joe fu
punito severamente, cosa che Spitz non era mai riuscito a fare.
Buck lo abbatt in grazia del proprio maggior peso e lo morsic
finchsmise di ringhiare e comincia mugolare chiedendo piet
Il tono generale del tiro si rialz immediatamente. Ritorn la
solidariet di un tempo, e di nuovo i cani corsero come un sol
cane lungo la pista. Alle Rapide della Pista furono aggiunti al
tiro altri due eschimesi, Teek e Koona; e la celeritcon cui Buck
li addestrtolse il fiato a Fran蔞is.
- Non mai esistito un cane come Buck! - esclam- Proprio mai!
Vale un migliaio di dollari, perbacco, eh? che ne dite Perrault?
Perrault accenndi s Era gi avanti col suo record e si
avvantaggiava ogni giorno. La pista era in ottime condizioni, dura
e ben battuta, e non vi era neve fresca con cui lottare. Non
faceva troppo freddo. La temperatura scese a trentotto sotto zero
e rimase stazionaria per tutto il viaggio. Gli uomini correvano o
si facevano trascinare a turno e i cani erano tenuti al galoppo
con rare fermate.
Il Fiume delle Trenta Miglia era abbastanza coperto di ghiaccio, e
in un sol giorno percorsero il cammino compiuto in dieci giorni
nel viaggio di andata. In una sola tappa percorsero le sessanta
miglia dallo sbocco del lago Le Barge alle rapide del Cavallo
Bianco. Attraverso Marsh, Tagish e Bennet (settanta miglia di
laghi) volarono cosin fretta che l'uomo a cui toccava correre a
turno si faceva trascinare dietro la slitta aggrappandosi
all'estremitdi una fune.
Nell'ultima notte della seconda settimana raggiunsero il Passo
Bianco e scesero lungo la ripida costa marina avendo ai loro piedi
le luci di Skaguay e delle navi.
Fu una corsa da record. Per due settimane avevano percorso in
media quaranta miglia al giorno. Perrault e Fran蔞is si
pavoneggiarono per tre giorni in se in giper la via principale
di Skaguay, tempestati da un diluvio di inviti a bere, mentre la
muta era continuamente al centro di una folla rispettosa di
conducenti e di mediatori. Poi tre o quattro furfanti dell'Ovest
tentarono di mettere a sacco la citte furono sforacchiati come
peparole per la pena che si erano data, e l'interesse del pubblico
si volse ai nuovi idoli. Infine vennero ordini governativi.
Fran蔞is chiama sBuck, gli gettle braccia al collo e pianse
su di lui. E questo fu l'ultimo contatto con Fran蔞is e Perrault:
al pari di altri uomini, essi scomparvero per sempre dalla sua
vita.
Uno scozzese di mezzo sangue prese in consegna Buck e i suoi
compagni, e insieme con una dozzina di altri tiri si rimise sulla
dura pista per Dawson. Adesso non era pi la leggera corsa da
record, ma la pesante fatica di ogni giorno, con un greve carico
da trascinare, perchquesta era la slitta postale che portava le
notizie del mondo agli uomini che cercavano oro sotto l'ombra del
polo.
Buck non amava quel lavoro, ma lo eseguiva coscienziosamente,
riponendo in esso il proprio orgoglio come facevano Dave e Sol-
leks, e badando che i suoi compagni, animati o no da quello stesso
orgoglio, facessero bene la loro parte. Era una vita monotona che
si svolgeva con regolaritmeccanica. Ogni giorno era eguale al
precedente. Ogni mattina, a una certa ora, arrivavano i cucinieri,
si accendevano i fuochi e si faceva colazione. Poi, mentre alcuni
levavano il campo, altri attaccavano i cani; ed erano giin
viaggio circa un'ora prima che si diradassero le tenebre dinanzi
alle primi luci del giorno. Al calare della notte si piantava il
campo. Alcuni rizzavano le tende, altri tagliavano legna da ardere
e rami di pino per farne giacigli, altri ancora portavano acqua o
ghiaccio per i cucinieri. Anche i cani erano nutriti, ed era
questo, per loro, l'unico avvenimento della giornata, sebbene
fosse piacevole, dopo aver mangiato il pesce, andare attorno
bighellonando per un'oretta insieme agli altri cani, un centinaio
o pi Fra di loro vi erano dei forti lottatori, ma tre battaglie
con i pi fieri diedero a Buck il primato, cosicch quando
arruffava il pelo e mostrava i denti, gli altri si facevano da
parte.
Pi di tutto, forse, gli piaceva stare accanto al fuoco
accovacciato sulle zampe posteriori e con quelle anteriori stese
avanti, la testa alta e lo sguardo assorto sulle fiamme. A volte
pensava alla grande casa del giudice Miller nella vallata di Santa
Chiara baciata dal sole, e alla grande vasca di cemento, e a
Ysabel, la messicana senza pelo, e a Toots, il cagnolino
giapponese; ma pispesso ricordava l'uomo dalla maglia rossa, la
morte di Curly, la gran lotta con Spitz e le buone cose che aveva
mangiato o desiderava mangiare.
Non soffriva di nostalgia. La Terra del Sole svaniva nella
lontananza, e quei ricordi non avevano pipotere su di lui. Molto
pipotenti erano i ricordi ereditari che gli facevano apparire
familiari cose che non aveva mai viste. Gli istinti (che erano
solo reminiscenze dei suoi antenati, divenute abitudini)
indeboliti negli ultimi tempi, si risvegliavano in lui e
divenivano nuovamente vivi.
A volte, quando se ne stava cos accovacciato con lo sguardo
assorto nelle fiamme, gli sembrava che esse appartenessero a un
altro fuoco, e accanto a questo fuoco vedeva un uomo assai diverso
dal cuciniere mezzo-sangue che gli stava davanti. Era uomo corto
di gambe e dalle braccia lunghe, con muscoli fibrosi e nocchiuti
piuttosto che tondeggianti. I suoi capelli erano lunghi e
arruffati, e la fronte sfuggiva sotto di essi. Pronunciava strani
suoni e sembrava temere le tenebre entro le quali stava
continuamente spiando, mentre la sua mano che pendeva fino a met
gamba tra il ginocchio e il piede, stringeva un bastone alla cui
estremit era legata una pesante pietra. Era quasi completamente
nudo; una pelle lacera e bruciacchiata gli scendeva gi dalle
reni, e il suo corpo era villoso: in alcuni punti, anzi, sul petto
e sulle spalle e sulla parte esteriore delle braccia e delle
cosce, coperto da una vera pelliccia. Non si teneva eretto, ma con
il tronco inclinato in avanti dai fianchi in s e le ginocchia
erano un po' piegate. Vi era nel suo corpo una particolare
agilit una elasticitquasi felina e la vigile attenzione di un
essere abituato a vivere nel continuo timore di cose visibili e
invisibili. Altre volte quell'uomo villoso si rannicchiava accanto
al fuoco con la testa fra le gambe e dormiva. Allora i suoi gomiti
poggiavano sulle ginocchia, e le mani si univano sul capo come per
proteggerlo dalla pioggia con le braccia pelose. E al di l di
quel fuoco, nell'oscurittutt'attorno, Buck vedeva tanti carboni
ardenti, riuniti a due a due, sempre a due a due, e sapeva che
erano gli occhi di grandi bestie da preda. E poteva udire il
rumore dei loro corpi fra i cespugli e le loro grida nella notte.
Sognando cossulle rive dell'Yukon, con i pigri occhi assorti sul
fuoco, quei suoni e quei sospiri di un altro mondo gli facevano
ergere il pelo sulla schiena, sulle spalle e sul collo, finch
dava un gemito basso e soffocato o un fioco mugolio, e il cuoco
mezzo-sangue gli gridava: - Ehi, Buck, svegliati! - Ed ecco che
l'altro mondo svaniva, e gli tornava negli occhi il mondo reale;
allora si alzava, sbadigliava e si stirava come se avesse dormito.
Era un viaggio duro, con la slitta postale dietro di s e il rude
lavoro logorava i cani. Quando arrivarono a Dawson erano in
cattive condizioni di salute e avrebbero avuto bisogno di almeno
dieci giorni di riposo. Ma dopo due giorni scescero ancora lungo
le rive del Yukon gidalle Baracche, carichi di lettere per il
mondo lontano. I cani erano stanchi, i conducenti di cattivo
umore, e per colmo di misura ogni giorno nevicava. Questo
significava strada molle, maggiore attrito dei pattini e maggiore
fatica per i cani; i conducenti tuttavia furono molto umani
durante il viaggio e fecero per gli animali il meglio che
poterono.
Ogni notte per prima cosa si occupavano dei cani, che mangiavano
prima dei conducenti. Nessun uomo avrebbe mai pensato a ficcarsi
nel suo sacco di pelo prima di avere esaminato attentamente le
zampe dei suoi cani. Ma le loro forze venivano meno. Dall'inizio
dell'inverno avevano percorso milleottocento miglia trascinando
slitte per tutta questa distanza; e milleottocento miglia pesano
anche sul cane pi resistente. Buck resisteva, incitando i
compagni al lavoro e mantenendo la disciplina sebbene fosse anche
lui molto stanco. Billee piangeva e mugolava regolarmente ogni
notte, dormendo. Joe era piimmusonito che mai e Sol-leks era
inavvicinabile sia dalla parte dell'occhio cieco sia dall'altra.
Ma pi di tutti soffriva Dave. Qualcosa in lui andava male.
Divenne cupo e irritabile. Si scavava subito la sua buca non
appena veniva piantato il campo, e il conducente andava la
portargli il cibo. Appena liberato dal finimento e buttatosi gi
non si alzava fino al mattino. A volte, lungo la pista, se era
scosso da una fermata improvvisa o dallo strappo di una partenza,
guaiva di dolore. Il conducente lo esamin ma non trovnulla.
Tutti i conducenti s'interessarono di lui: ne parlavano durante i
pasti e fino alla loro ultima pipata prima di andare a letto; e
una notte tennero consulto. Fu tirato fuori dalla sua tana,
portato vicino al fuoco e premuto e palpato tanto che gridpi
volte. C'era dentro qualche cosa che non andava. Ma non trovarono
nessun osso rotto naltro male.
Prima che giungessero a Cassiar Bar, era diventato cosdebole che
pi volte cadde sotto le tirelle. Lo scozzese mezzo-sangue fece
fermare e lo staccdalla muta mettendo al suo posto Sol-leks, che
veniva dopo di lui. Voleva far riposare Dave lasciandolo correre
liberamente dietro la slitta. Ammalato com'era, Dave si addolor
di essere messo fuori e mugoldi scontento mentre gli toglievano
i finimenti, piagnucolando poi disperato quando vide Sol-leks al
posto che aveva occupato per tanto tempo. Perch era in lui
l'orgoglio del tiro e della pista e, malato a morte, non poteva
sopportare che un altro cane facesse il suo lavoro.
Quando la slitta si mosse, egli corse sulla neve soffice a fianco
del tiro, attaccando Sol-leks a morsi, gettandoglisi addosso e
cercando di rovesciarlo nella neve dall'altra parte e di mettersi
egli stesso nei tiranti tra lui e la slitta. Nel frattempo
mugliava e guaiva di dolore e di angoscia. Il mezzo-sangue cerc
di allontanarlo a frustate; ma egli non badava ai colpi di frusta
e l'uomo non si sentiva il cuore di colpire pi forte. Dave si
rifiut di correre tranquillamente sulla pista dietro la slitta
dove la strada era pi agevole, ma continu a trascinarsi di
fianco ad essa sulla neve soffice, dove era pidifficile correre,
finch fu esausto. Allora cadde e giacque ldov'era caduto,
ululando lugubremente mentre la lunga fila delle slitte gli
passava accanto.
Con l'ultimo residuo delle sue forze pottrascinarsi dietro di
esse fino alla prima fermata, e allora supertutte le file delle
slitte fino a raggiungere la propria, fermandosi vicino a Sol-
leks. Il conducente si fermun momento per farsi accendere la
pipa dall'uomo che veniva dietro. Poi si volse e mise in moto i
cani. Essi si spinsero avanti senza dover esercitare alcuna
fatica, poi volsero la testa perplessi e si fermarono pieni di
meraviglia. Anche il conducente era sorpreso: la slitta non si era
mossa. Chiami compagni a vedere quello che era successo. Dave
aveva tagliato coi denti tutti e due i tiranti di Solleks e stava
proprio davanti alla slitta al suo posto.
Supplicava con gli occhi che lo lasciassero l Il conducente era
perplesso. I suoi compagni raccontavano come un cane possa morire
di crepacuore se tolto da un lavoro che tuttavia lo uccide, e
ricordavano casi a loro noti, in cui i cani, troppo vecchi per
lavorare o feriti, erano morti per essere stati tolti dalle
tirelle. Consideravano dunque un atto di piet poichDave doveva
morire ad ogni modo, lasciarlo morire tra le tirelle, a cuor
leggero e contento. Cosfu nuovamente attaccato ed egli tir
baldamente come un tempo, sebbene pi di una volta urlasse
involontariamente per il dolore della sua ferita interna.
Parecchie volte cadde e fu trascinato dalle tirelle e una volta la
slitta gli andaddosso, cosi che in seguito zoppicda una delle
gambe posteriori.
Tuttavia tenne duro finchsi giunse al campo; e il conducente gli
fece una cuccia accanto al fuoco. Al mattino era troppo debole per
viaggiare. Al momento di attaccare cercdi trascinarsi dietro il
conducente. Con sforzi convulsi, riusc a mettersi in piedi,
barcolle cadde. Allora si trascinlentamente, come un verme,
verso il luogo dove si stavano bardando i suoi compagni. Metteva
avanti le zampe anteriori e trascinava il corpo procedendo a
balzi, poi spingeva ancora avanti le zampe e faceva un nuovo balzo
di pochi pollici. Infine le forze lo abbandonarono, e i compagni
lo videro anelante nella neve, sforzandosi tuttavia di
raggiungerli. Lo poterono sentire ululare di angoscia finch
scomparvero dietro una fila d'alberi sulla riva del fiume.
Qui il traino si ferm Lo scozzese mezzo sangue rifece lentamente
i propri passi fino al campo che avevano lasciato. Gli uomini
cessarono di parlare. Risuonun colpo di rivoltella. L'uomo torn
indietro in fretta. Le fruste schioccarono lungo la pista; ma Buck
sapeva e tutti i cani sapevano ciche era avvenuto dietro gli
alberi del fiume.




















5. LA FATICA DEL TIRO E DELLA PISTA.

Trenta giorni dopo aver lasciato Dawson, la posta di Acqua Salata,
con Buck e i suoi compagni in testa, arriva Skaguay. Erano in
condizioni pietose, esausti e abbattuti. Le centoquaranta libbre
di Buck erano ridotte a centoquindici. I suoi compagni, sebbene
meno pesanti, avevano perso relativamente di pi Pike, sempre
pronto a simulare malattie e che nella sua vita di imbrogli aveva
spesso, e con successo, fatto finta di aver una zampa malata,
adesso zoppicava sul serio. Anche Sol-leks zoppicava, e Dub
soffriva per uno strappo a una spalla.
Tutti avevano acuti dolori ai piedi. Erano incapaci di saltare e
di correre, le loro zampe battevano pesantemente sulla pista
facendo traballare il corpo e raddoppiando la fatica del viaggio
giornaliero. Non si trattava altro che di stanchezza, ma di una
stanchezza mortale. Non quella che segue ad uno sforzo breve ed
eccessivo dalla quale ci si rimette in poche ore; ma la
prostrazione che si accumula lentamente durante uno sforzo
prolungato per mesi. Non vi erano pi possibilit di ricupero,
riserve di forze a cui fare appello. Tutto era stato consumato,
fino all'ultima briciola. Ogni muscolo, ogni fibra, ogni cellula
erano stanchi, mortalmente stanchi. E a ragione. In meno di cinque
mesi avevano percorso duemilacinquecento miglia, e durante le
ultime milleottocento avevano avuto solo cinque giorni di riposo.
Quando arrivarono a Skaguay apparivano ridotti agli estremi.
Potevano appena tenere tese le tirelle, e nelle discese badavano
solo a non restare davanti alla slitta.
- Avanti, poveri piedi malati, - li incoraggiava il conducente
mentre andavano barcollando per la via principale di Skaguay. -
Siamo alla fine. Adesso avrete un lungo riposo. Eh ? Certo, un
riposo maledettamente lungo.
I conducenti attendevano fiduciosi una lunga sosta. Anche loro
avevano percorso milleduecento miglia con due giorni di riposo, e
secondo il buon senso e la giustizia comune meritavano un periodo
di ozio. Ma tanti erano gli uomini convenuti nel Klondike, e tante
le fidanzate, le mogli, le parentele rimaste nel mondo, che il
mucchio della posta assumeva le dimensioni di una montagna;
inoltre vi erano dei dispacci ufficiali. Nuove mute di cani della
baia di Hudson dovevano prendere il posto di quelli ormai inabili
alla pista. Questi dovevano essere messi da parte e, poichi cani
contano poco di fronte ai dollari, dovevano essere venduti.
Trascorsero tre giorni durante i quali Buck e i suoi compagni
capirono quanto fossero realmente stanchi e indeboliti. Poi, la
mattina del quarto, vennero due uomini degli Stati Uniti e li
comprarono con i finimenti e tutto, per poco o nulla. Gli uomini
si chiamavano tra loro Hal e Charles. Charles era di mezza et
pallido, con due occhi deboli e acquosi e un paio di baffi
fieramente e baldamente rivolti all'ins che contrastavano con il
labbro cadente nascosto dietro di essi. Hal era un giovanotto di
diciannove o vent'anni, con una grossa rivoltella Colt e un
coltello da caccia infilato alla cintura irta di cartucce. Questa
cintura era la cosa pinotevole in lui: denotava la sua mentalit
infantile, un'infantilitassoluta e ineffabile. Tutti e due erano
evidentemente fuori posto; perch mai tipi simili si fossero
avventurati nel Nord, fa parte di quel mistero delle cose che
supera il nostro intelletto.
Buck ud contrattare e vide il denaro passare dalla mano degli
uomini in quelle della gente governativa, e comprese che lo
scozzese mezzosangue e i conducenti della valigia postale stavano
per passare dalla sua vita sulle tracce di Perrault e Fran蔞is e
degli altri che erano scomparsi prima di loro. Quando fu condotto
con i suoi compagni al campo dei suoi nuovi padroni, Buck vide un
insieme disordinato e sudicio; la tenda era tirata a met i
piatti non erano lavati, tutto era fuori di posto; inoltre vide
una donna. La chiamavano Mercedes. Era moglie di Charles e sorella
di Hal: una simpatica famiglia.
Buck li osservpieno di apprensione mentre smontavano la tenda e
caricavano la slitta. Facevano grandi sforzi, ma senza metodo e
senza risparmio di energie. La tenda fu arrotolata in un goffo
pacco grande tre volte quello che avrebbe dovuto essere. I piatti
di metallo furono riposti senza essere lavati. Mercedes era sempre
tra i piedi degli uomini e non faceva che chiacchierare
rimproverando o dando consigli. Quando misero un sacco di abiti
sul davanti della slitta, sugger di metterlo sulla parte
posteriore, e quando questo fu fatto e il sacco fu coperto da
altri due fagotti, scopraltri oggetti che non potevano essere
messi altrove che in quel sacco, ed essi scaricarono nuovamente.
Tre uomini vennero da una tenda vicina e si misero a guardare
sogghignando e ammiccando fra loro.
- Avete un bel carico, - disse uno di loro; - non tocca a me dirvi
quello che dovete fare, ma se fossi in voi non mi porterei dietro
la tenda.
- Sognate! - esclamMercedes alzando le braccia con un grazioso
gesto di smarrimento. - Come potrei fare senza una tenda?
- E' primavera e il freddo ormai passato, - rispose l'uomo.
Ella scosse risolutamente la testa, e Charles e Hal misero le
ultime cose su quel mastodontico carico.
- Credete che marcer - domanduno degli uomini.
- Perchno? - rispose Charles con una certa rudezza.
- Bene, bene, - si affretta dire l'uomo bonariamente, - era
solo una domanda. Mi sembrava un po' troppo pesante.
Charles gli voltle spalle e attacci cani come meglio pot
ossia non proprio nel modo migliore.
- Naturalmente i cani non potranno tirare avanti per tutta la
giornata con tutto quel po' po' di roba dietro, - afferm un
altro.
- Certo, - disse Hal con gelida cortesia, afferrando il timone con
una mano e agitando con l'altra la sua frusta.- Mush, - grid -
Mush, avanti!
I cani fecero forza contro i pettorali, tirarono energicamente per
pochi istanti e poi cedettero. Erano incapaci di muovere la
slitta.
- Maledetti poltroni, ve la faccio vedere io, - gridaccingendosi
a frustarli.
Mercedes intervenne piagnucolando: - Oh, Hal, non lo fare. - E
intanto afferrava la frusta e gliela strappava dalle mani. -
Poverini! Devi promettermi di non esser cattivo con loro per tutto
il viaggio, altrimenti non mi muovo.
- Te ne intendi proprio, di cani, tu, - le rispose il fratello
sghignazzando. - Ti prego di lasciarmi in pace. Sono dei poltroni,
ti dico, e bisogna frustarli per ottenere qualche cosa da loro.
Cos bisogna fare. Domandalo a chi vuoi: domandalo a uno di
questi.
Mercedes volse loro uno sguardo implorante, con impressa sul volto
grazioso un'indicibile ripugnanza alla vista del dolore.
- Sono deboli come l'acqua, se volete saperlo, - rispose uno
degli uomini. - Magri come prugne secche, ecco il fatto. Hanno
bisogno di riposo.
- Accidenti al riposo, - disse Hal con le sue labbra imberbi; e
Mercedes emise un "oh" di pena a quella bestemmia.
Ma era una donna molto legata alla famiglia e scattin difesa del
fratello. - Non badare a quest'uomo, - disse risoluta. - Tu sei il
conducente dei nostri cani e devi fare quello che credi meglio.
La frusta di Hal cadde ancora sui cani. Essi si gettarono di nuovo
contro i pettorali puntando le zampe contro la neve indurita, si
abbassarono ventre terra impegnandosi con tutte le forze. Ma la
slitta rimaneva ferma come se fosse ancorata. Dopo due sforzi si
fermarono ansanti. La frusta fischiava selvaggiamente e Mercedes
intervenne ancora. Cadde in ginocchio davanti a Buck, con le
lacrime agli occhi e lo abbracci
- Poverini, poverini, - piagnucolava piena di tenerezza, -
perchnon tirate? Non vi frusterebbero.
Buck non provava molta simpatia per lei, ma si sentiva troppo
miserabile per resisterle e la sopportcome una parte del triste
lavoro di quel giorno. Uno degli astanti, che aveva stretto i
denti fino allora per non pronunciare parole dure, disse infine:
- Non che mi curi di quel che vi succeder ma per amor dei cani
vi devo dire che potreste aiutarli un bel po' liberando la slitta.
I pattini si sono gelati e hanno fatto blocco. Gettatevi con tutto
il peso contro il timone spingendo a destra e a sinistra, e
libererete la slitta.
Fu fatto un terzo tentativo, e questa volta, seguendo il
consiglio, Hal liber i pattini gelati nella neve. La slitta
sovraccarica avanza fatica; Buck e i suoi compagni spingevano
disperatamente sotto una pioggia di colpi. Un'ottantina di iarde
piavanti il sentiero voltava e scendeva ripidamente sulla via
principale. Sarebbe stato necessario un uomo esperto per impedire
a quella slitta coscarica di rovesciarsi, e Hal non lo era. Nel
fare la voltata la slitta si capovolse lasciando sfuggire metdel
suo contenuto attraverso le cinghie allentate. I cani non si
fermarono. La slitta, alleggerita, trascinata su di un fianco,
sobbalzava dietro di loro. Erano furiosi per il cattivo
trattamento ricevuto e per quel carico assurdo. Buck schiumava di
rabbia. Si gett a corsa pazza, mentre la muta seguiva il suo
capo. Hal gridava: - Uha! Uha! - Loro non gli badarono. Hal
inciampe fu rovesciato; la slitta capovolta gli passsopra, e i
cani si precipitarono sulla strada, divertendo tutta Skaguay e
spargendo il resto del carico lungo la via principale.
Dei cittadini di buon cuore fermarono i cani e raccolsero la roba
disseminata dappertutto. Inoltre diedero consigli. Metcarico e
doppio numero di cani se volevano arrivare a Dawson, ecco quello
che dicevano. Hal, la sorella e il cognato ascoltarono di
malavoglia, piantarono la tenda ed esaminarono il loro
equipaggiamento. Fu tratto fuori dello scatolame che fece ridere
gli uomini, perchlo scatolame sulla Pista Lunga roba che non
se l'mai sognata nessuno.
- Queste coperte vanno bene per un albergo, - disse ridendo uno
che li aiutava. - La met di tutto questo anche troppa,
sbarazzatevene. Gettate via quella tenda e tutti quei piatti; chi
potrebbe lavarli? Buon Dio, credete di viaggiare in pullman?
Coscontinul'inesorabile eliminazione del superfluo. Mercedes
pianse quando i sacchi degli abiti furono gettati a terra e ne fu
tolto il contenuto pezzo per pezzo. Pianse per l'insieme e pianse
su ogni particolare che veniva scaricato. Si puntava le mani sulle
ginocchia, dondolandosi avanti e indietro piena di angoscia.
Affermava che non si sarebbe mossa di un pollice nemmeno per una
dozzina di Charles, si appellava a tutti e a tutto, e infine
asciugandosi gli occhi cominci a gettar via anche oggetti
assolutamente necessari. E nel suo zelo, quando ebbe finito con la
roba propria, attaccquella dei due uomini, avventandosi su di
essa come un ciclone.
Fatto questo, l'equipaggiamento, sebbene ridotto a met
costituiva ancora un mucchio formidabile. Charles e Hal uscirono
verso sera e comprarono sei cani forestieri. Questi, uniti ai sei
della prima muta e a Tek e a Koona, gli eschimesi comprati alle
Rapide della Pista, nel viaggio record, portarono a quattordici il
numero nel tiro. Ma i cani forestieri, sebbene allenati fin dal
loro sbarco, valevano poco. Tre erano cani da punta dal pelo
corto, uno era un Terranova, e gli altri due, bastardi di razza
indefinibile. Questi nuovi venuti sembravano ignorare tutto. Buck
e i suoi compagni li guardarono con disgusto, e sebbene riuscisse
a insegnar loro molto in fretta quale era il loro posto e che cosa
non dovevano fare, Buck non riusca fargli capire quello che
dovevano fare. Sopportavano mal volentieri i tiranti e la pista,
e, ad eccezione dei due bastardi, erano smarriti e abbattuti dallo
strano ambiente selvaggio in cui erano capitati e dai cattivi
trattamenti ricevuti. I due bastardi non avevano un'ombra di
spirito; le uniche cose che si potessero abbattere in loro erano
le ossa.
Con quei nuovi venuti affranti e disperati, e col vecchio tiro
logorato da duemilacinquecento miglia di lavoro continuo, le
prospettive non erano affatto brillanti. Tuttavia i due uomini
erano tranquillissimi e addirittura orgogliosi. Con quattordici
cani facevano veramente le cose in grande stile. Avevano visto
altre slitte partire sul Passo per Dawson, o venire da Dawson, ma
non ne avevano mai vista una di quattordici cani. Nella natura
stessa dei viaggi artici c'era una ragione per cui quattordici
cani non dovessero tirare una slitta, e questa era data dal fatto
che una slitta non poteva portare cibo per quattordici cani. Ma
Charles e Hal non lo sapevano. Essi avevano preparato il loro
viaggio sulla carta: tanto per cane, tanti cani, tanti giorni,
come dovevasi dimostrare. Mercedes li osservava al disopra delle
loro spalle e approvava: era tutto cossemplice!
Il giorno seguente, a mattino avanzato, Buck guidil lungo tiro
lungo la strada. In tutto cinon vi era nulla che li animasse,
nessuno slancio, nessun impeto in lui n nei suoi compagni.
Partivano stanchi morti. Per quattro volte aveva percorso la
distanza tra Acqua Salata e Dawson. E il sapere che, esausto
com'era, doveva percorrere ancora una volta la pista, lo colmava
di amarezza. Non poteva mettere il cuore in quel lavoro, e cos
pure gli altri cani. I forestieri erano timidi e atterriti, gli
altri non avevano fiducia nei loro padroni. Buck sentiva vagamente
che non si poteva far conto su quei due uomini e quella donna. Non
sapevano fare niente, e col passar dei giorni fu chiaro che non
avrebbero mai imparato.
Erano maldestri in tutto, senza ordine ndisciplina. Dedicavano
met della notte a piantare un accampamento scombinato e metdel
mattino a toglierlo e a caricare la slitta in un modo cos goffo,
che per tutto il resto del giorno dovevano fermarsi continuamente
per rimettere in sesto il carico. In certi giorni non riuscivano a
fare neppure dieci miglia, e a volte non partivano nemmeno. Mai
furono capaci di percorrere pi della met della distanza
considerata come base nel computo del cibo necessario ai cani.
Era inevitabile che in breve sarebbero venuti a trovarsi privi di
nutrimento per un tiro, ed essi, distribuendo il nutrimento con
eccessiva abbondanza, affrettarono l'arrivo del giorno in cui esso
sarebbe venuto a mancare. I cani forestieri, la cui digestione non
era stata allenata da una fame cronica a ricavare il massimo dal
poco, avevano un appetito vorace. Inoltre, quando gli eschimesi
esausti cominciarono a tirare debolmente, Hal decise che la
razione consueta era troppo scarsa. E la raddoppi A completare
l'opera, Mercedes non essendo riuscita, con le lacrime dei suoi
begli occhi e i tremiti della sua graziosa gola, a persuaderlo ad
aumentare ancora la razione, anda rubare il pesce nei sacchi e
lo diede loro di nascosto. Ma Buck e gli eschimesi non avevano
bisogno di cibo, bens di riposo; e, sebbene viaggiassero
lentamente, il pesante carico li esauriva.
Poi venne la penuria. Hal un giorno dovette riconoscere che il
cibo per i cani si era ridotto alla metmentre la distanza era
stata coperta solo per un quarto, e inoltre che nper amore n
per denaro vi era modo di procurarsi altro cibo. Di conseguenza
ridusse la razione normale e in egual tempo tentdi aumentare il
percorso giornaliero. La sorella e il cognato lo aiutavano, ma
erano ostacolati dalla pesantezza del carico e dalla loro
incompetenza. Era semplice dar meno cibo ai cani, ma impossibile
farli camminare pispediti, mentre la loro stessa incapacitdi
mettersi in viaggio pi presto al mattino impediva loro di
aumentare le ore di viaggio. Non solo non sapevano disciplinare i
cani, ma neppure disciplinare se stessi.
Il primo ad andarsene fu Dub. Era un povero ladro ingenuo, sempre
colto sul fatto e sempre punito, ma era stato un fedele
lavoratore. La sua spalla ferita priva di cure e di riposo, and
di male in peggio, e alla fine Hal lo spaccicon la sua grossa
rivoltella. Nella contrada si dice che un cane forestiero muore di
fame con la razione di un eschimese, e i sei forestieri alle
dipendenze di Buck non potevano fare altro che morire con la met
della razione di un eschimese. Dapprima se ne andil Terranova,
seguito dai tre cani di punta dal pelo corto; i due bastardi, pi
tenacemente attaccati alla vita, se ne andarono per ultimi.
Frattanto, tutta l'allegria e la gentilezza del Sud avevano
abbandonato quelle tre persone. Il viaggio artico, spogliato del
suo splendore e del suo romanticismo, divenne una realt troppo
cruda per lo spirito di quegli uomini e di quella donna. Mercedes
smise di piagnucolare sui cani, troppo occupata com'era a piangere
su di se a litigare col marito e col fratello. Il litigio era
l'unica cosa a cui non si stancavano mai di applicarsi. La loro
irritabilitsorgeva dalla loro stessa condizione disgraziata,
aumentava con essa, si raddoppiava con essa e la superava. La
meravigliosa pazienza della pista, propria degli uomini che
lavoravano e soffrono duramente e tuttavia rimangono cortesi nelle
parole e bonari, era ignota ai due uomini ed alla donna. Di quella
pazienza essi non ne possedevano nemmeno un briciolo. Le
sofferenze li indurivano; i loro muscoli, le loro ossa, perfino il
loro cuore erano dolenti, e per questo divennero aspri nel
parlare, parole aspre affioravano per prime sulle loro labbra al
mattino ed erano le ultime alla sera.
Charles e Hal litigavano ogni volta che Mercedes ne offriva loro
l'occasione.
La convinzione prediletta di ognuno di loro era di lavorare pidi
quanto gli spettasse e nessuno trascurava di esprimerla alla prima
occasione. A volte Mercedes prendeva le parti del marito, a volte
quelle del fratello. E il risultato era una bellissima e
interminabile lite familiare. Cominciavano magari a disputare su
chi dovesse spaccare qualche pezzo di legna per il fuoco (litigio
che riguardava solo Charles e Hal) e poco dopo era trascinato
nella controversia tutto il resto della famiglia, padri, madri,
zii, cugini, gente distante mille miglia e taluni addirittura
morti. Che le opinioni di Hal sull'arte o sul tipo di commedie
scritte dal fratello di sua madre avessero qualche cosa a che fare
con lo spaccare un po' di legna per il fuoco, superava ogni
comprensione; tuttavia la disputa si svolgeva con tutta facilit
in questo senso come in quello dei pregiudizi politici di Charles.
E in che cosa la lingua loquace della sorella di Charles avesse
rapporti con la necessitdi accendere un fuoco sul Yukon, avrebbe
potuto dirlo solo Mercedes, che dava la stura alle sue numerose
opinioni su questo tema, estendendosi magari ad alcune altre
spiacevoli caratteristiche proprie della famiglia del marito.
Frattanto il fuoco restava spento, il campo era lasciato a mezzo e
i cani rimanevano senza cibo.
Mercedes nutriva un risentimento particolare: il risentimento del
sesso. Graziosa e delicata, per tutta la vita era stata trattata
con molto riguardo. Ma il modo con cui la trattavano adesso il
marito e il fratello era tutto fuorch cavalleresco. Si era
abituata a non sapersi cavare d'impaccio, ed essi se ne lagnarono.
Ostacolata in quella che era la piessenziale prerogativa del suo
sesso, ella rese loro insopportabile la vita.
Non si curpidei cani, e, stanca e abbattuta com'era, volle
essere trascinata sulla slitta. Sebbene fosse graziosa e delicata,
pesava centoventi libbre: una notevole ultima briciola aggiunta al
carico trascinato da animali deboli e affamati. Si fece condurre
cosper intere giornate finchi cani caddero fra le tirelle e la
slitta si ferm Charles e Hal la pregarono di scendere e di
andare a piedi, la supplicarono, la scongiurarono, e lei piangeva
e importunava il Cielo raccontando la loro brutalit Una volta la
trassero gi dalla slitta a furia, ma non lo fecero pi Ella
lasciciondolare inerti le gambe come un bambino viziato e si
sedette sulla pista. Loro tirarono avanti, ma lei non si mosse.
Dopo aver proseguito per tre miglia, scaricarono la slitta,
tornarono indietro e la caricarono di peso. All'estremo della
miseria, divennero insensibili alle sofferenze degli animali. La
teoria di Hal, da lui messa in pratica sugli altri, era che
bisognava diventare duri. Aveva cominciato col predicarla alla
sorella e al cognato; non essendo riuscito con loro, comincia
istillarla ai cani a colpi di bastone. Alle Cinque Dita non vi fu
pi cibo per i cani, e una vecchia indiana sdentata barattcon
loro poche libbre di pelle di cavallo gelata per la rivoltella
Colt che faceva compagnia al grande coltello da caccia infilato
alla cintura di Hal. Un ben povero surrogato di cibo era quella
pelle tolta sei mesi prima ai cavalli morti di fame dei mandriani.
Gelata com'era, sembrava fatta di strisce di ferro galvanizzato, e
quando un cane riusciva a cacciarsela nello stomaco, si
discioglieva in sottili fibre coriacee, incapaci di nutrire, e in
una massa di corti peli irritanti e indigesti.
In mezzo a queste pene, Buck barcollava alla testa del tiro come
in un incubo. Tirava quando poteva; e quando non poteva pitirare
si abbatteva e rimaneva a terra finchi colpi di frusta o di
bastone non lo costringevano a rimettersi in piedi. La sua bella
pelliccia aveva perso la sua compatta lucentezza: pendeva floscia
e sudicia, macchiata di sangue rappreso ldove il bastone di Hal
lo aveva ferito. I suoi muscoli si erano ridotti a cordoni
nocchiuti, il grasso era scomparso dalle sue carni, cosche ogni
costola, ogni osso apparivano chiaramente sotto la pelle cascante
che si raggrinzava in vuote pieghe. Era cosa da spezzare il cuore,
ma il cuore di Buck era infrangibile. L'uomo dalla maglia rossa ne
aveva avuto la prova.
Nelle stesse condizioni di Buck erano i suoi compagni, ridotti a
scheletri ambulanti. Erano sette in tutto, compreso lui. Nel colmo
delle loro sofferenze, erano divenuti insensibili al morso della
frusta e ai colpi del bastone. Il dolore delle percosse era sordo
e lontano, coscome sordo e lontano era tutto ci che i loro
occhi vedevano e le loro orecchie ascoltavano. Non erano vili per
la meto per un quarto: erano semplicemente dei sacchi d'ossa in
cui poche scintille di vita palpitavano debolmente. Ad ogni sosta,
cadevano gi tra le tirelle come morti e la scintilla si
offuscava, impallidiva e sembrava spegnersi. Quando il bastone o
la frusta cadevano su di loro, quella scintilla si ravvivava
debolmente, ed essi si rialzavano a stento e proseguivano
barcollando.
Venne il giorno in cui il bonaccione Billee cadde e non pot
rialzarsi. Hal aveva ceduto la rivoltella; prese dunque l'ascia e
colp Billee alla testa mentre era ancora fra le tirelle. Poi
trasse fuori il corpo dai finimenti e lo trascinda parte. Buck
vide e anche i suoi compagni videro, e compresero che la stessa
sorte era loro molto vicina. Il giorno dopo tocc a Koona, e
rimasero solo in cinque: Joe, troppo estenuato per essere
malvagio; Pike, sciancato e zoppicante, consapevole solo per met
e non abbastanza per fingere ancora; Sol-leks, il monocolo, sempre
fedele alla fatica del tiro e della pista e dolente di avere ormai
cospoche forze per spingere avanti; Tek, che quell'inverno aveva
viaggiato meno degli altri e che adesso era picchiato di pi
perchera pifresco; e Buck ancora alla guida del tiro, ma non
picapace di far rispettare la disciplina, quasi sempre cieco di
stanchezza, che seguiva la pista guidato dal suo fioco bagliore e
dall'oscura sensazione di averla sotto le zampe.
Era un bellissimo tempo primaverile ma ngli uomini ni cani se
ne accorgevano. Ogni giorno il sole si alzava pi presto e
tramontava pi tardi. L'alba sorgeva alle tre del mattino e il
crepuscolo durava fino alle nove di sera. L'intera giornata era un
bagliore di sole. Il silenzio spettrale dell'inverno cedeva al
grande mormorio primaverile della vita che si destava. Quel
mormorio sorgeva da tutta la terra, pieno di gioia di vivere.
Veniva dagli esseri che tornavano alla vita e ancora si muovevano
dopo essere stati come morti e immobili durante i lunghi mesi di
gelo. La linfa saliva nel tronco dei pini. I salici e i pioppi
tremuli lasciavano esplodere le giovani gemme. I cespugli e le
viti si coprivano di nuovo verde. Di notte i grilli cantavano, e
durante il giorno esseri striscianti o rampicanti di ogni genere
uscivano al sole. Le pernici e i picchi frullavano e becchettavano
nella foresta. Gli scoiattoli chiacchieravano, gli uccelli
cantavano e risuonava sulle loro teste lo strido delle anitre
selvatiche che venivano dal Sud in sagaci stormi disposti a cuneo
fendendo l'aria.
Dai fianchi scoscesi di ogni colle veniva il sussurro di acque
scorrenti, la musica d'invisibili sorgive. Tutto usciva dal gelo e
si dispiegava sbocciando. Lo Yukon si sforzava di rompere il
ghiaccio che lo opprimeva. Lo corrodeva dal di sotto, mentre il
sole lo consumava in superficie. Si formavano cavit si aprivano
fessure che subito si allargavano mentre sottili lembi di ghiaccio
cadevano attraverso di esse nel fiume. In mezzo a questo erompere,
a questo fendersi, a questo fremere di vita nel risveglio sotto il
sole ardente e nel dolce respiro delle brezze, come viandanti
avviati alla morte barcollavano i due uomini, la donna e i cani
eschimesi.
I cani erano ormai sfiniti, Mercedes piangeva abbandonata sulla
slitta, Hal bestemmiava senza costrutto, e lo sguardo acquoso di
Charles vagava ansiosamente quando giunsero barcollando al campo
di John Thornton, alle foci del Fiume Bianco. Appena fermi, i cani
caddero come colpiti a morte; Mercedes si asciuggli occhi
guardando John Thornton, e Charles si sedette per riposare su di
un tronco. Si sedette lentamente e a fatica perchera irrigidito.
Hal parl John Thornton stava dando gli ultimi tocchi a un manico
di scure che aveva fatto con un ramo di betulla. Lavorava e
ascoltava rispondendo a monosillabi, e, quando ne era richiesto,
dando brevi consigli. Conosceva quei tipi ed esprimeva il proprio
parere con la certezza che non sarebbe stato seguito.
- Ci hanno gidetto che il fondo sta cedendo e che la miglior
cosa per noi sarebbe di fermarci, - disse Hal rispondendo
all'esortazione di Thornton di non avventurarsi oltre sul ghiaccio
rotto. - Ci hanno detto che non avremmo potuto fare il Fiume
Bianco, ed eccoci qua. - Quest'ultima frase fu pronunciata con un
ghigno trionfante.
- E vi hanno detto il vero, - rispose John Thornton. - Il fondo
pu spezzarsi da un momento all'altro. Solo dei matti, con la
cieca fortuna dei matti, potrebbero riuscirvi. Vi dico chiaro che
non arrischierei la mia carcassa su quel ghiaccio per tutto l'oro
dell'Alaska.
- Sarperchnon sei matto, - disse Hal. - Tuttavia noi andremo
a Dawson. - Prese la frusta. - S Buck! Hi! In piedi! Mush.
Thornton continu il suo lavoro. Sapeva che era inutile
intromettersi tra un pazzo e la sua pazzia; due o tre matti di pi
o di meno non avrebbero modificato l'ordine delle cose.
Ma la muta non si alzal comando. Era entrata da un pezzo in
quello stato in cui solo le percosse potevano farla muovere. La
frusta sibilqua e lsenza misericordia. John Thornton strinse
le labbra. Sol-leks fu il primo a rialzarsi penosamente. Teek lo
segu Poi si alzJoe guaendo di dolore. Pike fece penosi sforzi:
cadde due volte quando si era giper metrialzato e alla terza
ci riusc Buck non fece alcuno sforzo e rimase tranquillo l
dov'era caduto. La frusta si abbattripetutamente su di lui, ma
egli non gemette e non si mosse. Pivolte Thornton sussultcome
se volesse parlare, ma poi mutidea. I suoi occhi si inumidirono
e, mentre la frusta continuava ad abbattersi, si
alze si mise a passeggiare senza scopo in se in gi
Era la prima volta che Buck veniva meno, ed era questa una ragione
sufficiente per far divenire furibondo Hal. Lascila frusta per
prendere il solito bastone. Buck si rifiutdi muoversi sotto la
pioggia dei pidolorosi colpi che adesso cadevano su di lui. Al
pari dei suoi compagni egli aveva appena la forza di alzarsi, ma
diversamente da loro, aveva deciso di restare a terra. Aveva la
vaga sensazione di una condanna imminente. Lo aveva sentito
nell'intimo mentre tirava lungo la riva, e quella sensazione non
lo aveva pi lasciato. Sembrava che il ghiaccio sottile e
screpolato che si era sentito sotto i piedi per tutto il giorno,
gli facesse intuire il disastro vicino, lsu quel ghiaccio dove
il suo padrone avrebbe voluto spingerlo. Si rifiutdi muoversi.
Aveva sofferto tanto ed era ormai cosstremato, che i colpi non
gli facevano molto male. E, poichcontinuavano a cadere su di
lui, la scintilla di vita nel suo intimo vacill e si abbass
quasi si spense. Si sentiva stranamente intorpidito. Aveva
l'impressione di essere percosso come attraverso una grande
distanza. Le ultime sensazioni di dolore lo abbandonarono. Non
sentpinulla sebbene molto debolmente potesse udire i colpi del
bastone sul suo corpo. Ma non era piil suo corpo, tanto sembrava
lontano. E allora, d'un tratto, senza preavviso, con un grido
inarticolato, simile a quello di un animale, John Thornton si
scaglisull'uomo che impugnava il bastone. Hal fu spinto indietro
come colpito da un albero abbattuto. Mercedes diede uno strido,
Charles guardava smarrito asciugandosi gli occhi acquosi, ma non
si alz tanto era irrigidito.
John Thornton era chino su Buck tentando di dominarsi, troppo
preso dal furore per poter parlare.
- Se batti ancora questo cane, ti ammazzo, - riuscfinalmente a
dire con voce soffocata.
- Il cane mio, - rispose Hal asciugandosi il sangue che gli
usciva dalla bocca e tornando verso di lui. - Togliti dai piedi o
ti faccio fuori. Vado a Dawson. - Thornton stava tra lui e Buck e
non mostrava alcuna intenzione di levarsi di mezzo. Hal trasse il
suo lungo coltello da caccia. Mercedes strillava, piangeva, rideva
abbandonandosi a un confuso attacco di isterismo. Thornton colp
le dita di Hal con il manico della scure facendogli cadere il
coltello, e gliele colpancora mentre tentava di raccoglierlo.
Poi si chin lo raccolse egli stesso, e con due colpi recise le
tirelle di Buck.
Hal non aveva pivoglia di combattere. Inoltre la sorella gli
teneva ferme le mani, o meglio le braccia. Buck era troppo vicino
alla morte per poter ancora tirare la slitta. Pochi minuti dopo
essi se ne andavano lungo il fiume. Buck li udallontanarsi e
alzla testa per vedere. Pike guidava, Sol-leks era il cane di
slitta e tra loro stavano Joe e Teek. Zoppicavano e barcollavano.
Mercedes si faceva trascinare sulla slitta carica. Hal era al
timone e Charles veniva dietro incespicando. Mentre Buck li
guardava, Thornton s'inginocchivicino a lui, e con le sue rozze
e affettuose mani cercse vi fossero ossa rotte. Quando fu sicuro
che non vi era niente altro se non molte contusioni e un terribile
stato d'inedia, la slitta si era allontanata di un quarto di
miglia. Il cane e l'uomo la guardavano strisciare sul ghiaccio.
Improvvisamente videro sprofondare la parte posteriore e il
timone, con Hal aggrappato, ergersi nell'aria. Giunse alle loro
orecchie l'urlo di Mercedes. Videro Charles voltarsi e fare un
passo per tornare indietro, poi un'intera lastra di ghiaccio
cedette, e i cani e gli uomini scomparvero. Rimase solo una buca
aperta. La pista aveva ceduto. John Thornton e Buck si guardarono.
- Poveri diavoli, - disse John Thornton. E Buck gli leccla mano.















6. PER L'AMORE DI UN UOMO.

Il dicembre precedente, quando John Thornton aveva avuto i piedi
congelati, i suoi compagni lo avevano sistemato con cura e lo
avevano lasciato perchsi ristabilisse, risalendo poi il fiume
per prendere una partita di tronchi da portare a Dawson lungo il
fiume. Quando salv Buck zoppicava ancora un poco, ma con
l'inoltrarsi della nuova stagione anche questo leggero
inconveniente scomparve. E l sdraiato sulla riva del fiume, nei
lunghi giorni di primavera, osservando il fluire delle acque,
ascoltando pigramente il canto degli uccelli e il mormorio della
natura, Buck a poco a poco recuperle forze.
Un buon riposo viene molto a proposito quando uno ha viaggiato per
tremila miglia. E bisogna confessare che Buck divenne pigro,
mentre le sue ferite rimarginavano, i suoi muscoli tornavano a
farsi turgidi e la carne copriva nuovamente le sue ossa. A dire il
vero, tutti loro stavano tranquillamente in ozio: Buck, John
Thornton e Skeet e Nig, aspettando il carico di tronchi che doveva
portarli a Dawson. Skeet era una piccola setter irlandese, che
fece presto amicizia con Buck: mezzo morto com'era, egli non
poteva respingere i suoi approcci. Essa aveva quelle facolt
risanatrici che alcuni cani posseggono; e come una gatta lava i
suoi gattini cosella lavava e puliva le ferite di Buck. Ogni
mattina, quando lui aveva finito la colazione, Skeet veniva
regolarmente ad adempiere al compito che si era prefisso, finch
egli cominci a desiderare le sue cure non meno di quelle di
Thornton. Nig, egualmente amichevole, sebbene meno espansivo, era
un grande cane nero, mezzo alano e mezzo segugio, con gli occhi
ridenti e una bonarietsenza limiti.
Con molta sorpresa di Buck, questi cani non apparivano affatto
gelosi di lui. Sembravano condividere la bonte la generositdi
John Thornton. Via via che Buck riprendeva le forze, essi lo
invitarono a buffi giochi di ogni sorta, ai quali lo stesso
Thornton non poteva fare a meno di unirsi; e in questo modo Buck
durante la sua convalescenza giunse a un nuovo periodo della sua
vita facendo il chiasso. Per la prima volta conobbe l'amore,
l'amore schietto e appassionato. Non ne aveva avuto esperienza
nella casa del giudice Miller, laggi nella valle di Santa Clara
baciata dal sole. Con i figli del giudice, andando a caccia o a
passeggio, era stato un compagno di lavoro; per i nipoti del
giudice una specie di solenne guardiano; e per il giudice stesso
un dignitoso e serio amico, ma l'amore, febbre ardente,
adorazione, follia, lo aveva fatto sorgere in lui solo John
Thornton.
Quell'uomo gli aveva salvato la vita, e questo era qualche cosa;
ma inoltre era il padrone ideale. Gli altri provvedevano al
benessere dei loro cani per un senso di dovere e di pratica
utilit lui invece lo faceva come se fossero stati suoi figli,
perchnon poteva fare altrimenti. E andava anche oltre. Non
dimenticava mai di dar loro un saluto benevolo, di rivolgergli una
buona parola, e si divertiva non meno di loro a sedersi in mezzo
ai suoi cani facendo con loro lunghe conversazioni ("a
chiacchierare" diceva).
Aveva un modo particolare di prendere tra le mani il muso di Buck
o di posare su quella di Buck la propria testa scuotendolo avanti
e indietro, dicendogli affettuosamente parolacce che per Buck
erano parole d'amore.
Buck non conosceva gioia pigrande di quel rude abbraccio e del
suono di quelle ingiurie mormorate, e ad ogni scossone gli
sembrava che il cuore gli balzasse fuori dal petto tanta era la
sua estasi. E quando, lasciato libero, balzava in piedi con la
bocca ridente, gli occhi parlanti, la gola vibrante di suoni
inarticolati, e rimaneva cosimmobile, John Thornton esclamava
con riverenza: "Dio mio, non ti manca che la parola!".
Buck aveva un modo per esprimere il suo amore che sembrava
un'aggressione violenta. Spesso afferrava tra i denti la mano di
Thornton e stringeva cos forte che l'impronta rimaneva per
parecchio tempo nella carne. E come Buck interpretava le parolacce
come parole d'amore, cosl'uomo considerava quel finto morso come
una carezza.
Tuttavia l'amore di Buck si esprimeva in genere come adorazione.
Sebbene divenisse folle di gioia quando Thornton lo toccava o gli
parlava, non cercava mai queste espressioni di affetto.
Diversamente da Skeet, che era solita spingere il naso sotto la
mano di Thornton e continuava a dare piccole spinte finch
l'accarezzasse, o da Nig, che avanzava solennemente e appoggiava
la grande testa sulle ginocchia di Thornton, Buck si accontentava
di adorare a distanza. Stava sdraiato per ore, vigile e attento,
ai piedi di Thornton, guardandolo in volto, contemplandolo,
studiandolo, seguendo col pivivo interesse ogni sua fuggevole
espressione, ogni movimento, ogni mutamento delle sue fattezze. O
se, per caso, era lontano da lui, al suo fianco o alle sue spalle,
contemplava il profilo dell'uomo e i movimenti casuali del suo
corpo. E spesso, tanta era la comunione in cui vivevano, la forza
dello sguardo di Buck costringeva John Thornton a volgere la
testa, e allora l'uomo contraccambiava lo sguardo senza parlare,
col cuore che gli scintillava negli occhi, coscome scintillava
il cuore negli occhi di Buck.
Per molto tempo dopo essere stato salvato, Buck mal sopportche
Thornton s'allontanasse dalla sua vista. Da quando lasciava la
tenda a quando vi rientrava, Buck seguiva i suoi passi. Il
continuo mutamento di padrone da quando era giunto nel Nord, aveva
fatto sorgere in lui il timore che nessun padrone fosse duraturo.
Ed egli paventava che Thornton uscisse dalla sua vita come
Perrault e Fran蔞is e il mezzo-sangue scozzese. Perfino di notte,
in sogno, era ossessionato da questa paura; e allora balzava dal
sonno e scivolava nel freddo fino all'apertura della tenda,
restando lad ascoltare il suono del respiro del suo padrone.
Ma nonostante questo grande amore per John Thornton, che sembrava
rivelare l'influenza della mite civilt I'impeto del primitivo
che il Nord aveva risvegliato in lui rimaneva vivo e attivo. Egli
possedeva la fedelte la devozione, creature del fuoco e del
tetto; e tuttavia manteneva la sua selvatichezza e la sua astuzia.
Era una creatura della foresta, venuta dalla foresta per sedersi
davanti al fuoco di John Thornton, piuttosto che un cane del mite
Sud segnato dalle impronte di generazioni civili. Per il suo
grande amore non avrebbe mai rubato nulla a quell'uomo, ma per
qualsiasi altro uomo, in un altro accampamento, non avrebbe
esitato un attimo; e l'astuzia con cui sapeva rubare gli
permetteva di evitare di lasciarsi cogliere. Aveva il muso e il
corpo segnati dai denti di molti cani, e sapeva combattere ancor
pi fieramente che mai, e con maggiore accortezza. Skeet e Nig
erano troppo bonari per azzuffarsi con loro, e inoltre
appartenevano a John Thornton; ma i cani stranieri, di qualsiasi
razza e valore, dovevano riconoscere subito il dominio di Buck o
trovarsi a combattere per la vita con un terribile avversario.
Buck era senza piet Aveva conosciuto bene la legge del bastone e
della zanna, e mai trascurava un vantaggio o si ritraeva davanti
ad un nemico che aveva avviato sulla strada della morte. Aveva
preso lezione da Spitz, e dai principali cani combattenti della
polizia e della posta, e sapeva che non c'era via di mezzo.
Doveva dominare o essere dominato; e mostrare pietsarebbe stato
debolezza. La pietnon esisteva nella vita dei primordi. Veniva
considerata come paura, e questo malinteso significava morte.
Uccidere o essere ucciso, mangiare o essere mangiato, era questa
la legge; e a questo comandamento che sorgeva dalle profonditdel
tempo egli prestava obbedienza.
Era pi vecchio dei giorni che aveva vissuto, dei respiri che
aveva respirato. Riuniva il passato al presente, e l'eternit
dietro di lui palpitava in lui in un ritmo potente insieme al
quale egli oscillava al pari delle maree e delle stagioni. Sedeva
presso il fuoco di John Thornton: cane dal petto largo, dalle
bianche zanne, dal lungo pelo; ma dietro di lui vi erano le ombre
di cani di ogni specie, met lupi e lupi selvaggi, che lo
incalzavano e lo sollecitavano assaporando il cibo che lui
mangiava, assetati dell'acqua che beveva, fiutando con lui il
vento, ascoltando con lui e sussurrandogli i suoni della vita
selvaggia nella foresta, suggerendogli i movimenti, dirigendo le
sue azioni, sdraiandosi al suo fianco a dormire quando si
accovacciava, sognando con lui e su di lui divenendo essi stessi
l'oggetto dei suoi sogni.
Cosi imperioso era il richiamo di quelle ombre, che di giorno in
giorno il genere umano e le sue pretese s'allontanavano da lui.
Nel profondo della foresta risuonava un invito, e ogni volta che
egli l'udiva, misteriosamente vibrante e lusinghiero, si sentiva
costretto a volgere il dorso al fuoco e alla terra battuta intorno
ad esso per immergersi nella foresta, sempre avanti, non sapeva
dove n perch n si domandava il dove o il perch tanto
imperiosamente risuonava il richiamo nel profondo della foresta.
Ma ogni volta che raggiungeva la soffice terra intatta e la verde
ombra, l'amore per John Thornton lo faceva tornare ancora al
fuoco. Solo Thornton lo tratteneva. Il resto dell'umanitera meno
che nulla. Viaggiatori casuali potevano lodarlo o accarezzarlo; ma
egli rimaneva freddo, e se incontrava qualcuno troppo espansivo si
alzava e se ne andava.
Quando i compagni di Thornton, Hans e Pete, arrivarono con il
legname tanto atteso, Buck si rifiutdi occuparsi di loro finch
non comprese che erano amici di Thornton; allora li tollerin un
certo modo passivo, accettandone i favori come se facesse loro
l'onore di accettarli. Essi erano dello stesso tipo di Thornton,
semplici e generosi; vivevano vicino alla terra, pensavano in modo
elementare e vedevano chiaro. E prima che il carico fosse giunto
nel grande vortice presso la segheria di Dawson, essi avevano
capito Buck e i suoi modi, e non insistevano per ottenere con lui
quell'intimitche avevano con Skeet e con Nig.
L'amore per Thorton sembrava crescere sempre pi Era lui l'unico
uomo che potesse mettere un fardello sul dorso di Buck nei viaggi
estivi. Nulla era troppo difficile per Buck quando Thornton
comandava. Un giorno, dopo essersi riforniti con la vendita del
legname trasportato, avevano lasciato Dawson per le sorgenti del
Tanana, gli uomini e i cani se ne stavano seduti sul ciglio di una
roccia che cadeva a picco su di un letto di roccia nuda trecento
piedi pi sotto. John Thornton era seduto presso il margine, e
Buck era dietro di lui. Thornton fu preso da un capriccio
insensato e richiam l'attenzione di Hans e di Pete
sull'esperimento che voleva fare. - Salta, Buck! - comand
stendendo il braccio oltre il precipizio. Un attimo dopo stava
lottando con Buck sull'estremo ciglio mentre Hans e Pete li
traevano indietro al sicuro.
- E' strano, - disse Pete quando tutto fu passato ed ebbero
ripreso a parlare. Thornton scosse il capo. - No, splendido ed
anche terribile. Sapete, a volte mi fa paura.
- Non mi piacerebbe affatto di essere l'uomo che ti mette le mani
addosso quando lui ti vicino, - concluse Pete accennando a Buck.
- Perbacco! - aggiunse Hans. - Nemmeno a me.
A Circle City, prima che l'anno finisse, le previsioni di Pete si
avverarono. Burton il Nero, un tipaccio facinoroso, aveva
attaccato lite con un "piedipiatti" del bar e Thornton intervenne
bonariamente. Buck come soleva, se ne stava sdraiato in un angolo,
con la testa sulle zampe, seguendo ogni atto del suo padrone.
Burton colpimprovvisamente con un diretto e Thornton girsu se
stesso riuscendo a tenersi in piedi solo aggrappandosi al
parapetto del bar.
Quelli che stavano a guardare udirono qualche cosa che non era n
un ringhio nun latrato, ma piuttosto un ruggito, e videro il
corpo di Buck balzare in aria saltando dal pavimento alla gola di
Burton. L'uomo si salvalzando istintivamente un braccio, ma fu
rovesciato a terra con Buck sopra. Buck stacci denti dalla carne
del braccio e cercancora la gola. Questa volta l'uomo riusc a
difendersi solo in parte ed ebbe la gola squarciata. Allora tutti
si rovesciarono su Buck e riuscirono a cacciarlo via; ma, mentre
un chirurgo cercava di stagnare il sangue, Buck andava in su e in
gimugolando furiosamente, tentando di gettarsi nel folto e
trattenuto solamente da una siepe di bastoni minacciosi. Un
"consiglio di minatori" chiamato sul posto, sentenziche il cane
era stato provocato e Buck fu assolto, ma ormai la sua reputazione
era fatta, e da quel giorno il suo nome fu conosciuto in tutti i
campi dell'Alaska.
Pitardi, verso la fine di quell'anno, Buck salv la vita a
Thornton in un modo molto diverso. I tre soci facevano scendere
per una brutta successione di rapide del Quaranta Miglia una di
quelle lunghe e strette imbarcazioni che si spingono con una
pertica. Hans e Pete camminavano lungo la riva, trattenendo la
barca con una sottile fune di manila che avvolgevano di albero in
albero, mentre Thornton era sull'imbarcazione e l'aiutava a
scendere per la corrente con una pertica, gridando ordini a quelli
che erano a terra. Buck, sulla riva, pieno di ansia, precedeva di
poco la barca con gli occhi fissi sul suo padrone.
In un punto particolarmente pericoloso dove una lingua di rocce
nude si spingeva nel fiume, Hans sciolse la fune e, mentre
Thornton guidava la barca nel mezzo della corrente, corse lungo la
riva tenendo in mano l'estremit della corda per arrestare
l'imbarcazione non appena fosse girata al largo dalle rocce. Fatto
questo, la barca filvelocemente lungo una corrente rapida come
la gora di un mulino, quando Hans la arrest con la fune, ma
troppo bruscamente. La barca si rovescie fu spinta capovolta
contro la riva, mentre Thornton fu sbalzato fuori e trascinato
dalla corrente verso il peggior punto delle rapide: un tratto di
acque furiose nel quale nessun nuotatore avrebbe potuto salvarsi.
Buck si gettsubito nel fiume, e dopo un trecento iarde raggiunse
Thorton in mezzo a un turbine di acque impazzite. Quando lo sent
aggrapparsi alla sua coda, Buck si diresse verso la sponda
nuotando con tutta la sua splendida forza, ma l'avanzata verso la
riva era molto lenta mentre quella nel senso della corrente
terribilmente veloce. Dal basso veniva il fatale ruggito, ldove
la corrente selvaggia si faceva ancor piselvaggia, spezzata in
brandelli spumosi dalle rocce che sporgevano dall'acqua come i
denti di un enorme pettine. La forza dell'acqua nel punto in cui
cominciava l'ultimo pendio era terribile, e Thornton comprese che
era impossibile giungere a riva. Passfuriosamente sopra una
roccia, battcontro una seconda, colpuna terza con terribile
violenza. Con entrambe le mani si aggrappall'estremitscivolosa
lasciando Buck e gridsul rumore delle acque sconvolte:
- Va', Buck, va'!
Buck non riusciva a dirigersi e fu travolto dalla corrente mentre
lottava disperatamente senza riuscire a risalirvi. Quando ud
ripetersi il comando di Thornton balzin parte sdalle acque
ergendo la testa come per l'ultimo sguardo e poi si volse
obbediente verso la riva. Nuotava gagliardamente e fu tratto in
secco da Pete e Hans proprio nel tratto in cui sarebbe stato
impossibile nuotare e la distruzione era imminente.
Essi compresero che un uomo avrebbe potuto restare aggrappato a
una roccia scivolosa combattendo contro quella furiosa corrente
solo per pochi minuti, e corsero piin fretta che poterono lungo
la riva fino a un punto molto pi a monte di quello in cui
Thornton era in pericolo. Legarono al collo e alle spalle di Buck
la corda con cui trattenevano la barca, badando che non lo
strozzasse ngli impedisse di nuotare, e lo gettarono nel fiume.
Egli lottvigorosamente, ma non riusc ad andare abbastanza
dritto nella corrente. Si accorse dell'errore troppo tardi, quando
Thornton gli fu di fronte alla distanza di poche bracciate, mentre
egli era irrimediabilmente trascinato via.
Hans lo trattenne con la corda, come se fosse stato una barca. La
corda, lo arrestnel punto piimpetuoso della corrente. Buck fu
sommerso e rimase sott'acqua finchil corpo fu sbattuto contro la
riva e tirato fuori. Era mezzo annegato, e Hans e Pete si
gettarono su di lui facendogli entrare l'aria e uscire l'acqua. Si
rialzbarcollando e subito ricadde. Giunse a loro il debole suono
della voce di Thornton, e sebbene non potessero udire le sue
parole, compresero che era agli estremi. La voce del padrone fu
per Buck come una scossa elettrica. Balz in piedi e risal
correndo la riva precedendo gli uomini fino al punto da cui si era
slanciato la volta precedente.
Gli fu attaccata nuovamente la corda e fu lanciato; e di nuovo si
mise a lottare contro le acque, ma questa volta ben dritto contro
la corrente. Aveva sbagliato una volta, ma non sarebbe caduto in
errore una seconda. Hans faceva scorrere la fune senza permetterle
di allentarsi, e Pete stava attento che non si imbrogliasse. Buck
avanz fino a che non si trovperpendicolarmente a Thornton;
allora si volse e piombsu di lui con la velocitdi un diretto.
Thornton lo vide venire e quando Buck lo colpcome un montone che
carica, sospinto dalla corrente, alz le braccia e le strinse
attorno al suo collo irsuto. Hans fissla corda a un tronco, e
Buck e Thornton vennero travolti sotto le acque. Strangolati,
soffocati, I'uno sull'altro, trascinati sul fondo roccioso,
sbattuti contro scogli e tronchi, furono spinti fino alla riva.
Thornton tornin sa pancia in gisu di un tronco d'albero,
violentemente massaggiato da Hans e da Pete. Il suo primo sguardo
fu per Buck sul cui corpo immobile e apparentemente senza vita Nig
ululava mentre Skeet gli leccava il muso umido e gli occhi chiusi.
Thornton era tutto contuso, ma appena Buck fu rianimato esamin
accuratamente il suo corpo e gli trovtre costole rotte.
- Questo decide della situazione, - disse. - Mettiamo il campo
qui. - E si accamparono l finch le costole di Buck si
rinsaldarono ed egli potriprendere il viaggio.
Quell'inverno, a Dawson, Buck comp un'altra impresa, non
altrettanto eroica, forse, ma tale da porre il suo nome di
parecchie tacche pi s sul palo della fama in Alaska. Questa
prodezza fu particolarmente utile per i tre uomini perch forn
loro l'equipaggiamento di cui avevano bisogno; essi poterono cos
compiere una spedizione a lungo desiderata nel vergine Est, dove
non erano ancora apparsi i minatori. La cosa nacque da una
conversazione nell'Eldorado Saloon, dove i minatori vantavano i
meriti dei loro cani favoriti. Buck, conosciuto come era, veniva
preso di mira da quegli uomini che cercavano di esaltare i loro
favoriti, e Thornton lo difendeva strenuamente. Dopo una mezz'ora,
un uomo affermche il suo cane poteva smuovere una slitta carica
di cinquecento libbre e tirarla; un secondo vantseicento libbre
per il suo cane; un terzo settecento.
- Poh! - disse John Thornton. - Buck pusmuovere mille libbre.
- E liberarle dal ghiaccio? E trascinarle per cento iarde? -
domandMatthewson, un re della miniera, lo stesso che aveva
vantato settecento libbre.
- E liberarle, e trascinarle per cento iarde, - disse freddamente
John Thornton.
- Bene, - disse Matthewson lentamente e decisamente in modo che
tutti potessero sentire, - ho mille dollari che dicono che non ce
la fa. Eccoli qui. - E cosdicendo gettsul banco un sacchetto
di polvere d'oro grande come una salsiccia.
Nessuno aprbocca. Qualcuno aveva risposto "vedo" al bluff di
Thornton, seppure era un bluff. Egli sentun'onda di sangue caldo
salirgli al volto. La lingua lo aveva tradito: in realtnon
sapeva se Buck poteva muovere mille libbre, mezza tonnellata!
L'enormitdella cosa lo sbigott Aveva molta fiducia nella forza
di Buck e spesso lo aveva pensato capace di trascinare un tale
carico; ma mai come adesso aveva affrontato questa possibilit
con gli occhi di una dozzina di uomini fissi su di lui aspettando
in silenzio. Inoltre non aveva mille dollari nli avevano Hans e
Pete.
- Ho qui fuori una slitta che aspetta con venti sacchi di farina
da cinquanta libbre, - riprese Matthewson con rude decisione; -
puoi dunque approfittarne.
Thornton non rispose. Non sapeva che dire e volgeva lo sguardo da
faccia a faccia con l'aria assente di chi ha perduto la facoltdi
pensare e cerca in qualche parte qualche cosa che gli rischiari le
idee. La faccia di Jim O'Brien, un altro re della miniera e antico
camerata si presental suo sguardo. Fu per lui un suggerimento
che parve spingerlo a quello che mai si sarebbe sognato di fare.
- Puoi prestarmi mille dollari? - domandquasi sussurrando.
- Sicuro, - rispose O'Brien gettando un grosso sacchetto accanto
a quello di Matthewson. - Sebbene creda assai poco, caro John, che
il tuo cane possa fare il colpo.
L'Eldorado rovesci nella strada i suoi clienti che andavano a
vedere la prova. I tavoli rimasero deserti, e quelli che
scommettevano e quelli che tenevano banco uscirono a vedere la
conclusione della sfida e a puntare. Alcune centinaia di uomini
impellicciati e con le mani coperte da mezzi guanti si raccolsero
intorno alla slitta tenendosene un po' discosti. La slitta di
Matthewson, carica di mille libbre di farina, era rimasta ferma
per un paio di ore e, nel freddo intenso di oltre quaranta sotto
zero, i pattini avevano fatto blocco, gelando, con la neve
battuta. Si scommetteva a due contro uno che Buck non avrebbe
smosso la slitta. Sorse una discussione sulla parola "liberare":
O'Brien sosteneva che Thornton doveva avere il diritto di liberare
i pattini battendoli e lasciando poi a Buck di "liberare" la
slitta dalla sua immobilit Matthewson insisteva che
l'espressione significava liberare i pattini dalla gelata morsa
della neve. La maggioranza di coloro che erano stati testimoni
della scommessa decise in suo favore. E allora le scommesse
giunsero a tre contro uno a svantaggio di Buck.
Nessuno scommetteva per lui, nessuno lo credeva capace di tanto.
Thornton era stato trascinato nella scommessa pieno di dubbi; e
adesso che vedeva la slitta concreta e solida davanti a s con il
suo regolare tiro di dieci cani accovacciati nella neve, l'impresa
gli sembrancora piimpossibile. Matthewson raggiava giubilante.
- Tre contro uno! - proclam - Metto altri mille dollari a tre
contro uno. Che ne dici, Thornton?
Thornton aveva il dubbio impresso sul volto, ma il suo spirito
combattivo era stato eccitato: quello spirito di lotta che aleggia
sulle scommesse, non vuol riconoscere l'impossibile, ed sordo a
tutto eccetto che al richiamo a combattere. ChiamHans e Pete. I
loro sacchi erano flosci e i tre soci poterono mettere insieme
solo duecento dollari. In quel momento di magra questa somma era
tutto il loro capitale, tuttavia l'arrischiarono senza esitare
contro i seicento dollari di Matthewson.
I dieci cani furono staccati e Buck con i propri finimenti fu
messo alla slitta. Era stato preso dal contagio dell'eccitazione e
sentiva in qualche modo che doveva compiere qualche cosa di grande
per John Thornton. Davanti al suo splendido aspetto si udirono
mormorii di ammirazione.
Era in perfette condizioni, senza un briciolo di carne superflua:
le sue centocinquanta libbre erano altrettante libbre di energia e
di fierezza. La sua pelliccia aveva riflessi di seta. Lungo il
collo e sulle spalle la sua criniera, sebbene in riposo, era a
met sollevata e sembrava ergersi ogni momento come se l'eccesso
del suo vigore rendesse ogni crine vivo e attivo. Il largo petto e
le forti gambe anteriori erano proporzionate al resto del corpo; i
muscoli apparivano sotto la pelle in fasci compatti. Gli uomini
palparono quei muscoli e dichiararono che erano duri come acciaio,
le scommesse scesero a due contro uno.
- Signore Iddio, Signore Iddio! - balbettun membro della pi
recente dinastia, un re delle Skookum Benches. - Vi offro
ottocento dollari per lui, signore, prima della prova, signore;
ottocento dollari coscom'
Thornton scosse il capo e si avvicina Buck. - Devi star lontano
da lui, - protestMatthewson. - Gioco libero e spazio.
La folla si fece silenziosa; si potevano udire solo le voci dei
giocatori che offrivano invano a due contro uno. Tutti
riconoscevano che Buck era un magnifico animale, ma venti sacchi
di farina da cinquanta libbre apparivano loro troppo pesanti per
indurli ad allentare i cordoni della borsa.
Thornton s'inginocchial fianco di Buck. Gli prese la testa fra
le mani e rimase con la gota appoggiata alla sua. Non lo scosse
scherzosamente come era solito, n gli mormor affettuose
maledizioni; ma gli sussurralI'orecchio - Se mi vuoi bene,
Buck, se mi vuoi bene! ... - Sussurrava cos Buck diede un
guaito di zelo represso.
La folla guardava curiosamente. La faccenda diveniva misteriosa,
sembrava quasi un rito magico. Quando Thornton si rialz Buck gli
afferrfra i denti la mano coperta dal mezzo guanto, stringendola
un po' e lasciandola poi lentamente, quasi a malincuore. Era la
risposta, in termini non di linguaggio ma di amore. Thornton si
trasse risolutamente indietro.
- S Buck, - disse.
Buck tese le tirelle, poi le allentper alcuni pollici. Aveva
imparato a fare cos
- Va'! - risuonla voce di Thornton, tagliente nel silenzio
assoluto.
Buck si gett verso destra concludendo il movimento con uno
slancio che tese le tirelle allentate e arrest con una scossa
improvvisa, le sue centocinquanta libbre. Il carico trem e
disotto ai pattini si udun leggero scricchiolio.
- Forza! - comandThornton.
Buck ripetla manovra, questa volta a sinistra. Lo scricchiolio
divenne rumore di ghiaccio frantumato, la slitta girun poco su
di se i pattini scivolarono di fianco per qualche pollice. La
slitta era liberata. Gli uomini trattenevano il respiro senza
accorgersene.
- E adesso, mush!
Il comando di Thornton scoppicome un colpo di pistola. Buck si
spinse in avanti tendendo le tirelle con un rude strappo. Tutto il
suo corpo era raccolto e compatto nel tremendo sforzo, i muscoli
si torcevano e si annodavano come esseri vivi sotto la pelliccia
di seta. Il suo largo petto toccava quasi la terra, la testa era
tesa in avanti e in basso, le zampe si muovevano impetuose, le
unghie scavavano la neve indurita in lunghi solchi paralleli. La
slitta treme ondeggiquasi, cominciando ad avanzare. Una zampa
di Buck scivole un uomo diede un alto gemito. Poi la slitta si
mosse avanzando come in una rapida successione di scosse sebbene
in realtnon si arrestasse mai... mezzo pollice... un pollice...
due pollici... Le scosse diminuirono sensibilmente; via via che la
slitta acquistava velocit Buck le attenuava, finchil movimento
divenne continuo.
Gli uomini trassero il fiato e ripresero a respirare senza
immaginare che per un momento avevano smesso. Thornton correva
dietro la slitta incoraggiando Buck con brevi e gioiose parole.
La distanza era stata gimisurata, e quando la slitta si avvicin
alla catasta di legna che indicava la fine delle cento iarde
cominci a levarsi un applauso che divenne sempre piforte e che
si trasformin un'acclamazione quando la slitta superla catasta
e si fermal comando. Tutti si abbandonavano all'entusiasmo,
perfino Matthewson. I cappelli e i mezzi guanti volavano
nell'aria. Gli uomini si scambiarono strette di mano senza badare
con chi e traboccavano di allegria in una confusione generale.
Thornton cadde in ginocchio accanto a Buck; aveva la sua testa
contro la testa di lui e lo scuoteva avanti e indietro. Quelli che
erano accorsi lo udirono maledire Buck, e lo maledisse a lungo,
con fervore, dolcemente e amorosamente.
- Signore Iddio, Signore Iddio! - cincischiil re di Skookum
Benches. - Vi dmille dollari per lui, mille dollari, signore...
mille e duecento, signore.
Thornton si alzin piedi; aveva gli occhi bagnati e le lacrime
scorrevano liberamente lungo le sue gote. - Signore, - disse al re
di Skookum Benches, - no, signore. Potete andare all'inferno,
signore. E' tutto quello che posso fare per voi, signore.
Buck prese fra i denti una mano di Thornton. Thornton lo scosse
avanti e indietro. Come animati da un comune impulso, gli
spettatori si trassero a rispettosa distanza; e non furono pi
tanto indiscreti da turbarli.















7. SUONA IL RICHIAMO.

Buck, facendo guadagnare mille e seicento dollari in cinque minuti
a John Thornton, permise al suo padrone di pagare certi debiti e
di mettersi in viaggio con i suoi compagni verso l'Est, alla
ricerca di una leggendaria miniera di cui si era persa ogni
traccia e la cui storia era vecchia quanto la storia del paese.
Molti l'avevano cercata; pochi l'avevano trovata e assai pinon
erano mai tornati da quelle ricerche. La miniera perduta era
imbevuta di tragedia e avvolta di mistero. Nessuno aveva
conosciuto il primo che l'aveva scoperta. La piantica tradizione
si arrestava prima di risalire fino a lui. Fin dagli inizi vi era
stata una vecchia capanna in rovina. Uomini in punto di morte
avevano giurato sulla sua esistenza e su quella della miniera di
cui essa indicava la ubicazione; e avevano confermato la loro
testimonianza con pepite che erano diverse da qualsiasi tipo d'oro
conosciuto nel Nord.
Ma nessuno uomo vivente aveva potuto saccheggiare questa casa del
tesoro, e i morti erano morti; per questo John Thornton, Pete e
Hans con Buck e una mezza dozzina di altri cani, si avviarono
verso l'Est, lungo una pista sconosciuta, per riuscire ldove
uomini esperti quanto loro avevano fallito. Risalirono con la
slitta lo Yukon per settanta miglia, poi volsero a sinistra, nel
fiume Stewart, passarono il Mayo e il McQuestion, e proseguirono
finch lo Stewart divenne un fiumiciattolo che si snodava tra gli
alti picchi che segnavano la spina dorsale del continente.
John Thornton chiedeva poco all'uomo o alla natura. La zona
selvaggia non lo spaventava. Con una manciata di sale e un fucile
poteva immergersi nella foresta vergine e nutrirsi dove voleva e
quanto voleva. Non avendo fretta, al modo degli indiani, dava la
caccia al proprio desinare durante il viaggio; e, se non lo
trovava, al modo degli indiani continuava a viaggiare con la
certezza che prima o poi lo avrebbe trovato. Cosin questo gran
viaggio verso l'Est la cacciagione fu il loro cibo, le munizioni e
gli attrezzi costituirono il principale carico della slitta, e il
termine del viaggio fu stabilito nel futuro senza limiti.
Per Buck era una gioia illimitata questo andare a caccia e a
pesca, questo vagabondare senza meta attraverso luoghi
sconosciuti. Per intere settimane andavano avanti
ininterrottamente, giorno per giorno; e per intere settimane
restavano accampati, qua e l i cani in ozio e gli uomini intenti
a far buchi col fuoco nella melma gelata e a lavare infiniti
secchi di sabbia al calore del fuoco. A volte soffrivano la fame e
a volte banchettavano sfrenatamente a seconda dell'abbondanza
della selvaggina e della fortuna della caccia.
Venne l'estate, e gli uomini e i cani, con i fardelli sul dorso,
attraversarono su zattere azzurri laghi montani e risalirono o
discesero fiumi sconosciuti in sottili barche costruite con il
legname della foresta. I mesi andavano e venivano ed essi vagavano
avanti e indietro nella vastit misteriosa dove non vi erano
uomini e tuttavia ve ne erano stati, se la leggenda della capanna
abbandonata era vera. Attraversarono creste montane durante le
tempeste dell'estate, rabbrividirono sotto il sole di mezzanotte
su nude montagne al limite tra i boschi e le nevi eterne, scesero
in valli estive tra sciami di zanzare e di mosche e all'ombra di
ghiacciai colsero fragole mature e bei fiori quali avrebbero
potuto vantare le terre del Sud. Verso la fine dell'anno entrarono
in una selvaggia regione di laghi, triste e silenziosa, dove erano
passate le anatre selvatiche ma non rimaneva vita n indizio di
vita: solo il soffio di venti gelidi, il formarsi dei ghiacci nei
luoghi in ombra e il malinconico batter delle onde sulle spiagge
solitarie.
E per un altro inverno camminarono sulle orme cancellate di uomini
che erano passati prima. Una volta incontrarono un sentiero che
scintillava nella foresta, un antico sentiero, e la Capanna
Perduta sembrmolto vicina. Ma il sentiero non aveva principio n
fine, e rimase un mistero, coscome erano misteriosi l'uomo che
lo aveva tracciato e le ragioni che lo avevano indotto a
tracciarlo. Un'altra volta trovarono i residui corrosi dal tempo
di una casa da caccia, e, tra i lembi di coperte imputridite, John
Thornton trovun fucile a lunghe canne. Lo riconobbe per un
fucile della Compagnia della Baia di Hudson dei primitivi tempi
del Nord-Ovest, quando quell'arma valeva la propria altezza in
pelli di castoro ammucchiate le une sulle altre. Niente altro:
nessuna traccia dell'uomo che in quei primitivi tempi aveva
costruito la capanna e lasciato il fucile fra le coperte.
Torn ancora la primavera e, al termine del loro vagabondaggio,
trovarono non la Capanna Perduta ma un giacimento non molto
profondo in una vasta vallata, dove l'oro appariva come biondo
burro attraverso le maglie del setaccio. Non cercarono altro. Ogni
giorno di lavoro procurava loro migliaia di dollari in polvere
lavata e pepite, ed essi lavoravano ogni giorno. L'oro veniva
messo in sacchetti di pelle d'alce, ognuno di cinquanta libbre,
che erano ammucchiati come legna da ardere fuori della capanna di
tronchi di abete. Lavoravano come giganti, i giorni tenevano
dietro ai giorni come sogni mentre essi accumulavano il tesoro.
I cani non avevano nulla da fare se non trasportare ogni tanto la
selvaggina uccisa da Thornton, e Buck trascorreva lunghe ore
assorto accanto al fuoco. La visione dell'uomo peloso dalle gambe
corte venne a lui pidi frequente, adesso che c'era poco da fare;
e spesso guardando il fuoco, Buck errava con lui in quell'altro
mondo che era il suo ricordo.
La cosa pi importante di quest'altro mondo sembrava essere la
paura. Quando egli guardava l'uomo peloso dormire accanto al
fuoco, la testa fra le ginocchia e le mani raccolte su di essa,
Buck si accorgeva che quel sonno era inquieto, pieno di sussulti e
di risvegli, durante i quali egli spiava pauroso l'oscurit e
gettava altra legna sul fuoco. Se camminavano lungo le rive del
mare, dove l'uomo peloso raccoglieva molluschi e li divorava via
via che li raccoglieva, i suoi occhi si volgevano dappertutto
cercando pericoli nascosti, e le sue gambe erano pronte a correre
come il vento al loro primo apparire. Scivolavano silenziosi
attraverso la foresta, Buck alle calcagna dell'uomo peloso; ed
erano attenti e vigili entrambi, le orecchie tese e irrequiete, le
narici frementi, perchl'uomo aveva un udito e un fiuto non meno
acuti di quelli di Buck. L'uomo peloso poteva balzare sugli alberi
e avanzare lin alto, veloce come se fosse sulla terra, saltando
di ramo in ramo aggrappandosi con le braccia, talvolta con balzi
di dodici piedi, lasciandosi andare e aggrappandosi senza mai
cadere nfallire la stretta. In realt sembrava a suo agio fra
gli alberi come a terra; e Buck ricordava notti di veglia
trascorse al piede degli alberi dove l'uomo peloso stava
rannicchiato aggrappandosi solidamente mentre dormiva.
Vicinissimo alle visioni dell'uomo peloso era il richiamo che
sempre risuonava nelle profonditdella foresta. Quell'appello lo
colmava di una grande irrequietudine e di strani desideri,
provocava in lui una vaga, dolce felicit ed egli si rendeva
conto di selvaggi desideri e impulsi per cose che non conosceva.
Qualche volta seguiva il richiamo nella foresta, cercandolo come
se fosse una cosa tangibile, latrando dolcemente o a sfida, a
seconda dell'umore. Cacciava il naso nel fresco muschio del bosco,
o nella nera terra dove crescevano alte erbe, e fiutava con gioia
i grassi odori del terreno; oppure stava acquattato per ore, come
se si nascondesse, dietro i tronchi ricoperti di funghi o gli
alberi abbattuti, con gli occhi e gli orecchi tesi a tutto ciche
si muoveva o risuonava intorno a lui. Forse, standosene cos
sperava di sorprendere quel richiamo che non riusciva a capire. Ma
non sapeva perchfacesse tutto ci Era costretto a farlo, ma non
poteva afferrarlo con il pensiero.
Impulsi irresistibili lo afferrarono. Se ne stava magari
tranquillo nell'accampamento, sonnecchiando oziosamente nel caldo
pomeriggio, quando a un tratto ergeva la testa con le orecchie
dritte, tutte intese ad ascoltare, e poi balzava in piedi e si
slanciava avanti sempre avanti, per ore, attraverso gli
intercolunni della foresta e le aperte radure dove crescevano
folti i canneti. Gli piaceva correre nei letti asciutti dei
torrenti, spiare la vita degli uccelli del bosco. A volte per un
giorno intero se ne stava sdraiato nel sottobosco dove poteva
osservare le pernici che andavano in se in gibecchettando. Ma
soprattutto gli piaceva correre nel cupo crepuscolo delle
mezzenotti estive, ascoltando i soffocati e sonnolenti sussurri
della foresta, interpretando segni e suoni coscome un uomo pu
leggere un libro, e cercando quella misteriosa cosa che
continuava, continuava a chiamarlo, nel sogno e nella veglia, ad
ogni ora, perchla raggiungesse.
Una notte balzdal sonno sussultando, l'occhio intento, le nari
frementi, la criniera irta in onde fuggenti. Dalla foresta
giungeva il richiamo (o per lo meno una nota di esso, ch il
richiamo aveva molte note) distinto e definito come non mai: un
lungo ululato, simile a un qualsiasi suono emesso da un cane
eschimese e tuttavia diverso. Ed egli lo riconobbe in quell'antico
clima familiare come suono giudito. Balzattraverso il campo
addormentato, e rapido e silenzioso si precipittra i boschi. Via
via che si avvicinava al grido rallentava la sua corsa, divenendo
cauto in ogni movimento, finchgiunse a una radura fra gli alberi
e, spiando vide, eretto sulle anche, il muso puntato al cielo, un
lungo e sottile lupo dei boschi.
Non aveva fatto alcun rumore, e tuttavia il lupo cessdi ululare
e cercdi sentire la sua presenza. Buck avanzdecisamente nello
spazio aperto, un poco piegato, col corpo raccolto, la coda dritta
e rigida, mentre i piedi si posavano a terra con inconsueta cura.
Ogni movimento esprimeva minacce frammiste con profferte di
amicizia. Era la minacciosa tregua propria dell'incontro di bestie
selvagge in cerca di preda. Poi il lupo fuggalla sua vista ed
egli lo insegucon balzi felini, nella frenesia di raggiungerlo.
Lo spinse in un canale cieco, nel letto di un torrente asciutto,
dove un mucchio di tronchi sbarrava la via. Il lupo si volt
girando sulle zampe posteriori come facevano Joe e tutti i cani
eschimesi quando erano spinti in un angolo, ringhiando e
arruffando il pelo e battendo i denti in una continua e veloce
successione di morsi.
Buck non attacc ma gli girattorno avvolgendolo di amichevoli
proposte. Il lupo era diffidente e spaurito, perchBuck pesava
tre volte pi di lui, e la sua testa gli arrivava appena alle
spalle. Alla prima occasione fuggvia e la caccia ricominci
Pivolte fu spinto in un angolo chiuso, e la scena si ripet
sebbene il lupo fosse in cattive condizioni, senza di che Buck non
lo avrebbe raggiunto cosfacilmente. Correva finchla testa di
Buck era all'altezza del suo fianco, e allora si voltava
all'improvviso per balzare via di nuovo alla prima occasione.
Alla fine l'ostinazione di Buck fu premiata; perchil lupo,
accorgendosi che non gli si voleva fare alcun male avvicininfine
il suo naso a quello di Buck scambiando con lui il fiuto.
Divennero amici e giocarono insieme in quel modo nervoso e quasi
timido con cui le fiere smentiscono la loro ferocia. Dopo qualche
tempo il lupo si allontantrotterellando lentamente in un modo
che mostrava chiaramente che si recava in qualche luogo, fecendo
capire a Buck che doveva andarvi anche lui, e corsero a fianco a
fianco nel buio crepuscolo su per il letto del torrente, nella
gola da cui scaturiva, e varcando la nuda cresta ove erano le sue
sorgenti.
Sull'opposto pendio scesero in una regione pianeggiante con grandi
distese di boschi e molti fiumi, e per queste distese corsero
decisi, per ore e ore, mentre il sole saliva sempre pie il
giorno diveniva sempre picaldo. Buck aveva una gioia selvaggia.
Capiva di rispondere finalmente al richiamo correndo cosa fianco
del suo fratello del bosco verso il luogo da cui certo quel
richiamo veniva. Antichi ricordi lo assalivano adesso, ed egli ne
era eccitato come un tempo era eccitato dalla realtdi cui essi
erano l'ombra. Aveva gifatto le stesse cose in qualche parte di
quell'altro mondo oscuramente rievocato, e le ripeteva adesso
correndo libero nell'aperto spazio con la terra vergine sotto i
piedi e gli aperti cieli sul capo.
Si fermarono presso un corso d'acqua per bere e, fermandosi, Buck
si ricord di John Thornton. Si sedette. Il lupo si rimise in
cammino verso il luogo da cui certo veniva il richiamo, poi torn
a lui annusandolo e facendo gesti come se volesse incoraggiarlo.
Ma Buck si volse e si avvilentamente verso il ritorno. Per quasi
un'ora il fratello selvaggio gli corse a fianco gemendo piano. Poi
si sedette, puntil muso al cielo e ulul Era un ululato triste,
e Buck, continuando risoluto la sua strada, lo uddivenire sempre
pidebole finchsi perse nella distanza.
John Thornton stava mangiando quando Buck fece irruzione
nell'accampamento e gli balzaddosso in una frenesia di affetto
rovesciandolo, saltandogli sopra leccandogli la faccia,
mordendogli la mano: "facendo il buffone", come diceva John
Thornton scuotendolo avanti e indietro e ingiuriandolo
affettuosamente.
Per due giorni e due notti Buck non lascimai il campo nperse
di vista Thornton. Lo segunel suo lavoro, rimase ad osservarlo
mentre mangiava, lo guard mettersi sotto le coperte la sera e
uscirne il mattino. Ma dopo due giorni il richiamo nella foresta
risuon pi imperiosamente che mai. Buck si sent ripreso
dall'inquietudine e ossessionato dal ricordo del fratello
selvaggio e della ridente regione oltre la cresta montana, e della
corsa a fianco a fianco attraverso le grandi distese boscose. E
ancora una volta torn a vagare nei boschi, ma il fratello
selvaggio non venne pi e per quanto tendesse l'orecchio durante
le lunghe veglie, non pisi levil triste ululato.
Comincia dormire fuori la notte, restando lontano dal campo per
interi giorni, e una volta attraversla cresta montana alle fonti
del torrente e scese nelle regioni dei boschi e dei fiumi.
Vagabond laggiper una settimana cercando invano tracce recenti
del fratello selvaggio, cacciando il proprio cibo durante il
viaggio e avanzando con quel trotto lungo e facile che sembra non
dover stancare mai. Pesc il salmone in un largo fiume che
sfociava nel mare chi sa dove, e presso quel fiume stesso uccise
un grande orso nero accecato dalle zanzare mentre pescava come lui
e infuriante per la foresta, disperato e terribile. Anche cosfu
una lotta dura, che risvegligli ultimi residui ancor latenti
della ferocia di Buck. E due giorni dopo, quando tornall'animale
ucciso da lui e trovuna dozzina di ghiottoni che si disputavano
la carcassa, li disperse come festuche; e quelli che riuscirono a
scappare ne lasciarono indietro due che non avrebbero litigato
pi
La passione del sangue lo assal pi forte che mai: era un
uccisore, un essere fatto per la preda, vivente di cose viventi;
senza aiuti, solo, per virtdella sua forza e del suo coraggio,
riusciva trionfalmente a vivere nell'ambiente ostile in cui solo i
forti sopravvivevano. Per questo fu preso da un grande orgoglio,
che si comunicava come per contagio al suo essere fisico. Si
esprimeva in tutti i suoi movimenti, era evidente nel gioco di
ogni muscolo, parlava con chiaro linguaggio nel modo con cui egli
avanzava e rendeva ancor pisplendida, se era possibile, la sua
splendida pelliccia.
Senza le brune macchie sul muso e sugli occhi e il ciuffo di peli
bianchi che gli cadeva in mezzo al petto, avrebbe potuto essere
confuso con un gigantesco lupo, pigrande dei pigrandi della
razza. Da suo padre, un San Bernardo, aveva ereditato la mole e il
peso, ma la forma a quella mole e a quel peso era stata data dalla
madre, cagna da pastore.
Il suo muso era il lungo muso del lupo, solo che era pilargo di
quello di qualsiasi lupo; e la sua grossa testa era una testa di
lupo di dimensioni pigrandi.
Selvaggia astuzia di lupo era la sua astuzia; la sua intelligenza
era intelligenza di cane da pastore e di San Bernardo; e tutto
questo, unito a un'esperienza conquistata nella pisevera delle
scuole, aveva fatto di lui l'essere piformidabile fra quelli che
si aggiravano nella foresta. Animale carnivoro, vivente di sola
selvaggina, era nel pieno fiore, al culmine dell'esistenza,
esuberante di vigore e di fierezza. Quando Thornton passava
carezzandolo, la mano lungo la sua schiena, un crepitio seguiva le
sue dita perch ogni pelo scaricava a quel contatto la sua
elettricitcondensata. Ogni parte di lui, cervello e corpo, nervi
e fibre, era accordata sulla nota pialta, e fra tutte le parti
vi era un perfetto equilibrio, un perfetto accordo. A visioni,
suoni, avvenimenti che richiedevano azione, rispondeva con la
rapiditdi un lampo. Per quanto rapidamente un cane eschimese
possa balzare per difendersi o attaccare, egli balzava ancor pi
rapido. Vedeva il movimento, udiva il suono e rispondeva in minor
tempo di quanto ne richiedesse qualsiasi altro cane solo per
vedere o udire. Percepiva decideva e rispondeva nello stesso
istante. In realti tre atti del percepire, decidere e rispondere
erano consecutivi, ma con intervalli cos minimi da apparire
simultanei. I suoi muscoli erano sovraccarichi di vitalit e
scattavano agili come molle d'acciaio. La vita fluiva in lui in
uno splendido flusso, elevandosi felice finch sembrava dover
scoppiare in assoluta estasi e traboccare generosamente sul mondo.
- Nessuno ha mai visto un cane come questo, - aveva detto un
giorno John Thornton mentre con i suoi soci osservava Buck uscire
dall'accampamento.
- Dopo averlo fatto hanno spezzato la forma, - disse Peter.
- Lo credo anch'io, perbacco, - affermHans. Lo videro uscire dal
campo, ma non videro l'improvvisa e terribile trasformazione che
avvenne non appena fu nel segreto della foresta. Non marciava pi
A un tratto era divenuto un essere della foresta che scivolava
dolcemente con zampe di gatto, un'ombra scorrente che appariva e
scompariva fra le ombre. Sapeva come sfruttare ogni riparo, come
camminare sul ventre come un serpente e al pari di un serpente,
scattare e colpire. Poteva afferrare nel nido una pernice di
montagna, uccidere un coniglio addormentato, e acchiappare a
mezz'aria i piccoli scoiattoli del Nord che fuggivano su per gli
alberi un attimo troppo tardi. Negli stagni aperti i pesci non
erano troppo agili per lui; nerano troppo astuti i castori che
riparavano le loro dighe. Uccideva per mangiare, non per puro
piacere; ma preferiva mangiare quello che uccideva egli stesso.
Cosnei suoi atti si insinuil senso dell'agguato, e con grande
gioia si gettava sugli scoiattoli per lasciarli poi fuggire sulle
cime degli alberi, quando li aveva presi urlanti di paura mortale.
All'arrivo dell'inverno gli alci apparvero con maggiore abbondanza
spostandosi lentamente verso il basso per svernare nelle meno
fredde vallate. Buck aveva giabbattuto un giovane alce sbandato,
ma desiderava ardentemente una pigrande e pitemibile preda e
la incontr un giorno sulla cresta montana, alle fonti del
torrente. Una mandria di venti alci era venuta dalla regione dei
boschi e dei fiumi e un grande alce era il loro capo. Era pieno di
furia e, alto sei piedi da terra, era un avversario formidabile,
quale Buck poteva desiderare. L'alce faceva oscillare avanti e
indietro le sue grandi corna palmate, ramificate in quattordici
punte, che abbracciavano una distanza di sette piedi fra le punte
estreme. I suoi piccoli occhi ardevano di una luce cattiva e
irritata, mentre muggiva furiosamente alla vista di Buck.
Dal fianco dell'alce, un poco prima della coscia, sporgeva
l'estremit piumata di una freccia, che spiegava la sua ira.
Guidato da un istinto che gli veniva dagli antichi tempi di caccia
nel mondo primordiale, Buck comincia tagliar fuori l'alce dal
branco. Non era lavoro semplice. Prese a saltare latrando di
fronte all'alce, appena fuori della portata delle grandi corna e
dei terribili zoccoli piatti che lo avrebbero ucciso con un sol
colpo. Incapace di voltare le spalle a quel dentato pericolo e
andarsene, l'alce si abbandonava a crisi di furore. Allora si
scagliava su Buck che, astutamente, indietreggiava invitandolo con
una finta incapacitdi fuggire.
Ma quando era cosseparato dai suoi seguaci, due o tre dei pi
giovani tornavano indietro per caricare Buck e permettere al capo
ferito di raggiungere il branco.
Vi una pazienza della foresta, ostinata, instancabile, continua
come la vita stessa, che tiene immobile per ore il ragno nella sua
tela, il serpente nelle sue spire, la pantera nell'agguato; questa
pazienza propria della vita quando va a caccia del suo cibo
vivente; ed era propria di Buck quando si aggrappal fianco della
mandria ritardandone la marcia, irritando i giovani, inquietando
le madri coi loro piccoli e facendo diventare folle di rabbia
impotente l'alce ferito. Continuper una mezza giornata: Buck si
moltiplicava, attaccava da tutti i lati avvolgendo il branco in un
turbine di minacce, tagliando fuori la sua vittima non appena
raggiungeva i compagni, logorando la pazienza degli esseri
aggrediti, minore di quella degli esseri che aggrediscono.
Via via che il giorno si inoltrava e il sole scendeva nel suo
letto a Nord-Ovest (l'oscuritera tornata e le notti autunnali
duravano sei ore) i giovani alci si mostrarono sempre pi
riluttanti a tornare indietro per aiutare il loro condottiero
assediato. L'avvicinarsi dell'inverno li spingeva ad affrettarsi
verso i livelli pibassi, ed essi avevano l'impressione di non
potersi pi sbarazzare di quell'essere instancabile che li
tratteneva. Inoltre la minaccia non si volgeva alla vita della
mandria na quella dei giovani. Era richiesta solo la vita di un
membro, che aveva un interesse assai piremoto di quello delle
loro proprie vite; e, in fondo, essi erano contenti di pagare il
tributo.
Quando cadde il crepuscolo, il vecchio alce stava a testa bassa
guardando i suoi compagni, le femmine che aveva conosciuto, i
piccoli a cui aveva fatto da padre, gli adulti che aveva dominato,
andarsene a passo strascicante e tuttavia svelto attraverso le
ultime luci. Non poteva seguirli perch davanti al suo muso
saltava quel terrore zannuto e senza piet che non voleva
lasciarlo andare. Pesava trecento libbre, pidi mezzo quintale;
aveva vissuto a lungo una forte vita piena di lotte e di
battaglie, e infine la morte gli giungeva dai denti di un essere
la cui testa non era pi alta delle sue grandi ginocchia nodose.
Da allora, notte e giorno, Buck non abbandonpila sua preda,
non le diede un attimo di riposo, non le permise di brucare le
foglie degli alberi ni germogli delle betulle e dei salici. E
neppure concesse all'alce ferito di placare la sua sete ardente
nei piccoli ruscelli che incontravano. Spesso, preso dalla
disperazione, l'alce si dava a lunghe corse; allora Buck non
cercava di fermarlo ma gli stava dietro tranquillamente, contento
del modo con cui il gioco procedeva, acquattandosi quando l'alce
si fermava, attaccandolo furiosamente quando cercava di mangiare o
di bere.
La grande testa si abbasssempre pisotto l'albero delle corna,
e il trotto strascicato divenne sempre pidebole. L'animale
comincia star fermo per lunghi periodi, il muso a terra, le
orecchie cadenti e umiliate; e Buck aveva pitempo per cercare da
bere e per riposare. In questi momenti, ansimando, con la rossa
lingua pendente e gli occhi fissi sul grande alce, sembrava a Buck
che avvenisse un cambiamento sul volto delle cose. Un nuovo
fremito passava per la regione, altre forme di vita la
attraversavano insieme al branco degli alci. Le foreste, i fiumi e
l'aria stessa sembravano palpitare di quella presenza. L'avviso
gli fu portato non gidalla vista, dall'udito o dal fiuto, ma da
un qualche altro senso pisottile. Non udiva nulla, non vedeva
nulla, e tuttavia si accorgeva che la regione era in qualche modo
diversa, che strane cose stavano muovendosi attraverso di essa. E
decise che, appena sbrigato l'affare presente, avrebbe
investigato.
Infine, al termine del quarto giorno, abbattil grande alce. Per
un giorno e una notte rimase accanto all'animale ucciso mangiando
e dormendo alternativamente. Poi, riposato, rifocillato e forte,
volse il muso all'accampamento di John Thornton. Prese il suo
lungo e facile galoppo e andavanti, per ore e ore, senza mai
smarrirsi nella via intricata, dritto attraverso la regione
sconosciuta con una sicurezza di direzione da far vergognare
l'uomo e il suo ago magnetico.
Procedendo, divenne sempre pi consapevole della nuova
inquietudine della regione. Vi era su di essa una vita diversa da
quella che v'era stata durante l'estate. E l'avvenimento non gli
era pi portato, adesso, per sottili e misteriose vie. Ne
parlavano gli uccelli, gli scoiattoli ne chiacchieravano striduli,
perfino la brezza lo sussurrava. Pivolte si fermaspirando a
grandi boccate la fresca aria del mattino e leggendo un messaggio
che lo spingeva a balzare avanti con ancor maggior fretta. Era
oppresso da un senso di calamitincombente se non giavvenuta; e
quando ebbe attraversato l'ultimo spartiacque e fu sceso nella
vallata verso il campo, procedette con maggior precauzione.
Tre miglia piavanti trovuna traccia fresca che gli fece ergere
i peli del collo. Conduceva dritta al campo di John Thornton. Buck
si affrett rapido e guardingo, con ogni nervo teso attento ai
molteplici particolari che narravano una storia: tutta, eccetto la
fine. Il suo fiuto gli dava una descrizione sempre varia del
passaggio della vita sulle cui tracce stava muovendosi. Sentil
profondo silenzio della foresta. La vita degli uccelli era volata
via. Gli scoiattoli si erano nascosti. Ne vide solo uno, una
cosetta liscia e grigia appiattita contro un grigio tronco morto
cosche sembrava farne parte, escrescenza legnosa sul legno.
Mentre Buck scivolava avanti con la segretezza di un'ombra
fuggevole, il suo fiuto fu improvvisamente tratto da una parte,
come se una forza materiale lo avesse afferrato e lo tirasse.
Seguil nuovo odore in un folto e trovNig. Giaceva su di un
fianco, morto l dove si era trascinato, con una freccia
sporgente, punta e penne, dal due lati del corpo.
Cento passi piavanti Buck incontruno dei cani della slitta che
Thornton aveva comprato a Dawson; lottava faticosamente con la
morte, proprio in mezzo alla pista, e Buck lo scanssenza
fermarsi. Dal campo veniva un suono fioco di numerose voci che si
alzavano e abbassavano come in cantilena. Piavanti ancora, alla
estremitdella radura, trovHans, bocconi, coperto di frecce
come un porcospino. Nello stesso istante Buck diede uno sguardo al
luogo in cui era stata la capanna di abete e vide qualche cosa che
gli fece ergere il pelo sul collo e sulla schiena. Un turbine di
furore travolgente lo assali. Non si accorse di ringhiare, ma
ringhiava forte con terribile ferocia. Per l'ultima volta in vita
sua permise alla passione di imporsi all'astuzia e alla ragione, e
fu il grande amore per John Thornton, che gli fece perdere la
testa.
Gli Yeehats danzavano intorno alle rovine della capanna di abete
quando udirono un ruggito terribile e videro precipitarsi su di
loro un animale di cui non avevano mai visto l'eguale. Era Buck,
vivente uragano di furore, che si slanciava su di loro in una
frenesia di distruzione. Balzsul primo uomo che gli capit il
capo degli Yeehats, squarciandogli la gola cosche dalla iugulare
sprizzuna fontana di sangue. Senza fermarsi a incrudelire sulla
vittima, con un altro salto squarcipassando via la gola di un
altro. Era impossibile resistergli. Si slanciava nel folto
lacerando, squarciando, distruggendo, con un moto continuo e
terribile che sfidava le frecce scagliate su di lui. In realt
cos rapidi erano i suoi movimenti e cosfolti gli indiani
intorno a lui, che essi si colpivano l'un l'altro con le frecce; e
un giovane cacciatore, scagliata una freccia su Buck, a mezz'aria
colp al petto un compagno con tale forza che la punta forla
pelle della schiena uscendo dalla parte opposta. Allora il panico
si impadron degli Yeehats, ed essi fuggirono atterriti nei
boschi, gridando che era arrivato il Malvagio Spirito.
E in realtBuck era un demonio incarnato che infuriava alle loro
calcagna abbattendoli come cervi mentre essi fuggivano tra gli
alberi. Fu quello un giorno nefasto per gli Yeehats. Dispersi qua
e l per la regione, solo dopo una settimana i sopravvissuti
poterono raccogliersi in una valle pibassa e contare le loro
perdite. Buck, stanco dell'inseguimento, tornall'accampamento
distrutto. TrovPete ldov'era stato ucciso, ancora avvolto
nelle coperte, alla prima sorpresa. La disperata difesa di
Thornton era scritta in segni ancor freschi sul suolo, e Buck ne
fiutogni particolare fino al margine di un profondo stagno. L
con la testa e le zampe anteriori nell'acqua, giaceva Skeet,
fedele fino all'ultimo. Lo stagno, fangoso e torbido per gli scavi
fatti, nascondeva il suo contenuto; e lin fondo vi era John
Thornton: perchBuck segu la sua traccia fino nell'acqua e
dall'acqua nessuna traccia usciva.
Per tutto il giorno Buck rimase meditando presso lo stagno o vag
senza riposo per il campo. La morte, come cessazione del
movimento, come un passar oltre la vita di ciche vive, la
conosceva; e sapeva che John Thornton era morto. Questo lasciava
in lui un gran vuoto, qualche cosa di simile alla fame, ma che
doleva e doleva e che non vi era cibo che potesse saziarlo. A
volte, quando sostava a contemplare i cadaveri degli Yeehats,
dimenticava quella pena, e si accorgeva allora del proprio
profondo orgoglio, superiore a ogni orgoglio fino allora provato.
Aveva ucciso l'uomo, la pinobile cacciagione, e l'aveva ucciso
per la legge del bastone e della zanna. Annusava incuriosito quei
corpi. Erano morti cosfacilmente! Era pidifficile uccidere un
cane eschimese: senza le loro frecce, le loro aste e i loro
bastoni, non potevano minimamente competere con lui. Da quel
momento non li avrebbe temuti pi se non quando avevano in mano
frecce, aste e bastoni.
Scese la notte, e la luna piena si levsugli alberi, alta nel
cielo, illuminando la regione fino a irrorarla di una spettrale
luce. E col sopraggiungere della notte, meditando e soffrendo
presso lo stagno, Buck cominciad avvertire il fremito di una
nuova vita nella foresta, diverso da quello che gli Yeehats vi
avevano suscitato. Si drizz ascoltando e fiutando. Dalla
lontananza si levava un debole, acuto ululato seguito da un coro
di ululati simili, che via via divenivano pifitti e pialti.
Ancora una volta Buck li riconobbe come cose udite in quell'altro
mondo che persisteva nella sua memoria. Si portal centro della
radura e si mise in ascolto. Era il richiamo. Il richiamo dalle
molte note che risuonava piallettante e imperioso che mai. E
come mai prima di allora egli era pronto a obbedire. John Thornton
era morto, l'ultimo legame era spezzato. L'uomo e le pretese
dell'uomo non lo tenevano piavvinto.
Alla caccia di cibo vivo, al pari degli Yeehats, seguendo le piste
degli alci migranti, il branco dei lupi era finalmente venuto dal
paese dei fiumi e dei boschi, invadendo la valle di Buck. Nella
radura inondata dal plenilunio, i lupi si riversarono infine come
un fiume d'argento; e lnel mezzo stava Buck, immobile come una
statua, aspettando la loro venuta. Essi ne sbigottirono, tanto era
grande e immobile, e vi fu un momento di sosta finchil pi
ardito si slanci contro di lui. Buck colp come un lampo
spezzandogli il collo. Poi rimase ancora immobile, mentre il lupo
colpito ruzzolava agonizzante dietro di lui. Altri tre tentarono
la prova in rapida successione; e l'uno dopo l'altro si ritirarono
grondando sangue dalle gole e dalle spalle squarciate.
Bast perch l'intero branco si slanciasse in massa confusa e
compatta, impacciata dalla stessa aviditdi balzare sulla preda.
La prontezza e l'agilit meravigliosa di Buck lo aiutarono
perfettamente. Ruotando sulle zampe posteriori, azzannando e
lacerando, egli era dappertutto contemporaneamente, presentando un
fronte apparentemente continuo, tanto velocemente turbinava
guardandosi da ogni lato. Ma, per non essere colto alle spalle, fu
costretto a indietreggiare oltre lo stagno fin nel letto del
torrente, fino ad addossarsi a un alto banco di sabbia. Riusca
raggiungere un angolo creato entro la riva dagli uomini, nei loro
lavori di scavo, e in quell'ansa si asserragli protetto da tre
lati, con il solo compito di difendere il fronte.
Cosi bene lo difese che, dopo una mezz'ora, i lupi
indietreggiavano sconfitti. Avevano le lingue pendenti, e le
bianche zanne brillavano crudeli nel plenilunio. Alcuni si erano
accovacciati con le teste dritte e le orecchie tese in avanti;
altri erano in piedi e lo osservavano; altri ancora bevevano nello
stagno. Un lupo lungo grigio e sottile avanzcon cautela, in modo
amichevole, e Buck riconobbe il fratello selvaggio con cui aveva
corso per una notte e un giorno. Guaiva sommesso e, poich Buck
gua a sua volta, si toccarono il naso. Allora un vecchio lupo,
magro e coperto di cicatrici, si fece avanti. Buck contrasse le
labbra per ringhiare, ma toccil naso con lui. E il vecchio lupo
sedette, puntil naso alla luna e ruppe nel lungo ululo del lupo.
Gli altri sedettero e ulularono. E adesso il richiamo veniva a
Buck in accenti inconfondibili. Si accoscianche lui e ulul
Fatto questo, usci dal suo angolo e il branco lo circond
annusandolo in modo tra amichevole e selvaggio. I capi levarono il
latrato del branco e saltarono via, nei boschi. I lupi li
seguirono latrando in coro. E Buck corse via con loro, a fianco
del fratello selvaggio, latrando.
E qui pufinire la storia di Buck. Non erano trascorsi molti anni
quando gli Yeehats notarono un cambiamento tra i lupi del bosco;
perchne furono visti alcuni con chiazze brune sulla testa e sul
muso e una striscia bianca che scendeva in mezzo al petto. Ma,
cosa ancor pi notevole, gli Yeehats raccontano di un Cane
Fantasma che corre alla testa del branco. Essi temono questo Cane
Fantasma, perchassai pi astuto di loro, ruba nei loro
accampamenti nei crudi inverni, vuota le loro trappole, uccide i
loro cani, e sfida i loro pibravi cacciatori.
Anzi, la storia diviene anche pitruce. Vi sono cacciatori che
non tornano pi al campo e altri ve ne sono stati, trovati dai
loro compagni di tribcon la gola squarciata e tracce di lupo
intorno a loro, nella neve, pi grandi di quelle di un lupo
comune. Ogni autunno, quando gli Yeehats seguono la migrazione
degli alci, vi una certa valle nella quale non entrano mai. E vi
sono donne che si rattristano quando, attorno al fuoco, si
racconta come lo Spirito Malvagio abbia scelto quella valle come
sua dimora.
Nell'estate, tuttavia, vi in quella valle un visitatore che gli
Yeehats non conoscono. E' un grande lupo dalla meravigliosa
pelliccia, simile agli altri lupi, e tuttavia diverso da loro.
Arriva solitario dal ridente paese dei boschi e scende fino a una
radura tra gli alberi. Lun rivo biondo fluisce da sacchi marciti
di pelle d'alce e si disperde a terra; lunghe erbe e muschi lo
ricoprono e nascondono al sole il suo giallo splendore.
E legli rimane per qualche tempo silenzioso, ululando una volta
sola, a lungo e lugubremente, prima di partire.
Non sempre solo. Quando vengono le lunghe notti d'inverno e i
lupi seguono il loro cibo nelle vallate pi basse, lo si pu
vedere correre alla testa del branco nella pallida luce lunare o
nei chiarori crepuscolari dell'aurora boreale, balzando gigantesco
sopra i suoi compagni, la vasta gola mugghiante mentre canta il
canto del pigiovane mondo, il canto del branco.












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