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Bret Easton Ellis

Meno di zero

Titolo originale: Less than Zero

Traduzione di Marisa Caramella

Einaudi Tascabili
Letteratura

Copyright 1985
by Bret Easton Ellis
Copyright 1996
Giulio Einaudi editore s'p'a
Torino

Cos'iusto? Se si vuole una cosa iusto prendersela. Se si
vuole fare una cosa iusto farla
Sesso facile, cocaina, feste sempre pisgressive, auto di
lusso, rock a tutto volume: a Los Angeles i giovanissimi che
frequentano l'ambiente patinato degli studios cinematografici hanno
tutto e non desiderano pinte. In un mondo illuminato dai
bagliori spettrali dei videoclip e svuotato d'ogni sentimento, Clay,
Blair, Daniel e Julian, biondi e abbronzati, esplorano le pieghe
infernali del paradiso californiano in un crescendo di amoralit
devastazione interiore che presto sconfina nell'orrore.
Meno di zero l ritratto disincantato dell'ultima generazione
perduta, il romanzo che ha catapultato Ellis sulla scena letteraria
americana, diventando il libro culto della Mtv generation.
Nuova traduzione di Marisa Caramella.

Bret Easton Ellis, nato a Los Angeles nel 1964, vive a New York.
Oltre a American Psycho, utore di un libro di racconti, Acqua dal
sole, e del romanzo Le regole dell'attrazione, di prossima uscita
negli Einaudi Tascabili.

This is the game that moves as you play...
X

Theres a feeling I get when I look to the West...
Led Zeppelin

A Joe Mcginniss
La gente ha paura di buttarsi nel traffico delle autostrade a Los
Angeles. E' la prima cosa che sento dire al mio ritorno in citt
Blair viene a prendermi all'aeroporto e la sento mormorare questa
frase mentre sale la rampa d'accesso. Dice: - La gente ha paura di
buttarsi nel traffico delle autostrade a Los Angeles - Questa frase
non dovrebbe infastidirmi, ma non riesco a togliermela dalla testa.
Inquietante. Nient'altro sembra avere importanza. Non il fatto che ho
diciott'anni, che icembre, che il volo tato orribile e che quei
due di Santa Barbara seduti di fianco a me oltre il corridoio in
prima classe non hanno fatto altro che bere. Non il fango freddo e
viscido che mi ha imbrattato i jeans stamattina presto in un
aeroporto del New Hampshire. Non la macchia sulla manica della
camicia umida e stropicciata che indosso, una camicia che stamattina
era fresca e pulita. Non lo strappo allo scollo del mio gilet
scozzese che fa ancora pita orientale qui che sulla costa
orientale, specialmente in confronto ai jeans attillati e puliti di
Blair e alla sua T-shirt di cotone azzurro. Tutto questo diventa
irrilevante in confronto a quell'unica frase. Sembra piile
ascoltare quella frase sulla gente che ha paura di buttarsi nel
traffico delle autostrade che non Sono sicura che Muriel anoressica oppure la canzone alla radio che urla qualcosa sulle onde
magnetiche. Nient'altro sembra avere importanza al di li quelle
quattordici parole. Non il vento caldo che pare spingere la macchina
gi l'asfalto dell'autostrada vuota, o il vago odore di marijuana
che aleggia ancora nell'auto di Blair. In definitiva di sicuro c' solo che ho un mese di vacanza, che ho appena rivisto qualcuno che
non vedevo da quattro mesi e che la gente ha paura di buttarsi.

Blair esce dall'autostrada e si ferma a un semaforo rosso. Per un
attimo una folata violenta di vento fa dondolare la macchina e Blair
sorride e dice qualcosa tipo forse eglio tirar su la capote poi
cambia stazione radio. Mentre mi accompagna a casa, Blair ostretta
a fermarsi perchinque operai stanno portando via i resti delle
palme abbattute dal vento. Infilano fronde e pezzi di corteccia in un
grosso camion rosso, e Blair fa un altro sorriso. Si ferma davanti a
casa mia. Il cancello perto e io scendo dalla macchina, sorpreso
di sentire l'aria cosalda e asciutta. Resto lermo per un bel
po e Blair, dopo avermi aiutato a tirar fuori le valigie dal baule,
mi fa un sorriso e dice: - Cosa c'he non va? - e io dico: -
Niente, - e Blair dice: - Sei pallido, - e io scrollo le spalle. Poi
ci salutiamo e lei risale in macchina e va via.

In casa non c'essuno. Il condizionatore cceso e l'aria sa di
pino. C'n biglietto sul tavolo della cucina. Dice che mia madre e
le mie sorelle sono fuori a far compere per Natale. Da qui posso
vedere il cane sdraiato sul bordo della piscina. Ansima, dormendo,
con il pelo arruffato dal vento. Salgo di sopra e incontro la nuova
cameriera che mi sorride e sembra sapere chi sono. Passo davanti alle
camere delle mie sorelle che sembrano identiche a prima a parte i
ritagli del Gentleman's Quarterly attaccati alle pareti. Entro in
camera mia e vedo che anche qui non ambiato niente. Le pareti sono
ancora bianche; i dischi sono ancora al loro posto; il televisore non
tato spostato; le veneziane sono ancora aperte come le avevo
lasciate. Mia madre e la nuova cameriera o forse quella vecchia
devono avere ripulito l'armadio in mia assenza. Sulla scrivania c' una pila di fumetti con sopra un biglietto che dice: Questi vuoi
tenerli?; c'nche un messaggio, ha chiamato Julian, e un biglietto
d'auguri con la scritta Affanculo il Natale Lo apro e la scritta
diventa Mandiamo Affanculo il Natale Insieme, un invito alla festa
di Blair. Metto gibiglietto e mi accorgo che sta cominciando a
far proprio freddo in quella camera.
Mi tolgo le scarpe, mi sdraio sul letto e mi tocco la fronte per
sentire se ho la febbre. Credo di sE sempre con la mano sulla
fronte mi decido a guardare il poster col vetro appeso sopra il letto
ma nemmeno quello ambiato. E' il poster di un vecchio disco di
Elvis Costello. Elvis guarda lontano, con un sorrisetto ironico sulle
labbra, guarda fuori dalla finestra. C'a parola Trust sopra la
sua testa, e gli occhiali da sole che porta, una lente blu e una
rossa, sono scivolati sulla punta del naso e cosli si vedono gli
occhi, leggermente strabici. Quegli occhi non mi guardano, perer
averli addosso, dovrei andare vicino alla finestra, ma sono troppo
stanco per farlo.
Prendo il telefono e chiamo Julian, stupito di ricordare il suo
numero, ma non risponde. Mi alzo a sedere e attraverso le veneziane
vedo le palme che si agitano con violenza, si piegano addirittura al
vento caldo. Torno a guardare il poster, poi distolgo lo sguardo e
alla fine lo riporto su quel sorriso e quegli occhi canzonatori e
quegli occhiali rossi e blu, e sento ancora quella frase sulla gente
che ha paura di buttarsi e cerco di dimenticarla, di cancellarla
dalla mente. Accendo Mtv e mi dico che potrei anche dimenticarla e
addormentarmi se avessi un po di Valium. Poi penso a Muriel e mi
viene un po di nausea, mentre lo schermo spara i suoi video.

Quella sera porto anche Daniel alla festa di Blair, e Daniel ha gli
occhiali da sole, una giacca nera di lana e jeans neri. Indossa anche
un paio di guanti neri scamosciati perchi atto un brutto taglio
con un pezzo di vetro la settimana scorsa nel New Hampshire. L'avevo
accompagnato io al pronto soccorso e li avevo guardati pulire la
ferita, lavar via il sangue e cominciare a dare i punti, ma mi ero
sentito male e coslle cinque del mattino ero andato a sedermi
nella sala d'aspetto e avevo sentito New Kid in Town degli Eagles e
mi era venuta voglia di tornare a L'A' Siamo davanti alla porta
della casa di Blair a Beverly Hills e Daniel si lamenta che i guanti
sono troppo stretti e si appiccicano ai punti, ma non se li toglie
perchon vuole che si vedano i sottili fili argentei che spuntano
dalla pelle del pollice e delle altre dita. Blair viene ad aprirci.
- Ehi, bellissimi, - esclama. Indossa un giubbotto di pelle nera
con pantaloni assortiti. E' a piedi nudi, mi abbraccia e poi guarda
Daniel.
- Be, e questo chi - chiede con un sorriso.
- Questo aniel. Daniel, questa lair, - dico.
Blair tende la mano e Daniel sorride e gliela stringe leggermente.
- Be, entrate. Buon Natale.
Ci sono due alberi di Natale, uno nel soggiorno e uno nello studio,
entrambi decorati con lucine intermittenti rosso scuro. Ci sono un
sacco di ex compagni delle superiori alla festa, gran parte dei quali
non vedo dal diploma, e sono tutti intorno ai due enormi alberi. C' anche Trent, un fotomodello che conosco.
- Ehi, Clay, - dice Trent, che porta una sciarpa scozzese rossa e
verde intorno al collo.
- Trent, - dico.
- Come state, bellissimi?
- Da dio. Trent, questo aniel, Daniel questo rent.
Trent tende la mano e Daniel sorride, si aggiusta gli occhiali da
sole e gliela stringe leggermente.
- Ehi, Daniel, - dice TrentA che universitai?
- La stessa di Clay, - dice DanielE tu?
- Ucla, o meglio come dicono gli orientali, Ucra - Trent fa
l'imitazione di un vecchio giapponese, occhi a mandorla, testa china,
denti in fuori, poi ride sgangheratamente.
- Io vado all'Universitei Succhia Cazzi, - dice Blair, sempre
sorridendo, passandosi le dita tra i lunghi capelli biondi.
- E qual - La Usc, - fa lei.
- Ah s- dice Trent. - Giusto.
Blair e Trent si mettono a ridere e lei gli si attacca al braccio
per mantenere l'equilibrio. Fanno un paio di battute su quelle due
universithe sono piene di ebrei, ridendo come matti.
Alla fine Blair smette di ridere, mi sfiora passando per la porta e
dice che dovrei provare il punch.
- Vado io a prenderlo, il punch, - dice Daniel. - Ne vuoi un po,
Trent?
- No, grazie. - Trent mi guarda e dice: - Sei pallido.
Mi accorgo che ero, che la mia faccia allida in confronto a
quelle intensamente abbronzate di Trent e di quasi tutti gli altri
nella stanza. - Sono stato quattro mesi nel New Hampshire.
Trent infila la mano in tasca. - Ecco, - dice, tendendomi un
biglietto. - E' l'indirizzo di un salone di bellezza in Santa Monica
Boulevard. Niente lampada o roba del genere, e non ti strofinano
addosso quintali di vitamina E. si chiama bagno Uva e, insomma,
praticamente ti tingono la pelle.
Smetto di ascoltare Trent per un po e osservo tre ragazzi, amici
di Blair che non conosco, compagni della Usc, biondi e abbronzati, e
uno sta canticchiando la canzone che esce dalle casse.
- Funziona, - dice Trent.
- Che cosa funziona? - chiedo io, distratto.
- Il bagno Uva. Bagno Uva. Da un'occhiata a quel biglietto, bello.
- Ah, s Guardo il biglietto. - Ti tingono la pelle, giusto?
- S - Ok.
Pausa.
- Cos'hai fatto di bello? - chiede Trent.
- Ho disfatto le valigie, - dico io. - E tu?
- Be, - fa lui con un sorriso soddisfatto. - Mi hanno preso in
quest'agenzia di modelli. Buonissima, - mi assicura. - Indovina chi
vedrai sulla copertina di International Male tra un paio di mesi? E
chi sarl mese di giugno sul calendario dei maschi della Ucla?
- Chi? - chiedo.
- Io, bello, - dice Trent.
- International Male?
- GiLa rivista non mi piace. Il mio agente ha parlato chiaro,
niente nudi, al massimo roba tipo Speedo. Io non mi faccio
fotografare nudo.
Gli credo ma non so perche intanto giro gli occhi per la stanza
in cerca di Rip, il mio fornitore. Ma non lo vedo, e cosorno a
Trent e gli chiedo: - Ah sE cos'altro hai fatto di bello?
- Oh, le solite cose. Tipo andare in palestra al Nautilus,
strafogarmi di alcol, andare in questo posto degli Uva. Ma, ehi, non
dire a nessuno che ci vado, ok?
- Che cosa?
- Ho detto non dire a nessuno di questo posto degli Uva, ok? -
Trent ha l'aria ansiosa, quasi preoccupata, e io gli metto una mano
sulla spalla e gli do una strizzata per rassicurarlo. - Ah, snon
preoccuparti.
- Ehi, - dice lui, girando gli occhi per la stanza. - Ho una cosa
da fare. Ci vediamo. A colazione, - aggiunge, scherzando, e si
allontana.
Daniel torna con il punch che olto rosso e molto forte e io mi
metto a tossire al primo sorso. Da qui vedo il padre di Blair, che fa
il produttore cinematografico e sta seduto in un angolo dello studio
a chiacchierare con un mio ex compagno di scuola che adesso fa
l'attore. C'nche il ragazzo del padre di Blair alla festa. Si
chiama Jared ed roprio giovane e biondo e abbronzato, e ha gli
occhi azzurri e i denti bianchi e regolari, incredibili. Sta
chiacchierando con i tre ragazzi della Usc. Vedo anche la madre di
Blair, seduta vicino al bar con un vodka gimlet, le mani che tremano
mentre si porta il bicchiere alla bocca. L'amica di Blair, Alana,
entra nella stanza, mi abbraccia e io le presento Daniel.
- Sei tale e quale David Bowie, - dice Alana a Daniel, con la coca
che le esce dagli occhi. - Sei mancino?
- No, temo di no, - dice Daniel.
- Alana va pazza per i mancini, - dico a Daniel.
- Per i mancini che somigliano a David Bowie, - mi corregge Alana.
- E che vivono alla Colony, - concludo io.
- Oh, Clay, sei proprio uno stronzo, - ridacchia lei. - Clay no
stronzo assoluto, - dice a Daniel.
- Slo so, - dice Daniel. - Uno stronzo. Assoluto.
- Hai assaggiato il punch? Dovresti, - le dico.
- Tesoro mio, - fa lei, lenta, enfatica. - L'ho fatto io, il punch
- Ride, poi vede Jared e smette di ridere di colpo. - Oh, Dio, il
padre di Blair potrebbe almeno evitare di portarlo qui, Jared. La
madre va fuori di testa. E' giempre di fuori, ma averlo intorno
peggiora le cose - Rivolta a Daniel, dice: - La madre di Blair
soffre di agorafobia - Torna a guardare Jared. - Voglio dire, la
settimana prossima vanno a girare nella Death Valley, non capisco
perchon possano aspettare, vi pare? - Alana si rivolge a Daniel,
poi a me.
- Certo, - dice Daniel in tono solenne.
- Certo, - ripeto io, scuotendo la testa.
Alana abbassa gli occhi, poi li alza su di me e dice: - Mi sembri
un po pallido, Clay. Dovresti andare alla spiaggia o fare qualcosa.
- Ci andri andrTormento il biglietto di Trent e poi le
chiedo se verrnche Julian. - Mi ha chiamato e ha lasciato un
messaggio, ma non riesco a trovarlo, - dico.
- Oh Dio, - fa Alana. - Dicono che sia, tipo, assolutamente di
fuori.
- Cosa vuoi dire? - chiedo.
All'improvviso i tre ragazzi della Usc e Jared scoppiano a ridere
forte, tutti insieme.
Alana rotea gli occhi e prende un'aria afflitta. - Jared va in giro
a ripetere questa barzelletta stupidissima, gliel'ha raccontata il
suo ragazzo che lavora da Morton's. Quali sono le due bugie pigrosse del mondo? Te li restituisco appena posso e non ti verr
bocca Io non la capisco. Oh, Dio, sareglio che vada a dare una
mano a Blair. Mammina ornata al bar. Sono contenta di averti
conosciuto Daniel.
- Sanch'io, - dice Daniel.
Alana si avvicina a Blair e a sua madre, al bar.
- Forse avrei dovuto canticchiare qualche nota di Let's Dance, -
dice Daniel.
- Forse.
Daniel sorride. - Oh Clay, sei proprio uno stronzo, uno stronzo
assoluto.
Ce ne andiamo dopo che Trent e uno dei ragazzi della Usc sono
caduti addosso all'albero in soggiorno. Pidi, quella sera,
seduti al buio in fondo al banco del Polo Lounge, io e Daniel non ci
diciamo molto.
- Voglio tornare indietro, - dice Daniel, piano, a fatica.
- Dove? - gli chiedo, incerto.
C'na lunga pausa che mi manda in paranoia, poi Daniel finisce di
bere, tormenta gli occhiali da sole che non si ai tolto e dice: -
Non so. Indietro e basta.

Io e mia madre siamo seduti in un ristorante di Melrose. Lei beve
vino bianco, non si olta gli occhiali da sole e continua a
toccarsi i capelli, e io mi guardo le mani, sicuro che stiano
tremando. Lei cerca di sorridere quando mi chiede cosa voglio per
Natale. Sono sorpreso dallo sforzo che devo fare per alzare la testa
e guardarla.
- Niente, - dico.
Una pausa e poi le chiedo: - E tu cosa vuoi?
Resta a lungo in silenzio. Io torno a guardarmi le mani e lei
sorseggia il suo vino. - Non so. Voglio solo un bel Natale.
Io non dico niente.
- Mi sembri infelice, - fa lei all'improvviso.
- Ti sbagli, - dico.
- Mi sembri infelice, - ripete lei, pino questa volta. Si
tocca di nuovo i capelli, tinti, biondicci.
- Anche tu, - le dico, sperando che lasci perdere l'argomento.
Lei lascia perdere. Resta in silenzio finchon ha finito il terzo
bicchiere di vino e non si ersata il quarto.
- Com'era la festa?
- Ok.
- Quanta gente c'era?
- Quaranta. Cinquanta persone -. Scrollo le spalle.
Lei prende un sorso di vino. - A che ora te ne sei andato?
- Non ricordo.
- L'una? Le due?
- Dev'essere stata l'una.
- Oh - Fa un'altra pausa e prende un altro sorso.
- Non era granch- dico, guardandola.
- Perch- chiede lei, curiosa.
- Non era granch basta, - dico io, e torno a guardarmi le mani.

Sono con Trent su un treno giallo fermo in Sunset Boulevard. Trent
fuma e beve una Pepsi e io tengo gli occhi fissi fuori dal
finestrino, dentro i fari delle macchine che passano. Stiamo
aspettando Julian, che dovrebbe portare un grammo a Trent. Julian in ritardo di un quarto d'ora e Trent ervoso e impaziente, e
quando gli dico che dovrebbe comperarla da Rip, la roba, non da
Julian, si limita a stringersi nelle spalle. Alla fine ce ne andiamo
e Trent dice che forse potremmo trovarlo alla sala giochi di
Westwood, Julian. Ma non lo troviamo, Julian, alla sala giochi di
Westwood, e cosrent propone di mangiare qualcosa da Fatburger.
Dice che ha fame, che non mangia da un'eternitmormora qualcosa sul
digiuno. Ordiniamo e ci portiamo gli hamburger a un tavolo. Ma io non
ho fame e Trent si accorge che non c'l chili, nel mio Fatburger.
- Che roba uesta? Un Fatburger senza chili non esiste.
Alzo gli occhi al cielo e mi accendo una sigaretta.
- Gesi proprio strano, Clay. Troppo New Hampshire, troppe
stronzate, - mormora. - E niente chili, che cazzo.
Io non dico niente e mi accorgo che le pareti sono gialle, di un
giallo molto acceso, violento, quasi doloroso, e splendenti, sembrano
splendere sotto le luci al neon. Joan Jett e i Blackhearts cantano
Crimson and Clover dal jukebox. Tengo gli occhi fissi sulle pareti e
ascolto le parole: Crimson and clover, over and over and over and
over...
Mi viene una gran sete ma non voglio andare al banco a ordinare
perch'na ragazza giapponese, grassa, triste, a prendere le
ordinazioni, e una guardia appoggiata a un'altra di quelle pareti
gialle in fondo al locale che guarda tutti con aria sospettosa; e
Trent sta ancora fissando il mio Fatburger con quell'espressione
stupefatta e c'n tizio con la camicia rossa e i capelli lunghi e
dritti che fa finta di suonare la chitarra e di cantare, al tavolo
vicino, e a un certo punto comincia a scuotere la testa e apre la
bocca. Crimson and clover, over and over and overrimson and
Clo-oh-over...

Sono le due del mattino, fa un gran caldo e siamo all'Edge, nella
sala sul retro. Trent si sta provando i miei occhiali da sole e io
gli sto dicendo che voglio andarmene. Trent mi dice ancora un paio di
minuti e poi ce ne andiamo. La musica della pista da ballo roppo
alta e tutte le volte che tace, tra una canzone e l'altra, i miei
nervi si tendono. Mi appoggio alla parete di mattoni e mi accorgo che
in un angolo buio ci sono due ragazzi abbracciati. Trent sente la mia
tensione e dice: - Cosa vuoi? Vuoi un Quaalude, eh? - Tira fuori un
piccolo distributore di caramelle e fa scattare il coperchio a forma
di testa di Daffy Duck. Non dico niente, continuo solo a fissare la
testa del papero, e allora Trent mette via il distributore e allunga
il collo. - E' Muriel, quella?
- No, guarda che na nera.
- Ah shai ragione.
Pausa.
- E non na donna.
Chissome ha fatto Trent a scambiare un ragazzo nero di
corporatura normale per l'anoressica Muriel. Poi mi accorgo che il
ragazzo estito da donna. Guardo Trent e gli ripeto che devo
andarmene.
- Sdobbiamo andarcene tutti, - fa lui. - L'hai gietto.
Cosbbasso gli occhi sulle scarpe e Trent trova qualcosa da dire.
- Sei incredibile - Continuo a guardarmi le scarpe e mi viene la
tentazione di chiedergli di tirar fuori quel piccolo distributore con
la testa di papero e di farmelo vedere.
Trent dice: - Oh merda, andiamo a cercare Blair, andiamocene di
qui, dai, via da questo posto.
Non voglio passare per la sala principale ma bisogna attraversarla
per uscire dal locale, non c'campo. Vedo Daniel, sta parlando con
una ragazza abbronzatissima in T-shirt degli Heaven accorciata e
sbrindellata e minigonna bianca e nera. Gli sussurro che stiamo
andando via e lui mi guarda storto e fa: - Non dire stronzate - Alla
fine lo prendo per un braccio e gli dico che bronzo perso e lui
dice ma davvero. Dn bacio sulla guancia alla ragazza e ci segue
verso la porta dove c'lair con un tizio della Usc.
- Andiamo via? - mi domanda.
- S- rispondo io, chiedendomi dove si era cacciata.
Usciamo nella notte calda e Blair dice: - Be, vi siete divertiti?
- Nessuno risponde e lei abbassa gli occhi.
Trent e Daniel sono fermi vicino alla Bmw di Trent e Trent sta
tirando fuori dal cassetto del cruscotto l'edizione ridotta di Mentre
morivo per darlo a Blair. Ci salutiamo e ci assicuriamo che Daniel
riesca a salire in macchina. Trent dice che forse uno di noi dovrebbe
portarlo a casa ma poi capisce che sarebbe una gran rottura
accompagnarlo adesso e andarlo a prendere domani. Io accompagno Blair
a Beverly Hills e lei sfoglia Faulkner ma non dice niente tranne
quando tenta di sfregar via il timbro della discoteca dalla mano,
allora dice: - Cazzo. Chisserchevono timbrare in nero. Non va
via - Poi dice che sono stato lontano quattro mesi e non le ho
telefonato nemmeno una volta. Le dico che mi dispiace e lascio
Hollywood Boulevard perch'roppa luce. Imbocco Sunset e poi la
strada di casa sua e il viale davanti alla casa. Ci diamo un bacio e
lei si accorge che sto stringendo il volante con troppa forza. Mi
guarda le mani contratte e dice: - Hai le mani rosse, - poi scende
dalla macchina.

Abbiamo passato la tarda mattinata e il primo pomeriggio a far
compere a Beverly Hills. Io, mia madre e le mie sorelle. Mia madre
deve essere stata sempre da Neiman-Marcus mentre le mie sorelle sono
andate da Jerry Magnin a comperare qualcosa per me e mio padre
addebitando tutto sul suo conto, e poi da Mga e Camp Beverly Hills e
Privilege a comprare qualcosa per sIo invece sono stato quasi
sempre al bar della Scala Boutique a fumare e bere vino rosso
annoiato perso. Alla fine mia madre arriva con la Mercedes,
parcheggia davanti alla Scala e resta seduta dentro ad aspettarmi. Io
mi alzo e lascio i soldi sul banco, poi salgo in macchina e appoggio
la testa allo schienale.
- Adesso esce con uno strafico, - sta dicendo una delle mie
sorelle.
- E dove va a scuola, lo strafico? - chiede l'altra, interessata.
- Harvard.
- Che classe?
- Seconda. Lei n prima.
- Ho sentito dire che hanno messo in vendita la casa, - dice mia
madre.
- Chisse n vendita anche lui, - mormora la pinde delle
mie sorelle, che ha quindici anni, mi pare, e si mettono a
ridacchiare tutt'e due nel sedile posteriore.
Un camion carico di videogame ci sorpassa e le mie sorelle si fanno
prendere da una specie di frenesia.
- Segui quel camion! - ordina una delle due.
- Mamma, credi che papi regalerebbe Galaga per Natale se glielo
chiedessi? - dice l'altra, spazzolandosi i capelli biondi e corti.
Lei deve averne tredici, di anni.
- Cos'alaga? - chiede mia madre.
- Un videogame, - dice una delle due.
- Ma avete gitari, - fa mia madre.
- Atari fa schifo, - dice una delle mie sorelle porgendo la
spazzola all'altra, anche lei bionda.
- Non so, - dice mia madre, sistemandosi gli occhiali da sole e
aprendo il tetto della macchina. - Lo vedo stasera a casa.
- Incoraggiante, - dice la sorella pinde in tono sarcastico.
- Dove potremmo metterlo, per chiede una delle due.
- Mettere che cosa? - chiede mia madre.
- Ma Galaga! Galaga! - strilla una sorella.
- In camera di Clay, immagino, - dice mia madre.
Io scuoto la testa.
- Col cazzo! Nemmeno per sogno, - urla una delle due. - Non
possiamo metterlo in camera di Clay. Chiude sempre la porta a chiave.
- SClay, questa avvero una stronzata, - dice una delle due,
con voce genuinamente irritata.
- Si pupere percha chiudi, quella maledetta porta, Clay?
Non rispondo.
- Perchhiudi la porta a chiave, Clay? - torna a chiedere una
delle due, non so quale.
Io continuo a tacere. Vorrei prendere uno dei sacchetti di Mga o
Camp Beverly Hills o una scatola di scarpe di Privilege e lanciarla
dal finestrino.
- Mamma, digli di rispondermi. Perchhiudi la porta a chiave,
Clay?
Mi giro. - Perch'ultima volta che l'ho lasciata aperta voi due
mi avete rubato un quarto di grammo di cocaina. Ecco perch Le mie sorelle tacciono. La radio trasmette Teenage Enema Nurses in
Bondage, di un gruppo che si chiama Killer Pussy. Mia madre chiede se
dobbiamo proprio ascoltare quella roba e le mie sorelle le dicono di
alzare il volume, poi nessuno parla pio alla fine della canzone.
Quando arriviamo a casa, la sorella picola si decide a dirmi,
fuori, sul bordo della piscina: - Stronzate. Io me la compero da
sola, la mia cocaina.

Lo psichiatra da cui vado per queste quattro settimane di vacanza giovane, ha la barba, una 450 si e una casa a Malibu. Durante le
sedute nel suo studio di Westwood con le tende abbassate, mi tengo
addosso gli occhiali da sole e fumo, anche qualche bidi, solo per
irritarlo, e ogni tanto piango. Altre volte urlo e urla anche lui.
Gli dico che ho queste fantasie sessuali incredibili e allora il suo
interesse aumenta. Mi metto a ridere senza ragione e poi mi viene la
nausea. Qualche volta gli racconto bugie. Lui mi racconta della sua
fidanzata e dei lavori che sta facendo alla casa di Tahoe e io chiudo
gli occhi e mi accendo un'altra sigaretta, a denti stretti. A volte
mi limito ad alzarmi e andarmene.

Sono seduto da Du-par's a Studio City e aspetto Blair, Alana e Kim.
Mi hanno appena telefonato per chiedermi di andare al cinema con
loro, ma io ho preso un Valium nel pomeriggio e mi sono addormentato
e ho fatto tardi per il cinema. Coso detto che le avrei viste
dopo, da Du-par's. Sono seduto a un tavolo vicino a una finestra
grande e chiedo alla cameriera di portarmi una tazza di caffma lei
non mi serve e comincia a pulire il tavolo vicino al mio, poi prende
un'altra ordinazione. Praticamente na fortuna che non mi porti il
cafferchi tremano le mani di brutto. Mi accendo una sigaretta e
vedo tutte quelle decorazioni natalizie sopra il banco. Un Babbo
Natale di plastica illuminato al neon tiene in mano un bastoncino di
zucchero di styrofoam lungo un metro e ai suoi piedi ci sono tutte
queste scatole, grandi, rosse e verdi, e mi chiedo se dentro ci sia
qualcosa. I miei occhi mettono improvvisamente a fuoco quelli di un
uomo piccolo, scuro, dallo sguardo intenso, con una T-shirt della
Universal Studios, seduto due tavoli pilMi fissa, e io
abbasso gli occhi e tiro una boccata, lunga, dalla sigaretta. L'uomo
continua a fissarmi e io riesco a pensare solo che o non mi vede o io
non ci sono, in questo posto. Chisserchenso una cosa del
genere. La gente ha paura di buttarsi. La gente ha paura di
mescolarsi all'altra gente. Chisse n vendita.
All'improvviso Blair mi bacia sulla guancia e si siede, insieme ad
Alana e Kim. Blair mi racconta che oggi Muriel tata ricoverata in
ospedale per l'anoressia. - E' svenuta durante la lezione di cinema.
E cos'hanno portata al Cedars-Sinai che non sattamente
l'ospedale piino alla Usc, - dice Blair d'un fiato, accendendosi
una sigaretta. Kim porta un paio di occhiali rosa e si accende anche
lei una sigaretta, e Alana ne chiede una.
- Ci vieni alla festa di Kim, Clay, vero? - chiede Alana.
- Sdai, Clay. Devi assolutamente venire, - dice Kim.
- Quand'- chiedo io, sapendo che Kim fa sempre un sacco di
feste, una alla settimana praticamente.
- Non so, verso la fine della settimana prossima, - dice lei, anche
se secondo me vuol dire domani.
- Io non so con chi andarci, - dice all'improvviso Alana. - Oh,
Dio, non so con chi cazzo andarci - Tace per un attimo. - Adesso, me
ne accorgo.
- E Cliff? Non dovevi andarci con Cliff? - le chiede Blair.
- Ci vado io, con Cliff, - dice Kim, guardando Blair.
- Ah, sgiusto, - dice Blair.
- Be, se tu ci vai con Cliff, io ci vado con Warren, - dice Alana.
- Ma credevo che ci uscissi tu, con Warren, - dice Kim a Blair.
Lancio un'occhiata a Blair.
- Sma non he ci esca, non proprio, - dice Blair, sulla
difensiva.
- Eh giCi scopavi. Non ci uscivi, - dice Alana.
- Come ti pare. Che noia, - dice Blair, sfogliando il menlanciandomi un'occhiata e distogliendo subito lo sguardo.
- Sei andata a letto con Warren? - chiede Kim ad Alana.
Alana guarda Blair, poi Kim, poi me, e dice: - No - Torna a
guardare Blair, poi Kim. - E tu?
- No, ma credevo che Cliff andasse a letto con Warren, - dice Kim,
in un attimo di confusione.
- Forse, forse, ma io credevo che Cliff andasse a letto con quella
tremenda Valley girl convertita al punk, Didi Hellman, - dice Blair.
- Ma no, non ero. Chi te l'ha detto? - chiede Alana.
Per un istante mi rendo conto che forse ci sono andato anch'io, a
letto con Didi Hellman. E con Warren. Non dico niente. Probabilmente
lo sanno gi - Didi, me l'ha detto, - fa Blair. - Non l'ha detto anche a te?
- No, - dice Kim. - Non mi ha detto niente.
- Nemmeno a me, - dice Alana.
- Be, a me l'ha detto, - dice Blair.
- Oh, cosa vuoi che sappia Didi? Abita a Calabasas, Cristo santoLa
voce di Alana n gemito.
Blair ci pensa su un momento e poi dice lentamente, senza enfasi: -
Se Cliff ndato a letto con Didi, allora deve essere andato a letto
anche con... Raoul.
- Chi aoul? - chiedono Alana e Kim all'unisono.
Io apro il menaccio finta di leggerlo, con il dubbio di
esserci andato anch'io, a letto con Raoul. Il nome non mi uovo.
- L'altro ragazzo di Didi. Le piace cacciarsi in questi disgustosi
triangoli. Ridicoli, - dice Blair, chiudendo il men - Didi idicola, - dice Alana.
- Raoul ero, no? - chiede Kim dopo un po.
Allora io non sono andato a letto con Raoul.
- SPerch - Perchi pare di averlo incontrato una volta, a una festa al
Roxy.
- Credevo che fosse morto di overdose.
- No, no. E' molto carino, anche. E' il pi nero che abbia mai
visto, - dice Blair.
Alana e Kim confermano con cenni del capo. Io chiudo il men - Ma non ay, comunque? - chiede Kim, con aria preoccupata.
- Chi? Cliff? - chiede Blair.
- No, Raoul.
- E' bisex. Bisex, - dice Blair, e poi, incerta: - Mi pare.
- Non credo che sia mai andato a letto con Didi, - dice Alana.
- Be, nemmeno io, in realt- dice Blair.
- E allora perchsciva con lui?
- Le sembrava chic avere un ragazzo nero, - dice Blair, ormai
stanca dell'argomento.
- Che stronzate, - dice Alana, fingendo un brivido di disgusto.
Stanno zitte per un po, poi Kim dice: - Non avevo idea che Cliff
andasse a letto con Raoul.
- Cliff ndato a letto con tutti, - dice Alana alzando gli occhi
al cielo, e Kim e Blair si mettono a ridere. Blair mi guarda e io
tento di sorridere, poi arriva la cameriera a prendere le
ordinazioni.

Come avevo previsto, la festa di Kim tasera. Ci vado con Trent.
Trent arriva a casa mia in giacca e cravatta e mi dice di mettermela
anch'io, la cravatta, cose metto una rossa. Quando facciamo tappa
al Santo Pietro per mangiare qualcosa prima della festa, Trent si
vede riflesso nel vetro della finestra, fa una smorfia, si toglie la
cravatta e poi dice anche a me di toglierla, il che va benissimo
perchon ce l'ha nessuno, la cravatta, alla festa.
Nella casa di Holmby Hills parlo con un sacco di gente che mi
racconta dei vestiti che ha comperato da Fred Segal e dei biglietti
per i concerti e sento Trent raccontare a tutti che si sta divertendo
come un matto, alla fraternity della Ucla. Parlo anche con Pierce, un
ex compagno delle superiori, e mi scuso per non avergli telefonato al
mio arrivo a L'A' Lui mi dice che non fa niente e che ho l'aria
pallida, e poi che gli hanno rubato la Bmw regalo di suo padre per il
diploma. C'nche Julian alla festa, e non sembra di fuori come
diceva Alana: sempre abbronzato, sempre biondo e con un bel taglio,
forse un po troppo magro ma per il resto in ottima forma. Julian
dice a Trent che gli dispiace di non averlo visto l'altra sera da
Carney's e che ha avuto davvero un sacco da fare, e io sono vicino a
Trent che ha appena scolato il terzo gin and tonic e sento che dice:
- Sei proprio il solito stronzo irresponsabile - Mi giro dall'altra
parte chiedendomi se sia il caso di domandare a Julian cosa voleva
quando mi ha telefonato lasciando un messaggio, ma appena i nostri
occhi si incontrano e faccio per salutarlo, distoglie lo sguardo e si
allontana verso il soggiorno. Arriva Blair a passo di danza
canticchiando le parole di Do You Really Want to Hurt Me?
probabilmente strafatta, fuori di testa, e mi dice che ho l'aria
soddisfatta e un ottimo aspetto. Mi porge una scatola di Jerry Magnin
sussurrandomi all'orecchio: - Buon Natale, amore mio - Poi mi bacia.
Apro la scatola. E' una sciarpa. La ringrazio e le dico che proprio bella. Lei mi dice di mettermela per vedere se mi va bene e
io le dico che di solito le sciarpe vanno bene, non ci sono problemi
di taglia. Ma lei insiste e cosi metto la sciarpa e lei sorride e
mormora: - Perfetta, - e torna al bar a prendere da bere. Io resto l in un angolo del soggiorno con la sciarpa intorno al collo, poi vedo
Rip, il mio fornitore, e provo un sollievo assoluto.
Rip indossa un completo bianco largo e spesso che ha probabilmente
comperato da Parachute, e un costoso feltro nero, e Trent quando lo
vede avvicinarsi, gli chiede se si ato al paracadutismo. - Al
paracadutismo? Capito? - dice Trent, ridacchiando. Rip si limita a
fissarlo fino a quando non smette di ridacchiare. Julian ritorna e io
sto per andare a salutarlo quando Rip mi prende per la sciarpa e mi
trascina dentro una stanza vuota. E' una stanza completamente priva
di mobili e mi sto chiedendo come mai, quando Rip mi dn colpetto
sulla spalla e si mette a ridere.
- Come cazzo stai?
- Benissimo, - dico io. - Perchon ci sono mobili in questa
stanza?
- Kim sta traslocando, - dice lui. - Grazie per avermi richiamato,
stronzo.
So benissimo che Rip non mi ha mai telefonato ma dico ugualmente: -
Mi dispiace, sono tornato solo quattro giorni fa e... non so... Ma ti
ho cercato.
- Be, eccomi qua. Cosa posso fare per te, bello?
- Cos'hai?
- Che corsi hai fatto, su nel New Hampshire? - chiede Rip, senza
nessuna voglia di rispondermi. Tira fuori di tasca due bustine
piegate.
- Be, uno di arte e uno di scrittura e poi un corso di musica...
- Un corso di musica? - mi interrompe, fingendo entusiasmo. - Hai
composto musica?
- Be, squalcosa - Prendo il portafoglio dalla tasca
posteriore.
- Ehi, io ho scritto le parole di una canzone. Tu puoi comporre la
musica. Faremo miliardi.
- Miliardi di che?
- Hai intenzione di tornare lasschiede Rip, implacabile.
Io non dico niente, mi limito a fissare il mezzo grammo che ha
versato su uno specchietto.
- Oppure resti qui... a divertirti... a strafarti... a rovinarti...
- Rip si mette a ridere e si accende una sigaretta. Prende una
lametta e divide il mucchietto di coca in quattro parti, poi stende
quattro belle piste, mi dn biglietto da venti arrotolato e io mi
chino e ne tiro su una.
- Dove? - chiedo, buttando indietro la testa, sniffando forte.
- Gesdice Rip, chinandosi. - Ma qui... all'universitidiota.
- Non so. Forse.
- Forse - Si fa tutt'e due le sue piste, enormi, lunghissime, poi
mi ridl biglietto arrotolato.
- S- dico io, scrollando le spalle, tornando a chinarmi sullo
specchietto.
- Bella sciarpa. Davvero bella. Blair ncora cotta di te, pare, -
dice sorridendo.
- Pare, - dico io, tirando su la mia bella pista lunga.
- Pare, pare, - dice Rip, sempre ridendo.
Sorrido, con un'altra scrollata di spalle. - E' buona. Me ne dai un
grammo?
- Ecco qua, bello - Mi porge una delle bustine.
Gli do due biglietti da cinquanta e uno da venti e lui mi
restituisce i venti e fa: - Sconto natalizio, ok?
- Grazie, Rip.
- Be, credo che dovresti tornare lassdice, infilandosi i
soldi in tasca. - Qui perdi il tuo tempo, ti rovini.
- Come teMi ? pento subito della battuta. Suona male.
- Come me, bello, - dice Rip, accusando il colpo.
- Non so se ho voglia di tornare nel New Hampshire, - attacco.
- Come non lo sai?
- Non lo so. Le cose non sono poi tanto diverse lass Rip sta diventando irrequieto e ho l'impressione che non gliene
freghi poi molto se resto o parto.
- Senti, hai una bella vacanza, no? Un mese, no?
- SQuattro settimane.
- Giusto. Un mese. Pensaci.
- D'accordo, ci penser Rip va alla finestra.
- Fai ancora il Dj? - gli chiedo, accendendo una sigaretta.
- Certo che no, bello - Passa un dito sullo specchio e se lo
sfrega sui denti e sulle gengive, poi infila lo specchietto in tasca.
- Per ora la cassa iena. Forse se resto al verde torno a lavorare.
Solo che non credo che rester verde, - dice ridendo. - Ho preso
una mansarda assolutamente fantastica in Wilshire Boulevard.
Assolutamente fantastica.
- Davvero?
- SDevi venire a vederla.
- Ok.
Rip si siede sul davanzale e dice: - Credo che Alana voglia
scoparmi. Tu che ne dici?
Non rispondo. Non vedo come Alana potrebbe aver voglia di scoparsi
uno che non somiglia nemmeno lontanamente a David Bowie, non mancino e non abita nella Colony.
- Be, devo farmela o no, secondo te?
- Non sodico. , - Certo, percho?
Rip salta gi davanzale e dice: - Senti, devi proprio passare
da me. Ho la cassetta pirata di Indiana Jones e il tempio maledetto.
Mi ostata quattrocento dollari. Devi proprio venire, bello.
- Scerto, Rip - Andiamo alla porta.
- Allora verrai?
- Percho.
Quando entriamo in soggiorno vengo avvicinato da due ragazze che
non conosco. Mi dicono che devo chiamarle, assolutamente, e una
comincia a parlare di quella sera al Roxy e io le dico che ci sono
state un sacco di sere al Roxy e lei sorride e mi dice di telefonarle
comunque. Non sono sicuro di avere il suo numero e proprio mentre sto
per chiederglielo arriva Alana e mi dice che Rip non le dace e
forse io posso fare qualcosa. Le dico che credo proprio di no. Alana
attacca a parlare di Rip e intanto io guardo l'amico di Rip che sta
ballando con Blair vicino all'albero di Natale. Le sussurra qualcosa
all'orecchio, poi tutt'e due ridono e fanno di son la testa.
C'nche un vecchio con i capelli grigi un po lunghi in maglione
e mocassini di Armani che passa davanti a me e Alana e va a parlare
con Rip. Poi c'no dei ragazzi della Usc che ho giisto alla
festa di Blair. Sta guardando il vecchio - avruaranta,
quarantacinque anni - poi si gira verso una delle ragazze che devo
aver conosciuto al Roxy e fa una smorfia. Si accorge che lo sto
guardando e sorride. Sorrido anch'io mentre Alana continua a
blaterare, poi fortunatamente qualcuno alza il volume e Prince
comincia a urlare. Quando mettono una canzone che le fa venir voglia
di ballare, Alana se ne va, e arriva uno dei ragazzi della Usc,
Griffin. Mi chiede se voglio un po di champagne. Gli dico certo e
lui va al bar, e io intanto cerco un bagno per farmi un'altra pista.
Per arrivare a un bagno devo attraversare la stanza di Kim, perch quello al pianoterra ha la serratura rotta, e quando arrivo sulla
porta della camera vedo Trent uscire e chiudersela alle spalle.
- Usa quello al piano di sotto, - mi dice.
- Perch - Perchua dentro ci sono Julian, Kim e Derf. Stanno scopando.
Non mi muovo. - Derf ui? - chiedo.
- Vieni con me, - fa Trent.
Lo seguo di sotto e fuori, fino alla sua macchina.
Apro la portiera e salgo sulla Bmw.
- Cosa vuoi? - gli chiedo mentre sale dall'altra parte.
Si infila una mano in tasca e tira fuori una boccetta.
- Un po di co-kaina, - dice, strascicando le vocali come fanno
quelli del sud.
Non gli dico che ce l'ho anch'io, e lui tira fuori un cucchiaino
d'oro, lo infila nella polvere e se lo porta al naso. Quattro volte.
Poi spinge dentro lo stereo la stessa cassetta che stavamo ascoltando
alla festa e mi passa la boccetta e il cucchiaino. Faccio anch'io
quattro tiri. Mi lacrimano gli occhi e deglutisco. E' coca diversa da
quella di Rip, forse l'ha comperata da Julian. Non uona come
quella di Rip.
- Perchon andiamo una settimana a Palm Springs adesso che sei
qui, - propone.
- Come no, Palm Springs. Certo, - gli dico. - Senti, adesso torno
dentro.
Lascio Trent solo in macchina e torno alla festa. Vado al bar, dove
c'riffin, in piedi, con due bicchieri di champagne in mano. - S' un po smosciato, - dice.
- Che cosa?
- Il tuo champagne si mosciato.
- Oh - Non so cosa dire per un minuto. - Non importa.
Lo bevo comunque e lui me ne versa un altro bicchiere.
- E' ancora buono, - dice dopo aver vuotato il bicchiere ed
esserselo riempito di nuovo. - Ne vuoi ancora?
- Certo - Finisco il secondo bicchiere e lui torna a riempirmelo.
- Grazie.
- La ragazza con cui sono venuto se n'ppena andata con quel
giapponese in T-shirt degli English Beat e pantaloni bianchi
attillati. Sai chi - No.
- Il parrucchiere di Kim.
- Pazzesco, - dico, vuotando il bicchiere di champagne e guardando
Blair in fondo alla stanza. I nostri occhi si incontrano e lei
sorride e fa una smorfia. Griffin se ne accorge e dice a voce alta,
sopra il frastuono della musica: - Tu sei quello che esce con Blair,
vero?
- Be, suscivamo insieme.
- Credevo che usciste ancora.
- Forse, non lo sodico, , versandomi un altro bicchiere di
champagne.
- Lei parla sempre di te.
- Davvero? Be...' - Mi si spezza la voce.
Restiamo a lungo in silenzio.
- Mi piace la tua sciarpa, - dice Griffin.
- Grazie - Scolo lo champagne e torno a riempire il bicchiere. Poi
mi chiedo che ora sia e da quanto tempo sono qui. L'effetto della
coca sta finendo e comincio a sentirmi un po brillo.
Griffin fa un respiro profondo e dice: - Ehi, vuoi venire a casa
mia? I miei passano il Natale a Roma - Qualcuno cambia la cassetta e
io sospiro e guardo il bicchiere di champagne di Griffin, poi svuoto
il mio in fretta e dico certo, percho.

Griffin n piedi vicino alla finestra della sua camera da letto,
e guarda gi cortile sul retro, verso la piscina. Ha solo un paio
di mutande addosso, e io sono seduto sul pavimento con la schiena
appoggiata al letto, sobrio e annoiato. Fumo una sigaretta. Griffin
mi guarda e comincia a togliersi le mutande con gesti lenti e goffi,
e mi accorgo che non ha la riga dell'abbronzatura. Mi chiedo perch
mi viene da ridere.

Mi sveglio prima dell'alba. Ho la bocca molto secca e fatico a
staccare la lingua dal palato. Chiudo forte gli occhi e tento di
riaddormentarmi ma l'orologio digitale sul tavolino da notte segna le
quattro e mezzo e solo allora mi rendo pienamente conto di dove mi
trovo. Mi giro a guardare Griffin, sdraiato sull'altro lato del
grande letto matrimoniale. Non voglio svegliarlo e cosi alzo con
la massima cautela, vado in bagno e chiudo la porta. Faccio pip mi
guardo per un po allo specchio, nudo. Poi mi appoggio al lavandino,
apro il rubinetto e mi lavo la faccia con l'acqua fredda. Ricomincio
a guardarmi allo specchio, questa volta a lungo. Torno in camera da
letto e mi metto le mutande, facendo attenzione a non prendere quelle
di Griffin. Giro gli occhi nella stanza e mi viene un attacco di
panico perchon riesco a vedere i miei vestiti. Poi mi ricordo che
la sera prima abbiamo cominciato in soggiorno e coscendo le scale
di quella grande casa lussuosa e vuota. Trovo i vestiti in soggiorno
e li indosso rapidamente. Mentre mi sto tirando su i pantaloni, la
cameriera nera, in vestaglia blu e bigodini, passa davanti alla porta
e mi lancia un'occhiata indifferente, come se trovare un ragazzo di
diciotto anni che si sta tirando su i pantaloni nel bel mezzo del
soggiorno alle cinque del mattino fosse una cosa naturale. La
cameriera si allontana e io fatico a trovare la porta d'ingresso.
Quando la trovo e la infilo per uscire, mi dico che in definitiva non
ndata poi cosale, con Griffin. Salgo in macchina, apro il
cassetto del cruscotto e mi faccio una pista, giusto per arrivare a
casa. Poi oltrepasso la cancellata e sbuco in Sunset Boulevard.
Accendo la radio a tutto volume. Le strade sono completamente vuote
e posso andare forte. Arrivo a un semaforo rosso e mi viene la
tentazione di passare lo stesso ma poi mi fermo perchedo un
cartellone pubblicitario che non ricordo di aver mai visto prima e
voglio guardarlo bene. Dice solo Sparire Qui e anche se
probabilmente oltanto la pubbliciti qualche villaggio vacanze,
quella scritta mi fa sballare, cosicchio sull'acceleratore e la
macchina schizza via stridendo oltre il semaforo. Mi metto gli
occhiali da sole anche se fuori ncora quasi buio e continuo a
guardare nello specchietto retrovisore, con la strana sensazione che
qualcuno mi stia seguendo. Arrivo a un altro semaforo e solo allora
mi accorgo di aver dimenticato la sciarpa di Blair; l'ho dimenticata
da Griffin.

Casa mia n Mulholland Drive e mentre schiaccio il pulsante che
apre il cancello guardo gila valle dove sta sorgendo un altro
giorno, il quinto da quando sono tornato. Poi risalgo il viale
circolare e parcheggio la macchina vicino a quella di mia madre che a
sua volta archeggiata vicino a una Ferrari che non riconosco.
Resto seduto al volante ad ascoltare le ultime parole di una canzone,
poi scendo e mi avvio alla porta d'ingresso. Cerco la chiave e apro.
Salgo in camera mia, chiudo la porta a chiave, accendo una sigaretta
e il televisore senza audio poi vado nello spogliatoio a cercare la
boccetta di Valium che tengo nascosta sotto certi golf di cachemire.
Guardo la piccola pillola gialla con il buco nel mezzo, decido che
dopotutto non ne ho bisogno e la rimetto nella boccetta. Mi spoglio e
guardo l'orologio digitale, uguale a quello di Griffin, e mi rendo
conto di avere poche ore di sonno prima di incontrare mio padre per
colazione, e cosi assicuro che la sveglia sia carica e mi sdraio,
con gli occhi fissi sul televisore, perchna volta ho sentito dire
che se si guarda fisso lo schermo per un tempo sufficientemente lungo
ci si addormenta.

La sveglia suona alle undici. La radio trasmette una canzone
intitolata Artificial Insemination e io aspetto che sia finita, prima
di aprire gli occhi e alzarmi. Il sole invade la stanza attraverso le
veneziane e quando mi guardo allo specchio, la mia faccia sembra
atteggiata a un sorriso pazzo, sgangherato. Vado nello spogliatoio e
mi guardo allo specchio, faccia e corpo; fletto i muscoli un paio di
volte, mi chiedo se dovrei farmi tagliare i capelli, decido che devo
proprio abbronzarmi un po. Mi giro e apro la bustina, che ho
nascosto sotto gli stessi golf del Valium. Mi preparo due piste della
coca che ho comperato ieri sera da Rip, le sniffo e mi sento subito
meglio. Scendo al piano di sotto in mutande. Sono le undici, ma
nessuno si ncora alzato. La porta di mia madre hiusa,
probabilmente a chiave. Vado fuori, mi tuffo in piscina e faccio una
ventina di vasche, veloci, poi esco, mi asciugo con un telo e vado in
cucina. Prendo un'arancia dal frigorifero e la sbuccio salendo le
scale. Prima di entrare nella doccia mangio l'arancia, e mi rendo
conto di non avere tempo per gli esercizi con i pesi. Torno in
camera, metto Mtv a tutto volume e mi faccio un'altra pista, poi
prendo la macchina e vado all'appuntamento con mio padre per
colazione.

Non mi piace guidare lungo Wil-shire Boulevard all'ora di
colazione. Ci sono sempre troppe macchine e troppi vecchi e donne di
servizio che aspettano l'autobus, e finisco col distrarmi dalla
guida, fumare troppo e tenere la radio a tutto volume. In questo
momento il traffico ermo anche se i semafori sono verdi. Mentre
aspetto, guardo la gente nelle auto vicine. Tutte le volte che mi
trovo in Wilshire o Sunset all'ora di colazione, tento di stabilire
un contatto visivo con la persona al volante della macchina vicina,
bloccata nel traffico. Se non ci riesco, e di solito non ci riesco,
torno a mettermi gli occhiali da sole e ricomincio ad avanzare
lentamente. Svolto in Sunset Boulevard, passo davanti al cartellone
con la scritta Sparire Qui che ho visto stamattina, distolgo lo
sguardo e cerco di togliermela dalla testa, quella scritta.

Gli uffici di mio padre sono a Century City. Lo aspetto
nell'ingresso ampio, lussuosamente arredato, e mi do da fare con le
segretarie, specialmente una bionda davvero carina. Non mi d fastidio che mio padre mi tenga ad aspettare mezz'ora buona mentre
finisce la sua riunione e poi mi chieda come mai sono in ritardo. Non
ho molta voglia di andare a colazione, oggi, preferirei essere alla
spiaggia o a letto o in piscina, ma decido di essere gentile e
sorrido e continuo a far di son la testa e fingo di ascoltare
tutte le domande che mi fa sull'universit cerco di rispondere a
tono e con sinceritE non mi imbarazza poi troppo il fatto che
mentre andiamo al Ma Maison lui apra il tetto della 450 e metta su
una cassetta di Bob Seger nell'assurdo tentativo di stabilire una
comunicazione. Non mi arrabbio nemmeno quando mio padre, durante la
colazione, si mette a parlare con tutti quelli - tanti - che si
fermano al nostro tavolo, gente del cinema con cui ha contatti di
lavoro. Non faccio una piega nemmeno quando mi presenta semplicemente
come mio figlio e quegli uomini cominciano a sembrarmi tutti uguali
e vorrei proprio essermi portato dietro il resto della coca. Mio
padre sembra abbastanza in forma se non lo si guarda troppo a lungo. E'
completamente abbronzato e ha fatto un trapianto di capelli a Palm
Springs due settimane fa e adesso sfoggia una bella testa di capelli
biondicci. Si atto fare anche il lifting. Sono andato a trovarlo
al Cedars-Sinai, quando se l'atto, e ricordo che aveva la faccia
coperta di bende e continuava a portarsi una mano alla fasciatura e a
toccarla delicatamente.
- Perchon mangi le solite cose? - gli chiedo, con genuino
interesse, dopo che abbiamo ordinato.
Lui sorride, mostrando i denti incapsulati. - Il dietologo non me
lo permette.
- Oh.
- Come sta tua madre? - chiede lui con calma.
- Bene.
- Bene davvero?
- Sbene davvero - Per un attimo sono tentato di raccontargli
della Ferrari parcheggiata nel viale.
- Sei sicuro?
- Non devi preoccuparti.
- Bene - Fa una pausa. - Va ancora dal dottor Crain?
- Uh-uh.
- Bene.
Un'altra pausa. Un altro tizio si ferma al tavolo, poi se ne va.
- Be, Clay, cosa vuoi per Natale?
- Niente, - dico, dopo un po.
- Vuoi rinnovare l'abbonamento a Variety?
- L'ho giinnovato.
Un'altra pausa.
- Hai bisogno di soldi?
- No, - gli dico, sapendo che me ne allungheromunque un po pitardi, forse davanti al Ma Maison, oppure mentre torniamo al suo
ufficio.
- Mi sembri dimagrito, - dice.
- Ummm.
- E pallido.
- Sono le droghe, - mormoro.
- Non ho sentito cos'hai detto.
Lo guardo e dico: - Ho messo su quasi tre chili da quando sono
tornato a casa.
- Oh, - dice lui, e si versa un bicchiere di vino bianco.
Un altro tizio si ferma al tavolo. Quando se ne va, mio padre mi
chiede: - Vuoi andare a Palm Springs per Natale?

Verso la fine dell'ultimo anno di liceo, un giorno saltai le
lezioni. Presi invece la macchina e andai a Palm Springs, da solo,
con un sacco di cassette vecchie che una volta mi piacevano molto ma
che ormai non mi interessavano pi fermai a un Mcdonald di
Sunland a prendere una Coca poi proseguii fino al deserto e
parcheggiai di fronte alla nostra vecchia casa. Quella nuova appena
comperata non mi piaceva. Be, non era male, ma niente a che vedere
con la vecchia. Quella vecchia era vuota e il terreno intorno davvero
trascurato, pieno di erbacce, e su quello che una volta era il prato
c'era l'antenna della televisione caduta dal tetto e un paio di
bidoni dell'immondizia. La piscina era vuota e di colpo venni
assalito da una quantiti ricordi e dovetti sedermi con la divisa
della scuola e tutto sul bordo della piscina vuota e mi venne da
piangere. Ricordavo tutti quegli arrivi il venerdera e quelle
partenze la domenica sera e quei pomeriggi passati a giocare a carte
con la nonna sulle sdraio vicino alla piscina. Ma quei ricordi
sembravano vaghi rispetto alle lattine di birra vuote sparse sul
prato morto e ai vetri delle finestre tutti rotti. La zia aveva
tentato di vendere la casa, ma poi forse si era fatta prendere da un
attacco di sentimentalismo e non aveva concluso. Mio padre voleva
davvero venderla ed era davvero scocciato che non se ne fosse fatto
niente. Poi avevano smesso di parlarne, la casa era rimasta ln
sospeso tra loro e l'argomento non era pito toccato. Quel giorno
non ero andato a Palm Springs per dare un'occhiata in giro o vedere
la casa e nemmeno perchon avevo voglia di andare a scuola
eccetera. Immagino di esserci andato percholevo ricordare le cose
com'erano. Non so.

Mentre torno a casa dopo colazione, mi fermo al Cedars-Sinai per
far visita a Muriel, dato che Blair mi ha detto che voleva
assolutamente vedermi. E' molto pallida e coscarna che riesco a
vedere perfettamente le vene del collo. Ha gli occhi cerchiati di
scuro e il rossetto rosa che si mette sempre fa a pugni con la pelle
bianca e pallida. Sta guardando un programma di ginnastica alla Tv e
ci sono un sacco di numeri di Vogue e Glam-our e Interview
sparsi sul letto. Le tende sono chiuse e Muriel mi chiede di aprirle.
Ubbidisco, e lei si mette gli occhiali da sole e mi dice che ha una
crisi d'astinenza da nicotina e che muore letteralmente dalla voglia
di una sigaretta. Le dico che non ne ho. Lei scrolla le spalle, alza
il volume del televisore e ride alla vista di quelli che stanno
facendo ginnastica in diretta. Non parla molto, il che va bene perch nemmeno io ho molto da dire.
Esco dal parcheggio del Cedars-Sinai, faccio un paio di svolte
sbagliate e finisco in Santa Monica Boulevard. Sospiro e alzo il
volume della radio. Un coro di bambine sta cantando di un terremoto a
L'A' My surfboard's ready for the tidal wave Un semaforo pi
luna macchina si accosta alla mia e io giro la testa per vedere
chi Due ragazzi su una Fiat, tutt'e due con i capelli corti e i
baffi, in camicia a mezza manica e giubbotto da sci senza maniche.
Uno mi guarda con aria assolutamente stupefatta e incredula, dice
qualcosa al suo amico e adesso mi stanno guardando tutt'e due.
Smack, smack, I fell in a crack Il ragazzo al volante abbassa il
finestrino e io mi irrigidisco. Lui mi chiede qualcosa ma io ho il
finestrino chiuso e la capote alzata e coson rispondo. Ma il
ragazzo al volante continua a parlare, convinto che io sia chiss quale attore. Now l'm part of the debris, strillano le ragazzine.
Il semaforo diventa verde e io filo via, ma sono nella corsia di
sinistra e sono quasi le cinque di un venerdomeriggio e il
traffico remendo, e quando mi fermo a un altro semaforo rosso la
Fiat torna ad accostarsi e quei due idioti di finocchi continuano a
ridere e a puntarmi il dito contro e a ripetere la stessa cazzo di
domanda. Alla fine giro a sinistra anche se ietato e mi trovo in
una strada laterale. Mi fermo per un minuto, spengo la radio e mi
accendo una sigaretta.

Ho appuntamento con Rip al Cafe Casino di Westwood, ma quando
arrivo non lo vedo. Non c'iente da fare a Westwood. Fa troppo
caldo per passeggiare e io ho giisto tutti i film, qualcuno anche
due volte, cosesto seduto sotto gli ombrelloni del Cafe Casino a
bere Perrier e succo di pompelmo e a guardare le macchine che passano
nel caldo assoluto. Mi accendo una sigaretta e fisso la bottiglia di
Perrier. Due ragazze, di sedici, diciassette anni, entrambe con i
capelli corti, sono sedute al tavolo dietro il mio e io continuo a
lanciare occhiate a tutt'e due e loro ricambiano; una sta sbucciando
un'arancia e l'altra sorseggia un espresso. Quella che sta sbucciando
l'arancia chiede all'altra come starebbe con una striscia marrone nei
capelli. La ragazza con l'espresso prende un sorso dalla tazza e dice
che secondo lei starebbe malissimo. La prima ragazza dice allora di
un altro colore, antracite, per esempio. La ragazza con l'espresso
prende un altro sorso, ci pensa su per un minuto e poi dice no, forse
rossa, e se non rossa, viola, ma marrone o antracite proprio no. Io
la guardo e lei guarda me, poi io guardo la bottiglia di Perrier. La
ragazza con l'espresso tace per un paio di secondi e poi chiede: -
Che colore 'antracite?
Una Porsche nera con i finestrini scuri si ferma davanti al Cafe
Casino e scende Julian. Mi vede e si avvicina, controvoglia, mi
sembra. Mi appoggia una mano sulla spalla e io gli stringo l'altra.
- Julian, - dico. - Come stai?
- Ehi, Clay, - dice lui. - Come va? Quando sei tornato?
- Cinque giorni fa, - dico. - Solo cinque.
- Cosa fai di bello? - chiede. - Cosa fai qui?
- Aspetto Rip.
Julian sembra davvero stanco e anche un po debilitato, ma gli dico
che ha un aspetto fantastico e lui dice che anch'io ho un aspetto
fantastico solo dovrei abbronzarmi.
- Ehi, senti, - attaccaMi dispiace di non essere venuto
all'appuntamento da Carney's quella sera, ma mi sono stravolto alla
festa. E' solo che non so, sono teso come una corda da, tipo, quattro
giorni, e cosi sono, tipo, dimenticato... non sono nemmeno passato
da casa... - Si dna manata sulla fronte. - Oh, cazzo, mia madre
dev'essere pazza di ansia - Tace per un attimo, senza sorridere. -
Non ne posso pila gente, non ce la faccio a entrare in contatto
- Guarda il vuoto sopra la mia testa. - Oh, merda, non so.
Io guardo la Porsche nera con i finestrini scuri per cercare di
capire se c'ualcun altro dentro. Julian si mette a giocare con le
chiavi.
- Vuoi qualcosa, Clay? - chiede. - Voglio dire, mi sei simpatico e
se hai bisogno di qualcosa, qualunque cosa, passa da me, ok?
- Grazie. Non ho bisogno di niente, davvero -. Taccio, mi sento
vagamente triste. - Geslian, come stai? Dobbiamo vederci, fare
qualcosa insieme. Non ci vediamo da tanto -. Faccio una pausa. - Ho
sentito la tua mancanza.
Julian smette di giocare con le chiavi e distoglie lo sguardo. -
Bene, sto bene. Com'ndata... oh, cazzo, dove sei stato, nel
Vermont?
- No, New Hampshire.
- Ah sCom'ndata?
- Bene. Mi hanno detto che hai lasciato la Usc.
- SNon ce la facevo. Insopportabile, tutto assolutamente
fasullo. Magari ci riprovo l'anno prossimo, che ne dici?
- S. - dico io. - Hai parlato con Trent?
- Oh, cazzo, se ho voglia di vederlo so come fare.
Un'altra pausa, questa volta lunga.
- E cosa fai? - chiedo alla fine.
- Come?
- Cosa fai? Dove vai?
- Oh, non so. In giro. Sono stato a quel concerto di Tom Petty al Forum. Ha cantato quella canzone, sai, quella canzone che ascoltavamo
sempre... - Julian chiude gli occhi e cerca di ricordare la canzone.
- Oh, merda, sai... - Comincia a canticchiare il motivo, poi le
parole: Straight into darkness, we went straight into darkness, out
over that line, yeah straight into darkness, straight into night...
Le due ragazze ci guardano. Io guardo la bottiglia di Perrier, un
po imbarazzato, e dico: - Ah sme la ricordo.
- Adoro questa canzone, - dice Julian.
- Sanch'iodico. , - E che altro hai fatto?
- Niente di buono, - dice lui ridendo. - Oh, non so. Cazzate.
- Mi hai telefonato e hai lasciato un messaggio, no?
- Ah, s - Cosa volevi?
- Oh, lascia perdere, niente di importante.
- Dai, dimmelo.
- Ho detto lascia perdere, Clay.
Si toglie gli occhiali da sole e strizza gli occhi che sembrano
vuoti e l'unica cosa che mi viene da dire - Com'era il concerto?
- Che cosa? - Comincia a mordersi le unghie.
- Il concerto. Com'era?
Fissa un punto lontano. Le due ragazze si alzano e se ne vanno.
- Una schifezza, Clay. Una vera schifezza, - dice alla fine, poi si
allontana. - Ci vediamo...
- Sci vediamo, - dico io, e torno a guardare la Porsche, sempre
con la sensazione che ci sia qualcun altro dietro i finestrini scuri.

Rip non si fa vedere al Cafe Casino e mi telefona pidi, verso
le tre, per dirmi di andare al suo appartamento di Wilshire. Spin,
quello con cui divide la casa, sta prendendo il sole nudo sul
terrazzo e sullo stereo ci sono i Devo. Vado in camera di Rip e lo
trovo ancora a letto, nudo. Sul tavolino da notte, vicino al letto,
c'no specchietto e Rip sta tagliando una riga di coca. Mi dice di
entrare, di sedermi, di guardare il panorama. Vado alla finestra e
lui fa segno verso lo specchio e mi chiede se voglio un po di coca e
io gli dico meglio di no, non subito.
Un ragazzo molto giovane, avredici anni, forse quindici,
abbronzatissimo, esce dal bagno, si tira su la lampo dei jeans e
allaccia la cintura. Si siede sul letto e si infila gli stivaletti,
che sembrano troppo grandi per lui. Questo ragazzino ha capelli
biondi davvero corti e dritti come aculei, una T-shirt dei Fear e un
bracciale di cuoio nero al polso. Rip non gli rivolge la parola e io
faccio finta che non esista. Lui si alza, guarda fisso Rip, poi se ne
va.
Da dove sono seduto, guardo Spin alzarsi, entrare in cucina, sempre
nudo, e mettersi a spremere pompelmi in una grossa caraffa di vetro.
Chiama Rip dalla cucina: - Ehi, tu e Cliff avete prenotato un tavolo
da Morton's?
- Sbellissimo, - risponde Rip, prima di fare il suo tiro.
Comincio a chiedermi perchip mi abbia fatto venire lperch non mi abbia dato appuntamento da qualche altra parte. Sopra il letto
di Rip ppeso un vecchio poster dei Beach Boys elegantemente
incorniciato e io lo fisso cercando di ricordare quale dei Boys sia
morto, e intanto Rip si fa altre tre piste. Rip butta indietro la
testa, la scuote e sniffa forte. Poi mi guarda e mi chiede cosa ci
facevo al Cafe Casino di Westwood quando mi aveva detto, se lo
ricorda bene, di andare al Cafe Casino di Beverly Hills. Gli dico che
si sbaglia, sono sicuro che mi ha detto il Cafe Casino di Westwood.
Rip dice: - No, non ero, - e poi: - Comunque non importa.
- Gi - Cosa vuoi?
Tiro fuori il portafoglio con la sensazione che Rip non sia mai
andato nemmeno al Cafe Casino di Beverly Hills.

Trent l telefono in camera sua, cerca di procurarsi un po di
coca da uno spacciatore di Malibu visto che non iuscito a mettersi
in contatto con Julian. Parla per, tipo, venti minuti, poi riappende
e mi guarda. Io scrollo le spalle e mi accendo una sigaretta. Il
telefono squilla con insistenza e Trent continua a dirmi che vuole
andare al cinema con me a West-wood, qualunque film va bene ne sono
usciti almeno nove nuovi, venerdcorso. Trent sospira poi risponde
al telefono. E' il nuovo spacciatore. Cattive notizie. Trent
riappende e io dico che forse dovremmo uscire, se vogliamo vedere lo
spettacolo delle quattro. Trent mi dice che forse dovrei andarci con
Daniel o Rip e uno dei miei amici finocchi, al cinema.
- Daniel non n finocchio, - dico, seccato, cambiando canale alla
televisione.
- Tutti pensano che lo sia.
- Tutti chi?
- Tipo Blair.
- Be, non lo - Prova a raccontarlo a Blair.
- Non esco pi Blair. E' una storia finita, Trent, - gli dico,
cercando di aver l'aria sicura di me.
- Non credo che lei sia d'accordo, - dice Trent sdraiandosi sul
letto, con gli occhi al soffitto.
Alla fine gli chiedo: - Ma a te cosa importa?
- Magari non mi importa, - sospira lui.
Trent cambia argomento e mi dice che dovrei andare con lui a una
festa al Roxy per un nuovo gruppo. Gli chiedo chi da festa e lui
mi dice che non lo sa bene.
- E che gruppo - chiedo.
- Un gruppo nuovo.
- Sma come si chiama?
- Non lo so, Clay.
Il cane comincia ad abbaiare forte al piano di sotto.
- Be, non so, forse, - gli dico. - Stasera c'na festa da
Daniel.
- Oh fantastico, - dice lui sarcastico. - Una festa di finocchi.
Il telefono suona di nuovo. - Vaffanculo, - gli dico.
- Gesstrilla Trent, alzandosi a sedere, afferrando il
ricevitore e urlandoci dentro. - Non me ne frega niente della tua
schifosissima coca! - Tace per un attimo, poi dice: - Sarrivo -
Riappende e mi guarda.
- Chi era?
- Mia madre. Chiamava dal piano di sotto.
Scendiamo gi cameriera eduta in soggiorno e sta guardando
Mtv con aria intronata. Trent mi dice che non le va di pulire quando
c'ente per casa. - E comunque empre strafatta. La mamma si
sente in colpa perche hanno fatto fuori tutta la famiglia, nel
Salvador, ma credo che prima o poi si decider licenziarla -
Trent si avvicina alla ragazza che distoglie gli occhi dallo schermo
con aria nervosa e sorride. Trent tira fuori un po del suo spagnolo
ma non riesce a comunicare. Lei si limita a guardarlo senza
espressione, tenta di sorridere e annuisce. Trent si gira e dice: -
Sfatta come una biglia.
In cucina, la madre di Trent fuma una sigaretta e sorseggia quello
che resta di una Tab prima di andare a una sfilata di moda a Century
City. Trent tira fuori dal frigorifero una caraffa di succo d'arancia
e se ne versa un bicchiere. Mi chiede se ne voglio anch'io. Gli dico
di no. Lui guarda sua madre e prende un sorso. Nessuno dice niente
per, tipo, due minuti, fino a quando la madre di Trent non fa: -
Arrivederci - Trent non dice niente tranne: - Allora, ci vuoi andare
al Roxy stasera o no?
- No, credo di no, - gli dico, chiedendomi cosa volesse sua madre
al telefono.
- Ah no, eh?
- Credo che andrla festa di Daniel.
- Fantastico, - dice lui.
Sto per chiedergli se vuole andare al cinema, ma il telefono
ricomincia a squillare al piano di sopra e Trent esce di corsa dalla
cucina per andare a rispondere. Io torno in soggiorno e mi metto a
guardare dalla finestra la madre di Trent che sale in macchina e si
allontana. La cameriera salvadoregna si alza e si avvia con calma
verso il bagno. La sento ridere, poi vomitare, poi ricominciare a
ridere. Trent torna gi aria incazzata e va a mettersi davanti al
televisore; probabilmente l'ha fatto incazzare la telefonata.
- La tua cameriera si sente male o qualcosa, - gli dico.
Trent lancia un'occhiata verso il bagno e dice: - Sta di nuovo
sballando?
Mi siedo su un altro divano. - Pare di s - La mamma la licenzieruanto prima - Prende un sorso dal
bicchiere di succo d'arancia che tiene ancora in mano e fissa gli
occhi su Mtv.
Io fisso i miei fuori dalla finestra.
- Non ho voglia di fare niente, - dice Trent alla fine.
Decido che nemmeno io ho voglia di andare al cinema e mi chiedo chi
portare alla festa di Daniel. Forse Blair.
- Vuoi guardare Alien? - chiede Trent, occhi chiusi, piedi sul
piano di vetro del tavolino. - Quello she la farebbe sballare del
tutto.

Decido di portare Blair alla festa di Daniel. Passo a prenderla a
Beverly Hills. Indossa una minigonna blu, un cappello rosa, guanti
gialli e occhiali da sole, e mi dice che oggi da Fred Segal qualcuno
le ha detto che dovrebbe fare parte di un gruppo. Dice anche qualcosa
tipo che vuol metterne in piedi uno suo, magari tipo new wave.
Sorrido e dico che mi sembra una buona idea, incerto se prenderla sul
serio, e stringo con piza il volante.
Non conosco quasi nessuno alla festa e alla fine trovo Daniel
seduto sul bordo della piscina, solo e ubriaco, in jeans neri,
T-shirt bianca degli Specials e occhiali da sole. Mi siedo accanto a
lui mentre Blair va a prendere da bere. Non riesco a capire se Daniel
stia fissando l'acqua o se sia andato del tutto, ma alla fine si
decide a parlare e dice: - Ciao, Clay.
- Ciao, Daniel.
- Ti divertimi ? chiede molto molto lentamente, girandosi a
guardarmi.
- Sono appena arrivato.
- Oh - Tace per un minuto. - Con chi sei venuto?
- Blair. E' andata a prendere da bere -. Mi tolgo gli occhiali da
sole e gli guardo la mano fasciata. - E' ancora convinta che io e lei
stiamo insieme.
Daniel invece non se li toglie, gli occhiali da sole, e fa di s con la testa senza sorridere.
Mi rimetto gli occhiali da sole.
Daniel torna a girarsi verso la piscina.
- Dove sono i tuoi genitori? - chiedo.
- I miei genitori?
- S - In Giappone, credo.
- A fare cosa?
- Compere.
Faccio di son la testa.
- O forse sono ad Aspen, - dice lui. - Che differenza fa?
Arriva Blair con un gin and tonic in una mano e una birra
nell'altra e mi porge la birra, poi si accende una sigaretta e dice:
- Non farti incastrare da quel tipo con la polo rossa e blu. E'
tossico perso, - e poi: - Ho gli occhiali storti?
- No, - le dico, e lei sorride. Mi mette una mano sulla gamba e mi
sussurra all'orecchio: - Non conosco nessuno qui. Andiamocene. Subito
- Dn'occhiata a DanielE' ancora vivo?
- Non so.
- Cosa? - Daniel si gira a guardarci. - Ciao, Blair.
- Ciao Daniel, - dice Blair.
- Stiamo andando via, - gli dico, un po eccitato dal sussurro di
Blair e da quella mano guantata sulla gamba.
- Perch - PerchBe, perch. - Mi mancano le parole.
- Ma siete appena arrivati.
- Ma dobbiamo proprio andare, davvero - Nemmeno io ho molta voglia
di restare e forse andare a casa di Blair non na cattiva idea.
- Restate - Daniel cerca di tirarsi su dalla sdraio ma non ce la
fa.
- Perch- chiedo.
Questo lo sconcerta, immagino, perchon risponde.
Blair mi guarda.
- CosTanto per restare, - dice Daniel.
- Blair non si sente bene, - gli dico.
- Ma io volevo presentarti Carleton e Cecil. Dovrebbero essere gi arrivati ma la limousine imasta in panne a Pacific Palisades e...
- Daniel fa un sospiro e torna a fissare l'acqua della piscina.
- Mi dispiace, Daniel, - dico, alzandomi. - Vediamoci per
colazione, uno di questi giorni.
- Carleton va alla Afi.
- Be, Blair non sta proprio... Vuole andare via. Subito.
Blair fa di son la testa e tossisce.
- Magari ripasso pidi, - dico a Daniel, sentendomi in colpa
perche ne vado cosresto; sentendomi in colpa perchado a casa
di Blair.
- No che non ripasserai - Daniel si allunga sulla sdraio e fa un
altro sospiro.
Blair sta diventando davvero nervosa e mi dice: - Senti, non ho
proprio voglia di continuare questa discussione del cazzo per tutta
la notte, davvero. Andiamo via, Clay -. Finisce il gin and tonic.
- Ok, Daniel, ora dobbiamo proprio andare. D'accordo? - dico io. -
Ciao.
Daniel dice che mi telefoneromani. - Facciamo colazione insieme
o qualcosa.
- Fantastico, - dico, senza grande entusiasmo. - Colazione, allora.
In macchina, Blair, dice: - Andiamo da qualche parte. Dai.
Sto pensando, perchon parli chiaro? - Dove? - le chiedo.
Lei esita, fa il nome di un locale.
- Ho lasciato a casa il portafoglio, - dico, mentendo.
- Ho la tessera, - dice lei, sapendo che mento.
- Non ho molta voglia di andare in un locale.
Lei alza il volume della radio e si mette a canticchiare e intanto
io penso che dovrei semplicemente puntare verso casa sua. Continuo a
guidare, incerto. Ci fermiamo a un caffi Beverly Hills e dopo,
quando risaliamo in macchina, le chiedo: - Allora, dove vuoi andare,
Blair?
- Voglio andare... - Esita. - A casa mia.

Sono sdraiato sul letto di Blair. Sul pavimento e in fondo al letto
ci sono una quantiti animali di pezza e quando mi giro sul dorso
sento qualcosa di duro e peloso. Infilo il braccio sotto la schiena
per prendere l'oggetto e mi accorgo che n gatto nero di peluche.
Lo butto sul pavimento poi mi alzo e vado a fare la doccia. Mi
strofino i capelli con l'asciugamano, me lo allaccio in vita e torno
in camera. Comincio a rivestirmi. Blair sta fumando una sigaretta e
guarda Mtv, col volume bassissimo.
- Mi telefoni prima di Natale? - chiede.
- Forse - Mi infilo il gilet, chiedendomi chisserchi sono
venuto, qui, per prima cosa.
- Ce l'hai ancora il mio numero, no? - Prende un blocco e comincia
a scrivere il suo numero.
- SBlair. Ce l'ho, il tuo numero. Ti telefono.
Mi allaccio i jeans e mi giro per andarmene.
- Clay?
- SBlair.
- Se non ti vedo prima di Natale, - si interrompe. - Buone feste.
La guardo per un attimo. - Anche a te.
Lei raccoglie il gatto nero di peluche e gli accarezza la testa.
Esco dalla stanza e faccio per chiudere la porta.
- Clay? - in un sussurro forte.
Mi fermo senza girarmi. - S
- Niente.

In citton pioveva da molto tempo e Blair continuava a
telefonarmi e a dirmi che noi due dovevamo fare qualcosa insieme,
andare al club sulla spiaggia. Io ero troppo stanco o strafatto o
rovinato, il pomeriggio, perfino per uscire di casa e andarmi a
sedere sotto gli ombrelloni del club nel caldo della spiaggia con
Blair. E cosecidemmo di andare a Pajaro Dunes, a Monterey, dove
l'aria era fresca e il mare verde e scintillante e i miei genitori
avevano una casa sulla spiaggia. Andammo su con la mia macchina, ci
installammo nella stanza dei miei e andammo in citt comperare
cibo, sigarette e candele. Non c'era molto da fare in cittun
vecchio cinema che aveva bisogno di una mano di pittura, gabbiani,
moli diroccati, pescatori messicani che fischiavano al passaggio di
Blair e una vecchia chiesa che Blair fotografnza entrarci.
Trovammo una cassa di champagne in garage e ce la bevemmo tutta in
una settimana. Di solito aprivamo una bottiglia verso mezzogiorno,
dopo la passeggiata sulla spiaggia. La mattina presto facevamo
l'amore, in soggiorno, oppure, se non in soggiorno, sul pavimento
della camera da letto. Chiudevamo le tapparelle, accendevamo le
candele che avevamo comperato in citt guardavamo le nostre ombre
sulle pareti bianche, le guardavamo muoversi, cambiare.
La casa era vecchia, di legno sbiadito e aveva un giardino e un
campo da tennis, ma noi non giocavamo a tennis. Invece io giravo per
la casa di notte, ascoltavo vecchi dischi che una volta mi piacevano
e mi sedevo fuori a bere quello che restava dello champagne. La casa
non mi piaceva molto e a volte la sera uscivo sulla terrazza di legno
perchon sopportavo quelle pareti bianche e le veneziane sottili e
le piastrelle nere in cucina. La sera camminavo lungo la spiaggia e
spesso mi sedevo sulla sabbia umida e mi fumavo una sigaretta
guardando la casa illuminata e la silhouette di Blair che parlava al
telefono con qualcuno a Palm Springs. Quando tornavo dentro eravamo
tutt'e due ubriachi e lei proponeva di fare una nuotata, ma era
troppo freddo e buio, cosi infilavamo nella piccola Jacuzzi in
mezzo al giardino e facevamo di nuovo l'amore.
Durante il giorno io stavo in casa e tentavo di leggere il San
Francisco Chronicle, e Blair camminava lungo la spiaggia e
raccoglieva conchiglie. Dopo un po cominciammo ad andare a letto
appena prima dell'alba e a svegliarci a metomeriggio. Aprivamo
subito una bottiglia. Un giorno prendemmo la decappottabile per
andare fino a un angolo nascosto della spiaggia. Mangiammo caviale;
Blair aveva preparato cipolla, uova e formaggio tritati, e ci eravamo
portati anche un po di frutta e certi biscotti alla cannella di cui
Blair andava pazza, pi lattine di Tab perchlair beveva solo
quella o champagne. Poi ci mettemmo a correre lungo la spiaggia
deserta e tentammo anche di nuotare nel mare agitato.
Dopo un po cominciai a sentirmi confuso. Sapevo di aver bevuto
troppo e tutte le volte che Blair diceva qualcosa mi veniva da
chiudere gli occhi e sospirare. L'acqua si fece pidda, le onde
furiose, la sabbia bagnata, e Blair restava seduta da sola sulla
terrazza che dava sul mare a cercare le barche nella nebbia del
pomeriggio. La guardavo fare i solitari attraverso la finestra del
soggiorno. Sentivo le barche gemere e scricchiolare, e Blair si
versava un altro bicchiere di champagne e tutto questo mi inquietava.
Dopo un po lo champagne fin aprii l'armadietto dei liquori.
Blair era abbronzata e io anche, e alla fine della settimana non
facevamo piro che guardare la televisione, anche se le immagini
erano sfocate, e bere bourbon, e Blair disponeva le sue conchiglie a
cerchi sul pavimento del soggiorno. Una sera mentre eravamo seduti ai
lati opposti del soggiorno, Blair mormor Avremmo dovuto andare a
Palm Springs, - e io capii che era arrivato il momento di partire.

Dopo aver lasciato Blair scendo gi Wilshire e poi per Santa
Monica. Imbocco Sunset poi Beverly Glen fino a Mulholland, vado su
per Mulholland fino a Sepulveda, poi ancora su per Sepulveda fino a
Ventura, e attraverso Sherman Oaks fino a Encino, Tarzana e Woodland
Hills. Mi fermo da Sambos che perto tutta la notte e siedo da
solo a un grande tavolo vuoto. Si lzato di nuovo il vento e soffia
cosorte che i vetri tremano, e il rumore che fanno, sul punto di
rompersi, riempie il locale. Al tavolo vicino al mio ci sono due
ragazzi, entrambi in pantaloni e giacca neri e occhiali da sole, e
quello con una spilla di Billy Idol sul risvolto continua a picchiare
la mano sul tavolo, come se stesse cercando di tenere il ritmo. Ma la
mano trema e il ritmo si rompe e ogni tanto la mano manca il tavolo e
colpisce l'aria. La cameriera arriva al loro tavolo con il conto e
dice grazie. Quello con la spilla di Billy Idol le strappa il conto
di mano e gli dn'occhiata molto rapida.
- Cristo santo, ma non le sai fare, le addizioni?
- Mi sembrava giusto, - dice la cameriera, un po nervosa.
- Ah sdavvero? - ghigna lui.
Ho la sensazione che stia per succedere qualcosa di brutto, ma
l'altro ragazzo dice: - Lascia perdere, - e poi: - Gesme odio
questa Valley di merda - Fruga in tasca e butta un biglietto da
dieci sul tavolo.
Il suo amico si alza, rutta e borbotta: - Posto del cazzo, gente
del cazzo, - abbastanza forte percha cameriera lo senta. - Vai a
spendere il resto alla Galleria o dove cazzo vai di solito, - e i due
escono dal ristorante nel vento.
La cameriera viene al mio tavolo a prendere l'ordinazione e sembra
davvero scossa. - Bastardi impasticcati. Sono stata in un sacco di
posti oltre alla Valley e non sono poi cosantastici, - mi dice.

Sulla via del ritorno mi fermo a un'edicola e compero una rivista
porno con due ragazze col frustino sulla copertina luccicante. Resto
fermo, immobile. Le strade sono vuote e c'ilenzio. Sento soltanto
il fruscio dei giornali e delle riviste, mentre il giornalaio si
affanna ad ammucchiare mattoni sulle pile di fogli per impedire che
volino via. Sento anche l'ululato dei coyote e l'abbaiare dei cani e
lo schiocco delle palme piegate dal vento su tra le colline. Salgo in
macchina e il vento la fa dondolare per un minuto, poi mi allontano
su verso casa, nelle colline.
Pidi quella notte, dal letto, sento i vetri tremare in tutta
la casa e vado fuori di testa per la paura ossessiva che possano
incrinarsi e rompersi. Non riesco ad addormentarmi, mi alzo a sedere
sul letto e guardo verso la finestra poi verso il poster di Elvis, e
anche i suoi occhi guardano fuori dalla finestra, oltre il vetro,
nella notte, e sembra quasi spaventato da quello che vede, con quella
parola Trust sopra la faccia preoccupata. E penso al cartellone di
Sunset Boulevard e a Julian che fissava il vuoto sopra la mia testa
al Cafe Casino, e quando finalmente mi addormento a vigilia di
Natale.

Daniel mi telefona il giorno prima di Natale e mi dice che si sente
meglio e che la sera prima alla sua festa qualcuno gli ha dato un
Quaalude cattivo. Daniel crede anche che Vanden, una ragazza con cui
usciva nel New Hampshire, sia incinta. Ricorda che a una festa, prima
di partire per le vacanze, gli aveva detto qualcosa in proposito, in
tono semiserio. E un paio di giorni fa ha ricevuto una sua lettera e
adesso forse Vanden non tornerll'universitforse mettern
piedi un gruppo punk a New York e lo chiamerhe Spider's Web; forse
andr vivere al Village con un batterista che ha conosciuto
all'universitforse faranno il numero di apertura al concerto di
qualche star al Peppermint Lounge o al Cbgb; forse verr L'A' o
forse no; forse il bambino i Daniel o forse no; forse se ne
libereron un aborto o forse no; i suoi genitori hanno divorziato e
sua madre ornata nel Connecticut, e forse Vanden andr stare da
lei per un mese o forse no, e suo padre che n pezzo grosso della
Abc olto preoccupato per il suo futuro. Daniel dice che la lettera
non hiara.
Sono sdraiato a letto, guardo Mtv con il telefono schiacciato tra
la spalla e l'orecchio, e dico a Daniel di non preoccuparsi, poi gli
chiedo se i suoi genitori torneranno per Natale e lui dice che
staranno via altre due settimane e che lui passerl Natale con
certi amici di Bel Air. Voleva passarlo a Malibu con una ragazza che
conosce, ma lei si resa la mononucleosi e quindi adesso non gli
pare piidea fantastica andare a casa sua e io sono d'accordo.
Poi mi chiede cosa fare con Vanden, scriverle o telefonarle o lasciar
perdere, e io sono stupito di quanta energia mi ci voglia per
preoccuparmi di lui e dirgli di chiamare Vanden e lui dice che non
vede perchovrebbe, e poi fa Buon Natale bello e riappendiamo
insieme.

Sono seduto nella sala grande di Chasen's con i miei genitori e le
mie sorelle ed ardi, le nove e mezzo o le dieci della vigilia di
Natale. Invece di mangiare, continuo a guardare il piatto e a giocare
con la forchetta e alla fine mi fisso con quella forchetta e traccio
un sentiero tra i piselli. Mio padre mi riscuote dalla trance
versandomi altro champagne nel bicchiere. Le mie sorelle hanno l'aria
annoiata e blaterano di amiche anoressiche e di una modella di Calvin
Klein e mi sembrano pichie che mai, specialmente quando alzano
il calice per il gambo e sorseggiano lentamente lo champagne; mi
raccontano un paio di barzellette che non capisco e dicono a mio
padre cosa vogliono per Natale.
Siamo passati a prenderlo qualche ora fa al suo attico di Century
City. Doveva aver giperto una bottiglia di champagne ed essersela
scolata quasi tutta prima del nostro arrivo. L'attico di mio padre a
Century City, l'attico in cui si rasferito dopo la separazione, ampio e ammobiliato con gusto e ha una grande Jacuzzi sempre calda e
fumante davanti alla camera da letto. Lui e mia madre, che non si
sono detti molto da quando si sono separati, pieno un anno fa se
non sbaglio, sembravano molto nervosi e irritati per questa storia
dell'obbligo di vedersi a Natale. Erano seduti ai due lati opposti
del soggiorno e si saranno scambiati s no quattro parole.
- La macchina? - ha chiesto mio padre.
- Ok, - ha detto mia madre, guardando il piccolo albero di Natale
addobbato dalla cameriera.
- Bene.
Papuota il bicchiere di champagne e torna a riempirselo. La
mamma chiede del pane. Papi passa il tovagliolo sulla bocca, si
schiarisce la gola e io mi irrigidisco, sicuro che adesso chieder
tutti cosa vogliono per Natale, anche se le mie sorelle gliel'hanno
gietto. Mio padre apre la bocca. Io chiudo gli occhi e lui chiede
se qualcuno vuole il dolce. Sollievo assoluto. Arriva il cameriere.
Gli dico niente dolce. Evito per quanto posso di guardare i miei
genitori e mi passo continuamente la mano nei capelli, con una voglia
disperata di un po di coca, di qualcosa, qualunque cosa mi aiuti a
sopportare questa serata, e giro lo sguardo nel ristorante che er
metuoto; agli altri tavoli la gente parla sottovoce ma, chiss come, sono sussurri perfettamente chiari, e alla fine mi rendo conto
che tutto si riduce a un ragazzo di diciott'anni con le mani tremanti
e i capelli biondi e un velo di abbronzatura, un po fatto, seduto
da Chasen's, tra Doheny e Beverly, in attesa che suo padre gli chieda
cosa vuole per Natale.
Nessuno parla di niente in particolare e nessuno sembra preoccupato
per questo, io almeno no. Mio padre racconta che uno dei suoi soci in
affari ppena morto di cancro al pancreas e mia madre racconta che
una sua conoscente, una con cui gioca a tennis, ha avuto una
mastectomia. Mio padre ordina un'altra bottiglia - la terza? la
quarta? - e parla di un affare che sta concludendo. La pinde
delle mie sorelle sbadiglia, tormenta l'insalata. Penso a Blair tutta
sola nel suo letto ad accarezzare quello stupido gatto nero e al
cartellone con la scritta Sparire Qui, e allo sguardo di Julian, e
chisse Julian n vendita. Penso alla gente che ha paura di
buttarsi, e alla piscina di notte, con l'acqua luminosa che brilla in
giardino.
Arriva Jared. Senza il padre di Blair, ma con una modella famosa.
La modella non si toglie la pelliccia e Jared non si toglie gli
occhiali scuri. Un altro tizio che conosce mio padre, uno che lavora
alla Warner Brothers, si ferma al nostro tavolo e ci augura Buon
Natale. Non ascolto la conversazione. Guardo invece mia madre che ha
gli occhi fissi sul bicchiere. Una delle mie sorelle racconta
un'altra barzelletta e mia madre non la capisce e ordina da bere.
Chisse il padre di Blair sa che stasera Jared a Chasen's con
una modella famosa. Spero di non dover mai pisare una serata
come questa.

Usciamo da Chasen's e le strade sono vuote. L'aria ncora calda e
secca e il vento non alato. In Little Santa Monica c'na
macchina rovesciata, con i finestrini rotti, e quando la superiamo le
mie sorelle allungano il collo per guardare meglio e chiedono a mia
madre, che sta guidando, di rallentare. Lei non le ascolta e loro si
arrabbiano. Andiamo da Jimmy e mia madre ferma la Mercedes e
scendiamo. Il ragazzo del parcheggio prende le chiavi e andiamo tutti
a sederci su un divano accanto a un tavolino nella zona buia del bar.
C'ochissima gente da Jimmy, solo qualche coppia sparsa lungo il
banco e un'altra famiglia seduta di fronte a noi. Il pianista sta
cantando September Song, sottovoce e mio padre dice che invece
dovrebbe suonare delle canzoni di Natale. Le mie sorelle vanno in
bagno e quando tornano dicono di aver visto una lucertola in uno dei
separ mia madre dice non capisco.
Mi metto a flirtare con la pinde delle ragazze della famiglia
seduta di fronte a noi e mi chiedo se la nostra famiglia somigli a
quella. La ragazza putata a un'altra con cui sono uscito per un
po nel New Hamp-shire. Ha capelli biondi e corti, occhi azzurri e
una bella abbronzatura, e quando si accorge che la fisso, distoglie
lo sguardo con un sorriso. Mio padre chiede un telefono e gliene
portano subito uno con la prolunga e lui chiama suo padre a Palm
Springs poi ce lo passa e gli auguriamo tutti Buon Natale, e io mi
sento proprio un idiota quando dico: - Buon Natale, nonno, - sotto
gli occhi di quella ragazza.
Sulla via del ritorno, dopo aver lasciato mio padre al suo attico
di Century City, schiaccio la faccia contro il finestrino della
macchina e guardo fisso le luci della Valley, poi sposto gli occhi
lungo i fianchi delle colline mentre imbocchiamo Mulholland. Una
delle mie sorelle si essa la pelliccia della mamma e si addormentata. Il cancello si apre e la macchina entra nel viale. Mia
madre schiaccia un bottone che chiude il cancello e io vorrei
augurarle Buon Natale ma non mi vengono le parole e cosa lascio l seduta in macchina.

Natale a Palm Springs. Faceva sempre un gran caldo. Anche se
pioveva, faceva un gran caldo. Un Natale, quello dell'anno scorso,
dopo che era tutto finito, dopo che avevamo lasciato la vecchia casa,
fece ancora pido, pido di quanto molti riuscissero a
ricordare. Nessuno voleva crederci, che potesse fare un caldo come
quello; era semplicemente impossibile. Ma le rilevazioni della
Secur-ity National Bank di Rancho Mirage segnavano 51, 52 e 53 gradi
e io riuscivo solo a fissare quei numeri rifiutandomi di credere a
quello che vedevo, che potesse fare quel caldo d'inferno. Ma poi
guardavo verso il deserto e il vento caldo mi sferzava la faccia e il
riverbero del sole era cosiolento che gli occhiali scuri non
servivano a niente ed ero costretto a strizzare gli occhi per vedere
le grate metalliche del passaggio pedonale che si stavano deformando,
sciogliendosi, letteralmente, al calore, e cosro costretto a
crederci.
Le cose non miglioravano neanche di sera. Alle sette era ancora
chiaro e l'arancio del cielo durava fino alle otto e il vento caldo
veniva gi canyon e soffiava sopra il deserto. Quando finalmente
faceva buio la notte era cupissima e caldissima e qualche volta
strane nuvole bianche vagavano nel cielo e scomparivano prima
dell'alba. C'era anche un gran silenzio. Era strano andar gi la
110 all'una o alle due del mattino. Non c'erano altre macchine, in
circolazione, e quando mi fermavo sul bordo della strada, spegnevo la
radio e abbassavo i finestrini, non sentivo nessun rumore. Solo
quello del mio respiro, secco, raschiante, irregolare. Ma non
resistevo a lungo, perchuando vedevo i miei occhi nello
specchietto retrovisore, infossati, rossi, spaventati, venivo invaso
da un vero e proprio terrore, non so perche tornavo a casa di
corsa.
Praticamente uscivo soltanto verso sera. Andavo in piscina,
mangiavo ghiaccioli alla banana e leggevo l'Herald Examiner:
finalmente c'era un po di ombra dietro la casa, e la piscina era
assolutamente piatta a parte qualche increspatura provocata da certi
vesponi gialli e neri con le ali enormi, e dalle libellule nere che
cascavano dentro l'acqua impazzite per il caldo spaventoso.
Il Natale scorso a Palm Springs mi sdraiavo a letto, nudo, e anche
con il condizionatore acceso, la corrente di aria fredda, una ciotola
di ghiaccio accanto al letto e l'asciugamano pieno di cubetti, non
riuscivo a rinfrescarmi. Immaginavo di attraversare in macchina la
citt all'idea del vento caldo sulle spalle e del calore che saliva
dal deserto, mi sentivo mancare. Mi costringevo ad alzarmi, a
scendere di sotto e a uscire sul bordo di legno della piscina
illuminata nel cuore della notte. Tentavo di farmi una canna ma
riuscivo appena a respirare. Me la facevo lo stesso, per farmi venire
un po di sonno. Riuscivo a star fuori per poco. Dalla casa dei
vicini venivano strane luci e rumori e cosornavo su in camera,
chiudevo la porta a chiave e alla fine mi addormentavo.
Un pomeriggio mi svegliai, scesi di sotto e il nonno mi disse di
aver sentito strane cose nella notte e quando gli chiesi quali strane
cose lui disse che non riusciva a definirle bene, poi scroll
spalle e concluse che doveva essersele immaginate. Il cane abbaitutta la notte e quando mi alzai per farlo smettere sembrava fuori di
sgli occhi spalancati, ansimante, tremante. Ma non uscii mai a
vedere perchbbaiasse in quel modo. Tornai a chiudermi in camera
mia con l'asciugamano fresco sugli occhi. Il giorno dopo accanto alla
piscina c'era un pacchetto vuoto di sigarette. Lucky Strike. Nessuno
fumava in famiglia. Il giorno dopo mio padre fece cambiare le
serrature delle porte e dei cancelli sul retro, mentre le mie sorelle
smontavano l'albero di Natale e io dormivo.

Un paio d'ore pidi chiama Blair. Mi dice che c'na foto di
lei e suo padre a una prima, sul nuovo numero di People Dice anche
di essere ubriaca e sola in casa perch suoi sono andati da certi
vicini che hanno una sala di proiezione a guardare una copia di
lavorazione del nuovo film di suo padre. Mi dice anche di essere a
letto, nuda, e di sentire la mia mancanza. Mi metto a girare per la
stanza, nervoso, mentre la ascolto. Poi mi guardo allo specchio dello
spogliatoio. Trovo una scatola da scarpe in un angolo dell'armadio e
guardo cosa c'entro, sempre parlando al telefono con Blair. E'
piena di fotografie: io e Blair al ballo della scuola; noi due a
Disneyland la sera della consegna dei diplomi; un paio di istantanee
di noi due sulla spiaggia di Monterey; altre due foto di noi a una
festa a Palm Springs; una di Blair a Westwood, presa un giorno che
eravamo usciti presto da scuola, con le sue iniziali dietro. Trovo
anche una foto mia in jeans, senza camicia ncarpe, sdraiato sul
pavimento, con gli occhiali da sole, i capelli bagnati, e cerco di
ricordare chi l'abbia scattata ma non ci riesco. La spiano e guardo
me stesso. Ci penso su ancora un po, poi la metto via. Ci sono altre
foto nella scatola, ma non ce la faccio proprio a guardarle, vecchie
istantanee di me e Blair. Ripongo la scatola in fondo all'armadio.
Mi accendo una sigaretta e accendo Mtv senza l'audio. Passa un'ora,
Blair continua a parlare, mi dice che le piaccio ancora e che
dovremmo uscire insieme e che solo perchon ci siamo visti per
quattro mesi non significa che sia finita. Le dico che ci siamo visti
proprio la sera prima. Lei dice, sper sai cosa voglio dire e
io comincio ad angosciarmi, seduto ld ascoltarla. Guardo la
sveglia. Sono quasi le tre. Le dico che non ricordo com'era la nostra
storia e tento di spostare la conversazione su altri argomenti, film
o concerti o cos'ha fatto tutto il giorno o cos'ho fatto io quella
sera. Quando finisce di parlare uasi l'alba. Del giorno di Natale.

E' la mattina di Natale e io sono fatto di coca, e una delle mie
sorelle mi ha regalato una costosissima agenda rilegata in cuoio, con
le pagine grandi, bianche, ciascuna con la data in cima, a eleganti
lettere d'oro e d'argento. La ringrazio e le do un bacio eccetera e
lei sorride e si versa un altro bicchiere di champagne. Un'estate ho
tentato di tenere una specie di diario, ma non ha funzionato. Mi
confondevo e scrivevo qualcosa tanto per farlo e alla fine arrivai
alla conclusione che non facevo abbastanza cose da tenere un diario.
So gihe non useri questa agenda. Probabilmente la porterl
New Hampshire e la lascerlla scrivania per tre o quattro mesi,
intatta, vuota. Mia madre ci guarda, seduta sull'orlo del divano in
soggiorno, e sorseggia champagne. Le mie sorelle aprono i pacchi dei
regali senza eccitazione, indifferenti. Mio padre legante e
inarrivabile. Sta riempiendo assegni per me e le mie sorelle e mi
chiedo come mai non li abbia riempiti prima, ma dopo un po lascio
perdere e guardo dalla finestra: il vento caldo spazza il giardino.
L'acqua della piscina si increspa.

E' il venerdopo Natale, c'n bel sole caldo e io decido di
darmi un po da fare per abbronzarmi e cosado al club con Blair,
Alana, Kim, Rip e Griffin. Arrivo prima di tutti gli altri e mentre
il ragazzo del parcheggio sistema la mia macchina, mi siedo su una
panchina ad aspettare, con gli occhi fissi sulla distesa di sabbia
che incontra l'acqua dove finisce la terra. Dove la terra sparisce.
Sparire Qui. Guardo l'oceano fino a quando arriva Griffin sulla sua
Porsche. Griffin conosce il ragazzo del parcheggio e chiacchiera con
lui per un paio di minuti. Dopo un po arriva Rip con la Mercedes
nuova e anche lui conosce il ragazzo e quando presento Rip a Griffin
si mettono a ridere tutt'e due e mi dicono che si conoscono giMi
chiedo se siano andati a letto insieme e mi gira la testa e sono
costretto a sedermi sulla panchina. Alana, Kim e Blair arrivano sulla
Cadillac decappottabile di chisshi.
- Abbiamo fatto colazione al country club, - dice Blair, abbassando
il volume della radio. - Kim si ersa.
- Non ero, - dice Kim.
- Allora, Kim non ci credeva, che io mi ricordassi la strada, e
cosi ermata a una stazione di servizio per chiedere indicazioni
e alla fine ha chiesto il numero di telefono al ragazzo che lavorava
alla pompa.
- Era stupendo, - esclama Kim.
- E allora? Pompa benzina tutto il giorno, - strilla Blair,
scendendo dalla macchina, fantastica in un costume intero. - Siete
pronti? Si chiama Moose.
- Non mi importa come si chiama. E' assolutamente stupendo, -
ripete Kim.
Griffin iuscito a portare rum e Coca sulla spiaggia senza farsi
beccare e beviamo quello che resta. Rip si toglie praticamente il
costume per mostrare la riga dell'abbronzatura. Io mi spalmo d'olio
le gambe e il torace ma non abbastanza. Alana ha lo stereo portatile
e le pile e continua a suonare la stessa canzone degli Inxs
all'infinito; parliamo del nuovo album degli Psychedelic Furs; Blair
racconta che Muriel ppena uscita dal Cedars-Sinai; Alana dice che
ha chiamato Julian per chiedergli se voleva venire con noi ma non
l'ha trovato. Alla fine smettiamo tutti di parlare e ci concentriamo
su quello che resta del sole. Arriva una canzone dei Blondie e Blair
e Kim chiedono ad Alana di alzare il volume. Io e Griffin ci avviamo
agli spogliatoi. Deborah Harry sta chiedendo Where is my wave?
- Cos'hai? Cosa succede? - mi chiede Griffin, guardandosi allo
specchio, appena entriamo nel bagno degli uomini.
- Sono solo un po tesogli , dico, bagnandomi la faccia.
- Andrutto benedice , Griffin.
E luori, sulla spiaggia, al sole, con gli occhi fissi sul
Pacifico, sembra davvero possibile credere a Griffin. Ma poi mi
scotto e quando mi fermo da Gelson per comperare le sigarette e una
bottiglia di Perrier, trovo una lucertola sul sedile anteriore. Il
ragazzo alla cassa parla di statistiche di omicidi e poi chiss perchi guarda e mi chiede se mi sento bene. Io non rispondo, mi
limito a uscire in silenzio dal negozio. Arrivo a casa, faccio la
doccia e accendo lo stereo, ma quando viene la notte non riesco a
dormire; mi bruciano le spalle, Mtv mi sta facendo venire il mal di
testa e prendo una capsula di Nembutal che Griffin mi ha passato al
parcheggio del club.

La mattina dopo mi alzo tardi al frastuono dei Duran Duran che
arriva dalla camera di mia madre. La porta perta e le mie sorelle
sono sdraiate sul letto matrimoniale, in costume da bagno, e stanno
sfogliando vecchi numeri del Gentleman's Quarterly, mentre il
Betamax trasmette un film porno senza audio. Mi siedo sul letto,
anch'io in costume, e loro mi dicono che la mamma scita a
colazione e che la cameriera ndata a fare la spesa, e io guardo il
film per una decina di minuti chiedendomi chi abbia comperato una
cassetta come quella... mia madre? le mie sorelle? un amico per
Natale? il proprietario della Ferrari? io? Quando il protagonista
viene, una delle mie sorelle dice che schifo, e io scendo di sotto,
vado in piscina e faccio le mie vasche.

A quindici anni, appena imparato a guidare, a Palm Springs, quando
i miei genitori si addormentavano, prendevo la macchina di mio padre
e portavo le mie sorelle in giro per il deserto, nel cuore della
notte, con i Fleetwood Mac o gli Eagles a tutto volume, la capote
abbassata, il vento caldo che soffiava forte e silenzioso piegando le
palme. Una sera io e le mie sorelle prendemmo la macchina ed era una
notte senza luna e il vento soffiava forte e qualcuno mi aveva appena
riportato a casa da una festa non molto divertente. Il Mcdonald dove
volevamo fermarci era chiuso perchl vento aveva provocato un
blackout e io ero stanco e le mie sorelle continuavano a litigare e
stavo gier tornare a casa quando vidi qualcosa come un fal
miglio pinti, lungo la strada. Quando mi avvicinai mi accorsi
che non era un fal una Toyota parcheggiata a un'angolatura
strana, la capote abbassata, le fiamme che uscivano dal motore. Il
parabrezza era in pezzi e sul bordo della strada era seduta una donna
messicana, in lacrime. C'erano anche due o tre bambini, messicani, in
piedi alle sue spalle, con gli occhi fissi sul fuoco, a bocca aperta
davanti alle fiamme guizzanti, e io mi meravigliai che non ci fossero
altre macchine ferme a soccorrere la donna. Le mie sorelle smisero di
litigare e mi dissero di fermarmi percholevano guardare la scena.
Io volevo fermarmi, ma non lo feci. Rallentai, poi ripartii di corsa,
spinsi dentro la cassetta che le mie sorelle avevano tolto quando
avevano visto le fiamme, alzai il volume al massimo e attraversai a
tutta velocitli incroci con il semaforo rosso fino a casa.
Non so perchuell'incendio mi avesse sconvolto, ma ero sconvolto,
e continuavo a vedere un bambino, ancora vivo, in mezzo alle fiamme.
Forse uno dei piccoli aveva sfondato il parabrezza ed era ricaduto
sul motore. Chiesi alle mie sorelle se avevano visto un bambino in
mezzo alle fiamme, un bambino che bruciava, che si scioglieva sul
motore. Loro dissero no, e tu? fantastico, e il giorno dopo cercai la
notizia su tutti i giornali per esser sicuro che non ci fossero
bambini morti. E la stessa sera andai a sedermi accanto alla piscina
e continuai a pensare a quella scena fino a quando non mi
addormentai, non prima che saltasse di nuovo la corrente, perer
il gran vento, e la piscina sprofondasse nel buio.
E ricordo che proprio allora cominciai a raccogliere tutti quei
ritagli di giornale; uno su un bambino di dodici anni che aveva
sparato al fratellino per errore, a Chino; un altro su un uomo di
Indio che aveva inchiodato il figlio a una parete o a una porta, non
ricordo bene, e poi gli aveva sparato dritto in faccia; un altro su
un incendio in una casa di riposo dov'erano morte venti persone; un
altro ancora su una donna che mentre riportava a casa i figli da
scuola era volata giuna scarpata di trenta metri vicino a San
Diego, tutti morti sul colpo, lei e i tre bambini; e infine uno su un
uomo che aveva investito l'ex moglie di proposito, con tutta calma,
da qualche parte vicino a Reno, lasciandola paralizzata dal collo in
giccolsi tutti quei ritagli perche n'erano un sacco da
raccogliere, a quei tempi. O almeno, cosi sembra.

E' sabato sera e il sabato sera quando non ci sono feste o concerti
e tutti hanno visto tutti i film, di solito ce ne stiamo a casa e
invitiamo gli amici e parliamo al telefono. Arriva qualcuno, fa due
chiacchiere, beve qualcosa, poi risale in macchina e va a casa di
qualcun altro. A volte il sabato sera ci sono tre o quattro persone
che fanno il giro delle case. Che girano in macchina dalle dieci di
sera fin quasi all'alba del giorno dopo. Trent arriva a casa mia e mi
racconta che un paio di ebree viziate e isteriche hanno visto, o
cosicono, una specie di mostro, un lupo mannaro, a Bel Air. Pare
che una delle loro amiche sia scomparsa. Hanno organizzato una
squadra di ricerca, a Bel Air, stasera, ma finora non hanno trovato
niente tranne - Trent sghignazza - il cadavere mutilato di un cane.
Le due stronzette di ebree, che Trent definisce assolutamente
fuori di testa, passano la notte a casa di un'amica a Encino. Trent
dice che probabilmente le due stronzette hanno bevuto troppa Tab,
hanno avuto una specie di reazione allergica. Forse, dico io, ma
questa storia mi innervosisce. Quando Trent se ne va, tento di
chiamare Julian ma non risponde nessuno, chissove si acciato, e
quando riappendo mi sembra di sentire qualcuno urlare nella casa
accanto, lungo il canyon, e coshiudo la finestra. Sento anche il
cane abbaiare nel giardino sul retro e la Kroq trasmette vecchie
canzoni dei Doors e su canale tredici danno La guerra dei mondi, cos passo a un programma religioso con un predicatore che urla Dio vuole
servirsi di voi. Lasciatelo fare. Abbandonatevi e lasciatelo fare.
Abbandonatevi -, continua a cantilenare. - Lasciatelo fare,
lasciatelo fare Io sto bevendo gin e ghiaccio sciolto a letto e mi
sembra di sentire qualcuno entrare in casa. Ma Daniel mi dice, al
telefono, che probabilmente sono le mie sorelle che cercano qualcosa
da bere. Stasera mi riesce difficile credere a Daniel; al
telegiornale dicono che ieri sera quattro persone sono state
picchiate a morte, in questa zona, e resto sveglio quasi tutta la
notte, alla finestra, con gli occhi fissi sul giardino dietro casa,
in cerca di lupi mannari.

Nella nuova casa di Kim, nelle colline sopra Sunset, il cancello aperto ma non si vedono molte macchine parcheggiate. Io e Blair
arriviamo alla porta e suoniamo il campanello, ma ci vuole un bel po
perchualcuno venga ad aprire. Alla fine arriva Kim in persona, in
jeans sbiaditi e attillatissimi, stivali di cuoio nero, T-shirt
bianca. Sta fumando una canna. Fa un tiro, prima di abbracciarci
dicendo: - Buon anno, - poi ci accompagna in un atrio dal soffitto
altissimo e ci spiega di aver traslocato soltanto tre giorni prima, e
chela : mamma n Inghilterra con Milo - e coson hanno ancora
avuto tempo di arredarla, la casa. Ma c'a moquette sui pavimenti,
ci dice, il che na bella cosa ma non le chiedo perchCi dice che
la casa bbastanza vecchia, che prima ci abitava un nazista. Sulla
veranda ci sono certi vasi enormi con dentro degli alberelli e la
svastica dipinta sopra. - Si chiamano vasi nazi, - spiega Kim.
La seguiamo di sotto dove ci sono soltanto dodici o tredici
persone. Kim ci dice che forse stasera verranno i Fear, a suonare.
Presenta me e Blair a Spit, che n amico del batterista, e Spit ha
una pelle davvero pallida, pilida di quella di Muriel, capelli
corti ingelatinati, orecchino a forma di teschio e cerchi neri sotto
gli occhi. Ma Spit ncazzato e dopo averci salutato dice a Kim che
deve fare qualcosa per Muriel.
- Perch- chiede Kim, tirando una gran boccata dalla canna.
- Perchuella puttana ha detto che sembravo morto, - dice Spit,
gli occhi dilatati.
- Oh, Spit, - dice Kim.
- Ha detto che puzzo di cadavere.
- Dai, Spit, lascia perdere, - dice Kim.
- Lo sai che non tengo pimali morti in camera mia - Lancia
un'occhiata a Muriel, che n fondo al banco del bar, e ride, con un
bicchiere di punch in mano.
- Oh, Spit, Muriel antastica, - dice Kim, - solo che deve
prendere sessanta milligrammi di litio al giorno. E' stanca -. Kim si
rivolge a me e a Blair. - Sua madre le ha comperato una Porsche da
cinquantacinquemila dollari - Torna a guardare Spit. - Non incredibile?
Spit dice che sroprio incredibile, e che tenteri
dimenticarlo e di pensare invece al prossimo disco da mettere e Kim
gli dice: - Bravo, - e poi prima che si allontani verso lo stereo: -
Senti, Spit, non te la prendere con Muriel. Non dire niente. E'
appena uscita dal Cedars-Sinai. Dalle tempo di ubriacarsi e star benissimo. E' solo un po sopra le righe.
Spit la ignora e prende un vecchio disco degli Oingo Boingo.
- Posso mettere questo o no?
- Perchon lo tieni per dopo?
- Senti, Kim-ber-ly, mi sto scocciando, - dice lui, a denti
stretti.
Kim tira fuori una canna dalla tasca posteriore dei jeans e gliela
offre.
- Datti una calmata, Spit.
Spit ringrazia poi va a sedersi sul divano vicino al caminetto
schermato da un'enorme bandiera americana e fissa la canna a lungo
prima di accenderla.
- Be, voi due avete un'aria fantastica, - dice Kim
- Anche tu, - le dice Blair. Io annuisco. Sono stanco e un po
fatto e in realton avevo nessuna voglia di venire qui, ma Blair arrivata a casa mia qualche ora fa e abbiamo fatto una nuotata in
piscina, poi siamo andati a letto e Kim ha telefonato.
- Viene anche Alana? - chiede Blair.
- No, non puKim scuote la testa e tira un'altra boccata dalla
canna. - Andava a Palm Springs.
- E Julian? - chiede Blair.
- Niente da fare. Con tutti quegli avvocati di Beverly Hills che si
scopa per soldi - Kim fa un sospiro poi si mette a ridere.
Faccio per chiederle spiegazioni ma all'improvviso qualcuno la
chiama e lei dice: - Oh, merda, rrivato il tizio dei liquori, - e
si allontana. Io guardo oltre la grande piscina illuminata, verso le
luci di Hollywood; una distesa di luci sotto un cielo viola al neon e
Blair mi chiede se sto bene e io dico scerto.
Un ragazzo giovane, di diciotto o diciannove anni, porta dentro una
grossa scatola di cartone e la appoggia sul banco del bar, Kim firma
qualcosa, gli da mancia e lui dice: - Buon anno, belli, - e se ne
va. Kim prende una bottiglia di champagne dalla scatola, la apre con
gesti esperti e grida: - Ragazzi, bottiglie per tutti. Perrier-Jouet.
Ghiacciato.
- Mi hai convinto, brutta serpe - Muriel arriva di corsa,
abbraccia Kim e Kim le dna bottiglia.
- Spit ncazzato con me o cosa? Gli ho solo detto che sembra un
cadavere, - dice Muriel, aprendo la bottiglia. - Ciao Blair, ciao
Clay.
- E' solo un po teso, - dice Kim. - Colpa di questo vento assurdo
o qualcosa.
- E' cosdiota. Dice cose tipo Andavo bene a scuola prima che mi
buttassero fuori Che ne dite? Che cazzo significa secondo voi? -
chiede Muriel. - E poi l'imbecille ha bisogno di un lanciafiamme, per
scaldare la coca e farsi tutto quel crack.
Kim si stringe nelle spalle e prende un altro sorso di champagne.
- Muriel, sei bellissima, - dice Blair.
- Oh, Blair, anche tu, come sempre, - dice Muriel, buttando gi
bella sorsata dalla bottiglia. - E... oh Dio mio, Clay, devi
prestarmelo, quel gilet.
Abbasso gli occhi sul gilet mentre apro la mia bottiglia. E' solo
un gilet scozzese bianco e grigio con qualche triangolo rosso scuro.
- Sembra che ti abbiano tirato una coltellata o qualcosa. Ti prego,
fammelo provare, - supplica Muriel toccandomi il gilet.
Sorrido e la guardo e mi rendo conto che ortalmente seria e io
sono troppo stanco per dire di no, cosi tolgo il gilet e glielo do
e lei lo indossa ridendo. - Te lo ride lo ridon preoccuparti.
Nella stanza c'n fotografo, un tipo davvero irritante che
continua a scattare foto a tutti. Si avvicina all'improvviso e ti
sbatte l'obiettivo in faccia e fa due o tre scatti, e adesso arriva
da me e il flash mi acceca per un attimo e butto gialtro sorso
direttamente dalla bottiglia. Kim accende candele in tutta la stanza
e Spit mette un disco degli X e qualcuno comincia ad appendere
palloncini a una delle pareti vuote e i palloncini hanno un'aria
misera gonfiati solo a metLa porta che dulla piscina e sulla
veranda perta, con un paio di palloncini appesi agli stipiti, e io
e Blair andiamo fuori sul bordo della piscina.
- Come sta tua madre? - chiede Blair. - Esce ancora con Tom?
- E questa dove l'hai sentita? L'hai letta sull'Inquirer? - Kim
si mette a ridere.
- No. Ho visto la loro foto sull'Hollywood Reporter.
- E' in Inghilterra con Milo, te l'ho detto, - fa Kim, mentre ci
avviciniamo all'acqua illuminata. - Almeno, cosice Variety.
- E tu? - chiede Blair, cominciando a sorridere. - Con chi esci?
- Moi? - Kim ride e poi fa il nome di un attore giovane e famoso
con il quale credo di essere andato a scuola, non ricordo bene.
- Slo so. Volevo solo una conferma.
- E' vero.
- Ma non c'era, alla tua festa di Natale, - dice Blair.
- Non c'era? - Kim sembra preoccupata. - Sei sicura?
- Non c'era, - dice Blair. - Tu l'hai visto, Clay?
- No, non l'ho visto, - dico, anche se non ricordo.
- E' strano, - dice Kim. - Forse stava girando da qualche parte.
- Com' - Carino, molto carino.
- E Dimitri?
- Oh, Dimitri, - dice Kim.
- Lo sa? - chiede Blair.
- Credo di sNon so.
- E come l'ha presa?
- Senti, Jeff olo un capriccio. Dimitri invece mi piace.
Dimitri eduto accanto alla piscina e sta suonando la chitarra. E'
abbronzatissimo, ha i capelli corti e biondi e se ne sta seduto sulla
sdraio a suonare accordi strani, inquietanti. Poi trova un motivo e
attacca a ripeterlo una due tre volte e Kim si limita a guardarlo
senza dire niente. Il telefono squilla dentro casa e Muriel grida
agitando le mani: - Kim, er te.
Kim torna dentro e io sto per chiedere a Blair se vuole andar via
quando arriva Spit, sempre con la sua canna. Si avvicina a Dimitri
insieme a un surfista e dice: - Heston ha un acido fantastico - Il
surfista guarda Blair e strizza l'occhio, e lei mi tocca il culo e si
accende una sigaretta. - Dov'im? - chiede Spit quando Dimitri
invece di rispondergli continua a fissare l'acqua e a strimpellare la
chitarra. Poi ci guarda, tutt'e quattro, e per un attimo sembra che
stia per dire qualcosa. Invece si limita a sospirare e torna a
guardare l'acqua.
Arriva un'attrice giovanissima con un produttore che ho conosciuto
a una delle feste del padre di Blair. Danno un'occhiata alla scena,
poi si avvicinano a Kim, che ha appena smesso di parlare al telefono
e ricomincia con la storia di sua madre che n Inghilterra con
Milo, e il produttore dice che la credeva alle Hawaii, invece. Poi
buttano lhe forse Thomas Noguchi farn salto qui pidi.
L'attrice e il produttore se ne vanno e Kim si avvicina a me e a
Blair e ci dice che era Jeff al telefono.
- Cos'ha detto? - chiede Blair.
- E' una testa di cazzo. E' gialibu con un surfista, chiss chi, e se ne stanno rintanati in casa.
- Cosa voleva?
- Augurarmi buon anno - Kim sembra arrabbiata.
- Be, carino, - dice Blair per consolarla.
- Ha detto Buon anno, stronza, - riferisce Kim, e si accende una
sigaretta. La bottiglia di champagne che si porta in giro uasi
vuota. Sta per mettersi a piangere o per aggiungere qualcosa quando
arriva Spit e dice che Muriel si hiusa nella stanza di Kim, e cos io, Blair, Spit e Kim torniamo dentro, saliamo di sopra, scendiamo
gi un corridoio fino alla porta della camera di Kim e Kim tenta
di aprirla ma hiusa a chiave.
- Muriel, - chiama, bussando. Nessuna risposta.
Spit picchia alla porta, poi tira un calcio.
- Non sfondarmela, Spit, - dice Kim, poi urla: - Muriel, vieni
fuori.
Io guardo Blair che sembra preoccupata. - Credi che stia bene?
- Non so, - dice Kim.
- Cos'ha preso? - vuol sapere Spit.
- Muriel? - chiama di nuovo Kim.
Spit si accende un'altra canna e si appoggia alla parete. Arriva il
fotografo e ci fa qualche scatto. La porta si apre lentamente e
appare Muriel. Ha l'aria di aver pianto. Ci fa entrare tutti nella
stanza poi chiude la porta a chiave.
- Stai bene? - chiede Kim.
- Ssto benedice , lei, asciugandosi la faccia.
La stanza uia tranne per un paio di candele accese in un angolo
e Muriel si siede nell'angolo vicino a quello delle candele, dove ci
sono un cucchiaio e una siringa, una bustina di carta con una polvere
scura e un batuffolo di cotone. C'in po di roba nel cucchiaio
e Muriel fa una pallottola picola che pun il cotone e la
mette nel cucchiaio, poi infila l'ago della siringa nel cotone e
aspira. Si arrotola la manica, prende una cintura da un angolo buio e
se la stringe intorno al braccio, in alto. Ora vedo i segni dell'ago
e guardo Blair che ha gli occhi fissi sul braccio di Muriel.
- Cosa succede qui? - chiede Kim. - Muriel, cosa stai facendo?
Muriel non dice niente, si dno schiaffo sul braccio per trovare
la vena e io guardo il mio gilet e sballo perchembra davvero che
qualcuno sia stato accoltellato o qualcosa.
Muriel prende la siringa e Kim sussurra: - Non farlo, - ma le
tremano le labbra e ha l'aria eccitata, e io riesco a vedere l'ombra
di un sorriso e ho la sensazione che in realtim voglia che Muriel
si buchi, e quando l'ago si infila nel braccio di Muriel, Blair si
alza e dice: - Io me ne vado, - ed esce dalla stanza. Muriel chiude
gli occhi e la siringa si riempie lentamente di sangue.
Spit dice: - Ragazzi, che sballo.
Il fotografo scatta.
Mi tremano le mani mentre mi accendo una sigaretta.
Muriel comincia a piangere e Kim le accarezza la testa, ma Muriel
continua a piangere e a sbavare, e in realtembra che rida, e ha
rossetto dappertutto sulle labbra e sul naso e il mascara le cola giper le guance.
A mezzanotte Spit tenta di far partire qualche fuoco artificiale ma
solo due si accendono. Kim abbraccia Dimitri, che sembra non
accorgersene nemmeno. Si limita a deporre la chitarra e a fissare
l'acqua della piscina. Siamo undici o dodici fuori vicino alla
piscina e qualcuno abbassa il volume della musica per sentire i
rumori della cittn festa, ma non c'rancha sentire e io
continuo a guardare dentro la casa, nel soggiorno, dove c'uriel
sdraiata sul divano, con sigaretta, occhiali da sole e occhi fissi su
Mtv. Sentiamo i vetri delle finestre che si rompono su tra le colline
e i cani che ululano e lo scoppio di un palloncino. Spit lascia
cadere una bottiglia di champagne e la bandiera americana appesa come
una tenda al caminetto si agita nella brezza e Kim si alza e si
accende un'altra canna. Blair mi sussurra Buon anno, poi si toglie
le scarpe e infila i piedi nell'acqua calda e luminosa. I Fear non si
fanno vedere e la festa finisce presto.

La stessa sera a casa, verso l'alba, sono seduto in camera mia a
guardare programmi religiosi a una Tv via cavo perchon ne posso
pivideo e ci sono questi due tipi, preti, o forse predicatori,
sullo schermo, avranno quaranta, quarantacinque anni, in giacca e
cravatta e occhiali con le lenti rosa. Stanno parlando dei Led
Zeppelin, dicono che se si suonano i loro dischi al contrario si
sentono allarmanti passaggi sul diavolo Uno dei due si alza e
spacca in due il disco e dice: Credetemi, da buon cristiano timorato
di Dio, questo proprio non posso sopportarlo! Poi comincia a parlare
delle sue preoccupazioni per i giovani, per il male che roba come
quella fa ai giovani. E i giovani sono il futuro di questo paese,
strilla, poi spezza in due un altro disco.

- Julian vuole vederti, - mi dice Rip al telefono.
- Vuol vedere me?
- S - Ha detto perch- chiedo.
- No. Non aveva il tuo numero e lo voleva, cosliel'ho dato.
- Non aveva il mio numero?
- Cosa detto.
- Non credo che mi abbia chiamato.
- Ha detto che doveva assolutamente parlare con te. Senti, bello,
io di solito non faccio la segretaria telefonica. Ok? Quindi,
ringrazia.
- Grazie.
- Ha detto che oggi alle tre e mezzo puoi trovarlo al Chinese
Theater.
- E cosa ci fa, al Chinese The-ater? - chiedo.
- Tu che dici?

Decido di andare all'appuntamento con Julian. Prendo la macchina,
vado al Chinese Theater in Hollywood Boulevard e resto ler un po
a guardare le impronte degli attori. Non vedo nessuno, tranne una
giovane coppia di fuori citthe fotografa le impronte e un
orientale dall'aria losca vicino al botteghino. La maschera
all'ingresso, un biondo abbronzato, mi dice: - Ehi, io ti conosco.
Due anni fa a una festa a Santa Monica, giusto?
- No, non ricordo, - gli dico.
- Ma sLa festa di Kicher. Ricordi?
Gli dico che no, non ricordo, e poi gli chiedo se la rivendita di
bibite perta. Lui dice di s mi fa entrare, e io compero una
Coca Cola.
- Il film iominciato, per dice il ragazzo.
- Non importa. Non voglio vedere il film, - gli dico.
L'orientale dall'aria losca continua a guardare l'orologio e alla
fine se ne va. Finisco la Coca e aspetto fino alle quattro. Julian
non si fa vedere.

Vado a casa di Trent, ma Trent non c' cosado in camera sua,
infilo una cassetta nel Betamax poi chiamo Blair e le chiedo se vuol
fare qualcosa stasera, andare a un club o al cinema, e lei dice s
io mi metto a disegnare su un foglio di carta vicino al telefono e
copio un po di numeri.
- Julian vuole vederti, - mi dice Blair.
- Slo so. Ti ha detto cosa vuole?
- No, non so perchuole vederti. Ha detto solo che vuole parlare
con te.
- Hai il suo numero? - le chiedo.
- No. Hanno cambiato tutti i numeri della casa di Bel Air. Ma lui
dev'essere a Malibu. Non sono sicura, per Che importanza ha,
comunque? Probabilmente non oi cosrgente.
- Be, - comincio, - potrei fare un salto alla casa di Bel Air.
- Ok.
- Se vuoi fare qualcosa stasera, chiamami, ok? - le dico.
- Ok.
C'n lungo silenzio poi lei ripete ok ancora una volta e
riappende.

Julian non Bel Air, ma sulla porta c'n biglietto che dice
che potrebbe essere in una casa di King's Road. Julian non emmeno
in King's Road, ma c'n ragazzo in costume da bagno con
l'apparecchio ai denti e i capelli corti biondo platino che sta
sollevando pesi nel giardino sul retro. Mette gi dei pesi,
accende una sigaretta e mi chiede se voglio un Quaalude. Gli chiedo
dov'ulian. C'na ragazza distesa su una sedia a sdraio vicino
alla piscina, bionda, ubriaca. Dice in tono esausto: - Oh, Julian
potrebbe essere dovunque. Ti deve dei soldi? - La ragazza ha portato
fuori un televisore e sta guardando un film di cavernicoli.
- No, - le dico.
- Bene, allora. Deve pagarmi un grammo di coca che gli ho procurato
- Scuote la testa. - Niente da fare. Non paga -. Scuote ancora la
testa, lentamente, e parla con voce spessa, una bottiglia di gin
mezza vuota accanto alla sdraio.
Il sollevatore di pesi con l'apparecchio ai denti mi chiede se
voglio una cassetta pirata di Indiana Jones e il tempio maledetto.
Gli dico di no e poi gli chiedo di riferire a Julian che sono passato
a cercarlo. Il sollevatore di pesi fa di son la testa con aria
ebete e la ragazza gli chiede se ha i biglietti gratis per il
concerto dei Missing Persons. Lui dice: - Stesoro, - e lei si
tuffa in piscina. Uno dei cavernicoli vola giun burrone e io
taglio la corda.

Mentre vado alla macchina, arriva Julian. E' pallido sotto
l'abbronzatura, a vederlo ln piedi, stravolto, cadaverico, d l'impressione di essere sul punto di svenire. Invece apre la bocca e
dice: - Ciao, Clay.
- Ehi, Julian.
- Vuoi una canna?
- No, non adesso.
- Sono contento di vederti.
- Mi hanno detto che volevi parlarmi.
- S - Cosa vuoi? Cosa succede?
Julian abbassa gli occhi, poi li alza su di me, strizzandoli alla
luce del sole al tramonto e dice: - Soldi.
- Per che cosa? - gli chiedo dopo un po.
Lui guarda a terra, si passa la mano sulla nuca e dice: - Ehi,
andiamo alla Galleria, ok? Su, vieni.
Io non ho nessuna voglia di andare alla Galleria e nemmeno di dare
dei soldi a Julian, ma n bel pomeriggio e non ho nient'altro da
fare e coso seguo a Sherman Oaks.

Siamo seduti a un tavolo della Galleria. Julian tormenta un
cheeseburger senza mangiarlo. Prende un tovagliolo e lo usa per
eliminare il ketchup. Io bevo una Coca. Julian dice che ha bisogno di
soldi, contanti.
- Per cosa?
- Vuoi un po di patatine?
- Ti dispiacerebbe arrivare al punto?
- Per un aborto - Dn morso al cheeseburger e io prendo il
tovagliolo sporco di ketchup e lo metto sul tavolo alle nostre
spalle.
- Un aborto.
- S - Per chi?
C'n lungo silenzio, poi Julian dice: - Una ragazza.
- Be, fin qui c'ero arrivato da solo. Ma chi?
- Vive a Westwood con degli amici. Senti, puoi prestarmi questi
soldi o no?
Guardo gipianterreno della Galleria con tutta la gente che va
e viene e mi chiedo cosa succederebbe se rovesciassi il bicchiere
pieno di Coca. - S- dico alla fine. - Immagino di s - Wow. Fantastico, - dice Julian, sollevato.
- Sei rimasto senza soldi? - gli chiedo.
Julian mi lancia una rapida occhiata e dice: - Ummm. S
momentaneamente. Ma se aspetto sartipo, troppo tardi, per
l'aborto. Capisci? E non mi va di vendere la Porsche. Voglio dire,
sarebbe davvero un disastro, se dovessi venderla - Fa una lunga
pausa, tormenta il cheeseburger. - Per uno stupido aborto -. Tenta di
ridere.
Dico a Julian che dubito molto che sarebbe costretto a vendere la
Porsche per pagare un aborto.
- A cosa ti servono davvero i soldi? - gli chiedo.
- Cosa vuoi dire? - fa lui, subito sulla difensiva. - Per un
aborto, no?
- Julian, gli aborti non costano cosari.
- Be, n medico famoso, - dice lui lentamente, incerto. - Lei
non vuole andare in uno di quei consultori, sai... non so perchNon
vuole e basta.
Sospiro e mi lascio andare contro lo schienale della sedia.
- Clay, te lo giuro su Dio, er un aborto.
- Avanti, Julian.
- Ho le carte di credito e un conto corrente, ma i miei genitori
devono aver bloccato tutto. Ho solo bisogno di un po di contanti.
Vuoi prestarmeli questi soldi o no?
- SJulian, te li presto, ma voglio che tu mi dica a cosa
servono.
- Te l'ho detto.
Ci alziamo e ci mettiamo a camminare. Incrociamo due ragazze che ci
sorridono. Julian risponde. Ci fermiamo a un negozio di roba punk e
Julian prende un paio di stivali da poliziotto e li esamina
attentamente.
- Eccezionali, - dice. - Mi piacciono.
Li mette giomincia a mangiarsi le unghie. Prende una cintura
di cuoio nero e la guarda con grande attenzione. Allora ricordo
Julian in quinta elementare, quando giocavamo insieme a calcio dopo
la scuola e quando siamo andati con Trent sulle montagne russe il
giorno dopo il suo undicesimo compleanno.
- Ricordi quando eravamo in quinta? - gli chiedo. - Lo Sports Club,
dopo la scuola?
- No, non ricordo, - dice Julian.
Prende un'altra cintura di cuoio, la mette gii usciamo insieme
dalla Galleria.

Quel pomeriggio, dopo che Julian mi ha chiesto i soldi e mi ha
detto di portarglieli entro due giorni, torno a casa e squilla il
telefono. E' Rip, e mi chiede se ho visto Julian. Gli dico di no e
Rip mi chiede se ho bisogno di qualcosa. Gli dico sotto grammi.
Resta in silenzio per un bel po poi fa: - Seicento - Io guardo il
poster di Elvis Costello, poi fisso gli occhi fuori dalla finestra e
conto fino a sessanta. Nel frattempo Rip non dice niente.
- Ok? - chiedo.
Rip dice: - Ok. Domani. Forse.
Mi alzo, vado in macchina fino a un negozio di dischi e giro tra i
banchi. Guardo i dischi, ma non trovo niente che mi piaccia e che non
abbia giPrendo alcuni dischi nuovi e guardo le copertine e prima
che me ne renda conto passa un'ora e fuori uasi buio.
Spit entra nel negozio e sto per avvicinarmi e dirgli ciao come sta
Kim ma gli vedo i segni dell'ago sul braccio ed esco dal negozio.
Chisse Spit si ricorda di me, comunque. Mentre vado alla macchina,
mi vengono incontro Alana e Kim con questo rockabilly biondo di nome
Benjamin. E' troppo tardi per svicolare, cosaccio un sorriso e li
saluto, e finiamo tutti e quattro in un sushi bar di Studio City.

Al sushi bar di Studio City, Alana non parla molto. Continua a
fissare la sua Diet Cola e ad accendersi sigarette. Ne accende una
dopo l'altra, tira qualche boccata, poi le spegne. Le chiedo di Blair
e lei mi guarda e dice: - Vuoi sapere come sta? - Poi fa un sorriso
sarcastico e dice: - Sembra che ti interessi davvero. Fantastico. -
Distolgo lo sguardo, sconcertato, e mi metto a parlare con questo
Benjamin, che va alla Oakwood. Pare che gli abbiano rubato la Bmw, e
continua a dire che ha avuto una gran fortuna a trovarne subito
un'altra, nuova, stesso modello, 320i, stesso verde sbiadito di
quella che gli aveva regalato suo padre, e poi precisa: - Voglio
dire, non riesco a crederci. Incredibile, no?
- Infatti, - gli dico, lanciando un'occhiata ad Alana.
Kim infila un pezzo di sushi in bocca a Benjamin. Benjamin prende
un sorso del sake ottenuto con una carta d'identitalsa e comincia
a parlare di musica. - New wave. Power pop. Primitive Muzak. Tutte
stronzate. Il rockabilly she va forte. E non sto parlando di
quelle mezze seghe degli Stray Cats, sto parlando del rockabilly,
quello vero. In aprile vado a New York a vedere la scena. Ma non so
se sia quella, la scena giusta. Forse altimora, per il rockabilly.
- SBaltimora, - dico io.
- Sanche a me piace il rockabilly, - dice Kim, pulendosi le
mani. - Ma mi piacciono ancora gli Psychedelic Furs e anche quella
nuova canzone degli Human League.
Benjamin dice: - Gli Human League sono fuori. Finiti. Defunti. Tu
non capisci niente, Kim.
Kim si stringe nelle spalle. Chissov'imitri; chisse Jeff ancora rintanato a Malibu con il surfista.
- No, dico, davvero, non capisci niente, - continua Benjamin. -
Scommetto che non leggi nemmeno The brace Devi leggerlo - Si
accende un bidi. - Devi, assolutamente.
- E perch- gli chiedo.
Benjamin mi guarda, si passa le dita sulla pettinatura gonfia e
dice: - Altrimenti ti annoi.
Dico che sforse ospoi mi metto d'accordo con Kim per
vederci pidi a casa sua con Blair. Vado a casa ed esco a cena
con mia madre. Dopo cena, mi faccio una lunga doccia fredda. Seduto
sul pavimento della doccia lascio che l'acqua mi venga addosso.

Vado in macchina da Kim e trovo Blair in camera di Kim con un
sacchetto di Jurgenson sulla testa. Quando entro, si irrigidisce e si
gira di colpo, poi allunga una mano ad abbassare lo stereo. - Chi - Sono io, Clay, - le dico.
Lei si toglie il sacchetto dalla testa, sorride e mi dice che ha il
singhiozzo. Ai piedi di Blair c'n grosso cane e io mi chino e gli
accarezzo la testa. Kim esce dal bagno, prende un tiro dalla
sigaretta che Blair stava fumando e la butta sul pavimento. Alza il
volume dello stereo, una canzone di Prince.
- Gesay, sei in acido o cosa, - dice Blair, accendendosi
un'altra sigaretta.
- Sono stato a cena fuori con mia madre, - le dico.
Il cane spegne la sigaretta con una zampa e poi mangia il
mozzicone.
Kim racconta di un vecchio amico che una volta si atto un
bruttissimo trip. - Ha preso l'acido e non riusciva piornare
indietro, sei settimane urato il trip. I suoi genitori l'hanno
mandato in Svizzera - Kim si gira verso Blair, che sta guardando il
cane. Il cane inghiotte del tutto il mozzicone.
- Come sto? Mi sono svestita abbastanza? - ci chiede Kim.
Blair approva ma le dice di togliersi il cappello.
- Devo proprio? - mi chiede Kim, incerta.
- Certo, percho? - Sospiro e mi siedo sul letto di Kim.
- Sentite, resto. Perchon andiamo al cinema, - dice Kim,
guardandosi allo specchio e togliendosi il cappello.
Blair si alza e dice: - Buona idea. Cosa danno?
Il cane tossisce e ricomincia a deglutire.

Andiamo a Westwood. Il film che vogliono vedere Kim e Blair
comincia alle dieci ed a storia di un gruppo di studentesse
giovani e carine che stanno in una sorority e vengono sgozzate e
buttate in piscina. Io non guardo tutto il film, solo le parti pitrucide. Invece di restare fissi sullo schermo, i miei occhi vagano
per la sala e si fermano sulle scritte Uscita verdi e luminose
sopra le due porte in fondo al locale. Il film finisce bruscamente e
Kim e Blair vogliono restare a leggere i titoli di coda perch conoscono un sacco di attori. All'uscita, Blair e Kim vedono Lene, e
Blair mi afferra il braccio e dice: - Oh, no.
- Voltatevi dall'altra parte, presto. C'ene, - dice Kim in tono
allarmato. - Non ditele che l'abbiamo vista su Mv3 oggi.
- Troppo tardi - Blair sorride: - Lene! Ciao!
Lene ha un'abbronzatura esagerata e indossa solo un paio di jeans
sbiaditi e una T-shirt dello Hard Rock Cafe che non nasconde niente. E'
in compagnia di un ragazzo biondo davvero giovanissimo, anche lui
troppo abbronzato, in shorts e occhiali da sole. Urla: - Oh Dio mio.
Blair, Kimmy.
Lene e Blair si abbracciano, poi Lene e Kim si abbracciano e
fingono di baciarsi sulle guance.
- Questo roy, - dice Lene, presentando il ragazzo.
- Questo lay, - dice Blair, mettendomi un braccio intorno alle
spalle.
- Ciao, Troy, - dico.
- Ciao, Clay, - dice Troy.
Ci stringiamo la mano, una stretta fiacca e incerta, e le ragazze
sembrano contente.
- Oh Dio mio, Blair, oggi io e Troy siamo apparsi su Mv3! Ci avete
visto? - chiede Lene.
- No, - dice Blair, in tono deluso, lanciando una rapida occhiata a
Kim.
- E tu? - chiede Lene a Kim. Kim scuote la testa.
- Be, io di certo non mi sono vista. In effetti, a un certo punto
mi embrato di vedermi, ma non sono sicura. Tu mi hai visto, Troy?
Troy scuote la testa, si guarda le unghie.
- Troy l'hanno ripreso, e io che stavo ballando con lui devo essere
rimasta fuori. Hanno ripreso una troietta qualunque che ballava l vicino, al posto mio - Tira fuori una sigaretta, cerca l'accendino.
- Magari replicano il programma e puoi guardare meglio, - dice
Blair, con un sorriso che uasi un ghigno.
- Oh, certo, lo replicheranno di certo, - dice Kim, anche lei
ghignando e squadrando Troy da capo a piedi.
- Davvero? - chiede Lene speranzosa. Le accendo la sigaretta.
- Replicano tutto, - dice Blair. - Tutto.
Non arriviamo mai al Nowhere Club. Kim si perde e non ricorda
l'indirizzo e cosndiamo invece al Barney's Beanery e restiamo
seduti in silenzio. Poi Kim parla della sua festa e io faccio qualche
tiro al biliardo, e quando Blair ordina da bere la cameriera vuole
vedere la carta d'identit Blair le duella falsa e la cameriera
le porta da bere e Blair passa il bicchiere a Kim che lo vuota di
colpo e dice a Blair di ordinarne un altro. Blair e Kim parlano di
Lene e di com'era brutta oggi in Tv.

Trent mi chiama la sera dopo e mi dice che si sente depresso; non
ha pia, non riesce a trovare Julian; ha problemi con una
ragazza.
- Ieri sera siamo andati a questa festa in collina... - attacca
Trent, poi tace.
- E allora? - dico io, sdraiato sul letto, gli occhi fissi sul
televisore.
- Be, non so, secondo me lei esce con qualcun altro... - Fa
un'altra pausa. - Non ci prendiamo, semplicemente. Sono distrutto.
Fa un'altra lunga pausa. - Ah sDistrutto? - chiedo.
- Andiamo al cinema, - dice Trent.
Per un po non parlo perchulla Tv via cavo c'n video in
bianco e nero di edifici che saltano in aria al rallentatore.
Mentre andiamo al Beverly Center, Trent si fa una canna e dice che
la ragazza abita proprio dalle parti del Beverly Center e che io le
somiglio un po.
- Fantastico, - dico.
- Le ragazze sono incasinate di brutto. Specialmente questa.
Strafatta. Di coca. E di una roba che si chiama Preludin, e di
anfetamine. GesTrent tira un'altra boccata, mi passa la canna
poi abbassa il finestrino e guarda il cielo.
Parcheggiamo e attraversiamo il Beverly Center, vuoto, tutto
illuminato. I negozi sono chiusi e mentre saliamo all'ultimo piano
dove ci sono i cinema, il bianco dei pavimenti, dei soffitti e delle
pareti diventa insopportabile. Attraversiamo in fretta i corridoi
deserti e non vediamo una sola persona fino a quando non arriviamo
alle sale. Intorno alla biglietteria ci sono un paio di anime.
Comperiamo i biglietti e andiamo gi il corridoio fino alla sala
tredici. Io e Trent siamo gli unici spettatori e cosi facciamo
un'altra canna nella piccola stanza vuota.

Quando usciamo dal cinema, novanta minuti, forse due ore dopo, una
ragazza con i capelli rosa e i pattini buttati sulle spalle si
avvicina a Trent.
- Trent, oh Dio mio, no! Non antastico questo posto? - strilla
la ragazza.
- Ehi, Ronnette, cosa fai qui? - Trent atto come una biglia; ha
dormito per tutto il secondo tempo.
- Niente di speciale. Mi diverto.
- Ehi, Ronnette, questo lay. Clay, questa onnette.
- Ciao, Clay, - dice la ragazza, flirtando. - Ehi, voi due, che
film avete visto? - Scarta un cubetto di Bazooka e se lo ficca in
bocca.
- Ummm... sala tredici, - dice Trent, intontito, occhi rossi e
semichiusi.
- Titolo? - chiede Ronnette.
- Non ricordo, - dice Trent, e guarda me. Neanch'io ricordo il
titolo e cosi stringo nelle spalle.
- Ehi, Trenty, ho bisogno di un passaggio. Sei venuto in macchina?
- chiede Ronnette.
- No, be, sNo, con la macchina di Clay.
- Oh, Clay, per favore mi daresti un passaggio?
- Certo.
- Fantastico. Mi infilo questi e andiamo.
Mentre attraversiamo il piazzale, una guardia seduta su una
panchina bianca a fumare una sigaretta dice a Ronnette che roibito
girare coi pattini al Beverly Center.
- Incredibile, - dice Ronnette, e schizza via sui pattini.
La guardia non si alza nemmeno, tira un'altra boccata dalla
sigaretta e ci guarda andar via.
In macchina Ronnette ci dice che ha appena finito di registrare il
nuovo album di Bandarasta. Canta nel coro.
- Ma Bandarasta non mi piace. Mi chiama sempre Halloween, chiss perchNon mi va di farmi chiamare Halloween. Non mi va per
niente.
Non le chiedo chi sia Bandarasta; invece le chiedo se fa la
cantante.
- Oh, si fa per dire. In realtaccio la parrucchiera. Vedi, mi
sono beccata la mononucleosi e coso smesso di andare a scuola e
faccio quello che capita. Dipingo, anche... oh cielo, mi viene in
mente che ho dimenticato i miei disegni dai Devo. Vogliono usarli per
un video. Comunque... - Si mette a ridere, poi smette, fa una bolla
con la gomma, la tira, la fa schioccare. - Cosa mi avevi chiesto, non
ricordo pi Mi accorgo che Trent si ddormentato e gli do una gomitata nello
stomaco.
- Eccomi, Clay, eccomi - Si raddrizza e abbassa il finestrino.
- Cla-ay, - dice Ronnette. - Cosa mi avevi chiesto? Non ricordo.
- Ti avevo chiesto cosa fai, - dico, irritato, cercando di star
sveglio.
- Ah. Taglio i capelli, da Flip. Oh, alza un po il volume. Adoro
questa canzone. Suonano al Palace venerdrossimo.
- Trent, stronzo, svegliati, - urlo sopra la musica.
- Eccomi, Clay, eccomi. Ho solo chiuso gli occhi.
- Be, aprili, - gli dico.
Lui li apre e si guarda intorno. - Bella pettinatura, - dice a
Ronnette.
- Una mia creazione. Vedi, una notte ho fatto un sogno. Guardavo il
mondo e il mondo si stava sciogliendo. Ero in La Cienega e da l vedevo tutto il mondo. E si stava sciogliendo. Una scena davvero
forte, e realistica, assolutamente. Be, ho pensato, se il mio sogno
si avverasse sarebbe un bel disastro. Cosa potrei fare per impedirlo,
ho pensato. Capite?
Io faccio di son la testa.
- Poi ho pensato che se mi facevo tipo forare l'orecchio o qualcosa
tipo se mi tingevo i capelli, cambiavo il mio aspetto fisico,
insomma, be, allora forse il mondo non si sarebbe piolto. E
cosi sono tinta i capelli e questo n colore buono, solido. Dura
un sacco. Mi piace. Adesso credo che il mondo non si scioglieri Il suo tono non mi rassicura molto, anche se sto facendo di son
la testa. Non riesco a crederci, sto facendo di son la testa.
Comunque mi fermo al Danny's Okie Dog in Santa Monica Boulevard, e
Ronnette inciampa scendendo dal sedile posteriore della Mercedes e
cade sul marciapiede. Resta ldraiata a ridere mentre mi allontano.
Chiedo a Trent come l'abbia conosciuta. Oltrepassiamo il cartellone
di Sunset. Sparire Qui. Chisse Trent n vendita.
- Da qualche parte, - dice. - Vuoi una canna?

Il giorno dopo vado a casa di Julian a Bel Air con i soldi in una
busta verde. Julian draiato sul letto con il costume bagnato e sta
guardando Mtv. La stanza uia, l'unica luce uella delle immagini
in bianco e nero sullo schermo.
- Ho portato i soldi, - gli dico.
- Fantastico, - dice lui.
Mi avvicino al letto e ci lascio cadere sopra la busta.
- Non c'isogno di contarli. Ci sono tutti.
- Grazie, Clay.
- A cosa ti servono, Julian?
Julian guarda il video fino alla fine, poi si gira verso di me e
dice: - Perchuoi saperlo?
- Perchono un sacco di soldi.
- Allora perche li dai? - chiede, passandosi una mano sul petto
liscio, abbronzato.
- Perchei mio amico? - Mi viene con il punto di domanda. Abbasso
gli occhi.
- Giusto, - dice Julian, tornando a guardare lo schermo.
Parte un altro video.
Julian si addormenta.
Me ne vado.

Rip mi chiama e vuole che ci vediamo alla Scala Boutique per fare
colazione, solo un'insalata, e poi parlare di affari. Vado alla
Scala, trovo un parcheggio sul retro e resto in macchina perch voglio ascoltare una canzone alla radio fino alla fine. Dietro di me
c'na coppia in Jaguar. Pensano che stia per andar via e io glielo
lascio credere. Resto lncora un po e alla fine i due nella Jaguar
suonano il clacson e se ne vanno. Scendo dalla macchina, entro nel
ristorante e vado a sedermi al bar. Ordino un bicchiere di vino
rosso. Lo bevo e ne ordino un secondo. Quando arriva Rip, sono gil
terzo.
- Ehi, bello, come ti va?
Io guardo il bicchiere. - L'hai portata?
- Ehi, bello - Il tono ambiato. - Ti ho chiesto come va. Vuoi
rispondermi oppure, tipo, chi cazzo credi di essere?
- Benissimo, Rip. Va benissimo.
- Fantastico. E' quello che volevo sapere. Finisci il vino e
prendiamo un tavolo, ok?
- Ok.
- Sei uno splendore.
- Grazie, - dico. Finisco il vino e lascio un biglietto da dieci
sul banco.
- Abbronzatura fantastica, - mi dice mentre ci sediamo.
- L'hai portata? - chiedo.
- Ehi, calma... - dice Rip, guardando il menFa caldo. Molto
caldo. Come l'estate scorsa.
- S Una vecchia con un ombrello cade in ginocchio sull'altro lato della
strada.
- Ricordi l'estate scorsa? - mi chiede Rip.
- No, veramente no.
C'ente intorno alla vecchia e sta arrivando un'ambulanza, ma la
maggior parte dei clienti della Scala sembra non accorgersi di
niente.
- Dai, avanti, certo che ricordi.

L'estate scorsa. Cosa ricordo dell'estate scorsa. I club: The Wire,
Nowhere Club, Land's End, The Edge. Un albino da Canter verso le tre
di notte. Un enorme teschio verde che guardava gli automobilisti da
un cartellone su Sunset, col cappuccio, un calice in mano e le dita
scheletriche che facevano segno di avvicinarsi. Un travestito con un
top elasticizzato in fila alla cassa di un cinema. Un mucchio di
travestiti, l'estate scorsa. Cena da Morton's con Blair che mi
chiedeva di non andare nel New Hampshire. Un nano che saliva su una
Corvette. Un concerto delle Go-Gos con Julian. Una festa da Kim in
un pomeriggio di domenica, caldissimo. I B-52's sullo stereo.
Gazpacho, chili di Chasen's, hamburger, daiquiri alla banana, gelato
Double Rainbow. Due ragazzi inglesi vicino alla piscina che mi
raccontano tutti contenti del loro lavoro da Fred Segal. Tutti i
ragazzi inglesi che ho conosciuto l'estate scorsa lavoravano da Fred
Segal. Un ragazzo francese magro magro che era andato a letto con
Blair e fumava uno spinello con i piedi nella Jacuzzi. Un grosso
rotweiller nero che beve l'acqua della piscina e poi si mette a
nuotare. Rip va in giro con un occhio finto in bocca. Io guardo oltre
le palme, guardo il cielo.

Dovrebbe esserci qualcuno che suona al Palace stasera ma Blair ubriaca e Kim vede Lene davanti al locale, cosanno una smorfia e
Blair inverte la marcia e si allontana. Stasera doveva venire con noi
una ragazza di nome Angel, ma nel pomeriggio imasta impigliata
nello scarico della Jacuzzi e per poco non annega. Kim dice che il
Garage ha riaperto da qualche parte lungo La Brea e Blair va fino a
La Brea e poi su e gi il viale un paio di volte ma non riesce a
trovare il locale. Blair si mette a ridere e dice: - Ridicolo, - poi
infila un nastro degli Spandau Ballet nello stereo e alza il volume
al massimo.
- Andiamo a quel cazzo di Edge, allora, - urla Kim.
Blair si mette a ridere, poi dice: - Oh, va bene.
- Che ne dici, Clay? Andiamo all'Edge? - chiede Kim.
Io sono nel sedile posteriore, ubriaco, e non me ne importa niente,
e quando arriviamo all'Edge mi faccio altri due bicchieri.
Stasera il Dj dell'Edge non porta la camicia. Ha i capezzoli forati
e un cappello nero da cowboy, e tra una canzone e l'altra continua a
mormorare: - Hip-Hip-Hurrah - Kim mi dice che ovviamente il Dj non
riesce a decidersi tra macho e new wave. Blair mi presenta una delle
sue amiche, Christie, che lavora in un nuovo show della Abc. Christie
on Lindsay, che lto e somiglia molto a Matt Dillon. Io e
Lindsay andiamo su alla toilette e ci facciamo un paio di piste in
uno dei separSopra il lavandino, sullo specchio, qualcuno ha
scritto Il regno delle tenebre a grandi lettere nere.
Quando usciamo dal bagno, io e Lindsay andiamo a sederci al bar al
piano di sopra, e lui mi racconta che non c'rande movimento in
cittin nessun posto. Io annuisco, guardo l'enorme luce
stroboscopica accendersi e spegnersi sopra la grande pista da ballo.
Lindsay mi accende la sigaretta e comincia a parlare, ma la musica troppo alta e non riesco a sentire molto di quello che dice. Un
surfista mi urta passando, poi sorride e mi chiede di accendere.
Lindsay gli d'accendino e ricambia il sorriso. Poi Lindsay
comincia a raccontare che negli ultimi quattro mesi non ha conosciuto
nessuno che abbia pidiciannove anni. - Incredibile, eh? - urla,
sovrastando la musica.
Lindsay si alza e dice che ha visto la sua fornitrice e deve
parlarle. Io resto seduto al bar da solo, mi accendo un'altra
sigaretta, ordino da bere. C'nche una ragazza grassa, seduta al
bar quasi vuoto, sola. Cerca di attaccare bottone col barista che,
come il Dj, viaggia dietro il banco a torso nudo, dimenandosi al
ritmo della musica che si riversa dagli altoparlanti. La ragazza
grassa ruccatissima, sta bevendo una Tab con la cannuccia e
indossa jeans viola di Calvin Klein e stivali da cowboy intonati. Il
barista non la ascolta e io la immagino seduta tutta sola in una
stanza da qualche parte in cittin attesa dello squillo del
telefono. La ragazza grassa ordina un'altra Tab. La musica tace al
piano di sotto e il Dj annuncia che tra due settimane ci sarn
minigonna party a The Florentine Gardens, sulla spiaggia.
- Stasera c'roprio... movimento, - dice la ragazza grassa al
barista.
- Dove? - chiede il barista.
La ragazza abbassa gli occhi, imbarazzata, per un attimo, poi paga
il conto e la sento appena mormorare: - Da qualche parte - Poi si
alza, allaccia il primo bottone dei jeans e si allontana dal bar. A
un certo punto, pidi quella sera, mi rendo conto di avere ancora
due settimane di vacanza prima di tornare all'universit
Lo psichiatra mi racconta che gli enuta un'idea nuova per un
copione cinematografico. Invece di ascoltarlo, allungo una gamba sul
bracciolo dell'enorme poltrona di cuoio nero nello studio elegante, e
mi accendo un altro bidi. Lo psichiatra blatera e blatera. Ogni tanto
si passa le dita nella barba e mi guarda. Io ho gli occhiali scuri e
cosui non riesce a capire se lo guardo. Lo psichiatra continua a
parlare e dopo un po quello che dice non ha pisuna importanza.
Fa una pausa, poi mi chiede se mi piacerebbe aiutarlo a scrivere il
copione. Gli dico che no, non mi interessa. Lo psichiatra dice
qualcosa tipo: - Sai, Clay, io e te abbiamo discusso a lungo del
fatto che dovresti essere piivo e meno passivo e credo che
sarebbe proprio una buona idea se tu mi aiutassi a scrivere questo
copione. Servirebbe da terapia.
Borbotto qualcosa, gli soffio addosso un po di fumo di bidi e
guardo fuori dalla finestra.

Parcheggio davanti al nuovo appartamento di Trent, a pochi isolati
dalla Ucla, a Westwood, l'appartamento dove sta quando va a lezione.
Rip viene ad aprire la porta. Ora ui il fornitore di Trent, dato
che Trent non riesce pirovare Julian.
- Indovina chi c'- dice Rip.
- Chi?
- Indovina.
- Chi?
- Indovina.
- Dimmelo, Rip.
- E' giovane, icco, isponibile, raniano - Rip mi spinge
dentro il soggiorno. - Atiff.
Atiff, che non vedo dal giorno del diploma, eduto sul divano con
un costoso vestito italiano e mocassini di Gucci. Frequenta il primo
anno alla Usc e ha una 380Sl nera.
- Ah, Clay, come stai amico mio? - Atiff si alza dal divano e viene
a stringermi la mano.
- Bene. E tu?
- Oh, molto bene, molto bene. Sono appena tornato da Roma.
Rip esce dal soggiorno, va in camera di Trent, accende Mtv e alza
il volume al massimo.
- Dov'rent? - chiedo, cercando di capire dove sia il bar.
- Nella doccia, - dice Atiff. - Stai benissimo. Com'era il New
Hampshire?
- Ok, - dico, e sorrido a Chris, il ragazzo che divide
l'appartamento con Trent. E' seduto al tavolo della cucina e parla al
telefono. Lui ricambia il sorriso poi si alza e comincia a camminare
nervosamente per la stanza. Atiff sta parlando dei club di Venezia e
della valigia Vuitton che ha perso a Firenze. Si accende una
sigaretta italiana, sottilissima. - Sono tornato due sere fa perch mi avevano detto che le lezioni ricominciavano presto. Ancora non so
quando, ma mi dicono presto - Fa una pausa. - Sei andato alla festa
di Sandra da Spago ieri sera? No? Era bellissima.
Annuisco e torno a guardare Chris che ha finito di telefonare e
urla: - Merda.
- Cosa c'- chiede Atiff.
- Mi hanno rubato la chitarra e dentro c'era del Desoxyn che dovevo
consegnare a qualcuno.
- Cosa fai? - chiedo a Chris.
- Bazzico alla Ucla.
- Sei iscritto ai corsi?
- Credo di s - Compone anche musica, - dice Trent. E' apparso nel vano della
porta, a torso nudo, in jeans, e si sta strofinando i capelli bagnati
con un asciugamano. - Suona qualcosa di tuo, Chris.
- Certo, - dice Chris scrollando le spalle.
Chris va allo stereo e infila dentro una cassetta. Dal punto in cui
mi trovo vedo la Jacuzzi, fumante, azzurra, illuminata, e dietro la
vasca un set di pesi e due cyclette. Mi siedo sul divano e sfoglio
qualcuna delle riviste sparse sul tavolo; un paio di Gentleman's
Quarterly, qualche Rolling Stone, un Playboy, il numero di
People con le foto di Blair e suo padre, una copia di Stereo
Review e una di Surfer Sfoglio Playboy ma poi parto per la mia
tangente e comincio a fissare il poster incorniciato dell'album Hotel
California; ipnotizzato dalle scritte blu; dalle ombre delle palme.
Trent dice che qualcuno di nome Larry non tato ammesso alla
scuola di cinema. La musica si riversa dagli altoparlanti e io tento
di ascoltarla, ma Trent sta ancora parlando di Larry e Rip scoppia in
una risata isterica in camera di Trent. - Voglio dire, suo padre
produce una serie che ra le prime dieci in classifica, possiede
una steadycam tutta sua e ancora la Usc si rifiuta di ammetterlo? Sta
andando tutto a puttane.
- Non l'hanno ammesso perchi fa di eroina, - grida Rip.
- Stronzate, - dice Trent.
- Non lo sapevi? - Rip si mette a ridere.
- Ma che cazzo dici?
- La mangia praticamente a cucchiaiate, - dice Rip, abbassando il
volume del televisore. - E prima era normale.
- Oh, merda, Rip, - esclamo. - Cosa significa normale per te?
- No, voglio dire, proprio normale.
- Merda, non la sapevo, questa, di Larry, - dice Atiff.
- Siete tutti stronzi, - grida Trent dalla camera da letto.
- Oh, Trent, fammi un pompino, - urla Rip.
- Preparati, - replica Trent, ridendo, e torna in camera da letto.
- Ehi, chi ha prenotato da Morton's?
Ho una sensazione di d vu. Apro un Gentleman's Quarterly e mi
tornano in mente le facce alle pareti nelle camere delle mie sorelle.
Il volume lto, le canzoni sembrano cantate da una bambina e le
percussioni sono troppo forti, e insistenti. Le voci di bambina
cantano: I don't know where to go@ I don't know what to do@ I don't
know where to go@ I don't know what to do@ Tell me. Tell me...@
- Qualcuno ha prenotato? - grida ancora Trent.
- Hai un po di metedrina? - replica Chris.
- No, - risponde Trent. - Chi ha prenotato?
- Io, ho prenotato io, - urla Rip. - Adesso taci.
- Qualcuno di voi ha un po di metedrina? - chiede Chris.
- Metedrina? - dice Atiff.
- Senti, non ce l'abbiamo, non abbiamo nemmeno un po di metedrina,
- dice a Chris.
La musica tace.
- La prossima dovete proprio ascoltarla, - dice Trent, infilandosi
una camicia.
Chris lo ignora e prende su il telefono in cucina. Fa il numero e
poi chiede a chiunque stia all'altra estremitell'apparecchio se ha
un po di metedrina. Aspetta qualche secondo, poi riappende con aria
infelicissima.
- Oggi mi hanno fatto una proposta, - dice Rip entrando in
soggiorno. - Questo tizio da Flip, si avvicina e mi offre seicento
dollari per un fine settimana a Laguna.
- Sono sicuro che non sei l'unico a cui l'ha proposto, - dice Trent
entrando in soggiorno e aprendo la porta che dul terrazzo della
Jacuzzi. Si china a sentire la temperatura dell'acqua. - Chris, hai
una sigaretta?
- Sin camera mia, sul tavolino da notte, - dice Chris,
componendo un altro numero.
Io ricomincio a fissare il poster incerto se tirare la coca che ho
in tasca, subito, prima di andare da Morton's, oppure aspettare.
Trent esce dalla stanza di Chris e vuol sapere chi a persona
addormentata sul pavimento della stanza di Chris.
- Oh, dev'essere Alan. E' la un paio di giorni.
- Ah, fantastico, - dice Trent. - Davvero fantastico.
- Lascialo stare. Non so cos'ha, forse la mononucleosi.
- Avanti, usciamo, - dice Trent.
Rip va in bagno per primo, poi l turno di Atiff e io mi alzo.
Chris riappende il ricevitore.
- Ti trovo qui quando torno? - gli chiede Trent.
- No. Devo fare un salto alla Colony. Devo trovare un po di
metedrina.

I miei sogni sono sempre tranquilli, all'inizio. Sono pivane
di qualche anno, sto tornando da scuola ed na giornata nuvolosa,
nuvole grigie e bianche e qualcuna anche viola. Poi comincia a
piovere e io mi metto a correre. Dopo una corsa lunghissima sotto
tutta quell'acqua, inciampo e finisco lungo e tirato nel fango e dato
che iquido comincio ad affondare. Il fango mi riempie la bocca e
io comincio a inghiottirlo, ma poi mi entra nel naso e alla fine
anche negli occhi e mi sveglio solo quando sono completamente
sepolto.
Comincia a piovere a L'A' Leggo delle case che franano, che
scivolano gi i fianchi delle colline nel cuore della notte e
cosesto sveglio, di solito fatto di coca, fino a quando non arriva
l'alba e sono sicuro che non succederiente alla nostra casa. Poi
esco nel mattino umido e piovoso a prendere il giornale, e leggo le
pagine del cinema cercando di ignorare la pioggia.
Non succede quasi niente, quando piove. Una delle mie sorelle
compera un pesce, lo mette nella Jacuzzi e il caldo e il cloro lo
uccidono. Io ricevo delle strane telefonate. Qualcuno chiama il mio
numero, di solito a notte fonda, e quando alzo la cornetta la persona
all'altro capo del filo non dice niente per tre minuti buoni. Li
conto. Poi si sente un sospiro e chiunque sia riappende. I semafori
di Sunset vanno in tilt, e cos un incrocio c'l giallo che
lampeggia, poi arriva il verde per un paio di secondi, poi ancora il
giallo e alla fine il verde e il rosso si accendono insieme.
Mi dicono che Trent enuto a cercarmi. Aveva un vestito davvero
elegante, dicono le mie sorelle, e la Mercedes di qualcun altro. Di
un amico, ha spiegato Trent. Ha detto anche di dirmi che Scott morto di overdose. Non so chi sia Scott. Continua a piovere. E quella
notte, dopo la terza di quelle telefonate strane e silenziose, lancio
un bicchiere contro la parete. Nessuno viene a vedere cos'uccesso.
Poi mi sdraio sul letto, sveglissimo, prendo venti milligrammi di
Valium per venir fuori dalla coca, ma non riesco comunque a dormire.
Spengo Mtv e accendo la radio, ma non trovo la Knac e cospengo
anche la radio e vado alla finestra. Guardo ipnotizzato il tappeto di
luci fluorescenti sotto il cielo viola e resto a lungo nudo alla
finestra a fissare le nuvole che passano. Poi torno a sdraiarmi sul
letto e tento di ricordare da quanti giorni sono qui. Alla fine mi
alzo, cammino per la stanza e mi accendo un'altra sigaretta. E allora
squilla il telefono. Queste sono le mie notti quando piove.

Sono da Spago con Trent e Blair, e Trent dice di aver visto
qualcuno che si faceva di coca al bar e io gli dico perchon vai
anche tu e lui mi dice di star zitto. Dato che abbiamo tirato mezzo
grammo prima di lasciare l'appartamento di Trent, nessuno di noi ha
fame e cosrdiniamo solo qualche antipasto e una pizza e invece
beviamo succo di pompelmo e vodka. Blair continua ad annusarsi il
polso e a canticchiare la nuova canzone degli Human League che esce
dall'impianto stereo. Il cameriere ci porta il quarto giro di
greyhound e Blair gli chiede se era all'Edge la sera prima. Lui
sorride e scuote la testa.
- Allora dimmi, - chiede Blair a Trent. - Walker avvero
alcolizzato?
- SsAlcolizzato, - dice Trent.
- Lo sapevo. Ma Walker antastico. Walker impatico.
Trent ride, 'accordo, poi mi guarda.
Ho un attimo di confusione totale, poi li guardo e dico: - Walker proprio simpatico - Non so nemmeno chi sia, Walker.
- SWalker mi piace, - dice Trent.
- Simpatico, - dice Blair.
- Ehi, ve l'ho detto, - attacca Trent, - che domani vado a Palm
Springs? Devo andar giontrollare uno stronzo di giardiniere
messicano che deve piantare dei cactus in giardino. Tipico, no? Siete
d'accordo? Assolutamente tipico. Mia madre mi chiede di fare questa
cosa e io dico: Niente da fare, bella, e lei dice: Non fai mai
niente di quello che ti chiedo, e io, voglio dire, ssolutamente
vero, e cose dico: Ok, perchi fa pena, capite? E poi ho
saputo che Sandy ieno di coca buonissima e ci sarnche lui a
Palm Springs.
Blair sorride. - Che bravo ragazzo.
E' quasi mezzanotte e qualcuno paga il conto, e io dico a Trent,
mentre Blair n bagno, che non ho la pilida idea di chi sia
Walker. Trent mi guarda e dice: - Sei proprio di fuori, lo sai?
- Io? Vuoi scherzare.
- No, bello. Sei ridicolo.
- E percharei di fuori?
- Perch - Questa she na risposta sensata.
- Forse sorse no.
- Ges - Clay, sei proprio scemo - Trent si mette a ridere.
- No, per niente, - ribatto, e mi metto a ridere anch'io.
- Invece ssecondo me sIn effetti, sono sicurissimo di quello
che dico, - insiste lui.
- Davvero?
Trent finisce di bere, succhia un cubetto di ghiaccio e chiede: -
Allora, chi ti scopi, di questi tempi?
- Nessuno. Chi mi scopo non ti riguarda e non riguarda nemmeno
Blair, chiaro?
- Chiarissimo, - sbuffa lui.
- Che storia uesta? Si pupere? - chiedo a Trent.
Non risponde.
- E tu, chi ti scopi tu? - gli chiedo.
- Oh, avanti, Clay, per favore.
- No, avanti, chi ti scopi? - ripeto.
- Non ci arrivi proprio, eh?
- Dove? Dove non arrivo? - chiedo. - Se questa storia ha a che fare
con Blair, sei proprio scemo. Blair fa la finta tonta. Cosa crede,
che stiamo ancora insieme? E' questo che ti ha detto? Bene, non vero, ok? Capito? - L'effetto della coca sta passando e sto per
alzarmi e andare in bagno.
- Gliel'hai detto, che non state piieme? - mi chiede Trent
alla fine.
- No, - dico io, fissandolo e spostando subito lo sguardo sulla
finestra.
- Bello stronzo, - dice lui lentamente. - Proprio un bello...
- Chi ello? - chiede Blair, sedendosi.
- Roberto, - dice Trent, distogliendo gli occhi dai miei.
Non voglio lasciar soli Trent e Blair e cosesto al mio posto,
senza fare una piega.
- Ah. Non so. E' molto gentile.
- Niente affatto.
- Ma sE' solo diverso, - dice Blair.
- Perchi piace? - chiede Trent, finendo di succhiare un altro
cubetto di ghiaccio e fissandomi.
- Perch- dice Blair, alzandosi.
- Perchi stai pochissimo, con lui - Anche Trent si alza e Blair
ride e dice: - Pursi, - e mi sembra piegra, forse si atta
una pista, in bagno. Probabile. Chi se ne frega.
Mentre aspettiamo che il ragazzo del parcheggio ci porti la
macchina, Blair e Trent si scambiano questi sorrisetti che mi fanno
impazzire di rabbia, poi lei alza gli occhi al cielo pieno di nuvole
e in quel momento comincia a piovere. Saliamo nella macchina di Blair
e lei mette una cassetta che ha registrato l'altra sera. Le
Bananarama cominciano a cantare e Trent chiede a Blair dov'a
cassetta Beach-Mix e Blair gli dice che l'ha bruciata perch'aveva
ascoltata troppe volte. Non so percha ci credo. Abbasso il
finestrino e andiamo all'After Hours.

La ragazza seduta vicino a me all'After Hours ha sedici anni, abbronzata e mi dice che na tragedia che la Kroq non trasmetta pimusica a richiesta. Blair eduta davanti a me e vicino a Trent, che
sta facendo l'imitazione di Richard Blade per due ragazze
giovanissime e bionde. Arriva Rip, che ha finito di parlare con il
pornoattore gay seduto al bar con la sua ragazza. Sussurra qualcosa
all'orecchio di Blair, poi si alzano e vanno via insieme. La ragazza
seduta vicino a me briaca e mi ha messo una mano sulla coscia e
adesso mi chiede se davvero The Whiskey tato distrutto da un
incendio e io dico che sero, poi Blair e Rip tornano al tavolo
e si siedono, tutt'e due assolutamente sopra le righe; la testa di
Blair si muove velocissima per seguire chi balla; e gli occhi di Rip
schizzano da tutte le parti, alla ricerca della ragazza con cui arrivato. Blair prende una matita e si mette a scrivere sul tavolo.
Rip vede la ragazza. Un ragazzo alto e biondo viene al nostro tavolo
e una delle ragazze sedute vicino a Trent salta su e dice: - Teddy!
Credevo fossi in coma! - e Teddy spiega che no, non era in coma, ma
che gli hanno ritirato la patente per guida in stato di ebbrezza
sulla Pacific Coast Highway. Blair continua a disegnare sul tavolo e
Teddy si siede con noi. Mi sembra di vedere Julian, sta uscendo e
cosi alzo e vado prima al bar, poi fuori, e fuori sta piovendo a
dirotto e sento i Duran Duran anche da le una ragazza che non
conosco passa e dice: - Ciao, - e io rispondo con un cenno della
testa poi vado in bagno, chiudo a chiave la porta e mi guardo allo
specchio. Qualcuno bussa alla porta e io mi ci appoggio contro,
lascio perdere la coca che ho in tasca e mi metto a piangere. Piango
per cinque minuti buoni poi esco e torno in sala, e il locale uio
e pieno zeppo e nessuno si accorge che ho la faccia gonfia e gli
occhi rossi. Torno a sedermi vicino alla ragazza bionda ubriaca e lei
e Blair stanno parlando dei voti che hanno preso all'esame di
ammissione all'universitArriva Griffin con un'altra ragazza bionda
davvero bellissima e mi fa un gran sorriso, poi vanno al bar a
parlare con il pornoattore gay e la sua ragazza. E a un certo punto
Blair se ne va con Rip, o forse con Trent, o forse ip ad andarsene
con Trent o con le due ragazze bionde sedute vicino a Trent, o forse
lair ad andarsene con le due ragazze bionde, e finisce che mi
metto a ballare con una sconosciuta e lei si sporge verso di me e mi
sussurra che forse potremmo andare a casa sua. Attraversiamo la pista
affollata e lei va in bagno. Io la aspetto seduto a un tavolo.
Qualcuno ha scritto Aiutatemi dappertutto sul tavolo con una matita
rossa in una calligrafia infantile con tanti piccoli svolazzi sulla i
finale, e intorno a quella ventina di Aiutatemi ci sono dei numeri
di telefono e intorno ai numeri di telefono un sacco di scritte
illeggibili e la parola in rosso risalta ancora di pi ragazza
torna dal bagno e usciamo dall'After Hours. Passiamo davanti
all'altra ragazza, quella che mi ha detto ciao e che adesso sta
piangendo sulla porta, e al pornoattore gay che si sta facendo una
canna nel viale; passiamo davanti ai quattro messicani che rompono le
scatole ai ragazzi che entrano e escono dal club, e alla guardia, e
al ragazzo del parcheggio che continua a dire ai messicani che
farebbero meglio ad andarsene. Uno di loro mi grida: - Ehi, finocchio
punk, - e io e la ragazza saliamo nella sua macchina e andiamo verso
le colline e poi in camera sua e io mi spoglio e mi sdraio sul letto
mentre lei va in bagno. Aspetto un paio di minuti e alla fine lei
esce dal bagno avvolta in un asciugamano e si siede sul letto e io le
metto le mani sulle spalle ma lei dice fermo e quando la lascio
andare mi dice di appoggiarmi alla testiera e io ubbidisco e allora
lei si toglie l'asciugamano e resta nuda e apre il cassetto vicino al
letto e prende un tubetto di Bain de Soleil e me lo porge. Poi torna
a infilare la mano nel cassetto e tira fuori un paio di occhiali da
sole Wayfarer e mi dice di mettermeli e io me li metto. Lei prende il
tubetto di crema solare e se ne spreme un po sulle dita poi comincia
a toccarsi e mi fa segno di fare la stessa cosa e io ubbidisco. Dopo
un po smetto e faccio per toccarla ma lei mi blocca e dice no poi
rimette la mia mano dov'era e ricomincia a muovere la sua e dopo un
po io le dico che sto per venire e lei mi dice di aspettare un
minuto che anche a lei manca poco e accelera il movimento della mano
e spalanca le gambe, riversa sui cuscini, e io mi tolgo gli occhiali
da sole e lei mi dice di rimetterli e io me li rimetto e quando vengo
sento un po di bruciore e intanto viene anche lei, credo. Sullo
stereo c'owie e lei si alza, tutta rossa, e va a spegnerlo. Poi
accende Mtv. Resto ldraiato, nudo, ancora con quegli occhiali
addosso, e lei mi porge una scatola di Kleenex. Mi pulisco e mi metto
e sfogliare un numero di Vogue sul pavimento vicino al letto. Lei
si infila una vestaglia e mi fissa. Sento il tuono in lontananza e
comincia a piovere pite. Lei si accende una sigaretta e io
comincio a rivestirmi. Poi chiamo un taxi e finalmente mi tolgo i
Wayfarer e lei mi dice di far piano quando scendo le scale per non
svegliare i suoi genitori. Il taxi mi riporta all'appartamento di
Trent e ormai sta piovendo a dirotto. Quando salgo in macchina c'n
biglietto sul sedile accanto al mio. Dice: - Ti sei divertito? - Mi
sembra di riconoscere la calligrafia di Blair e torno a casa.

Il giorno dopo sono nello studio del mio psichiatra. Mi sta
passando l'effetto di tutta quella coca e quando mi soffio il naso il
fazzoletto si riempie di sangue. Lo psichiatra indossa un pullover
verde con lo scollo a V senza niente sotto e un paio di jeans
accorciati e sfrangiati. Mi metto a piangere a dirotto. Lui mi guarda
e tormenta la catena d'oro che porta al collo abbronzato. Io smetto
di piangere per un minuto e lui continua a guardarmi, poi scrive giqualcosa sul suo quaderno di appunti. Mi fa una domanda. Io gli dico
che non so quale sia il problema; che forse ha a che fare con i miei
genitori ma non proprio o forse con i miei amici o forse he
qualche volta quando giro in macchina mi perdo; forse perno le
droghe.
- Se non altro ti rendi conto di tutto questo. Ma io parlavo di
un'altra cosa, la mia domanda era un'altra, in realt Si alza, attraversa la stanza e raddrizza la copertina incorniciata
di un numero di Rolling Stone con la foto di Elvis Costello e le
parole Elvis Costello si pente a grandi lettere bianche. Aspetto
che me la faccia, la domanda.
- Ti piace? L'hai visto all'Amphitheater? SAdesso n Europa,
mi pare. Almeno, cosanno detto a Mtv. Ti iaciuto l'ultimo
album?
- E io?
- Tu cosa?
- Io.
- Andrutto bene, vedrai.
- Non sodico. , - Non credo.
- Parliamo d'altro.
- Ma... e io? - ripeto con un urlo soffocato.
- Avanti, Clay, - dice lo psichiatra. - Non essere cos. banale.

Era il compleanno del nonno ed eravamo a Palm Springs da quasi due
mesi; troppo. Il sole era caldissimo e l'aria pesante, in quelle
settimane. Era l'ora di colazione ed eravamo tutti seduti sotto il
tendone davanti alla piscina, nella vecchia casa. Ricordo che quel
giorno la nonna mi aveva comperato un sacchetto di caramelle e che
non avevo smesso per un attimo di mangiarle, nervosamente. La
governante portori un piatto di affettati, birra, Hawaiian Punch
e patatine su un grande vassoio di legno, lo appoggil tavolo
intorno al quale eravamo seduti io, la zia, la nonna, il nonno, mia
madre e mio padre. Mia madre e la zia mangiucchiarono dei panini di
tacchino arrosto. Il nonno indossava un sospensorio, un cappello di
paglia e beveva birra Michelob. La zia si faceva vento con una copia
di People La nonna non si sentiva bene e assaggipena il suo
panino e sorseggiava invece una tisana fredda. La mamma non ascoltava
la conversazione. Guardava le mie sorelle e cugine giocare in
piscina, gli occhi fissi sull'acqua fresca e azzurrina.
- Siamo qui da troppo tempo, - disse la zia.
- A dir poco, - fece mio padre, cambiando posizione sulla sedia.
- Voglio andar via, - disse la zia in tono molto distaccato, gli
occhi lontani, le dita strette intorno alla rivista.
- Be, - fece il nonno. - Sareglio andar via presto. Sto
diventando rosso come un pomodoro. Giusto, Clay? - Mi strizzl'occhio e apra quinta birra.
- Prenoto i posti sull'aereo oggi stesso, - disse la zia.
Una delle mie cugine stava sfogliando una copia del L'A' Times e
disse qualcosa su un incidente aereo a San Diego. Tutti fecero
qualche commento, e i piani per la partenza vennero dimenticati.
- Che cosa terribile, - disse la zia.
- Io preferirei morire in un incidente aereo che in qualunque altro
modo, - disse mio padre dopo un po.
- Secondo me erribile.
- Ma no. Ti impasticchi appena sali a bordo, prendi un Librium,
l'aereo decolla, si schianta, e non ti accorgi nemmeno di morire -
Mio padre accavall gambe.
Si fece silenzio, al tavolo. Gli unici rumori venivano dalle mie
sorelle e cugine che si tuffavano in piscina.
- Tu cosa ne dici? - chiese la zia alla mamma.
- Io cerco di non pensarci, a queste cose, - disse la mamma.
- E tu, mamma? - chiese mio padre alla nonna.
La nonna, che non aveva aperto bocca per tutto il giorno, si passil tovagliolo sulle labbra e disse con calma: - A me non va di morire
in nessun modo.

Vado a casa di Trent, ma poi ricordo che Trent Palm Springs e
cosado da Rip. Un ragazzo biondo in costume da bagno viene ad
aprire la porta. In soggiorno c'a lampada al quarzo, accesa. - Rip
uori, - dice il ragazzo biondo. Me ne vado e mentre sto uscendo
dal cancello arriva Rip che blocca la Mercedes, si sporge dal
finestrino e mi dice: - Io e Spin andiamo al City Cafe. Raggiungici
- Gli faccio segno di s seguo gi Melrose la targa
scintillante con la scritta CLIMAX.
Il City Cafe hiuso e davanti alla porta c'n vecchio tutto
stracciato con un cappellaccio nero in testa. Quando accostiamo, ci
guarda minaccioso. Rip abbassa il finestrino e io mi affianco.
- Dove vuoi andare? - gli chiedo.
- Spin vuole andare all'Hard Rock.
- Vi seguo, - dico.
Comincia a piovere.
Arriviamo all'Hard Rock Cafe e appena seduti Spin mi dice che quel
pomeriggio ha trovato della roba buonissima. Al tavolo vicino al
nostro c'n uomo con gli occhi chiusi, serrati. La ragazza seduta
davanti a lui sembra non farci caso e pilucca un'insalata. Quando
finalmente l'uomo apre gli occhi, mi sento sollevato, non so perch
Spin sta ancora parlando, e quando tento di cambiare argomento e
chiedo dov'inito Julian, mi racconta che una volta Julian l'ha
fregato con una polvere buona ma scarsa. Rip mi dice che Julian davvero troppo incasinato.
- Intanto, ostantemente sopra le righe.
Spin mi guarda e annuisce. - Sopra le righe.
- Voglio dire, la sua coca e la sua ero sono fantastiche, ma non
dovrebbe venderle ai ragazzini delle medie. E' veramente il minimo.
- S- dico io, registrando la novit- Il minimo.
- C'hi dice che quel ragazzino di tredici anni morto di overdose
a Beverly aveva comperato l'eroina da lui.
Dopo un po mi giro verso RipE tu cosa fai?
- Niente di speciale. Ieri sera ho preso dei tranquillanti per
animali insieme a Warren e sono andato a vedere i Grimsoles, - dice.
- Non male. Hanno lanciato topi sul pubblico. Warren se n'ortato
uno in macchina - Rip abbassa gli occhi e ridacchia. - E l'ha
ucciso. Grosso, anche. Ci ha messo venti minuti a uccidere il figlio
di puttana.
- Sono appena tornato da Las Vegas, - dice Spin. - Ero andato su
con Derf. Siamo stati all'albergo di mio padre, sempre in piscina, in
mutande. Divertente... credo.
- E tu cos'hai fatto, bello? - chiede Rip.
- Oh, niente di speciale, - dico io.
- Snon c'incha fare, in giro, - dice lui.
Spin 'accordo, fa di son la testa.
Dopo cena andiamo a Malibu a comperare un paio di grammi di coca da
un tizio di nome Dead e ci facciamo una canna in macchina. Io sono
seduto allo stretto nel sedile posteriore della macchina di Rip, e mi
sembra che avesse detto: - Andiamo da un tizio che si chiama Ed - Ma
quando Spin gli ha chiesto: - E come fai a sapere che lo troveremo,
Dead? - e Rip ha risposto: - Lo so perchead empre in casa, - mi
sono reso conto di che razza di nome avesse quel tizio.
C'na specie di festa a casa di Dead e alcuni degli invitati, per
lo piazzini giovanissimi, ci guardano stupiti, forse perch io nip npin siamo in costume da bagno. Ci avviciniamo a Dead,
che deve avere piquarant'anni, indossa solo le mutande, ed sdraiato su un enorme mucchio di cuscini tra due ragazzi giovani e
abbronzati che guardano l'Hbo. Dead passa a Rip una grossa busta.
Dietro a Dead eduta una ragazza bionda molto carina, in bikini.
Accarezza la testa del ragazzo alla sinistra di Dead.
- Dovete fare pienzione, ragazzi, - sibila Dead.
- E perchDead? - chiede Rip.
- Ci sono narco dappertutto, nella Colony.
- No. Davvero? - chiede Rip.
- SUno dei miei ragazzi s'eccato una pallottola nella gamba,
da un narco.
- Non ossibile. Davvero?
- S - Ges - Aveva diciassette anni, Cristo santo. Una pallottola in quella
cazzo di gamba. Forse lo conosci.
- Chi - chiede Rip. - Christian?
- No. Randall. Va alla Oakwood. Capito?
Spin scuote la testa e Hungry Like the Wolf esplode dagli
altoparlanti attaccati al soffitto, sopra la testa calva e sudata di
Dead.
- Dovete fare pienzione.
- SDovete fare pienzione, - dice Spin, leccandosi le labbra
e guardando la ragazza che sta ancora passando le dita tra i capelli
del ragazzo biondo. Il ragazzo biondo mi strizza l'occhio, mi manda
un bacio.
In macchina, Spin assaggia la coca e dice che agliata con troppa
novocaina. Rip dice che a questo punto a lui non gliene frega niente
e che vuole solo farsi un tiro. Rip alza il volume della radio e si
mette a gridare allegramente: - Che fine faremo tutti quanti? - e
Spin gli risponde: - Tutti quanti chi? Tutti quanti chi? - e
continuano coser un po. Facciamo qualche tiro e poi andiamo in
una sala di Westwood a giocare con i videogame per un paio d'ore e
finiamo col buttar via una ventina di dollari a testa e smettiamo di
giocare solo perchon abbiamo piete da venticinque cent. Rip
ha solo biglietti da cento dollari e quelli della sala giochi non
glieli vogliono cambiare. Cosip si infila i soldi in tasca e manda
affanculo il tizio alla cassa, poi torniamo tutti e tre alla macchina
e facciamo fuori il resto della coca.

Il padre di Blair dna festa per un giovane attore australiano
protagonista di un film che debutta a L'A' la settimana prossima. Il
padre di Blair sta cercando di convincere l'attore a interpretare il
nuovo film che vuole produrre, fantascienza da trenta milioni di
dollari, intitolato Star Raiders. Ma l'attore australiano vuole
troppi soldi. Io vado alla festa per parlare con Blair, ma non la
vedo, in mezzo a tutti quegli attori e agli amici della scuola di
cinema della Usc. C'nche Jared, che sta disperatamente tentando di
rimorchiare l'attore australiano. Continua a chiedergli se ha visto
l'episodio di Ai confini della realton Agnes Moorehead, e l'attore
australiano continua a scuotere la testa e a dire: - No, amico -
Jared insiste con altri episodi della serie e l'attore australiano,
che sta sudando come un maiale al quarto bicchiere di rum e Coca,
continua a ripetergli che non ne ha visto nemmeno uno. Alla fine
l'attore pianta in asso Jared e viene sostituito dal nuovo fidanzato
di Jared, non il cameriere di Morton's peruesto n costumista
che ha lavorato nell'ultimo film del padre di Blair e che forse, o
forse no, creernche i costumi di Star Raiders. L'attore
australiano si avvicina alla moglie, che lo ignora. Kim mi racconta
che nel pomeriggio quei due hanno fatto una litigata tremenda e che
lei scita come una furia dal bungalow del Beverly Hills Hotel,
dove stanno, per andare da un parrucchiere carissimo di Rodeo Drive e
farsi praticamente rapare a zero. In effetti ha i capelli rossi
tagliati cortissimi, e quando gira la testa a un'angolatura diversa,
vedo chiazze di bianco sotto le ciocche irte.
La conversazione cade sui danni provocati dai temporali a Malibu e
qualcuno dice che la casa dei suoi vicini rollata all'improvviso.
- CosUn istante prima c'era, quello dopo... uuushhh... Sparita -.
La madre di Blair annuisce ripetutamente, mentre ascolta il regista
che le sta raccontando questa storia. Le tremano le mani e lancia
continue occhiate a Jared. Sto per avvicinarmi a lei e chiederle
dov'lair, quando arriva un gruppetto di invitati, un paio di
attori e attrici, un regista e alcuni funzionari della casa di
produzione, e la madre di Blair va a riceverli. Arrivano dalla
cerimonia di assegnazione dei Golden Globe Awards. Una delle attrici
si precipita dentro la stanza, va ad abbracciare il costumista e gli
sussurra in modo che tutti sentano: - Marty tato escluso per cui
dagli subito un whiskey liscio e gihe ci sei portami un vodka
collins prima che crolli, ti dispiace, tesoro?
Il costumista schiocca le dita in direzione del barista nero con i
capelli grigi e dice: - Hai sentito? - Il barista si riscuote dal suo
torpore un po troppo in fretta, un po da finto tonto, ed esaudisce
i desideri dell'attrice. Tutti cominciano a chiederle chi ha vinto i
Golden Globe. Ma l'attrice e gli attori, i produttori e i funzionari,
hanno praticamente dimenticato tutto. Il regista, Marty, invece
ricorda, e comincia a declinare un nome dopo l'altro e se qualcuno
gli chiede chi erano i concorrenti, guarda fisso davanti a s li
elenca in ordine alfabetico.
Mi metto a parlare con uno dei ragazzi che frequentano la scuola di
cinema della Usc. E' abbronzatissimo, si sta facendo crescere la
barba bionda, porta gli occhiali e un paio di scarpe da tennis
Tretorn molto malridotte. Continua a parlare dell'indifferenza
estetica dei film americani. Siamo soli nello studio, ma dopo un po
arrivano Alana, Kim e Blair. Si siedono con noi. Blair non mi guarda.
Kim tocca la gamba del ragazzo che frequenta la scuola di cinema e
gli dice: - Ti ho chiamato ieri sera, dov'eri? - E lui dice: - Io e
Jeff abbiamo fumato un paio di canne e poi siamo andati a
un'anteprima del nuovo Venerd3 - Io guardo Blair, cerco di
incontrare i suoi occhi, di avere la sua attenzione. Ma lei non mi
guarda.
Jared, il padre di Blair e il regista di Star Raiders entrano nella
stanza insieme al costumista. Si siedono e dopo un po la
conversazione cade sull'attore australiano, e il padre di Blair
chiede al costumista, che indossa una tuta da ginnastica Polo e porta
gli occhiali scuri, come mai l'attore sia a L'A'
- Credo che sia qui per scoprire se ella rosa degli Oscar.
Stanno decidendo adesso, sai.
- Per quella merda di film? - latra il padre di Blair.
Poi si calma e guarda Blair, che eduta accanto al camino dove
prima c'era l'albero di Natale, e ha l'aria depressa. Il padre le fa
cenno di avvicinarsi. - Vieni, tesoro, siediti in braccio a pap.
Blair lo fissa incredula per un istante, poi abbassa gli occhi,
sorride e esce dalla stanza. Nessuno dice niente. Dopo un po, il
regista si schiarisce la gola e dice che se non riescono a convincere
quello stronzo di australiano a interpretare Star Raiders, dovranno
interpellare qualcun altro. Girano alcuni nomi.
- Che ne dite di quel ragazzo delizioso che recitava in Beastman!?
Tu sai di chi sto parlando, Clyde - Il costumista guarda il regista
che si sta grattando il mento, immerso in pensieri profondi.
Blair torna con un bicchiere in mano, mi guarda e io distolgo gli
occhi e fingo di interessarmi alla conversazione.
Il disegnatore si dna pacca sul ginocchio e dice:
- Marco! Marco! - Ripete il nome, stridulo. - Marco... uh, Marco...
Ferrerra... oh, merda, ho completamente dimenticato il cognome.
- Marco King?
- No, no, no.
- Marco Katz?
Esasperato, il costumista scuote la testa e dice: - Qualcuno ha
visto Beastman!?
- Quando scito, Beastman!? - chiede il padre di Blair.
- Beastman! scito l'anno scorso, mi pare.
- Davvero? Mi sembrava di averlo visto all'Avco durante l'estate.
- Ma io l'ho visto in anteprima alla Mgm.
- La prima non l'hanno data dall'Avco, - dice qualcuno.
- Credo che stiate parlando di Marco Ferraro, - dice Blair.
- Secco, - dice il costumista. - Marco Ferraro.
- Pensavo che fosse morto di overdose, - dice Jared.
- SBeastman!, non male, - mi dice lo studente di cinema. - L'hai
visto?
Io faccio di son la testa e intanto guardo Blair. Beastman! non
mi iaciuto per niente e chiedo allo studente di cinema: - Non era
irritante quel modo di far sparire i personaggi dalla storia senza
ragione?
Lo studente tace per un attimo, poi dice: - Sun po, ma questo
succede anche nella vita vera...
Io guardo fisso davanti a me, guardo Blair.
- Voglio dire, non ti pare?
- Simmagino di s- Blair rifiuta di guardarmi.
- Marco Ferraro? - chiede il padre di Blair. - E' un
mangiaspaghetti?
- E' stupendo, - sospira Kim.
- Un amore, assolutamente, - conferma Alana.
- Davvero? - chiede il regista, con un sogghigno, sporgendosi verso
Kim. - E chi altri ti sembra... come hai detto?... stupendo?
- Sragazze, - dice il padre di Blair. - Forse potete darci una
mano a trovare quello che vogliamo.
- Peron dimenticate, - dice Jared. - Niente attori famosi. Solo
ragazzi col culo stupendo come la faccia.
Il costumista annuisce e dice: - Assolutamente.
- Paplo sai che ti ho chiesto un sacco di volte di scritturare
Adam Ant o Sting, per questo film, - dice Blair.
- Lo so, lo so, tesoro. Io e Clyde ne abbiamo parlato e se davvero
ci tieni tanto possiamo provarci. Cosa ne dite di Adam Ant o Sting,
per Star Raiders? - chiede a Alana e Kim.
- Andrei a vederlo subito, - dice Kim.
- Andrei a vederlo due volte, - dice Alana.
- Comprerei la videocassetta, - aggiunge Kim.
- Sono d'accordo con Blair, - dice il padre di Blair. - Dovremmo
pensare seriamente a Adam Ant o Sting.
- Sting, pap - SSting.
Clyde sorride e guarda Kim. - Sscritturiamo Sting. Che ne dici,
tesoro?
Kim arrossisce e dice: - Fantastico.
- La settimana prossima organizziamo un provino per lui e Adam.
- Grazie, pap- dice Blair.
- Tutto quello che vuoi, tesoro.
- Sareglio che tu lo veda nudo, prima, Clyde, - dice Jared, con
aria preoccupata.
- Oh, certo, certo, - dice Clyde, sempre sorridendo a Kim. - Vuoi
esserci anche tu, tesoro?
Finalmente Blair mi guarda con occhi pieni di sofferenza e io
guardo Kim, che un po si vergogna, ma poi si arrabbia.
Kim arrossisce ancora e dice: - Magari.

Julian non mi telefona da quando gli ho dato i soldi e cosecido
di telefonargli io il giorno dopo. Ma non ho il suo numero e cos chiamo Rip, ma Rip non c'me lo dice un ragazzo che non conosco.
Allora telefono a casa di Trent e mi risponde Chris. Mi dice che
Trent ncora a Palm Springs poi mi chiede se conosco qualcuno che
ha un po di metedrina. Alla fine telefono a Blair che mi dl
numero di Julian ma quando faccio per dirle che mi dispiace per
quella sera all'After Hours, dice che deve andare e riappende. Chiamo
il numero che mi ha dato e mi risponde la voce assolutamente
familiare di una ragazza.
- E' a Malibu o a Palm Springs.
- A fare cosa?
- Non so.
- Senti, mi dai il numero di tutt'e due le case?
- So soltanto che ella casa di Rancho Mirage o in quella della
Colony - Tace per un istante, incerta. - Non so altro -. Fa una
pausa lunghissima. - Ma chi parla? Finn?
- Finn? No. Mi serve soltanto il numero di telefono.
Un'altra pausa e poi un sospiro. - Ok, ascolta. Non so dove sia.
Oh, merda... questo non posso dirtelo. Chi sei?
- Clay.
Questa volta la pausa iga.
- Ascolta, - dico. - Non dirgli che ho chiamato. Lo sentirun'altra volta.
- Sei sicuro?
- S Faccio per riappendere.
- Finn? - chiede lei.
Riappendo.

Quella sera vado a una festa a casa di Kim e finisce che incontro
un ragazzo, Evan, che dice di essere amico intimo di Julian. E il
giorno dopo andiamo insieme da Mcdonald dopo la scuola. Sono circa le
tre del pomeriggio e Evan eduto davanti a me.
- E cosulian Palm Springs? - gli chiedo.
- Palm Springs antastica, - dice Evan.
- S- dico io. - Ma Julian dov' - Adoro Palm Springs. E' il pi posto del mondo, Cristo santo.
Magari possiamo andarci insieme, una volta o l'altra, - dice lui.
- Suna volta o l'altra - Cosa vuol dire?
- SE' fantastico. E anche As-pen. Aspen l massimo.
- Ma Julian dov' - Julian?
- SMi hanno detto che forse ...
- Ad Aspen? E perchai Julian dovrebbe andare ad Aspen?
Gli dico che devo andare in bagno. Evan dice ma certo. Invece vado
al telefono e chiamo Trent, che ornato da Palm Springs, e gli
chiedo se ha visto Julian. Mi dice di no e dice anche che la coca di
Sandy fa schifo al cazzo e che ne ha comperata troppa e non riesce a
rivenderla. Dico a Trent che non riesco a trovare Julian e che sono
teso e stanchissimo. Mi chiede da dove telefono.
- Sono al Mcdonald di Sherman Oaks, - rispondo.
- Questo spiega tutto, - dice Trent.
Non capisco cosa vuol dire e riappendo.

Rip dice che c'empre qualcuno all'una o alle due del mattino da
Pages, a Encino. Una sera io e Rip ci andiamo insieme perchu-par's
ieno di ragazzini provenienti da un toga party e di vecchie
cameriere con le scarpe ortopediche e il mazzolino di lillppuntato
alla divisa che continuano a dire a tutti di star calmi. Coso e
Rip andiamo da Pages e sono tutti lBilly e Rod, Simon e Amos e
Ledeu e Sophie e Kristy e David. Sophie viene a sedersi con noi e si
porta dietro Ledeu e David. Sophie ci racconta del concerto dei Vice
Squad al Palace e dice che suo fratello le ha rifilato un pessimo
Quaalude che l'ha fatta dormire per tutto lo spettacolo. Ledeu e
David fanno parte di un gruppo che si chiama Western Survival e
sembrano entrambi calmi e prudenti. Rip chiede a Sophie dov' qualcuno di nome Boris e lei gli risponde che lla casa di Newport.
Ledeu ha un'enorme massa di capelli neri dritti e rigidi che vanno
per conto loro, da tutte le parti, e mi racconta che quando entra da
Du-par's la gente si scosta. Ecco perchui e David vengono sempre
da Pages. Sophie si addormenta sulla mia spalla e dopo un po si
addormenta anche il mio braccio, ma non lo sposto perchei ci
appoggia la testa. David porta gli occhiali scuri e una T-shirt dei
Fear e dice che mi ha visto alla festa di capodanno di Kim. Io
annuisco e gli dico che sricordo, anche se invece sono sicuro di
non averlo visto.
Parliamo di nuova musica e della situazione dei gruppi a L'A' e
della pioggia, e Rip fa le smorfie a una coppia di vecchi messicani
seduti di fronte a noi; li guarda storto poi si fa scivolare sopra la
faccia il feltro nero che indossa e sogghigna. Io mi scuso e vado in
bagno. Sulla parete del bagno di Pages ci sono due scritte, due
battute: Come si fa a mettere incinta una monaca? Scopandola Che
differenza c'ra un'ebreuccia viziata e una scodella di spaghetti?
Gli spaghetti si muovono, a succhiarli E sotto queste battute c' un'altra scritta: Julian fa dei magnifici pompini. Ed orto.

Se n'erano andati quasi tutti, quell'ultima settimana nel deserto.
Eravamo rimasti solo io, il nonno e la nonna, mio padre e mia madre.
Se n'erano andate anche le cameriere, il giardiniere e l'uomo della
piscina. Le mie sorelle erano a San Francisco con la zia e i suoi
figli. Tutti erano stanchi di Palm Springs. C'eravamo rimasti, con
qualche puntata a L'A', per nove settimane, e poi fissi per le ultime
tre, con un'unica sortita a Rancho Mirage. Non accadde nulla di
particolare, durante quell'ultima settimana. Un giorno, un paio di
giorni prima della partenza, la nonna and citton la mamma e
comperarono una borsa blu. Quella sera i miei genitori portarono la
nonna a una festa a casa di un regista. Io restai solo in quella
grande casa con il nonno, che si era ubriacato e addormentato molto
presto. La cascata artificiale nella piscina spaziosa era stata
chiusa e, a parte la Jacuzzi, la piscina si stava svuotando. Qualcuno
aveva trovato un serpente a sonagli a galla sull'acqua rimasta in
fondo, e i miei genitori mi avevano avvertito di restare in casa e di
non andare nel deserto.
Quella sera faceva molto caldo e mentre il nonno dormiva mangiai la
bistecca e le costolette che erano arrivate via aerea due giorni
prima da uno degli alberghi che il nonno possedeva nel Nevada. Quella
sera guardai la replica di un episodio di "Ai confini della realt
poi andai a fare una passeggiata. Non c'era nessuno in giro. Le palme
tremavano e i lampioni stradali erano molto luminosi. Oltre la casa,
nel deserto, l'oscuritra assoluta. Non passavano macchine, e mi
sembr vedere un serpente a sonagli strisciare dentro il garage.
L'oscuritil vento, il fruscio delle siepi, il pacchetto vuoto di
sigarette abbandonato nel viale, tutto mi faceva venire i brividi e
cosorsi dentro casa, accesi tutte le luci poi andai a letto e mi
addormentai, ascoltando lo strano lamento del vento del deserto fuori
dalla finestra.

E' sabato sera tardi e siamo tutti da Kim. Non c'olto da fare,
tranne bere gin and tonic e vodka con succo di lime e guardare vecchi
film sul Betamax. Io continuo a fissare il ritratto della madre di
Kim appeso sopra il bar nel soggiorno dal soffitto altissimo. Stasera
non succede molto tranne che Blair ha sentito parlare del New Garage,
gi la Sesta e la Settima o tra la Settima e l'Ottava, e coso
e Dimitri e Kim e Alana e Blair decidiamo di fare un salto a vedere.
In realtl New Garage n club ricavato in un parcheggio a
quattro piani; il primo, il secondo e il terzo piano sono deserti,
con un paio di macchine parcheggiate dal giorno prima. Al quarto
piano c'l locale. Il volume della musica ltissimo, c'n sacco
di gente che balla e l'intera sala puzza di birra e sudore e benzina.
Arriva il nuovo disco degli Icicle Works e sulla pista ci sono due
delle Go-Gos e uno dei Blasters, e Kim sostiene di aver visto John
Doe e Exene vicino al Dj. Alana si mette a parlare con un paio di
ragazzi inglesi che conosce, commessi di Fred Segal. Kim parla con
me. Mi dice che secondo lei Blair non ito cotta di me. Io
scrollo le spalle e guardo fuori da una finestra aperta. Dal punto in
cui mi trovo, riesco a vedere, dalla finestra, dentro la notte, le
cime degli edifici del centro commerciale, bui, con pochissime
finestre illuminate agli ultimi piani. C'n'enorme cattedrale con
una croce gigantesca, quasi monolitica, illuminata, sul tetto, che
punta verso la luna; una luna che sembra pionda gialla e
grottesca di quanto ricordi. Per un attimo guardo Kim senza dire
niente. Vedo Blair sulla pista con un ragazzo carino, di sedici,
diciassette anni. Sembrano tutt'e due molto felici. Kim dice peccato,
ma io credo che non gliene importi molto. Dimitri, ubriaco, si
trascina verso di noi borbottando frasi incoerenti. Mi sembra che
stia per dire qualcosa a Kim, invece infila la mano nel vetro della
finestra, e quando tenta di tirarla fuori la pelle si stacca e dai
tagli e dalle mutilazioni sprizza una quantiti sangue che si
spande dappertutto sul vetro. Lo accompagnamo al pronto soccorso di
non so quale ospedale e dopo andiamo in un caffu Wilshire e
restiamo lin verso le quattro. Poi andiamo a casa.

Tra un po dovrei uscire con Blair e intanto c'n altro di quei
programmi religiosi alla televisione. L'uomo che sta parlando ha i
capelli grigi, un paio di occhiali con le lenti rosa e una giacca dai
risvolti molto larghi. Tiene in mano un microfono. Sullo sfondo c' un povero Cristo al neon, tutto solo. Ti senti confuso. Ti senti
frustrato, - mi dice l'uomo. - Non sai cosa sta succedendo. Ecco
perchei smarrito, disperato. Ecco perchi sembra che non ci sia
via d'uscita. Ma ecco arrivare Gessiverttraverso
l'occhio del tuo schermo televisivo. Gesterno sbarramento
sulla strada della tua vita e ti costringer tornare indietro. E lo
fardesso, subito. Padre Celeste, Tu libererai i prigionieri.
Insegna la tua vita a coloro che sono in catene. Sia gloria al
Signore. Questa dev'essere la notte della Liberazione. Di a Ges"Perdona i miei peccati", e proverai una gioia ineffabile. Che la tua
coppa trabocchi. Nel nome di Gesen... Alleluia!
Aspetto che succeda qualcosa. Resto seduto davanti al televisore
per quasi un'ora. Ma non succede niente. Mi alzo, finisco la coca che
tengo nello spogliatoio e faccio un salto al Polo Lounge a bere
qualcosa prima di passare a prendere Blair, alla quale ho telefonato
prima per dirle che avevo due biglietti per un concerto
all'Amphitheater. Lei non ha detto niente tranne: - Vengo con te -.
Io le ho detto che sarei passato a prenderla alle sette e lei ha
riappeso. Seduto tutto solo al bar, rifletto sul fatto che stavo per
chiamarlo, uno di quei numeri che comparivano ogni tanto in basso sul
video. Ma poi mi sono reso conto che non avrei saputo cosa dire. E
ricordo sette delle parole pronunciate da quell'uomo. Questa
dev'essere la notte della Liberazione.
Chisserchueste parole mi tornano in mente mentre sono seduto
da Spago con Blair dopo il concerto. E' tardi, siamo soli nel patio e
Blair sospira e mi chiede una sigaretta. Beviamo kir, ma Blair sta
esagerando, e quando ordina il sesto, le dico forse adesso basta e
lei mi guarda e dice: - Ho caldo e sete e ordino quel cazzo che
voglio.

Sono con Blair in una gelateria di Westwood. Io e Blair mangiamo
gelato italiano e parliamo. Blair dice che questa settimana c' L'invasione degli ultracorpi alla Tv via cavo.
- L'originale? - dico, chiedendomi perchtia parlando di quel
film. Comincio a fare associazioni paranoiche.
- No.
- Il remake? - chiedo timidamente.
- S - Oh - Sposto gli occhi sul mio gelato, che sto trascurando.
- Hai sentito il terremoto? - mi chiede Blair.
- Cosa?
- Hai sentito il terremoto stamattina?
- Il terremoto?
- S - Stamattina?
- S
- No, non ho sentito niente.
Pausa. - Pensavo che l'avessi sentito.
Nel parcheggio mi giro verso di lei e le dico: - Senti, mi
dispiace, davvero, - anche se non sono troppo sicuro che mi
dispiaccia.
- Lascia perdere, - dice lei. - Non importa.
A un semaforo rosso di Sunset, mi sporgo a baciarla e lei ingrana
la marcia e accelera. Alla radio c'na canzone che ho gientito
cinque volte, oggi, ma la canticchio comunque. Blair si accende una
sigaretta. Passiamo davanti a una povera donna con i capelli sporchi
e arruffati e un sacchetto di Bullock pieno di giornali ingialliti. E'
accovacciata sul marciapiede vicino all'autostrada, la faccia alzata
verso il cielo; gli occhi socchiusi contro il riverbero del sole.
Blair chiude le sicure e imbocchiamo una strada laterale che va su
per le colline. Non ci sono altre macchine. Blair alza il volume
della radio. Non vede il coyote. E' grosso, marrone grigiastro, e la
macchina lo prende in pieno mentre attraversa la strada di corsa.
Blair tira un urlo e tenta di proseguire, mentre la sigaretta le cade
dalle labbra. Ma il coyote ncastrato sotto le ruote e guaisce, e
la macchina ha difficoltd avanzare. Blair la ferma, mette la
marcia indietro e spegne il motore. Io non voglio uscire dalla
macchina, ma Blair sta piangendo istericamente, la testa in grembo, e
coscendo e mi avvicino lentamente al coyote. Giace sul fianco e
tenta di dimenare la coda. Ha gli occhi spalancati e pieni di
terrore, e io lo guardo entrare in agonia sotto il sole, con il
sangue che gli esce dalla bocca. Ha le zampe spappolate e il corpo
agitato da convulsioni, e si comincia a vedere una pozza di sangue
sotto la testa. Blair mi chiama, ma io la ignoro e guardo il coyote.
Resto a guardarlo per dieci minuti. Non passano macchine. Il coyote
trema e inarca la schiena, tre, quattro volte, poi rovescia gli occhi
mostrando il bianco. Cominciano ad arrivare le mosche, volano rasente
al sangue e alla membrana secca degli occhi. Torno alla macchina e
Blair riparte. Quando arriviamo a casa sua, accende la Tv e prende
qualcosa tipo Valium o Torazina, mi sembra, poi andiamo a letto
mentre comincia Another World

E quella sera alla festa di Kim, mentre gli altri giocano a
Quarters e si ubriacano, io e Blair restiamo seduti sul divano in
soggiorno ad ascoltare un vecchio album degli Xtc, e Blair mi dice
che forse dovremmo andare nella foresteria e cosi alziamo, usciamo
dal soggiorno, costeggiamo la piscina e una volta dentro la
foresteria cominciamo a baciarci con furia e io non l'ho mai
desiderata tanto e lei mi afferra e mi stringe cosorte che perdo
l'equilibrio. Cadiamo insieme in ginocchio e lei mi infila le mani
sotto la camicia, e io sento la sua mano morbida e fresca sul petto e
la bacio sul collo, la lecco, poi affondo la faccia nei capelli che
sanno di gelsomino e mi strofino contro di lei e ci tiriamo gi jeans a vicenda, e ci tocchiamo, e io la accarezzo sopra le mutande e
quando la penetro troppo in fretta lei trattiene il respiro e io
cerco di non muovermi.

Sono seduto da Trumps con mio padre. Ha comperato una Ferrari nuova
e ha cominciato a mettersi un cappello da cowboy. Non se lo tiene in
testa da Trumps, per questo n bel sollievo, francamente. Vuole
che vada dal suo astrologo e mi consiglia di comperare l'Astroscope
del Leone per l'anno appena cominciato.
- Certo.
- Quelle vibrazioni planetarie agiscono sul corpo in modo
misterioso, - dice.
- Lo so.
Siamo seduti accanto a una finestra aperta e io mi porto il
bicchiere di champagne alla bocca e chiudo gli occhi e lascio che il
vento caldo mi scompigli leggermente i capelli, poi giro la testa e
guardo su per le colline. Un tizio si ferma al nostro tavolo. Io
avevo chiesto a mia madre di venire, ma lei ha detto che aveva da
fare. Era sdraiata accanto alla piscina a leggere Glamour quando
gliel'ho chiesto.
- Solo per l'aperitivo, - le ho detto.
- Non vado da Trumps solo per l'aperitivo
Io ho sospirato e non ho detto niente.
- Non voglio andare da nessuna parte.
Una delle mie sorelle, sdraiata accanto a lei, ha scrollato le
spalle e si essa gli occhiali da sole.
- Comunque, viene l'uomo della Tv via cavo ad allacciare On, - ha
detto mia madre, agitandosi, mentre andavo via.
Il tizio si allontana. Mio padre non parla molto. Io cerco di fare
conversazione. Gli racconto del coyote investito da Blair. Lui dice
che peccato. Continua a guardare fuori dalla finestra, verso la
Ferrari rosso idrante. Mio padre mi chiede se sono ansioso di tornare
nel New Hampshire e io lo guardo e gli dico di s
Mi svegliai al suono delle voci in giardino. Il regista che la sera
prima aveva dato la festa a cui i miei genitori avevano portato la
nonna era seduto al tavolo sotto l'ombrellone e stava facendo
colazione. La moglie era seduta al suo fianco. La nonna era sotto
l'ombrellone e l'ombra le donava. Il regista cominciparlare di
una controfigura morta durante la lavorazione di uno dei suoi film.
Racconte aveva perso l'equilibrio. Che era precipitato di sotto a
testa in gi - Era un ragazzo meraviglioso. Aveva solo diciotto anni.
Mio padre aprn'altra birra.
Il nonno abbassi occhi, triste. - Come si chiamava? - chiese.
Ci fu un lungo silenzio e io sentivo solo la brezza del deserto, il
rumore della Jacuzzi che si stava riscaldando e della piscina che si
stava svuotando, e Frank Sinatra che cantava "Summer Wind", e pregavo
che il regista si ricordasse il nome di quel ragazzo. Chisserch mi sembrava molto importante. Volevo con tutte le mie forze che il
regista pronunciasse quel nome. Il regista apra bocca e disse: -
Me lo sono dimenticato.

Dal ristorante dove ho fatto colazione con mio padre, vado a casa
di Daniel. La cameriera viene ad aprirmi e mi accompagna fuori in
giardino dove la madre di Daniel, che ho conosciuto alla riunione dei
genitori a Camden, New Hampshire, sta giocando a tennis in bikini, il
corpo scintillante di olio solare. Smette di esercitarsi con il
lanciapalle automatico, si avvicina e comincia a parlare del Giappone
e di Aspen, poi di uno strano sogno che ha fatto la notte prima in
cui Daniel veniva rapito. Si siede su una sdraio accanto alla piscina
e la cameriera le porta un bicchiere di treddo. La madre di Daniel
prende la fetta di limone e comincia a succhiarla, e intanto guarda
fisso il ragazzo biondo che sta ripulendo la piscina dalle foglie.
Poi mi dice che ha l'emicrania e che non vede Daniel da parecchi
giorni. Io vado dentro casa, salgo le scale, passo davanti al poster
del nuovo film del padre di Daniel, e vado in camera di Daniel ad
aspettarlo. Quando diventa chiaro che Daniel non torner casa,
salgo in macchina e vado da Kim che deve restituirmi il gilet.

Entro in casa e sento subito un urlo. La cameriera sembra non farci
caso e dopo avermi aperto la porta torna in cucina. Le stanze sono
ancora prive di mobili e mentre le attraverso per andare in piscina
passo davanti ai vasi nazi. E' Muriel, a urlare. Mi avvicino, e lei
smette di urlare. E' sdraiata accanto alla piscina con Kim e Dimitri.
Dimitri indossa un paio di Speedo neri e un sombrero, e strimpella
L'A' Woman su una chitarra elettrica, ma non riesce a suonare bene
perchli hanno appena rifatto la medicazione alla mano che si tagliato di brutto al New Garage, e tutte le volte che quella mano
sfiora le corde fa una smorfia di dolore. Muriel ricomincia a urlare.
Kim sta fumando uno spinello e alla fine si accorge di me, si alza e
mi dice che credeva che sua madre fosse in Inghilterra ma ha appena
letto su Variety che invece lle Hawaii a fare un sopralluogo con
il regista del suo prossimo film.
- Dovresti telefonare prima di venire qui, - mi dice Kim, passando
lo spinello a Dimitri.
- Ho provato a chiamare, ma non rispondeva nessuno, - dico. E' una
balla, ma tanto sono sicuro che nessuno avrebbe risposto, se avessi
chiamato.
Muriel continua a urlare e Kim la guarda, distratta, e dice: - Be,
forse hai chiamato uno dei numeri che ho fatto staccare.
- Forse, - le dico. - Mi dispiace. Sono solo venuto a prendere il
mio gilet.
- Be, olo che... per questa volta va bene, ma non mi piace la
gente che arriva senza avvisare. C'ualcuno che va in giro a dire a
tutti dove abito, e la cosa non mi piace.
- Scusami.
- Voglio dire, prima mi faceva piacere che la gente arrivasse
all'improvviso, ma adesso non lo sopporto pin riesco a
sopportarlo.
- Quando torni all'universit- le chiedo mentre andiamo in camera
sua.
- Non lo so - E' sulla difensiva. - Sono giicominciate le
lezioni, per caso?
Entriamo in camera sua. C'olo un grande materasso sul pavimento,
uno stereo enorme, costosissimo, che prende un'intera parete, e un
poster di Peter Gabriel e un mucchio di vestiti in un angolo. Ci sono
anche le fotografie della festa di capodanno attaccate sopra il
materasso. Vedo quella di Muriel che si fa di eroina, con il mio
gilet e me che guardo. In un'altra sono ritto in mezzo al soggiorno
in jeans e T-shirt, e cerco di aprire una bottiglia di champagne con
aria assolutamente intronata. Ce n'na di Blair che si accende una
sigaretta. E una di Spit, sconvolto, sotto la bandiera. Da fuori,
arriva l'urlo di Muriel e il suono della chitarra che Dimitri tenta
ancora di suonare.
- Cos'hai fatto di bello? - chiedo.
- E tu? - chiede lei.
Non rispondo.
Lei alza gli occhi, disorientata. - Avanti, Clay, racconta -. Fruga
nel mucchio di vestiti. - Avrai pur fatto qualcosa.
- Oh, non so.
- Allora, cosa fai? - mi chiede.
- Non so, cose, immagino - Mi siedo sul materasso.
- Tipo?
- Non so. Cose -. Mi si incrina la voce, e per un istante penso al
coyote e mi viene da piangere ma poi passa e voglio solo il mio gilet
per potermene andare di qui.
- Per esempio?
- E tua madre cosa fa?
- La voce in un documentario sugli adolescenti spastici. Allora,
Clay, si pupere cosa fai?
Qualcuno, forse Spit o Jeff o Dimitri, ha scritto le lettere
dell'alfabeto sulla parete. Cerco di concentrarmi su quelle lettere
ma poi mi accorgo che non sono nell'ordine giusto e coshiedo: -
Cos'altro fa, tua madre?
- Deve girare questo film alle Hawaii. E tu, cosa fai?
- Le hai parlato?
- Lascia perdere mia madre.
- Perch - E non dire perch - Percho? - ripeto.
Lei trova il gilet. - Ecco.
- Percho.
- Cosa fai? - torna a chiedermi porgendomi il gilet.
- Cosa fai?
- Cosa fai? - chiede ancora, e le trema la voce. - Non chiedermelo,
ti prego. Ok, Clay?
- Percho?
Kim si siede sul materasso quando io mi alzo. Muriel ricomincia a
urlare.
- Perch. non so, - sospira Kim.
Io la guardo e non provo niente e me ne vado con il mio gilet.

Io e Rip siamo all'Are Records in Wilshire Boulevard. Il
responsabile della promozione sta comprando cocaina da Rip. Ha
ventidue anni, i capelli biondo platino ed utto vestito di bianco.
Rip vuol sapere cosa gli deve procurare.
- Ho bisogno di un po di coca, - dice il biondo.
- Fantastico, - dice Rip, e infila una mano nella tasca della
giacca di Parachute.
- Bella giornata, fuori, - dice il biondo.
- Sfantastica, - dice Rip.
- Fantastica, - ripeto io.
Rip chiede al biondo se gli puocurare un lasciapassare per il
concerto dei Fleshtones.
- Certo - Porge a Rip due piccole buste.
Rip dice allora ci sentiamo presto e gli dna busta.
- Fantastico, - dice il biondo.
Io e Rip ci alziamo e Rip gli chiede: - Hai visto Julian?
Il biondo eduto dietro una grossa scrivania. Prende su il
telefono e dice a Rip di aspettare un minuto. Non dice niente, al
telefono. Rip si appoggia alla scrivania e prende il demo di un nuovo
gruppo inglese dal ripiano di vetro. Il biondo mette gi
ricevitore e Rip mi passa il demo. Io lo guardo e torno a posarlo
sulla scrivania. Il biondo sorride e dice a Rip che loro due
dovrebbero fare colazione insieme una volta o l'altra.
- E Julian? - chiede Rip.
- Non so, - dice il responsabile della promozione.
- Grazie mille - Rip gli strizza l'occhio.
- Fantastico, fantastico, ragazzi, - dice il biondo, appoggiandosi
allo schienale della sedia e alzando lentamente gli occhi al cielo.

Trent mi chiama mentre sono a casa con Blair e ci invita a una
festa a Malibu; dice qualcosa tipo forse ci saranno anche gli X.
blair e Daniel dicono percho e io penso che non ho una gran voglia
di andare a una festa ni vedere Trent ma na bella giornata e
l'idea di Malibu non osale. Daniel vuole andarci comunque per
vedere quali case sono state distrutte dalle tempeste. Gi la
Pacific Coast Highway faccio attenzione a non superare il limite di
velocit Blair e Daniel parlano del nuovo album degli U2. Quando la
radio comincia a trasmettere la nuova canzone delle Go-Gos, mi
chiedono di alzare il volume e di cantare con loro, un po per
scherzo, un po sul serio. Quando ci avviciniamo all'oceano l'aria si
fa pisca e il cielo viola e grigio. Puntiamo verso l'oscuriti
Malibu e oltrepassiamo un'ambulanza e due macchine della polizia
ferme sul ciglio della strada. Daniel allunga il collo per vedere
cosa succede e io rallento un po. Blair dice che forse stanno
cercando una macchina volata di sotto, e restiamo tutti e tre in
silenzio per qualche istante.
Gli X non ci sono, alla festa di Malibu. E non c'emmeno molta
altra gente. Trent viene ad aprirci in mutande e ci dice che il
proprietario della casa ndato ad Aspen e l'ha affidata a lui e un
suo amico. Pare che Trent venga qui molto spesso, e anche tanti dei
suoi amici, che sono praticamente tutti bei ragazzi biondi,
fotomodelli come lui. Poi Trent comincia a dirci servitevi, mangiate
e bevete quello che volete, e alla fine torna a infilarsi nella
Jacuzzi, sdraiato sotto il cielo che si sta oscurando. Alla festa ci
sono per lo piazzi giovanissimi, spuntano in ogni stanza e
sembrano tutti uguali: sottili, abbronzati, capelli biondi e corti,
occhi azzurri dallo sguardo vacuo, stessa voce vuota e monotona, e
cosomincio a chiedermi se sono anch'io come loro. Cerco di
scacciare questo pensiero, mi verso da bere e giro gli occhi nel
soggiorno. Due ragazzi giocano a Pac Man. Un altro draiato su un
enorme divano, fuma uno spinello e guarda Mtv. Uno dei due che
giocano a Pac Man lascia andare un gemito e dn pugno alla
macchina.
Lungo la spiaggia deserta corrono due cani. Uno dei ragazzi biondi
li chiama: - Hanoi, Saigon, qua, venite, - e i cani, due doberman,
arrivano di corsa, a grandi balzi eleganti, sulla terrazza. Il
ragazzo li accarezza e Trent sorride e comincia a lamentarsi del
servizio da Spago. Il ragazzo che ha dato un pugno al Pac Man viene
verso di noi e guarda Trent.
- Ho bisogno delle chiavi della Ferrari. Vado a prendere da bere.
Sai dove sono le carte di credito?
- Metti in conto, - dice Trent stancamente. - E prendi molta acqua
tonica, ok, Chuck?
- Le chiavi?
- In macchina.
- Bene.
Uno sprazzo di sole esce dalle nuvole e il ragazzo con i cani viene
a sedersi accanto a Trent e comincia a parlare. Pare che faccia anche
lui il modello e vuol sapere da Trent come si fa a entrare nel
cinema. Il suo agente iuscito a procurargli solo uno spot di
Carl's jr.
- Ehi, Trent, ci siamo, bello, - chiama un ragazzo da dentro casa.
Trent mi dn colpetto sulla spalla, mi strizza l'occhio e mi dice
che c'na cosa che devo assolutamente vedere; fa segno a Blair e a
Daniel di seguirci. Entriamo in casa e scendiamo gi un corridoio
fino a quella che sembra la camera da letto padronale, dove ci sono
dieci o dodici ragazzi pi quattro e i due cani, che ci hanno
seguito. Tutti hanno gli occhi alzati verso un grande schermo
televisivo. Guardo anch'io.
C'na ragazza giovanissima, di forse quindici anni, sdraiata su
un letto, le braccia legate insieme sopra la testa e le gambe
spalancate, ciascun piede legato al fondo del letto. Sembra sdraiata
su carta di giornale. La pellicola n bianco e nero e un po
rovinata e quindi ifficile capire su cosa draiata, ma sembra
proprio carta di giornale. La macchina da presa inquadra un ragazzo
magro, nudo, giovanissimo anche lui, sedici, forse diciassette anni,
che viene spinto dentro la stanza da un nero grasso, anche lui nudo e
con un'enorme erezione. Il ragazzo fissa la macchina da presa per un
inquietante lasso di tempo, un'espressione di panico assoluto sulla
faccia. Il nero lo lega al pavimento e io mi chiedo perchi sia una
sega elettrica in un angolo della stanza, sullo sfondo. Il nero si
scopa il ragazzo per terra, poi si scopa la ragazza sul letto e alla
fine esce dallo schermo. Quando torna ha in mano una scatola. Sembra
una scatola di attrezzi e per un istante resto spiazzato e intanto
Blair esce dalla stanza. Il nero tira fuori un punteruolo da
ghiaccio, una specie di gruccia di filo di ferro, un pacchetto di
chiodi e poi un coltello lungo e sottile, e si avvicina alla ragazza.
Daniel sorride e mi dn colpetto col gomito nelle costole. Esco in
fretta dalla stanza mentre il negro cerca di piantare un chiodo nella
gola della ragazza.
Mi siedo al sole, accendo una sigaretta e cerco di calmarmi. Ma
qualcuno ha alzato il volume e cosalla terrazza sento il rumore
delle onde, le grida dei gabbiani e il ronzio dei fili del telefono,
sento il calore del sole e il fruscio degli alberi che si agitano nel
vento caldo, e le urla di una ragazzina che arrivano dal televisore
in camera da letto. Trent torna fuori venti, trenta minuti pidi,
dopo che le urla della ragazza e del ragazzo si sono placate, e mi
accorgo che ce l'ha duro. Si sistema e viene a sedersi accanto a me.
- Guy l'ha pagato quindicimila dollari.
I due ragazzi che giocavano a Pac Man escono in terrazza, col
bicchiere in mano, e uno dei due dice a Trent che secondo lui era
tutto finto, anche se la scena della sega elettrica era molto
realistica.
- Io invece scommetto che utto vero, - dice Trent, in tono
difensivo.
Mi appoggio allo schienale della sedia e guardo Blair che passeggia
lungo la spiaggia.
- Sanch'io credo che sia tutto vero, - dice l'altro ragazzo,
infilandosi nella Jacuzzi. - Per forza.
- Ah s- dice Trent, speranzoso.
- Voglio dire, come si fa a simulare una castrazione? Gliele hanno
tagliate via molto lentamente, le balle, a quel ragazzo. Impossibile
simulare una scena del genere, - dice il ragazzo.
Trent annuisce e ci pensa su per un po. Poi arriva Daniel,
sorridente, rosso in faccia, e io mi rilasso al sole.

Quel pomeriggio, West, uno dei segretari personali di mio nonno,
venne gialm Springs. Aveva le spalle curve, una cravatta a
stringa, una giacca con lo stemma di uno degli alberghi del nonno
sulla schiena e distribuiva gomme da masticare Beechnut alla
liquirizia. Raccontl caldo e del volo a bordo del Lear jet. Era
in compagnia di Wilson, un altro degli assistenti del nonno, che
indossava un berretto rosso da baseball e si portava dietro una serie
di ritagli di giornale sul clima del Nevada negli ultimi due mesi.
Gli uomini si misero a parlare di baseball e a bere birra, e la nonna
rimase l guardarli, la camicetta che le pendeva dal corpo fragile,
un fazzoletto azzurro e giallo stretto intorno al collo.

Io e Trent siamo a Westwood, e lui mi sta raccontando che il
padrone della casa di Malibu ornato da As-pen e ha sbattuto fuori
tutti, cosdesso lui deve andare a stare da un amico nella Valley
per un paio di giorni e poi partirer New York per fare qualche
servizio. Quando gli chiedo che genere di servizio, si limita a
scrollare le spalle e a dire: - Qualche servizio, bello, qualche
servizio - Dice che in realtorrebbe tornare a Malibu, che sente
la mancanza della spiaggia. Poi mi chiede se voglio un po di coca.
Io gli dico certo ma non subito. Trent mi afferra il braccio con un
gesto violento e dice: - Percho?
- Andiamo, Trent, - gli dico. - Ho il naso distrutto.
- Non importa. Questa roba n toccasana, vedrai. Andiamo
all'Hamburger Hamlet, al piano di sopra.
Lo guardo.
Lui guarda me.
Ci mettiamo solo cinque minuti, e quando torniamo gistrada non
mi sento affatto meglio. Trent dice che lui invece sta benissimo e
vuole andare alla sala giochi di fronte. Mi dice anche che Sylvan, un
ragazzo francese, orto venerddi overdose. Gli dico che non so
chi fosse. Lui scrolla le spalle. - Ti sei mai fatto un buco? - mi
chiede.
- Se mi sono mai fatto un buco?
- S - No.
- Oh signore, - dice lui con aria di compatimento.
Quando arriviamo alla macchina, la Ferrari di un amico, mi sanguina
il naso.
- Devo procurarti un po di Decadron e di Celestone. Per ridurre il
gonfiore delle mucose nel naso bloccato, - dice.
- E dove la trovi, quella roba? - gli chiedo, con le dita e un
Kleenex coperti di muco e sangue. - Dove la trovi quella merda?
Trent rimane a lungo in silenzio, poi avvia il motore e fa: - Dici
sul serio?

Quel pomeriggio la nonna stava malissimo. Aveva cominciato a
sputare sangue. Era giuasi calva e magrissima per via del cancro
al pancreas. Pidi quella sera, mentre la nonna era a letto, gli
altri continuarono la loro conversazione, parlando del Messico, delle
corride e di film scadenti. Il nonno si tagli dito aprendo una
birra. Ordinarono da mangiare a un ristorante italiano e il ragazzo
che venne a portare l'ordine aveva una toppa sui jeans con la scritta
Aerosmith Live La nonna scese di sotto. Si sentiva un po meglio.
Non mangiente, pero le rimasi accanto e il nonno fece un
gioco di prestigio con due dollari d'argento.
- Hai visto, nonna? - le chiesi. Troppo timido per guardarla negli
occhi sbiaditi.
- Sho visto, - disse lei, e tent sorridere.

Sto per addormentarmi quando arriva Alana, senza preavviso. La
cameriera la fa entrare e lei viene a bussare alla mia porta, e io
aspetto un bel po prima di aprirle. Ha pianto e viene a sedersi sul
mio letto. Dice qualcosa di un aborto e poi si mette a ridere. Io non
so cosa dire, non so come comportarmi, e cose dico che mi
dispiace. Lei si alza e va alla finestra.
- Ti dispiace? - mi chiede. - E perch- Si accende una sigaretta
ma non riesce a fumare e cosa spegne.
- Non so.
- Be, Clay... - Ricomincia a ridere, sempre guardando fuori dalla
finestra, e per un istante temo che si metta a piangere. Io sono
vicino alla porta e sto guardando il poster di Elvis Costello, i suoi
occhi, che fissano Alana, fissano me e Alana, e cerco di tirarla via
da lcose dico di avvicinarsi, di sedersi, e lei pensa che
voglia, tipo, abbracciarla e si avvicina, mi circonda con le braccia
e dice qualcosa tipo: - Siamo diventati tutti insensibili.
- E' stato Julian? - le chiedo irrigidendomi.
- Julian? No, no, - dice lei. - Non lo conosci.
Si addormenta e io scendo di sotto, vado fuori e mi siedo vicino
alla Jacuzzi. Guardo l'acqua illuminata, il vapore che sale dalla
superficie, che mi riscalda.

Poco prima dell'alba mi riscuoto e torno in camera mia. Alana ritta davanti alla finestra e fuma una sigaretta contemplando il
panorama. Mi dice che ha perso molto sangue la sera prima e che si
sente debole. La porto a far colazione a Encino e lei si tiene gli
occhiali da sole e beve molto succo d'arancia. Quando torniamo a casa
mia, scende dalla macchina e dice: - Grazie.
- Di cosa? - le chiedo.
- Non so, - dice lei dopo un po.
Sale in macchina e se ne va.
Quando tiro lo sciacquone nel mio bagno, la tazza ntasata di
Kleenex e l'acqua si arrossa di sangue. Abbasso il coperchio perch non c'ient'altro da fare.

Pidi quel giorno passo da Daniel. E' in camera sua e gioca ad
Atari sul televisore. Non ha un bell'aspetto, piciacchiato che
abbronzato, pivane di quanto lo ricordassi dal New Hampshire, e
quando gli dico qualcosa ripete parte della mia frase e poi annuisce.
Gli chiedo se ha ricevuto da Camden il modulo da riempire con
l'elenco dei corsi per il prossimo trimestre e lui tira fuori la
cassetta di Pitfall e ne mette dentro una che si chiama Megamania.
Continua a strofinarsi la bocca e quando mi rendo conto che non ha
intenzione di rispondermi, gli chiedo cos'ha fatto in questi giorni.
- Cos'ho fatto?
- S - Niente di speciale. Sono andato un po in giro.
- Dove?
- Dove? In giro. Passami quello spinello lul tavolino da notte.
Gli passo lo spinello e poi una scatola di fiammiferi del Ginger
Man. Lui accende lo spinello e ricomincia a giocare a Megamania. Mi
passa lo spinello spento e io lo riaccendo. Cosini gialli precipitano
addosso all'omino di Daniel. Daniel comincia a raccontarmi di una
ragazza che conosce. Non mi dice come si chiama.
- E' carina, ha sedici anni e abita da queste parti. Ogni tanto va
al Westward Ho di Westwood Boulevard a comprare la roba. Il suo
fornitore n ragazzo di diciassette anni della Uni che passa
giornate intere a imbottirla di eroina... - Daniel non riesce a
evitare uno di quei cosini gialli che va a colpire l'omino facendolo
sparire dallo schermo. Daniel sospira e continua. - Poi le dn po
di acido e la porta a qualche festa qua intorno o nella Colony e poi...
e poi...? - Daniel tace all'improvviso.
- E poi cosa? - gli chiedo, passandogli di nuovo lo spinello.
- E poi lei si fa scopare da tutti.
- Oh.
- Cosa ne dici?
- Mi sembra... terribile.
- Una buona idea per una sceneggiatura?
Resto in silenzio per un attimo. - Una sceneggiatura.
- SUna sceneggiatura.
- Non so.
Daniel smette di giocare a Megamania e mette dentro un'altra
cassetta, Donkey Kong. - Non credo che tornerscuola, - dice. -
Nel New Hamp-shire.
Dopo un po gli chiedo perch - Non so - Tace, torna ad accendere lo spinello. - Mi sembra di
non esserci mai stato, nel New Hamp-shire - Scrolla le spalle, tira
una lunga boccata dallo spinello. - Mi sembra di essere qui da
un'eternit Mi porge lo spinello. Io faccio di no con la testa.
- E coson torni a scuola?
- Voglio scrivere questa sceneggiatura, capisci?
- Ma i tuoi cosa ne dicono?
- I miei? Non gliene frega niente. Perchai tuoi gliene frega
qualcosa?
- Non so. Avranno pure un'opinione.
- Adesso sono a Barbados per un mese e poi andranno a oh... cazzo...
non so... Versailles? Non ricordo. Non gliene frega niente, - ripete.
Gli dico: - Io credo che dovresti tornare a scuola.
- Davvero non capisco perch- dice Daniel, senza distogliere gli
occhi dallo schermo, e a questo punto anch'io comincio a chiedermi
perchi siamo iscritti all'universitammesso che l'abbiamo mai
saputo. Alla fine Daniel si alza, spegne il televisore, poi guarda
fuori dalla finestra. - C'n vento strano, oggi. Molto forte.
- E Vanden? - gli chiedo.
- Chi?
- Vanden. Avanti, Daniel, su. Vanden.
- Nemmeno lei icura di tornare a scuola, - dice sedendosi.
- Ma forse torner - E chi anden?
Mi avvicino alla finestra e gli dico che io partira cinque
giorni. Accanto alla piscina ci sono delle riviste, e il vento le
agita e le fa volare sopra il cemento che circonda l'acqua. Prima di
andarmene guardo Daniel accendersi un altro spinello, guardo la
cicatrice che ha sul pollice e l'indice e chisserchi sento
meglio.

Sono in una cabina telefonica di Beverly Hills.
- Pronto? - risponde il mio psichiatra.
- Salve. Sono Clay.
- Soh, ciao, Clay. Dove sei?
- In una cabina di Beverly Hills.
- Vieni, oggi?
- No.
Pausa.
- Capisco. Ummm, e perch - Non credo che lei mi sia di grande aiuto.
Un'altra pausa. - E' questa la vera ragione?
- Cosa?
- Ascolta, perchon...
- Niente da fare.
- Dove esattamente, a Beverly Hills.
- Credo che non ci vedremo pi - E io credo che chiamera madre.
- Faccia pure. Non me ne importa niente. Ma da lei non ci torno,
chiaro?
- Bene, Clay. Non so assolutamente cosa dire e so che tato
difficile. Ehi, ragazzo, tutti abbiamo...
- Vaffanculo.

La mattina dell'ultimo giorno, West si svegliesto. Aveva la
stessa giacca e la stessa cravatta a stringa, e Wilson aveva lo
stesso berretto da baseball rosso. West mi offrn altro pezzo di
Bazooka e mi disse, un pezzo di gomma da masticare ti fa cantare, e
io ne presi due. Mi chiese se erano tutti pronti e io risposi che non
lo sapevo. Arriv moglie del regista a dirci che andavano a Las
Vegas per il fine settimana. La nonna stava prendendo il Percodan.
Partimmo per l'aeroporto con la Cadillac. Nelle prime ore del
pomeriggio arrivnalmente il momento di salire a bordo e lasciare
il deserto. Nessuno parlella sala d'attesa vuota, fino a quando
il nonno non si girrso la nonna e disse: - Ok, compagna, andiamo
- La nonna morue mesi dopo in un grande letto di una stanza vuota
d'ospedale ai margini del deserto.
Da quell'estate, mi sono tornate in mente tante cose, della nonna.
Le partite a carte, e i viaggi in aereo seduto in braccio a lei, e il
lento gesto con cui si scostl nonno una volta che lui cerc
baciarla a una festa in uno dei suoi alberghi. E quella volta che mi
diede delle mentine rosa e verdi al Bel Air Hotel. E la rivedo una
sera tardi, alla Scala, sorseggia un bicchiere di vino rosso
canticchiando "On the Sunny Side of the Street"

Sono davanti al cancello della mia scuola elementare. Non ricordo
l'erba e i fiori, buganvillea, mi pare, dai tempi in cui la
frequentavo; e l'asfalto vicino all'edificio dell'amministrazione stato sostituito con alberi, e gli alberi morti che si appoggiavano
stancamente alla recinzione vicino alla cabina del guardiano non sono
piti; l'intero parcheggio tato asfaltato di fresco. Non
ricordo nemmeno il grosso cartello giallo con la scritta:
Attenzione. Proprietrivata. Cani mordaci. Appeso al cancello e
visibile dalla macchina, parcheggiata nella strada davanti
all'edificio. Dato che le lezioni sono finite, per oggi, decido di
entrare a dare un'occhiata.
Mi avvicino al cancello ma poi mi fermo per un attimo, tentato di
lasciar perdere. Invece entro. Oltrepasso il cancello, pensando che
questa a prima volta da chissuanto che torno a visitare la mia
scuola. Osservo tre bambini arrampicarsi sul jungle gym vicino al
cancello e vedo due insegnanti che ho avuto in prima o in seconda, ma
non li saluto. Invece guardo dalla finestra dentro un'aula dove una
bambina sta dipingendo una cittDal punto in cui mi trovo, sento il
Glee Club fare le prove nell'aula vicina a quella della bambina.
Cantano canzoni di cui ho dimenticato l'esistenza, tipo Itsy Bitsy
Spider e Little White Duck.
Ci sono passato spesso, qui davanti. Tutte le volte che
accompagnavo le mie sorelle a scuola, sceglievo sempre questa strada
e guardavo i bambini piccoli salire sui bus gialli con la riga nera e
gli insegnanti ridere nel parcheggio prima delle lezioni. Non credo
che qualcun altro degli ex alunni passi mai qui davanti o scenda
dalla macchina per dare un'occhiata alla sua vecchia scuola, non ho
mai incontrato nessuno di cui mi ricordi. Un giorno ho visto un mio
ex compagno di classe, di prima, credo, ritto davanti alla
recinzione, solo, le dita aggrappate al filo di ferro, gli occhi
fissi in lontananza, e mi sono detto che probabilmente abitava da
quelle parti o qualcosa del genere, ecco perche ne stava lutto
solo a guardare la scuola, come me.
Mi accendo una sigaretta e mi siedo su una panca. Ci sono due
telefoni pubblici e ricordo quando non c'erano, quei telefoni. Alcune
madri arrivano a prendere i loro piccoli e i bambini le vedono e
attraversano di corsa il cortile per abbracciarle, e la vista dei
bambini che corrono sull'asfalto mi comunica un senso di pace; mi fa
venir voglia di restare seduto in eterno su quella panca. Invece mi
ritrovo dentro un vecchio bungalow e sono sicuro che proprio qui
c'era la mia aula di terza. Il bungalow sta per essere abbattuto.
Vicino all'edificio abbandonato c'l vecchio refettorio, anche
quello vuoto e in via di demolizione. I muri dei due edifici sono
scoloriti e la vernice scrostata lascia macchie verde pallido.
Vado fino a un altro edificio e la porta perta, cosntro.
Sulla lavagna c'l compito assegnato quel giorno e io lo leggo
attentamente poi vado agli armadietti ma non trovo il mio. Non
ricordo quale fosse. Vado nel bagno dei maschi e spremo un po di
sapone dal distributore. Nell'aula magna prendo una rivista
ingiallita e suono qualche nota al pianoforte. L'ho suonato anch'io,
quel piano, alla recita di Natale, in seconda. Suono qualche altra
nota della canzone che ricordo e la musica riecheggia nell'aula
vuota. Chisserchengo preso dal panico ed esco dalla stanza. Due
bambini giocano a pallamano. Un gioco di cui ho dimenticato
l'esistenza. Mi allontano dalla scuola senza guardare indietro, salgo
in macchina e vado via.

Quello stesso giorno vado a un appuntamento con Julian in una sala
giochi vecchia e malandata di Westwood Boulevard. Julian sta giocando
a Space Invaders e io mi avvicino e resto a guardare. Julian ha
l'aria stanca e parla a fatica. Gli chiedo dov'tato e lui dice in
giro poi gli chiedo i soldi e gli dico che sto per partire. Julian
spiega che c'ualche problema, per i soldi, ma che se vado con lui
da questo tizio che conosce me li dar - E chi uesto tizio? - gli chiedo.
- Questo tizio . - Julian si interrompe e spazza via un'intera
fila di Space Invaders. - Questo tizio n tizio che conosco. Te li
darui i soldi - Julian perde un guerriero e borbotta qualcosa.
- Perchon te li fai dare tu? E poi me li porti?
Julian alza gli occhi dal gioco e mi fissa.
- Aspetta un attimo, - dice, e esce dalla sala. Quando torna, dice
che se voglio i soldi devo andare con lui, subito.
- Non ne ho nessuna voglia.
- Ci vediamo, Clay, - dice Julian.
- Aspetta...
- Cosa c'Vuoi venire con me o no? Li vuoi i tuoi soldi o no?
- Ma perchobbiamo fare questa trafila?
- Perch- 'unica risposta di Julian.
- C'ualche altro modo di sistemare la questione?
Silenzio.
- Julian?
- Li vuoi i tuoi soldi o no?
- Julian.
- Li vuoi i tuoi soldi o no, Clay?
- S - Allora vieni, andiamo.
Usciamo dalla sala giochi.

L'appartamento di Finn n Wilshire Boulevard non lontano
dall'attico di Rip. Julian dice di aver conosciuto Finn sei, forse
sette mesi fa, ma dalla sua espressione capisco che deve aver
frequentato quell'appartamento ben piungo, troppo a lungo. Il
parcheggiatore conosce la sua macchina e gli permette di lasciarla
nella zona riservata al carico e allo scarico. Julian fa un cenno con
la mano in direzione del portiere che eduto su un divano. Per
salire da Finn, prendiamo l'ascensore, e Julian schiaccia la P di
Penthouse. L'ascensore uoto e Julian si mette a cantare una
vecchia canzone dei Beach Boys, a voce molto alta. Io mi appoggio
alla parete dell'ascensore e quando si ferma respiro forte. Riesco a
distinguere la mia immagine riflessa, capelli biondi troppo corti,
abbronzatura perfetta, occhiali da sole.
Attraversiamo l'oscuritel corridoio fino alla porta di Finn e
Julian schiaccia il campanello. La porta viene aperta da un ragazzo
di forse quindici anni con i capelli biondi tinti e la faccia
abbronzata, dura, della maggior parte dei surfisti di Ve-nice o
Malibu. Il ragazzo indossa solo un paio di shorts grigi, e io lo
riconosco, o stesso che stava uscendo dall'appartamento di Rip il
giorno in cui avevo appuntamento con lui al Cafe Casino. Ci fa
entrare con aria ostile. Mi chiedo se questo sia Finn o un surfista
con cui Finn va a letto, e quell'idea mi mette in agitazione e sento
un piccolo tonfo allo stomaco. Julian sa dov''ufficio di Finn,
il posto dove Finn lavora Chisserchomincio a sentirmi
sospettoso e nervoso. Julian arriva davanti a una porta bianca, la
apre ed entriamo tutt'e due in una stanza assolutamente sobria,
assolutamente bianca, con grandi finestre che vanno dal pavimento al
soffitto coperto di specchi. Vengo travolto da un senso di vertigine
e perdo praticamente l'equilibrio. Mi accorgo che da questa stanza si
vede l'attico di mio padre a Century City e mi viene un attacco di
paranoia percho l'impressione che anche mio padre possa vedere me.
- Ehi, ehi. Il migliore dei miei ragazzi -. Finn eduto dietro
una grande scrivania, venticinque trent'anni, biondo, abbronzato,
niente di speciale. La scrivania uota tranne per un telefono, una
busta con il nome di Finn e due boccette d'argento. L'unico altro
oggetto su quella scrivania n fermacarte di vetro con un
pesciolino intrappolato dentro, gli occhi disperatamente fissi in
un'espressione supplichevole, come se chiedesse di essere liberato, e
mi viene da chiedermi cosa importa, dato che ormai orto.
- E questo chi - chiede Finn, sorridendo.
- Un mio amico. Si chiama Clay. Clay, questo inn -. Julian
scrolla le spalle, inquieto.
Finn mi squadra, torna a sorridere, poi si rivolge a Julian.
- Com'ndata ieri sera? - chiede Finn, sempre sorridendo.
Julian esita, poi dice: - Ok, bene, - e abbassa gli occhi.
- Bene? Tutto qui? Mi ha appena chiamato Jason, ha detto che sei
stato fantastico. Bravissimo.
- Davvero?
- SCerto. Gli piaci da impazzire.
Comincio a sentirmi debole, giro per la stanza, mi frugo in tasca
in cerca di una sigaretta.
Un'altra pausa, poi Julian tossisce.
- Bene, ragazzo, se non hai troppo da fare oggi, c'n
appuntamento per te alle quattro al Saint Marquis con un uomo
d'affari di fuori cittE stasera c'a festa di Eddie, ok?
Finn guarda fisso Julian poi sposta gli occhi su di me.
- Sai cosa? - comincia a tamburellare le dita sulla scrivania. -
Forse portar qui il tuo amico non tata una cattiva idea. Quel
tizio del Saint Marquis ne vuole due, di ragazzi. Uno deve solo
guardare, naturalmente, ma Jan ia Colony e pursi che non
torni in tempo...
Io guardo Finn, poi Julian.
- No, Finn. Clay n amico, - dice Julian. - Gli devo dei soldi.
Ecco perch'ho portato qui.
- Senti, non importa, posso aspettare, - dico io, rendendomi conto
che roppo tardi. L'adrenalina comincia a scorrere.
- Perchon andate insieme, voi due? - dice Finn, squadrandomi da
capo a piedi. - Julian, portati dietro il tuo amico.
- No, Finn. Lascialo perdere. Non voglio trascinare nessun altro in
questa storia.
- Senti, Julian, - dice Finn, senza piridere, pronunciando
ogni parola con molta chiarezza. - Ho detto, credo che tu e il tuo
amico dovreste andare al Saint Marquis alle quattro. Ok? - Finn si
rivolge a me. - Tu vuoi i tuoi soldi, no?
Io faccio segno di no con la testa.
- No? Non li vuoi? - chiede lui incredulo.
- SVoglio dire, certo che... li voglio, - dico. - Certo.
Finn guarda Julian, poi meStai bene?
- S- gli dico. - Solo un po di tremito.
- Vuoi un Quaalude?
- No, grazie - Torno a guardare il pesce.
Finn si rivolge a Julian. - Allora, come stanno i tuoi genitori,
Julian?
- Non lo so - Julian tiene sempre gli occhi bassi.
- Sok... bene, - attacca Finn. - Ok, perchoi due non andate
all'albergo e poi ci vediamo alla festa di Eddie e io do a te i tuoi
soldi e al tuo amico i suoi. Ok, belli? Che ne dite? Che ve ne pare?
- Dove ci vediamo? - chiede Julian.
- Al The Land's End. Di sopra, - dice Finn. - Cosa c'Qualcosa
non va?
- No, - dice Julian. - A che ora?
- Nove e mezzo?
- Bene.
Guardo Julian e mi vengono in mente i pomeriggi che passavamo a
giocare a pallone in quinta elementare.
- Stai bene, Julie? - Finn torna a rivolgersi a Julian.
- Ssono solo un po nervoso - La voce di Julian si spegne. Sta
per dire qualcosa, apre la bocca. Sento un aereo passare sopra le
nostre teste. Poi la sirena di un'ambulanza.
- Cosa c'bello? Ehi, a me puoi dirlo, lo sai - Finn sembra
pieno di comprensione. Si avvicina a Julian e gli mette un braccio
intorno alle spalle.
Mi sembra che Julian stia piangendo.
- Vuoi scusarci, per favore? - mi chiede Finn in tono educato.
Esco dalla stanza e mi chiudo la porta alle spalle, ma sento ancora
le loro voci.
- Questa 'ultima volta, per me... l'ultima. Ok, Finn? Non credo
di farcela ad andare avanti cosNon ne posso piessere cos.
cosriste, sempre, e non riesco a... Non c'ient'altro che io
possa fare per te, Finn? Fino a quando avrnito di restituirti i
soldi? - La voce di Julian trema poi si spezza.
- Ehi, ehi, ehi, bello, - lo blandisce Finn in tono sommesso. -
Julie, va tutto bene.
Potrei andarmene adesso. Anche se sono senza macchina, potrei
andarmene. Potrei telefonare a qualcuno perchenga a prendermi.
- No, Finn, no, non va bene per niente.
- Ecco...
- No, Finn. Niente da fare. Non la voglio. Ho chiuso con questa
roba.
- Certo, certo, hai chiuso.
C'n silenzio lunghissimo e sento soltanto il rumore di due
fiammiferi che si accendono, poi di uno schiaffo, e alla fine la voce
di Finn. - Ora, tu sei il migliore, Julian, lo sai che ti voglio
bene. Ti voglio bene come a un figlio... - Un'altra pausa, poi Finn
dice: - Sei dimagrito.
Il surfista mi sfiora entrando nella stanza e dice a Finn che c' qualcuno di nome Manuel al telefono. Il surfista se ne va. Julian si
alza dalla scrivania di Finn, si allaccia il bottone del polsino
della camicia, e saluta Finn.
- Ehi, su con la vita, eh? Va in palestra, mi raccomando, tienti
su - Finn strizza l'occhio.
- Certo.
- Ci vediamo stasera, giusto, Clay?
Vorrei dire di no, ma ho la sensazione che invece lo vedrvvero,
quella sera, e cosnnuisco e dico: - Bene - e cerco di avere un
tono convinto, tipo, bene, d'accordo.
- Ragazzi, siete fantastici. Fantastici, davvero, - dice Finn.
Seguo Julian in corridoio e quando attraversiamo il soggiorno per
andare alla porta d'ingresso, vedo il surfista sdraiato sul pavimento
della stanza, la mano destra infilata nei pantaloni. Sta mangiando
una ciotola di Captain Crunch. Guarda alternativamente il retro della
scatola di cereali e Ai confini della realtull'enorme schermo
televisivo in mezzo al soggiorno. Rod Sterling ci guarda e dice che
abbiamo appena superato il confine del reale e anche se io non voglio
crederci utto cosurreale che sembra vero, e cosuardo per
l'ultima volta il ragazzo sdraiato sul tappeto del soggiorno poi mi
giro lentamente e seguo Julian fuori dalla porta e dentro l'oscurit del corridoio. Mentre scendiamo in ascensore fino alla macchina di
Julian, dico: - Perchon mi hai detto che i soldi servivano a
questo? - e Julian, con gli occhi vitrei, una smorfia triste sulla
faccia, dice: - Cosa importa? Te ne importa qualcosa? Davvero? - e io
non dico niente e mi rendo conto che in realta ragione lui, non me
ne importa poi molto e all'improvviso mi sento stupido, davvero
stupido. Mi rendo anche conto che andrn Julian al Saint Marquis.
Che voglio vedere con i miei occhi se cose del genere succedono
davvero. E mentre l'ascensore ci porta gitre il secondo piano,
oltre il primo, ancora pi, mi rendo conto che i soldi non
c'entrano. Che quello che voglio occare il fondo.

Il Saint Marquis. Le quattro in punto. Sunset Boulevard. Il sole enorme, bruciante, un mostro arancione, quando Julian entra nel
parcheggio. Chisserch passato due volte davanti all'albergo
senza fermarsi. Io continuo a chiedergli perch lui continua a
chiedermi se davvero voglio fare questa cosa e io continuo a dirgli
di sMentre scendo dalla macchina, guardo la piscina e mi chiedo se
qualcuno sia mai annegato lentro. Il Saint Marquis n albergo
deprimente; la piscina n un cortile, circondata dalle camere. C' un grassone su una sdraio, il corpo luccicante, spalmato di olio
abbronzante. Ci fissa mentre ci dirigiamo alla stanza dove Finn ci ha
detto di andare. Il nostro uomo sta nella 001. Julian va alla porta e
bussa. Una faccia, un'ombra, sbircia da dietro le tende tirate. La
porta viene aperta da un uomo di quaranta, quarantacinque anni, in
pantaloni, camicia e cravatta, che ci chiede: - S. cosa posso fare
per voi?
- Lei r Erickson, vero? - chiede Julian.
- S. E voi dovete essere... - La voce si spegne mentre squadra
me e Julian.
- Qualcosa non va? - chiede Julian.
- No, niente affatto. Perchon entrate?
- Grazie, - dice Julian.
Seguo Julian dentro la stanza e mi sento mancare il coraggio. Odio
le stanze d'albergo. Il bisnonno orto in una stanza d'albergo.
Allo Stardust di Las Vegas. Era morto da due giorni, quando l'hanno
trovato.
- Volete qualcosa da bere, ragazzi? - chiede l'uomo.
Ho la sensazione che questa sia una domanda che fanno sempre, e
anche se ho una gran voglia di bere qualcosa, guardo Julian, che
scuote la testa e dice: - No, grazie, signore - E dico anch'io: -
No, grazie, signore.
- Perchon vi mettete comodi, ragazzi? Sedetevi.
- Posso togliere la giacca? - chiede Julian.
- Scerto, certo, figliolo.
L'uomo comincia a prepararsi da bere.
- E' a L'A' per un po? - chiede Julian.
- No, no, solo una settimana. Per lavoro -. L'uomo prende un sorso
dal bicchiere.
- Che cosa fa?
- Immobili, figliolo.
Guardo Julian e mi chiedo se quest'uomo per caso non conosca mio
padre. Abbasso gli occhi e mi rendo conto che non ho niente da dire,
ma tento comunque di trovare qualcosa; il bisogno di sentire il suono
della mia stessa voce si fa intenso e continuo a chiedermi se
quest'uomo per caso non conosca mio padre. Cerco di togliermi dalla
testa l'idea di quest'uomo che si ferma al tavolo di mio padre al Ma
Maison o da Trumps, ma niente da fare, non se ne va.
Julian ricomincia a parlare. - Da dove viene?
- Indiana.
- Oh, davvero? Dove, nell'Indiana?
- Muncie.
- Oh. Muncie, Indiana.
- Proprio cos C'na pausa di silenzio e l'uomo sposta gli occhi da Julian a me
poi torna a guardare Julian. Prende un sorso dal bicchiere.
- Bene, chi di voi due vuole alzarsi, ragazzi? - L'uomo
dell'Indiana stringe con troppa forza il bicchiere poi lo depone sul
banco del bar. Julian si alza.
L'uomo fa un cenno con la testa e dice: - Perchon ti togli la
cravatta?
Julian ubbidisce.
L'uomo sposta lo sguardo su di me, per accertarsi che stia
guardando.
- Anche le calze e le scarpe.
Julian ubbidisce poi abbassa gli occhi.
- E... uh, anche il resto.
Julian si sfila la camicia e i pantaloni, e l'uomo scosta la tenda,
guarda fuori in Sunset Boulevard, poi torna a guardare Julian.
- Ti piace vivere a L'A'?
- SAdoro L'A', - dice Julian, piegando i pantaloni.
L'uomo sposta lo sguardo su di me poi dice: - No, coson va.
Perchon ti siedi lvicino alla finestra. E' meglio -. L'uomo mi
fa sedere in una poltrona e mi sistema piino al letto poi,
soddisfatto, si avvicina a Julian e gli appoggia una mano sulla
spalla nuda. La mano scivola gio alle mutande di Julian e Julian
chiude gli occhi.
- Sei un bel ragazzo.
Vedo Julian in quinta elementare, dn calcio al pallone e lo
manda in fondo al campo verde.
- Ssei un gran bel ragazzo, - dice l'uomo dell'Indiana, - e
questo uello che conta.
Julian apre gli occhi e li fissa nei miei e io mi accorgo di una
mosca che si posa con un ronzio pigro sulla parete vicino al letto.
Mi chiedo cosa faranno l'uomo e Julian. Mi dico che potrei anche
andarmene. Potrei semplicemente dire all'uomo di Muncie e a Julian
che voglio andarmene. Ma nemmeno questa volta riesco a pronunciarle,
quelle parole, e resto leduto, paralizzato dal bisogno di toccare
il fondo, un bisogno intenso, urgente.
L'uomo va in bagno e ci dice che tornerra un minuto. Chiude la
porta. Io mi alzo e vado al bar a cercare qualcosa da bere. L'uomo ha
lasciato il portafoglio sul bar e io frugo dentro. Sono coservoso
che non mi importa, non so nemmeno percha sto facendo, una cosa
come questa. Ci sono un sacco di biglietti da visita, nel
portafoglio, ma io non ne guardo nemmeno uno, ho paura di vedere
quello di mio padre. Ci sono anche delle carte di credito e la somma
di denaro tipica di chi viene in cittTrovo alcune foto di una
donna graziosa, dall'aria stanca, probabilmente la moglie, e due dei
figli, tutti maschi, gambe e braccia lunghe, capelli biondi corti,
camicie a righe, sorridenti, sicuri di sLe foto mi deprimono e
metto giportafoglio. Chisse le ha scattate l'uomo, quelle
foto. Guardo Julian, che eduto sul bordo del letto, a testa bassa.
Mi siedo anch'io poi mi allungo ad accendere lo stereo.
L'uomo esce dal bagno e mi dice: - No, niente musica. Voglio che tu
ci ascolti, voglio che tu senta tutto. Tutto -. Spegne lo stereo.
Chiedo all'uomo se posso andare in bagno. Julian si toglie le
mutande. L'uomo sorride, chisserche mi dice che sposso usare
il bagno. Ci vado, chiudo la porta a chiave, apro entrambi i
rubinetti del lavandino e tiro lo sciacquone parecchie volte mentre
tento di vomitare, senza riuscirci. Mi pulisco la bocca, poi torno in
camera da letto. Il sole ha cambiato posizione, le ombre si sono
allungate sulle pareti, e Julian sta cercando di sorridere. L'uomo
gli restituisce il sorriso e anche la sua faccia triata di ombre.
Mi accendo una sigaretta.
L'uomo gira Julian sulla pancia.
Chisse n vendita.
Non chiudo gli occhi.
Qui si puarire senza saperlo.

Io e Julian usciamo nel parcheggio. Siamo arrivati alle quattro e
ora sono le nove. Sono stato seduto in quella poltrona per cinque
ore. Mentre saliamo in macchina, chiedo a Julian dove stiamo andando.
- A The Land's End per farci dare i tuoi soldi. Li vuoi i tuoi
soldi, nomi ? chiede. - Li vuoi, vero, Clay?
Guardo Julian in faccia e ricordo i momenti passati nella sua
Porsche parcheggiata in seconda fila, a fumare spinelli sottilissimi,
ad ascoltare il nuovo album degli Squeeze prima dell'inizio delle
lezioni alle nove del mattino, e anche se quell'immagine continua a
tornare non mi inquieta pia la faccia di Julian ichia.

Sono circa le dieci e The Land's End ffollatissimo. Il locale in Hollywood Boulevard e Julian parcheggia sul retro, in un vicolo.
Lo seguo fino all'ingresso. Julian si fa largo tra la calca di
ragazzi in attesa di entrare e qualcuno protesta ma lui lo ignora.
Dall'ingresso di servizio si entra in una specie di cantina, buia
come una caverna con tutti quegli scompartimenti che dividono il
locale in tante piccole zone in cui gruppi di persone si accalcano
nell'oscuritQuando entriamo, il direttore, una specie di surfista
sui cinquanta, se la sta vedendo con un gruppo di ragazzini che
tentano di entrare anche se chiaramente non hanno l'etIl direttore
strizza l'occhio a Julian e ci fa passare. Una delle ragazze in fila
mi guarda e sorride, le labbra umide, spalmate di un rossetto rosa
violento, si aprono e mostrano una dentatura da cane o da lupo,
ringhiante, pronta all'attacco. La ragazza conosce Julian e dice
qualcosa di scortese che io non riesco a sentire. Julian alza il
medio e glielo mostra.
Ci vuole un minuto perch miei occhi si abituino all'oscurit
distinguano le facce. Il locale olto affollato e alcuni dei
ragazzi accalcati sul retro non riusciranno a entrare. Dallo stereo
escono le note di Tainted Love, altissime, e la pista da ballo zeppa di gente, per lo piazzi giovanissimi, per lo pioiati,
che tentano di sembrare eccitati. Tutti gli uomini seduti ai tavoli
guardano una ragazza bellissima, la guardano pieni di desiderio, con
la speranza di farci almeno un ballo, o un pompino nella macchina di
pape ci sono una quantiti ragazze, tutte indifferenti o
annoiate, che fumano bidi, tutte o quasi con gli occhi fissi su un
ragazzo biondo con gli occhiali scuri in fondo al locale. Julian lo
riconosce e mi dice che anche lui lavora per Finn.
Attraversiamo la sala affollata e andiamo nel retro, lasciandoci
alle spalle la musica martellante e il fumo. Nel retro, e al piano di
sopra, ove sta Lee, il Dj part-time assunto da poco. Finn sta
parlando con lui seduto su un divano. Sembra che questa sia la prima
sera di lavoro per Lee, e Lee, biondo e abbronzato, ervoso. Finn
presenta Julian e me poi chiede a Julian com'ndata e Julian
borbotta bene e dice a Finn che vuole i soldi. Finn gli dice che
glieli darce li daralla festa di Eddie; che vuole un piccolo
favore da Julian; dopo quel piccolo favore, sari contento di
darci i soldi.
Lee ha diciotto anni ma sembra molto pivane di me o Julian e
questo mi spaventa. L'ufficio di Lee guarda su Hollywood Boulevard e,
mentre Julian sospira e volta le spalle a Finn, che si mette a
parlare con Lee, io vado alla finestra e guardo le macchine. Passa
un'ambulanza. Poi si sente la sirena di un'auto della polizia. Lee ha
un'aria molto preppy, dice Finn, poi aggiunge qualcosa tipo: - Piace.
Il look preppy piace molto - Pare che Lee sia pronto, e Finn anche.
Lee dice di essere un po nervoso e Finn si mette a ridere e dice: -
Non c'iente di cui preoccuparsi. Non devi fare molto. Non con
questi clienti. Tipici dirigenti di case di produzione, tutto qui -.
Finn sorride e raddrizza la cravatta di Lee. - E se anche devi fare
qualcosa... be, siete voi a beccare i soldi, ragazzi -. E Julian
dice: - Balle, - a voce un po troppo alta e Finn dice: - Attento, -
e io non so cosa ci sto a fare qui. Guardo Lee, che ha un sorriso
ebete stampato in faccia, e ci vedo e non ci vedo Julian, in quel
sorriso innocente.

Julian segue la Rolls-Royce di Finn e Lee, e a un semaforo dice
loro che deve lasciarmi gia mia macchina perchossa seguirli
da Eddie. Julian mi lascia alla sala giochi di Westwood e seguo le
due macchine su tra le colline.

La casa dove arrivo al seguito di Finn, Lee e Julian Bel Air,
ed n'enorme costruzione di pietra con una grande distesa di prato
davanti e fontane spagnole e doccioni incombenti sopra il tetto. La
casa n Bellagio Street, e mi chiedo cosa voglia dire Bellagio
mentre imbocco l'ampio viale circolare. Un valletto mi apre la
portiera e quando scendo dalla macchina vedo Finn con le braccia
intorno alle spalle di Julian e Lee, e tutti e tre entrano dalla
porta principale, aperta, prima di me. Li seguo dentro la casa dove
ci sono soprattutto uomini ma anche qualche donna e tutti sembrano
conoscere Finn. Qualcuno saluta perfino Julian. C'na lampada
stroboscopica nel soggiorno e per un attimo il leggero nervosismo che
provo si trasforma in una specie di vertigine furibonda e mi cedono
le ginocchia e sembra che tutti stiano parlando, parlando con gli
occhi che frugano instancabili; il ritmo della musica segue sguardi e
movimenti.
- Ehi, Finn, amico mio, come stai?
- Ehi, Bobby. Benissimo. Come vanno gli affari?
- Una bomba. E questo chi - Questo l migliore dei miei ragazzi, Julian. E questo ee.
- Ehi, - dice Bobby.
- Salve, - dice Lee e sorride, poi abbassa gli occhi.
- Avanti, saluta - Finn dna gomitata a Julian.
- Salve.
- Vuoi ballare?
Finn dn'altra gomitata a Julian.
- No, non ora. Volete scusarmi un attimo? Julian si allontana di
colpo e Finn lo chiama e io seguo Julian tra la folla ma lo perdo e
cosi accendo una sigaretta e vado in bagno, ma hiuso a chiave.
I Clash cantano Somebody Got Murdered e io mi appoggio alla parete e
mi copro di sudore freddo, e c'n ragazzo che mi sembra di
riconoscere seduto in una poltrona. Mi fissa dal fondo della stanza e
io restituisco lo sguardo, confuso, chiedendomi chi sia e se mi
conosca ma poi mi rendo conto che nutile. Il ragazzo atto come
una biglia e non mi vede, non vede pinte.
La porta del bagno si apre e un uomo e una donna escono insieme,
ridendo. Mi passano davanti e io entro, chiudo la porta e apro una
boccetta. Mi accorgo che mi imasta pochissima coca ma mi faccio
quella che c' bevo un po d'acqua dal rubinetto. Poi mi guardo
allo specchio, mi passo la mano tra i capelli, sulla guancia, e
decido che ho proprio bisogno di radermi. All'improvviso la porta si
spalanca e entra Julian, seguito da Finn. Finn sbatte Julian contro
la parete e chiude la porta a chiave.
- Che cazzo stai combinando?
- Niente, - urla Julian. - Niente. Lasciami stare. Vado a casa. Da
i soldi a Clay.
- Ti stai comportando da coglione e voglio che la pianti subito. L fuori ci sono dei clienti molto importanti e non credere che ti
permetter mandare tutto a puttane.
- Lasciami stare, stronzo, - dice Julian. - Non toccarmi.
Mi appoggio alla parete e abbasso gli occhi sul pavimento.
Finn mi guarda, poi guarda Julian e fa un ghigno di scherno. -
Geslian, sei davvero patetico. Cos'hai intenzione di fare? Non
hai scelta. Lo capisci, questo? Non puoi andartene. Non puoi mollarmi
adesso. Cosa vuoi fare? Correre a raccontare tutto a mamma e pap
eh?
- Piantala.
- O al tuo strizzacervelli di lusso?
- Piantala, Finn.
- Dove andrai, eh? Non hai pici. Cosa cazzo vuoi fare?
Andartene e poi?
- Ho detto basta, - urla Julian.
- Arrivi da me l'anno scorso con un debito gigantesco con gente che
non scherza nel giro della droga e io ti do un lavoro e ti presento
tutti e ti faccio un sacco di pubblicit ti rivesto da capo a piedi
e ti do tutta la coca che riesci a tirar su con quel cazzo di naso, e
tu cosa fai in cambio?
- Lo so. Piantala, - strilla Julian, ansimando, coprendosi la testa
con le mani.
- Ti comporti come una stronzissima...
- Vaffanculo, brutto...
- egoista, arrogante, ingrata marchetta.
- magnaccia succhiacazzi.
- Ma non capisci quello che ho fatto per te? - Finn spinge Julian
con pilenza contro la porta. - Eh? Non lo capisci?
- Basta, brutto magnaccia succhiacazzi.
- Non capisci? Rispondimi. Non capisci, eh?
- Quello che hai fatto per me? Mi hai fatto diventare una
marchetta, ecco quello che hai fatto per me - Julian aonazzo, con
gli occhi pieni di lacrime e io sto sballando, cerco di tenere gli
occhi fissi a terra tutte le volte che uno dei due mi guarda.
- No. Non ho fatto niente del genere, bello mio, - dice Finn con
calma.
- Cosa?
- Non sono stato io a farti diventare una marchetta. Hai fatto
tutto da solo.
La musica martella le pareti e sento addirittura le vibrazioni
nella schiena, e anche dentro, e Julian ha ancora gli occhi fissi a
terra e cerca di muoversi o di liberarsi ma Finn lo tiene per le
spalle e Julian comincia a piangere-ridere piano e dice a Finn che
gli dispiace.
- Non ce la faccio pinn... Cerca di capire... Ti prego, Finn...
- Spiacente, bello, ma non posso lasciarti andare cos Julian scivola lentamente sul pavimento e resta seduto con le
spalle al muro.
Finn ha tirato fuori una siringa e un cucchiaio e una scatola di
fiammiferi di Le Dome.
- Cosa fai? - dice Julian, tirando su con il naso.
- Il migliore dei miei ragazzi deve calmarsi stasera.
- Finn... Io me ne vado -. Julian si mette a ridere. - Davvero. Ho
pagato il mio stronzissimo debito. Adesso basta. E' finita.
Ma Finn non lo ascolta. Si accovaccia a terra, afferra il braccio
di Julian, spinge su le maniche della giacca e della camicia, si
toglie la cintura e gliela stringe intorno al braccio, cerca una vena
con un colpo secco, la trova, riscalda qualcosa in un grosso
cucchiaio d'argento, e intanto Julian riesce a dire solo: - Finn. No
- Finn pianta l'ago nel braccio di Julian e lo scuote leggermente.
- Cosa vuoi fare, eh? Non sai dove andare. Vuoi raccontarlo a
tutti? Che hai fatto marchette per pagare un debito di droga? Cazzo,
sei ancora pienuo di quello che pensavo. Ma adesso basta, adesso
starai meglio, vedrai.
Sparire. Qui.
La siringa si riempie di sangue.
Sei un gran bel ragazzo e questo uello che conta.
Chisse n vendita.
La gente ha paura di buttarsi. Di buttarsi.
Alla fine Finn porta Julian fuori dal bagno e io li seguo. Finn
porta Julian su per la lunga scalinata, e mentre salgono quella lunga
scalinata vedo una porta appena socchiusa in cima e la musica tace
per un attimo e sento lunghi gemiti venire dalla stanza, e mentre
Finn porta Julian dentro la stanza c'n urlo improvviso, e Julian
sparisce insieme a Finn e la porta si chiude con un tonfo. Mi giro ed
esco da quella casa.

Dopo la festa, vado al Roxy, dove suonano gli X. E' quasi
mezzanotte e il Roxy ffollato. Vicino all'ingresso c'rent e mi
chiede dove sono stato. Io non dico niente e lui mi dn bicchiere
pieno. Fa caldo, nel locale, e mi passo il bicchiere ghiacciato sulla
fronte, sulla faccia. Trent dice che c'nche Rip. Andiamo insieme
da Rip e Trent mi dice che dovrebbero cantare Sex and Dying in High
Society da un momento all'altro, ormai, e io dico: - Fantastico -
Rip indossa 501 neri e maglietta bianca, e Spin una T-shirt con la
scritta Gumby. Pokey. The Blockheads e 501 neri anche lui. Rip si
avvicina e la prima cosa che dice - Ci sono troppi stronzi di
messicani qua dentro, ragazzi.
Spin sbuffa e dice: - Ammazziamoli tutti.
Trent deve pensare che non sia una cattiva idea perchi mette a
ridere e a far di son la testa.
Rip mi lancia un'occhiata e dice: - Gesay. Cosa ti uccesso?
Hai un faccia! Vuoi un po di coca?
Riesco a scuotere la testa e a finire il bicchiere di Trent.
Un ragazzo scuro con un paio di baffi sottili e una T-shirt Under
The Big Black Sun mi urta passando, e Rip lo afferra per le spalle e
lo spinge in mezzo alla pista affollata urlando: - Brutto stronzo di
un messicano!
Spin sta parlando con qualcuno di nome Ross e si gira verso Rip
dopo che Rip ha smesso di guardare il palco.
- Senti, Ross ha trovato qualcosa nel vicolo dietro a Flip.
- Che cosa? - urla Rip, interessato.
- Un cadavere.
- Stai scherzando?
Ross scuote nervosamente la testa, sorridendo.
- Questo devo proprio vederlo - Rip fa un ghigno. - Su, Clay,
andiamo.
- No, - dico io. - Non ho voglia. Preferisco lo spettacolo.
- Avanti, su. Voglio farti vedere una cosa a casa mia comunque.
Io e Trent seguiamo Rip e Spin fino alla macchina di Rip, e Rip
dice ci troviamo dietro a Flip. Io e Trent scendiamo gi Melrose
e Flip utto illuminato e chiuso. Svoltiamo a sinistra ci fermiamo
dietro l'edificio nel parcheggio deserto. Ross scende dalla Golf e fa
segno a Rip e Spin e me e Trent di seguirlo nel vicolo dietro il
negozio vuoto.
- Spero che nessuno abbia avvertito la polizia, - mormora Ross.
- Chi altri sa di questa cosa? - chiede Rip.
- Certi amici miei. L'hanno trovato oggi pomeriggio.
Due ragazze escono dall'oscuritel vicolo ridacchiando e
tenendosi per mano. Una dice: - Gesss, chi uel tizio?
- Non lo so, Alicia.
- Cosa gli uccesso?
- Overdose, credo.
- Avete chiamato la polizia?
- E perch Una delle ragazze dice: - Dobbiamo farlo vedere a Marcia. Sballer di brutto.
- Voi ragazze avete visto Mimi? - chiede Ross.
- Era qui con Derf ma poi sono andati via. Noi andiamo al Roxy a
vedere gli X.
- Noi veniamo di l - Ah. Come sono?
- Bravi. Non hanno cantato Adult Books, per - Ah no?
- No.
- Mah, non la cantano mai.
- Lo so.
- Stronzi.
Le ragazze si allontanano, parlando di Billy Zoom, e io, Rip, Spin
e Trent seguiamo Ross in fondo al vicolo.
Il cadavere ppoggiato al muro, seduto. Ha la faccia gonfia e
pallida, gli occhi chiusi e la bocca aperta, e la faccia uella di
un ragazzo giovane, di diciotto, diciannove anni, sangue rappreso
sopra il labbro superiore.
- Gesdice Rip.
Spin ha gli occhi spalancati.
Trent se ne sta lmmobile e dice qualcosa tipo: - Incredibile.
Rip dn colpetto col piede al cadavere nello stomaco.
- Sicuri che orto?
- L'hai visto muoversi? - Ross fa una risatina.
- Cristo, ragazzi. Come l'avete trovato questo? - chiede Spin.
- Sai com'si parsa la voce.
Non riesco a togliere gli occhi di dosso al morto. Sopra la sua
testa, intorno alla lampadina appesa che illumina la scena, alcuni
insetti notturni svolazzano impazziti. Spin si inginocchia e guarda
la faccia del ragazzo, la studia, curioso. Trent si mette a ridere e
si accende uno spinello. Ross ppoggiato al muro, fuma e mi offre
una sigaretta. Io scuoto la testa e ne accendo una delle mie, ma la
mano mi trema troppo e la lascio cadere.
- Guardate, niente calzini, - mormora Trent.
Restiamo lncora un po. Un soffio di vento percorre il vicolo.
Si sentono i rumori del traffico di Melrose.
- Aspettate un attimo, - dice Spin. - Mi sembra di conoscerlo,
questo tizio.
- Balle, - dice Rip, ridendo.
- Spin, sei malato nella testa, - dice Trent, passandomi lo
spinello.
Faccio un tiro e lo ripasso a Trent e mi chiedo cosa succederebbe
se il ragazzo aprisse improvvisamente gli occhi.
- Andiamo via di qua, - dice Ross.
- Aspetta - Rip gli fa segno di fermarsi e infila una sigaretta in
bocca al cadavere. Restiamo lltri cinque minuti. Poi Spin si alza
in piedi, scuote la testa, si gratta la scritta Gumby e dice: -
Ragazzi, ho bisogno di una sigaretta.
Rip si alza, si attacca al mio braccio e dice a me e a Trent: -
Sentite, voi due, dovete venire a casa mia.
- Perch- chiedo.
- Ho una cosa che vi farballare di brutto.
Trent ridacchia speranzoso e andiamo via tutti insieme.

Quando arriviamo nel suo appartamento in Wilshire, Rip ci porta in
camera da letto. Sul materasso c'na ragazza nuda, davvero
giovanissima e molto carina. Ha le gambe spalancate e legate in fondo
al letto, e le braccia legate insieme sopra la testa. Ha la fica
rossa e scorticata e si vede che tata rasata. Continua a gemere e
a mormorare parole senza senso e muove la testa da una parte
all'altra con gli occhi semichiusi. Qualcuno le ha fatto un trucco
pesante, approssimativo, e lei continua a leccarsi le labbra,
passandoci sopra lentamente la lingua. Spin si inginocchia accanto al
letto, prende una siringa e le sussurra qualcosa all'orecchio. La
ragazza non apre gli occhi. Spin le infila la siringa nel braccio. Io
mi limito a guardare. Trent dice: - Wow -. Anche Rip dice qualcosa.
- Ha dodici anni.
- E la fica stretta, ragazzi, - dice Spin ridendo.
- Chi - chiedo io.
- Si chiama Shandra e va alla Corvalis, - a risposta di Rip.
Ross sta giocando a Centipede nel soggiorno e il rumore del video
game arriva fino a noi. Spin mette su una cassetta, poi si toglie la
camicia e i jeans. Ce l'ha duro e lo spinge verso la bocca della
ragazza, poi si gira verso di noi. - Potete guardare se volete.
Io esco dalla stanza.
Rip mi segue.
- Perch- gli chiedo semplicemente.
- Che cosa?
- PerchRip?
Rip sembra confuso. - Perchuella cosa? Lentro?
Tento di annuire.
- Percho? Che cazzo!
- Oh, Dio, Rip, avanti, ha undici anni.
- Dodici, - mi corregge Rip.
- Sdodici, - dico io, e ci penso su per un attimo.
- Ehi, non guardarmi come se fossi una specie di mostro. Non cos - E' - mi si spezza la voce.
- E' cosa? - vuol sapere Rip.
- E' che... E' che non mi sembra giusto.
- E cos'iusto? Se si vuole una cosa, iusto prendersela. Se si
vuol fare una cosa, iusto farla.
Mi appoggio alla parete. Sento i gemiti di Spin in camera da letto,
poi il rumore di uno schiaffo, forse in faccia.
- Ma non ti manca niente. Hai tutto, - dico a Rip.
Lui mi guardaNo. . Non ero.
- Come?
- Non ero.
C'n attimo di silenzio poi gli chiedo: - Oh, merda, Rip, che
cosa ti manca?
- E' che non ho niente da perdere.
Rip si gira e torna in camera da letto. Io guardo dentro e Trent si
sta gibottonando la camicia, con gli occhi fissi su Spin, che si
agita a cavalcioni sulla testa della ragazza. - Avanti, Trent, -
dico, - andiamocene di qua.
Lui mi guarda, poi guarda Spin e la ragazza e dice: - Io resto.
Io non mi muovo. Spin gira la testa, senza smettere di agitarsi
contro la testa della ragazza e dice: - Chiudi la porta se te ne vuoi
andare, d'accordo?
- Dovresti restare anche tu, - dice Trent.
Chiudo la porta e mi allontano, attraverso il soggiorno dove Rip
sta ancora giocando a Centipede.
- Ho fatto il massimo, - dice. Si accorge che sto andando via e mi
chiede: - Ehi, dove vai?
Non rispondo.
- Scommetto che vuoi dare un'altra occhiata a quel cadavere, eh?
Mi chiudo la porta alle spalle.

A poche miglia da Rancho Mirage c'era una casa che apparteneva a un
amico di uno dei miei cugini. Era biondo e bello, in autunno sarebbe
andato a Stanford e veniva da una buonissima famiglia di San
Francisco. Passava i fine settimana a Palm Springs e dava sempre
feste nella casa nel deserto. La casa si riempiva di ragazzi di L'A',
San Francisco e Sacramento, in quei fine settimana. Una sera, verso
la fine dell'estate, una di queste feste sfuggl suo controllo. Una
ragazza giovanissima, di San Diego, venne trovata la mattina dopo,
polsi e caviglie legati insieme. Era stata violentata ripetutamente.
Era anche stata strangolata e poi sgozzata, e qualcuno le aveva
tagliato via i seni e aveva infilato due candele al loro posto. Il
cadavere era stato trovato al Sun Air Drive-In appeso per i piedi
alle altalene in un angolo del parcheggio. E l'amico di mio cugino
era sparito. Alcuni dissero che era andato in Messico, altri in
Canada o a Londra. Per lo pidiceva che fosse andato in Messico,
pera madre finn clinica e la casa rimase vuota per un paio
d'anni. Poi una notte fu rasa al suolo da un incendio e tutti
cominciarono a dire che il ragazzo era tornato dal Messico, o da
Londra, o dal Canada, per bruciare la casa.
Vado su per il canyon dove una volta c'era quella casa, con gli
stessi vestiti che avevo nel pomeriggio da Finn, nella stanza del
Saint Marquis, nel vicolo dietro a Flip, poi fermo la macchina e mi
fumo una sigaretta, e intanto cerco un'ombra, una figura dietro le
rocce. Piego la testa di lato e mi metto in ascolto, in attesa di un
sussurro, un mormorio. Alcuni dicono che di notte si vede il ragazzo
vagare per i canyon scrutando il deserto, aggirarsi tra le rovine
della casa. Alcuni dicono anche che la polizia l'ha preso e messo in
prigione. A Camarillo, a centinaia di miglia da Palo Alto e Stanford.
Ricordo la storia con molta chiarezza, mentre mi allontano dalle
rovine della casa e mi addentro ancora di pi deserto. La notte calda e mi ricorda quelle di Palm Springs, quando mamma e pap giocavano a bridge con gli amici e io prendevo la macchina, abbassavo
la capote e guidavo nel deserto ascoltando gli Eagles o i Fleetwood
Mac, con il vento caldo che mi scompigliava i capelli.
E ricordo le mattine in cui mi alzavo per primo e guardavo il
vapore salire dalla piscina riscaldata nell'aria fredda del deserto
all'alba, ricordo mia madre che passava le giornate al sole, e
quell'immobilitssoluta rotta solo dall'avanzare delle ombre sul
fondo della piscina e sulla schiena scura, abbronzata, di mia madre.

La settimana prima della mia partenza, uno dei gatti di mia sorella
scompare. E' un gattino scuro e mia sorella dice che la sera prima
l'ha sentito miagolare e poi di colpo guaire. Accanto alla porta di
servizio ci sono ciuffi di pelo arruffato e macchie di sangue. Molti
dei nostri vicini tengono dentro i gatti di notte perche li
lasciano uscire finiscono in bocca ai coyote. Certe notti, quando la
luna iena e il cielo limpido, guardo fuori e vedo le sagome
muoversi per le strade, nei canyon. Prima li prendevo per grossi cani
un po strani. Solo in seguito mi sono reso conto che erano coyote.
Certe sere, tardi, mentre guidavo lungo Mulholland, ho dovuto
sterzare e frenare bruscamente, e alla luce dei fari ho visto i
coyote sfilare senza fretta nella nebbia con uno straccio rosso in
bocca, e solo dopo ho capito che quello straccio rosso era un gatto. E'
una cosa con cui bisogna convivere, quasscollina.

Sulla parete del bagno di Pages, sotto la scritta Julian fa dei
magnifici pompini. Ed orto, ce n'n'altra che dice: Affanculo
mamma e papSucchiacazzi. Leccafica. Vi voglio morti perchi
avete ucciso. Mi avete lasciato morire. Siete due stronzi senza
speranza. Vostra figlia na musulmana e vostro figlio un finocchio.
Andate all'inferno brutte teste di cazzo pezzi di merda rottinculo.
Bruciate tra le fiamme, brutti stronzi figli di troia. Bruciate,
bastardi, bruciate

La settimana prima della mia partenza, sento la canzone di un
compositore di L'A' sulla cittLa ascolto per ore, lasciando
perdere il resto dell'album. Non he mi piaccia poi tanto, ma mi
spiazza, e mi viene voglia di decifrarla. Per esempio, voglio sapere
perchl vagabondo della canzone n ginocchio. Qualcuno mi ha
detto che n ginocchio perch grato di essere a L'A' invece che
in un'altra cittMa secondo me questo qualcuno si sbaglia e
gliel'ho detto, gli ho detto che non capiva, e lui mi ha risposto in
un tono che ho trovato vagamente cospiratorio: - No, bello... Non
credo proprio.
La settimana prima della partenza sono rimasto quasi sempre in
camera mia a guardare un programma del pomeriggio, video scanditi dal
commento musicale del Dj di una stazione rock locale. Davanti al
grande schermo su cui venivano proiettati i video, c'erano almeno
cento adolescenti che ballavano, schiacciati dalle immagini. E ho
riconosciuto gente che avevo visto nei vari locali, ballavano,
sorridevano alla telecamera e poi si giravano e alzavano gli occhi
verso lo schermo illuminato, monolitico, che li bersagliava di
immagini. Alcuni ripetevano le parole della canzone. Ma io mi sono
concentrato su quelli che non lo facevano; sui ragazzi che le avevano
dimenticate, quelle parole; o che non le avevano mai sapute.

L'estate scorsa, un giorno prima della mia partenza, io e Rip
stavamo percorrendo Mulholland Drive e Rip masticava un occhio di
plastica. Indossava una T-shirt di Billy Idol e continuava a mostrare
quell'occhio tra i denti. Io mi sforzavo di sorridere e Rip disse
qualcosa tipo perchon andavamo a Palm Springs una sera, prima
della mia partenza, e io dissi va bene, cedendo al caldo. A una delle
curve piidiose di Mulholland, Rip rallenterml bordo
della strada, scese e mi fece segno di seguirlo. Mi mostr mucchio
di macchine fracassate in fondo alla valle. Alcune erano arrugginite
e annerite dal fuoco, altre nuove e sfondate, i colori brillanti
quasi osceni alla luce sfavillante del sole. Cercai di contare le
macchine; dovevano essercene venti o trenta lotto. Rip mi raccontdi certi amici suoi che erano morti a quella curva; gente che non
capiva la strada. Gente che aveva fatto un errore a tarda notte e che
era volata nel nulla. Rip mi disse che certe volte nel cuore della
notte si sentiva uno stridio di freni e poi un lungo silenzio; un
uuushhh e poi, appena percettibile, l'impatto. E a volte, se si
ascoltava con molta attenzione, si sentivano urla nella notte, urla
che non duravano a lungo. Rip disse che dubitava che sarebbero mai
riusciti a tirar su quelle macchine, che probabilmente avrebbero
aspettato che il fondo della scarpata si riempisse fungendo da monito
per poi seppellirle. E dal punto in cui stavo, con gli occhi fissi
sulla valle torrida, piena di smog, con il vento caldo che stava
tornando e la polvere che turbinava ai miei piedi e il sole
gigantesco, una palla di fuoco, sopra la scena, gli credetti. E dopo,
quando risalimmo in macchina, Rip svolt una strada che sembrava
proprio un vicolo cieco.
- Dove andiamogli ? chiesi.
- Non so, - disse. - A fare un giro.
- Ma questa strada non va da nessuna parte, - gli dissi.
- Non importa.
- Ma allora cosa importagli ? chiesi dopo un po.
- Andare, bello mio, andare, - disse.

Prima della mia partenza, una donna venne sgozzata e buttata da
un'auto in corsa a Venice; a Chatsworth infuria serie di incendi
indomabili, opera di un piromane; a Encino un uomo uccise la moglie e
i due figli. Quattro ragazzi che non conoscevo morirono in un
incidente sulla Pacific Coast Highway. Muriel venne ricoverata ancora
una volta al Cedars-Sinai. Un ragazzo soprannominato Conan si uccise
a una festa della Ucla. E incontrai per caso Alana al Beverly Center.
- Non ti vedo da un po, - le dissi.
- Be, sn po che non mi faccio vedere.
- Ho incontrato uno che ti conosce.
- Chi?
- Evan Dickson. Sai chi
- Esco con lui.
- Slo so. Me l'ha detto.
- Peropa con un certo Derf che va alla Buckley.
- Oh.
- Proprio cosOh.
- E allora?
- Allora niente. Solo che osipico.
- S- le dissi. - Hai ragione.
- Ti sei divertito durante queste vacanze?
- No.
- Peccato.

E il martedomeriggio incontro Finn allo Hughes Market di Doheny.
Fa caldo e ho passato la giornata sdraiato in piscina. Salgo in
macchina e accompagno le mie sorelle a fare la spesa. Oggi non sono
andate a scuola e indossano shorts, maglietta e occhiali da sole, e
io un vecchio costume da bagno Polo e una maglietta. Finn on Jared
e mi vede nel reparto surgelati. Porta un paio di sandali e una
T-shirt dell'Hard Rock Cafe. Mi guarda poi distoglie gli occhi poi
torna a guardarmi. Io mi giro di colpo e vado al reparto verdure
fresche. Lui mi segue. Prendo su una confezione da sei di t ghiacciato e una stecca di sigarette. Gli lancio un'occhiata, i
nostri occhi si incontrano, lui sorride e io mi giro dall'altra
parte. Lui mi segue alla cassa.
- Ehi, Clay - Mi strizza l'occhio.
- Salve, - dico io, sorridendo, e mi allontano.
- Ti becco pidi, - dice lui, puntandomi contro due dita a
forma di pistola.

L'ultima settimana. Sono da Parachute insieme a Trent. Trent sta
provando dei vestiti. Io sono appoggiato alla parete e leggo un
vecchio numero di Interview Un ragazzo biondo, carino, credo sia
Evan, sta provando dei vestiti. Non entra in cabina, per provarseli.
Li prova nel bel mezzo del negozio davanti a un grande specchio a
parete. Contempla la propria immagine in mutande e calzini scozzesi.
Si riscuote dalla trance quando il suo amico, anche lui biondo e
carino, gli si avvicina alle spalle e gli strizza il collo. Poi si
prova qualcos'altro. Trent mi dice di averlo visto insieme a Julian
nella Porsche nera di Julian davanti alla Beverly Hills High.
Parlavano con un ragazzo sui quattordici anni. Trent mi racconta che
nonostante gli occhiali da sole si vedevano bene i lividi violacei
intorno agli occhi di Julian.

Mentre leggo il giornale al crepuscolo accanto alla piscina,
l'occhio mi cade sulla storia di un uomo che ha tentato di
sotterrarsi vivo in giardino perchaceva caldo, troppo caldo
Rileggo l'articolo, poi metto gigiornale e guardo le mie
sorelle. Sono ancora in bikini e occhiali scuri, sdraiate sotto il
sole che sta tramontando e giocano a fingersi morte. Mi chiedono di
giudicare quale delle due riesce a sembrare morta piungo; quella
che vince potruttare l'altra in piscina. Le osservo e ascolto la
cassetta nel walkman. Le Go-Gos stanno cantando I wanna be worlds
away@ I know things will be okay when I get worlds away@ Chiunque
abbia registrato la cassetta ha fatto saltare il disco. Chiudo gli
occhi e sento le Go-Gos cantare Vacation. Quando li riapro vedo le
mie sorelle galleggiare a faccia in gila piscina, per vedere chi
riesce a sembrare morta piungo.

Vado al cinema con Trent. Andiamo in una sala di Westwood quasi
vuota tranne per qualche spettatore sparso, per lo pio. Vedo un
vecchio compagno di scuola insieme a una ragazza bionda carina nelle
prime file, lungo il corridoio, ma non lo saluto, e quando le luci si
spengono provo un certo sollievo perchrent non l'ha riconosciuto.
Pidi, alla sala giochi, Trent gioca a Burger Time: una quantit di hot dog e uova si inseguono intorno a un cuoco basso e barbuto.
Trent vuole insegnarmi a giocare ma io mi rifiuto. Mi limito a
fissare quell'agitarsi maniacale di hot dog, poi a un certo punto non
ce la faccio piopportarli e mi allontano in cerca di un altro
gioco. Ma tutti sono pieni di scarafaggi e api e farfalle e serpenti
e zanzare e rane che annegano e ragni impazziti che mangiano grosse
mosche viola e la musica che accompagna i giochi mi de vertigini e
l'emicrania e non riesco a togliermi quelle immagini dalla testa
nemmeno quando esco dalla sala giochi.
Mentre andiamo a casa, Trent mi dice: - Be, oggi ti sei proprio
comportato da coglione - In Beverly Glen mi trovo davanti una Jaguar
rossa targata DECLINE e sono costretto a fermarmi.
- Clay, si pupere cos'hai? - mi chiede Trent, in tono
tagliente.
- Niente, - riesco a dire.
- Si pupere che cazzo ti succede?
Gli dico che ho il mal di testa, lo riaccompagno a casa e prometto
di farmi vivo dal New Hampshire.

Chisserchicordo una domenica sera dell'anno scorso. Ero nella
cabina telefonica di una stazione di servizio 76 di Palm Desert alle
nove e mezzo e aspettavo una telefonata di Blair che la mattina dopo
doveva raggiungere il padre a New York, sul set del film che stava
producendo. Indossavo jeans e maglietta e un vecchio maglione
scozzese sformato e scarpe da tennis senza calzini e avevo i capelli
in disordine e fumavo una sigaretta. Dalla cabina vedevo una fermata
d'autobus con quattro o cinque persone in attesa, sedute o in piedi
sotto le luci stradali fluorescenti. C'era un ragazzo di quindici,
sedici anni che sembrava un autostoppista e io ero nervoso e volevo
dirgli qualcosa, ma poi arrivautobus e il ragazzo salLa cabina
telefonica non aveva porta e la luce fluorescente era insistente e mi
dava il mal di testa. Una fila di formiche attraversava a passo di
marcia il vasetto vuoto di yogurt nel quale avevo spento la
sigaretta. Era una serata molto strana. C'erano tre cabine
telefoniche, nella stazione di servizio quella domenica sera dello
scorso agosto, ed erano tutte piene. In quella vicino alla mia c'era
un giovane surfista in shorts Op e T-shirt gialla con la scritta
"MAUI" che aveva tutta l'aria di aspettare l'autobus. Non credo che
stesse parlando al telefono; credo che fingesse di parlare e che non
ci fosse nessuno all'altro capo del filo, e io riuscivo solo a
pensare che era meglio fingere di parlare che non parlare affatto e
continuavo a pensare a una serata a Disneyland con Blair. Il surfista
continuava a guardarmi e io continuavo a distogliere gli occhi,
mentre aspettavo che il telefono squillasse. Arriv'auto con la
targa "GABSTOY" e ne scese una ragazza con i capelli neri tagliati
alla Joan Jett, probabilmente Gabs, e il suo ragazzo, in T-shirt nera
dei Clash. Avevano lasciato il motore acceso e si sentivano le note
di una vecchia canzone degli Squeeze. Finii una sigaretta e ne accesi
un'altra. Alcune delle formiche stavano affogando nello yogurt.
Arrivautobus. La gente salNessuno scese. E io continuavo a
pensare a quella sera a Disneyland e al New Hampshire e a me e Blair
che ci stavamo lasciando.
Una folata di vento caldo spazz stazione di servizio vuota e il
surfista, che mi sembrava una marchetta, riappese il ricevitore. Non
sentii il rumore della moneta che cadeva ma feci finta di niente. Il
ragazzo salu un autobus che si era fermato. "GABS-TOY" ripartIl
telefono squillra Blair. E io le dissi di non andare. Lei mi
chiese dov'ero. Le dissi che ero in una cabina telefonica di Palm
Desert. Lei mi disse: - Perch- e io risposi: - Percho? - Le
dissi di non andare a New York. Lei disse che era un po tardi per
cambiare idea. Le chiesi di venire a Palm Springs con me. Lei mi
disse che l'avevo fatta star male; che le avevo promesso di restare a
L'A'; che le avevo promesso di non tornare sulla costa orientale. Io
le dissi che mi dispiaceva e che sarebbe andato tutto bene, e lei
disse che non era la prima volta che sentiva quella frase, e l'altra,
che se davvero ci amavamo quattro mesi non avrebbero fatto alcuna
differenza. Io le chiesi se ricordava quella serata a Disneyland e
lei disse: - Quale serata a Disneyland? - poi riattaccammo.
Coso tornai a L'A' e andai al cinema e restai seduto al buio da
solo, poi girai in macchina fin verso l'una e andai in un ristorante
di Sunset a bere caff a finire le sigarette e restai fino alla
chiusura. Poi tornai a casa e Blair mi chiame dissi che mi
sarebbe mancata e che forse al mio ritorno le cose si sarebbero
sistemate. Lei disse forse, e poi aggiunse che ricordava quella sera
a Disneyland. La settimana dopo partii per il New Hampshire e non la
sentii pi quattro mesi.

Prima di partire faccio colazione con Blair. Mi aspetta seduta
sulla terrazza dell'Old World, in Sunset. Ha gli occhiali da sole e
sorseggia un bicchiere di vino bianco che probabilmente si atta
servire con una carta d'identitalsa. O forse il cameriere non
gliel'ha nemmeno chiesta, penso, entrando nel locale. Dico alla donna
che assegna i tavoli che sono con la ragazza seduta in terrazza.
Blair ola, con la testa rivolta alla brezza, e in quel momento ho
la sensazione che dalla sua posa emani una specie di sicurezza o di
coraggio che le invidio. Non mi vede arrivare perchi volta le
spalle, e io la bacio all'improvviso sulla guancia. Lei sorride, si
gira, abbassa gli occhiali da sole e sa di vino e di rossetto e di
profumo. Mi siedo e sfoglio il mentto gimenuardo le
macchine che passano, cominciando a pensare che forse sto facendo un
errore.
- Sono sorpresa che tu sia venuto, - dice lei.
- PerchTe l'avevo detto che sarei venuto.
- Scerto, - mormora. - Da dove arrivi?
- Da una colazione fuori orario con mio padre.
- Carino - Chisse sta facendo del sarcasmo.
- S- dico, incerto. Mi accendo una sigaretta.
- Cos'altro hai fatto di bello?
- Perch - Dai, non incazzarti subito. Voglio solo parlare del piel
meno.
- Allora parla - Strizzo gli occhi, invasi dal fumo della
sigaretta.
- Bene - Sorseggia il vino. - Raccontami come hai passato il fine
settimana.
Sospiro, sorpreso, perchn realticordo pochissimo di quello
che ho fatto. - Non ricordo. Niente.
- Oh.
Prendo il men torno a deporlo senza aprirlo.
- Allora hai deciso di tornare all'universit- dice Blair.
- Scredo di sQui non so cosa fare.
- Ti aspettavi qualcosa di diverso?
- Non so. Sono qui da tanto tempo.
Tipo sono qui da un'eternit Do un piccolo calcio alla ringhiera della terrazza e ignoro Blair. E'
un errore. All'improvviso lei mi guarda e si toglie i Wayfarer.
- Clay, sei mai stato innamorato di me?
Sto osservando un cartellone pubblicitario e dico che non ho
sentito.
- Ti ho chiesto se sei mai stato innamorato di me.
Sulla terrazza il sole mi scoppia dentro gli occhi e per un attimo
accecante vedo me stesso con chiarezza. Ricordo la prima volta che
abbiamo fatto l'amore, nella casa di Palm Springs, il suo corpo
abbronzato e sudato contro le lenzuola bianche, fresche.
- Lascia perdere, Blair, - le dico.
- Avanti, rispondi.
Non dico niente.
- E' una domanda cosifficile?
La guardo fisso.
- S no?
- Perch - Maledizione, Clay, - sospira lei.
- Scerto, immagino di s - Non dire bugie.
- Che cazzo vuoi che dica, si pupere?
- La verit- dice lei, alzando la voce.
- No, - dico io, praticamente urlando. - No, non sono mai stato
innamorato di teMi metto quasi a ridere.
Lei inala una lunga boccata d'aria e dice: - Grazie. E' quello che
volevo sapere - Sorseggia il vino.
- E tu? Tu sei mai stata innamorata di mele ? chiedo, anche se
ormai non me ne importa pinte.
Lei tace. Poi dice: - Ci ho pensato e ssono stata innamorata di
te, sul serio, voglio dire. Per un po ndato tutto bene. Tu eri
carino - Abbassa gli occhi poi continua. - Ma era come se non ci
fossi. Oh merda, tutto questo non ha senso -. Tace.
La guardo, aspetto che continui, alzo gli occhi sul cartellone.
Sparire Qui.
- Non so se qualcuno degli altri con cui sono stata ci fosse
davvero... ma se non altro ci provavano, a esserci.
Tormento il menengo la sigaretta.
- Tu no. Mai. Gli altri facevano qualche sforzo ma tu... tu non sai
nemmeno cosa voglia dire, esserci - Prende un altro sorso dal
bicchiere. - Tu non c'eri. Mai. Per un po ho cercato di capirti, mi
dispiaceva per te, ma poi non ce l'ho fatta pii un ragazzo molto
bello, Clay, ma utto lnon c'ltro.
Guardo le macchine passare su Sunset.
- E' difficile compiangere qualcuno che se ne frega.
- Ah s - Cos'mportante per te, Clay? Cosa ti rende felice?
- Niente. Niente mi rende felice. Niente mi interessa, - le dico.
- Ti ai importato qualcosa di me?
Non dico niente, abbasso gli occhi sul men - Ti ai importato qualcosa di me, Clay? - ripete.
- No, e di nessun altro, di nient'altro. Non voglio attaccarmi a
niente, soffrirei troppo, dovrei preoccuparmi anche di quello. Si
soffre meno, se si istaccati.
- Ma io ti ho amato per un po.
Non dico niente.
Alla fine lei si toglie gli occhiali e fa: - Ci vediamo, Clay - Si
alza.
- Dove vai? - All'improvviso non voglio lasciarla qui. Voglio
portarla con me nel New Hampshire.
- Ho un appuntamento per colazione.
- Ma... e noi due?
- Noi due cosa? - Resta immobile per un attimo, in attesa. Io
continuo a fissare il cartellone fino a quando l'immagine si fa
indistinta, e quando torno a vedere con chiarezza, la macchina di
Blair sta uscendo dal parcheggio. La guardo perdersi nella foschia e
nel traffico di Sunset. Arriva il cameriere e mi chiedeVa : tutto
bene, signore?
Alzo gli occhi, mi infilo gli occhiali e mi sforzo di sorridere. -
S- rispondo.

Blair mi chiama la sera prima della partenza.
- Non andare, - mi dice.
- Tornera un paio di mesi.
- Troppo.
- E poi c''estate.
- Troppo lontana.
- Torneron stara a lungo.
- Cazzo, Clay.
- Devi credermi.
- Non ti credo.
- Ma devi.
- Stai mentendo.
- No, non ero.

E prima di partire, ho visto un articolo del Los Angeles Magazine
che parlava di una strada chiamata Sierra Bonita, a Hollywood. Una
strada per cui ero passato molte volte. L'articolo diceva che alcune
persone passando per quella strada avevano visto dei fantasmi;
fantasmi del vecchio West. Indiani in perizoma a cavallo, e un uomo
aveva visto un'ascia di guerra entrare dal finestrino della macchina
e sparire dopo pochi secondi. Una coppia di anziani aveva visto un
indiano apparire nel soggiorno di casa, in Sierra Bonita, e l'aveva
sentito mormorare incantesimi. Un altro uomo era andato a sbattere
contro una palma perchveva visto un carro coperto in mezzo alla
strada ed era stato costretto a sterzare bruscamente.

Quando sono partito non c'erano molte cose in camera mia tranne un
paio di libri, il televisore, lo stereo, il materasso, il poster di
Elvis Costello, sempre con gli occhi fissi fuori dalla finestra; la
scatola da scarpe con le foto di Blair nell'armadio. C'era anche un
poster della California che avevo appeso alla parete. Una delle
puntine si era staccata e il poster era vecchio, aveva uno strappo
nel mezzo e pendeva da una parte, tutto sbilenco.
Quella sera andai in Topanga Canyon e parcheggiai vicino a un
vecchio luna park deserto ma ancora in piedi, vuoto e silenzioso. Dal
punto in cui mi trovavo sentivo il vento soffiare nei canyon. La
ruota gigante si mosse leggermente. Un coyote ulule tende
sbattevano nel vento caldo. Era ora di andar via. Mi ero fermato a
L'A' troppo a lungo.

A Los Angeles avevo sentito la canzone di un gruppo locale. La
canzone si intitolava Los Angeles e le parole e le immagini erano
cosure e amare che non riuscii a togliermele dalla testa per
giorni e giorni. Le immagini, scoprii in seguito, erano personali,
nessuno che conoscevo le condivideva. Le immagini che mi passavano
per la testa erano di gente impazzita perchiveva a L'A' Immagini
di genitori cosnsoddisfatti e affamati che si mangiavano i figli.
Immagini di ragazzi della mia ethe alzavano gli occhi dall'asfalto
e restavano accecati dal sole. Queste immagini non mi abbandonarono
nemmeno quando lasciai la cittImmagini cosiolente e malvagie
che diventarono il mio unico punto di riferimento per molto, molto
tempo. Dopo la partenza.

Fine






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